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Commento

di Riccardo Chiaradonna*

1
Il commento: un genere letterario o uno stile di filosofia?
Da circa quattro secoli, il commento non figura tra i principali generi letterari della filosofia. Questo non vuol dire che non si scrivano pi commenti.
Tuttaltro: forse la produzione di commenti non mai stata tanto abbondante quanto negli ultimi cinquantanni, durante i quali edizioni annotate
e veri e propri commenti di classici del pensiero si sono susseguiti a ritmo
serrato. Fatte salve alcune eccezioni1, si tratta per di lavori eruditi, concepiti per essere consultati, piuttosto che letti da cima a fondo, come ausilio
alla lettura dei classici. Generalmente, il dibattito filosofico attuale non passa
per i commenti. Non una situazione nuova e le origini del declino del commento come forma letteraria della filosofia possono farsi risalire alla nascita
stessa del pensiero moderno, quando il richiamo alle autorit antiche cessa
di diventare garanzia di verit ed invece associato al pregiudizio da cui la
filosofia e la scienza devono emanciparsi per conquistare un solido fondamento. Due esempi celeberrimi possono illustrare la svolta impressa dalla
filosofia moderna sulla tradizione precedente. Da un lato, linizio della prima
Meditazione (1641) in cui Descartes si propone di ricominciare dalle fondamenta per stabilire qualcosa di solido nelle scienze, lasciando da parte ci
che aveva appreso fin dallinfanzia. Dallaltro, la caricatura dellaristotelico
Simplicio, pieno di cultura libresca e di venerazione per le autorit del passato, presentata nel Dialogo sopra i due massimi sistemi da Galilei (1632).
Significativamente, il nome Simplicio non contiene solo unallusione allo
scarso acume del personaggio, ma un preciso riferimento al neoplatonico
Simplicio di Cilicia (VI secolo d.C.), commentatore di Aristotele e in parti-

* Ringrazio Mauro Bonazzi e Paolo DAngelo per i loro suggerimenti. Questo contributo stato preparato nellambito del PRIN MIUR 2009 Le filosofie post-ellenistiche da Antioco a Plotino.
1. Cfr. lultima sezione di questo articolo.

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colare del De caelo. Allepoca di Galilei e Descartes la rivendicazione di originalit diventa parte integrante del discorso filosofico: in questo modo,
sono inevitabilmente poste le basi per il declino del commento come genere letterario della filosofia. Questo declino riguard gli stessi autori e le stesse correnti che, a vario titolo, proseguirono in epoca moderna la tradizione
scolastica: come noto Francisco Surez e dopo di lui Christian Wolff scrissero trattati sistematici di metafisica, ma non commenti ad Aristotele2.
Le cose, per, non sono sempre andate cos. La tradizione filosofica
antica e medievale mantiene per lo pi un atteggiamento del tutto diverso
rispetto allautorit degli antichi e lo strettissimo legame tra filosofia, esegesi e commento conseguenza di una simile posizione, nella quale il riferimento agli autori precedenti costituisce parte integrante dellelaborazione
filosofica. Sono per necessarie alcune precisazioni. In primo luogo, come
vedremo tra poco, anche se propria di molti filosofi greci una posizione
arcaizzante secondo la quale lautorit degli antichi concepita come garanzia di verit, il commento come genere letterario non si impone affatto da
subito. Let dei commenti filosofici vera e propria comincia solo nel I secolo a.C., dopo lepoca ellenistica, e per quanto sappiamo non mancarono voci
contrarie (per esempio Seneca), le quali lamentavano che la filosofia avesse
assunto un carattere libresco riducendosi a mera filologia. dunque necessaria prudenza nellassociare la filosofia legata al commento a tutta lantichit. In realt, limporsi del commento come genere letterario fu favorito
da precise circostanze storiche e culturali che si verificarono solo alla fine
dellet ellenistica (cfr. infra).
Uguale prudenza necessaria quando si afferma che la filosofia moderna e quella contemporanea hanno emarginato il commento e abbandonato
la concezione arcaizzante dellautorit. In effetti, larcaismo condiviso
anche da parte notevole della filosofia tra Otto e Novecento, la quale si
richiama esplicitamente allinsegnamento degli antichi individuando in loro
una comprensione filosofica almeno per alcuni aspetti superiore a quella dei
moderni. Il caso pi celebre sicuramente quello della tradizione tedesca,
esemplificata in autori come Nietzsche, Heidegger o Gadamer, ma si pu
pensare anche alle riprese che di quella tradizione sono state proposte in
ambito francese o italiano. Effettivamente, i celebri corsi di Heidegger sui
filosofi antichi possono in qualche modo essere ricondotti alla tradizione
premoderna della filosofia esegetica e del commento3.

2. Cfr., in particolare, J.-F. Courtine, Surez et le systme de la mtaphysique, PUF, Paris


1990 (trad. it. Il sistema della metafisica. Tradizione aristotelica e svolta di Surez, a cura di
C. Esposito, Vita e Pensiero, Milano 1999).
3. Tra i molti esempi, citerei in particolare i corsi su Aristotele nei quali Heidegger si
confronta con testi canonici per commentatori antichi e medievali, ossia lOrganon e la Metafisica: cfr. M. Heidegger, Logik: die Frage nach der Wahrheit (Wintersemester 1925/26), Klo-

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In un famoso articolo, Barry Smith ha individuato proprio nel legame


con il commento laspetto distintivo della filosofia continentale, quello che
pi chiaramente la separerebbe dalla filosofia analitica4. Mentre, infatti, la
filosofia continentale particolarmente quella tedesca sarebbe orientata
verso il testo e sarebbe volta a situare s stessa in una tradizione di auctoritates, la filosofia anglosassone e le scuole che si rifanno a essa sarebbero
orientate verso largomentazione e sostanzialmente svincolate dal principio
di autorit. Osserva Smith:
Da una parte abbiamo quelle che potremmo chiamare le culture del commento
filosofico di Germania, Francia e Italia, dove i filosofi (lasciando da parte un piccolo numero di infiltrati dal campo analitico) continuano a rispettare (ancorch in
modi diversi) le vecchie consuetudini delle tradizioni orientate verso il testo. Qui i
filosofi sono tipicamente governati dallidea che la filosofia debba essere qualcosa
di serio e profondo, e sono abituati allidea che i testi filosofici debbano impiegare
un linguaggio complicato ed ermetico. Dallaltra parte (e per cos dire agli antipodi) abbiamo quelle che, dal punto di vista filosofico, sono le culture non legate al
commento dellInghilterra contemporanea e delle sue antiche colonie, della Scandinavia, della Polonia e dellAustria, dove la filosofia, o almeno la sua corrente principale, priva di questo orientamento e di questa formazione testuali. Qui gli scritti dei filosofi sono caratterizzati da un tipo di semplice superficialit di stile che in
tempi precedenti e in altri luoghi si sarebbe potuto facilmente liquidare come non
filosofica5.

La mappa della filosofia tracciata da Smith va a tutto vantaggio dei territori esterni alla filosofia orientata verso il testo, e il modo in cui egli presenta la tradizione dei commenti piuttosto parziale: ne sottolinea gli aspetti
deteriori e persino caricaturali (la sudditanza verso lautorit, la fascinazione esercitata dal linguaggio oscuro) lasciando da parte i contributi filosoficamente pi interessanti di quella tradizione. Per esempio, come vedremo,
si deve alla tradizione dei commenti su Aristotele la prima formulazione,
proprio attraverso lesegesi dei testi autorevoli, di questioni che hanno fortemente influenzato il dibattito fino allepoca presente (la questione degli
universali, i dibattiti sullessenzialismo ecc.).
Alcune distinzioni proposte da Smith sono daltronde troppo generistermann, Frankfurt am Main 1995 (II ed. rivista) (trad. it. Logica. Il problema della verit,
Mursia, Milano 1986); Aristoteles, Metaphysik 1-3. Von Wesen und Wirklichkeit der Kraft,
Klostermann, Frankfurt am Main 1990 (II ed. rivista) (trad. it. Aristotele: Metafisica 1-3:
sullessenza e la realt della forza, Mursia, Milano 1992).
4. Cfr. B. Smith, Textual Deference, in American Philosophical Quarterly, 28, 1991,
pp. 1-13.
5. Ivi, pp. 7-8.

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che, al punto da risultare fuorvianti. La Francia, per esempio, costituisce


un reale problema per la sua classificazione ed egli ne appare cosciente6.
La sua ricostruzione prende particolarmente in esame gli autori francesi
degli ultimi decenni, influenzati a vario titolo da Heidegger e dalla fenomenologia (e in effetti Derrida il principale bersaglio polemico nel contributo di Smith). Ma davvero difficile ascrivere alla commentary tradition la
filosofia di Descartes e la sua posterit. molto significativo che la ricezione di Aristotele in Francia sia stata, fino a tempi relativamente recenti,
assai controversa, proprio in quanto Aristotele era associato alla scolastica avversata da Descartes7. Altre obiezioni sono possibili. Per esempio,
alcuni degli esponenti pi significativi e autorevoli della scuola anglosassone hanno sviluppato il loro pensiero in costante dialogo con la tradizione pi antica tanto che, accogliendo senza qualificazioni la classificazione
di Smith, essi sembrerebbero vicini pi alla commentary tradition continentale che alla scuola analitica vera e propria: a questo proposito, baster ricordare i nomi di Peter Geach, Bernard Williams, Anthony Kenny,
Donald Davidson (autore, proprio come il continentale Gadamer, di
una dissertazione sul Filebo di Platone), John McDowell (autore di un
commento al Teeteto)8.
Va detto, infine, che il contributo di Smith riflette la situazione culturale di oltre ventanni fa, quando in Germania, Italia e Francia dominavano
fenomenologia ed ermeneutica, mentre la filosofia analitica era riservata a
circoli piuttosto ristretti. A distanza di tanto tempo, la situazione profondamente mutata e si pu anzi affermare che il mainstream filosofico in quei
paesi (soprattutto la Germania) sia ormai largamente egemonizzato dalla
filosofia analitica di origine anglosassone. Se questo abbia condotto a superare i limiti propri della commentary tradition, oppure abbia portato a leggere la stessa filosofia analitica attraverso quei tratti caratterizzanti una
questione che pu essere lasciata aperta qui, ma che meriterebbe sicuramente un esame approfondito. Vi sono, daltronde, voci autorevoli che contestano alla stessa filosofia analitica di essersi in parte irrigidita diventando
6. Cfr. ivi, p. 8.
7. Vi su questo un importante articolo di J. Brunschwig, Un ennemi dAristote Paris:
Lon Brunschvicg, in J. Wiesner (hrsg.), Aristoteles. Werk und Wirkung (Festschrift P. Moraux),
de Gruyter, Berlin-New York 1987, II, pp. 596-620.
8. Cfr. D. Davidson, Platos Philebus, Garland, New York 1990; J. McDowell, Plato.
Theaetetus, translated with Notes, Clarendon Press, Oxford 1977. Per maggiori approfondimenti, cfr. C. Natali, Due dissertazioni scritte in fretta. Gadamer e Davidson sul Filebo di
Platone, in Mthexis, 20, 2007, pp. 113-43; F. Trabattoni, Dialettica, ontologia ed etica nel
Filebo. Linterpretazione di Hans Georg Gadamer, in Id., Attualit di Platone. Studi sui rapporti fra Platone e Rorty, Heidegger, Gadamer, Derrida, Cassirer, Strass, Nussbaum e Paci, Vita
e Pensiero, Milano 2009, pp. 127-40.

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(piuttosto ironicamente) dogmatica e per certi versi simile alla tanto deprecata tradizione scolastica9.
stato necessario richiamare brevemente questi dibattiti causati dalluso
generale della categoria di commento. Tuttavia, non questa accezione
ampia (e forse un po vaga) del termine che si intende investigare nel presente contributo, ma quella molto pi ristretta che associa il commento a
un preciso genere letterario, composto da testi la cui funzione spiegare sia
la lettera sia il contenuto filosofico di altri testi. Come vedremo oltre, vi sono
alcuni aspetti centrali che separano i commenti antichi e medievali rispetto
ai commenti eruditi della storiografia contemporanea. Ma vi sono aspetti
altrettanto (se non addirittura pi) evidenti che separano i commenti antichi e medievali rispetto alle opere di quella che, nella classificazione di Smith,
pu essere chiamata la commentary tradition continentale. Un commento
antico e medievale risponde a precise convenzioni e deve soddisfare requisiti ben definiti. Nei commenti maggiori, il testo diviso in porzioni (lemmi)
di lunghezza generalmente piuttosto breve (ma non vi una regola precisa
e lampiezza dei lemmi pu variare molto da caso a caso). (1) In rapporto a
ciascun lemma, lautore deve spiegare la lettera, discutendo il testo trasmesso ed eventuali discrepanze nella tradizione e spiegando le difficolt linguistiche e grammaticali (per esempio il significato di termini inusuali). (2) A
questo primo requisito si unisce una parafrasi, nella quale il testo riformulato ed espanso in modo da ottenere chiarezza sul suo contenuto (evidentemente, una simile parafrasi spesso tuttaltro che neutrale ed fortemente
collegata alla peculiare interpretazione del commentatore). (3) Inoltre, sono
menzionati e alloccorrenza discussi passi paralleli nel corpus di quellautore, nella convinzione largamente condivisa dai commentatori antichi e
medievali che la sua opera sia un tutto coerente: dunque possibile richiamare passi di altri scritti per spiegare luoghi oscuri e, qualora sussistano
apparenti incoerenze tra il passo commentato e altri luoghi del corpus,
compito del commentatore affrontare questa difficolt proponendone una
soluzione. (4) Infine, il commentatore antico e medievale situa s stesso non
solo rispetto allautorit commentata, ma anche rispetto alla tradizione esegetica relativa a quellautorit. Vi sono questioni standard affrontate dalla
tradizione in rapporto a un certo testo, che il commentatore deve discutere
proponendo una soluzione e criticando interpretazioni rivali. Come vedremo, sono aspetti che, a vario titolo, caratterizzano la letteratura dei commenti fin dallinizio e durano per oltre 1.500 anni10. Gi i commentatori delle

9. Cfr., per esempio, C. Cellucci, Perch ancora la filosofia, Laterza, Roma-Bari 2008.
10. Questi punti si trovano molto ben discussi, in rapporto ai commenti medici di Galeno, da H. von Staden, A Woman Does Not Become Ambidextrous: Galen and the Culture

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Categorie di Aristotele del I secolo a.C., per quello che possiamo sapere,
includevano questi punti nella loro esegesi e, fatto estremamente notevole,
situavano la loro interpretazione complessiva rispetto a letture rivali pi
antiche, la cui origine in parte ci sfugge.
Per la maggior parte, questi aspetti sono propri anche dei moderni commenti eruditi (come vedremo in seguito, altri sono i punti che dividono i
commenti eruditi moderni dai commenti antichi e medievali) ma mancano,
tutti o quasi, nelle opere della cosiddetta commentary tradition. Questo vale
anche se si considerano i casi pi vicini alla tradizione dei commenti, per
esempio i corsi dedicati da Martin Heidegger ad Aristotele. In effetti, le preoccupazioni propriamente esegetiche di quei corsi sono molto ridotte (ammesso che siano affatto presenti) e il confronto con la tradizione interpretativa
relativa ad Aristotele piuttosto esiguo. Vi si trova, invece, lelaborazione
della riflessione filosofica propria di Heidegger nel suo confronto con Aristotele. Pi che per il lettore di Aristotele, quei corsi sono interessanti per
linterprete di Heidegger11. Il carattere spesso idiosincratico delle interpretazioni proposte da Heidegger un elemento evidente di separazione rispetto
alla tradizione dei commenti antichi e medievali, i quali elaboravano anche
le loro letture pi profonde (e originali nel senso preciso da assegnare a
questo termine quando si parla di commentatori) premurandosi di collocarle nella tradizione delle esegesi gi presenti. Costante in Heidegger e nei suoi
discepoli invece lintento opposto, quello cio di rompere con la tradizione
scolastica proponendo una nuova lettura degli antichi, pi fedele (a loro
dire) rispetto alloriginario senso filosofico di quelle opere.
Come noto, un simile atteggiamento incorso nel rimprovero di aver
fornito letture piuttosto arbitrarie. A loro volta, i seguaci dellinsegnamento
heideggeriano hanno risposto a queste critiche e il confronto tra le opposte
vedute sul dossier Heidegger e gli antichi assunse, in anni ormai lontani,
toni piuttosto vivaci12. Comunque sia, un punto sembra innegabile: al di l
delle apparenze, lo stesso arcaismo di Heidegger deve molto alla concezione
moderna delloriginalit filosofica ed estremamente lontano dalla connessione tra filosofia ed esegesi che si espressa nei commenti antichi e medieof Scientific Commentary, in R. K. Gibson, C. Shuttleworth Kraus (eds.), The Classical Commentary: Histories, Practices, Theory, Brill, Leiden 2002, pp. 109-39, spec. pp. 110-7.
11. Cfr. il celebre studio di F. Volpi, Heidegger e Aristotele, Laterza, Roma-Bari 2010
(II ed.).
12. Particolarmente istruttivo stato il confronto tra Jonathan Barnes e Pierre Aubenque,
due grandi intepreti della filosofia antica dalle vedute diametralmente opposte: J. Barnes, Heidegger splologue, in Revue de Mtaphysique et de Morale, 95, 1990, pp. 173-95; P. Aubenque, Lhistoire de la philosophie est-elle ou non philosophique? Oui et non, in B. Cassin (d.),
Nos Grecs et leurs Modernes: les stratgies contemporaines dappropriation de lAntiquit,
Seuil, Paris 1992, pp. 17-36.

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vali. Un ulteriore segnale di questo fatto limpatto tutto sommato limitato


della lettura heideggeriana sulla storiografia filosofica relativa agli stessi testi
commentati da Heidegger. Fatte salve alcune eccezioni (in particolare linterpretazione di Repubblica, VI-VII e di Etica nicomachea, VI), linfluenza della
lettura di Heidegger nellesegesi contemporanea di Platone e Aristotele non
stata particolarmente ampia13, mentre fatto molto interessante molto
pi estesa e pervasiva stata linfluenza della filosofia analitica14.
Interrogarsi sulle ragioni di tutto questo non compito del presente
contributo, ma alcune conclusioni emergono sin dora. Si pu parlare di
commento in senso ampio (indicando uno stile di filosofia collegato allesegesi di testi autorevoli) e in senso specifico (indicando un preciso genere
letterario composto di testi che spiegano la lettera e il contenuto di altri
testi). Come si cercato di mostrare, usare commento in senso largo per
caratterizzare intere scuole filosofiche non molto consigliabile, ed facile
incorrere in generalizzazioni o letture banalizzanti (larticolo, pur molto
brillante, di Barry Smith lo dimostra a sufficienza). Ammesso che sia assolutamente necessario trovare la cifra della differenza tra analitici e continentali, questa differenza non pu collocarsi nellappartenenza o meno a
una commentary tradition. Diverso invece il discorso relativo al commento nella sua accezione ristretta. Chiedersi perch opere filosofiche appartenenti al genere letterario del commento abbiano svolto un ruolo cos importante nella filosofia da Andronico di Rodi a Giordano Bruno, ossia dal 50 a.C.
al 1600 circa, perch non avessero questo ruolo prima e perch cessarono
di averlo dopo, non una questione banale e pu essere utile cercare di fornire qualche risposta.

2
La nascita del commento filosofico
Come si detto, il riferimento allautorit degli antichi fu ben presto un tratto caratterizzante della filosofia greca e ugualmente precoce il legame che
si stabil tra filosofia ed esegesi. Le origini lontane di questo fatto coincidono
con le origini stesse della filosofia greca, se solo si pensa che lesegesi allego13. Oltre ai contributi di Hans-Georg Gadamer sul pensiero antico, fanno eccezione in
particolare gli studi di Pierre Aubenque, che risent profondamente della lezione di Heidegger. Si vedano, in particolare, le due monografie Le problme de ltre chez Aristote. Essai sur
la problmatique aritotlicienne, PUF, Paris 1962 e La prudence chez Aristote, PUF, Paris 1963.
Sullinterpretazione di Platone, cfr. F. Trabattoni, Linterpretazione heideggeriana della dottrina delle idee e le sue premesse. Alcune osservazioni, in Id., Attualit di Platone, cit., pp. 109-26.
14. Per una panoramica, cfr. J. Annas, Ancient Philosophy for the Twenty-First Century,
in B. Leiter, The Future for Philosophy, Oxford University Press, Oxford 2004, pp. 25-43.

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rizzante di Omero elaborata da Teagene di Reggio nel VI secolo a.C. rivela


punti di contatto con le dottrine dei primi pensatori naturalisti (in particolare Anassimandro e Anassimene), e che, pi o meno nello stesso periodo,
Senofane di Colofone, forse bersaglio polemico di Teagene, sviluppava il suo
pensiero sulla fisica e la teologia in riferimento costante (soprattutto, ma non
soltanto, polemico) a Omero15. Il legame tra filosofia greca ed esegesi omerica rimase daltronde ben saldo per circa mille anni, fino ai neoplatonici Porfirio e Proclo. La pratica dellesegesi inoltre ben documentata nella sofistica. Purtroppo i testi sono andati perduti, ma le testimonianze posteriori
forniscono in proposito notizie estremamente importanti. In particolare, il
Protagora di Platone testimonia dellesistenza di una pratica di esegesi filosofica (almeno in senso lato) relativa sia ai miti (il mito di Prometeo reinterpretato da Protagora) sia ai poeti. La lunga sezione in cui Socrate, probabilmente parodiando i metodi esegetici dei sofisti, discute un carme di
Simonide proponendone unesegesi dettagliata (Prot. 339a-347a) ha una posizione particolarmente importante nella preistoria del commento filosofico.
Essa stata giustamente definita come il primo esempio di un commento in
via di formazione, nella misura in cui rispecchia uno stato gi abbastanza elaborato di esegesi formale e incorpora con buona probabilit metodi esegetici formulati dagli interpreti di Omero e dai sofisti16. In effetti, sono presenti nella discussione di Socrate alcuni aspetti che diventeranno poi tipici dei
commenti. Socrate afferma di conoscere lintenzione dellautore, fa uso di
argomenti grammaticali e propone modi differenti di illustrare il significato
del testo commentato (341c-d, 347a), per esempio quello di ammettere che
una parola sia assunta secondo un significato inusuale (341b). Inoltre, la sua
interpretazione include in nuce quelli che diventeranno poi veri e propri
principi ermeneutici nella letteratura dei commenti: limportanza della coerenza interna (341e) e lidea che sia possibile attribuire al poema un intento
unitario piuttosto che interpretare singole frasi o parole (quella che in seguito diventer la questione dello skopos dellopera commentata)17.
Tutto questo non deve comunque indurre a retrodatare al V-IV seco15. Cfr. M. Domaradzki, Theagenes of Rhegium and the Rise of Allegorical Interpretation,
in Elenchos, 32, 2011, pp. 205-27, e H. Baltussen, From Polemic to Exegesis: The Ancient
Philosophical Commentary, in Poetics Today, 28, 2007, pp. 247-81, spec. pp. 252-3. Lo studio di Baltussen mi stato di particolare aiuto nella stesura di questi paragrafi.
16. Cfr. ivi, p. 256. Per maggiori dettagli sullesegesi letteraria nella sofistica e il suo significato, cfr. M. Bonazzi, I sofisti, Carocci, Roma 2010, pp. 65-72, con ricche indicazioni bibliografiche. Come osserva Bonazzi, elaborando strategie di lettura diverse e spesso antagoniste
a quelle tradizionali, i sofisti si presentano come gli eredi dei rapsodi [] confermando la
pretesa di essere i nuovi maestri, capaci di impartire un insegnamento adeguato alle necessit del nuovo mondo della polis (ivi, p. 66).
17. Cfr. Baltussen, From Polemic to Exegesis, cit., pp. 256-7.

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lo a.C. la nascita del commento filosofico. Il Protagora testimonia una pratica esegetica parzialmente formalizzata, non lesistenza di commenti filosofici. Lo stesso pu dirsi di Aristotele. Anche in questo caso, possibile
rintracciare in alcuni passi dei trattati la presenza di pratiche esegetiche ben
definite, senza che questo possa condurre a situare in Aristotele la nascita
del commento filosofico18. Quando effettivamente siano stati composti i
primi commenti filosofici, ossia testi di filosofia strutturati come commenti
di altri testi, materia di controversia. In particolare, incerto se il testo
conservato nel Papiro di Derveni (circa met del IV secolo a.C.), composto
probabilmente nella seconda met del V secolo e contenente linterpretazione allegorica di un poema religioso orfico, possa essere ascritto al genere
letterario del commento filosofico. I paralleli con il pensiero presocratico
sono estesi e di grande importanza: il testo di Derveni una delle maggiori
acquisizioni recenti per ricostruire il pensiero greco arcaico e testimonia la
presenza di elaborate pratiche esegetiche nel V secolo a.C. Questo per non
basta per considerare lopera come un esempio di commento filosofico e in
effetti la sua distanza rispetto agli esempi posteriori molto forte. Guardare al testo di Derveni come al capostipite dei commenti filosofici antichi
sarebbe per lo meno azzardato. Lopera a cavallo tra religione e filosofia
e ha ben poco a che spartire (poniamo) con i successivi commenti ad Aristotele. Anche tenendo conto della persistente incertezza sullinterpretazione globale dellopera, sembra prudente sospendere il giudizio19.
Si dunque ricondotti alla questione iniziale. Certamente vi erano metodi esegetici elaborati e parzialmente codificati gi nel V secolo a.C. e sicuramente i pensatori di quellepoca erano perfettamente familiari con essi.
Resta da capire quando questa pratica diede luogo a un vero e proprio genere letterario composto da opere filosofiche scritte sotto forma di commento ad altre opere filosofiche. Per quanto riguarda lepoca ellenistica non
mancano notizie interessanti, ma il panorama rimane ancora una volta interlocutorio. Proclo (V secolo d.C.) richiama Crantore, un componente nellAntica Accademia vissuto tra IV e III secolo a.C., come il primo interprete
[] di Platone (Procl., In Tim. I, 76, 1-2, vedi anche I, 277, 8 Diehl).
Certamente Crantore comment il Timeo e cospicuo materiale esegetico
risalente a lui riportato da Proclo e Plutarco. Tuttavia, non sicuro che
18. Cfr. ivi, pp. 158-9. Sezioni esegetiche sono frequenti nei trattati conservati e soprattutto nelle parti in cui Aristotele discute le dottrine dei predecessori (per esempio Metaph. I,
Phys. I, De an. I).
19. La letteratura critica vastissima e non certamente questa la sede per darne conto.
Per una rapida presentazione, cfr. ancora Baltussen, From Polemic to Exegesis, cit., p. 251.
Chi fosse interessato al dibattito pi recente potr consultare gli studi raccolti in AA.VV., Papiri filosofici. Miscellanea di Studi VI, Olschki, Firenze 2011.

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Crantore abbia scritto un vero e proprio commento continuo al Timeo (


possibile, per esempio, che egli abbia commentato dei passi scelti)20. Se si
ammette che Crantore stato il primo commentatore del Timeo, si deve
comunque anche ammettere che linfluenza della sua opera non fu immediata. Notoriamente, lAccademia ellenistica prese ben presto altre strade,
volgendosi verso un indirizzo aporetico e scettico, tanto che solo nel I secolo a.C., circa due secoli dopo Crantore, lesegesi del Timeo torn in primo
piano tra i seguaci di Platone. Sappiamo che lavori esegetici erano composti nel Giardino di Epicuro in rapporto sia a Platone (Colote) sia alle opere
del caposcuola (Demetrio Lacone), e che gli stoici composero opere esegetiche su Esiodo, Omero ed Eraclito, ma le notizie rimangono tutto sommato limitate21. Lesempio pi interessante di questa situazione dato da Aristotele e dalla sua scuola. Limponente lavoro di catalogazione e
interpretazione delle dottrine filosofiche e scientifiche intrapreso nel Liceo
non diede luogo a veri e propri commenti22. Come per lAccademia, daltronde, la scuola prese ben presto un indirizzo diverso che la allontan per
circa due secoli dallimpostazione scientifica ed erudita di Aristotele e Teofrasto. Questa situazione interlocutoria dur fino al I secolo a.C.
Come spesso accade, gli elementi rimasti per secoli allo stato incoativo
ebbero uno sviluppo molto rapido e per certi aspetti improvviso: ci accadde nel I secolo a.C. a questa epoca che risalgono la vera e propria nascita
del commento filosofico e il suo rapido imporsi come genere letterario in
particolare tra i platonici e gli aristotelici. Le ragioni che ne determinarono
il rapido sviluppo sono ancora oggi oggetto di vivace discussione23. Un even20. Cfr. Baltussen, From Polemic to Exegesis, cit., pp. 257-8. Su Crantore si veda la presentazione in J. Dillon, The Heirs of Plato. A Study of the Old Academy (347-274 BC), Clarendon Press, Oxford 2003, pp. 216-31.
21. Per indicazioni pi precise rimando ancora allo studio di Baltussen, From Polemic
to Exegesis, cit., pp. 258-9.
22. Cfr. ivi, p. 259.
23. Tra gli studi pi significativi sulla transizione del I secolo e sul legame che vi si viene
a stabilire tra filosofia ed esegesi, cfr. P. Hadot, Thologie, exgse, rvlation, criture dans
la philosophie grecque, in M. Tardieu (d.), Les rgles de linterprtation, Cerf, Paris 1987,
pp. 13-34 (ristampato in P. Hadot, tudes de philosophie ancienne, Les Belles Lettres, Paris
1998, pp. 27-58); P. Donini, Testi e commenti, manuali e insegnamento: la forma sistematica e
i metodi della filosofia in et postellenistica, in Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt,
II, 36, 7, de Gruyter, Berlin-New York, pp. 5027-100 (ristampato in Id., Commentary and Tradition. Studies in Aristotelianism, Platonism, and Post-Hellenistic Philosophy, ed. M. Bonazzi, de Gruyter, Berlin-New York 2010, pp. 211-81); M. Frede, Epilogue, in K. Algra, J. Barnes
et al. (eds.), The Cambridge History of Hellenistic Philosophy, Cambridge University Press,
Cambridge 1999, pp. 771-97; D. Sedley, Philodemus and the Decentralisation of Philosophy,
in Cronache Ercolanesi, 33, 2003, pp. 31-41; G. Karamanolis, Plato and Aristotle in Agreement? Platonists on Aristotle from Antiochus to Porphyry, Clarendon Press, Oxford 2006;
R. W. Sharples, Habent Sua Fata Libelli: Aristotles Categories in the First Century BC, in

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to spesso richiamato a questo riguardo la rinascita di interesse per i trattati di Aristotele in conseguenza delledizione apprestata da Andronico di
Rodi: essa avrebbe determinato la nascita dellaristotelismo scolastico collegandolo alla redazione dei commenti. Contemporaneamente, i filosofi platonici abbandonarono lindirizzo scettico di epoca ellenistica elaborando
uninterpretazione sistematica dei dialoghi: da qui lo sviluppo di commenti anche in ambito platonico, ben attestato dopo la fine dellellenismo. Simili spiegazioni non sono necessariamente false, ma restano piuttosto riduttive e, comunque, fanno appello a fatti di difficile ricostruzione (per esempio,
del tutto aperto il dibattito sulledizione di Andronico, il suo carattere e
la sua stessa esistenza)24.
Probabilmente per dar conto dellimprovviso sviluppo del commento
non basta una singola spiegazione, ma si deve far riferimento a un insieme
di concause. In primo luogo, si notato che la nascita del commento filosofico collegata a una svolta in senso classicistico nella filosofia, che coincide con la fine dellellenismo e si origina tra la fine del II e linizio del I secolo a.C.25. Non furono coinvolti solo filosofi platonici e aristotelici, ma
probabile che inizialmente siano stati proprio gli stoici del tempo a promuoverla. Sappiamo infatti che Panezio e Posidonio furono fortemente interessati a Platone e ad Aristotele, che si ritiene ebbero per questi stoici la posizione di vere e proprie autorit: in questo modo si sarebbe determinata una
situazione nuova rispetto al precedente stoicismo ellenistico, che tendeva e
distanziarsi rispetto agli autori del IV secolo. A dire il vero, non tutti gli interpreti condividono simili conclusioni, ma linteresse di Panezio e Posidonio
verso Platone e Aristotele appare difficile da mettere in dubbio. Almeno in
alcuni casi, un simile interesse si associava a un lavoro sul testo, ben attestato nel caso di Panezio sulle opere di Platone26. Rifarsi ad autori classici impliActa Antiqua Hungarica, 48, 2008, pp. 273-87. Maggiori dettagli in R. Chiaradonna, Platonist Approaches to Aristotle. From Antiochus of Aschalon to Eudorus of Alexandria (and
Beyond), in M. Schofield (ed.), Plato, Aristotle and Pythagoras in the First Century BC, Cambridge University Press, Cambridge in press.
24. Mi limito a rinviare a due fondamentali contributi su questo tema: P. Moraux, Der
Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von Aphrodisias, Bd. I, Die
Renaissance des Aristotelismus im I Jh. v. Chr., de Gruyter, Berlin-New York 1973, pp. 3-94;
J. Barnes, Roman Aristotle, in J. Barnes, M. Griffin (eds.), Philosophia Togata II. Plato and
Aristotle at Rome, Clarendon Press, Oxford 1997, pp. 1-69.
25. Cfr. Frede, Epilogue, cit., pp. 782-4.
26. Particolare interesse ha suscitato, a questo proposito, un passo del trattato di Galeno De indolentia recentemente riscoperto, nel quale si menziona un tra
i libri perduti nellincendio delle biblioteche del Palatino nel 192 d.C. (cfr. Gal., Ind. 13; cfr.
Galien. Ne pas se chagriner, texte tabli et traduit par V. Boudon-Millot et J. Jouanna, Les
Belles Lettres, Paris 2010, p. 6, 1). Di che cosa si tratti precisamente tuttavia controverso:
secondo alcuni studiosi Panezio avrebbe apprestato unedizione di Platone, mentre secondo

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cava, in effetti, dotarsi degli strumenti per leggere i loro scritti e interpretarli in maniera appropriata. Nelle (tutto sommato esigue) testimonianze
relative ai filosofi del I secolo a.C. il riferimento agli antichi sorprendentemente frequente. La nascita di commenti fu certamente favorita da questo
clima culturale.
Cruciale importanza in questo processo ebbero, con ogni probabilit,
gli eventi che portarono alla chiusura delle scuole filosofiche ateniesi intorno all86 a.C., quando Atene fu saccheggiata da Silla durante la Prima guerra mitridatica27. Si deve ricordare che durante tutta lepoca ellenistica le
scuole filosofiche erano rimaste ad Atene: la fioritura culturale e scientifica
di Alessandria non aveva insidiato il primato (di fatto un vero e proprio
monopolio) filosofico di Atene. Per circa tre secoli i filosofi dellAccademia
e del Peripato erano stati legati ai loro capiscuola da una reale continuit
istituzionale. Tutto questo fin nella prima parte del I secolo a.C. Con il venir
meno delle scuole filosofiche ateniesi, la filosofia incorse in una decentralizzazione nei principali centri del Mediterraneo, in primo luogo Alessandria e Roma. Non vi erano pi, dunque, lAccademia, il Liceo, la Stoa e il
Giardino, ma vi erano, sparse nel Mediterraneo, scuole e cerchie di filosofi
che si richiamavano allautorit dei capiscuola ateniesi senza poter rivendicare rispetto a loro il privilegio di una continuit istituzionale. Le conseguenze di questo processo che ha in realt ancora una volta origini pi
lontane e pu essere fatto risalire allemergere di Roma come potenza non
solo politica e militare, ma anche culturale e ideologica a partire dalla met
del II secolo a.C. furono decisive. Come effetto della decentralizzazione
delle scuole, Alessandria nel I secolo a.C. divent un importante centro filosofico e mantenne questa posizione per molti secoli, fino al termine dellantichit. Anche se, ancora una volta, molti dettagli sfuggono probabile che
la nascita dei commenti sia stata favorita dallassimilazione da parte dei filosofi dei metodi filologici propri della cultura alessandrina28. La figura del

altri si trattava di una semplice copia dei dialoghi posseduta da Panezio e da lui annotata.
Cfr. in proposito T. Dorandi, Editori antichi di Platone, in Antiquorum Philosophia, 4,
2010, pp. 161-74. Sui lavori di Posidonio su Platone e Aristotele, cfr. Frede, Epilogue, cit.,
pp. 774-5, 778. La posizione di Panezio e Posidonio rispetto agli stoici del III secolo stata
ampiamente discussa e non tutti ritengono che si abbia con loro un ritorno a Platone e ad
Aristotele: si veda in particolare T. Tieleman, Chrysippus On Affections: Reconstruction and
Interpretations, Brill, Leiden 2003.
27. Si veda su tutto questo Hadot, Thologie, exgse, rvlation, criture, cit., e Sedley,
Philodemus and the Decentralisation of Philosophy, cit.
28. Cfr. Donini, Testi e commenti, manuali e insegnamento (rist. 2010), cit., p. 90 con
ulteriori indicazioni. Su Alessandria nella filosofia del I secolo a.C. cfr. ora M. Hatzimichali,
Potamo of Alexandria and the Emergence of Eclecticism, Cambridge University Press, Cambridge 2011.

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platonico pitagorizzante Eudoro di Alessandria, vissuto nel I secolo a.C. e


impegnato nel lavoro di esegesi e commento testuale sia riguardo ad Aristotele (Metafisica, I e Categorie) sia riguardo a Platone (Timeo) particolarmente rivelatrice di questo nuovo clima culturale29. A causa della sua decentralizzazione, la filosofia acquist un sempre maggiore carattere esegetico:
privata dellinterazione dialettica nellautentico ambiente delle scuole di
Atene, essa assunse un aspetto libresco, strettamente connesso allinterpretazione dei propri testi fondativi. I circoli rivali rivendicavano per s la corretta versione delle dottrine che sostenevano e lesegesi dei testi era un mezzo
particolarmente indicato per dare fondamento alle pretese di ortodossia di
autori e scuole non pi collegati da uneffettiva continuit rispetto ai maestri a cui si richiamavano. In tal modo linsegnamento si saldava allinterpretazione del testo: il commento riflette questa nuova pratica di scuola30.
Seppure forse iniziata in ambito stoico, la svolta classicizzante della filosofia e il metodo del commento non si imposero tanto in quella scuola, quanto nelle scuole rivali che a partire dal I secolo a.C. cercarono gradualmente
di scalzare la sua egemonia. Furono dunque soprattutto platonici e aristotelici a produrre commenti sulle opere dei loro capiscuola ed molto probabile che tra i loro scopi vi fosse quello di fornire una versione sistematica
delle loro dottrine, in grado di competere per rigore e coerenza con il modello stoico. Fu comunque un processo molto lento, che dur circa 300 anni.
Solo nel III secolo d.C. la filosofia appare ormai generalmente e indissolubilmente collegata allesegesi sistematizzante di testi autorevoli, in massima
parte di Platone e di Aristotele31.
Della prima fase di commenti sappiamo ben poco. Tutti i testi sono
andati perduti e siamo costretti a ricostruirli attraverso testimonianze posteriori di secoli. Alcuni punti interessanti emergono tuttavia con una certa
sicurezza. In primo luogo, la letteratura dei commenti dimostra un grado
molto sofisticato di elaborazione e diversificazione fin dai suoi primi esempi. Sono particolarmente interessanti le notizie in nostro possesso sui primi
29. Cfr. M. Bonazzi, Eudoro di Alessandria alle origini del platonismo imperiale, in
M. Bonazzi, V. Celluprica (a cura di), Leredit platonica. Studi sul platonismo da Arcesilao
a Proclo, Bibliopolis, Napoli 2005, pp. 115-60; R. Chiaradonna, Autour dEudore. Les dbuts
de lexgse des Catgories dans les Moyen Platonism, in M. Bonazzi, J. Opsomer (eds.), The
Origins of the Platonic System. Platonisms of the Early Empire and Their Philosophical Contexts, Peeters, Leuven 2009, pp. 89-111.
30. Si vedano su questo punto gli studi di Hadot raccolti in Id., tudes de philosophie
ancienne, cit.
31. Per maggiori dettagli, cfr. R. Chiaradonna, Interpretazione filosofica e ricezione del
corpus. Il caso di Aristotele (100 a.C.-250 d.C.), in L. Del Corso, P. Pecere (a cura di), Il libro
filosofico: dallantichit ad oggi, numero monografico di Quaestio. Yearbook of the History of Metaphysics, in corso di stampa.

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esegeti di Aristotele e, in particolare, delle Categorie (il trattato che, per


ragioni in parte ancora enigmatiche, fu di gran lunga il pi letto e commentato da filosofi sia aristotelici sia di altre scuole). Sappiamo che Andronico
di Rodi scrisse non un commento, ma una parafrasi delle Categorie, seguendo un genere letterario che avr notevole fortuna in seguito32. Tuttavia,
probabile che i primi commentatori conoscessero anche il tipo di commento pi esteso e destinato a diventare canonico, ossia quello articolato in
sezioni di testo (lemmi) seguiti dalla spiegazione dallesegeta. Lo suggerisce
Simplicio, il quale riferisce che Boeto di Sidone (sicuramente il pi importante tra i primi commentatori di Aristotele) commentava, a differenza di
Andronico, ogni singola espressione del testo aristotelico33. Sar questo tipo
di commento a imporsi (senza comunque soppiantare altre tipologie pi
sintetiche, come la parafrasi o il commento in forma dialogica per domande
e risposte) dal II secolo d.C. in poi e a dare luogo agli esempi pi celebri di
questo genere letterario nellantichit e nel medioevo. I commenti superstiti di Alessandro di Afrodisia sono organizzati secondo questa forma, che
diventa ben presto canonica nel neoplatonismo a partire da Porfirio. I Grandi Commenti di Averro e i commenti continui della Scolastica nel XIII secolo sono gli esempi medievali pi illustri di questo genere letterario34.
Simplicio fornisce una lista di esegeti antichi delle Categorie (
: Simpl., In Cat. 159, 32 Kalbfleisch) tutti
collocabili intorno al I secolo a.C.: vi compaiono i nomi di tre aristotelici
(Aristone di Alessandria, Andronico di Rodi e Boeto di Sidone), di un accademico (Eudoro di Alessandria) e di uno stoico (Atenodoro)35. Tra costoro
solo Boeto, probabilmente, scrisse un commento continuo vero e proprio.
Andronico, come si ricordato prima, scrisse una parafrasi e quanto agli
altri esegeti siamo costretti a proporre delle semplici ipotesi. Atenodoro fu
un avversario stoico delle Categorie: possibile che egli abbia scritto non
un commento vero e proprio, ma una sorta di monografia critica contenente una raccolta di obiezioni contro Aristotele. Quanto a Eudoro, lipotesi
pi plausibile (ma niente affatto certa) che egli abbia composto una sorta
32. La notizia si ricava da Simplicio: cfr. Simpl., In Cat., 26, 17-20; 30, 1-3 Kalbfleisch.
Cfr. R. W. Sharples, Peripatetic Philosophy 200 BC to AD 200: An Introduction and Collection
of Sources in Translation, Cambridge University Press, Cambridge 2010, pp. 44, 49.
33. Cfr. Simpl., In Cat., 30, 2 Kalbfleisch: . Cfr. Sharples, Peripatetic
Philosophy, cit., p. 44.
34. Cfr. C. DAncona, Commenting on Aristotle: From Late Antiquity to the Arab Aristotelianism, in W. Geerlings, C. Schulze (hrsg.), Der Kommentar in Antike und Mittelalter,
Brill, Leiden 2002, Bd. 1, pp. 201-51.
35. Il termine esegeta non va troppo enfatizzato e non suggerisce necessariamente che
si trattasse di commentatori veri e propri: cfr. M. Baltes in H. Drrie, M. Baltes, Der Platonismus in der Antike, III, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstat 1993, p. 256.

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di monografia esegetica, proponendo una lettura pitagorizzante delle Categorie, nella quale criticava alcuni aspetti dellopera di Aristotele e ne adattava altri alla sua concezione filosofica. In ogni caso, Simplicio riporta le
osservazioni di Eudoro solo su alcuni capitoli delle Categorie, ed possibile che Eudoro si limitasse a considerare soltanto parti scelte dellopera, cos
come, quasi sicuramente, molto selettivo era il suo lavoro sul testo della
Metafisica, limitato alle parti teologiche del libro I e, forse, del XII36.
I commenti continui, insomma, non furono inizialmente molti. Nella
tradizione platonica, lunico esempio conservato prima del neoplatonismo
costituito dallanonimo commento al Teeteto, datato a seconda degli interpreti tra il I secolo a.C. e linizio del II d.C.37. Nella tradizione aristotelica,
solo Boeto sembra essersi cimentato in un primo momento con questo genere letterario, mentre gli altri interpreti composero opere esegetiche di tipo
diverso. Da questo punto di vista, i primi commentatori offrono, per quanto possiamo ricostruire, un panorama piuttosto diverso dai commentatori
a partire dal II-III secolo d.C. Questa situazione particolarmente interessante nel caso dellesegesi del Timeo, che fu il dialogo pi letto e commentato dai platonici tra I secolo a.C. e II d.C. (i secoli del cosiddetto medioplatonismo). Abbiamo notizie circa lesistenza di molte opere esegetiche
sul Timeo e un discreto numero di esse ci pervenuto (in particolare quelle di Plutarco). Non si trattava per di commenti continui, simili al grande
commento conservato di Proclo, ma di monografie su sezioni scelte del dialogo, oppure su temi relativi alla sua interpretazione38. Lesegesi del Timeo
rivela, inoltre, un altro aspetto interessante di questi secoli, ossia lintersezione tra i commenti filosofici e i commenti scientifici, la cui tradizione si
sviluppava nello stesso periodo. Opere come lEsposizione delle conoscenze
matematiche utili per leggere Platone di Teone di Smirne (I-II secolo d.C.), o
il commento alle sezioni mediche del Timeo di Galeno (II secolo d.C.) sono
36. Mi permetto di rinviare ancora una volta a tre articoli citati sopra: Chiaradonna,
Autour dEudore; Id., Platonist Approaches to Aristotle; Id., Interpretazione filosofica e ricezione del corpus, dove si potranno trovare riferimenti e indicazioni bibliografiche pi dettagliati.
37. Cfr. Commentarium in Platonis Theaetetum (P.Berol. inv. 9782), a cura di G. Bastianini e D. Sedley, in AA.VV., Corpus dei papiri filosofici, vol. III, Commentari, Olschki, Firenze
1995, pp. 227-562.
38. Per maggiori dettagli, cfr. F. Ferrari, I commentari specialistici alle sezioni matematiche del Timeo, in A. Brancacci (a cura di), La filosofia in et imperiale. Le scuole e le tradizioni, Bibliopolis, Napoli 2000, pp. 169-224; Id., Esegesi, commento e sistema nel medioplatonismo, in A. Neschke-Hentschke, Argumenta in dialogos Platonis, Schwabe, Basel-Stuttgart
2010, Bd. I, pp. 51-76. Esiste una traduzione italiana commentata dellopera di Plutarco Sulla
generazione dellanima nel Timeo: cfr. Plutarco. La generazione dellanima nel Timeo, testo
critico a cura di F. Ferrari e L. Baldi, introduzione, traduzione e commento di F. F., apparati critici di L. B., DAuria, Napoli 2002.

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esempi particolarmente rivelatori del contatto tra le due tradizioni39. Il commento filosofico continuo e organizzato per lemmi si impose gradualmente
e appare come un genere pienamente diffuso e consolidato solo tra il pieno
II secolo d.C. e linizio del III (lepoca di Galeno e Alessandro di Afrodisia).
Sarebbe dunque sbagliato assumere come punto di partenza la forma dei
tardi commenti neoplatonici su Platone e Aristotele, che seguivano e codificavano secoli di lavoro esegetico, pretendendo di applicarla gi ai primi
esempi di commento databili tra I secolo a.C. e I d.C.
Tutto ci doppiamente interessante. Da un lato, un ulteriore invito
a non incorrere in facili schematizzazioni. Se vero che dal I secolo a.C. la
filosofia assume una forte connotazione esegetica, per altrettanto vero
che i commenti continui veri e propri furono, almeno inizialmente, pochi.
Nel I secolo d.C. Seneca lamentava che la filosofia stesse assumendo un
carattere sempre pi libresco, riducendosi a filologia: quae philosophia
fuit, facta est philologia (Ep. 108, 24). Ci dimostra come filosofia ed esegesi testuale fossero sempre pi collegate, ma per quanto ne sappiamo il
lavoro esegetico fu lento e piuttosto complicato. Per circa due secoli, per
esempio, solo pochi trattati di Aristotele furono letti e commentati, in particolare le Categorie, mentre le scuole ellenistiche rimasero ben presenti nel
panorama filosofico40. Nella ricezione di Aristotele, il commento sistematico si impone in modo definitivo solo a partire dai grandi esegeti del II secolo d.C. e, in particolare, da Alessandro di Afrodisia (II-III d.C.). Probabilmente, per portare a piena elaborazione e diffusione il commento come
genere letterario della filosofia era necessario che le acquisizioni del I secolo a.C. si sedimentassero e fossero pienamente assimilate. Daltra parte, questa stessa situazione mostra come, fin dallinizio, vi fosse una notevole variet di generi collegati al commento. Gli esempi di monografie esegetiche
prima richiamati rivelano come, accanto al commento e alla parafrasi, si origin ben presto il genere della quaestio, ossia lopera in cui si prende in
esame un singolo luogo del testo commentato oppure un problema suscitato dalla sua esegesi. Il legame con linsegnamento , ancora una volta, evidente: talvolta i testi filosofici post-ellenistici e tardoantichi sembrano direttamente originati dal dibattito di scuola in cui si legge un testo, se ne

39. Una nuova traduzione commentata di Teone attualmente in preparazione per opera
di Federico Petrucci (Academia Verlag, Sankt Augustin, in corso di stampa); si veda anche
Id., Riargomentare il platonismo: lesegesi di Platone nellExpositio di Teone di Smirne, in
Elenchos, 30, 2009, pp. 293-328. Sul perduto commento di Galeno, cfr. F. Ferrari, Galeno
interprete del Timeo, in Museum Helveticum, 55, 1998, pp. 14-34; M. Rashed, Le prologue
perdu de labrg du Time dans un texte de magie noire, in Antiquorum Philosophia, 3,
2009, pp. 89-100.
40. Rinvio ancora agli articoli citati supra, nota 36.

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propone linterpretazione agli studenti, si discutono dubbi e obiezioni. Anche


in questo caso, si tratta di un genere letterario molto ben esemplificato nei
secoli immediatamente posteriori al I secolo a.C. (baster ricordare le Questioni platoniche di Plutarco e le Questioni di Alessandro di Afrodisia) e la
cui influenza sulla filosofia medievale fu amplissima41.

3
Il commento come opera filosofica
Per un platonico o un aristotelico di epoca post-ellenistica e tardoantica
commentare le opere del caposcuola significava, molto semplicemente, illustrare la vera filosofia. Non vi era dunque nessuna differenza tra, poniamo,
la dottrina contenuta nel Timeo di Platone o nelle Categorie di Aristotele e
il credo filosofico del commentatore. Per converso, chi sollevava obiezioni contro le Categorie non contestava uninterpretazione di Aristotele, ma
la concezione filosofica fatta propria dai suoi avversari. Consideriamo il caso
del Timeo. Quando un esegeta platonico commentava il passo di questo
dialogo relativo alla generazione del cosmo (Tim. 28 b) si trovava davanti a
due opzioni principali: o argomentare in favore dellinterpretazione letterale del testo (e ritenere, di conseguenza, che il mondo stato realmente generato dal Demiurgo) oppure argomentare in favore di uninterpretazione
metaforica (e ritenere, di conseguenza, che il mondo eterno e Platone ha
voluto semplicemente porne in evidenza la dipendenza metafisica rispetto
a principi superiori)42. Si ha qui, in primo luogo, una questione relativa allinterpretazione del testo di Platone sulla quale gli interpreti ancora oggi dibattono. Da questo punto di vista, molte sezioni delle opere esegetiche antiche
possono ricordare i commenti eruditi moderni e adottano metodi simili a
quelli ancora oggi usati dagli studiosi: discussione del testo, del suo significato linguistico, menzione di passi paralleli, analisi di punti oscuri, discussione di difficolt sollevate da altri esegeti. Tuttavia, per un commentatore
platonico la posta in gioco molto pi alta: argomentare in favore di una
certa interpretazione delle opere del caposcuola significa infatti esprimere
la vera filosofia. Questo forse laspetto pi lontano dalla nostra mentalit
e quello che rende spesso difficile comprendere per noi i dibattiti esegetici
41. Come per gli altri argomenti accennati qui, anche su questi vi una vasta letteratura
critica. Su Plutarco si vedano gli studi di Ferrari citati supra, nota 38. Sulle Questioni di Alessandro di Afrodisia, si troveranno molte altre indicazioni negli importanti studi di Donini
raccolti in Id., Commentary and Tradition, cit.
42. La storia di questo dibattito antico ricostruita in M. Baltes, Die Weltentstehung
des platonischen Timaios nach den antiken Interpreten, 2 Bde., Leiden, Brill 1976-78.

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antichi e medievali. Trascurarlo sarebbe per un grave errore: nelle controversie su Platone o Aristotele si dibatteva non soltanto del significato da
attribuire alle opere di un autore e della ricostruzione del suo pensiero, ma
anche della verit. Questo spiega perch la somiglianza globale tra commenti antichi e opere esegetiche moderne sia tutto sommato limitata, malgrado
la presenza di evidenti analogie puntuali.
Di conseguenza, acquista importanza centrale per i commentatori antichi il principio secondo cui le opere del filosofo commentato sono un tutto
coerente ed necessario interpretarle in modo da spiegare le apparenti contraddizioni che sussistono al loro interno, facendo interagire passi paralleli
(il cosiddetto principio Homerum ex Homero, le cui origini si fanno risalire
alla filologia alessandrina)43. A essere in gioco, infatti, non soltanto la coerenza di Platone o di Aristotele, ma la coerenza della verit con s stessa. In
modo analogo, facile comprendere perch sia tanto diffusa nei commenti
antichi la pratica di attualizzare le dottrine del testo commentato peccando,
ai nostri occhi, di anacronismo44. Spesso i commentatori attribuiscono alle
autorit commentate dottrine che in realt sono proprie dei filosofi successivi, oppure cercano di difenderle mostrando che i filosofi posteriori ne
hanno peggiorato le dottrine, oppure (ed una strategia piuttosto diffusa)
suggeriscono che i filosofi posteriori hanno solo riformulato ci che era gi
implicito nelle autorit pi antiche. Si tratta di un metodo di iper-interpretazione, secondo la formula usata da Franco Ferrari, consistente nellestrapolare dal testo ci che non vi scritto, ma ne consegue direttamente45. I
commentatori pi tardi (per esempio Siriano nella suo commento alla Metafisica di Aristotele) teorizzarono esplicitamente questo metodo ermeneutico,
che appare comunque allopera gi dai primi esegeti e la cui origine, come
testimonia Cicerone, va posta in ambito giuridico46.
Concepita in questo modo, lesegesi dava ampio spazio per incorporare
dottrine pi recenti. Per esempio, piuttosto comune tra i medioplatonici
la pratica di retrodatare a Platone linvenzione dei metodi logici aristotelici47. Molto frequente anche il caso in cui termini e dottrine stoiche sono
inglobati nellesegesi di Platone o di Aristotele, spesso senza neppure segnalare la loro specifica provenienza. Agli occhi di un interprete moderno, simi-

43. La questione per dibattuta: discussione e bibliografia in J. Mansfeld, Prolegomena.


Questions to Be Settled before the Study of an Author, or a Text, Brill, Leiden 1994, pp. 204-5.
44. In rapporto ai commenti di Galeno a Ippocrate, questa pratica molto ben analizzata da von Staden, A Woman Does Not Become Ambidextrous, cit., pp. 113-4.
45. Cfr. Ferrari, Esegesi, commento e sistema nel medioplatonismo, cit., p. 71.
46. Cfr. Syr., In Metaph., 11, 11 ss. Kroll; Cic., Invent., II, 152. Cfr. Mansfeld, Prolegomena, cit., p. 161.
47. Cfr. Alcinous, Didascalicus, 6, 158, 17-18 e 39-40, 159, 43 Hermann ecc.

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li procedimenti appaiono del tutto inaccettabili, ed fin troppo facile attribuire agli esegeti antichi un atteggiamento malevolo e capzioso. In realt,
tutto questo va ancora una volta compreso tendendo conto del fatto che per
un commentatore la posta in gioco non era solo la corretta interpretazione
di un certo testo, ma la corretta formulazione della verit. Vale riportare a
questo proposito le osservazioni di Michael Frede:
Poich ci di cui si stava trattando era la vera filosofia, piuttosto che un fatto storico, un platonico nel ricostruirla era libero di trarre abbondante materiale dagli
avanzamenti compiuti dagli stoici. E questo tanto pi in quanto si accettava comunemente lidea che lo stoicismo si fosse sviluppato a partire dal platonismo. Di
conseguenza, tutto quello che nello stoicismo era considerato vero poteva essere
fatto proprio come parte di uneredit comune, e non visto come specificamente
stoico48.

Discostarsi volutamente dagli antichi, secondo questottica, non era affatto


positivo, ma significava allontanarsi dal vero. Tutto ci che vero deve
potersi ritrovare nellautorit commentata. Ci non vuol dire che la letteratura dei commenti escludesse linnovazione. Il punto che linnovazione
(per esempio, nel caso dellesegesi di Aristotele, lontologia essenzialistica
di Alessandro di Afrodisia) elaborata attraverso la lettura degli antichi ed
presentata come lautentica versione dellinsegnamento contenuto nei testi
commentati49. Loriginalit, in breve, si misura non nel discostarsi rispetto
allautorit, ma nellelaborare una lettura propria di essa che coincida con
la spiegazione della vera filosofia. precisamente questo atteggiamento che
muta allinizio dellepoca moderna, quando autori come Descartes e Galilei
rivendicano la loro indipendenza rispetto alle autorit codificate dalla tradizione. In rapporto a un filosofo moderno e contemporaneo, linterprete
si trova spesso davanti alla necessit di rinvenire i legami con la tradizione
malgrado le professioni di originalit e indipendenza. In rapporto a un filosofo tardoantico e medievale la situazione inversa, e linterprete deve cercare di comprendere come il costante richiamo allautorit degli antichi
possa veicolare posizioni profondamente innovatrici nella sostanza, anche
se non nel modo in cui sono presentate50. Nei casi pi complessi e filosofi48. Frede, Epilogue, cit., pp. 779-80.
49. Si veda, in rapporto ad Alessandro, lo studio fondamentale di M. Rashed, Essentialisme. Alexandre dAphrodise entre logique, physique et cosmologie, de Gruyter, Berlin-New
York 2007.
50. Per quanto riguarda i commentatori antichi di Aristotele, uneccellente presentazione dinsieme dei temi filosofici sviluppati nelle loro opere, con antologia dei testi, si trova in
R. Sorabji, The Philosophy of the Commentators, 200-600 AD: A Sourcebook, 3 voll., DuckworthCornell University Press, London-Ithaca (NY) 2004.

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camente profondi (per esempio Alessandro di Afrodisia) percepibile un


intento fortemente sistematico nel commentatore e una posizione filosofica
generale originale che si articola nellesegesi delle opere e dei singoli passi
di esse. Cos, lopera esegetica di Alessandro di Afrodisia fornisce insieme
unenciclopedia dellaristotelismo e una concezione filosofica unitaria elaborata attraverso la puntuale interpretazione di Aristotele. Nei casi meno
interessanti, invece, i commenti sono convenzionali e ripetono quasi meccanicamente argomenti gi codificati.
Tutti questi elementi spiegano perch i commenti antichi fossero destinati a essere letti nella loro integralit, non a essere consultati in rapporto a
passi particolari. Per riprendere lefficace formula coniata da Heinrich von
Staden in rapporto al commento scientifico di Galeno, si pu dire che i commenti antichi hanno una sorta di trama narrativa, un plot che li rende opere
unitarie e segna la loro differenza pi notevole rispetto agli odierni commenti eruditi51. Da qui linteresse delle prefazioni anteposte a molti commenti
tardoantichi, nelle quali sono enunciati i principi esegetici che guidano linsieme dellopera. I commenti pi tardi, composti nelle scuole neoplatoniche
di Atene e di Alessandria tra V e VI secolo, contengono una codificazione
molto articolata di simili questioni preliminari che costituiscono limpalcatura metodologica dellesegesi. In accordo a simili principi, linterpretazione
deve riguardare tanto la dottrina generale contenuta nel testo (theoria) quanto lesegesi puntuale delle parole commentate (lexis)52. Inoltre, il lavoro del
commentatore deve rispettare alcuni requisiti fondamentali che riguardano
sia linterpretazione di un filosofo nel suo complesso, sia linterpretazione
della singola opera commentata. Nel suo commento alle Categorie, il neoplatonico Simplicio (VI secolo d.C.) espone questi requisiti articolandoli in
una serie di questioni (10 introduttive allo studio di Aristotele, 7 allo studio
delle Categorie) e una divisione analoga proposta riguardo a Platone dagli
anonimi Prolegomeni a Platone composti ad Alessandria nel VI secolo53. In
simili schemi confluisce un secolare lavoro esegetico.
51. Cfr. von Staden, A Woman Does Not Become Ambidextrous, cit., pp. 118-9.
52. La codificazione della distinzione tra lexis e theria si trova nei commenti nel neoplatonico alessandrino Olimpiodoro (VI secolo d.C.), ma almeno in parte gi presente in
Proclo, in particolare nel suo commento al Timeo. Su questo rimane ancora fondamentale
A.-J. Festugire, Modes de composition des Commentaires de Proclus, in Museum Helveticum, 20, 1963, pp. 77-100; pi recentemente, M. Martijn, The Eiks Mythos in Proclus Commentary on the Timaeus, in H. Tarrant, D. Baltzly (eds.), Reading Plato in Antiquity,
Duckworth, London 2006, pp. 151-67.
53. Cfr. Simpl., In Cat., 3, 18-9, 2 Kalbfleisch. Si veda su tutto questo I. Hadot, Simplicius. Commentaire sur les Catgories, Brill, Leiden 1990, vol. I, pp. 21-47, da integrare con la
recensione critica di J. Barnes, Metacommentary, in Oxford Studies in Ancient Philosophy,
10, 1992, pp. 267-81.

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COMMENTO

Sarebbe un errore prendere come punto di partenza le tarde codificazioni neoplatoniche e applicarle senza qualificazioni ai commenti pi antichi, che spesso presentano una situazione decisamente pi fluida. Tuttavia,
per quanto sappiamo, molto antico il principio chiave dellesegesi tardoantica secondo cui linterpretazione non si limita alla spiegazione puntuale
di passi, ma deve essere governata da unidea generale sul carattere dellopera commentata e sulloggetto che essa discute (nella terminologia dei commentatori pi tardi, sul suo scopo, skopos)54. questo principio che, come
si appena notato, rende i commenti delle vere opere filosofiche destinate
a essere lette integralmente come portatrici di una concezione unitaria. In
effetti, gi i commentatori aristotelici del I secolo a.C. sembrano aver applicato questo principio esegetico e al peripatetico Boeto di Sidone risale, come
suggerisce Simplicio basandosi su Porfirio, la prima formulazione della tesi
classica sulloggetto delle Categorie di Aristotele. Oggetto del trattato aristotelico sarebbero le espressioni linguistiche, considerate in quanto significano gli enti55. Questa tesi ha una cruciale posizione nelle letture antiche
delle Categorie e costituisce la premessa, come dimostrano i commenti posteriori, per leggere in maniera unitaria il trattato aristotelico appianandone le
apparenti incoerenze interne. Sebbene lopera di Boeto sia andata perduta,
le importanti testimonianze su di essa contenute nei commenti pi tardi (in
particolare il commento alle Categorie di Simplicio) rivelano che la sua esegesi era governata da un intento fortemente unitario che trovava la sua premessa filosofica proprio nella concezione linguistico-semantica delloggetto
delle Categorie56.
Lintreccio indissolubile di esegesi ed elaborazione filosofica ebbe conseguenze molto significative, delle quali non sempre siamo coscienti. Sebbene ci a volte non sia riconosciuto, infatti, alcune questioni filosofiche
centrali nel dibattito attuale trovano la loro origine lontana proprio nellese54. Come hanno pi volte notato gli specialisti a partire da Karl Praechter, il principio
esegetico dello skopos esplicitamente codificato a partire da Giamblico (III-IV d.C.), anche
se si trova gi in opere pi antiche. Per ulteriori indicazioni, cfr. C. DAncona, Il neoplatonismo alessandrino: alcune linee della ricerca contemporanea, in Adamantius, 11, 2005,
pp. 9-38, spec. p. 20; M. C. De Vita, Lorganismo vivo del (Plat. Phaedr. 264c): storia di
unanalogia, in Hermes, 137, 2009, pp. 263-84, spec. pp. 275 ss.
55. Cfr. Simpl., In Cat., 11, 24-29 Kalbfleisch e Porph., In Cat., 59, 17 Busse. Si veda in
proposito Ph. Hoffmann, Categories et langage selon Simplicius. La question du skopos du
trait aristotlicien des Catgories, in I. Hadot (d.), Simplicius: sa vie, son seuvre, sa survie,
de Gruyter, Berlin-New York 1987, pp. 61-90.
56. Cfr. M. Rashed, Boethus Aristotelian Ontology, in Schofield (ed.), Plato, Aristotle
and Pythagoras in the First Century BC, cit.; R. Chiaradonna, Alexander, Boethus and the
other Peripatetics. The Theory of Universals in the Aristotelian Commentators, in R. Chiaradonna, G. Galluzzo, Universals in Ancient Philosophy, Edizioni della Normale, Pisa in corso
di stampa.

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gesi antica di Platone e Aristotele. Un esempio particolarmente efficace


costituito dal dibattito sullo statuto degli universali. Generalmente si fanno
risalire le origini di questa controversia a Platone e ad Aristotele, assegnando al primo la posizione secondo cui gli universali sarebbero degli oggetti
indipendenti dalle loro esemplificazioni particolari (universalia ante rem), e
al secondo la posizione per cui gli universali sarebbero inerenti alle cose
(universalia in re). Tuttavia, a ben guardare, la situazione molto pi complicata. Platone non usa mai il termine universale e non presenta esplicitamente le Idee come degli universali57. Aristotele a identificare le Idee
come degli universali (katholou) e a criticare Platone per averle concepite
come tali facendone per, allo stesso tempo, delle sostanze indipendenti
dagli individui sensibili58. Il concetto di universale caratteristico della
filosofia di Aristotele, non di quella di Platone. Tuttavia, anche nel caso di
Aristotele le affermazioni sugli universali sono tuttaltro che univoche ed
molto difficile trovare nei suoi trattati la tematizzazione di una vera e propria teoria degli universali. Nellepoca ellenistica gli stoici difesero una posizione che potremmo classificare come nominalistica, ritenendo che le Idee
platoniche fossero dei non-qualcosa (outina) sprovvisti di consistenza
ontologica59. Anche nel caso degli stoici, per, difficile trovare qualcosa di
simile a un vero e proprio dibattito sullo statuto degli universali: per esempio, non chiaro quale condizione avessero per loro le cosiddette qualit
comuni (che essi concepivano come pienamente reali e dunque corporee)
e quale differenza separasse lessere comune di simili qualit rispetto allessere comune proprio delle idee60.
Nella sua celebre monografia introduttiva sugli universali, David M.
Armstrong esordisce scrivendo: Il tema degli universali molto antico.
Risale almeno a Platone, forse a Socrate, forse anche a tempi pi antichi61.
Questo in parte vero e in parte no. Sicuramente il problema degli universali implicitamente presente nei filosofi che cita Armstrong e le premesse

57. Il caso pi prossimo alla formulazione del concetto di universale in Platone si trova
in Men. 77 a, dove si afferma che una definizione appropriata della virt deve appartenere
a essa come a un intero (kata holou). Tuttavia, come noto, le Idee non compaiono esplicitamente nel Menone.
58. Si veda, per esempio, Metaph., VII 14.
59. Su questa celebre e complessa dottrina stoica, cfr. A. A. Long, D. Sedley, The Hellenistic Philosophers, Cambridge University Press, Cambridge 1987, vol. I, pp. 179-83.
60. Definire lo statuto preciso delle qualit comuni una delle cruces pi difficili da
risovere nellinterpretazione dello stoicismo. Le testimonianze (in particolare Simpl., In Cat.,
222, 30-3 Kalbfleisch) non aiutano molto a dirimere la questione. Per un primo orientamento, cfr. Long, Sedley, The Hellenistic Philosophers, cit., vol. I, pp. 174, 183.
61. D. M. Armstrong, Universals: An Opinionated Introduction, Westview Press, Boulder (CO) 1989, p. 1.

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COMMENTO

perch fosse formulato risalgono gi alla domanda socratica ti esti?, oppure


alla riflessione dei sofisti sul linguaggio e la verit. Tuttavia, la vera e propria
enunciazione del problema degli universali, con le classiche alternative divenute canoniche nella tradizione successiva e che ancora oggi associamo alla
questione del loro statuto (se gli universali sono anteriori alle cose, inerenti
a esse o posteriori) decisamente pi tarda. In effetti, la formulazione classica si trova nelle questioni presentate da Porfirio (III secolo d.C.) allinizio
dellIsagoge (unintroduzione alla logica dipendente dalle dottrine dei peripatetici, cfr. infra) per caratterizzare le diverse possibili opzioni relative allo
statuto di generi e specie62. LIsagoge riprende e sintetizza a sua volta i dibattiti relativi allesegesi di Aristotele, e in particolare delle Categorie, svolti nei
tre secoli precedenti, dal I secolo a.C. in poi.
In effetti, sembra che il problema degli universali sia propriamente nato
non tanto in Aristotele, quanto nei commentatori di Aristotele e, in particolare, nellesegesi proposta dai commentatori della tesi formulata in
Cat., 5 secondo cui generi e specie (che, bene notarlo, nelle Categorie
non sono ancora espressamente designati come universali) sono sostanze
seconde, mentre i particolari sensibili (un certo uomo, un certo cavallo) sono
sostanze prime. Attraverso Simplicio, sappiamo che Boeto di Sidone interpretava il quinto capitolo delle Categorie accordando una incondizionata
priorit ontologica ai particolari sensibili. Gli universali, secondo Boeto,
sono semplicemente privi di sostanzialit. Egli dunque interpretava la dottrina aristotelica in accordo alla quale specie e generi sono sostanze seconde
traendone la conseguenza pi radicale (non formulata da Aristotele nelle
Categorie): gli universali non sono affatto sostanze, non possono figurare
come autentici soggetti di predicazione, gli individui sono tutto ci che esiste realmente. Anche se le testimonianze non sono sempre chiare, possiamo
dunque concludere che Boeto elaborasse, attraverso lesegesi di Aristotele,
una concezione filosofica nominalistica secondo la quale gli universali si
riducono a mere collezioni di individui63. Un esempio pu chiarire il suo
modo di procedere. Come riferisce Simplicio, Boeto risponde allaporia (di
origine anonima) secondo cui Aristotele afferma che le sostanze non ineriscono a un soggetto, ma questa tesi sarebbe contraddetta dal fatto che le
sostanze sono nel luogo e nel tempo64. Nel rispondere a questa obiezione
mossa contro la sua autorit, Boeto nota che le sostanze non possono ineri62. Cfr. Porph., Isag., 1, 9-12. Sul questionario di Porfirio la letteratura abbondante.
Lo studio di riferimento senza dubbio J. Barnes, Porphyry. Introduction, translated with an
introduction and commentary, Clarendon Press, Oxford 2003, pp. 37-49.
63. Per una esposizione dettagliata di quanto segue, con riferimenti testuali e bibliografia, rinvio al mio studio citato supra, nota 56.
64. Cfr. Simpl., In Cat., 50, 2-9 Kalbfleisch.

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re n a un luogo particolare (perch si muovono) n a un tempo particolare


(perch il tempo scorre continuamente). Restano il luogo e il tempo universali, e nel ribattere alla possibile obiezione secondo cui le sostanze potrebbero inerire a luogo e tempo universali Boeto afferma che ci non possibile, perch per Aristotele ci che universale non ha esistenza reale (
) e, posto che ne avesse una, non sarebbe comunque una
realt determinata ( ).
Una simile conclusione, tuttavia, non mai espressamente formulata
nelle Categorie ed un evidente caso di iper-interpretazione. Probabilmente Boeto usava nellesegesi delle Categorie una tesi enunciata da Arisotele
altrove, e precisamente in Metafisica, XIII: niente di ci che universale
sostanza. Nel far questo, Boeto elabora insieme lesegesi di un testo e una
propria posizione filosofica che seleziona una possibile lettura di Aristotele.
I due aspetti sono inscindibili in tutta la letteratura dei commenti. Quando,
oltre due secoli dopo, Alessandro di Afrodisia fornir la sua lettura sistematica di Aristotele, egli si confronter con gli stessi testi commentati da Boeto,
user gli stessi metodi, ma arriver a conclusioni nettamente diverse. Per
Alessandro di Afrodisia, infatti, le sostanze seconde di Cat., 5 non sono collezioni di individui, ma essenze o nature immanenti alle cose. Queste nature
non sono in s stesse universali, ma luniversale un accidente che si pu
attribuire a esse (qualcosa di simile a una propriet di secondo livello) nella
misura in cui determinano una pluralit di oggetti particolari oppure sono
concepite dallanima facendo astrazione dalla materia65. La lettura di Alessandro combina Categorie, De anima, Metafisica elaborando una complessa
ontologia fondata sulla nozione di essenza66. Mentre Boeto sostiene che solo
i soggetti di inerenza sono sostanze, Alessandro di Afrodisia (fondandosi su
un preciso passo di Aristotele, ossia Cat., 2, 1 a 24-5) ribatte che anche le parti
delle sostanze sono sostanze: lessenza una parte costitutiva del composto
sensibile ed dunque improprio ridurla a un semplice accidente67. Se Boeto
di Sidone il capostipite delle soluzioni nominalistiche al problema degli
universali, Alessandro di Afrodisia il capostipite delle soluzioni essenzialistiche. Infine, il commentatore neoplatonico Giamblico (III-IV secolo d.C.)
obiett sia a Boeto sia ad Alessandro di non aver colto il vero significato di
Aristotele, che per Giamblico sostenitore radicale della tesi neoplatonica
secondo cui vi armonia tra le dottrine di Platone e di Aristotele perfettamente compatibile con la dottrina platonica della partecipazione. Per
65. Cfr. Alex. Aphr., Quaest., I 3; I 11a; I 11b.
66. Cfr. Rashed, Essentialisme. Alexandre dAphrodise entre logique, physique et cosmologie, cit.
67. Cfr. Alex. Aphr., Quaest., I 8, p. 17, 17-22 Bruns; I 17, p. 30, 10-16 Bruns; I 26, p. 42,
24-25 Bruns.

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COMMENTO

Giamblico gli universalia in re dipendono dagli universali intelligibili (ammessi, secondo Giamblico, dallo stesso Aristotele in opere diverse dalle Categorie come la Fisica o la Metafisica), che sono a loro volta degli universali anteriori ai particolari: universalia ante rem68. Nella sua esegesi, la dottrina
aristotelica degli universali cos completamente incorporata nel platonismo. Ciascuna delle tre opzioni filosofiche ora considerate (nominalismo,
essenzialismo, realismo platonico degli universalia ante rem) stata elaborata come uninterpretazione delle Categorie, attraverso i metodi propri della
letteratura esegetica. Quello appena fornito solo un esempio tra molti
possibili. Attraverso un lavoro di esegesi secolare, le Categorie di Aristotele, posizionate allinizio del curriculum filosofico, finirono in effetti per
costituire il testo base dellontologia occidentale. Studiare le esegesi antiche
e medievali di questo trattato permette di costituire una prima mappa di
quei problemi (universali, essenza, predicazione ecc.) che ebbero una funzione strutturante nei dibattiti filosofici (ma anche teologici) e la cui presenza molto viva ancora oggi, senza che spesso si sia consapevoli della loro
origine.

3
Il ruolo di Porfirio e il nuovo commento alle Categorie
Nella storia del commento filosofico, Porfirio, il neoplatonico del III secolo
allievo di Plotino ed editore dei suoi trattati, ha una posizione fondamentale. Fu infatti Porfirio a unificare le due grandi tradizioni di commenti filosofici che fino ad allora, salvo alcune eccezioni, si erano sviluppate in modo
parallelo, ossia i commenti ad Aristotele e quelli a Platone. Da Porfirio in
poi, tutti i filosofi antichi furono dei platonici che commentavano sia le opere
di Platone sia quelle di Aristotele e, anche se con accenti diversi da caso a
caso, ritenevano che vi fosse una sostanziale armonia tra le dottrine di Platone e quelle di Aristotele69. Questa posizione generale caratterizza il neoplatonismo dal III al VI secolo d.C. Inoltre, il lavoro dei commentatori neoplatonici di Aristotele costitu la base attraverso cui la filosofia antica pass
alle tradizioni successive latina, greco-bizantina e araba.
68. Il commento di Giamblico alle Categorie perduto, ma ricostruiamo le sue obiezioni contro i peripatetici attraverso il commento di Dessippo (un suo allievo) e quello di Simplicio: cfr. Dex., In Cat., 44-5 Busse; Simpl., In Cat., 82-3 Kalbfleisch.
69. Per una trattazione dinsieme, cfr. R. Chiaradonna, Platonismo e aristotelismo, in Id.
(ed.), Filosofia tardoantica. Storia e problemi, Carocci, Roma 2012, pp. 85-102. Unottima
discussione approfondita si trova in Karamanolis, Plato and Aristotle in Agreement?, cit.,
pp. 243-330.

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Probabilmente lopera di commentatore filosofico di Porfirio si inseriva in un suo progetto pi vasto, volto a fornire unimmagine unitaria della
tradizione ellenica da contrapporre al cristianesimo, del quale Porfirio fu
acceso avversario. Il progetto di difesa del paganesimo fall, ma lopera di
Porfirio (in particolare la sua interpretazione di Aristotele) ebbe comunque una vasta posterit. Come si ricordato prima, oltre ai commenti sui
trattati di Aristotele Porfirio compose unopera strettamente collegata a
essi, ossia lIsagoge. Si tratta di uno scritto breve, filosoficamente poco creativo, nel quale Porfirio espone in modo elementare le dottrine logiche
basilari fondandosi principalmente sullinsegnamento dei peripatetici. La
fortuna di questo opuscolo stata assai vasta ed esso ha profondamente
influenzato per circa mille anni linsegnamento della filosofia. Grazie a
Porfirio, lo studio delle Categorie di Aristotele si impose nelle scuole neoplatoniche. LIsagoge, studiata allinizio del curriculum, fu cruciale per la
formazione del vocabolario filosofico tardoantico e medievale. Inoltre, le
dottrine logiche esposte in questa opera fornirono le basi filosofiche sulle
quali i Padri della Chiesa elaborarono la loro teologia trinitaria. Attraverso
la traduzione di Boezio, lIsagoge esercit un profondo influsso sul pensiero latino e, come si accennato prima, interpretando questo testo (in
particolare il primo capitolo) che i medievali eleborarono le loro concezioni degli universali70.
I commenti di Porfirio a Platone e ad Aristotele sono quasi tutti andati
perduti71. Le sue opere aristoteliche includevano almeno due commenti alle
Categorie, un commento al De interpretatione, uno alla Fisica. Porfirio inoltre scrisse sulletica di Aristotele, sugli Elenchi sofistici, sugli Analitici primi
e su Metafisica, XII72. Finora la nostra conoscenza di esse stata molto limitata. Sono infatti pervenuti solo il suo breve commento alle Categorie per
domande e risposte e lIsagoge73. Particolarmente grave la perdita del gran70. Si veda adesso Ch. Erismann, Lhomme commun. La gense du ralisme ontologique
durant le haut Moyen ge, Vrin, Paris 2011.
71. Titoli, frammenti e testimonianze delle opere di Porfirio su Platone e Aristotele in
Porphyrii philosophi Fragmenta, hrsg. von A. Smith, Teubner, Stuttgart-Leipzig 1993, pp. 34-217
(44T.-188T.). Un dossier a parte costituito dal commento di Porfirio al Parmenide, che alcuni studiosi, seguendo Pierre Hadot, identificano con il cosiddetto Anonimo di Bobbio.
Cfr. Commentarium in Platonis Parmenidem, a cura di A. Linguiti, in Corpus dei papiri filosofici greci e latini, III, Commentari, Olschki, Firenze 1995, pp. 63-202. Certamente porfiriano
invece il commento conservato agli Harmonica di Tolomeo: cfr. Porphyrios Kommentar zur
Harmonielehre des Ptolemaios, hrsg. von I. Dring, Elander, Gteborg 1932, rist. Olms, Hildesheim-New York 1978.
72. Cfr. la lista, con indicazione delle fonti, in Karamanolis, Plato and Aristotle in Agreement?, cit., p. 339.
73. Per quanto riguarda lIsagoge, cfr. la traduzione commentata di J. Barnes citata supra,
nota 52. Del breve commento esiste unedizione recente: R. Bods, Porphyre, Commentai-

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COMMENTO

de commento alle Categorie in sette libri dedicato a un certo Gedalio. Fondandosi su questopera il neoplatonico Simplicio chiamava Porfirio causa
per noi di ogni bene. La ragione semplice: come informa lo stesso Simplicio, Porfirio forniva unesegesi senza precedenti per ampiezza delle Categorie, discutendo estesamente tutto il dibattito precedente e presentando
soluzioni alle aporie sollevate74. Insomma: il suo commento forniva una vera
e propria enciclopedia di tre secoli di interpretazione delle Categorie e costituiva la premessa per incorporare questo trattato nellinsegnamento neoplatonico: una mossa le cui conseguenze sulla filosofia posteriore furono, come
gi si accennato, profonde e che fa da premessa per le successive tradizioni di pensiero.
Di questopera, avevamo fino ad oggi solo testimonianze fornite dai
commenti neoplatonici pi tardi (in particolare quelli di Dessippo e Simplicio). La situazione per adesso notevolmente cambiata. Il lavoro filologico compiuto da una quipe internazionale di studiosi sul cosiddetto Palinsesto di Archimede ha permesso di scoprire al suo interno un lungo brano
di un commento continuo alle Categorie prima sconosciuto. Il commento
superstite consiste di 7 fogli consecutivi, recto e verso75. Lesame di questo
testo ha permesso di concludere che si tratta, con virtuale certezza, di una
sezione del grande commento A Gedalio di Porfirio, corrispondente al commento di Cat., 1 a 20-b 24. Dopo circa otto secoli, possiamo dunque tornare
a leggere il principale commento aristotelico di Porfirio e comprendere
meglio levoluzione del commento filosofico antico e medievale.
La prima edizione commentata di questo testo attualmente in corso
di stampa e l potr trovarsi un dettagliato esame del suo contenuto76. Qui
sufficiente presentare, in estrema sintesi, qualche punto generale. (1) Come
attesta anche Simplicio, il commento di Porfirio effettivamente unencire aux Catgories dAristote, dition critique, introduction, traduction et notes, Vrin, Paris
2008.
74. Simpl., In Cat., 2, 5-9 Kalbfleisch.
75. Il Palinsesto di Archimede un libro di preghiere bizantino su pergamena prodotto nel XIII secolo, nella preparazione del quale (come di frequente accadeva) furono riutilizzati sovrascrivendo dei manoscritti p antichi. In primo luogo, un libro che conteneva
almeno sette trattati di Archimede; inoltre, libri che contenevano altri testi, in particolare
opere delloratore Iperide e, per lappunto, un commento alle Categorie. Il manoscritto
del commento alle Categorie databile intorno al 900. Cfr. R. Netz, W. Noel, N. Tchernetska, N. Wilson, The Archimedes Palimpsest, vol. I, Catalogue and Commentary; vol. II,
Images and Transcriptions, Cambridge University Press, Cambridge 2011; la trascrizione e
le immagini del commento alle Categorie si trovano nel vol. II, pp. 311-39, anche in http://
www.archimedespalimpsest.org.
76. Cfr. R. Chiaradonna, M. Rashed, D. Sedley, A Rediscovered Categories Commentary,
with a palaeographical appendix by N. Tchernetska, in Oxford Studies in Ancient Philosophy, 44, in press.

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clopedia dellesegesi delle Categorie dal I secolo a.C. al II d.C. Le interpretazioni proposte da Andronico di Rodi in poi sono presentate e discusse
minuziosamente e, in particolare, il commento A Gedalio fornisce alcune
notizie finora sconosciute sui primi dibattiti delle Categorie intorno a Boeto
di Sidone, che confermano sia la vitalit dellesegesi delle Categorie nel I
secolo a.C., sia la statura filosofica di questo commentatore, a tutti gli effetti il primo aristotelico nominalista della storia. (2) Nella sua interpretazione
Porfirio incorpora lesegesi di Alessandro di Afrodisia senza nominarlo (una
situazione identica a quella che si trova nel breve commento di Porfirio alle
Categorie per domande e risposte). Alessandro di Afrodisia, infatti, fornisce la lettura standard attraverso cui Porfirio si accosta ad Aristotele. Di
conseguenza, secondo una pratica piuttosto comune nellantichit in accordo alla quale si cita per nome un autore recente solo quando si dissente da
lui, Porfirio ingloba Alessandro senza farne menzione77. Attraverso Porfirio, la lettura di Aristotele elaborata da Alessandro di Afrodisia entra nel
neoplatonismo e si tratta, ancora una volta, di un fatto dalle notevoli conseguenze sulla filosofia dei secoli posteriori. (3) La strategia di Porfirio, che
consiste nel seguire lesegesi di Alessandro, incorporandola nel suo commento e situandola allinterno della secolare tradizione di dibattiti sulle
Categorie, la premessa attraverso cui il neoplatonico integra Aristotele nel
suo insegnamento stabilendo cos larmonia di Aristotele rispetto a Platone.

5
Posterit e attualit del commento
Fin qui si delinata la nascita del commento filosofico e il suo definitivo
imporsi nella filosofia tardoantica. Ci si pu domandare quanto sia durata
lepoca dei commenti filosofici. In effetti, il commento per lemmi e i generi
collegati a esso, nati nellantichit, dominano il dibattito filosofico per un
periodo lunghissimo che comprende tutto il Medioevo e arriva agli albori
dellet moderna. Sicuramente i Grandi Commenti di Averro e i commenti continui degli scolastici nel XIII secolo costituiscono gli esempi pi noti di
questa posterit78. Sarebbe del tutto fuorviante pensare che Averro e Tommaso siano semplici epigoni dei commentatori antichi, ma innegabile che
77. Su questa pratica nei commenti alle Categorie, cfr. M. Asztalos, Boethius as a Transmitter of Greek Logic to the Latin West: The Categories, in Harvard Studies in Classical
Philology, 95, 1993, pp. 367-407, spec. p. 396.
78. Per un primo orientamento cfr. lo studio riccamente informato di DAncona citato
supra, nota 34 e gli articoli raccolti in M.-O. Goulet-Caz et al. (ds.), Le commentaire entre
tradition et innovation, Vrin, Paris 2000.

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COMMENTO

essi proseguono e portano a compimento un preciso tipo di filosofia connessa allesegesi, che vede nel commento la sua principale forma di espressione, nata ben oltre mille anni prima. Le tradizioni filosofiche delle religioni monoteistiche introdussero cruciali trasformazioni nelleredit filosofica
antica, ma non intaccarono questo preciso aspetto. Daltronde, gli studi
recenti mettono sempre maggiormente in luce il legame sussistente tra i
commentatori medievali e la tradizione esegetica tardoantica.
La connessione tra filosofia, commento ed esegesi non si interruppe
neanche nel Rinascimento, che anzi vide nel commento un genere letterario
privilegiato per attuare il programma del ritorno agli antichi. Lo testimoniano i commenti a Platone e a Plotino di Marsilio Ficino, che forniscono
lespressione pi dettagliata e completa del programma filosofico e culturale dellepoca. Va detto per che il tipo di commento ormai molto diverso
da quello antico e medievale, e assai pi libero nella sua organizzazione. Ci
si approssima ormai al dissolvimento di questo genere filosofico. Il commento di Ficino alle Enneadi, pubblicato a Firenze presso Miscomini nel
1492, in effetti quanto di pi lontano dal classico commento continuo per
lemmi79. Ogni trattato di Plotino preceduto da unesposizione dellargomento, che ha talvolta le dimensioni di uno scritto autonomo e si discosta
notevolmente dal contenuto del testo plotiniano. Segue la traduzione dei
trattati, che Ficino divide in capitoli (la sua divisione quella seguita tuttora) la cui lunghezza decisamente superiore a quella dei lemmi nei commenti pi antichi. Ciascun capitolo preceduto da un breve sommario
(anchesso fortemente interpretante). Infine, vi sono sezioni esegetiche nelle
quali spesso confluisce materiale allotrio e che possono presentarsi come
trattati veri e propri, pi o meno collegati al testo di Plotino: Il commento
ficiniano osserva Eugenio Garin cosa estremamente composita: costituito, almeno in parte, da esposizioni e lezioni pubbliche, riunisce note, riassunti, digressioni, trattatelli; riprende, a volte, alla lettera le esposizioni platoniche, specialmente del Simposio e del Timeo80. molto interessante il
fatto che alcune dottrine esposte da Ficino negli excursus del suo commento ebbero vita e posterit autonoma, tanto che il Plotino dei filosofi rinasci-

79. Si veda la recente ristampa Plotini opera omnia cum latina Marsilii Ficini interpretatione et commentatione, introduction de Stphane Toussaint, fac-simil de ldition de Ble,
Pietro Perna, 1580, Phnix, Villiers sur Marne 2005. Oltre allintroduzione di Toussaint nel
volume ora citato, si vedano almeno, sulla traduzione e il commento di Ficino, E. Garin, La
rinascita di Plotino, in Id., Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo,
Laterza, Roma-Bari 1975, pp. 89-129; H. D. Saffrey, Florence, 1492: The Reappearence of Plotinus, in Renaissance Quarterly, 49, 1996, pp. 488-508 (ristampato in Id., Le noplatonisme
aprs Plotin, Vrin, Paris 2000, pp. 277-93).
80. Garin, La rinascita di Plotino, cit., p. 109.

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mentali fin per identificarsi senzaltro con le dottrine presentate da Ficino.


Ci accade, per esempio, per la dottrina dello spiritus corporeo che pervade
il cosmo, assente in Plotino, che Ficino espone lungamente nellexcursus al
commento di Enneadi II 1, 3 e fa da base per la ricezione di Plotino in Bruno
e in Campanella81.
Nel mezzo del commento a Enneadi IV 3, 13 (f. 248v Miscomini), Ficino
afferma che da quel momento smetter di proporre lunghe analisi e si limiter a tradurre Plotino inserendo brevi annotazioni. In effetti, da quel punto
in poi il commento cambia completamente aspetto e la parte esegetica diventa minima. Per giustificare questa decisione, Ficino afferma che il commento riuscirebbe sproporzionatamente ampio e che molto gi stato detto in
ci che precede. solo parte della verit, come hanno messo in luce le ricerche sullargomento82. In realt Ficino prefer esporre in forma diversa il
materiale filosofico che fino a quel momento aveva integrato nel commento. In particolare, il III libro del De vita ficiniano, uno degli scritti pi influenti nel pensiero del XVI secolo, non fa altro che sviluppare gli elementi formulati nel commento alle Enneadi facendo assumere ad essi la forma di un
trattato. Se c dunque unopera che simbolicamente segna la dissoluzione
del commento continuo come genere letterario privilegiato della filosofia e
il trapassare del commento in forme letterarie di tipo diverso, questa proprio il commento di Ficino alle Enneadi.
Si tratt, comunque, di una fine tuttaltro che immediata. La filosofia
del XVI secolo ancora piena di commenti, e anche Giordano Bruno si ciment con questo genere letterario commentando Aristotele83. Allinizio del XVII
secolo, lopera di Tommaso Campanella appare come la sintesi estrema, e
in parte ormai fuori del suo tempo, di una tradizione di filosofia esegetica
lunga ormai sedici secoli. Campanella non scrisse commenti, ma i suo capolavori filosofici, la Philosophia sensibus demonstrata e la Metaphysica, sono
del tutto impregnati della tradizione esegetica sviluppata dal neoplatonismo
in poi84. Era per ormai lepoca di Galilei e di Cartesio: la filosofia stava
per divorziare dallesegesi e dal commento.
Affermare che let moderna segni la fine del commento filosofico, relegando definitivamente questo genere alla letterature erudita, sarebbe cer-

81. Rinvio su questo a R. Chiaradonna, s.v. Plotino in Campanella, in Bruniana e Campanelliana, 14, 2008, pp. 521-8 e Id., s.v. Plotino in Bruno, in Bruniana e Campanelliana,
17, 2011, pp. 223-32.
82. Cfr. Saffrey, Florence, 1492: The Reappearence of Plotinus (rist. 2000), cit., pp. 289-90.
83. Per ulteriori informazioni, cfr. B. Amato (a cura di), Giordano Bruno. Acrotismo
Cameracense: Le spiegazioni degli articoli di fisica contro i Peripatetici, Fabrizio Serra, PisaRoma 2009.
84. Cfr. Chiaradonna, s.v., Plotino in Campanella, cit.

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tamente un errore. Come si gi accennato, esempi di commenti strettamente filosofici non mancano persino nel XX secolo. Oltre ai casi
menzionati nella prima parte di questo contributo, si possono citare almeno i molti lavori dedicati da Strauss e Gadamer ai filosofi antichi, che hanno
assunto in alcuni casi una forma paragonabile a quella di commenti o parafrasi (particolarmente rappresentativo lo studio di Strauss sullo Ierone di
Senofonte)85. Forse, per, lunico caso in cui dei commenti hanno davvero
inciso nel dibattito filosofico contemporaneo si avuto in Francia verso la
met del secolo scorso, quando le interpretazioni della Fenomenologia dello
spirito sviluppate da Jean Wahl, Alexandre Kojve e Jean Hyppolite hanno
avuto un impatto profondo sulla filosofia (francese ma non solo) dellepoca, dando luogo insieme a opere che rispettano in maniera notevole i canoni formali del commento. Mentre, come si detto prima, molto difficilmente chi si avvicina ad Aristotele potr utilizzare i corsi di Heidegger
come una guida, la traduzione francese della Fenomenologia apprestata da
Hyppolite e il suo celebre commento Gense et structure de la Phnomnologie de lesprit de Hegel sono serviti a generazioni di studenti per accedere al testo hegeliano86. Il lavoro di Hyppolite certamente molto diverso
dal commento classico ed per tanti versi pi simile a una monografia; ci
nonostante, la sua funzione esegetica molto ben percepibile. Forse in nessun parallelo novecentesco si trovano riuniti in modo cos chiaro i due
caratteri principali del commento antico: da un lato il rapporto con il testo
e la sua interpretazione puntuale, dallaltro la trama complessiva che dipende dallintenzione filosofica unitaria del commentatore. Per quanto significativo, questo caso resta per abbastanza isolato. Se vero che i filosofi
francesi, fino almeno agli anni Sessanta, si confrontano ripetutamente con
i classici (in conseguenza, per lo pi, del loro percorso accademico), per
altrettanto vero che le letture proposte sono generalmente svincolate dai
canoni formali del commento87. Un esempio particolarmente rivelatore
della marginalizzazione del commento in favore di altri generi letterari, ed
dato dalla lunga e complicata vincenda editoriale della thse complmentaire di Michel Foucault sullAntropologia pragmatica di Kant. Il lavoro,
completato nel 1961, apparso postumo quasi cinquantanni dopo, nel

85. Cfr. L. Strauss, On Tyranny, University of Chicago Press, Chicago 2000 (ed. or. 1948).
86. Cfr. J. Hyppolite, Gense et structure de la Phnomnologie de lesprit de Hegel,
Aubier-Montaigne, Paris 1946 (trad. it. Genesi e struttura della Fenomenologia dello spirito
di Hegel, La Nuova Italia, Firenze 1972).
87. Cito due libri particolarmente famosi e rappresentativi: J. Derrida, Introduction
Lorigine de la gomtrie de Edmund Husserl, PUF, Paris 1962; G. Deleuze, Spinoza et le problme de lexpression, Minuit, Paris 1968.

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200888. Nel 1964, infatti, fu pubblicata solo la traduzione dellopera kantiana apprestata da Foucault, corredata da una breve introduzione. Lo scritto pi lungo e propriamente esegetico rest inedito, mentre il materiale
filosofico l elaborato conflu nel libro post-moderno per eccellenza, Les
mots et les choses (1966).

Bibliografia
Per quanto riguarda le fonti antiche, resta un riferimento imprescindibile la serie:
CAG Commentaria in Aristotelem Graeca edita consilio et auctoritate Academiae
Litterarum Regiae Borussicae, diretta da Hermann Diels, 23 voll., Reimer,
Berlin 1882-1909 (pi volte ristampata).
Una traduzione inglese completa dei CAG, coordinata da Richard Sorabji, in corso
di pubblicazione:
Ancient Commentators on Aristotle Series, Duckworth, London 1989 ss.
Sono inoltre apparse recentemente due antologie riccamente annotate:
SHARPLES R. W., Peripatetic Philosophy, 200 BC to AD 200: An Introduction and Collection of Sources in Translation, Cambridge University Press, Cambridge 2010.
SORABJI R., The Philosophy of the Commentators, 200-600 AD: A Sourcebook, 3 vols.
(1: Psychology (with Ethics and Religion); 2: Physics; 3: Logic and Metaphysics),
Cornell University Press, Ithaca (NY) 2005.
La letteratura critica sui commenti filosofici antichi e medievali molto vasta e in
costante crescita. Qui sono segnalate alcune opere dinsieme e raccolte di studi,
spesso corredate da dettagliati repertori bibliografici, che possono essere usate sia
per un primo orientamento, sia per ricerche pi approfondite.
ACHARD M., RENAUD F.

(ds.), Le commentaire philosophique (I)-(II), in Laval thologique et philosophique, 64, 1; 64, 3, 2008.
ADAMSON P., BALTUSSEN H., STONE M. W. F. (eds.), Philosophy, Science and Exegesis in
Greek, Arabic and Latin Commentaries, 2 vols., Institute of Classical Studies
(BICS Suppl. 83/1-2), London 2004.
BURNETT C. (ed.), Glosses and Commentaries on Aristotelian Logical Texts: The Syriac,
Arabic and Medieval Latin Traditions, The Warburg Institute, London 1993.
CELLUPRICA V., DANCONA C. (a cura di), Aristotele e i suoi esegeti neoplatonici. Logica
e ontologia nelle interpretazioni greche e arabe, Bibliopolis, Napoli 2001.
DANCONA C. (ed.), The Libraries of the Neoplatonists, Brill, Leiden-Boston 2007.
ENDRESS G., AERTSEN J. A., BRAUN K. (eds.), Averroes and the Aristotelian Tradition:
88. I. Kant, M. Foucault, Anthropologie du point de vue pragmatique et Introduction
lAnthropologie, Vrin, Paris 2008.

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COMMENTO

Sources, Constitution and Reception of the Philosophy of Ibn Rushd (1126-1198),


Brill, Leiden 1999.
FIORAVANTI G., LEONARDI C., PERFETTI S. (eds.), Il commento filosofico nellOccidente
latino (secoli XIII-XV) / The Philosophical Commentary in the Latin West (13th-15th
Centuries), Brepols, Turnhout 2002.
GEERLINGS W., SCHULZE C. (hrsg.), Der Kommentar in Antike und Mittelalter, 2 Bde.,
Brill, Leiden 2002-03.
GOULET-CAZ M.-O. et al. (ds.), Le commentaire entre tradition et innovation, Vrin,
Paris 2000.
MORAUX P., Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von
Aphrodisias, 3 Bde., de Gruyter, Berlin-New York 1973-2001.
RASHED M., Lhritage aristotlicien. Textes indits de lantiquit, Les Belles Lettres,
Paris 2007.
SORABJI R. (ed.), Aristotle Transformed. The Ancient Commentators and Their Influence, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1990.
TUOMINEN M., The Ancient Commentators on Plato and Aristotle, The University of
California Press, Berkeley (CA)-Los Angeles 2009.

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