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Emidio Spinelli

QUESTIONI SCETTICHE
Letture introduttive al pirronismo antico

Lithos
Impaginazione e copertina: Alessandro Amato

In copertina: Rembrandt, Un erudito net suo studio ( “Faust”), 1652 circa

© 2005 Lithos editrice snc


Via dei Ramni, 6 - 00185 Roma
tel./fax 064464838

ISBN 88-89604-07-7
Alla memoria di mio padre
IN D IC E

Premessa IX

Capitolo I: G li scetticismi antichi: uno schizzo introduttivo 1

Capitolo II: I dieci tropi scettici 27

Capitolo III: Induzione e definizione: contro la logica dogmatica 61

Capitolo IV: N on scire per causas. .. 82

Capitolo V: C omprensione filosopica e prassi comunicativa 114

Capitolo VI: “Fatti voi foste a viver come scettici... ” 131

Avvertenza 159

Nota bibliografica 161

Indice del luoghi citati 187

Indice del norm antichi 201

Indice del norm modemi 205


PREMESSA

Viene qui raccolta una serie di contributi precedentemente editi in ri-


viste o volumi miscellanei, non sempre e non tutti facilmente reperibili o
consultabili. La spinta fondamentale a rimettere insieme i saggi, qui ripre-
sentati - con titoli diversi si, m.a sostanzialmente riproposti nella loro ori-
ginaria stru.tt.ura e solo in pochissimi punti sottoposti a minime modifiche
di forma o arricchiti. da ulteriori rinvii. bibliografici —non e unicamente e
principalmente quella di renderli piu accessibili alia lettura di un pubbli-
copiu ampio, composto, auspicabilmente, non di. soli ‘specialisti’, ma an-
che di studenti e studiosi interessati alia filosofa antica. In realta la vera
motivazione che si lascia cogliere dietro questo progetto editoriale e in­
sieme piu radicale e forse anche piu ambiziosa. I lavori che qui vengono
riproposti sono caratterizzati infatti da una forte unitd tematica, dettata
dal privilegio concesso, come oggetto di indagine, a Sesto Empirico, sicu-
ramente il piu famoso e forse anche il piu. illustre - perfino teoreticamen-
te —fra i rappresentanti a noi noti della tradizione antica del cosiddetto
neo-pirronismo. Anzi, a voler essere ancor piu. precisi, letti secondo que­
st'ottica i vari lavori assemblati in questo volume possono essere forse
considerati come capitoli concatenati. di un disegno unitario e omogeneo.
Da questo punto di vista il saggio di apertura costituisce in qualche
modo la preliminare — o meglio ancora: storicamente necessaria - via
d ’accesso alle questioni di dettaglio affrontate negli altri contributi. Esso
e infatti caratterizzato da una sorta di panoramica delle due grandi cor-
renti scettiche del pensiero antico (quella accademica e quella pirronia-
na/neo-pirroniana) e da una sintetica ricostnizione tanto delle linee di
fondo che animano i loro differenti modi, di intendere la filosofia quanto
delle interpretazioni che questi ultimi hanno suscitato nella riflessione de-
gli interpret contemporanei.
Dopo aver garantito un simile quadro di insieme, il senso globale di
tutti gli altri capitoli di questa raccolta si sviluppa in modo chiaro e, spe-
ro, coerente. Di volta in volta, infatti, essi si concentrano su alcuni snodi
centrali del pensiero neo-pirroniano, assumendo come punto di riferimen-
to testuale - non unico, ma sicuramente privilegiato - quella che secondo
molti studiosi viene a ragione considerata Vopera piu. significative di Se­
sto: i Lineamenti pirroniani.
Si tratta di un testo che, soprattutto nel primo dei suoi tre libri, pre-
senta un vero e proprio tentativo di auto-giustificazione filosoficamente
X Questioni scettiche. Letture introduttive ai pirronismo antica

fondata e teoricamente profonda dei punti-cardine della versions pirro-


niana dello scetticismo antico. In tal senso un ruolo di primo piano, qui
analizzato in dettaglio nel secondo capitolo, spetta senz’altro a ll’elabora-
zione della cosiddetta ‘tropologia scettica ’ e alia strategia filosofica rin-
venibile dietro la potente batteria di strumenti polemici costituita dai ' die-
ci modi della, sospensione del giudizio \ utilizzati in ambito scettico contro
la pretesa superbia intellettuale mostrata su piani e campi diversi dal pen­
siero dogmatico appartenente a varie scuole e indirizzi•
Proprio nel suo sforzo continuo di demolizione di ale uni elementi ba-
silari delle jilosofie dogmatiche rivali, del resto, la tradizione neo-pirro-
niana e riuscita a ojfrire a ll’agenda filosofica una serie di critiche, che
hanno lasciato il segno non solo nella, riflessione antica, ma indubbia-
mente —ancora e sempre —anche in quella contemporanea. E quanto si. la-
scia cogliere con chiarezza dietro le pagine sestane dedicate ad esempio
all’esame di. nozioni logiche di primo piano, come quelle di induzione e
definizione o alVattacco radicale contro il concetto stesso di causa, senza
dubbio uno dei capisaldi di. una visions del pensiero filosofico riassumibi-
le nella fortunata formula dello scire per causas (oggetto di attenzione, ri-
spettivamente, nel terzo e nel quarto capitolo).
Una vulgata infondo abbastanza superficiale, ma troppo spesso passi-
vamente ripetuta, e accettata, infine, tende a presentare lo scetticismo an­
tico - e forse ogni forma di scetticismo - unicamente nel suo aspetto di
pars destruens, sempre pronto a radere al suolo il fortino filosofico del
dogmatismo, ma strutturalmente incapace di avanzare una propria propo-
sta o addirittura condannato a una sorta di costitutiva e sterile inattivita,
assimilabile alia statica vita di una pianta . Contro questo luogo comune,
alimentato spesso da una piu o meno profonda ignoranza dei testi, so-
prattutto di quelli antichi, gli ultimi due capitoli di, questo volume tenta.no
invece di mostrare, entrando ancora una volta nel cuore di alcuni passi si-
gnificativi dei Lineamenti pirroniani debitamente confrontati con altri luo-
ghi paralleli sestani. di contenuto analogo, come e quanto il neo-pirroni-
smo antico possa e debba. essere valutato nella suaforza di genuina filo-
sofia, in grado di svelare pienamente il lato costruttivo del suo progetto
teorico e pratico. Cost, il quinto capitolo insists soprattutto sulla possibi-
lita, e sui limiti di praticabilitd da, parte dello scettico di una vera ricerca
filosofica, senza trascurare le linee-guida di. una sua legittima, filosofia
del linguaggio’ volta a ll’esito pragmatico di un efficace scambio comuni-
cativo. Insistendo su questa linea interpretativa, infine, il sesto capitolo
rappresenta quasi il culmine ideale di tutta la trattazione precedents. Sul-
lo sfondo della critica dogmatica piu forte mossa contro la vivibilitd stes-
Emidio Spinelli XI

sa dell’opzione scettico-pirroniana, vengono infatti puntualmente ripro-


poste le contro-obiezioni avanzate da Sesto, che mira.no ad assicurare an­
che alio scettico, anzi forse soprattutto se non unicamente a lui, una serie
di punti di riferimento in grado di garantirgli un sereno orientamento nel
mondo e insieme una giustificazione del suo agire quotidiano filosofica-
mente accettabile, benche priva di qualsiasi pretesa ontologicamente o
eticamente forte.
Leggendo in quest’online, quasi come in un crescendo, i saggi di que­
sto volume e seguendo passo dopo passo le critiche, le argomentazioni, le
posizioni di Sesto e del movimento di pensiero che egli cost degnamente
rappresenta o ricapitola sard forse possibile avvicinarsi, al neo-pirronismo
antico come a una delle correnti filosofiche a mio avviso piu attraenti e
senza dubbio storicamente piu ricche di ‘p osterita teorica \
L ’auspicio di carattere generale e che tutto cid contribuisca a mante-
nere vivo in noi, nani di una contemporaneita. ti'oppo spesso dimentica del
passato, il valore e laforza del messaggio che costantemente ci proviene
dai giganti —piu o meno . ‘alti’ —della nostra tradizione.

Ferma restando la responsabilita totale e unica. di chi scrive per qualsiasi


errore o dimenticanza, nel chiudere questa breve premessa non posso non rin-
graziare tutti coloro che hanno avuto la pazienza e la bonta. - alVepoca - di
leggere questi miei contributi. Senza. citarli qui tutti, mi limito a rinviare al-
le note specijiche dei singoli capitoli, in cui il loro positivo apporto viene
opportunamente ricordato. Alcuni di loro, perd, meritano una citazione
speciale, se non altro perche con loro il dialogo, il confronto, a volte anche
il costruttivo dissenso non e cessato mai e non sembra voler cessare,fortu-
natamente: a loro, dunque, aMauro Bonazzi, Riccardo Chiaradonna e An­
na Maria loppolo va un grazie ancor piu convinto e sincero.
Per il prezioso aiuto nella redazione tipografica, nella correzione delle
bozze e nella composizione degli indici voglio infine ringraziare Caterina
Mulieri.

Roma, agosto 2005

Emidio Spinelli
C a p it o l o p r im o
GLI SCETTICISMI ANTICHI: UNO SCHIZZO INTRODUTTIVO

1. Cercare di scrivere una nota introduttiva m merito alio scetticismo an­


tico una trentina di anni fa, agli inizi degli anni Settanta del secolo passato,
non avrebbe certo comportato problemi di spazio. Sul piano dei contenuti
ci si sarebbe potuti trincerare dietro un clima generate - vagamente e spes­
so imprecisamente post-hegeliano - di svalutazione delle cosiddette filoso-
fie ellenistiche, scetticismo incluso1. Di conseguenza, diciamo pure !a ca-
duta’, a causa di una scarsita frutto di quel meccanismo di rimozione dei te-
mi non alia moda o pregiudizialmente ritenuti non interessanti che si rivela
quasi costante nella storia degli studi, anche l’analisi della letteratura se-
condaria suirargomento avrebbe richiesto uno sforzo non certo sovrumano.
Poche paginette, insomnia, sarebbero bastate, forse anzi avanzate2.
Purtroppo - o si dovrebbe piuttosto dire, con un certo compiacimento, per
fortuna - le cose non stanno piu cosi3. A partire proprio dalla data che sopra
ricordavo, infatti, si e assistito a un revival quantitativamente e soprattutto
qualitativamente rilevante degli studi dedicati alle filosofie ellenistiche in ge­
nerate. oramai libere da ipoteche negative e assurte nuovamente a oggetto
d ’indagine di prim’ordine, soprattutto per gli stimoli intellettuali che esse of-
frono e per le sorprendenti affinita che mostrano rispetto a tematiche e me-
todologie care anche alia ricerca filosofica contemporanea4. In quest’atmo-
sfera di rinnovato vigore interpretativo fattenzione degli studiosi si e posa-
ta, in piu sensi e in moltephci direzioni, anche - e aggiungerei ovviamente,
visto Televato tasso di problematicita teoretica e storiografica, che le carat-
terizza - sulle questioni relative all’evoluzione e alio statuto concettuale
dello scetticismo antico. Cio e accaduto in modo cosi vasto e capillare, che
Totografare’ lo sforzo ermeneutico degli specialisti negli ultimi trenf anni
nello spazio breve di questo che vuole essere uno schizzo informativo di-
venta difficile, quasi impossibile se si vuole a ogni costo perseguire l ’idea-
le astratto di una esaustivita assoluta. Ecco perche ho deciso di percorrere
una strada diversa. Sacrificando forse qualcosa sull’altare della pretesa
completezza, optero per un lavoro di selezione - non arbitraria, spero - ca-
pace di mettere in luce innanzi tutto uno snodo storico e teorico di prima-
ria importanza, illustrato sempre e comunque attraverso il rinvio puntuale
sia ad altri temi di particolare rilievo si a naturalmente ai piu significativi
studi. che di volta in volta hanno rappresentato a mio avviso tappe impor­
tant! nell’ambito del dibattito specialistico sullo scetticismo antico.
n Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

2. Come ha giustamente sottolineato David Sedley, il primo nodo da


sciogliere, soprattutto qualora si intenda davvero evitare qualsiasi frain-
tendimento o qualsiasi superficiale lettura e utilizzazione del patrimonio
scettico antico, e quello di una corretta delimitazione del campo di indagi-
ne. Occorre insomma prehminarmente chiedersi che cosa si possa e si deb-
ba intendere per scetticismo, in modo da determinare in modo coerente e
conseguente anche quando collocare la prima apparizione di questo atteg-
giamento filosofico5. Se a questa domanda rispondessimo assimilando !de-
bolm ente’ la scepsi alle molte, ma per nulla sistematiche, dichiarazioni ed
espressioni di dubbio o ignoranza formulate sia da poeti sia da filosofi agli
albori della tradizione culturale occidentale, dovremmo popolare la storia
dello scetticismo antico di pallide figure, magari attribuendo loro il titolo
onorifico di 'precursorf. Potremmo allora chiamare in causa - come pure
sembrano aver fatto alcune fonti antiche, colpite da isolati e pessimistici
pronunciamenti sulla debolezza delle nostre capacita gnoseologiche o sui
limiti invalicabili della nostra condizione mortale e per cio stesso ‘effime-
ra’ - i nomi illustri di Omero o dei Sette Sapienti; di Archiloco o di Euri-
pide; di Senofane, di Parmenide o di Zenone eleatico; di Eraclito o di Em-
pedocle; di Ippocrate o di Democrito, per chiudere naturalmente con So-
crate o con lo stesso Platone6. Accettare questo tipo di interpretazione, tut-
tavia, significherebbe dissolvere la specificita di quella corrente filosofica,
che probabilmente non raggiunse - meglio: non voile raggiungere - mai la
struttura consolidata di una scuola o hairesis, m a che rappresenta un mo-
vimento, una corrente di pensiero o agoge1, cui possono essere attribuite
almeno due note distintive di fondo:
a. la convinzione che il vero scettico persevera senza sosta nella ricer-
ca e insieme permane nelfaporia, un abito che arriva quasi a caratterizzarsi
come un vero e proprio fine o telos in senso forte;
b. la capacita di supportare questo atteggiamento di interminabile, in-
cessante apertura mentale mediante una sistematica raccolta o, se neces-
sario, una opportuna invenzione di argomenti volti a mostrare P impossi­
bility e/o l’infondatezza di qualsiasi pretesa conoscitiva cristallizzata in
dogmi.
Se scegliamo questa seconda opzione ermeneutica, possiamo evitare
pericolosi regressi alPinfinito nella nostra caccia alle origini dello scettici-
smo antico e individuare anzi un ambito cronologico e concettuale ben
preciso, entro cui tale atteggiamento si impose e consolido: si tratta del di-
battito epistemologico ed etico innescato fra IV e III sec. a.C. dalle rifles-
sioni di Pirrone (360-270 a.C.) da una parte e di Arcesilao (315-240 a.C.)
dalPaltra8.
Emidio Spinelli 3

3. Il richiamo alia auctoritas non di uno, ma di ben due ‘padri fondato-


ri’ non e affatto frutto di tentennamenti attribuzionistici o di confusioni in­
terpretative. Essa impone piuttosto, a qualsiasi ricostruzione che voglia dir-
si storicamente attenta e consapevole, la necessita di fare i conti con l’esi-
stenza di almeno due forme diverse di scetticismo, fra loro non coinciden-
ti, anzi spesso fra loro apertamente rivali e segnate entrambe da una storia,
da un’evoluzione interna non priva di scossoni, niente affatto lineare,
Fortunatamente si tratta di una questione di ‘tassonomia storiografica’
complessa, senza dubbio anche immediatamente spinosa sul piano teorico,
ma non arbitrariamente inventata dagli esegeti modemi o contemporanei9.
Le radici della consapevole separazione di due tipi di scetticismo, infatti,
sono gia antiche. Ne abbiamo testimonianza evidente e perspicua in un no-
to passo di Gellio (NA XI, 5, 6), che scrive:

Vetiis autem quaestio et a multis scriptoribus Graecis tractata, an quid et


quantum Pyrronios et Academicos philosophos intersit.

La prima domanda che questo brano suscita riguarda, credo, il valore


esatto, cronologicamente puntuale, da attribuire all’aggettivo vetus : quan­
to e ‘vecchia' la questione relativa alia differenza fra accademici e pirro-
niani? Possiamo dire che sin dalla ‘data di nascita’ cui accennavamo in
precedenza, sin dal binomio Pirrone/Arcesilao, vi sia stata consapevolez-
za di questa differenza? Possiamo insomma sostenere che gia con queste
due figure archetipiche si ponga il problema della commensurabilita o in-
commensurabilita di due atteggiamenti scettici?
Per rispondere a tale quesito, occorre accennare, seppur in estrema sin-
tesi. alle posizioni dei due patres appena ricordati.4

4. Cominciamo da Pirrone, soprattutto perche la sua figura suscita una


domanda preliminare, che, benche possa suonare paradossale, condiziona
tutta l’analisi della successiva storia del versante pirroniano dello scettici­
smo antico: fu Pirrone davvero pirroniano?10 Il dibattito in merito a questo
difficile quesito e stato lungo e storicamente fecondo11. Credo tuttavia che
le conclusioni di Fernanda Decleva Caizzi prima e - seppur con sfumature
diverse, in alcuni casi molto diverse - di Richard Bett poi consentano di da­
re una risposta seccamente negativa12. La posizione di Pirrone, cosi come
sembra emergere da varie testimonianze antiche, non appare affatto inte~
ressata a perseguire senza sosta il vero, nella persuasione forte, pero, di non
poter dire nulla di definitivo sulla realta. A1 contrario, stando soprattutto al
resoconto di Aristocle, egli sembra pronundarsi in modo dogmatico sulla
4 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

natura delle cose, che vengono negativamente etichettate come “senza dif-
ferenze, senza stabilita, indiscriminate”13. Proprio la tesi di una radicale e
intrinseca indeterminatezza delle cose o pragmata , che condiziona la no­
stra disposizione, lasciandoci “senza opinioni, senza inclinazioni, senza
scosse” e cui consegue “per prima cosa Pafasia, poi Pimperturbabilita55, in­
duce a pensare a un Pirrone per nulla scettico, quanto piuttosto sostenitore
di una sorta di ‘metafisica negativa o indifferentista5, che sul piano episte-
mico non si appaga delT affermazione dubitativa (e gia socratica?), secon­
do cui “noi non conosciamo nulla”, ma tende piuttosto a dichiarare senza
esitazione che “non c’e nulla da conoscere”14. Al di la di ogni dibattito, che
pure potrebbe essere alimentato da una lettura diversa delle testimonian-
ze15. credo che a conferma indiretta di questa interpretazione 4dogmatic a'
di Pirrone possa essere addotta la constatazione per cui, per lungo tempo e
comunque sicuramente fino al I sec. a.C., Petichetta dossografica di ‘pir­
roniano5non sembra assumere alcuna valenza scettica16.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che molti degli episodi e alcune del­
le opinioni o doxai, che costituiscono Possatura della vita laerziana dedi-
cata a Pirrone ci mostrano un Pirrone assolutamente privo di convinzioni
definite in campo etico, pronto anzi a negare forza e valore assoluti a con­
cetti basilari come quelli di bene e male17. Almeno su questo piano, dun-
que, bisognerebbe riconoscergli legittimamente la ‘patente5 di scettico, al
punto da giustificare anche la ben nota accusa di inattivita o apraxia im-
plicitamente adombrata in alcuni comportamenti a lui attribuiti dalla tradi-
zione aneddotica18. A parte ogni contro-obiezione fattuale riscontrabile in
altri filoni dossograftci, non pregiudizialmente ostili alia figura e alPatti-
vita filosofica oggettivamente ‘strana’, non classificabile di Pirrone19, an­
che in questo caso si puo addurre come testimonianza indiretta la sua col-
locazione, accanto ad altri autori poco noti e comunque diciamo cosi ‘ete-
rodossi5rispetto alle scuole di provenienza, nel novero dei ‘moralisti’20.
Alla nostra iniziale, solo apparentemente paradossale domanda sull’e-
ventuale pirronismo di Pirrone, allora, possiamo in definitiva rispondere
negativamente, citando a sostegno la conclusione di Jacques Brunscliwig:
“Pirrone non fu il primo pirroniano. Il primo pirroniano fu Timone, il piu
noto degli immediati discepoli di Pirrone”21.

5. Nonostante il quadro teorico di indeterminatezza metafisica della


realta sopra ricordato e nonostante le classificazioni storiografiche tenden-
zialmente dogmatiche riconducibili con certezza o con buona verosimi-
glianza a Pirrone invitino a escluderlo dalla famiglia scettica, non e man-
cato chi, gia fra gli autori antichi, ha cercato invece di accreditame Pap-
Emidio Spinelli 5

partenenza alia suddetta famiglia. trasformandolo addirittura nel punto di


riferimento piu netto o addirittura nella sorgente prima dell’atteggiamento
scettico di Arcesilao. Le due figure-archetipo da cui abbiamo preso le mos-
se verrebbero cosi non solo rese perfettamente commensurabili, ma addi­
rittura si collocherebbero in un rapporto gerarchico di dipendenza, a tutto
vantaggio di presunte radici pirroniane della filosofia scettica tout court22.
Grazie a una riutilizzazione sottilmente ironica della nota immagine ome-
rica della Chimera, Arcesilao diventerebbe quindi una sorta di mostro: da-
vantl Platone, in mezzo Diodoro, ma dietro Pirrone. Senza poter entrare
qui in una disamina dettagliata. bisogna tuttavia dichiarare con forza che
di fronte a questa raffigurazione possiamo e dobbiamo nutrire ragionevoli
dubbi. Essa deriva infatti da fonti probabilmente ostili ad Arcesilao, ovve-
ro: a) Timone, interessato invece, per motivi che esamineremo meglio fra
poco, a sottolineare la totale assenza di originalita delPaccademico, la cui
filosofia verrebbe a ridursi a un poco coerente patchwork di posizioni fra
loro diverse e difficilmente conciliabili23; b) o ancora Aristone di Chio,
preoccupato di separarlo nettamente da quella (comune) tradizione socra-
tica che egli vorrebbe tutta e solo pro- e pre-stoica24; c) o infine autori piu
tardi - Numenio soprattutto, che raccoglie i versi di entrambi, ma anche
Sesto Empirico, come vedremo in dettaglio piu avanti, o ancora Agostino
- malevoli al punto da sfruttare P immagine polimorfa per accreditare la fa-
vola di un presunto esoterismo di Arcesilao25.
Se vogliamo impostare in modo corretto l ’indagine sulla natura e sulla
portata dello scetticismo accademico dobbiamo spostare la nostra atten-
zione su altre fonti, meno prevenute e capaci di farci cogliere in re le dif-
ferenze di impostazione, di background filosofico, perfino di sensibilita
teoretica fra Pirrone e Arcesilao. In questa direzione - soprattutto per re-
cuperare a pieno la dimensione del rapporto intercorso fra Arcesilao e gli
stimoli di pensiero a lui antecedent! o contemporanei, nonche per apprez-
zare i confini della sua originalita filosofica - di fondamentale importanza
si rivela di nuovo la testimonianza di Cicerone, che davvero ci mette sulla
strada giusta quando scrive (de or. Ill 17, 67):

Arcesilas primum, qui Polemonem audierat, ex variis Platonis libris sermoni-


busque Socraticis hoc maxime arripuit, nihil esse certif quod aut sensibus out ani-
mo percipi possit.

La direzione indicata dalle parole di Cicerone e inequivocabile: per ca-


pire Arcesilao e la sua filosofia occorre stabilire una continuity di metodo,
priva di qualsiasi frattura, in primo luogo con Socrate26 e naturalmente poi
6 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

con Platone, interpretato soprattutto alia luce di quella sorta di slogan che
e il ‘discutere nell'un senso e in quello contrario’ come vera essenza del fi-
losofare, che consente immediatamente di recuperare la forza e il caratte-
re aporetico dei cosiddetti dialoghi giovanili di Platone, come anche di al-
cuni suoi scritti piu tardi, primo fra tutti il Teeteto. Su questa medesima li-
nea va collocato anche lo sforzo piu generale messo in atto da Arcesilao
per individuare tracce di quel modo di intendere la filosofia - segnato dal­
la vigorosa sottolineatura della debolezza gnoseologica dell’uomo (cfr. ad
es. Cic. Varro 44-45) - ancora piu indietro rispetto alia tradizione socrati-
co-platonica. Probabilmente con lui, quindi, nasce una lettura che potrem-
mo dire ‘inclusiva’ della storia della filosofia precedente, segnata da un ve­
ro e proprio ‘appello ai presocratici’, inseriti in lunghe e variegate liste di
presunte genealogie delP atteggiamento scettico27.
Un esercizio filosofico quale quello appena descritto, che pure nasce
genuinamente dalla prospettiva del verum invenire velle (cfr. Cic. Luc.
76), non puo che finire con il proporre e rafforzare l ’esperienza della
ugual forza o isostheneia. delle tesi opposte su di un medesimo tema, ren-
dendo piu solido, quasi ‘abituale’ il ricorso alia tecnica dello in utramque
partem disserere, con l’inevitabile approdo a una sospensione generaliz-
zata del giudizio su tutto, al piu radicate peri panton epechein28. Essendo
questi i punti di riferimento positivi dell’atteggiamento filosofico di Arce­
silao, bisogna giustamente abbandonare la lettura esclusivamente dialetti-
ca - ovvero anti-stoica - del suo pensiero (cosi come di quello di Camea-
de, come vedremo fra breve), che. sulla scia di una forse fin troppo fortu-
nata e (meccanicamente) ripetuta interpretazione avanzata da Pierre
Couissin, molti studiosi (soprattutto in ambito anglosassone) avevano ab-
bracciato sino a non molti anni fa, trasformandola in una sorta di rigida
‘ortodossia’29. E stato merito di Anna M aria Ioppolo30 aver guarito questo
settore di studio del pensiero antico da ogni cedimento alia ‘couissinite5,
mettendo in evidenza come alia base delle opzioni filosofiche di Arcesilao
- sicuramente anche anti-stoiche - vi siano tesi genuinamente socratiche
(soprattutto il rifiuto di concedere al saggio la possibility di opinare). Esse
appaiono legate anche a un retroterra accademico comune condiviso a
quanto pare con lo stesso Zenone stoico31, affidate per di piu a una di-
scussione serrata, che fa uso di una terminologia non originariamente ed
esclusivamente stoica, ma piu antica e ancora una volta aperta a un uso e
riuso comune alle due scuole accademica e stoica. Oltre a una serie di
espressioni tecniche di primo piano in ambito epistemologico e morale (si
pensi ad esempio a epecho-epechein, kathekon/ka torthoma32) , quest'ulti­
ma osservazione viene fatta valere dalla Ioppolo in modo particolare per lo
Emidio Spinelli 7

stesso criterio di azione proposto da Arcesilao, il “ragionevole” o eulogon.


Esso, frutto di una presa di posizione positiva e non mero artificio dialet-
tico, dovrebbe consentire anche alio scettico accademico di sfuggire al-
l ’accusa di apraxia , gia evocata a proposito di Pirrone, proponendo un mo-
dello di comportamento, che in modo naturale (physikos) indirizza verso il
bene come cio che e proprio o oikeion. passando unicamente per il legame
‘m eccanico’ della rappresentazione e del relativo impulso33 e offrendo del-
razione che ne scaturisce una giustificazione post factum.

6. La svolta scettica impressa alia storia delTAccademia da Arcesilao


non si esaurisce con lui. Dopo il suo scolarcato, sempre e comunque anche
in funzione anti-stoica, e Cameade (214-129 a.C.) la personality che mag-
giormente si impegna in una polemica non priva di affermazioni in propria,
persona, benche !parassitaria’ soprattutto rispetto alle conclusioni di Cri-
sippo34. Una scama, m a significativa notizia riportata da Diogene Laerzio
(IV 62) sembra confermare quest’ultimo punto senza ombra di dubbio:

Lesse con molta cura le opere degli stoici e, particolarmente, quelle di Crisip-
po, anzi contraddiceva con tanta equita alle loro tesi e conseguiva tanto successo,
che soleva dire: ‘Nulla io sarei se non fosse esistito Crisippo5.

Nonostante il carattere dialettico, ad hominem. delle sue conclusioni, e


possibile tuttavia intravedere in Cameade una sorta di attenuazione della
posizione radicale assunta da Arcesilao, soprattutto perche egli sembra
ammettere per il saggio 1’occasio n al cedimento all’assenso e alia formu-
lazione di opinioni, con un ridimensionamento della portata assoluta della
sospensione del giudizio35. Questo atteggiamento meno categorico sembra
dettato dalla volonta di evitare ogni paralisi dell’agire36, ancorato a un cri­
terio, quello del pithanon, che pone in atto la necessita di tenere conto, nel­
la nostra attivita gnoseologica, del fattore tempo e addirittura di una valu-
tazione graduate e progressiva dell’attendibilita delle nostre rappresenta-
zioni. Determinante diventa, in questo caso, interpretare correttamente il
senso e il valore teorico del pithanon. Se, attribuendo a esso un senso spe-
ciale e direi ‘tecnicizzato’, lo intendiamo e traduciamo come ‘persuasivo’,
‘capace di convincerci’, allora, come e stato affermato riassuntivamente, si
deve concedere che Cameade “sembra decisamente reticente nel tracciare
qualsiasi stabile connessione fra le caratteristiche di un’impressione che
rende qualcosa convincente e la reale verosimiglianza del suo essere ve­
ro”37. Se invece, seguendo l ’uso comune nonche la strada gia tracciata da
Cicerone nella sua resa latina e senza naturalmente caricare di alcuna for-
8 Questioni scettiche. Letture intivd.uttj.ve al pirronismo antico

za veritativa il termine, consideriamo pithanon equivalente a ‘probabile’ o


‘verosimile’ e se per di piu diamo alia raccomandazione carneadea di “se-
guire” unicamente quelle rappresentazioni che siano “probabili. non di-
stratte e ben ponderate” anche un peso statisticamente forte, allora, contro
una certa vulgata particolarmente diffusa fra gli esegeti di area anglosas-
sone, possiamo concludere sostenendo che “Cameade era probabilista, an­
che nel senso di probability statistica”38.

7. Comunque si voglia sciogliere questo difficile nodo interpretative!,


resta indubitabile che la posizione complessiva di Cameade, ovviamente
anche per il fatto di non essere stata mai messa per iscritto, si presta a es­
sere letta in direzioni diverse. Di fatto questo e cio che accadde fra i suoi
immediati successori, che si divisero in due ‘parti ti’ ben distinti: l’nno, che
faceva capo a Clitomaco (187-110 a.C.)39, fautore di u n ’immagine di Car-
neade quale campione di uno scetticismo radicale, unicamente impegnato
in un agone dialettico con i rivali stoici; l’altro, legato alia figura di Me-
trodoro di Stratonicea (nato intomo al 160 a.C.), piu disposto a riconosce-
re un lato per cosi dire positivo della filosofia di Cameade e dunque a mi-
tigame le conclusioni scettiche40. Di particolare interesse e di difficilissi-
ma esegesi, nel contesto piu generate deirappropriazione dell’eredita teo-
rica carneadea, e la posizione di Filone di Larissa (154-83 a.C.), che, nel
bene e nel male, sembrerebbe rappresentare un vero punto di svolta all’in-
temo della storia deirA ccadem ia scettica41. Senza entrare nel merito del­
le molte questioni che i testi con certezza riconducibili a Filone sicura-
mente sollevano. mi limito qui a riassumere alcuni aspetti salienti della piu
recente e completa monografia a lui dedicata da Charles Brittain42. Nel suo
tentativo di mettere ordine e di fornire un quadro di sviluppo coerente del-
l ’evoluzione teorica filoniana, Brittain individua tre fasi:
1. la prima di adesione senza riserve alia lettura clitomachea, radical-
mente scettica del pensiero di Cameade (cfr. Cic. Luc. 98-104);
2. la seconda di ripensamento e di progressive avvicinamento all’inter-
pretazione rivale di Metrodoro, pronta a rendere meno drastica l’opzione
scettica carneadea e a limitame di conseguenza la portata al solo ‘dogma’
della akatalepsia (cfr. Luc. 78 e 148), per lasciare quindi aperta la porta al­
ia formulazione di opinioni;
3. infine una terza fase, caratterizzata dalla pubblicazione dei cosiddet-
ti Libri romani, che, restringendo more Socratico la querelle scettica solo
alia disamina di dottrine filosofiche in reciproco contrasto, rende la pre-
sunta incomprensibilita delle cose funzionale alia sola accettazione del cri-
terio stoico della rappresentazione comprensiva.
Emidio Spinelli 9

Questo ‘indebolimento’ avrebbe inoltre come conseguenza quella di la-


sciare spazio a forme di conoscenza considerate evidenti e sottratte al do-
minio tecnico delle dottrine filosofiche e di rivendicare per la storia del-
rA ccadem ia un’unita sottratta allarigida proposta di una totale akatalepsia.

8. Al di la della possibile determinazione della posizione filoniana, si


devono registrare alcuni fatti gravidi di conseguenze per i successivi svi-
luppi dello scetticismo, anzi meg Ho degli scetticismi antichi. A ll’altezza di
quella che Brittain indica come seconda fase della ‘cam era scettica’ di Fi­
lone, si assiste a una doppia frattura. D a una parte Antioco di Ascalona (il
cm floruit va collocato intomo al 100 a.C.) rifiuta ogni compromissione di
quella che egli considera la genuina vena dell’Accademia con i germi ‘se-
diziosi’ dello scetticismo43. Lungi dalFessere accettabile o quanto meno
‘riform abile’, quest’ultimo va quindi combattuto e totalmente eliminato, in
quanto pemicioso nemico dell’unita dogmatica della scuola di Platone, te-
nuta in piedi senza soluzione di continuita piuttosto in ambito aristotelico
e stoico. E Antioco, insomma, ad assumersi il compito di ‘dogmatico Ca-
ronte’, perche, come testimonia Sesto Empirico (PH I 235), egli

traghetto la Stoa nelf Accadernia, tanto che sul suo conto si diceva che tratta-
va temi filosofici stoici all’interno dell’Accademia: dimostrava infatti che in Pla­
tone vi sono i dogmi degli stoici.

D all’altra parte abbiamo invece la decisa presa di posizione di Enesi-


demo44. Lasciando da parte ogni giudizio definitivo sulla sua ‘affiliazione’
originaria di scuola45, egli sembra essere disgustato dallo spettacolo filo­
sofico offerto ai suoi giomi da una Accademia che si dice scettica, ma la
cui prassi filosofica gli sembra piuttosto “una lotta di stoici contro stoici”
(cfr. Fozio., bibl. Cod. 212, 170al4-16), con una pericolosa apertura verso
la possibilita di un contatto con il reale gnoseologicamente positivo, ben-
che limitato al pithanon. Ne il presunto scetticismo radicale propugnato
dal partito clitomacheo ne quello mitigato di un Metrodoro o piu ancora il
presunto fallibilismo di un Filone possono insomma essere considerati ve-
ramente privi di elementi dogmatic! o alieni dal surrettizio cedimento ad
affermazioni positive sulla natura delle cose. Non e allora all’intemo del­
la storia dell’Accademia che pud essere rinvenuto il lievito genuino del-
1’atteggiamento scettico. Occorre cere are altrove un ‘padre fondatore’, un
protos heuretes, in una tradizione davvero incontaminata da qualsiasi sco­
ria dogmatica. Per questo anche Enesidemo, come gih Arcesilao, va a cac-
cia di un precursore, verosimilmente diverso e lontano dalla pletora di fi-
10 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

losofi chiamati in causa in ambito accademico, unico e ‘vergine’ dal pun­


to di vista dello sfrattamento storiografico. Si volge allora alia figura di
Pirrone, significativamente assente dalle genealogie accademiche, che tut-
tavia interpreta in modo funzionale ai suoi interessi, eliminando ogni pos­
sib le cenno o cedimento al dogma e trasformandolo in una sorta di idea-
le, di figura-limite. E probabile che in questa sua operazione di ‘recupero
archeologico5egli si sia servito, almeno in parte, di alcuni parametri inter-
pretativi gia messi in atto, rispetto a Pirrone, dal suo interessato ‘profeta5
Timone, pronto a celebrare nel maestro il grado massimo della sophia , in-
tesa forse, in funzione consapevolmente anti-socratica, nel senso di un’e-
sasperata negazione di qualsiasi accesso conoscitivamente fondato alia ve-
ra realta delle cose46.

9. Ci mancano purtroppo dati testuali certi e attendibili, per poter rico-


struire le vicende della tradizione pirroniana nel lasso di tempo che va dal­
la morte di Timone (320-230 a.C. ca.) alia comparsa di Enesidemo. Ac-
canto al tentativo - operato si sulla base di una costruzione diadochistica
risalente gia a Ippoboto e Sozione, ma per la verita non troppo riuscito - di
salvaguardare un’ininterrotta continuita di tale movimento filosofico (cfr.
DL IX 115-116)47, abbiamo una presa di posizione opposta. Sappiamo in­
fatti, ancora e sempre dallo stesso passo di Diogene Laerzio, che Menodo-
to - noto medico empirico, da collocare intomo alia meta del II sec. d.C. -
aveva consapevolmente spezzato ogni continuita della tradizione pirronia­
na, dichiarando che Timone “non ebbe alcun successore, ma l’indirizzo
[agoge] si interruppe fino a quando Tolemeo di Cirene lo ristabili”48. L’in-
tento di questa presentazione, al di la di qualsiasi questione di attendibilita
storiografica, che non rappresenta certo la piincipale preoccupazione degli
‘storici della filosofia’ nel mondo antico, e chiaro. Il revival del pirronismo
e da attribuire all’ambiente della medicina empirica, all’intemo del quale
viene inserito, senza soluzione di continuita, lo stesso Enesidemo. Questo
legame esclusivo fra pirronismo e medicina empirica49, diventa in Meno-
doto aperto e violento rifiuto di qualsiasi precursore ufficiale del puro scet­
ticismo - tranne Pirrone, quem laudat (minodotus), come si legge in Gale-
no50 - e costituisce probabilmente una consapevole riproposizione dell5at­
teggiamento polemico diffuso in ogni verso dei Silli di Timone.
Al di la di qualsiasi valutazione positiva o negativa del tentativo di si-
stemazione storiografica proposto da Menodoto, quello che in ogni caso
appare evidente e la funzione di primo piano che va riconosciuta a Enesi­
demo, nella direzione della costruzione di un paradigma di puro scettici­
smo pirroniano. Se incrociamo questo dato con quello che abbiamo in pre-
Emidio Spinelli 11

cedenza detto a proposito della sua opzione filosofica anti-accademica,


possiamo legittimamente concludere che e proprio con lui che si pone per
la prima volta e in modo consapevolmente polemico la veins quaestio da
cui abbiamo preso le mosse, relativa alia differenza fra accademici e pir-
roniani e al loro diverso modo di essere e sentirsi scettici. Al riguardo il
giudizio, abbastanza duro e non certo ‘n eutro\ di Enesidemo ci e stato for-
tunatamente conservato da Fozio (cfr. bibl. Cod. 212. 169b36ss.): qui la
valutazione nettamente negativa del dogmatismo masclierato dei suoi riva-
li dell’Accademia non si limita certo a una dichiarazione di principio. Es-
sa viene a trasformarsi in un modo nuovo di intendere 1’atteggiamento
scettico e contemporaneamente di metterlo in pratica nella disputa filoso­
fica. Fra i molti contributi original! die pure possono essere riconosciuti
alia polemica anti-dogmatica enesidemea51, mi limito qui a segnalare quel­
lo che a mio avviso ha lasciato maggiormente il segno, anche nella suc-
cessiva Wirkungsgeschichte52. Mi riferisco a quella metodologia sistema-
tica di raccolta dei possibili logoi, fra loro opposti ma insieme isoi quanto
a credibilita, che sfocia nella mess a a punto non solo dei d ied tropi per la
sospensione del giudizio53, m a anche degli otto modi atti a smantellare
ogni pretesa esplicativa avanzata dagli ‘aitiologisti’54. Su tale strada - chia-
ramente tracciata, sul versante pirroniano dello scetticismo, da Enesidemo
- si pone dopo di lui, in modo ancor piu agguerrito e con una profondita
teoretica ancor piu feconda, Agrippa. Egli elabora infatti cinque tropi
(ddp/ionm-regresso-relativita-ipotesi-diallele)55, pensati per bloccare ogni
manovra dogmatica, condannata all’aporia e privata di vie d ’uscita filoso-
ficamente coerenti e giustificabili56.10

10. Arrivati a questo punto del secolare sviluppo e intreccio delle no-
stre due correnti scettiche - ovvero nel lasso di tempo compreso fra I e II
secolo d.C. siamo di nuovo costretti a fare i conti con testimonianze e
notizie, die non sono abbondanti ne sempre lineari e coerenti57.
10.1 Per restare sul versante pirroniano, ad esempio, nulla di assoluta-
mente definitivo possiamo dire in merito a figure come quelle di Mnasea
e Filomelo, citati in un passo di Numenio, perche impegnati, forse attra-
verso una personale reintepretazione delle posizioni di Timone, nel tenta­
tivo di strappare addirittura Arcesilao dalla tradizione accademica per tra-
sformarlo in uno scettico ‘puro’, ovvero in un pirroniano pronto a negare
sussistenza non solo al vero e al falso, ma anche e soprattutto direi al pitha­
non 58. Ne siamo piu fortunati nel caso di Teodosio, singolare personaggio,
forse medico empirico di tendenze scetticheggianti vissuto verosimilmen-
te prima di Sesto Empirico. Nei suoi Capitoli scettici egli arriva a negare
12 Questioni. scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

la possibility stessa che qualcuno possa dirsi pirroniano: vista 1:impossibi­


lity di comprendere il ‘moto spirituale’ o kinema tes dianoias e quindi la
“disposizione” o diathesis di chicchessia, infatti, la denominazione !pirro­
niano ’ puo essere accolta solo analogicamente, nella misura in cui si segua
il modo di vita del ‘modello-Pirrone’59. Non si puo escludere che questo
rigido caveat venga enunciato da Teodosio n e ir ambito di una querelle at-
tuale, che lo vede impegnato a combattere contro chi invece vedeva pro-
prio in Pirrone, verosimilmente sulla scia di Timone e di Enesidemo, la
massima auctoritas cui rifarsi per legittimare il proprio atteggiamento
scettico. Si potrebbe pens are, in questo caso, soprattutto a Menodoto, il
quale sembra muoversi esattamente in questa direzione, sullo sfondo del­
la piu generale opzione storiografica gia ricordata in precedenza, che lo
porta a legare la rinascita e la continuazione della tradizione scettico-pir-
rorriana al suo innesto sul terreno fecondo della medicina empirica60.
10.2 Sul versante accademico-scettico possiamo invece appoggiarci in
particolare alle figure di Plutarco (46-120 d.C. ca.) e di Favorino (vissuto
fra I e II sec. d.C.)61. Anzi, a voler essere ancora piu precisi, per quanto ri-
guarda Plutarco abbiamo a disposizione in alcuni casi unicamente dei nu-
di titoli, che testimoniano tuttavia, senza ombra di dubbio, il suo interesse
per la questione relativa alia differenza delle due anime dello scetticismo
antico. Essa viene analizzata probabilmente con Pintento da una parte di
ribadire una lettura unitaria della storia dell’Accademia, dall’altra di acco-
gliere una forma non radicale di scetticismo, che si identifica con l’esi-
genza della massima cautela e con l’assenza di ogni precipitazione nella
formulazione di giudizi definitivi su alcuni aspetti della realta. Un simile
atteggiamento, sorretto anche da un antiempirismo preoccupato di non ri-
conoscere validita conoscitiva cogente alle sensazioni, consente inoltre di
integrare nel quadro unitario dell’evoluzione accademica anche figure ap-
parentemente ‘eterodosse’, soprattutto quella di Arcesilao, la cui fisiono-
mia filosofica viene significativamente illustrata, anche attraverso una po-
sitiva accettazione della dottrina della epoche, e ‘difesa’ in dettaglio, so­
prattutto rispetto alPaccusa di apraxia, nelP Adversus Colotem62.
Piu rice a e meglio definibile pare invece la posizione assunta da Favo­
rino, la cui presenza e forse da riconoscere gia dietro il testo di Gellio da
cui siamo partiti63. Stando soprattutto agli elementi che si lasciano coglie-
re nella testimonianza offerta, in modo non certo neutrale e benevolo, da
Galeno nel suo de optima doctrina, Favorino - in una serie di scritti che
vanno dal Plutarco, al Contro Epitteto, all’Alcibiade, ma anche in virtu di
un rinnovato, serio interesse per la tropologia pirroniana, soprattutto ene­
sidemea attestata dai suoi Tropi pirroniani, in dieci libri - sembra accredi-
Emidio Spinelli 13

tarsi come esponente di primo piano di quegli accademici neoteroi, che so-
stengono con forza la tesi di una sostanziale affinita fra i due indirizzi scet­
tici. Assumendo come solido punto di partenza quella che egli considera la
base comune dello scetticismo degli accademici ‘piu antichi' - individua-
ta sin da Arcesilao, ma poi anche in Cameade, nella capacita di argomen-
tare pro e contra, destinata a sfociare in un inevitable stallo di logoi op-
posti e dunque in una sospensione del giudizio intesa come impossibility
di definite alcunclie o aoristia64 - Favorino elabora, ancora e sempre in
funzione anti-stoic a65, una sua originale posizione. Egli fonde “ingegnosa-
mente il probabilismo di Cameade, il fallibilismo filoniano e l ’uso pirro­
niano di un linguaggio non assertorio” e ritorna “a posizioni scettiche ri-
gorose, come quella di non ‘pronunciarsi in modo certo su nessuna co-
sa’”66. Si tratta di una scelta che si affida soprattutto a cautele e riserve lin-
guistiche (cfr. in tal senso un passo di Gellio: NA XI, 5, 8) non distant!, nel-
le intenzioni di Favorino, dall’analoga strategia messa in atto dai pirronia-
ni per ‘annunciare’ i loro pathe , senza cadere in alcuna forma forte, inten-
zionalmente ontologica di ‘filosofia del linguaggio’67.
10.3 Accanto alia posizione di Favorino, che appare come il promotore
di u n operazione ermeneutica consapevolmente volta a conciliare le due cor-
renti scettiche accademica e pirroniana, non bisogna tuttavia dimenticare
che - nel lasso di tempo di cui ci stiamo occupando (fra I e II sec. d.C.) - an­
che sul versante della filosofia dogmatica piu di un pensatore (da Seneca a
Epitteto, da Galeno a Luciano) sembra aderire in modo esplicito - e spes­
so malevolo - all’idea di una sostanziale indistinzione dei due indirizzi, ac-
comunati in un giudizio di radicale stroncatura quali nemici di ogni crite-
rio di verita e negatori della vivibilita stessa della vita quotidiana68.1

11. Contro entrambe le tendenze appena ricordate si muove il ‘quadro


storiografico’ costruito da Sesto Empirico, ultima voce a noi nota della tra­
dizione pirroniana69. La sua risposta alia vetus quaestio e chiarissima. Es-
sa puo essere ricostruita non solo grazie ai numerosi punti dei suoi scritti
in cui egli attacca 1’atteggiamento di dogmatismo negativo o l ’errata me-
todologia di indagine dell’Accademia scettica70, m a anche e soprattutto in
virtu di una sezione compatta dell’ultima parte dei Ltneam,enti pirroniani,
che vale senz’altro la pena analizzare piu da vicino e con maggiore dovi-
zia di particolari, quasi a m o’ di conclusivo commentario alia secolare vi-
cenda che si e tentato di ricostruire nelle pagine precedenti.
Sesto, infatti, chiude il primo libro dei Lineamenti pirroniani, dedicato
all’esposizione del “discorso generale” intorno alia filosofia scettica, esa-
minando brevemente “la distinzione fra quest’ultima e le filosofie che le
14 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

vengono collocate accanto, per intendere piu chiaramente l ’indirizzo efet-


tico” (cfr. P H I 209). Suo punto di partenza appare il presupposto genera-
le di una ‘non-continuita’ filosofica del pirronismo, che lo porta a sottoli-
neare sempre e comunque 1’originalita assoluta della sua agoge11. Vale la
pena notare subito che l ’intento polemico, sotterraneo, ma costante, e pro-
babilmente rivolto - soprattutto, ma non solo - contro l ’opposto metodo
storiografico, che abbiamo visto esser proprio dell’Accademia scettica,
sin dal suo iniziatore Arcesilao preoccupata di mettere in rilievo piuttosto
una sostanziale omogeneita della tradizione scettica, le cui radici affon-
derebbero addirittura nella filosofia presocratica (cfr, supra , § 5). Nel cor-
so della trattazione, dopo aver sgombrato il campo, nell’ordine, da ogni
pericoloso avvicinamento della sua scepsi alle posizioni (dogmatiche) di
Eraclito (P H I 210-212), di Democrito (PH I 213-214), dei cirenaici (PH
I 215) e di Protagora (PH I 216-219), Sesto dedica la trattazione quanti-
tativamente piu ampia e qualitativamente piu impegnata proprio all’esa-
me della filosofia accademica (PH I 220-235). Il punto di partenza del-
fan alisi sestana e costituito dall’affermazione di alcuni anonimi pensato-
ri (tines), i quali “ritengono che la filosofia accademica sia identica alio
scetticismo”. E difficile dire con certezza chi siano questi anonimi pensa-
tori. Benche non si possa escludere che si tratti di filosofi, verosimilmen-
te accademici, cronologicamente lontani da Sesto, rimane storiografica-
mente attraente l’ipotesi formulata da Anna M aria Ioppolo, secondo cui
“tra i tines cui allude Sesto vi [sarebbero] anche Favorino e i suoi segua-
ci”72. Comunque sia di questa ipotesi, che renderebbe certamente ‘attua-
le’ il lavoro sestano di personale ricostruzione storiografica, fan alisi pro-
cede, almeno inizialmente, in modo cronologicamente ordinato. Essa par­
te infatti dall’Accademia antica e mette subito a tema la figura di Platone
(PH 1 221 -225). Delle tre interpretazioni ricordate da Sesto (ovvero: 1. al­
cuni ritengono che Platone sia dogmatico; 2. altri aporetico73; 3. altri an­
cora in parte aporetico, in parte dogmatico; cfr. al riguardo anche DL III
51-52), la prima e la terza concedono sin dall’inizio cio che si vuole mo-
strare: Platone non puo essere annoverato fra gli scettici. Quanto alia se-
conda, che equivale a porsi la domanda “se egli sia assolutamente scetti­
co”, lo stesso Sesto dichiara di averla affrontata piu estesamente in un al-
tro suo scritto per noi perduto, i Commentarii, a evidente dimostrazione
del fatto che essa rappresenta ai suoi occhi un problema filosoficamente
rilevante. Egli non vuole tuttavia passare completamente sotto silenzio la
questione e pertanto propone la sua soluzione. Essa mira a negare la pa-
tente di ‘scettico perfetto’ a Platone, richiamandosi a due auctoritates, ov­
vero in accordo con M enodoto ed Enesidemo, i maggiori sostenitori di ta­
Emidio Spinelli 15

le “posizione (filosofica)”74. Appoggiandosi all’auctoritas di Timone (frr.


59 e 60 Diels e Di Marco) e insistendo su di un profondo dissenso com-
portamentale e filosofico, Sesto dedica quindi una breve digressione a una
delle figure spesso chiamate in causa - soprattutto in ambito accademico
- fra i ‘precursor^ dello scetticismo: Senofane. If insieme delle conside-
razioni avanzate gli consente infine di ribadire che il carattere occasio-
nalmente aporetico di determinati passi non e garanzia sufficiente per an-
noverare Platone fra gli scettici - quelli veri, almeno. Egli ha infatti man-
cato 1’appuntamento con il vero “punto di partenza della costituzione
scettica”, ovvero “il contrapporre a ogni discorso un discorso uguale:
muovendo di qui. infatti, sembra che finiamo con il non abbracciare opi­
nioni dogmatiche” (PH I 225).
Con un ‘salto’ che sorprende, Sesto, anziche occuparsi della fase im-
mediatamente successiva a Platone, quella dell’Accademia di mezzo ini-
ziata da Arcesilao, passa a esaminare la posizione di Cameade e Clitoma-
co (PH I 226-231). E difficile spiegare le ragioni di questa inversione cro-
nologica. Si potrebbe pensare a una sorta di ‘attrazione compositiva’: poi-
che il Platone aporetico attaccato nei paragrafi precedenti era probabil-
mente proprio quello descritto e !sponsorizzato’ dall’Accademia nuova,
quest’ultima viene a essere, quasi senza soluzione di continuita, il natura-
le e piu immediato bersaglio della critica sestana. Non si puo comunque
trascurare il fatto che agli occhi di Sesto - come vedremo subito - Arcesi­
lao sembra meritare un posto a se rispetto al restante £coro’ degli accade­
mici e che dunque l’inatteso scarto espositivo potrebbe service a fame me-
glio risaltare la parziale vicinanza al pirronismo75. Al di la di qualsiasi pe­
culiarity compositiva, appare in ogni caso evidente, come confessa lo stes­
so Sesto in PH 1 231, che vi sarebbe molto da dire sulla differenza che sus-
siste fra il vero scetticismo pirroniano e la presunta scepsi accademica di
matrice carneadea76. Visto il carattere necessariamente sintetico dei Linea-
menti, pero, Sesto si limita in questa sede a enunciare seccamente alcuni
elementi di divergenza. Egli da la precedenza a quelli piu sfumati. Trovia-
mo allora nell’ordme:
a) Tammissione iniziale di un apparente punto comune, costituito dal­
la conclusione per cui “tutte le cose sono incomprensibili”, che tuttavia
verrebbe intesa, da Cameade e seguaci, come un’asserzione sulla vera na­
tura delle cose e dunque come il caposaldo di un radicale dogmatismo ne-
gativo (cfr. gia PH I 1-3), dai pirroniani come il semplice annuncio di un
pathos soggettivo e temporaneo (cfr. anche PH I 200);
b) l’accusa per cui l’Accademia nuova, nella valutazione dei beni e dei
mali, attribuisce “una preferibilita oggettiva ad una cosa rispetto ad un’al-
16 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

tra”77, mentre i pirroniani accettano passivamente e non dogmaticamente


le norme di condotta dettate dalla vita comune (koinos bios), nessuna del­
le quali essi ritengono piu probabile esser piu buona di un’altra (cfr. anche
PH 1 23-24. nonche infra, cap. VI);
c) laddove i pirroniani, fondandosi camaleonticamente sui discorsi for-
mulati dai dogmatici al riguardo, considerano le phantasiai come sostan-
zialmente equivalent! sul piano della credibility i membri dell’Accademia
nuova ritengono di poter fissare una sorta di gerarchia fra rappresentazio-
ni, che sale da quelle solo probabili, a quelle probabili e ben ponderate, per
finire con quelle probabili, ben ponderate e non soggette a distrazione78.
Sesto conclude quindi con la differenza piu netta o marcata e per indi­
care il massimo punto di distanza rispetto all’Accademia nuova ricorre a
una sottile distinzione semantica fra due signiticati del verbo peithesthai.
Egli riserva al proprio indirizzo il senso debole di “lasciarsi guidare”, con
la stessa passivita che caratterizza la relazione pedagogica maestro-allie-
vo. A Carneade e CHtomaco, invece, attribuisce quello - chiaramente dog­
matico - di “assemble \ con la stessa forte inclinazione e il medesimo per-
sonale coinvolgimento tipico del dissoluto di fronte a chi lo istiga a una vi­
ta sregolata. L’assenza di ‘obiettivita storiografica’ in Sesto appare eviden-
te. Egh, infatti, non prende neppure per un attimo in considerazione la pos­
sibility - del tutto evidente e probabilmente fondata, almeno a giudicare da
alcune testimonianze, risalenti soprattutto a Clitomaco - di una lettura in-
tegralmente dialettica delle presunte asserzioni epistemologiche di Car­
neade. Nel complesso 1’insieme di questi temi non appare tuttavia discus-
so in profondita, non vengono cucite insieme notizie provenienti da fonti
diverse - come invece ad es. nel caso di Platone o Arcesilao - ne infine tra-
spare l ’esigenza di rispettare doveri di obiettivita e piena attendibilita sto­
riografica79.
Il confronto con la tradizione scettico-accademica si fa piu serrato e fi-
losoficamente rilevante proprio nel momento in cui viene messa a tema la
figura di Arcesilao (PH I 232-234). I paragrafi dedicati all’iniziatore e
“capo” dell’Accademia di mezzo rappresentano un estratto dossografico
composite. Esso, basandosi su fonti diverse, seleziona il materiale relati-
vo ad Arcesilao disponendolo in una sorta di crescendo. Si parte cosi con
la delineazione degli elementi di massima vicinanza concettuale. Forse
anche riprendendo conclusioni di suoi predecessori (in particolare Mnasea
e Filomelo? cfr. al riguardo supra, § 10.1), Sesto dichiara infatti che, al pa­
ri dei pirroniani, Arcesilao:
a) si astiene da qualsiasi asserzione sulla sussistenza o insussistenza
delle cose;
Emidio Spinelli 17

b) non da preferenza alcuna in base a credibility o mancanza di credi­


bility, ma attua una radicale sospensione del giudizio, una epoche peri
panton',
c) infine, pone proprio tale epoche come fine o telos, senza tuttavia ag-
giungere che alia sospensione si accompagna il conseguimento delFim­
perturbability80.
Segue quindi la registrazione delle differenze, prima meno marcate (si
pensi all’allusione a una tesi di Arcesilao, secondo cui le sospensioni par-
tic olari sarebbero da considerarsi beni e i particolari assensi mali)81 e poi
sempre piu radicali82. Non senza tradire un certo imbarazzo, infatti, Sesto
sembra preoccupato soprattutto di chiamare in causa la differente inten-
zionalita semantica che, rispetto a quelle pirroniane, anima le affermazio-
ni di Arcesilao. Queste ultime non rispondono a quei criteri meramente fe-
nomenici e a quel dire non dogmatico che caratterizza il vero scetticismo.
Esse sono pronunciate piuttosto tenendo Focchio alia costituzione ontolo-
gica del reale83. Data questa premessa, perfino la punta apparentemente
piu avanzata del presunto scetticismo di Arcesilao, la sua gia menzionata
teoria della sospensione, viene letta, senza restrizione o qualificazione al­
cuna, come difesa di un bene assoluto, cui e da contrapporre, come male
altrettanto assoluto, la concessione delFassenso in ogni sua forma. L’ulte-
riore prova del fatto che Arcesilao sarebbe in realta “una sorta di dogmati­
co di secondo grado”84 non solo viene presentata, come in precedenza, tra-
mite un’espressione ipotetica85, ma viene anche piu chiaramente posta sot-
to Fautorita di altri86, “Dicono” (phasin'), infatti, che Arcesilao e solo in
apparenza pirroniano, mentre la sua vera natura sarebbe quella di un dog­
matico. Egli sfrutterebbe infatti le proprie doti aporetiche, che dovrebbero
rappresentare la ‘scorza’ pirroniana, solo al fine di saggiare meglio le qua­
lity dei discepoli cui trasmettere i dogmi di Platone. A sostegno di questa
accusa di 'esoterism o’, Sesto cita il noto verso di Aristone di Chio (=SVF
I 344), che abbiamo avuto gia modo di esaminare (cfr. ancora supra, § 5)
e che ai suoi occhi “non allude ad un insegnamento esoterico di Arcesilao,
ma alle componenti eclettiche della sua dottrina”87, in quanto mira piutto­
sto a rimarcare la non originalita del suo pensiero.
Saldato il conto anche con il presunto dogmatismo di Arcesilao e coe-
rentemente con la ripartizione proposta in P H I 220 Sesto chiude la tratta­
zione della filosofia di ascendenza platonica con l’esame della quarta e del­
la quinta Accademia, probabilmente citate solo per amore di completezza.
La sua testimonianza e infatti in entrambi i casi estremamente sintetica, al
punto da essere giudicata quasi oscura da alcuni interpreti88. La si potreb­
be qualificare come semplicemente assertoria, ovvero priva di qualsiasi
18 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

sottile argomentazione a giustificazione della distanza dal pirronismo di


queste due fasi accademiche. Il loro carattere dogmatico, del resto, e per lui
assolutamente evidente (prodelon, come viene infatti precis ato in PH I
235) e questo gli consente di recidere in modo drastico ogni possibile le-
game con coloro che ai suoi occhi avevano solo usurpato il titolo di veri
scettici: i membri, in ogni tempo e luogo, della Platonica familia.
Al di la di qualsiasi valutazione positiva o negativa. e con questa tratta­
zione di Sesto Empirico, stando almeno alle testimonianze a nostra dispo-
sizione, che vien detta 1’ultima parola sulla vetus quaestio della differenza
fra accademici e pirroniani. Dopo - a poco a poco, in virtu anche di una
progressiva occupazione dello spazio filosofico tardo-antico da parte di
correnti decisamente dogmatiche. soprattutto, ma non solo, cristiane - la
‘vena scettica’ sembra esaurirsi, cosi come sembra scomparire ogni inte­
resse a tracciare sottili distinzioni concettuali e metodologiche fra i due in­
dirizzi, al punto che essi finiscono con l ’essere anzi accomunati, in modo
spesso approssimativo, quali indegni usurpatori del titolo stesso di ‘filo-
sofo’ all’intemo dell5ultima e piu coriacea roccaforte del paganesimo: quel
neoplatonismo tardo, che tanta influenza avra sulla successiva storia della
filosofia occidentale89.
Emidio Spinelli 19

NOTE

1 La questione delTinflusso di Hegel sulla svalutazione delle filosofie ellenistiche e


complessa e non risolvibile secondo prese di posizione nette e forse pregiudiziali, tanto me-
no nel caso del ruolo da lui liconosciuto alio scetticismo antico. Su questo aspetto mi li-
mito ad alcuni essenziah rinvii: cfr. Verra 1981; Cambiano-Repici 1998; Isnardi Parente
1998; Vamier 1998; Ferrini 2002a; Biscuso 2005. Per un panorama piu ampio dell’impat-
to storiografico di epicureismo, stoicismo e scetticismo nella storia degli studi da Bayle a
Hegel cfr. soprattutto Bonacina 1996; nn cenno, infine, meiitano altri dne filoni interessanti
della ricezione scettica: a. quello relativo alia fignra di Nietzsche, per cui rinvio almeno a
Bett 2000a; b. quello sulla possibile attualita del pirronismo, originalmente liproposta (ad
esempio da Naess 1968; Cavell 1979; Fogelin 1994) o criticamente esaminata, nel con-
fronto soprattutto con pensatori contemporanei (come Odo Marquard, Hans Albert o Ri­
chard Roity: cfr. Fliickiger 2003; o come alcuni esponenti di spicco della liflessione epi-
stemologica odiema: cfr. e.g. Lammenranta 2006).
2 Questa osservazione non deve tuttavia suonare come una svalutazione di pagine im-
poitanti, ormai divenute ‘classiche’, dedicate alio scetticismo antico prima di quella data.
Penso in particolare ai contributi di: Hirzel 1883; Natorp 1884; Bevan 1913; Brochard
19232; Credaro 1889-1893; Goedeckemeyer 1905; Mills Patrick 1929; Robin 1944; Dal
Pra 19752: von Fritz 1963; Stough 1969; Dumont 19852; Conche 1994.
3 Una tappa fondamentale, anzi una vera svolta in questo senso e rappresentata dalla
pubblicazione di Giannantoni 1981a (che contiene anche una prima bibliografia sistemati-
ca sullo scetticismo greco: cfr. Feiraiia-Santese 1981, proseguita poi da Misuri 1990). Do-
po questa sorta di ‘lavoro-spartiacque’, fra i molti contiibuti dedicati a una ricostruzione
generale dello scetticismo antico, meritano di essere licordati: Groarke 1990; Bachli 1990;
Ricken 1994; Cossutta 1994; soprattutto Hankinson 1995 e Chiesara 2003, mentre piu sbi-
lanciate in senso teoretico-epistemologico che storico paiono le pagine di Bailey 2002. In­
teressanti indicazioni offrono anche alcuni capitoli alTintemo di piu ampie ‘storie della fi-
losofia’: cfr. soprattutto Gorier 1994: si vedano inoltre: Celluprica 1993; Hossenfelder
19952; Bmnschwig 1997a e 1997b; Frede 1999, nonche singoli contributi ospitati m volu-
mi miscellanei o Atti di convegni dedicati in senso lato alia ‘tradizione scettica’, come ad
es. Bumyeat 1983; Voelke 1990; Scepticism 1990; “Elenchos” 1992; Sihvola 2000. Per
un’accurata rassegna degli studi pubblicati negh ultimi died anni in particolare sulla tradi­
zione piiToniana cfr. ora Wittwer 2005.
4 Fra gli studi di insieme, oltre al pionieristico Long 1974 e ai volnmi degli Atti dei va-
rii “Symposia Hellenistica” edih dal 1980 in poi, meritano al riguardo di essere licordati:
Flashar-Gigon 1986; la fondamentale raccolta di test! debitamente commentati in Long-
Sedley 1987; pin recentemente le seguenti monogralie: Sharpies 1996; Levy 1997; Magris
2001, nonche soprattutto la coiposa messa a punto a piu man! in Algra-Bames-Mansfeld-
Schofield 1999.
5 Cfr. Sedley 1983, sp. pp. 9-10, nonche pp. 20-23 in merito al vocabolo skeptikos, sul-
le cui prime occorrenze e sul cui significato in diverse fonti cfr. anche: Janacek 1979;
Striker 1980, sp. p. 54, n. 1; Decleva Caizzi 1992a, sp. pp. 296-306, con ulteriore biblio-
gralia. Non andrebbe mai dimenticata, inoltre, la differenza molto netta che sussiste fra lo
scetticismo antico e quello modemo, post-cartesiano, e contemporaneo: su questo aspetto
cfr. almeno Bumyeat 1997a e Bett 1988; importanti indicazioni si trovano anche in Hiley
20 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

1987 e Barnes 1990a, mentre una tendenza (non condivisibile) ad annullare tale differenza
si ritrova in Fine 2000a e 2003.
6 Cfr. il lungo elenco presente in Diogeue Laerzio (=d’ora iu poi DL) IX 71-73 (sulla te-
stimonianza diogeniana relativa alio scetticismo antico cfr. almeuo i lavori di Decleva Caiz-
zi 1992b e Barnes 1992) e ancora alcuni passi di Cicerone (ad es.: Vano 43-45; Luc. 13-15
e 72-76; sulla variegata testimonianza ciceroniana negli Academica utilissime indicazioni
offrono non solo le pagine di Levy 1992, ma anche i saggi raccolti in Inwood-Mansfeld
1997; meno condivisibile Thorsrud 2002 per i rapporti di Cicerone cou il suo retroteira scet-
tico-accademico) e Plutarco (soprattutto: adv. Col. 1121 f- 1122a; per un primo orientamen-
to sulla sua testimonianza cfr., oltre a De Lacy 1953, almeno: Opsomer 1998; Warren 2002a;
Bonazzi 2003a, sp. cap. VI, pp. 219-232; Donini 2002; Ioppolo 2004a e Feuari 2005), do­
ve pullulano precnrsori dello scetticismo accademico. Sulla questione cfr. inofrre Brittain-
Palmer 2001; qualche utile spunto gia in Graeser 1978; Zeppi 1984; Calvo Martinez 1992.
Per nn confronto fra Fatteggiamento di Cicerone e quello di Sesto cfr. anche Spinelli 2006;
un discorso a se meriterebbe infine la figura di Senofane, su cui mi limito a rinviare alle ac­
curate considerazioui di Lapini 2003, sp. pp. 39-72; cfr. anche Iofi 2003a.
7 Che la collocazione dossografica del pirronismo e la sua quafifica di hairesis o meno
rappresentassero ad esempio un problema gia agh occhi delle fonti antiche lo mostrano be­
ne almeno due passi di Diogeue Laerzio (I 20) e di Sesto Empirico nei suoi Linearnenti. pir­
roniani (=d’ora in poi PH\ I 16-17): sulla questione cfr. almeno Giannantoni 1981b, non­
che ora Bonazzi 2003a, sp. cap. I, pp. 26-39 e Ioli 2003b.
8 Per i testi riconducibifi a questi due autori cfr. rispettivamente Decleva Caizzi 1981a
e Mette 1984, pp. 41-94.
9 Fra i cui contributi ricordo qui soprattutto: Graeser 1978; Striker 1981; Decleva.Caiz-
zi 1986; Ioppolo 1994a; Striker 2001.
10 Per lispondere adeguatamente a tale quesito occorrerebbe accennare alia formazio-
ne filosofica di Pirrone, che - secondo uuo dei suoi piu reccnti interpret!: cfr. Brunschwig
1999, sp. p. 242 - dovrebbe chiamare in causa, al di la del problematico richiamo a Briso-
ne (su cui cfr. Berti 1981, nonche ora Bett 2000b, pp. 165-169), quanto meno: Democrito
e la prima tradizione democritea (in particolare Anassarco, con possibili legami cinici: cfr.
soprattutto Decleva Caizzi 1984 e ora, sulla sua scia, Chiesara 2003, sp. pp. 4-14; utill in­
dicazioni anche in Belt 2000b, sp. pp. 152-165, nonche m Levy 2001, sp. pp. 300-304 e
Wanen 2002b; per l’influsso cinico si veda in particolare Brancacci 1981) e anche possi­
bili influssi orientali (oltre ai classici contributi di Piantelli 1978 e Flintoff 1980, cfr. anche
Garfield 1990 e ora soprattutto Bett 2000b, sp. pp. 169-178). Recentemente aucora Bett
(ivi, sp. pp. 132-140) ha ipotizzato - senza tuttavia poter citare a sostegno fouti esplicita-
mente sbilanciate in tale direzione - che la posizione di Pirrone abbia un qualche legame,
forse addirittura una certa dipendenza dalla raffigurazione della realta sensibile fomita da
Platone in alcuni suoi dialoghi (soprattutto Repubblica e Teeteto).
11 Come e facile immaginare, esso ha dato luogo a letture diverse, spesso addirittura
contraddittorie del pensiero di Pirrone: per un primo orientamento cfr. Reale 1981; Gorier
1994, sp. pp. 736-740, nonche ora Brunschwig 1999, p. 241, n. 36.
12 Oltre a Decleva Caizzi 1981a (da integrare con: Decleva Caizzi 1981b e Decleva
Caizzi 1996a), cfr. Reale 1981; Loug-Sedley 1987, sp. vol. 1, pp. 16-18; Hankinsou 1995,
sp. pp. 59-64; Bett 2000b, sp. cap. I; Bailey 2002, sp. cap. 2.2. La sfumatura dogmatica del
pensiero di Pirrone sembra emergere anche da altre testimonianze, di carattere piu marca-
tamente etico: cfr., a puro titolo di esempio, un no to e discusso passo tratto dagli Indalmoi
di Timone (^Pyrrho T. 62 Decleva Caizzi). Su questa importante testimonianza toma ora,
Emidio Spinelli 21

giuugendo a conclusioni diverse e offrendo ulteriori indicazioni bibliografiche, Svavarsson


2002, il quale presenta anche una nuova, interessante, tendenzialmente ‘soggettivistica’ ri-
lettura globale della posizione di Pirrone in Svavarsson 2004.
13 Cfr. Aristocl. ap. Eus. praep, ev. XIV 18, 1-4 (=F. 4 Chiesara=Pyrrho T. 53 Decleva
Caizzi, da cni traggo la traduzione); sul passo cfr. ora Chiesara 2001, sp. pp. 20-21 e 86-
109, con discussione della bibliografia precedente.
14 Cfr. Decleva Caizzi 1986, p. 177.
15 In tal senso andrebbero ricordate soprattutto: a. l’interpretazione 'fenomenalistica’
del pensiero di Pirrone, gia avanzata da Zeller, anche in virtu di una proposta di correzio-
ne al sopracitato testo di Aristocle, e in tempi piu recenti, dopo l ’adesione di Stough 1969,
nuovamente difesa, ad es., da Stopper 1983; Brennan 1998 (cfr. ora anche Castagnoli 2002,
sp. pp. 443-448); b. quella ‘etico-pratica’, gia propria di Brochard 19232 e oggi sostenuta
soprattutto da Ausland 1989 e Brunschwig 1999 (sp.: //. Pyrrho); c. quella ‘pragmatica’,
che arriva ad awicinare Pirrone a James, difesa da Sakezles 1993.
16 In proposito cfr. soprattutto la testimonianza ciceroniana in de or. EH 17, 62 (=Pyrrho
T. 69 M Decleva Caizzi).
17 Cfr. paradigmaticamente DL IX 61 (=Pyrrho T. 1 A Decleva Caizzi).
1S Cfr. soprattutto gli aneddoti trasmessi in DL IX 62-64 (=TT. 6 e 10 Decleva Caizzi;
la fonte e qui Antigono di Caristo =F. 3 e 2A Dorandi). Quello dell’accusa di apraxia e del­
le risposte elaborate da entrambi i versanti dello scetticismo antico e tema di grandissimo
interesse teorico, ancora oggi. Per un primo orientamento sul dibattito - oltre all’acuta ri-
costruzione di Striker 1980 e ai ‘classici’ contributi di M. Frede, M. Bumyeat, J. Barnes,
ora raccolti in Burnycat-Frede 1997 - rinvio ad alcuni receuti lavori, che offrono anche piu
o meno dettagliate analisi della bibliografia precedente: Annas 1998; Vogt 1998; Ioppolo
2000; Wlodarczyk 2000, sp. pp. 40-56; Fine 2000b; Bonazzi 2002; Ribeiro 2002; Laursen
2004; per nn’analisi piu approfondita delPiutera questione cfr. inoltre infra, cap. VI.
19 Dietro questo tentativo di difesa della figura di Pirrone dalla “cattiva stampa” che lo
circondava (Pespressione e in Rescher 1980, p. 214, n. 1), vi e sienramente Enesidemo,
esplicitamente citato ad es. in DL IX 62 (=T. 7 Decleva Caizzi). Piu in generale sulla ricca
aneddotica relativa a Pirrone cfr. ora Bett 2000b, sp. cap. 2.
20 Ancora una volta &Cicerone a fomirci in proposito nn quadro chiaro e apparente-
mente inequivocabile: cfr. soprattutto Cic. Luc. 130 (=T. 69 A Decleva Caizzi).
21 Brunschwig 1999, p. 247, che sffutta soprattutto le conclusioni gia raggiunte in
Bruuschwig 1994b.
22 La tesi di un Arcesilao ‘proto-piiromano’ sembra ora riproposta, seppur con la mas­
sima cautela, da Schofield 1999, sp. pp. 324-325.
23 Cfr. frr. 31 e 32 Di Marco, nonche Decleva Caizzi 1986 e Di Marco 1989, sp. pp.
182-186.
24 Cfr. SVF I 343 e 344; sulla questione cfr. anche Ioppolo 1980, sp. pp. 26-29.
23 Cfr. rispettivamente per Numenio il fr. 25, 19-25 Des Places; per Sesto PH I 234,
nonche infra, § 11; per Agostino sp. contra Academicos III, XVII, 38 (sn cui interessanti
indicazioni offrono fra gh altri Ferretti 1990 e ora le utili osservazioni introduttive di Ca-
tapano 2005). Sulla probabile derivazione di tale infondata lettura da Antioco di Ascalona
cfr. almeno Levy 1978 e Glucker 1978, sp. pp. 296-306.
26 A livello paradigmatico si potrebbe ricordarc 1’affeimazione socratica riportata nel­
la Apologia (38a). Sulla presenza e sulFutilizzazione di Socraie nella tradizione scettica cfr.
almeno Shields 1994; Ioppolo 1995; Glncker 1997; Opsomer 1998, sp. cap. 3; Warren
2002a; Cooper 2004, sp. cap. 4.
22 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

27 Ai nomi licordati in precedenza (cfr. supra, § 2 e n. 6), si aggiungano quelli di Anas-


sagora e Metrodoro di Chio. Un discorso a se meriterebbe l’eventuale ruolo di precursore at-
tribuibile a Protagora (accostato anche, fra 1’altro, a Pirrone: cfr. Pyrrho TT. 23-27 Decleva
Caizzi): in proposito mi limito a rinviare a Decleva Caizzi 1990; Rossetti 1990; utili spunti
anche in Harte-Lane 1999. Sull’uso di auctoritates del passato come segno di atteggiamen­
to positivo e non meiamente dialettico cfr piu in generale Schofield 1999, p. 329, n. 16.
28 Cfr. anche DL IV 28, su cui cfr. tuttavia Long 1986, sp. pp. 444-445.
29 Le tesi di Couissin (cfr. Couissin 1929a e 1929b) sono ad esempio accolte, con sfu-
maturc diverse, da Bumyeat 1997b; Striker 1980 e 1981; Bumyeat 1997c; Schofield 1999.
30 Cfr. soprattutto Ioppolo 1986 (con le osservazioni di Annas 1988 e di Maconi 1988);
sulla sua scia si veda anche Hankinson 1995, sp. cap. V.
31 In tal senso decisivo sembra rinilusso di Polemone, nou a caso forse esplicitamente
ricordato nel brano ciceroniano menzionato in precedenza (de or III 17, 67). Sul probabi-
le mflusso di Platone, soprattutto attraversoil Teeteto, cfr. anche Ioppolo 1990; per ulteriori
indicazioni bibliografiche cfr. anche Gorier 1994, sp. pp. 821-824.
32 Sul probabile retroterra aristotelico di questi due ultimi vocaboli insiste giustamente
Alesse 2000, sp. p. 259.
33 Sull’inutilita dell’as sen so ai fini del compimento dell’azione insiste soprattutto un
passo di Plutarco (adv. Col. 1122a-d; cfr. anche, in Sesto, Adversus Mathematicos-MNW.
158), correttamente ricondotto ad Arcesilao dalla Ioppolo: cfr. Ioppolo 1986, sp. pp. 134-
146 e ora Ioppolo 2000, in cui vengono esaminate e discusse anche posizioni diverse al ri­
guardo, come quelle di Levy 1992 e 1993a; Opsomer 1998; Schofield 1999. Sulla teoria
dell’azione in Arcesilao toma ora Trabattoni 2005, che insiste in particolare sul suo ‘debi-
to’ nei confronti della posizione di Platone.
34 Ancora una volta mi sembra utile rinviare all’equihbrata ricostiuzione d’insieme of-
ferta in Ioppolo 1986, sp. cap. VIII. Per la raccolta delle testimonianze cfr. Mette 1985,
pp. 53-141.
35 Cfr. ad es. Cic. Luc. 67; nella stessa direzione si veda anche la seconda delle posi­
zioni scettiche ricordate in Luc. 32, da accostaie a un passo di Numenio (fr. 26, 105-111
Des Places).
36 Fra i possibili rinvh testuali mi sembra opportuno scgnalare almeno alcuni passi di
Cicerone (Luc. 1.04 c 31) e Sesto Empirico (M VII 166-175).
37 Long-Sedley 1987, vol. 1, p. 459; cfr. anche Bett 1989, nonche Glucker 1995.
38 Gorier 2000, pp. 76-77, che di scute anche altre interpretazioni; per un utile resume
in merito alle diverse letture del pithanon di Cameade cfr. anche Niiniluoto 2000, pp. 158-
164 e relative note,
39 Per le testimonianze che lo rignardano cfr. ancora Mette 1985, pp. 142-148.
40 Cfr. soprattutto Cic. Luc. 78; interessante appare anche la posizione espressa da Ca-
tulo in Cic. Luc. 148, su cui si e sviluppato di recente un dibattito fra Mansfeld 1997 e Levy
1999. Piu in generale sulle figure di alcuni accademici cosiddetti ‘minori’ (Lacide, Carma-
da e appunto Metrodoro) cfr. ora Levy 2005.
41 Per la raccolta delle testimonianze cfr. Mette 1986-1987, pp. 9-24, nonche ora Brit­
tain 2001, pp. 345-370 (—Appendix: Testimonia on Philo)', una prima ricostruzione globale
del suo pensiero si puo trovare in Tarrant 1985.
42 Cfr. Brittain 2001; la sua ricostruzione non e tuttavia esente da critiche, soprattutto
per qnanto riguarda l ’esistenza e la consistenza di quella che egli, non senza forzature te­
stuali e interpretative, individua come terza fase nello sviluppo del pensiero di Filone: al ri­
guardo cfr. almeno le recension! critiche di Tarrant 2002 e Ioppolo 2003.
Emidio Spinelli. 23

43 Per questa immagine cfr. Cic. Luc. 13-14. Piu in generale sulla figura di Antioco, ol­
tre alia raccolta delle testimonianze in Mette 1986-1987, pp. 25-63 e all’accurate lavoro di
Glucker 1978, mi limito a rinviare alTequilibrata trattazione di Barnes 1989; utili spunti di
riflessione anche in Gorier 1994, sp. pp. 938-980.
44 Non solo non esistono certezze sulla collocazione cronologica di Enesidemo (co­
munque attivo nel 1 sec. a.C.), ma ancora manca, purtroppo, un’edizione delle testimo­
nianze che lo riguardano: cfr. in proposito Decleva Caizzi 1990-1992.
45 Contro la tradizionale considerazione di Enesidemo come inizialmente membro del-
1’Accademia si e espressa Decleva Caizzi 1992c, le cui conclusioni sembrano ora rafforza-
te da Pohto 2002; a favore della vu.lga.ta cfr. invece Mansfeld 1995.
46 A Sesto Empirico dobbiamo la raffigurazione di Timone quale prophetes del verbo
pirroniano: cfr. M 1 53; sulla questione sempre utili si rivelano le conclusioni di Decleva
Caizzi 1986; cfr. anche Hankinson 1995, sp. pp. 69-73.
47 Si tratta di un passo importante e difficile da interpretare, su cni tuttavia non posso
qui soffermarmi; per un riassuntivo status quaestionis mi limito a rinviare ad Aronadio
1990, sp. pp. 222 e 229-233.
48 DL IX 115; cfr. anche Glucker 1978, sp. pp. 351-354 e Giaunantoni 1981b.
49 Molti sono i testi e i lavori monografici che si potrebbero e dovrebbero in proposito
chiamare in causa: per un primo orientamento tematico e bibliografico cfr. ora Chiesara
2003, sp. pp. 102-104.
50 Cfr. Gal. subf. emp. 84, 13; sulla ‘ferocia catena' di Menodoto cfr. gia Brochard
19232, p. 313; piu in generale sulla testimonianza di Galeno relativa alio scetticismo cfr.
almeno De Lacy 1991; cfr. anche Hankinson 1991, nonche alcune utili osservazioni di Bar­
nes 1991.
51 Essi possono essere ricostruiti - non completamente, invero - leggendo il breve con­
tribute di Perez 2000, in piu punti tuttavia lacunoso e non perspicuo; cfr. piuttosto Chiesa­
ra 2003, sp. pp. 112-153, la quale sembra dal canto suo dilatare la presenza di Enesidemo
aH’intemo degli scritti di Sesto Empirico, esagerando la portata della dipendenza di questo
rispetto a quello e seguendo m questo caso, per sua esplicita dichiarazione, le conclusioni
di Polito 2004.
52 Si pensi in particolar modo ancora a Hegel, che attribuiva un peso fondamentale al­
ia tropologia scettica non solo nel Rapporto dello scetticismo con la. filosofia e nelle Le-
zioni sulla storia della filosofia., ma anche in altri testi, ora analizzati da Biscuso 2005, sp.
cap. IV.
53 Essi erano forse originariamente solo nove? Cosi sembra attestare Aristocle, la cui
testimonianza e la cui attendibilita al riguardo viene ora nuovamente difesa da Chiesara
2002. Sulla tropologia scettica cfr. piu in generale Chatzilysandros 1970; Striker 1983; so­
prattutto Annas-Bames 1985, nonche infra, cap. 11
54 Sulla polemica neo-pirxoniana contro il concetto di causa cfr. infra., cap. IV.
55 Essi, stando ancora a Sesto (PH 1 178-179), sembrano essere ulteriormente riducibi-
h a due soli tropi, che rappresenterebbero ‘T ultimo distillato del liquore scettico” (cosi
Hankinson 1995, p. 189).
56 Sulla struttura e sulle imphcazioni logico-filosofiche della ‘rete scettica’ costituita
dai tropi di Agrippa cfr. in particolare Bames 1990b; egli allarga f analisi anche ai due tro­
pi ricordati nella nota precedente in Bames 1990c. Sul valore filosoficamente ancora at-
tuale del ‘diallele' cfr. infine Jacquette 1994.
57 Per ragioni di spazio non mi occupero qui di altre voci importanti, che pure si po­
trebbero inserire in modo non marginale nel dibattito. Penso soprattutto all’Auouimo
24 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

commeutatore al Teeteto di Platone, la cui posizione solleva problem! di non poco conto
in merito sia all’esatta collocazione cronologica - che gli studiosi fanno oscillare fra I
sec. a.C. e II sec. d.C. - sia alia valutazione della fase scettica della storia dell5Accade­
mia e alia differenza concettualc che essa sembra mostiare rispetto all5atteggiamento pir­
roniano. Per nn primo orientamento al lignardo mi limito a rinviare al recente studio di
Bonazzi 2003b.
58 Cfr. il fr, 25, 67-71 Des Places di Numenio.
59 Cfr. DL IX 70 (=Pyrrho T. 41 Decleva Caizzi); si veda anche Bames 1992, sp. pp.
4284-4289, nonche, per uua diversa interpretazione della posizione di Teodosio, Ioppolo
2002, pp. 64-65.
60 Cfr. supra, § 9- Pin in generale sulla figura e sulle linee di fondo della posizione fi­
losofica di Menodoto mi limito a rinviare alia pregevolissima ricostmzione di Frede 1990;
per un5interpretazione diversa del suo ‘empirismo medico’ e dei suoi rapporti con la tradi­
zione scettico-piiToniana cfr. Perilh 2004.
61 Nel loro caso si pno cautamente supporre che avessero come punto di riferimento,
pur con sfumature e argomentazioni diverse, Filone di Larissa: cfr. in proposito soprattut­
to Donini 1986, p. 224, n. 38. Per altri titoli e riferimenti relativi a tale dibattito rinvio a:
Dorrie-Baltes 1993, Bans rein 84.
62 Per questi aspetti della posizioue plntarchea rinvio alle opportune considerazioni di
Bonazzi 2004 e 2005; cfr. anche alcnne precisazioni offerte da Opsomer 2005.
63 Per la ricostmzione sommaria del pensiero di Favorino, oltre al contribute di Bari-
gazzi 1966, indispensabili si rivelano alcuni lavori di Anna Maria Ioppolo, le cui conclu­
sioni ho cercato qui di riassumere: cfr. al riguardo soprattutto Ioppolo 2002, nonche Iop­
polo 1993 e 1994a; qualche utile indicazioue anche in Holford-Strevens 1997 e ora iu
Opsomer 1998, sp. cap. 5; Bonazzi 2003a, sp. cap. IV, pp. 158-170.
64 L’uso di qnesto vocabolo sembra evocare chiaramente terminologia condivisa anche
dalla tradizione pirroniana: cfr. ad es. per Enesidemo la testimonianza di Fozio (bibl. Cod.
212, 170al2-13 e 22-24); ancora DL IX 106; infine, nel corpus sestano, P H I 198, nonche
PH I 28; M V m 298 e XI I 11.
65 Sn questo aspetto dello scontro che sembra coinvolgere quanto meno, nell’ordine,
Plutarco-Epitteto-Favorino-Galeno utili indicazioni offrono Opsomer 1998, sp. pp. 213-
240 e ora Ioppolo 2002, sp. pp. 56-59.
66 Cfr. ancora ivi, rispettivamente pp. 49 e 51, nonche Opsomer 1998, p. 61.
67 11 rinvio pin pertinente e paradigmatico al riguardo e la lunga sezione dei Lineamen-
ti pirroniani, che Sesto dedica all’analisi e alia spiegazione dettagliata delle phonai. scetti­
che: cfr. PH I 187-209, nonche Spinelli 1991 e soprattutto infra, cap. V.
68 Attenzione particolare meriterebbero anche il piu volte citato Numenio (cfr, soprat­
tutto i ffr. 24-28 Des Places), cosi come il relativamente ignoto Alessandro di Damasco (sul
cui ruolo cfr. Donini 1981).
69 Al di la della probabile professione medica, non si hanno notizie certe in merito al­
ia sua provenienza e alia sua. esatta collocazione cronologica {floruit. 180-220 d.C.?): sul­
la questione si veda almeno House 1980. Sulla trasmissione e snlla fortuna dei suoi scritti
cfr. ora Floridi 2002.
70 Per qncste dne accuse mi limito qui a ricordare, rispettivarueute, PH 1 1-4 da una par­
te e PH II 84; III 1; M IX 1-4; M V 49 dall’altra, auche se i rinvii al riguardo potrebbero
moltiplicarsi.
71 Sn qnesto temaefr. anche Viano 1981, p. 567; per alcune interessanti osservazioni di
dettaglio sulla chinsa di PH I cfr., oltre a lanacek 1977, Fliickiger 1990, sp. pp. 102-113.
Emidio Spinelli 25

72 Ioppolo 1994a, p. 92; cfr. anche Holford-Stxevens 1997, pp. 216-217 e, sempre sul-
l ’idenfita dei tines, Cortassa 1990, p. 2713, n. 45.
73 Sul termine aporetikos cfr. Decleva Caizzi 1992a, sp. pp. 307-313, che discute e cri-
tica anche alcune couclusioni avanzate da Woodruff 1988.
74 Sui motivi paleografici, stilistici e concettuali che sottostanno alia mia proposta di
correzione - in PH I 222 - del tradito -\katapermedoton:\ in kathaper <hoi peri>
Men<o>doton mi limito a rinviare a Spinelli 2000a; per alcune considerazioni ulteriori sul
passo in questione cfr. anche Levy 2001, sp. pp. 309ss.; Brunschwig 2003; Ioli 2003b, sp.
pp. 416-417, n. 59; Bonazzi 2003c, sp. pp. 183-185; Dillon 2004 e soprattutto Dye 2004,
che contrasta inoltre la “tendenza aH’ipercritcismo” evidente iu Perilli 2004, sp. pp. 105ss.,
ribadita (seppure in modo piu sfumato) in Perilli 2005. Piu in generale sul tema Plato scep-
ticus esistono analisi di pregevole fattura, fra cui segnalo Annas 1994; Levy 1990 e 1993b;
Bonazzi 2003a, sp. pp. 148-158 e 2003c; Ioppolo 2004b.
75 Per una spiegazione diversa cfr. Ioppolo 1992, p. 173.
76 Essa riceve molto piu spazio nella sezione dossografica sul criterio nel primo lihro
del Contro i logici: cfr. in part. M VII 159-189, la cui prospettiva di analisi, e - almeno in
parte - le cui fonti paiono comunque diverse rispetto a PH I.
77 Ioppolo 1992, p. 175.
78 Essi sfmtterebbero in tal caso, dialetticamente, precedenti classiiicazioni, forse cri-
sippee secondo Levy 1997, p. 199; cfr. anche supra, § 6, nonche Allen 1994.
79 Cfr. anche supra, § 7 e per il duphee tipo di assenso soprattutto Frede 1987 b, non­
che Bett 1990. Per la mancata obiettivita storiografica scstana in questi paragrafi cfr. infi­
ne soprattutto Ioppolo 1992; si vedano anche Levy 1997, pp. 200-201 e Palmer 2000, sp.
p, 363.
80 Quest’ultima precisazione sembra inserita da Sesto come uua sorta di personate no-
ta a pie di pagina. Se da una parte essa conferma forse che la dottrina dell’epoche non ha
unicamente origine e carattere dialettici, dall’altra indubbiamente “assolutizza quello che
per Arcesilao e un momento obbligato del processo di ricerca, ma non e il fine” (Ioppolo
1986, p. 160). Ne si puo escludere che essa serva a lasciar trasparire la difference imposta-
zione dello scetticismo accademico rispetto a quello di matrice pirroniana, da intendere co­
me “una ricetta di felicith, e uou una mera igiene dell’iutelligenza filosofica” (Brunschwig
1997b, p. 578; cfr. anche Long-Sedley 1987, vol. 1, p. 447).
81 Si noti tuttavia come tale affermazione avesse originariamente una funzioue esclusi­
vamente dialettica, anti-stoica: cfr. percio Ioppolo 1986, p. 59.
82 Viene comunque omesso qualsiasi accenno alia sua dottrina dello eulogon, su cui cfr.
MVI1 158; cfr. anche Hankinson 1995, pp. 86-91.
83 Piu esattamente: hos pros ten physin, dove per physis Sesto intende “la vera essen-
za delle cose”, forse deliberatamente ignorando che anche Arcesilao aveva dato di questo
concetto un’interpretazione molto vicina alia a-doxastica hyphegesis physeos accolta da
Sesto in PH I 23-24: cfr. al riguardo la sopracitata testimonianza di Plutarco in adv. Col.
1122c~d.
84 Hankinson 1995, p. 85.
85 PH 1 234: “se poi si deve credere a cio che si dice sul suo conto...”. Essa e priva di
ogni traccia di credulita da parte di Sesto, il quale pare volersi limitare alia reglstrazione di
semplici ‘dicerie’: cfr. Ioppolo 1992, p. 182.
86 Segno indiretto di una presa di distanza? Sulla possibile identita medioplatonica di
questi “altri” cfr. Dome 1987, p. 430.
87 Ioppolo 1992, p. 184; cfr. anche Hankinson 1995, p. 75.
26 Questioni scettiche. Letture introduttive a.1pirronismo antico

88 Cfr. al riguardo gia Robiu 1944, p. 131.


89 Sulle relazioni fra scetticismo e neoplatouismo, oltre al contributo di Wallis 1987, ri-
mando ora alia trattazione, ricca anche di ulteriori rinvii bibliografici, di Bonazzi 2003a, sp.
cap. I, pp. 13-55.
Colgo 1’occasione per ringraziare Francesca Alesse, Mauro Bonazzi, Anna Maria Iop­
polo e Alessandro Linguiti, che, dopo aver letto una prima versione di questo contributo,
mi hanno fomito utili indicazioni e suggerimenti.
C a p it o l o seco n d o
I DIECI TROPI SCETTICI

L Iniroduzione

Il primo impulso che si lascia cogliere dietro questo contributo e lega­


to alia volonta di mettere in discussione una proposta interpretativa - a dir
poco ‘ardita’ o meglio. come vedremo, poco fondata, ma comunque sor-
prendentemente mai analizzata a fondo ne sottoposta a una sana fonna di
confutazione, neppure da parte dei piu acuti e noti studiosi dello scettici­
smo antico - che mira a individuare una presunta pagina pirroniana all/in-
tem o della ricca storia relativa all’influsso e alia fortuna della dottrina ari-
stotelica delle categorie, di cui possono essere sicuramente individuate
tappe importanti non solo nell’ambito ‘canonico’ della tradizione peripa-
tetica antica e tardo-antica, ma anche in contesti filosoficamente piu ampi
e cronologicamente piu estesi1,
Se infatti accogliessimo l’ipotesi formulata da Pappenheim nel suo (or-
mai datato) commento ai paragrafi dedicati ai dieci tropi scettici nei Li-
neamenti pirroniani (=PH) di Sesto Empirico, dovremmo riconoscere che
furono proprio “le categorie aristoteliche quelle che la scepsi segui nella
formazione dei tropi non meramente soggettivi”. E questo non solo perche
“gia il numero complessivo dei tropi, dieci, rinvia alle categorie”, ma so­
prattutto per il fatto che “la cosa stessa condusse la scepsi a utilizzare le
categorie o, forse piu esattamente, le categorie si fecero valere di per se
nelTosservazione delle opposizioni percettive. Soggetto e oggetto della
percezione, infatti, sono sostanze, (individuality) ousiai, e rappresentano
pertanto la prima e piu importante categoria”, che dunque si lascerebbe ri­
conoscere all’opera dietro il primo tropo2. Una volta formulato questo as-
sunto, Pappenheim tenta di suffragare il suo tentativo di analisi, secondo
lui “non del tutto ingiustilicato”3, rintracciando una serie di affinita fra sin-
gole categorie e altri modi della sospensione del giudizio: cosi la “qua­
lity ”/poion sarebbe il punto di riferimento del secondo, del terzo e del
quarto dei tropi neH’ordine sestano; e ancora il “relativo’Vprov ti dell’otta-
vo; il “dove”//7(7« del quinto; il “quando’Vpo/e del nono; la “quantita”/po-
son del settimo; e infine, con qualche arzigogolo interpretativo e con qual­
che coraggioso salto, T “avere”/ec/?.em del sesto.
Oltre la constatazione immediata e difficilmente contestabile, per cui
molte di queste presunte ‘affinita’ sono per la verita piu enunciate che ef-
28 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

fettivamente dimostrate, l'ipotesi di Pappenheim sembra essere tutt’altro


che solida anche per motivi di mancata corrispondenza strutturale cate­
gorie/tropi, che non appare completamente verificabile in nessuna delle
due direzioni. Da una parte, infatti, egli e costretto ad ammettere che non
tutte le categorie sono operand al fondo dei tropi scettici, visto che man-
ca un riscontro diretto quanto meno nel caso del ‘‘gm eextlkeisthai ,
d e ir “agire:5/poiem. e del “patire’7paschein4. Dali’altra il carattere del tut-
to peculiare del decimo tropo, che nulla ha a che fare con le percezioni
sensoriali e con le presunte opposizioni che le caratterizzano, gli impone
di riconosceme l ’estraneita rispetto a qualsiasi sovraordinato schema ca-
tegoriale. N6 si puo tacere un altro fatto, che mina decisamente la forza
del nesso categorie/tropi, ovvero che lo stesso Sesto non vi accenna mai,
in nessun punto e con nessun artificio neppure in diretto. Si tratta di un si-
lenzio - esplicito e insieme per cosi dire rumoroso - per nulla trascurabi-
le, di fronte al quale Pappenheim cerca di sfuggire, elevando contro lo
scetticismo sestano un’accusa spesso riproposta. Anche in questo caso
Sesto sarebbe vittima di una grave contraddizione, nel senso che egli fa-
rebbe senz*altro uso di concetti e termini (dogmatici, dovremmo aggiun-
gere) imm.ediatam.ente utili al suo scopo polemico, salvo poi dichiararh
inesistenti o comunque impossibili in altri punti e contesti della sua ope­
ra. Forte di questo suo assunto e insistendo perfino su alcuni - ipotetici,
ma inesistenti - calchi verbali dai capitoli 2 e 4 delle Categorie, Pap­
penheim rincara la dose: “della scepsi si potrebbe conclusivamente dire
che, sebbene essa non potesse e volesse costituire ‘una propria dottrina
delle categorie’5, ne avrebbe ciononostante rinvenuta una corrispondente
alia propria intenzione e V avrebbe parimenti posta alia sommita del pro­
prio insegnamento”6.
Al di la degli elementi di dissenso e di esplicita critica che gia ho fat­
to traspariie qua e la nelle precedent! considerazioni introduttive, si po­
trebbe semplicemente e piu radicalmente ricordare, contro V interpreta­
zione di Pappenheim, un altro fattore di insuperabile incom mensurabilita
fra le ragioni filosofiche forti che stanno dietro lo schema categoriale ari-
stotelico e il dichiarato disincanto ontologico che accompagna, per loro
stessa ammissione, tutte le espressioni utilizzate dai pirroniani nella lo­
ro polem ica antidogma tic a. Insomma, se “presum ibilm ente si concorda
in genere sul fatto che la dottrina delle categorie di Aristotele comporta
l ’assunzione che c’b un qualche schema classificatorio tale per cui tutto
cid che e, tutte le entita, possono essere divise in un numero limitato di
classi ultime ”7, risulta davvero difficile, se non impossibile attribuire an­
che ai tropi scettici la stessa funzione, chiaramente ancorata alia convin-
Emidio Spinelli 29

zione di poter sapere e dire esattamente come stanno le cose nella realta
che ci circonda.
L’insieme delle considerazioni sin qui svolte potrebbe tuttavia apparire
ancora troppo superficiale o comunque non del tutto sufficiente per demo-
lire l ’attendibilita dell’ipotesi di parallelismo strutturale categorie/tropi
avanzata da Pappenheim. Per raggiungere quest’ultimo obiettivo, dunque,
e forse opportuno percorrere un’altra strada, sicuramente piu efficace, an­
che se oggettivamente piu lunga e forse pedante, per arrivare a mostrare
come vada correttamente intesa e storicamente contestualizzata la dottrina
scettica dei tropi riportata da Sesto Empirico. In questo caso forse piu che
in altri. infatti, occorre evitare la formulazione di giudizi estemporanei,
fondati unicamente su vaghe assonanze o superficial! rispondenze. Cosi,
solo affidandosi a un’analisi dettagliata delTmtera sezione dei Lineamenti
pirroniani che riguarda i dieci tropi, sara possibile far emergere sia la loro
genuina struttura, sia i reali debiti che Sesto e le sue fonti contraggono ri­
spetto alia tradizione filosofica che li ha preceduti e rispetto alia quale es­
si si sentono legittimati ad assumere un atteggiamento di parassitario e non
certo neutrale sfruttamento concettuale o terminologico. Nelle pagine che
seguono, dunque, cerchero di offrire un commento selettivo, ma insieme il
piu possibile puntuale, di PH I 31-163, nella convinzione di poter esibire
in tal modo, de facto e quasi ostensivamente, una chiara confutazione di
qualsiasi tentativo di ricondurre uno dei piu important! (e genuinamente
scettici) capitoli dello sforzo filosofico pirroniano sotto l’ombrello perico-
losamente dogmatico della tradizione peripatetica8.

2. Per una giustificazione iniziale della tropologia scettica


( PHI 31-35)

Dopo aver indicato nella pratica della sospensione del giudizio o epo­
che la strada, sottratta tuttavia a qualsiasi rigida connesione del tipo cau-
sa-effetto, per giungere all’imperturbabilita o ataraxia (cfr. PH I 28-29),
Sesto ritiene opportuno soffermarsi a lungo sulle molteplici vie che con-
ducono a sospendere il giudizio. Ribadendo quanto gia accennato in PH I
8, egli pone quale radice generalissima dell’atteggiamento sospensivo
T antitesi riscontrabile fra le cose o pragmata - un termine volutamente ge-
nerico che serve ad abbracciare, spiega subito Sesto, apparenze fenomeni-
che e noumeniche, stati di cose o prodotti di pensiero. La forza di tali op-
posizioni viene sottolineata attraverso alcuni esempi divenuti canonici nel-
1’ambito della polemica scettica. Vengono cosi citati neU’ordine:
30 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

- quello della torre, tutto intemo alia ‘dissouauza’ o diaphonia fenome-


nica e poi ripetuto nel corso dell’illustrazione del quinto tropo (cfr.
P H I 118);
- quello costituito dallo scontro di tesi opposte sull’affermazione o ne-
gazione di un atteggiamento provvidente da parte della divinita, di
stampo puramente noumenico e ripreso all’imzio di PH III (cfr. sp. i
§§ 9-12), con una soluzione pirroniana tipicamente ‘conformistica’;
- infine quello che insiste sull’apparente incompatibility fra il dato fe-
nomenico del colore bianco della neve e il sillogismo anassagoreo che
costringe a pensarla come nera9.
Il senso del reciproco contrasto riscontrabile fra dati fenomenici e nou-
menici viene inoltre reso ancora piu radicale quando Sesto mette in guar-
dia da una precipitosa concessione dell’as senso perfino di fronte a un lo­
gos - chiamiamolo: (a) - forte, vigoroso e apparentemente inconfutabile.
Anche in tal caso, infatti, nulla esclude che in un futuro piu o meno pros-
simo e comunque a noi ancora ignoto possa essere elaborato un argomen-
to opposto - diciamo: (b) - dotato di ugual forza persuasiva e dunque in
grado di bilanciare in tutto e per tutto (a). Con tipico intento polemico ad
hominem, Sesto aggiunge l’o w ia constatazione secondo cui cio accade si-
stematicamente nelTaltemarsi stesso delle varie scuole filosoficlie e delle
loro teorie, l’una dialetticamente capace di ‘superare’ l’altra10.
La delineazione di questo quadro generale delle antitesi che inducono
alia sospensione del giudizio serve da introduzione alia presentazione ana-
litica dei singoli modi o tropoi. Si tratta delle varie argomentazioni speci-
fiche e degli strumenti tecnici che la tradizione scettica cui Sesto attinge ha
elaborato nel corso della sua storia per raggiungere la epoche u . Nei para-
grafi successivi (36-163), essi verranno descritti senza nessuna presunzio-
ne di assolutezza dogmatica, m a solo in modo convenzionale, quasi arbi-
trario (thetikos) e auspicabilmente plausibile {kata to pithanon ), sia rispet­
to al loro numero esatto, sia riguardo alia loro forza euristica o dynamis12.3

3. Mettendo ordine fra. i tropi (PH 1 36-39)

Le prime righe di PH I 36 offrono subito molteplici elementi alia ri-


flessione e all’indagine. Innanzi tutto. tramite alcune scelte linguistiche
Sesto sembra aw alorare l ’idea che l’insieme dei modi che egli sta per di-
scutere sia patrimonio comune o ‘convenzionale’ del suo indirizzo filoso­
fico13 e che egli si limiti a recepirli quasi passivamente “dagli scettici piu
antichi”. Il carattere anonimo di tale indicazione pone il problema della pa-
Emidio Spinelli 31

temita dei tropi. La presenza del comparativo potrebbe forse essere inter-
pretata come un’allusione addirittura a Pirrone e Timone14. Credo tuttavia
che il confronto con un altro passo sestano e il succinto resoconto di Ari-
stocle costituiscano elementi sufficienti ad avvalorare la convinzione co-
munemente accolta di una patem ita enesidemea15, E ragionevole suppor-
re, in ogni caso, che Enesidemo non invento dal nulla i tropi, ma fu forse
il primo a raccogliere sistematicamente una mole notevole di materiale piu
antico, risalente addirittura a filosofi presocratici16. Il suo intento era di
classificare in maniera organica le opposizioni possibili fra il modo in cui
un oggetto appare (senza distinguere pregiudizialmente se alia percezione
sensibile o intellettuale) e cio che esso e in realta o secondo natura (pros
tenphysin ; physei). L'importanza di questo lavoro di ‘assemblaggio’ fu ta­
le ai fini del raggiungimento della epoche che i tropi divennero quasi il ca-
vallo di battaglia della polemica scettica17. La loro diffusione e la centra-
lita che essi dovevano rivestire e del resto confermata da alcuni fatti. Essi
sopravvivono infatti in ben cinque versioni diverse.
1. La piu antica e quella di Filone di Alessandria (de ebr. 169ss.), m ol­
to sintetica e caratterizzata da un marcato interesse teoretico, che spinge
Filone stesso a citare i tropi in un contesto e con intend molto diversi da
quelli propri della loro originaria formulazione18.
2. La seconda e frutto di un breve resume offerto da Aristocle nel cor­
so della sua polemica antiscettica (ap . Eus. praep. ev. XIV 18, 11-12)19.
3. La terza e appunto quella sestana, che appare come la piu completa
e rice a20.
4. La quarta e conservata nel libro IX delle Vite dei filosofi di Diogene
Laerzio, anch’essa molto compressa e verosiinilmente proveniente da fon-
te diversa da quella cui attinge Sesto (DL IX 78ss.)21.
5. Uultim a, infine, e la tarda compilazione bizantina attribuita a Eren-
nio, di valore non eccelso e forse dipendente da Filone22.
A questi dati si aggiungono tracce dell’interesse nutrito nei confronti
della tropologia pirroniana anche da autori antichi vicini alio scetticismo o
al probabilismo accademico, come ad esempio Plutarco e Favorino23.
Non intendo qui riproporre un confronto preliminare e sistematico fra
questi vari resoconti, soprattutto fra i tre filosoficamente piu rilevanti (Fi­
lone, Sesto, Diogene)24. La scelta piu produttiva sembra essere piuttosto
quella suggerita da Hankinson: concentrarsi sulla versione fomita da Se­
sto, “integrata, dove filosoficamente rilevante, da Diogene e Filone”25.
Sesto fissa a dieci il numero dei tropi, che sembrano indurre alia epo­
che16. Egli aggiunge che essi sono sinonimicamente denominati anche lo­
goi., ovvero argomenti in senso piu ampio, o typoi, cioe schemi o figure ar-
32 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

gomentative27. Quasi a m o’ di introduzione e sommario, ne viene subito


fomito Felenco completo, di cui tuttavia, come gia si diceva, occorre far
uso thetikos (cfr. P H I 38). Sesto, unico fra le nostre fonti, propone quindi
due ulteriori tentativi di schematizzazione.
1. Il primo (PHI 38) raggruppa i modi a seconda che essi abbiano a che
fare solo con il soggetto giudicante (i primi quattro)28; solo con Foggetto
giudicato (il settimo e il decimo); o infine con entrambi (il quinto, il sesto,
l’ottavo e il nono).
2. Il secondo, dando per scontati sia l’elenco completo sia la sistema-
zione appena menzionata, propone una sorta di struttura piramidale29. Al
vertice troviamo, quale genere som m o. il tropo della relazione, cui sono
subordinati rispettivamente, quali sue specie, i tre raggruppamenti descrit-
ti in P H I 38 e quali sue infimae species i dieci modi nella loro totalita30.
Di questa classificazione puo essere offerto un comodo schema rias-
suntivo31:

relativita

dal soggetto giudicante dall’oggetto giudicato 1 da entrambi

1 2 3 4 7 10 5 6 8 9

E difficile dire a chi risalgano questi sforzi di sistemazione organica dei


tropi. L’origine enesidemea dell’elenco completo sembra fuori dubbio.
Evidenti appaiono anche, pero, alcune modifiche apportate da Sesto (o
dalla sua fonte), ad esempio riguardo:
- all’ordine di presentazione;
- alia probabile inserzione - quale ottavo tropo (cfr. P H I 135-140 e in­
fra, 4.8) - del modo della relativita di Agrippa in luogo di quello origina-
riamente enesidemeo32.
Anche la prima suddivisione in tre grandi gruppi presente in PH I 38
potrebbe risalire a Enesidemo. Specificamente attribuibile a Sesto sembre-
rebbe invece la successiva schematizzazione gerarchica33. Egli pare so-
vrapporla a quelle precedenti, con l’intento di assegnare, verosimilmente
sulla scia di Agrippa, un ruolo privilegiato alia relativita34.
Emidio Spinelli 33

Al di la di schemi e partizioni. quello che davvero interessa e la forza


o capacita persuasiva dei tropi. Essa sembra scaturire da un meccanismo
oppositivo standard, che puo essere cosi rappresentato35:
1. un certo oggetto (x) appare dotato di una caratteristica (c) in una spe-
cifica situazione (j ), ovvero: x appare c in a1;
2. x appare c* in s *;
3. c e c* sono insieme logicamente incompatibili (sia nel senso di una
stringente contraddittorieta, sia in quello di una piu generica contrarieta)
ed equipollenti;
4. non abbiamo inoltre alcun mezzo per dare la preferenza a s rispetto
a (o viceversa);
5. dunque non potendo stabilire cosa x sia in s6 ci troviamo nella ne­
cessity di sospendere il giudizio sulla sua vera natura36.
Occorre infine notare, a scanso di equivoche accuse di dogmatismo na-
scosto. che la rilevazione sistematica dell’opposizione fra (1) e (2) non ri-
sponde ad alcuna preconcetta teoria scettica. Come infatti ricordera Sesto
piu avanti (cfr. P H I 210), in polemica con la visione enesidemea del pir­
ronismo come ‘scorciatoia’ verso 1‘eraclitismo, “rapparire di aspetti con-
trari rispetto alia medesima cosa non e un dogma degli scettici, ma un fat­
to che colpisce non solo gli scettici, m a anche gli altri filosofi e tutti gli al­
tri uomini”.4

4. La lista dei ‘modi’: coordinate storiche, struttura argomentativa,


obiettivi polernici

4.1 II primo tropo (PH 1 40-78)

E facendo leva sul fatto appena ricordato che si possono organizzare,


entro lo schema standard sopra ricordato, i contrasti specificamente ricon-
ducibili ai singoli tropi. Il primo di essi si fonda sul conflitto di “rappre-
sentazioni” (phantasiai) che si presenta di fronte al medesimo oggetto in
animali fra loro diversi. O meglio, come lascia intendere chiaramente la
ricca esemplificazione sestana, esso fa leva sulla differenza percettiva ri-
scontrabile fra Puomo da una parte e gli animali cosiddetti irrazionali dal-
l’altra. Ricorrendo a un tipo di argomentazione dalle radici antiche, quan­
to meno eraclitee o protagoree, il cui influsso si e fatto sentire costante-
mente in ambito epistemologico fino ai nostri giomi, Sesto non pretende
certo di dire quali siano di volta in volta i contenuti delle rappresentazioni
dei singoli animali portati ad esempio37. Egli si limita piuttosto a inferire
34 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

la loro diversita rispetto a quelle umane38. Cio avviene a partire dalle in-
negabili differenze riscontrabili rispettivamente:
a. nelle modalita di riproduzione e generazione (PH 141 -43), con esem-
pi di matrice e provenienza dogmatica molto varia, ma spesso riconducibi-
li come fonte alia Historia animalium di Aristotele, forse utilizzata da Se­
sto attraverso la mediazione di compilazioni scettiche a lui antecedent!;
b. nella costituzione fisica, soprattutto degli organi di senso (PH I 44-
49: vista; 50: tatto e udito; 51: olfatto; 52: gusto);
c. nelle cose oggetto di scelta, perche benefiche o piacevoli, o di rifiu-
to, perche fonte di dolore o dispiacere ( PHI 55-58); anche in questo caso
le opposizioni, massimamente evidenti, come si legge in PH I 55, vengo-
no costruite sfruttando materiale dogmatico piu antico e di differente va-
lore e peso39.
Quest’ultimo accorgimento va valutato piu da vicino, poiche svolge un
ruolo centrale per l’esatta comprensione della strategia polemica sestana.
Lungi dal costituire un limite intemo, la parassitaria utihzzazione di tesi
dogmatiche conferma una serie di caratteristiche di fondo del logos scettico:
1. esso e rigorosamente ad hominem',
2. in quanto tale non viene assunto come vero e logicamente necessi­
t a t e per chi lo usa semplicemente quale arma dialettica;
3. infine esso puo variare a seconda deH’obiettivo polemico e assume-
re forza diversa a seconda della malattia dogmatica che si propone di cu­
rare, come precisera Sesto nella clriusa dei Lineamenti40.
Appare dunque legittimo concludere che i seguaci del pirronismo “non
si interessano della validita delle loro argomentazioni m a della loro effica-
da. U n’argomentazione ‘bu o n a\ per i pirroniani, e un’argomentazione
che funziona - un’argomentazione che e efficace nel produrre la sospen­
sione del giudizio”41.
Ribadita, in apertura di PH I 59, l’inevitabilita della epoche, Sesto ri-
corre ad alcuni dei modi di Agrippa per escludere ogni possibility di supe-
rare i sopracitati conflitti di rappresentazioni. Essendo infatti parte in cau­
sa della diaphonia, non potremo certo preferire noi stessi e le nostre ca­
ratteristiche percettive a quelle degli animali, pena un palese vizio di cir-
colarita. Del resto, anche volendo concedere la preferibilita del genere
umano, aggiunge Sesto, potremo farlo solo in due modi: o senza dimo-
strazione (ma allora - resta implicitamente inteso - non saremo degni di
fede) o con una dimostrazione. Anche questa seconda altemativa, pero, ri-
sulta impercorribile: infatti si mostrera che la dimostrazione non sussiste
affatto42. Anche se sussistesse, comunque, o sarebbe per noi non apparen-
te e dunque non degna di fede, o sarebbe una delle cose apparenti e dun-
Emidio Spinelli 35

que, in quanto anch’essa oggetto di indagine al pari di tntte le altre cose


apparent!, non potremmo servircene come criterio valido di discriminazio-
ne, pena di nuovo una viziosa circolarita43.
Dopo aver integrato e rafforzato la dynamis del primo tropo mediante
il ricorso alia tropologia piu recente di Agrippa, Sesto aggiunge un’ulte-
riore ‘coda’ polemica. In PH I 62-78, infatti, vengono messi a confronto
l ’uomo e quello fra i cosiddetti animali irrazionali che appare meno degno
di valore: il cane44. L’intento del passo e dichiaratamente e pesantemente
polemico, poiche mira a ridicolizzare un gruppo di dogmatici boriosi e su-
perbi. Essi, formulando ragionamenti pieni di sottigliezza, sostengono la
superiorita della nostra specie animale rispetto alle altre45.
Non e questa la sede per entrare nei dettagli della serrata argomenta­
zione sestana ne per ripercorrere la lunga storia della fortuna filosofica del­
le considerazioni pirroniane relative al ‘cane di Crisippo’46. Sara suffi-
ciente ricordare, per lo scopo che ci siamo prefissi, che nulla autorizza a
concedere la preferenza alle nostre rappresentazioni rispetto a quelle degli
altri animali: 1’unico elemento che ci resta e la registrazione di differenze
non dirimibili. Allora e a portata di mano la conclusione scettica, che da
questo momento in poi accompagnera come un disincantato refrain tutti i
tropi sestani: dovremo limitarci a dire come qualcosa ci appare, sospen-
dendo invece il giudizio sulla sua vera natura.

4.2 ll secondo ti'opo (PH I 79-90)

Per rendere ancora piu efficace il proprio attacco antidogmatico Sesto


accetta di ragionare per assurdo. Cosi, mettendo da parte i risnltati gia rag-
giunti grazie alle argomentazioni del primo tropo, egli imposta la tratta­
zione del secondo concedendo - disserendi causa, e in via meramente ipo-
te tic a - la superiorita di discemimento epistemologico della specie umana.
La sua obiezione e chiaramente espressa sin dalle prime righe di PH I 78:
tale presunta superiorita si rivela insussistente, date le enormi differenze ri-
scontrabili sia fra un singolo individuo e V altro, sia fra i vari gruppi o po-
poli in cui si divide humanita. Ancora una volta Sesto attinge a piene ma-
ni alia ricca esemplrficazione rinvenibile nelle opere dei suoi aw ersari
dogmatici47. Senza abbandonare il terreno di una polemica ad hominem ,
inoltre, egli sfrutta ben note teorie di alcuni di loro, come ad esempio:
- quella che divide l ’uomo in anima e corpo, comune patrimonio dog­
matico, nonostante la diaphonia subito riscontrabile al momento del-
rindividuazione della reciproca essenza di tali due element! (PH 1 79);
36 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

- quella della composizione umorale degli organisrai viventi, causa a


sua volta di rappresentazioni, cosi come di appetiti e rifiuti, recipro-
camente divergent! ( PHI 80-81);
- quella che vede riflesse nel corpo le qualita dell’anima (PH I 85), lar-
gamente radicata nel mondo antico in quello “sguardo fisiognoinico” ,
che “denuncia ambizioni da sapere antropologico totale”48.
I paragrafi dedicati al secondo tropo si popolano cosi di strani e bizzarri
casi. Essi stanno ad attestare tanto evidenti diversity corporee (PH I 80-
84), per forma o peculiare composizione individuale49, quanto notevoli
differenze ‘psicologiche’ o ‘intellettualr (kata ten dianoian), che sono re-
se manifeste dalTinnegabile e indisputabile oscillazione dei gusti indivi­
dual!, piu volte cantata in ambito letterario (PH I 85-86)50. Di fronte alio
stesso oggetto, infatti, alcuni, mossi da determinate sensazioni e rappre­
sentazioni, provano piacere, mentre altri, seguendo sensazioni e rappre­
sentazioni diverse, sono vinti dal disgusto. Esiste un modo per dirimere
questo dissenso, giungendo a stabilire cosa per natura sia roggetto di par­
tenza? Sesto e Tunico fra le nostre fonti a porsi il problema. Egli propone
una soluzione dilemmatica51:
a. o accordiamo fiducia indistintamente a tutti gli uomini e alle loro
conflittuali rappresentazioni;
b. o accordiamo fiducia solo ad alcuni di loro, con l’ulteriore opzione
fra il primato assegnato ad alcuni fra i cosiddetti saggi (b l) o alia maggio-
ranza (b2).
Di (a) Sesto si sbarazza facilmente (PHI 88). Tale soluzione, infatti, da
una parte costringerebbe alio sforzo impossibile di coprire 1’infinity delle
opinioni umane. D all’altra essa sarebbe condannata a concedere la con-
temporanea verita di proposizioni contraddittorie, il che e logicamente
inammissibile52.
La duplice altemativa adombrata in (b), invece, viene analizzata piu a
lungo53. Qualora si voglia accettare (bl), si cadra o sotto il tropo della
diaphonia, essendo indecidibile il contrasto, ad esempio, fra Platone ed
Epicuro (PH 188); oppure sotto quello del diallele, poiche chi e parte in
causa di una diaphonia non puo in alcun modo pretendere di esseme alio
stesso tempo V elemento risolutivo (PHI 90). Se invece si da credito a (b2),
si rischia di fare la figura degli sciocchi. Ammettiamo pure che nell’ambi­
to delle nostre conoscenze si riuscisse a fissare cio che i piu gradiscono o
respingono. Resterebbe ciononostante sempre aperta la possibility che a
noi sfugga un qualche caso, statisticamente rilevante se non decisivo, di
popolazioni le cui rappresentazioni di cio che e piacevole o doloroso, ad
esempio di fronte al morso della tarantola, sono diametralmente opposte
Emidio Spinelli 37

rispetto a quelle a noi note (PH I 89). V argomentazione sestana puo forse
apparire ingenua e indurre al sorriso il lettore contemporaneo, cosi perva-
sivamente abituato a convivere con la decantata scientificita delle scienze
statistiche. Se perd applichiamo un banale principio di contestualizzazio-
ne storica, dobbiamo forse riconosceme la cautela e T opportunity. Non bi-
sogna infatti dimenticare che Sesto scriveva “millesettecento anni fa,
quando le nozioni di campionatura statistica e di probability non erano an­
cora state elaborate. Inoltre, nella sua epoca il mondo conosciuto si am-
metteva fosse solo una piccola parte del mondo effettivo”54.

4.3 II terzo tropo (PH 1 91-99)

Con un andamento espositivo che restringe sempre piu 1’oggetto di in-


dagine, Sesto dichiara di voler concentrare T analisi dedicata al terzo tropo
su di un solo esponente della specie-uomo: il sophos o saggio, su cui han-
no costruito mitiche e fantastiche teorie i dogmatici55. In verita il seguito
della trattazione mette in campo opposizioni rilevabih non unicamente nel-
l’apparato percettivo del sophos, ma proprie di un qualunque individuo56.
Al di la di questa piccola incongruenza, l'obiettivo ultimo di Sesto ap­
pare evidente. Come si legge in PH I 99, demolire l’attendibilita dei sensi
non e che il primo passo verso la distruzione di ogni ‘fede’ einpiristica.
Quest’ultima e infatti fondata proprio sulla continuita e perfetta compati­
bility epistemologica fra sensi e intelletto, entrambi incapaci in realta di
cogliere la vera natura delle cose e continati dunque al mero piano delle
apparenze57.
Nonostante l ’esplicita volonta di limitare la batteria degli esempi, tutti
di provenienza dogmatica58, in ossequio al generale tono ‘ipotipotico’ dei
Lineamenti (PH 1 94), la via per raggiungere tale obiettivo pare scandita in
due tappe.
A. La prim a passa per l’illustrazione delle differenze reciprocamente
individuabili fra le varie sensazioni (PH I 92-93): vista/tatto, con l ’esem-
pio tratto dalla pittura, piu volte utilizzato e passibile di interpretazioni di­
verse e contrastanti59; gusto/vista; olfatto/gusto; vista/totalita degli altri
sensi; vista-tatto/olfatto.
B. La seconda si concentra sulla ridda di sensazioni che di fatto si sca-
tena nel caso di un solo, assolutamente ‘quotidiano’ oggetto: la mela60. Tre
sono le ipotesi enunciate e discusse in proposito da Sesto:
B . 1 o la mela possiede una sola qualita, percepita diversamente a se­
conda dei vari sensi (l’analogia chiamata a sostegno in PH I 95 e quella
38 Questioni. scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

delLunica acqua, che pure si differenzia nei van organi delle piante, o del-
ru n ic a aria, che pure da luogo alia molteplice varieta dei suoni negh stru-
menti musicali);
B.2 o essa ne ha piu di quelle che noi siamo in grado di percepire con
il nostro limitato apparato sen son ale (questa inferenza61 viene rafforzata in
PH 196 dalla considerazione della condizione di menomazione percettiva
che di fatto sperimenta sin dalla nascita il sordomuto);
B.3 oppure le qualita che essa rivela sono perfettamente commisurate
alle nostre potenzialita percettive.
Quest’ultima altemativa viene fatta scaturire da un'ideale ohiezione
dogmatica (cfr. PH I 98). Essa si basa sul postulate di una sorta di ‘armo-
nia prestabilita’ fra sensi e sensibili, imposta da un superiore principio or-
dinatore*. la natura. Sesto ne contesta tuttavia la legittimita euristica e per-
fino la sussistenza, vista l 5impossibility di dirimere - tanto a livello di sen­
so comune quanto sul piano filosofico - la diaphonia sorta fra i dogmati­
ci stessi in merito al concetto di natura o physis 62.
L’ugual forza persuasiva delle ipotesi appena ricordate avvolge nelTo-
scurita la presunta essenza della mela, cosi come di qualsiasi altro ogget­
to della percezione sensibile. Essa serve quindi adeguatamente alio scopo
ultimo della tropologia scettica, inducendo necessariamente alia sospen­
sione del giudizio.

4.411 quarto tropo (PH 1 100-117)

Dai sensi - come ammoniva il terzo tropo - si ricavano indirimibili


conflitti di apparenze. Nonostante questa perentoria conclusione, Sesto
decide di fermare ora la propria attenzione su ognuna delle sensazioni o
addirittura di generalizzare il proprio discorso al punto da lasciarle tutte
da parte. Per questo il quarto tropo insiste sulle opposizioni o discrepan-
ze, riscontrabili entro il medesimo senso, rispetto alle “circostanze” (pe-
ristaseis). Questo termine, alquanto generico, viene subito sinonimica-
mente rimpiazzato da Sesto con “disposizioni”63. Il vocabolo diathesis,
una sorta di terminus technicus della m edicina e della biologia sin dai
tempi di Erofilo64, indica lo state corporeo (ancor piu comprensivamente:
la disposizione psico-fisica) del soggetto giudicante. La ricca esemplifi-
cazione fom ita da Sesto richiama in proposito ben dieci diverse condi-
zioni65. Esse vengono presentate - tutte, tranne, come vedremo, u n ’unica,
strana eccezione - secondo schemi oppositivi, che sono nelLordine i se-
guenti.
Emidio Spinelli 39

1. Secondo natura/contro natura, PH 1 101-103 - Un caso specifico di


questa diathesis , che comunque non ne esaurisce le possibili manifesta-
zioni, come sembrerebbe invece far supporre l’esposizione di Filone e di
Diogene Laerzio, e l’opposizione sano/malato66. Si noti inoltre come Se­
sto si dedichi, in PH I 102-103, a smantellare la tesi di alcuni (anonimi)
dogmatici, forse gli stessi cui si alludeva nell’ambito del secondo tropo,
convinti che lo stato innaturale, dovuto a una determinata commistione di
umori, sia causa del contrasto di apparenze rispetto agli oggetti estemi.
Contro di loro viene sollevata una duplice obiezione, che e stata cosi op-
portunamente riassunta: “il loro appello presuppone, arbitrariamente, che
solo condizioni innaturali o abnormi influiscano sulle apparenze di un os-
servatore; ed essi non sono in grado di fomire motivi per preferire un tipo
di natura rispetto a un altro”67. Va sottolineato, infine, come l’attacco se-
stano metta capo a una conclusione relativistica. Essa viene dialettica-
mente sfruttata non solo qui, m a anche successivamente in P H I 104, nel-
1’analisi dei contrasti percettivi legati all’opposizione sonno/veglia. Tale
utilizzazione non implica tuttavia automaticamente che Sesto accolga po-
sitivamente quella conclusione, ne che la confonda con la genuina posi­
zione pirroniana68.
2. Sonno/veglia, PH I 104 - Sulle different! rappresentazioni derivanti
da tali due opposti stati avevano gia richiamato l ’attenzione altri autori, a
partire da Platone69, e altri ancora le avrebbero nuovamente sfruttate, an­
che con sfumature ‘scetticheggianti’, nell'am bito della filosofia moderna
(basti pensare al ruolo che questo problema gioca alTinizio del ‘viaggio’
carte siano verso il dubbio iperbolico).
3. Vecchiaia/giovinezza, PH I 105-106.
4. In moto/in quiete, P H I 10770.
5. Odio/amore, PH I 108.
6. Indigenza/sazieta, PH I 109.
7. Ubriachezza/sobrieta, PH 1 109.
8. Predisposizioni, PH 1 110 - E questo l ’unico contesto in cui non vie­
ne esibita in modo esplicito alcuna coppia di opposti. In ogni caso, si puo
supporre che un’opposizione di fondo esista, non sul piano della simulta­
neity, quanto piuttosto fra la condizione di partenza (ad esempio la per-
manenza alTintemo delle terme per un certo lasso di tempo, con la con-
nessa sensazione di tepore) e quella successiva (nel caso in questione: l’u-
scire nelTatrio dei bagni, con la conseguente sensazione di freddo). Non si
puo negare, tuttavia, come Taccenno alle prodiatheseis risulti alquanto
problematico, al punto che si e pensato a una (maldestra) interpolazione,
forse operata direttamente da Sesto71.
40 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

9. Coraggio/paura, PH I 111 - Anche in questo caso si tratta di oppo-


ste condizioni e relative reazioni gia individuate da autori precedenti, an­
che se utilizzate e risolte in modo del tutto diverso72.
10, Piacere/dolore, PH I 111.
Le discrepanze cosi lungamente elencate sono il frutto, ancora una vol­
ta, di ampi ‘saccheggi’ da precedente materiale dogmatico. Sulla loro ori-
gine precisa il dibattito resta aperto. Alcuni hanno infatti supposto una de-
rivazione atomistico-democritea, altri protagorea, altri ancora direttamen-
te enesidemea73. Quello che rende peculiare la trattazione sestana, co­
munque, non e solo la ricchezza degli esempi (non sovrapponibili sic et
simpliciter a quelli filoniani e laerziani), m a il fatto che egli si preoccupi
di argomentare a lungo e dettagliatamente contro la possibility di accor-
dare in modo definitivo la nostra preferenza a una delle rappresentazioni
legate alle conflittuali disposizioni sopra menzionate. Il suo attacco e in
tal senso duplice.
\ . P H 1 112-113: chi pretende di giudicare e decidere dell'anom alia si
trova o in una qualche disposizione o in nessuna. Quest’ultima altemativa
e palesemente assurda, poiche sempre e comunque siamo svegli o addor-
mentati, in moto o in quiete e cosi via. Secondo la prima ipotesi, del resto,
il presunto giudice non potra affatto essere imparziale, poiche egli, ‘con-
dizionato’ dalla propria disposizione, tendera a concedere la propria prefe­
renza alle rappresentazioni che sono a quella conformi74
2. P H I 114-117 (cfr.fr. 1126 Htilser): questa seconda obiezione appa­
re modellata sulla falsariga della tropologia di Agrippa75. Essa viene lar-
gamente utilizzata da Sesto - molto spesso in funzione anti-stoica - in tut­
to PH.
Su di un piano piu generale, occorre rilevare che la catena dilemmatica
ricostruibile in base a tale obiezione, giustamente considerata “degna di
nota per la sua complessita, per la cura con cui Sesto la articola e per l’e-
levato livello di astrazione al quale essa procede”76, costituisce una delle
piu caratteristiche armi della polemica scettica. Essa lancia infatti una sfi-
da seria e profonda contro qualsiasi tentativo ‘fondazionistico’ dei dogma­
tici77 e mira a promuovere un atteggiamento di estrema cautela epistemo-
logica, che sfoci 'naturalmonte’ nella sospensione del giudizio78. Specifi-
camente piegata alle esigenze del quarto tropo, poi, 1’argomentazione ser­
ve a rimarcare 1’impossibility di ricorrere in modo euristicamente produt-
tivo alia dimostrazione e al criterio. Essi infatti, rimandando circolarmen-
te l ’una all’altro l ’onere della propria fondazione, non consentono di tro-
vare alcuna via d ’uscita definitiva di fronte all’opposta e ugual forza delle
rappresentazioni connesse alle varie disposizioni umane.
Emidio Spinelli 41

4.5 II quinto tropo (PH 1 118-123)

Dopo aver trattato del blocco omogeneo costituito dai primi quattro tro­
pi, tutti relativi al soggetto giudicante, Sesto passa ora a esaminare il pri­
mo dei modi che hanno a che fare con l’interazione fra soggetto giudican­
te e oggetto giudicato. Una notazione di Filone (de ebr. 183) parrebbe sta-
bilire una continuita di polemica ad abundantiam rispetto al quarto tropo.
Anche ammesso che si possa dar preferenza a uno dei cinque sensi (po-
niamo: la vista), subentra la variability di condizione e la mutevolezza del-
T oggetto esterno a m iname l’attendibilita e a rendere cosi impossibile la
determinazione univoca e assoluta della pkysis di alcunche.
Il quinto tropo fonda la propria efficacia su tre diversi elementi79. Piu
esattamente si insiste sulla diversita:
- di condizioni, e correlate rappresentazioni, che si registrano a secon­
da degli intervalli, ovvero della varieta in grandezza dello spazio in-
terposto fra osservatore e oggetto osservato (PH I 118)80;
- dei luoghi, ovvero del contesto o contomo spaziale in cui una cosa
viene a trovarsi (PH I 119);
- delle posizioni, ovvero delle differenti inclinazioni angolari (epikli-
sets) sotto cui qualcosa si presenta alia nostra vista (PH I 120).
Per rafforzare la necessita della sospensione del giudizio, derivante dal
fatto che ciascuno di noi non puo mai trovarsi fuori da un intervallo o da
un luogo o da una posizione e quindi e giocoforza parte integrante della
diaphonia che rispetto a quelli si genera, l ’esposizione sestana - come gia
osservato nel caso di precedenti tropi - fa tesoro di esempi tratti da testi
e argomentazioni di parte dogmatica. Non tutti i casi invocati a sostegno
sono ugualmente appropriati e convincenti81. Alcuni di essi, tuttavia, era-
no cavalli di battaglia della lotta contro le illusioni legate alia percezione
sensibile82. Significative da questo punto di vista sono le allusioni: al por­
tico, forse con intento ironicamente anti-stoico; alia nave; al remo spez-
zato83; e soprattutto al caso, piu volte richiamato da Sesto, della torre e
delle differenti forme geometriche che essa mostra a seconda della vici-
nanza o lontananza del punto di osservazione (cfr. il caso gia vis to in PH
I 32 e inoltre A/VII 208 e 414). Il fatto che questo esempio venga lunga-
mente discus so da Lucrezio (IV 353-363) e che anche altro materiale del
quinto tropo sembra riconducibile a matrice epicurea ha fatto supporre,
legittimamente a mio avviso, che Sesto stia qui trasformando in armi del­
la polemica scettica tesi che originariamente erano state proposte da Epi­
cure e dai suoi seguaci. Essi le avevano utilizzate, come e noto, per di-
mostrare che non nelle sensazioni, di per se sempre vere, risiede l ’errore,
42 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

m a nel giudizio che noi affrettatamente aggiungiamo a quanto la perce-


zione sensibile ci offre84.
L a parte conclusiva della trattazione sestana (PH I 122-123) contiene
l ’unico tentativo giunto sino a noi - una sorta di argomento “metateoreti-
co”85 - di concludere in modo logicamente cogente (e chiaramente dipen-
dente dalla tropologia di Agrippa) aH’impossibilita di preferire qualcuna
delle rappresentazioni prodotte a seconda di luoghi, intervalli o posizioni
e reciprocamente in conflitto fra di loro. L’argomentazione di Sesto si pre-
sta in questo caso a una comoda schematizzazione:

senza dimostrazione con dimostrazione

falsa vera

REGRESS O

Il palese regresso all’infinito condanna alio scacco ogni richiamo alia


dimostrazione e raccomanda invece V epoche sulla vera natura dell’ogget­
to osservato, del quale occorre limitarsi a registrare le apparenze nella lo­
ro indirimibile diversita.

4.6 II sesto tropo (TH 1 124-128)

Il sesto tropo e ancora collocato all’intersezione fra soggetto giudican­


te e oggetto giudicato. N ell’uno e nell’altro, infatti, sussistono mescolan-
ze, rispettivamente o interne (ovvero di membrane, liquid!, effluvi di va-
Emidio Spinelli 43

pore o generic amente di sostanze peculiari e relative ai vari organi di sen­


so86) o esteme, dettate dalla differente composizione dell'aria o dell’acqua
(PH I 125). La presenza di tali mescolanze o epimigai impedisce una per-
cezione sensibile pura e assoluta degli oggetti estemi e costringe a limita-
re le proprie affermazioni al modo in cui ci appaiono le varie commistio-
ni. Questa conclusione scettica potrebbe essere superata solo se si desse un
qualche strumento affidabile tramite cui ‘filtrare’ le mescolanze e giunge-
re alia vera realta delle cose. Nonostante le pretese dogmatiche, pero, non
esiste alcun candidate, che possa efficacemente svolgere questo ruolo: non
i sensi (PH I 127, ove la polemica e verosimilmente antiepicurea) e nep-
pure l’intelletto (P H I 128)87. Quest’ultimo, infatti:
1. dipende totalmente dai sensi88;
2. indipendentemente dalla collocazione anatomica che si voglia dare
al cosiddetto egemonico89, viene a trovarsi in luoghi lisici caratterizzati
dalla mescolanza di umori diversi, che finis cono per condizioname il fun-
zionamento, se non addirittura per ottundeme del tutto le potenzialita90.
La conclusione del tropo, invitando a ll' epoche, nega come al solito che
si possa stabilire alcunche sulla physis degli oggetti estemi. Cio non im-
plica tuttavia che si debba rinunciare a dire come essi appaiono. natural-
men te non in se, ma a seconda delle mescolanze in cui vengono a trovarsi
implicati91.

4.7 II settimo tropo (PH 1 129-134)

E il primo dei tropi che insiste in modo specifico sulle condizioni del-
1'oggetto giudicato, piu esattamente sui tipi di composizione diversi che
entrano in gioco nella sua formazione. Esso non pretende tuttavia di avere
valenza universale, poiche “e gia abbastanza che il modo funzioni nel ca­
so di alcune qualita - abbastanza che esso funzioni, per dire, rispetto a co-
lori e cose simili”92.
Le argomentazioni di Sesto trovano una sostanziale unita nel richiamo
alia quantita , che costituisce il minimo comun denominatore dei diversi
esempi addotti93.
Fra questi, alcuni derivano dalla tradizione medica antecedente Sesto94.
Il richiamo al campo della medicina, del resto, diviene esplicito in PH I
133. Qui l’espressione introduttiva (“in generale”, katholou) lascia inten-
dere che secondo Sesto il lavoro di attenta mistura dei composti proprio
della farmacologia costituisce una sorta di genere comune - o in ogni ca­
so massimamente rappresentativo - di riferimento, rispetto al quale i casi
44 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

citati in PH I 129-132 altro non sono che casi specific!95. Si puo infine no-
tare come anche altri fra gli esempi menzionati da Sesto rivestano una va-
lenza medica. Essi insistono infatti sulla funzione terapeutica - o all’in-
verso apportarice di malattia - di alcune sostanze: in generale il cibo, piu
in dettaglio l ’elleboro e il vino96.
La registrazione dell’anomalia nelle rappresentazioni derivanti dai
composti presenti nell’elenco sestano, le cui propriety di base non pos-
sono essere definite in modo univoco e assoluto, mette capo a una con­
clusione che va interpretata conformemente alle cautele linguistiche piu
volte evidenziate da Sesto. In PH I 132, infatti, leggiamo che siamo au~
torizzati a dire soltanto cosa sono argento, marmo, sabbia, ecc. in senso
relativo, m a non per natura (physei), poiche il settimo tropo getta nella
confusione qualsiasi asserzione sulla reale esistenza (hyparxis , PH I 134)
degli oggetti estem i97. Mi sembra chiaro che in una simile affermazione
il valore da attribuire al verbo essere non sia quello ontologico-esisten-
ziale, m a quello fenomenologico-ostensivo, su cui Sesto insistent - non a
caso, credo - subito dopo, in PH I 13598. Alla luce di tale possibile lettu­
ra, dunque, mi pare difficile attribuire a questo tropo una funzione posi-
tivamente assertoria. Eventuali affermazioni dal colore a prim a vista
‘dogm atico’, infatti, vanno piuttosto interpretate dialetticamente, come
efficaci contro-tesi ad hominem , rispetto alle quali il coinvolgimento dei
neo-pirroniani resta n ullo".

4.8 L ’ottavo tropo (PH 1 135-140)

Come gia accennato in precedenza, questo tropo sembra assumere una


duplice funzione nel resoconto sestano: da una parte rientra nell’elenco
standard dei dieci modi, dall’altra viene chiamato a svolgere il m olo di
‘genere sommo’, cui tutti gli altri sarebbero riconducibili (cfr. supra, P H I
39, sp. sezione 3). Sesto e probabilmente l’autore di questa proposta di or-
dinamento, che per la verita non appare del tutto coerente e richiede qual­
che ipotesi esplicativa. Si puo convenire' sul fatto che Sesto appare con-
vinto di una possibile struttura comune a tutti i tropi, esprimibile in termi­
ni di relativita delle apparenze. Da questo punto di vista l ’ottavo tropo “of-
fre una descrizione generale della struttura di tutti i modi enesidemei"100.
Se questo e vero, allora ha una qualche legittimita la proposta di riformu-
lare la catena argomentativa dei dieci modi secondo il seguente schema101:
1. jc appare c relativamente a s;
2. jc appare c* relativamente a s*;
Emidio Spinelli 45

3. puo essere vero o (1) o (2), non entrambe;


4. non e possibile decidere a favore di (1) ne di (2);
5. dunque dobbiamo sospendere il giudizio sulla vera natura di x.
Al di la di queste notazioni, altri elementi nel testo paiono confermare
che nel caso dell’ottavo tropo ci troviamo di fronte a una rielaborazione e
personale inserzione sestana, che si muove ‘assemblando’ liberamente ele­
menti consolidati della tradizione pirroniana102.
Vediamo in primo luogo le considerazioni di apertura di PH I 135103.
Nel tentativo di spiegare il vero senso da attribuire alia conclusione se­
condo cui “tutte le cose sono relative” - nel duplice senso del rapporto con
il soggetto giudicante da una parte e con le cose giudicate dall’altra - Se­
sto chiama in causa un principio generalissimo del pirronismo, quello gia
ricordato del valore fenomenologico del verbo essere/emai. Questo preli-
minare caveat consente sempre e comunque, di fronte a qualsiasi voce o
asserzione scettica, u n ’automatica interscambiabilita/traducibilita fra esse­
re e sembrare, einai e dokein 104.
In secondo luogo, altre tracce di una non perfetta amalgama di que­
sti paragrafi rispetto alia restante tropologia emergono in PH I 136. Qui
Sesto sembra rinviare alia proposta di schem atizzazione avanzata in se-
de di presentazione generale dei tropi. In realta, pero, la sua descrizio-
ne presuppone una tassonom ia diversa da quella ricavabile da P H I 38-
39 e offre piuttosto elementi di analogia con il m odo della relativita di
A grippa105.
In terzo luogo, nel momento in cui Sesto decide di fomire ragioni piu
specifiche (cfr. Jo idiai iniziale in PH I 137) a sostegno della onnicom-
prensiva relativita delle cose, egli non ricorre alia consueta batteria di
esempi e casi singolari in contrasto, che invece fanno bella mostra di se in
tutti gli altri modi. La sua esposizione si dilunga invece per due paragrafi
(137-139) in sei distinte argomentazioni astratte, i cui punti di partenza
sono sempre rappresentati da categorie concettuali proprie delle scuole
dogmatiche combattute da Sesto. Comunque si voglia ordinare 1’insieme
degli oggetti esistenti, accordando la preferenza a questa o quella dottrina
filosofica, tom a a imporsi sempre e comunque la relativita, meglio l ’ap-
parenza di relativita, di tutte le cose. Gli snodi dell’argomentazione sesta­
na sono i seguenti.
1. Partendo dalla bipartizione che distingue le cose in assolute (meglio
dotate di una differenza propria, individuante) e relative106, Sesto pone il
seguente dilemma:
(a) o le cose assolute non sono diverse da quelle relative, m a allora so­
no identiche a esse, percio relative anch’esse;
46 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

(b) o esse sono diverse, ma allora per dirle tali le si deve porre in rela-
zione alle altre cose rispetto a cui si dicono diverse, percio esse an-
che sono relative.
2. Al secondo argomento e sottesa una classilicazione (forse di stampo
peripatetic o), che ordina tutte le cose secondo una scala gerarchica di ge-
neri e specie, che tuttavia possono essere intesi solo se posti in reciproca
relazione.
3. Sorte non migliore tocca alia distinzione che pone ogni cosa come o
evidente o non-evidente e che viene equiparata senza scarti a quella signi-
ficante/significato, ovvero a nozioni impensabili per se, m a che si impli-
cano reciprocamente107.
4. e 5. Pensare di dividere le cose in simili/dissimili o ugualifdisuguali
apre la strada alle medesime aporie, in quanto tutti questi concetti rientra-
no nella sfera dei relativi.
6. Lo schema argomentativo dell’ultimo ‘attacco’ di Sesto e diverso e
sembra far leva su di un caso particolare di autoconfutazione o peritropeim.
Due sono le tesi in conflitto:
(A) quella scettica, secondo cui “tutte le cose sono [=appaiono] relative”;
(B) all'opposto quella dogmatica, per cui “non tutte le cose sono rela­
tive”, e dovremmo sottintendere: “anzi, alcune sono assolute, e fra
queste c ’e anche la vostra tesi (A)”.
La contro-obiezione dogmatica verrebbe tuttavia ad autocontraddirsi,
in quanto restringendo la stessa affermazione (A) ai soli scettici, finireb-
be per ammettere che essa e relativa solo a chi la pronuncia. Si noti tutta­
via che il ragionamento sestano non appare del tutto lineare e logicamen-
te cogente109.
Infine, a definitiva conferma della peculiarity della versione sestana
dell’ottavo tropo, basta il confronto con le altre fonti. Senza ripercorrere in
dettaglio le caratteristiche dei resoconti offerti da un Filone o da un Dio­
gene Laerzio110, e sufficiente sottolineare come entrambi parlino di un al­
tro modo, che si incentra non sulla nozione di relativita, quanto sul con­
fronto o giustapposizione fra le cose (contrarie). L’ipotesi piu vero simile
per render conto di questa discrepanza e stata formulata da Jonathan Bar­
nes: “dobbiamo supporre, piuttosto, che il modo della Relativita che com­
pare in Diogene e Filone sia il modo enesidemeo; e che Sesto o la sua fon­
te rimpiazzo questo originario modo con il modo di Agrippa”111. Si ag-
giunga che forse Sesto riassume anche, in PH I 137-139, le specifiche ar-
gomentazioni addotte da Agrippa a sostegno del tropo della relativita, al
quale Sesto aveva gia assegnato una funzione egemonica nell’ideale albe-
ro delle relazioni reciproche fra i tropi112.
Emidio Spinelli 47

4.9 II nono fropo (PH 1 141-144)

Questo tropo, omesso da Filone e sulla cui esatta collocazione numeri-


ca all’intemo della lista dei modi sussistevano comunque contrast!113, e co-
struito a par tire dalle opposte rappresentazioni prodotte a seconda della
quantita di occorrenze di un determinato evento nel corso cumulativo del­
la nostra esperienza. L’attacco sestano, sostanziandosi per lo piu di teorie
prese in prestito dai dogmatici, mostra il consueto carattere dialettico e
conclude infine efficacemente alia sospensione del giudizio114. Lo schema
da esso presupposto si puo facilmente ricavare da P H I 144:

raram ente-------► impressionanti/dotate di valore


cose incontrate
abitualmente — ►non impressionanti/prive di valore115.

Gli esempi addotti da Sesto sembrano abbracciare ambiti fra loro di­
versi116.
. 1. Da una parte abbiamo infatti i casi di contrasto fra cio che appare ra-
ramente e cio che tutti i giomi e sotto i nostri occhi (rispettivamente: co-
meta e sole, in P H I 141117; oro e acqua, in PH I 143).
2. D all’altra troviamo quelli legati a eventi, in cui ci imbattiamo per la
prima volta o che all’opposto sono per noi del tutto familiari (il terremoto,
il primo ‘contatto’ con la distesa del mare o la bellezza di un corpo uma-
no: P H I 142).
Pur di raggiungere il proprio obiettivo polemico, infine, Sesto ricorre a
due ‘esperimenfi mentali’. Da una parte egli finge l’ipotesi di un sole che
diventa fonte di immediata e sicura sotpresa qualora compia le proprie fun­
zioni con la medesima rarita dell’apparizione di una cometa. D all’altra pro­
pone di invertire idealmente il valore attribuibile ad acqua e oro, pensando
a un mondo in cui essi siano, contro ogni consuetudine attuale, rispettiva­
mente rarissima e diffusissimo. Una tale strategia si inserisce coerentemen-
te nel piano polemico di Sesto, al punto da essere apertamente sffuttata an-
cbe in altre occasioni (cfr. gia P H I 34 e inoltre III 233-234). Essa riesce ai
suoi occhi a indurre alia epoche, perche crea un’efficace situazione di equi-
pollenza, di ugual forza delle tesi in lizza, indipendentemente dal fatto che
l’una si riferisca a un fatto reale, l’altra solo a una condizione ipotetica118.
48 Questioni. scettiche. Letture introduttive al pinonismo antico

4.10 II decimo tropo (PH I 145-163)

Quasi a voler indicare programmaticamente il campo di riferimento di


questo tropo, Sesto dichiara subito che esso focalizza la propria attenzio-
ne “soprattutto” (mailsto) - una precisazione che potremmo completare
aggiungendo “rispetto a tutti gli altri modi” - su questioni di etica. Per eti-
ca bisogna qui intendere, in senso ampio, “lo studio del valore in generale
e non esclusivamente del valore morale'119, che costituira oggetto di piu
approfondita disamina sia in PH III 168ss. sia nel Contro gli etici (M XI).
Al di la di qualsiasi considerazione di carattere generale su tali important!
sezioni del corpus sestano120, credo convenga concentrare qui V attenzione
sulla struttura e sul significato del decimo modo all’interno della tropolo­
gia sestana.
Prima di analizzare in dettaglio singoli punti, vale forse la pena ricor-
dare che, come e piu che negli altri modi, i molti esempi utilizzati da Se­
sto si rifanno a precedente materiale dogmatico121. Come si conviene a una
trattazione sintetica quale quella offerta nei Lineamenti - si legge espres-
samente in PH 1 163 - gli esempi addotti non esauriscono di certo il cam­
po di tutti i possibili casi di conflitto. E cio pare confermato dal fatto che
in altri punti della sua opera, Sesto richiama casi diversi, talora coinciden-
ti con quelli assemblati da Diogene Laerzio a sostegno della sua versione
del decimo tropo (che viene indieato come quinto in DL IX 83). Nono­
stante tale esplicito carattere selettivo, il raggio d ’azione dei !prestiti’ se-
stani appare particolarmente ampio. Esso spazia infatti dalle occasional!
citazioni letterarie122 alle disposizioni di legge.
La selva di esempi messa in campo da Sesto presenta una fisionomia
molto ordinata. Essa puo essere infatti ricondotta a cinque fattori, gene­
rator! di conflitti di rappresentazioni, accuratamente ricostruiti in tutti i
loro possibili incroci (ben quindici!), e dunque capaci di indurre alia epo­
che sulla reale natura degli oggetti o comportamenti presi in considera­
zione. Cosi conclude Sesto (PH I 163), dando tacitamente per scontata,
come di consueto, rim possibilita di decidere a favore di uno dei punti di
vista in lizza. Mi pare questa la spiegazione piu plausibile del carattere ef-
fettivamente ‘com presso’ della conclusione del decimo tropo. Annas e
Barnes, tuttavia, non la ritengono soddisfacente e sottopongono pertanto
a dura critica il resoconto sestano. Esso sarebbe privo, a loro avviso, di
quelle convincenti ragioni a sostegno di una conclusione scettica presen-
ti invece negli argomenti addotti da Filone. Questi ultimi, infatti, “mo-
strano che su qualsiasi questione di un determinato tipo (una questione in
cui le apparenze dipendono dal retroterra culturale o una questione in cui
Emidio Spinelli 49

gli esperti sono stati a lungo in disaccordo) lo scetticismo e la risposta


della persona ragionevole”123.
Vediamo allora di analizzare in dettaglio questi cinque fattori, su cui si
basa l’esposizione di Sesto124.
1. In primo luogo vengono ricordati gli indirizzi, ovvero le scelte di vi­
ta compiute da singoli personaggi. Sesto menziona qui filosofi dell’indiriz-
zo cinico, come ad es. Diogene, citato tre volte (in PH I 145; 150, qui con-
trapposto ad Aristippo cirenaico; e 153, ove compare anche un cenno a Cra-
tete; a un paradigma proprio deirim m aginario cinico allude evidentemente
anche il rifermento al tipo ‘faticoso’ di vita scelto da Eracle); o piu seinpli-
cemente gruppi umani, definiti per collocazione geografica, ad esempio i
Lacedemoni (citati due volte, in PH I 145 e 150, qui in opposizione agli Ita-
hci) o in base alia loro occupazione (cfr. il rinvio al tipo di azioni persegui-
te da lottatori, gladiatori, PH 1 156, e in generale atleti, PH 1 158),
2. Troviamo quindi i costumi, assimilabili in toto alia sfera della con-
suetudine o synetheia (cfr. PH I 146), che si fondano su comuni regole di
comportamento, la cui trasgressione non implica tuttavia necessariamente
una punizione o sanzione giuridica. I casi elencati nel corso delhesposi-
zione sestana hanno a che fare con peculiari abitudini sessuali (accoppia-
menti in pubblico, relazioni omosessuali o incestuose, pratica dell’adulte-
rio), ‘estetiche’ (uso di tatuaggi o vesti di una determinata foggia) o di de-
vozione familiare o ‘teologica’.
3. Terze nell’ordine abbiamo le leggi, definite come quei patti comuni
fra cittadini a pieno diritto, la cui trasgressione determina necessariamen­
te una punizione - una sanzione da codice, potremmo dire. Come gia si ac-
cennava, Sesto mostra di essere a conoscenza di norme giuridiche specifi-
che in vigore non solo presso vari popoh di stiipe greca (gli abitanti di Ro-
di, PH I 149) e non (una tribu della Scizia, PH I 149), ma anche (e forse
soprattutto) presso i Romani. Questa notazione invita a spingersi oltre sul
piano delle supposizioni125. Qualora infatti si conceda che la ricorrente
espressione para hemin possa essere interpretata nel senso di “presso di
noi (scil. Romani)”, ci troveremmo di fronte a un elemento importante a
sostegno:
a. dell’ipotesi di un ‘soggiom o’ a Roma di Sesto;
b. di un probabile terminus post quern per la cronologia sestana.
Piu volte {PH I 146, 152, 159) viene infatti ricordata la proibizione le­
gale deiradulterio, entrata ufficialmente in vigore nell’ordinamento roma-
no con la lex Iulia (I sec. a.C.). Vengono inoltre menzionate altre leggi ro-
mane sulla rinuncia al patrimonio paterno, PH 1 149, sui rapporti omoses­
suali, PH I 152, 159, e sessuali con la propria madre, PH I 152, 159, sul
50 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

matrimonio con sorelle, P H I 152. 159. sul divieto di battere un uomo li-
bero e di buona famiglia, PH I 156, e di commettere omicidio, PH 1 156.
4. Come quarto settore di possibib contrasti di rappresentazioni Sesto
analizza quello delle credenze mitiche, frutto di una radicata accettazione
di favole e invenzioni soprattutto sulle genealogie degli dei (PH I 150) e
sui loro comportamenti, spesso ‘immorali’ (tipica in tal senso la menzione
dei casi di Crono, ricordato in P H I 147 e 154, e di Eracle, P H I 157; o an­
cora l ’accenno alle caratteristiche antropomorfiche, spesso e volentieri ne­
gative, attribute alia divinita dai poeti: cfr. PH I 154, 159 e 161, con due
cenni alle !um ane’ debolezze di Zeus).
5. L’ultimo fattore preso in considerazione e quello legato alle presup-
posizioni dogmatiche (dogmatikai hypolepseis). Si tratta delle teorie filo-
sofiche in senso stretto, piu o meno sorrette dal ricorso a giustificazioni di
tipo logico, come l’mferenza per analogia o la dimostrazione. Di fronte a
Sesto si apre in questo caso I’ampia distesa delle opinioni dogmatiche sul­
la natura e il numero dei costituenti ultimi del reale (PH I 147 e 151), sul-
l’essenza e il destino dell’anima (PH I 151), sull’esistenza e sulla funzio­
ne dellaprovvidenza o pronoia (P H I 151, 155)126, sulla determinazione di
alcuni valori o disvalori127, sulla corretta rappresentazione degli dei (dei
quali alcuni dogmatici sottolineano in particolare la moralita e l ’impassibi-
lita: P H I 162) o di determinate creature fantastiche (P H I 162: l’ippocen-
tauro, di cui alcuni - forse gia Aristotele? - negano tout court l’esistenza).5

5. A m o ' di conclusione. ..

La disamina attenta del contenuto e delle strategic argomentative all’o-


pera dietro ciascuno dei dieci tropi - di lontana origine enesidemea, ma di
piu vicina, forte o addirittura originale ascendenza agrippana e forse se­
stana - sarebbe forse di per se sufficiente a sgombrare il campo, senza ul­
teriori mediazioni o conclusivi giudizi, da qualsiasi forzato accostamento
di queste privilegiate armi scettiche alle distinzioni categoriali aristoteli-
che. Dietro queste ultime, infatti, opera una dogmatica e incrollabile fede
in una forma di compiuto ‘correspondentismo ontologico’, sorretto dalla
convinzione di poter conoscere e di conseguenza ordinare oggetti e stati di
cose della realta estema grazie alio strumento ‘logico’ costituito da ‘classi
ultime’ sottratte a ogni incertezza o aporia. Questa fede non puo in alcun
modo essere esportata e imposta alia riflessione neo-pirroniana, anche se
perfino lo sforzo zetetico degli scettici sembra condividere quanto meno il
generale presupposto di un diffuso realismo filosofico. Mi sembra dunque
Emidio Spinelli 51

opportuno proporre a m o’ di conclusione le parole di Mario Dal Pra, che,


richiamandosi a consideraziom gia svolte da Charlotte Stough e cercando
di dare un senso generale alia ricostruzione dei dieci tropi (a suo avviso so-
stanzialmente enesidemei), cosi opportunamente scriveva:

Evidentemente e presente, in tutte le argomentazioni di Enesidemo, la convin-


zione che la conoscenza risulti impossibile, se essa deve consistere nella rispon-
denza delle nostre rappresentazioni ad una realta che fa da archetipo e che si ri-
tiene estema ed indipendente dalle rappresentazioni. Il fatto che tale conclusione
venga fedelmente ripetuta al termine di ognuna delle dieci argomentazioni dimo-
stra che lo scetticismo si oppone alia pretesa di raggiungere una verita che, o a ri­
guardo della varieta delle percezioni o della diversita e del contrasto delle valuta-
zioni e delle credenze, si ponga come loro definitivo superamento mediante il con-
seguimento di un archetipo estemo. Anche per Enesidemo, dunque, il realismo co­
me affermazione di una realta estema ed indipendente dalle rappresentazioni e la
ragione prima e fondamentale dello scetticismo128.
52 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

NOTE

1 Cfr. Brochard 19232, p. 259, n. 1. Se anche si prescmde dalla dottrina aristotelica delle ca­
tegorie nel suo insieme e si circoscrive Tindagine al solo opuscolo attribuito ad Aristotele e in-
titolato Categorie, non si puo non sottolineare la vastita e la ramificazione della sua influenza
sul pensiero antico e nou. Un sintetico panorama della tradizione e dell’interpretazione antica
delle Categorie si puo ricavare da Bodetis 2001, pp. XI-XL1 e passim. La letteratura sui com­
ment! antichi delle Categorie e copiosa e in costante espansione (una bibliografia aggiomata
al 1990 si trovain Sorabji 1990, pp. 485-524): si vedano, trai titoli piu recenti, Luna 2001; Bar­
nes 2003 e Thiel 2004. L’influsso delle Categorie aristoteliche sul pensiero antico si estende
d’altronde ben oltre il campo delTesegesi filosofica in senso stretto e include discipline molto
diverse tra loro, come la retorica o la teologia. Quanto alia tradizione successiva, non esiste una
storia conrplessiva della dottrina delle categorie dah’antichita al pensiero contemporaneo. Per
un primo orientamento cfr. il coutiibuto (ormai datato) di Trendelenburg 1846.
2 Per le citazioni cfr. Pappenheim 1881, p- 35.
3 Cfr. ancora ivi, p. 36.
4 Cfr. al riguardo ivi, pp. 39-40.
3 Per quest’affermazione Pappenheim rinvia a Trendelenburg 1846, p. 232.
6 Cosi Pappenheim 1881, p. 40.
7 Cosi efficacemente si esprime Frede 1987c, p. 29 (corsivo mio).
8 Prima di affrontare nel dettaglio il commento di questi paragrafi vorrei confessare un
‘debito ermeneutico’, che credo condivida qualsiasi interprete della tropologia scettica (cfr.
di recente anche Mates 1996, pp. 233-234). Nonostante il ricorso ad articoli e contributi di
altri autori, infatti, apparira evidente che sia l ’impostazione generale sia molte delle nota-
zioni specifiche presenti nelle pagine seguenti si appoggiano sulla piu completa, organica
e stimolante monografia sui modi pirroniani finora pubblicata: Anuas-Bames 1985. Ag-
giungo anzi che per alcune questioni, la cui trattazione rischierebbe di essere una mera ri-
petizione passiva e dunque di appesantire la struttura del contributo, mi limitero a riuviare
alle loro analisi e conclusioni, concentrando invece Tattenzione su quei punti che a mio av-
viso meritano ulteriore indagine e approfondimento.
9 Cfr. anche Brennan 2000, pp. 75-76, in merito a problemi testuali relativi a quest’ul-
timo esempio, per cui si veda anche Cic. Luc. 72 e 100.
10 Sul piano delle occorrenze terminologiche va segnalata la preseuza del’espressione
“da te” (hypo sou, PH 1 34), che ponebbe far pensare a un contesto apertamente dialogico.
Credo si debba inoltre concordare sul fatto che questo ipotetico ricorso a dissensi futuri e
non ancora sperimentati e si frutto della piu genuina cautela scettica (come sottolinea
Hankinson 1995, p. 30, respingendo l ’accusa che si tratti piuttosto di un “disperato espe-
dieute”), ma sembra alio stesso tempo presuppone una radicata fiducia induttivistica (cfr.
al riguardo Fluckiger 1990, p. 50).
11 Sulla funzione tecnicamente logica e probabilmente anti-stoica dei Uopi richiamano
Tattenzione Annas-Bames 1985, p. 21; sul mito filosofico da essi generato cfr. inoltre
Gaukroger 1995. Un capitolo particolarmente rilevante di tale !mito’ e probabilmente co-
stituito dall’interesse di Hegel, che attribuiva un peso fondamentale alia tropologia scetti­
ca: al rignardo cfr. ora Biscuso 2005, sp. cap. IV.
12 Cfr. iu proposito quanto Sesto scrive rispettivamente in PH 1 38 e 39: b una dichia-
razione di intend che, come spero di mostrare nel prosieguo della trattazione, non e affat-
Emidio Spinelli 53

to insincera. Si noti infine, sin d’ora come la sezione dedicata alia tropologia scettica sia
quella quantitativamente piu rilevante all’interno di PH I e come essa sia stata verosimil-
mente costruita - lo si vedra di volta in volta piu precisamente - sulla base di materiale an­
tico e unitario: su quest’ultimo punto cfr. in prima istanza Decleva Caizzi 1992a, p. 301.
13 Cfr. rispettivamente in P H I 36 l ’occorrenza deH’avverhio “abitualmente” (synethos)
e la voce verb ale paradidontai, che sottolinea appunto il carattere di trasmissione tradizio-
nale di tale patrimonio.
14 Cfr. al riguardo Hankiuson 1995, p. 121.
15 Cfr. soprattutto M V II 345, nonche Frede 1999, sp. p. 281; forti dubbi, soprattutto a
causa del silenzio mauteuuto da Fozio al riguardo, solleva tuttavia Hankinson 1995, pp.
120- 121.
16 Ricchi rinvii al riguardo in Chatzilysandros 1970.
17 “Pilastri della scepsi”, come li chiama Pappenheim 1881, p. 24; cfr. anche Striker
1983 e Roman Alcala 1996, sp. pp. 389-402. Essi non restarono tuttavia Funico strumento
critico, come mostra l ’esistenza di altri ‘modi’: i cinque e i due, con funzione ricapitolati-
va, degli scettici piu receuti (Agrippa) e ancora gli otto di Enesidemo, rivolti contro gli ‘ai-
tiologisti’ (cfr. PH I 164ss., nonche infra, n. 83).
18 Sulla peculiarita del resoconto filoniano cfr. soprattutto Janacek 1981.
19 Va ricordato che il numero dei tropi e ridotto a nove da Aristocle: Fattendibilita del­
la sua testimonianza viene difesa ora da Chiesara 2002.
20 Diverso al riguardo il giudizio di Chiesara 2003, sp. p. 116. Non va comunque esclu-
sa la possibility di un resoconto ancor piu dettagliato, forse presente nel Torso, ovvero ne­
gli iniziali libri ora perduti dell’opera piu inatura di Sesto, M VII-XI: per questa ipotesi cfr.
almeno Janacek 1963.
21 Al riguardo cfr, soprattutto Barnes 1992.
22 E questa la conclusione di Annas-Bames 1985, p. 27; cfr. anche Schrenk 1989.
23 Cfr. rispettivamente il titolo plutarcheo n° 158 nel catalogo di Lampria e Gell. NA
XI, 5, 4-5.
24 E un compito gia assolto a fondo, del resto, da Annas-Bames 1985, sp. pp. 28-30.
25 Cosi Hankinson 1995, p. 155; anche per Mates 1996, p. 233 il resoconto di Sesto
“e il piu lucido e completo”. Diversa la ricostruzione di Chiesara 2003, sp. pp. 116ss., che,
come gia si acceunava (cfr. supra, u. 19), privilegia la testimoniauza di Aristocle.
26 Significativa e la presenza di “sembra” (dokei, PH I 36), che priva di qualsiasi forza
veritativa perfino l’enunciazione e l’uso delle pih acute armi della polemica pirroniana.
27 La versio latina, T, ha infatti figuras\ non credo tuttavia occorra correggere il tradito
typous in topous, come volevano i primi editori sestani e con loro Bury, forse influenzati
dal sopracitato titolo plutarcheo e dall’uso corrente del termine in senso e ambito peripate-
tico.
28 Essi costituisconoun insieme coerente, un “tutto logico” secondo Pappenheim 1881,
p. 30; di uua loro struttura “a tiroirs” parla anche Brunschwig 1997b, p. 576.
29 Non a caso, forse, esso e introdotto all’inizio di PH I 39 da una formula (palin de),
tipica nella prosa sestana per indicare un’aggiunta proveniente da fonte o contesto diverso
da quello precedentemente menzionato: per l’esatto valore di questo artificio stilistico se­
stano cfr. Spinelli 2003.
30 Probabilmente l ’espressione “tropo della relativita” (ton pros ti tropon) “ha un rife-
rimento ambiguo: e un nome che vale sia per uno dei dieci modi sia anche per il modo piu
generale”, come suggerisce Bames 1994, p. 63.
31 Lo traggo da Annas-Bames 1985, p. 25.
54 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

32 Quest’ultimo e invece conservato da Filone (de ehr. 186-188) e soprattutto da Dio­


gene Laerzio (IX 87-88), che lo indica come quello fondato sul confronto con altre cose.
SulFintera questione seguo le conclusioni di Bames 1994, sp. pp. 60ss.
33 Cfr. PH I 39; contra cfr. tuttavia Bames 1994, p. 64. Un tentativo analogo di ordi-
namento fu compiuto da Windelband nel suo Lehrbuch der Gechichte der Philosophic, co­
me ricorda Dal Pra 19752, pp, 363-364.
34 Occorre in ogni caso riconoscere che nel far cih Sesto non mostra un’eccessiva cura
e coerenza, al puuto da produrre un risultato “artificial e e sconcertante” (Annas-Bames
1985, p. 25; cfr. anche Pappenheim 1881, pp. 44-45).
35 Per una diversa schematizzazione, che tiene conto del molo privilegiato assegnato da
Sesto al concetto di relativita cfr. Hankinson 1995, p. 156. Segnendo il suggerimento di
Striker 1983, la Chiesara ritiene possibile individuare “nei tropi due strategic argumentati­
ve: una, piu recente, fondata suiTindecidibilita; Faltra, piu antica, sulla relativita delle sen­
sazioni, nel senso che nessuna di esse e vera. Woodmff [1998 {sic!, ma: 1988}] e Bett
[2000b] attribniscono la prima a Sesto, e la seconda a Enesidemo, ipotizzando per que­
st’ultimo un’influenza platomca e attribuendogli un certo dogmatismo negativo” (Chiesara
2003, p. 123, n. 62).
36 Quest’ultima e la conclusione genuinamente pirroniana registrata sia da Sesto, sia da
Diogene Laerzio. Filone, invece, forse per imprecisione o adattando all’esposizione del Uo-
po una terminologia piu vicina al dogmatismo negativo di stampo scettico-accademico, in­
dica come risultato Vincomprensibilita o akatalepsia delle cose (in generale su questo
aspetto della testimonianza filoniana cfr. Annas-Bames 1985, pp. 46ss.).
37 Limiti e pregi di questa scelta espositiva vengono discussi da Annas-Bames 1985,
pp. 40-41. Quanto ai possibili rinvii alle argomentazioni di Eraclito cfr. rispettivamente
DK 22 B 9, 37 e 61; per unaprobabile eco protagorea cfr. inoltre un passo in Plat. Theaet.
154a; per i riflessi nel dibattito modemo e contemporaneo cfr. infine Bumyeat 1990, pp.
14-15.
38 II verbo usato, epiJogizomai, che potremmo tradurre ‘debolmente’ con “traire un’in-
ferenza”, meriterebbe un supplemento di indagine, se non altro per negare che si tratti di
una “dimostrazione piu sicura” , come vorrebbe Chatzily sandros 1970, pp. 59ss.: cfv. per-
cio Fluckiger 1990, p. 53.
39 Per opportuni rinvii cfr. Annas-Bames 1985, pp. 43-44.
40 Cfr. PH in 280-281; su questo atteggiamento terapeutico sestano cfr. almeno Voelke
1993, nonche Bailey 2002, pp. 137-142.
41 Annas-Bames 1985, p. 50.
42 Qui Sesto allude verosimilmente alle critiche specifiche che saranno dettagliatamen-
te sollevate in sede logica: cfr. PH 11 134-192.
43 Su alcune possibili contro-obieziom dogmatiche, cost come sui presnnti limiti inter-
ni alia struttura argomentativa del primo Uopo - conclusione relativist!ca piu che sospensi-
va; probabile esistenza, almeno in alcuni casi, di attendibili criteri di preferibilita fra le di­
verse rappresentazioni - cfr. Annas-Bames 1985, pp. 52-53.
44 Questo excursus sestano viene defmito “curioso” da Annas-Bames 1985, p. 47. Si
tratta in ogni caso di nn unicum, come fa notare la Decleva Caizzi, la quale insiste anche
sulla funzione paradossalmente ‘retorica’ del confronto istituito da Sesto: cfr. rispettiva­
mente Decleva Caizzi 1993, pp. 303 e 314.
45 Sul piano terminologico cfr. la presenza dei verbi “prendere in giro” e “prendersi gio-
co” (katapaizein, hapax in PH 1 62, e paizein, PH 1 63, che ricompare in PH It 211). Qnan-
to al valore delle espressioni nsate da Sesto contro i dogmatici “boriosi e pieni di se”
Emidio Spinelli 55

(tetyphomenon kai periautologounton, P H I 62) cfr. ancora Decleva Caizzi 1993, p. 306,
nn. 6 e 7. Si noti infine in PH 1 63 heuresilogo un te s: la voce verbale, che rimanda al vizio
dogmatico di “formulare ragionamenti capziosi”, ricorre solo in un’altra occasione, M X I
7, mentre il sostantivo derivato, heuresilogia, compare in PH El 9 e 84. L’anaHsi dei conte-
sti di occorrenza consente di considerare tali etichette come termini tecnici utilizzati dagli
scettici per raffigurare la capziosita logico-argomentativa degli stoici (nella fattispecie di
esponenti recenti della scuola stoica, forse addirirttura contemporanei di Sesto): cfr. al ri­
guardo soprattutto Decleva Caizzi 1993, p. 328.
46 Oltre al lavoro piu volte citato della Decleva Caizzi 1993, mi limito a rinviare a:
Neuhausen 1975; Dierauer 1977; Sorabji 1993; per la fortuna successiva si vedano almeno
Floridi 1997 e Ferrini 2002b.
47 Cfr. al riguardo l’espressione “essi dicono” in PH 1 80 e l ’esplicita dichiarazione di
PH I 85; per 1’unicita o peculiarity di alcune delle versioni attestate da Sesto rispetto ad al­
tre fonti cfr. le osservazioni di Annas-Bames 1985, p. 61. La testimonianza sestana appare
in ogni caso piu ricca di materiale rispetto a quella di Filone (un solo esempio in de ebr.
177) o Diogene Laerzio (IX 80-81), il cui numero di esempi e tuttavia difficilmente deter-
minabile, visto che il testo e probabilmente corrotto in piu di un punto.
48 Sassi 1988, p. 47.
49 II vocabolo utilizzato sottolinea il carattere ‘idiosincratico’ della composizione umo-
rale di ciascun individuo (idiosynkrasia, PH 1 79 e PH 1 81 e 89: si tratta di un terminus te-
chnicus medico); cfr. anche Caujolle-Zaslawsky 1990, sp. pp. 140-143.
50 Le citazioni sestane si appoggiano in questo caso a brani tratti da Pindaro (fr. 221
Maehler), Omero (Od. XIV 228, un verso che toma in M XI 44: per l’ipotesi che esso fa-
cesse parte di una batteria di estratti poetici sffuttata in primo luogo da Enesidemo e da lui
trasmessa a Sesto cfr. Decleva Caizzi 1996b), Euripide {Phoen. 499-500) e da un anonimo
poeta tragico (fr. 462 Kannicht-Snell).
51 Forse sulla scia degli “scettici piu recenti”? Per una possibile dipendenza da Enesi­
demo cfr. supra, n. 50; alia eventuality che Sesto abbia omesso una ‘terza via’ accennano
infine Annas-Bames 1985, p. 62.
52 Stando ai principi degli stessi dogmatici, aggiungerei: per il non coinvolgimento de­
gli scettici in un simile sistema logico-argomentativo cfr. soprattutto Aubenque 1985; per
un’interpretazione diversa cfr. tuttavia Rossitto 1981.
53 11 testo purtroppo non pare qui del tutto in ordine (cfr. ancora Annas-Bames 1985, p.
63), ma forse PH I 88-90 presenta materiale originale sestano: cfr. gia Dal Pra 19752, p.
357, n. 20.
54 Annas-Bames 1985, p. 65, i quali citano in appoggio anche un passo del de signis di
Filodemo.
55 Soprattutto all’interno della tradizione cinico-stoica: cfr. in proposito Vegetti 1989,
sp. cap. VHL
56 L’esposizione sestana appare ancora una volta ben piu ricca e variegata di quella di
Diogene Laerzio (EX 81), il quale conserva tuttavia terminologia tecnica non solo nel tes-
suto argomentativo (cfr. il cenno ai “canali percettivi”), ma anche nella conclusione, pirro-
nianamente basata sul ricorso alia vox tecnica “non piu” (ou mallon). Si noti invece che Fi­
lone omette del tutto il terzo tropo, a parte un breve cenno in de ebr. 178: cfr. al riguardo
Mansfeld 1988.
57 Per rim m agine dei sensi quali “guide” (hodegai) della dianoia cfr. anche PH I 128,
nonche infra, n. 88 e alcune osservazioni in Fine 2003, sp. pp. 360-362; e ancora PHIL 63.
58 E in buona parte poco convincenti, secondo Annas-Bames 1985, p. 69.
56 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

-‘)9 Cfr. ad es. PH 1 120 e PH II 70; per aleuni cenni sul dibattito sorto in eta antica e
modema in merito alia questione cfr, Annas-Bames 1985, pp. 69-71.
60 Cfr. anche M VII 103; la testimonianza di Macrobio (sat. VII 14, 20-23) fa supporre
che esso fosse topico gia in ambito scettico-accademico.
61 Toma il verbo epilogizomai, gia utilizzato in PH 1 40 e 87, su cui cfr. supra, n. 38.
62 Non e escluso che Sesto - con una presa di posizione originate (cfr. in proposito Dal
Pra 19752, p. 358, n. 22) - abbia qui di mira l’insanabile opposizione fra spiegazioni te-
leologiche e non-teleologiche, come suggeriscono Annas-Bames 1985, p. 75. In ogni caso
l’argomento di Sesto non mette in discussione l ’esistenza di un mondo estemo, pace Ma­
tes 1996, p. 238: cfr. anche infra, n. 128, nonche supra, cap. 1, n. 5.
63 Diatheseis, cui DL IX 82 affianca piu in generale le “variazioni” o paraUagai, mcn-
tre Filone (de ebr. } 78) preferisce pailare di “mutazioni e cambiamenti” (metabolai kai tro-
pai). Dietro l ’uso sestano e forse da intravedere una punta di originalita, come lascerebbe
supporre la precisazione “dicendo/indicando n o i...” (legonton hemon).
64 Cfr. e.g. von Staden 1989, p. 114.
65 Filone ne ricorda invece solo sette, Diogene Laerzio nove; tuttavia, come e stato op-
portunamente rilevato da Annas-Bames 1985, p. 84, Tullimo degli esempi laerziani non ap­
pare molto coerente rispetto al resto della trattazione, forse a causa di nn guasto testuale, e
inoltre anche i casi di Teone e dello schiavo di Pericle da lui addotti costituiscono un uni-
cum nella trasmissione del quaito tropo.
66 Si tratta di un vero e proprio topos, siu dal Teeteto platonico (cfr. 158d).
67 Annas-Bames 1985, p. 96, i quali richiamano anche analoghe, radicali critiche mos-
se da Dummett contro tale “cruda ipersemplificazione”.
68 Malgrado alcune malevole accuse gia reperibili in determinati testi anrichi: cfr. ad es.
Gell. NA XI, 5, 7-8 e soprattutto An. Comm. Theaet., col. LX1II, 1-40. Su tale questione cfr.
Annas-Bames 1985, pp. 96-98 e, per una disamina molto piu critica, Bames 1994.
69 Cfr. ad esempio Theaet. I58b-c, il cui intento e ovviamente ben diverso dalle con­
clusioni scettiche di Sesto; per ulteriori rinvii cfr. Mates 1996, p. 240.
70 Sulla funzione ‘euristica’ della relativita del moto cfr. le osservazioni di Russo 1996,
p. 107, n. 110.
71 Cfr. Annas-Bames 1985, p. 84; per la vicinanza degli esempi addotti a materiale di
probabile origine medico-metodica cfr. e.g. PH 1 238.
72 Cfr. ad es. le riflessioni platoniche sul coraggio contenute nel Protagora e nel Lachete.
73 Per queste tre ipotesi cfr. rispettivamente nell’ordine: von Fritz 1963, sp. col. 103;
Annas-Bames 1985, p. 85, i quali rinviaho a P H I 218-219 e M V Il 61-64; Sedley 1992, p.
26, n. 9.
74 L argomentazione, anche se bisognosa di qualche delucidazione agginntiva, tiene;
piuttosto critici sulla sua cogenza sembrano invece Annas-Bames 1985, pp. 87-88.
75 Cfr. PH 1 117, con l ’esplicito rinvio al diallele; Annas-Bames 1985, p. 89 riterreb-
bero piu appropriate un richiamo al regresso alPinfinito. Snl carattere post-enesidemo di
questa sezione cfr, anche Dal Pra 19752, p. 359, n. 23.
76 Annas-Bames 1985, p. 89.
77 Sulle cui contro-argomentazioni, storicamente ‘distese’ dalPapproccio teoretico di
Aristotele in an. post. 1, 3 a quello pratico-comportamentale di Wittgenstein in Della cer-
tezza, cfr. Annas-Barnes 1985, pp. 90-92.
78 Cfr. anche PH 1 26ss. e piu in generale infra, cap. VI.
79 Essi non sono per la verita troppo coerentemente amalgamati fra loro, in nessuna del­
le nostre fonti: cfr. in proposito Annas-Bames 1985, p. 102.
Emidio Spinelli. 51

80 DL IX 85, che appare in generale meno prcciso, oltre a indicare questo tropo come
settimo anziche quinto, parla non di “intervalli” (diastemata), ma di “distanze” {apostaseis,
variatio di apostemata che si legge anche in Aristocle).
81 Critiche fondate riguardo agli esempi delle uova, del corallo, del hncurio sollcvano
Annas-Bames 1985, p. 103.
82 Cio valeva gia in campo letterario: cfr. ad es, Euiip. lone, 585-586. Tale sembra del
resto essere restata la loro forza nel corso della successiva evoluzione del pensiero, dal Car-
tesio delle Med.ita2.i0ni fino alia filosofia contemporanea (efr, il rinvio a Austin in Annas-
Bames 1985, p. 104). Non si deve tuttavia credere che una simile battagha anti-sensistica
venisse e venga sempre e necessariamente piegata a esiti scetticcheggianti: a puro titolo di
esempio cfr. al riguardo Plat. resp. 602c-d e Phil. 38c-e; o Plot. enn. 11 8; ulteriori rinvii in
Mates 1996, p. 242.
83 Va tuttavia segnalato che tale aporia aveva trovato felice soluzione nell’ambito della
scienza ottica antica, tramite il ricorso alle leggi della rifrazione: cfr. Annas-Bames 1985,
p. 107 e piu in generale Russo 1996, pp. 79-86. Esse sembrano ignorate dalla polemica
neo-pirroniana, forse disposta ad attaccare —soprattutto nella sua versione enesidemea -
non tanto le singole teorie scientifiche specialistiche, qnanto piuttosto, in generale, i fon-
damenti stessi di qualsiasi tentativo di spiegazione causale: cfr. al riguardo PH 1 180-186 e
piu in generale infra, cap. IV.
84 Cfr. al riguardo Annas-Bames 1985, pp. 104-106.
85 Cosi Mates 1996, p. 241; cfr. anche Bailey 2002, pp. 132-133.
86 In PH 1 126 Sesto tratta di vista e udito (omesso, a ragione secondo Annas-Bames
1985, p. 114, da Filone nella sua trattazione in de ebr. 190); in PH 1 127 di gusto e olfatto,
lasciando da parte il solo tatto.
87 Per alcune possibili contro-argomentazioni dogmatiche cfr. Annas-Bames 1985, p. 117.
88 Toma qui T immagine delle “guide” e quindi l’allusione a una sorta di ‘empirismo
della mente’ largamente condiviso a partire da Democrito - cfr. ad es. DK 68 B 125 - fino
alle scuole ellenistiche sistematicamente attaecateda Sesto, con Tunica probabile eccezio-
ne delle correnti platoniche: cfr. in proposito PH 1 99, con le utili notazioni in Annas-Bar-
nes 1985, pp. 116-117.
89 Nel cuore 0 nel cervello, tesi entrambe sostenute da un materialismo di fondo e co­
munque condannate a una diaphonia altrove ricordata e discussa da Sesto: cfr. M VII 349,
nonche 313.
90 E quanto potevano ad esempio pensare filosofi di ascendenza platonica e forse an­
che pitagorica (cfr. al rignardo Filolao, DK 44 B 14?), pronti per questo a celebrare la mor-
te, sulla scorta ad esempio del Fedone e del Gorgia, come momento positive di vera libe-
razionc delle genuine forze intellettive delTuomo dalla prigionia delTelemento corporeo.
91 Annas-Bames 1985, pp, 114-115 paiono molto critici nei confronti di questo risulta­
to, che a loro avviso aprirebbe la strada “verso uno scetticismo piu profondo di qualsiasi
altro finora raggiunto”, difficilmente armonizzabile, sul piano della struttura argomentati-
va, con gli altri tropi. Per una valutazione piu positiva, che rinvia anche alle posizioni
espresse da Ryle 1949, cfr. Mates 1996, pp. 243-244.
92 Annas-Bames 1985, p. 126.
93 Strana e difficilmente spiegabile, dunque, appare la nuda menzione, priva di ulterio­
ri indicazioni, della qualita nelle versioni di Filone (de ebr. 185) e Diogene Laerzio (IX 86:
il tropo e qui indie ato come ottavo anziche settimo). Per Tipotesi che essa fosse parte inte-
grante delToriginaria formulazione enesidemea del tropo cfr. Annas-Bames 1985, p. 123 e
ora soprattutto Chiesara 2003, p. 12L
58 Questioni. scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

94 Si veda in PH I 129. con ripresa in PH 1 132, la citazione della raspatura di como


caprino e della limatura d’argento, entrambi ntilizzati da Asclepiade di Bitinia, e il riferi-
mento all’argento, sfruttato ancora prima dal ‘presocratico’ Trasialce: cfr. rispettivamente
la testimonianza conservata nel tvattato Sulle malattie acute di Celio Auiehano: 1 106, p. 66
Drabkin (=p. 82 Bendz); e POxy. 3659, 4-8. Piu in generale, sulla dipendenza della tropo­
logia enesidemea da materiale e argomenti in uso negli ambienti medici (in particolare ales-
sandrini), cfr. Mills Patrick 1929, sp. pp. 226-227.
93 Si tratta di un ulteriore elemento a favore dell'unita e della coerenza della trattazio-
ne sestana, messa invece in discussione da Annas-Bames 1985, pp. 121-122.
96 Anche 1’analisi delle opposte proprieta del vino trova dei riscontri nella tradizione fi­
losofica precedente: Annas-Bames 1985, pp. 120-121 rinvlano in proposito al Simposio di
Epicuro (per cui cfr. Pint. adv. Col. 1109f-l 110a), le cui conclusioni suonano tuttavia pie-
namente relativistiche, piuttosto cbe scettiche; sempte nella direzione del relativismo si
muovera molto pin tardi anche Locke, il cni esempio si sofferma pero sulle mandorle e non
sul vino: cfr. Saggio sull’intelletto umano, II, VII, 20, citato e discusso ancora in Annas-
Bames 1985, pp. 126-127.
97 Snl probabile parallelismo fra questa conclusione sestana e 1’ottavo tropo nell’elen-
co di Aristocle insiste Chiesara 2003, p. 121.
98 Cfr. anche Mates 1996, pp. 244-245. Per una diversa spiegazione optano Annas-Bar-
nes 1985, p. 124, che vedono nel settimo tropo nn attacco “non su questioni ordinarie ma
su cio che dovremmo descrivere come affermazioni scientifiche riguardo alia natura delle
cose” .
99 Cfr. sn questa linea Mates 1996, 244-245; per una spiegazione diversa cfr. ancora
Annas-Bames 1985, p. 127.
100 Annas-Bames 1985, p. 144.
101 Cfr. in tal senso Hankinson 1995, p. 156.
102 A nna completa derivazione delkottavo tropo di Sesto da Agrippa pensa invece Bar­
nes 1994.
103 Cfr. anche PH I 198; 200 e M X I 18-19; si veda inoltre Brennan 2000, pp. 77ss. Piu
in generale sulle phonal e sulla ‘filosofia del linguaggio’ scettiche cfr. infra, cap. V.
104 Cfr. in proposito Spinelli 1995, sp. pp. 164-166; di diverso avviso Bett 1997, pp. 58-
59.
105 Per cui cfr. PH I 167, in cui compare infatti un corretto rinvio intemo: “come abbia­
mo gia detto”, scil. proprio in P H I 135-136; sulla questione cfr. Annas-Bames 1985, p. 142.
106 Tale bipartizione e accolta a quanto pare - forse dtsserendi causal - anche dagli
scettici: cfr. M VIII 161-163; cfr. anche M X 263. Sull’ambiguita dell’espressione che rin-
via alle cose relative (tapros ti), a partire gia da Aristotele, insiste Mates 1996, pp. 245-248.
107 Si noti in quest’ambito il richiamo esplicito, ma anonimo a un noto ‘adagio’ anas-
sagoreo (DK 59 B 21a): “le cose manifeste sono uno sguardo gettato verso le cose non-evi-
denti” (opsis ton adelon fa phainomena, su cui cfr. anche MV1I 140); si tratta in ogni ca­
so di una distinzione che era particolarmente sfruttata tanto in ambito medico-razionalisti-
co quanto dagli stoici.
108 p er una prima analisi della presenza di tale argomento per contraddizione nella
storia del pensiero antico cfr. Bumyeat 1976a e 1976b; utili osservazioni anche in Harte-
Lane 1999; su Sesto in particolare cfr. invece Janacek 1972, pp. 123-129 e soprattutto Ca-
stagnoli 2000.
109 Annas-Bames 1985, p. 141 lo considerano anzi apertamente fallace, in quanto (B)
non e tale da implicare (A), I’nnica relazione logica che renderebbe valida la peritrope.
Emidio Spinelli 59

110 Cfr. al riguardo Annas-Bames 1985, sp. pp. 131-138 e per un utile resume dei di­
versi tipi di relativita individuati da questi studiosi (epistemologica in Filone; ontologica in
Diogene Laerzio; semantica in Sesto) cfr. ora Chiesara 2003, p. 122, n. 59.
111 Bames 1994, p. 62.
112 Appare comunque innegabile che il risnltato di questo complesso lavoro di cucitu-
ra e scar to finisca con il produrre “una costruzione disordinata e sciatta interferendo con gli
original! dieci modi enesidemei” (Bames 1994, p. 67).
113 Cfr. DL IX 87, con la fine analisi di Mansfeld 1987.
114 Cfr. Mates 1996, pp. 249-250; contra Annas-Bames 1985, pp. 148-149.
115 Si tratta di caratteristiche che pin di ogni altra suscitano discordia di rappresenta­
zioni, come si puo ricavare anche da testi di retorica: cfr. e.g. ad Her. m , XXII, 36, cui op-
portnnamente rinviano Annas-Bames 1985, p. 148, i quali individuano anche altre pro-
piieta, chiamate in causa ades. da Democrito in DK 68 B 231 e 241.
116 Fino al punto di confonderh, secondo Annas-Bames 1985, p. 147, che per questo ac-
cordano 1a loro preferenza alTesposizione piu breve, ma piu accurata di Diogene Laerzio.
117 Si noti tuttavia, in merito alfosservazione sestana relariva al sole e alia maggiore
sorpresa che esso sarebbe in grado di generate, che in P H I 141 l’espressione “di certo” (de-
pou) sembra tradire una qualche forma di certezza epistemica e dunqne avere una carica
dogmatica non ortodossamente pirroniana; nulla esclude, comunque, che tale affermazione
altro non sia che l’ennesimo prestito dogmatico cui Sesto ricoire solo disserendi causa.
118 Secondo Annas-Bames 1985, pp. 149-150, invece, proprio questa diversita degh sta-
ti di riferimento delle opinioni in contrasto, una delle quali si fonda sulla mera possibility,
renderebbe debole, forse addirittura infondato il ricorso sestano agli ‘esperimenti men tali’.
119 Annas-Bames 1985, p. 157.
120 per patteggiamento di Sesto nei confronti del problema dell’agire, soprattutto cosi
come emerge da M X I, rinvio alle considerazioni di piu ampio respiro svolte iu Spinelli
1995, nonche infra, cap. VI, con ulteriore bibliografia; cfr. anche Bett 1997.
121 Confesso tuttavia di non trovare ragioni a sostegno della radicale asserzione di An­
nas-Bames 1985, p. 158, secondo cui “e difficile evitare il sospetto che egli trovi gusto uel
carattere oltraggioso di alcune delle nozioni che riporta”; per raggiungere Vepoche e infat­
ti sufficiente un conflitto fra rappresentaziorri, di qualsivogha tipo esse siano, e dunque non
necessariamente oltraggiose o fonte di ‘shock’.
122 Cfr. ad es. da Omero: II. XXH 201, P H I 150; Od. X X II423, PH I 157; II. X V I459,
P H I 162.
123 Annas-Bames 1985, p. 163; cfr. anche ivi, p. 160.
124 Cosi come quella di Diogene Laerzio; diverso lo schema adottato da Filone, che
omette le credenze mitiche - per una plausibile spiegazione di tale silenzio cfr. Annas-Bar-
nes 1985, 156 - e sembra quasi dividere in due la propria trattazione, occupandosi prima
sommariamente di indirizzi, costumi e leggi (de ebr. 193-197) e dedicando quindi molta
piu attenzione all’analisi dei discordanti dogmi proposti “da coloro che sono chiamati filo-
soii” (ivi, 198-202).
125 Piu in generale cfr. al riguardo House 1980.
126 Qui viene esplicitamente ricordato Fatteggiamento sostanzialmente anti-provvi-
denziahstico della teologia di Epicuro; si noti inoltre che il cenno alia pronoia e furrico
esempio per cui la trattazione di Sesto coincide con quella sia di DL IX 84, sia di Filone,
de ebr. 199.
127 In PH I 155 il turpe, con citazione dell’indifterenza erica aneddoticamente ricono-
sciuta ad Aristippo: cfr. SSR IV A 32; in PH 1 158 la fama, da alcuni filosofi - verosimil-
60 Questioni scettiche. Letture introduttive at. pirronismo antico

mente cinici —esclusa dal novero dei beni; in PH I 160 l’incesto, esplicitamente approva-
to da Crisippo, sulle cui non certo convenzionali tesi in materia di relazioni sessuali Sesto
insiste in piu occasioni: cfr. ad es. PH HI 243ss.; M X l I89ss.

& B'
128 Dal Pra 19752, p. 365. Sulla quest!one relativa alia conispondenza fra il modo
cui le cose ci appaiono e la loro genuina costituzione ontologica cfr. almeno le notazioni
Fliickiger 1990, p. 14; piu in generale, in merito al problema del pieno realismo presuppo-
sto anche dalla posizione scettica, oltre alTanalisi della Stough ricordata nel testo (cfr.
Stough 1969); rinvio anche a: Preti 1974; Dal Pra 1975^, sp. pp. 535ss.; Dal Pra 1981;
Burnyeat 1982a; Everson 1991; Hankinson 1995, sp. pp. 301-303. Per un approccio diver-
so —direi quasi opposto, ma non accettabile —cfr. ora Vogt 1998, sp. cap. 2 e soprattutto
Fine 2003; cfr inline le notazioni di Chiesara 2003, sp. p. 124.
Ringrazio Riccardo Chiaradonna e Anna Maria Ioppolo, che, dopo aver letto nna pri-
ma versione di questo contributo, mi hanno fornito utili indicazioni e suggerimenti.
C apito lo terzo
INDUZIONE E DEFINIZIONE: CONTRO LA LOGICA DOGMATICA

1. Per affrontare in raodo adeguato il tema di questo capitolo il testo as-


solutamente privilegiato e ancora una volta tratto dai Lineamenti Pirro-
niani di Sesto Empirico. Si tratta per l ’esattezza di alcuni paragrafi del se~
condo libro, che presenta, anche a uno sguardo superficiale, una struttura
estremamente coerente. Dopo alcuni paragrafi iniziali volti a giustificare
in generale la possibility stessa della ricerca da parte degli scettici1, in que­
sto libro Sesto attacca nelPordine le nozioni dogmatiche (soprattutto - ma
non solamente - stoiche) di criterio, di vero e verita, di segno, di dimo-
strazione, di sillogismo. E a questo punto, in PH II 204, che viene inseri-
ta una menzione, polemica ma purtroppo assolutamente fuggevole, del
procedimento induttivo, mentre i successivi §§ 205-212 vengono dedicati
alia trattazione, in alcuni punti quasi ironicamente mordace, dello stru-
mento logico della definizione. Queste sezioni dei Lineamenti pirroniani,
per la verita poco studiate dalla critica sestana, credo meritino invece di es-
sere indagate a fondo e commentate in modo analitico. alio scopo di cer-
care risposte convincenti almeno a due dei problemi interpretativi che es­
se sollevano.
A. Il primo spinge innanzi tutto a ricostruire la struttura e rattendibilita
delle obiezioni sestane (anche in rapporto alia funzione filosofica che gli
autori da lui presi di mira riconoscono alle categorie logiche in questione),
B. Il secondo, che e anche il piu ovvio per chiunque decida di investi-
re tempo e dottrina sugli scritti di Sesto, ha sapore ‘dossografico’ e impo-
ne quanto meno il tentativo di individuare le fonti del resoconto sestano,
se e fin dove possibile attraverso un confronto critic o con altri testimoni,
coevi e non, anch’essi impegnati a trasmettere e sistemare cognizioni lo­
giche di provenienza piu antica2.

2. Cominciamo dunque, dal sintetico, m a densissimo passo conservato


in PH II 204 e ricostruiamone brevemente i contenuti. La sua struttura ar-
gomentativa e semplice e lineare, Senza citare i suoi avversaii (celati die-
tro un anonimo “vogliono ’’Iboulontai), Sesto inizia con l’attribuire loro la
seguente definizione: l'induzione e quel procedimento in virtu del quale si
vuole dare fiducia e plausibilita3 aH’universale prendendo le mosse dai
particolari. Su questa base di partenza si innesta l’obiezione di Sesto, che
rispetta una consolidata struttura dilemmatica, cui egli ricorre costante-
62 Questioni scettiche. Letture introduttive alpirronismo antico

mente in funzione antidogmatica. Chi accetta quella definizione, infatti,


dovra concedere di esser giunto a stabilire 1’universale:
(a) o dopo aver percorso tutti i particolari;
(b) o dopo aveme esaminati solo alcuni.
Se vale (b), tuttavia, l’induzione non potra vantare alcuna solida base,
sara nel linguaggio di Sesto “priva di saldezza” (abebaios), dal momento
che fra i casi non presi in considerazione potrebbe pur sempre nasconder-
si un possibile contro-esempio, capace di vanificare la pretesa forza onni-
comprensiva dell’universale4.
Accogliere (a), del resto; equivale a condannarsi a una sorta di ‘fatica
di Sisifo’5, poiche risulta impossibile abbracciare assolutamente tutti i ca­
si particolari, visto il loro carattere numericamente infinito6. D all’imper-
corribilita di entrambe le alternative sembra conseguire in modo quasi au-
tom atico e neutro, come attesta anche Fuso dell’im personate
“capita’Isymbainei, la mancata saldezza dell’induzione, il suo vacillare7.
Fin qui il tessuto dell’argomentazione di Sesto, che conviene subito va-
lutare sia nella sua portata storica, cercando di individuare il reale bersa-
glio della sua polemica, sia nel suo piu ampio significato teorico.
Da quest'ultimo punto di vista, al di la delle consonanze - in verita dif-
ficilmente attribuibih a un influsso diretto - che alcuni critici hanno volu-
to individuare con filosofi moderni8, il confronto piu produttivo appare
senz’altro quello con la critica al metodo induttivo sviluppata da Hume. Si
tratta di un accostamento gia proposto ed esaminato a fondo da Eike von
Savigny, attraverso un confronto critico fra testi sestani e passi humeani,
che non e qui il caso di riproporre in dettagho. Mi limitero dunque a cita-
re il suo giudizio conclusivo, che suona a tutto vantaggio del filosofo pir-
roniano e delle sue obiezioni, di cui von Savigny sottolinea opportuna-
mente il carattere radicale e privo di compromessi: “V argomentazione
complessiva di Hume contro la possibility di raggiungere una conoscenza
sicura su stati di cose non sperimentati gia si trova anticipata in Sesto mil-
le e cinquecento anni prim a”9. A l di la di possibili influssi diretti della cri­
tica sestana sulle argomentazioni di Hume10, quello che preme rilevare e
nell’ordine:
a. non tanto un presunto ‘primato cronologico’ da attribuire a Sesto11,
quanto piuttosto il fatto che, stando alle nostre testimonianze, egli sia l’u-
nico autore che ci ha trasmesso un’argomentazione anti-induttiva formal-
mente strutturata, benche estremamente compressa;
b. la legittimita teorica di tale attacco pirroniano contro un metodo di
conoscenza dell’universale, che pretende di coglierlo attraverso la colle-
zione sistematica dei singoli casi. L’obiezione di Sesto, infatti, conserva il
Emidio SpinelU 63

suo peso nei confronti di qualsiasi forma di induzione che non possa dirsi
perfetta12, ovvero contro ogni procedimento di implicazione induttiva che
non sappia tenere sotto rigoroso controllo tutti i dati sussunti sotto 1’uni­
versale, senza alcuna possibile eccezione13.
Se decidiamo a questo punto di spostare l’indagine sul piano storico e
cerchiamo di stabilire con chi Sesto stia polemizzando in PH II 204, il no­
stro compito appare piu arduo.
Guardando alia struttura complessiva di queste sezioni del secondo li-
bro dei Lineamenti pirroniani, potremmo essere indotti a formulare una
prima ipotesi. In PH II 213, infatti, appoggiandosi sull’autorita di “alcuni
fra i dogmatici”, che avevano considerato la dialettica “scienza sillogisti-
ca, induttiva, definitoria, divisoria”, Sesto sembra voler ricondurre anche
la propria trattazione sotto il medesimo schema. Egli ammette infatti di
aver gia trattato di sillogismi (cfr. PHIL 193-203), di induzione (PH I I 204,
appunto) e di defmizioni (PH II 205-212, come vedremo subito) e di ac-
cingersi ora a esaminare brevemente anche l’ultima sezione della dialetti­
ca: quella sulla divisione (PH II 213-228). Questa sorta di ‘indice temati-
co’ corrisponde - a parte l’ordine inverso: divisione, definizione, induzio­
ne, sillogismo ~ alia partizione della dialettica offerta nel Didaskalikos di
Alcinoo14. Si potrebbe dunque supporre che oltre alia forma estema della
divisione Sesto possa aver fatto tesoro anche di alcuni element! contenuti-
stici del manuale di Alcinoo. A1 di la dell’o w ia constatazione secondo cui
una simile supposizione andrebbe di volta in volta verificata rispetto agli
argomenti presenti nei singoli ‘capitoli’ sestani, mi sembra verosimile
escludere tale dipendenza almeno nel caso della induzione o epagoge. Se
infatti mettiamo a confronto PHIL 204 e il passo del Didaskalikos (v. 157,
44-158, 4 H .-p. 10 Whittaker) in cui Isinduzione viene identificata con
“qualsiasi procedimento che, per mezzo di ragionamenti, va o dal simile al
simile o dai particolari alTuniversale; e Isinduzione si rivela utilissima per
mettere in moto le nozioni natural!”, tale coufronto induce a una certa cau-
tela, anzi forse a un ragionevole sospetto. Solo una delle due accezioni del
metodo induttivo, per l ’esattezza quella che implica “un avanzamento nel
pensiero”15, in una direzione che va dal particolare all’universale, infatti, e
oggetto di attenzione da parte di Sesto. L’altra, quella che presuppone
“raddurre casi particolari”16, sempre con lo sguardo rivolto a cio che e
universale, sembra essere invece ignorata17. La polemica sestana passa
inoltre del tutto sotto silenzio la spiegazione offerta da Alcinoo a giustifi-
cazione dell’utilita del procedimento induttivo, quel caratteristico pout-
pourri - figlio di un consapevole ‘sincretismo mediopiatonico' - che me-
scola un concetto aristotelico (epagoge, appunto) a un verbo di chiara
64 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

ascendenza platonica (“metter in moto”, anakinein: cfr. Men. 85b). il cui


oggetto, le “nozioni naturali” o physikai ennoiai, viene espresso mediante
uno dei piu noti termini tecnici del pensiero stoico18.
Considerazioni analoghe possono essere fatte valere anche nel caso di
un altro testo legato con ogni verosimiglianza a classificazioni originatesi
in ambito medioplatonico e volte a riconoscere a Platone “un uso metodi-
co intensivo dell ’epagoge”19. Mi riferisco a un passo della Vita di Platone
di Diogene Laerzio (III 53): la fonte laerziana20 nega anch’essa esplicita-
mente che 1’induzione abbia un solo senso e gliene attribuisce - come A l­
cinoo - due. Subito dopo, pero, in modo per la verita alquanto ingarbu-
gliato e problematico, le due accezioni sembrano confluire in una defini-
zione unica, che dovrebbe abbracciarle entrambe: “1’induzione e infatti un
ragionamento che per mezzo di alcune cose vere conclude in modo appro­
priate al vero che e simile a esse”21. Ne la veste terminologica, ne gli ele-
menti concettuali di spicco di questa definizione (l’accenno alia verita dei
punti di partenza e di quello di arrivo dell’induzione, cost come quello al
“simile”) sembrano aver nulla a che fare con il resoconto di Sesto. Egli, del
resto, non accenna neppure ad altre possibili e sottili suddivisioni, lunga-
mente discus se invece nel testo laerziano, che parla di due usi del logos in­
duttivo, rispettivamente per la confutazione e per la dimostrazione, e poi
suddivide quest’ultimo in un’applicazione retorica e in una dialettica. L’u-
nico, labile e per nulla cogente elemento di affinita compare proprio apro-
posito delT accezione dialettica della epagoge, definita in Diogene Laerzio
(III 55) come lo stabilimento dell’universale per mezzo dei particolari:
“Laltro (processo) e proprio della dialettica e per mezzo di esso si dimo-
stra l ’universale con i particolari” ; e ancora, poco piu avanti: “e la stessa
proposizione universale e stabilita da alcune proposizioni particolari”; ve-
ramente poco, per arrivare a postulare una fonte comune e una trattazione
parallela Sesto/Diogene.
Scartata questa prim a ipotesi di una provenienza medioplatonica della
tesi sulla epagoge attaccata da Sesto, se ne potrebbe avanzare una secon-
da, fondata sulla sensazione - tutta da verificare, pero - che la formula-
zione sestana di PH II 204 sia insieme generica e unica nella sua artico-
lazione concettuale. Pur senza concedere una dipendenza diretta dalla
trattazione di Alcinoo, si potrebbe allora ipotizzare che essa servisse a co-
prire entrambi i sensi di epagoge esplicitamente citati nel Didaskalikos.
Se questo fosse vero e se potesse essere effettivamente attrihuita a Sesto
una piu o meno consapevole fusione fra metodo di somiglianza e - per
dirla con Ross - ‘metodo di avanzamento5, si aprirebbe la strada a una se-
conda ipotesi, il cui unico punto di appoggio, pero, sarebbe legato alia na-
Emidio SpineLLi 65

tura delle critiche sestane. Su questo piano, un confronto con alcuni pas-
si del De signis di Filodemo22 potrebbe autorizzare a credere che coloro
che vogliono “render credibile” Funiversale facendo leva sui particolari,
ow ero attraverso un’inferenza induttiva a base empirica, siano filosofi
epicurei. Contro di loro Sesto riassumerebbe - e sintetizzerebbe a modo
suo - obiezioni di derivazione stoica, che miravano a difendere un con­
cetto di implicazione logicamente necessaria e dunque assolutainente co-
gente. Nel resoconto filodemeo tali critiche suonavano cost: “quando noi
procediamo per somiglianza, percio, il processo si rivelera senz’altro in-
finito, dal momento che non ci e chiaro se una cosa e tale in quanto (qua)
tale, con il risultato che l ’inferenza e incompleta” (de signis , VI, 36-VII,
3); e ancora: “ed egli [scil. Dionisio di Cirene] dice che l ’aggiunta e vuo-
ta, che qualora nulla sia in conflitto, allora dovremmo far uso del metodo
per somiglianza. Come sara possibile, infatti, stabilire che nulla e in con­
flitto, ne fra le cose che appaiono ne fra le cose precedentemente dimo-
strate?” (de signis, VII, 38-VIII, 7)23. Benche una delle piu proficue chia-
vi di lettura delle argomentazioni sestane sia quella che contempla la pos­
sibility di interpretarle come una consapevole e camaleontica utilizzazio-
ne delle tesi di una scuola dogmatica contro quelle di u n ’altra, non credo
che le obiezioni contenute in PH II 204 alludano ad alcuna positiva dife-
sa di metodologie logiche necessarie. Ne tanto meno credo che la defini-
zione del procedimento induttivo possa nascondere un'allusione alia tesi
epicurea secondo cui “la somiglianza fra due soggetti e cost forte che di-
venta ‘inconcepibile’ che un predicato essenziale dell'uno non debba ap-
partenere a ir altro”24.
Ricapitolando, mi sembra legittimo affermare che nessuna delle due
ipotesi appena discusse, nonostante alcuni (deboli) element] di verosimi-
glianza, colga in pieno i punti di riferimento storici e teorici del richiamo
sestano alia epagoge e il senso esatto delle critiche che egli avanza. Ecco
perche ritengo necessario esplorare una terza possibility, che poi si rivela
la piu semplice, la piu immediata e quella che piu armonicamente si inse-
risce nel tessuto complessivo del paragrafi che stiamo esaminando.
Cominciamo dalla definizione attaccata da Sesto. E ragionevole pensa-
re che essa non faccia altro che echeggiare - mediatamente, come vedre-
mo subito - la nota tesi aristotelica espressa nei Topici (I, 12, 105al3-14):
“induzione d ’altra parte e la via che dagli oggetti singoli porta all’univer-
sale”. Cio che consente di parlare legittimainente di eco mediata, piu che
di lettura diretta e fedele riproduzione del dettato aristotelico, e il con­
fronto con un pas so del Commento ai Topici di Alessandro di Afrodisia
(CAGII, 2, 85-87), che presenta piu di una corrispondenza con PHTl 204.
66 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antic.o

Alessandro, infatti, subito dopo aver parafrasato la sopracitata formula


di Aristotele f'cfr. 86, 9-10), inserisce una breve, m a significativa notazione
polemica. Egli ritiene (ivi, 10-13) che non parlino correttamente coloro che
assimilano la epagoge a “un discorso che va dal simile al simile". L’indu-
zione in senso proprio, infatti, ha come funzione quella di mostrare 1’uni­
versale, che non puo essere equiparato a cio a partire da cui esso viene col-
to25. La transizione dal simile al simile, invece, lungi dal rappresentare
un’altra accezione del metodo induttivo, potrebbe essere piuttosto intesa
come equivalente all’esempio (to paradeigma )26. Questa breve precisazio-
ne critica, molto verosimilmente diretta contro troppo ‘eclettiche5 dottrine
medioplatoniche quali quelle precedentemente menzionate di Alcinoo e
della fonte di Diogene Laerzio (III 53ss.), consente ad Alessandro di Afro-
disia di restringere il senso di epagoge mediante la seguente defmizione:
“il discorso che mostra e rende credibile runiversale per mezzo dei parti-
colari, questo, infatti, e induzione” (86, 13-15). Al di la della notazione che
Alessandro e l ’unico, fra le fond in lingua greca a nostra disposizione, a ri-
correre al verbo pistousthai11, significativo mi pare il fatto che sia la restri-
zione di ambito del metodo induttivo, sia il ricorso alia voce verbale pi-
stousthai si ritrovino in PHIL 204. Esso sembra anzi presentare un ulterio-
re elemento di ‘vicinanza’ rispetto al Commento, le cui argomentazioni
vanno dunque analizzate ancora piu attentamente. Dopo aver accennato al-
le figure che nei Topici venivano addotte quali esempi di eccellenti cono-
scitori delLuniversale via induzione28, Alessandro nel suo Commento ri-
corda (86, 19-24) la differenza - gia chiaramente enunciata nel testo ari-
stotelico29 e che egli interpreta “sul piano deirutile” - fra sillogismo (do-
tato di necessita, cogenza e maggiore efficacia contro gli amanti del con-
traddire: cfr. 87, Is.) e induzione, dotata invece di maggior forza persuasi-
va e chiarezza, in virtu del suo fondarsi sulle particolari cose sensibih, co-
muni e note a tutti. Cio gli permette di ribadire (cfr. ivi, 24ss.) che la epa­
goge, avendo a che fare con cio che e probabile (to pithanon ) e non certo
con cio che e necessario (to anagkaion), si rivelapiu debole del sillogismo,
non essendo in grado di percorrere tutti i casi particolari a causa del loro
numero infinito, del loro essere adiexiteta (ivi, 27-28). Al di la delle suc­
cessive osservazioni critiche di Alessandro sui limiti della epagoge, che si
muovono su di un terreno diverso30, va notato che il richiamo alLimpossi-
bilita di esaminare per via induttiva tutti gli infiniti casi particolari costi-
tuisce il punto di forza anche del primo como dell’attacco dilemmatico lau­
d a to da Sesto. Certo, una tale consonanza non puo oscurare la profonda
differenza dei contesti in cui la critica compare, ne la diversa funzione che
essa viene chiamata a svolgere. Mentre Alessandro di Affodisia si propone
Emidio Spinelli 67

unicamente di restringere 1’ambito di validita della epagoge alia sfera del­


la persuasivita (del tutto accettabile nella sua prospettiva filosofica, anche
se priva della forza necessitante propria della dimostrazione sillogistica),
Sesto mira dal canto suo a negarle qualsiasi valenza o funzione positiva.
Se teniamo presente un simile intento, inoltre, possiamo forse dare al
nostro passo una piu armonica collocazione all’intemo del piano compo-
sitivo generate del secondo libro dei Lineamenti pirroniani. Bisogna infat­
ti ricordare che fin da PH II 195-197 “Sesto [...] volge la sua attenzione
alia logica peripatetica”31 e, prendendo in esame i presunti sillogismi ana-
podittici aristotelici, li accusa di cadere in una petitio principii o - piu tec-
nicamente - sotto gli inevitabili colpi del tropo del diallele, poiche in essi
si pretende di dedurre sillogisticamente conclusioni particolari a partire da
una premessa universale che, in realta, a sua volta si basa sulla collezione
di casi particolari via inductionis32. Mostrata cosi l’infondatezza degli ana-
podittici di provenienza peripatetica (e a seguire, per scrupolo di comple-
tezza, anche di queili stoici: cfr. PH 11 198-203), e verosimile supporxe che
Sesto senta la necessita di completare il proprio attacco anti-peripatetico.
Ecco dunque spiegata la presenza e il significato di PH II 204, che pub es­
sere considerato come una coda o ripresa di tale ‘attenzione polemica’33,
volta in questa occasione a demolire quel procedimento induttivo che Ari-
stotele stesso aveva presentato come condizione necessaria per conoscere
i primi principi (ta prota)34.
Che nel redigere questa ‘coda polemica’ Sesto possa essersi servito di
materiale risalente al Commento ai Topici di Alessandro di Afrodisia po­
trebbe essere, alia luce delle considerazioni fin qui svolte, quanto meno pro-
babile (un’ipotesi che, se accettata, risulterebbe gravida di conseguenze per
la fissazione della cronologia sestana)35. Naturalmente, resta sempre aperta
un’altra strada. Nulla esclude, infatti, che i due testi siano indipendenti e che
nell’elaborare la sua critica Sesto abbia costruito uno schema argomentati-
vo del tutto personale. Cio potrebbe essere confermato non solo dalla non
perfetta sovrapponibilita della sua trattazione rispetto a quella di Alessandro
(o anche a quella di altre presunte ‘fonti’ citate in precedenza), ma anche da
alcuni indizi lessicali. come la presenza di verbi allaprim a persona singola-
re (cfr. all’inizio “ritengo”/ nomizo e in chiusura di paragrafo il parentetico
“penso ’’Joimai). E questo dovrebbe spingere a poire nella giusta luce le cri­
tiche di Sesto: analogamente-a quanto accade in altre sezioni dei suoi scrit-
ti, infatti, esse si rivelerebbero frutto di un’originate presa di posizione nei
confronti del metodo induttivo, di cui egli - forse un po’ sbrigativamente,
come mostra l’uso dell’espressione “facile da ngtlXmC31euparaiteton, un al­
tro hapax - pretende sia possibile liberarsi con estrema facilita.
68 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

3. Passiamo ora alia sezione dedicata alle definizioni (PH II 205-212=


fr. 623 Hiilser). Sesto dichiara di voler dire solo poche cose su questo ar-
gomento e appare chiaro fin dalle prime righe di PH II 205 che il suo sara
un attacco generalizzato rivolto in linea di principio contro tutti i filosofi
non pirroniani che si sono occupati di definizioni o horoi, accomunati sot­
to l’etichetta di dogmatici (hoi dogmatikoi)36. La loro presuntuosa attivita
teoretica viene indicata tram ite l ’espressione verbale “farsi gran
vanto”/meg£Z p krone in, attestata solo nei Lineamenti pirroniani e forse pre-
sa in prestito dal lessico polemico enesidemeo37; ancor piu esattamente, il
loro “trattamento logico” delle definizioni38 viene bollato mediante un vo-
cabolo, “presentazione tecnica” o piu precisamente technologia, che, in-
sieme al verbo correlato technologeo, Sesto usa sempre per stigmatizzare
1’attitudine dogmatica a creare argomentazioni sottili, astratte o addirittu-
ra capziose, non solo in campo grammaticale, retorico e geometrico39 ma
anche e soprattutto logico40. La precisazione aggiunta da Sesto, secondo
cui e proprio "nella parte logica della cosiddetta filo Sofia” che i dogmati­
ci fanno rientrare a pieno titolo la disamina delle definizioni, benche pos­
sa a prima vista apparire superflua e direi quasi scontata in riferimento al­
ia tradizione scolastica platonica - meglio medioplatonica - e peripatetica,
si rivela determinante ai fini dell’esatta identificazione del bersaglio stoi-
co che egli ha di mira in questi paragrafi. Di quali stoici si tratta?
Una prima risposta puo essere azzardata grazie al confronto con una te-
stimonianza parallela di Diogene Laerzio, che, proprio per il fatto di esse­
re probabilmente costruita sulla mescolanza di tradizioni diverse, si rivela
del massimo aiuto41. In DL VII 41 (=fr. 33 Hiilser), infatti, leggiamo che
sulla legittimit£ o meno di dedicare un capitolo a se stante anche alia de-
finizione in senso specifico, alio horikon eidos, si era sviluppato un dibat-
tito fra gli stoici. Alcuni avevano respinto questa possibilita e avevano
semplicemente aggiunto una sezione sulle definizioni a m o’ di appendice
della parte dedicata alia fonetica42; altri invece 1’avevano accolta a pieno
titolo, aggiungendola, accanto a quella che si occupa di canoni e criteri,
alle sezioni dedicate alia retorica e alia dialettica, e sostenendo che essa
serve “per la conoscenza della verita: attraverso i concetti, infatti, si affer-
rano le cose”43. A quale di queste due ‘fazioni’ stoiche44 Sesto sta rispon-
dendo in questi paragrafi? Quale delle due posizioni stoiche diventa og-
getto dei suoi attacchi? Poiche si tratta di un problema dossografico di un
certo rilievo, anche per individuate meglio punti di riferimento e fonti del­
la trattazione sestaua, preferirei affrontarlo subito, anche se questo impo-
ne di lasciare per un attimo da parte i singoli punti dell’articolata critica
sestana (conservati in PH II 207-212 - non monoliticamente antistoici,
Emidio Spine Hi. 69

pace Prantl - e su cui tomerd in ogni caso nella parte finale di questo con­
tribute), per concentrarsi invece su PH II 212.
Qui compaiono due ‘definizioni di defmizione’ che stanno li a ricapi-
tolare - credo - alcuni (noti e diffusi) bersagli della polemica sestana. Sul­
la seconda (“un discorso che mostra l ’essenza”) credo sussistano pochi
dubbi attribuzionistici45: essa appare infatti come la registrazione della
ben nota posizione aristotelica paradigmaticamente espressa, ad esempio,
nei Topici46.
Quauto alia prim a (“un discorso che ci induce, per mezzo di un rapi-
do ricordo, al concetto delle cose che sottostanno alle espressioni”), cre­
do sia invece necessario un supplemento di indagine. In primo luogo oc-
corre notare come essa ricompaia - benche purtroppo sempre anonima-
mente - nello pseudo-Galeno: esattamente identica nelle Definizioni me-
diche47 e quasi identica nel capitolo 11 della Historia philosopha, in cui la
formula di cui ci stiamo occupando sembra esplicitamente presentata co­
me esempio di “defmizione concettuale” o ennoematikos horns, ben di-
stinta da un altro tipo di defmizione, indieata come essenziale (ousiodes)4*.
Quest’ultima testimonianza sembrerebbe confermare che la formula con-
servata da Sesto allude a una concezione dello hows inteso come “artico-
lazione linguistica di una generica ‘concezione’ {ennoiaf49. Quanto alia
sua origine, si puo congetturare che essa sia stata coniata da pensatori
stoici in polem ica con la dottrina epicurea50. Gli epicurei, infatti, consi-
deravano le prenozioni o prolepseis , equiparate non a caso a “cio che sta
sotto le parole” (ta hypotetagmena tois phthoggois )51. come verita auto-
evidenti e afferrabili immediatamente, all’atto stesso dell’enunciazione
del nome comune che le indica52, senza alcun ricorso a ulteriori specifi-
cazioni via hows.
Se tentiamo di ricapitolare gli elementi fondamentali che caratterizzano
la prima ‘definizione di defmizione’ presente in PH II 212, la cui patemita
stoica pare fortemente probabile, scopriamo che essi sono i seguenti:
1. la forza sinte tic amen te rammemorativa dello how s ;
e conseguentemente
2. la sua capacita di renderci noto il concetto che sta dietro la denomi-
nazione delle cose.
Quello che colpisce, in ogni caso, e che la formulazione riportata da Se­
sto appare lontana tanto dall’asciutta tesi di Crisippo, secondo cui lo hows
sarebbe “riproduzione di cio che e proprio”, quanto dalla piu articolata
presentazione di Antipatro, che lo qualifica come “un discorso fondato su
un’analisi puntuale” (cfr. DL VII 60=fr. 621 Hiilser)53. Insomma, piu che
mettere a tema la ricerca di quella caratteristica assolutamente peculiare o
70 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

essenziale in cui anclie per gli stoici - o almeno per alcuni di loro in mo-
do preminente - pare consistere la funzione ‘ontologica’ dell’attivita defi-
nitoria, essa sembra insistere sul ruolo ‘epistemologico’ dello horos54. Am-
messo che sia cosi. si potrebbe avanzare Fulteriore ipotesi secondo cui la
‘defmizione della definizione’ conservata da Sesto (e dallo pseudo-Galeno
nei passi sopracitati) risalga direttamente agh anonimi pensatori stoici
menzionati da Diogene Laerzio in VII 41-42. Come abbiamo gia avuto
modo di ricordare, infatti, erano proprio questi ultimi ad attribuire alia de­
finizione il potere di farci afferrare le cose per mezzo dei concetti e dun-
que di promuovere la conoscenza della verita55. A sostegno di tale ipotesi
possono inoltre essere fatte valere alcune notazioni terminologiche relati­
ve a PH II 206-207. la cui importanza potra essere apprezzata a pieno,
pero, solo tomando a esaminare la struttura argomentativa globale delle
obiezioni sestane.
Riprendiamo dunque il filo della nostra analisi dalle linee conclusive di
PH II 205. Dovendo scegliere il tipo di attacco da portare ahe definizioni
tanto osannate dai dogmatici, Sesto non sembra interessato a discutere del­
la loro validita formale. come conferma il fatto che egli restringe imme-
diatamente il raggio d'azione della propria critica alia questione ‘pragma-
tica’ della loro utilita. Anzi, con un ulteriore scarto, che forse rivela Fori-
ginalita della sua impostazione, egli invita il proprio lettore56 a considera-
re tutte le possibili sfumature messe in evidenza dai suoi aw ersari unica-
mente sotto due ‘capitoli’. La necessita attribuita dai dogmatici alle defi­
nizioni sembra infatti scaturire dal fatto che in qualsiasi campo si ricorre a
esse per due motivi: o per la conoscenza o per Finsegnamento. Una volta
segnati in questo modo i confini dell’oggetto di indagine, Sesto enuncia il
proprio piano di attacco: bastera mostrare che le definizioni non servono a
nessuno dei due scopi appena menzionati, per far cadere in contraddizio-
ne la fatica dogmatica, gia di per se vana57,
A questo scopo a partire da PH II 207 vengono accumulati uno dietro
Faltro - per la verita senza una conseguenziahta perfettamente coerente -
argomenti specifici e relativi esempi, senza che Sesto si preoccupi di rive-
lare esplicitamente Fidentita dei suoi aw ersari. Vediamo dunque innanzi
tutto di esporre gli argomenti, cercando contemporaneamente di capire an­
che contro chi essi potrebbero essere diretti.
Il primo degh ambiti in cui le definizioni sarebbero necessariamente
utili e quello della comprensione (pros katalepsin). La contro-argomenta-
zione di Sesto si articola in due punti, che egh pretende siano correlati l’u-
no ah ’altro (cfr. il kai gar a meta di PH II 207), ma che in realta sembra­
no costituire hnee di attacco diverse e strutturalmente distinte.
Emidio Spinelli 71

1. Il primo sembra assumere l’aspetto di un argomento eristico (eri-


stikos logos): chi non conosce l’oggetto di indagine non potra definirlo,
mentre chi lo conosce si limita a riformulare cio che gli e gia noto per m ez­
zo di una definizione, che dunque non ha alcuna funzione rivelatrice di
nuova conoscenza.
2. II secondo pone i dogmatici di fronte a una secca altemativa58:
a. o essi pretendono di definire tutte le cose e in realta finiscono per non
definirne nessuna, poiche non riescono a percorrerle davvero tutte nella lo­
ro infinita numerica (la loro condanna sarebbe in tal caso quella di un re-
gresso all’infinito);
b. oppure essi ammettono che esistono cose la cui comprensione non ci
e data tramite definizione e allora nulla esclude che, analogamente, anche
tutte le altre realta, senza distinzione alcuna, possano essere conosciute
senza l ’ausilio della definizione.
Questa prima batteria di critiche, che non sembra brillare per origina-
lita, m a solleva questioni epistemologiche ancora vive alTepoca di Sesto59,
merita attenzione soprattutto per alcune peculiarita linguistiche. Innanzi
tutto, appare vero simile supporre che l’uso di “comprensione” (katalepsis)
alluda a polemica anti-stoica60. Se teniamo presente, inoltre, la completa
inter sc ambiabilita fra “comprQndo”/katalambano e “conosco ”/gignosko
che emerge da PH II 207, potremmo essere spinti a mettere in relazione il
nostro passo proprio con la tesi, piu volte ricordata, di quegli stoici m en­
zionati da Diogene Laerzio, secondo i quali l’attivita definitoria rappresen-
ta un contribute “per la conoscenza della verita” (pros epignosin tes
aletheias).
Anche contro la presunta necessita delle definizioni a fini didattici
(pros didaskalian)61 Sesto solleva in PH II 208 un’obiezione molto rapida,
che fa leva su di un' argomentazione speculare rispetto a quella gia incon-
trata in PH II 207 e analoga a quella cui egli ricorre quando demolisce la
tesi delforigine convenzionale del linguaggio. L’attenzione viene richia-
mata sul momenta iniziale, rispettivamente dell’attivita di imposizione dei
nomi e dell'elaborazione delle definizioni. Nel caso dei nomi, infatti, si de-
ve ammettere che il primo e imprescindibile passo e quello di conoscere le
cose cui si applicano le espressioni linguistiche, che dunque sono inutili
per coloro che, pur desiderando apprendere quelle stesse cose, ancora non
ne hanno conoscenza62. Alio stesso modo, per quanto riguarda le defini­
zioni si deve riconoscere che se e vero che chi per primo ha conosciuto una
cosa lo ha fatto senza ricorrere alia definizione, di essa puo tranquilla-
mente fare a meno anche chi, venuto per la prima volta a contatto con quel­
la stessa cosa, intende appreuderla.
72 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

Con PH II 209 inizia una sene di critiche filosoficamente piu consi­


stent^ il cui legame con quelle appena esaminate, pero, non appare com-
pletamente giustificato, ne viene in qualche modo esplicitato da Sesto, che
si limita a introdurle con un “ancora ”/eti, probabile indizio di una compo-
sizione fatta per aggiunte successive, non del tutto amalgamate fra loro. La
prospettiva da cui si muovono queste nuove obiezioni e invece molto chia-
ra. Sesto sembra in primo luogo accogliere in tutto e per tutto (riportando-
la fedelmente, come mostra il ricorso a verbi alia terza persona plurale:
“giudic&no”/epikrinousi e due volte “dicono "iphasi) la convinzione dog-
matica secondo cui la validita di una definizione va giudicata a partire dal­
le cose che sotto di essa ricadono. Posta questa premessa, si dovra conclu-
dere che e viziosa qualsiasi definizione che ricomprenda qualcosa di estra-
neo a tutti o anche solo ad alcuni dei definienda63.
A sostegno della conclusione appena menzionata Sesto aggiunge, nel­
la seconda parte di PH I I 209, esempi concreti di definizioni invalide. Non
si puo infatti definire l ’uomo “animale razionale immortale”, perche nes-
suno dei singoli appartenenti al genere umano e dotato di immortalita; ne
“animale razionale mortale grammatico”, perche alcuni uomini non hanno
- ne coltivano, potremmo aggiungere - il dono della grammatica64
A queste considerazioni ed esemplificazioni Sesto sovrappone in PH II
210ss. una serie di obiezioni, che sembrano scaturire direttamente dalla
sua penna piuttosto che riprodurre passivamente tesi altrui.
La prima e piu radicale - anche se introdotta con la consueta cautela scet-
tica, contrassegnata dall’uso dell’espressione tecnica “fors e”/tacha - era sta-
ta gia sfruttata in precedenza contro il procedimento induttivo: se e vero che
la definizione si giudica dai casi particolari che essa copre, allora risultera
impossibile decidere della sua validita a causa deirinfinita di questi ultimi.
La seconda sembra quasi una variazione sul tema del momento inizia-
le delfapprendimento, che abbiamo gia incontrato e che qui viene ripro-
posta a partire dai casi particolari (ta kata meros): infatti, se il criterio di
giudizio e costituito dai casi particolari e se questi ultimi vengono cono-
sciuti prima e indipendentemente rispetto alle definizioni, allora esse non
servono affatto alia conoscenza ne airinsegnamento.
La terza, inline, sembra allargare l ’orizzonte della critica. Essa nega in­
fatti alle definizioni non solo qualsiasi utifita a scopo conoscitivo o didat-
tico, m a anche qualsiasi efficacia sul piano della chiarezza comunicativa
(,sapheneia): esse avvolgono gli oggetti da definire nell’oscurita piuttosto
che far luce su di essi, al punto da risultare addirittura ridicole.
In PH I I 211 troviamo una mordace esemplificazione di questo ruolo ne-
gativo delle definizioni, su cui Sesto dichiara di voler impiantare una sorta
Emidio Spinelli 73

di divertissement filosofico, quasi a stemperare la gravitas della sua anali-


si65. Facendo leva su una delle funzioni tradizionalinente riconosciute alia
definizione, quella di fomire un discorso in luogo di un nome (cfr. e.g. Ari-
st., top., I, 5, 102al-2), Sesto si diverte a immaginare una sorta di dialogo
surreale fra due interlocutori, in cui uno dei due, invece di servirsi sempli-
cemente di nomi d ’uso e senso comune, pretendesse di sostituirli con defi-
nizioni tecnicamente perfette, ma gravide di conseguenze ridicole. In que-
sto ipotetico incontro, il nostro curioso interlocutore non porrebbe dornan-
de del tipo: “o uomo, hai per caso incontrato un uomo a cavallo che trasci-
na un cane?”, ma ricorrerebbe a perifrasi del tipo: “o animale razionale mor-
tale, c apace di ricevere intelletto e scienza, ti si e fatto incontro un animale
in grado di ridere, a unghia larga, capace di ricevere scienza politica, acco-
modato con le sue parti sferifonni su di un animale mortale in grado di ni-
trire e che trascina un animale quadrupede in grado di abbaiare?”. L’effetto
di schemo che suscita un simile stravolgimento della consuetudine o sy-
netheia linguistica e del carattere assolutamente piano di alcuni suoi termi­
ni e sotto gli occhi di tutti66. Quel che e piu grave, conclude Sesto, e che chi
si dedicasse incautamente a una simile attivita rischierebbe non solo di ca-
dere nel ridicolo, m a addirittura di perdere la capacita stessa di esprimersi
su oggetti a tutti noti, come appunto l’uorno; egli si condannerebbe insom­
nia, nel linguaggio sestano, a un incondizionato silenzio, a una radicale
aphasia, estremo risultato negativo dell’inutilita della prassi defmitoria67.
A1 di la del piacere che puo suscitare nel lettore questa forse inconsa-
pevole, m a senz’altro efficace applicazione sestana del motto epicureo se-
condo cui “bisogna ridere e insieme filosofare” (cfr. GV 41), credo che gli
esempi riportati in PH II 211 meritino di essere piu accuratamente valuta-
ti sul piano della loro probabile filiazione storico-filosofica. Da questo
punto di vista - e concentrando l’attenzione sulla formula definitoria di
uomo ianthropos68 - una serie di conclusion! possono essere avanzate con
ragionevole certezza.
1. In primo luogo sembra legittimo riconoscere dietro l ’impianto gene-
rale della critica sestana l ’influsso di Epicuro, il quale, come apprendiamo
da un pas so del Comm en to anonimo al Teeteto di Platone (col. XXII, 39-
47), riteneva che “i nomi sono piu chiari delle definizioni, e che sarebbe
davvero ridicolo se, invece di dire ‘Salve, Socrate’, uno dicesse ‘Salve ani­
male razionale m ortale’”69.
2. Tale analogia di fondo non impedisce di pens are che Sesto abbia rie-
laborato in modo personale la critica epicurea, facendo ricorso anche ad al-
tre fonti. Un primo indizio in tal senso potrebbe essere costituito dal fatto
che egli non si limita alia formula definitoria breve di uomo come “ani-
74 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirrouisrno antico

male razionale mortale”, ma aggiunge l’espressione “capace di ricevere m-


telletto e scienza”. E im possible in questa sede ripercorrere in tutta la sua
estensione la lunga storia dell’etichetta “animale razionale mortale” e del­
la sua appendice70. Bastera dire che le sue radici vanno probabilmente in­
dividuate in un lavoro di sintesi di tesi appartenenti alia tradizione plato-
nica e stoica, piu che peripatetic a71, svoltosi forse fra II e HI secolo d.C. in
ambiente medio- o neoplatonico72.
3. A cio va aggiunto che la cosiddetta ‘definizione lunga’ e presente in
altri due punti del corpus sestano, coerentemente ricordata, in entrambi i
casi, in un contesto di critica contro il criterio “dal quale”, da indentifica-
re appunto con l ’uomo. Al di la della differenza di struttura delle obiezio-
ni nelle due opere sestane, occorre purtroppo registrare che sia in P H l l 26,
sia in M V II 269 Sesto non rivela l ’identita dei suoi avversari. Nel secon-
do passo, pero, egli offre indicazioni un po’ piu generose dello scamo “al­
tri” {allot) che si legge nel primo. Anafizziamo allora piu da vicino il testo
di M V II 269, in cui i sostenitori della ‘definizione lunga’ di uomo vengo-
no presentati come una sorta di sottogruppo di un insieme piu vasto. Se­
sto, infatti, presenta dapprima la tesi di alcuni filosofi (tines ton philo-
sophon), i quali hanno fomito, per mezzo di un discorso, insegnamenti sul-
l’uomo considerato dal punto di vista del genere, convinti di poter cosi far
emergere il concetto degli uomini particolari. Solo a questo punto egli ag­
giunge: “fra costoro, poi, alcuni definirono in questo modo. .P/touton de
hoi men houtos apedosan...
Chi sono costoro? E difficile dare una risposta soddisfacente al riguar-
do. Azzardo comunque un’ipotesi, ben consapevole della sua fragilita. Nel
brano del Commento anonimo al Teeteto di Platone, subito dopo la critica
di Epicuro precedentemente ricordata, leggiamo la replica dell’autore me-
dioplatonico, il quale sottolinea che le definizioni non servono per saluta-
re, ne per la loro maggiore concisione rispetto ai nomi, ma “per dispiega-
re le concezioni comuni. Cio non avviene se non si coglie ciascun genere
e le differenze”73.
Questa attivita di chiarimento e spiegazione delle nozioni comuni o koi-
nai ennoiaf 4, potrebbe essere adombrata, in M VII 269, anche dietro il
compito affidato da “alcuni filosofi” al logos che definisce “l’uomo gene-
rico” (ton genikon anthropoid), visto che e proprio da un simile sforzo che
essi ritengono potra emergere (ancora un verbo che si caratterizza per la
presenza della preposizione ana-: anakypto) la corretta concezione dei par­
ticolari. Il bersaglio di Sesto sarebbero quindi filosofi medioplatonici, al
cui intemo dovrebbero essere collocati anche gli autori della definizione
lunga di anthropos, minuziosamente criticata in M V II 270ss.
Ernidio Spine Ui 75

4. A l di la di questa proposta attribuzionistica, il cui carattere forte-


mente ipotetico e sotto gli occhi di tutti, Tunica conclusione certa riguar-
do all’identita dei pensatori che difendono la ‘definizione lunga’ e di ca­
rattere negativo75: non e infatti possibile identificarli in alcun modo con
Platone, cui Sesto attribuisce (sia in M V II 281, sia nel corrispondente pas-
so di PH II 28) una definizione di uomo diversa: “animale privo di all, bi-
pede, a unghia larga, capace di ricevere scienza politica”, che si fonda ve-
rosimilmente su di una rielaborazione di materiale risalente alle pseudo-
platoniche Definizioni?6 e che puo essere utilmente confrontata con la se-
conda delle formule utilizzate in PH II 211 per rimpiazzare il nome co-
mune uomo. Quest’ultima infatti, confermando in primo luogo la ricchez-
za dossografica del resoconto di Sesto, appare costruita sulla base di un’i-
ronica mescolanza di vari caratteri distintivi dell’uomo: due di essi, “a un­
ghia larga” e “capace di ricevere scienza politica”, sono direttamente attri-
buibili a Platone77; il terzo, invece, “in grado di ridere”, appartiene a una
tradizione scolastica abbastanza diffusa78, forse anch’essa originatasi in
ambito medio- o neoplatonico79 e qui fedelmente registrata da Sesto80.
L’insieme delle critiche che abbiamo appena ripercorso permette a Se­
sto di trarre in PH II 212 la conclusione che si era riproposto di raggiun-
gere: sono completamente inutili tutte le definizioni dogmatiche, qui para-
digmaticamente riassunte nelle due formulazioni che abbiamo visto risali-
re rispettivamente la prima a determinati pensatori stoici, la seconda alia
tradizione peripatetica. Che questi due esempi non esauriscano il campo di
indagine, pero, sembra confermato dalla clausola aggiuntiva “sia cio che
si voglia” ieite ho bouletai tis). Essa lascia aperta la possibility che Sesto
fosse almeno parzialmente a conoscenza delTintenso lavorio classificato-
rio delle definizioni svolto dalle piu importanti scuole filosofiche dell’e-
poca81. Egh si sente dunque legittimato a scagliare contro i loro svariati e
spesso conflittuali tentativi un’ulteriore critica: quella di ricadere sotto il
tropo della dissonanza o diaphonia, su cui Sesto dice si di non voler insi-
stere, per ragioni interne al carattere ‘ipotipotico’ del suo scritto, ma che
chiaramente rappresenta la forma piu radicale e il punto piu alto dell’ar-
mamentario antidogmatico messo in campo dai neo-pirroniani.
76 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

NOTE

1 Cfr. al riguardo infra, cap. V.


2 Accenno solamente, inline, al fatto che i temi affrontati in qnesti paragrafi non com-
paiono nella trattazione parallcla dei libri Cont.ro i. logici (M VII-VIII; cfr. in ogni caso M
IX 92s., su cui mi limito per ora a rinviare a Caujolle-Zaslawsky 1994, pp. 234s.). Cio in-
viterebbe a tomare ad analizzare la spinosa questione della probabile cronologia rclativa
degli scritti sestani, un tema che esula tuttavia dallo scopo del presente contributo.
3 Questa e la doppia sfumatura probabilmente rinvenibile dietro la voce verbale pi-
stousthai.
4 O come Sesto aveva gia ricordato poco prima m PH 11195, “qualora anche appaia, fra
i particolari, un solo caso contrario agli altri, la proposizione universale non risulfa sana”.
5 Per attaccare il vuoto affaticarsi dei dogmatici Sesto ricorre al verbo mochtheo, che
nei suoi scritti indica sempre la vanita di uno sforzo o di una fatica senza speranza di ri-
sultati: cfr. anche M X I 172.
6 Si noti come quest’ultima caratteristica, su cui si tomera a insistere anche successi-
vamente in PH 11 210, veuga qui linguisticamente ribadita attraverso una doppia espres-
sione: “essendo i particolari infiniti e illimitati” {apeiron onton... kai aperioriston, que-
st’ultimo di nuovo un hapax).
7 11 verbo saleuo indica sempre, in Sesto, una radicale messa in discussione, una for­
ma di attacco che va alle fondamenta dell’oggetto in questione: per i passi cfr. Janacek
2000, s.v.
8 Cfr. e.g. Pappenheim 1881, p. 141, il quale pensa ad esempio a Schopenhauer (Mon-
do, 11,9) o Trendelenburg (Elementa logices Aristotelae, Berlin 18747, § 34, p. 112): ne Tu-
no ne Paltro menzionano il precedente sestano.
9 von Savigny 1975, p. 280.
10 Per la verita poco probabili e da ascrivere piuttosto alia mediazione di Bayle: cfr. an-
cora ivi, p. 270, n. 2; Armas 2000.
11 Cfr. al riguardo infra, pp. 64-65, per Vaccenno alle critiche stoiche.
12 Cfr. Hallie-Etheridge 1985, pp. 105-106, n. 4;Hankinson 1995, p. 211.
13 Secondo alcuni interpreti a questo tipo di accusa sembra sfuggire una delle piu note
pagine aristoteliche sulla epagoge (an. pr., II, 23), dal momento che “possiamo interpreta-
re ‘tutti i casi’ in due modi; o come un esame di ogni caso individuate che ricade sotto un
certo predicate o come un esame di ogni specie separata che ricade sotto di esso. Aristote-
le non ci dice esplicitamente che cosa ha in mente, ma il suo esempio biologico si adatta
meglio alia seconda interpretazione (di conseguenza, sarebbe ogni specie priva di bile, non
ogni animale individuate privo di bile, che dovremmo includere nella nostra rassegna, e
questa non e una richiesta irragionevole” (Smith 1989, p. 221). Sulla questione elf. anche
Caujolle-Zaslawsky 1994, pp. 230-231.
14 Cfr. 153, 30-32 H.=p. 3 Whittaker; sui problcmi testuali e sull’ aggiunta analytikon
di Prantl, accolta da Dillon 1993, cfr. il giudizio piu cauto di Whittaker 1990, com m , ad.
loc. Cfr. anche Giusta 1986, pp. 177-178, sp. n. 60 e soprattutto Mansfeld 1992, pp. 125-
131; avendo infme come oggetto primario di indagine il De divisione di Boezio (cfr. sp. 18,
4ss.), Magee 1998 offre una discussione accurata di altre fonti che riportano division.es ana-
loghe, prima e dopo Portirio: cfr. ivi, sp. pp. XLIVss.
15 Ross 1949, p. 483; per opportuni rinvh testuali cfr. Bayer 1997, p. 121 e n. 28.
Emidio Spinelli 77

16 Ross 1949, p. 483; altririnvii testuali ancora in Bayer 1997, p. 121, n. 27. Dillon 1993,
p. 77 pensa che tale accezione possa derivare da un’interpretazione di Plat, polit. 278a-b; es-
sa potrebbe forse essere accostata anche al cosiddetto <<similarity-method>> (cfr. Long-Sedley
1987, v. 1, sp. p. 96: una soita di naturale ^cstm sione, del primo tipo di induzione).
17 Sulle molte ‘facce’ che la epagoge sembra assumere gia in Aristotele, oltre alle ri-
flessioni di Ross 1949, pp. 483-485, cfr. Bourgey 1955, pp. 58$s.; Brunschwig 1967, p.
x x x n , n. 2; Hintikka 1980, il qnale pare mirare a riconciliarlc tutte e a mostrame la reci-
proca compatibihta. Per il dibattito sulla possibility di individuate un significato di riferi-
rnento basilare dell’induzione aristotelica cfr. ora Bayer 1997, pp. 121-123.
18 Si noti che physikai ennoiai e il termine preferito da Alcinoo “per le forme cost come
peicepite dalPintelletto incarnate nella materia”: Dillon 1993, p. 77; sulTuso e il valore di
qnest’espressione cfr. anche Schrenk 1993, sp. p. 346, n. 13, nonche pp. 356-359 e ora Boys-
Stones 2005, sp. pp. 216ss. Sul complesso tentativo operato da Alcinoo di assimilazione o
integrazione di elementi di epistemologia non solo e nou tanto stoica, quanto soprattutto ari­
stotelica, sullo sfondo di una convinta ‘ortodossia’ platonica, utili indicazioni offre ancora
una volta Schrenk 1993; piu in generale cfr. anche Donini 1988 e il gia citato Boys-Stones
2005; per un ampliamento della prospettiva verso Plotino cfr. inline Chiaradonna 2006.
19 Caujolle-Zaslawsky 1991, p. 518.
20 Non tanto in polemica con il Peripato (come vorrebbe Brissou 1992, p. 3705, n. 39S),
quanto piuttosto, forse, riprcndendone e adattandone alcune tesi (cfr. Caujolle-Zaslawsky
1991, p. 520).
21 Forse va corretto al plurale il tradito heautoi l Scguo in tal senso un suggerimcnto di
Brisson 1992, p. 3705, n. 397.
22 Per la cui interpretazione sono debitore, oltre che delle notazioni offerte dai De Lacy
nella loro edizione (1978), soprattutto della fine analisi proposta da Sedley 1982. Per il di­
battito che essa ha suscitato cfr. almeno Barnes 1988a e Long 1988.
23 Per la risposta epicurea a tab contro-csempi, che prcfigura un confronto di piu arn-
pio respiro fra empirismo e razionalismo, cfr. ancora Sedley 1982, pp. 256ss.
24 Ivi, p. 257.
25 Esso, rnsomma - potremrno glossare a nostra volta - non e sullo stesso piano (per
valore ontologico? per statute logico? per entrambe le ragioni?) rispetto ai paiticolari. Su
questa importantc differenza e sul ruolo che essa gioca nella dottrina di Alessandro cfr.
Tweedale 1984.
2611 cui carattere parziale, limitato e la cui differenza dalla epagoge erano stati gia con
chiarezza sottolineafi dallo stesso Aristotele (an. post,, II, 24, 69al3-L9: il brano solleva al­
cuni problemi esegetici, sui quali mi limito arinviare a Smith 1989, sp. pp. 222-223).
27 L’in ten to di Alessandro c forse quello di rendere immediatamente evidente il risul-
tato raggiungibile tramite induzione, quella pistis, che in piu punti del corpus aristotelico
viene fatta scaturire ek tes epagoges: per i passi cfr Y Index del Bonitz, s. v. pistis; si veda
anche l’occorrenza di piston in de caelo, 1, 7, 276a 14.
28 86, 15-19: il nocchiero e Pauriga, cui vengono qui aggiunti lo stratega, il medico, il
geometra, il musico, Parchitetto.
29 Cfr. e.g. an. post., ft, 7, 92a34-b3? Su questa differenza insiste anche la testimonianza
di Clemente Alessandrino (strom. VIII, 6, 90, 24-28), che, ponendo come punto di paitenza
della epagoge la sensazione o aisthesis e come sno punto d'approdo P universale, owero to
katholou, le attribuisce la capacita di mostrare non to ti esti, ma solo hoti estin e ouk. estin.
30 Cfr. ivi, 28ss. Piu in generale su quelle che potremrno chiamare “le limitazioni dcl-
l’induzione” nello stesso Aristotele cfr. ora Bayer 1997, pp. 130ss.
78 Questioni scettiche. Letture introduttive alpirronismo antico

31 Mates 1996, p. 284.


32 Cfr. epagogikos, sicuramente attestato in PH I I 195 e 197 e forse da inserire in lacu­
na in P H I I 196, dove troviamo anche l ’espressione “per via induttiva” (kata ton epagogikon
tropori).
33 Cfr. anche Caujolle-Zaslawsky 1994, pp. 233-234. Molto critica nei confronti del-
l’atteggiamento di Sesto rispetto alia logica peripatetica in generale, forse a lui nota solo
per via manualistica, e Julia Annas, la cui conclusione sottolinea che egli “rivela solo una
conoscenza superficiale e cerca senza successo di far entrare raateriale aristotelico in un’ar-
gomentazione scettica progettata per materiale stoic o’’ (Annas 1992, p. 225). Cfr. anche
Repici Cambiano 1981, p. 693.
34 Cfr. e.g. an. post., II, 19, 100b2-5; I, 18, 8la38-b9; cfr. anche, alia luce della funzio-
ne dialettica dell’induzione, top., 1, 2, 101a36-b4. Utili osservazioni in Weil 1975, pp. 95-
96 e su n, 19, oltre ai comm, ad loc. di Ross 1949 e di Barnes 19942, la decisa, ‘originate’
messa a punto complessiva di Bayer 1997. L’esempio della battaglia e dell’esercito in fu-
ga, metafora del processo induttivo in lOOalOss., potrebbe far pensare a una genesi del ter­
ming da ambito militare e tattico, dove esso era molto diffuso? Cfr. in tal senso Caujolle-
Zaslawsky 1991, pp. 511-513.
35 Si dovrebbe allora spostame il floruit ancora piu avanti rispetto alia cronologia tra-
dizionale, che, come conclude Dal Pia (19752, p. 463), pone “il periodo centrale della vita
di Sesto fra il 180 ed il 220 d.C.” ?
36 Per confronto con la notizia che leggiamo in DL VIII 48=fr. 622 Hulser - la cui fou-
te esplicita e Favorino -potrem m o suppoire che con tale etichetta anche Sesto intendesse
alludere quanto meno a Pitagora (o forse meglio ad alcuni pitagorici, sulle cui tesi siamo
fuggevolmente informati da un passo dei Placita pseudo-plutarchei: cfr. Dox. gr. 282, 18-
28), poi soprattutto a Socrate e al suo circolo - dunque alia tradizione del platonismo - , in-
fine ad Aristotele e agli stoici.
37 Cfr. soprattutto P H I 180; II 194 e Decleva Caizzi 1992a, p. 290, n. 23.
38 Cos! Mates 1996, p. 161.
39 Cfr. M I 43, 97, 99, 123, 141 (bis), 170-171, 270; II 18, 52, 55; III 105.
40 Oltre a PH II 205, cfr. P H I I 247, 249, 255, contro i dialettici, su cui cfr. Ebert 1991,
pp. 194-206; MVIEt 87, 257, 406, 428, 435, 442, contro gli stoici (dubbi su tale differen-
ziazione dialettiei/stoici si possono tuttavia leggere in Atherton 1993, pp. 424ss.); per
un’occorrenza ‘erica’ cfr. M XI 40.
41 Cfr. Mansfeld 1986, pp. 365 e 371.
42 Cfr. DL VII 44, 60-62 e le conclusion! di Mansfeld 1986, p. 367.
43 DL VII 42 (= fr. 33 Hulser); su tale espressione cfr. anche Cic. Tusc. V, 72 (=fr. 78
Hulser) e Goldschmidt, 19854, p, 165.
44 La prima cristallizzatasi in manuali di logica ispirati forse ad Anfipatro e Archede-
mo, impegnati a rielaborare, e se necessario ‘cotreggere’, dottrine di Crisippo; la seconda
invece piu antica, perche piu vicina - e fedele - agli insegnamenti di quest’ultimo; ripro-
pongo qui alcune delle conclusion! tratte da Mansfeld 1986, pp. 351-373 riguardo alia se-
zione kata meros del resoconto laerziano; cfr. anche Atherton 1993, p. 63.
45 Concorde al riguardo il giudizio dei commentatori sestani: cfr. Pappenheim 1881, p.
143 e Annas-Bames 2000, p. 125, n. 311. Contra si vedano tuttavia le argomentazioni di
Rieth 1933, pp. 38-39.
46 Cfr. top. I, 5, 101 b38; si noti tuttavia come in Sesto roriginaria voce verbale da se-
maino venga sostituita dall’esplicarivo delon, che trova-corrispondenza nella parte perifra-
stica del Commento di Alessandro di Afrodisia ai Topici (cfr. e.g. CAG H, 42, 22-27) e che
Emidio Spinelli 79

serabra essere invece accolto come genuinameute aristotelico in Schol. Dionys. Thr. p. 107,
l-2=fr. 627 Hulser.
47 de/. med. XIX, 348, 17ss. K. (def. l-6=fr. 624 Hulser): qui essa e significativamente
accostata a una formulazione sicuramente stoica, anzi piu esattamente di Autipatro: cfr. an­
che subito infra.
48 Acceuno solo a un altro passo, che meriterebbe ben piu ampia trattazione. Un’oppo-
sizione fra definizioue essenziale/definizione concettuale analoga, ma non perfettamente
identica a quella attestata in PH I I 212 compare iu un passo di Porfirio couservato da Sim-
plicio (in. cat., 213, 10~28=fr. 70 Smith). Benche il coutesto in cui tale opposizione vieue
menzionata sia assolutamente peculiare (risposta porfiriana alle aporie orali di Plotino), an­
che qui vengono disdnti da una parte le definizioni essenziali (onsiodeis horoi), che sono
in grado di inseguare l’essenza delle cose oggetto di defmizione e su cui massimo e il di-
saccordo fra divers! pensatori qualificad come hoi heterodoxoi, e dall’altra le definizioni
coucettuab (ennoematikoi horoi), che riguardano la qualita (peri tes poioietos), si basano
su cio che e a tutti noto (preuozioni/prolepseis o nozioni comuniJkoinai ennoiai, appunto)
e su cui vige dunque accordo completo. Nonostante l’aggiunta di esempi riferibili anche a
dottrine stoiche, mi pare che Porfirio vogfia alludere in generale a tutti i possibili tipi di de­
finizioni essenziali e concettuali e nou esclusivamente a tesi stoiche: sulla questione cfr. an­
che Mansfeld 1992, p. 79, n. 5.
49 Cosi Long-Sedley 1987, v. 1, p. 194, con ulteriori linvii testuali.
50 A un’origine direttamente epicurea pensa invece Besnier 1994.
51 Cfr. Epicuro, Ep. Hdt. 37; si veda anche l’espressione to protos hypotetagmenon in
D L X 33.
52 Cfr. ancora ivi e la testimouianza di Diogeniano, ap. Eus., praep. ev. IV 3, 6; si ve­
da piu in generale l’analisi puntuale di Sniker 1996, pp. 37-42.
53 Per altre testimonianze su queste due formule cfr. rispettivamente fr. 627 e forse, no­
nostante rimprecisione, fr. 625; nonche i frr. 621, 624, 626 Hulser. Cfr. iuoltre la testimo-
rvianza di Alessandro di Afrodisia, il quale da una parte tende a sovrapporle, dall’altra sem-
bra fraintendere la carica di ‘essenzialita’ attribuita dagli stoici a cio che e peculiare o pro-
prio (idion): si veda al riguardo il fr. 628 Hulser e infra, n. 64.
54 Cfr. ancora Long-Sedley 1987, v. 1, p. 194.
55 Un discorso a se meriterebbe il problema dalla viciuanza concettuale riscoutrabile
fra lo hows com’e inteso da questi pensatori (“un discorso ehe ci induce, per mezzo di un
rapido ricordo, al concetto delle cose che sottostanno alle espressioni”) e la nozione, sem­
pre stoica, di hypographe (cfr. e.g. DL VII 60=fr. 621 Hulser). Utili osservazioni in propo-
sito si possono intanto leggere in Besnier 1994, pp. 124ss.
56 La presenza della seconda persona (“troverai’’Jheureseis) da im tono di vivace imme-
diatezza aH’argomentazione sestana, ma non so se consenta anche di foimulare ipotesi cogenti
sulla sua provenienza. In altri termini, Sesto potrebbe in questo caso riproduire fedelmente
concreti scambi dialetiici o addirittura il vivo di una ‘lezione’ che lo aveva visto impeguato in
prima persona. A meno che non si voglia sottoscrivere il ritratto che molti ne danno di copi-
sta (ebete?), che ripete passivamente e meccanicamente le parole present! nella sua fonte.
57 L’uso delV hapax mataioponia. (che potremrno rendere con “vano sforzo”, PH H 206)
fa il paio con l’espressione verbale da mochtheo usata in P H U 204 (su cui cfr. supra, n. 5) e
forse serve a far comprendere sin daH’inizio la sostauziale analogia fra una delle critiche
avanzate contro l’induzione e una delle obiezioni rivolte alia presunta forza delle definizioni.
58 Esso sembra iuoltre presentare un’analogia di struttura con alcune critiche di parte epi­
curea conservate uel fr. 258 Us.; cfr, in proposito le osservazioni di Besnier 1994, pp. 126-127.
80 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirroniswo antico

59 Cfr, e.g. Plut., fr. 215f Sandbaeh, m eui vengono eonfutate le dortriue delTmtnizio-
ne potenziale, delle concezioni natural! o delle prenozioni, storicamente avanzate nell’ or-
dine da peripatetici, stoici ed epicurei per controbattere il noto paradosso del Menone (80d-
e); sulla questione cfr. anche Long-Sedley 1987, v. 1, p. 89.
60 Cfr. Atherton 1993, pp. 62-63; si potrebbe pensare, in altemativa, che si tratti della
ritraduzione in termini stoici di questioni sollevate in generale eontro la forza degli horoi.
61 Si noti come anche in questo easo possano esser ehiamati in causa passi paralleli di
dottrina stoica: cfr. ad es. Agost. de civ. Dei, VTII, 7=fr. 347 Hulser.
62 Cfr. PH III 268; M X I242 e 138; per un primo eommcnto cfr. Spinelli 1995, pp. 393-
394; Bett 1997, sp. pp. 243-248 (eon un tentativo di parallelo rispetto al sopracitato para­
dosso del Menone)-, Glidden 1994; infme Atherton 1993, p. 43G e n.
63 Si potrebbe pensare che si tratti di tesi stoiehe per confronto eon M X I 8-13 (=fr. 629
Hulser): qui, infatti, sullo sfondo di un’equivalenza non linguistico-sintattica, ma di strut-
tura logica fra definizione, universale (su cui efr. anche Cie. Luc. 21) e divisione perfetta,
viene esplicitamente attribuita a Crisippo la convinzione secondo cui “non solo 1’universa­
le fe comprensivo di tutte le cose particolari, ma anehe la definizione si estende a tutte le
specie dell’oggetto dato, come ad es. quella dell'uomo a tutti gli uomini seeondo la specie,
quella del cavallo a tutti i cavalli. Se poi viene introdotto anche un solo caso falso, l’uno e
l ’altra, sia 1’universale sia la definizione, divengono falsi”. Snlla questione mi limito a rin-
viare a Spinelli 1995, pp. 151ss. e Bett 1997, pp. 53-56.
64 Quest’ultimo contro-esempio, in partieolare, sembra avere un ‘colore’ peripatetico,
poiche individua la non vafidita della definizione nel fatto che essa si limita a enunciare un
‘proprio5 (cfr. e.g. Arist., top. 1, 5, 102al8-21), non l ’essenza individuale oggettiva o per-
fezione di uomo. Una critica analoga viene avanzata da Alessandro di Afrodisia nel suo
Commento ai Topici (43, 2-8) contro una definizione (“uomo=animale che ride”), che ai
suoi occhi esemplifica la tesi stoica dello horns come restituzione del proprio o idiou apo-
dosis; sul probabile fraintendimeuto che opera dietro tale obiezione di Alessandro cfr. in
ogni caso Long-Sedley 1987, v. 1, p* 194: idion pare infatti indieare per lui non l’essenza
stoica, ma il proprio aristotelico (cfr. e.g. il quarto dei significati di idion individnato da
Porfirio nella sua Isagoge: C A G IV, 1, 12, 17-20).
65 E una strategia cui egli aveva fatto ricorso gia nel primo libro dei Lineamenti pirro-
niani (PH 1 62-78), nel lungo excursus antistoico dedicate alfironica esaltazione delle qua­
lita del cane: cfr. al riguardo supra, cap. II, sp. p. 35.
66 Per un altro gustoso caso di ridicolizzazione del tecnieismo definitorio cfr. anche
Cic., div. II, 64, 133 e per alcuni rmvii testuali e bibliografici Pease 1963, pp. 561-562 e
Schaublin 1991, p. 390.
67 E per questa ragione che credo non vi sia alcun bisogno di correggere il tradito apha-
sian in asapheian, come proponeva dubitativamente in apparato Mutschmann, seguito ora
da Annas-Bames 2000, p. 125, n. av e da PeUegrin 1997, p. 323, n. 1.
Si noli tuttavia fin d’ora che le speeie chiamate in causa nella satirica seenetta eo-
struita da Sesto in PH II 211 - uomo, cavallo, cane - sembrano costituire esempi standar-
dizzati nella trattazione medioplatonica della scala ends: efr. e.g. Sen. ep. 58, 9 e soprat­
tutto Mansfeld 1992, pp. 85ss.
69 Qui e in seguito le traduzioni delPAnonimo sono tratte da Bastianini-Sedley 1995. Cfr,
inoltre Annas-Bames 2000, p. 125, n. 308; sulla presenza del nome proprio ‘Socrate’, rite-
nuta fuorviante da Sedley (Bastianini-Sedley 1995, p. 512), cfr. infine Besnier 1994, p. 122.
70 Un lavoro gih minuziosamente compiuto, del resto, da DeDurand m un importante
articolo del 1973.
Emidio Spinelli. 81

71 Sottolinea inveee con forza la centralita della eomponente peripatetica Pappenheim


1881, p. 143, alle cui conclusion! possono essere accostate quelle della Repici Cambiano
1981, pp. 693-694, n. 12; cfr, anche Aunas-Bames 2000, p. 74, n. 39.
72 Cfr. in tale direzione l’ipotesi di Telfer, che pensa ad Ammonio, cit. in DeDurand
1973, p. 333 e soprattutto la presenza della definizione lunga nella Isagoge di Porfirio
(CAGIV 1, 15, 5-6) e nel suo Commento alle Categorie (ivi, 60, 1,21). Si noti comunque
che DeDurand, seguendo le conclusion! di Hirzel e Witt, sembra propendere piuttosto per
la paternity di Antioco, ehe avrebbe eosi realizzato una consapevole operazione di ecletti-
smo filosofico: cfr. DeDurand 1973, sp. pp. 341-344.
73 Col. XXm, 5-12: il fatto che Sesto taccia di questa rephca lascia supporre o che egli
nou ritenga riievante menzionare la posizione medioplatonica difesa dalP Anonimo commen-
tatorc in questo specifico punto della sua trattazione, ma accenni poi a essa altrove, ad esem­
pio, come vedremo subito, in M V R 269; oppure che egli semplieemente la ignori del tutto.
74 Qui indieata da ana.pl.oo, altrove da verbi dal significato equivalente come anaptys-
so e diarthroo: cfr. col. XLVII, 42-45. Si noti eomunque che tale interpretazione del pro-
cedimento definitorio viene attribuita anehe a pensatori stoici, daCrisippo (efr, DL VH 199:
qualche dubbio al riguardo si legge in Long-Sedley 1987, v. 2, p. 196) a Epitteto: per ulte­
rior! riferimenti testuali cfr. Bastianini-Sedley 1995, p. 535. Sul meccanismo di esplicazio-
ne, sistematizzazione e adattamento ai easi particolari delle prenozioni o nozioni comum
utili osservazioni offie Goldsehmidt 19854, pp. 161-165.
75 Cfr. DeDurand 1973, p. 336, n. 44.
76 Cfr. 415a; si veda anche DL V I40. Si potrebbe pensare anche a spunti present! in al-
enni dialoghi tardi di Platone: efr. al riguardo Mansfeld 1992, p. 81.
77 Stando almeno alia sopracitata definizione di uomo accettata come genuinamente
platonica da Sesto (o forse dalla fonte che a lui ,1’ha trasmessa in modo distorto? Cfr. per
questa ipotesi DeDnrand 1973, p. 338).
78 Per i rinvii testuali a passi tratti da Quintiliano, Porfirio, Clemente Alessandrino,
Giovanni Damasceno, Marziano Capella cfr. Mansfeld 1992, p. 82, n. 13, il quale suppone
anehe ehe “la fonte ultima sia a quanto pare Arist. de part. an. T 10. 673a8”.
19 O piuttosto stoico (?), se prestiamo fede al passo del Commento ai Topici di Ales­
sandro di Afrodisia citato supra, n. 64, ehe andrebbe aggiunto ai rinvii di Mansfeld.
80 Come sembra confermare il fatto ehe gelastikon e un hapax nella sua prosa.
81 E di cui resta traeeia nel de definitionibus di Mario Vittorino, piccolo trattato che ar-
riva a contare ben quindici tipi diversi di definizione, probabilmentc sulla scorta di una pre-
cedente analisi, altrettanto capillare, di Porfirio, come ha ipotizzato Hadot 1971, p. 177.
Ringrazio Julia Annas, Richard Bett, Bruno Centrone, Riccardo Chiaradonua, Tiziano
Dorandi, Gabriele Giannantoni (ehe qui ricordo con commozione), David Sedley, che han-
no avuto la pazienza di leggere una prima versione di questo eontributo, offrendo utili
eommenti, Un grazie sincero va anehe a Bernard Besnier e Carlos Levy, che mi hanno for-
nito utili indicazioni e suggerimenti nel corso della discussione seguita alia presentazione
orale di questo lavoro, avvennta il 3 maggio 1997 a Parigi nelPambito del «Seminario di
filosofia ellenistica e romana», organizzato dallo stesso Levy; e a Walter Cavini, con il
quale ho avuto modo di discutere una successiva versione in occasione di un Seminario te-
nutosi il 25 marzo 1998 presso la eattedra di Storia della Filosofia Antica - Dipartimento
di Filosofia, Universita degli Studi di Bologna.
C a p it o l o q u a rto
NON SCIRE PER CAUSAS...

1. In modo forse inizialmente inconsapevole e poi via via, a partire da


Platone e Aristotele, con una coscienza sempre piu chiara del problema,
si puo dire che i filosofi antichi non abbiano mai cessato di cercare una
spiegazione o un insieme di spiegazioni, in grado di rendere conto della
struttura della realta attraverso Pindividuazione di quelle cause profonde,
che sole renderebbero conto della regolarita di processi finalmente sotto-
posti a controllo e addirittura inseribili in una catena coerente di predi-
zioni proiettate verso il futuro. Scire per causas: questo potrebbe essere
lo slogan riassuntivo di un simile sforzo interpretative, indirizzato a spie-
gare come stanno e come funzionano le cose nel mondo. Si tratta di uno
sforzo che pone al centra delfattenzione quel concetto di causa, che an­
cora oggi continua a costituire un punto di riferimento ineliminabile dei
dibattiti epistemologici e che mette immediatamente in gioco una serie di
altre nozioni, proprie di ambiti disciplinari fra loro diversi, talora anche
conflittuali.
Per render conto della complessita concettuale di tale questione, pos-
siamo ad esempio aprire la pagina introduttiva di un utilissimo volume
della serie degli ‘Oxford Readings in Philosophy’; qui i curatori (Ernest
Sosa e M ichael Tooley), nel presentare una ricca antologia di articoli di
autori di primo piano, fra cui Mackie, Davidson, Anscombe, von Wright,
Salmon, David Lewis, scrivono testualmente:

causazione, condizionali, spiegazione, conferma, disposizioni e leggi for-


mano un intreccio di argomenti strettamente correlati nell’ambito della metafi-
sica, della filosofia del linguaggio e della filosofia della scienza. In aggiunta, la
causazione gioca un ruolo importante in connessione con molti problemi in al­
tre aree filosofiche, soprattutto quelle della filosofia della mente e dell’episte-
mologia1.

Analizzare in dettaglio un simile intreccio - magari anche solo all’in-


tem o del mondo antico, rispetto al quale sarebbero in ogni caso necessarie
connessioni ancora piu ampie, con concetti quali quelli di azione, respon-
Emidio Spinelli 83

sabilita, scopo, senso, tipici delle conseguenze etiche della dottrina delle
cause - esula dallo scopo di questo contribute2. Anziche inseguire mete
cosi ampie e articolate, ho preferito piuttosto perseguire un obiettivo piu
limitato. Ecco perche mi concentrero unicamente su alcuni momenti della
lunga battaglia condotta dal neo-pirronismo antico contro la pretesa dog-
matica di fomire spiegazioni causali soddisfacenti e rigorose, nella spe-
ranza, pero, di poter quanto meno sfiorare alcuni temi importanti di teoria
della conoscenza, anche nei punti di contatto che essi possono vantare ri­
spetto alia riflessione epistemologica contemporanea.

2 .1 testi a nostra disposizione impongono la prima, inevitabile strozza-


tura a qualsiasi indagine sull’attacco scettico alio scire per causas. Non ab­
biamo infatti frammenti o testimonialize relativi al movimento filosofico
scettico, che riferiscano di un interesse per un simile attacco prima del I
sec. a.C.: non nei presunti ‘precursori’ deH’attitudine scettica, come ad
esempio Senofane; ne nell'altrettanto presunto fondatore dell’indirizzo pir-
roniano, ovvero Pirrone, o nel suo entusiasta ‘araldo’ Timone; ne, infine,
nella tendenza scettica inaugurata alFintemo delFAccademia da Arcesilao.
Certo, un discorso a se meriterebbero le obiezioni di Cameade, conservate
nel de fato di Cicerone, contro la complessa dottrina delle cause elaborata
da Crisippo. Benche esse introducano a questioni filosoficamente rilevanti
- anche per le implicazioni che hanno, contro ogni pretesa deterministica,
sul piano dell’esatta individuazione dello spazio riconoscibile alia liberta
dell'agente in campo morale - non posso e non voglio occuparmene in
questa sede3, visto che V obiettivo dichiarato e quello di esaminare i con­
tend della battaglia anti-causale esclusivamente in ambito pirroniano, anzi
meglio neo-pirroniano.
Fortunatamente questo obiettivo si rivela del tutto praticabile. Non
mancano infatti testimonianze sulle critiche contro l ’uso di spiegazioni
causali relative proprio al ‘rifondatore’ del pirronismo antico: Enesidemo.
Il testimone privilegiato, in questo caso, e per noi Sesto Empirico, che ri-
porta - con evidente intento dpotipotico’, a m o’ di schizzo, m a anche con
una certa ricchezza di particolari - i modi o ‘tropi", se si preferisce i tipi di
argomentazione, per l ’esattezza otto, elaborati da Enesidemo ‘contro gli
aitiologisti’. Analizziamo allora in dettaglio questa testimonianza (PH I
180-186), cercando di far emergere contemporaneamente sia il nucleo es-
senziale della posizione enesidemea sia la particolare attitudine di Sesto
nei confronti del suo predecessore.
84 Questions scettiche. Letture introduttive al pirronisrno antico

Da quest’ultimo punto di vista possiaino dire subito che il modo in cui


Sesto introduce gli otto tropi sembra confermare la relazione dialettica di
‘contiguita e distanza’ che egli intrattiene rispetto a Enesidemo. Da una
parte, infatti, nei paragrafi che precedono quelli che stiamo esaminando,
vengono presentati, a lungo e con dovizia di particolari, i dieci tropi della
sospensione del giudizio (in P H I 36-163: cfr. al riguardo supra, cap. II), i
cinque (di Agrippa, aggiungiamo) in PH I 164-177, i due ‘riassuntivi’ in
PH I 178-179 (da “noi” trasmessi, sottolinea Sesto). A questi, d ’altra par­
te, “alcuni”4 - scil. Enesidemo, come veniamo a scoprire immediatamen-
te - hanno aggiunto/affiancato altri modi di portata piu ristretta. Anche
questi ultimi, comunque. sono (da “noi”. ribadisce Sesto) ugualmente uti-
lizzabili. Essi agiscono contro la superbia dogmatica, soprattutto nel cam­
po ben defmito delle presunte spiegazioni scientifiche particolari, proprie
della loro physiologia.5
Mostrare 1’infondatezza (l’aggettivo usato da Sesto e infatti mochte -
ros), la non giustificabilita delle singole aitiologiai, piuttosto che la loro
falsita: e questo Tintento circoscritto perseguito da Enesidemo con i suoi
otto tropi. Esso non va confuso con, o semplicemente sovrapposto a, un al-
tro tipo di attacco, molto piu radicale, che la tradizione pirroniana aveva
sollevato contro il concetto di causa, contro la possibility stessa di consi-
derare qualcosa causa di qualcos’altro: e quello di cui ci occuperemo fra
poco, analizzando in particolare il passo conservato in PH JR 13-29 (e al-
tre testimonianze a esso collegate o collegabili). Una cosa possiamo co­
munque dirla sin d ’ora. L'analisi comparata delle due trattazioni anticau-
sali appena menzionate mostra un Sesto molto piu interessato alia demoli-
zione radicale che alle specifiche argomentazioni enesidemee, le quali
paiono menzionate soprattutto per una sorta di scrupolo di ‘completezza
bibliografica’. Ciononostante il resoconto sestano risulta apprezzabile sul
piano storiografico, se non altro perche, seppure in parafrasi, conserva ter-
minologia tecnica di Enesidemo6.
Il valore subordinato o meramente collaterale riconosciuto da Sesto
agli otto tropi, non armonicamente ‘cuciti’ rispetto alia trattazione prece-
dente, si manifesta anche nel tentativo che egli compie in PH 1 185-186 di
mostrare come al raggiungimento del medesimo scopo potrebbero “forse”
bastare i cinque tropi di Agrippa7. Ammesso infatti che i dogmatici avan-
zino una determinata spiegazione causale (C), essi verranno a trovarsi co­
munque intrappolati nella rete di Agrippa, per ragioni che possono per co-
modita essere ricapitolate nel seguente schema:
Emidio Spinelli 85

solo per ambito A per ipotesi

RELATIVITA IPOTESI

La confutazione enesidemea delle aittologiai dogmatiche, forse parte


integrante di un piu ampio attacco contro i dogmata che i filosofi ‘positi­
ve avevano elaborato per spiegare cio che e non-evidente, era probabil-
86 Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

mente contenuta nel quinto bhro dei suoi Discorsipirronianfi. La parafra-


si che ne offre Sesto, non accennando in alcun punto alia eventuality di di-
versi o piu numerosi elenchi, rispetta probabilmente sia il numero, sia l ’or~
dine originari, registrando perfino faccenno a un possibile uso polemico
‘misto’ degli otto tropi (cfr. PH I 185).
Di questi ultixni e opportuno offrire ora un resoconto, il piu possibile li-
neare e ordinato.

1. Il primo tropo combatte la convinzione dogmatica secondo cui una


determinata causa non manifesta (C) sarebbe confermata da osservazioni
relative a cio che appare (A). Il disaccordo che regna fra i dogmatici sma-
schera l’infondatezza di tale pretesa. Non esiste infatti alcuna A che possa
essere considerata quale concorde conferma di C.
Due diverse notazioni possono essere aggiunte a commento di questo
tropo. La prima e di carattere terminologico: il vocabolo greco che corri-
sponde a “conferma”, epimartyresis, e sicuramente tratto dal lessico tecni-
co della scuola epicurea, alia cui prosa e al cui annamentario concettuale
Enesidemo piu volte ricorre - ow iam ente piegandoli ai propri intent! po-
lemici, come vedremo anche oltre - nell’elaborazione degli otto tropi9.
La seconda osservazione. di piu am piaportata storico-filosofica, si fon-
da suiraccostam ento, proposto da alcuni interpret^ fra l ’obiezione enesi-
demea e la tesi di Quine (e Duhem), che sottolinea il carattere sottodi-
mensionato delle teorie rispetto ai dati da spiegare. Anche Enesidemo, in­
fatti, pare convinto che “qualsiasi insieme di dati possa essere organizzato
e spiegato da almeno due (e di fatto da infinitamente molte) teorie diverse
e incompatibili” 10.
2. La convinzione appena enunciata costituisce la migliore introduzio-
ne alia comprensione dell’esatto ambito di riferimento del secondo tropo
anticausale. Di fronte a un determinato oggetto x (aggiungerei: non-evi-
dente), passibile di una molteplicita indefinita di spiegazioni tutte ugual-
mente persuasive e valide, i dogmatici insistono spesso nel richiamarsi a
un’unica causa11.
Ancora una volta occorre rilevare come il ricorso alle spiegazioni m ul­
tiple fosse parte integrante della filosofia di Epicuro. Egli lo sfruttava so­
prattutto per evitare ogni caduta nel mitologismo eziologico, limitandone
f applicazione al campo di ta meteora12. Diverso appare invece il caratte­
re specifico delfobiezione di Enesidemo. Egli sembra infatti presupporre
la possibility che le spiegazioni multiple valgano indistintamente per qual­
siasi oggetto e dunque suggerire la necessity di non preferime alcuna, non
potendo noi stabilire quale di esse sia vera13. L’attacco di Enesidemo sem-
Emidio Spinelli 87

bra in ogni caso colpire indifferentemente sia quei dogmatici che di fatto
optano per una soluzione unica, compiendo cosi una scelta arbitraria, assi-
milabile all’assunzione ingiustificata di urn ipotesi contro cui far valere il
quarto tropo di Agrippa; sia quelli che stabiliscono solo in linea di princi­
ple la preferibilita di una causa rispetto alle altre.
3. Il terzo tropo e probabilmente rivolto in modo specifico contro le
dottrine atomistiche, che infatti offrono spiegazioni di singoli fatti o even-
ti del tutto ordinati ricorrendo a cause ultime prive di ordine14. La polemi-
ca ha forse radici piu antiche e mira a ribadire che spiegare fatti fra loro
distinti non implica automaticamente dar conto della loro connessione in
un tutto ordinato15.
4. Il quarto tropo sembra essere “niente di piu che un caso speciale del
secondo tropo”16. Se infatti il problema di partenza e quello di offrire una
soluzione per comprendere il mondo delle cose non manifeste e le sue ca-
ratteristiche, resta sempre aperta la possibility di ricorrere quanto meno a
due spiegazioni alternative:
a. potremrno infatti ipotizzare, per estensione analogica, che in esso tut­
to accada o si formi alio stesso modo “in cui accadono le cose che ap-
paiono” ;
b .forse potremrno tuttavia anche supporre che in esso tutto accada o si
formi non alio stesso modo “in cui accadono le cose che appaiono”, ma di-
versamente17.
I dogmatici optano precipitosamente per (a). Anche in questa occasio-
ne l ’allusione potrebbe essere ad alcune tesi atomistiche, che attribuisco-
no ai componenti ultimi del reale propriety - ad es. resistenza, peso, soli-
dita - registrabili solo a proposito delle cose manifeste. Enesidemo, inve­
ce, si limita a proporre l’equipollenza delle due possibili soluzioni (a) e
(b). Egli sembra quasi voler mettere in guardia contro qualsiasi ingiustifi-
cato oltrepassamento deH’orizzonte della nostra esperienza; o, con termi-
nologia piu tecnica, negare qualsiasi indebito passaggio inferenziale dal
mondo fenomenico a quello delle cose non evident!. Il bersaglio pare dun­
que essere un’attitudine epistemologica tipica non solo della dottrina ato-
mistica, ma anche dello stoicismo, nonche della medicina razionalistica18.
Gli ultimi quattro tropi sembrano implicarsi a vicenda. Il tipo di obie-
zioni che essi - insieme al terzo tropo - sollevano sembra essere inoltre piu
moderato, soprattutto in confronto con i tropi 1, 2 e 4, al punto che li si pud
etichettare come scettici “solo nel piu povero dei sensi”19.
5. Il quinto tropo sembra par tire dalla concessione secondo cui si pos-
sono individuare metodi comuni per i procedimenti scientifici20. Nono-
stante questo possibile punto d ’accordo, che dovrebbe essere garanzia di
88 Questioni scettiche. Letture infroduttive al pirronismo antico

reciproco e affidabile controllo, ogni scuola dogmatica resta acriticamen-


te fedele alle proprie ipotesi e di conseguenza preferisce servirsi di cause
esplicative unicamente in accordo con esse.
6. Il sesto tropo insiste su un ‘vizio’ tipico21 di molte teorie scientifiche.
Esse, pur di non mettere in discussione i propri fondamenti euristici, con-
tinuano ad accogliere solo quei fatti che parlano a favore delle proprie ipo­
tesi di partenza, ignorandone altri, pur se dotati di pari plausibilita (o
pithanotes),
7. Il settimo modo estende il raggio d ’azione del sesto, evidenziando un
errore spesso (ma dunque, implicitamente, non sempre) commesso dai
dogmatici. Essi ricorrono a cause la cui inaffidabilita e legata al contrasto
o incompatibilita che esse rivelano non solo rispetto alle cose manifeste,
ma anche alle stesse ipotesi di partenza che dovrebbero far loro da fonda-
mento ultimo.
8. La debolezza individuata dall’ottavo e ultimo tropo risiede neEa pre­
tesa dogmatica di offrire per fatti o eventi che sono oggetto di dubbio o che
ancora sottostanno alEindagine spiegazioni altrettanto incerte o ancora da
indagare22. Insomma, l’attacco enesidemeo si chiude con un netto rifiuto
di qualsiasi tentativo di chiarire obscurum per obscurius.

3. Se passiamo a esaminare le linee di fondo delEattacco clie Sesto


muove al concetto di causa in generale, possiamo dire subito che esso non
appare relegato in una sorta di appendice, come accadeva a quanto pare nel
caso degli otto tropi enesidemei, aggiunti quasi solo per amore di comple-
tezza, Al contrario, le obiezioni anticausali si insertscono in un piano com-
positivo coerente, di cui vale la pena forse individuare i tratti essenziali.
Tali obiezioni, infatti, si trovano nei paragrafi iniziali della prima parte del
terzo libro dei Lineamenti pirroniani, dedicata all'esam e critico delle dot-
trine fisiche avanzate dai dogmatici. La trattazione risponde anche in que­
sto caso sin dall’inizio alle esigenze di brevita richiamate gia nei paragra­
fi iniziali dello scritto (cfr. PH I 4). Sesto aggiunge tuttavia una precisa-
zione importante: verranno attaccate le tesi di fondo che sorreggono la fi-
sica dogmatica, non le dottrine specifiche che la caratterizzano, secondo
un metodo che era stato gia introdotto in precedenza23.
Coerentemente con questa impostazione del problema viene scelto co­
me primo tem a quello legato alia determinazione dei principi (archai) del­
la realta, che la dossografia antic a tendeva a presentare come oggetto spe-
cifico delle indagini fisiologiche fin dalla cosiddetta Scuola di M ileto24.
Per semplificare ulteriormente l ’argomento da trattare, Sesto accoglie
quindi una secca bipartizione dei principi stessi in materiali/attivi, che vie-
Ernidio Spinelli 89

ne ricondotta all’accordo di un’anonima maggioranza di pensatori (PH HI


2: para tois pleistois). Dal confronto con il passo parallelo del Contro i fi-
sici veniamo a sapere qualcosa in piu, ovvero che essa era stata proposta
da coloro che piu accuratamente si erano occupati di fisica, anzi ancora piu
esattamente dai migliori fra di loro (cfr. rispettivamente M IX 4 e 12). Ben-
chd la bipartizione in se sia una sorta di luogo comune, largamente diffu-
so e di cui possiamo ricostruire la presenza gia in Platone e Aristotele25, e
innegabile che essa fu particolarmente sfruttata in ambito stoico26.
Dovendo iniziare la sua confutazione Sesto sceglie di occuparsi dei
principi attivi (drastikai)21, il cui peso specifico, in fisica. e maggiore e che
dunque rispondono meglio alia sua esigenza di demolire le fondamenta di
tale disciplina.
N ell’impostare V esame polemico della questione Sesto si lascia guida-
re dalla opinio communis e ferma la propria indagine su quanto di piu at-
tivo o produttivo si possa immaginare: la divinita28. La batteria incrociata
delle sue obiezioni porta a concludere che l’esistenza del supremo princi-
pio causale, oltre a non poter essere colta in modo evidente e fenomenica-
mente diretto, non puo essere dimostrata neppure indirettamente, ovvero a
partire da cio che essa dovrebbe operate o portare a compimento29.
3.1 E a questo punto (PH III 13), che Sesto, dopo aver ironicamente
sottolineato come 1’incapacity dogmatica a produrre contro-argomentazio-
ni davvero efficaci rispetto alle obiezioni scettiche rischi di trasformarsi
solo in sterile invettiva30, offre un’ulteriore restrizione di campo per la sua
polemica. La trattazione sara infatti circoscritta - in modo piu generale
(koinoteron) - all’accezione di “causa attiva”31. La promessa di affrontare
la questione seguendo uno schema consolidato, che prevede prima 1’esa­
me del concetto (epinoia o ennoia ) dell’oggetto di indagine, seguendo le
affermazioni degli stessi dogmatici e poi quello della sua essenza o sussi-
stenza (ousia/hypostasis), non pare tuttavia mantenuta. Sesto, infatti arti-
cola il suo attacco in modo alquanto confuso: prima chiama in causa la
diaphonia dogmatica in merito alia determinazione sia del concetto32 sia
dell’esistenza reale di una causa; poi cita, quasi di sfuggita e senza ulte-
riori specificazioni, le opposte tesi sull’essenza, corporea o incorporea,
dello aition ;33 infine fomisce la definizione concettuale generale da cui
propriamente sarebbe dovuto partire.
Stando all’espressione che la introduce (koinoteron kafautous), tale defi­
nizione viene presentata come una sorta di ricapitolazione generale valida
per tutti i dogmatici34: causa e “cio a causa del cui agire si genera l ’effetto”35.
L’insistenza sul d i’ho ha fatto pensare a una sorta di calco della nozio-
ne stoica di causa36, propria gia di Zenone e di Crisippo secondo quanto
90 Question,}, scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico

testimonia un passo di Stobeo (S V F I 89 e II 33 6=Long-Sedley 55 A). Mi


sembra tuttavia opportuno aggiungere, con Barnes, che siamo qui di fron-
te a una sorta di ‘santificazione’ stoica di un luogo comune37. Quello che
comunque appare innegabile e che e stato ragionevolmente sottolineato,
con dovizia di confront! testuali, e “che la nozione di causa all’epoca di
Sesto era cambiata in modo tale da essere ristretta a realta che possono fa­
re una qualche cosa o un’altra e cosi esser causa di qualcosa” . Si tratta -
in questo caso si - di un cambiamento avvenuto soprattutto sotto l ’influs-
so degli stoici: per loro, infatti, “una causa e un corpo che fa una qualche
cosa o un’altra e nel far questo determina che un altro corpo sia affetto in
modo tale che qualcosa divenga vero di esso”38. Proprio il carattere triadi-
co di un simile modo di intendere la causalita, del resto, sembra emergere
dal passo successivo dell’esposizione di Sesto. Egli, infatti, forte di una de-
finizione di partenza comune - o meglio: ormai comunemente condivisa39
- ha buon gioco nel mostrare come subito si riproponga la diaphonia in
campo dogmatico in merito sia airindividuazione esatta della causa, che
oscilla a quanto pare fra un oggetto (il sole) e una sua proprieta (il suo ca-
lore), sia in merito agli effetti che dalla causa derivano. Alcuni infatti ri-
tengono che essa sia causa degli appellativi (sole —*> ‘scioglimento’ della
cera), altri dei predicati (sole ‘sciogliersf della cera). Il confronto con
altre fonti consente di attribuire la prima posizione a pensatori legati ad
Aristotele, la seconda a filosofi stoici (in particolare Cleante e Archede-
mo)40. Benche si tratti di una disputa ricca di implicazioni importanti sul
piano linguistico e ontologico, essa merita solo una fuggevole menzione e
sembra dunque rappresentare agli occhi di Sesto - che negli esempi ad-
dotti in PH sembra privilegiare la considerazione delfeffetto quale “ap-
pellativo” - qualcosa di “decisamente triviale”, probabilmente “non cen-
trale per il suo scopo polemico”41.
Seguendo di nuovo uno scrupolo di completezza tassonomica, piu che
un reale e profondo interesse filosofico, Sesto registra in PH III 15 la se-
guente partizione del concetto generale di causa42, intesa come efficiente
d i’ho e nel suo rapporto di simultaneity con feffetto;
a. alcune cause sono costitutive (synektika); b. altre cooperanti (synai-
tia)\ c. altre infine ausiliarie (synerga)43.
La suddivisione viene posta sotto l’autorita anonima di hoi pleious. Di
chi si tratta?
Volendo seguire con fedelta assoluta le indicazioni che ci da Seneca do-
vremmo escludere immediatamente proprio gli stoici, i quali, a differenza
di Platone e di Aristotele, evitano qualsiasi proliferazione di cause, qual­
siasi turba causarum, limitandosi a porre la capacita di causazione tutta e
Ernidio Spinelli 91

unicamente nel principio attivo (id quod facit), nella ratio scilicet faciens,
id est dens; ista enim quaecumque rettulistis non sunt multae et singulae
causae, sed ex una pendent, ex ea quae facit 44
Stando a quanto ci dicono altre fonti, pero, i prirni responsabili della
moltiplicazione delle cause - della produzione di uno smenos aition, come
dice Alessandro di Afrodisia (cfr. S V F I I 945) - sembrano essere per l ’ap-
punto gli stoici. Ad alcuni di loro (ovvero, quanto meno, a Posidonio) so­
no state ricondotte non solo una piu generale propensione (di colore peri-
pateticheggiante) alio aitiologein4-5, ma anche bipartizioni, tripartizioni e
quadripartizioni nella discussione dei differenti tipi di cause. In particola-
re e Plutarco (SVF II 997) a informarci di una distinzione posta da Crisip-
po fra due tipi di cause: quella perfetta (o autoteles) e quella semplice-
mente iniziale/antecedente (o prokatarktike). Nel senso della medesima bi-
partizione sembrano pronunciarsi sia la testimonianza di Gellio, priva tut­
tavia di qualsiasi sottile differenziazione terminologica rispetto al funzio-
namento del meccanismo causale (cfr. SVF II 1000), sia quella, la piu an-
tica al riguardo e quella quantitativamente piu estesa, del de fato di Cice­
rone (cfr. SVF H 974)46.
Se prescindiamo dai testi appena ricordati, nessun’altra fonte attribui-
sce esplicitamente agli stoici la patem ita di ulteriori, piu complesse distin-
zioni fra vari tipi di cause47. Abbiamo tuttavia una testimonianza di Gale-
no, n eir operetta de causis contentiuis, che riconosce agli stoici il primato
di ‘inventori’ del termine di causa contentiua o coniuncta (ovvero, nella
retro-traduzione greca, di aition synektikon). Essa va intesa come la ten-
sione o forza fisica esercitata dal pneuma per ten