TESTO Subducendus populo est tener animus et parum tenax recti: facile transitur ad plures. Socrati et Catoni et Laelio excutere morem suum dissimilis multitudo potuisset: adeo nemo nostrum, qui cum maxime concinnamus ingenium, ferre impetum vitiorum tam magno comitatu venientium potest. Unum exemplum luxuriae aut avaritiae multum mali facit: convictor delicatus paulatim enervat et mollit, vicinus dives cupiditatem inritat, malignus comes quamvis candido et simplici rubiginem suam adfricuit; quid tu accidere his moribus credis, in quos publice factus est impetus? Necesse est aut imiteris aut oderis. TESTO Utrumque autem devitandum est: neve similis malis fias, quia multi sunt, neve inimicus multis, quia dissimiles sunt. Recede in te ipse, quantum potes; cum his versare qui te meliorem facturi sunt, illos admitte quos tu potes facere meliores. Mutuo ista fiunt, et homines, dum docent, discunt. Non est quod te gloria publicandi ingenii producat in medium, ut recitare istis velis aut disputare; quod facere te vellem, si haberes isti populo idoneam mercem: nemo est qui intellegere te possit. Aliquis fortasse, unus aut alter incidet, et hic ipse formandus tibi erit instituendusque ad intellectum tui. “Cui ergo ista didici?”. Non est quod timeas ne operam perdideris, si tibi didicisti. LE EPISTULAE MORALES LUCILIUM In questo brano, tratto dalle ‘Epistole a Lucilio’ (7, 6-9), Lucio Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. Roma, 65) intende sottolineare LA FORZA E L’EFFICACIA DELL’ESEMPIO, che può:
-migliorarci, se improntato alla virtù e alla rettitudine,
- o al contrario procurare un grave danno, se dettato dal vizio e
dall’avidità.
Perciò è necessario, senza chiudersi a riccio, FREQUENTARE
COLORO CHE CREDIAMO POSSANO ESSERE UTILI AL MIGLIORAMENTO DI NOI STESSI e lasciarsi frequentare da coloro a cui pensiamo di poter essere utili per il loro perfezionamento morale. ‘‘LE TEMATICHE’’ Le Epistulae morales costituiscono un unicum nella -nelle Epistulae emerge l’eclettismo del suo percorso letteratura antica infatti, sebbene già Platone ed Epicuro filosofico: nel rivolgersi al “discepolo” Lucilio, egli ha infatti avessero fornito lo spunto per la stesura di lettere di cura di sottolineare che da ogni dottrina - dallo stoicismo al carattere filosofico, quello di Seneca è a tutti gli effetti un platonismo, dai precetti di Epicuro alla scuola pitagorica - è genere nuovo. L’autore, ben consapevole della peculiarità sempre possibile attingere un barlume di verità e sapienza. della sua opera, tende a distinguere polemicamente le sue lettere, dalla comune pratica epistolare (quale quella ciceroniana), accomunando semmai il suo lavoro, a quel processo di formazione spirituale rappresentato dalla ‘‘TEMATICHE corrispondenza di Epicuro. Lo scambio epistolare è per PRINCIPALI’’ Seneca il mezzo più efficace a livello pedagogico, in quanto consente di creare quell’intimità che rende più efficace l’insegnamento dottrinale. LA MORTE IL TEMPO ‘‘ RECEDE IN TE IPSUM’’ RECEDE IN TE IPSUM (in latino: “ritirati in te Un tema che poi attraversa e vivifica tutti gli stesso”) è allora il motto senechiano e l’ideale altri è quello dell’importanza del tempo (come proposto dalle Epistuale morales: l’idea cardinale è già nel De brevitate): vindica te tibi (“riprenditi insomma quella del raccoglimento e della meditazione te stesso”) è un Leitmotiv che risuona nelle tesi al perfezionamento interiore di se stessi. L’otium orecchie di Lucilio e del lettore. senechiano (di cui il filosofo nel De brevitate vitae E se il tempo a disposizione degli uomini è aveva già parlato, presentando i casi di uomini poco, meglio non sprecarlo e non angosciarsi indaffaratissimi come Ottaviano Augusto e Cicerone) per l’incombere della morte, che dev’essere affrontata con serenità, come Seneca stesso non è quindi da intendersi come inerzia fine a se dimostrerà di persona. stessa, bensì come personale ricerca del bene e della libertà interiore che rappresenta il fine ultimo del saggio stoico. LO STILE Seneca affronta svariate tematiche in uno stile incisivo e incalzante, caratterizzato da frasi brevi coordinate per paratassi o asindeto e riflessioni giustapposte, che passano da ricordi personali alla fondazione di praecepta morali, da esempi quotidiani di vita vissuta a questioni dottrinali affrontate con lunghe e articolate analisi. Con tono pacato, l’autore riflette così su relazioni interpersonali, passioni, tempo, felicità e dolore, per trasmettere un insegnamento che “può essere goduto da tutti, sia per la semplicità e concretezza delle situazioni dalle quali è fatto scaturire, sia per la suggestione dello stile”. ‘‘LA MORTE PER SENECA’’ Seneca tratta il tema della morte in diverse sue opere. Egli giunge alla meditazione sulla morte come termine naturale della vita, affrontando energicamente e abbattendo la più tormentosa e angosciosa inquietudine dell’uomo.
La concezione di Seneca si inserisce nella dottrina stoica, ma non disdegna di
ricorrere, talvolta, al gran filone epicureo, particolarmente adatto a rappresentare lo sforzo della ragione per vincere il timore, come ricorre liberamente alla originale tradizione cinica che proponeva il ritorno integrale alla natura.
Egli propone più volte l’alternativa platonica secondo cui la morte è
desiderabile sia nel caso che equivalga a non esistere più, sia che comporti la trasformazione e il trasferimento dell’anima in un altro luogo. Seneca condensa queste affermazioni nelle formule “aut finis aut transitus” (riferito alla morte) e “aut beatus aut nullus” (riferito a chi è morto) ‘‘FILOSOFIA E GRECO’’ LA TOMBA DEL TUFFATORE ‘‘STORIA DELL’ ARTE’’ OPERE D’ ARTE A CONFRONTO
Morte di Seneca,Jacques-Louis David Morte di Seneca, Cristoforo Savolini
Funzionario dell’ imperatore Nerone
Espressione di Pompea Paolina,
sofferenza moglie del filosofo
Soldato interamente coperto
dall’ armatura Sostegno dei discepoli
Bacile di acqua calda, per affrettare il dissanguamento