D ELLA
C LA SSE D l L E T T E R E E FIL O SO F IA
Scu o la N o r m a le S u p e r io r e
P isa
XXIII
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F R A N C E SC O F R O N T E R O T T A
ME0EHI2
LA TEORIA PLATONICA DELLE IDEE
E LA PARTECIPAZIQNE
DELLE COSE EMPIRICHE
D ai dialoghi giovanili al Parmenide
SC U O L A N O R M A L E S U P E R IO R E
PISA 2 001
PROPRIET L E T T E RARIA RISERVATA
ISBN 88-7642-099-1
K al t v Z iq v o v a e<f)ri y e X a a v T a <f>vai
avrov, co S a if c p a T e ? , S e w p .e 0 a T T ap^evt S o u
ri o u x ps oaov e p -y o v T rp o cr'rT T eiS ';
... yw j i v orn, co ap jjL eviS T ], S o jK p cz T a
Apologia di Socrate
Critone
Ippia minore
lone
Menesseno
Liside
Carmide
Lachete
Ippia magg. (la cui autenticit ormai quasi unnimemente riconosciuta)
Eutifrone
Protagora
Gorgia
Eutidemo
Menone
Cratilo
fino alia morte. Al periodo che va dal 385 al 370 circa appartengo-
no verosimilmente quattro dialoghi ehe considero della maturita :
Fedone
Simposio
Repub bliea
Fedro
Parmenide
Teeteto
Sofista
Politico
Filebo
Timeo
Crizia
1 Per la biografia di Platone, su cui esiste unampia ietteratura critica, rinvio solo
a A.E. T a y l o r , Plato. The man an d his work, London, Methuen & Co. 1926 [trad. it.
Platone, Tuomo e lopera, Firenze, La Nuova Italia 1968]; J. STENZI.L, Platon der
Erzieher, [1928], Hamburg, Meiner 19 6 12 [trad. it. Platone educator?, Bari, Laterza
1966 ~j; L. R o b i n , Platon, Pans, Alcan 1935 [trad. it. Platone, Milano, Cisalpino
1988]; W.K. C.A. G uTH R IE, A history ofG reek Philosophy, IV-V, Plato: The man an d his
dialogues, Cambridge, Cambridge Univ. Press 1975-1978; A. SwiFT-RlGlNOS, Plato-
nica. The Anecdotes concerning the Life an d Writings o f Plato, Leiden, Brill 1976.
INTRODUZIONE XIII
11 Come cercher di mostrare nei 1-4 del cap. e nei 1-3 del cap. II, mi pare
che il significaco filosofico dellipotesi deigeneri nei dialoghi giovanili e intermedi sia
FRANCESCO FRONTEROTTA
XX
EPISTEMOLOGIA E ONTOLOGIA:
2 Come ho gia detto (cfr. il 2 e\YIntroduzione), mi servr indi ffe ren te men te,
nel corso di q ti esta ricerca, dei termini idea, forma, genere1 e, in acuni casi,
essenza, per designare le reaita eterne, immutabili e auto-identiche che Platone
definisce I8ai, elSr, yur] e, talara, ocai. W .D . Ross, op.cit., 37-43, ha
sostenuto che, poich questi termini presentano, nella letteratura greca e negli stessi
dialoghi platonici, dversisigniPicati, solo nei dialoghi maturiessi sarebbero impiegati
da Platone in riferimento alia teoria delle idee, mentre nei dialoghi giovanili
conserverebbero un significato generico. Ho avuto modo di accennare aquesta tesi nei
2 e\\'httroduzi&ne: mi limito a osservare ancora che, se i termini i.S a , el Soy e
yuos-' sono caratterizzati da una certa ampiezza semantica, ci rimane vero in tutti
i dialoghiplatonicie non solo in quelli giovanili cos come in tutti i dialoghiplatonici
- e non solo in quelli maturi - attestato un largo uso tcnico e specifico di questi
termini, senza dubbio ne contesto filosfico della teoria delle idee. La tesi di Ross mi
pare per lo pi motivata dallintenzione di fondo, del resto chiaramente espressa
dallautoie, di escludere lesistenza della teoria delle idee nella prima fase della
riflessone di Platone. Cerchero di dmostrare nel prossimo capitolo che tale posizione
infondata e smentita dai tesri.
3Per la cronologa dei dialoghi assunra in questa ricerca, cfr. il 1 del!Introduzione.
11 KIFHRJMENTO AILE DEH NEI DIALOGHI PLATONICI 5
(I)
La temperanza e una certa calma e moderazione (fiauxLorns- Tig-) ncllagire.
Socrate osserva tuctavia che in moke circostanze e rispetto a diversi comportamen-
ti, per esempio nel corso di unesecuzione musicale o nella lotta, la temperanza si
riduce piuttosto alia rapidka e alia prontezza, assai piii efFicaci e appropriate della
lentezza e della calma, e invita dunque il suo interlocutorc a indagare meglio in
se stesso, visto che proprio in iui la temperanza e presente ( 1 59 b l - l 60 e l).
(n)
La temperanza coincide forse con il pudore (atSciJs-) che si prova nel compiere
azioni vergognose. Ma non sempre il pudore e cosa buona, si oppone Socrate, e,
di conseguenza, o la temperanza e a volte buona e a volte cattiva, oppure non
consiste nel pudore ( I 6 0 e 2 -l6 lb 2 ).
(III)
L a te m p e ra n z a consiste nel produrre delle cose buone (rr|v tqji.' yaOuii' tipa^iv).
Eppure, r i b a t t e Socrate, spesso non si consapevoli di agirc bene e utilmente,
come nel caso del medico, che non sempre certo dellesito della sua cura:
pertanto o si accetter di concludere che, paradossalmente, la temperanza implica
talvolta una certa inconsapevolezza di s oppure bisogner respingere la definizio-
ne suggerta come errata (I 6 3 d l- I 6 4 c 6 ).
(IV)
La temperanza conoscenza di s stessi e, in quanto tale, rappresenta il fondamen-
to di tutte le scienze: Crizia ripiega cosi sul precetto deifico. La confutazione di
Socrate si svolge in tre punti: (a) se questa defmizione vera, occorre riconoscere
che chi temperante, conoscendo s stesso, sar anche consapevole di ci che sa
e di ci che non sa e ia temperanza si ridurr eos) a una sorta di conoscenza di
conoscenza; (b) ma come possibile essere consapevoli di ci che non si sa? Come
si pu sapere di non sapere? Se ludito ascoita i suoni e la vista vede i color - e n
ludito n la vista percepiscono dei non-suoni o dei non-color - analogamente
ogni scienzasi rivolge al proprio oggetto specifico, a unessenza determnata sulla
quale esercita la propria azione (ttjv oi>aav Tipo? qv fj Swa^ig airroi f|v),e
presuppone un sapere intorno a questo oggetto, ma non s rivolge certo a un non-
oggetto presupponendo un non-sapere intorno ad esso; infine, (c) pur accettan-
do la tesi di Crizia e ammettendo dunque che esista una simile scienza, rimarreb-
bero comunque da dimostrare la sua utilica e il fatto che essa consiste effettivamen-
te nella temperanza (I6 6 e 5 -1 6 9 b 5 ). 9
(I)
II coraggio consiste nel restare al proprio posto e non fuggire atterriti di fronte al
nemico. M a spesso, replica Socrate, si rivela assai pi coraggioso chi combatte
muovendosi e indietreggiando strategicamente davanti al nemico e, daltra parte,
ci che sottoposto ad analisi non il coraggio come virt escusiva del guerriero,
ma il coraggio che chiunque pu manifestare in ogni circostanza della vita:
I oggetto della definizione, infatti, rimane sempre lo stesso indipendentemente
dalle circostanze in cui si viene a trovare (y iraca tortol? ra>Tv cmv) e senza
alcuna eccezione (190e4-192b 8).
(II)
II coraggio una certa forza de lf anima (icapTepta t l ? rrj9 Tuttavia,
bisogna almeno aggiungere a questa forza del 1'anima la facolta di giudicare (jie ra
(^povTjaecs-), altrimenti il coraggio rischierebbe di essere ridotto alia stolta
temerariet. E non appare comunque pi coraggioso in battaglia chi si trova in
inferior! t numrica piuttosto che i soldati accorti e giudiziosi che, in previsione
dello scontro, si sono preparad adeguatamente e radunati in ampia schiera? In tal
caso, e necessario concluderne che non sempre allintelligenza e alia capacita di
giudizio corrisponde altrettanto coraggio ( 19 2 b 9 - 19 3 e5 ).
II. RJFERIMENTO AIXE IDEE NEI DIALOCHJ PLATONICI 11
(III)
11 coraggio una scienza, e precisamente la scienza delle cose temibili e delle cose
non temibili (rqv t G>v Seivtov ai BappaXwv emaTT|p.r|y). Se pero ilgiudizio sulle
cose temibili o non temibili si basa in realt sullaspettazione e la previsione di un
male o di un bene futuri, questa scienza riguarder soltanto il futuro e non anche
il presente e il passato: conseguentemente o il coraggio limitato agli awenimenti
futuri - e, paradossalmente, non si potrebbe mai essere coraggiosi nel presente -
oppure coincide con la scienza del bene e del male ingenerale (e non solo delle cose
temibili e non temibili), ci che sembra dawero impossibile giacch il coraggio
era stato iniziamente definito come una singla parte della virt ([lpioy ev Tujy
rfjspcTfjs-)enoncomelavirtnelsuoinsieme(a|i.Tiaaa perri, 1 9 4 c7 -1 9 9 e l0 ).
1UPer unanalisi dettagliata della struttura del Lachete e una discussione, ben pi
approfondita di quella appena abbozzata qui, deila natura del metodo defntorio e dei
suoi obiettivi, cfr, C h . H . K a h n , Plato's methodology in the Laches, in RIPh, XL,
1986, 7-21; e soprattutto L.-A. D o r i o n , Platon, Laches dr Euthyphron, traduction
indite, introduction et notes par L.-A. D o r j o n , Paris, GF-Flammarion 1997,15-79.
11 Sulla questione dellunit e della pluralit della virt tornero, seppur brevemente,
con gli opportuni riferimenti bibliografici nel 2.5, n. 17. Per il momento, rinvio
ancora a L.-A. D o r i o n , Platon, Laches dr Euthyphron cit., 171-178, che ha fomito
un esauriente spiegazione del problema come viene soilevato nel Lachete, illustrando
i termini del dibattito critico soprattutto attraverso lanalisi degli interventi di G.
SANTAS, Socrates at work on virtue an d knowledge in P latos Laches, in RMeta, X XII,
1969, 443-460 (riedito in Thephilosophy o f Socrates: a collection o f criticalesays, ed. by
G. V l a s t o s , New York, Doubleday & Anchor 1971, 17 7 -208); G. V l a s t o s , The
argument in Laches 19 7 e ff., in G. V l a s t o s , Platonic studies, Princeton, Princeton
Univ. Press 1973 (seconda ed.: 1981), 266-269; T. PENNER, What Laches andN icias
miss ~ a n d whether Socrates thinks courage merely a p art o f virtue, in AncPhil, X II,
1992, 1-27.
U. Rl FERM EN TO ALLE IDEE NEI DIALOGHI PIATONC1 13
(I)
II bello una bella fanciulla: questa lopinione che chiunque accoglierebbe come
vera. E tuttavia, se le cose belle sono tali per lesistenza del bello in s (el t cmv
ar t KaXv), bisognera riconoscere che una bella fanciulla, al pari di una bella
cavalla o di una bella pentola, pu essere bella solo in forma parziale e imperfetta,
dal momento che la pi bella delle fanciulle, che pur bella rispetto alia pi bella
delle cavalle, sara pero senza dubbio brutta rispetto alia pi bella delle dee: ora, il
bello in s (abro t KaXv) non pu apparire tanto bello quanto brutto (oSv
^iWov KaXv f alox p v ), ma esclusivamente bello. Ci che occorre defmire
si precisa ancora quella forma che, aggiunta alie cose (TTaSv TTpOCTyvT|Tai
k vo t e lS o j), le rende belle (287b 4-289d 5).
{II)
II bello e Toro, che, aggiunto a qualunque cosa, la fa splendere magnficamente.
D altra parte, come Socrate osserva, non sempre Toro conferisce bellezza a un
oggetto, e Fidia, per esempio, non fabbric in oro, ma in avorio, gli occhi della
sua splendida statua di Atena. La definizione di Ippia viene allora corretta cos:
bello e ci che a ciascuna cosa conviene (o v TTpiTQ iccm). Eppure, ci che
conviene a oggetti volgari 1ornamento grossolano e semplice, che non pu certo
essere considralo bello (289d 6-291c9).
14 FRANCESCO FRONTEROTTA
(III)
Quel bello che mai appare brutto a nessuno in nessun modo (t kclXv ...
|j.ri5TTOTe alaxpi^ frr|8apo [iriSei/i ^avelTai) consiste, per un uomo, nelfcssere
ricco, in salute, onorato dai greci e, gunto alia vecchiaia dopo aver seppellito i
prop ri genitori, essere sepolto dai prop ri figli decorosamente. Neanche questa
volta, per, la definizione coglie nel segno: infatti, non per tutri, secondo la
testimonianza dei poeti e delia tradizione, stato bello seppellire i propri genitori
ed essere sepolti dai propri discendenti e, conseguentemente, non pu trattarsi di
quei bello in s che, aggiunto a ogni cosa, 1a rende bella, che sia unapietra, unpezzo
di legno, un uomo, un dio, una qualunque azione o disciplina (2 9 1 d l-2 9 3 d 4 ).
(IV)
A causa delia grave impasse deilindagine, viene richiamata una delle precedenti
defmizioni per analizzarla nuovamente: ci che appropriate (t TrpTTov') rende
belle le cose. Del resto, non assurdo ammettere che 1aspetto di un uomo appaia
assai pi bello, quando egli indossi, per esempio, gli abiti adatti. Ma, in tal caso,
si fmirebbe per affermare che il bello in s fa appanre, e non essere, belle le cose e
non questo lo scopo delia ricerca: si deve scoprire, al contrario, ci che fa essere
belle le cose belle, indipendentemente dalle apparenze (t 8 ttolov eivai tcaX
... k v re (fmvriTai e v re TrapaTov Xyeii/ t l crri, 293d 5-295a2).
(V)
II bello si riduce a ci che utile e giovevole (t XP1! 0,1^0^) > meglio, a ci che
produce utilit e giovamento. M a in questa prospettiva il bello flnir per costituire
la causa di ci che utile e giovevole, dunque la causa del bene (toj ya 0ou ...
aiTiv ccm v t KaXv); conseguentemente, poich una causa si rivela sempre
diversa dai suoi effetti, il bello dovr essere considerato diverso da bene e il bene
dal bello, il che sembra inaccettabile (2 9 5 b 7 -2 9 7 d l).
(VI)
II bello consiste forse nei piaceri che si traggono dalludito e dala vista. Tuttavia,
i piaceri provenienti dalludito e dalla vista non sono belli in quanto provengono
dalludito e dalla vista, perch, se cosi fosse, il piacere procurato dalfudito (che
di natura diversa da quello procurato dalla vista) riguarderebbe esclusivamente
ludito e non la vista, e, analogamente, il piacere procurato dalla vista (che , a sua
volta, di natura diversa da quello procurato dall'udito) riguarderebbe esclusiva-
mente la vista e non 1udito: quindi necessrio supporre che belli siano i piaceri
delludito e della vista nel loro insieme, ma non Tuno e Taltro presi singoiarmen-
te 12. M a il bello un qualcosa di idntico (tl t a b r) che rende belli i piaceri
delludito e della vista, sia singolarmente sia in coppia, ana caratteristica comune
presente in entrambi (t kolvv toto, o xa! ^ oT p ais- aTais1 eirecm Kaiuf)
ai ex a r p a iSa) e non vi nessuna ragione di credere che, se Socrate e ppia
son, ognuno, belli, non sia bella anche la coppia che essi costituiscono, o che,
viceversa, se la coppia di cui fanno parte e bella, non siaio poi belli Socrate e Ippia
ognuno di per s (2 9 7 e 3 -3 0 3 d l0 ).
(I)
Santo precisamente co che Eutifrone sta facendo: trascinare in giudizio chi
colpevole di omicidio, fosse pure il proprio padre, come dimostrano gli esempi di
Zeus, che incateno Crono suo padre per impedirgh di divorare i figli, e di Crono
stesso, che mutilo il padre Urano per ragioni anaioghe. Socrate diffida pero delle
leggende che si raccontano intorno agli dei e, soprattutto, non e un esempio di
santita che desidera conoscere, ma lidea in s in virtu della quale tutte le azioni
sante sono sante o quelle non sante sono non sante (carr t elSo j 4> TivT T
oata oCTi cttlv ... (lia iSa T re vaLa vaia etvai). D i questa idea in
s (ainTiv ... Tqy L8av) Socrate vuolsentire parlare, in modo che, tenendola come
modello, egli possa giudicare sante le azioni che le assomigliano e non sante quelle
(IIb)
II santo ci che tutti gli dei approvano e non santo ci che tutti gli dei
disapprovano: cosj vienecorretta la precedente definizione. D altro canto, sembra
evidente che gli dei approvano ci che santo in quanto santo., mentre ci che
santo non santo in quanto approvato dagli dei: 1approvazione degli dei non
costituisce Tessenza dei santo (tt|v (lev ocrav atrrou), ma una sua affezione
(ttqOos- S Tt Tie pi a T o ), una caratteristica puramente accidentaie (9d 1-1 I b l) .
(III)
II santo il giusto, o, meglio, una parte dei giusto ((iptov tou Sikoou t ftcriov).
M a quaie parte? Queila che consiste nel servizio reso agli dei con i sacrifici e con
le preghiere, che, pur non essendo certamente utili agli dei - perche gli dei non
hanno bisogno di nulla sono comunque loro graditi. Cosi si torna per alia
definizione prima respinta: santo ci che gradito agli dei (1 Ie 4 -1 5 c l0 ).
qui le due principal] tesi emerse nel confronto degli ultimi decenni: a tesi (A) delf unita
della virt, che intende ie diverse virtu particolari come altrettante parti inseparabili di
un nico insieme, in modo che, pur fra loro distinte, esse si rivelano tuttavia
inscindibilmente connesse e une alie altre (cfr. soprattutto i saggi successive di G.
V las TOS: The unity o f the virtues in the Protagoras, in RMeta, XXV, 1972, 4 15-458;
riedito inG . VLASTOS, Platonic studies cit., 221-269]; I d ., The argument in Laches 197e
ff. cit.; I d ., The Protagoras an d the Laches, in G. V la STOS, Socratic studies, ed. byM .F.
B u r n y e a t , Cambridge, Cambridge Univ. Press 1 9 9 4 , 109 - 126 ); ektesi ( B ) dellidentita
delia virt, che concepisce le virt particolari come espressioni diverse della virt in
quanto tale, cos} riducendole asemplici nomi di ununicae idntica reat priva di parti
(cfr. T . P e n n e r , The unity o f virtue, in PhR, LXXXII, 1 9 7 3 , 3 5 -68; C.C.W . T a y l o r ,
Plato's Protagoras, Oxford, Clarendon Press 1976, 103 sgg.; T. I r w i n , Plato's moral
theory, Oxford, Clarendon Press 1977, 86-90; M. ScHOPiELD , Aristn o f Chios an d the
Unity o f virtue, in AncPhi, IV, 1984, 83-95; e ancora T . PENNER, What Laches an d
Nicias miss an d whether Socrates thinks courage merely a p a r t o f virtue cit.).
18 Laffermazione per cui ognuna delle essenze considerate qui possiede ia
caratteristica di cui e, appunto, lessenza, e puo essere quindi predicata di s stessa,
solleva la delicata questione dellauto-predicazione, come metter in luce nel cap. X.
IL RIFERJ MENTO ALLE IDEE NEI D1ALOGH1 PLATONICI 25
(I)
La virt e la capacita di governare gli uomini. M a sarebbe dawero assurdo
ammettere che la virt degli schiavi o dei ragazzi consista nella capacita di
governare i padroni o gli anziani. Si potrebbe forse insistere, sostenendo che la
virt coincide con questa capacita di comandare solo quando si pratichi secondo
giustizia e tuttavia, cos dicendo, si cadrebbe nuovamente nel paradosso della
moltiplicazione delle virt, perch la giustizia non che una singla parte della
virt. Ora, non alia molteplicita (els froXX) che si intendeva arrivare, ma a ci
che rimane idntico al di la di tutti gli elemenci componenti a molteplicita (t m
T Taatv t o t o l s 1 T a v T v ), vale a dire aila virt nella sua totalita ( k a T oXou ...
perfis'), come, per esempio, nel caso dele figure o dei color, che, assai difFerenti
gli uni dagli altri, sono comunque qualcosa di nico ed idntico in quanto figura
o in quanto colore (7 3 c 6 -7 4 a l0 ).
(II)
La virt il desiderio delle cose belle unto alia capacita di procurrsele. D atra
parte, obietta immediatamente Socrate, se e cose belle sono anche buone e se
impossibile che qualcuno desideri subir un male, nessuno si distingueradagli altri
per vrt, visto che in tutti gli uomin presente un uguale desiderio di cose belle
e buone; in tal caso, la virti consister esclusivamente nella capacita di procurarsi
dei beni. M a forse virtuoso procacciarsi ricchezze o qualsiasi altra cosa in modo
empio e ingiusto? Pare di no esar perci necessario precisare che la ricerca dei beni
dovraessere accompagnatada un atteggiamento giusto e santo. Edecco che, ancora
una volta, invece di definire la virt nella sua totalita (oXov eltrv tt]v perr|v),
se ne son o trvate, paradossalmente, ie single parti (77b2-79c3).
26 FRANCESCO FRONTEROTTA
22 Cfr. il 2 del cap. II. L esame della natura della virtu e delle sue caratteristiche
strettamente connesso, nei Menone (81a5-86c2), allintroduzione della dottrina
della reminiscenza dellanima. Affrontero la quesdone nei dettagli nei 2 del cap. Ill,
mentre, in linea con il tema discusso in queste pagine, mi sono limitato a considerare
qui il problema della definizione dea virt, rispetto alia struttura del mtodo
definitorio e alia determinazione dello statuto ontologico delloggetto da definir.
23 Pur sempre nei contesto di uno schema argomentativo in cui a Socrate spetta
onere di condurre l dibattko, interrogando i propri interlocutori e confutandone o
precisandone le risposte, 1ndagine svolta nei Cratilo non tuttavia propriamente
dedicata alia ricerca della definizione di qualcosa, ma allanalisi (solo indirettamente
definkoria) di due tesi contrapposte ntorno alia natura dei nomi - se appaitengano
alie cose che nominano per convenzione o per essenza unanalisi che si immaginagia
piuttosto avanzara, quando Socrate interviene nella discussione (3 8 3 a l-3 8 5 b l).
Inoltre, la riflessione condotta nei Cratilo conclude e, per cosi dire, completa la serie
dei dialoghi definitori non tanto dal punto di vista cronologico, ci che pare
impossibile determinare, quanto piuttosto dal punto di vista del percorso concettuale
che vi compiuto - nella misura in cui si rivolge, pi che alia formulazione di una
definizione specifica, alio statuto della definizione in generale attraverso iesame dei
suoi elementi componenri, i nomi, e delle immediate implicazioni logico-linguistiche
che un simile problema comporta. In questo senso, come cercher di mostrare,
28 FRANCESCO FRONTEROTTA
legittimo supporre che Platone intendesse spiegare in che modo e su quale base possa
essere correttamente formulata una definizione specifica, tenendo presente laparticolare
relazione fra la sfera de! linguaggio nel suo insieme e la realt dele cose che sono
oggetto di pensiero e discorso. Cfr. soprattutto, in proposito, la conclusione di questo
2.6 e i 2-3 del cap. II.
24 U n a simle posizione ricollegata da Socrate alla dottrina soggettivista di
Protagora, per la quale luomo misura di tutte le cose (ttlv'Uv xP'HP-Tiov' M^Tpoi'
elrai v'SpwTrov). Per la dottrina di Protagora e la sua presentazione nel Cratilo e negli
altri dialoghi platonici, cfr. M. UNTERSTEINER, I sofisti, Milano, Mondadori 19963
(prima edizione: 1948), 1-137; A. SOULEZ, Le dire comme acte du Sophiste. Ou:
invention et rpudiation p a r Platon de la pragmatique sophistique, in Position de la
Sophistique, Colloque de Cerisy, d. par B . C a s s i n , Paris, Vrin 1986, 53-73; M.
N R C Y , Cratylepar lui-mme, in RPhA, V, 1987, 151-165; A. B H LER , Protagoras:
W ahrnehmungundW ahrheit, in AZP, XIV, 1989/3, 15-34.
!L FU FER IM EN T O ALLE ID E E N EI D iA L O G H I P L A T O N IC l 29
loro una discussione basata su domande e risposte brevi, il Cratilo attribuisce invece
al dialettico la conoscenza specifica delle regle e delle modalit del dialogare
8ia\eKTLKx3s', che innalzato cos al rango di un sapere tcnico, di una disciplina
autonoma dotata di norme.
26 Di questa sezione del dialogo (rispetto alia quale si veda lo studio approfondito
di C. D a u m i e r , Platon, Cratyle, traduction indite, introduction et notes par C.
D a u m i e r , Paris, GF-Flammarion 1998, 26-51) mi pare importante ricordare
letimologia suggerita per il nome della dea Estia (401bl-el):'ECTTa deriverebbe
infatti dalle forme doriche di oim a, rispettivamente acria e ala. Nel primo caso, il
nome della dea significherebbe Fessenza immobile delle cose, ci che innanzitutto ,
proprio come si dice che 4 ci che partecipa dellessenza (to t)? otiatas- [lerxov
ecmv cfxxjiev1); nel secondo, indicherebbe invece il principio delie cose (oa) in ci
che spinge al movimento (t0ow), forse in accordo con la dottrina eraclitea del
perenne divenire. In ogni modo, proprio dalla dea Esfia, ricorda Socrate, si usa dare
inizio i sacrifici perch con essa si identifica fessenza che, comunque la si voglia
defmire, prima rispetto alie cose di cui essenza. Come si vede, le due interpretazioni
proposte da Socrate prefigurano il conflitto su cui si chiude il dialogo (438a2-440e7)
fra la dottrina dell'eterno divenire di tutte le cose e la tesi dellesistenza di certi enti
immobiii che costituiscono Foggetto proprio dea vera conoscenza.
IL RIEERIM ENTO ALLE IDEE NEI DIALOGH) PLATON ICI 31
2<>11 mtodo socrtico della ricerca della definizione di un certo oggetto ( t cttl
X?), su cui tornero anche nel 2 del cap. II, stato esaminato assai a fondo dagli
interpreti nella sua structura logico-argomentativa. La mia analisi dipende
principalmente da acuni studi di G. VlASTOS: What d id Socrates understand by his
What is F? question?, in G. V l a s t o s , Platonic studies cit., 410-417; Id., The Socratic
elenchus, in OSAPh, I, 1983, 27-58 (riedito in G. V l a s t o s , Socratic Studies cit., 1 -
33); Id., Elenchus an d mathematics, in AjPh, CIX, 1988 , 362-396 (riedko in G.
VLASTOS, Socrates ironist a n d m oral philosopher, Cambridge, Cambridge Univ. Press
1991, 107-131). Ma si vedano pure A. N e h a m a s , Confusing universals andparticulars
in P latos early dialogues, in RMeta, X X IX , 1975-1976, 287 - 306 ; I.M. C r o m b i e ,
S ocratic d efin itio n , in Paideia, V , 1 9 7 6 , 8 0 -1 0 2 ; R . W . P u S T E R , Z ur
Argomentationsstruktur Platonischer Dialogue: die Was ist X?" Frage in Laches,
Charmides, Der grssere H ippias und Euthyphron, Mnchen-Freiburg, Alber 1983;
Ch. H . K a h n , op.cit., 148-182; F. W o l f f , Etre disciple de Socrate, in Lezioni socratiche,
acura dl G. GlANNANTONI eM . N a RCY, Napoh, Bibliopos 1997,29-79 (specialmente
47-53); J.-F. B a LAUD, La fin alit de /elenchos d'aprs les premiers dialogues de Platon,
in Lezioni socratiche cit., 235 - 258 . Per i rapporti fra il mtodo socrtico come
presentato nei dialoghi giovamli e le origini delia dialettica platnica, cfr. R. R o b n -
s o n , Plato s earlier dialectic, Oxford, Clarendon Press 19532, 49-60; e G . GlANNANTONI,
30 Cfr. F. T r a b a t t o n i , Platone cit., 38 . Questa tesi, la cui origine risale agli scritti
socratici di Guido Calogero (adesso raccolti nei volume di Scritti minori di filosofa
antica, Napoli, Bibljopolis 1984; si vedano soprattutto: Socrate, [1955], 106-126;
Socratismo e scetticismo neipensiero antico, [1980], 127-135; II Protagora e Ictica
socratica come eSaipova, [1937], 262-283; Una nuova concezione della lgica
prearistotelica, [1927], 349-362), stata ripresa da Gabriele Giannantoni (si veda
soltanto, per esempio, Socrate e il Platone esoterico, in A A .W ., La tradizione socratica.
Seminario di studi, Napoli, Bibliopolis 1995, 20-27: Per Socrate il consenso e
l1accordo tra i parlanti che stabilisce la verita, non viceversa) e sembra condivisa
almeno parzialmente, oltre che da Trabattoni, anche da F. W o L F F , Etre disciple de
Socrate cit., 48-49.
31 Unaccurata verifica delle occorrenze dei termini poXoyeii' e 6(10 X071 a nei
dialoghi platonici giovanili e maturi, con lopportuna analisi del loro significato
nei!mbito di un confronto fra le regle del dialogare socrtico e le modalit
deliargomentare diaiettico genuinamente platonico, e stata compiuta da F. ADORNO,
Appunti su OMOAOrEIN e OMOAOH A nei vocabolario di Platone, in DArch, II,
1968, 152-172 (riedito in F. A d o r n o , Pensare storicamente, Firenze, Olschki 1996,
49-65).
32 Si veda in proposito Ch.H. K a h n , op.cit., 93; 155-182.
36 FRANCESCO FRO NTEROTTA
44 In altre parole, nel Caitnide e nei Lachete (cfr. i 2.1-2.2 di quesro cap. I), la
caratteristica esigenza della defin2one universale della tempcranza e del coraggio,
necessaria per riconoscere a loro presenza in qualunque uomo, azione o circos tanza
particolare, non viene posta in relazione con lesistenza delle idee della temperanza e
del coraggio. E certamente evidente che Ioggetto della definizione deve essere
universale e auto-identico, ma non emerge nessun chiaro riferimento al suo statuto
ontologico e allasua realta oggettiva e ndipendente dagli uomini, dalle azioni e dalle
circostanze particolari in cui si manifesta.
4y Cfr. ancora i 2.3-2.6. Torner sulla quesdone nel 2 del cap. II.
46II significato filosofico della teora delle idee nei dialoghi giovanili stato messo
in iuce soprattutto da R. E. ALLEN, Plato s Euthyphro an d the earlier theory o f form s cit.,
attraverso unindagine lucida e sistemtica che costituisce del resto un punto di
riferimento costante per questa ricerca. Si vedano pero anche G. REALE, ZEutifrone,
U concetto di santo e la prim a teoria platnica delle idee cit.; J.M . RlST, Plato's earlier
theory o f forms?, in Phoenix, XXIX, 1975, 336-57; H. GUNDERT, Die ersten Spuren
derldeenlehre, in H. GUNDERT, Platonstudien, hrsg. von K. DRING und F. PREISSHOFEN,
Amsterdam, Grner 1 9 7 7,178-185; e R .D . M o h r , Forms in Plato's Euthydemus, in
Hermes, CXII, 1984, 296-300. Rmane comunque ancora oggi prevalente la tesi
degli interpreti che negano tout court lesistenza della teora delle idee, o di una sua
versione giovanile, nei primi dialoghi platonici: un caso esemplare in tal senso e,
recentemente, quello di L.-A. DORION, Platon, Laches &Euthyphron cit., 208-213.
42 FRANCESCO FRONTEROTTA
{I)
Per ogni insieme di cose empiriche designate dallo stesso nome e in possesso di
identiche qualita esiste unidea, alia quale sono attribuite determinate caratteri-
stiche. Ogni ideae inse e perse (atrro Ka0 airro), una eunica (ev), eternae auto-
identica (del ov ... tctutov), costante einvariabile (del Kara Tairrd Kal (Lctoujtgjs'),
invisibile, pura, incomposta e omogenea (oux parov ... tcaQapov ... dawBerov
... (j.oyoetSes'), priva di qualunque Veste materiale e corporea, e posta percio al
di la delle cose empiriche (trapa r a v r a n av ra ), assolutamentediversa (jraiT&Tiaoiv
... ^Tepov) e separata da queste48.
(II)
In q uan to co stitu isco n o , in virtu della p ro p ria natura, la realta realm ente essente
(o w la ovrtos- o u a a ), le idee rappresentano l og g etto della vera scienza (TnoTT|}lT))
e si ren d on o con oscib ili esclusivam ente attraverso il pensiero ((jlovw yw ... ^.erd
XoyLcr^ou a6rfj Ka0 aiufiv trj S iav o ia): estranee alia p ercezione e ai sensi, sono
percio dette intellegibili (vor|Td) e non sensibili (alCT0r|Td). Alle cose em piriche
invece, co llo cate a m e ta strad a fra essere e n on essere ([aerau ... toO dXiKpiwos'
ovtos- Kal toO |JLT|SaiJLf] ovros1)j m utevoli, corruttib ili e vincolate al perenne divenire
(dXXor d XXcos' Kal pxiSeTroTe KaTa r a i n a ), si addice l'op in ion e (8oa), incerta e
interm edia ([aeraii) fra la con oscenza vera e l ignoranza49. L a m utevole opinione,
pur basata sulla debole apparenza della percezione sensibile, sospinge tuttavia
Ianim a al rico rd o delle realta ideali che essa ha co n tem p lato p rim a di incarnarsi nel
co rp o m ortale: la possibilita della con oscenza delle idee dipende dunque da una
d ottrin a d ellarem in iscenza (dvd|iVT|ais) dellanim a, che im plica necessariam ente la
sua im m o rtalita e la sua pre-esistenza rispetto ai co rp o . U n a volta acquisita, con la
rem iniscenza, u n im m agin e approssim ativa e im precisa delle idee, agli uom ini
spetta di perfezionarne il co n ce tto p er giungere fin alm ente alia visione intellettuale
(yoriaLs1) delle idee in se50. E aq u esto p u n to che interviene la piu alta fra le scienze,
(III)
Al cune delle idee partecipano (fieTxoucri; (leraXapdvouCTi) luna dellaltra52 e
tutte indistintamente sono soggette alla partecipazione da parte delle cose
empiriche: infatti, in virt della presenza (Tapouala) o della comunicazione
(icoivwia) delle idee, le cose traggono la propria essenza (rf) ouatas1
T u y x d ' - ' E L Kaarov ov), il proprio nome ( [scil.: t v eiwy] rf)v movuiiav
t o t c jjv
5 Sebbene il Fedone faccia certamente parte dei dialoghi platonici dela maturit,
mi pare tuttavia ragionevole considerare questa indicazione valida anche rispetto alie
opere giovanili, giacch non riguarda espressamente la teoria delle idee e lo statuto
ontologico dei generi: in tal caso infatti, sarebbe possibile supporre che j equivalenza
fra la definizione di unideains e per s1(arr] Ka9arr|L') e la suaesistenza separata
(Xtp?) rientri nel contesto deevoluzione delia teoria delle idee e della sua progressiva
precisazione nella riflessione matura di Platone. II passo citato del Fedone, invece, non
si riferisce in alcun modo alio statuto delle idee, ma al contrario, attraverso lesempio
dellanima e del corpo, stabilisce unequivaenza linguistica valida tanto per gli enti
'formali (come lanima), quanto per gli enti materials (come il corpo), unequivalen-
za linguistica, dunque, che assume un significato generale: da questo punto di vista,
essa non sembra soggetta ad alcuna evolucione. Per estensione poi, laffermazione
deliesistenza autonoma e in se' e per s delle idee e, simmetricamente, delle cose
empiriche, impone la necessaria conseguenza che le idee, da un lato, e le cose
empiriche, dallaltro, esistano separatamente le une dalle altre, anche se, naturalmen
te, lesistenzaseparata e in s e per s1implica, perle idee, la reait pienadel vero essere
e, per le cose empiriche, la semplice apparenza del divenire (cfr. soprattutto il 1 del
cap. IV e i 1 e 3 del cap. V).
6 Cfr. per esempio Hp.M a. 292c9-d3; 300a9-b2; Euthphr. 5d l-5.
7 Si vedano in particolare il 2 dei cap. V; i capp. V III e XI; i 2-3 del cap. XII.
s Cfr. P h d 6 5 d l2 -e l; 100d4-6; 101c2-4; R. V 476a4-7; Pbdr. 247c6-dl, Si
consideri inoltre che la metafora della somiglianza delle copie imperfette rispetto ai
50 FRANCESCO FRONTEROTTA
posta come oggetto dlia ricerca e delle sue relazioni con e altre
dce. Piu in generale e al di l dlia dimostrazione svolta sopra, si
puo affermare che lambito logico-linguistico in quanto tale rinvia
inequivocabilmente, secondo Platone, alla sfera epistemolgica,
perch il semplice fatto di pronunciare un nome o una definizione
dotad di significato si rende possibile es elusivamente in virt dlia
conoscenza dellente cui il nome e la definizione si riferiscono, una
conoscenza che precede, sempre e necessariamente, latto del no
minare e la designazione attraverso lo strumento lingstico. Que-
sto rigido vincolo di dipendenza stabilito con forza nel Cratilo
(438e2-439b9). Al termine del lungo esame sulla natura dei nomi
e sulla loro esattezza rispetto agli oggetti cui sono attrbuiti, Socrate
giunge alla conclusione che preferibile conoscere le cose che sono
direttamente e senza la mediazione del linguaggio (SuvaTv piaetv
aveu vojj.Tv Ta ovTa): si tratta infatti del mtodo pi 'naturale
e appropriato (cIko? t c ral iraiTaToy), poich si rivolge agli
v'Ta in s e per s e nei loro rapporti reciproci (Si dXXriXwv ye ...
Kal airr S i7 aTv) e non tramite il linguaggio, che rimane qual-
cosa di diverso da essi (t ydp trou 'repov Kevw ral dXXoov).
Non dunque attraverso il linguaggio n tantomeno nel linguaggio
che si scopre la verit degli enti, ma nella conoscenza immediata di
essi: le parole e i nomi sono soltanto immagini somiglianti alie cose
(eiKva tv rrpayfidTcov) cui si riferiscono e, pur essendo per
certi versi in grado di istruire sulla natura dei propri oggetti (SuvaTv
... S i ovoiirv r TrpypaTa jj.av0dvciv), rappresentano co-
munque una modalit conoscitiva inferiore rispetto allapprendi-
mento migliore e pi chiaro (kXXlcov Kal oct^e arepa r\ pdGqo-is*),
per lowia ragione che la conoscenza degli enti in s e della loro
verit ha unevidenza maggiore delle immagini espresse nei nomi e
nelle parole (ok ovo[iTuv dXXd ttoX pXXov aTd aiTJV
Kal [ia0r|Toy ral r|Tr|Tov f| k tv ovo|dTcov). In ogni caso e
a ogni livello, lanaisi lingistica deve essere perci ricondotta sul
piano epistemolgico, giacch incapace di costituirsi come un
mbito indipendente e auto-referenziale: lo statuto di immagini, di
copie inferiori ai modelli originali, attrxbuito da Platone ai nomi e
alie parole, confina la definizione e il mtodo definitorio in una
condizione di radicale subalternit rispetto alla conoscenza, che
58 FRANCESCO FRO N TERO TTA
ca, poich tocca senza dubbio il contesto pi ampio della sfera etica
e poli tica, delleste tica e della scienza in generale. Al di i di ogni
altro argomento, possibile citare alcuni esempi concreti per di
mostrare che la ricerca della definizione non mai, nei dialoghi
definitori, fine a s stessa, ma attiene precisamente alia determina-
zione di una scelta ulteriore relativa al problema in discussione, che
si tratti di un problema etico-politico, estetico o scientifico. Nel
Carmide (158b5-159al0), lindagine sulla temperanza motivata
dalla volont di capire se il giovane Carmide possieda, oltre a una
straordinaria bellezza, anche la temperanza: solo accordandosi su
una definizione universale di questa virt si potra succesivamente
stabilire se Carmide ne sia in qualche modo partecipe. Nel Lachete
(190b3-e3), Socrate cerca con i suoi interlocutori una definizione
come pure, nel Sofista (236d-242b; 259e-264b), le quesrioni dela definizione e della
valutazione della ve rita e della falsit dei discorsi sono rigorosamente subordinate
aJlindagine ontologica e alia conos cenza delle relazioni fra le idee. Tale argomento
costituisce una difficolta insuperabile per le interpretazioni logico-analitiche della
riflessione di Platone che muovono in generale dalla seguente diagnosi filosfica
(formulata esplicitamente soprattutto da E. T UG END HAT, Vorlesungen zur Einfuhrung
in die sprachanalytische Pkilosophie, Frankfurt a,M., Suhrkamp Verlag 1976 [trad. it.
Introduzione alia filosofa analtica, Genova, Marietti 1989]): la dottrina delle idee si
ridurrebbe in effetti a una rigorosa teoria dele definizioni, dei predicati e dei concetti
universali, viziata pero irrimediabilmente da un naturale orientamento della mente
umana che, celando la dimensione lingistica dela riflessione e privilegiando invece
l1effetti va e concreta realta esistente degli oggetti di pensiero, induce a considerare il
conten uto della riflessione, anche se appartenente alia dimensione non oggettiva dea
comprensione semantica e dellespressione logico-linguistica, come un ente dotato di
esistenza propria e autonoma. Con i suoi molteplici sviluppi, questa interpretazione
della filosofa di Patone, applicata in parti colare alia ettura dei diaoghi tardi, ha avuto
un ruolo assai rilevante negli studi platonici degli ultimi decenni ed tuttora molto
diffusa nel mondo anglo-sassone. Cito soltanto, in proposito, i casi pi noti e influenti:
rispetto ai primi diaoghi, cfr. A. NEHAMAS, Confusing universal an d particulars in
Plato s early dialogue cit.; I.M. CROMBIE, Socratic definition, in Paideia, V, 1976, 80-
102; rispetto ai dialoghi tardi invece, nei quali lo stesso Platone avrebbe autnoma
mente compiuto una radicale auto-critica, passando da una concezione ontologica
a una concezione logico-linguistica della teoria delle idee, cfr. G. R y l e , Plato's
Parmenides, in Mind, XLVIII, 1939,129-151 (riedito in Studies in Plato s metaphysics,
ed. byR.E. A l l e n , London, Routiedgeand KeganPaul 1965, 97-147); J.L. A c k r i l l ,
2MTTA0KH EIAQN, in Bullettin of the Institute of Classical Studies, II, 1955, 31-
35 (riedito in Studies in Platos metaphysics cit., 199-206; e in Plato I: Metaphysics an d
epistemology, ed. by G. VLASTOS, N e w York, Doubieday & Anchor 1970, 201-209);
G.E.L. O w e n , Platoon not-being, in Plato I: Metaphysics an d epistemology cit., 223-267
(riedito in G.E.L. O W EN , Logic, science an d dialectic. Collected papers in Greek
philosophy, ed. by M . NUSSBAUM, London, Duckworth 1986, 27-44).
60 FRANCESCO FRO N TERO TTA
26 Sugli argomenti discussi nei dialoghi definitori, cfr. i 2.1-2.5 del cap. I.
LA TEO RIA B E LLE IDEE FRA EPISTEM O LO GIA E O N TO LO GIA 61
311Sulla quesdone tornero, per una discussione dinsieme delle tesi evoluzioniste
e per una presa di posizione conclusiva, nel 2 del cap. VI.
L * TEO RIA D ELLE IDEE FRA EPISTEM O LO GIA E O N TO LO GIA 63
mense argomentata nel suo precedente volume (dedicato fra lalrro al problema delle
cosiddette dottrine non scritte di Piatone) Scrivere nellanimtt. Verith, dialettica e
persuasione in Piatone, Firenze, La Nuova Italia 1994, 100-199; 245-261; 310-344.
Sulla questione si vedano anche le lucide osservazioni di G. GlANNANTONI, Oralith e
scrittura in Piatone, in Elenchos, XVII, 1996, 109-119.
33 S tratta della ben nota tesi di P. Hadot, per la quale si vedano soltanto il recente
volume Q uest-ce que a philosophic antique?, Paris, Gallimard 1995 [trad. it. a cura di
E. GlOVANNELLI, Torino, Einaudi 1998, 25-75] e, di pi ampio respiro, la raccolta
inritolata Exercices spirituals etphilosophie antique, Paris, tudes Augustiniennes 1987
[trad. it. a cura di A.M. M a r i e t t i , Torino, Einaudi 1988, 43-68; 87-117; 155-167].
LA TEO RIA D ELLE IDEE ERA EPISTEM O LOGIA E O N TO LO GIA 65
3S Sul ruolo di C ratilo com e portavoce delle doctrine eraclitee, cfr. S.N .
MoURAVIEV, La prem iere thorie des noms de Cratyle, in Studi di filsofiapreplatonica,
a cura d iM . C a p a s s o , F. D e M a RTINO, P. R o s a t i , N apoli, Bibliopolis 1985, 159-172;
M . N arc Y, Cratyle p a r lui-mme cit. Lascio com pletam ente da parte qui il problema
della veridicita storica della presentazione platnica di E raclito e del suo pensiero
rispetto ai fram m enti pervenutici e aile relative testimonianze.
68 FRANCESCO FRO N TERO TTA
40 Tralascio perci qui la discussione delia teoria dela linea, che riprender nel
3 del cap. III. La rigorosa e necessaria corrispondenza stabilita da Platone fra il
pensiero vero, la scienza, e i suo conten uto realmente essente, e dunque pi in generae
fra epistemologa e ontoogia, necheggia probabilmente laffermazione parmenidea
dellidentita di pensiero ed essere nei frr. 3; 6.1; 8.34-36 DK. Anlogamente, dela
profonda influenza di Parmenide risencono verosmilmente la distinzione platnica
fra verita (Xf|0eia) e opinione (Sa) e la concezione dello statuto ontologico degli
oggetti delia vera conoscenza, le idee, eterne e auto-identiche come eterno e auto-
identico apparelessere nella descrizione di Parmenide (cfr. in particolare ilfr. 8.1-49).
Rinvio in proposito al mi Essere, tempo epensiero: Parmenide e [origine deWontologia,
in <ASNP, XXIV, 1994/4, 835-871, soprattutto 866-871.
41 Pe linterpretazione di questa ipotesi nellambito della discussione fra Parmenide
e Socrate nel Parmenide, cfr. il 1 del cap. IX.
LA TEO RIA D ELLE IDEE FRA EPISTEM O LOGIA E O NTO LOGIA 73
un calco, come una copia di fronte al suo modello. Se cosi non fosse, il pensiero
sarebbe diverso da cio di cui pensiero e si perderebbe la possibilit di stabire un
criterio oggettivo per il processo conoscitivo.
43 In R. V 477cl-4 7 8 b 2 , Socrate distingue le diverse facolt (Svvfieis:) conosci-
tive, che coincidono in generale con la vera conoscenza (maTfi|j.rj) e con iopimone
(8oa), sul modello dlia vista e delludito, secondo illoro grado di verit e, soprattutto,
secondo lo statuto ontologico dei loro oggetti, mentre un pieno parallelismo pare
caratterizzare la loro fondamentale modaiit realista. Analogamente, in Ti. 47a 1-
49 a l; 5 lb2-52d l,T im eo ribadisceapiripreseilperfettoedarmonioso equilibrio dei
tutto, tanto dal punto di vista ontologico, quanto dal punto di vista epistemblogico,
stabilendo tre piani di riferimento: lessere e divenire, le idee e le cose, linteliezione
e la sensazione. La diiferenza sostanziale fra i termini di ciascuna coppia di opposti
sembra determinata esclusivamente dal loro diverso livello di reak, ma una piena
simmetria formale si pone invece dal punto di vista dellarticolazione e dlia struttura
di ognuno dei due livelli: ie cose empiriche in divenire non sono infatti che una
riproduzione dlia sfera delle idee essenti; allo stesso modo la percezione sensibile e
lattivit dei sensi, nellambito empirico, non rappresenteranno che unesatta imita-
zione dlia conoscenza intellegibile e dellattivit dei pensiero neUambito ideale.
44 Cfr. soprattutto Ti. 61c3-68d2.
45 Cfr. per esempio Smp. 212a4; Pbd. 65 b 9; 79 c8; d6.
IA TEO RIA DELLE IDEE FRA EPISTEM O LO GIA K ONTO I.O GIA 75
sua realt e verit, non diversamente dal caso dei processo percettivo.
Ma allora, riducendosi a un contatto del soggetto conoscente con
Poggetto conosciuto, anche la conoscenza intellegibile dlpender
interamente dalla passione o dalP affezione (mxGrjfia) che il sog
getto conoscente subisce da parte dalPoggetto conosciuto.
Si consideri poi la generale distinzione proposta da Socrate in
Phd. 79a6-e7 fra due specie di enti (8o ei8r| tv vtjv), Puna
invisibile, identica e immutabile (t jj.v diS? el jcar rarr
eX0V)) Patra visibile, sempre diversa e mutevole (t 8 pcrrv
pr|SiTOTe Kcrr Tcnrrd): alla prima specie, che corrisponde alia
realt delle idee, assai simile Panima (p.oiTepov apa ^ux^i
cmv t<3 di8ei); alla seconda, che corrisponde alla sfera delle cose
empiriche e sensibili, appartiene certamente il corpo (tco parco ...
t ofia). Quando Panima si serve dei corpo e degli organi di
senso, essa condotta verso una conoscenza debole e incerta come
i suoi oggetti sensibili in divenire; quando invece procede da sola e
in s stessa (arnqv Ka0an~r|v), si rivolge verso ci che puro,
eterno, immortale e immutabile (el t raOapv tc koll del v
ai 0dva.TOv Kal waaTtS' X0V)> come nela sua natura, e
rimane sempre immutabile rispetto ai suoi oggetti, perch tali sono
gli oggetti che essa tocca: e questa affezione ci che definiamo
intelligenza ( t o t o Trd0r||ia c|)pvr|cris). Lomogeneit e Pafftnit
ag oggetti intellegibili, aile idee dunque, alla cui perfezione Pani
ma tende ad assomigliare alontanandosi dal corpo, sono giustifica-
te dalPesigenza che essa riesca a porsi in relazione con tali oggetti:
in questo infatti consiste la conoscenza, nelPaffezione che si produ
ce nelPanima quando rimane in contatto con i suoi oggetti, ad essi
adeguandosi e riproducendone in s Pimmagine.
Riconosciuto cosi il carattere fondamentale, intrinsecamente re
alista e oggettivista, delia concezione platnica delia conoscenza,
torniamo adesso schematicamente a risutati delPanalisi svolta in
questo paragrafo. Conviene distinguere il ragionamento di fondo
che presiede alia formulazione delia teoria delle idee e che ho cerca-
to di ricostruire fm qui dal procedimento argomentativo attraverso
il quale essa introdotta nei dialoghi platonici. II ragionamento di
fondo che conduce alla formulazione della teoria delle idee mi sem-
bra basato su due principi.
76 FRAN C ESC O FRO N TERO TTA
(D
II pensiero esige come proprio contenuto un ente esistente: conoscerc un ente
significa infatti adeguare o uniformare l pensiero a quellente. Conseguente-
mente, affinch vi sia conoscenza, deve esistere un ente conoscibile cui essa possa
rivolgersi. Lepistemologia, dottrina delle attivit de! pensiero, rimanda pertanto
allontologia, dottrina degli enti esistenti che costituiscono loggetto del pensiero.
(II)
La differenza fra i generi di conoscenza dipende dagli oggetti che ciascun genere
di conoscenza assume come proprio contenuto. Dunque, la conoscenza vera e
immutabile deve rivolgersi a un oggetto veramente essente e immutabile; ligno-
ranza deve rivolgersi aun oggetto assolutamente non essente; infine, la conoscenza
incerta e mutevole deve rivolgersi a un oggetto a sua volta incerto e mutevole.
Una volta stabilita la gerarchia dei diversi generi di conoscenza (e di non
conoscenza) sul piano epistemolgico, occorre che essa si traduca in una gerarchia
dei diversi oggetti conoscibili (e non conoscibili) e dela loro natura sul piano
ontologico.
(A)
La constatazione eraclitea del perenne divenire del mondo emprico condanna
le cose sensibili a un destino di non-conoscibilith. M a la m inork epistemolgica
deila sfera emprica, se la conoscenza e il pensiero sono dawero intrnsecamente
vincolati alio statuto ontologico deipropri oggetti (in virti del princpio I), deriva
immediatamente da una minorit ontologica: ci che non e veramente, in
quanto muta sempre, neanche veramente conoscibile.
(B)
Contro la constatazione eraclitea del perenne divenire del mondo emprico,
Platone afferma con forzala propria esigenza epistemolgica: se la vera conoscenza
deve esistere, esstono certamente degli enti che sono in possesso di tutti i requisiti
delia pena conoscibilit, vale a dire Timinobilit, Tinimutabilit e lauto-identit.
L esigenza epistemolgica si estende quindi immediatamente al piano ontologico
(in virt del principio I): ci che deve essere veramente conoscibile, in quanto
rimane eternamente idntico a s stesso, immobiie e immutabile, bisogna che sia
realmente e plenamente.
(C)
Posto cos 1 fondamento ontologico della conoscenza, occorre ancora seguirne il
dispiegamento: se a diversi gradi di conoscenza si addicono oggetti diversi rispetto
al proprio statuto ontologico (in virt del principio II), allora alia scienza
LA T E O R IA D E L L S ID EE FRA E P IS T E M O L O G IA E O N T O L O G IA 77
LA CONOSCENZA E LE IDEE
1 Per una presentazione generaie del la dottrina platnica dlia conoscenza nelle
sue diverse forme, si vedano soltanto L. R o b n , Les rapports de l tre et de la connaissance
d aprs Platon, [1932-1933], Paris, PUF 1957; F.M . C o r n f o r d , Platos theory o f
knowledge. The Theaetetus and the Sophist of Plato translated with a running
82 FRANCESCO KRONTEROTTA
commentary, London, Routledge &: Kegan Paul 1935; N. GULLEY, P latos theory o f
knowledge, London-New York, Methuen-Harper & Row 1962; W .G . RuNCIMAN,
Plato's later epistemology, Cambridge, Cambridge Univ. Press 1962; Y. L a f r a n c e , La
thorie platonicienne de la doxa, Paris-Montral, Les Belles Lettres-Bellarmin 1981.
2 A mia conoscenza, questo aspetto non stato sollevato espliciramente e con la
dovuta attenzione da nessun interprete (si veda solo, in parte, G. C SERTANO, L a causa
della conoscenza: discorso logico ed esigenza etica nel Fedone pLtonico, in Momenti di
Storia della lgica e di Storia della filo so fa , a cura di C . G uERJU, Roma, Aracne 1996,
11-38), bench rappresenti di tutta evidenza un problema di primaria importanza per
Platone. E ben noto del resto che lo stesso Aristotele ha affrontato la questione nel
celebre incipit delia M etafsica (A, 980al) risolvendola d e mble con Taffermazioneche
tutu gli uomini aspirano per natura alla conoscenza (TrctvTe dvOpLuiroi ro) eLSrai
pyoi^ral ^iiaei): il desiderio de]la scienza e 1orientamento spontaneo verso la
conoscenza costituirebbero perci, secondo Aristotele, un carattere distintivo, essen-
ziale e originario della natura umana.
3 SulFimmagine della caverna e pi in generale sulla natura e la funzione del
racconto mtico e allegorico, che, come vedremo nel corso di questo capitolo, spesso
chiamato in causa da Platone persostenere e integrare largomentazione filosfica, cfr,
soltanto, per il momento, J. M o r e a u , Platon et l a llgorie de la caverne, in REPh, VI,
1979, 43-50; L. B r is s o N, Platon. Les mots et les mythes, Paris, Maspro 1982; K.F.
M o o r s , Platonic myth. An introductory study, Washington, Univ. Press o f America
1982. Si veda inoltre il 3 di questo cap. Ill, n. 45.
LA C O K O SC E N Z A K LE IDEE 83
pena a scorgere com e cose reali ( j a ovTa) e Teco dei suoni inarticolati
che odono com e una voce autentica, confondendo cosi la verit
con le ombre apparenti (oi to lo D to i av aXXo ti vojj.otev t
c o s t r e t t o a d a l z a r s i , a m u o v e r e il c o l l o , a c a m m i n a r e e v o l g e r s i a l l a lu c e ( c a l
v a y K C o L T O ... v L O T a a O a i re k o ll T r e p i y e L V t v axva K a l (3 a 8 iC e iv
i c a i TTps- T v a ( 3 X T r e i v , 5 1 5 c 6 - 8 ) ; s e , a n c o r a , lo si o b b l i g a s s e a fis s a r e
d ir e t t a m e n t e la fia m m a ( e l TTp avr r d v a y K a C o t a r r v (BX TT eiy,
5 1 5 e 1 - 2 ) e p o i q u a l c u n o l o t r a s c i n a s s e v i a ... e n o n l o l a s c i a s s e p r i m a d i a v e r lo
9 I percorso che conduce dalla visione sensibile della beilezza materiale dei volti
e dei corpi fino alia suprema e compiuta beilezza dellidea del bello descritto nel
dettagiio, come noto, in Smp. 209e5-212a7.
10 Cfr. l 2 di questo cap. III.
LA C O N O SC EN ZA E LE IDEE 89
52 Anche nel Fedone (72e3'73a3), lascesa dalla percezione sensibile delle cose
empiriche alia contemplazione delle idee e posta in relazione con la domina della
reminiscenza: la conoscenza delle idee non altro che un ricordare ci che anma ha
appreso prima di incarnarsi nel corpo mortaie. Si veda in proposito l 2 di questo
cap. III.
13 Ancora una volta, a questo proposito, occorre sottoiineare Festrema difficolta
di unaricerca, quella che trascende la percezione sensibile per volgersi agli oggetti della
riflessione e del pensiero, che non di per s immediata ed evidente. In altri termini,
potenzidlmente, la manifestazione delie idee nella realta empirica appare sufficiente
per svelare agl uomini finadeguatezza e la contraddittoriet della conoscenza sensibile
e accendere cos nellanima umana il desiderio di una forma di conoscenza pi alta e
indubitabile; ma daltro canto, concretamente, si tratta di un percorso arduo, che esige
non comuni qaalita personali, una dedizione assoluta e una formazione (fTaiSda)
lunga e faticosa a contatto con un abile maestro, con un liberatore che diriga con
fermezza la progressiva ascesa dalla caverna alia luce del mondo esterno. Che tutti gli
uomini siano originariamente e naturalmente predisposd alia ricerca della scienza e
della verita non implica insomma, secondo Platone, che essi pongano effettivamente
in atto tale ricerca.
I.A C O N O SC E N ZA E LE IDEE 91
14 Cfr. Men. 80d5-e5. Largomento (la cui origne resta incerta, cfr. R.S. B l u c k ,
P k t o s Meno, edition with introduction and commentary, Cambridge, Cambridge
Univ. Press 1961, 271-272) discusso nellEutidemo (275d2-277c7) e, brevemente,
nel Teeteto (l65b2-4), che ne sanciscono chiaramente la natura sofistica ed eristica.
92 FRANCESCO FKO N TERO TTA
rispetro al corpo e la sua precedente conoscenza della verita degli enti (\f|0ei.a tjf
ovtdv). Mentre nel primo caso si tratterebbe di una dottrina di ascendenza orfico-
pitagorica, solo nel secondo avremmo una prima versione dellargomento autentica-
mente platonico in favore della reminiscenza. Sulla questione della vpvT|aLS nel
Menone, si vedano L. ROBIN, Sur la doctrine de la Rminiscence, in REG, X X X II,
1919, 451-461; R.E. A l l e n , Anamnesis in Platos Meno an d Phaedo, in RMeta,
X III, 1959-1960, 165-174; R.S. B l u c k , P latos Meno, in Phronesis, VI, 1961, 94-
101; G. V l a s t o s , Anamnesis in i^ M e n o , in Dialogue, IV, 1965-1966, 143-167;
C. E g g e r s LaN, Anamnesis en el Menn y en cl Fed on, in Actas del primer Simposio
nacional de estudios clsicos, Mendoza, Univ. nac. de Cujo 1 9 7 2 ,137-147; T . E b e r t ,
P latos theory o f recollection reconsidered. An interpretation ofb/ieno 80a-86c, in Man
and Wodd, V I, 1973, 163-181. M ala migliore e pi completa trattazione mi sembra
quella di Y. LAFRANCE, L a tborieplatonicienne de la doxa cit., 84-101. Assai ricca e
sdmolante anche la raccolta recentemente curata da M. C a n t o - S p e r b e r (d.), Les
paradoxes de la connaissance. Essai sur le Mnon de Platon, Paris, Odile Jacob 1991.
1!i Lanalisi della dimostrazione condotta da Socrate con lo schiavo, che rimane
necessariamente ai margini di questa ricerca, ha suscitato un ampio dibattito fra gli
studiosi: R.S. B l u c k , P latos Meno cit., 14-15> ha innanzitutto osservato che,
nonostante le ripetute affermazioni di Socrate, impossibile sostenere che dawero egli
non dia alcun suggerimento alio schiavo e si limiti a interrogare, perch il semplice
fatto di tracciare una determinara figura geomtrica o di porre le domande in un certo
ordine cosrituisce di per s un non trascurabile aiuto allindagine. Inolrre, si e discusso
a lungo sulla natura dell a reminiscenza e sul ruolo deiresperienza sensibile nelmbito
della ydpuT]CTLS, secondo alcuni basara su un processo conoscitivo puramente
emprico e induttivo (cfr. soprattutto W .D . Ross, op.cit., 18 sgg., e J.T . B e d u - A d d o ,
Sense-exp crien ce an d recollection in P latos Meno, in AJPh, CIV, 1983, 228-248),
secondo altri su un procedimento essenzialmente concettuale e analtico (cfr. per
esempio N. GULLEY, P latos theory o f recollection, in CQ, XLVIII, 1954, 194-213).
Su entrambe le questioni si vedano ancora Y. LAFRANCE, L a thorieplatonicienne de la
doxa cit., 92-98, ele pagine, di esemplare chiarezza ed efHcacia, di M. CANTO-SPERBER,
Platon, Mnon, traduction indite, introduction et notes par M. Canto-Sperber,
Paris, GF-FIammarion 19932, 74-94, che suggerisce un'interpretazione assai convin
cente della dottrina della reminiscenza, nel quadro del genere di conoscenza e delle
modalit di apprendimento che essa presuppone.
LA C O N O SC EN ZA E LE ID EE 95
19 Cfr. Pbd. 72e3-77bl. Sulla dottrina deila reminiscenza come presentata nel
Fedone, cfr. R . E . A l l e n , Anamnesis in P latos Meno a n d Phaedo cit.; C. E g g e r s L a n ,
AnAmnesis en el M en on y en el Fedon cit.; J.L . A c k r L L , Anamnesis in the Phaedo:
remarks on 73c-75c, in Exegesis a n d argument cit., 1 7 7 - 1 9 5 ; M .L . MORGAN, Sense-
perception an d recollection in the Phaedo, in Phronesis, XXIX, 1984, 237-251.
96 FRANCESCO FRO N TERO TTA
Ap ovv omos1 xeL riM-LV, < 2i|i|jla; el fiv ecmv a 0pu\opev del,
KaXv r t l r a l ya0y K al naca. f Toiarr} oata, K a i m TarT|V
T a k rdv ai<jQr(j6Li' nura v a ^ p o u e y , Trpxouaav T rp re p o v
avevpoKovTzs f )f i e T p a v ouaav, K al T a T a K eLi/q 'n eL K C o p .ev,
tcrrrep K a l r a u T a
v a y K a X o v , o 3t q ) 9 e a riv ,outoj? K al ttjv T\\iejpav
tvai (cal irplv y e y o v y a i el 8 p.) ecm T a ra, aXX)?
ay Xyos- oitos* e primevos- eir|;
Non stanno forse cosi le cose, Simmia? Se dawero esistono questi enti di cu
parliamo sempre, il bello in s, il buono in s e tutte le idee e se a cascuna di esse
riconduciamo le nostre sensazioni, riconoscendo che le idee erano gi prima
present in noi e a quelle ci riferivamo, non necessario che per la stessa ragione
per cui le idee esistono esista anche lanima prima della nostra nascita? E se le idee
non esistono, non sar vano il ragionamento?
concrera e decisiva limitazione: come la parziale manifestazione deile idee nel mondo
sensibile non si rivelata effettivamente sufficiente a vincere la naturale pigrizia
delianimo amano e a suscitare in tutti gli uomini il desiderio della scienza (cfr. il 1
di questo cap. III), cosi pur la. dottrina della reminiscenza non garantisce di per s che
tutti gli uomini giungano dawero a ricordare la verit delle idee. Le difficolta
dellimpresa, acuite dalfulteriore esigenza di un maestro che stimoli ed eserciti le
qualitpersonalidellallievo, scoraggiano senza dubbio la maggior parte degli uomini
e riducono il numero dei detentori del vero sapere a uninfima minoranza, qualifican
do perci inevitabilmente tale sapere come un possesso dipochi, simile alia rivelazione
iniziatica dei misteri religiosi. Un quadro di quesro radicale pessimismo epistemol
gico, basato essenzialmente sullanalisi del Fedone, h tratteggiato da L.C.H. Cl-iEN,
Acqidring knowledge o fth e Ideas in the Phaedo, in RhM, CXXXIII, 1990, 52-70.
2S La verit della dottrina della reminiscenza non infacti dimostrata attraverso
Tagomentazione razionale, ma dipende necessariamente, come abbiamo visto,
LA CONOSCENZA E LE IDEE 101
30II lungo passo dei Fedro dedica to alia descrizione delle idee e delia loro dimora
iperurania, con lintroduzione della dottrina della reminiscenza come fondamento
e condizione delia conoscenza (247c3-25 lb7), stato gi discusso da diversi punti di
vista nei 1-2 di questo cap. III.
LA CONOSCENZA E LE IDEE 103
ontologica (a due classi distinte di enti nella sfera dellopinabile si oppone infatti
ununica classe di enti nella sfera intellegibile), senza che ci rappresenti tuttavia,
almeno a mi parere, una difficolta reale del ragionamento di Platone o delfinterpre-
tazione proposta qui. Su questo aspetto, in relazione alia natura del pensiero
discorsivo, del pensiero intuitivo e dei loro oggetti, si veda anche il 4 del cap. IV.
39 Non sfugge a questa definizione dello statuto della Sa Fopinione vera (p0r)
Sa), che, pur coincidendo con la scienza rispetto alia sua verita, rimane tuttavia
essenzialmente incerta e mutevole. Come Platone precisa nel M enone (97d6-98a8),
lopinione vera, in quanto costitutivamente opinione, puo certo imbattersi per
caso nella verita, ma manca della concatenazione casale necessaria e universale del
ragionamento: essa assomiglia da questo punto di vista alie statue di Ddalo,
talmente realistiche da sembrare vive e sempre pronte a fuggire via. Conseguentemen-
te, se vengono costrette nella catena casale della scienza, le opinioni ver sono scienza
e non pi opinione; in caso contrario, restao inevitabilmente viziate dalla loro
radicale e insuperable prowisoriet (ttoXv Se XP^1'01' ojk 0\ouaL [sc.: ai Sai
al Ardis-] Trapacvtw , XXot Spa/rreTeiJoiJaii' k rfjs T0 t'QpTrou, erre
o\) TToXXaO a tai eloiv, av ti? auras' Sr|crrj ai ra s XoyLapaj... neiSy 8e 8e0aiu,
TtpcijToi' pev- 'marfifj.aL yiyi-'oi'Tai, e-netra lvipor Kal 8i T a ita Sf| Tipirepou
TTLCTrqpri pQfjs- Sj-qs arLv Kal Si^epei Sea[i(5 marripri opSfjs1 S^-qs-). Una
conoscenza stabilmente e definitivamente vera dunque scienza e non opinione (n
opinione vera); una conoscenza mutevole e, per cosi dire, in movimento soltanto
opinione, indipendentemente dai fatto che sia (temporneamente) vera o falsa. Lo
stesso concetto rbadito e pi ampiamente argomentato in Tht. 187b4-200d4 (cfr.
supra, n. 31).
40 Questo , come noto, lesempio del mtodo ipotetico fornito da Socrate in
Phd. I00b l-c7.
110 FRANCESCO FR O N TERO TTA
41 S i pone a questo proposito una seria difficolt che m i lim ito a segnalare sol tanto:
se il pensiero discorsivo procede alia ricerca delle idee ipoteti cam ente e per immagini
laddove il pensiero intuitivo intuisce im m ediatam ente la realt delle idee in s, com e
sarpossibilepassare dalragionam ento allacontem plazione delle idee? C o m e trascen-
dere le ipotesi del m todo dei geom etri per volgersi direttam ente al principio
anipotetico con la dialettica? Infatti, m entre lascesa dallimm aginazione alia ere den za
dipende dai diversi oggetti che gliorgani di senso percepiscono, e quella dalla credenza
al pensiero discorsivo si spiega attraverso lintervento della riflessione e del r agio na-
m ent liberari dai vincoli della percezione, non affatto chiaro invece com e 1 soggetto
conoscente riesca, nellam bito del pensiero, a superare i lim iti del m todo ipotetico per
vedere direttam ente le idee. Platone pare aw errire la gravita deaporia in Snip.
2 0 9 e 5 - 2 12 a 7 , dove osserva com e chi sia iniziato ai m isten della bellezza avanzi dalla
percezione sensibile della belezza dei corpi material! alia com prensione intellettuale
della bellezza delle anim e per giungere, secondo una progressiva astrazione concerna
le, a considerare la bellezza delle attivita umane e delle scienze. A questo livello, pur
avendo gi in m ente lunita e lom ogeneita della bellezza in s, 1iniziato ancora non
vede directamente 1idea del bello. Solo istantaneamente o alTimprowiso (acf>i/r[S,
2 1 0e4) la suprem a bellezza del bello in s gli si rivela intuitivam ente e im m ediatam en
te, non pi nella form a di un corpo, di un concetto o di una scienza, m a in s, per s
e con s. E insom m a necessario, al culm ine del processo conoscitivo, un salto
im p row iso e imprevedbile - di cui dunque impossibile rendere conto (Xyov
8 lS<W l) razionalm ente - che colm i la discontinuity d elreale e perm etta agli uom ini
di superare gap ontologico della separazione fra la sfera em pirica e le idee. Sulle
ragioni dellipotesi delfistante e sulla sua nacura essenzialmence aporecica, si vedano
L. B risson , L ;instant, le temps e t ltem itdans le Parm nide (I55e-157b) de Platon, in
Dialogue, IX , 1 9 7 0 - 1 9 7 1 , 3 8 9 - 3 9 6 , e F . FRONTEROTTA, Essere e tempo nelverso5 del
fram m ento 8 d el Poema di Parmenide, nN ovecento, V -V I, 1 9 9 2 , 5 2 -5 9 - C fr. inoltre
il 2 .2 del cap. V I e il 3 della Conclusione di questa ricerca.
A1Aderisco pertanto alia tradizionale interprecazione quadripartita della teoria
della linea, che riconosce nei quattro segmenti otcenuti dalla divisione della linea
altrettanti gradi di conoscenza dalla eLicaa.a alia vrjOL?. Q uesta interpretazione
LA C 0 N 0 5 C F .N Z A E LE IDEE 111
stabilisce inoitre un preciso parallelismo fia la linea e limmagine della caverna, che
rapp resen terebbe unaversione allegorica e simblica dellintero processo conoscitivo:
alia condizione dei prigionieri incatenati con lo sguardo immobile sulle ombre
proiettate sulla prete della caverna corrisponderebbe la semplice immaginazione;
alia percezione degli oggetti che quelle ombre proiettano corrisponderebbe la creden-
za; la visione indiretta e per immagini degli enti naturali e artificiali alluderebbe al
pensiero discorsivo; infine, la capacita di osservare immediatamente gli astri, la luna
e il sole in s stessi rinvierebbe airesercizio del pensiero intuitivo e della dialettica. La
caverna nel suo insieme costituirebbe percio lambito empirico e sensibile dellopinio-
ne; la risalita allesterno e la contemplazione degli enti naturali e artificiali dovrebbero
invece simboleggiare la cunversione del soggetto conoscente al pensiero e alla realt
intellegibile delle idee. Bisogna del resto tenere presenti le parole con cui Socrate
conclude Tesposizione dellimmagine della caverna in R. VII 517a8-b6: Questa
immagine, caro Glaucone, va applicata alie cose dette in precedenza, paragonando il
luogo che ci appare attraverso la vista al carcere e la luce del fuoco che brilla laggi al
potere del sole; e non andrai lontano dalla mia opinione giudicando la risalita in su e
la contemplazione delle cose che si trovano al di fuori <della caverna> simili allascesa
dellanima alla sfera intellegibile (cfr. anche VII 532b7-d l). Resta certo unadifficol-
t: se f immagine della caverna ripercorre precisamente i diversi gradi della linea, si
dovr ammettere che Platone giudichi la maggior parte degli uomini incapace di
attingere, non solo alla vera conoscenza e aile idee, ma persino alla credenza e alie cose
empiriche, proprio come i prigionieri della caverna, che, rimanendo sempre legati
dalle catene, osservano esclusivamente ombre e simulacri; opp.ure, occorrer supporre
che, pur nel contesto di una stretta analogia con la linea, limmagine della caverna
ne radicalizzi in parte le conseguenze. Fra gli studiosi che hanno sostenuto questa
lettura, ricordo L. R o B IN , Les rapports de l tre et de la connaissance d aprs Platon cit.,
9-29, F.M. CORNFORD, Mathematics an d dialectic in the Republic VI-VII, [1932], in
Studies in P latos metaphysics cit.., 61-95; W .D . R o s s , op.cit.,7 5-114; V. G o l d s c h m i d t ,
La ligne de Lt Rpublique et la classification des sciences, in RlPh, IX, 1955,237-255;
D.W . H a m l y n , Eikasia in P latos Republic, in PhilosQ, V III, 1958, 14-23; J.
M a l c o l m , The line an d the cave, inPhronesis, V II, 1962,38-45; R . C . C r o s s &A .D .
W o o Z L E Y , P la to s Republic. A philosophical commentary, London-New York,
MacMillan-St. Martin Press 1964, 207-228; Y. L a f r a n c e , La thorie platonicienne de
la doxa cit., 167-176; J. M a l c o l m , The cave revisited, in CQ, XXXI, 1981, 60-68;
Y. LAFRANCE, L a nalogie de la ligne, in Y. LAFRANCE, M thode et exgse en histoire de la
philosophie, cit., 77-97. Contro linterpretazione quadripartita dlia teora della
linea, sono state proposte tuttavia uninterpretazione bipartita e una tripartita. La
prima di esse (per la quale si vedano soprattutto H. JACKSON, On P latos Republic VI,
509dsqq., in JPhilol, X , 1882, 132-150; A.S. F e r g u s o n , P latos simile o f light. Part
I: The similes o fth e Sun a n d the Line\ Part II: The allegory o f the Cave, in CQ, XV-
XVI, 1921-1922,131-152, 15-28; Id., Platos simile oflight again, in CQ, XXV III,
1934, 190-210; J.E . R a v e n , P latos thought in the making: a study o f the development
o f his metaphysics, Cambridge, Cambridge Univ. Press 1965, 131-185) suggerisce che
112 FRANCESCO FR ONTERO TTA
i gradi di conoscenza che derivano dalla divisione della linea in quartro segment! siano
solranto due (e non, appunto, quattro), vale a dire la Sidi'oia e la uTjUij, dunque le
matematiche con il metodo ipotetico e la filosofia con il metodo dialertico: i gradi
inferiori della linea costituirebbero esclusivamente un simbolo dei gradi superior!,
senza avere di per s un valore conoscitivo autonomo. Infine, linterpretazione
tripartita (per la quale cfr. H. SlDGWICK, On a passage in Plato, Republic, VI, in
JPhiloI, II, 1869, 96-103; N.R. M u r p h y , The interpretation o f P latos Republic,
Oxford, Clarendon Press 1951, 151-206) attribuisce soltanto aliayoqais', alia Sidi'oia
e alla Soa lo staturo di forme d conoscenza autonome, giudicando invece leltcaota
e la Titans- come unillustrazione esemplificativa dei gradi superiori. Per una presen-
tazione complta dellampia bibliografia sulla questione e un eccellente bilancio
critico degli studi, rinvio ancora a Y. LAFRANCE, Pour interprter Platon cit., 63-172.
Una discussione e un'analisi pi dettagliate della teoria della linea, che ho introdotto
qui soltanto rispetto alle indicazioni che da essa si traggono in relazione al problema
della conoscenza delle idee, si trova in R.C. C r o s s & A.D. W o o Z L E Y , Plato s Republic
cit., 207-228. Lascio per il momenta ancora da parte il problema della definizione del
principio anipotetico e della collocazione dellidea del bene, che discutero nei 4 del
cap, IV.
43 Cfr. specialmente i 3-5 del cap. II.
LA C O N O SC EN ZA E LE IDEE 113
1 Per Tuso di queste espressioni si veda la conclusione dei 5 del cap. II,
soprattutto n. 49-50.
2 Cfr. Phd. 74a9-e5; 76d7-77a5; 78c6-79al0; Smp. 210e4-21 lb5; 21 Id8-e4; R.
V 476a4-d 4; 4 7 9 e l-9 ; VI 507b2-8; X 596a5-597e5; Phdr. 247c3-e4; 250c2-6; e il
5 del cap. II.
3 Cfr. Phd. 65d9-66a8; 78e5-79a4; Smp. 202a2-9; R. V 476d 5-479d l0; VI
504cl 1-51 le5; Phdr. 247c6-e2; e il 3 del cap. III.
116 FRANCESCO FR O N TERO TTA
4 Cfr. R. X 597cl-d 3. Sul paradosso del regresso infinito delle idee, connesso da
Platone allargomento detto del terzo uomo, si veda il cap. IX.
5 A questo proposito rinvio al 1 del cap. V III.
6Rispetto alia questione della separazione delle idee dalle cose empiriche, oitre ale
indicazioni contenute nel 2 del cap. II, occorre ricordare laffermazione del Fedone
(67b 1), secondo la quale non lecito a ci che impuro avere contatti con ci che
puro (|if] Ka0apw yp Ka0apo) ^ureCTOaL pf) o 0ep_LTi' fj): fia ie cose empiriche
(ci che impuro1) ele idee (ci che puro) nonpu dunqueche esserviuna radicale
e netta separazione. Solo il Parmenide (cfr. il 1 del cap. V II e il cap. XI) esprimera
tuttavia questa esigenza con lopportuna chiarezza.
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLE IDEE 117
idee, il termine Kcifj.os' un termine che, invece, diviene di uso corrente nellambito
teorico del cosiddetto platonismo medio (dove pero il mondo delle idee viene
rappresentato come un vero e proprio mondo autonomo, vivo e operativo, parallelo
a quello sensibile, e di questo modello e produttore). Non e lecito distinguere qui
diversi sensi attribuibili al verbo essere: se e evidente che essere assume talora un
significato logico-semantico (per esempio, copulativo o predicativo: X y = X
possiede la qualit y = il predcalo y si predica del soggetto X) o un signficato di
identita (X Y = X e idntico a Y ), daltro canto, nel contesto della definizione dello
statuto ontologico delle idee, il verbo essere conserva esclusivamente Iowio signifi-
cato esistenziale: le idee sono = ie idee esistono al massimo grado (co che equivale ad
affermare, come ho mostrato nel 5 del cap. II, che le idee possiedono tutti i requisiti
della piena conoscibilita e sono perci realmente conoscibili). Lanalisi dei sensi di
essere, che non gioca in tal caso alcun ruolo, diventera invece essenziale nei diaioghi
posteriori, almeno a partir dal Parmenide (cfr. soprattutto il 3 del cap. XII).
8 Tornero brevemente sulla questione nel corso dellindagine sulle critiche di
Parmenide alia teora delle idee nel Pa>~menide nel cap. V II, al quale rimando anche
per unintroduzione generale a questo dialogo.
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLE IDEE 119
agli enti, come unit e molteplicit, quiete e moto (130b 1-6), e dei
valori o delle qualit morali ed estetiche, come il bene, ii bello e il
giusto (130b7-9). Socrate afferma di trovarsi invece in imbarazzo
(u nopa) per quanto riguarda lesistenza delle idee (3) degli en ti
naturali, come Tuomo, Facqua o il fuoco (130cl-4), mentre re-
spinge 1eventualit che esistano anche le idee (4) di en ti naturali di
natura spregevole e ignobile, come il capello o il fango (130c5-d8).
Tuttavia, il Parmenide sembra altrove suggerire una concezione
onniestensiva della teoria delle idee: in 129cl, Socrate spiega che
la sua ipotesi relativa allesistenza di certi generi diversi dalle cose
empiriche si applica, oltre che ailunit e alia molteplicit, ugual-
mente a tutte le altre cose (mi Tiepl i w ctXXcov ir v T Jv xja T co s');
e ancora, in 133c4-6, Parmenide sottolinea che chi ritiene che vi
sia per ciascuna cosa unidea in s e per s (airr|v Tiva Ka0anT)v
c k ( c t t o u o)aiav elvai), dovr in primo luogo riconoscere che nes-
suna delle idee si trova fra noi, nella realt empirica. Infine, biso-
gna tenere presente che, di fronte alfesplicito rifiuto delle idee di
enti naturali spregevoli, come il capello o il fango, Parmenide invi
ta il suo giovane interlocutore a ignorare le opinioni degli uomini e
a non temere di cadere nel ridicolo ammettendo Tesistenza delle
idee di oggetti di poco valore: quando si pratica seriamente la filo
sofa, come Socrate far sempre pi con lavanzare dellet, non
bisogna disprezzare alcunch (130el-4). E possibile che questa al-
lusione pro feca di Parmenide rappresenti in effetti un riferimen-
to autobiogrfico e che Platone intenda dire che, dopo qualche in-
certezza giovanile, ha egli stesso ammesso lesistenza delle idee di
tutte le cose che si trovano nella realt empirica. Vediamo ora se le
indicazioni tratte dagli altri dialoghi confermano la prospettiva de-
lneata nel Parmenide.
(1) Delle idee dei termini relativi si discute senza esitazione nel
Fedone (74a9-75d5), in cui luguale e il disuguale, il simie e il dis-
simile, il maggiore e il minore sono colocati sullo stesso piano del
bello, del bene o del giusto, sul piano, cio, delle realt in s ( t
arr o ecm ); nella Repubblica (V 479b3-4), in cui lKessere doppio
e luessere meta sono consideran rispetto alie relazoni che essi per-
mettono di stabilire fra le cose empiriche che ne partecipano; e
naturalmente nel Sofista (254e2-256e3) e nel Timeo (per esempio
120 FRANCESCO FR O N TERO TTA
senza dei giusto (e dunque nel nulla assoluto), perch implica a sua
volta la presenza di almeno un altra qualit almeno unaltra, ma
non solo: non giusto infatti lingiusto, il contrario del giusto, ma
anche un eventuale valore intermedio fra il giusto e lingiusto, che,
pur essendo, in quanto non giusto, diverso dal giusto, non coinci
de per con lingiusto10.
(3) Idee di enti naturali, nonostante la perplessit espressa da
Socrate nel Parmenide, sono ci tte nel Menone (72a8-b2), dove si
parla delidea dellape (|ieXTTT| ... ooia); nella Repiibblica (VII
532a3-5), in riferimento alie idee degli esseri viventi, degli astri e
del sole; e soprattutto nel Timeo (51b), con le idee dellacqua, del-
Taria, della terra e del fuoco11. Bisogna inoltre considerare le idee
degli oggetti artificiali, come le opere darte o i prodotti delle attivi-
t umane: nel Cratilo (389b 1-d3) troviamo lidea della spola del
telaio, del trapano e, con un riferimento generico, degli altri stru-
menti del lavoro manuale; mentre la Repubblica (X 596b3-10) in
troduce le idee del tavolo, del letto e di tutti i prodotti artigianali
simili a questi. Accanto alie idee degli enti naturali e artificiali con
viene porre anche le idee dei numeri e degli oggetti delle matemati-
che (le forme e gli angoli delle figure geometriche, i punti e le linee
oXX KaX ... Kal rroXX ya0 Kai 'Kaara otcst e t v a i 4>a[Lv r e Kal
8iop.o[iev Tt Xyw. ... K a i a rr 8q KaXv Kal aT y a B v , Kal otco Ttepl
TTyTwv a TTe ? rroXX rL0e[i.ey, rnXiv a) k q t IS a v p ia i/ m o r o u
p.is' o u o ti? TLO^Tes', o ecrrLv ^ K a a ro v rrpoCTayopeiJop.ey.
Noi affermiamo e stabiliamo con il nostro discorso che esstono molte cose belle
e molte cose buone e analogamente tutte le altre. ... E diciamo che il bello in s
12 Cfr. R. VII 523c4-525a8, in cui Socrate osserva che, mentre per le caratteristi-
che o ie propriet deile cose, comegraadezza e piccolezza, pesantezza e leggerezza e cos
via, necessrio valutare quale degli opposti prevalgasullaltro in ciascuna cosa e tale
valutazione rimane comunque relativa e variabile - nessun dubbio sorge invece sulla
definizione di un ente: il dito l dito, e non esiste un suo contrario con il quale esso
possaessere confuso. Analogamente, n d Fedone (104a3-c6), si dice che il numero due
e il numero tre, bench Tuno pari e lal tro dispari, non sono per questo fra loro contrari,
perch i numeri non ammettono alcun contrario.
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLF, IDEE 123
e il bene in s e eosi rispetto a tutee le cose che prima ponevamo come molte -
e ci che ciascuna di esse , se le consideriamo ora secando l'unica ideaproprid di
ogni singla cosa.
13 Ho tralasciato in questa rassegna dei dialogh platonici, che non daitra parte
completa ed esaustiva, i riferimenti alia Ep. VII, che pur condene indicazioni
importanti sullestensione del mondo delle idee, perch la sua autenticita ancor oggi
in discussione. Un serio problema interpretativo, che e impossibile affrontare qui,
posto dalla tes dmonianza di Aristotele. In alcunipassi della Metafsica (cfr. soprattutto
A, 990b8-22) e nel D eideis (unopera perduta di cui cisono stati tramandati non pochi
frammenti da Alessandro di Afrodisia nel suo commento alia Metafsica aristotlica,
oggi editi da D. HARLFINGER, in W . L eszl , II De ideis di Aristotele e la teoria platnica
delle idee, Firenze, Olschky 1975, 17-39), Aristotele contesta lefficacia degli argo-
124 FRANCESCO FR O N TERO TTA
menti addotti da Platone e dai platonici per dimostrare lesistenza dlie idce attraverso
una rigorosa reductio a d absurdum basara sulla constatazione che questi argomenti
inducono ad ammettere lesistenza di idee che Platone e i piatonici avrebbero invece
escluso: sono citati in particolare i casi (1) delle idee degli oggetti artificiali, (2) delle
idee negative, (3) delle idee degli oggetti particolari corruttibili e infme (4) delle idee
del termini relativi. Tuttavia, come abbiamo visto (ma cfr. anche, in proposito,
VAppendice III, 2-3), quasi tutte le idee di cui, secondo Aristotele, Platone non
avrebbe ammesso lesistenza, sono invece largamente attestate nei diaioghi platonici,
in modo chiaro e costante. Per spiegare questa contraddizione, sono state avanzare
diverse ipotesi: alcuni han no attribuito ad Aristotele una scarsa comprensione del
pensiero di Platone o, comunque, una certa infedelt, volontaria o involontaria, nel
presentarlo e discuterlo; altri hanno supposto che Aristotele non abbia distinto, nella
sua polmica contro gli ideaiistf, fra Platone e i primi Accademici e che, conseguen-
temente, parte delle sue critiche siano rivolte, non a Platone, ma ad alcuni dej suoi
discepoli; altri ancora, infine, hanno formulato iipotesi che Platone abbia professato
nella vecchiaia una dottrina diversa da quella esposta nei diaioghi e insegnata
oralmente ainterno dellAccademia: obiettivo dellanalisi di Aristotele sarebbero
dunque queste presunte dottrine non scritte. Sulla quesrione si vedano L. R o b i n , L a
thorie platonicienne des ides et des nombres d a prs Aristote, [1908], Hiidesheim, G.
Olms 1963\ 15-25; 127-130; 173-190; 609-612; H . F . C h e r MSS , Aristotles criticism
o f Plato an d the Academy, Baltimore, John Hopkins Press 1944, 223-318; P. W il p e r T,
ZioeiaristotelischeFriihschrifien iiberdieIdeenlehre, Regensburg 1949; S. MANSION, L a
critique de la thorie des Ides dans le ire pl ISeu d Aristote, in RPhL, XLVII, 1949,
169-202; G.E.L. O w e n , A p r o o f in the Peri Iden, inJHS, LXXVII, 1957,103-111
(riedito in Studies in Plato s metaphysics cit., 293-313); E. B e r T !, L a filo s o fa del prim o
Aristotele, Padova, Cedam 1962, 186-249; M . ISNARDI PARENTE, Platone e la prim a
Accademia di fronte a lproblem a delle idee degli \artefacta\ in RSF, XIX, 1964, 123-
158 (riedito con alcune variazioni in M . ISNARDI PARENTE, Techne. Momenti del
pensiero greco da Platone a Epic uro, Firenze, La Nuova Italia 1966, 7-76); I d ., Per
l interpretazione dlia dottrina delle idee nella prim a Accademia Platnica, in AIIS, I,
1967, 9-33; W . L e s z l , //De ideis di Aristotele cit., 119-140; 185-237; 279-304; 331-
348; e in ultimo G. F lN E, On ideas. Aristotle's criticism o f P latos theory o f forms, edition
and translation, Oxford, Clarendon Press 1995. Per uno status quaestionis relativo ale
cosiddettedottrine non scrkte1di Platone, rinvio al mio Une nigmeplatonicienne. La
question des doctrines non-crites, in RPhA, XI, 1993, 115-157.
54 II numero delle idee non pari al numero delle cose empriche, perch, come
abbiamo appena visto, non esiste una singla idea corrispondente a ogni cosa emprica
(per esempo, una singla idea di uomo corrispondente a ogni uomo emprico), ma
una singla idea corrispondente aliintera categora d cose empiriche che hanno lo
stesso nome (per esempio, una singla idea di uomo corrispondente a tutti gli uomini
empirici). La questione estata egregiamente definir da R.E. ALLEN, Plato jEuthyphro
a n d the earlier theory offorms cit., 82: AForm is not a hypostatized meaning, for there
may be expressions which mean but have no application - goat-stag and squared
circle, for example. A Form is not a possibility, or a Whiteheadean eternal object,
since there may be possibilities which nothing satisfies - as witness unicorns. A Form
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLE IDEE 125
is rather the nature o f something which is, and existential import is therefore built into
the very notion o f it; the question of whether there are Forms which nothing has rests
on confusion.
1Cfr. il 3 del cap. H e Cra. 438e2-439b9.
1(5Cfr. il 2 del cap. II. Si consideri dakra parte che questa proprio la difficoita
sollevata in Sph. 25 Ia8-c2; 251e7-252d l: nessun discorso, nessuna predicazione,
nessuna. attribuzione di qualsivoglia caratteristica a un soggetto sar possibile, se si
afferma che le realta cui le parole si riferiscono e da cui dipendono non intrattengono
fra loro aicuna relazione (px|8eiA jJX|8ev pTiSep-tai* Swa^LiF lx ^ v KOLuaivas1 el?
Hr8i'). in tal caso infatti, occorrerebbe urilizzare singoli nomi uno per uno, in una
sorta di espressione monosillabica e priva di senso, perch non esisterebbe un criterio
valido per la combinazione delle parole: in ultima analisi, di nessun oggetto potrebbe
essere detto che e, se nullapartecipasse de\Yesseve. Per {a questione della comunicazio-
ne fra i generi ne! Sofista, rinvio 2$ Appendice I, 5-
126 FRANCES C O FR O N TERO TTA
17 Cfr. il 3 del cap. III. Anche nel Fedro (2 6 5 c 8 -2 6 6 c l), la dialettica riconduce,
con uno sguardo dinsieme, la motepicit delle cose sparse quae lau n unicaidea (el?
piav Te LSav auvopvTa yeiv tcl TroXXaxti Steaitapiiva); in seguito, divide il proprio
oggetto secondo le sue forme naturaii (KaT ei5rj ... Siarp.mi')- La divisione
delJidea prescelta, secondo le sue forme naturaii, deve essere complu ta, mi pare, nel
rigoroso rispetto delle relazioni che essa intrattiene con le altre idee, procedendo cio
da questa idea a quelle che di essa partecipano e ksciando da parte, invece, tutte le idee
che con essa non comunicano in alcun modo. Si veda H. T e lo h , The isolation and
connection o f the form s in Platos middle dialogues, in Apeiron, X , 1976, 25-28.
,s Cfr. R. VII 537b 8-c7: ... pu yp awotmKs: SlciXcktlks', S p.f| o. Sul
concerto di cnVotl/is1, si veda futile studio di P. KUCHARSKI, La place de la notion de "vue
d'ensemble*' (awo^is-) dans l pistmologie platonicienne, [1970], in P. KuCHARSKI,
Aspects de la spculation platonicienne , Paris-Louvain, Batrice-Nauwelaerts 1971,
3 5 9 -3 8 6 .
19 Per il dibattito sulla presenza delia teoria delle idee nel Cratilo , cfr. il 5 dei cap.
II, soprattutto n. 39-
LA STR U TT RA DEL M O N D O DELLE IDEE 127
20Cfr. P/W. 102cL6-7: aT t (j.yeBos1 oSttot 0Xeu< a fia jiya Kal <rp.iKpi'
e l vai.
21 Avendo accoko neJ paragrafo precedente una concezione onniestensiva della
teora delle idee, in virt della qnale esistono idee per ogni specie di cose empiriche
present nella sfera sensibie, lespressione X in s (e tutte quelle simili ad essa)
designer, qui e di seguito, una qualunque idea di una qualunque caracterstica Y
prescelta a titoio di esempio. inoltre degno di nota che, ne riferimento alie idee,
Platone si serve indiferentemente di sostantivi come la bellezza (t kcWos1) o
Tuguaglianza (rj LaTT]?) e dei corrispondenti aggettivi sostantivati come, per
128 FRANCESCO FR O N TERO TTA
<
(1)
X in sc non parteciper a nessuna condizione di Y in s
(2 )
A in s non parteciper a nessuna condizione di Y in s (poich gi partecipa di
X in s, contrario di Y in s), come pure B in s non parteciper a nessuna
condizione di X in s (poich gi partecipa di Y in s, contrario di X in s e ) ;
23 Per lesposizione e lanalisi dlia teoria dlia linea cfr. il 3 del cap. III. Al di
l delle indicazioni generali e schematiche che fornir qui, rinvio ancora a Y.
L a f r a n c e , Pour interprter Platon cit., soprattutto 63-172; 235-241, p e r una biblio-
grafia pressoch complta e un acuto bilancio critico degli studi sul problema delle
realt intermedie fra le idee e le cose empiriche.
241 principali e pi autorevoli sostenitori di taie ipotesi in questo secolo sono stati
L. R o BIN, La thorie platonicienne des ides et des nombres d'aprs Anstote cit.; J.
SouilH, L a notion platonicienne d intermdiaire dans la philosophie des dialogues, Paris,
F. Alcan 1919, 76-92; 100-108; A.E. T a y l o r , Forms an d numbers: a study in Platonic
metaphysics, in Mind, X XXV -XXXV I, 1926-1927, 419-440, 12-33; A. W e d b e r g ,
Plato's philosophy o f mathematics, Stockholm, Almquist & Wiksell 1955, 10-15, 84-
135; S. M a n s io n , L'objet des mathmatiques et l o bjet de la dialectique selon Platon, in
RPhL, LXVII, 1969, 365-388. Sulla questione si veda il lucido esame di W. L e s z l ,
Filosofia e costituzione dlia realt in Platone cit., 204-209-
130 FRANCESCO FR O N T ER O TTA
25 Questa lettura s accorda del resto con ci che Socrate aveva ricordato poco
prima (in V 4 7 6a4-7; cfr. il 3 di questo cap. IV): ogni idea nica, bench sembri
moheplice per fatto che si manifesta ovunque in virt della comunicazone con le
azioni, con icorp ieco n le altre idee (arr |iv' ev icaaTov el rai, rQ S ri' irp^ewv
Kal acajj.Ttiji' Kal X\f]Xti)i' Kou'ima Trai/Taxo (j>ayTa^|iei'a ffoXX ^aveaQai
emcrrov).
26 E impossibile dscutere qui nel dettaglio ia testimonianza aristotlica (per la
quale cfr. soprattutto Metaph. A, 987b 14-18; 990a29~32; 991a2-5; b27-30; M,
1079a32-36; N, 1090b32-35; D e ideis, 78, 16-17; 79, 13-15) che stata oggetto di
unattenta anahsi da parte di H.F. CHERNISS, The riddle o f the early Academy,
Baltimore, John Hopkins Press 1945, 75-78. Cherniss ha dimostrato come le parole
dello Stagirita diano adito a diverse interpretazioni: innanzitutto, non affatto
scontato che, trattando della dottrina degli oggetti delle matematiche intermedi fra
le idee e le cose, Aristotele si riferisca dawero a Platone e non, per esempio, a un altro
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLE IDEE 131
lisi della linea non conforta neanche una lettura di questo tipo:
spiegando la natura della conoscenza intellegibile e dei procedimen-
ti che la caratterizzano (VI 5 10b2), So crate introduce in effetti, dap-
prima, un mtodo ipotetico inferiore e meno chiaro, senza attri-
buirgii inizialmente alcun oggetto specifico. E solo in segui to, e di
fronte alia perplessit del suo interlocutore (VI 5 10b 10), che egli
ilustra la natura di tale mtodo proponendo il caso dei geometri e
delle matematiche (VI 510cl-d 3), citato a titolo di semplice esem-
pio chiarificatore (paov totgjv TTpoeiprjiJ.vwv' ^ia0f|<xr)): nulla in
duce quindi a credere che il mtodo ipotetico, che rappresenta del
resto una modalita della conoscenza intellegibile, appartenga esclu-
sivamente alia geometria e alie matematiche e si rivolga pertanto a
determinate idee soltanto (appunto quelle degli oggetti della geo
metria e delle matematiche) e non ad altre29. Mi pare invece che la
diversit fra il pensiero discorsivo e il mtodo ipotetico da un lato e
il pensiero intuitivo e la dialettica dairaltro rimanga, costitutivamente,
una diversit metodologica priva di qualunque implicazione
ontologica, con Fowia conseguenza che entrambi i metodi possono
essere impiegati, indijferentemente, con tutte le idee30. La stessa idea,
deduce che laccento non va posto su una disciplina specifica la geometria, appunto
- ma sul mtodo parcicolare che pu appartenere a diverse discipline. Tale mtodo
non si rivolgera dunque soltanto agli oggetri dela geometria, ma agli oggetti di tutte
le discipline che procedono ipoteticamente. Del resto, nel Fedone (100b 1-7), il
procedimento ipotetico applicato da Socrate al caso della beliezza e dellidea del bello,
e non agli oggetti della geometria o delle matematiche, in un contesto in cui, pur con
la dovuta cautela, non mi pare sia prevista al cuna limitazione allimpiego di questo
mtodo.
30 E del resto impossibile citare, contro questa conclusions, passo della
Repubblica (V 4 7 7 c1-478b2) in cui Socrate stabilisce il principio secondo il quale
ogni facolt conoscitiva diretta per natura a un oggetto diverso (n aXAui XTj
S w a iiij Tr<>JKv): e facolt conoscitive li chiamate in causa coincidono precisamen
te con la scienza e con Fopinione, dunque, rispettivamente, con Vintera sezione
dell in tellegi b tie che conosce le idee e con Viniera sezione delVopinabile che opina le cose
empiriche. II pensiero discorsivo con il mtodo ipotetico non costituisce perci, di
per s, unafacolt conoscitiva intermedia (e diretta a idee intermedie) fra il pensiero
LA ST R U TT U R A D EL M O N D O D ELLE ID EE 133 /
/
\-
per esempio il beiio in s (o il triangolo in s), pub essere conosciuta \
ipoteticamente, attraverso le immagini sensibili della bellezza (o dei
triangoli disegnati materialmente), e dialetticamente, in virtu del-
lintuizione immediata del bello in s (o del triangolo in s) con la
successiva ricostruzione dei suoi rapporti con. le altre idee. Le idee
degli oggetti delle matematiche non devono dunque essere colloca
te per nessuna ragone al di sotto delle altre31.
La teoria della linea non fornisce insomma alcuna indicazione
in favore dellesistenza di enti intermedi fra la sfera ideale dellesse-
re e lambito sensibile del divenire: le uniche realt da Platone espres-
samente definite intermedie (|j.eTa;i>) si trovano fra lessere pieno
delle idee e lassoluto non essere di ci che non affatto e si riduco-
no alia molteplicit delle cose empiriche, inferiori alie idee vera
mente essenti, ma non coincidenti con la semplice assenza del puro
nulla32. Neppure esistono, daltro canto, idee di maggiore o di mi-
intuitivo (rivolto alie idee pi alte) e lopinione (adatta alie cose sensibili):
indubbiamente, in virtu del fatto che la sezione dellintellegibile e la sezione dellopi-
nabile comprendono al proprio interno procedimenti diversi e di diverso valore, e
owio che il grado inferiore della conoscenza intellegibile, il pensiero discorsivo, e il
grado superiore dellopinione, la credenza, siano fra loro pi vicini degli altri due (e,
in tal senso, in qualche modo intermedi, cfr. R. VI 511 d3-5), ma nulla pi di questo
si autorizzati a supporre.
31 In R. V I 510d 5-511al, Socrate afferma che i geometri fanno uso delle
immagini sensibili delle figure geometriche nella dimostraztone dei teoremi, pur
avendo in mente le forme astratte di quelle figure. Tuttavia, ci implica soltanto che
i geometri con il loro mtodo hanno bisogno dellaiuto delle immagini sensibili, ma
nulla induce a ritenere che siano gli oggetti della geometra di per s a esigere il ricorso
alia rappresentazione materiale: largomentazionesocraticapone infatti laccento sulla
natura del mtodo e non sullo statute ontologico del suo contenuto. Presumibilmen-
te, il dialetrico con il suo mtodo supremo sar capace di trattare gli stessi oggetti a un
altro e pi alto livelio: il gemetra dovra perci, per dimostrare un teorema, tracciare
le figure e disegnarle; il dialetrico riuscir invece a svolgere la dimostrazione rivolgen-
dosi direttamentee intuitivamente alle idee in s delle figure geometriche e dei numeri.
E rimane a questo proposito unevidente ambiguit: sara possibile, per esempio,
sommare lidea del due e lidea del tre o, ancora, dimostrare che lidea della superficie
dellidea del quadra to corrisponde allidea del lato moltiplicata per s stessa? Bench
infatti Platone non abbia a mi parere distinto lo statuto degli oggetti delle matema
tiche da quello delle altre idee, e tuttavia impossibile sfuggire a simiti, bizarri
interrogativi. E non escluso che latestimonianzadi Aristotele (cfr. supra, n. 26) possa
essere intesa, pi che come un fraintendimento o una diversa mterpretazione della
posizione di Platone, come un tentativo di segnalare queste difficolt.
32 Cfr. R. V 4 7 8 el-4 7 9 d l e il 5 del cap. II. Sulla definizione dello statuto
ontologico delle cose empiriche in divenire, si vedano i 1 e 3 del cap. V.
134 FRANCESCO FR O N TERO TTA
( 1)
Sul piano lgico della definizione, le idee possono essere classificate, secondo la
loro ampiezza semantica, in uno schema ver ti cale alia cui sommit si eolio cano
le idee pi generali, che comprendo no sotto di s, in un ordine progressivo e
discendente, le idee meno generali: per esempio, lidea di anmale comprender
sotto di s lidea di anmale quadrupede e lidea di anmale bpede; questultima
comprender a sua volta lidea di anmale bidepe privo di ragione e lidea di
animale bpede dotato di ragione e cos'i via34.
(2)
Rispetto alia presenza delle idee nel mondo emprico, noto che nicamente al
bello in s, e non alie altre idee, Platone attribuisce la facolt di manifestarsi in
tutto il suo splendore nella sfera sensibile e di rendersi immediatamente percepibile
alia vista35.
(3)
Dal punto di vista conoscitivo infine, alcune idee si rivelano suscitatrici dintel-
ligenza (r TTapaK\r)TiK tts 1 SivoiasO, perch, pii delle altre, si appellano
alia riflessione e al pensiero e ne sollecitano lintervento36.
3S La bibliografia relativa alla natura e alia collocazione del bene nella sfera ideale
assai ampia; rinvio pertanto, ancora una volta, a Y. LAFRANCE, Pour interprter Platon
cit., soprattutto 63-172,176-182, e mi limito a tratteggiare uno schema delle principal!
interpretazioni proposte, con poche eccezioni, in questo secolo. (1) Alcuni hanno
supposto ehe lidea del bene debba essere identificata con la suprema divinit o con la
figura del demiurgo introdotta nel Timeo\ cfr. A.A. K r o HN, Studien zur sokratisch-
platonischen Literatur, Bd.I: Der Platonische Staat, [1876], New York, Arno Press 1976,
132-162; J.G .M . L o e n e n , D e Nous in hetsysteem van Platos Philosophie, Amsterdam,
Jasonpers Universiteitspers 1951, 106-119; E. T u r o l l a , Ilproblem a fondam entale del
platonismo e il mito solari nel V I della Politeia, in GM, VIII, 1953, 214-259; A.
K e l e s s i d o u - G a l a n o u , L a conception platonicienne du divin dans les Lois et le Time et
son rapport avec le Bien de la Rpublique, in iETriaTruioviKfi' EttettipIs: rf)? ^iXoao^iKrjs"
2xoXf) roi) navemaTTipiouA0r|yi/, XXI, 1970-1971, 303-316. Contro lidentifi-
cazione del bene con la divinit, si espresso efficacemente H.F. C h e r n is s , Aristotles
criticism o f Plato an d the Academy cit., 603-610. (2) La maggioranzadegli interpreti ha
suggerito ehe lidea del bene coincida con lorigine e la causa ontologica o meta-
ontologica delle altre idee e del tutto: cfr. P. SHQREY, The idea o f good in Platos
Republic: a study in the logic o f speculative ethics, CPh, S u p p l. I, 1895, 188-239; L.
R o b i n , Platon, [1935], nouvelle d. parP.-M. S c h u h l , Paris, PF 1968, 81-87; G.M.
G r u b e , P latos thought, [1935], new edition by D .J. Z e YL, London, The Athlone Press
1980, 23-28, 253-258; N.I. B o u s s o u l a s , La crativit du Bien et la mtaphysique de la
mixis platonicienne, in Sophia, XXVTI, 1959, 209-219; Id., La causalit du Bien et la
mtaphysique du mlange platonicien, in RMM, XLVTI, 1962, 65-109; W. Wl ELAND,
Platon undder Nutzen der Idee. Zur Funktion der Idee des Guten, in AZP, I, 1976, 19-
138 FRANCESCO FR O N T R O TTA
33; T . Irwin, P latos moral theory. The early an d middle dialogues, cit., 220-226; D.
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in FZPhTh, X XXV III, 1981,70-77; N.P. W h i t e , The classification o f good in Platos
Republic, in JHPh, XXII, 1984, 393-421. (3) Altri hanno avanzato Tipotesi ehe
lidea del bene rappresenti invece il principio teleologio o assiologico del reale e, come
tale, sia oggetto di conoscenza razionale: cfr. W. LuTOSLAWSKY, The origin an d growth
o f P latos logic, [1897], Dubuque, Brown Reprint Library s.d., 290-310; P.M.
CORNFORD, Mathematics an d dialectic in the Republic V I-VII cit.; H.W .B. JOSEPH,
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Republic cit., 151 -206; E. De STRYCKER, L i de de Bien dans la Rpublique de Platon,
in AC, XXXIX, 1970, 450-467; Y. L a f r a n c e , Platon et la gomtrie. L a mthode
dialectique en Rpublique 509d-511e, in Dialogue, XIX, 1980, 46-63; L . B r is s o n ,
Le mme et l a utre dans la structure ontologique du X im zde Platon cit., 132-136. Contro
questa ipotesi si vedano J.A. F e s t u g r e , Contemplation et vie contemplative selon
Platon, [1936], Paris, Vrin 1950, 167-209, 402-407; C J . De V o g e l , Encore une fois
le Bien de la Rpublique de Platon, in Zetesis. Album amicorum door vrienden en
collegas aangebodine aan Prof. Dr. E. De Strycker, Antwerpen-Utrecht, De
Nederlandsche Boekhandel 1973, 40-50, ehe hanno sostenuto ehe il bene costituisce
piuttosto loggetto di una conoscenza non razionale o di unesperienzamistica. (4) Altri
ancora, infine, hanno cercato di definire la questione da un punto di vista storico,
rispetto ai rapporti fra lidea del bene e luno, principio primo dlia filosofia neo-
platonica: cfr. P. MERLAN, From Platonism to Neoplatonism, [1953], The Hague,
Nijhoff 19753, 101-102; J. W h i t t a k e r , E ire K e im w>0 Kai oi'ia, in VChr, XXIII,
1969, 91-104 (ma si veda anche in proposito infra, n. 47); oppure rispetto allinfluenza
della concezione platonica del bene nel pensiero moderno: cfr. P. N a t o r p , Platos
Ideenlehre. Eine Einfhrung in den Idealismus, Leipzig, Drr 1903, 188-201; H.M.
BAUMGARTNER, Von der Mglichkeit, das Agathon als Prinzip zu denken: Versuch einer
transzendentalen Interpretation zu Politeia 509b, in Parousia. Studien zur Philosophie
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von K. FLASCH, Frankfurt, Minerva 1965, 89-101; T . E b e r t , Meinung und Wissen in
der Philosophie Platons. Untersuchungen zum Charmides, Menon und Staat, Berlin-
New York, De Gruyter 1974, 132-208; R. F e r b e r , Platos Idee des Guten, Sankt
Augustin, Academia Verlag 1989, 167-211. Si vedano inoltre i preziosi contributi di
G. $lLUTTl,Aldi l della sostanza: ancora su Resp. VI 509b, in Eienchos, 1 ,1980,225-
244; L. COULOUBARITSIS, Le caractre mythique de l a nalogie du Bien dans Rpublique
VI, inDiotima,XlI, 1984,71-80; S. C u n n in g h a m - P a r , On Platosform o f the Good,
in Gnosis, XII, 1984/3, 94-104; R.B. W il l ia m s o n , Eidos an d Agathon in Platos
Republic, in S J R , XXXIX, 1989-1990/1-2,105-137; D. L a c h t e r m a n , W hatisthe
G ood o f P latos Republic, in SJR, XXXIX, 1989-1990/1-2, 139-171; W. L e s z l ,
LA STRUTTURA DEL M O N D O DELLE IDEE 139
Filosofia e costituzione della realt in Platone cit., 179-192. E assai stimulant!, anche se
in un contesto filosofico piu generale, sono le riflessioni di H . - G . G a d a m ER, Die Idee
des Guten zwischen Plato und Aristoteles, Heidelberg, Winter 1978.
39 A riprova della diversit fra le posizioni di Platone e dei pensatori posteriori
suHunk o la pluralit delie discipline filosofiche, bast pensare alia tradizionale
suddivisione fra lgica, fsica ed etica, caratteristica delle dottrine ellenistiche, ma
presente, almeno implicitamente, gi nelle opere aristoteliche (sulla partizione delle
discipline filosofiche nel pensiero post-aristotelic si veda solo P.O. KRISTELLER,
Filosofi greci dellet ellenistica, Pisa, Pubbl. delia Scuola Normale Superiore - Classe
di Lettere e Filosofia 1991, 16 sgg.). Infatti, gi ad Aristo tele sembra sfuggire
lintrinseco nesso fra Fetica e il problema delia conoscenza stabilito da Placone e dal
Socrate platonico che definisce il senso morale della ricerca filosfica o spiega,
viceversa, la necessita di determinare un quadro scientifico ben preciso per la
formulazione del giudizio morale. Per esempio, nel celebre excursus storico-filosofico
contenuto nel libro A della Metafsica, lo Stagirita ricorda (987b 1-4) che Socrate,
abbandonata findagine sulla natura, si rivolse aetica per cercare in essa 1universale
(t Ka0\ou t )t o w t o s -) e per primo riflett sul problema della definizione (rrepl
piap.w'). Aristotele descrive insomma la riflessione socratica nei termini di unanalisi
scientifica della struttura della definizione e della sua universalit - quindi come una
questione lgica e conoscitiva, autonoma e valida di per s - che Socrate applic, certo,
alia sfera morale, ma applicabile, al limite, anche alie scienze naturali. Tuttavia,
secondo la testimonianza dei dialoghi platonici (per i quali si vedano i 2.1-2.6 del
cap. I e il 3 del cap. II), Socrate non distinse davvero lesigenza morale dalla ricerca
dell universale, considerndole invece come un problema filosofico nico e inscindibile:
lobiettivo di Socrate non sarebbe stato cio quello di procedere allindagine etica
attraverso lo strumento logico-iinguistico del mtodo definitorio o, inversamente, di
formulare i criteri universal! della definizione per rispondere allesigenza morale;
piuttosto, egli avrebbe riconosciuto che il problema logico della definizione ha di per
s unimplicazione morale - perch il fatto stesso di defmire il valore o i criteri del
giudizio rappresenta di per s una conquista morale e che, daltro canto, la ricerca
morale non pu che awenire nel contesto di un mtodo logico universale e assoluto.
Se questo vero, opportuno supporre che il Socrate1 platonico e Platone stesso
attribuissero all1esame ontologico sullessere e sul non essere e alia definizione
epistemolgica1 della conoscenza, deiPopinione e dellignoranza un intrnseco ed
essenziale valore morale; ci che plenamente e compiutamente perfetto, bello e
buono; ci che parzialmente o assolutamente non , invece, imperfetto, manche-
vol e cattivo. Analogamente, in una simile prospettiva, latto del perfetto e vero
conoscere assume la forma di una buona azione; fatto dellignorare o dellimperfetto
opinare si configura invece come una mancanza1 e una cattiva azione. II valore e il
significato intrinsecamente morali della ricerca della definizione o della conoscenza
sono del resto frequentemente messi in luce nei dialoghi platonici giovanili (cfr. in
particolare il 3 del cap. II zL a. 190b3-e3; H p M a. 286c3-287b3; Euthphr. 5a3-d6;
6d9-e6;A/72. 71a3-d8; 89e6-90b4) ematuri (cfr. per esempio Phd. 64a4-68b6; R. VII
5 1 8 b 6 -5 2 1 b ll; Phdr. 248e3-249d3). E questa anche, come cercher subito di
140 FRANCESCO FR O N TERO TTA
mostrare, lottica in cui occorre collocare la discussione sullidea del bene e suite sue
relazioni con le altre idee.
40 Dal punto di vista del pensiero moderno, simili affermazioni non hanno
evidentemente alcun significato perch il valore di una proposizione scientifica o di
una scienza in generale dipende esclusivamente dalla sua verit e correttezza: in questa
ottica, due pi due fa quattro una proposizione vera e corretta, mentre 'due pi due
fa cinque una proposizione falsa ed erronea, e nessunaitra considerazione aggiuntiva,
specie poi di natura morale, si rivela necessaria. Al limite, di alcune scienze possibile
valutare 1utilit pratica e concreta, ma non certo sul piano morale: mora o immorali
possono essere le applicazioni di una scienza, ma non Ia scienza in s e rispetto a s
stessa. Per Platone, invece, i criteri di valutazione di una proposizione scientifica si
pongono al di l delia determinazione delia sua verit o falsit. Non solo occotre
riconoscere T'orientamento' morale della conoscenza e della scienza in generale, ma
questo orentamento morale risulta decisivo e prioritrio: la proposizione due pi
due fa quattro non soltanto vera e buona, ma soprattutto vera in quanto buona\ la
proposizione due pi due fa cinque non soltamos/w e cattiva, ma soprattutto falsa
in quanto cattiva. Sebbene ci possa sembrare paradossale e perfino assurdo per il
lettore moderno, questo il senso dellintera discussione sul bene condotta nel sesto
e nel settimo libro della Repubblica\ il legajme fra la valutazione etica e la verit oggettiva
o, addirittura, la preminenza della valutazione etica sulla verit oggettiva di qualunque
cosa o del giudizio su qualunque cosa costituisce agli occhi di Platone, come cercher
di metre re in luce, un principio necessrio ed evidente.
LA S T R U T T URA DEL M O N D O DF.I.l.E IDEE 14 1
sarpiu essente delle altre idee sul piano ontologico, ma>piu degno e
piupotente, fornira loro i1 valore e Tessenza morale41. Gli elementi
considerati mi inducono insomma ad accogliere un interpretazio-
ne a un tempo teleologica e assiologica del ruolo e della coilocazione
del bene nel mondo ideale: Iidea del bene costituisce cosi, da un
lato, il fine ultimo dellagire e del conoscere e, dallaltro, la fonte e
lunit di misura del valore morale di tutte le cose. E non certo in
chiave irrazionalista o mistica: il bene, come Platone subito precisa,
a sua volta oggetto di conoscenza razionale ( < t t )i ; T d y a G o u Lav>
w y iy v o a a K w ^ v T jv j i v lclvoo), VI 508e4)42.
Questa conclusione permette infine di comprendere senza diffi-
colt Ienigmtico riferimento di Socrate, nel corso delia presenta-
zione delia teoria delia linea, airvuTreTos' apxq t o v TravT, il
principio primo e immediatamente auto-evidente che determina la
verit o la falsit di ogni ipotesi, al quale il dalettico giunge intui
tivamente e dal quale discende deduttivamente per rendere conto
dellessenza e delia verit di tutte le cose (VI 51 Ib6-c2)43: Tidea del
bene, in quanto rappresenta lorigine e il fondamento incondizio-
nato e assoluto del valore delle altre idee, si identifica senza dub-
bio con il principio anipotetico dal punto di vista morale; daltro
canto, ciascuna idea, essendo come le altre e altrettanto realmente
44 A mia conoscenza, gli unid studiosi che hanno esteso a tutte le idee la
definizione e il ruolo di principio anipotetico sono K.M. S a y r e , Platos analytic
method, Chicago-London, Univ. o f Chicago Press 1969, 40-56; R. H a c k f o r t H ,
P latos divided line an d dialectic de.; e H . W . M lLLS, Plato's non-hypothetical starting-
point, in D U J,XXXI, 1970,152-3 59. La tendenza interpretativa prevalente infatti
quella di identificare 1 principio anipotetico esclusivamente con Iidea del bene: cfr.
per esempio R. R o b i n s o n , Platos earlier dialectic cit., 156-160; W . D . Ross, op.cit., 83
sgg.; N. M u r p h y , The interpretation o f Plato s Republic dr., 151-206; R.C. C r o s s &
A.D. W o o z l e y , P latos Republic cit., 231-261.
45Un esempio di questa indagine dialctica 'ontologica contenuto, come noto,
nellaparte centrale del Sofista (cfr. soprattutto 252el-257c4). Per una presentazione
sinttica della questione si veda VAppendice I, 5-6.
46 Nessuna indicazione nei dialoghi incoraggia del resto a ritenere che Platone
abbia stabilito fra i generi ideali una diversit costitutiva ed essenziale: al contrario,
come abbiamo gia visto (cfr. soprattutto il 1 di questo cap. IV), il loro statuto
sempre caratterizzato dallassoluta e indifferenziata omogeneita ontologica e ciascuno
diessi, indistintamente, jiovoeLSes' ov avT kclQ' abr (Phd. 78d5-6). D altro canto,
non meno vero che, nel pensiero di Platone, appare assai netta la tendenza a
sovrapporre e talora persino a far coincidere - la sfera ontologica con quella
epistemolgica, lgica, etica e cosi via (cfr. anche supra, n. 37), ci che conduce a
constatare che, comunque stiano le cose, il particolare accento posto (pur se esclusi
vamente sul piano teleologico e assiologico) sulla collocazione dellidea del bene produce
unevidente asimmetria ontologica, un unicum che non ha del resto alcun riscontro
144 FRANCESCO FRONTERO TTA
dato allidea del bene nei libri centrali della Repubbiica dimostra
soltanto che possibie ciassificare le idee secondo un ordine mora
le verticale dominato dal bene in s: sul piano ontologico, invece,
il mondo delle idee rimane rigorosamente omogeneo, uniforme e
orizzontale47.
1 Sulla legittimit della costituzione di un mondo delle idee, cfr. il 1 del cap.
IV. Per limpiego del termine x^piCT^, con i problemi linguistci che suscita, si veda
il 1 del cap. II, n. 2.
2 Cfr. ancora il 1 del cap. IV e Phd. 79a6-10; R. VI 509d l-5; Phdr. 247b7-
248c2.
146 FRANCESCO FR O N T ER O 'ITA
3 Lascio invece com pletam ente da parte ii probiem a cosm oiogico dellorigine del
m ondo sensibile, con il ciclo cosm ico dlia generazione e delta corruzione, dlia sua
structura fisica e biologica e delta sua com posizione materiale, che Platone affronta,
corne noto, nel Timeo. Sulla questione (che sar appena introdotta nelAppendice II,
2) rinvio soltanco a L. B r i s s o n , Le mme et l a utre dam la structure ontologique du
T im e de Platon cit., soprattutto 1 7 8 -2 2 0 e 4 0 1 - 4 1 2 .
4 N el Cratilo (4 3 9 d 8 -e 2 ), Socrate rileva corne sia mpossibile affermare che cio che
semp re mutevole e in m oto (del tepxeTa.L) sia daw ero (tl ... co tiv ) e possieda certe
caratteristiche ben definite (oti ... tolotov), se, m utando e muovendosi continuam en-
te, diviene subico altro e d altra specie: come potr infatti essere quaicosa cio che non
mai alto stesso modo? (ttj ovv du ct) r i eKetuo o ^riSiroTe crauTjg- ?XL-
5 Cfr. per esempio Pbd. 7 4 a 9 -e 5 ; 7 8 c 6 -7 9 a 5 ; R. V 4 7 8 e 7 - 4 7 9 d l .
6 Sulla natura dellopinione, form a di conoscenza parziale e im perfetta, e sulla
differenza epistem ologica e ontologica fra Topinione e la scienza e fra i loro oggetti,
cfr. il 3 del cap. III.
LE IDEE E LE CO SE EMPIRIC HE 147
( 1)
occorre che le idee si manifestino in qualche modo nel mondo sensbile per
indurre gli uomini alia vera conoscenza5;
(2)
se gli uomini devono poter conoscere le cose empiriche, necessrio che essi
conoscano, nelle cose, le propriet e le caratteristiche che queste traggono imper
feitamente e parzialmente dalle idee, perch, n s stesse, le cose empiriche sono
vincolate al puro divenire, inconoscibile e soltanto opinable10;
(3)
le cose empiriche acquistano inoltre dalle idee il proprio nome (roTwy [seil.:
tlv eiujy] TTiv' mvup.i.cti' crxeiv): come Platone afferma, ale cose spetta tem
porneam ente il nome che appartiene invece eternamente (el t i > ei xp^ou)
alie idee con cui sono poste in relazione e per Fintera durata di questa relazione1
(4)
infme, se le cose empiriche non possiedono di per s una stabile essenza, bsogna
che la ricevano, imperfettamente e parzialmente, dalle idee12.
La relazione fra i livelli del reale denom inata in gene raie par
tecipazione ([lOe^is'; peTaX-q^i) o comunicazione (Koivou'ia):
le cose tmpinche partecipano (fieTxouaiy; [iCTaXa|ipvouoxv) dl
i idee o comunicano (koivovocfiv; Koivwviav x oucay) con esse13.
Il meccanismo dlia partecipazione sar da Platone sottoposto a
urianalisi lucida e inflessibile soltanto nel ParmenideH e non a cas o,
nel Fedone ( 100 d 3 - 8), Socrate insiste sulla necessit del rapporto
partecipativo, lasciando invece volutamente da parte il problema
dlia sua articolazione e delle sue modalit:
16 Per limpiego di queste espressioni nei dialoghi platonici, cfr. per esempio
Hp.M a. 287c l-d3; 289d2-8; Euthphr. Phd. 100c3-d6; 100d6-8; 102cl-d2.
Sul ruolo delle idee come cause dellessenza e delle caratteristiche delle cose empiriche
e di fondamentale importanza il celeb re saggio di G. V lastos, Reasons an d causes in
the Phaedo, in PhR, LXXVIII, 1969, 291-325 (riedito in Plato I: Metaphysics and
epistemology, cit., 132-166; e in G. VLASTOS, Platonic studies cit., 76-110), che
discutero approfonditamente nel 4 del cap. V III.
17A questa concezione forte1della partecipazione fra le cose empiriche e le idee,
assai vicina al significato letterale e concreto dei verbi p.erexeu', j.eTa\a|i|3di,a i' e
Koi.vweii' (= avere parte in; essere in comunicazione o 'condividere con), si fa
riferimento in Hp.M a. 289d2-8; 292c9-d3; 300a9-b2\Euthphr. 5d l-2; Phd. 100d4-
6; 104b6-cl; 104e7-105a5 ; Smp. 211b2-5. Lesempio citato e tratto da Hp.Ma.
292c9-d3; 300a9-b2.
18 Questa concezione debole della partecipazione come somiglianza delle cose
empiriche alle idee e attestata in Euthphr. 6e3-6; Phd. 76d7-e4; R. X 597al-5; Phdr.
250a6-b5; 250el-251a7. Lesempio citato e tratto da Euthphr. 6e3-6.
LE DEE E LE CO SE EM PIRICHE 151
19 Si veda in proposito il 1 del cap. IV. Cfr. inoltre Men. 75a4-5; RV 476a4-
7; X 597cl-d 3; Phdr. 2 49b 6-cl; ma soprattutto, come vedremo nel 1 del cap. VIII
e nel 2 del cap. XII, Prm. 131a7-8; e3-4; 132al-7; Pblb. I4c7-15c3. Come noto,
proprio in questi termini Aristotele introduce (e critica) la posizione di Platone:
ammettere lesistenza delle idee significa porre un3unit separata oltre la molteplicita
(
t er eul tt o X X o l s 1) , cfr. D e ideis, 80, 8-15; Metaph. A, 990b7-8 sgg.; 991a2; Z,
1040b29 sgg. Su questo aspetto della critica aristotlica a Platone, rinvio a W. L e s z l ,
II De ideis di Aristotele cit., 141-171, e YAppendice III, 2.
20 Per lanalisi e la definizione delle modalit del rapporto partecipativo fra le cose
empiriche e le idee, rinvio ancora al cap. VIII.
152 FRANCESCO FR O N TERO TTA
y v o t a s a l m a r r m r is 1.
Ci che assolutamente assolutamente conoscibile; ci che assolutamente non
assolutamente inconoscibile; ci che intermedio fra essere e non essere
solo opinabile, a meta strada fra conoscenza e ignoranza (R. V 477a3-b2).
30 Non tengo conto qui del particolare statuto epistemologico dellopinione vera
(p0f) Sfa, cfr. il 3 del cap. III, n. 39) e mi riferisco semplicemente alla sfera dlia
conoscenza sensibile nel suo complesso, che, come ia teoria dlia linea stabilisce (cfr.
LE IDEE E LE CO SE EM PIRICHE 157
2 Ivi, 16-18. Sui problema del mtodo definitorio e della denizione dei valori e
delle qualit morali nei dialoghi giovanii si vedano i 2-4 del cap. I e 1-3 del
cap. II.
J Ivi, 18-23; cfr. inoltre Men. 80d5-e5> 4-6 del cap. II e i 2-3 del cap. III.
4 Ivi, 23-26. Cfr, Ti, 50c; 51a7-52a4; i 1-3 del cap. V; e Appendice II, 2.
5 II termine economia inteso qui nel senso di organizzazione dei diversi
elementi componenti di un insierae e si riferisce dunque alia semplicita e alia coerenza
interna dei principi e dei postulad di una teoria filosfica o scientifica, secondo
1assunto per cui quanto maggiore il numero di fenomeni cbe una teoria riesce a
spiegare e minore l numero di principi e di postulad cui ricorre per spiegarli, tanto
pi essa sempce e d economica.
COSA E UN 'SDEA PLATONICA 161
6 H.F. CHERNISS, The philosophical economy o f the theory o f ideas cit., 26-27-
L intepretazione di Cherniss, assai influente fra gli studiosi, stata riformulata da
R.W . Jordan (P latos argument fo r forms, in Proceedings o f the Cambridge Philological
Society. Supplementary volume 9, Cambridge, The Cambridge Philological Society
1983) nella forma rigorosa di unanalisi dee prove fornite da Platone a dimostrazione
dellesistenza dee idee. Visarebbero infatti una prova logico-metafisica (ma connessa
anche alia sfera morale) dellesistenza dee idee, basata sulla constatazione che la
compresenza degli opposti nella realt sensibile pub essere spiegata soltanto attraverso
lipotesi delle idee, partecipando dee quali le cose empiriche entrano in possesso delle
propriety (anche opposte) attribute loro; una prova epistemolgica, che dipende dal
riconoscimento che, se la vera conoscenza esiste, devono esistere per necessita i suoi
oggetd, eterni, immutabili e auto-identici, le idee; infine, na prova eziologica, che
discende dalla considerazione che esclusivamente lesistenza delle idee permette di
comprendere come cose empiriche fra loro diverse possano possedere le stesse qualita.
Le osservazioni che propongo qui di seguito relativamente allinterpretazione di
Cherniss valgono anche, mi pare, per la tesi di Jordan.
162 FRANCESCO FR ONTERO TTA
7 Cfr. soprattutto i 3-4 del cap. II. S osservi inoltre che, se dal punto di vista
del pensiero moderno occorre tenere distinte Ianalisi etico-politica dei valori e dei
principi morali e la conoscenza scientifica dei fenomeni naturali, che si ispirano
evidentemente a due modelli epstemologici radicalmente difieren ti Tuno spenmen-
tale e quantitativo, laltro logico-discorsivo e qualitativo una simile distinzione non
COSA UN'IDEA PLATNICA 163
10 Cfr. i 1-3 del cap. II. Lascio owiamente da parte, per il momento,
1eventuale, ulteriore evoluzione della teora delle idee nella riflessione tarda di Platone
(specie a partir dal Parmenide), per la quale si veda il 1 del cap. VII.
1] La formulazione ctassica della tesi evoluzionista1, cui faccio riferimento qui,
quella suggerita in una lunga serie di articoli da H, JACKSON, Plato s later theory o f ideas,
in JPh, I-VII, 1882-1897; masi vedano anche J . B u r n e t , Greek philosophy, London,
Macmiilan & Co. 1914,1,254; A.E. T a y l o r , Philosopineal studies, London, Macmillan
& Co. 1934,28-90.
12 Cfr. i 1-2 del cap. II e il 2 del cap. V.
CO SA U N 'ID E A PLATONICA 165
(1)
In primo luogo, si e constatato che, nella lingua greca e nei dialoghi platonici, i
termini ISa e elSo j hanno innanzitutto ii significato generico di aspetto esterio-
re, forma distintiva o carattere generale: solo nei dialoghi della maturita Plato
ne l avrebbe quindi impiegati nei loro significato tcnico, in riferimento ale
idee. Ho gi toccato altrove iS problema15 e mi limito a ricordare che, se non vi
alcun dubbio sulla mokeplicita di significan dei termini ISa, elSos1o yi/os- ci
che impedisce di dedurre dalla presenza di questi termini in un testo, sic et
simpliciter, la formulazione della teoria delle idee - nulla permette tuttavia di
stabilire una distinzione cos radicale e di credere che in tutti i dialoghi giovanili
i termini in questione abbiano sempre un significato generico e che, invece, in
tutti i dialoghi della m aturita essi rinviino sempre alia teoria delle idee. Semplice
mente, lanalsi lingistica non produce argomenti sufficienti n per dimostrare
n per respingere lpotesi di una teoria delle idee nei dialoghi giovanili16.
13 Cfr. per esempio W .D . Ross, op.cit,, 35-47; e i 1-2 del cap. II. Gli interpreti
di formazione Mogico-analitica (si veda recentemente J.M .E. MoRAVCSIK, Plato and
platonism cit., 60-61), pur accogliendo sostanzialmente la tesi evoluzionista, consi-
derano tuttavia le idee nei dialoghi giovanili non come la conformazione naturale o
la forma distintiva delle cose empiriche, ma, nominalisticamente, come puri termini
linguistici, necessari alia definizione delle cose empiriche e delle loro qualit e
relazioni, ed esistenti perc esclusivamente nella sfera logico-semanrica della predi-
cazione e del discorso. A questa concezione logico-linguistica delle idee Platone
sarebbe tornato nei dialoghi tardi, dopo una fase propriamente metafsica1coinciden
te con i dialoghi della maturita.
14 Mi riferisco al caso, ben rappresentativo della tesi evoluzionista nella sua
formulazione pi recente, di L .-A . DORJON, Platn, Laches "Euthyphron cit., 209-
211 .
15 Cfr. il 2 deliLntroduzione e i 2-4 del cap. I.
16 E del resto, cosa , secondo gi interpreti evoluzionisti, la forma distintiva
166 FRANCESCO F R O N T F ROTTA
(2 )
In secondo luogo, stato osservato che ia relazione fra la forma distintiva delle
cose, su cui Socrate indaga nei dialoghi definitori attraverso il suo mtodo di
interrogazione dirctta ( t o t i X ?), e le cose stesse sarebbe da Platone abbando-
nata nelfassoluta indeterminazione, laddove la partecipazione delle cose empiri-
che ale idee intellcgibili costituisce, nelle opere successive, uno degli aspetti di-
scussi con maggiore nsistenza, Questa consi der azione, per, almeno parzial-
mente falsa: come ho in precedenza mostrato17, la relazione fra ie cose empiriche
e le idee descritta, tanto nei dialoghi definitori, quanto nei dialoghi maturi, o
nelia forma della presenza (irapoucna) delle idee nelle cose partecipanti oppure
come somiglianza delle copie ( j a o i c f i a T a ) empiriche ai modelli ( T T a p a 8 e y p . a T a )
ideali. Tra laltro, almeno fino al Parmenide'*, Platone non prende una posizione
ben definita sulle modalit del rapporto partecipativo e si costretti ad ammet-
tere che persino i dialoghi maturi lasciano la difficolt completamente irrisolta.
(3)
Infine, si rilevato che nella rassegna delle caratteristiche attribuite alie idee e
alie cose vengono introdotte soltanto nei dialoghi della maturita alcune coppie
di opposti, come essere-divenire, immutabilit-mutamento, eternit-temporalit
e cosi via, i cui termini positivi si riferiscono alie idee mentre quelli negativi
qualificano invariabilmente le cose empiriche: ci implicherebbe uneffettiva
oggettivazione dei generi e lintervento di una concezione propriamente
ontologica delle idee. Tuttavia, iattribuzione alie idee del vero essere, eterno,
aspaziale e atemporale, discende immediatamente dal loro statuto (gi fissato nei
dialoghi definitori) di enti sempre auto-identid, universali e perfettamente com-
piuti in s stessi: un ente universale e sempre auto-Identico, evidentemente, non
muta il proprio stato n subisce alcuna trasformazione nelo spazio e nei tempo
ed dunque eterno e pienamente essente. Analogamente, la degradazione delle
cose empiriche allapparenza mutevole del divenire spazio-temporale non che
una necessaria conseguenza del loro statuto (gi fissato nei dialoghi definitori) di
enti particolari, materiali e mutevoli e perci soggetti alia generazione e alia cor-
ruzione: infatti, un ente mutevole e particolare per necessita soggetto alia gene
razione, alia corruzione e al divenire spazio-temp orale e non quindi stabil men
te e veramente essente19.
delle cose empiriche nei primi dialoghi? Con quale statuto ontoiogico essa presente
nelle cose empiriche di cui rappresenta, appunto, la forma distintiva? E deve essere
vincolata al mutamenro insieme con le cose in cui presente o no? A questi
interrogativi non viene data, mi pare, alcuna risposta precisa ed esauriente dagli
interpreti evoluzionisti'.
17 Cfr. soprattutto il 2 del cap. V.
]S Si veda in proposito il cap. VIII.
19 S noti che queste necessarie conseguenze relative alio statuto ontoiogico delle
idee e delle cose empiriche sono esplicitamente tratte da Platone, non soltanto nei
Fedone, nella Repubbica o nei Fedro, ma gi nei Cratilo (cfr. il 5 del cap. II), che
COSA E U N 'D E A PLATONICA 167
26 Questa conclusione rspecchia lanajisi proposta oggi da L.-A. Dorion nella sua
introduzione alledizione dei M em orabili di Senofonte nella Collection Bud (Paris,
Les Belles Lettres 2000, I vol., C-CXV) e in alcune conferenze inedite. Dorion s
spinge in effetd ancora otre, sostenendo che la questione socratica non ha pi
nessuna ragione dessere per almeno tre motivi: (1) ogni interpretazione presuppone
in questo mbito una sceita preliminare dei testimoni cui dar credito e tale scelta
implica a priori ana certa concezione della filosofia di Socrate, ci che genera un
evidente circolo vizioso; (2) gli elementi di accordo nella presentazione della figura di
Socrate fra i due maggiori testimoni, Platone e Senofonte, si rivelano del tutto
superficiali perch collocati in contesti teorici e filosofici del tutto dfferenti e in ultima
istanza non comparabih; (3) Platone e Senofonte, infine, non ebbero certamente lo
scopo documentrio di fornire una testimonianza storica sulla vita di Socrate, ma
vollero piuttosto far rivivere, ciascuno a suo modo, il modello socrtico nellambito
di un filone letterario ben preciso, quelio dei Xyoi crtJKpaTLKO. Forse con qualche
riserva rispetto alia sua radicalita, la posizione di Dorion mi sembra per assai feconda
di risultati e di prospettive originali.
COSA U N ' i DHA PLATONICA 171
Forms in the early dialogues are separeted from their instances, in that they are
not identical with them and ontologically prior to them. This remains true later
on. But the middle dialogues expand this separation into a new view o f the
universe, involving a doctrine o f Two Worlds, separated by a gulf o f deficiency
and unreality.27
27 Cfr. R.E. A l l e n , Plata s Euthyphro an d the earlier theory o f form s cit., 12 9 - 164,
in particolare 154. Pur essendo almeno per certi aspetti un sostenitore della tesi
'evoluzionista, Allen per primo, conviene ri cordado, ha dimostrato il reale e serio
significato filosofico dela teoria delle idee nelle opere platoniche giovanili (sulk
posizione di Allen si veda anche il 2 del cap. II).
172 FRANCESCO FR O N T ER O TTA
siano sottolineati, pi.il che i rapporti fra i due livelli del reale, Fim-
magine del mondo ideale e lo statuto ontologico delle idee, realt
realmente essenti, nel segno della radicale diversit rispetto alia
sfera sensibile degli uomini32. Ci non implica del res to che la dot-
trina dei generi debba essere concepita come uno strumento filoso-
fico immobile e monolitico proposto identicamente in tutti i dia
loghi, come un meccanismo teorico ripetitivamente applicato da
Platone nelle diverse circostanze: conviene pensare in effetti a una
dottrina unica e uni forme e tuttavia soggetta a progressiva defini-
zione, in modo che, fermi restando alcuni assunti fondamentali,
vengono sviluppate di volta in volta le necessarie conseguenze del-
Pipotesi dellesistenza delle idee. In questa ottica, pi che di evolu-
zione della teoria delle idee, mi limiterei a parlare di un continuo
adeguamento formale, certo non irrilevante, eppure esente da frat-
ture, svolte o mutamenti profondi33.
34 Cfr, R.E. ALLEN, P latos Euchyphro an d the earlier theory/ o f forms c i t ., 163-164.
176 FRANCESCO FR ONTERO TTA
36 Cfr. il 2 del cap. I V e il 2 del cap. VII. Si scioglie cosi, mi pare, unambiguit
errneam ente actribuita ajla teoria platnica delle idee da non pochi interpreti (cfr. per
esempio il recentissim o volum e di Philosophie grecque cit., 228-229 [M. CanTO-
Sperber]), che consiste nel ritenere che la postulazione delle idee risponda quasi
esclusivamente allesigenza di superare le contraddixioni della realt sensibie neiluni-
teneiru nivocitm etafisich edelleid ee: conseguentem ente, m entrerisultafcilm ente
spiegabile eststenza delle idee delle qualit morali o dei term ini opposti, che, quando
si manifesrano neesperienza com une, si confondono sempre con il proprio con tra
rio, misti e relativi gli uni agh altri, non sarebbero in vece necessarie le idee delle
sostanze, com e il dito, 1 triangolo o luom o, che, anche nella loro form a em prica e
sensibile, non suscitano alcun dubbio o contraddizione nel soggetto conoscente.
L esisrenza delle idee di tutti i generi delle cose empiriche e di tutte le loro qualit e
178 FRANCESCO F R O N T E R O IT A
risultato se non quello di duplicare1il numero delle realt esisrenti e i problemi ad esse
connessi, come se, in effetti, le idee fossero esclusjvamente dei semplici doppi delle
cose sensibili, posdsu un piano universalee separato dal mondo emprico, ma a questo
perfettamente analogo e parallelo. Ora, se vero che le idee sono per Platone realt
individuali, enti in senso proprio, lo sono tuttavia secondo un modo d i essere del tutto
diverso da quelio delle cose empiriche, appunto come astrazione intellettuale delle
cose empiriche. Non pertanto legittimo tentare di attribuire loro una forma, una
figura o una struttura sostanziale analoghe a quelle delle cose empiriche n, conseguen-
temente, ha senso chiedersi come si configuri concretamente l'idea del diverso, perch
un simile interrogativo presuppone la convinzione che lidea del diverso possa essere
rappresen tata secondo una analogia on tica con le cose empiriche che invece non
sussiste: lidea del diverso (come anche, del resto, le idee delluomo, del tavolo, della
bellezza, della giustizia o del bene), in quanto idea, non si configura concretamente in
nessun modo, poich rimane un concetto sostanzializzato, privo di forma o di figura,
ontologicamente diverso dal suo corrispettivo empirico e ad esso irriducibile.
39 Riprender la questione della natura e del ruolo delle idee platoniche nel 5
del cap. XI alia luce delle critiche rivolte da Parmenide alla domina dei generi nella
prima parte del Parmenide.
PA R TE SE C O N D A
(180e3; 183e3-4) e nel Sofista (242d5-6; 244b6). Non affronto qui i problemi
connessi alTinterpretazione dlia tesi di Parmenide come presentata da Platone e
come emerge dai frammenti del filosofo eleate che ci sono pervenuti. Sul rappoto fra
Platone e la cosiddetta scuola eleatica, e dunque suirattendibilit e la veridicit
storiche dlia presentazione di Parmenide (e di Zenone) nei dialoghi platonci,
rimando al mio articolo L a dottrina eleatica delTunit del tutto: Parmenide, il
Parmenideplatonico eArstotele, di prossima pubblicazione negli AIIS (Napoli); e a
J.A. P a lm e r , Plato's reception o f Parmenides, Clarendon Press, Oxford 1999, ehe,
tuttavia, mira soprattutto a mettere in luce le diverse (e opposte) modalit e Strategie
di appropriazione e di rielaborazione critica del pensiero di Parmenide da parte di
Platone (nelie varie fasi della sua riflessione) e della sofistica.
*' Si tratta della forma cannica di una rigorosa reductio a d absurdum, particolare
modalit elenctica ehe mira alla confutazione di una certa proposizione muovendo
dalla dimostrazione dellassurdit o delTincoerenza delle conseguenze che da essa
derivano. Sulla struttura logica della reductio a d absurdum zenoniana della moltepli
cit degli enti si veda ancora il mio articolo L a dottrina eleatica delTunit del tutto :
Parmenide, z/Parmenideplatonico e Aristotele cit., 1. Un problema delicato sorge
rispetto alla traduzione dellipotesi ehe d lawio alla dimostrazione di Zenone,
giacch essa si trova formulata da Platone in alme.no due forme diverse; (1) el rroXXd
cm r vTa (127el): se gli enti sono molti; (2) d <r> TToXX cm (128d5): se
i molti sono. Nel primo caso, laggettivo rroXX posto come attributo del soggetto
T 6i/Ta; nel secondo, <r> rroXX, aggettivo sostantivato, diviene il soggetto
dellipotesi. Entrambeletraduzionisonodunquelegittimeepossibilie, purnettamen-
te divergenti, non incidono su! significato complessivo dellargomento che chiama in
causa la questione delfammissione o deesclusione della molteplicit tout court, ehe
essa sia intesa come un soggetto autonomo (r rroXX: molti, la pluralit degli enti)
o come attributo di un soggetto ( t ovra ... ttoXX: gli en ti... molteplici). Assai chiare,
dei resto, sono la struttura e la finalit dimostrativa dellargomento zenoniano: se la
molteplicit esiste, come vogliono gli awersari del monismo parmenideo, sorgeranno
infinite contraddizioni e di ogni ente bisogner dire ehe allo stesso tempo uno e
molteplice, simile e dissimile e cosi via, cio ehe pare dawero assurdo e impossible.
5 Sul metodo e sulla dottrina di Zenone, e pi in generale sulla sua immagine come
emerge dai dialoghi platonici e dalle altre fonti antiche, cfr. ancora il mio articolo La
dottrina eleatica delTunit d el tutto : Parmenide, //Parmenideplatonico e Aristotele cit.,
1; e, nuovamente, la Guida alla lettura del Parmenide di Platone cit., 17-24.
l eSAM E DELLA TEO RIA DELLE IDEE NEL PARM ENIDE 185
6 Per tre volte (in 129M -2; b6-c3; 129d6-130a2), Socrate ripete che considere-
rebbe questa eventualit come un prodigio (rpa) degno di ammirazione e di
meravigiia (dioi' 0aun.ctCeiv). Le parole di Socrate meritano una certa attenzione. Il
prodigio1cui egU si riferisce non consiste certamente nel mostrare che lidea delluno
viene a identificarsi con l'idea dlia molteplicit (o viceversa) o lidea dlia somiglianza
con lidea dela dissomiglianza (o viceversa), percha il ragionamento si imbatterebbe
cosi in una pura contraddizione in termini di cui non avrebbe senso meravigiiarsi o
ammirare g effetti. Si tratta invece dlia possibilit di applicare il mtodo di Zenone
aile realt ideali: come Zenone attribuisce opposti attributi alie cose sensibili (al solo
scopo negativo di mettere in luce iassurdit di un simile esito), Socrate (129d6-e3)
sottolinea linteresse di unanaloga indagine estesa aile idee, in primo luogo dividen
do (SLaLpfjrai) le idee in s e perse separndole Tuna dallaltra... e poi mostrando che
tra loro stesse quesee idee hanno la possibilit di mescolarsi (avyKepi'WOaL) e
separarsi (SiaKptyeaBaL). Attraverso questi procedimenti di divisione edi riunione
si rivelerebbe possibile comprendere quali idee stabiliscano delle relazioni con le al tre
idee, assumendone gli attributi, e quali no, e si giungerebbe in effetti a riconoscere che
iidea della somglanza dawero, alio stesso tempo, simile (a s stessa) e dissimile
(dalle altre idee), come anche lidea della dissomiglianza, che , alio stesso tempo,
dissimile (dalle altre idee) e simile (a s stessa); ancora, lidea della molteplicit
potrebbe essere detta una (in quanto singla idea) e molteplice (in quanto idea della
molteplicit), mentre deilidea deluno si comprenderebbe che rimane invece una,
senza mai entrare in possesso dellattributo della molteplicit. II rpido accenno di
Socrate introduce percio il difficile problema della partecipazione reciproca fra le idee,
appena toccaco nel Fedone (cfr. 104b6-105a5 e 1 3 del cap. IV) e svolto ampiamente
nel Sofista, che contiene una lunga sezione (25Ia5-258c5) consacrata alia questione
della comunicazione dei generi ideali, affrontata proprio con il sussidio metodologico
di un procedimento dialettico basato suile riunioni (avvaycoyat) e sulle divisioni
(SLcupcrei) delie idee (si vedano in proposito XAppendice I, 5-7; D. O Brjen, Le
non-tre. D e u x tudes sur le Sophiste d e Platon cit., 43-71; e il mio L tre et la-
participation de l a utre. U ne nouvelle ontologie dans le Sophiste cit., 331-348).
186 FRANCESCO FRONTERO 'T TA
plicemente, sono. Cosi non , daltro canto, per le cose sensibili che,
come emerge dairesposizione di Socrate, prive di ur essenza deter-
minata, rimangono imprigionate nel divenire e nella trasformazio-
ne, generandosi e corrompendosi e sempre mutando neilaltro da
s. Mentre le idee sono caratterizzate dalla piena auto-sufficienza
ontologica (le idee sono cio che sono in virtu di s stesse) e dalla
perfetta identit con s (le idee sono sempre identiche a s stesse),
la sfera delle cose sensibili invece segnata da unoriginaria rninorit
ontologica (le cose sensibili divengono sempre, senza mai esser) e
dalIassoluta differenza da s (le cose sensibili divengono, e, dive-
nendo secondo un ritmo incessante, si rivelano sempre diverse da
s). Ma come allora possibile attribuire alie cose sensibili un nome,
una definizione o determinate qualit, e sottoporle a indagine nel
pensiero e nel discorso? E come pu Tuomo, che si trova in ultima
analisi immerso nel divenire dei mondo empirico, conoscere la su
prema realt delle idee e dedurne un critrio di valutazione e di
riferimento per Tazione e la scienza?
La risposta a queste domande precisa e inequivocabile (130e4-
131a2): se le idee sono ci che sono in virtu di s stesse, le cose
sensibili, di per s coincidenti con il puro movimento de divenire,
aequistano una specifica identit solo in virtu delia relazione con le
idee. Partecipando dei generi ideali (e8r| ... cov TSe t &Ma
\iTa\a[Ji^vovra), le cose ricevono le Ioro denominazioni (ra
ir(i)VU|JLLG.S avrv lcrxeLy) e definizioni; anzi, proprio attraverso
questa partecpazone, possiedono certe qualit e caratteristiche: sono
grandi, giuste o belle, non in s, ma partecipando delLidea dela
grandezza, delia giustizia o delia bellezza ([icyOous* <[ieTaXa(3vra>
S peyXa, icWous1 S xal SiKaiocr'yr|S' LKaid tc Kal KaX).
Del resto, la possibilit stessa delia conoscenza dipende dalla co-
municazione fra la sfera ideale e il mondo empirico: da un lato
infatti, conoscere le idee Tunico oggetto delia vera scienza si
gnifica per gli uomini trascendere la prpria dimensione sensibile
per attingere alLintelegibile; dalfaltro, conoscere le cose sensibili
significa cogliere non certo la loro corruttibilit materiale o il loro
perenne divenire - che costituiscono al massimo Loggetto delia
mutevole opinione - ma le caratteristiche che esse possiedono in
virtu delia partecipazione alie idee. In tal senso, le idee sono a un
188 FRANCESCO KRONTEROTTA
(1)
Esistono certi enti eterni, immobili e sempre identici a s stessi, a cui Platone
attribuisce il nome di idee, forme o generi7. Per ogni specie di cose sensibili
(per esempio gli uomini, gli alberi e cosi via), vi ununica idea corrspondente
(lidea di uomo, lidea di albero e cosi via) di cui quelle cose partedpano8.
(2)
Le idee sono separate dal mondo empirico e sensibile: la separatezza ne preserva
lassoluta superiorit ontologica, stabilendo un g a p radicale e insuperabile rispet-
to aile cose. Platone esprime questo concetto con diverse espressioni: l'idea
separata (xcopis-), in s e per s (arf) Ka0 a m ^ ), rispetto a s stessa (aurr)
Tps- ai)rr|v) e pertanto, in questo senso, assoluta9.
7 Idea (I8a), cfr. 132a2; 132c4; 1 3 4 cl; 135a2; cl ecc.; forma (elSoj), cfr. 128e5;
130b7; c l-2 ; d l-4 ; 131a7; 134b3 ecc.; genere (yvo), cfr. 129c2; 34b7; c5; 135a7
ecc. Che questj enti esistano di esistenza propria e autonoma, stabilito chiaramente
in 130b l-5; 133c4-6; 134e8-135a2.
8 La definizione e limit delleffettiva estensione dlia sfera delle idee costituisco-
no la prima delle obiezioni mosse da Parmenide alla dottrina difesa da Socrate. Sulla
questione, cfr. il 2 di questo cap. VII.
9 Le idee sono dette sussistere x^pi- in 130b2-3; c l; d l; sono definite, ciascuna,
airri caB at-nv in 128e5; 129d6-7; 130b8; 133a8; c4-5; c7; 135b 1; sono inoltre
airral rrps1 aT, rispetto a s stesse, in relazione fra loro sol tan to (come pure lo
sono, sullalro versante, le cose), in 133c8-134al. In questo contesto, la preposizione
Trps, rispetto a, normalmente seguita dallaccusativo, indica la separatezza (essere
rispetto a s stesso) e dunque lassenza di partecipazione allaltro da s o lassenza
di separatezza (essere rispetto //altro da s) e dunque la condizione del rapporto
partecipativo con laltro da s. Ricordo nuovamente (cfr. pure, in proposito, il 1 del
cap. II, n. 2) che, per quel che riguarda la separatezza (xipLcrfi) delle idee, mentre
piuttosto frequente (proprio a partire dal Parmenide) luso dellawerbio x^pi-S"
(separatamente), invece, il sostantivo xwpL(T[Jx>j (separazione o separatezza)
l eSAM E D E LIA l'E O R IA DELLE IDEE NEL PARM ENIDE 189
(3)
La realt delle idee conosciuta con il ragionamento e con il pensiero (Xoyicr|ij;
Xytj) e non con i sensi111.
( 1)
Le cose, e tutto ci che existe nel m ondo sensibile degli uomini, traggono il loro
nom e e la loro definizione dalle idee: la legittimit dellintera sfera logico-lingui-
stica dipende dunque dal rapporto con le idee, che costituiscono il contesto di
riferimento semntico di ogni nom e e discorso12.
compare d u e sole volte nel Fedone (6 7 d4; d9). probabile che Aristotele per primo
abbia im p ie g a E o ilsostantivo laggettivo xtopurrs' (separato) eilverbo
xtiiptCeLv (separare) in riferimento aile idee platoniche, forse coniando egli stesso
simili espressioni. (cfr. solo E N A, 1 096b 31-34; Metapb. K, 1 0 6 0 a ll-1 3 ; e D.
MORRISON, Choristos in Aristotle cit., 89 sgg.). Non ritengo tuttavia che taie precisa-
zione lnguistica incidasul significato filosofico dellassunto platonico dlia separazio-
ne delle idee e mi servro pertanto indifferentemente, qui e di seguito, dellawerbio
XJpis11 e del sostantivo xi^picM-oS'3 senza introdurre ulreriori distinzioni.
10 Cfr. 130a2; 135e3, ed precisamente in base a questa distinzione che le idee
si rivelano di natura intellegibile e non sensibile.
11 La presenza (velvat) delle idee nelle cose empiriche attesrata, nel Parmenide,
in 131a7-9; b l; 132d2; per quel che riguarda la partecipazione, di |a0eis' si parla in
3 2 d 3 ; I 4 ld 6 ; 151 e7, di ierd\T]tpi in 131a5 e di KotmUa, termine che significa
'comunicazione piuttosto che partecipazione e che acquista grande rilevanza nella
geografia dlia comunicazione fra i generi nel Sofista (cfr. in proposito YAppendice I,
5), in 152a2 e 166a2; verbi che esprimono iatto del partecipare sono: pieTxeL^
(in 129a7; b4-5; c7; d l; 1 3 2 c l0 ; e l; 134b 12; c9 ecc.), da cui il sostantivo p.0is">
jieTaXa.ti-[3veiv (in 129a3; a4-7; 130e5; 131 al ; a4-5; e4; 133a4-5 ecc.), da cui il
sostantivo peTdXrnJns'; e K oivtvetv (in 158d3), da cui il sostantivo koluwi'lgl Per
lespressione essere rispetto a o in relazione con (up seguito da accusativo) c per
il significato che questa assume nel contesto del rapporto partecipativo, cfr. 133c8-
134al e supra , n. 9-
12 Cfr. 130e 4 -1 3 1 a l. Sulla questione delleponimia, specialmente rispetto ai
problema dlia predicazione e dell'auto-predicazione delle idee, si veda il 3 dei
cap. X.
190 FRANCESCO FR ONTERO TTA
(2)
Le cose sono ci che sono e possiedono le qualit che vengono normalmente
loro attribuite in virt della partecipazione alie idee: essenza stessa delle cose
sensibili discende allora, dal punto di vista ontologico, dalle realt ideali13.
(3)
Le idee, che sono 1nico oggetto di vera scienza, devono rivelarsi in qualche
m odo attingibili e conoscibili per gli uomini, a loro volta immersi nel mondo
emprico; noltre, in quanto essenza degli enti sensibili, stabiliscono i criteri che
consen tono ag i uomini di conoscere le cose al di la del loro perenne diven ire, e
costituiscono, in questo senso, il fondamento della dialettica e di ogni possibile
epistemologa o teoria della conoscenzaH.
Ora, nella prima parte del Parmenide, la teoria delle idee viene
sottoposta a critiche radicali, rispetto alie quali gli interpreti hanno
manifestato, fra molte perplessit, un diverso atteggiamento. Chi
considera queste.critiche non valide, dubita che la teoria delle idee
presentata nel Parmenide sia genuinamente platnica e sospetta che
appartenga invece al filosofo e astronomo Eudosso o comunque
allambiente accademico, visto che concepisce la partecipazione fra
le cose e le idee in una forma materialista che sarebbe estranea a
Platone15; o, viceversa, le critiche di Parmenide esprimerebbero le
perplessit sollevate al.rinterno delPAccademia o da parte dei
Megarici contro la teora platnica, senza peraltro coglierne gli aspetti
fondamentali16. Quanti invece giudicano valide ed efficaci le criti-
die del Parmenide credono che esse abbiano indotto Platone a ri-
pensare la propria dottrina, modificndola sostanzialmente. Fra
questi, alcuni ritengono che, mentre nei dialoghi della giovinezza e
della maturit le idee sono concepite come cause efficient^ del mondo
emprico, quindi come realt effettivamente present nelle cose sen-
sibili o comunque contemporneamente immanenti e trascenden-
ti, daltro canto, nei dialoghi pi tardi, in seguito alle difficolta
affrontate senza successo nella prima parte del Parmenide, i generi
sarebbero rappresentati come paradigmi definitivamente separad
dalle copie materiali17. Altri invece ipotizzano una differente evolu-
zione del pensiero di Platone e sostengono che le idee, in un primo
tempo considerate come enti universali realmente esistenti, si ridu-
cono, a partir dal Parmenide, a semplici concetti privi di esistenza
reale, categorie generali del pensiero e del linguaggio18.
Queste interpretazioni poggiano essenzialmente su due ipotesi
alternative: in un caso, si suppone che la teoria delie idee sia sotto-
posta, nelFambito della riflessione di Platone, a una costante evolu-
zione e a sostanziali mutamenti; nellaltro, che la teoria presentata
nei Parmenide non corrisponda, in misura pi o meno grande, a
quella sostenuta da Platone negli altri dialoghi e che, conseguente-
mente, appartenga a un esponente minore delFAccademia. Entram-
be le possibilit sembrano tuttavia, almeno a prima vista, da esclu-
dere: la rapida presentazione della dottrina dele idee che Socrate
tratteggia fin dalle battute introduttive del dialogo coincide infatti,
secondo la mia analisi, con la versione class ica di questa dottrina
19 Cfr. soprattutto il 5 de] cap. I; il 5 del cap. II; il 3 del cap. III; il 1
cap. IV; i 1-2 del cap. V.
L* ESAME DELLA. TEO RIA [3 ELLE IDEE NEL FARM EN ID E 193
21 Cfr. ancora il 2 del cap. IV e il 3 del cap. VI. Occorrc sottolineare subito
la difficok connessa a una concezione onniestensiva delle idee: dal momento che
esistono idee per tutte le cose sensibili e per tutte le qualit attribuibili alle cose
sensibili, sar necessrio ammettere anche idee 'negative' o apparentemente auto-
con traddittorie. Se Iidea del bello consiste propriamente nelia bellezza, in cosa
consisteranno iidea della molteplicit e 1idea della dissomiglianza? Non forse nel
moltepiice in s e nel dissimile in s (infrangendo cosi 1unit e lauto-identita che
appartengono necessariamente a ogni idea)? Per la questione, che acquista un
particolare rilievo nel dibattito sulla predicazione e sullauto-predicazione delle idee,
cfr. soprattutto il 7 del cap. X.
VIII.
3 Cfr. per esempio Prm. 130bl-d5; 130e4-131a8; 1 3 1 b l;e il 1 del cap. IV.
4 Cfr. per esempio Phd. 78cl-d 9; Phdr. 250c2-3; e il 1 del cap, IV.
5 La 'separatezza1 da s dellidea sarebbe in questo cas duplice: separata, da un
lato, in quanto inerente a cose che nel loro complesso sono separate dallinsieme delle
realt ideali; dallaltro, in quanto ununica idea sarebbe contemporaneamente ineren
te, nella sua totalit, a pii cose fra loro distinte, cio a tutte quelle che dellidea
partecipano.
198 FRANCESCO FR ONTEKO TTA
Platonic studies cit., 265-277]), peraltro non ulteriormente svikippato dal grande
filosofo del linguaggio, ma non difficile individuare unascendenza (indiretta o non
del tutto consapevole) neo-kantiana, specie nella concezione delle idee come fonda-
mento concettuaistico deHattfvit dellintelletto umano, chegiunge ad attribuire alle
202 FRANCESCO FR O N T ER O TTA
,tJ Cfr. il 2 del cap. V. Riprendero Tesame della tesi di Alien per esprimere una
valutazione pix precisa e documentata con gli opportuni riferimenti testuali nel 5
di questo cap. V III.
20 Mi riferisco a G. VLASTOS, Reasons a n d causes in the Phaedo cit. Di que
articolo, che affronta unampia serie di problemi connessi alia natura e al ruolo delle
idee platoniche come vengono introdotte e descritte nel Fedone, cercher di mettere
in luce soprattutto le indicazioni relative al significato e alie modalit del rapporto
partecipativo fra le cose empiriche e i generi ideali.
IL DILEM M A DELLA PARTECIPAZIONE 207
( 1)
Perch i Persiani invadono lAttica? Perch gli Ateniesi hanno aggredito Sardi.
(2 )
Perch questa statua cos pesante? Perch fatta di bronzo.
(3)
Perch si va a passeggio dopo cena? Perch fa bene alia slate.
(4)
Perch un angolo inscritto in un semicerchio recto? Perch la meta di due
angoli retti21.
21 Cfr, G. VLASTOS, Reasons an d causes in the Phaedo cit., 78-81. Gli argomenti
sono tratti da A ris T ., APo, B, 94a20-95a25; Ph. B, 194b20-195al0. Tralascio
naturalmente lanalisi della distinzione aristotlica fra diversi generi di causa,
introdotta qui semplicemente a atlo di esempio.
208 FRANCESCO FR O N T ER O TTA
piriche e delie loro carat teris ti che? A quae dei molteplici significan
del termine a i T a bisogna dunque riferirsi per comprendere e spie-
gare la causalit delle idee rispetto alie cose empilche che s espli-
ca nel rapporto partecipativo? A parere di Vlastos, opportuno
respingere innanzitutto linterpretazione secondo cui le idee si ri-
ducono effettivamente alia causa efficiente del mondo emprico,
soprattutto perch si finirebbe per attribuire alie idee eterne e im
mu tab ili, di per s collocate al di fuori dello spazio e del tempo, un
ruolo attivo e diretto nella generazione delle cose sensibili, delle
loro caratteristiche e relazioni, provocandone cos inevitabilmente
il coinvolgimento nella vicenda spazio-temporale della realt in di-
venire22. Piuttosto, Vlastos propone un esempio: a chi chieda per
ch questa figura un quadrato?, possibile rispondere: perch ha
quattro lati e quattro angoli uguali5, il che, nei termini utilizzati da
Platone, si traduce come segue: In virt di cosa questa figura pu
essere legtimamente definita quadrato ? - In virt del fatto che
ha quattro lati e quattro angoli uguali. La definizione corretta di
un oggetto, applicata per analoga a tutu gli oggetti smil al primo,
la causa lgica della classificazione di unintera classe di oggetti.
22 Cfr. G. V l a s t o s , Reasons an d causes in the Phaedo cit., 88-90: And how could
Plato have so particularized his Forms as causal agents in the world of space and time
without fouling up the most fundamental o f his metaphysical principles?. In realti,
Vlastos ricorre anche agli argomenti aristotelici di G C B, 335b9-24, secondo cui
Iattribuzione alle idee dei ruolo di causa efficiente delle cose empiriche deve essere
respinta per almeno due ragioni: in primo luogo perch, se le cose empiriche
sottoposte alia generazione e alia corruzione possiedono solo temporneamente certe
caratteristiche in virt delle idee, difficile credere che le idee eterne possano avere su
di esse unefficacia solo intermittente; in secondo luogo perch le cause visibiii degli
eventi non sono idee, ma agenti individuali: per esempio, non idea della salute, ma
il medico, la causa efficiente del ricovero di un maiato. Vlastos sviuppa soprattutto
il primo di questi argomenti, mostrando come, a rigor di lgica, se le idee estranee alio
spazio e ai tempo riescono ad agir in quaiche modo sulle cose empiriche spazio-
temporali, bsogner ammettere che tutte le idee agiscano contemporneamente e con
efFetti opposti su tutte le cose empiriche. A una simile, assurda conseguenza si sfugge
riconoscendo che la relazione fra le cose e le idee b rigorosamente selettiva e che,
nonostante iopinone di Vlastos, soltanto alcune cose empiriche partecipano dellidea
del bello e sono perci belle, come pure soltanto alcune cose empiriche partecipano
deiFidea del grande e sono perci grandi. Se una simile concezione del rapporto
partecipativo comporti dawero la difficolta segnalata sopra del paradossale contatto
fra le realta eterne e la sfera spazio-temporale, quesrione che andra verificata in
seguito (cfr. 1 5 di questo cap. V III; i capp. XI-X II ela Conclusionedi questaricerca).
IL DILEMMA DELLA PARTECIPAZIONE 209
E ancora:
| j .e T Se t o u t tv t o y iy v o fi iA X au K a l T re lp o i? e T e Siea-rraa[j.vT|i/ K al
31 C h e il rapporto fra unt e mofteplicit cui fa riferim ento questo passo del Filebo
alluda precisam ente alla relazione fra le idee e le cose em piriche, risulta chiaro da
quanto Socrate ha detto poco prima ( 1 5 a l- 7 ): quando infatti si pone com e uno ci
che esente da generazione e corruzione (TTrai' t ei' (if] t v yiyi>opiAi)v Te al
TToXXujJ.mp1n s 1 TiGi^Tai), quandosi pone co m e uno Iuom o, il bue, il b ello oilb u o n o
va yptiToi' ...m l ow 'va Kal t KaXv ev Kal t yaQu i/j, allorasivaincon tro
a un problem a fiiosofico fondam entale, quello di capire se simili unit esistano
d aw ero e com e possano essere contem poraneam ente present neila m olteplicit delle
cose in divenire. evidente che le unit esenti da generazione e corruzione sono
proprio le idee eterne com e Tuom o in s, il bue in s, il bello in s o il bene in se
m en tre la m olteplicit delle cose in divenire - com e linfm ita schiera degli uom ini e
dei buoi em pirci o delle cose em piriche belle e buone ritivia senza dubbio alla sfera
em prica nel suo compiesso. i;
32 A nche nel Sofista o Straniero di Elea, che guida la discussione, ribadisce che
nulla rende giuste le anim e se non la presenza dlia giustizia (SiraioCTi/ris' ...
-n-apouoL, 2 4 7 a 5 - 6 ). Poco oltre, in 2 4 8 d 6 -2 4 9 a 2 , il riconoscim ento che ci che
veram ente ( t TrarTeXs' ov) partecipa del m ovim ento, della vita, delianim a e
dellintelligenza spiegato com e presenza nelPessere ( TrayTeX oi'tl ... rapeluai.)
214 FRANCESCO FR O N TERO TTA
ci che muta ( t t t o io w ^
t o Kai
tto lo u p e T a | 3 T ] T i K i .'
i o u t O p . e T a p X X o v ' r o s ) .
t o
A quanto risulta dallanalisisvolta fin qui, proprio nel senso aristotlico di causa come
ci da cui il principio del mutamento o della quiete... o come, in generale, lagire
& causa dellazione e chi provoca un mutamento causa di ci che muta che le idee
platoniche sono apparse, in senso prop rio, come le cause efficienti, e non soltanto
formali, del mondo sensibile. Per una simile conclusione, che contraddice decusa
mente fanalisi di G. Vlastos presentara nel 4 di questo cap. VIII, cfr. anche R.
H a c k f o r t h , Plato j- Phaedo, translated with introduction and commentary, Cambridge
Univ. Press, Cambridge 1955, 144-145; e soprattutto, in ultimo, D. SEDLEY, Platonic
causes, in Phronesis, XLIII, 1998/2,114-132, che, in polmica con le interpretazioni
che riducono il ruolo delle idee allafunzione puramente esplicativadi una condizione
(necessaria o sufficiente) delle caratteristiche o delle qualita attribuite alie cose
empiriche partecipanti, stabiiisce alcuni principi fondamentali della teoria platnica
della causalita (basandosi specialmente sullanaiisi del Fedone e del Parmenid)'. (1)
ogni causa e, secondo Platone, una cosa, un ente ontologicamente determinato; (2)
ogni causa, per poter suscitare certi effetti, deve essa stessa, per cosi di re, possedere tali
efetti per definizione (su questo punto cfr. 6.2 e 7 del cap. X); (3) ogni atto di
causazione (causation) rappresenta perci una trasmissione secondo somiglianza
(transmission theory of causation ... is a matter of like causing like). In modo del
tutto analogo argomenta R.J. H a n k i n s o n , Cause an d explanation in ancient Greek
thought, Clarendon Press, Oxford 1998, 84-108: se (1) lo stesso effetto non pu essere
prodotto da cause opposte, allora (2) la stessa causa non pu piodurre effetti opposti;
pertanto, la causa X , responsabile delleffetto V , non potra (3) essere essa stessa non-
x> ma dovra invece (4) essere V . t stupefacente osservare pero come, una volta
stabilite premesse cosl stringenti e impegnative, Hankinson e Sedley tornino poi a
mitigare fortemente il loro gudizio, il primo suggerendo iipotesi che la causalita
riconosciuta da Platone aile idee si riduca in realta alia semplice funzione di
spiegazione {explanation) dei fenomeni empirici, della loro origine e delle loro
motivazioni razionali; 1 secondo confinando il ruolo e 1influenza delle idee sulla sfera
sensibile nellambito di una causalita puramente frmale5: in entrambi i casi, quindi,
ripiegando su una conciusione filosficamente non dissimile da quella di Vlastos
esaminata in precedenza, che, escludendo qualunque intervento diretto e attivo delle
idee sulle cose empiriche, intende i generi supremi come principi della definizione e
della conoscenza degli oggetti sensibili principi metafisici veramente esistenti sul
piano ontologico, certo, ma che adempiono a una funzione essenzialmente lgica ed
epistemolgica. H.F. C h e r n is s , Aristotles criticism o f Plato an d the Academy cit.,
sembra invece difen dere una posizione piuttosto ambigua: infatti, egli afferma
dapprima (218; 373-375) che le idee sono senza dubbio le cause delle cose empiriche
particolari e del loro essere, aggiungendo successivamente (452 sgg., soprattutto n.
397), senza fomire chiarimenti o precisazioni di sorta, che non si tratta pero di una
!l, DILEMMA DELLA PARTECIPAZIONE 221
causalit efficiente e diretta. Nel Timeo, come vedremo nellAppendice II, 2, verra
elaborara da Platone una soluzione mitolgica che, affidando al demiurgo cosmico
il potere di dare forma al mondo sensibile a somiglianza del modello ideale, libera le
idee da questo difficile compito. Per uno status quaestionis relativo al dibattito critico
intorno alia definizione della dottrina platnica della partecipazione, si veda il mo
articolo IIp roblem a della A proposito di un lungo dibattito platonico, in
Elenchos, XX, 1999/2, 397-415.
44 Sulla contraddizione fra lipotesi della partecipazione delle cose empitiche alie
idee e Passunto della radicale separazione fra i due mondi, quiappenaaccennata, rinvio
soprattutto ai 5-6 del cap, XI.
45 In altre parole, il dilemma della partecipazione neilaforma in cui introdotto
inizialmente da Parmenide (cfr. Prtn. 131a4-e6 e il 1 di questo cap. V III), cio
rispetto alie modalit della relazione fra le cose e e idee, risulta, per cos dire, svuotato
daulteriore e ancor pi grave diemma che awolge la stessa possibilit del rapporto
partecipativo: se 1interrogativo relativo alia partecipazione intesa come presenza (in
222 FRANCESCO FR O N TE R O T 'A
tutto o in parte?) delle idee nelle cose empiriche rinvia per necessita aUindagine sulla
possibilita della partecipazione, e se tale indagine rimane irrimediabilmente oscura e
senza esito, senza esito rimarr anche linterrogativo iniziale. E proprio questo si
verificato nel corso dellanalisi: dal problema della partecipazione concepita come
presenza delle idee nelle cose partecipanti, siamo giunti infatti a considerare il
significato e la possibilita della partecipazione in generale, constatando che, concepita
come effettiva presenza delle idee nel mondo sensibile o come somiglianza delle cose
empiriche alie idee, la partecipazione suscita comunque gravi contraddizioni, perch
attribuisce alie idee un ruolo - quello di cause efficienu del mondo sensibile che
le coinvolge, seppur solo in minima parte, nella vicenda spazio-temporale del divenire
della sfera empirica. Su questo aspetto, cfr. ancora i 5-6 del cap. XI.
IX.
... ti vs), se, ancora, pensiero di qualcosa che (tivs ... vtosO,
ne consegue che il pensiero nuovamente messo in relazione con la
realt, con ci di cui pensiero2; in questo caso, bisogner ricono-
scere che ogni idea, che pensiero, sar presente nelle cose parteci-
panti, che, a loro vota, parteciperanno inevitabilmente di pensie
ro. In altri termini, se le cose empiriche partecipano delle idee e se
le idee sono pensieri, tutto consta necessariamente di pensiero. Di
qui, una dplice assurdit: o il tutto, in quanto partecipe di pensie
ro, pensa (ttccvtoi vocTv), oppure, pur essendo presente nel tutto, l
pensiero non pensato (vofjjiaTa vtcc vT|Ta). Con un esempio
concreto, affermare che un albero (empirico) partecipa dellidea di
grandezza significherebbe in realt sostenere che partecipa dei pen
siero delia grandezza e che, quindi, possiede il pensiero: in tal caso,
o lalbero, in quanto possiede il pensiero, pensa; oppure, pur posse-
dendo l pensiero, non pensa e vi sarebbe perd, contraddittoria-
mente, un pensiero che non pensato3. In ultima analisi e comun-
que stiano le cose, se impossibile ammettere che possieda il pen
siero, 1albero dovr rimanere escluso dalla partecipazione alia gran
dezza. Questa eventualit per inammissibile4.
gico, cfr. lesauriente ed efficace analisi di R.E. LLEN, P latos Parmenides cit., 147-
158; e di L. B r i s s o n , Platn, Parmenide, traduction indite, introduction et notes par
L . B r is s o n , Paris, GF-Flammarion 1994, 39-41.
IL t e R Z O U O M O E I I R E G R E S SO IN F IN IT O D ELLE ID E E 227
(1 )
se i predicad dele cose esistono separatamente dalle cose di cui sono predicad,
come idee in s e per s, da questa premessa segue necessarimente il terzo uomo;
( 2)
se i simili sono tali per la comune partecipazione a qualcosa di nico, idntico e
separato, a unidea, anche per questa via si incorre neliaporia del terzo uomo.
7 Per un resoconto piu dettagliato della storia dellargomento del terzo uomo, cfr.
F.M. CORNFORD, Plato a n d Parmenides cit., 87-95; W . L e s z l , I l De ideis di Aristotele
cit., 239-277.
230 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
... Quando ti pare che vi siano moite cose grandi, ritieni che esista, per chi le
consideri, ununica idea in s al di l di tutte le cose, che secondo te lunica idea
di grandezza. ... E se voigi lo sguardo con lanima su tutte queste cose, le cose
grandi e lidea di grandezza insieme, non ti appare una nuova e unica idea di
grandezza, in virt dlia quale tutte queste cose sono grandi? ... Allora, apparir
una seconda idea di grandezza, al di l dlia grandezza in s e delle cose che ne
partecipano, diversa da tutte queste e in virt dlia quale tutte queste cose sono
grandi: e cosi non sar pi uno ciascun genere, ma infinito in pluralit.
(1 )
V , b e V sono V in virtu deliidea 'X in s;
(2)
X i n sc V (assunto di auto-predicazione delle idee);
(3)
ogni ente V diverso dalPidea X in se (assunto di non-identit);
(4)
V, b, c e X in s, che sono x, devono quindi essere diversi da X in se e sar
necessrio postulare una nuova idea X in s in virt delia quale a, b, V e X
in s siano x.
E proseguenclo:
(5)
X in s 1 V (assunto di auto-predicazione delle idee);
(6)
ogni ente V diverso dallidea X in s (assunto di non-identita);
(7)
a, V , V , X in s' e X in s che sono V , devono essere diversi da X in s e
sara necessario postulare una nuova idea X in s/; in virti dela quale a, b, c ,
X in s e X in s siano x .
Se qualcosa assomiglia a un genere, possibile che ii genere non sia a sua volta
simile a ci che gli assomiglia, in quanto gli assomiglia? ... Non forse assoluta-
mente necessario che i simili partecipino di un nico genere?... Enonsarlostesso
genere ci di cui i simili partecipano per essere sim ili?... Non possibile ailora che
qualcosa sia simile a un genere n che un genere sia simile a qualcosa; aitrimenti,
al di l del genere apparira sempre un secondo genere e, se questo simile a
qualcosa, un terzo, e mai cessera di nascerne sempre un altro, se il genere simile
a ci che ne partecipa.
(1)
a, b e c\ che sono V , si rivclano fra ioro simii rispetto alia 'x-it, in virt delia
somiglianza allidea X in s;
(2)
X inse assomiglia ad a, b e V rispetto alia x-it, in quanto , essa stessa, V
(assunto di auto-predicazione delle idee);
(3)
ogni ente V diverso dallidea X in s (assunto di non-identit);
(4)
V , b , c e X in s, che sono x, devono quindi essere diversi da X in s e sar
necessrio postulare una nuova idea X in s^, assomigliando allaquale a, b , c
e X in s siano V .
E proseguendo:
(5)
X in s simile ad V , V , V e X in s rispetto alia x-it, in quanto , anchessa,
x (assunto di auto-predicazione delle idee);
{6)
ogni ente V diverso dallidea X in s (assunto di non-identit);
(7)
a, b , V , X in s e X in s che sono x\ devono essere diversi da X in s e
sar necessrio postulare una nuova idea X in s2\ assomigliando alia quale a, b ,
c , X in s e X in s^ siano x\
12II riferimeato e ancora a G. VLASTOS, The third man argument in the Parmenides
cit., 240-241; 248-255; I d ., Plato's third m an argument (Parm. 132al-b2): text an d
logic cit., 342-352.
53 Quanti non considerano valido Fargomento del terzo uomo fanno dipendere
il regresso infinito da un volontario fraintendimento, da parte di Parmenide, della
teoria delle idee. Platone se ne servirebbe in sostanza come di una sorta di artificio
retorico per dimostrare indirettamente la necessita dellipotesi dei generi. Cito
soltanto in proposito A. L. P e c k , Plato versus Parmenides, in PhR, LXXI, 1 962,159-
184, e K.M. SAYRE, P latos late ontology cit., 27-34. Fra quelli invece die, pur
considerando valido fargomento del terzo uomo, non condividono complessivamen-
te Pinterpretazione di Vlastos, ricordo W . SELLARS, Vlastos an d the third m an cit.; P.
G e a c h , The third man again cit.; C. S t r a n g , PLxto an d the third man, in PAS, Supp.
XXXV II, 1963, 147-164 (riedito in Plato I: Metaphysics an d epistemology cit., 184-
200); J . M . E . MoRAVCSIK, The third man argument an d P latos theory o f forms, in
Plironesis, V III, 1963, 50-62. La critica piu efficace e completa della posizione di
Vlastos e pero queila di M. M lG N UC C I, Plato s t hird man arguments in the Parmenides,
in AGPh, LXXII, 1990, 143-181. Infine, di quanti non condividono Pinterpreta-
zione di Vlastos, ma ne accolgono comunque Fimpostazione generale (e si tratta della
maggior parte degli studiosi), discutero piii approfonditamente nei capp. X-XI.
X.
a V = V partecipa di X in s;
oppure:
a y = a partecipa di Y in s.
1In questo capitolo, riprendo e approfondisco alcuni degli argomenti discussi nel
mo Auto-predicazione e auto-pdrtecipazione delle idee in Platone, in Elenchos, XVII,
1996, 21-36. Contro la posizione di chi nega a p riori la possibilit di parlare di una
teoria platnica della predicazione muovendo dalla constatazione che neanche esiste
un termine greco tiei dialoghi platonici per indicare tale relazione logico-linguistica
( per esempio il caso di R.E. Alien, cfr. il 3 di questo cap. X) cerchero di definire
nel presente capitolo in quale forma ed entro qual limiti ci sia invece, a mi awiso,
legitdmo e necessario.
2 Cfr. in particolare i capp. V e VII-V7II.
236 F RA N C ESC O F R O N T E R O T T A
X in s y = X in s partecipa di Y in s;
oppure:
Y in s V = Y in s partecipa di X in s.
3Cito solo, per brevit, icasi di Sph. 254b7-c5 (... abbiamo convenuto che alcuni
dei generi possono comunicare fra loro e altri no, alcuni con pochi, altri con molti, altri
infine cui nulla impedisce che comunichino con tutti...) e 256b6-7 (Se il movimen
to partecipasse delia quiete, non sarebbe afFatto strano dire che il movimento e in
quiete). Ho brevemente presentato la questione delia partecipazione ira le idee nel
3 del cap. IV.
4 Per questa definizione, seguo G. V l a s t o s , An ambiguity in the Sophist, in G.
V l a s t o s , Platonic studies cit., 270-322, in particolare 270 sgg., e L. B r is s o n ,
Participation et prdication chez Platon, in RPhilos, CLXXXI, 1991, 557-569,
soprattutto 558 (questo arricolo compare ora, rivisto, inL. B r is s o n , Platon, Parmnide
cit., Annexe II: Les interprtations analytiques du Parmnide de Platon. Participation
et prdication chez Platon, 293-306),
1, a U T O -P R E D IC A Z IO iM E D ELLE ID E E 237
X in se e x .
X in s V = X in sc partecipa di X in s e .
(1)
Se una o pi cose empiricbe partecipano di unidea, ci equivale a dire che lidea,
in tuteo o in parte, presente nelie cose empiriche che ne partecipano (t elSos-
kv m a T a ) evai ... tv ttoXXCv).
(2)
Se una o piu cose empiriche partecipano di un idea, bisogna intendere questa
idea come la realt nica e unitaria comune a tutte le cose empiriche che ne
partecipano {[a t l s - crios- S o m i S a < t o u p.ey0ous-> q a/rf] elvai m irvTa
...t) rau ra Trvra jxeyXa ecrrai).
(3)
Se una o piu cose empiriche partecipano di unidea, necessrio concepire que
sta idea come un modello a] quale le cose empiriche assomigliano come copie
rispetto a un orignale: la partecipazione non altro che somiglianza a un
rrapSei-y^a universale Ta [ikv d S r r a m a aTiep TTapaSeyii.aTa karvai kv
T fj ^ l a e L , r S XXa t o ito ls - oucvat Kal elv a i poiLpara Kai f) pe^is-
... o k fiXXq t l s - f| eL K a cr9 q v a L an-ois-).
(1)
Se unideapartecipadi s stessa, ci equivale a dire c h e lidea, in tutto o in parte,
presente in s stessa. Occorrer quindi dedurne che vi sono due idee identiche:
lidea che, in quanto partecipante di s, accoglie s stessa; e lidea che, in quanto
partecipata da s, presente in s stessa.
(2)
Se unidea partecipa di s stessa, ci equivale a dire che lidea la caratteristica
unitaria in ragione della quale essa s stessa. Lidea in quanto partecipante di s
sar infatti s stessa in virt di s stessa in quanto idea partecipata da s.
(3)
Se un idea partecipa di s stessa, ci equivale a dire che lidea assomiglia a s
stessa, come una copia al suo modello orignale. Avremo cosi nuovamente due
idee: lidea che, in quanto partecipante di s, assomiglia a s stessa (essendo pero,
come copia rispetto a un modello orignale, non idntica a s stessa); e lidea che,
in quanto partecipata da s, modello di s stessa (essendo pero, come modello
orignale rispetto a una copia, non idntica a s stessa).
1UCfr. H.F. C h ern iss , The relation o f the Timaeus to P latos later dialogues, in
AJPh, LXXVIII, 1957, 225-266 (riedito in H.F. CHERNISS, Selected Papers, ed. by
L. T a r n , Leiden, Brill 1977, 298-339, cfr. specialmente 329-335). Parlando del
possesso di una certa caratteristica o di un certo predicato da parte di un soggetto
(empirico o ideale), con unespressione forse impropria dal punto di vista strertamente
linguistico, mi riferisco naturalmente, qui e di seguito, a un'appartenenza di natura a
un tempo lgica e ontologica: secondo Platone, infatti, se il soggetto X y , nel senso
che il predicato y si predica del soggetto X sul piano logico, ci implica necessaria
mente che Tente X possieda carattere y1in virt della partecipazione alTente i'T sul
piano ontologico. La parziale impropriet linguistica dipende insomma dalla partico-
lare concezione platnica del nesso fra lgica e ontologia, che riduce lintera sfera del
linguaggio a una riproduzione sul piano discorsivo delloggettiva realt degli enti e
delle loro relazioni (cfr. in proposito il 3 del cap. II, n. 25).
i.A U T O P R E D IC A Z IO N E D E L L E ID EE 241
e che
11 Ivi, 333.
242 FRA N C ESO T FRO N T E R O T FA
12 Tornero su tale aspetto, con gli opportuni riferimenti testuali, nei 6-7
questo cap. X.
L A U T O -P R K D IC A Z IO N E D ELLE ID E E 243
17 Si veda ancora il 3 del cap. VIII. Se la somiglianza delle cose alle idee fo
concepita come una relazione simmetrica (le cose assomigliano alle idee tan to quanto
le idee assomigliano alle cose), si cadrebbe infatti nuovamente nel paradosso del terzo
uomo e nel regresso infinito. Cfr. per questo i 1 e 3 del cap. IX e Prm. 132cl2-
133a6.
iS Per una simile conclusione, cfr. i 5-6 del cap. XI. Con gli argomenti di Allen
concordano a diverso titolo J.M .E. MoRAVCSIK, The third man argument an d Platos
theory o f form s cit. (che insiste sul diverso valore del predicato x\ a seconda che sia
predicato dellidea X in se o delle cose empiriche V , b e V ); Th. B e s t o r , Common
properties andeponymy in Plato, in PhilosQ, XXVIII, 1978, 189-207, e Id,, Platos
semantic a n d Plato s Parmenides, in Phronesis, XXV, 1980, 38-75 (che concorda
con Allen soprattutto rispetto alia distinzione fra designazione 'primaria e designazio-
ne 'derivativa); R. PATTERSON, Image an d reality in P latos metaphysics, Indianapolis,
Hackett 1985 (che approfondisce la questione dei diversi livelli del reale: se cose e idee
sono dawero separate e se le cose sono solo simulacri inconsistenti delle idee, allora
nessun contatto e possibile fra la sfera sensibile e la sfera intellegibile, ne sul piano
ontologico, con la partecipazione, ne sul piano logico, con la predicazione). A meta
strada fra Cherniss e Allen, ma daccordo con entrambi nel respingere la possibilita
deHauto-predicazione delle idee, sembracollocarsi A.L. PECK, Plato versus Parmenides
cit., 171-174. Una confutazione dettaghata e puntigliosa della posizione di Allen h
invece quella di J. MALCOLM, Semantics an d self-predication in Plato, in Phronesis,
XXVI, 1981, 286-294; I d ., Plato on the se lf predication o f forms. Early a n d middle
dialogues, Oxford, Clarendon Press 1991, soprattutto 64-69 e 92-94.
15 Cfr. ancora i 3 e 5 del cap. VTII.
i.'a u t o - p r e d i c a z i o n e d e u .e id e e 247
deve essere intesa al contrario come una relazione concreta e oggettiva in virt dela
quale le cose e le idee condividono effettivamente alcune determinazion comuni,
allora, sul piano logico, queste determinazion comuni rappresenteranno non dei
semplici nomi, ma comuni predicad delle idee e delle cose, riproponendo cos un
contesto predicativo (e auto-predi cativo). E interessante segnalare che Alen tornato
di recente a uninterpretazione pi moderata, che, pur respingendo la possibilita
dellauto-predi cazione delle idee, ammette tuttavia Tesis tenza di una teora platnica
dellapredicazione e non soltanto di un primitivo meccanismo logco di designazione
attraverso i nomi. In tal senso, in Plato's Parmenides cit., 142-144, Allen accetta la
conclusione di Cherniss (per la quale cfr. 1 2 di questo cap. X): le idee sono in s le
caratteristiche che le cose empiriche partecipantipossiedono accidentalmente e tempo
rneamente.
21 Cfr. il 3 del cap. IX.
22 Cfr. G . VLASTOS, The unity o f the virtues in the Protagoras cit.; Id. , An ambiguity
in the Sophist cit.; I d ., A note on Pauline predication in Plato, in Phronesis, XIX,
1974, 95-101 (riedito in G. V l a s t o s , Platonic studies cit., 404-409). Per ii significato
e lo scopo delTargomento socrtico nel Protagora, cfr. il 2.5 del cap. I.
l 'a u t o -pred ic a z io n e d e l l e id e e 249
Ma analogamente:
23 Cfr. G. VLASTOS, The unity o f the virtues in the Protagoras cit., soprattutto
252-265.
24 Con inclusione estensiva di una classe X in una classe Y, intendo 1inclusione
che comprende ostensivamente tutti gli elementi della classe X nella classe Y ,
secondo questo principio: necessariamente, per ogni 'a, se a un elemento della
classe X\ allora a un elemento della classe Y\
250 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
dendo dire che coloro i quali sono caritatevoli sono allo stesso tem
po magnanimi, pii, servizievoli, non invidiosi e che, dunque, tutti
gli individui appartenenti alla classe carit appartengono anche
aile classi magnanimita , piet e cosl via. La palese inconsistenza
di affermazionx quali la giustizia santa o la carit buona sareb-
be spiegata con Fammissione dlia pauline prdication: affermare
che la giustizia santa equivarrebbe a dire infatti che chi giusto
santo\ ossia che tutti i singoli individui appartenenti alla classe
giustizia appartengono anche alla classe santit, ma non certa-
mente che la classe 'giustizia (Fidea dlia giustizia) , essa stessa,
santa. E con cio si escluderebbe a un tempo qualunque forma di
auto-predicazione delle idee, perch la proposizione la giustizia
giusta dovrebbe essere interpretata come una semplice tautologia:
chi giusto giusto, cio tutti i singoli individui appartenenti alla
classe giustizia sono giusti in quanto appartengono alla classe giu
stizia, sciogliendo cosi ogni contraddizione.
D altro canto per, lingegnosa ipotesi di Vlastos incontra
( uninsormontabile difficolt. La pauline prdication induce infatti a
concepire lidea C X in s, quando soggetto dlia proposizione X
in s y , come una classe comprensiva di una pluralit di ele-
menti, precisamente quelli che, partecipando di X in s\ sono x e
fanno parte dlia classe X . Ora, in primo luogo, secondo la teoria
platonica delle idee, altro sono le idee universali e intellegibili, tra-
scendenti e separate dalla sfera del divenire, altro sono le cose em-
piriche che partecipano delle idee e di cui le idee sono predicate:
lidea X in s non corrisponde affatto alla somma o alFinsieme
delle cose empiriche x che ne partecipano, perch i due livelli dlia
realt non possono essere confusi e sovrapposti a nessuna condizio-
ne. Inoltre, se una proposizione del tipo X in s y, secondo la
pauline prdication, significa che tutti gli elementi appartenenti alla
classe X appartengono alla classe Y , cio implica che, per giudica-
re dlia verit o dlia falsit di questa proposizione, dovremmo pre-
minarmente indagare se tutti gli elementi dlia classe X appar-
tengano o no alla classe Y . Per esprimersi sulle relazioni che le idee
intrattengono reciprocamente, occorrerebbe prima conoscere le re-
iazioni fra le cose sensibili, perch le relazioni fra le idee dipende-
rebbero dalle relazioni fra le cose che di quelle idee partecipano.
l 'a u t o - p r k d ic a z j o n e d e l l e id e e 251
0)
L idea dellidentico certamente una, idntica a s stessa, diversa dalle altre idee,
immutabile, eterna e cos via. Queste caratteristiche, ivi compresa lidentit con
s, non appartengono tuttavia allidea deiridentico per predicazione ordinaria,
per p a u lin e prdication o, nel caso delFidentit con s, per auto-predicazione, ma
E in termini formali:
( 1)
se lidea X in s V , y e Y (dove Y , y e Y sono caratteristiche comuni a tutte
le idee), allora X in s* Y , y e Y in virt della propria natura generica di idea
e non per auto-predicazione, per predicazione ordinaria o perpaulinepredication-,
( 2)
se lidea X in s Y , y e Y (dove solo y e Y sono questa volta caratteristiche
comuni a tutte le idee), allora X in s (= idntica a) la caratteristica Y di cui
lidea in virt della propria natura speciftca di idea X in s e non per auto-
predicazione; ma X in s anche y e Y in virt della propria natura generica di
idea e non per predicazione ordinaria o per p au lin e predication.
31 Cfr. L. BRJSSON, Participation et prdication chez Platon cit., 569: Bref, dans
le corpus platonicien, ninterviendraient que deux types de paiticipation: participation
des choses sensibles aux Formes intellegibles et participation des Formes intellegibles
entre elles. Et deux types de prdication suffiraient en rendre compte: la prdication
interprte comme appartenance une classe et la prdication interprte comme
inclusion comprhensive dune classe dans une autre.
254 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
35 Non sar naturalmente lidea del grande a fuggir via o a perire allawicinarsi
dellidea del piccolo, giacch sarebbe assurdo credere che unidea eterna, immobile e
sempre auto-idntica, riesca a fuggir via o a perire: si tratter invece dlia grandezza
presente nelle cose empiriche in virt dlia partecipazione alla grandezza in s.
Largomento di Socrate (per il quale si veda il 3 del cap. IV) mira a dimostrare in
ultima analisi che le idee fra loro contrarie non possono a nessuna condizione
partecipare luna dellaltra (cfr. Phd. 104b7-S; r vavTa aXXr|/\a oii Sex[iva).
256 FR A N C ESC O F R O N T E R O T T A
39 Cfr. Hp.Ma. 291 d i-3 ; Euthphr. 6e3-6; Prt. 330cl-e2; i 2.3-2.5 del cap.
e il 6 di questo cap X.
L A U T O -P R E D IC A Z IO N E D ELLE ID EE 259
53 La questione stata lungamente discussa nel cap. VIII. Cfr. inoltre Prm. 131 a4-
133a6.
54 Sulla necessita delia partecipazione delle cose empiriche alie idee e, dunque, sul
ruolo delle idee come modello e critrio di riferimento universale delle cose empiriche,
cfr. il 2 del cap. V; il 1 del cap. V II e il cap. VIII.
55 Cfr. il 6 di questo cap. X. Ma si veda anche Prm. 132cl2-133a6, in cui
Parmenide espone la seconda versione delFargomento dei terzo uomo: se una cosa
empirica a possiede il carattere V in virt delia somiglianza allidea X in s e se, come
sembra evidente, la somiglianza una relazione reciproca, allora, come a assomiglia
a X in s1 rispetto a x\ cosi X in s assomiglia ad a rispetto a x. Per poter
assomigliare ad 'a rispetto a x\ X in s deve quindi, per auto-predicazione, essere V .
>s La formulazione delia condizione (2) non dissimile dal principio di causa
ipotizzato da H. Teloh (cfr. il 6.2 di questo cap. X, dove ho inoltre riportato alcuni
l ' a u t o - p r e d i c a z i o n e d e l l e id e e 267
7,8 Mentre Brisson introduce tale distinzione fra ie caratteristiche che alle idee
appartengono per escludere la possibility deirauto-predicazione delle idee (cfr, il 5
di questo cap. X), invece, a mio parere, essa riesce a spiegare efficacemente Tauto-
predicazione di alcune particolari idee considerate qui: per esempio, non vi e alcuna
contraddizione neiraffermazione che la molteplicita in se e molteplice, giacche pur
essendo, in quanto idea, una (in virtu del suo statnto ontologico), lidea della
molteplicita esprime altresi Fessenza della molteplicita ed e dunque, in quanto idea
della molteplicita, form alm ente molteplice (per auto-predicazione). Si potrebbe certo
chiedere in cosa consista, per Iidea della molteplicita, l'essere form alm ente (e non
concretamente) molteplice o, per iidea della giustizia, 1essere form alm ente (e non
concretamente) giusta. Questo interrogativo, pero, non riguardasolo le caratteristiche
che le idee possiedono per auto-predicazione o per la predicazione di altre idee, ma
l ' a U T O -P R E D IC A Z IO N E D ELLE ID E E 269
1ntera sfera dei gener e ciascun genere come tale: cosa sono infatti, concretamente, il
giusto in s o 1 molteplice in s? E come dimostrare in termini concreti lesistenza di
unaform a del giusto o di unaform a d eI molteplice? Si cratta di domande, perfectamen
te legittime, che pongono radicalmente in discussione la dottrina platnica delle idee
nel suo fondamento teorico e filosofico ed escono pertanto dallmbito di questa
indagine.
59 Cfr. il 3 de cap. IX.
XI.
tutti gli enti che possiedono un certo carattere sono diversi dallidea in virtu della
quale lo possiedono, ma tutti gli enti empirici che possiedono un certo carattere sono
diversi dalPidea in virtu della quale lo possiedono, visto che la non identita
(ontologica e logica) si pone fra cose e idee, ma non fra idee e idee. Questa precisazione,
che toglie limmediata contraddizione fralassunto di non-idenritae lassunto di auto-
predicazione delle idee, non esclude daltra parte la paradossale conseguenza del
regresso infinito: infatti. henchi originariamente collocato fra idee e cose, il principio
di non-identita finisce per coinvolgere ie stesse realta ideali nel momento in cui,
partecipate dalle cose empiriche, auto-predicabih e predicate delie cose empiriche, ie
idee si lasciano confondere con le cose in un insieme unitario e indistinto (si veda in
proposito il 5 di questo cap. XI). Pur accettando nel suo complesso ia ricostruzione
dellargomento del terzo uomo proposta da VIastos, anche D. SEDLEY, a r t . c i t 127-
132 (cfr. il 5 del cap. VIII, n. 43), ha suggerito una diversa formulazione deilassunto
di non-identita che, aell'ottica della sua analisi della teoria platonica della causalita ,
ha forse il vantaggio di un piu immediato impatto filosofico. Ammesso che le idee
sono le cause delle cose empiriche e delle loro caratterisriche e quaiita, e possibile
tradurrela non identita logica in termini causali: nessuna causa e identica agli effetti
che determina e, conseguentemente, nessuna idea X in se pu6 coincidere con gii enti
(empirici o ideali) nei quali causa la caratteristica V ; ma se 1idea X in se e essa stessa
V , occorrera postulare una nuova idea X in se^ diversa da tutti gii enti che sono V ;
se poi lidea X in se^ e a sua volta x , bisognera introdurre ancora unidea X in sd,
e cosi via allinfinito. Come si vede, la formulazione adottata da Sedley tende almeno
in parte a trasferire dal piano logico al piano ontologico lesito devastante dellaporia
del terzo uomo (a mio parere del tutto giustamente, cfr. i 5-6 di questo cap. XI).
3 Cfr. soltanto Prm. 130b2-3; c l; d l; 133c8-134al; e inoltre il 1 dei cap. V
e la n. 9.
l 'a SS U N T O DI N O N -ID E N T IT A E LA D i m C O L T A I IU G R A N D E 273
2. Le idee come
unith di misura delle cose empiriche: ancora sulla tesi
di R. S. Bluck
4 Si veda pure, nel J'imeo, la precisa distinzione dei generi delle cose che sono
(ripetuta per ben cinque volte: 27d5-29d3; 48e2-49a6; 50c7-d2; 51e6-52b5; 52d3),
che presuppone evidentemente la radicaleseparazione fra le reaka eterne e immutabili,
esenti da generazione e corruzione, e le cose sensibili generate, soggette al divenire e
alia trasformazione. Cfr. in proposito YAppendice II, 2.
5 Cfr. i 2-5 del cap. X.
6 Cfr. R.S. BLUCK, The Parmenides an d the third man argument ext.-, Id., Forms as
standards cit.; e il 2 del cap. VIII,
7 Per 1espressione aiiTo Ka0 airro riferita alle idee, cfr. ii 1 del cap. IV; il 1
del cap. V II e la n. 9.
274 F RA N C ESC O F R O N T E R O T T A
21 Linutilita delle idee, concepite come semplici doppi deUe cose empiriche,
una delle critiche pi frequenti di Aristotele a Platone e ai platonici (cfr. soltanto
Metaph. A, 990b 1 sgg.; il 1 del cap. VI e YAppendice III, soprattutto 2).
22 Cfr. Prm. 1 3 4 a 4 -1 3 5 b 4. U n articolata analisi della difficoit pi grande e
stata proposta da S. PETERSON, The greatest dffiadty fo r Platos theory o f Forms, the
unknowdbiltty argument o f P arm . 1 3 3 c -1 3 4 c , in AGPh, LXIII, 1981, 1-16, che
considera largom ento soprattutto dal punto di vista epistemoiogico del paradosso
della reciproca inconoscibilita fra i due piani del reale, giungendo, attraverso unin-
dagine testuale assai dettagliaca, a questa duplice condusione: se d aw ero sussiste una
radicale separazione fra il m on do delle idee e 1 m ondo sensibile degli uom ini che
implica a sua volta una netta distinzione fra due generi di conosccnza - luno rivolto
alie idee, laltro alie cose em piriche allora, amm esso che agli uom ini possa
appartenere la conoscenza diqualcosa, non si tratter evidentem ente della conoscenza
delle idee; daltro canto, sim m etricam ente, amm esso che esista una conoscenza delle
idee, non si tratter di una conoscenza che possa appartenere agli uom ini. U na
conclusione, questa, che illustra efficacemente le inequivocabili e dram m atiche
conseguenze del paradosso evocato da Parm enide.
1..'A SS U N T O Dl N O N -ID E N T 1T E LA D IF F IC O L T PI G R A N D E 281
(D
se !e idee sono partecipate dalle cose empiriche, possono conservare il proprio
statuto di enti supremi o sono forse assimilate alie cose? II che equivale a chiedersi:
possibile stabiire la partecipazione delle cose empiriche alie idee senza violare
loriginaria separazione dei due livelli del reale?
(2)
se le idee sono radicalmente separate, possono essere partecipate dalle cose
empiriche?
23 Per la formulazione dela teora delle idee in gene rale, s vedano i 1-3 del cap.
IV e i 1, 2 e 4 del cap. V; e, rispetto al Parmenide in particolare, l 1 del cap. VTI.
24 Cfr. il 2 del cap. V.
25 Cfr. i 2-4 del cap. V III.
26 Si vedano soprattutto, in proposito, il 2 del cap. V; e i 1 e 5 del cap. VIII.
282 F R A N C ESC O f-R O N T E R O T T A
Che farai delia filosofia? D a che parte potrai rivolgerti, se ignori queste cose?
Ideas and things, the separation of the first from the second, and the Methexis o f the
second in the first. Ma si vedano oggi soprattutto L. B r ISSON, Participation et
prdication chez Platon cit., 569, che insiste per esclusivamente sulle implicazioni
logiche della duplice natura delle idee, per un verso realt individuali semplici e
atomiche, perTaltro classi comprensive di pi elementi; e j. M a l c o l m , Plato on the
self-predication o f forms. Early an d middle dialogues cit., 54-63, 64-124, 167-169, che
dimostra, con unanalisi efficace e assai articolata, come le idee siano a un tempo,
secondo Platone, end trascendenti e paradigm! (partecipati e predicati) delle cose
(anche se per Malcolm una simile concezione delle idee fa la sua comparsa soltanto nei
dialoghi maturi, cfr. 6.3 del cap. X).
33 Di opinione contraria , come si ricorder, Gregory Vlastos (cfr. il 3 del cap.
IX). E possibile che Platone sia giunto solo nel Parmenide alia piena consapevolezza
della contraddizione implicita nella sua concezione delle idee, alia quale in effetti non
fa alcun cenno nei dialoghi precedent!. Mi pare invece assai arduo cercare di stabilit
se lanaiisi del Parmenide dipenda da unautonoma revisione critica di Platone o dalle
obiezioni rivolte alia teoria delle idee allinterno dellAccademia (per esempio da
Aristotele).
34 Si tratta precisamente del dilemma della partecipazione (cfr. il cap. VIII),
dellargomento del terzo uomo e della difficolt pi grande della teoria delle idee
(cfr. i capp. IX-XI).
286 F R A N C ESC O F R O N T E R T T A
36 Cfr. il 5 ciel cap. V III e il 5 di questo cap. XI. Nel Sofista (257c5-259b6),
invece, la partecipazione, che pero riguarda sokanto i generi fra loro e non i generi
rispetto aile cose empiriche, non puo prescindere dalla rigorosa elaborazione del
genere del diverse: se per esempio il bello in s partecipa del grande in s, partecipa
tuttavia anche della parte del genere del diverso che si oppone al grande in s dunque
del non-grande conservando cosl, pur partecipandone, la propria diversit dal
grande in s. Rimando per questo alla lucida analisi di G. S asso , L essere e le differenze.
S u lSofista dt Platone, Bofogna, II Mulino 1991, soprattutto 135-198 (ma cfr. anche
il mio L tre et la participation de Vautre. Une nouvelle ontologie dans le Sophiste cit.,
341-345). Si veda inoltre YAppendice I, 7-9.
XII.
! Sul significato epstemologico della teora delle idee, cfr. i 4-5 del cap. II; il
cap. III; i 1 e 3 del cap. VI; 1 1 del cap. VII.
2 Prm. 135d5: e n i'o el. Alia giovinezza di Socrate si fa gi riferimento in
127c4-5; 130el.
290 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
te, alla sua et, un cos'i grande mare di parole ( toctotov TrXfj0o
Xoywv). Ma quale ipotesi scegliere corne oggetto delTesercizio?
Parmenide suggerisce, giacch si convenuto di giocare a un gio-
co serio (TrpayjiaTCiwSr] naiStav TTaiCav), di muovere dalla pro
pria ipotesi filosofca, dalluno in s (t o vos- airro), posto prima
corne essente e poi corne non essente ( c t c <v cmv c i t c fif] e v ) 6.
(1 )
Luno e i mold coincidono con le idee (platoniche) delluno e dlia molteplicit:
Parmenide afferma infatti lopportunit di estendere lindagine dagli enti empirici
aile idee (135e2-3) e annuncia che la sua dimostrazione verter sull uno in s
( tou a T o O , 137b3), espressione che sembrerebbe effettivamente designare
lidea delluno3. Dopo aver posto a tema il problema della partecipazione delle
cose sensibili ai generi ideali, il dialogo affronterebbe ora queilo dlia partecipa
zione reciproca fra i generi, questione ri presa e meglio definita nel Sofista10. Due
considerazioni mi inducono per a respingere questa possibilita: se luno e i molti
coincidono con le idee (platoniche) delluno e dlia molteplicit, non ha alcun
senso il riferimento, frequente nei corso deUesercizio (cfr. solo 138b7-139b3;
1 4 0 e l- l4 le 5 ; I4 5 b 5 -e5 ; 151e3-155d 4), allo spazio, al tempo e al divenire, che
rimangono, nella prospettiva platnica, prerogativa esclusiva delle cose sensibili
e non certo dei generi, aspaziali, atemporali ed esenti dal divenire. In secondo
luogo, dal momento che lesercizio dialettico rappresenta il necessrio addestra-
mento per la soluzione delle contraddizioni emerse nella prima parte del
(4)
Luno e i molti non hanno nula a che vedere n con le idee (platoniche) delluno
e della molteplicit n con la dottrina parmenidea dellunit del tutto. Questa
11 Prm. 137b2-3: Volete ... che si cominci da me stesso e dalla mia ipotesi (dir
cp.ai)ToO ... rai tt]? ejj.auToO imoOeaeus), dalluno in sc
12 Questa e Tinterpretazione avanzata oggi da L . BlUSSON, Platon, Parmenide cit.,
20-23; 43-73. Sullinterpretazione di Brisson e, pi in generale, sulla natura sensibile o
intellegibile del turto-uno parmemdco , cfr. imiei articoli Fra Parmenide e Platone. Una
nuova edizione jrancese del Parmenide, in GCFI, XV, 1995/3, 382-390; e L a dottrina
eleatica dellunita del tutto': Parmenide, //Parmenide platonico e Aristotele cit., 1-2.
13 Mi riferisco qui a G. R y l e , Plato's Parmenides cit., padre riconosciuto
dellinterpretazione logico-analitica del Parmenide, che ha riscosso grande successo
fra gli studiosi contemporanei, specie nel mondo anglo-sassone. Si veda in proposito
la mia Guida alla lettura de! Parmenide d i Platone ck., pp. 116-122.
CHH FARAi, S O C R A T E , D EL LA F IL O SO F IA ? LA SE C O N D A PA RTE D E L P ARM EN ID E 295
interpretazione non riconosce alcun rapporto fra la prima e ia seconda parte del
dialogo e nega tout court Funit argomentativa e teorica del Parm enide'A.
2. L esercizio dialettico
14 Una simile posizione (per la quale cfr, ancora la mia Guida alla lettura del
Parmenide di Platone cit., pp. 114-116) induce a considerare la seconda parte del
dialogo come semplice parodia metodologica anti-zenoniana o corne esempio di
disputa eristico-sofistica o infine comtjeu d'esprit privo di quasiasi iateato fdosofico
positivo e dimostrativo.
15 La prima di queste difficolt, esposta in diverse versioai e da diversi punti di
vista in Prm. 130e4-133a3, conduce al paradosso del ter/o umo; la seconda, la
difficolt pi grande, illustrata in Prm. 133b4-135b2 (cfr. i capp. IX-XI).
16 Sulla formulazione dellipotesi di Parmenide, con le ambiguit cui d luogo,
rinvio ancora al mio articolo Quelle est l hypothse de Parmenide dans Platon, Parm.
137bl-4? cit.
296 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
resto, come le idee rispetto alie cose, cosi Tuno condizione del-
lesistenza, delia conoscibilit e delia dicibilit dei molti, dal mo
mento che, senza I5uno, i molti non sono, non sono conoscibili n
dicibili20. Ecco perch Parmenide introduce la sua ipotesi, relativa
alluno in s (irpi roD vo auTo, 137b3), con unespressione
che Platone riserva normalmente ai generi ideali21. Lesercizio svol-
to da Parmenide ripropone cosi gli interrogativi emersi nella prima
parte dei dialogo, non pi, pero, nella forma dellopposizione fra
idee e cose, ma nel confronto dialettico fra 1uno e i molti:
( 1 ) ,
se luno e se non (= se la sfera intellegibiie delle idee esiste e se non esiste), cosa
accade alluno stesso e ai molti (= alia molteplicita degli enti empirici che dee idee
partecipano)?
E inoltre:
(2 )
se luno separato e se non separato dai molti (= se la sfera intellegibiie dele idee
separata e se non separata dalla molteplicita degli enti empirici), cosa accade
alluno stesso e ai molti (= alia molteplicita degli enti empirici che delle idee
partecipano)?
21 E viceversa: (1) se i molti sono detti separad o rispetto a s stessi, allora non
partecipano delluno n Tuno presente in essi; (2) se i molti sono detti non separad
o rispetto ailuno, allora partecipano delluno e F uno presente in essi. A titolo di
esempio, nella seconda parte del Parmenide, lespressione <ar> kol0 arr , compare
in 143a5-6; 158a2-3; in 159b4-5; 159c4-6; Tipos a)T o TTps- T" aXXa, in
I4b5; c3; l47b 4-5; 150el; 160b2-3; l64a2-3; 166c4; velfai o v... etu ai in I48d7-
8; l49c6-7; 151a7-8; i verbi peTxeif e Koitm'eip in l49c4-6; 157c2-3; 158a3;
158d3; 159d l; I66a2. Lo stesso linguaggio utilizzato da Platone per descrivere lo
statuto ontologico dele idee e la partecipazione (o lassenza di partecipazione) fra cose
e idee nella prima parte del dialogo, cfr. il 1 del cap. VTI e le n. 9 e 11.
23 Come noto, proprio in questi termini Aristotele presenta (e critica) la
posizione di Platone: ammettere lesistenza delle idee significa porre ununit al di l
dlia molteplicit (to v ettl TroWos-), cfr. D e ideis, 80, 8-15; Metaph. A, 990b7-8
sgg.; 991a2; Z, 1040b29 sgg. In proposito, si vedano solo YAppendice III, 2, e W.
Leszl, //De ideis d i Aristotele cit., 141-171. Mi limitera qui a esporre il contenuto
dellesercizio dialettico dlia seconda parte del Parm enide dal punto di vista dellipotesi
interpretativa appena formulata. Infatti, il dettagliatissimo svolgimento, da parte di
Parmenide, di ogni mnimo particolare delle otto serie di deduzioni sembra a tratti
perfino sovrabbondante: se la questione posta a tema si riduce essenzialmente al
dilemma dlia partecipazione e dlia separazione fra le unit ideali e intellegibili e la
molteplicit emprica e sensibile, perch soffermarsi cosi a lungo sulla descrizione
specifica delle diverse figure spazio-temporali delluno e dei molti? Una possibiie
risposta a questo interrogativo che Platone abbia composto la seconda parte del
Parmenide imitando, non senza una certa irona, il lmguaggio e la struttura del mtodo
zenoniano, che, a quanto risulta dalle testimonianze antiche, doveva distinguera per
una straordinaria precisione e minuziosit logico-argomentativa. Per unanalisi e un
commento pi puncuali e particolareggiati degli argomend d Parmenide si vedano le
mie note alla traduzione di PLATONE, Parmenide cit., 119-144.
24 Lawio di questa serie di deduzioni (se luno uno) potrebbe sembrare in
contraddizione con il programma annunciato da Parmenide, che assegnava alfa prima
300 FRANCESCO FR O N TERO TTA
Toggetto della scienza e dellop ini one, della percezione e del lin-
guaggio (TTio"TTjp.ri Sf] dr] dv auro Kai Sa K a l aicr&rioxs' ...
Kai ovo]ia 8f] K a l A.oyos1)30.
In condusione, nella seconda serie di deduzioni, Funo non e se-
parato, si apre originariamente al rapporto con la molteplicit e si
colloca perci nello spazio, nel tempo e nelle relazioni spazio-tem-
porali. Ricadendo cosi interamente nella sfera del dicibiie e del
pensabile, del linguaggio e delia scienza, puo essere conosciuto e
nominate. D altra parte, luno e in tai modo coinvolto nelle infinite
contraddizioni della molteplicit, dello spazio e del tempo, parteci-
pa di ogni affezione e del suo opposto, rispetto a se e allaltro da se31.
rappresenta quello stato neutro nel quale possibile collocare la transizione fra due
opposte condizioni: neliistante infatti, lente in quiete abbandona la quiete, senza
ancora cominciare a muoversi; e lente che cessa di essere, senza ancora essere del tutto
non essente. Abbiamo visto (nel 3 del cap. Ill, soprattutto n. 41) che Platone si serve
al trove dellambigua nozione dell3istante per descrivere Fascesa dalla conoscenza delle
cose di questo mondo alia conremplazione delle idee, ascesa che presuppone anchessa
una brusca interruzione di continuit: come si dice in Smp. 2 1 0e2-21 la4, chi sia ben
progredito dalla percezione della bellezza sensibile alfapprensione della bellezza
propria delle scienze e dei concetti, istantaneamente (m^PTjS', 210e4) avr a
visione immediata e compiuta dellidea del bello, del bello in se. Cfr. inoitre, in
proposito, il 3 della Condusione di questa ricerca; L. BRISSON, L instant, le temps et
l ternit dans le Parmnide (155e-157b) de Platon cit.; e F . FRONTEROTTA, Essere e
tempo nel verso 5 delframmento 8 del Poema di Parmenide cit.
30Hoconsiderato ilpasso 15 5e3-157b4 come uno svolgimento dlia seconda serie
di deduzioni e non come una sezione autonoma (cfr. L. BRJSSON, La question du statut
de Parm. 155e4-l 57b5 dans la secondepartie du Parmnide de Platon examine l'aide
de l informatique et de la statistique lexicale, in A A .W ., Recherches sur la tradition
platonicienne [Platon, Aristote, Proclus, Damascius], Paris, Vrin 1977, 9-29; V. D c a r ie
& L. BRISSON, L e nombre des hypothses du Parmnide. La 'troisime fo is [155e4] de
quelle d euximefois?, in RhM, CXXX, 1987,248-253). Sebbene in 155e3 Parmenide
affermi: Diciamo ancora per la terzavolta... (en Si] ro TpTOK X^pey), non si tratta
evidentemente di una terza serie di deduzioni, ma di una terza possibilit da esaminare
nel rapporto fra Funo e il tempo sempre nelFambito dlia seconda serie di deduzioni:
luno ed nel tempo (155c3-5); Funo non e non nel tempo (155c5-6); Funo e
non ed en o n nel tempo (155e3 sgg.). Bisogner dunque capire come Funo possa,
nel tempo e fuori di esso, passare da una certa condizione a quelia opposta, ponendo
cio il probiema della natura del continuum temporale. 11 dibattito sulla questione
tuttavia assai aperto, cfr. R.. A l l e n , P latos Parmenides cit., 261.
31 Cfr. Sph. 252d 2-l 1, in cui la discussione mostra come Peventualit che ogn
cosa partecipi di ogni cosa conduca necessariamente allinsostenibile contraddizione
delFidentificazione degli opposci, come nel caso delFattribuzione de! movimento alla
quiete o dlia quiete al movimento. Cfr. YAppendice I, 5.
C H E EARA1, S O C R A T E , DELLA. F IL O SO F IA ? LA S E C O N D A PA R TE D E L P A R M EW D E 305
32 Come emerge chiaramente ne! Sofista (257al-c4; 258 a 7 '2 5 9 a l), lelaborazio-
ne delia categoria del diverso rende in certa misura pensabile il non essere, inteso corne
divcrsic daliessere, proprio in virt del fatto che il non pu non implicare la
negazione assoluta di cio che negato, ma la sua diversit (a non b = a diverso
da b) dallaltro da s. Cfr. YAppendice I, 7.
C H E FARAf, S O C R A T E , D EI.LA F IL O SO F IA ? LA SE C O N DA PA RTE D E L PARMENIDh: 307
33 Cfr. ancora Sph. 237b7-239c7; 25Se6-9, ncui, di fronte allassoluto non essere
(r ^TiSapis- &v), del quale nulia si pu dire, pensare o opinare, lo Straniero di Elea
dichiara che Tnico atteggiamento corretto quello di abbandonarlo e lasciarlo
andar. Cfr. XAppcndice I, 9-
34 Nel Sofista (236d9-237a4), Tindagine si imbatte nelle nozioni di immagine e
di parvenza, nel sembrare senza essere (t yp fyalveaftai ral t SokTv, eivai 8e
pT]), che caratterizza larte sofistica. Ma come e possibile che qualcosa appaia in un
certo modo, senza esserlo? Una simile ipotesi osa contraddire la tesi del padre
308 FR A N C ESC O F R O N T E R O T T A
Parmenide, ponendo come in certa misura essend il non essere e ci che non . II
seguito dellanasi dei Sofista (257a l-c4; 258a7-259al) mostra che, se non si colloca
sul piano delPassoluta negazione dellessere, ma su quello delia diversit rispetto
all1essere, la sfera delle immagini e delle parvenze possiede una piena dignit
ontologica ed realmente (cfr. YAppendicel, 7-9). Invece, lapparenza propria della
molteplicit nella settima serie di deduzioni delTesercizio del Parmenide non dipende
da una diversit dalluno, ma dalla sua totale assenza e inesistenza: in tal caso, la
molteplicit priva delluno non genera unimmagine che copia del vero, ma un
fastasma (^di^raa^a) dellessere, una sorta di irreale visione onirica.
35Cfr. Prm. 160b 1-3: Cosi, se 1uno , 1uno tuttoe non neanche uno, rispetto
a s stesso e rispetto agli altri <dalluno> (oTt 8f} ev ei eo n v , navra r cm r
e i m l oS 'v c m k c u Trps- a u r K a l T ip T dXAa c ia a t iT t o s1).
C H E FAf_A., SO C RA TE, DELLA F IL O SO F IA ? LA SE C O N D A PA RTE DEL PARM ENIE 309
(A)
Se separato, Fuo non partecipera in alcun modo dei molti n i molti delFuno.
D i conseguenza, nulla sar possibile dre, pensare o opinare delFuno che si pone
al di la dello spazio e del tempo, inattingibile dal pensiero e dal Unguaggio e perci
come non essente (primaserie di deduzioni), n dei molti, che, non partedpando
delFuno, non possiedono lunit e non sono quindi neppure m olti (quarta serie
di deduzioni).
310 FRA N CESCO FRO N TER O TTA
(B)
Se non e separato, luno potra stabilire unoriginaria relazione con lamolteplicit
e i molti parteciperanno delluno: in tal caso, in virtu del rapporto con i molti,
Tuno sar presente nello spazio e nel tempo, inevitabilmente coinvolto nelle
infinite contraddizioni della molteplicit (seconda serie di deduzioni) e i molti,
partecipando delluno, saranno aloro voltainpossesso dituttele qualit attribuite
alluno (terza serie di deduzioni).
( Q ,
S e luno non in senso relativo, il non essere delluno consiste esclusivamentenella
diversit dallaltro da s: a q ueste condizioni, Tuno che non e dovr in certa misura
essere ed essere conoscibile, amm etterla relazione (di diversit) con 1al tro da s,
con i molti, e si trovera nello spazio e nel tempo, con tutte le caratteristiche
derivanti dalla partecipazione alia molteplicit, come aweniva nelia seconda serie
di deduzioni (quinta serie di deduzioni).
(D)
Se Tuno non in senso assoluto, il non essere delluno si riduce alia totale
privazione dessere, di cui nulla e possibil e dire o pensare (sesta serie di deduzioni).
Se gli altri dalluno, i molti, non partecipano delluno che non affatto, ma sono
considerad di per s e rispetto a s stessi, si porranno in relazione fra loro soitanto,
dando luogo, senza lunit, a una sfera dellapparenza, vuota e indefinita (settima
serie di deduzioni). Se infine sono considerati rispetto alTuno che non e in
relazione ad esso, i molti saranno coinvolti nella meraassenza ontologica delfuno,
impensabili, inconoscibili e non essenti (ottava serie di deduzioni).
( 1)
assume una funzione (1 a) copulativa o (1 b) di identit, per escmpio nelia formu-
lazione dePipotesi nella prima e nella quinta serie di deduzioni:
C H E FA RAI, S O C R A T E , DELLA FIL O SO F IA ? I.A S E C O N D A PA R TE D E L PARM EN iD E 311
(la)
deduzioni (I6 le 3 - 1 6 2 a l) :
cluno che non > deve essere ... giacch, se non fosse, non direm m o cose vere
dicendo che luno non e, mentre, se diciam o cose vere, chiaro che diciam o cose
che sono57.
sono (i-'Tct XyeLU) significa dire il vero (Xri&fj Xyeiv) e se dire falso (oi)K Xr|0fj
Xyat') significa dire cose che non sono ([if] i^ra XyeLt1), cio (non) dire milia
([iT]S^ Xyetv), ne segue che impossibile dire il falso e cadere in errore e che, inoltre,
tutto ci che detto detto veritieramente ed perci vero. Questa concezione della
verit (probabilmente di matrice sofistica, cfr. Euthd. 283e7-284c6; Cra. 385b2-10;
429d l-430a5; Tht. 167a6-d2; 189a6-b9) verra da Platone superata soltanto nel
Sofista (cfr, soprattutto 2 6lc6-264b 8): se il non essere in quai che modo , sar
possibile pensarlo e dirlo, riconoscendo coslla radice del falso e dellerrore nel pensiero
e nel discorso.
38 Uninterpretazione di questo genere rompe radicalmente con la tradizione
esegetica neoplatonica (per la quale cfr. la mia Guida alla lettura del Parmenide di
Platone cit., 106-110), che riconosce invece nelle varie serie di dediizioni un soggetto
sempre diverso, attribuendo di volta in volta ailuno delPipotesi iniziale (e non al verbo
essere) un differente significato. Sulla distinzione dei sensi di essere si veda leccellente
studio di Cm.H. KAHN, Some philosophical uses of'to be in Plato, in Phronesis, XXVI,
1981, 105-134; sulla questione dellambiguit semantica del verbo essere nella
seconda parte del Parmenide in particolare, cfr. L. B r is s o N, Platon, Parmnide cit., 52;
e soprattutto le mie note alla traduzione di PLATONE, Parmenide cit., 120-124; 139-141.
39 Cfr. il 2 di questo cap. XII.
C H E FARAI, SO C R A TE, D EL LA F IL O SO F IA ? LA SE C O N D A TA R TE D E L PARM ENID E 313
(A)
Se separata, la sfera intellegibile delle idee non avr alcun rapporto con le cosc
empiriche n le cose cmpiriche parteciperanno delle idee. Le idee ne! loro
complesso saranno cosi prive di qualunque rapporto con la molteplicit degli enti
spazio-temporali e perci escluse daUambito della conoscenza e del iinguaggio:
inconoscibili, impensabili e indicibili, si riveleranno inutili e come non essenti
dal punto di vista degli uomini, immersi nella sfera sensibile (prima serie di
deduzioni). Analogamente, le cose empiriche molteplici, non partecipando delle
idee e non potendo dunque trarre da esse la propria essenza, la propria definizione
e il proprio nome, non possiederanno nessuna caratteristica e non saranno
neanche un qualcosa determinato (quarta serie di deduzioni).
(B)
Sc non separata, la sfera intellegibile delle idee sar in relazione con le cose
empiriche e le cose empiriche parteciperanno delle idee. Subendo questa
partecipazione, le idee verranno coinvolte nella vicenda spazio-temporale del
divenire, dei movimento e della trasformazione, risulteranno pensabili, conoscibili
e dicibili, e per soggette aile infinite contraddizioni dlia molteplicit sensibile
(seconda serie di deduzioni). D altro canto, la molteplicit delle cose empiriche,
partecipando delle idee, entrera in possesso di numerose caratteristiche e costitui-
r un qualcosa determinato, conoscibile, pensabile e dicibile (terza serie di
deduzioni).
(C)
Se non esiste n senso relativo, la sfera intellegibile delle idee manifestera la propria
diversit rispetto alla molteplicit sensibile, ma cio non impedisce che essa sia e
sia partecipata dalle cose empiriche. Se infatti il non essere delle idee si riduce alla
diversit dalle cose empiriche, le idee saranno, saranno pensabili e conoscibili, si
troveranno nello spazio e nel tempo in vrt dlia relazione (di diversit) che
intrattengono con la sfera sensibile e possiederanno infinite qualit, come
aweniva gi nella seconda serie di deduzioni (quinta serie di deduzioni).
(D)
Se non esiste in senso assoluto, la sfera intellegibile delle idee non sar affatto, non
si trover nello spazio e nel tempo, non avr alcun rapporto con la molteplicit
sensibile, non potr essere conosduta n pensata n detta (ssta serie di deduzio
ni). Dalla negazione assoluta dellesistenza delle idee derivano due possibili
conseguenze per gli enti sensibili: se questi si pongono come una realt autonoma
e auto-referenziale che prescinde dalla partecipazione aile idee, costituiranno
soltanto lambito delia pura apparenza, composto di immagini, di fantasmi e di
parvenze (settima serie di deduzioni); se invece il mondo empirico tende neces-
314 F R A N C ESC O F R O N T E R O T T A
sariamente alla relazione con le idee impossibile relazione, visto che le idee non
sono affatto - rimarr a sua volta imprigionato nel Vuoto ontologico causato
dallassenza delle idee, non sar, non sar conoscibile n pensabile n dicibile
(ottava serie di deduzioni).
Non e quindi chiaro che il filosofo, a differenza degli altri uomini, si sforza di
iiberare lanima, per quanto possibile, dalla comunicazione con il corpo? -
Sembra proprio di si.
Soltanto allora Tanima sara in se e per se, separata dal corpo, e n on prima. Ed e
naturale che per lintera durata della vita, tanto piii ci awicineremo allaconoscen-
za, quanto meno saremo in rapporto con il corpo e in comunicazione con esso,
C O N C L U S IO N E 319
Vuoi ehe poniamo, disse, due generi dei reale, il visibile e 1invisibile? Poniamoli,
rispose. E 1invisibile rimane sempre alio stesso modo, mentre il visibile muta
sempre? Ammettiamo anche questo, disse. Dim mi, continuo, non siamo noi
stessi in parte corpo, in parte anima? Niente altro. - A quale genere possiamo
dire che sia piu simile e piii congenere l corpo? Al visibile, rispose, evidente
per chiunque. E 1anma? E visibile o invisibile? - Certo invisibile agli uomini,
Socrate. - M a noi parlavamo proprio di ci ehe visibile o invisibile secondo la
natura umana. O pensi ad altro? N o, alia natura umana. Lanima, allora:
visibile o invisibile? Non visibile. Dunque invisibile? Si. - Perci 1anima
sar piu simile dei corpo alinvisibile, e il corpo al visibile. - Assolutamente
necessrio, Socrate.
Considera ora, Cebete, se da tutto quello ehe abbiarho detto non deriva la
conclusione che 1anima assomiglia moltissimo a ci ehe divino, immortale,
intellegibile, uniforme, incorruttibile e sempre permanente in s stesso; mentre il
corpo assomiglia invece moltissimo a ci ehe umano, mortale, multiforme,
320 FRANCESCO FR O N TERO TTA
ne, Eros si colloca a met strada fra la sfera dei mortali e il mondo
immortale degii dei ecm QeoO Te Kal 0ut|To) e rappre-
senta, in virt della sua natura intermedia, il trait d'union fra la
realt empirica degli uomini e gli enti ideali, perch ispira f animo
umano alla ricerca della perfezione e deliuni versalita9.
Ho spiegato in seguito corne la dottrina dlia reminiscenza sia
stata elaborara da Platone per rispondere al secondo degli interro-
gativi solevati sopra. La reminiscenza consiste infatti neliimper-
fetto ricordo che lanima conserva dela sua vita precedente, quan
do, prima di incarnarsi nel corpo mortale, vagava pura e libera
neU,ciperuranio al seguito degii dei in contemplazione dei generi
supremi. Ora, se la conoscenza neila sua forma piii alta, quella
intellegibile, non dawero conoscenza, ma un semplice nconosci-
ment di ci che da sempre si conosce giacch non costituisce una
scoperta ex novo, ma dipende dalla definizione progressiva del ri
cordo delle idee che lanima conserva impresso in s stessa - allora,
sar lecito ritenere che, bench originariamente differenti e separa
te dal mondo sensibile, le idee appartengano altrettanto originaria
mente agli uomini che da sempre ne possiedono le 'coordinate.
Tuttavia, largomento della reminiscenza delle idee si basa sullin-
dispensabile premessa mitolgica della reincarnazione e della pre-
esistenza dellanima rispetto al corpo mortale, una premessa di cui,
da un lato, evidentemente impossibile rendere conto sul piano
razionale, e che, dallaltro, rinvia ancora una volta allipotesi di una
mediazione epistemolgica operata dallanima in virt della sua
natura duplice e intermedia: pura essenza divina, lanima ha ac-
compagnato gli dei nella visione delle idee e ne ha conosciuto la
suprema realt; incarnata nel corpo mortale e costretta in una pri-
gione materiale, essa ha perduto tale conoscenza che puo ricostru-
ire, solo a stento e incompiutamente, ripercorrendone a fatica le
tracce nella memoria10.
y Cfr. il 1 del cap. III e, rispetto al ruolo di Eros demone intermedio fra gli
dei e gli uomini come irresistibiie stimolo alia ricerca del bello universale, Smp.
201d l-204c6; 209e5-212a7; Phdr. 249d4-251b7.
10 Per lintroduzione della dottrina della reminiscenza cfr. il 2 del cap. III. Si
osservi per inciso come, anche in questo caso, la discussione e la dimostrazione
deliimmortalit delianima si collochino in un contesto propriamente epistemologi-
324 F R A N C ESC O K R O N T E R O T T A
co: anima immortaie adempie essenzialm