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Aristotele
Retorica
BOMPIANI
TESTI A FRONTE
BOMPIANI
TESTI A FRONTE
Direttore
GIOVANNI REALE
ARISTOTELE
RETORICA
Introduzione, traduzione,
note e apparati di Fabio Cannavò
BOMPIANI
TESTI A FRONTE
Direttore editoriale Bompiani
Elisabetta Sgarbi
Direttore letterario
Mario Andreose
Editor Bompiani
Eugenio Lio
ISBN 978-88-58-76851-8
RETORICA
Libro I 3
Libro II 151
Libro III 309
ARISTOTELE
E LA RETORICA CHE CONVINCE
I. Le origini della retorica e i tre generi di discorso
1
I versi sono ripresi, e più o meno liberamente adattati, dalle versioni di
Rosa Calzecchi Onesti, tanto per l’Iliade che per l’Odissea. Cfr., pp. XIV-XV
dell’Introduzione di F. Montanari in: Aristotele, Retorica (trad. M. Dorati). Per
le citazioni delle traduzioni dei testi usati per il saggio (nel caso della Retorica,
la traduzione è la nostra) si adotta il criterio di riportare soltanto il nome dell’o-
pera e del traduttore, dandone notizia per esteso nella Bibliografia.
X FABIO CANNAVÒ
2
Un’opera aristotelica perduta nella quale erano raccolti i manuali di reto-
rica allora in circolazione (cfr. infra, n. 9).
3
Cfr. per queste informazioni F. Montanari, Introduzione, cit., pp. VII-IX.
Sulla copiosa letteratura in merito alla retorica classica, cfr. W. Kroll, Rhetorik
in Pauli - Wissowa, Realencyclopädie des classichen Altertum, Supplement, vol.
VII, Stuttgart 1940, coll. 1039-1130; H. Lausberg, Elemente der literarischen
Rhetorik, 2 voll., München Hueber 19672; G.A. Kennedy, The Art of Persua-
sion in Greece, Princeton University Press, Princeton 1963, rist. 1974; G. T.
Carol and E. Kent Webb, From orality to rhetoric: an intellectual transforma-
tion, in Worthington Jan (edited by), Persuasion: Greek rhetoric in action, Lon-
don and New York, Routledge 1994, pp. 3-25; E. Schiappa, The Beginnings
of Rhetorical Theory in Classical Greece, New Haven, 1999; G. A Kennedy,
Classical rhetoric in Encyclopedia of Rhetoric, Ed. Thomas O. Sloane, Oxford
2006, University Press. Encyclopedia of Rhetoric: (e-reference edition). Ox-
ford University Press. The Midnight University. 16 February 2007 http://www.
oxford-rhetoric.com/entry?entry=t223.e42.
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XI
4
Aristotele. Organon, Traduzione G. Colli, pp. 723-4.
5
F. Montanari, Introduzione, cit., p. XII.
6
Cfr. V. Buchheit, Untersuchungen zur Theorie des Genos Epideiktikon
von Gorgias bis Aristoteles, München, Max Hüber Verlag 1960.
7
B. Cassin, L’effetto sofistico. Per un’altra storia della filosofia, trad. it. a
cura di C. Rognoni, Editoriale Jaca Book, Milano 2002, p. 85; sulla filosofia
di Gorgia come «logologia» cfr Id., Come la sofistica fa veramente cose con le
parole, in E. Guglielminetti, L. Regina (a cura di), Sofisti, «Spazio Filosofico»,
XII FABIO CANNAVÒ
1. Cenni generali
8
R. Barthes, La retorica antica, trad. it. a cura di Paolo Fabbri, Bompiani,
Milano 1993, pp. 20-1.
9
Si pensava, tra gli interpreti, che la produzione di discorsi-modello fosse
la fase meno evoluta della retorica i cui progressi erano invece segnalati dagli
apporti teorici, che ci fosse insomma una sorta di linea evolutiva che andava
dal discorso scritto al manuale teorico. In realtà le due attività potevano be-
nissimo coesistere nell’opera di un unico autore, tale è il caso, ad esempio, di
Trasimaco, senza che questo pregiudicasse il fatto che le Technai fossero qual-
cosa di essenzialmente diverso dalla produzione di discorsi (cfr. F. Montanari,
Introd. cit., p. XIII); pare poi che Aristotele abbia fatto una raccolta di trattati
circolanti a suo tempo, la Raccolta delle arti, la Technon Synangoge, cui si è già
accennato nel testo, contenente in particolare il trattato del retore Teodette, il
che implicitamente conferma che all’arte retorica era connessa una didattica,
una teoria, che poi Aristotele avrebbe ripreso rafforzandone l’apparato logico
(cfr. Aristotele. Frammenti dei dialoghi, trad. e comm. a cura di R. Laurenti,
Loffredo, Napoli, 1987).
XIV FABIO CANNAVÒ
2. Retorica e dialettica
10
Forse Eutidemo e Dionisodoro, che Platone riteneva seguaci dello stesso
Gorgia (E. Berti, op. cit., p. 163).
11
Sul rapporto Platone Aristotele cfr. le osservazioni di P. Donini pp. 350-
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XV
2, (cfr. Id., Poetica e Retorica, pp. 327-363, in: Berti E. (a cura di), Guida ad
Aristotele. Logica, Fisica, Cosmologia, Psicologia, Biologia, Metafisica, Etica, Po-
litica, Poetica, Retorica, Roma-Bari 1997).
12
Ascendendo via via per idee più generali (dai casi particolari al concetto
più generale che lo implica) e, poi, dividendo quest’ultime nelle loro specie ‘na-
turali’ (dai concetti più generali ai casi particolari che vi rientrano), le cose ven-
gono infatti colte così come sono ‘realmente’, ossia nella loro realtà intellegibile,
e si rendono perciò accessibili a un’opera di definizione (Fedro, 265C-266B).
13
Cfr. L. Spengel, Über die Rhetorik des Aristoteles, G. Franz, München
1852; Th. Gomperz, Pensatori Greci. Storia della filosofia antica, vol. IV, Ari-
stotele e i suoi successori, trad. della 4a ed. (Berlin 1931) a cura di D. Faucci,
La Nuova Italia, Firenze 1962, p. 617, G. Reale, Storia della filosofia greca e
romana, vol. IV: Aristotele e il primo peripato, Bompiani Milano, 2004, pp.
247-8.
14
Cfr. Gastaldi S., Lo statuto concettuale della retorica aristotelica, «Rivista
critica di storia della filosofia» XXXI, fasc. I, (Gennaio Marzo 1976), pp. 41-
72 (in particolare, p. 43, n. 9); B. Cassin, L’effetto sofistico cit., pp. 188 e ss.;
Green L. D., Aristotelian rhetoric, dialectic and the tradition of «antistrophos»,
«Rhetorica» 8 (1990), pp. 5-27.
XVI FABIO CANNAVÒ
18
I passi che interessano la differenza tra empeiria e techne sono pure in
Metafisica I 1, 981a 3-5; 981a 12 -30, v. pure Aristotele, Retorica 1355b 25-8.
Sull’argomento cfr. G. Cambiano, La preistoria del concetto di empeiria tra me-
dicina e filosofia, «Humana.Mente Journal of philosophical studies» , 9 (Aprile
2009), pp. 87-103 (cfr. in particolare, § 3 Aristotele e la continuità tra Empeiria
e Techne, pp. 95 -97).
19
Nell’arte la fase teorica è separabile da quella operativa e implica delle
conoscenze di tipo universale, tant’è che viene a coincidere con un certo tipo
di scienza (scienze poetiche e produttive); cfr. E. Berti, Le ragioni di Aristotele,
cit., pp. 155-159.
XVIII FABIO CANNAVÒ
20
R. Barthes, La retorica antica cit., p. 62.
21
«Ogni arte, poi, riguarda il far venire all’essere e il progettare, cioè il
considerare (theoréin) in che modo può venire all’essere qualche oggetto di
quelli che possono essere e non essere, e di quelli il cui principio è in chi pro-
duce e non in ciò che è prodotto. L’arte, infatti, non ha per oggetto le cose che
sono o vengono all’essere per necessità, né le cose che sono o vengono all’esse-
re per natura, giacché queste hanno in sé il loro principio» (Etica Nicomachea,
VI, 4, 1140a 10-16, trad. C. Mazzarelli). Aristotele ci sta dicendo, in sostanza,
che l’arte: «non è scientifica» (in senso stretto) per via della mancanza di neces-
sità nel conseguimento dei risultati/prodotti ottenuti, «non è naturale» poiché
il principio della generazione è «esterno», è in colui che produce (Metafisica
VI 1, 1025b 22-23;), mentre in natura è «interno» alle cose stesse (Fisica II,
192b 20-35).
22
Si pensi alle «testimonianze», ovvero ai proverbi, alle citazioni di con-
temporanei importanti, oppure di poeti antichi, che ovviamente devono rima-
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XIX
nere inalterate, anche perché devono la loro forza alla fedeltà con cui ci si attie-
ne all’originale. Ad esempio, gli Ateniesi giustificarono con i Megaresi le loro
pretese per il possesso dell’isola di Salamina, attraverso una citazione omerica
(Iliade II, 557-8) nella quale si diceva che Aiace disponesse le sue navi nell’isola
dove erano già disposte le falangi ateniesi (Retorica I, 15, 1375b 29- 30).
23
Ci si riferisce all’ethos dell’oratore, a una moralità, vera o presunta, da
comunicare al pubblico. È un po’ quello che dovrebbe succedere all’esordio,
o al prooímion, del discorso, con la cosiddetta captatio benevolentiae, una sorta
di seduzione dell’uditorio (Retorica III, 14).
24
Si accenna qui al «dipartimento della retorica psicologica» dove sono
contenute le prove psicologiche degli éthe, dei tratti caratteriali che l’oratore
intende mostrare all’uditorio, e dei páthe, degli affetti degli ascoltatori sui qua-
li far leva per ottenerne l’adesione. A quest’ultimo aspetto Aristotele dedica
numerosi capitoli del II libro della Retorica (2-17). In questa sede le passioni
sono trattate alla stregua di una raccolta di opinioni: «pezzi di linguaggio già
fatti che l’oratore deve semplicemente conoscere bene» dove, ad esempio, la
collera non è altro che ciò «che tutti pensano della collera, la passione non
mai altro che ciò che se ne dice» (R. Barthes, La retorica antica cit., pp. 86-88).
Coerentemente con lo scopo di una trattazione di retorica, non c’è in sostanza
una vera e propria analisi filosofica, come quella presente, ad esempio, nei libri
II e IV dell’Etica Nicomachea.
XX FABIO CANNAVÒ
* * *
Nessuna tecnica esamina il particolare – la medicina, ad esem-
pio, non esamina cos’è salutare per Socrate o Callia, ma cosa
lo è per un tipo o per certi tipi di individui (tale è infatti il con-
tenuto di un’arte, mentre il particolare è indeterminato e non
è oggetto di scienza), neppure la retorica analizzerà ciò che è
opinione autorevole per il singolo individuo, ad esempio per
Socrate o per Ippia, ma ciò che è tale per uomini di questo
tipo, e così anche la dialettica (1356b 30-35).
Tanto l’«opinione autorevole», l’éndoxon del sillogismo dia-
lettico26, quanto il «persuasivo», il pithanón del sillogismo retori-
25
Cfr. R. Barthes, op. cit., pp. 63-4.
26
Éndoxa sono le opinioni accettate da tutti «o dei più, o dei sapienti, e,
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XXI
se di questi, o di tutti, o dei più, o dei più noti e stimati fra tutti» (Topici I, 1,
100b 21-23; trad. A. Zadro).
27
Diciamo «generale» per indicare il carattere di quelle premesse che ca-
dono nel genere degli accadimenti hos epí to polý, in ciò che «per lo più» si
verifica, per distinguerlo dall’«universale» strictu sensu, da quell’universale che
concerne rapporti necessari («In realtà noi diciamo essere universale ciò che
sussiste sempre e in ogni luogo»; Analitici posteriori I, 31, 87b 30-32; trad.
Colli).
XXII FABIO CANNAVÒ
* * *
Il tragitto abbreviato dell’entimema verte su elementi concreti,
riconoscibili da tutti, e che si possono classificare, in sostanza, se-
condo due tipologie di rapporti: «necessari» (anankaîa) o «per lo
più» (hos epí to polý; 1357a 30).
I primi, esigui nel numero, sono del tipo: «se un uomo ha feb-
bre è segno che è ammalato, se una donna ha latte è segno che ha
partorito» (1357b 14-16). Sono «indizi certi» tekméria, «prove»,
e sono le sole premesse per entimemi ályta, «inconfutabili» (b 15).
Dai tekméria giunge quindi un possibile ‘concorrente’ (un’altra
antistrofe) del sillogismo scientifico tout court (b 5).
Poi vengono i sémeia, i «segni» veri e propri. Al contrario delle
prove, hanno semplice valore indiziario: possono esercitare una
qualche pressione sull’uditorio, ma non possono effettivamente
stringere delle conclusioni.
Vi sono due tipi di segni, alcuni procedono dall’universale
al particolare – l’avere febbre è «segno» di respiro affannoso, il
primo può implicare e rinviare così al secondo, ma non «neces-
sariamente» (non è vero che ogni volta che si respira con affanno
si ha la febbre; 1357b 17-21) – stesso discorso vale per i segni
che procedono dal particolare all’universale – il fatto che Socrate
sia sapiente e giusto è «segno» che i sapienti sono giusti, ma non
si può concludere che tutti lo siano (1357b 10-14)29. Entrambi i
segni sono dunque confutabili (lytá).
Altro discorso, infine, va fatto per gli eikóta, per «i verosimili».
Nel campo delle contingenze umane cui appartengono30, gli eikóta
28
Per una più approfondita analisi dei passi succitati, cfr. F. Piazza, Il corpo
della persuasione. L’entimema nella retorica greca, Palermo, Novecento, 2000,
pp. 162-3
29
Addirittura, dice Aristotele, abbiamo qui un asyllóghiston (Retorica,
1357b 14), un qualcosa che non è neppure un sillogismo, probabilmente per-
ché da una sola premessa particolare non si può inferire una conclusione ge-
nerale.
30
Più fedelmente: «il genere del non-necessario, ma possibile» (cfr. Anali-
tici priori I, 13, 32a 18-20, 28-29 e 32b 4-13).
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XXIII
* * *
Una volta distinti i tre tipi di premesse entimematiche, si tratta
ora di trovare i contenuti. Anche in questo caso si ricorre a una
methodos che si sviluppa in parallelo alla dialettica: la Topica, ov-
vero l’insieme dei «luoghi» (topoi) da cui trarre le premesse.
Si parla di «luoghi» sia a proposito dei sillogismi dialettici sia
a proposito di quelli retorici (Retorica, 1358a 10-12). Dei luoghi
Aristotele dà una definizione piuttosto vaga limitandosi a dire che
con «elemento» (stoicheîon) e «luogo» (topos) s’intende «la stessa
cosa» (1396b 20-21). Questa definizione viene in seguito ripresa
e precisata come «ciò sotto cui ricadono molti entimemi» (1403a
17-18)32. La topica, nell’insieme, dovrebbe dunque essere una serie
31
«Quando si dimostra invece che, date talune premesse, a causa loro
segue qualcosa di diverso e di ulteriore per il fatto che quelle stesse premes-
se sono o universali o per lo più, lì [scil. dialettica] si chiama sillogismo, qui
entimema». (Retorica 1356b 16-18). In sostanza, l’universale è proprio della
scienza o al limite può essere l’attributo dei tekméria come universalità neces-
sitante, comprendente tutti i casi in cui si istituiscono delle prove certe. Ma
nella maggior parte dei casi, l’universalità entimematica è il «verosimile», dove,
a differenza di premesse di tipo scientifico, la contrarietà è sempre possibile;
riprendendo l’esempio aristotelico citato nel testo: è appunto verosimile che gli
amanti amino, ma non «sempre» e «necessariamente»; vedi pure R. Barthes, La
retorica antica cit., p. 72.
32
Su questo punto cfr. Zanatta, p. 88 dell’Introduzione in: Aristotele, Re-
torica e Poetica (trad. Zanatta).
XXIV FABIO CANNAVÒ
33
Cfr. inoltre R. Barthes, La retorica antica, cit., pp. 74-5.
34
Come dice Berti (Le ragioni di Aristotele, cit., p. 178, n. 5): «non è pos-
sibile interpretare i “propri” come “luoghi” […] perché il testo dice ídia al
neutro».
35
Seguendo un esempio di Aristotele: se neppure gli dei sanno tutto, a
maggior ragione non sapranno tutto gli uomini (Retorica, 1397b 12-13).
36
R. Barthes, La retorica antica cit., p. 76.
37
Ibid., p. 77; cfr. inoltre S. Gastaldi, Lo statuto concettuale della retorica
aristotelica, cit., p. 65.
38
Attraverso il quale si producono l’«amplificare» o lo «sminuire», utiliz-
zati soprattutto nel genere epidittico; cfr. Retorica II, 19.
ARISTOTELE E LA RETORICA CHE CONVINCE XXV
40
Gli endoxa sono opinioni generalmente accettate perché per un verso,
riposano su una tradizione di saperi condivisa, per un altro sull’autorevolezza
di chi li proferisce (filosofi, saggi ecc.).
NOTIZIA BIOGRAFICA
NOTA AL TESTO
levgwsin: a{pante" ga;r oiJ me;n oi[ontai dei'n ou{tw tou;" novmou"
ajgoreuvein, oiJ de; kai; crw'ntai kai; kwluvousin e[xw tou' prav-
gmato" levgein, kaqavper kai; ejn ΔAreivw/ pavgw/, ojrqw'" tou'to
nomivzonte": ouj ga;r dei' to;n dikasth;n diastrevfein eij" ojrgh;n
25 proavgonta" h] fqovnon h] e[leon: o{moion ga;r ka]n ei[ ti" w|/
mevllei crh'sqai kanovni, tou'ton poihvseie streblovn. e[ti de;
fanero;n o{ti tou' me;n ajmILsbhtou'nto" oujdevn ejstin e[xw tou' dei'xai
to; pra'gma o{ti e[stin h] oujk e[stin, h] gevgonen h] ouj gevgonen: eij de;
mevga h] mikrovn, h] divkaion h] a[dikon, o{sa mh; oJ nomoqevth"
30 diwvriken, aujto;n dhv pou to;n dikasth;n dei' gignwvskein kai; ouj
manqavnein para; tw'n ajmILsbhtouvntwn. mavlista me;n ou\n
proshvkei tou;" ojrqw'" keimevnou" novmou", o{sa ejndevcetai, pavnta
diorivzein aujtouv", kai; o{ti ejlavcista kataleivpein ejpi; toi'" kriv-
nousi, prw'ton me;n o{ti e{na labei'n kai; ojlivgou" rJa'/on h] pollou;"
1354b eu\ fronou'nta" kai; dunamevnou" nomoqetei'n kai; dikavzein: e[peiqΔ
aiJ me;n nomoqesivai ejk pollou' crovnou skeyamevnwn givnontai,
aiJ de; krivsei" ejx uJpoguivou, w{ste calepo;n ajpodidovnai to; div-
kaion kai; to; sumfevron kalw'" tou;" krivnonta". to; de; pavntwn
5 mevgiston, o{ti hJ me;n tou' nomoqevtou krivs i" ouj kata; mev-
ro", ajlla; peri; mellovntwn te kai; kaqovlou ejstivn, oJ dΔ
ejkklhsiasth;" kai; dikasth;" h[dh peri; parovntwn kai;
ajfwrismevnwn krivnousin: pro;" ou}" kai; to; ILlei'n h[dh kai;
to; misei'n kai; to; i[dion sumfevron sunhvrthtai pollavki",
10 w{ste mhkevti duvnasqai qewrei'n iJkanw'" to; ajlhqev", ajllΔ
ejpiskotei'n th'/ krivsei to; i[dion hJdu; h] luphrovn. peri; me;n ou\n
tw'n a[llwn, w{sper levgomen, dei' wJ" ejlacivstwn poiei'n kuv-
rion to;n krithvn, peri; de; tou' gegonevnai h] mh; gegonevnai,
1. LA RETORICA È UNA TECHNE 5
ejstin o{ti hJ me;n e[ntecno" mevqodo" peri; ta;" pivstei" ejstivn, hJ de;
5 pivsti" ajpovdeixiv" ti" (tovte ga;r pisteuvomen mavlista o{tan
ajpodedei'cqai uJpolavbwmen), e[sti dΔ ajpovdeixi" rJhtorikh; ejn-
quvmhma, kai; e[sti tou'to wJ" eijpei'n aJplw'" kuriwvtaton tw'n piv-
stewn, to; dΔ ejnquvmhma sullogismov" ti", peri; de; sullogismou'
oJmoivw" a{panto" th'" dialektikh'" ejstin ijdei'n, h] aujth'" o{lh" h]
10 mevrou" tinov", dh'lon o{ti oJ mavlista tou'to dunavmeno" qew-
rei'n, ejk tivnwn kai; pw'" givnetai sullogismov", ou|to" kai; ejn-
qumhmatiko;" a]n ei[h mavlista, proslabw;n peri; poi'av tev ejsti
to; ejnquvmhma kai; tivna" e[cei diafora;" pro;" tou;" logikou;"
sullogismouv". tov te ga;r ajlhqe;" kai; to; o{moion tw'/ ajlhqei'
15 th'" aujth'" ejsti dunavmew" ijdei'n, a{ma de; kai; oiJ a[nqrwpoi
pro;" to; ajlhqe;" pefuvkasin iJkanw'" kai; ta; pleivw tugcav-
nousi th'" ajlhqeiva": dio; pro;" ta; e[ndoxa stocastikw'" e[cein
tou' oJmoivw" e[conto" kai; pro;" th;n ajlhvqeiavn ejstin.
o{ti me;n ou\n ta; e[xw tou' pravgmato" oiJ a[lloi tecnologou's i,
20 kai; diovti ma'llon ajponeneuvkasi pro;" to; dikologei'n, fanerovn:
crhvs imo" dev ejstin hJ rJhtorikh; diav te to; fuvsei ei\nai kreivttw
tajlhqh' kai; ta; divkaia tw'n ejnantivwn, w{ste eja;n mh; kata; to;
prosh'kon aiJ krivsei" givgnwntai, ajnavgkh diΔ auJtw'n hJtta'sqai,
tou'to dΔ ejsti;n a[xion ejpitimhvsew", e[ti de; pro;" ejnivou" oujdΔ eij th;n
25 ajkribestavthn e[coimen ejpisthvmhn, rJav/dion ajpΔ ejkeivnh" pei'sai
levgonta": didaskaliva" gavr ejstin oJ kata; th;n ejpisthvmhn lovgo",
tou'to de; ajduvnaton, ajllΔ ajnavgkh dia; tw'n koinw'n poiei'sqai ta;"
pivstei" kai; tou;" lovgou", w{sper kai; ejn toi'" Topikoi'" ejlev-
gomen peri; th'" pro;" tou;" pollou;" ejnteuvxew". e[ti de; tajnantiva
30 dei' duvnasqai peivqein, kaqavper kai; ejn toi'" sullogismoi'", oujc
1. LA RETORICA È UNA TECHNE 9
o{pw" ajmfovtera pravttwmen (ouj ga;r dei' ta; fau'la peivqein), ajllΔ
i{na mh; lanqavnh/ pw'" e[cei, kai; o{pw" a[llou crwmevnou toi'" lovgoi"
mh; dikaivw" aujtoi; luvein e[cwmen. tw'n me;n ou\n a[llwn
tecnw'n oujdemiva tajnantiva sullogivzetai, hJ de; dialektikh;
35 kai; hJ rJhtorikh; movnai tou'to poiou's in: oJmoivw" gavr eijs in ajm-
fovterai tw'n ejnantivwn. ta; mevntoi uJpokeivmena pravgmata
oujc oJmoivw" e[cei, ajllΔ ajei; tajlhqh' kai; ta; beltivw th'/ fuvsei
eujsullogistovtera kai; piqanwvtera wJ" aJplw'" eijpei'n. pro;"
de; touvtoi" a[topon eij tw'/ swvmati me;n aijscro;n mh; duvnasqai
1355b bohqei'n eJautw'/, lovgw/ dΔ oujk aijscrovn: o} ma'llon i[diovn ejstin
ajnqrwvpou th'" tou' swvmato" creiva". eij dΔ o{ti megavla blav-
yeien a]n oJ crwvmeno" ajdivkw" th'/ toiauvth/ dunavmei tw'n lov-
gwn, tou'tov ge koinovn ejsti kata; pavntwn tw'n ajgaqw'n plh;n
5 ajreth'", kai; mavlista kata; tw'n crhsimwtavtwn, oi|on ijscuvo"
uJgieiva" plouvtou strathgiva": touvtoi" ga;r a[n ti" wjfelhvseien ta;
mevgista crwvmeno" dikaivw" kai; blavyeien ajdivkw".
o{ti me;n ou\n oujk e[stin oujqenov" tino" gevnou" ajfwrismevnou
hJ rJhtorikhv, ajlla; kaqavper hJ dialektikhv, kai; o{ti crhvs imo", fa-
10 nerovn, kai; o{ti ouj to; pei'sai e[rgon aujth'", ajlla; to; ijdei'n ta; uJpavr-
conta piqana; peri; e{kaston, kaqavper kai; ejn tai'" a[llai"
tevcnai" pavsai" (oujde; ga;r ijatrikh'" to; uJgia' poih'sai, ajlla;
mevcri ou| ejndevcetai, mevcri touvtou proagagei'n: e[stin ga;r kai;
tou;" ajdunavtou" metalabei'n uJgieiva" o{mw" qerapeu'sai kalw'~):
15 pro;" de; touvtoi" o{ti th'" aujth'" tov te piqano;n kai; to; fainov-
1. LA RETORICA È UNA TECHNE 11
para; tau'ta tw'/ tau'ta ei\nai h] kaqovlou h] wJ" ejpi; to; polu;
ejkei' me;n sullogismo;" ejntau'qa de; ejnquvmhma kalei'tai. fa-
nero;n de; kai; o{ti eJkavteron e[cei ajgaqo;n to; ei\do" th'"
20 rJhtoreiva": kaqavper ga;r kai; ejn toi'" meqodikoi'" ei[rhtai, kai; ejn
touvtoi" oJmoivw" e[cei: eijs i;n ga;r aiJ me;n paradeigmatwvdei" rJh-
torei'ai aiJ de; ejnqumhmatikaiv, kai; rJhvtore" oJmoivw" oiJ me;n
paradeigmatwvdei" oiJ de; ejnqumhmatikoiv. piqanoi; me;n ou\n oujc
h|tton oiJ lovgoi oiJ dia; tw'n paradeigmavtwn, qorubou'ntai de;
25 ma'llon oiJ ejnqumhmatikoiv: th;n dΔ aijtivan ªaujtw'nº, kai; pw'"
eJkatevrw/ crhstevon, ejrou'men u{steron: nu'n de; peri; aujtw'n touvtwn
ma'llon diorivswmen kaqarw'".
ejpei; ga;r to; piqano;n tini; piqanovn ejsti, kai; to; me;n eujqu;"
uJpavrcei diΔ auJto; piqano;n kai; pisto;n to; de; tw'/ deivknusqai dokei'n
30 dia; toiouvtwn, oujdemiva de; tevcnh skopei' to; kaqΔ e{kaston, oi|on hJ
ijatrikh; tiv Swkravtei to; uJgieinovn ejstin h] Kalliva/, ajlla; tiv tw'/
toiw'/de h] toi'" toioi'sde (tou'to ga;r e[ntecnon, to; de; kaqΔ e{kaston
a[peiron kai; oujk ejpisthtovn), oujde; hJ rJhtorikh; to; kaqΔ e{kaston
e[ndoxon qewrhvsei, oi|on Swkravtei h] ÔIppiva/, ajlla; to; toioisdiv,
35 kaqavper kai; hJ dialektikhv. kai; ga;r ejkeivnh sullogivzetai oujk
ejx w|n e[tucen (faivnetai ga;r a[tta kai; toi'" paralhrou's in),
ajllΔ ejkeivnh me;n ejk tw'n lovgou deomevnwn, hJ de; rJhtorikh; ejk
1357a tw'n h[dh bouleuvesqai eijwqovtwn. e[stin de; to; e[rgon aujth'" periv
te toiouvtwn peri; w|n bouleuovmeqa kai; tevcna" mh; e[comen,
kai; ejn toi'" toiouvtoi" ajkroatai'" oi} ouj duvnantai dia; pollw'n
2. LE ARGOMENTAZIONI RETORICHE 19
prova: difatti è l’unico, nel caso in cui sia vero, a essere in-
confutabile. Quest’altro segno ancora si comporta come
l’universale di fronte al particolare – come se uno dicesse
che l’avere febbre è segno, poiché respira rapidamente –
ma può essere confutato anche questo, per quanto possa 20
tici 20.
Sull’esempio come induzione e su quali elementi vi sia
induzione si è detto: non si comporta né come parte ri-
spetto al tutto, né come tutto rispetto alla parte, né come
totalità rispetto a una totalità, ma come parte rispetto alla
parte, come simile rispetto al simile. Quando entrambi i
termini siano sotto lo stesso genere, ma l’uno è più noto
dell’altro, si ha appunto un esempio; come il caso di Dio- 30
venimenti futuri.
Diverso, inoltre, è il fine per ciascuno di questi generi,
e poiché questi sono tre, tre sono i fini: per chi consiglia,
fini sono l’utile e il dannoso (per un verso, infatti, chi
esorta consiglia per il meglio, chi sconsiglia lo fa come se
dissuadesse dal peggio, inoltre, insieme a questi possono
aggiungersene altri come il giusto o l’ingiusto, il bello o 25
5 touvtw/ de; oJ me;n toiou'to" qavnato" kavllion, to; de; zh'n sumfevron.
fanero;n de; ejk tw'n eijrhmevnwn o{ti ajnavgkh peri; touv-
twn e[cein prw'ton ta;" protavsei": ta; ga;r tekmhvria kai;
ta; eijkovta kai; ta; shmei'a protavsei" eijs i;n rJhtorikaiv: o{lw"
me;n ga;r sullogismo;" ejk protavsewvn ejstin, to; dΔ ejnquvmhma
10 sullogismov" ejsti sunesthkw;" ejk tw'n eijrhmevnwn protavsewn.
ejpei; de; ou[te pracqh'nai oi|ovn te ou[te pepra'cqai ta; ajduv-
nata ajlla; ta; dunatav, oujde; ta; mh; genovmena h] mh; ejsov-
mena ªoujcº oi|ovn te ta; me;n pepra'cqai, ta; de; pracqhvsesqai,
ajnagkai'on kai; tw'/ sumbouleuvonti kai; tw'/ dikazomevnw/ kai;
15 tw'/ ejpideiktikw'/ e[cein protavsei" peri; dunatou' kai; ajdunavtou,
kai; eij gevgonen h] mhv, kai; eij e[stai h] mhv. e[ti de; ejpei; a{pan-
te", kai; ejpainou'nte" kai; yevgonte", kai; protrevponte" kai;
ajpotrevponte", kai; kathgorou'nte" kai; ajpologouvmenoi, ouj movnon
ta; eijrhmevna deiknuvnai peirw'ntai, ajlla; kai; o{ti mevga h]
20 mikro;n to; ajgaqo;n h] to; kakovn, h] to; kalo;n h] to; aijscrovn,
h] to; divkaion h] to; a[dikon, h] kaqΔ auJta; levgonte" h] pro;"
a[llhla ajntiparabavllonte", dh'lon o{ti devoi a]n kai; peri;
megevqou" kai; mikrovthto" kai; tou' meivzono" kai; tou' ejlavttono"
protavsei" e[cein, kai; kaqovlou kai; peri; eJkavstou, oi|on tiv mei'-
25 zon ajgaqo;n h] e[latton h] ajdivkhma h] dikaivwma: oJmoivw" de;
kai; peri; tw'n a[llwn. peri; w|n me;n ou\n ejx ajnavgkh" dei'
labei'n ta;" protavsei", ei[rhtai: meta; de; tau'ta diairetevon
ijdiva/ peri; eJkavstou touvtwn, oi|on peri; w|n sumboulh; kai; peri;
w|n oiJ ejpideiktikoi; lovgoi, trivton de; peri; w|n aiJ divkai.
3. I TRE GENERI DELLA RETORICA 33
continuare a vivere. Per lui una morte siffatta era più bel- 5
ektei'n h] ejlattou'sqai. ajnagkai'on de; kai; pro;" tau'ta mh; movnon tou;"
oijkeivou" polevmou" teqewrhkevnai ajlla; kai; tou;" tw'n a[llwn, pw'"
5 ajpobaivnousin: ajpo; ga;r tw'n oJmoivwn ta; o{moia givgnesqai pevfuken.
e[ti de; peri; fulakh'" th'" cwvra" mh; lanqavnein pw'"
fulavttetai, ajlla; kai; to; plh'qo" eijdevnai th'" fulakh'" kai;
to; ei\do" kai; tou;" tovpou" tw'n fulakthrivwn (tou'to dΔ ajduv-
naton mh; e[mpeiron o[nta th'" cwvra~), i{nΔ ei[ tΔ ejlavttwn hJ fu-
10 lakh; prosteqh'/ kai; ei[ ti" perivergo" ajfaireqh'/ kai; tou;" ejpi-
thdeivou" tovpou" thrw's i ma'llon.
e[ti de; peri; trofh'", povsh ªdapavnhº iJkanh; th'/ povlei kai; poiva,
hJ aujtou' te gignomevnh kai; ãhJÃ eijsagwvgimo", kai; tivnwn tΔ ejx-
agwgh'" devontai kai; tivnwn ãkai; para; tivnwnà eijsagwgh'", i{na
15 pro;" touvtou" kai; sunqh'kai kai; sumbolai; givgnwntai: pro;" duvo
ga;r diafulavttein ajnagkai'on ajnegklhvtou" tou;" polivta", prov"
te tou;" kreivttou" kai; pro;" tou;" eij" tau'ta crhsivmou".
eij" dΔ ajsfavleian a{panta me;n tau'ta ajnagkai'on duvnasqai qe-
wrei'n, oujk ejlavciston de; peri; nomoqesiva" ejpaive> in: ejn ga;r toi'" nov-
20 moi" ejsti;n hJ swthriva th'" povlew", w{stΔ ajnagkai'on eijdevnai povsa
tev ejsti politeiw'n ei[dh, kai; poi'a sumfevrei eJkavsth/, kai; uJpo;
tivnwn fqeivresqai pevfuken kai; oijkeivwn th'" politeiva" kai;
ejnantivwn. levgw de; to; uJpo; oijkeivwn fqeivresqai, o{ti e[xw th'"
beltivsth" politeiva" aiJ a[llai pa'sai kai; ajnievmenai kai;
25 ejpiteinovmenai fqeivrontai, oi|on dhmokrativa ouj movnon ajniemevnh
ajsqenestevra givgnetai w{ste tevlo" h{xei eij" ojligarcivan, ajlla;
kai; ejpiteinomevnh sfovdra: w{sper kai; hJ grupovth" kai; hJ simov-
4. IL GENERE DELIBERATIVO. CARATTERI GENERALI 39
th" ouj movnon ajnievmena e[rcetai eij" to; mevson, ajlla; kai;
sfovdra grupa; ginovmena h] sima; ou{tw" diativqetai w{ste mhde;
30 mukth'ra dokei'n ei\nai. crhvs imon de; pro;" ta;" nomoqesiva"
to; mh; movnon ejpaiv>ein tiv" politeiva sumfevrei, ejk tw'n par-
elhluqovtwn qewrou'nta, ajlla; kai; ta;" para; toi'" a[lloi"
eijdevnai, aiJ poi'ai toi'" poivoi" aJrmovttousin: w{ste dh'lon o{ti
pro;" me;n th;n nomoqesivan aiJ th'" gh'" perivodoi crhvs imoi (ejn-
35 teu'qen ga;r labei'n e[stin tou;" tw'n ejqnw'n novmou~), pro;" de; ta;"
politika;" sumboula;" aiJ tw'n peri; ta;" pravxei" grafovntwn iJsto-
rivai: a{panta de; tau'ta politikh'" ajllΔ ouj rJhtorikh'" e[rgon ejstivn.
peri; w|n me;n ou\n e[cein dei' ãta;" protavsei~Ã to;n mevllon-
1360b ta sumbouleuvein, ta; mevgista tosau'tav ejstin: ejx w|n de; dei' kai;
peri; touvtwn kai; peri; tw'n a[llwn protrevpein h] ajpotrevpein
levgwmen pavlin.
5. La felicità
temi difficili da trattare una volta che sia stata data la de-
finizione di amico, vale a dire che è amico di tale genere:
1) chiunque pensa a cose buone per l’altro, 2) è capace
50 RETORICA I, 1361b 37 - 1362a 19
ei\nai ejkeivnw/, praktikov" ejstin aujtw'n diΔ ejkei'non. w|/ dh; pol-
loi; toiou'toi, poluvILlo", w|/ de; kai; ejpieikei'" a[ndre", crhstovILlo".
eujtuciva dev ejstin, w|n hJ tuvch ajgaqw'n aijtiva, tau'ta
1362a givgnesqai kai; uJpavrcein h] pavnta h] ta; plei'sta h] ta;
mevgista. aijtiva dΔ ejsti;n hJ tuvch ejnivwn me;n kai; w|n aiJ tevcnai,
pollw'n de; kai; ajtevcnwn, oi|on o{swn hJ fuvs i" (ejndevcetai de;
kai; para; fuvs in ei\nai): uJgieiva" me;n ga;r tevcnh aijtiva, kavl-
5 lou" de; kai; megevqou" fuvs i". o{lw" de; ta; toiau'ta tw'n ajga-
qw'n ejstin ajpo; tuvch" ejfΔ oi|" ejstin oJ fqovno". e[stin de; kai;
tw'n para; lovgon ajgaqw'n aijtiva tuvch, oi|on eij oiJ a[lloi
ajdelfoi; aijscroiv, oJ de; kalov", h] oiJ a[lloi mh; ei\don to;n
qhsaurovn, oJ dΔ eu|ren, h] eij tou' plhsivon e[tucen to; bevlo",
10 touvtou de; mhv, h] eij mh; h\lqe movno", ajei; foitw'n, oiJ de; a{pax
ejlqovnte" diefqavrhsan: pavnta ga;r ta; toiau'ta eujtuchvmata
dokei' ei\nai.
peri; de; ajreth'" ejpeivper oijkeiovtato" oJ peri; tou;" ejpaivnou" tov-
po", o{tan peri; ejpaivnou poiwvmeqa to;n lovgon, tovte dioristevon.
di compierle per lui. L’avere molti amici vale per chi di-
spone di tante persone siffatte, mentre l’utilità degli amici
vale per chi dispone di persone di valore.
È buona fortuna se il caso è la ragione di quei beni –
di tutti o della maggior parte o di quelli più importanti 1362a
– che si sono prodotti o che si hanno. La fatalità è causa
di alcune cose che sono prodotte anche dalle tecniche,
mentre lo è di molte prodotte anche senza tecniche, ad
esempio di tutte quelle di cui è causa anche la natura (è
possibile che le cose si verifichino anche contro natura):
infatti è causa della salute l’arte medica, della bellezza e 5
20 ta;" pravxei", to; de; sumfevron ajgaqovn), lhptevon a]n ei[h ta; stoi-
cei'a peri; ajgaqou' kai; sumfevronto" aJplw'". e[stw dh; ajga-
qo;n o} a]n aujto; eJautou' e{neka h\/ aiJretovn, kai; ou| e{neka a[llo
aiJrouvmeqa, kai; ou| ejILvetai pavnta, h] pavnta ta; ai[sqhsin
e[conta h] nou'n h] eij lavboi nou'n, kai; o{sa oJ nou'" a]n eJkavstw/
25 ajpodoivh, kai; o{sa oJ peri; e{kaston nou'" ajpodivdwsin eJkavstw/:
tou'tov ãgavrà ejstin eJkavstw/ ajgaqovn, kai; ou| parovnto" eu\ diavkei-
tai kai; aujtavrkw" e[cei, kai; to; au[tarke", kai; to; poihtiko;n h]
fulaktiko;n tw'n toiouvtwn, kai; w|/ ajkolouqei' ta; toiau'ta, kai;
ta; kwlutika; tw'n ejnantivwn kai; ta; fqartikav. ajkolouqei' de;
30 dicw'" (h] ga;r a{ma h] u{steron, oi|on tw'/ me;n manqavnein to;
ejpivstasqai u{steron, tw'/ de; uJgiaivnein to; zh'n a{ma), kai; ta;
poihtika; tricw'", ta; me;n wJ" to; uJgiaivnein uJgieiva", ta; de;
wJ" sitiva uJgieiva", ta; de; wJ" to; gumnavzesqai, o{ti wJ" ejpi;
to; polu; poiei' uJgiveian. touvtwn de; keimevnwn ajnavgkh tav" te
35 lhvyei" tw'n ajgaqw'n ajgaqa;" ei\nai kai; ta;" tw'n kakw'n
ajpobolav": ajkolouqei' ga;r tw'/ me;n to; mh; e[cein to; kako;n
a{ma, tw'/ de; to; e[cein to; ajgaqo;n u{steron. kai; hJ ajntΔ ejlavt-
tono" ajgaqou' meivzono" lh'y i" kai; ajnti; meivzono" kakou' ejlavt-
1362b tono": w|/ ga;r uJperevcei to; mei'zon tou' ejlavttono", touvtw/ givne-
tai tou' me;n lh'yi" tou' dΔ ajpobolhv. kai; ta;" ajreta;" de;
ajnavgkh ajgaqo;n ei\nai (kata; ga;r tauvta" eu\ te diavkeintai
oiJ e[conte", kai; poihtikai; tw'n ajgaqw'n eijs i kai; praktikaiv:
5 peri; eJkavsth" de; kai; tiv" kai; poiva cwri;" rJhtevon), kai; th;n
hJdonh;n ajgaqo;n ei\nai: pavnta ga;r ejILvetai ta; zw'/a aujth'" th'/
6. IL BENE E L’UTILE IN GENERALE 53
fuvsei: w{ste kai; ta; hJdeva kai; ta; kala; ajnavgkh ajgaqa;
ei\nai: ta; me;n ga;r hJdonh'" poihtikav, tw'n de; kalw'n ta; me;n
hJdeva ta; de; aujta; kaqΔ eJauta; aiJretav ejstin.
10 wJ" de; kaqΔ e}n eijpei'n, ajnavgkh ajgaqa; ei\nai tavde. eujdaimoniva:
kai; ga;r kaqΔ auJto; aiJreto;n kai; au[tarke", kai; e{neka aujth'"
ta\lla aiJrouvmeqa. dikaiosuvnh, ajndreiva, swfrosuvnh, megalo-
yuciva, megaloprevpeia, kai; aiJ a[llai aiJ toiau'tai e{xei": ajretai;
ga;r yuch'". kai; uJgiveia kai; kavllo" kai; ta; toiau'ta:
15 ajretai; ga;r swvmato" kai; poihtika; pollw'n, oi|on uJgiveia
kai; hJdonh'" kai; tou' zh'n, dio; kai; a[riston dokei' ei\nai, o{ti
duvo tw'n toi'" polloi'" timiwtavtwn ai[tiovn ejstin, hJdonh'" kai;
tou' zh'n. plou'to": ajreth; ga;r kthvsew" kai; poihtiko;n pol-
lw'n. ILvlo" kai; ILliva: kai; ga;r kaqΔ auJto;n aiJreto;" oJ
20 ILvlo" kai; poihtiko;" pollw'n. timhv, dovxa: kai; ga;r hJdeva
kai; poihtika; pollw'n, kai; ajkolouqei' aujtai'" wJ" ejpi; to;
polu; to; uJpavrcein ejfΔ oi|" timw'ntai. duvnami" tou' levgein,
tou' pravttein: poihtika; ga;r pavnta ta; toiau'ta ajgaqw'n. e[ti
eujfuiv>a, mnhvmh, eujmavqeia, ajgcivnoia, pavnta ta; toiau'ta:
25 poihtikai; ga;r au|tai ajgaqw'n aiJ dunavmei" eijs ivn. oJmoivw" de;
kai; aiJ ejpisth'mai pa'sai kai; aiJ tevcnai. kai; to; zh'n: eij ga;r
mhde;n a[llo e{poito ajgaqovn, kaqΔ auJto; aiJretovn ejstin. kai;
to; divkaion: sumfevron gavr ti koinh'/ ejstin.
6. IL BENE E L’UTILE IN GENERALE 55
tau'ta me;n ou\n scedo;n ta; oJmologouvmena ajgaqav ejstin: ejn de;
30 toi'" ajmILsbhthsivmoi" ejk tw'nde oiJ sullogismoiv. w|/ to; ejnantivon
kakovn, tou'tΔ ajgaqovn. kai; ou| to; ejnantivon toi'" ejcqroi'" sum-
fevrei: oi|on eij to; deilou;" ei\nai mavlista sumfevrei toi'" ejcqroi'",
dh'lon o{ti ajndreiva mavlista wjfevlimon toi'" polivtai". kai;
o{lw" o} oiJ ejcqroi; bouvlontai h] ejfΔ w|/ caivrousi, toujnantivon
35 touvtou wjfevlimon faivnetai: dio; ei[rhtai “h\ ken ghqhvsai Privamo"/”.
e[sti dΔ oujk ajei; tou'to, ajllΔ wJ" ejpi; to; poluv: oujde;n ga;r kwluvei
ejnivote taujto; sumfevrein toi'" ejnantivoi": o{qen levgetai wJ" ta;
1363a kaka; sunavgei tou;" ajnqrwvpou", o{tan h\/ taujto; blabero;n ajmfoi'n.
kai; ou| mh; e[stin uJperbolhv, tou'to ajgaqovn, o} dΔ a]n h\/ mei'zon h]
dei', kakovn. kai; ou| e{neka polla; pepovnhtai h] dedapavnhtai:
fainovmenon ga;r ajgaqo;n h[dh, kai; wJ" tevlo" to; toiou'ton uJpolam-
5 bavnetai, kai; tevlo" pollw'n, to; de; tevlo" ajgaqovn. o{qen tau'tΔ ei[rhtai
“ka;d dev ken eujcwlh;n Priavmw/” kai; “aijscrovn toi dhrovn te
mevnein”. kai; hJ paroimiva de; to; ejpi; quvrai" th;n uJdrivan. kai; ou| ãoiJÃ
polloi; ejILventai, kai; to; perimavchton fainovmenon: ou| ga;r pavnte"
ejILventai, tou'to ajgaqo;n h\n, oiJ de; polloi; w{sper pavnte" faivnon-
10 tai. kai; to; ejpainetovn: oujdei;" ga;r to; mh; ajgaqo;n ejpainei'.
kai; o} oiJ ejcqroi; kai; oiJ fau'loi ejpainou's in: w{sper ga;r
pavnte" h[dh oJmologou's in, eij kai; oiJ kakw'" peponqovte": dia; ga;r
to; fanero;n oJmologoi'en a[n, w{sper kai; fau'loi ou}" oiJ ILv-
loi yevgousi kai; ªajgaqoi;º ou}" oiJ ejcqroi; mh; yevgousin (dio; leloi-
6. IL BENE E L’UTILE IN GENERALE 57
tou' h|tton kalou': to; ga;r kalovn ejstin h[toi to; hJdu; h] to;
kaqΔ auJto; aiJretovn. kai; o{swn aujtoi; auJtoi'" h] ILvloi" bouv-
lontai ai[tioi ei\nai ma'llon, tau'ta meivzw ajgaqav, o{swn
30 de; h|tton, meivzw kakav. kai; ta; polucroniwvtera tw'n ojligo-
croniwtevrwn kai; ta; bebaiovtera tw'n ajbebaiotevrwn:
uJperevcei ga;r hJ crh's i" tw'n me;n tw'/ crovnw/ tw'n de; th'/
boulhvsei: o{tan ga;r bouvlwntai, uJpavrcei ma'llon hJ tou' be-
baivou. kai; wJ" a]n e}n tw'n sustoivcwn kai; tw'n oJmoivwn ptwv-
35 sewn, kai; ta\llΔ ajkolouqei', oi|on eij to; ajndreivw" kavllion kai;
aiJretwvteron tou' swfrovnw", kai; ajndreiva swfrosuvnh" aiJretw-
tevra kai; to; ajndrei'on ei\nai tou' swfronei'n. kai; o} pavnte"
aiJrou'ntai tou' mh; o} pavnte". kai; o} oiJ pleivou" h] o} oiJ ejlavttou":
1365a ajgaqo;n ga;r h\n ou| pavnte" ejILventai, w{ste kai; mei'zon ou|
ma'llon. kai; o} oiJ ajmILsbhtou'nte" h] oiJ ejcqroiv, h] oiJ krivnon-
te" h] ou}" ou|toi krivnousin: to; me;n ga;r wJ" a]n eij pavnte" fai'evn
ejsti, to; de; oiJ kuvrioi kai; oiJ eijdovte". kai; oJte; me;n ou| pavnte"
5 metevcousi mei'zon: ajtimiva ga;r to; mh; metevcein: oJte; de; ou|
mhdei;" h] ou| ojlivgoi: spaniwvteron gavr. kai; ta; ejpainetwvtera:
kallivw gavr. kai; w|n aiJ timai; meivzou", wJsauvtw": hJ ga;r
timh; w{sper ajxiva tiv" ejstin. kai; w|n aiJ zhmivai meivzou". kai;
ta; tw'n oJmologoumevnwn h] fainomevnwn megavlwn meivzw.
10 kai; diairouvmena de; eij" ta; mevrh ta; aujta; meivzw faivnetai.
plei'on ga;r uJperevcein faivnetai, o{qen kai; oJ poihthv" fhsi
7. LA MAGGIORE O MINORE UTILITÀ 71
o} lanqavnein mevllwn oujk a]n e{loito: dio; kai; to; eu\ pavscein
tou' eu\ poiei'n dovxeien a]n aiJretwvteron ei\nai: to; me;n ga;r ka]n
lanqavnh/ aiJrhvsetai, poiei'n dΔ eu\ lanqavnwn ouj dokei' a]n eJlev-
5 sqai. kai; o{sa ei\nai ma'llon h] dokei'n bouvlontai: pro;"
ajlhvqeian ga;r ma'llon: dio; kai; th;n dikaiosuvnhn fasi; mi-
kro;n ei\nai, o{ti dokei'n h] ei\nai aiJretwvteron: to; de; uJgiaivnein
ou[. kai; to; pro;" polla; crhsimwvteron, oi|on to; pro;" to;
zh'n kai; eu\ zh'n kai; th;n hJdonh;n kai; to; pravttein ta; kalav:
10 dio; oJ plou'to" kai; hJ uJgiveia mevgista dokei' ei\nai:
a{panta ga;r e[cei tau'ta. kai; to; ajlupovteron kai; meqΔ
hJdonh'": pleivw ga;r eJnov", o{ti uJpavrcei kai; hJ hJdonh; ªajga-
qo;nº kai; hJ ajlupiva. kai; duoi'n o} tw'/ aujtw'/ prostiqevmenon
mei'zon to; o{lon poiei'. kai; a} mh; lanqavnei parovnta h] a} lan-
15 qavnei: pro;" ajlhvqeian ga;r teivnei tau'ta: dio; to; ploutei'n
faneivh a]n mei'zon ajgaqo;n tou' dokei'n. kai; to; ajgaphtovn,
kai; toi'" me;n movnon ão]nà toi'" de; metΔ a[llwn: dio; kai; oujk i[sh
zhmiva, a[n ti" to;n eJterovfqalmon tuflwvsh/ kai; to;n duvΔ e[con-
ta: ajgaphto;n ga;r ajfhv/rhtai. ejk tivnwn me;n ou\n dei' ta;" pivstei"
20 fevrein ejn tw'/ protrevpein kai; ajpotrevpein, scedo;n ei[rhtai.
7. LA MAGGIORE O MINORE UTILITÀ 75
10 kai; diΔ hjqikou' (tw'/ ga;r poiovn tina faivnesqai to;n levgonta
pisteuvomen, tou'to dΔ ejsti;n a]n ajgaqo;" faivnhtai h] eu[nou" h]
a[mfw), devoi a]n ta; h[qh tw'n politeiw'n eJkavsth" e[cein hJma'":
to; me;n ga;r eJkavsth" h\qo" piqanwvtaton ajnavgkh pro;" eJkavsthn
ei\nai. tau'ta de; lhfqhvsetai dia; tw'n aujtw'n: ta; me;n ga;r
15 h[qh fanera; kata; th;n proaivresin, hJ de; proaivresi" ajna-
fevretai pro;" to; tevlo".
w|n me;n ou\n dei' ojrevgesqai protrevponta" wJ" ejsomevnwn
h] o[ntwn, kai; ejk tivnwn dei' ta;" peri; tou' sumfevronto" pivstei"
lambavnein, e[ti de; tw'n peri; ta;" politeiva" hjqw'n kai; nomivmwn
20 dia; tivnwn te kai; pw'" eujporhvsomen, ejfΔ o{son h\n tw'/ parovnti
kairw'/ suvmmetron, ei[rhtai: dihkrivbwtai ga;r ejn toi'" Politi-
koi'" peri; touvtwn.
9. Il genere epidittico
kalo;n me;n ou\n ejstin o} a]n diΔ auJto; aiJreto;n o]n ejp-
aineto;n h\/, h] o} a]n ajgaqo;n o]n hJdu; h\/, o{ti ajgaqovn: eij de;
35 tou'tov ejsti to; kalovn, ajnavgkh th;n ajreth;n kalo;n ei\nai:
ajgaqo;n ga;r o]n ejpainetovn ejstin. ajreth; dΔ ejsti; me;n duv-
nami" wJ" dokei' poristikh; ajgaqw'n kai; fulaktikhv, kai;
duvnami" eujergetikh; pollw'n kai; megavlwn, kai; pavntwn
1366b peri; pavnta: mevrh de; ajreth'" dikaiosuvnh, ajndreiva, swfro-
suvnh, megaloprevpeia, megaloyuciva, ejleuqeriovth", frovnhsi",
soILva. ajnavgkh de; megivsta" ei\nai ajreta;" ta;" toi'" a[lloi"
crhsimwtavta", ei[per ejsti;n hJ ajreth; duvnami" eujergetikhv,
5 ãkai;Ã dia; tou'to tou;" dikaivou" kai; ajndreivou" mavlista timw'-
sin: hJ me;n ga;r ejn polevmw/, hJ de; kai; ejn polevmw/ kai; ejn eij-
rhvnh/ crhvs imo" a[lloi". ei\ta ejleuqeriovth": proiv>entai ga;r
kai; oujk ajntagwnivzontai peri; tw'n crhmavtwn, w|n mavlista
ejILventai a[lloi. e[sti de; dikaiosuvnh me;n ajreth; diΔ h}n ta; auJtw'n
10 e{kastoi e[cousi, kai; wJ" oJ novmo": ajdikiva de; diΔ h}n ta; ajllov-
tria, oujc wJ" oJ novmo". ajndreiva de; diΔ h}n praktikoiv eijs i tw'n
kalw'n e[rgwn ejn toi'" kinduvnoi", kai; wJ" oJ novmo" keleuvei, kai;
uJphretikoi; tw'/ novmw/: deiliva de; toujnantivon. swfrosuvnh de;
ajreth; diΔ h}n pro;" ta;" hJdona;" ta;" tou' swvmato" ou{tw" e[cousin
15 wJ" oJ novmo" keleuvei: ajkolasiva de; toujnantivon. ejleuqeriovth"
de; peri; crhvmata eujpoihtikhv, ajneleuqeriva de; toujnantivon.
megaloyuciva de; ajreth; megavlwn poihtikh; eujergethmavtwn
ªmikroyuciva de; toujnantivonº, megaloprevpeia de; ajreth; ejn dapa-
nhvmasi megevqou" poihtikhv, mikroyuciva de; kai; mikro-
20 prevpeia tajnantiva. frovnhsi" dΔ ejsti;n ajreth; dianoiva" kaqΔ
h}n eu\ bouleuvesqai duvnantai peri; ajgaqw'n kai; kakw'n tw'n
eijrhmevnwn eij" eujdaimonivan.
peri; me;n ou\n ajreth'" kai; kakiva" kaqovlou kai; peri; tw'n mo-
rivwn ei[rhtai kata; to;n ejnestw'ta kairo;n iJkanw'", peri; de; tw'n
9. IL GENERE EPIDITTICO 81
25 a[llwn ouj calepo;n ijdei'n: fanero;n ga;r o{ti ajnavgkh tav te poih-
tika; th'" ajreth'" ei\nai kalav (pro;" ajreth;n gavr) kai; ta; ajpΔ ajre-
th'" ginovmena, toiau'ta de; tav te shmei'a th'" ajreth'" kai; ta;
e[rga: ejpei; de; ta; shmei'a kai; ta; toiau'ta a{ ejstin ajgaqou' e[rga
h] pavqh kalav, ajnavgkh o{sa te ajndreiva" e[rga h] shmei'a ajn-
30 dreiva" h] ajndreivw" pevpraktai kala; ei\nai, kai; ta; divkaia
kai; ta; dikaivw" e[rga (pavqh de; ou[: ejn movnh/ ga;r tauvth/ tw'n
ajretw'n oujk ajei; to; dikaivw" kalovn, ajllΔ ejpi; tou' zhmiou'-
sqai aijscro;n to; dikaivw" ma'llon h] to; ajdivkw~), kai; kata;
ta;" a[lla" de; ajreta;" wJsauvtw". kai; ejfΔ o{soi" ta; a\qla
35 timhv, kalav. kai; ejfΔ o{soi" timh; ma'llon h] crhvmata.
kai; o{sa mh; auJtou' e{neka pravttei ti" tw'n aiJretw'n, kai; ta;
aJplw'" ajgaqav, o{sa te uJpe;r patrivdo" ti" ejpoivhsen par-
idw;n to; auJtou', kai; ta; th'/ fuvsei ajgaqav, kai; a} mh; aujtw'/
1367a ajgaqav: auJtou' ga;r e{neka ta; toiau'ta. kai; o{sa teqnew'ti
ejndevcetai uJpavrcein ma'llon h] zw'nti: to; ga;r auJtou' e{neka
ma'llon e[cei ta; zw'nti. kai; o{sa e[rga tw'n a[llwn e{neka:
h|tton ga;r auJtou'. kai; o{sai eujpragivai peri; a[llou" ajlla;
5 mh; peri; auJtovn, kai; ãaiJÃ peri; tou;" eu\ poihvsanta": divkaion gavr.
kai; ta; eujergethvmata: ouj ga;r eij" auJtovn. kai; ta; ejnantiva
h] ejfΔ oi|" aijscuvnontai: ta; ga;r aijscra; aijscuvnontai kai;
levgonte" kai; poiou'nte" kai; mevllonte", w{sper kai; Sapfw;
pepoivhken, eijpovnto" tou' ΔAlkaivou
10 qevlw ti eijph'n, ajllav me kwluvei
aijdwv",
aiJ dΔ h\ce" ejsqlw'n i{meron h] kalw'n
kai; mhv ti eijph'n glw'ssΔ ejkuvka kakovn
9. IL GENERE EPIDITTICO 83
1368b 10. Peri; de; kathgoriva" kai; ajpologiva", ejk povswn kai;
poivwn poiei'sqai dei' tou;" sullogismouv", ejcovmenon a]n ei[h lev-
gein. dei' dh; labei'n triva, e}n me;n tivnwn kai; povswn e{neka ajdi-
kou's i, deuvteron de; pw'" aujtoi; diakeivmenoi, trivton de; tou;" poivou"
5 kai; pw'" e[conta". diorisavmenoi ou\n to; ajdikei'n levgwmen eJxh'".
e[stw dh; to; ajdikei'n to; blavptein eJkovnta para; to;n
novmon. novmo" dΔ ejsti;n oJ me;n i[dio" oJ de; koinov": levgw
de; i[dion me;n kaqΔ o}n gegrammevnon politeuvontai, koino;n de;
o{sa a[grafa para; pa's in oJmologei'sqai dokei'. eJkovnte" de;
10 poiou's in o{sa eijdovte" kai; mh; ajnagkazovmenoi. o{sa me;n ou\n
eijdovte", ouj pavnta proairouvmenoi, o{sa de; proairouvmenoi, eijdov-
te" a{panta: oujdei;" ga;r o} proairei'tai ajgnoei'. diΔ a} de;
10. IL GENERE GIUDIZIARIO 93
tuvch" ta; de; fuvsei ta; de; biva/. o{sa de; diΔ auJtouv", kai; w|n
1369a aujtoi; ai[tioi, ta; me;n diΔ e[qo" ta; de; diΔ o[rexin, ta; me;n
dia; logistikh;n o[rexin ta; de; diΔ a[logon: e[stin dΔ hJ me;n
bouvlhsi" ajgaqou' o[rexi" (oujdei;" ga;r bouvletai ajllΔ h] o{tan
oijhqh'/ ei\nai ajgaqovn), a[logoi dΔ ojrevxei" ojrgh; kai; ejpiqumiva:
5 w{ste pavnta o{sa pravttousin ajnavgkh pravttein diΔ aijtiva"
eJptav, dia; tuvchn, dia; fuvs in, dia; bivan, diΔ e[qo", dia; lo-
gismovn, dia; qumovn, diΔ ejpiqumivan. to; de; prosdiairei'sqai
kaqΔ hJlikivan h] e{xei" h] ajllΔ a[tta ta; prattovmena periv-
ergon: eij ga;r sumbevbhken toi'" nevoi" ojrgivloi" ei\nai h] ejpi-
10 qumhtikoi'", ouj dia; th;n neovthta pravttousi ta; toiau'ta ajlla; diΔ
ojrgh;n kai; ejpiqumivan. oujde; dia; plou'ton kai; penivan, ajlla;
sumbevbhke toi'" me;n pevnhsi dia; th;n e[ndeian ejpiqumei'n crh-
mavtwn, toi'" de; plousivoi" dia; th;n ejxousivan ejpiqumei'n tw'n
mh; ajnagkaivwn hJdonw'n: ajlla; pravxousi kai; ou|toi ouj dia;
15 plou'ton kai; penivan ajlla; dia; th;n ejpiqumivan. oJmoivw" de;
kai; oiJ divkaioi kai; oiJ a[dikoi, kai; oiJ a[lloi oiJ legovmenoi kata;
ta;" e{xei" pravttein, dia; tau'ta pravxousin: h] ga;r dia;
logismo;n h] dia; pavqo": ajllΔ oiJ me;n dia; h[qh kai; pavqh
crhstav, oiJ de; dia; tajnantiva. sumbaivnei mevntoi tai'" me;n
20 toiauvtai" e{xesi ta; toiau'ta ajkolouqei'n, tai'" de; toiai'sde
ta; toiavde: eujqu;" ga;r i[sw" tw'/ me;n swvfroni dia; to; swv-
frona ei\nai dovxai te kai; ejpiqumivai crhstai; ejpakolouqou's i
peri; tw'n hJdevwn, tw'/ dΔ ajkolavstw/ aiJ ejnantivai peri; tw'n
aujtw'n touvtwn: dio; ta;" me;n toiauvta" diairevsei" ejatevon, ske-
10. IL GENERE GIUDIZIARIO 97
25 ptevon de; poi'a poivoi" ei[wqen e{pesqai: eij me;n ga;r leuko;"
h] mevla", h] mevga" h] mikrov", oujde;n tevtaktai tw'n toiouvtwn
ajkolouqei'n, eij de; nevo" h] presbuvth", h] divkaio" h] a[diko", h[dh
diafevrei: kai; o{lw" o{sa tw'n sumbainovntwn poiei' diafevrein
ta; h[qh tw'n ajnqrwvpwn, oi|on ploutei'n dokw'n eJautw'/ h] pevnesqai
30 dioivsei ti, kai; eujtucei'n h] ajtucei'n. tau'ta me;n ou\n u{steron
ejrou'men, nu'n de; peri; tw'n loipw'n ei[pwmen prw'ton.
e[sti dΔ ajpo; tuvch" me;n ta; toiau'ta gignovmena, o{swn h{ te
aijtiva ajovristo" kai; mh; e{nekav tou givgnetai kai; mhvte ajei;
mhvte wJ" ejpi; to; polu; mhvte tetagmevnw" (dh'lon dΔ ejk tou'
35 oJrismou' th'" tuvch" peri; touvtwn), fuvsei de; o{swn h{ tΔ aijtiva
1369b ejn aujtoi'" kai; tetagmevnh: h] ga;r ajei; h] wJ" ejpi; to; polu;
wJsauvtw" ajpobaivnei. ta; ga;r para; fuvs in oujde;n dei' ajkribo-
logei'sqai povtera kata; fuvs in h[ tina a[llhn aijtivan
givgnetai: dovxeie dΔ a]n kai; hJ tuvch aijtiva ei\nai tw'n toiouv-
5 twn. biva/ de; o{sa parΔ ejpiqumivan h] tou;" logismou;" givgne-
tai ªdiΔº aujtw'n tw'n prattovntwn. e[qei de; o{sa dia; to; pol-
lavki" pepoihkevnai poiou's in. dia; logismo;n de; ta; dokou'nta
sumfevrein ejk tw'n eijrhmevnwn ajgaqw'n h] wJ" tevlo" h] wJ"
pro;" to; tevlo", o{tan dia; to; sumfevrein pravtthtai: e[nia
10 ga;r kai; oiJ ajkovlastoi sumfevronta pravttousin, ajllΔ ouj dia;
to; sumfevrein ajlla; diΔ hJdonhvn. dia; qumo;n de; kai; ojrgh;n
ta; timwrhtikav. diafevrei de; timwriva kai; kovlasi": hJ me;n ga;r
kovlasi" tou' pavsconto" e{nekav ejstin, hJ de; timwriva tou' poiou'n-
10. IL GENERE GIUDIZIARIO 99
di tutte quelle cose che hanno causa in loro stesse e che 1369b
è regolare, poiché si verifica o sempre o per lo più allo
stesso modo. Infatti non c’è per niente bisogno di preci-
sione se ciò che è contro natura si genera secondo natu-
ra o per qualche altro motivo: si sa che potrebbe essere
anche il caso il motivo di questo genere di avvenimenti. 5
to", i{na plhrwqh'/. tiv me;n ou\n ejstin hJ ojrghv, dh'lon e[stai
15 ejn toi'" peri; tw'n paqw'n. diΔ ejpiqumivan de; pravttetai
o{sa faivnetai hJdeva. e[stin de; kai; to; suvnhqe" kai; to; ejqisto;n
ejn toi'" hJdevs in: polla; ga;r kai; tw'n fuvsei mh; hJdevwn, o{tan
suneqisqw's in, hJdevw" poiou's in: w{ste sullabovnti eijpei'n, o{sa diΔ
auJtou;" pravttousin a{pantΔ ejsti;n h] ajgaqa; h] fainovmena
20 ajgaqav, h] hJdeva h] fainovmena hJdeva. ejpei; dΔ o{sa diΔ auJtou;"
eJkovnte" pravttousin, oujc eJkovnte" de; o{sa mh; diΔ auJtouv", pavntΔ
a]n ei[h o{sa eJkovnte" pravttousin h] ajgaqa; h] fainovmena
ajgaqav, h] hJdeva h] fainovmena hJdeva: tivqhmi ga;r kai; th;n
tw'n kakw'n h] fainomevnwn kakw'n h] ajpallagh;n h] ajnti;
25 meivzono" ejlavttono" metavlhyin ejn toi'" ajgaqoi'" (aiJreta; gavr
pw~), kai; th;n tw'n luphrw'n h] fainomevnwn ãluphrw'nà h] ajpal-
lagh;n h] metavlhyin ajnti; meizovnwn ejlattovnwn ejn toi'" hJdev-
sin wJsauvtw". lhptevon a[ra ta; sumfevronta kai; ta; hJdeva,
povsa kai; poi'a. peri; me;n ou\n tou' sumfevronto" ejn toi'"
30 sumbouleutikoi'" ei[rhtai provteron, peri; de; tou' hJdevo"
ei[pwmen nu'n. dei' de; nomivzein iJkanou;" ei\nai tou;" o{rou" eja;n
w\s i peri; eJkavstou mhvte ajsafei'" mhvte ajkribei'".
11. ÔUpokeivsqw dh; hJmi'n ei\nai th;n hJdonh;n kivnhsivn tina th'"
yuch'" kai; katavstasin ajqrovan kai; aijsqhth;n eij" th;n uJpavr-
35 cousan fuvs in, luvphn de; toujnantivon. eij dΔ ejsti;n hJdonh; to;
1370a toiou'ton, dh'lon o{ti kai; hJduv ejsti to; poihtiko;n th'" eijrhmevnh"
11. IL PIACERE 101
11. Il piacere
spera nelle cose future. Dunque delle cose che si posso- 1370b
no ricordare sono piacevoli non solo tutte quelle che lo
erano nel momento in cui erano presenti, quando erano
presenti, ma anche alcune che non lo erano, qualora a
queste avesse fatto seguito qualcosa di bello e di buono.
Perciò è stato anche detto: «ma ricordarsi dei pericoli,
una volta tratti in salvo, è piacevole»58, e: «infatti anche 5
wJ" ejpi; to; poluv: ejn me;n ga;r tw'/ qaumavzein to; ejpiqumei'n ma-
qei'n ejstin, w{ste to; qaumasto;n ejpiqumhtovn, ejn de; tw'/ manqavnein
ãto;Ã eij" to; kata; fuvs in kaqivstasqai. kai; to; eu\ poiei'n kai; to;
35 eu\ pavscein tw'n hJdevwn: to; me;n ga;r eu\ pavscein tugcav-
1371b nein w|n ejpiqumou's i, to; de; eu\ poiei'n e[cein kai; uJper-
evcein, w|n ajmfotevrwn ejILventai. dia; de; to; hJdu; ei\nai to;
eujpoihtikovn, kai; to; ejpanorqou'n hJdu; toi'" ajnqrwvpoi" ejsti;n tou;"
plhsivon, kai; to; ta; ejlliph' ejpitelei'n. ejpei; de; to; manqav-
5 nein te hJdu; kai; to; qaumavzein, kai; ta; toiavde ajnavgkh
hJdeva ei\nai, oi|on tov te mimouvmenon, w{sper graILkh; kai;
ajndriantopoiiva kai; poihtikhv, kai; pa'n o} a]n eu\ memimhmev-
non h\/, ka]n h\/ mh; hJdu; aujto; to; memimhmevnon: ouj ga;r ejpi;
touvtw/ caivrei, ajlla; sullogismo;" e[stin o{ti tou'to ejkei'no, w{ste
10 manqavnein ti sumbaivnei. kai; aiJ peripevteiai kai; to; para;
mikro;n swvzesqai ejk tw'n kinduvnwn: pavnta ga;r qaumasta;
tau'ta. kai; ejpei; to; kata; fuvs in hJduv, ta; suggenh' de; kata;
fuvs in ajllhvloi" ejstivn, pavnta ta; suggenh' kai; o{moia hJdeva
wJ" ejpi; to; poluv, oi|on a[nqrwpo" ajnqrwvpw/ kai; i{ppo" i{ppw/
15 kai; nevo" nevw/, o{qen kai; aiJ paroimivai ei[rhntai, ªwJ~º “h|lix h{lika
tevrpei”, kai; “wJ" aijei; to;n oJmoi'on”, kai; “e[gnw de; qh;r qh'ra”,
“kai; ga;r koloio;" para; koloiovn”, kai; o{sa a[lla toiau'ta.
ejpei; de; to; o{moion kai; to; suggene;" eJautw'/ hJdu; a{pan, mav-
lista de; aujto;" pro;" eJauto;n e{kasto" tou'to pevponqen, ajnavgkh
20 pavnta" ILlauvtou" ei\nai h] ma'llon h] h|tton: pavnta ga;r
ta; toiau'ta uJpavrcei pro;" auJto;n mavlista. ejpei; de; ILvl-
autoi pavnte", kai; ta; auJtw'n ajnavgkh hJdeva ei\nai pa's in, oi|on
e[rga kai; lovgou": dio; kai; ILlokovlake" wJ" ejpi; to; polu;
11. IL PIACERE 111
salvato per poco dai pericoli: tutte queste cose infatti sono
oggetto d’ammirazione. E poiché l’essere secondo natura
è piacevole, e le cose congeneri stanno tra loro in modo
conforme a natura, tutte le cose dello stesso genere e simili
sono per lo più piacevoli, ad esempio l’uomo per l’uomo
e il cavallo per il cavallo e il giovane per il giovane, di qui 15
12. »Wn me;n ou\n e{neka ajdikou's in, tau'tΔ ejstivn: pw'" de; e[con-
5 te" kai; tivna", levgwmen nu'n. aujtoi; me;n ou\n o{tan oi[wntai
dunato;n ei\nai to; pra'gma pracqh'nai kai; auJtoi'" dunatovn,
ei\tΔ a]n laqei'n pravxante", h] mh; laqovnte" mh; dou'nai divkhn,
h] dou'nai me;n ajllΔ ejlavttw th;n zhmivan ei\nai tou' kevrdou"
auJtoi'" h] w|n khvdontai. poi'a me;n ou\n dunata; faivnetai kai; poi'a
12. IL COMMETTERE E SUBIRE INGIUSTIZIE 113
14. ΔAdivkhma de; mei'zon, o{sw/ a]n ajpo; meivzono" h\/ ajdi-
25 kiva": dio; ta; ejlavcista mevgista, oi|on o} Melanwvpou
Kallivstrato" kathgovrei, o{ti parelogivsato triva hJmiwbevlia
iJera; tou;" naopoiouv": ejpi; dikaiosuvnh" de; toujnantivon. e[stin
de; tau'ta ejk tou' ejnupavrcein th'/ dunavmei: oJ ga;r triva hJmiw-
bevlia iJera; klevya" ka]n oJtiou'n ajdikhvseien. oJte; me;n dh; ou{tw
30 to; mei'zon, oJte; dΔ ejk tou' blavbou" krivnetai. kai; ou| mh; e[stin
i[sh timwriva, ajlla; pa'sa ejlavttwn. kai; ou| mh; e[stin i[asi":
calepo;n ga;r †kai; ajduvnaton†. kai; ou| mh; e[stin divkhn labei'n
to;n paqovnta: ajnivaton gavr: hJ ga;r divkh kai; kovlasi" kai; i[asi".
kai; eij oJ paqw;n kai; ajdikhqei;" aujto;" auJto;n megavlw" ejkov-
35 lasen: e[ti ga;r meivzoni oJ poihvsa" divkaio" kolasqh'nai,
oi|on Sofoklh'" uJpe;r Eujkthvmono" sunhgorw'n, ejpei; ajpevsfa-
1375a xen eJauto;n uJbrisqeiv", ouj timhvsein e[fh ejlavttono" h] oJ pa-
qw;n eJautw'/ ejtivmhsen. kai; o} movno" h] prw'to" h] metΔ ojlivgwn
pepoivhken. kai; to; pollavki" to; aujto; aJmartavnein ªmevgaº.
kai; diΔ o} a]n zhthqh'/ kai; euJreqh'/ ta; kwluvonta kai; zhmiou'nta,
5 oi|on ejn “Argei zhmiou'tai diΔ o}n a]n novmo" teqh'/ kai; diΔ ou}" to;
desmwthvrion wj/kodomhvqh. kai; to; qhriwdevsteron ajdivkhma
14. L’ENTITÀ DELL’INGIUSTIZIA 133
ejstivn, ajllΔ i{na, eja;n ajgnohvsh/ tiv levgei oJ novmo", mh; ejpiorkh'/.
kai; o{ti ouj to; aJplw'" ajgaqo;n aiJrei'tai oujdeiv", ajlla; to; auJtw'/.
20 kai; o{ti oujde;n diafevrei h] mh; kei'sqai h] mh; crh'sqai. kai;
o{ti ejn tai'" a[llai" tevcnai" ouj lusitelei' parasoILvzesqai to;n
ijatrovn: ouj ga;r tosou'to blavptei hJ aJmartiva tou' ijatrou' o{son
to; ejqivzesqai ajpeiqei'n tw'/ a[rconti. kai; o{ti to; tw'n novmwn
sofwvteron zhtei'n ei\nai, tou'tΔ ejsti;n o} ejn toi'" ejpainoumevnoi" nov-
25 moi" ajpagoreuvetai. kai; peri; me;n tw'n novmwn ou{tw" diwrivsqw:
peri; de; martuvrwn, mavrturev" eijs in dittoiv, oiJ me;n palaioi;
oiJ de; provsfatoi, kai; touvtwn oiJ me;n metevconte" tou' kinduvnou
oiJ dΔ ejktov". levgw de; palaiou;" me;n touv" te poihta;" kai;
o{swn a[llwn gnwrivmwn eijs i;n krivsei" faneraiv, oi|on ΔAqhnai'oi
30 ÔOmhvrw/ mavrturi ejcrhvsanto peri; Salami'no", kai; Tenevdioi
e[nagco" Periavndrw/ tw'/ Korinqivw/ pro;" Sigeiei'", kai; Kleofw'n
kata; Kritivou toi'" Sovlwno" ejlegeivoi" ejcrhvsato, levgwn o{ti
pavlai ajselgh;" hJ oijkiva: ouj ga;r a[n pote ejpoivhse Sovlwn
eijpei'n moi Kritiva/ purrovtrici patro;" ajkouvein.
35 peri; me;n ou\n tw'n genomevnwn oiJ toiou'toi mavrture", peri; de;
1376a tw'n ejsomevnwn kai; oiJ crhsmolovgoi, oi|on Qemistoklh'" o{ti
naumachtevon, to; xuvlinon tei'co" levgwn. e[ti kai; aiJ paroimivai,
w{sper ei[rhtai, martuvriav eijs in, oi|on ei[ ti" sumbouleuvei mh;
poiei'sqai ILvlon gevronta, touvtw/ marturei' hJ paroimiva,
5 mhvpotΔ eu\ e[rdein gevronta,
kai; to; tou;" uiJou;" ajnairei'n w|n kai; tou;" patevra",
15. LE PERSUASIONI NON TECNICHE 139
de; levgein wJ" oujk eijs i;n ajlhqei'" aiJ bavsanoi: polloi; me;n ga;r pacuv-
7a frone" ªoiJº kai; liqovdermoi kai; tai'" yucai'" o[nte" dunatoi;
7b gennaivw" ejgkarterou's i tai'" ajnavgkai", oiJ de; deiloi; kai;
7c eujlabei'" pro; tou' ta;" ajnavgka" ijdei'n aujtw'n kataqarrou's in,
7d w{ste oujde;n e[sti pisto;n ejn basavnoi".
peri; dΔ o{rkwn tetracw'" e[sti dielei'n: h] ga;r divdwsi kai; lam-
bavnei, h] oujdevteron, h] to; me;n to; dΔ ou[, kai; touvtwn h] divdwsin
10 me;n ouj lambavnei dev, h] lambavnei me;n divdwsin de; ou[. e[ti a[llw"
para; tau'ta, eij ojmwvmostai ou|to" uJpΔ aujtou' h] uJpΔ ejkeivnou. ouj
divdwsin me;n ou\n, o{ti rJa/divw" ejpiorkou's in, kai; o{ti oJ me;n ojmovsa"
oujk ajpodivdwsin, tou;" de; mh; ojmovsanto" oi[etai katadikavsein,
kai; ªwJ~º ou|to" oJ kivnduno" kreivttwn, oJ ejn toi'" dikastai'": toi'"
15 me;n ga;r pisteuvei tw'/ dΔ ou[. ouj lambavnei dΔ, o{ti ajnti; crhmav-
twn o{rko", kai; o{ti eij h\n fau'lo", katwmovsato a[n: krei'tton ga;r
a]n ãh\nà e{nekav tou fau'lon ei\nai h] mhdenov": ojmovsa" me;n ou\n e{xei,
mh; ojmovsa" dΔ ou[: ou{tw" de; diΔ ajreth;n a]n ei[h, ajllΔ ouj diΔ ejpi-
orkivan, to; mhv. kai; to; tou' Xenofavnou" aJrmovttei, o{ti “oujk
20 i[sh provklhsi" au{th tajsebei' pro;" eujsebh'”, ajllΔ oJmoiva kai;
eij ijscuro;" ajsqenh' patavxai h] plhgh'nai prokalevsaito. eij
de; lambavnei, o{ti pisteuvei auJtw'/, ejkeivnw/ dΔ ou[. kai; to; tou'
Xenofavnou" metastrevyanta fatevon ou{tw" i[son ei\nai a]n oJ me;n
ajsebh;" didw'/, oJ dΔ eujsebh;" ojmnuvh/: deinovn te to; mh; qevlein
25 aujtovn, uJpe;r w|n ejkeivnou" ajxioi' ojmovsanta" dikavzein. eij de;
15. LE PERSUASIONI NON TECNICHE 147
1. ΔEk tivnwn me;n ou\n dei' kai; protrevpein kai; ajpotrevpein, kai;
ejpainei'n kai; yevgein, kai; kathgorei'n kai; ajpologei'sqai, kai;
poi'ai dovxai kai; protavsei" crhvs imoi pro;" ta;" touvtwn pivstei",
tau'tΔ ejstivn: peri; ga;r touvtwn kai; ejk touvtwn ta; ejnqumhvmata,
20 wJ" peri; e{kaston eijpei'n ijdiva/ to; gevno" tw'n lovgwn. ejpei; de; e{neka
krivsewv" ejstin hJ rJhtorikhv (kai; ga;r ta;" sumboula;" krivnousi
kai; hJ divkh krivs i" ejstivn), ajnavgkh mh; movnon pro;" to;n lovgon
oJra'n, o{pw" ajpodeiktiko;" e[stai kai; pistov", ajlla; kai; auJto;n
poiovn tina kai; to;n krith;n kataskeuavzein: polu; ga;r diafevrei
25 pro;" pivstin, mavlista me;n ejn tai'" sumboulai'", ei\ta kai; ejn
tai'" divkai", tov te poiovn tina faivnesqai to;n levgonta kai; to;
pro;" auJtou;" uJpolambavnein pw" diakei'sqai aujtovn, pro;" de;
touvtoi" eja;n kai; aujtoi; diakeivmenoiv pw" tugcavnwsin. to; me;n
ou\n poiovn tina faivnesqai to;n levgonta crhsimwvteron eij" ta;"
30 sumboulav" ejstin, to; de; diakei'sqaiv pw" to;n ajkroath;n eij" ta;"
divka": ouj ga;r taujta; faivnetai ILlou's i kai; misou's in, oujdΔ
ojrgizomevnoi" kai; pravw" e[cousin, ajllΔ h] to; paravpan e{tera h]
1378a kata; mevgeqo" e{tera: tw'/ me;n ga;r ILlou'nti peri; ou| poiei'tai
th;n krivs in h] oujk ajdikei'n h] mikra; dokei' ajdikei'n, tw'/ de; misou'nti
LIBRO II
1. La credibilità dell’oratore
toujnantivon: kai; tw'/ me;n ejpiqumou'nti kai; eujevlpidi o[nti, eja;n h\/
to; ejsovmenon hJduv, kai; e[sesqai kai; ajgaqo;n e[sesqai faivnetai, tw'/
5 dΔ ajpaqei' ãh]Ã kai; dusceraivnonti toujnantivon.
tou' me;n ou\n aujtou;" ei\nai pistou;" tou;" levgonta" triva ejsti;
ta; ai[tia: tosau'ta gavr ejsti diΔ a} pisteuvomen e[xw tw'n ajpo-
deivxewn. e[sti de; tau'ta frovnhsi" kai; ajreth; kai; eu[noia:
diayeuvdontai ga;r peri; w|n levgousin h] sumbouleuvousin h] diΔ
10 a{panta tau'ta h] dia; touvtwn ti: h] ga;r diΔ ajfrosuvnhn oujk ojrqw'"
doxavzousin, h] doxavzonte" ojrqw'" dia; mocqhrivan ouj ta; dokou'nta
levgousin, h] frovnimoi me;n kai; ejpieikei'" eijs in ajllΔ oujk eu\noi,
diovper ejndevcetai mh; ta; bevltista sumbouleuvein gignwvskonta",
kai; para; tau'ta oujdevn. ajnavgkh a[ra to;n a{panta dokou'nta
15 tau'tΔ e[cein ei\nai toi'" ajkrowmevnoi" pistovn. o{qen me;n ou\n
frovnimoi kai; spoudai'oi fanei'en a[n, ejk tw'n peri; ta;" ajreta;"
dih/rhmevnwn lhptevon: ejk ga;r tw'n aujtw'n ka]n e{terovn ti" ka]n
eJauto;n kataskeuavseie toiou'ton: peri; dΔ eujnoiva" kai; ILliva" ejn
toi'" peri; ta; pavqh lektevon. e[sti de; ta; pavqh diΔ o{sa metabavl-
20 lonte" diafevrousi pro;" ta;" krivsei" oi|" e{petai luvph kai;
hJdonhv, oi|on ojrgh; e[leo" fovbo" kai; o{sa a[lla toiau'ta, kai; ta;
touvtoi" ejnantiva. dei' de; diairei'n peri; e{kaston eij" triva, levgw
dΔ oi|on peri; ojrgh'" pw'" te diakeivmenoi ojrgivloi eijs iv, kai; tivs in
eijwvqasin ojrgivzesqai, kai; ejpi; poivoi": eij ga;r to; me;n e}n h] ta;
25 duvo e[coimen touvtwn, a{panta de; mhv, ajduvnaton a]n ei[h th;n
1. LA CREDIBILITÀ DELL’ORATORE 153
Allora, tre sono le cause del fatto che gli oratori stessi
risultano persuasivi: tante sono infatti le cose per cui
prestiamo fede al di fuori delle dimostrazioni. Queste
sono la saggezza, la virtù e la benevolenza, poiché colo-
ro che si sbagliano su ciò che dicono o consigliano, lo
fanno o per tutti questi motivi o per uno di essi; infatti 10
ojrgh;n ejmpoiei'n: oJmoivw" de; kai; ejpi; tw'n a[llwn. w{sper ou\n
kai; ejpi; tw'n proeirhmevnwn diegravyamen ta;" protavsei", ou{tw
kai; peri; touvtwn poihvswmen kai; dievlwmen to;n eijrhmevnon
trovpon.
2. L’ira
ne, sia che non collabori, sia che ostacoli in qualche altra
cosa chi è in stato di necessità. Perciò quelli che sono am-
malati, poveri, che sono in guerra, in amore, assetati, in
generale che desiderano e non riescono a portare a com-
pimento, sono irascibili e facili ad eccitarsi, soprattutto
contro quelli che non hanno alcun riguardo della condi-
zione in cui ci si trova, ad esempio chi è ammalato contro
chi non ha riguardo della malattia, chi è in miseria contro 20
polu; para; dovxan, eja;n gevnhtai o} bouvletai: dio; kai; w|rai kai;
crovnoi kai; diaqevsei" kai; hJlikivai ejk touvtwn faneraiv, poi'ai
eujkivnhtoi pro;" ojrgh;n kai; pou' kai; povte, kai; o{te ma'llon ejn
touvtoi" eijs iv, ma'llon kai; eujkivnhtoi.
30 aujtoi; me;n ou\n ou{tw" e[conte" eujkivnhtoi pro;" ojrghvn, ojrgiv-
zontai de; toi'" te katagelw's i kai; cleuavzousin kai; skwv-
ptousin (uJbrivzousi gavr), kai; toi'" ta; toiau'ta blavptousin o{sa
u{brew" shmei'a: ajnavgkh de; toiau'ta ei\nai a} mhvte ajntiv tino"
mhvtΔ wjfevlima toi'" poiou's in: h[dh ga;r dokei' diΔ u{brin. kai;
35 toi'" kakw'" levgousi kai; katafronou's i peri; w|n aujtoi; mavlista
spoudavzousin, oi|on oiJ ejpi; ILlosoILva/ ILlotimouvmenoi ejavn ti"
eij" th;n ILlosoILvan, oiJ dΔ ejpi; th'/ ijdeva/ ejavn ti" eij" th;n ijdevan,
oJmoivw" de; kai; ejpi; tw'n a[llwn: tau'ta de; pollw'/ ma'llon, eja;n
uJpopteuvswsi mh; uJpavrcein auJtoi'", h] o{lw" h] mh; ijscurw'", h]
1379b mh; dokei'n: ejpeida;n ga;r sfovdra oi[wntai uJperevcein ejn touv-
toi" ejn oi|" skwvptontai, ouj frontivzousin. kai; toi'" ILvloi"
ma'llon h] toi'" mh; ILvloi": oi[ontai ga;r proshvkein ma'llon
pavscein eu\ uJpΔ aujtw'n h] mhv. kai; toi'" eijqismevnoi" tima'n h]
5 frontivzein, eja;n pavlin mh; ou{tw" oJmilw's in: kai; ga;r uJpo;
touvtwn oi[ontai katafronei'sqai: taujta; ga;r a]n poiei'n. kai;
toi'" mh; ajntipoiou's in eu\ mhde; th;n i[shn ajntapodidou's in. kai;
toi'" tajnantiva poiou's in aujtoi'", eja;n h{ttou" w\s in. katafronei'n
2. L’IRA 161
ga;r pavnte" oiJ toiou'toi faivnontai, kai; oiJ me;n wJ" hJttovnwn oiJ
10 dΔ wJ" para; hJttovnwn. kai; toi'" ejn mhdeni; lovgw/ ou\s in, a[n ti
ojligwrw's i, ma'llon: uJpovkeitai ga;r hJ ojrgh; th'" ojligwriva"
pro;" tou;" mh; proshvkonta", proshvkei de; toi'" h{ttosi mh; ojli-
gwrei'n: toi'" de; ILvloi", ejavn te mh; eu\ levgwsin h] poiw's in, kai;
e[ti ma'llon eja;n tajnantiva, kai; eja;n mh; aijsqavnwntai deomevnwn,
15 w{sper oJ ΔAntifw'nto" Plhvxippo" tw'/ Meleavgrw/: ojligwriva"
ga;r to; mh; aijsqavnesqai shmei'on: w|n ga;r frontivzomen ouj
lanqavnei. kai; toi'" ejpicaivrousi tai'" ajtucivai" kai; o{lw"
eujqumoumevnoi" ejn tai'" aujtw'n ajtucivai": h] ga;r ejcqrou' h] ojli-
gwrou'nto" shmei'on. kai; toi'" mh; frontivzousin eja;n luphvswsin:
20 dio; kai; toi'" kaka; ajggevllousin ojrgivzontai. kai; toi'" h] ajkouvousi
peri; aujtw'n h] qewmevnoi" ta; aujtw'n fau'la: o{moioi gavr eijs in h]
ojligwrou's in h] ejcqroi'": oiJ ga;r ILvloi sunalgou's in, qewvmenoi de;
ta; oijkei'a fau'la pavnte" ajlgou's in. e[ti toi'" ojligwrou's i pro;"
pevnte, pro;" ou}" ILlotimou'ntai, ªpro;~º ou}" qaumavzousin, uJfΔ
25 w|n bouvlontai qaumavzesqai, h] ou}" aijscuvnontai, h] ejn toi'"
aijscunomevnoi" aujtouv": a[n ti" ejn touvtoi" ojligwrh'/, ojrgivzontai
ma'llon. kai; toi'" eij" ta; toiau'ta ojligwrou's in uJpe;r w|n aujtoi'"
aijscro;n mh; bohqei'n, oi|on gonei'", tevkna, gunai'ka", ajrcomevnou".
2. L’IRA 163
kai; toi'" cavrin mh; ajpodidou's in: para; to; prosh'kon ga;r hJ
30 ojligwriva. kai; toi'" eijrwneuomevnoi" pro;" spoudavzonta":
katafronhtiko;n ga;r hJ eijrwneiva. kai; toi'" tw'n a[llwn eujpoih-
tikoi'", eja;n mh; kai; aujtw'n: kai; ga;r tou'to katafronhtikovn,
to; mh; ajxiou'n, w|n pavnta", kai; aujtovn. poihtiko;n dΔ ojrgh'" kai;
hJ lhvqh, oi|on kai; hJ tw'n ojnomavtwn, ou{tw" ou\sa peri; mikrovn:
35 ojligwriva" ga;r dokei' kai; hJ lhvqh shmei'on ei\nai: diΔ ajmevleian
me;n ga;r hJ lhvqh givgnetai, hJ dΔ ajmevleia ojligwriva tiv"
ejstin.
1380a oi|" me;n ou\n ojrgivzontai kai; wJ" e[conte" kai; dia; poi'a,
a{ma ei[rhtai: dh'lon dΔ o{ti devoi a]n kataskeuavzein tw'/ lovgw/
toiouvtou" oi|oi o[nte" ojrgivlw" e[cousin, kai; tou;" ejnantivou"
touvtoi" ejnovcou" o[nta" ejfΔ oi|" ojrgivzontai, kai; toiouvtou" oi{oi"
5 ojrgivzontai.
3. La mitezza
wJ" ouj tetimwrhmevno" eij mh; h[/sqeto kai; uJfΔ o{tou kai; ajnqΔ
25 o{tou: w{ste ou[te toi'" a[lloi" o{soi mh; aijsqavnontai ojrgivzontai,
ou[te toi'" teqnew's in e[ti, wJ" peponqovs i te to; e[scaton kai;
oujk ajlghvsousin oujdΔ aijsqhsomevnoi", ou| oiJ ojrgizovmenoi ejILven-
tai: dio; eu\ peri; tou' ”Ektoro" oJ poihthv", pau'sai boulovmeno"
to;n ΔAcilleva th'" ojrgh'" teqnew'to",
30 kwfh;n ga;r dh; gai'an ajeikivzei meneaivnwn.
dh'lon ou\n o{ti toi'" kataprauv>nein boulomevnoi" ejk touvtwn
tw'n tovpwn lektevon, auJtou;" me;n paraskeuavzousi toiouvtou",
oi|" dΔ ojrgivzontai h] foberou;" h] aijscuvnh" ajxivou" h] kecarismev-
nou" h] a[konta" h] uJperalgou'nta" toi'" pepoihmevnoi".
35 4. Tivna" de; ILlou's i kai; misou's i, kai; dia; tiv, th;n ILlivan kai;
to; ILlei'n oJrisavmenoi levgwmen. e[stw dh; to; ILlei'n to; bouvle-
sqaiv tini a} oi[etai ajgaqav, ejkeivnou e{neka ajlla; mh; auJtou', kai; to;
1381a kata; duvnamin praktiko;n ei\nai touvtwn. ILvlo" dev ejstin oJ ILlw'n
kai; ajntiILlouvmeno": oi[ontai de; ILvloi ei\nai oiJ ou{tw" e[cein
oijovmenoi pro;" ajllhvlou". touvtwn de; uJpokeimevnwn ajnavgkh ILvlon
ei\nai to;n sunhdovmenon toi'" ajgaqoi'" kai; sunalgou'nta toi'"
5 luphroi'" mh; diav ti e{teron ajlla; diΔ ejkei'non: gignomevnwn ga;r
w|n bouvlontai caivrousin pavnte", tw'n ejnantivwn de; lupou'ntai,
4. LE RAGIONI DELL’AMORE E DELL’ODIO 171
w{ste th'" boulhvsew" shmei'on aiJ lu'pai kai; aiJ hJdonaiv. kai; oi|"
dh; taujta; ajgaqa; kai; kakav, kai; oiJ toi'" aujtoi'" ILvloi kai; oiJ toi'"
aujtoi'" ejcqroiv: taujta; ga;r touvtoi" bouvlesqai ajnavgkh, w{ste
10 a{per auJtw'/ kai; a[llw/ boulovmeno" touvtw/ faivnetai ILvlo" ei\nai.
kai; tou;" pepoihkovta" eu\ ILlou's in, h] aujtou;" h] w|n khvdontai,
h] eij megavla, h] eij proquvmw", h] eij ejn toiouvtoi" kairoi'", kai;
aujtw'n e{neka, h] ou}" a]n oi[wntai bouvlesqai poiei'n eu\. kai; tou;"
tw'n ILvlwn ILvlou" kai; ILlou'nta" ou}" aujtoi; ILlou's in. kai; tou;"
15 ILloumevnou" uJpo; tw'n ILloumevnwn aujtoi'". kai; tou;" toi'"
aujtoi'" ejcqrou;" kai; misou'nta" ou}" aujtoi; misou's in, kai; tou;"
misoumevnou" uJpo; tw'n aujtoi'" misoumevnwn: pa's in ga;r touvtoi"
ta; aujta; ajgaqa; faivnetai ei\nai kai; aujtoi'", w{ste bouvlesqai ta;
aujtoi'" ajgaqav, o{per h\n tou' ILvlou. e[ti tou;" eujpoihtikou;" eij"
20 crhvmata kai; eij" swthrivan: dio; tou;" ejleuqerivou" kai; ajndreivou"
timw's i kai; tou;" dikaivou": toiouvtou" dΔ uJpolambavnousi tou;"
mh; ajfΔ eJtevrwn zw'nta": toiou'toi dΔ oiJ ajpo; tou' ejrgavzesqai, kai;
touvtwn oiJ ajpo; gewrgiva", kai; tw'n a[llwn oiJ aujtourgoi; mavlista.
kai; tou;" swvfrona", o{ti oujk a[dikoi. kai; tou;" ajpravgmona"
25 dia; to; aujtov. kai; oi|" boulovmeqa ILvloi ei\nai, a]n faivnwntai
boulovmenoi: eijs i; de; toiou'toi oi{ tΔ ajgaqoi; katΔ ajreth;n kai; oiJ
eujdovkimoi h] ejn a{pasin h] ejn toi'" beltivstoi" h] ejn toi'" qau-
mazomevnoi" uJfΔ auJtw'n h] ejn toi'" qaumavzousin aujtouv". e[ti
tou;" hJdei'" sundiagagei'n kai; sundihmereu'sai: toiou'toi dΔ
30 oiJ eu[koloi kai; mh; ejlegktikoi; tw'n aJmartanomevnwn kai; mh;
4. LE RAGIONI DELL’AMORE E DELL’ODIO 173
liva/ h] Swkravtei, to; de; mi'so" kai; pro;" ta; gevnh: to;n ga;r klev-
pthn misei' kai; to;n sukofavnthn a{pa". kai; to; me;n ijato;n
crovnw/, to; dΔ ajnivaton. kai; to; me;n luvph" e[fesi", to; de; kakou':
ai[sqesqai ga;r bouvletai oJ ojrgizovmeno", tw'/ dΔ oujde;n diafevrei.
10 e[sti de; ta; me;n luphra; aijsqhta; pavnta, ta; de; mavlista kaka;
h{kista aijsqhtav, ajdikiva kai; ajfrosuvnh: oujde;n ga;r lupei' hJ
parousiva th'" kakiva". kai; to; me;n meta; luvph", to; dΔ ouj
meta; luvph": oJ me;n ga;r ojrgizovmeno" lupei'tai, oJ de; misw'n ou[.
kai; oJ me;n pollw'n a]n genomevnwn ejlehvseien, oJ dΔ oujdenov": oJ me;n
15 ga;r ajntipaqei'n bouvletai w|/ ojrgivzetai, oJ de; mh; ei\nai.
fanero;n ou\n ejn touvtwn o{ti ejndevcetai ejcqrou;" kai; ILvlou"
kai; o[nta" ajpodeiknuvnai kai; mh; o[nta" poiei'n kai; favskonta"
dialuvein, kai; diΔ ojrgh;n h] diΔ e[cqran ajmILsbhtou'nta" ejfΔ oJpo-
tevran a]n proairh'taiv ti" a[gein.
20 5. Poi'a de; fobou'ntai kai; tivna" kai; pw'" e[conte", w|dΔ e[stai
fanerovn. e[stw dh; oJ fovbo" luvph ti" h] tarach; ejk fantasiva"
mevllonto" kakou' fqartikou' h] luphrou': ouj ga;r pavnta ta;
kaka; fobou'ntai, oi|on eij e[stai a[diko" h] braduv", ajllΔ o{sa
luvpa" megavla" h] fqora;" duvnatai, kai; tau'ta eja;n mh; povrrw
25 ajlla; suvneggu" faivnhtai w{ste mevllein. ta; ga;r povrrw sfovdra
5. LA PAURA E L’ARDIMENTO 179
5. La paura e l’ardimento
tou;" uJpo; touvtwn kai; tau'ta kai; tovte. oujk oi[ontai de; paqei'n
1383a a]n ou[te oiJ ejn eujtucivai" megavlai" o[nte" kai; dokou'nte" (dio;
uJbristai; kai; ojlivgwroi kai; qrasei'", poiei' de; toiouvtou" plou'-
to" ijscu;" poluILliva duvnami~), ou[te oiJ h[dh peponqevnai pavnta
nomivzonte" ta; deina; kai; ajpeyugmevnoi pro;" to; mevllon, w{sper
5 oiJ ajpotumpanizovmenoi h[dh: ajlla; dei' tina ejlpivda uJpei'nai
swthriva", peri; ou| ajgwniw's in. shmei'on dev: oJ ga;r fovbo"
bouleutikou;" poiei', kaivtoi oujdei;" bouleuvetai peri; tw'n ajnel-
pivstwn: w{ste dei' toiouvtou" paraskeuavzein, o{tan h\/ bevltion
to; fobei'sqai aujtouv", o{ti toiou'toiv eijs in oi|on paqei'n (kai; ga;r
10 a[lloi meivzou" e[paqon), kai; tou;" toiouvtou" deiknuvnai pavscon-
ta" h] peponqovta", kai; uJpo; toiouvtwn uJfΔ w|n oujk w[/onto, kai;
tau'ta ãa}Ã kai; tovte o{te oujk w[/onto.
ejpei; de; peri; fovbou fanero;n tiv ejstin, kai; tw'n foberw'n,
kai; wJ" e{kastoi e[conte" dedivasi, fanero;n ejk touvtwn kai; to;
15 qarrei'n tiv ejsti, kai; peri; poi'a qarralevoi eijs i; kai; pw'" diakeiv-
menoi qarralevoi eijs ivn: tov te ga;r qavrso" to; ejnantivon tw'/
ãfovbw/, kai; to; qarralevon tw'/Ã foberw'/, w{ste meta; fantasiva" hJ
ejlpi;" tw'n swthrivwn wJ" ejggu;" o[ntwn, tw'n de; foberw'n ãwJ~Ã h]
mh; o[ntwn h] povrrw o[ntwn. e[sti de; qarraleva tav te deina; povrrw
20 o[nta kai; ta; swthvria ejgguv", kai; ejpanorqwvsei" a]n w\s i kai; bohv-
qeiai pollai; h] megavlai h] a[mfw, kai; mhvte hjdikhmevnoi mhvte
hjdikhkovte" w\s in, ajntagwnistaiv te h] mh; w\s in o{lw", h] mh;
e[cwsin duvnamin, h] duvnamin e[conte" w\s i ILvloi h] pepoihkovte"
5. LA PAURA E L’ARDIMENTO 185
6. La vergogna e l’impudenza
in considerazione.
E le persone hanno considerazione di coloro che li
ammirano, di quelli che essi ammirano, di coloro dai
quali vogliono essere ammirati, di quelli con cui si è
in competizione e di coloro di cui si rispetta il parere.
Dunque, si ammirano e si vuol essere ammirati da tut-
ti quelli che hanno un qualche bene di prestigio, op-
pure da che è fortemente bisognoso di ciò di cui sono 30
indigna per ciò che non fa. E si prova vergogna con chi
tende a riferire a tanti (non vi è infatti alcuna differenza
tra non screditare e non riferire); inclini a riferire sono
coloro che hanno subito un’ingiustizia, perché osserva-
no con attenzione, e i maldicenti: infatti se sparlano di
194 RETORICA II, 1384b 9-30
ne avremo in abbondanza.
198 RETORICA II, 1385a 16 - b 2
7. Tivs in de; cavrin e[cousi kai; ejpi; tivs in kai; pw'" aujtoi; e[conte",
oJrisamevnoi" th;n cavrin dh'lon e[stai. e[stw dh; cavri", kaqΔ h}n oJ
e[cwn levgetai cavrin e[cein, uJpourgiva tw'/ deomevnw/ mh; ajntiv tino",
mhdΔ i{na ti aujtw'/ tw'/ uJpourgou'nti ajllΔ i{na ti ejkeivnw/: megavlh de;
20 a]n h\/ sfovdra deovmeno", h] megavlwn kai; calepw'n, h] ejn kairoi'"
toiouvtoi", h] movno" h] prw'to" h] mavlista. dehvsei" dev eijs in aiJ
ojrevxei", kai; touvtwn mavlista aiJ meta; luvph" tou' mh; gignomev-
nou. toiau'tai de; aiJ ejpiqumivai, oi|on e[rw", kai; aiJ ejn tai'" tou'
swvmato" kakwvsesin kai; ejn kinduvnoi": kai; ga;r oJ kinduneuvwn
25 ejpiqumei' kai; oJ lupouvmeno": dio; oiJ ejn peniva/ paristavmenoi kai;
fugai'", ka]n mikra; uJphrethvswsin, dia; to; mevgeqo" th'" dehvsew"
kai; to;n kairo;n kecarismevnoi, oi|on oJ ejn Lukeivw/ to;n formo;n
douv". ajnavgkh ou\n mavlista me;n eij" taujta; e[cein th;n uJpour-
givan, eij de; mhv, eij" i[sa h] meivzw: w{ste ejpei; fanero;n kai; oi|"
30 kai; ejfΔ oi|" givgnetai cavri" kai; pw'" e[cousi, dh'lon o{ti ejk
touvtwn paraskeuastevon, tou;" me;n deiknuvnta" h] o[nta" h]
gegenhmevnou" ejn toiauvth/ luvph/ kai; dehvsei, tou;" de; uJphreth-
kovta" ejn toiauvth/ creiva/ toiou'tovn ti h] uJphretou'nta". fane-
ro;n de; kai; o{qen ajfairei'sqai ejndevcetai th;n cavrin kai; poiei'n
1385b ajcarivstou": h] ga;r o{ti auJtw'n e{neka uJphretou's in h] uJphrevth-
san (tou'to dΔ oujk h\n cavri~), h] o{ti ajpo; tuvch" sunevpesen h]
7. IL FAVORE 199
7. Il favore
8. La compassione
non avere più nulla per cui provare dolore, poiché ha già
subito tutto il possibile), né quelli che si ritengono oltre-
202 RETORICA II, 1385b 21 - 1386a 9
9. Lo sdegno
20 oJmoivou. to; de; mh; o{ti aujtw'/ ti sumbhvsetai e{teron, ajlla; diΔ
aujto;n to;n plhsivon, a{pasin oJmoivw" dei' uJpavrcein: ouj ga;r e[ti
e[stai to; me;n fqovno", to; de; nevmesi", ajlla; fovbo", eja;n dia;
tou'to hJ luvph uJpavrch/ kai; hJ tarachv, o{ti aujtw'/ ti e[stai fau'lon
ajpo; th'" ejkeivnou eujpraxiva".
25 fanero;n dΔ o{ti ajkolouqhvsei kai;
ta; ejnantiva pavqh touvtoi": oJ me;n ga;r lupouvmeno" ejpi; toi'"
ajnaxivw" kakopragou's in hJsqhvsetai h] a[lupo" e[stai ejpi; toi'"
ejnantivw" kakopragou's in, oi|on tou;" patraloiva" kai; miai-
fovnou", o{tan tuvcwsi timwriva", oujdei;" a]n luphqeivh crhstov":
30 dei' ga;r caivrein ejpi; toi'" toiouvtoi", wJ" dΔ au[tw" kai; ejpi; toi'"
eu\ pravttousi katΔ ajxivan: a[mfw ga;r divkaia, kai; poiei' caivrein
to;n ejpieikh': ajnavgkh ga;r ejlpivzein uJpavrxai a]n a{per tw'/ oJmoivw/,
kai; auJtw'/. kai; e[stin tou' aujtou' h[qou" a{panta tau'ta, ta; dΔ
ejnantiva tou' ejnantivou: oJ ga;r aujtov" ejstin ejpicairevkako" kai;
1387a fqonerov": ejfΔ w|/ gavr ti" lupei'tai gignomevnw/ kai; uJpavrconti,
ajnagkai'on tou'ton ejpi; th'/ sterhvsei kai; th'/ fqora'/ th'/ touvtou
caivrein: dio; kwlutika; me;n ejlevou pavnta tau'tΔ ejstiv, diafevrei
de; dia; ta;" eijrhmevna" aijtiva", w{ste pro;" to; mh; ejleeina; poiei'n
5 a{panta oJmoivw" crhvs ima.
prw'ton me;n ou\n peri; tou' nemesa'n levgwmen, tivs in te neme-
sw's i kai; ejpi; tivs i kai; pw'" e[conte" aujtoiv, ei\ta meta; tau'ta
peri; tw'n a[llwn. fanero;n dΔ ejk tw'n eijrhmevnwn: eij gavr ejsti to;
nemesa'n lupei'sqai ejpi; tw'/ fainomevnw/ ajnaxivw" eujpragei'n,
9. LO SDEGNO 209
10 prw'ton me;n dh'lon o{ti oujc oi|ovn tΔ ejpi; pa's i toi'" ajgaqoi'"
nemesa'n: ouj ga;r eij divkaio" h] ajndrei'o", h] eij ajreth;n lhvyetai,
nemeshvsei touvtw/ (oujde; ga;r e[leoi ejpi; toi'" ejnantivoi" touvtwn
eijs ivn), ajlla; ejpi; plouvtw/ kai; dunavmei kai; toi'" toiouvtoi", o{swn
wJ" aJplw'" eijpei'n a[xioiv eijs in oiJ ajgaqoi; kai; oiJ ta; fuvsei e[conte"
15 ajgaqav, oi|on eujgevneian kai; kavllo" kai; o{sa toiau'ta. ejpei; de;
to; ajrcai'on ejgguv" ti faivnetai tou' fuvsei, ajnavgkh toi'" taujto;
e[cousin ajgaqovn, eja;n newsti; e[conte" tugcavnwsi kai; dia; tou'to
eujpragw's i, ma'llon nemesa'n: ma'llon ga;r lupou's in oiJ newsti;
ploutou'nte" tw'n pavlai kai; dia; gevno": oJmoivw" de; kai; a[rconte"
20 kai; dunavmenoi kai; poluvILloi kai; eu[teknoi kai; oJtiou'n tw'n
toiouvtwn. kai; a]n dia; tau'ta a[llo ti ajgaqo;n givgnhtai aujtoi'",
wJsauvtw": kai; ga;r ejntau'qa ma'llon lupou's in oiJ neovploutoi
a[rconte" dia; to;n plou'ton h] oiJ ajrcaiovploutoi. oJmoivw" de; kai;
ejpi; tw'n a[llwn. ai[tion dΔ o{ti oiJ me;n dokou's i ta; auJtw'n e[cein
25 oiJ dΔ ou[: to; ga;r ajei; ou{tw fainovmenon e[cein ajlhqe;" dokei', w{ste
oiJ e{teroi ouj ta; auJtw'n e[cein. kai; ejpei; e{kaston tw'n ajgaqw'n ouj
tou' tucovnto" a[xion, ajllav ti" e[stin ajnalogiva kaiv ti aJrmovtton,
oi|on o{plwn kavllo" ouj tw'/ dikaivw/ aJrmovttei ajlla; tw'/ ajndreivw/,
kai; gavmoi diafevronte" ouj toi'" newsti; plousivoi" ajlla; toi'"
30 eujgenevs in: a]n ou\n ajgaqo;" w]n mh; tou' aJrmovttonto" tugcavnh/,
nemeshtovn. kai; ãto;Ã to;n h{ttw tw'/ kreivttoni ajmILsbhtei'n,
9. LO SDEGNO 211
mavlista me;n ou\n tou;" ejn tw'/ aujtw'/, o{qen kai; tou'tΔ ei[rhtai,
Ai[anto" dΔ ajleveine mavchn Telamwniavdao:
Zeu;" ga;r oiJ nemevsascΔ, o{tΔ ajmeivnoni fwti; mavcoito:
1387b eij de; mhv, ka]n oJpwsou'n oJ h{ttwn tw'/ kreivttoni, oi|on eij oJ
mousiko;" tw'/ dikaivw/: bevltion ga;r hJ dikaiosuvnh th'" mou-
sikh'".
oi|" me;n ou\n nemesw's i kai; dia; tiv, ejk touvtwn dh'lon: tau'ta
5 ga;r kai; ta; toiau'tav ejstin. aujtoi; de; nemeshtikoiv eijs in, eja;n
a[xioi tugcavnwsin o[nte" tw'n megivstwn ajgaqw'n kai; tau'ta
kekthmevnoi: to; ga;r tw'n oJmoivwn hjxiw'sqai tou;" mh; oJmoivou" ouj
divkaion. deuvteron dev, a]n o[nte" ajgaqoi; kai; spoudai'oi tugcav-
nwsin: krivnousiv te ga;r eu\, kai; ta; a[dika misou's i. kai; eja;n
10 ILlovtimoi kai; ojregovmenoiv tinwn pragmavtwn, kai; mavlistΔ ãa]nÃ
peri; tau'ta ILlovtimoi w\s in w|n e{teroi ajnavxioi o[nte" tugcavnousin.
kai; o{lw" oiJ ajxiou'nte" aujtoi; auJtou;" w|n eJtevrou" mh; ajxiou's i,
nemeshtikoi; touvtoi" kai; touvtwn: dio; kai; oiJ ajndrapodwvdei"
kai; fau'loi kai; ajILlovtimoi ouj nemeshtikoiv: oujde;n ga;r e[stin ou|
15 eJautou;" oi[ontai ajxivou" ei\nai.
fanero;n dΔ ejk touvtwn ejpi; poivoi" ajtucou's i kai; kako-
pragou's in h] mh; tugcavnousi caivrein h] ajluvpw" e[cein dei': ejk ga;r
tw'n eijrhmevnwn ta; ajntikeivmenav ejsti dh'la, w{stΔ eja;n touv" te
krita;" toiouvtou" paraskeuavsh/ oJ lovgo", kai; tou;" ajxiou'nta"
20 ejleei'sqai, kai; ejfΔ oi|" ejleei'sqai, deivxh/ ajnaxivou" o[nta" tug-
cavnein ajxivou" de; mh; tugcavnein, ajduvnaton ejleei'n.
9. LO SDEGNO 213
10. Dh'lon de; kai; ejpi; tivs i fqonou's i kai; tivs i kai; pw'" e[conte",
ei[per ejsti;n oJ fqovno" luvph ti" ejpi; eujpragiva/ fainomevnh/ tw'n
eijrhmevnwn ajgaqw'n peri; tou;" oJmoivou", mh; i{na ti auJtw'/, ajlla;
25 diΔ ejkeivnou": fqonhvsousi me;n ga;r oiJ toiou'toi oi|" eijs iv tine"
o{moioi h] faivnontai: oJmoivou" de; levgw kata; gevno", kata; sug-
gevneian, kaqΔ hJlikiva", kata; e{xei", kata; dovxan, kata; ta; uJpavr-
conta. kai; oi|" mikro;n ejlleivpei tou' mh; pavnta uJpavrcein (dio;
oiJ megavla pravttonte" kai; oiJ eujtucou'nte" fqoneroiv eijs in):
30 pavnta" ga;r oi[ontai ta; auJtw'n fevrein. kai; oiJ timwvmenoi ejpiv
tini diaferovntw", kai; mavlista ejpi; soILva/ h] eujdaimoniva/. kai;
oiJ ILlovtimoi fqonerwvteroi tw'n ajILlotivmwn. kai; oiJ doxovsofoi:
ILlovtimoi ga;r ejpi; soILva/. kai; o{lw" oiJ ILlovdoxoi periv ti fqo-
neroi; peri; tou'to. kai; oiJ mikrovyucoi: pavnta ga;r megavla dokei'
35 aujtoi'" ei\nai. ejfΔ oi|" de; fqonou's i, ta; me;n ajgaqa; ei[rhtai:
1388a ejfΔ oi|" ga;r ILlodoxou's i kai; ILlotimou'ntai e[rgoi" h] kthvmasi
kai; ojrevgontai dovxh", kai; o{sa eujtuchvmatav ejstin, scedo;n peri;
pavnta fqovno" e[sti, kai; mavlista w|n aujtoi; h] ojrevgontai h]
oi[ontai dei'n auJtou;" e[cein, h] w|n th'/ kthvsei mikrw'/ uJperevcousin
5 h] mikrw'/ ejlleivpousin. fanero;n de; kai; oi|" fqonou's in: a{ma ga;r
ei[rhtai: toi'" ga;r ejggu;" kai; crovnw/ kai; tovpw/ kai; hJlikiva/ kai;
dovxh/ fqonou's in: o{qen ei[rhtai
to; suggene;" ga;r kai; fqonei'n ejpivstatai.
10. L’INVIDIA 215
10. L’invidia
che per quali motivi, per quali persone e con quale stato
d’animo gioiscono individui di questo tipo: perché così
come chi è in tale disposizione d’animo soffre, così chi è
in uno stato d’animo in condizioni opposte prova piacere.
Di conseguenza se gli uditori sono predisposti a tale stato
d’animo, e coloro che si ritengono degni di compassione
o di ottenere un qualche bene sono come quelli di cui si è
parlato, è chiaro che non otterranno indulgenza da parte 30
11. Pw'" de; e[conte" zhlou's i kai; ta; poi'a kai; ejpi; tivs in, ejnqevndΔ
ejsti; dh'lon: eij gavr ejstin zh'lo" luvph ti" ejpi; fainomevnh/
parousiva/ ajgaqw'n ejntivmwn kai; ejndecomevnwn aujtw'/ labei'n peri;
tou;" oJmoivou" th'/ fuvsei, oujc o{ti a[llw/ ajllΔ o{ti oujci; kai; auJtw'/
35 e[stin (dio; kai; ejpieikev" ejstin oJ zh'lo" kai; ejpieikw'n, to; de;
fqonei'n fau'lon kai; fauvlwn: oJ me;n ga;r auJto;n paraskeuavzei
dia; to;n zh'lon tugcavnein tw'n ajgaqw'n, oJ de; to;n plhsivon mh;
e[cein dia; to;n fqovnon), ajnavgkh dh; zhlwtikou;" me;n ei\nai tou;"
1388b ajxiou'nta" auJtou;" ajgaqw'n w|n mh; e[cousin, ãejndecomevnwn auj-
toi'" labei'nÃ: oujdei;" ga;r ajxioi' ta; fainovmena ajduvnata (dio; oiJ
nevoi kai; oiJ megalovyucoi toiou'toi). kai; oi|" uJpavrcei toiau'ta
ajgaqa; a} tw'n ejntivmwn a[xiav ejstin ajndrw'n: e[sti de; tau'ta
5 plou'to" kai; poluILliva kai; ajrcai; kai; o{sa toiau'ta: wJ" ga;r
prosh'kon aujtoi'" ajgaqoi'" ei\nai, oi|a proshvkei toi'" ajgaqw'"
e[cousi, zhlou's i ta; toiau'ta tw'n ajgaqw'n. kai; ou}" oiJ a[lloi
ajxiou's in. kai; w|n provgonoi h] suggenei'" h] oijkei'oi h] to; e[qno" h]
hJ povli" e[ntimoi, zhlwtikoi; peri; tau'ta: oijkei'a ga;r oi[ontai
10 auJtoi'" ei\nai, kai; a[xioi ãei\naià touvtwn. eij dΔ ejsti;n zhlwta; ta;
e[ntima ajgaqav, ajnavgkh tav" te ajreta;" ei\nai toiauvta", kai; o{sa toi'"
a[lloi" wjfevlima kai; eujergetikav (timw's i ga;r tou;" eujergetou'n-
ta" kai; tou;" ajgaqouv~), kai; o{swn ajgaqw'n ajpovlausi" toi'" plh-
sivon e[stin, oi|on plou'to" kai; kavllo" ma'llon uJgieiva". fanero;n
15 de; kai; oiJ zhlwtoi; tivne": oiJ ga;r tau'ta kai; ta; toiau'ta kekth-
11. L’EMULAZIONE 219
11. L’emulazione
12. Ta; de; h[qh poi'oiv tine" kata; ta; pavqh kai; ta;" e{xei" kai; ta;"
hJlikiva" kai; ta;" tuvca", dievlqwmen meta; tau'ta. levgw de; pavqh
me;n ojrgh;n ejpiqumivan kai; ta; toiau'ta peri; w|n eijrhvkamen ªprov-
teronº, e{xei" de; ajreta;" kai; kakiva", ei[rhtai de; peri; touvtwn
35 provteron, kai; poi'a proairou'ntai e{kastoi, kai; poivwn prakti-
koiv. hJlikivai dev eijs i neovth" kai; ajkmh; kai; gh'ra". tuvchn de;
1389a levgw eujgevneian kai; plou'ton kai; dunavmei" kai; tajnantiva touvtoi"
kai; o{lw" eujtucivan kai; dustucivan.
12. LA GIOVINEZZA 221
ni su tali argomenti.
12. La giovinezza
oiJ me;n ou\n nevoi ta; h[qh eijs i;n ejpiqumhtikoiv, kai; oi|oi poiei'n
w|n a]n ejpiqumhvswsi. kai; tw'n peri; to; sw'ma ejpiqumiw'n mavlista
5 ajkolouqhtikoiv eijs i th'/ peri; ta; ajfrodivs ia kai; ajkratei'" tauv-
th", eujmetavboloi de; kai; aJy ivkoroi pro;" ta;" ejpiqumiva", kai;
sfovdra me;n ejpiqumou's i tacevw" de; pauvontai (ojxei'ai ga;r aiJ
boulhvsei" kai; ouj megavlai, w{sper aiJ tw'n kamnovntwn divyai kai;
pei'nai), kai; qumikoi; kai; ojxuvqumoi kai; oi|oi ajkolouqei'n th'/ ojrgh'/.
10 kai; h{ttou" eijs i; tou' qumou': dia; ga;r ILlotimivan oujk ajnevcontai
ojligwrouvmenoi, ajllΔ ajganaktou's in a]n oi[wntai ajdikei'sqai. kai;
ILlovtimoi mevn eijs in, ma'llon de; ILlovnikoi (uJperoch'" ga;r ejpi-
qumei' hJ neovth", hJ de; nivkh uJperochv ti~), kai; a[mfw tau'ta
ma'llon h] ILlocrhvmatoi (ILlocrhvmatoi de; h{kista dia; to; mhvpw
15 ejndeiva" pepeira'sqai, w{sper to; Pittakou' e[cei ajpovfqegma
eij" ΔAmILavraon), kai; ouj kakohvqei" ajllΔ eujhvqei" dia; to; mhvpw
teqewrhkevnai polla;" ponhriva", kai; eu[pistoi dia; to; mhvpw
polla; ejxhpath'sqai, kai; eujevlpide": w{sper ga;r oiJ oijnwmevnoi,
ou{tw diavqermoiv eijs in oiJ nevoi uJpo; th'" fuvsew": a{ma de; kai; dia;
20 to; mh; polla; ajpotetuchkevnai. kai; zw's i ta; plei'sta ejlpivdi: hJ
me;n ga;r ejlpi;" tou' mevllontov" ejstin hJ de; mnhvmh tou' paroico-
mevnou, toi'" de; nevoi" to; me;n mevllon polu; to; de; parelhluqo;"
bracuv: th'/ ga;r prwvth/ hJmevra/ memnh'sqai me;n oujde;n oi|ovn te,
ejlpivzein de; pavnta. kai; eujexapavthtoiv eijs i dia; to; eijrhmevnon
25 (ejlpivzousi ga;r rJa/divw~), kai; ajndreiovteroi (qumwvdei" ga;r kai;
eujevlpide", w|n to; me;n mh; fobei'sqai to; de; qarrei'n poiei': ou[te
ga;r ojrgizovmeno" oujdei;" fobei'tai, tov te ejlpivzein ajgaqovn ti
12. LA GIOVINEZZA 223
13. To; me;n ou\n tw'n nevwn toiou'tovn ejstin h\qo", oiJ de; presbuv-
teroi kai; parhkmakovte" scedo;n ejk tw'n ejnantivwn touvtoi" ta;
15 plei'sta e[cousin h[qh: dia; ga;r to; polla; e[th bebiwkevnai kai;
pleivw ejxhpath'sqai kai; ejxhmarthkevnai, kai; ta; pleivw fau'la
13. LA VECCHIAIA 225
delle amicizie e dei compagni più che nelle altre età, per 1389b
il piacere dello stare in compagnia e perché ancora non
giudicano nulla per interesse, pertanto neppure gli amici.
E commettono tutti i loro errori per eccesso e per trop-
pa veemenza, contro il detto di Chilone128 (infatti fanno
«tutto troppo»: amano troppo e odiano troppo e lo stesso 5
13. La vecchiaia
kai; dusevlpide" dia; th;n ejmpeirivan (ta; ga;r pleivw tw'n gigno-
5 mevnwn fau'lav ejstin: ajpobaivnei ga;r ta; polla; ejpi; to; cei'ron),
kai; e[ti dia; th;n deilivan. kai; zw's i th'/ mnhvmh/ ma'llon h] th'/
ejlpivdi: tou' ga;r bivou to; me;n loipo;n ojlivgon to; de; parelhluqo;"
poluv, e[sti de; hJ me;n ejlpi;" tou' mevllonto" hJ de; mnhvmh tw'n
paroicomevnwn: o{per ai[tion kai; th'" ajdolesciva" aujtoi'":
10 diatelou's i ga;r ta; genovmena levgonte": ajnamimnhskovmenoi ga;r
h{dontai. kai; oiJ qumoi; ojxei'" me;n ajsqenei'" dev eijs in, kai; aiJ ejpi-
qumivai aiJ me;n ejkleloivpasin aiJ de; ajsqenei'" eijs in, w{ste ou[tΔ
ejpiqumhtikoi; ou[te praktikoi; kata; ta;" ejpiqumiva", ajlla; kata;
to; kevrdo": dio; swfronikoi; faivnontai oiJ thlikou'toi: ai{ te ga;r
15 ejpiqumivai ajneivkasi kai; douleuvousi tw'/ kevrdei. kai; ma'llon
zw's i kata; logismo;n h] kata; to; h\qo": oJ me;n ga;r logismo;" tou'
sumfevronto" to; dΔ h\qo" th'" ajreth'" ejstin. kai; tajdikhvmata
ajdikou's in eij" kakourgivan, oujk eij" u{brin. ejlehtikoi; de; kai; oiJ
gevrontev" eijs in, ajllΔ ouj dia; taujta; toi'" nevoi": oiJ me;n ga;r dia;
20 ILlanqrwpivan, oiJ de; diΔ ajsqevneian: pavnta ga;r oi[ontai ejggu;"
ei\nai auJtoi'" paqei'n, tou'to dΔ h\n ejlehtikovn: o{qen ojdurtikoiv
eijs i, kai; oujk eujtravpeloi oujde; ILlogevloioi: ejnantivon ga;r to;
ojdurtiko;n tw'/ ILlogevlwti.
tw'n me;n ou\n nevwn kai; tw'n presbutevrwn ta; h[qh toiau'ta,
25 w{stΔ ejpei; ajpodevcontai pavnte" tou;" tw'/ sfetevrw/ h[qei
legomevnou" lovgou" kai; tou;" oJmoivou", oujk a[dhlon pw'" crwvmenoi
toi'" lovgoi" toiou'toi fanou'ntai kai; aujtoi; kai; oiJ lovgoi.
13. LA VECCHIAIA 229
14. OiJ dΔ ajkmavzonte" fanero;n o{ti metaxu; touvtwn to; h\qo" e[son-
tai eJkatevrwn, ajfairou'nte" th;n uJperbolhvn, kai; ou[te sfovdra
30 qarrou'nte" (qrasuvth" ga;r to; toiou'ton) ou[te livan fobouvmenoi,
kalw'" de; pro;" a[mfw e[conte", ou[te pa's i pisteuvonte" ou[te
pa's in ajpistou'nte", ajlla; kata; to; ajlhqe;" krivnonte" ma'llon,
kai; ou[te pro;" to; kalo;n zw'nte" movnon ou[te pro;" to; sumfevron
1390b ajlla; pro;" a[mfw, kai; ou[te pro;" feidw; ou[te pro;" ajswtivan
ajlla; pro;" to; aJrmovtton, oJmoivw" de; kai; pro;" qumo;n kai; pro;"
ejpiqumivan, kai; swvfrone" metΔ ajndreiva" kai; ajndrei'oi meta;
swfrosuvnh". ejn ga;r toi'" nevoi" kai; toi'" gevrousi dihv/rhtai
5 tau'ta: eijs i;n ga;r oiJ me;n nevoi ajndrei'oi kai; ajkovlastoi, oiJ de;
presbuvteroi swvfrone" kai; deiloiv. wJ" de; kaqovlou eijpei'n,
o{sa me;n dihv/rhntai hJ neovth" kai; to; gh'ra" tw'n wjfelivmwn,
tau'ta a[mfw e[cousin, o{sa de; uJperbavllousin h] ejlleivpousin,
touvtwn to; mevtrion kai; to; aJrmovtton. ajkmavzei de; to; me;n sw'ma
10 ajpo; tw'n triavkonta ejtw'n mevcri tw'n pevnte kai; triavkonta, hJ de;
yuch; peri; ta; eJno;" dei'n penthvkonta.
peri; me;n ou\n neovthto" kai; ghvrw" kai; ajkmh'", poivwn hjqw'n
e{kastovn ejstin, eijrhvsqw tosau'ta.
15. Peri; de; tw'n ajpo; tuvch" gignomevnwn ajgaqw'n, diΔ o{sa aujtw'n
15 kai; ta; h[qh poia; a[tta sumbaivnei toi'" ajnqrwvpoi", levgwmen
ejfexh'". eujgeneiva" me;n ou\n h\qov" ejsti to; ILlotimovteron ei\nai
to;n kekthmevnon aujthvn: a{pante" gavr, o{tan uJpavrch/ ti, pro;"
14. LA MATURITÀ - 15. LA BUONA NASCITA 231
14. La maturità
16. Tw'/ de; plouvtw/ a} e{petai h[qh, ejpipolh'" e[stin ijdei'n a{pasin:
uJbristai; ga;r kai; uJperhvfanoi, pavscontev" ti uJpo; th'" kthvsew"
tou' plouvtou (w{sper ga;r e[conte" a{panta tajgaqa; ou{tw diav-
1391a keintai: oJ de; plou'to" oi|on timhv ti" th'" ajxiva" tw'n a[llwn, dio;
faivnetai w[nia a{panta ei\nai aujtou'), kai; truferoi; kai; salav-
kwne", truferoi; me;n dia; th;n trofh;n kai; th;n e[ndeixin th'"
eujdaimoniva", salavkwne" de; kai; sovloikoi dia; to; pavnta" eijwqev-
5 nai diatrivbein peri; to; ejrwvmenon kai; qaumazovmenon uJpΔ aujtw'n.
kai; to; oi[esqai zhlou'n tou;" a[llou" a} kai; aujtoiv. a{ma de; kai;
16. LA RICCHEZZA 233
e Socrate132.
16. La ricchezza
20 17. ÔOmoivw" de; kai; peri; dunavmew" scedo;n ta; plei'sta fanerav
ejstin h[qh. ta; me;n ga;r ta; aujta; e[cei duvnami" tw'/ plouvtw/
ta; de; beltivw: ILlotimovteroi ga;r kai; ajndrwdevsteroiv eijs in ta;
h[qh oiJ dunavmenoi tw'n plousivwn dia; to; ejILvesqai e[rgwn o{sa
ejxousiva aujtoi'" pravttein dia; th;n duvnamin, kai; spoudastikwv-
25 teroi dia; to; ejn ejpimeleiva/ ei\nai, ajnagkazovmenoi skopei'n ta;
peri; th;n duvnamin, kai; semnovteroi h] baruvteroi: poiei' ga;r se-
mnotevrou" to; ajxivwma, dio; metriavzousin, e[sti de; hJ semnovth"
17. IL POTERE E LA BUONA SORTE 235
stretti a stare con gli occhi aperti per ciò che riguarda la
loro autorità. E sono più dignitosi che seriosi: infatti la
dignità rende più autorevoli, e la dignità è una austerità
236 RETORICA II, 1391a 28 - b 13
18. ΔEpei; de; hJ tw'n piqanw'n lovgwn crh's i" pro;" krivs in ejstiv (peri;
w|n ga;r i[smen kai; kekrivkamen oujde;n e[ti dei' lovgou), e[sti dΔ ejavn
te pro;" e{na ti" tw'/ lovgw/ crwvmeno" protrevph/ h] ajpotrevph/,
10 oi|on oiJ nouqetou'nte" poiou's in h] peivqonte" (oujde;n ga;r h|tton
krith;" oJ ei|": o}n ga;r dei' pei'sai, ou|tov" ejstin wJ" eijpei'n aJplw'"
krithv~), ejavn te pro;" ajmILsbhtou'nta", ejavn te pro;" uJpovqesin
levgh/ ti", oJmoivw" (tw'/ ga;r lovgw/ ajnavgkh crh'sqai kai; ajnairei'n
18. I LUOGHI COMUNI AI TRE GENERI DI DISCORSO 237
19. Prw'ton me;n ou\n peri; dunatou' kai; ajdunavtou levgwmen. a]n
dh; to; ejnantivon h\/ dunato;n h] ei\nai h] genevsqai, kai; to; ejnantivon
10 dovxeien a]n ei\nai dunatovn, oi|on eij dunato;n a[nqrwpon uJgiasqh'-
nai, kai; nosh'sai: hJ ga;r aujth; duvnami" tw'n ejnantivwn h|/ ejnan-
tiva. kai; eij to; o{moion dunatovn, kai; to; o{moion: kai; eij to; cale-
pwvteron dunatovn, kai; to; rJa'/on: kai; eij to; spoudai'on kai; kalo;n
genevsqai dunatovn, kai; o{lw" dunato;n genevsqai: calepwvteron
15 ga;r kalh;n oijkivan h] oijkivan ei\nai. kai; ou| hJ ajrch; duvnatai genev-
sqai, kai; to; tevlo": oujde;n ga;r givgnetai oujdΔ a[rcetai givgnesqai
tw'n ajdunavtwn, oi|on to; suvmmetron th;n diavmetron ei\nai ou[tΔ a]n
a[rxaito givgnesqai ou[te givgnetai. kai; ou| to; tevlo", kai; hJ ajrch;
dunathv: a{panta ga;r ejx ajrch'" givgnetai. kai; eij to; u{steron th'/
20 oujs iva/ h] th'/ genevsei dunato;n genevsqai, kai; to; provteron, oi|on
eij a[ndra genevsqai dunatovn, kai; pai'da (provteron ga;r ejkei'no
givgnetai), kai; eij pai'da, kai; a[ndra (kai; ajrch; ga;r ejkeivnh). kai;
w|n h] e[rw" h] ejpiqumiva fuvsei ejstivn: oujdei;" ga;r ajdunavtwn ejra'/
oujde; ejpiqumei' wJ" ejpi; to; poluv. kai; w|n ejpisth'maiv eijs i kai;
25 tevcnai, dunato;n tau'ta kai; ei\nai kai; givgnesqai. kai; o{swn hJ
ajrch; th'" genevsew" ejn touvtoi" ejsti;n a} hJmei'" ajnagkavsaimen a]n
h] peivsaimen: tau'ta dΔ ejsti;n w|n kreivttou" h] kuvrioi h] ILvloi. kai;
w|n ta; mevrh dunatav, kai; to; o{lon, kai; w|n to; o{lon dunatovn, kai;
19. ANCORA SUI LUOGHI COMUNI 241
ta; mevrh wJ" ejpi; to; poluv: eij ga;r provscisma kai; kefali;" kai;
30 citw;n duvnatai genevsqai, kai; uJpodhvmata dunato;n genevsqai, kai;
eij uJpodhvmata, kai; provscisma kai; kefaliv" kai; citwvn. kai; eij to;
1392b gevno" o{lon tw'n dunatw'n genevsqai, kai; to; ei\do", kai; eij to; ei\do", kai;
to; gevno", oi|on eij ploi'on genevsqai dunatovn, kai; trihvrh, kai;
eij trihvrh, kai; ploi'on. kai; eij qavteron tw'n pro;" a[llhla pefu-
kovtwn, kai; qavteron, oi|on eij diplavs ion, kai; h{misu, kai; eij
5 h{misu, diplavs ion. kai; eij a[neu tevcnh" kai; paraskeuh'" duna-
to;n givgnesqai, ma'llon dia; tevcnh" kai; ejpimeleiva" dunatovn, o{qen
kai; ΔAgavqwni ei[rhtai
kai; mh;n ta; mevn ge th'" tevcnh" pravssein, ta; de;
hJmi'n ajnavgkh/ kai; tuvch/ prosgivgnetai.
10 kai; eij toi'" ceivrosi kai; h{ttosi kai; ajfronestevroi" dunatovn, kai;
toi'" ejnantivoi" ma'llon, w{sper kai; ΔIsokravth" e[fh deino;n ei[nai
eij oJ me;n Eu[quno" e[maqen, aujto;" de; mh; dunhvsetai euJrei'n. peri;
de; ajdunavtou dh'lon o{ti ejk tw'n ejnantivwn toi'" eijrhmevnoi"
uJpavrcei.
15 eij de; gevgonen, ejk tw'nde skeptevon. prw'ton me;n gavr, eij to;
h|tton givgnesqai pefuko;" gevgonen, gegono;" a]n ei[h kai; to; ma'l-
lon. kai; eij to; u{steron eijwqo;" givgnesqai gevgonen, kai; to; prov-
teron gevgonen, oi|on eij ejpilevlhstai, kai; e[maqev pote tou'to.
kai; eij ejduvnato kai; ejbouvleto, pevprace: pavnte" gavr, o{tan
19. ANCORA SUI LUOGHI COMUNI 243
e{neka touvtou gevgone, kai; tou'to eijko;" genevsqai, oi|on eij qemev-
lio", kai; oijkiva.
peri; de; megevqou" kai; mikrovthto" tw'n pragmavtwn kai; meiv-
10 zonov" te kai; ejlavttono" kai; o{lw" megavlwn kai; mikrw'n ejk tw'n
proeirhmevnwn hJmi'n ejstin fanerovn. ei[rhtai ga;r ejn toi'" sum-
bouleutikoi'" periv te megevqou" ajgaqw'n kai; peri; tou' meivzono"
aJplw'" kai; ejlavttono", w{ste ejpei; kaqΔ e{kaston tw'n lovgwn to;
prokeivmenon tevlo" ajgaqovn ejstin, oi|on to; sumfevron kai; to;
15 kalo;n kai; to; divkaion, fanero;n o{ti diΔ ejkeivnwn lhptevon ta;"
aujxhvsei" pa's in. to; de; para; tau'ta e[ti zhtei'n peri; megevqou"
aJplw'" kai; uJperoch'" kenologei'n ejstin: kuriwvtera gavr ejstin
pro;" th;n creivan tw'n kaqovlou ta; kaqΔ e{kasta tw'n pra-
gmavtwn.
20 peri; me;n ou\n dunatou' kai; ajdunavtou, kai; povteron gevgonen
h] ouj gevgonen kai; e[stai h] oujk e[stai, e[ti de; peri; megevqou" kai;
mikrovthto" tw'n pragmavtwn, eijrhvsqw tau'ta.
20. Loipo;n de; peri; tw'n koinw'n pivstewn a{pasin eijpei'n, ejpeivper
ei[rhtai peri; tw'n ijdivwn. eijs i; dΔ aiJ koinai; pivstei" duvo tw'/ gevnei,
25 paravdeigma kai; ejnquvmhma: hJ ga;r gnwvmh mevro" ejnqumhvmatov"
ejstin. prw'ton me;n ou\n peri; paradeivgmato" levgwmen: o{moion
ga;r ejpagwgh'/ to; paravdeigma, hJ dΔ ejpagwgh; ajrchv.
paradeigmavtwn de; ei[dh duvo: e}n me;n gavr ejstin paradeivgma-
to" ei\do" to; levgein pravgmata progenomevna, e}n de; to; aujto;n
30 poiei'n. touvtou de; e}n me;n parabolh; e}n de; lovgoi, oi|on oiJ Aijswv-
peioi kai; Libukoiv.
20. L’ESEMPIO 247
20. L’esempio
21. Peri; de; gnwmologiva", rJhqevnto" tiv ejstin gnwvmh mavlistΔ a]n
20 gevnoito fanero;n peri; poivwn te kai; povte kai; tivs in aJrmovttei
crh'sqai tw'/ gnwmologei'n ejn toi'" lovgoi". e[sti dh; gnwvmh
ajpovfansi", ouj mevntoi ou[te peri; tw'n kaqΔ e{kaston, oi|on poi'ov"
ti" ΔIILkravth", ajlla; kaqovlou, ou[te peri; pavntwn, oi|on o{ti to;
eujqu; tw'/ kampuvlw/ ejnantivon, ajlla; peri; o{swn aiJ pravxei" eijs iv,
25 kai; ãa}Ã aiJreta; h] feuktav ejsti pro;" to; pravttein, w{stΔ ejpei; to;
ejnquvmhma oJ peri; toiouvtwn sullogismov" ejstin, scedo;n ta;
sumperavsmata tw'n ejnqumhmavtwn kai; aiJ ajrcai; ajfaireqevnto"
tou' sullogismou' gnw'maiv eijs in, oi|on
crh; dΔ ou[ poqΔ o{sti" ajrtivfrwn pevfukΔ ajnhvr
30 pai'da" perissw'" ejkdidavskesqai sofouv".
tou'to me;n ou\n gnwvmh: prosteqeivsh" de; th'" aijtiva" kai; tou' dia;
tiv ejnquvmhmav ejstin to; a{pan, oi|on
cwri;" ga;r a[llh" h|" e[cousin ajrgiva",
fqovnon parΔ ajstw'n ajlfavnousi dusmenh',
1394b kai; to;
oujk e[stin o{sti" pavntΔ ajnh;r eujdaimonei',
kai; to;
oujk e[stin ajndrw'n o{sti" e[stΔ ejleuvqero"
5 gnwvmh, pro;" de; tw'/ ejcomevnw/ ejnquvmhma,
h] crhmavtwn ga;r dou'lov" ejstin h] tuvch".
eij dhv ejstin gnwvmh to; eijrhmevnon, ajnavgkh tevttara ei[dh ei\nai
gnwvmh": h] ga;r metΔ ejpilovgou e[stai h] a[neu ejpilovgou. ajpo-
deivxew" me;n ou\n deovmenaiv eijs in o{sai paravdoxovn ti levgousin
10 h] ajmILsbhtouvmenon: o{sai de; mhde;n paravdoxon, a[neu ejpilovgou.
touvtwn dΔ ajnavgkh ta;" me;n dia; to; proegnw'sqai mhde;n dei'sqai
ejpilovgou, oi|on
ajndri; dΔ uJgiaivnein a[ristovn ejstin, w{" gΔ ejmi;n dokei'
21. LA MASSIMA 253
21. La massima
ajrevskei dev moi to; legovmenon: dei' ga;r to;n ajlhqino;n ILvlon wJ"
ILlhvsonta ajei; ILlei'n”, kai; “oujde; to; mhde;n a[gan: dei' ga;r
touv" ge kakou;" a[gan misei'n”.
1395b e[cousi dΔ eij" tou;" lovgou" bohvqeian megavlhn mivan me;n dia;
th;n fortikovthta tw'n ajkroatw'n: caivrousi ga;r ejavn ti" kaqovlou
levgwn ejpituvch/ tw'n doxw'n a}" ejkei'noi kata; mevro" e[cousin. o}
de; levgw dh'lon e[stai w|de, a{ma de; kai; pw'" dei' aujta;" qhreuvein.
5 hJ me;n ga;r gnwvmh, w{sper ei[rhtai, ajpovfansi" kaqovlou ejstivn,
caivrousi de; kaqovlou legomevnou o} kata; mevro" prou>polambav-
nonte" tugcavnousi: oi|on ei[ ti" geivtosi tuvcoi kecrhmevno" h]
tevknoi" fauvloi", ajpodevxaitΔ a]n tou' eijpovnto" o{ti oujde;n geito-
niva" calepwvteron h] o{ti oujde;n hjliqiwvteron teknopoiiva",
10 w{ste dei' stocavzesqai poi'a tugcavnousi prou>polambavnon-
te", ei\qΔ ou{tw" peri; touvtwn kaqovlou levgein. tauvthn te dh;
e[cei mivan crh's in to; gnwmologei'n, kai; eJtevran kreivttw: hjqikou;"
ga;r poiei' tou;" lovgou". h\qo" de; e[cousin oiJ lovgoi ejn o{soi"
dhvlh hJ proaivresi": aiJ de; gnw'mai pa'sai tou'to poiou's in dia; to;
15 ajpofaivnesqai to;n th;n gnwvmhn levgonta kaqovlou peri; tw'n pro-
airevsewn, w{ste, a]n crhstai; w\s in aiJ gnw'mai, kai; crhstohvqh
faivnesqai poiou's i to;n levgonta.
peri; me;n ou\n gnwvmh", kai; tiv ejsti kai; povsa ei[dh tauvth"
kai; pw'" crhstevon aujth'/ kai; tivna wjfevleian e[cei, eijrhvsqw
20 tau'ta.
21. LA MASSIMA 259
22. L’entimema
23. “Esti de; ei|" me;n tovpo" tw'n deiktikw'n ejk tw'n ejnantivwn:
dei' ga;r skopei'n eij tw'/ ejnantivw/ to; ejnantivon uJpavrcei, ajn-
airou'nta me;n eij mh; uJpavrcei, kataskeuavzonta de; eij uJpavrcei,
10 oi|on o{ti to; swfronei'n ajgaqovn: to; ga;r ajkolastaivnein blaberovn.
h] wJ" ejn tw'/ Messhniakw'/: “eij ga;r oJ povlemo" ai[tio" tw'n par-
ovntwn kakw'n, meta; th'" eijrhvnh" dei' ejpanorqwvsasqai”.
ei[ per ga;r oujde; toi'" kakw'" dedrakovs in
ajkousivw" divkaion eij" ojrgh;n pesei'n,
15 oujdΔ a]n ajnagkasqeiv" ti" eu\ dravsh/ tinav,
prosh'kon ei\nai tw'/dΔ ojfeivlesqai cavrin.
ajllΔ ei[ per e[stin ejn brotoi'" yeudhgorei'n
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 267
10 krivnesqai eij divkaio" h\n ajpoqanei'n, wJ" oujk a[dikon o]n to; ajpo-
ktei'nai to;n dikaivw" ajpoqanovnta.
a[llo" ejk tou' ma'llon kai; h|tton, oi|on “eij mhdΔ oiJ qeoi; pavnta
i[sasin, scolh'/ oi{ ge a[nqrwpoi”: tou'to gavr ejstin “eij w|/ ma'llon
a]n uJpavrcoi mh; uJpavrcei, dh'lon o{ti oujdΔ w|/ h|tton”. to; dΔ o{ti
15 tou;" plhsivon tuvptei o{" ge kai; to;n patevra ejk tou' “eij to; h|tton
ãuJpavrconà uJpavrcei, kai; to; ma'llon uJpavrcei”: tou;" ga;r
patevra" h|tton tuvptousin h] tou;" plhsivon: h] dh; ou{tw" ge h]
eij w|/ ma'llon uJpavrcei mh; uJpavrcei, h] eij w|/ h|tton uJpavrcei ãuJp-
avrceiÃ, oJpovteron dei' dei'xai, ei[qΔ o{ti uJpavrcei ei[qΔ o{ti ou[. e[ti eij
20 mhvte ma'llon mhvte h|tton, o{qen ei[rhtai
kai; so;" me;n oijktro;" pai'da" ajpolevsa" pathvr:
Oijneu;" dΔ a[rΔ oujci; ªto;n ÔEllavdo~º kleino;n ajpolevsa" govnon…
kai; o{ti, eij mhde; Qhseu;" hjdivkhsen, oujdΔ ΔAlevxandro", kai; eij
mhdΔ oiJ Tundarivdai, oujdΔ ΔAlevxandro", kai; eij Pavtroklon ”E-
25 ktwr, kai; ΔAcilleva ΔAlevxandro". kai; eij mhdΔ a[lloi tecni'tai
fau'loi, oujdΔ oiJ ILlovsofoi. kai; eij mhdΔ oiJ strathgoi; fau'loi
o{ti qanatou'ntai pollavki", oujdΔ oiJ soILstaiv. kai; o{ti “eij dei'
to;n ijdiwvthn th'" uJmetevra" dovxh" ejpimelei'sqai, kai; uJma'" th'"
tw'n ÔEllhvnwn”.
30 a[llo" ejk tou' to;n crovnon skopei'n, oi|on wJ" ΔIILkravth"
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 271
ejn th'/ pro;" ÔArmovdion, o{ti “eij pri;n poih'sai hjxivoun th'"
eijkovno" tucei'n eja;n poihvsw, e[dote a[n: poihvsanti dΔ a\rΔ ouj
dwvsete… mh; toivnun mevllonte" me;n uJpiscnei'sqe, paqovnte" dΔ
ajfairei'sqe”. kai; pavlin pro;" to; Qhbaivou" diievnai )Lvlippon eij"
1398a th;n ΔAttikhvn, o{ti eij pri;n bohqh'sai eij" Fwkei'" hjxivou, uJpevsconto
a[n: a[topon ou\n eij diovti proei'to kai; ejpivsteusen mh; dihvsousin.
a[llo" ejk tw'n eijrhmevnwn kaqΔ auJtou' pro;" to;n eijpovnta,
oi|on ejn tw'/ Teuvkrw/. diafevrei de; oJ trovpo" w|/ ejcrhvsato
5 ΔIILkravth" pro;" ΔAristofw'nta, ejperovmeno" eij prodoivh a]n
ta;" nau'" ejpi; crhvmasin: ouj favskonto" dev, ei\ta ei\pen “su;
me;n w]n ΔAristofw'n oujk a]n prodoivh", ejgw; dΔ w]n ΔIILkravth"…”
dei' de; uJpavrcein ma'llon a]n dokou'nta ajdikh'sai ejkei'non: eij de; mhv,
geloi'on a]n faneivh, ãoi|onà eij pro;" ΔAristeivdhn kathgorou'nta
10 tou'tov ti" ªa]nº ei[peien a[llo" pro;" ajpistivan tou' kathgovrou:
o{lw" ga;r bouvletai oJ kathgorw'n beltivwn ei\nai tou' feuvgonto":
tou'tΔ ou\n ejxelevgcein dei'. kaqovlou de; a[topov" ejstin, o{tan ti"
ejpitima'/ a[lloi" a} aujto;" poiei' h] poihvseien a]n, h] protrevph/
poiei'n a} aujto;" mh; poiei' mhde; poihvseien a[n.
15 a[llo" ejx oJrismou', oi|on tiv to; daimovniovn ejstin: “a\ra
qeo;" h] qeou' e[rgon… kaivtoi o{sti" oi[etai qeou' e[rgon ei\nai,
tou'ton ajnavgkh oi[esqai kai; qeou;" ei\nai.” kai; wJ" ΔIILkravth",
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 273
Inoltre diceva che lui stesso era quello a loro più affine:
«veramente le opere di Armodio e Aristogitone sono più
congeniali a me che a te». E come nell’Alessandro 204, si
sostiene che tutti sarebbero concordi nel fatto che le per-
sone non moderate non provano piacere nell’amare un
solo corpo. Ancora, per questo motivo Socrate disse di
non andare da Archelao205: disse infatti che era vergogno- 25
oujkou'n eij oJmoivw" ejfΔ aJpavntwn, kai; toi'" kakw'" fulavxasi th;n
10 ajllotrivan ouj crhstevon ejsti;n eij" th;n oijkeivan swthrivan”. kai;
wJ" ΔAlkidavma", o{ti pavnte" tou;" sofou;" timw's in: “Pavrioi gou'n
ΔArcivlocon kaivper blavsfhmon o[nta tetimhvkasi, kai; Ci'oi
”Omhron oujk o[nta polivthn, kai; Mutilhnai'oi Sapfw' kaivper
gunai'ka ou\san, kai; Lakedaimovnioi Civlwna kai; tw'n gerovntwn
15 ejpoivhsan h{kista ILlovlogoi o[nte", kai; ΔItaliw'tai Puqagovran,
kai; Lamyakhnoi; ΔAnaxagovran xevnon o[nta e[qayan kai; timw's i
e[ti kai; nu'n, kai; ΔAqhnai'oi toi'" Sovlwno" novmoi" crhsavmenoi
eujdaimovnhsan kai; Lakedaimovnioi toi'" Lukouvrgou, kai; Qhvbhsin
a{ma oiJ prostavtai ILlovsofoi ejgevnonto kai; eujdaimovnhsen hJ
20 povli~”.
a[llo" ejk krivsew" peri; tou' aujtou' h] oJmoivou h] ejnantivou,
mavlista me;n eij pavnte" kai; ajeiv, eij de; mhv, ajllΔ oi{ ge plei'stoi,
h] sofoi; h] pavnte" h] oiJ plei'stoi, h] ajgaqoiv, h] eij aujtoi; oiJ
krivnonte", h] ou}" ajpodevcontai oiJ krivnonte", h] oi|" mh; oi|ovn te
25 ejnantivon krivnein, oi|on toi'" kurivoi", h] oi|" mh; kalo;n ejnantivon
krivnein, oi|on qeoi'" h] patri; h] didaskavloi", w{sper o} eij"
Mixidhmivdhn ei\pen Aujtoklh'", ªeijº tai'" me;n semnai'" qeai'"
kalw'" ei\cen ejn ΔAreivw/ pavgw/ dou'nai ta; divkaia, Mixidhmivdh/
dΔ ou[. h] w{sper Sapfwv, o{ti to; ajpoqnhv/skein kakovn: oiJ qeoi;
30 ga;r ou{tw kekrivkasin: ajpevqnhskon ga;r a[n. h] w{sper ΔAriv-
stippo" pro;" Plavtwna ejpaggeltikwvterovn ti eijpovnta, wJ" w[/eto:
“ajlla; mh;n o{ gΔ eJtai'ro" hJmw'n”, e[fh, “oujqe;n toiou'ton”, levgwn
to;n Swkravth, kai; ÔHghsivpoli" ejn Delfoi'" hjrwvta to;n qeovn,
provteron kecrhmevno" ΔOlumpivasin, eij aujtw'/ ta; aujta; dokei'
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 277
1399a a{per tw'/ patriv, wJ" aijscro;n o]n tajnantiva eijpei'n, kai; peri; th'"
ÔElevnh" wJ" ΔIsokravth" e[grayen o{ti spoudaiva, ei[per Qhseu;"
e[krinen, kai; peri; ΔAlexavndrou, o{ti aiJ qeai; proevkrinan, kai;
peri; Eujagovrou, o{ti spoudai'o", w{sper ΔIsokravth" fhsivn:
5 “Kovnwn gou'n dustuchvsa", pavnta" tou;" a[llou" paralipwvn,
wJ" Eujagovran h\lqen”.
a[llo" ejk tw'n merw'n, w{sper ejn toi'" Topikoi'" poiva kivnhsi"
hJ yuchv: h{de ga;r h] h{de. paravdeigma ejk tou' Swkravtou"
tou' Qeodevktou: “eij" poi'on iJero;n hjsevbhken… tivna" qew'n ouj
10 tetivmhken w|n hJ povli" nomivzei…”
a[llo", ejpeidh; ejpi; tw'n pleivstwn sumbaivnei w{ste e{pesqaiv
ti tw'/ aujtw'/ ajgaqo;n kai; kakovn, ejk tou' ajkolouqou'nto"
protrevpein h] ajpotrevpein, kai; kathgorei'n h] ajpologei'sqai,
kai; ejpainei'n h] yevgein, oi|on “th'/ paideuvsei to; fqonei'sqai ajko-
15 louqei' kako;n ão[nÃ, to; de; sofo;n ei\nai ajgaqovn: ouj toivnun dei'
paideuvesqai, fqonei'sqai ga;r ouj dei': dei' me;n ou\n paideuvesqai,
sofo;n ga;r ei\nai dei'”. oJ tovpo" ou|tov" ejstin hJ Kallivppou tevcnh,
proslabou'sa to; dunato;n kai; ta\lla wJ" ei[rhtai.
a[llo", o{tan peri; duoi'n kai; ajntikeimevnoin h] protrevpein
20 h] ajpotrevpein devh/, ªkai;º tw'/ provteron eijrhmevnw/ trovpw/ ejpΔ
ajmfoi'n crh'sqai. diafevrei dev, o{ti ejkei' me;n ta; tucovnta
ajntitivqetai, ejntau'qa de; tajnantiva: oi|on iJevreia oujk ei[a to;n
uiJo;n dhmhgorei'n: “eja;n me;n gavr”, e[fh, “ta; divkaia levgh/", oiJ
a[nqrwpoiv se mishvsousin, eja;n de; ta; a[dika, oiJ qeoiv: dei' me;n
25 ou\n dhmhgorei'n: eja;n me;n ga;r ta; divkaia levgh/", oiJ qeoiv se
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 279
onorato?»216.
13) Un altro luogo consiste nell’esortare o nel dissua-
dere, nell’accusare o difendere, nel lodare o biasimare a
partire dalla conseguenza, dal momento che per la mag-
gior parte dei casi succede che da una stessa cosa ne viene
del bene o del male, ad esempio, «all’essere istruiti con-
segue l’essere invidiati che è un male, e l’essere sapienti 15
ILlhvsousin, eja;n de; ta; a[dika, oiJ a[nqrwpoi”. tou'to dΔ ejsti; taujto;
tw'/ legomevnw/, to; e{lo" privasqai kai; tou;" a{la": kai; hJ blaivswsi"
tou'to ejstivn, o{tan duoi'n ejnantivoin eJkatevrw/ ajgaqo;n kai; kako;n
e{phtai, ejnantiva eJkavtera eJkatevroi".
30 a[llo", ejpeidh; ouj taujta; fanerw'" ejpainou's i kai; ajfanw'",
ajlla; fanerw'" me;n ta; divkaia kai; ta; kala; ejpainou's i mavlista,
ijdiva/ de; ta; sumfevronta ma'llon bouvlontai, ejk touvtwn peira'sqai
sunavgein qavteron: tw'n ga;r paradovxwn ou|to" oJ tovpo" kuriwv-
tatov" ejstin.
35 a[llo" ejk tou' ajnavlogon tau'ta sumbaivnein, oi|on oJ ΔIILkravth",
to;n uiJo;n aujtou', newvteron o[nta th'" hJlikiva", o{ti mevga" h\n
leitourgei'n ajnagkazovntwn, ei\pen o{ti eij tou;" megavlou"
tw'n paivdwn a[ndra" nomivzousi, tou;" mikrou;" tw'n ajndrw'n
1399b pai'da" ei\nai yhILou'ntai, kai; Qeodevkth" ejn tw'/ Novmw/, o{ti
“polivta" me;n poiei'sqe tou;" misqofovrou", oi|on Stravbaka kai;
Carivdhmon, dia; th;n ejpieivkeian: fugavda" dΔ ouj poihvsesqe
tou;" ejn toi'" misqofovroi" ajnhvkesta diapepragmevnou"…”
5 a[llo" ejk tou' to; sumbai'non eja;n h\/ taujtovn, o{ti kai; ejx w|n
sumbaivnei taujtav: oi|on Xenofavnh" e[legen o{ti oJmoivw" ajse-
bou's in oiJ genevsqai favskonte" tou;" qeou;" toi'" ajpoqanei'n
levgousin: ajmfotevrw" ga;r sumbaivnei mh; ei\nai tou;" qeouv"
pote. kai; o{lw" de; to; sumbai'non ejx eJkavstou lambavnein
10 wJ" to; aujto; ajeiv: “mevllete de; krivnein ouj peri; ΔIsokravtou"
ajlla; peri; ejpithdeuvmato", eij crh; ILlosofei'n”. kai; o{ti to;
didovnai gh'n kai; u{dwr douleuvein ejstivn, kai; to; metevcein th'"
23. TOPICI DEGLI ENTIMEMI 281
cosa che è opposta a ciò che si è già fatto, consiste nel con-
siderarle insieme, ad esempio, agli Eleati che chiedevano
se offrire sacrifici e intonare nenie oppure no in onore di
Leucotea, Senofane consigliava di non cantare se la con-
sideravano una dea, di non sacrificare se la ritenevano un
essere umano237.
27) Un altro luogo si ricava dagli errori nell’accusare o 10
disgrazia»243.
Tra gli entimemi quelli confutativi hanno maggior
successo di quelli dimostrativi, perché nell’entimema
confutativo vi è una concentrazione in breve di contrari,
e nel disporre gli uni accanto agli altri sembrano più evi-
denti agli ascoltatori. Tra tutti i sillogismi, sia confutativi
che dimostrativi, sono più clamorosi soprattutto quelli 30
24. ΔEpei; dΔ ejndevcetai to;n me;n ei\nai sullogismovn, to;n de; mh;
35 ei\nai me;n faivnesqai dev, ajnavgkh kai; ejnquvmhma to; me;n ei\nai, to;
de; mh; ei\nai ejnquvmhma faivnesqai dev, ejpeivper to; ejnquvmhma sul-
1401a logismov" ti". tovpoi dΔ eijs i; tw'n fainomevnwn ejnqumhmavtwn
ei|" me;n oJ para; th;n levxin, kai; touvtou e}n me;n mevro", w{sper
ejn toi'" dialektikoi'", to; mh; sullogisavmenon sumpera-
smatikw'" to; teleutai'on eijpei'n, “oujk a[ra to; kai; tov, ajnavgkh
5 a[ra to; kai; tov”, ejn toi'" ejnqumhvmasi to; sunestrammevnw" kai;
ajntikeimevnw" eijpei'n faivnetai ejnquvmhma (hJ ga;r toiauvth
levxi" cwvra ejsti;n ejnqumhvmato~): kai; e[oike to; toiou'ton ei\nai
para; to; sch'ma th'" levxew". e[sti de; eij" to; th'/ levxei sul-
logistikw'" levgein crhvs imon to; sullogismw'n pollw'n kefavlaia
10 levgein, o{ti tou;" me;n e[swse, toi'" dΔ eJtevroi" ejtimwvrhse, tou;"
dΔ ”Ellhna" hjleuqevrwse: e{kaston me;n ga;r touvtwn ejx a[llwn
ajpedeivcqh, sunteqevntwn de; faivnetai kai; ejk touvtwn ti givgne-
sqai. e}n de; to; para; th;n oJmwnumivan, to; favnai spou-
dai'on ei\nai mu'n, ajfΔ ou| gΔ ejsti;n hJ timiwtavth pasw'n telethv:
15 ta; ga;r musthvria pasw'n timiwtavth telethv. h] ei[ ti" kuvna
ejgkwmiavzwn to;n ejn tw'/ oujranw'/ sumparalambavnoi, h] to;n Pa'na,
o{ti Pivndaro" e[fhsen
w\ mavkar, o{n te megavla" qeou' kuvna pantodapo;n
kalevousin ΔOluvmpioi,
20 h] o{ti to; mhdevna ei\nai kuvnΔ ajtimovtatovn ejstin, w{ste to; kuvna
dh'lon o{ti tivmion. kai; to; koinwniko;n favnai to;n ÔErmh'n ei\nai
24. TOPICI DEGLI ENTIMEMI APPARENTI 291
mavlista tw'n qew'n: movno" ga;r kalei'tai koino;" ÔErmh'". kai; to;
to;n lovgon ei\nai spoudaiovtaton, o{ti oiJ ajgaqoi; a[ndre" ouj crhmav-
twn ajlla; lovgou eijs i;n a[xioi: to; ga;r lovgou a[xion oujc aJplw'"
25 levgetai. a[llo" to; ãto;Ã dih/rhmevnon suntiqevnta levgein h]
to; sugkeivmenon diairou'nta: ejpei; ga;r taujto;n dokei' ei\nai
oujk o]n taujto; pollavki", oJpovteron crhsimwvteron, tou'to dei'
poiei'n. e[sti de; tou'to Eujqudhvmou lovgo", oi|on to; eijdevnai
o{ti trihvrh" ejm Peiraei' ejstivn: e{kaston ga;r oi\den. kai; to;n ta;
30 stoicei'a ejpistavmenon o{ti to; e[po" oi\den: to; ga;r e[po" to; aujtov
ejstin. kai; ejpei; to; di;" tosou'ton nosw'de", mhde; to; e}n favnai
uJgieino;n ei\nai: a[topon ga;r eij ta; duvo ajgaqa; e}n kakovn ejstin.
ou{tw me;n ou\n ejlegktikovn, w|de de; deiktikovn: ouj gavr ejstin e}n
ajgaqo;n duvo kakav: o{lo" de; oJ tovpo" paralogistikov". pavlin to;
35 Polukravtou" eij" Qrasuvboulon, o{ti triavkonta turavnnou"
katevluse: suntivqhsi gavr. h] to; ejn tw'/ ΔOrevsth/ tw'/ Qeodevktou:
ejk diairevsew" gavr ejstin:
divkaiovn ejstin, h{ti" a]n kteivnh/ povs in,
ajpoqnhv/skein tauvthn, kai; tw'/ patriv ge timwrei'n to;n uiJovn,
1401b oujkou'n kai; tau'ta a} pevpraktai: sunteqevnta ga;r i[sw" oujkevti
divkaion. ei[h dΔ a]n kai; para; th;n e[lleiyin: ajfairei' ga;r to; uJpo;
tivno". a[llo" de; tovpo" to; deinwvsei kataskeuavzein h] ajnaskeuav-
zein: tou'to dΔ ejsti;n o{tan, mh; deivxa" o{ti ejpoivhsen ãmhdΔ o{ti
5 oujk ejpoivhsenÃ, aujxhvsh/ to; pra'gma: poiei' ga;r faivnesqai h] wJ" ouj
pepoivhken, o{tan oJ th;n aijtivan e[cwn au[xh/, h] wJ" pepoivhken,
24. TOPICI DEGLI ENTIMEMI APPARENTI 293
to; ga;r meta; tou'to wJ" dia; tou'to lambavnousin, kai; mavlista
oiJ ejn tai'" politeivai", oi|on wJ" oJ Dhmavdh" th;n Dhmosqevnou"
politeivan pavntwn tw'n kakw'n aijtivan: metΔ ejkeivnhn ga;r sunevbh
oJ povlemo". a[llo" para; th;n e[lleiyin tou' povte kai; pw'",
35 oi|on o{ti dikaivw" ΔAlevxandro" e[labe th;n ÔElevnhn: ai{resi" ga;r
aujth'/ ejdovqh para; tou' patrov". ouj ga;r ajei; i[sw", ajlla; to;
1402a prw'ton: kai; ga;r oJ path;r mevcri touvtou kuvrio". h] ei[ ti" faivh
to; tuvptein tou;" ejleuqevrou" u{brin ei\nai: ouj ga;r pavntw",
ajllΔ o{tan a[rch/ ceirw'n ajdivkwn. e[ti w{sper ejn toi'" ejristikoi'"
para; to; aJplw'" kai; mh; aJplw'", ajlla; tiv, givgnetai fainovmeno"
5 sullogismov", oi|on ejn me;n toi'" dialektikoi'" o{ti e[sti to; mh; o[n
ªo[nº, e[sti ga;r to; mh; o]n mh; o[n, kai; o{ti ejpisthto;n to; a[gnwston,
e[stin ga;r ejpisthto;n to; a[gnwston o{ti a[gnwston, ou{tw" kai;
ejn toi'" rJhtorikoi'" ejstin fainovmenon ejnquvmhma para; to; mh;
aJplw'" eijko;" ajlla; ti; eijkov". e[stin de; tou'to ouj kaqovlou, w{sper
10 kai; ΔAgavqwn levgei
tavcΔ a[n ti" eijko;" aujto; tou'tΔ ei\nai levgoi,
brotoi's i polla; tugcavnein oujk eijkovta.
givgnetai ga;r to; para; to; eijkov", w{ste eijko;" kai; to; para; to;
eijkov", eij de; tou'to, e[stai to; mh; eijko;" eijkov". ajllΔ oujc aJplw'",
15 ajllΔ w{sper kai; ejpi; tw'n ejristikw'n to; kata; tiv kai; pro;" tiv kai;
24. TOPICI DEGLI ENTIMEMI APPARENTI 297
25. Kai; peri; me;n ejnqumhmavtwn, kai; tw'n o[ntwn kai; tw'n faino-
30 mevnwn, ei[rhtai, peri; de; luvsew" ejcovmenovn ejstin tw'n eijrhmevnwn
eijpei'n. e[stin de; luvein h] ajntisullogisavmenon h] e[nstasin ejneg-
kovnta. to; me;n ou\n ajntisullogivzesqai dh'lon o{ti ejk tw'n aujtw'n
tovpwn ejndevcetai poiei'n: oiJ me;n ga;r sullogismoi; ejk tw'n ejn-
dovxwn, dokou'nta de; polla; ejnantiva ajllhvloi" ejstivn: aiJ dΔ ejnstav-
35 sei" fevrontai kaqavper kai; ejn toi'" Topikoi'", tetracw'": h] ga;r
ejx eJautou' h] ejk tou' oJmoivou h] ejk tou' ejnantivou h] ejk tw'n kekri-
mevnwn.
25. LA CONFUTAZIONE 299
levgw de; ajfΔ eJautou' mevn, oi|on eij peri; e[rwto" ei[h
1402b to; ejnquvmhma wJ" spoudai'o", hJ e[nstasi" dicw'": h] ga;r kaqovlou
eijpovnta o{ti pa'sa e[ndeia ponhrovn, h] kata; mevro" o{ti oujk a]n
ejlevgeto Kauvnio" e[rw", eij mh; h\san kai; ponhroi; e[rwte". ajpo;
de; tou' ejnantivou e[nstasi" fevretai, oi|on, eij to; ejnquvmhma h\n
5 o{ti oJ ajgaqo;" ajnh;r pavnta" tou;" ILvlou" eu\ poiei', ão{tià ajllΔ
oujdΔ oJ mocqhro;" kakw'". ajpo; de; tou' oJmoivou, oi|on, eij h\n
to; ejnquvmhma o{ti oiJ kakw'" peponqovte" ajei; misou's in, o{ti
ajllΔ oujdΔ oiJ eu\ peponqovte" ajei; ILlou's in. aiJ de; krivsei"
aiJ ajpo; tw'n gnwrivmwn ajndrw'n, oi|on ei[ ti" ejnquvmhma ei\pen
10 o{ti toi'" mequvousi dei' suggnwvmhn e[cein, ajgnoou'nte" ga;r aJmartav-
nousin, e[nstasi" o{ti ou[koun oJ Pittako;" aijnetov": ouj ga;r a]n
meivzou" zhmiva" ejnomoqevthsen ejavn ti" mequvwn aJmartavnh/.
ejpei; de; ta; ejnqumhvmata levgetai ejk tettavrwn, ta; de; tevt-
tara tau'tΔ ejstivn, eijko;" paravdeigma tekmhvrion shmei'on, e[sti de;
15 ta; me;n ejk tw'n wJ" ejpi; to; polu; h] o[ntwn h] dokouvntwn sunhgmevna
ejnqumhvmata ejk tw'n eijkovtwn, ta; de; diΔ ejpagwgh'" ejk tou'
oJmoivou, h] eJno;" h] pleiovnwn, o{tan labw;n to; kaqovlou ei\ta sul-
logivshtai ta; kata; mevro", dia; paradeivgmato", ta; de; dia; ajnag-
kaivou kai; ãajei;Ã o[nto" dia; tekmhrivou, ta; de; dia; tou' kaqovlou ªh]º
20 tou' ejn mevrei o[nto", ejavn te o]n ejavn te mhv, dia; shmeivwn, to; de;
eijko;" ouj to; ajei; ajlla; to; wJ" ejpi; to; poluv, fanero;n o{ti ta;
25. LA CONFUTAZIONE 301
ajnagkai'on, eij kai; ta; pleivw h] pleonavki" a[llw", ejavn te kai; ta;
pleivw kai; ta; pleonavki" ou{tw, macetevon h] o{ti to; paro;n oujc
10 o{moion h] oujc oJmoivw", h] diaforavn gev tina e[cei. ta; de; tekmhvria
kai; tekmhriwvdh ejnqumhvmata kata; me;n to; ajsullovgiston oujk
e[stai lu'sai (dh'lon de; kai; tou'qΔ hJmi'n ejk tw'n ΔAnalutikw'n),
leivpetai dΔ wJ" oujc uJpavrcei to; legovmenon deiknuvnai. eij de;
fanero;n kai; o{ti uJpavrcei kai; o{ti tekmhvrion, a[luton h[dh givgne-
15 tai tou'to: pavnta ga;r givgnetai ajpovdeixi" h[dh fanerav.
ne d’immediata evidenza.
me;n oujk a]n ei[h ªhJº diaforav (toi'" aujtoi'" ga;r crw'ntai ajmfovteroi:
30 o{ti ga;r oujk e[stin h] e[stin, ejnqumhvmata fevrousin): hJ dΔ e[nstasi"
oujk e[stin ejnquvmhma, ajllav, kaqavper ejn toi'" Topikoi'", to; eijpei'n
dovxan tina; ejx h|" e[stai dh'lon o{ti ouj sullelovgistai h] o{ti yeu'-
dov" ti ei[lhfen.
ejpei; de; triva e[stin a} dei' pragmateuqh'nai peri; to;n lovgon,
35 uJpe;r me;n paradeigmavtwn kai; gnwmw'n kai; ejnqumhmavtwn kai;
1403b o{lw" tw'n peri; th;n diavnoian, o{qen te eujporhvsomen kai; wJ" aujta;
luvsomen, eijrhvsqw hJmi'n tosau'ta, loipo;n de; dielqei'n peri; levxew"
kai; tavxew".
26. INDICAZIONI DI ERRORI 307
mento come già per la poetica, la qual cosa, tra gli altri,
310 RETORICA III, 1403b 26 -1404a 14
2. Le virtù dell’elocuzione
35 3. Ta; de; yucra; ejn tevttarsi givgnetai kata; th;n levxin, e[n te
toi'" diploi'" ojnovmasin, oi|on Lukovfrwn “to;n poluprovswpon
oujrano;n th'" megalokoruvfou gh'~”, kai; “ajkth;n de; stenopovron”,
kai; wJ" Gorgiva" wjnovmazen “ptwcomousokovloka" ejpiorkhvsanta"
1406 katΔ eujorkhvsanto~”, kai; wJ" ΔAlkidavma" “mevnou" me;n th;n
yuch;n plhroumevnhn, purivcrwn de; th;n o[y in gignomevnhn”, kai;
“telesfovron” wj/hvqh th;n proqumivan aujtw'n genhvsesqai, kai;
“telesfovron” th;n peiqw; tw'n lovgwn katevsthsen, kai; “kuanov-
5 crwn” to; th'" qalavtth" e[dafo": pavnta tau'ta ga;r poihtika;
dia; th;n divplwsin faivnetai. miva me;n ou\n au{th aijtiva, miva
de; to; crh'sqai glwvttai", oi|on Lukovfrwn Xevrxhn “pevlwron
3. LA FREDDEZZA DELL’ELOCUZIONE 323
farlo per dei mezzi asini, ma dopo che gli venne corrispo-
sto in maniera adeguata, compose: «Salve o figlie di ca-
valli dai piedi di tempesta»294, pure se erano figlie anche
di asini. Vi è anche l’uso del diminutivo. Il «diminutivo»
è ciò che rende più piccolo sia il male che il bene, come
anche Aristofane, nei Babilonesi 295, dice scherzosamente: 30
3. La freddezza dell’elocuzione
siero»301.
Una terza causa di freddezza consiste nell’utilizzo di
epiteti302 lunghi, inopportuni o frequenti: infatti è appro-
priato in poesia parlare di «bianco latte»303, ma gli epiteti
nel discorso in parte non sono adatti, in parte, se usate
a sazietà, sono controproducenti e rendono manifesto
il fatto che vi è un artificio, poiché è vero che bisogna
farvi ricorso (infatti variano l’utilizzo solito e non rendo- 15
si è detto)306.
Ancora – quarto motivo – la freddezza si genera anche
nelle metafore, poiché vi sono pure le metafore inappro-
priate, alcune a causa del ridicolo (infatti anche i comme-
diografi ricorrono alle metafore), altre perché troppo so-
lenni e tragiche, altre ancora oscure, se tratte da lontano;
tali sono quelle di Gorgia – «i fatti pallidi ed esangui»,
«tu che turpemente seminasti queste cose, malamente le 10
4. La similitudine
eu\ ejn toi'" sundevsmoi", deuvteron de; to; toi'" ijdivoi" ojnovmasi
levgein kai; mh; toi'" perievcousin. trivton mh; ajmILbovloi". tou'to
dΔ a]n mh; tajnantiva proairh'tai, o{per poiou's in o{tan mhde;n
me;n e[cwsi levgein, prospoiw'ntai dev ti levgein: oiJ ga;r toi-
35 ou'toi ejn poihvsei levgousin tau'ta, oi|on ΔEmpedoklh'": fena-
kivzei ga;r to; kuvklw/ polu; o[n, kai; pavscousin oiJ ajkroatai; o{-
per oiJ polloi; para; toi'" mavntesin: o{tan ga;r levgwsin ajmILv-
bola, sumparaneuvousin <
Kroi'so" ”Alun diaba;" megavlhn ajrch;n kataluvsei
1407b < kai; dia; to; o{lw" e[latton ei\nai aJmavrthma dia; tw'n genw'n
tou' pravgmato" levgousin oiJ mavntei": tuvcoi ga;r a[n ti" ma'l-
lon ejn toi'" ajrtiasmoi'" a[rtia h] perissa; eijpw;n ma'llon h]
povsa e[cei, kai; to; o{ti e[stai h] to; povte, dio; oiJ crhsmolovgoi
5 ouj prosorivzontai to; povte. a{panta dh; tau'ta o{moia, w{stΔ
a]n mh; toiouvtou tino;" e{neka, feuktevon. tevtarton, wJ" Prw-
tagovra" ta; gevnh tw'n ojnomavtwn dihv/rei, a[rrena kai; qhvlea kai;
skeuvh: dei' ga;r ajpodidovnai kai; tau'ta ojrqw'": “hJ dΔ ejlqou'sa
kai; dialecqei'sa w[/ceto”. pevmpton ejn tw'/ ta; polla; kai; ojlivga
10 kai; e}n ojrqw'" ojnomavzein: “oiJ dΔ ejlqovnte" e[tuptovn me”.
o{lw" de; dei' eujanavgnwston ei\nai to; gegrammevnon kai;
eu[fraston: e[stin de; to; aujtov: o{per oiJ polloi; suvndesmoi
oujk e[cousin, oujdΔ a} mh; rJav/dion diastivxai, w{sper ta; ÔHra-
5. L’ESPRIMERSI IN MODO CORRETTO 333
ne, la frase.
Inoltre, il mettere in evidenza con metafora ed epiteti,
guardandosi dall’effetto poetico. E il rendere il singola-
re al plurale, la qual cosa fanno i poeti; pur essendovi
336 RETORICA III, 1407b 33 - 1408a 16
7. Adeguatezza dell’elocuzione
8. To; de; sch'ma th'" levxew" dei' mhvte e[mmetron ei\nai mhvte
a[rruqmon: to; me;n ga;r ajpivqanon (peplavsqai ga;r dokei'), kai;
a{ma kai; ejxivsthsi: prosevcein ga;r poiei' tw'/ oJmoivw/, povte pav-
8. RITMO E METRICA 341
8. Ritmo e metrica
e[stin de; paia'no" duvo ei[dh ajntikeivmena ajllhvloi", w|n to; me;n e}n
ajrch'/ aJrmovttei, w{sper kai; crw'ntai: ou|to" dΔ ejsti;n ou| a[rcei
me;n hJ makrav, teleutw's in de; trei'" bracei'ai, “Dalogene;" ei[te
15 Lukivan”, kai; “Cruseokovma ”Ekate pai' Diov~”: e{tero" dΔ ejx ejn-
antiva", ou| bracei'ai a[rcousin trei'", hJ de; makra; teleutaiva:
meta; de; ga'n u{datav tΔ wjkeano;n hjfavnise nuvx.
ou|to" de; teleuth;n poiei': hJ ga;r bracei'a dia; to; ajtelh;"
ei\nai poiei' kolobovn. ajlla; dei' th'/ makra'/ ajpokovptesqai, kai;
20 dhvlhn ei\nai th;n teleuth;n mh; dia; to;n grafeva, mhde; dia; th;n
paragrafhvn, ajlla; dia; to;n rJuqmovn.
9. o{ti me;n ou\n eu[ruqmon dei' ei\nai th;n levxin kai; mh;
a[rruqmon, kai; tivne" eu[ruqmon poiou's i rJuqmoi; kai; pw'"
e[conte", ei[rhtai: th;n de; levxin ajnavgkh ei\nai h] eijromevnhn
25 kai; tw'/ sundevsmw/ mivan, w{sper aiJ ejn toi'" diquravmboi" ajna-
bolaiv, h] katestrammevnhn kai; oJmoivan tai'" tw'n ajrcaivwn poih-
tw'n ajntistrovfoi". hJ me;n ou\n eijromevnh levxi" hJ ajrcaiva ejstivn
ª”ÔHrodovtou Qourivou h{dΔ iJstorivh" ajpovdeixi~”º (tauvth/ ga;r prov-
teron me;n a{pante", nu'n de; ouj polloi; crw'ntai): levgw de;
30 eijromevnhn h} oujde;n e[cei tevlo" kaqΔ auJthvn, a]n mh; to; pra'gma
ãto;Ã legovmenon teleiwqh'/. e[sti de; ajhdh;" dia; to; a[peiron: to; ga;r
tevlo" pavnte" bouvlontai kaqora'n: diovper ejpi; toi'" kampth'r-
sin ejkpnevousi kai; ejkluvontai: proorw'nte" ga;r to; pevra" ouj
kavmnousi provteron. hJ me;n ou\n eijromevnh ªth'" levxewv"º ejstin
9. IL PERIODO E LA COMPOSIZIONE DELLA FRASE 345
«sufficiente» e «più».
«Di conseguenza sia a coloro che hanno bisogno di
beni materiali sia a coloro che vogliono goderseli»360; il
«godimento» sta in antitesi all’«acquisizione». E ancora:
«Accade spesso, nelle medesime situazioni, che le perso-
ne assennate siano sfortunate e le stolte abbiano succes-
so»361; «Subito furono ritenuti degni tra i migliori, e non
molto dopo si presero il dominio del mare»362; «Navigare 10
bronzo?».
«Ripetizione»: su; d jaujto;n kai; zw'nta e[lege" kakw'"
kai; nu'n gravfei" kakw'", «tu malamente ne parlavi anche
quando era vivo e ora malamente ne scrivi».
352 RETORICA III, 1410a 37 - b 19
sullabh'" dev “tiv a]n e[paqe" deinovn, eij a[ndrΔ ei\de" ajrgovn…”
1410b e[stin de; a{ma pavnta e[cein taujtov, kai; ajntivqesin ei\nai to;
aujto; kai; pavrison kai; oJmoiotevleuton. aiJ dΔ ajrcai; tw'n peri-
ovdwn scedo;n ejn toi'" Qeodekteivoi" ejxhrivqmhntai. eijs i;n de; kai;
yeudei'" ajntiqevsei", oi|on kai; ΔEpivcarmo" ejpoivei,
5 tovka me;n ejn thvnwn ejgw;n h\n, tovka de; para; thvnoi" ejgwvn.
11. ”Oti me;n ou\n ta; ajstei'a ejk metafora'" te th'" ajnavlogon
levgetai kai; tw'/ pro; ojmmavtwn poiei'n, ei[rhtai: lektevon de; tiv
levgomen pro; ojmmavtwn, kai; tiv poiou's i givgnetai tou'to. levgw
11. RAPPRESENTARE L’AZIONE 359
zione è movimento.
Ma occorre comporre metafore, come prima s’è det-
to419, da ciò che è appropriato e non scontato, come
pure in filosofia il saper scorgere la somiglianza anche in
cose molto distanti è proprio di una mente perspicace,
Archita, ad esempio, disse che è la stessa cosa l’arbitro
e l’altare420: poiché da entrambi si rifugia chi ha subito 15
mavqran to; aujto; ei\nai: a[mfw ga;r taujtov ti, ajlla; diafevrei
tw'/ a[nwqen kai; kavtwqen. kai; to; ajnwmalivsqai ta;" povlei" ejn
polu; dievcousin taujtov, ejn ejpifaneiva/ kai; dunavmesi to; i[son.
e[stin de; kai; ta; ajstei'a ta; plei'sta dia; metafora'" kai;
20 ejk tou' prosexapata'n: ma'llon ga;r givgnetai dh'lon o{ ti e[maqe
para; to; ejnantivw" e[cein, kai; e[oiken levgein hJ yuch; “wJ"
ajlhqw'", ejgw; de; h{marton”. kai; tw'n ajpofqegmavtwn de; ta;
ajstei'av ejstin ejk tou' mh; o{ fhsi levgein, oi|on to; Sthsicovrou,
o{ti oiJ tevttige" eJautoi'" camovqen a[/sontai. kai; ta; eu\ hj/ni-
25 gmevna dia; to; aujto; hJdeva (mavqhsi" gavr ejsti kai; meta-
forav), kai; (o} levgei Qeovdwro~) to; kaina; levgein. givgnetai de;
o{tan paravdoxon h\/, kai; mhv, wJ" ejkei'no" levgei, pro;" th;n e[m-
prosqen dovxan, ajllΔ w{sper ejn toi'" geloivoi" ta; para-
pepoihmevna (o{per duvnatai kai; ta; para; gravmma skwvmmata:
30 ejxapata'/ gavr), kai; ejn toi'" mevtroi": ouj ga;r w{sper oJ
ajkouvwn uJpevlaben: “e[steice dΔ e[cwn uJpo; possi; civmeqla”:
oJ dΔ w[/eto pevdila ejrei'n. touvtou dΔ a{ma legomevnou dei' dh'-
lon ei\nai. ta; de; para; gravmma poiei' oujc o} levgei levgein,
ajllΔ o} metastrevfei o[noma, oi|on to; Qeodwvrou eij" Nivkwna
35 to;n kiqarw/do;n “qravxei se”, prospoiei'tai ga;r levgein to;
1412b “Qra'/x ei\ suv” kai; ejxapata'/: a[llo ga;r levgei. dio; maqovnti hJduv,
ejpei; eij mh; uJpolambavnei Qra'/ka ei\nai, ouj dovxei ajstei'on
11. RAPPRESENTARE L’AZIONE 363
infatti finta di pronunciare la frase Qra'/x ei\ suv [tu sei 1412b
un trace] e trae in inganno: infatti dice un’altra cosa. Per
questo per chi ha capito è piacevole, dal momento che se
non si sospetta che questi è un trace, non sembra esser-
vi un’espressione brillante. E così il detto bouvlei aujto;n
364 RETORICA III, 1412b 3-25
ei\nai. kai; to; “bouvlei aujto;n pevrsai”. dei' de; ajmfovtera pro"-
hkovntw" lecqh'nai. ou{tw de; kai; ta; ajstei'a, oi|on to; favnai
5 ΔAqhnaivoi" th;n th'" qalavtth" ajrch;n mh; ajrch;n ei\nai tw'n
kakw'n: o[nasqai gavr. h] w{sper ΔIsokravth" th;n ajrch;n th'/
povlei ajrch;n ei\nai tw'n kakw'n. ajmfotevrw" ga;r o} oujk a]n
wj/hvqh ti" ejrei'n, tou'tΔ ei[rhtai, kai; ejgnwvsqh o{ti ajlhqev": tov
te ga;r th;n ajrch;n favnai ajrch;n ei\nai oujqe;n sofovn, ajllΔ
10 oujc ou{tw levgei ajllΔ a[llw", kai; ajrch;n oujc o} ei\pen ajpov-
fhsin, ajllΔ a[llw". ejn a{pasi de; touvtoi", eja;n proshkovntw"
to; o[noma ejnevgkh/ oJmwnumiva/ h] metafora'/, tovte to; eu\. oi|on
“ΔAnavsceto" oujk ajnascetov~” oJmwnumiva/ ajpevfhse, ajlla; pro"-
hkovntw", eij ajhdhv". kai; “oujk a]n gevnoio ma'llon h[ se dei' xevno~”:
15 “xevno~” ãga;rà “ouj ma'llon h[ se dei'” to; aujto; kai; “ouj dei'
to;n xevnon xevnon ajei; ei\nai”: ajllovtrion ga;r kai; tou'to. to; aujto;
kai; to; ΔAnaxandrivdou to; ejpainouvmenon,
kalovn gΔ ajpoqanei'n pri;n qanavtou dra'n a[xion:
taujto; gavr ejsti tw'/ eijpei'n “a[xiovn gΔ ajpoqanei'n mh; o[nta
20 a[xion ajpoqanei'n”, h] “a[xiovn gΔ ajpoqanei'n mh; qanavtou a[xion
o[nta”, h] “mh; poiou'nta qanavtou a[xia”. to; me;n ou\n ei\do" to;
aujto; th'" levxew" touvtwn: ajllΔ o{sw/ a]n ãejnà ejlavttoni kai; ajnti-
keimevnw" lecqh'/, tosouvtw/ eujdokimei' ma'llon. to; dΔ ai[tion
o{ti hJ mavqhsi" dia; me;n to; ajntikei'sqai ma'llon, dia; de; to;
25 ejn ojlivgw/ qa'tton givnetai. dei' dΔ ajei; prosei'nai ªh]º to; pro;"
11. RAPPRESENTARE L’AZIONE 365
o}n levgetai ªh]º ojrqw'" levgesqai, eij to; legovmenon ajlhqe;" kai;
mh; ejpipovlaion ãe[staiÃ: e[stin ga;r tau'ta cwri;" e[cein, oi|on “ajpo-
qnhv/skein dei' mhqe;n aJmartavnonta” ªajllΔ oujk ajstei'onº, “th;n
ajxivan dei' gamei'n to;n a[xion”, ajllΔ oujk ajstei'on, ajllΔ ãh]Ã eja;n
30 a{ma a[mfw e[ch/: “a[xiovn gΔ ajpoqanei'n mh; a[xion o[nta tou' ajpo-
qanei'n”. o{sw/ dΔ a]n pleivw e[ch/, tosouvtw/ ajsteiovteron faivnetai,
oi|on eij kai; ta; ojnovmata metafora; ei[h kai; metafora; toiadi;
kai; ajntivqesi" kai; parivswsi", kai; e[coi ejnevrgeian.
eijs i;n de; kai; aiJ eijkovne", w{sper ei[rhtai kai; ejn toi'" a[nw,
35 aiJ eujdokimou'sai trovpon tina; metaforaiv: ajei; ga;r ejk duoi'n
levgontai, w{sper hJ ajnavlogon metaforav, oi|on “hJ ajspiv~”, famevn,
1413a “ejsti ILavlh “Arew~”, kai; “ãto;Ã tovxon fovrmigx a[cordo~”.
ou{tw me;n ou\n levgousin oujc aJplou'n, to; dΔ eijpei'n to; tovxon fovrmigga
h] th;n ajspivda ILavlhn aJplou'n. kai; eijkavzousin de; ou{tw",
oi|on piqhvkw/ aujlhthvn, luvcnw/ yakazomevnw/ ªeij~º muvwpa:
5 a[mfw ga;r sunavgetai. to; de; eu\ ejsti;n o{tan metafora; h\/:
e[stin ga;r eijkavsai th;n ajspivda ILavlh/ “Arew" kai; to; ejreiv-
pion rJavkei oijkiva", kai; to; to;n Nikhvraton favnai )Llokthvthn
ei\nai dedhgmevnon uJpo; Pravtuo", w{sper ei[kasen Qrasuvmaco"
ijdw;n to;n Nikhvraton hJtthmevnon uJpo; Pravtuo" rJayw/dou'nta,
10 komw'nta de; kai; aujcmhro;n e[ti. ejn oi|" mavlistav tΔ ejkpivptou-
sin oiJ poihtai; eja;n mh; eu\, kai; eja;n eu\, eujdokimou's in: levgw
dΔ o{tan ajpodidw's in:
“w{sper sevlinon ou\la ta; skevlh forei'.”
“w{sper )Llavmmwn zugomacw'n tw'/ kwruvkw/.”
11. RAPPRESENTARE L’AZIONE 367
15 kai; ta; toiau'ta pavntΔ eijkovne" eijs ivn. aiJ dΔ eijkovne" o{ti meta-
foraiv, ei[rhtai pollavki".
kai; aiJ paroimivai de; metaforai; ajpΔ ei[dou" ejpΔ ei\do" eijs ivn:
oi|on a[n ti" wJ" ajgaqo;n peisovmeno" aujto;" ejpagavghtai, ei\ta
blabh'/, “wJ" oJ Karpavqiov~”, fasin, “to;n lagwv”: a[mfw ga;r to;
20 eijrhmevnon pepovnqasin. o{qen me;n ou\n ta; ajstei'a levgetai kai; diovti,
scedo;n ei[rhtai to; ai[tion: eijs i;n de; kai; ãaiJÃ eujdokimou'sai
uJperbolai; metaforaiv, oi|on eij" uJpwpiasmevnon “wj/hvqhte dΔ a]n
aujto;n ei\nai sukamivnwn kavlaqon”: ejruqro;n gavr ti to; uJpwvpion,
ajlla; tou'to polu; sfovdra. to; de; “w{sper to; kai; to;” uJperbolh;
25 th'/ levxei diafevrousa. “w{sper )Llavmmwn zugomacw'n tw'/
kwruvkw/”, “wj/hvqh" dΔ a]n aujto;n )Llavmmwna ei\nai macovmenon
tw'/ kwruvkw/”.
“w{sper sevlinon ou\la ta; skevlh forei'n”,
“wj/hvqh" dΔ a]n ouj skevlh ajlla; sevlina e[cein, ou{tw" ou\la”.
30 eijs i; dΔ aiJ uJperbolai; meirakiwvdei": sfodrovthta ga;r dhlou's in.
dio; ojrgizovmenoi levgousin mavlista:
oujdΔ ei[ moi tovsa doivh o{sa yavmaqov" te kovni" te.
kouvrhn dΔ ouj gamevw ΔAgamevmnono" ΔAtreiv>dao,
oujdΔ eij cruseivh/ ΔAfrodivth/ kavllo" ejrivzoi,
35 e[rga dΔ ΔAqhnaivh/:
1413b dio; presbutevrw/ levgein ajprepev": crw'ntai de; mavlista touvtw/
ΔAttikoi; rJhvtore".
11. RAPPRESENTARE L’AZIONE 369
12. Dei' de; mh; lelhqevnai o{ti a[llh eJkavstw/ gevnei aJrmovttei
levxi". ouj ga;r hJ aujth; graILkh; kai; ajgwnistikhv, oujde; dh-
5 mhgorikh; kai; dikanikhv. a[mfw de; ajnavgkh eijdevnai: to; me;n
gavr ejstin eJllhnivzein ejpivstasqai, to; de; mh; ajnagkavzesqai
katasiwpa'n a[n ti bouvlhtai metadou'nai toi'" a[lloi", o{per
pavscousin oiJ mh; ejpistavmenoi gravfein. e[sti de; levxi" gra-
ILkh; me;n hJ ajkribestavth, ajgwnistikh; de; hJ uJpokritikwtavth
10 (tauvth" de; duvo ei[dh: hJ me;n ga;r hjqikh; hJ de; paqhtikhv):
dio; kai; oiJ uJpokritai; ta; toiau'ta tw'n dramavtwn diwvkousi,
kai; oiJ poihtai; tou;" toiouvtou". bastavzontai de; oiJ ajnagnw-
stikoiv, oi|on Cairhvmwn (ajkribh;" ga;r w{sper logogravfo~),
kai; Likuvmnio" tw'n diqurambopoiw'n. kai; paraballovmenoi oiJ
15 me;n tw'n grafevwn ãlovgoià ejn toi'" ajgw's i stenoi; faivnontai,
oiJ de; tw'n rJhtovrwn, eu\ lecqevnte", ijdiwtikoi; ejn tai'" cersivn.
ai[tion dΔ o{ti ejn tw'/ ajgw'ni aJrmovttei ta; uJpokritikav: dio;
kai; ajfh/rhmevnh" th'" uJpokrivsew" ouj poiou'nta to; auJtw'n
e[rgon faivnetai eujhvqh, oi|on tav te ajsuvndeta kai; to; pollav-
20 ki" to; aujto; eijpei'n ejn th'/ graILkh'/ ojrqw'" ajpodokimavzetai,
ejn de; ajgwnistikh'/ ou[, kai; oiJ rJhvtore" crw'ntai: e[sti ga;r
uJpokritikhv. ajnavgkh de; metabavllein to; aujto; levgonta", o{per
w{sper oJdopoiei' tw'/ uJpokrivnesqai: “ou|tov" ejstin oJ klevya"
uJmw'n, ou|tov" ejstin oJ ejxapathvsa", ou|to" oJ to; e[scaton pro-
25 dou'nai ejpiceirhvsa~”, oi|on kai; )Llhvmwn oJ uJpokrith;" ejpoivei
e[n te th'/ ΔAnaxandrivdou Gerontomaciva/, o{te levgoi “ÔRadavman-
12. ELOCUZIONE E GENERI RETORICI 371
qu" kai; Palamhvdh~”, kai; ejn tw'/ prolovgw/ tw'n Eujsebw'n to;
“ejgwv”: eja;n gavr ti" ta; toiau'ta mh; uJpokrivnhtai, givgnetai “oJ
th;n doko;n fevrwn”. kai; ta; ajsuvndeta wJsauvtw": “h\lqon, ajphvn-
30 thsa, ejdeovmhn:” ajnavgkh ga;r uJpokrivnesqai kai; mh; wJ" e}n
levgonta tw'/ aujtw'/ h[qei kai; tovnw/ eijpei'n. e[ti e[cei i[diovn ti
ta; ajsuvndeta: ejn i[sw/ ga;r crovnw/ polla; dokei' eijrh'sqai: oJ
ga;r suvndesmo" e}n poiei' ta; pollav, w{ste eja;n ejxaireqh'/, dh'lon
o{ti toujnantivon e[stai to; e}n pollav. e[cei ou\n au[xhsin: “h\lqon,
1414a dielevcqhn, iJkevteusa” (polla; dokei'), “uJperei'den o{sa ei\pon”.
tou'to de; bouvletai poiei'n kai; ”Omhro" ejn tw'/
“Nireu;"au\Suvmhqen”,“Nireu;"A Δ glaivh> ~”,“Nireu;"o}"kavllisto~”.
peri; ou| ga;r polla; levgetai, ajnavgkh kai; pollavki" eijrh'sqai:
5 eij ou\n ªkai;º pollavki", kai; polla; dokei', w{ste hu[xhken, a{pax
mnhsqeiv", dia; to;n paralogismovn, kai; mnhvmhn pepoivhken, ouj-
damou' u{steron aujtou' lovgon poihsavmeno".
hJ me;n ou\n dhmhgorikh; levxi" kai; pantelw'" e[oiken th'/
skiagraILva/: o{sw/ ga;r a]n pleivwn h\/ oJ o[clo", porrwvteron hJ
10 qeva, dio; ta; ajkribh' periverga kai; ceivrw faivnetai ejn ajmfo-
tevroi": hJ de; dikanikh; ajkribestevra. e[ti de; ma'llon hJ ãejnÃ
eJni; krith'/: ejlavciston ga;r e[nesti rJhtorikh'": eujsuvnopton
ga;r ma'llon to; oijkei'on tou' pravgmato" kai; to; ajllovtrion, kai;
oJ ajgw;n a[pestin, w{ste kaqara; hJ krivs i". dio; oujc oiJ aujtoi;
15 ejn pa's in touvtoi" eujdokimou's in rJhvtore": ajllΔ o{pou mavlista
12. ELOCUZIONE E GENERI RETORICI 373
13. e[sti de; tou' lovgou duvo mevrh: ajnagkai'on ga;r tov te
pra'gma eijpei'n peri; ou|, kai; tou'tΔ ajpodei'xai. dio; eijpovnta
mh; ajpodei'xai h] ajpodei'xai mh; proeipovnta ajduvnaton: o{ te
ga;r ajpodeiknuvwn ti ajpodeivknusi, kai; oJ prolevgwn e{neka
35 tou' ajpodei'xai prolevgei. touvtwn de; to; me;n provqesiv" ejsti
to; de; pivsti", w{sper a]n ei[ ti" dievloi o{ti to; me;n provblhma
13. LE PARTI DEL DISCORSO 375
14. To; me;n ou\n prooivmiovn ejstin ajrch; lovgou, o{per ejn
20 poihvsei provlogo" kai; ejn aujlhvsei proauvlion: pavnta ga;r
ajrcai; tau'tΔ eijs iv, kai; oi|on oJdopoivhsi" tw'/ ejpiovnti. to; me;n
ou\n proauvlion o{moion tw'/ tw'n ejpideiktikw'n prooimivw/: kai;
ga;r oiJ aujlhtaiv, o{ ti a]n eu\ e[cwsin aujlh'sai, tou'to pro-
aulhvsante" sunh'yan tw'/ ejndosivmw/, kai; ejn toi'" ejpideikti-
25 koi'" lovgoi" dei' ou{tw" gravfein, o{ ti ªga;rº a]n bouvlhtai eujqu;
eijpovnta ejndou'nai kai; sunavyai, o{per pavnte" poiou's in.
paravdeigma to; th'" ΔIsokravtou" ÔElevnh" prooivmion: oujqe;n
ga;r koino;n uJpavrcei toi'" ejristikoi'" kai; ÔElevnh/. a{ma de; kai;
eja;n ejktopivsh/, aJrmovttei, kai; mh; o{lon to;n lovgon oJmoeidh'
30 ei\nai. levgetai de; ta; tw'n ejpideiktikw'n prooivmia ejx ejpaivnou
h] yovgou (oi|on Gorgiva" me;n ejn tw'/ ΔOlumpikw'/ lovgw/ “uJpo;
pollw'n a[xioi qaumavzesqai, w\ a[ndre" ”Ellhne~”: ejpainei'
ga;r tou;" ta;" panhguvrei" sunavgonta": ΔIsokravth" de; yevgei
o{ti ta;" me;n tw'n swmavtwn ajreta;" dwreai'" ejtivmhsan, toi'"
35 dΔ eu\ fronou's in oujqe;n a\qlon ejpoivhsan), kai; ajpo; sumbou-
lh'" (oi|on o{ti dei' tou;" ajgaqou;" tima'n, dio; kai; aujto;"
ΔAristeivdhn ejpainei', h] tou;" toiouvtou" oi} mhvte eujdokimou's in
mhvte fau'loi, ajllΔ o{soi ajgaqoi; o[nte" a[dhloi, w{sper ΔAlev-
xandro" oJ Priavmou: ou|to" ga;r sumbouleuvei): e[ti dΔ ejk tw'n
1415a dikanikw'n prooimivwn: tou'to dΔ ejsti;n ejk tw'n pro;" to;n ajkro-
athvn, eij peri; paradovxou lovgo" h] peri; calepou' h] peri; teqru-
lhmevnou polloi'", w{ste suggnwvmhn e[cein, oi|on Coirivlo"
nu'n dΔ o{te pavnta devdastai.
14. I PROEMI 379
14. I proemi
questo preambolo?»474
Anche coloro che capiscono o pensano che il fatto sia
increscioso si intrattengono coi proemi: infatti è meglio
attardarsi su qualsiasi altro punto che su quello in que-
stione. Per questo gli schiavi non dicono le cose su cui
sono interrogati, ma gli girano intorno, e indugiano in
preamboli.
Da dove si devono rendere benevoli gli ascoltatori si 25
15. Peri; de; diabolh'" e}n me;n to; ejx w|n a[n ti" uJpovlhyin
5 duscerh' ajpoluvsaito (oujqe;n ga;r diafevrei ei[te eijpovnto"
tino;" ei[te mhv, w{ste tou'to kaqovlou): a[llo" tovpo" w{ste pro;"
ta; ajmILsbhtouvmena ajpanta'n, h] wJ" oujk e[stin, h] wJ" ouj
blabero;n h] ouj touvtw/, h] wJ" ouj thlikou'ton, h] oujk a[dikon
h] ouj mevga, h] oujk aijscro;n h] oujk e[con mevgeqo": peri; ga;r
10 toiouvtwn hJ ajmILsbhvthsi", w{sper ΔIILkravth" pro;" Nausi-
kravthn: e[fh ga;r poih'sai o} e[legen kai; blavyai, ajllΔ oujk
ajdikei'n. h] ajntikatallavttesqai ajdikou'nta, eij blaberovn, ajllΔ
ou\n kalovn, eij luphrovn, ajllΔ wjfevlimon, h[ ti a[llo toiou'-
ton. a[llo" tovpo" wJ" ejsti;n aJmavrthma h] ajtuvchma h]
15 ajnagkai'on, oi|on Sofoklh'" e[fh trevmein oujc wJ" oJ diabavl-
lwn e[fh, i{na dokh'/ gevrwn, ajllΔ ejx ajnavgkh": ouj ga;r eJkovnti
ei\nai auJtw'/ e[th ojgdohvkonta. kai; ajntikatallavttesqai to;
ou| e{neka, o{ti ouj blavyai ejbouvleto ajlla; tovde, kai; ouj tou'to
o} diebavlleto poih'sai, sunevbh de; blabh'nai: “divkaion de;
20 misei'n, eij o{pw" tou'to gevnhtai ejpoivoun.” a[llo", eij
15. LA CALUNNIA 387
15. La calunnia
16. La narrazione
tiko;n poiei'n, ajllΔ h{kista pavntwn, eja;n mh; ejxisth'/. dei' ou\n
30 ajporou'nta tou'to poiei'n o{per oiJ ΔAqhvnhsi rJhvtore" poiou's i
kai; ΔIsokravth": kai; ga;r sumbouleuvwn kathgorei', oi|on Lake-
daimonivwn me;n ejn tw'/ panhgurikw'/, Cavrhto" dΔ ejn tw'/ sum-
macikw'/. ejn de; toi'" ejpideiktikoi'" dei' to;n lovgon ejpeisodiou'n
ejpaivnoi", oi|on ΔIsokravth" poiei': ajei; gavr tina eijsavgei. kai;
35 o} e[legen Gorgiva", o{ti oujc uJpoleivpei aujto;n oJ lovgo", taujtov
ejstin: eij ga;r ΔAcilleva levgei Phleva ejpainei', ei\ta Aijakovn,
ei\ta to;n qeovn, oJmoivw" de; kai; ajndreivan, h} ta; kai; ta; poiei' h]
toiovnde ejstivn. e[conta me;n ou\n ajpodeivxei" kai; hjqikw'" le-
ktevon kai; ajpodeiktikw'", eja;n de; mh; e[ch/" ejnqumhvmata, hjqi-
40 kw'": kai; ma'llon tw'/ ejpieikei' aJrmovttei crhsto;n faivnesqai
1418b h] to;n lovgon ajkribh'. tw'n de; ejnqumhmavtwn ta; ejlegktika;
ma'llon eujdokimei' tw'n deiktikw'n, o{ti o{sa e[legcon poiei', ma'l-
lon dh'lon o{ti sullelovgistai: parΔ a[llhla ga;r ma'llon taj-
nantiva gnwrivzetai.
5 ta; de; pro;" to;n ajntivdikon oujc e{terovn ti ei\do", ajlla;
tw'n pivstewvn ejsti ãto;Ã ta; me;n lu'sai ejnstavsei ta; de; sullogismw'/.
dei' de; kai; ejn sumboulh'/ kai; ejn divkh/ ajrcovmenon me;n levgein
ta;" eJautou' pivstei" provteron, u{steron de; pro;" tajnantiva
ajpanta'n luvonta kai; prodiasuvronta. a]n de; poluvcou" h\/ hJ
10 ejnantivwsi", provteron ta; ejnantiva, oi|on ejpoivhse Kallivstrato"
ejn th'/ Messhniakh'/ ejkklhsiva/: a} ga;r ejrou's i proanelw;n ou{tw"
17. TIPI DI PERSUASIONE 403
19. L’epilogo
o{qen de; dei' au[xein kai; tapeinou'n e[kkeintai oiJ tovpoi prov-
teron. meta; de; tau'ta, dhvlwn o[ntwn kai; oi|a kai; hJlivka, eij"
25 ta; pavqh a[gein to;n ajkroathvn. tau'ta dΔ ejsti;n e[leo" kai;
deivnwsi" kai; ojrgh; kai; mivso" kai; fqovno" kai; zh'lo" kai; e[ri".
ei[rhntai de; kai; touvtwn oiJ tovpoi provteron, w{ste loipo;n ajna-
mnh'sai ta; proeirhmevna. tou'to de; aJrmovttei poiei'n oujc w{sper
fasi;n ejn toi'" prooimivoi", oujk ojrqw'" levgonte". i{na ga;r
30 eujmaqh;" h\/, keleuvousi pollavki" eijpei'n. ejkei' me;n ou\n dei'
to; pra'gma eijpei'n, i{na mh; lanqavnh/ peri; ou| hJ krivs i", ejn-
tau'qa de; diΔ w|n devdeiktai, kefalaiwdw'". ajrch; de; diovti a}
uJpevsceto ajpodevdwken, w{ste a{ te kai; diΔ o} lektevon. levgetai
de; ejx ajntiparabolh'" tou' ejnantivou. parabavllein de; ªh]º o{sa
35 peri; to; aujto; a[mfw ei\pon, h] ªmh;º katantikruv (“ajllΔ ou|to"
1420a me;n tavde peri; touvtou, ejgw; de; tadiv, kai; dia; tau'ta”), h] ejx
eijrwneiva" (oi|on “ou|to" ga;r tavdΔ ei\pen, ejgw; de; tadiv”, kai; “ti;
a]n ejpoivei, eij tavde e[deixen, ajlla; mh; tadiv”), h] ejx ejrwthvsew" (“tiv
ou\n devdeiktai…” h] “ou|to" tiv e[deixen…”). h] dh; ou{tw" ªh]º ejk para-
5 bolh'" h] kata; fuvs in wJ" ejlevcqh, ou{tw" ta; aujtou', kai; pavlin,
eja;n bouvlh/, cwri;" ta; tou' ejnantivou lovgou. teleuth; de; th'"
levxew" aJrmovttei hJ ajsuvndeto", o{pw" ejpivlogo" ajlla; mh; lovgo"
h\/: “ei[rhka, ajkhkovate, e[cete, krivnate”.
19. L’EPILOGO 413
ne, è qui nei proemi che si deve esporre il fatto per non
lasciarsi sfuggire l’argomento su cui verte la questione,
mentre nell’epilogo si devono dire per sommi capi gli ar-
gomenti con cui si è condotta la dimostrazione. Il punto
di partenza consiste nel mostrareperché si è mantenuto
quanto promesso, di conseguenza si deve dire sia questo
sia il motivo. Si parla poi a partire dal confronto con la
tesi dell’avversario. E confrontare o tutto quello che l’u-
no e l’altro dicono sullo stesso punto, o senza confronto 35
1
Aristotele considera la retorica come «antistrofe» alla dialettica
per evidenziarne la reciproca complementarità come «in un’ode lirica
strofe e antistrofe riproducono la stessa struttura metrica senza per
questo essere identiche» (cfr. Dorati, 131, n. 2). Su retorica e dialetti-
ca, cfr. Zanatta, pp. 15-23; P. Donini, Poetica e Retorica, (pp. 327-363),
in: E. Berti (a cura di), Guida ad Aristotele. Logica, Fisica, Cosmolo-
gia, Psicologia, Biologia, Metafisica, Etica, Politica, Poetica, Retorica,
Roma-Bari 1997, (cfr., in particolare, pp. 353-4); B. Cassin, L’effetto
sofistico. Per un’altra storia della filosofia, trad. it. a cura di C. Rognoni,
Editoriale Jaca Book, Milano 2002, pp. 187-91; F. Piazza, Il corpo del-
la persuasione. L’entimema nella retorica greca, Palermo, Novecento
2000, pp. 80-1.
2
Si tratta dei manuali di retorica allora in circolazione cui fa rife-
rimento anche Platone nel Fedro (266 D).
3
Sulle «persuasioni», cfr. s.v. SLYVWL/SLYVWHL André Wartelle, Le-
xique de la «Rhétorique» d’Aristote, ed. Les Belles Lettres, Paris 1982.
4
Sull’entimema, cfr. F. Piazza, Il corpo della persuasione cit., pp. 86
ss.; R. Barthes, La retorica antica, trad. it. Milano, 1972, p. 66.
5
Lett. sarebbe «adatta a parlare in una pubblica assemblea» o «al
popolo», ma – s’intende – su questioni di pubblico interesse, dunque
«atta a deliberare».
6
Ovvero, in sede di consiglio.
7
ARISTOTELE, Topici, 101a 26-7.
8
Cfr., al riguardo, ARISTOTELE, Elenchi Sofistici, 171b 23-33.
9
ARISTOTELE, Analitici primi, I, 23; Analitici secondi, I,1.
10
ARISTOTELE, Topici, I, 12, 105 a10-19.
11
Sul sillogismo cfr. ARISTOTELE, Analitici primi, I, 1, 24 b18-20; 4,
25 b32-35; 31, 46 a39 ss.
12
Opera perduta ricordata da Diogene Laerzio (Vite dei filosofi,
V, 23).
13
ARISTOTELE, Retorica, II, 20-24.
14
Cfr. ARISTOTELE, Etica Nicomachea, VI, 2, 1139 a11-14.
15
Cfr. PAUSANIA, VI, 7, 1.
418 NOTE AL TESTO
16
ARISTOTELE, Analitici primi, I, 8; 12-14; 27; Analitici secondi, I,
2, 71b 15-16; 6, 74b 5 ss.; I, 30, 87 b19-27.
17
Sull’accadere «per lo più», ARISTOTELE, Analitici primi, I, 13,
32 b4-18.
18
Cfr. ARISTOTELE, Analitici primi, I, 27, 70a 2-9.
19
Ossia proposizioni probabili o, talvolta, necessarie; cfr., ARISTO-
TELE, Analitici primi, I, 27, 70 a10.
20
ARISTOTELE, Analitici primi, I, 27.
21
ARISTOTELE, Topici, I, 1; 14; III, 5.
22
OMERO, Iliade, XVIII, 148 ss.; cfr., inoltre, PLATONE, Apologia,
28B-C, Simposio, 179E.
23
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, I, 2, 1356a 25-27
24
Da intendersi come competenza sulla logica in generale (Dorati,
135, n. 45)
25
Forse si allude anche al Fedro di Platone (266B ss.). Per un con-
fronto tra le diverse posizioni rispetto alla retorica di Platone e Aristo-
tele, vedi B. Cassin, cit., pp. 182-191. Cfr. Retorica, I, 2, 1358 a 21-26.
26
Cfr. ARISTOTELE, Politica, IV, 11.
27
Gli storici.
28
Come osserva Dorati (135, n. 52), si tratta qui di «un topos oratorio,
e di un punto d’onore» specie per gli Ateniesi il cui progenitore, Eritto-
nio, sarebbe appunto “figlio della Terra” fecondata dal seme di Efesto.
29
Erodico di Selimbria deve la sua fama al fatto di essere riuscito a
vivere a lungo grazie a un regime estremamente severo (cfr. PLATONE,
Protagora, 316E, Fedro, 227D, Repubblica, 406A ss.).
30
ARISTOTELE, Retorica, I, 9.
31
OMERO, Iliade, I, 255.
32
Iliade, II, 176
33
Iliade, II, 298
34
Modo di dire che allude all’impresa che si fallisce poco prima
di realizzarla.
35
SIMONIDE, fr. 67 (572) [PAGE].
36
Cfr. ARISTOTELE, Etica Nicomachea, I, 1, 1094a 1-3.
37
LEODAMANTE, p. 244 [SAUPPE].
38
Il detto è da attribuire a Pindaro (PINDARO, Olimpiche, I, 1).
39
ARISTOTELE, Retorica, 1363b 14-15.
40
Cfr. 1362b 5-7.
41
Cfr. 1363a 9.
42
OMERO, Iliade, IX, 592-594.
43
Sulla nozione di «combinazione», cfr. Dorati, 137, n. 78.
44
SIMONIDE, fr. 163 [BERGK].
NOTE 16-75 419
45
OMERO, Odissea, XXII, 347.
46
ARISTOTELE, Politica, III e IV.
47
ARISTOTELE, Retorica, 1356a 1-4.
48
SAFFO, fr. 149 [DIEHL].
49
PLATONE, Menesseno, 235D 3-6.
50
IFICRATE, fr. 111 [BERGK]. Per il significato del detto cfr. ARISTO-
TELE, Retorica, 1365a 28-29.
51
Una versione più completa del distico in ARISTOTELE, Retorica,
1365a 26-27.
52
SIMONIDE, fr. 94 [DIEHL].
53
Personaggio ignoto.
54
Su Armodio e Aristogitone cfr. TUCIDIDE, La guerra del Pelopon-
neso, I, 20.
55
Distinzione che sarà ripresa in ARISTOTELE, Retorica, 1373b 4-11.
56
EVENO, fr. 8 [DIEHL], attribuito al sofista Eveno di Paro; cfr.
Zanatta, 196, n. 103.
57
Cfr. ARISTOTELE, Sull’anima, III, 3, 429a.
58
EURIPIDE, Andromaca, fr. 133, [NAUCK].
59
OMERO, Odissea, XV, 400-401.
60
Iliade, XVIII, 109.
61
Iliade, XXIII, 108, Odissea, IV, 183.
62
Ossicini di varie forme per un uso simile a quello dei dadi (cfr.
Dorati, 140, n.126).
63
ARISTOTELE, Retorica, 1369b 16-17.
64
EURIPIDE, Oreste, 234.
65
Dal momento che «tutti gli uomini per natura tendono al sape-
re» (ARISTOTELE, Metafisica, I, 1, 980 a21).
66
ARISTOTELE, Poetica, 1448b 12-17.
67
Cfr. ARISTOTELE, Etica Nicomachea, 1161 b33 (cfr. inoltre, PLA-
TONE, Fedro, 240C; Gorgia, 510B; Simposio, 195B).
68
OMERO, Odissea, XVII, 218.
69
Cfr. ARISTOTELE, Etica Nicomachea, VIII, 1155a 34-35.
70
EURIPIDE, Antiope, fr. 183, [NAUCK]; PLATONE, Gorgia, 484E.
71
ARISTOTELE, Poetica, 1448b 36 ss.
72
Personaggio e fatto ignoto.
73
Ci si riferisce al fatto che, a causa dell’assenza del re Tèlefo, il
territorio dei Misii fosse malamente difeso.
74
DIOGENIANO, VII, 87, [CPG], I, p. 122.
75
Si fa riferimento all’assassinio di Dione in seguito alla congiura
organizzata da Callippo (354 a. C.); cfr. PLUTARCO, Dione, 54 ss.; altri
riferimenti in Dorati (140, n. 133) e Zanatta (208, n.132).
420 NOTE AL TESTO
76
Probabile lacuna riguardo il nome della città sottomessa da Gelone.
«Questi – spiega il Dorati (141, n. 134) – aveva anticipato Enesidemo, che
gli aveva inviato il premio del cottabo (gioco di origine siciliana) compli-
mentandosi per aver giocato bene la partita e averlo battuto sul tempo».
77
SOFOCLE, Antigone, 456-7, v. pure ARISTOTELE, Retorica, 15,
1375b 1.
78
31 B 135 [DK].
79
Il Messeniaco è il titolo di un’orazione perduta di Alcimadante,
allievo di Gorgia, le parole succitate sono riportate in uno scolio (AL-
CIDAMANTE, Messeniaco, fr. 1, p. 154 [SAUPPE]).
80
ARISTOTELE, Retorica, 1368b 9-12
81
ARISTOTELE, Retorica, 1368b 13.
82
ARISTOTELE, Retorica, II, 2.
83
ARISTOTELE, Retorica, 1373a 29-38.
84
ARISTOTELE, Retorica, 1372a 11 - b 22
85
Contemporanei di Demostene, Callistrato e Melanopo erano av-
versari politici (cfr. PLUTARCO, Demostene, 13; SENOFONTE, Elleniche,
VI 3, 2-3).
86
Parte del testo che Ross pone tra cruces forse corrotto.
87
SOFOCLE, Pro Euctemone, p. 165 [SAUPPE]. È l’oratore, omonimo
del poeta, ricordato pure in Retorica, III, 18, 1419a 26 (Dorati, 141, 147).
88
Vi è un probabile richiamo alla formula utilizzata per il giu-
ramento degli eliasti ateniesi (cfr. DEMOSTENE, 39, Contro Boeto, 40;
POLLUCE, Onomastico, VIII, 122). Cfr. inoltre ARISTOTELE, Retorica,
1376a 17-21 e 1402b 32-33.
89
SOFOCLE, Antigone, 456 e 458.
90
È probabile che si tratti di un’espressione proverbiale come
congettura Dorati (141, n. 151).
91
L’episodio in questione si trova in PLUTARCO, Solone, 10, in cui si
narra delle pretese avanzate da Atene e Megara per il possesso dell’i-
sola di Salamina; chiamati in qualità di arbitri i Lacedemoni, questi ul-
timi si schierarono contro i megaresi per via di una citazione omerica
nella quale si ricordava l’episodio di Aiace che schierava i suoi uomini
a fianco degli Ateniesi (Iliade, II, 557-8); cfr. Dorati, 142, n. 153.
92
SOLONE, fr. 18 [DIEHL].
93
Così avrebbe interpretato il vaticinio di un oracolo Temistocle,
anziché vedere “nel muro di legno” una palizzata eretta a difesa della
città; cfr. ERODOTO, Storie, VII 141-143.
94
Cfr. DIOGENIANO, III, 89, [CPG], I, 231.
95
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, II, 21, 1395a 18; si tratta di un verso
dei Canti Cipri, poema di Stasino (fr. 2 [KINKEL]).
NOTE 76-117 421
96
Eubulo, uomo politico ateniese contemporaneo di Demostene;
Cratete fu un comandante militare; Archibio un personaggio ignoto.
Platone non è il filosofo, ma un commediografo (cfr. Dorati, 142, n.
160).
97
SENOFANE, 21 A 14 [DK].
Libro II
98
ARISTOTELE, Retorica, III, 4.
99
OMERO, Iliade, XVIII, 109-110.
100
Iliade, I, 356.
101
Iliade, IX, 648
102
Iliade, II, 196.
103
Iliade, I, 82.
104
ANTIFONTE, Meleagro, fr. 2 [NAUCK]; ATENEO, Deipnosofisti,
DXV 653, e ARISTOTELE, Retorica, 1399b 27.
105
Allusione ad OMERO, Odissea, XIV 26: Ulisse, per far cessare
l’assalto dei cani presso la capanna di Eumeo, si siede.
106
Oratore, avversario di Demostene, ebbe un ruolo rilevante nel-
le trattative che condussero Atene alla pace con Filippo di Macedonia
il 346 a.C. (cfr. Zanatta, 234, n. 14).
107
Si tratta di due strateghi processati per tradimento (cfr. DEMO-
STENE, 19, Sulla corrotta ambasceria, 180 e Dorati, 282, n. 17).
108
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1378a 32 e 1379b 10.
109
OMERO, Odissea, IX, 504.
110
Iliade, XXIV, 54
111
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1380b 35-36
112
ESIODO, Opere e giorni, 25, cfr. pure ARISTOTELE, Retorica,
1388a 17.
113
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1381b 19-20.
114
Il termine in questione DMSRWXPSDQL]RYPHQRL, ovvero «il subire
DMSRWXPSDQLVPRY», sta a indicare una forma di supplizio particolar-
mente infamante, consistente, forse, nella bastonatura a morte o in
una sorta di crocifissione (Cfr. E. Cantarella, I supplizi capitali in Gre-
cia e a Roma, Milano 1991, pp. 41 ss.; citato in Dorati, 283, n. 24).
115
DIOGENIANO, V, 84, [CPG], I, 267.
116
Alla lettera il significato di VXQDOHLYIHLQ è «ungere insieme»,
riferimento all’uso (qui in senso traslato), da parte dei lottatori, di
ungersi i corpi.
117
Si riferisce a un episodio secondo il quale Euripide, in qualità
di ambasciatore di Atene a Siracusa, dopo aver visto rifiutate le ri-
422 NOTE AL TESTO
167
Iliade, XVIII, 309. Si tratterebbe di un’antica divinità della
guerra (cfr. Dorati, 287, n. 95).
168
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, II, 21, 1395a 18 e nota.
169
Significa avere un vicino poco raccomandabile, irrequieto come
un attico; cfr. TUCIDIDE, La guerra del Peloponneso, I, 70, e ZENOBIO,
II, 28, [CPG], I, 40.
170
Cfr. PLATONE, Protagora, 343B (13A 4 [DK]).
171
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1389b 24.
172
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1394a 21-22.
173
ESIODO, Opere e giorni, 346 (cfr. Zanatta, 284, n. 109).
174
Frase da attribuire al comico Menandro (in AULO GELLIO, Notti
Attiche, II, 23) secondo Zanatta (Id., 284, n. 110).
175
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1394a 21-22.
176
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, I, 2, 1356a 35 ss. (cfr., inoltre, ARI-
STOTELE, Analitici primi, 60b 11 e Elenchi Sofistici, 165a 3).
177
EURIPIDE, Ippolito, 988-989.
178
Cfr. ARISTOTELE, Topici, II, 23.
179
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1403a 17.
180
Si tratta di una presentazione di argomenti che saranno trattati
nei capitoli successivi (cfr., rispettivamente, ARISTOTELE, Retorica, II,
23-25).
181
Contrari sono quelle cose che, appartenendo a uno stesso gene-
re, differiscono tra loro al massimo grado (cfr. ARISTOTELE, Metafisica,
I, 4, 1055a 3-31).
182
ALCIDAMANTE, Messeniaco, fr. 2, p.154 [SAUPPE]; e ARISTOTELE,
Retorica, I, 13, 1373 b18a.
183
I versi dell’ignoto tragediografo sono in fr. adesp. 80, [NAUCK];
per la relativa discussione, cfr. Zanatta, 288, n. 124.
184
EURIPIDE, Tieste, fr. 396, [NAUCK].
185
Secondo il mito, Alcmeone, uccise la madre Erifile, mentre il
nome, che appare subito dopo, Alfesibea, è quello della moglie dello
stesso Alcmeone. Per quanto riguarda Teodette, uno dei più celebri
tragici del IV sec. a. C., fu inoltre oratore, maestro di retorica, nonché
allievo di Platone, Isocrate e dello stesso Aristotele (cfr. Dorati, 288,
n. 110).
186
TEODETTE, Alcmeone, fr. 2 [NAUCK].
187
Ibid.
188
Nicanore è un personaggio sconosciuto. Per quanto riguarda
Demostene, non si sa se si tratti del politico o di un omonimo.
189
Eneo è il padre di Meleagro, uccisore di Toxeo e Plexippo.
Citazione di un tragico a noi sconosciuto, in fr. adesp. 81, [NAUCK].
NOTE 167-206 425
190
Alessandro è Paride, come Teseo, colpevole di aver rapito Ele-
na (cfr. APOLLODORO, Biblioteca, III, 10, 7; Epiteti, I, 23).
191
La colpa dei Tindaridi – ossia i Dioscuri – fu quella di aver
rapito le figlie di Leucippo (cfr. APOLLODORO, Biblioteca, III, 11, 2).
192
OMERO, Iliade, XVI.
193
La morte di Achille per mano di Alessandro – ovvero Paride – è
raccontata in un poema perduto del ciclo epico l’Etiopide (cfr. APOL-
LODORO, Epiteti, 5, 3).
194
Ross attribuisce l’espressione a Policrate (POLICRATE, Alessan-
dro, fr. 2, p. 222 [Sauppe]), Zanatta (291, n. 138) e Dorati (289, n.
121) la ritengono dubbia.
195
LISIA, Contro Armodio, fr. 1, p. 179 [SAUPPE]. Si tratta di un’o-
razione probabilmente scritta da Lisia e pronunciata da Ificrate (cfr.
DIONISIO DI ALICARNASSO, Su Lisia, 12). Ificrate è un celebre stratega
ateniese che nel 392 a. C. sconfisse gli Spartani, gli era stata promessa
una statua in suo onore, ma la proposta incontrò l’opposizione di Ar-
modio. Cfr. Dorati (289, n. 114); altri riferimenti in Zanatta (292, n.
139) e Plebe (146, n. 56).
196
Nel 346 a. C.
197
Dopo la conquista di Elea, nel 339 a. C., Filippo avanzò la ri-
chiesta ai Tebani a che lasciassero passare il suo esercito per entrare
nell’Attica. Probabilmente, il rifiuto opposto dai Tebani si deve anche
alle orazioni di Demostene, come congettura Zanatta (292, n. 140). Il
riferimento è agli avvenimenti che condussero alla sconfitta di Chero-
nea (cfr. Dorati, 289, n. 116; Plebe, 146, n. 57 e IX-X della Prefazione).
198
Tragedia perduta forse di Sofocle.
199
LISIA, Pro Ificrate, fr. 1, p. 191 [SAUPPE]. Ificrate venne accusato
di tradimento da Aristofonte.
200
Aristide «il giusto», uomo politico ateniese attivo intorno alla
prima metà del V secolo, famoso per la sua integrità morale.
201
Cfr. PLATONE, Apologia, 27B ss.
202
Cfr. PLUTARCO, Moralia, 187b.
203
L’azione cui qui si fa riferimento è l’assassinio di Ipparco, fra-
tello del tiranno ateniese Ippia (514 a. C.), ricordata come esempio di
amor patrio e di avversione nei riguardi della tirannide (cfr. Dorati,
289, n. 120).
204
POLICRATE, Alessandro, fr. 2, p. 222 [SAUPPE]; cfr. ante 1397b 27-29.
205
Re macedone.
206
Probabilmente Aristotele allude a Topici, I, 15, 106a 14 ss.; il
riferimento è comunque controverso (cfr. Dorati, 289-290, n. 123; Za-
natta, 293, n. 149).
426 NOTE AL TESTO
207
Mantia aveva due figli illegittimi che fu costretto a riconoscere,
in seguito alla dichiarazione della madre (cfr. DEMOSTENE, 39, Contro
Boeto; Dorati, 290, n. 124).
208
TEODETTE, Legge, fr. 1, p. 247 [SAUPPE].
209
Discepolo di Gorgia; per la citazione, cfr. ALCIDAMANTE, Mou-
seion, fr. 2 p. 155, [SAUPPE].
210
Missidemide è un personaggio sconosciuto. Autocle fu un poli-
tico ateniese contemporaneo di Aristotele.
211
L’allievo di Socrate, fondatore della scuola di Cirene.
212
L’episodio cui si fa riferimento (cfr. SENOFONTE, Elleniche, IV, 7,
2) è il seguente: il re di Sparta, Egesipoli, dapprima consultò l’oracolo
di Zeus a Olimpia, per sapere se rispettare una tregua sacra con gli
Argivi, alla risposta negativa del dio, si recò a Delfi, sapendo che la
risposta non poteva essere diversa, perché il figlio Apollo non avrebbe
mai contraddetto il padre Zeus.
213
ISOCRATE, Elena, 18-38, 41 ss.
214
ISOCRATE, Evagora, 52-53.
215
ARISTOTELE, Topici, III, 4, 111b 5-9.
216
TEODETTE, Apologia di Socrate, fr. 1, p. 47 [SAUPPE].
217
Discepolo di Isocrate.
218
Su Ificrate cfr. nota a ARISTOTELE, Retorica, II, 23, 1397b 30-34.
219
Strabaco, probabilmente allievo di Ificrate (cfr. DEMOSTENE, 20,
Contro Leptine, 84), Caridemo fu un generale mercenario più volte al
servizio degli Ateniesi (cfr. Zanatta, 297, n. 167).
220
TEODETTE, Legge, fr. 2, p. 247 [SAUPPE].
221
La posizione critica del filosofo Senofane di Colofone (IV sec.
a. C.) sulle credenze della tradizione religiosa è nota (cfr., ad esempio,
SENOFANE, 21 B 11 ss. [DK]).
222
ISOCRATE, Sullo scambio o Antidosi, 173.
223
DEMOSTENE, Sui patti con Alessandro = Orazione 17, 30. Il «con-
segnare acqua e terra» era l’atto richiesto dal Gran Re come riconosci-
mento della propria sottomissione (ERODOTO, Storie, VI, 48-9).
224
Secondo Dorati (290-1, n. 140): «Probabile riferimento alla
pace imposta in Grecia da Filippo di Macedonia dopo la battaglia di
Cheronea (338 a. C.), e conclusa due anni dopo dal figlio Alessandro».
225
LISIA, L’antica forma dello stato ateniese, 11.
226
Autore sconosciuto, vedi fr. adesp. 82, [NAUCK].
227
Cfr. ANTIFONTE, Meleagro, fr. 2, [NAUCK]; cfr., inoltre, ARISTO-
TELE, Retorica, II, 2, 1379b 15. Il distico si riferisce all’episodio in cui
Meleagro, insieme ad altri, fu invitato a uccidere il cinghiale che deva-
stava le terre di Oineo (APOLLODORO, Biblioteca, I, 8, 2-3).
NOTE 207-248 427
228
TEODETTE, Aiace, p. 801 [NAUCK].
229
Riferimento alla missione notturna (cfr. OMERO, Iliade, X).
230
Callippo, come si è detto (cfr. supra, nota 217), era allievo di
Isocrate; su Panfilo notizie in CICERONE, Sull’oratore, III, 21, e QUIN-
TILIANO, Istituzioni oratorie, III, 6, 34 (citati in Zanatta, 299, n. 177).
231
Demagogo Ateniese, Androcle fu avversario di Alcibiade e fau-
tore del suo esilio dopo che l’ebbe accusato della mutilazione delle
erme (cfr. ANDOCIDE, Sui misteri, 27; PLUTARCO, Alcibiade, 19, 3), ven-
ne ucciso (411 a.C.) da giovani seguaci di Alcibiade durante il governo
dei Quattrocento (TUCIDIDE, La guerra del Peloponneso, VIII, 65); cfr.
Plebe, 153, n. 75; Dorati, 291, n. 146.
232
ANDROCLE, p. 153 [SAUPPE].
233
Vale a dire che la donna è la madre del ragazzo.
234
TEODETTE, Aiace, p. 801 [NAUCK].
235
Cfr. LEODAMANTE, p. 216 [SAUPPE]. È quel Trasibulo di Collito che
fece interdire a Leodamante la carica di arconte (Zanatta, 300, n. 182).
236
Su tale colonna venivano, infatti, incisi i nomi dei traditori (Do-
rati, 291, n. 151).
237
Secondo il mito Leucotea era in origine la mortale Ino, figlia di
Cadmo e moglie di Atamante, che si gettò in mare col figlio Melicerte
per sfuggire al marito impazzito, diventando così una divinità marina
(APOLLODORO, Biblioteca, III, 4, 3).
238
CARCINO, Medea, p. 798 [NAUCK]. Su Carcino, cfr. Dorati, 291,
n. 153.
239
Del retore Teodoro di Bisanzio (seconda metà del V sec. a. C.),
autore di una WHFQZ
QVXQDJZJKY parla anche Platone nel Fedro (261C,
266E); cfr. Dorati, 291, n. 154 e Zanatta 301, n. 186.
240
SOFOCLE, Tindareo, fr. 597, [NAUCK]; fr. 658, [RADT].
241
EURIPIDE, Le Troiane, 990.
242
CHEREMONE, fr. 4, [NAUCK].
243
Da SHYQTR «dolore».
244
In ARISTOTELE, Elenchi Sofistici, 165b 23, Aristotele distingue
due tipi di sillogismi «falsi in forma», ovvero due paralogismi: in dic-
tione (dovuto all’elocuzione, ed è tale il caso succitato nel testo) ed
extra dictionem, che non dipendono dall’elocuzione (cfr. Zanatta, 303,
n. 190).
245
ISOCRATE, Evagora, 65-69.
246
La costellazione del cane.
247
Ossia di Cibele (Cfr. PINDARO, Parteni, fr. 96 [SNELL]).
248
Cfr. DIOGENIANO, V, 38, [CPG], I, 259. Come spiega il Dorati
(292, n. 166): «.RLQR
Ô (UPH
(“Hermes è comune”) era espressione
428 NOTE AL TESTO
proverbiale per indicare che ciò che veniva fortunosamente trovato (det-
to appunto H-UPDL
RQ) doveva essere diviso tra tutti i presenti. .RLQZQLNRY
vuol dire oltre che “comune” […] anche “generoso, liberale”. Il concetto
espresso sarebbe dunque che Hermes è il dio più generoso (NRLQZQLNRY)
poiché tutto ciò che viene trovato (H-UPDL
RQ Ô (UPH
) è comune (NRLQRY)».
249
Eutidemo è il sofista reso noto dall’omonimo dialogo platonico;
cfr. inoltre ARISTOTELE, Elenchi Sofistici, 20.
250
Il sofista (cfr. supra, nota 194).
251
L’impresa di Trasibulo – che, nel 404 a.C., rovesciò appunto i
Trenta tiranni – offre a Policrate l’argomento cui qui allude Aristotele
e riassunto da Quintiliano (Istituzioni oratorie, III, 6, 26) in questi
termini: se a chi rovescia la tirannide spetta un premio, e i tiranni sono
trenta, a Trasibulo dovevano forse essere riconosciuti trenta premi?
252
TEODETTE, Oreste, fr. 5 [NAUCK].
253
«Combinare» le azioni comporterebbe infatti che il figlio per
vendicare il padre, uccida la madre.
254
PLATONE, Simposio, 182C.
255
Cfr. POLICRATE, Elogio dei topi, fr. 1, p. 221 [SAUPPE]. L’episodio cui
si allude – i topi, rosicchiando le corde degli archi e le cinghie degli scudi
dell’esercito del re d’Arabia e d’Assiria, consentirono un’insperata vitto-
ria agli Egizi – è in Erodoto (Storie, II, 141). Cfr. Dorati, 292-3, n. 174.
256
Episodio trattato nei perduti 6XYQGHLSQRL di Sofocle (SOFOCLE,
L’assemblea dei Greci, p. 21 [NAUCK]).
257
POLICRATE, Alessandro, fr. 4, p. 223 [SAUPPE]; cfr., nota a Reto-
rica, 1397b 27-29.
258
DEMADE, (incerta), fr. 2, p. 315 [SAUPPE]. La guerra tra Atene e
Filippo che culmina con la sconfitta di Cheronea (338 a. C.).
259
TEODETTE, Elena, p. 801, [NAUCK].
260
«È» nella particolare accezione di «non essente».
261
AGATONE, incert. 9, [NAUCK].
262
Insieme a Tisia, Corace è tradizionalmente considerato il fon-
datore della tecnica retorica.
263
La celebre frase di Protagora, cfr. 21 A 80 [DK] (altri riferi-
menti in Dorati, 293, n. 180).
264
I sillogismi retorici.
265
ARISTOTELE, Topici, I, 10, 157a 34 - b 33, 14; VIII, 10; Elenchi
Sofistici, 9; Analitici secondi, 77b 34. Sulla nozione di «obiezione»,
ARISTOTELE, Analitici primi, 69a 37 - b 1.
266
Amore incestuoso, cfr. PARTENIO, Le pene d’amore, 11.
267
Pittaco, uno dei sette sapienti nonché uomo politico a Mitilene
nel VI sec. a.C. (cfr. Dorati, 293, n. 185 e Zanatta, 307, n. 223).
NOTE 249-287 429
268
ARISTOTELE, Retorica, I, 2, 1356a 35 ss.
269
ARISTOTELE, Analitici secondi, II, 26, 27.
270
Ibid.
271
ARISTOTELE, Retorica, 1396b 20-21.
272
ARISTOTELE, Topici, I, 10, 14; Elenchi Sofistici, 9.
Libro III
273
Cfr. ARISTOTELE, Poetica, 25, 1461b 1; forse è lo stesso Glauco-
ne ricordato in PLATONE, Ione, 530D (cfr. Dorati, 380, n. 2).
274
TRASIMACO, Grande trattato (85 B 6 [DK]), cfr. PLATONE, Fedro,
267C.
275
ARISTOTELE, Poetica, capp. 21, 22.
276
Cfr. QUINTILIANO, Istituzioni oratorie, VIII, 2, 1-11. Spiega Do-
rati (380, n. 5): «Solo la parola “propria” (NXYULRQ), usata nel suo signi-
ficato letterale, crea perspicuitas» (chiarezza).
277
ARISTOTELE, Poetica, cap. 22.
278
Attore tragico (IV sec. a. C.) ricordato pure in Aristotele (Po-
litica, VII, 17, 1336b 28 ss.) e in Demostene (DEMOSTENE, 19, Sulla
corrotta ambasceria, 246); cfr. Dorati, 380, n. 8 e Zanatta, 317, n. 12.
279
ARISTOTELE, Poetica, cap. 21.
280
ARISTOTELE, Retorica, III, 3.
281
Parole di significato ambiguo (cfr. ARISTOTELE, Retorica, II, 24;
Elenchi Sofistici, 7, e Dorati, 380, n. 11).
282
IFICRATE, incert. 2, p. 219 [SAUPPE].
283
Il «portatore di fiaccola» era un sacerdote di rango nell’ambito
dei Misteri ed era anche il soprannome di Callia che aveva ereditato
la carica dalla sua famiglia. Anche con il termine spregiativo «que-
stuante» s’indicava un sacerdote, per lo più legato al culto di Cibele,
mendicante e vagante e per questo disistimato (SENOFONTE, Elleniche,
VI, 3, 3; cfr. Dorati, 382-3, n. 13 e Zanatta, 319, n. 19).
284
Espressione proverbiale con la quale si indicavano spregiativa-
mente gli attori (ATENEO, Deipnosofisti, XII, 538 ss.; cfr. Plebe, 173,
n.7 e Zanatta, 319, n. 20)
285
EURIPIDE, Telefo, fr. 705, [NAUCK].
286
DIONISIO CALCO, fr. 7, II p. 262 [BERGK], e ATENEO, Deipnoso-
fisti, XV, 669. Dionisio soprannominato “Bronzeo” (R- FDONRX
) per
aver suggerito agli Ateniesi di usare monete di bronzo invece di quelle
d’argento (cfr. Dorati, 383, n. 15).
287
Il testo corrotto è posto tra croci da Ross (cfr. Dorati, 383, n. 16
e Zanatta, 320, n. 16).
430 NOTE AL TESTO
288
Spiega Dorati (383, n. 17): «si tratta della catacresi (lat. abusio)
che consiste in una metafora divenuta d’uso corrente per colmare il
vuoto causato dalla mancanza di un termine specifico […] come in
espressioni quali “collo della bottiglia”, “gambe del tavolo” ecc.».
289
CLEOBULINA, fr. 1, [BERGK]. Si tratta probabilmente di una for-
ma di salasso (cfr. inoltre Zanatta, 320, n. 24).
290
LICIMNIO, cf. Att. Ber. 12. 822 [BLASS]. Fu un allievo di Gorgia,
nel Fedro di Platone (267C) si ricorda una sua composizione sul bello
stile (cfr. Dorati, 383, n.19 e Zanatta, 320, n. 2c5).
291
Sofista, forse discepolo di Socrate e di Euclide di Megara (cfr.
Zanatta, 321, n. 26).
292
Espressione ricorrente nei poemi omerici (cfr. ad es. OMERO,
Iliade, I, 477; IX, 707; Odissea, II, 1, III, 404, 491 ecc.).
293
Riferimento alla nota vicenda di Oreste, matricida e vendicato-
re del padre (cfr. EURIPIDE, Oreste, 1588)
294
SIMONIDE, fr. 19 [DIEHL] = fr. 10 (515) [PAGE].
295
ARISTOFANE, Babilonesi, fr. 90 [Koch].
296
GORGIA, 82 B 15 [DK].
297
ALCIDAMANTE, incert. 1, p. 156 [SAUPPE]. Gorgia, Licofrone e Alci-
damante, vissuti nella seconda metà del V sec., ricercarono un uso poetico
del linguaggio in prosa (cfr. Dorati, 383, n. 25 e Zanatta, 322, note 30 e 32).
298
Sui nomi composti cfr. Poetica, cap. 21.
299
Per «glossa» s’intendono quelle locuzioni arcaiche, dialettali
o comunque rare e desuete, come si vede dagli esempi addotti (cfr.
Dorati, 383, n. 26).
300
Brigante ucciso da Teseo (Zanatta, 322, n. 33).
301
ALCIDAMANTE, incert. 5 e 6, p. 156 [SAUPPE].
302
Per «epiteto», s’intende «una qualunque aggiunta, descrittiva o
ornamentale, all’R>QRPDNXYULRQ» (Dorati, 383, n. 27)
303
OMERO, Iliade, IV, 434 ecc.
304
ALCIDAMANTE, incert. 6, p156 [SAUPPE].
305
L’espressione, pare di derivazione pindarica, si trova anche in
PLATONE, Simposio, 196C (cfr. Zanatta, 323, n.25).
306
Possibile riferimento a ARISTOTELE, Retorica, 1404 a 31-32.
307
GORGIA, 82 B 16 [DK]
308
ARISTOTELE, Retorica, 1406 a 8-9.
309
GORGIA, 82 A 23 [DK]; sul mito di Filomela, cfr. Dorati, 384,
n. 30.
310
OMERO, Iliade, XX, 166.
311
Spiega Dorati (384, n. 32): «Secondo la retorica antica, la me-
tafora (translatio) “trasporta un termine o un’espressione dal luogo in
NOTE 288-321 431
322
7RH-OOKQLY]HLQ, «il parlare correttamente», corrispondente alla
voce lat. puritas (Dorati, 385, n. 42)
323
Cfr. pure ARISTOTELE, Poetica, 20, 1456b 38 - 1457a 10.
324
L’«anfibolia» è l’ambiguità dell’espressione, mentre l’«omoni-
mia» indica l’ambiguità del termine; il primo, come si dice in ARISTO-
TELE, Elenchi Sofistici, 165b 26 e 166a 6, produce la falsità in dictione
di un ragionamento (Zanatta, 327, n. 55).
325
ERODOTO, Storie, I, 53 e 91. Dopo aver ascoltato l’oracolo, Cre-
so, re dei Lidi, varcò il fiume Alis confinante con il regno dei Persiani
di Ciro. Venne sconfitto, non comprendendo che le parole della pro-
fezia si riferivano al suo di regno e non a quello di Ciro (Dorati, 385,
n. 44).
326
ERACLITO, 22 A 4 e B1 [DK].
327
Se cioè il «sempre» vada riferito al «logos» o al «privi di com-
prensione».
328
Poeta sconosciuto; cfr. fr. adesp. 83 [NAUCK].
329
EURIPIDE, Ifigenia in Tauride, 727.
330
Poeta epico di Colofone (V-IV sec. a. C.), autore del poema
Tebaide, andato perduto (cfr. Zanatta, 329, n. 62).
331
Monte della Beozia.
332
ANTIMACO, Tebaide, fr. 2 [KINKEL].
333
Le espressioni D>FRUGRQ e D>OXURQ, «senza corde» e «senza lira»,
sono da attribuire, la prima, probabilmente a Teognide (DEMETRIO FA-
LEREO, Sullo stile, 85), mentre la seconda si riscontra sia in Euripide
(Elena, 185 ecc.) che in Sofocle (Edipo a Colono, 1222; cfr. Zanatta,
330, note 65 e 66).
334
CLEOFONTE, I, 962 [NAUCK]. Poeta tragico (V. sec.), ricordato
da Aristotele in Elenchi Sofistici, 15, 174 b27, Politica, 2, 1448a 12,
22, 1458a 20.
335
Ovvero gli scrittori di discorsi di professione, come ad es. Lisia
(un celebre esempio sulla tecnica di quest’ultimo è in PLATONE, Fedro,
230E6 - 235C5).
336
In sostanza, è buona norma che l’oratore che faccia uso di
espressioni audaci, ne attenui l’effetto o scusandosi anticipatamente o
con espressioni del tipo «se è lecito…», «se mi è permesso ecc.» (cfr.
Dorati, 386, n. 55).
337
Cfr. rispettivamente OMERO, Odissea, V, 239, e Iliade, III, 229
(altre indicazioni in Zanatta, 332, note 70-71).
338
ISOCRATE, Panegirico, 186.
339
ISOCRATE, Panegirico, 97.
340
GORGIA, fr. 7 - 7 [SAUPPE].
NOTE 322-353 433
341
PLATONE, Fedro, 238D 1 - 3, 241 E 1-2.
342
Cleone era noto per porsi come difensore dei poveri (cfr. ARI-
STOFANE, Rane, 569; Zanatta, 333, n. 76).
343
È il verso più vicino al parlato, come viene ribadito dallo stesso
Aristotele (Poetica, 4, 1449a 24-26), e quindi quello meno adatto a
un’orazione che richieda solennità.
344
Una danza comica (Dorati, 386, n. 62).
345
TRASIMACO, Grande trattato, 5, p. 164 [SAUPPE].
346
«Il peone – spiega Dorati – è costituito, nella sua forma fonda-
mentale, da tre sillabe brevi e una lunga (corrispondente a due brevi),
o da una lunga e tre brevi, presentando dunque un rapporto 3 a 2,
mentre il dattilo (una lunga e due brevi) presenta il rapporto 1 a 1, e
giambo e trocheo (una lunga e una breve, oppure una breve e una lun-
ga) sono in rapporto di 2 a 1 […] Il rapporto del peone (uno e mezzo,
cioe 3 a 2) è in altre parole il giusto mezzo tra gli altri due rapporti
analizzati» (Dorati, 386, note 64 e 65).
347
Il cosiddetto «peone primo» (ibid. n. 67).
348
SIMONIDE, fr. 26b [BERGK]
349
Ibid.
350
Ibid. Esempi del primo tipo di peone, quello adatto all’esordio,
sono sia 'DORJHQH che &UXVHRNRYPD con le quali si dà inizio ai primi
due dei versi citati: infatti, in entrambi, la prima sillaba è lunga mentre
sono brevi quelle successive. Invece, il terzo verso contiene un esem-
pio del secondo tipo di peone: la sillaba di QXY[ è lunga, mentre sono
brevi le tre sillabe di KMIDYQLVH (cfr. Dorati, 387, note 68 e 69). Come
indicato da Zanatta (334, n. 83), i tre versi che Bergk attribuisce a
Simonide sono, invece, considerati anonimi da DIEHL (II, p. 303) e
PAGE (p. 511, n. 950).
351
Ross espunge a questo punto la frase “Ô +URGRYWRX4RXULYRXK^GΔ
L-VWRULYK DMSRYGHL[L” [Esposizione della ricerca di Erodoto di Turi]
che è la citazione di ERODOTO, Storie I, 1, perché Erodoto – che, di
solito, è un esempio di «elocuzione continua» – non lo è nel caso della
frase succitata (cfr. Dorati, 387, n. 71).
352
«In unfettered language» ovvero «in prose» si suggerisce nel
Liddell-Scott (s.v.).
353
Secondo Ross, la citazione è in SOFOCLE, fr. 519, [NAUCK].
R. Kassel (Aristotelis, Ars Rhetorica, Berlin and New York, W. De
Gruyter, 1976) espunge 6RIRNOHYRX perché il verso è di Euripide
(Meleagro, fr. 515 [Nauck]). Il verso è citato ad esempio da Aristotele
in quanto, sebbene completo da un punto di vista metrico, è «incom-
pleto in relazione al senso, perché da solo lascerebbe intendere erro-
434 NOTE AL TESTO
392
MEROCLE, p. 275 [SAUPPE].
393
Poeta della commedia di mezzo (cfr. Dorati, 389, n. 106)
394
ANASSANDRIDE, fr. 68 [KOCK].
395
Oratore contemporaneo di Demostene.
396
POLIEUTTE, p. 220 [SAUPPE]. Per l’interpretazione del termine
HMQSHQWHVXULYJJZ, cfr. Dorati, 389, n. 107.
397
CEFISODOTO, fr. 3, p. 250 [SAUPPE].
398
La citazione è da intendersi in senso ironico: si fa, infatti, rife-
rimento alle frugali abitudini degli Spartani che consumavano i pasti
nelle mense comuni dette IHLGLYWLD (cfr., inoltre, Dorati, 389, n. 109).
399
ESIONE, p. 318 [SAUPPE]. Riferimento all’infelice spedizione ate-
niese in Sicilia.
400
CEFISODOTO, fr. 4, p. 220 [SAUPPE].
401
ISOCRATE, Filippo, 12.
402
La citazione presenta però un’inesattezza, perché in Lisia il rife-
rimento è rivolto ai caduti di Egospotami (Dorati, 389, n. 112).
403
LISIA, Sul tradimento di Ificrate, fr. 2, II, p. 191 [SAUPPE].
404
LICOLEONE, p. 249 [SAUPPE]. Il riferimento è alla tattica di Ca-
bria che attendeva l’assalto dei nemici con il ginocchio posato a terra;
con questa posa venne ritratto in una statua di bronzo nell’agorà di
Atene (Dorati, 389-90, n. 113)
405
ISOCRATE, Panegirico, 150.
406
Ibid., 172.
407
Ibid., 180.
408
SIMONIDE, fr. 37 (542), [PAGE] = fr. 5. 1-2 [BERGK]. L’espressio-
ne si trova nel carme di Simonide a Scopas (Dorati, 390, n.117).
409
Il «tetragono», ovvero il quadrato, è perfetto in virtù dell’ugua-
glianza dei suoi lati (Zanatta, 345, n. 146).
410
ISOCRATE, Filippo, 10.
411
ISOCRATE, Filippo, 127.
412
EURIPIDE, Ifigenia in Aulide, 80 (nel testo di Euripide troviamo
GRULY [con la lancia] al posto di SRVLYQ [con i piedi]; cfr. Dorati, 390,
n. 120).
413
OMERO, Odissea, XI, 598.
414
Iliade, XIII, 587.
415
Iliade, IV, 126.
416
Iliade, XI, 574
417
Iliade, XV, 542.
418
Iliade, XIII, 799.
419
ARISTOTELE, Retorica, III, 10, 1410b 32.
420
ARCHITA, 47 A 12 [DK].
NOTE 392-443 437
421
Dal basso trattiene l’ancora, dall’alto l’amo.
422
Si tratterebbe di una possibile allusione a ISOCRATE, Filippo, 40,
secondo il Dorati (390, 129).
423
«Frasi brevi e incisive meno universali della JQZYPK» (Dorati,
390, n. 130).
424
STESICORO, 2, 223 [BERGK]; cfr. inoltre ARISTOTELE, Retorica, II,
21, 1395a 1-2.
425
Cfr. ARISTOTELE, Retorica, II, 23, 1400b 16.
426
Sono le sententiae ex inopinato – spiega il Dorati (390, n. 132)
– dovute all’uso inaspettato di una parola o di un’espressione di cui
parla Quintiliano (Istituzioni oratorie, VIII, 5, 15). Su Teodoro cfr.
ARISTOTELE, Retorica, II, 23, 1400b 15-16 e nota.
427
Versi epici parodiati; cfr., in proposito, Odissea, XXI, 341 (Do-
rati, 390, n. 133).
428
Come si evince dal testo greco, gioco di parole fondato sulla
somiglianza fra TUDYVVZ [confondere] e 4UD
[ [Trace].
429
Altro gioco di parole tra SHYUVDL [distruggere] e 3HYUVDL [Per-
siani] (cfr. Dorati, 391, nota 135).
430
ISOCRATE, Filippo, 61; La Pace, 101. In questo caso, si gioca sul
doppio senso di DMUFKY come «dominio» e «principio».
431
Fr. adesp. 209 [KOCK].
432
ANASSANDRIDE, fr. 64 [KOCK].
433
Fr. adesp. 206 [KOCK].
434
ARISTOTELE, Retorica, III, 4, 1406 b20; III, 6, 1410b 18-19.
435
TIMOTEO, fr. 16, [BERGK].
436
Fr. adesp. 127 [BERGK].
437
Il suonatore di cetra per la postura, mentre il miope e la lucer-
na perché il primo contrae gli occhi mentre la seconda si contrae se
bagnata.
438
Tale era l’aspetto dell’eroe Filottete dopo essere stato morsicato
da un serpente sull’isola di Lemno (cfr. Zanatta, 350, n. 178).
439
Fr. adesp. 208 [Kock].
440
Fr. adesp. 207. Filammone fu un pugile ricordato da Eschine
(3, 89) e da Demostene (DEMOSTENE, 18, Sulla corona, 319); cfr. Do-
rati, 391, n. 145.
441
Cfr. ZENOBIO, IV, 48, [CPG], I, 98. Ci si riferisce ai danni causa-
ti alla vegetazione dell’isola di Carpato da parte di un suo abitante che
aveva improvvidamente introdotto sull’isola la lepre (cfr. Dorati, 391,
n. 146 e Zanatta, 351, n. 180).
442
OMERO, Iliade, IX, 385, 388-90.
443
Poeta tragico del IV sec.
438 NOTE AL TESTO
444
Cfr. nota a ARISTOTELE, Retorica, III, 2 1405b 6.
445
Attore ricordato anche da Eschine, Contro Timarco, 115 (Za-
natta, 353, n. 184).
446
ANASSANDRIDE, fr. 10 [Kock]. Altri editori, a differenza di Ross,
riportano *HURQWRPDQLYD sulla base di Ateneo, XIII, 570d-e; XIV 614c
(cfr. Dorati, 391, n. 152).
447
ANASSANDRIDE, Eusebeia, [Kock, 2. 140].
448
Forse un detto proverbiale indicante un discorso lento ed esi-
tante come il procedere di un uomo che porta un bastone sulle spalle
per tenere l’equilibrio (cfr. Zanatta, 353, n. 187).
449
OMERO, Iliade, II, 671-3.
450
In sostanza, una cosa è arringare la folla un’altra è convincere
un giudice.
451
Forse un riferimento polemico nei riguardi di Isocrate o di Te-
odette (Dorati, 392, n. 156).
452
In ARISTOTELE, Retorica, III, 2, 1404b 2-4.
453
Indica l’oggetto del discorso o «l’enunciazione preliminare del-
la questione» (Zanatta, 355, n. 192).
454
Cfr. ARISTOTELE, Analitici primi, 24 a11; 62 a21; 65 a36.
455
La polemica è rivolta alla divisione del discorso in quattro parti
di norma accettata dalla scuola di Isocrate: SURRLYPLRQGLKYJKVLSLY
VWHLHMSLYORJR; cfr. Dorati, 392, n. 157.
456
Discorso epidittico e deliberativo, a differenza di quello
giudiziario, non richiedono un resoconto puntuale e dettagliato
(GLKYJKVL).
457
Il discorso dell’oratore cui sta qui facendo riferimento Aristo-
tele, spiega il Dorati (392, n. 159), era scandito in tre momenti: 1)
esposizione delle «persuasioni», o «mezzi di prova», a sostegno della
propria tesi; 2) esposizione delle «persuasioni» a sostegno della tesi
dell’avversario; 3) le «repliche» contro queste ultime; di conseguenza
le «repliche»finivano col costituire un’«amplificazione» delle proprie
argomentazioni.
458
Cfr. inoltre ARISTOTELE, Retorica, II 23, 1400 b16 e relativo rin-
vio; PLATONE, Fedro, 266D-E (dove viene ripresa la ripartizione del
discorso secondo Teodoro).
459
ARISTOTELE, Retorica, III 2, 1405 b7.
460
ISOCRATE, Elena, 1-13.
461
Qui Isocrate esordisce contrapponendo a Gorgia (compositore
dell’Encomio di Elena; 82 B 11 [DK]) eristi e sofisti, il che non ha
nulla a che vedere con il tema successivo, cioè con il suo encomio di
Elena, facendo come gli auleti che, nel preludio, suonano un pezzo
NOTE 444-482 439
483
Il summenzionato verso di Euripide (Ippolito, 612) viene citato
da Igiemonte per dimostrare l’inattendibilità dei giuramenti dello stes-
so Euripide. Qui il poeta si difende appellandosi al principio giuridico
che vieta di sottoporre due volte a giudizio un medesimo caso: infatti
l’Ippolito (la tragedia da cui è tratto il verso citato), prima di essere rap-
presentata al teatro di Dionisio (nel 408 a. C.), doveva essere sottoposta
– come da prassi – al giudizio di una giuria (Dorati, 393-4, n. 181).
484
Dunque Teucro, per parte di madre (Esione, sorella di Priamo
appunto), era metà troiano. In tal caso, l’autodifesa di Teucro consiste
nel citare quali ‘segni’ in suo favore l’essere greco per parte di padre
e il non aver denunziato ai troiani la presenza di spie greche a Troia
(Dorati, 394, n. 182).
485
SOFOCLE, Teucr., p. 256 [NAUCK].
486
OMERO, Iliade, X, 242 ss.
487
Ossia quello «continuo».
488
Il brusco passaggio al genere giudiziario, come si vede subito
dopo nel testo, ha fatto pensare a una lacuna. Cfr. Dorati, 394, n. 185.
489
Solito riferimento polemico alla manualistica d’argomento re-
torico in circolazione ai tempi di Aristotele, oppure, come suggerisce
Quintiliano (Istituzioni oratorie, IV, 2, 31 ss.), alla scuola di Isocrate
(cfr. Dorati, 394, n. 186).
490
ERODOTO, Storie, II, 30.
491
Si riferisce al resoconto che Ulisse fa delle sue avventure e che,
rivolgendosi a Penelope, riassume in una sessantina di versi (cfr. OME-
RO, Odissea, XXIII, 264-284 e 310-343) mentre quello ad Alcinoo è
contenuto nei libri IX-XII dell’Odissea.
492
EURIPIDE, Oeneo, fr. 558, [NAUCK].
493
SOFOCLE, Antigone, 911-912; ERODOTO, Storie, III, 119 (cfr.,
inoltre, Dorati, 394, n. 190).
494
È probabile che si tratti di un appartenente alla cerchia socra-
tica, come farebbe pensare anche il riferimento a Cratilo, filosofo e
protagonista del dialogo omonimo di Platone (Dorati, 393, n. 191).
495
OMERO, Odissea, XIX, 361.
496
Lodare o insinuare sospetti, infatti, non sono ciò che ci si atten-
de da un’orazione deliberativa.
497
CARCINO, Edipo, [NAUCK], p. 798.
498
SOFOCLE, Antigone, 635-8; le suddette citazioni non supportano
adeguatamente il testo, che è corrotto (cfr. Dorati, 395, nn. 195 e 196;
Zanatta, 369, n. 141).
499
Ossia: 1) se il fatto sussiste; 2) se ha arrecato danno; 3) di quale
entità e 4) l’intenzione.
NOTE 483-523 441
500
OMERO, Odissea, IV, 204.
501
EPIMENIDE, 3 B 4 [DK].
502
ISOCRATE, Panegirico, 122-128.
503
ISOCRATE, Sulla pace, 27.
504
ISOCRATE, Elena, 22-38, 41-48; Busiride, 33-40; Panatenaico, 72-84.
505
Ossia Zeus, padre di Eaco, a sua volta, padre di Peleo e quest’ul-
timo di Achille (Dorati, 395, n. 201),
506
GORGIA, 82 B 17 [DK] = fr. 5, p. 130 [SAUPPE]
507
ARISTOTELE, Retorica, II, 23, 1400b 26-29 e III, 2,1405a 12-14
508
CALLISTRATO, Messeniaco, [SAUPPE], p. 218. Gli argomenti usati
da Callistrato, forse in occasione di un’ambasceria da parte di Atene
poco prima della battaglia di Mantinea (360 a. C.) sono riassunti in
CORNELIO NEPOTE, Vite, XV, Epaminonda, cap. VI (cfr. Dorati, 395, n.
203 e Zanatta, 373, note 256-7).
509
EURIPIDE, Le Troiane, 969, 971.
510
ISOCRATE, Filippo, 4-7; Sullo scambio o Antidosi, 132-9, 141-9.
511
ARCHILOCO, fr. 74, I, [BERGK].
512
Ibid., fr. 25 I, [BERGK].
513
SOFOCLE, Antigone, 683-709.
514
Famoso indovino menzionato anche da Aristofane (Uccelli, 521
e 988) e Plutarco (Pericle, 6); cfr. Dorati, 395, n. 209.
515
PLATONE, Apologia, 27C 1-8.
516
ARISTOTELE, Topici, 8, 4.
517
Sofocle è probabilmente un oratore, forse lo stesso che Seno-
fonte (SENOFONTE, Storia greca, II, 3, 2) ricorda come uno dei trenta
tiranni. Il comitato dei Quattrocento doveva essere l’organo di un
governo provvisorio, avente il compito di designare i cinquemila citta-
dini più abbienti che avrebbero dovuto formare il governo successivo
al colpo di stato di Pisandro (411 a. C.). Di fatto i Quattrocento eser-
citarono una dittatura vera e propria finché, ad opera di Teramene, il
comitato non venne sciolto e il governo passò nelle mani dei Cinque-
mila (Dorati, 396, n. 214).
518
GORGIA, 82 B 12 [DK].
519
Forse si riferisce al secondo libro della Poetica che è andato
perduto (Dorati, 396, n. 215).
520
ARISTOTELE, Retorica, I, 9.
521
ARISTOTELE, I, 7, 9, 14; II, 7, 19, 23.
522
ARISTOTELE, Retorica, II, 2-11; cfr. Zanatta, 377, n. 278.
523
Riferimento polemico forse rivolto a Isocrate (ibid., 378, n.
279).
BIBLIOGRAFIA E INDICI
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ALCIDAMANTE
Messeniaco: 1373b 18, 1397a 11
Museo: 1398b 11
incert.: 1406a 1, 8, 9, 20
ANASSANDRIDE
Eusebeia: 1413b 28 (vedi pure 1411a 20, 1412b 18, 1413b 26)
ANDOCIDE
Sui misteri: 1400b 10 (n.)
ANDROCLE: 1400a 10.
ANTIMACO
Tebaide: 1408a 3.
ANTIFONTE
Meleagro: 1379b 15, 1399b 27, 1409b 10 (n.).
APOLLODORO
Biblioteca: 1327b 23 (n.).
ARCHILOCO: 1418b 29, 31
ARCHITA: 1412a 13-14
ARISTOFANE
Babilonesi in 1405b 30
I cavalieri: 1407a 8-10 (n.)
Le rane: 1408b 26 (n.), 1410a 29
Gli uccelli: 1419a 2 (n.)
ARISTOTELE
Analitici primi: 1356b 10, 1357a 29, b 24
Analitici secondi: 1403a 5 e 12
Elenchi Sofistici: 1402a 35
Etica Nicomachea: 1357a 4-7 (n.), 1363b 12-14 (n.), 1361b 16 e 17
(n.)
Metafisica: 1371a 31-34 (n.), 1397a 7-9 (n.)
Poetica: 1404a 39, b 7 e 28, 1405a 6
Sull’anima: 1370a 28-29 (nota)
I Topici: 1353a 28, 1356b 13, 20, 1358a 29, 1396b 3, b 24, 1398a
28, 1399a 7, 1401a 3, 1402a 35, 1403a 32, 1419a 24
462 BIBLIOGRAFIA E INDICI
ATENEO
Deipnosofisti: 1379b 15 (n.)
AULO GELLIO
Notti Attiche: 1395b 9 (n.)
CALLISTRATO
Messeniaco: 1418b 10
CARCINO
Medea: 1400 b11
Edipo: 1417b 18
CEFISODOTO: 1411a 6, 23 e 28
CHEREMONE: 1400b 25
CHERILO: 1415a 4 e 17
CLEOBULINA: 1405b 1
CLEOFONTE: 1408a 15
CORNELIO NEPOTE
Vite degli uomini illustri: 1418b 10-12 (n.)
DEMADE: 1401b 32
DEMETRIO FALEREO
Sullo stile: 1408a 6-7
DEMOCRATE: 1407a 8
DEMOSTENE, Orazioni
8. Sul Chersoneso: 1386a 14 (nota)
17. Sui patti con Alessandro: 1399b 12
18. Sulla corona: 1413a 14 (nota)
19. Sulla corrotta ambasceria: 1380b 11-13, 1404b 22 (n.)
20. Contro Leptine: 1399b 2 (n.)
39. Contro Boeto: 1375a 30 (n.), 1398b 2 (n.)
incert. 16: 1407a 7
DIOGENE LAERZIO
Vite dei filosofi: 1356b 20 (n.), 1409b 29 (n.), 1410b 3 (n.)
DIODORO SICULO
Biblioteca storica: 1410a 20 (n.)
DIOGENIANO: 1374a 4 (n.), 1376a 5, 1383b 24, 1401a 21-22
DIONISIO CALCO: 1405a 32
DIONISIO DI ALICARNASSO
Su Lisia: 1397b 34 (n.)
ESCHILO: 1388a 8
ESCHINE: 1417b 1
ESIONE: 1411a 25-28
ESOPO: 1393a 31-32, 1393b 9-10, 1393b 22 - 1394a 1
EURIPIDE
Andromaca: 1370b 4
Antiope: 1317b 33
Ecuba: 1394b 4 e 6
Elena: 1408a 7
Ippolito: 1416a 32
Ifigenia in Aulide: 1411b 30
Ifigenia in Tauride: 1415b 21
Medea: 1394a 29-30 e 33-34
Oeneo: 1417a 15-16
Oreste: 1371a 28, 1405b 22-23
Telefo: 1405a 29
Tieste: 1397a 17-19
Troiane: 1394b 19, 1400b 24, 1418b 20-21
EVENO: 1370a 11
GORGIA: 1405b 38, 1406b 9 bis, 15 1408b 20, 1414b 31, 1416a 3,
1418a 35, 1419b 4
Androzione: 1406b 27
ERODOTO
Storie: 1376a 2 (n.), 1389b 24 (n.), 1399b 11-12 (n.), 1401b 16 (n.),
1407a 39, 1409a 29, 1417a 7.
ESIODO
Opere e giorni: 1381b 16, 1388a 17, 1395b 8-9, 1409b 28-29
Panegirico: 1408b 16 bis, 1409b 34, 1410a 2, 5, 7, 9, 10, 12, 13, 15,
16, 1411b 11, 13, 16, 1414b 33, 1418a 31 bis
Sulla pace: 1418a 31 e 32
Sullo scambio: 1418b 26
MEROCLE: 1411a 16
OMERO
Iliade: 1359a 3-5, 1362b 36, 1363a 6 bis, 1365a 13-15, 1370b 12
e 29, 1375b 30, 1378b 6-7, 1378b 32 e 34, 1379a 5 e 6, 1380b 30,
1387a 33-34, 1395a 14 e 16, 1397b 24-25, 1399b 29-31 (n.), 1405b
19, 1406 a 12, 1406b 21, 1408b 12, 1410a 31, 1412a 1 bis, 2 e 9,
1413 a 32-35, 1414a 3, 1415a 16, 1416b 14-15
Odissea: 1365a 30, 1370b 5, 1370b 29, 1371b 16, 1380a 25 (n.),
1380b 23, 1405b 19, 1408b 12, 1410b 14, 1411b 34, 1412a 31 (n.),
1415a 16, 1415b 27, 1417a 13-15, 1417b 5, 1418a 8
PINDARO
Olimpiche: 1364a 28
Parteni: 1401a 18
PITOLAO: 1411a 13
PLATONE
Apologia: 1419a 11
Fedro: 1404a 14 (n.), 1408a 34 (n.), 1408b 20, 1414a 14 (n.), 1415b
9 (n.)
Ione: 1403 b 26 (n.)
Menesseno: 1367b 8-9, 1415b 31-2
Repubblica: 1406b 33, 36, 1407a 1
Simposio: 1401b 12
PLUTARCO
Alcibiade: 1400a 9 (n.)
INDICE DEI NOMI E DELLE CITAZIONI 465
QUINTILIANO
Istituzioni oratorie: 1393a 30-31, 1400a 4, 1404b 1
TEODETTE
Aiace: 1399b 29-31, 1400a 27-29
Alcmeone: 1397b 3, 4, 6
Elena: 1401b 35-36
Legge: 1398b 6-10, 1399b 2-4
Oreste: 1401a 36-39
Apologia di Socrate: 1399a 8-10
466 BIBLIOGRAFIA E INDICI
SOMMARIO V
RETORICA
LIBRO I
1. La retorica è una techne 3
2. Tipi di persuasione e argomentazioni retoriche (loro
luoghi e proposizioni) 13
3. I tre generi della retorica 29
4. Il genere deliberativo. Caratteri generali 35
5. La felicità 41
6. Sul bene e sull’utile in generale 51
7. Sulla maggiore o minore utilità 61
8. La salvezza dei governi 77
9. Il genere epidittico 79
468 BIBLIOGRAFIA E INDICI
LIBRO II
1. La credibilità dell’oratore 151
2. L’ira 155
3. La mitezza 165
4. Le ragioni dell’amore e dell’odio 171
5. La paura e l’ardimento 179
6. La vergogna e l’impudenza 189
7. Il favore 199
8. La compassione 201
9. Lo sdegno 207
10. L’invidia 215
11. L’emulazione 219
12. La giovinezza 221
13. La vecchiaia 225
14. La maturità 231
15. La buona nascita 231
16. La ricchezza 233
17. Il potere e la buona sorte 235
18. I luoghi comuni ai tre generi di discorso 237
19. Ancora sui luoghi comuni 241
20. L’esempio 247
21. La massima 253
22. L’entimema 261
23. Topici degli entimemi 267
24. Topici degli entimemi apparenti 291
25. Sulla confutazione 299
26. Precisazioni sugli entimemi 305
LIBRO III
1. L’elocuzione o stile e la disposizione degli argomenti 309
2. Le virtù dell’elocuzione 315
INDICE GENERALE 469