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‘‘RECEDE IN TE IPSE’’

lavoro di Claudia Cammarata e Gaia Mazzola


TESTO
Subducendus populo est tener animus et parum tenax
recti: facile transitur ad plures. Socrati et Catoni et
Laelio excutere morem suum dissimilis multitudo
potuisset: adeo nemo nostrum, qui cum maxime
concinnamus ingenium, ferre impetum vitiorum tam
magno comitatu venientium potest. Unum exemplum
luxuriae aut avaritiae multum mali facit: convictor
delicatus paulatim enervat et mollit, vicinus dives
cupiditatem inritat, malignus comes quamvis candido
et simplici rubiginem suam adfricuit; quid tu accidere
his moribus credis, in quos publice factus est impetus?
Necesse est aut imiteris aut oderis.
TESTO
Utrumque autem devitandum est: neve similis malis
fias, quia multi sunt, neve inimicus multis, quia
dissimiles sunt. Recede in te ipse, quantum potes; cum
his versare qui te meliorem facturi sunt, illos admitte
quos tu potes facere meliores. Mutuo ista fiunt, et
homines, dum docent, discunt. Non est quod te gloria
publicandi ingenii producat in medium, ut recitare istis
velis aut disputare; quod facere te vellem, si haberes isti
populo idoneam mercem: nemo est qui intellegere te
possit. Aliquis fortasse, unus aut alter incidet, et hic
ipse formandus tibi erit instituendusque ad intellectum
tui. “Cui ergo ista didici?”. Non est quod timeas ne
operam perdideris, si tibi didicisti.
LE EPISTULAE MORALES
LUCILIUM
In questo brano, tratto dalle ‘Epistole a Lucilio’ (7, 6-9), Lucio
Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. Roma, 65) intende sottolineare LA
FORZA E L’EFFICACIA DELL’ESEMPIO, che può:

-migliorarci, se improntato alla virtù e alla rettitudine,

- o al contrario procurare un grave danno, se dettato dal vizio e


dall’avidità.

Perciò è necessario, senza chiudersi a riccio, FREQUENTARE


COLORO CHE CREDIAMO POSSANO ESSERE UTILI AL
MIGLIORAMENTO DI NOI STESSI e lasciarsi frequentare da coloro a
cui pensiamo di poter essere utili per il loro perfezionamento
morale.
‘‘LE TEMATICHE’’
Le Epistulae morales costituiscono un unicum nella
-nelle Epistulae emerge l’eclettismo del suo percorso
letteratura antica infatti, sebbene già Platone ed Epicuro
filosofico: nel rivolgersi al “discepolo” Lucilio, egli ha infatti
avessero fornito lo spunto per la stesura di lettere di
cura di sottolineare che da ogni dottrina - dallo stoicismo al
carattere filosofico, quello di Seneca è a tutti gli effetti un
platonismo, dai precetti di Epicuro alla scuola pitagorica - è
genere nuovo. L’autore, ben consapevole della peculiarità sempre possibile attingere un barlume di verità e sapienza.
della sua opera, tende a distinguere polemicamente le sue
lettere, dalla comune pratica epistolare (quale quella
ciceroniana), accomunando semmai il suo lavoro, a quel
processo di formazione spirituale rappresentato dalla ‘‘TEMATICHE
corrispondenza di Epicuro. Lo scambio epistolare è per PRINCIPALI’’
Seneca il mezzo più efficace a livello pedagogico, in quanto
consente di creare quell’intimità che rende più efficace
l’insegnamento dottrinale.
LA MORTE IL TEMPO
‘‘ RECEDE IN TE IPSUM’’
RECEDE IN TE IPSUM (in latino: “ritirati in te
Un tema che poi attraversa e vivifica tutti gli
stesso”) è allora il motto senechiano e l’ideale
altri è quello dell’importanza del tempo (come
proposto dalle Epistuale morales: l’idea cardinale è già nel De brevitate): vindica te tibi (“riprenditi
insomma quella del raccoglimento e della meditazione te stesso”) è un Leitmotiv che risuona nelle
tesi al perfezionamento interiore di se stessi. L’otium orecchie di Lucilio e del lettore.
senechiano (di cui il filosofo nel De brevitate vitae E se il tempo a disposizione degli uomini è
aveva già parlato, presentando i casi di uomini poco, meglio non sprecarlo e non angosciarsi
indaffaratissimi come Ottaviano Augusto e Cicerone) per l’incombere della morte, che dev’essere
affrontata con serenità, come Seneca stesso
non è quindi da intendersi come inerzia fine a se
dimostrerà di persona.
stessa, bensì come personale ricerca del bene e della
libertà interiore che rappresenta il fine ultimo del
saggio stoico.
LO STILE
Seneca affronta svariate tematiche in uno stile incisivo
e incalzante, caratterizzato da frasi brevi coordinate per
paratassi o asindeto e riflessioni giustapposte, che
passano da ricordi personali alla fondazione di
praecepta morali, da esempi quotidiani di vita vissuta a
questioni dottrinali affrontate con lunghe e articolate
analisi. Con tono pacato, l’autore riflette così su
relazioni interpersonali, passioni, tempo, felicità e
dolore, per trasmettere un insegnamento che “può
essere goduto da tutti, sia per la semplicità e
concretezza delle situazioni dalle quali è fatto scaturire,
sia per la suggestione dello stile”.
‘‘LA MORTE PER SENECA’’
Seneca tratta il tema della morte in diverse sue opere. Egli giunge alla
meditazione sulla morte come termine naturale della vita, affrontando
energicamente e abbattendo la più tormentosa e angosciosa inquietudine
dell’uomo.

La concezione di Seneca si inserisce nella dottrina stoica, ma non disdegna di


ricorrere, talvolta, al gran filone epicureo, particolarmente adatto a
rappresentare lo sforzo della ragione per vincere il timore, come ricorre
liberamente alla originale tradizione cinica che proponeva il ritorno integrale
alla natura.

Egli propone più volte l’alternativa platonica secondo cui la morte è


desiderabile sia nel caso che equivalga a non esistere più, sia che comporti la
trasformazione e il trasferimento dell’anima in un altro luogo. Seneca
condensa queste affermazioni nelle formule “aut finis aut transitus” (riferito
alla morte) e “aut beatus aut nullus” (riferito a chi è morto)
‘‘FILOSOFIA E GRECO’’
LA TOMBA DEL TUFFATORE
‘‘STORIA DELL’ ARTE’’
OPERE D’ ARTE A CONFRONTO

Morte di Seneca,Jacques-Louis David Morte di Seneca, Cristoforo Savolini


Funzionario dell’
imperatore Nerone

Espressione di Pompea Paolina,


sofferenza moglie del filosofo

Soldato interamente coperto


dall’ armatura
Sostegno dei
discepoli

Bacile di acqua
calda, per affrettare
il dissanguamento

Le utime memorie del


poeta

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