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IL PENSIERO FILOSOFICO La scelta dello stoicismo Seneca LE EPISTOLE A LUCILIOLe Epistulae morales ad Lucilium sono le 124 lettere,

divise in 20 libri, che Seneca scrisse all’amico Lucilio, per lo più dopo il 62.
è il maggiore filosofo di Roma antica, insieme a Cicerone e ad Agostino.Ebbe
Seneca non è più un personaggio pubblico, e si esprime in questa sede con
più maestri: i Sesti, Papirio Fabiano, Attalo. Ritroviamo poi in Seneca
un linguaggio più discorsivo e colloquiale di quello a cui ci aveva abituati;
elementi epicurei e altri provenienti dal medioplatonismo, ritorni di
nonostante la forma privata dell'epistolario, avvertiamo comunque che
pitagorismo e il tema dell'esame di coscienza quotidiano. Seneca opera una Seneca teneva in considerazione la futura pubblicazione delle sue lettere. I
netta presa di posizione a favore della dottrina stoica. La sua filosofia temi trattati sono molteplici e vari e già presenti in alcuni Dialogi, ma due
obbedisce a due principi stoici: la natura e la ragione. Quest'ultima è la ratio, sono i motivi ricorrenti: la figura del saggio stoico e la morte. La filosofia
il logos dei greci, divino principio che regge il mondo. L'uomo deve senecana trova nell'epistolario un'esposizione pressoché completa, anche se
conformarsi alla natura e obbedire alla ratio a ogni livello. Il sapiente e il non sistematica. E' questo un "difetto" riconosciuto al pensiero senecano da
graduale itinerario verso la sapienza Il pensiero di Seneca ha per alcuni critici: facilmente contestabile, però, se si considera che una filosofia
protagonista il sapiens. Ma Seneca, essendo romano, è dotato di spirito focalizzata sull'etica, come tipico della Terza Stoà, non necessita di
pragmatico, perciò evita le esasperazioni dell'antica Stoà, secondo la quale il sistematicità in senso classico. Seneca vuole soprattutto favorire
sapiens è immune persino dal dolore fisico o psicologico.Per Seneca la vera nell'interlocutore l'abitudine alla riflessione filosofica che deve sempre
grandezza non consiste nel disprezzare gioie e dolori, ma nel saperli portare all'esame di coscienza. Le sue epistole inoltrano soprattutto consigli
dominare con la ragione. A tale scopo il sapiens deve allenarsi spirituali. Non mancano però riferimenti alla realtà, a episodi di vita privata,
alle lettere di risposta di Lucilio. L'epistolario delinea un itinerario filosofico
all'autocontrollo e a una continua pratica meditativa. La prima tappa è il
che gradualmente conduca l'allievo Lucilio all'autocoscienza e alla libertà
trionfo sulle passioni, in particolare sul dolore e sulla paura.La seconda è la
interiore, intesa alla maniera degli stoici, come accettazione totale del
conquistata consapevolezza di possedere in sé qualcosa di divino, di essere
proprio destino, buono o cattivo che sia. Seneca si fa guida morale, anche se
insomma parte del lógos, il cui progetto provvidenziale sul mondo e sugli
confessa di non avere raggiunto neppure lui la piena sapientia. Le lettere
uomini è il nostro destino. Infine giungeranno l'accettazione e la serena iniziali sembrano avviarsi con cautela, presentando talora insegnamenti di
condivisione di tale destino. Anche la ricerca scientifica acquista una valore scuole filosofiche diverse da quella stoica. L'autore abitualmente offre a
filosofico e morale: studiando i fenomeni della natura, l'uomo perviene alla Lucilio una sententia, cioé una massima facilmente memorizzabile, su cui
conoscenza della ratio universale che muove il cosmo; la conosce e si meditare. La fonte privilegiata di queste frasi celebri è Epicuro, forse perché
assimila a essa. Impara così a vivere meglio, senza sciocchi timori e vincendo Lucilio inclinava inizialmente per l'epicureismo e a conferma della
le passioni dell'animo. Ma per Seneca la sapienza non è il fine ultimo: va fondamentale larghezza di vedute di Seneca. In seguito l'autore lavora per
cercata per raggiungere la vera meta, che è quella libertas interiore che arricchire il patrimonio spirituale dell'allievo. In seguito il tono della
appartiene al saggio ed è il suo vero segno distintivo. discussione pare elevarsi in spessore teorico e adeguarsi alla maturazione
del discepolo. Infine nelle lettere dell'ultima fase Seneca sembra dare corpo
a quell'esigenza di rivisitazione sistematica di tutta la filosofia che aveva
animato i Dialoghi.

La sconfitta della ragione TRAGEDIE

Sul piano letterario l'elemento caratterizzante delle tragedie senecane è la forte


componente passionale che li attraversa. Padroni della scena sono l’odio, la
violenza, il sangue, l'infelicità dei personaggi: il filosofo stoico rappresenta nel suo
teatro tutto il contrario della virtus, raffigurando la divorante crudezza delle passioni
umane e il raccapriccio che esse destano. Il male di questo mondo viene esibito
senza schermi, con enfasi esasperante e grande uso di mezzi retorici: dialoghi
serrati, sentenziosità, frasi semplici e scarnificate riprendono e amplificano i moduli
asiani degli scritti di prosa.Le vicende si svolgono ossessivamente nel palazzo del
potere e i protagonisti sono sempre re, eroi, condottieri (il popolo resta
costantemente assente): vittime esemplari, tutti, del furor regni smisurato dei
tiranni, contrario alla sicura quiete spesso lodata nei cori. Siamo di fronte a
esplorazioni del male e a una diagnosi dei suoi effetti.L'insegnamento che ne
consegue è solo indiretto, emerge in controluce: abbandonando la via della ratio e
quindi della virtus, si diventa incapaci di indirizzare rettamente la propria ragione e
per Seneca senza ratio non c'è salvezza.

SATIRA MENIPPEA

L’ultima opera del corpus senecano, prosimetrica), com’è tipico della satira menippea, è la
Apokolokyntòsis = "inzuccatura", "trasformazione in zucca") è controverso: secondo una diffusa ipotesi,
esso significherebbe che alla sua morte Claudio, invece di essere assunto fra gli dèi, è stato assunto fra le
zucche (o gli zucchini); nulla di simile accade però nell’opera. Altri traducono "Infinocchiatura del divino
Claudio",essendo per lui l'apoteosi una vera fregatura (egli non sarà affatto divinizzato).La critica
riconosce piuttosto uniformemente che, per essere una satira,manca alla Apokolokyntòsis la vis
polemica: più che un'invettiva sembra un (pesante) scherzo. Contenuto : Dopo che Mercurio riesce ad
ottenere che Claudio esali finalmente l’anima, cessando così di sembrare vivo, si presenta a Giove un
essere mostruoso, zoppo e che parla in modo incoerente. Viene creduto un mostro e sottoposto
all’attenzione di Ercole, convinto di dover affrontare la sua tredicesima fatica. Dopo aver interrogato
Claudio, Ercole si esprime negativamente, ma Giove,nonostante tutto, sarebbe dell’idea di divinizzarlo.
Si avanza allora Augusto, che elenca tutte le malefatte di Claudio, per cui si decide di inviarlo agli
Inferi.Accompagnato da Mercurio, passando per la via Sacra, Claudio assiste al suo funerale e si rende
finalmente conto di essere morto. Nell’Ade viene accolto da tutte le sue vittime e viene condannato a
giocare ai dadi con un bossolo senza fondo. Caligola lo vorrebbe come suo schiavo, ma Claudio viene
assegnato al suo liberto Menandro. Il tono è evidentemente, e pesantemente, parodistico: vengono
messe alla berlina le fissazioni maniacali di Claudio, la sua infermità fisica (era probabilmente spastico) e
la sua presunta stupidità.

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