Sei sulla pagina 1di 7

SENECA

L'opera filosofica di Seneca rappresenta il punto più alto raggiunto dalla riflessione romana
nell'ambito della filosofia morale. Egli ha di fatto inventato la scrittura dell'interiorità, scrivendo di
sé e della propria vita, soprattutto di quella spirituale, e proponendosi all'interlocutore (e ai lettori
delle generazioni future) come modello del saggio alla ricerca della virtù. Grande influenza hanno
inoltre esercitato sulla cultura moderna le sue tragedie, le uniche di tutto il teatro latino a
essere giunte integre sino a noi.

LE TRAGEDIE
una tragedia latina
è una tragedia latina
di argomento greco
di argomento romano.
0 G
Di Seneca ci sono giunte nove coturnate e una pretesta.

1.
Molte tragedie sono di Seneca, ma di altre non si conosce né la cronologia, né la destinazione
(non si sa se furono scritte per la scena, per pubbliche recitationes o solo per letture private).
Per Seneca il saggio doveva educarsi quotidianamente al controllo delle passioni, al distacco dai
beni terreni e dalle lusinghe del potere, alla ricerca del giusto e del bene.
-
-

Nelle tragedie di Seneca la virtù, il bene, la giustizia vengono irrisi e calpestati, ogni forma di
ragione smarrita, ogni legge umana e divina infranta.
Per il saggio stoico lo studio della natura era uno strumento per elevarsi alla conoscenza del
divino.
Nelle tragedie di Seneca l'unica scienza che sembra praticata è la magia nera, il dominio delle
forze della natura a scopo malefico.
Le sue tragedie si aprono in continuazione al mondo dei morti. Ma queste ombre dei defunti che
ritornano sulla terra a suscitare o a presagire nuovi orrori, altro non sono che allucinazioni o
visioni di uomini senza pace.

THYESTES / TIESTE
L'ombra di Tantalo, trascinata da una Furia, sale dagli Inferi alla reggia di Micene per istigare il nipote Atreo a
vendicarsi del fratello Tieste che gli ha sedotto la moglie Erope e sottratto, con l'inganno, l'ariete sacro a cui è
legato il potere sulla casa dei Tantalidi. Atreo invita con pretesti di pace il fratello a Micene, ne uccide i figli e
gliene imbandisce le carni. Alla fine Atreo svela tutto a Tieste, che lo maledice.
Seneca scrive questo testo quando si trova al potere affianco a Nerone, per mostrargli gli effetti deleteri del
potere dispotico e delle passioni sregolate.
Il mondo fisico e naturale, appare fortemente legato ai protagonisti e alla loro storia.
Atreo incarna la natura perversa di un potere che sconvolge ogni legge morale, inoltre aderisce al mondo della
falsità e dell’apparenza e questa è la ragione della sua forza
cieca e disumana
Tieste è l’immagine della sorte che tocca a chi si accosta al potere senza condividerne la malvagità, ha appreso
dall’esilio la conoscenza di se stesso, inoltre ha consapevolezza della colpa e da qui deriva la sua debolezza
interiore e l’incapacità di reagire al pericolo che avverte su di se.
I DIALOGHI

dieci operette filosofiche di Seneca I de 3 EVITATE VITAC

la raccolta conta dodici libri

R
I

2
Non si tratta di dialoghi veri e propri, bensì di trattazioni filosofiche di vario argomento, nelle quali
Seneca in prima persona dialoga (ricorrendo a formule come «tu dirai», «dirà qualcuno», e simili)
col destinatario di turno quasi fosse presente, o con altri interlocutori immaginari.
Il modello è definito dalla diàtriba cinico-stoica, (tratta in forma divulgativa di problemi etici legati
alla vita di tutti i giorni. La denuncia del malcontento e dei pregiudizi diffusi nella società assume
spesso toni aggressivi o provocatori, anche attraverso il ricorso all'ironia e al sarcasmo).

le Consolationes De providentia
quelle di Seneca sono le prime Ultimo in ordine di composizione, è dedicato a quello stesso
«consolazioni» espressamente definite tali Lucilio cui sono indirizzate le Epistulae.
che ci siano pervenute. Si tratta di una sorta di continuazione del De constantia sapientis:
Sono riflessioni sulla fragilità perché Dio permette che le avversità accadano sui migliori? La
dell'esistenza e sulla necessità, da parte risposta è: per metterli alla prova, per costringerli all'esercizio
del sapiens, di conseguire il distacco dalle della virtù.
vicende della vita che trasforma l'uomo La suprema virtù del saggio, quella in cui meglio egli realizza la
comune in un «saggio». propria libertà, è il dominio sul tempo, la capacità di darsi la
morte.
M3
".
AD POLYBIUM La consolazione indirizzata, qualche anno più tardi dall'esilio, al potente Polibio, per la morte recente di un giovane fratello, è il
segno tangibile del fallimento, almeno temporaneo, di Seneca. Il saggio stoico che era in lui non era ancora forte abbastanza per reggere un
distacco così lungo e difficile, e la consolazione, destinata proprio al liberto preposto alle suppliche, si trasforma in una supplica, il conforto in
sfacciato elogio: sia di Polibio stesso che dell'imperatore.

De ira
De ira, composto in parte prima dell'esilio (libri I e II), in parte durante l'esilio (libro III) e dedicato al fratello
Novato. porinarica s
nicauzals o
/
csmogucasde sodorti
Lo scopo era quello di combattere l’ira, una passione odiosa, pericolosa e funesta.
Per Seneca l’ira non è mai utile o accettabile, è prodotta da un’ impulsò che offusca la ragione, e si manifesta
quasi come la follia.
Caligola è presente all’interno di queste opere, Seneca adduce a numerose prove della sua ira e lo descrive
come una belva assetata di sangue.
L’ira è una passione che accomuna tutta l’umanità, ed è la causa di conflitti e guerre.

De vita beata
Seneca lo scrive quando era al potere al fianco di Nerone.
È diviso in 2 parti:
nella prima ci sono caratteri teorici, e parla della felicità, la vita felice la vive chi si accorda con la propria
natura, inoltre il segreto della felicità non risiede nel piacere ma nella virtù. Essere schiavo del piacere
significa essere schiavo del dolore
La seconda parte è caratterizzata da una vena polemica, e dice che il saggio, pur possedendo la ricchezza non
se ne cura, il controllo sui beni non deve influenzarli.
LA LETTERA A LUCILIO
Senaca li scrisse negli ultimi anni della vita, dopo il ritiro dall'attività politica.

:
sono giunte suddivise in 20 libri, per un totale di 124 lettere, ma si sa per certo che fossero di
più.
Si tratta di lettere effettivamente scritte e spedite, anche se non si può escludere che siano
state riviste e parzialmente rielaborate in vista della pubblicazione: Seneca non nega infatti di
considerare le proprie riflessioni come destinate anche ai lettori che verranno.
.

i temi:
- La ricerca della forza interiore di fronte a ogni situazione della vita
- la necessità di farsi una ragione della sua instabilità e fugacità
- di difendersi dalle lusinghe dei beni illusori
- di prepararsi all'incontro finale con la morte sono motivi dominanti in tutta la raccolta.
Chi si abbandona al corpo dimentica facilmente di avere un'anima. Ma l'anima è l'unica cosa che
ci faccia essere diversi da un animale o una pianta ed è anche l'unica che determini reali
differenze di valore tra uomo e uomo.
.

ricco e povero sono entrambi mortali ed entrambi sono uguali davanti alla morte. E uguali
davanti alla morte sono anche il libero e lo schiavo.
.

L'anima dell'uomo ha la possibilità di riscattarsi dalla schiavitù del corpo, cioè dei sensi, delle
passioni, delle avidità e delle ambizioni terrene grazie alla ragione, cioè alla filosofia.
-

ogni aspetto della vita, ogni problema di cultura, ogni incontro o lettura divengono pretesto per
fare filosofia e progredire sulla via della sapientia.
Il baccano e la confusione di uno stabilimento balneare offrono il pretesto per concludere che
l'unico rumore veramente insostenibile non è quello che proviene dall'esterno ma quello che è
dentro di noi.
Parità tra gli uomini: dobbiamo fare il bene al nostro prossimo, praticare l'equità e la giustizia,
riconoscere che «siamo nati per una vita in comune».
i

Le epistole sono una continua flessione sulla filosofia morale in cui Seneca si presenta come un
f
un uomo che, giunto all’età avanzata è finalmente padrone del suo tempo, si può dedicare allo
:
studio e al perfezionamento morale. Egli assume nei confronti dell’amico più giovane
l'atteggiamento di consigliere e maestro, per aiutarlo a raggiungere quella sapienza che egli
stesso ammette di non possedere ancora
I TRATTATI
De clementia
Seneca elogia la clemenza di cui ha dato prova Nerone nei primi anni di regno e auspica che
questa sua intelligente mitezza lo porti, anziché verso gli abusi della tirannia, verso una piena
collaborazione col Senato: continuando a comportarsi da monarca sapiente, si assicurerà l'amore
dei sudditi e la felicità del regno.
De beneficiis
conta sette libri
Seneca allarga la propria riflessione sull'etica di carattere sociale e individua nel «fare del bene»
al prossimo il migliore cemento della comunità civile.
Seneca prospetta una reciprocità di benefici che ristabilisce in qualche misura quell'uguaglianza
tra uomo e uomo che la natura sembrerebbe reclamare. Il beneficio, solitamente reso per
egoistico interesse, diventa in Seneca espressione di generosità e di solidarietà umana.

SENECA FILOSOFO
Le parole del filosofo devono essere «semplici e chiare», ma non aride e scarne: pur senza
sprecare troppa fatica per le parole, egli non deve rinunciare all'elaborazione formale.
La scrittura si fa più concisa e più scarna, alle eleganti simmetrie del periodo subentra
l'espressiva densità della frase.
Aggressivo e sentenzioso, lo stile semplifica la sintassi ma esalta figure come la ripetizione,
l'antitesi, la conclusione a effetto.
Le verità, più che pronunciate, o scritte, sono proclamate. E il lettore, a forza coinvolto, si
ritrova scolpita nella mente una grande quantità di sentenze, ognuna delle quali illustra un
aspetto diverso del medesimo soggetto: il tempo, la morte, l'uguaglianza tra gli uomini, la
necessità di operare il bene, il distacco dai beni terreni, il controllo delle passioni.
Lo stile tragico di Seneca presenta, le stesse caratteristiche di quello del filosofo. La sobrietà
della sintassi, concentrata all'eccesso, enfatizza la parola grazie all'incessante ricorso a figure
di suono e di senso, a interrogative retoriche, a esclamative e a ogni altro espediente
declamatorio.
Il teatro tragico di Seneca vive non tanto dei contrasti tra i personaggi, quanto di quelli che
avvengono dentro i personaggi.
I monologhi di Seneca sono lunghe effusioni sentimentali lunghe confessioni, lunghi dialoghi
interiori. Ad essi si contrappongono i cori, che tuttavia il più delle volte sono, come i
monologhi, ovvero lunghe effusioni e confessioni, dialoghi interiori dell'autore stesso.
Tutte le tragedie di Seneca risultano divise in cinque atti.
di serio c'è ben poco, se
non l'intenzione di ferire

L’APOKOLOKYNTOSIS la memoria
dell'imperatore appena
scomparso.

Si tratta di un’operetta appartenente al genere della satira menippea che era- caratterizzata
dalla mescolanza di versi e di prosa e dalla mescolanza di serio e scherzoso. Si tratta di un’opera
ironia senza alcuna implicazione filosofica scritto in occasione della morte di Claudio e in cui
Seneca dà sfogo al suo odio e disprezzo nei confronti di colui che lo aveva perseguitato e
mandato all’esilio.

➥ Il titolo greco Apokolokyntosis è di interpretazione incerta e discussa:


- poiché kolokynté in greco significa zucca alcuni lo hanno inteso nel senso di “inzuccatura”
nel senso di “ trasformazione in zucca”, contrapponendolo all’apotheosis, ovvero alla
trasformazione in dio;
- potrebbe trattarsi anche di un’espressione idiomatica nel senso di “fregatura”.

➥Il contenuto: L’autore promette inizialmente che riferirà gli avvenimenti successivi alla morte
di Claudio. Inizia il racconto dopo il decesso dell’imperatore, quando Apollo intona un canto di
gioia per l’inizio del regno di Nerone. Mentre tutti esultano Claudio arriva da Giove ma non viene
riconosciuto perchè parla incomprensibilmente, tant’è che la divinità affida ad Ercole il compito di
capire chi fosse. Successivamente troviamo gli dei che discutono sulla divinizzazione di Claudio:
dopo una serie di interventi Augusto accusa violentemente il nipote dell'assassinio di numerosi
membri della famiglia e chiedendo per lui una punizione. Claudio viene dunque trascinato negli
inferi e assiste al suo funerale vedendo Roma in festa. Solo allora capisce di essere morto.
All’inferno incontra le sue vittime ed è condannato a giocare eternamente a dadi con un
bussolotto forato. Arriva poi Caligola come suo schiavo e infine viene consegnato a Menandro
affinchè gli faccia da aiutante.
-

➥Sono presenti livelli linguistici e stilistici diversi, dal colloquiale “basso” della parodia allo stile
“alto” e solenne dell’epica.

➥ questa opera è particolarmente famosa perché è l’opera in cui Seneca “cade” moralmente
parlando, perché nessuno si sarebbe aspettato quell’accanimento all’interno di quell’attacco
spietato e pungente allo stesso tempo, contro un defunto.
IL TEMPO
.

il tempo che ci è concesso non è breve, ma diventa breve se noi lo usiamo per svolgere attività futili.
La misura del tempo è un’angoscia per l’uomo, poiché lo pone davanti alla sua paura della morte.
-
-
La paura della morte rende il Tempo ancora più breve.

:
Affrontare una riflessione sul tempo significava dunque, per Seneca, fare i conti con uno dei nodi
essenziali della riflessione sul senso della vita e possibilmente offrire delle soluzioni terapeutiche al
male di vivere.
il SAPIENTE per Seneca è colui che abbonda le attività che fanno correre le persone da una parte
all'altra.
il tempo veramente messo a frutto, è dunque possesso inalienabile, è quello riconquistato e dedicato

:
agli studi.
gli OCCUPATI sono quelli che corrono da una parte all'altra per lavoro. Passano il tempo occupati con
attività inutili.
l'OZIUM SENECANO diventa necessario per riappropriarsi dei nostri Tempi.
Marcuse chiede "siamo felici noi che corriamo per lavoro?" e sosteneva che l'uomo non trova la
.
felicità nel lavoro, ma nella fantasia, cioè essere costantemente in contatto con la creatività. La
smania per il lavoro porta all'infelicità.
l’OTIUM era la cura di sé e della propria
saggezza, che passava per la contemplazione
Per conciliare lavoro e felicità bisogna lavorare in maniera creativa e lo studio.
Il NEGOTIUM, gli affari, il lavoro, indicava
"Non è che la vita è breve, siamo noi che la rendiamo tale" tutte quelle attività necessarie agli individui
per garantirsi la sopravvivenza. Il negotium

RIFLESSIONE SUL TEMPO


s infatti era per gli schiavi, l'otium per i
padroni.

Questa è una lettera per l’amico Lucilio scritta da Seneca, dove da consigli all’amico su cosa fare del
.
suo tempo, di non sprecarlo perché «tutto ciò che della nostra esistenza è dietro di noi, la morte lo
tiene saldamente», ovvero: tutto quello che abbiamo vissuto appartiene alla morte. Dicendo anche che
“Mentre si differiscono gli impegni, la vita ci passa davanti”.
Il sapiente deve concentrarsi sull'istante presente, aspirando alla perfezione morale.
.
i

questo suo astrarsi virtuosamente dal "fiume del tempo" senza essere condizionato dalle eredità del
passato né dalle speranze del futuro, lo porta a divenire temporis dominus. x
?

Per il filosofo infatti è soprattutto un fattore psicologico: la durata della nostra esistenza sarebbe
infatti più che sufficiente, siamo noi che la riduciamo a nulla disperdendoci in mille rivoli ed inezie.
Per Seneca “Tutto è al di fuori dell'uomo: solo il tempo è nostro; di quest'unico bene la natura ci ha

:
affidato il possesso e ne può escludere chi vuole”.
Questo è l'unico bene che nemmeno una persona riconoscente può restituire.
Usa un registro colloquiale.
Lucilio deve riprendersi il tempo, che noi tutti, Seneca compreso, giorno per giorno sprechiamo a
nostro danno.
Il problema dell'uomo, però, è la sua tendenza a evadere dal sé e da quell'adesso che è il suo
patrimonio unico e insostituibile: egli tende a proiettare la propria consistenza negli oggetti con cui ha
a che fare, a lasciarsi soggiogare da loro, e a dedicare loro il proprio presente. É contro questo
pericolo che, Seneca intende mettere in guardia se stesso e il suo amico.
y

Grande rilevanza riveste la parsimonia, l'etica del risparmio.

Potrebbero piacerti anche