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Cari amici gli autori di cui parliamo oggi stanno al cuore di molti di noi. Non bastano
tutte le biografie di questo mondo per poterli descrivere al meglio.
In questa sede vorrei mettere in risalto ciò che più accomuna questi due grandi
personaggi e cioè l’uso di più alter ego in più occasioni e ciascuna con sfaccettature
diverse una dall’altra, tanto che, qualcuno è arrivato anche ad ipotizzare che questi
autori avessero preso ispirazione da casi di personalità multiple, tant’è la dovizia di
particolari e la diversità così marcata da un personaggio all’altro.
È noto che Fernando Pessoa fu autore, sotto diversi pseudonimi, di una quantità
fluviale di opere di vario genere, e ognuno di essi esprimeva una diversa personalità
artistica, una diversa concezione filosofica, uno stile letterario diverso dagli altri; ma
che fu solo dopo la sua morte, quando il mistero di quei sedicenti “autori” venne
chiarito e fu possibile ricondurli tutti all’opera di un unico scrittore, che si comprese
l’enigma abissale di Ferdinando Pessoa, l’autore che aveva voluto essere non un
uomo, ma una intera letteratura.
È anche noto che Pessoa era un occultista, che possedeva straordinarie conoscenze
nel campo della magia e che fu direttamente in relazione con il (tristemente) celebre
Aleister Crowley, il quale, con il suo aiuto, simulò il proprio suicidio. Questo potrebbe
significare che l’occultismo sia in grado di fornire una chiave d’accesso al mistero
delle personalità multiple o che, addirittura, possa svilupparle, potenziarle e farle
vivere, sempre più, di vita propria, ma in base ad una volontà intenzionale e a un
progetto consapevole della personalità “principale”, sì da far impallidire, al
confronto, l’audacia concettuale di Pirandello in «Sei personaggi in cerca d’autore»?
Cominciamo, allora, con l’ipotizzare che la psiche, che noi facciamo oggetto di studio,
è solo una parte dell’anima: la parte che crediamo di conoscere, o che crediamo di
poter conoscere. Ma l’anima è molto più di essa, perché consiste in una struttura
originaria sulla quale si innesta la psiche; e quando diciamo “originaria”, intendiamo
dire che, se è possibile - fino a un certo punto - individuare le tappe di formazione
della personalità, questo non è possibile per l’anima, perché essa è il presupposto di
qualunque ragionamento sull’”io”, che poi è la personalità fattasi cosciente di se
stessa. Alcuni filosofi ipotizzano, fin dall’antichità, che l’anima non sia individuale,
ma che si origini da un’Anima universale e che passi attraverso successive
incarnazioni. È un’ipotesi che merita rispetto, dato che vi hanno aderito pensatori
della statura di Platone; ma, checché se ne dica, nessuna “prova” definitiva e
incontrovertibile è mai stata portata a sostegno di essa.
L’anima, a sua volta, è l’involucro dello spirito: e questo è legato direttamente alla
dimensione cosmica, fa parte della vita universale; se il corpo, per l’anima, non è che
un veicolo temporaneo, l’anima, per lo spirito, non è che il livello base di
consapevolezza. Lo spirito sa tutto, perché in relazione con tutto; ma l’anima non è
in grado di cogliere che poche cose e solo le grandi anime, elevandosi molto al di
sopra delle comuni possibilità, riescono a cogliere qualche cosa di più. Ora, la psiche
è una piccola stanza nell’immenso palazzo dell’anima, e questa, a sua volta, è solo la
dimora parziale dello spirito non ancora pienamente consapevole di se stesso e della
realtà universale. La realtà universale è Amore: l’anima sempre più si innalza e si
fonde con lo spirito, quanto più si abbandona al richiamo dell’amore. Nella piccola
stanza chiamata psiche, germoglia la personalità: la quale, quando insuperbisce,
crede di essere la sola realtà dell’uomo; ma a ricordarle la sua piccolezza e la sua
stolta presunzione intervengono le personalità secondarie, nate dalla mancata
comprensione della psiche di essere parte dell’anima, e questa parte dello spirito, e
questo parte del Tutto. È un peccato di superbia e come tale viene punito: quell’io che
ha preteso di dire: “Non c’è altra realtà al di fuori di me”, si vede costretto a lottare
per non farsi sopraffare da altri “io” che insorgono con la stessa pretesa, che gli
contendono la carta d’identità, che lo dichiarano un impostore e un millantatore. La
superbia si cura con l’umiltà.
Nel caso di Pessoa qualche critico si chiede se mai il poeta abbia manifestato in toto
il suo “io” reale oppure tutto sia il frutto della sua creatività. Nel trattare temi che
riguardano la sua persona e nell’usare l’eteronomia Pessoa diviene enigmatico tanto
che il poeta Frederico Barbosa con un gioco di parole, pessoa in portoghese significa
“persona”, lo definisce “l’enigma in persona.” Non firmò mai con il suo nome ma
inventò gli eteronomi che usò nella sua vita. Essi non sono pseudonimi ma personalità
poetiche autentiche e complete.
Non firmò mai con il suo nome ma inventò gli eteronomi che usò nella sua vita. Essi
non sono pseudonimi ma personalità poetiche autentiche e complete. In una lettera
a Adolfo Casais Monteiro del 13 gennaio del 1935 rivela l’origine degli eteronomi:
“Ricordo quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronomo o, meglio, il primo
conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo 6 anni, attraverso
il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui figura, non del tutto vaga, ancora colpisce
quella parte del mio affetto che confina con la nostalgia.” Chiarisce ancora questa
sua disposizione: “Fin da bambino ho avuto la tendenza a creare intorno a me un
mondo fittizio, a circondarmi di amici e conoscenti che non erano mai esistiti.”
In una certa misura, quindi, Robartes è il lato di Yeats che potrebbe credere nel
Sistema di una visione , e renderlo la base per il suo pensiero e la sua vita, mentre
Aherne è la parte che la considera "un mito platonico" (cit. L'identità di Yeats 322) e
chi si meraviglia, "Forse non tutto, anche la dottrina dell'incarnazione stessa non è
che un comodo mezzo di classificazione", ma continuerà a concedere all'idea di
molteplici "incarnazioni" quella forma di credenza che concedo a un gioco sul palco.
Insieme drammatizzano l'ambiguità della posizione di Yeats, che può consentire nella
stessa frase "Non penserò mai a pensieri tranne questi" e "ci sono molti simbolismi e
nessuno assomiglia esattamente al mio"
Chiusa questa breve parentesi c’è da dire che Yeats e Pessoa non sono affatto
identici…esiste sì un parallelismo ma esso è limitato ad un modo comune di
astrazione ( vedi l’eteronimia ) e ad alcune predilezioni comuni a tutti gli gnostici,
come l’attrazione per l’occulto e la ricerca del se superiore seguendo particolari
sentieri iniziatici.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
Il restare chiuso in se stesso lo accompagna fino alla morte, al cui approccio, prima
del trapasso, si fa portare gli occhiali sentendo che l’ora si avvicina … ed ecco che
Colui che dà la morte ( Al-Mumît ), il Signore dei Mondi ( Rabbi Al-‘Alamin ) gli
invia i suoi Messaggeri con le sembianze di tutti i suoi numerosi e fantasiosi
personaggi affinchè accompagnino la sua anima immortale fino all’ultima dimora.
In amore, l’Irlandese invece, possiede una personalità del tutto diversa, lui si rialza
anche se non dimentica. Capace di “girare pagina” dopo tutti i rifiuti di Maud,
sposando Georgie.
Ma non dimentica come dicevo il suo grande amore tanto da “far scrivere” al suo
alter ego la poesia : 'Michael Robartes invita la sua amata a stare serena' di cui qui
riporto i versi più significativi :
“Oh, vanità del sonno, speranza, chimera, desiderio senza fine. I cavalli del disastro
affondano nella vasta pozza di fango. Oh, mia amata, lascia i tuoi occhi socchiusi,
lascia che il tuo cuore palpiti sopra il mio cuore. E i tuoi capelli si sciolgano sul mio
petto, e che la solitaria ora d’amore affondi nel cupo crepuscolo del riposo. Celando
le agitate criniere e i tumultuosi zoccoli.”
Explicatio:
l’anima che per i neoplatonici risiede nella mente, è completamente libera nel sonno,
anche sotto forma di vanità che nel mondo reale può essere solo speranza e quando
non viene raggiunto l’obiettivo diventa chimera…
I cavalli del disastro non sono altro che i legami della materia legami che affondano
sempre più tenacemente verso il basso ( nel fango )-
Allora William suggerisce alla sua amata, sempre incontrata nel sogno, di
socchiudere gli occhi e abbandonarsi in un abbraccio che unisca stavolta i loro cuori
fino a che questo amore che si è creato possa realizzarsi nel mondo del pensiero,
ignorando la cruenta realtà materiale
Il ricordo di Maud, tuttavia lo accompagna lungo tua la sua vita, tanto da riemergere
attraverso un altro suo eteronimo ( Aengus ) nella poesia Aengus l’errante, una delle
più belle poesie di Yeats di cui qui riporto solo alcuni versi, famosissimi ed eterni,
musicati e cantati da artisti quali Donovan e Branduardi
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Tutto perirà, eccetto la Sua Essenza. A Lui appartiene il Verdetto e a Lui sarete
ricondotti. ( Cor. Al Qasas : 88 )