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Riassunto G.Tellini-Letteratura Italiana

Letteratura italiana (Università degli Studi di Verona)

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CAP 1. DALLE ORIGINI AL RINASCIMENTO

LE ORIGINI
Le prime attestazioni scritte del volgare in Italia sono riconducibili a:
- Indovinello veronese ( Codice Capitolare di Verona) VII- IX sec. E u i dovi ello ife ito all attività
della scrittura, collocato nel margine della pagina, è una postilla privata di carattere informale, con uso del
registro quotidiano
- Placito di Capua, marzo del 960, atto ufficiale cancelleresco in cui compaiono brevi spezzoni di
volgare italiano. Si tratta di una sentenza ( placito) emessa a Capua contro il monastero di Monte Cassino. Si
riporta la testimonianza sao ko kelle te e, pe kelle fi i ue ki o te e, t e ta a i le possette pa te sa ti
e edetti
Dal XII secolo:
- Ritmo laurenziano, 40 versi di un giullare toscano
- Ritmo cassinese, opera di un monaco giullare sul contrasto tra vita contemplativa e vita attiva
- Rit o di Sa t’Alessio,
Dal XIII secolo:
- Cantico di Frate sole di San Francesco, 1224
In Francia si assiste, subito dopo al mille, alla fioritura della lingua d o P ove za , e della li gua d oil Ile
de France), con produzione di lirica amorosa, a carattere aristocratico diffuso dai trobadoures. Il capostipite
di tale o e te i o os iuto i Gugliel o IX di P ove za, o te di Tolosa IX se . Nell ile de France si
assiste invece allo sviluppo della letteratura di tipo epico- cavalleresca (o ciclo carolingio, ha per
protagonisti Carlo Magno e i suoi paladini), inaugurata da Turoldo con le Chanson de Roland (fine XI sec), ed
il filone cavalleresco (o ciclo arturiano, di tema amoroso e fiabesco incentrato sulle storie di Re Artù e la
tavola rotonda) che inizia con Chretien de Troyes (1160-1190).
I temi sviluppati dalla letteratura francese saranno di forte interesse materiale per lo sviluppo della
letteratura volgare italiana.
ITALIA: TRA PROCESSI UNIFICANTI E RESISTENZE CENTRIFUGHE
In Italia le prime attestazioni del volgare avvengono nelle regioni centrali in concomitanza con il potere
religioso dei monasteri benedettini: qui lo sviluppo della lingua rima e legato all a o i ato, sottoli ea do
la funzione informale della lingua volgare non a scopi socio – politici.
Federico II di Svevia promuove in Sicilia uno sviluppo della cultura con riferimento alla scuola classica. Nel
suo entourage di corte si inizia a scrivere per diletto con uso della lingua volgare, guardando ai modelli
trobadorici.Sarà poi con i Comuni Toscani e la prese del potere da parte della classe borghese, che il volgare
p e de à fo a, i po e dosi o e li gua pe l affe azio e del pote e commerciale e come veicolo
o u i ativo di tale lasse so iale.T a il - si assiste allo sviluppo dell Umanesimo Fiorentino, si
gua da alla lassi ità e a do e u a sua e ulazio e Pet a a pe poi i po e l uso del volga e pe
l ope a d e elle za, madre della lingua italiana: la Divina Commedia.

SAN FRANCESCO D’ASSISI


VITA
Nasce il 26 settembre 1182, da un facoltoso mercante di stoffe Pietro di Bernardone e dalla facoltosa
nobile francese Pica Bourlemont. Muore ad Assisi 45enne. Solo due anni dopo nel 1228 è santificato da
G ego io IX. Fo dato e dell o di e dei F a es a i, il pe so aggio di ui si ha o più iog afie.
L i po ta za del suo ope ato otevole poi h diffuse il volga e i u i o he ele a le lodi del Sig o e
Canticum fratis solis) intendendo il cantico come strumento di devozione comprensibile da tutti, destinato alla
e itazio e ollettiva e al a to la t as izio e usi ale o pe ve uta . Fo da e tale l uso he egli

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intese del suo cantico, con diffusione popolare e di facile comprensione. Il cantico, inno dei francescani,
sublima le idee centrali del nuovo ordine. Cerca una comunicazione immediata, fatta per suggestioni, una
concretezza immediata e con una precisione assoluta di concezioni metafisiche e mistiche. Nella Legenda
Perusina (manoscritto del 1311 con materiale autobiografico in latino) si attesta il desiderio di Francesco
he i f ati a dasse o a ta do l i o, p i a la p edi a e poi l i to azio e del a to.
L ope a data ile al detta Canticum fratis solis o laudes creatorum. Ripercorre con il suo laudato si il
sal o , l i te o o po i e to di ve si o e gli a i di C isto pie o di i a di ai testi sa i. Gli
aggettivi contemplativi non sono qui in rimando a Dio bensì alle sue creature e di conseguenza ad esso in
funzione di unicum. Dal v. 23 dalla letizia celebrativa si passa al tono grave del salmo penitenziale.
La ge esi dell ope a vie e i ollegata all episodio oto g azie a To aso da ela o della a tifi atio di S.
Damiano, ovvero della celeste visione che avrebbe garantito a Francesco la salute eterna dopo una notte
t as o sa ella hiesa di S. da ia o f a il al d o hi e la olestia dei topi. La fo a li guisti a i lude
lati is i e t a e del dialetto u o es. la hiusu a i u .
Le altre opere di S. Francesco sono redatte in latino, come voleva il registro per i temi di più alto livello:
Regola, 28 Admonitiones, 2 lettere, lodi e preghiere e il Testamentum spirituale.
COMMENTO
- Casella: l ope a dista te del o te ptus u di ma non ancora piena della visione immanente del
mondo. La natura è simbolo terreno della trascendenza di Dio in chiave panteistica
- Spitzer: le ose o so o lodate solo ispetto a Dio, a a he i fu zio e dell uo o, visio e
a t opo e t i a. E u a lode o i o dizio ata a o ta i ata dall o a del pe ato o igi ale
- Benedetto: cantico carico della o tà divi a e, i sie e, a ti o dell u iltà p ofessata da hi p ega,
o u ue l u iltà dell o a te devoto he o si ge uflette a he esalta il eato
- Getto: il cantico prima che essere una poesia è una preghiera a cui si introduce una musicalità
originalissima in quella comune e diffusa materia linguistica.

LETTERATURA DUECENTESCA
Tre aree di analisi e sviluppo:
- area franco- veneta. Lingua provenzale d o el ge e e li i o o tese-amoroso, mentre la lingua
d oil per quanto riguarda il poema epico cavalleresco e del racconto in prosa (Boiardo, Ariosto). Racconto in
prosa: Marco Polo (1254-1324), IL Milione da E ilio e, il sop a o e fa iglia e dell autore)
- area umbro-marchigiana e toscana. letteratura religiosa (S.Francesco e Iacopone de Todi) diffusa
o il ge e e delle laudi e del d a a sa o, poesia eti o eligiosa del f ate GUitto e d A ezzo e la li ea dei
poeti comico-realistica di Cecco Angiolieri e i poeti stilnovisti. nella prosa toscana la raccolta il Novellino si
costituisce una sorta di galateo per la nuova vita di corte (1281-1300)
- area meridionale: attestazione della Scuola siciliana nella corte di Federico II di Svevia, esperienza
di affi ata ultu a a isto ati a e di li i a d a o e o tese, i volga e si ulo, depu ato e o ilitato e
adottato agli stilemi e alle convenzioni metriche della lirica trobadorica.
SCUOLA SICILIANA
Gli autori sono per lo più alto funzionari della corte federiciana (Giacomo da Lentini, Guido dalle Colonne
e e s ivo o es lusiva e te poesia d a o e i volga e si ulo, sulle fo e p ove zali. I testi giu ti i so o
perlopiù per opera di copisti, che li hanno toscanizzati. Importante perchè è il primo esempio tangibile delle
corte regia come ambiente elitario e di formazione. Segna una condizione politico-culturale nuova che
segnerà tutte le arti.
La poesia si fa gioco e oblio dalla realtà, ricalcando i temi dei trobadores provenzali. Si sviluppano i temi poi
ip esi ell a o o tese, ovve o:
- omaggio feudale alla dama intesa come Domina e pertanto in veste di suo umile servitore

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- bellezza paragonata a pietre preziose, astri, con ricorso a gioco di immagini e paragoni
- pau a he i alpa lie i possa o diffo dere la notizia relativa a questo amore profano, con ricorso
a pseudonomi
STILNOVO
Avanguardia letteraria, piccolo gruppo di giovani perlopiù fiorentini, con capofila Dante con Do a h’avete
i telletto d’a o e. Si ricordano poi Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti insieme a Lapo Gianni, Gianni Alfani
Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia.
Il termine dolce stil novo venne usato da Francesco de Santis, a richiamo del verso nel purg. 24 dantesco in
u dialogo o Ia opo da Le ti i di ua del dol e stil ovo h odo . Nuovo se so della fo a, l a o e
diviene un idea mistica e ideale, che comporta uno stile più elevato e nobilitante, oltre che meno aspro e
involuto. Gli stilnovisti non si celebrano come diritti autori dei loro componimenti; bensì come umili scribi di
A o e. Si ive di a u aute ti ità i te io e, l espe ie za a o osa a alizzata e as oltata di etta e te e la
avu a dell auto e o sta ta to ell esi izio e eto i a ua to piuttosto i uella di e de e elodi o e
musicale la dizione poetica.

DANTE ALIGHIERI
VITA
1265 nasce a Firenze da famiglia della piccola nobiltà guelfa
1280-1290 studia retorica e coltiva interessi dottrinali e poetici. Amicizia con Cavalcanti
1275 primo inconro con Beatrice, figlia del banchiere Folco Portinari e poi moglie di Simone de' Bardi
1283 secondo incontro con Beatrice e primo sonetta della Vita nuova
1290 giugno, morte di Beatrice
1295 intraprende la carriera politica
1292 compone la Vita nuova
1300 è eletto priore, si avvicina alla fazione dei Bianchi
1301 è da papa bonifacio VIII in missione diplomatica, non rimette più piede a Firenze
1302 (27 gennaio e poi 10 marzo) condannato al confino per due anni e al pagamento di un'ammenda, poi
condannato a morte in contumacia
1303-1307 composizione del Convivio e del De vulgari eloquentia
1307 inizia a comporre la Commedia
1310 De monarchia ed Epistole a Enrico VII
1312 è a Verona da Cangrande della Scala
1315 epistola a Cangrande
1318 si reca a Ravenna da Guido Novello da Polenta
1319 già pubblicati l'Inferno e il Purgatorio
1312,14settembre muore a Ravenna.
Figura centrale della letteratura medievale, Dante visse in un' epoca di convulsi cambiamenti politici e
sociali, incarnando il modello dell'intellettuale cittadino che concepisce la cultura come fattivo impegno
morale e civile ( guelfo bianco), che gli costò anni di esilio dall'amata Firenze.
OPERE
LA VITA NUOVA
E' una raccolta composta tra il 1293 ed il 1295 delle rime più significative scritte in precedenza, raccordate
da commenti in prosa che conferiscono un carattere narrativo all'insieme dell'opera.
L'operetta comprende XLII (42) capitoli, con 31 componimenti in versi (25 sonetti, una ballata e 5 canzoni)
ed è pertanto un prosimetro: le prose spiegano le occasioni di componimento delle parti liriche creando un
antologia personale con il commento. Dante vi ricostruisce la propria vicenda poetica e sentimentale dal

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primo incontro con Beatrice fino al momento in cui la donna, ormai morta, gli appare dalla gloria
dell'Empireo.
Il percorso delineato segna il progressivo superamento della concezione cortese dell'amore: se nella parte
iniziale dello scritto il sentimento si nutre ancora della speranza di una ricompensa della donna,
successivamente esso trova il proprio appagamento nella contemplazione disinteressata di lei, avviandosi a
divenire un'esperienza puramente spirituale e mistica di elevazione a Dio. Al nuovo atteggiamento
dell'amante-poeta o ispo de u o stile più dol e , esp essio e di u o stato d'a i o li e o dal uel
tormento interiore che caratterizava l'amor cortese.
LE RIME
Sono il complesso della produzione lirica di Dante, dagli esordi fino al periodo dell'esilio. Le rime giovanili
riflettono le varie tendenze della lirica cortese del tempo, che ha al suo centro il tema amoroso, mentre la
produzione successiva alla Vita nuova appare più diversificata: il poeta affronta temi filosofico- morali,
sperimenta la via della poesiacomica e burlesca e i modi intellettualistici e preziosi della lirica amorosa
provenzale. Dopo l'esilio, prevalgono nettamente i temi morali, con un accentuarsi della visione negativa
della realtà contemporanea.
IL CONVIVIO
Frutto degli studi filosofici e dell'esperienza politica, l'opera, scritta negli anni 1304-1307 e rimasta
incompiuta, avrebbe dovuto configurarsi come una vasta enciclopeda di tutto lo scibile umano,articolata in
quattordici trattati, ciascuno dei quali concepito come commento in chiave allegorica di una canzone.Dante
sceglie di esprimersi in lingua volgare, perchè si rivolge non solo ai dotti, ma ad un pubblico più vasto, che
s'ide tifi a o u a o iltà di a go o di spi ito, allo s opo di p o uove e la o os e za filosofi a, i tesa
come stimolo all'impegno morale e civile. Tipicamente medievali appaiono sia la concezione del sapere
come ricezione di una verità rivelata una volta per tutte sia il procedimento argomentativo seguito
nell'opera, che è quello sillogistico e deduttivo di ascendenza aristotelica predominante nella filosofia
scolastica
IL DE VULGARI ELOQUENTIA
Composto in latino negli stessi anni del Convivio e lasciato incompiuto, lo scritto intende fornire al pubblico
dotto un trattato di retorica che fissi le norme d'uso volgare letterario di cui Dante afferma la piena dignità
nella trattazione d'argomenti non solo amorosi, ma anche morali ed epico-guerreschi.Tale lingua non
coincide con alcuno dei dialetti italiani e la sua elaborazione toccherà ai letterati e agli intelletuali, corte
ideale in un Italia priva di unità politica.
IL DE MONARCHIA
E' un trattato politico in latino, la cui composizione si deve collocare nel periodo della discesa in Italia di
Enrico VII (1310-1313), che suscitò in Dante l'illusione di una restaurazione dell'Impero universale. L'autore
affronta la questione dei rapporti tra il potere imperiale e quello religioso, affermando la loro autonomia
reciproca e nello stesso tempo la loro contemplementarità: l'imperatore deve riverenza al papa, guida
spirituale dell'umanità, e il papa ha bisogno, per operare, della pace che solo il potere politico può
garantire.
LE EPISTOLE
D'argomento politico sono ache le molte delle 13 epistole, lettere ufficiali scritte in latino. Di notevole
interesse l'Epistola a Cangrande della Scala, risalente al periodo compreso tra il 1315 ed il 1317, che dà
fondamentali indicazioni di lettura della Commedia.
LA COMMEDIA
Il poema è un componimento allegorico-didattico che narra un viaggio nei tre regni dell'aldilà iniziato ne
1300 (anno del primo giubileo,ovvero dell'indulgenza plenaria per i pellegrini che si recano a Roma) il
Venerdi Santo 8 aprile, anniversario della morte di Cristo. Si mescolano i due generi medievali: quello del
viaggio nell'aldilà e quello allegorico-didattico. Il viaggio si svolge in 7 giorni: inizia all'imbrunire del Venerdi,

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il sabato è dedicato a percorrere l'Inferno in cui vige la legge del contrappasso (corrispondenza per analogia
o per contrasto tra la pena ed il peccato commesso). Approda alla domenica al Purgatorio ed ivi vi trascorre
4 giorni, mentre l'ascensione al paradiso occupa 19 ore fino al raggiungimento dell'ultimo cielo, l'Empireo,
fuori dal tempo. Il viaggio si compie sotto la guida di Virgilio, la ragione umana, fino al cullmine del
purgatorio, e di Beatrice (la fede, la grazia)fino all'Empireo, cui succede S. Bernardo. Le tre parti definiti
dall'autore stesso cantiche sono divise in 33 canti (eccezione fatta per la prima di 34 canti). I canti sono
dunque 100 (numero perfetto secondo la numerologia medievale). Ogni cantica inizia con un proemio e
termina sempre con la medesima parola stelle .
Il poema, composto probabilmente a partire dal 1307, è animato da una struggente nostalgia per i valori
del passato e da una visione assai cupa del presente: la crisi dei poteri universali (chiesa e impero), l'ascesa
del ceto borghese, la decadenza dell'antica nobiltà feudale e la conflittualità interna ai Comuni sono
interpretati come segni di un degrado morale, contro il quale l'ira di Dio non tarderà a scagliarsi. Al tema
morale e politico si collega la riflessione sulla propria vicenza personale, segnata dalla dolorosa esperienza
dell'esilio. Vittima dell'ingiustizia Dante si propone come profeta investito da Dio perchè denunci la
corruzione dilagante e indichi agli uomini la via della salvezza: la Commedia è appunto il racconto del
viaggio nell'aldilà compiuto dal poeta e simbolicamente dall'umanità che egli rappresenta, per liberarsi dal
male e congiungersi a Dio. Anche se gli antecedenti culturali del poema sono molteplici, la concezione
dantesca appare unitaria e tipicamente medievale per la fiducia dogmatica nella verità rivelata e nell'ordine
divino di stampo platonico. Alla mentalità medievale è d'altra parte riconducibile l'impianto allegorico della
narrazione, che cela dietro i significati letterali, di per sé reali, altri significati morali e religiosi. Lo stile
dell'ope a defi ito dal poeta stesso, ell'Epistola a Ca g a de , u ile e di esso , pe h a oglie tutti gli
aspetti della realtà, da quelli più alti a quelli più turpi, che hanno comunque un loro senso in quanto parte
del creato. Alla molteplicità della materia corrisponde la pluralità dei livelli linguistici e stilistici, che tendono
ad innalzarsi dall'Inferno al Paradiso, ma che risultano comunque disomogenei anche all'interno di ciascuna
cantica. Diversi sono anche i generi letterari confluiti nel poema sacro, che trova il suo fattore unificante
essenzialmente nell'impianto narrativo che lo caratterizza, in quanto racconto di un viaggio-esperienza
proteso verso la meta finale della visione di Dio.
COMMENTI
TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE
La poetica stilnovistica di Dante si allontana dall'idea di amore come angoscia. In un'atmosfera incantata,
Dante loda Beatrice come creatura celeste, dall'ineffabile dolcezza e da qualità morali superiori. Le qualità
salvifiche della donna sono qui celebrate in una sorta di dialogo non privato, bensì corale. Dagli occhi della
donna non si irradia una freccia perturbativa ma un senso di porfonda beatitudine che la connota come
creatura celeste.Il sospiro non indica la perdizione di fronte a tanta bellezza terrena, bensì indica la celeste
pacificazione di chi non sa tradurre in parole uno stato di estasi.
Gianfranco Contini Il testo sembra di una forte limpidezza, in realtà molte delle parole hanno
cambiato uso nel tempo, portando ad una differenza tra significato e significante.

DIVINA COMMEDIA, INFERNO, V, 73- 4 , PAOLO E FRANCESCA - GIRONE DEI LUSSURIOSI-


Francesca da Polenta,figlia di Guido il Vecchio signore di Ravenna, è divenuta moglie dopo il 1275 di
Giangiotto Malatesta, zoppo e deforme, figlio di Malatesta da Verrucchio, signore di Rimini. Il matrimio di
convenienza politica porta però Francesca a conoscere il cognato, Paolo Malatesta. I due, sorpresi del
marito, vengono uccisi da questi. Il tragico fatto di cronica deve essere avvenuto tra il 1282 ed il 1285.
Lanfranco Caretti Nella prima parte l'espressione della donna appare artificiosa ed intellettualistica:
essa cerca di razionalizzare una sua debolezza ma subito, nella seconda parte, diviene una confessione
drammatica dove la protagonista parla con accenti di schietta naturalezza

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Mario Martelli Il critico analizza come la figura di Paolo durante il colloquio con Dante rimanga zitto
ed inerme, piangente. Egli sottolinea come, dall'esegesi biblica in poi, la figura della donna rappresenti la
carne (e quindi il peccato, in chiara concezione medievale),mentre l'uomo rappresenti la ragione. La
tragedia dei due amanti può pertanto esser vista come la tragedia stessa della creatura che sottomette la
sua regione alla carne.

FRANCESCO PETRARCA
VITA
1304, 20 luglio nasce ad Arezzo, figlio di un notaio amico di Dante, come lui in esilio dal 1302
1312 ad Avignone con la famiglia
1316-1320 studia diritto all'università di Montpellier
1320-1326 si trasferisce all'università di Bologna
1330 chierico per mantenersi
1341,8 aprile incoronato a Roma, in Campidoglio da Roberto d'Angiò
1374,19 luglio muore nella casa di Arquà, all'età di 69 anni
Personalità inquieta e tormentata da tendenze di segno opposto, Petrarca rispecchia le contraddizioni e le
incertezze della sua epoca, nella quale la visione medievale della realtà e della cultura è al tramonto, ma i
nuovi valori umanistico-rinascimentali sono ancora lontani dall'esser definiti. Tale crisi si manifesta, sia
nell'opera sia nella biografia di Petrarca, come dissidio tra spiritualità cristiana e amore profano, tra
disprezzo dei beni terreni al desiderio di ottenere fama e riconoscimenti. Egli è un intellettuale cosmopolita,
che si muove con facilità tra l'ambiente chiericale a quello delle corti signorili, rifiutando l'ambiente
comunale in quegli anni in crisi.
Petrarca si muove tra l'uso del latino ed il volgare. La prima lingua è l'idioma che conferisce prestigio e fama, con
cui vuole essere ricordato dai posteri e con cui esso si esprime tramite postille alle poesie in italiano. Il volgare
toscano (per le nugae, azze ole i ve e la li gua dell'affettività, he dà esp essio e ai più i ti i oti del
sentimento. Il culto della classicità è per Petrarca una componente fondamentale (modelli aurei sono Cicerone
per la prosa e Virgilio per la poesia) tanto che la sua biblioteca personale è ricca di ben 200 codici, molti trascritti
dal poeta stesso. Importante è il codice con le opere di Virgilio, interamente postillato da lui minuziosamente.
Per lui l'antico riesce a produrre un riscatto dalla degradazione della contemporaneità. Petrarca è un chierico-
scrittore, ben diverso dalla figura laica di Dante, si mette pertanto al servizio di un'autorità politica in cambio di
residenza, protezione, agio e sussidi economici. Si allontana dalla filosofia aristotelica e scolastica che ora entra
in crisi, sentendo in lui sorgere il dubbio e delle perplessità rispetto al mondo in cui vive. Diventa per lui
importante la filosofia morale, che scritta le leggi etiche e costituisce un nesso di continuità tra i maestri della
morale classica e quello di Sant'Agostino.

OPERE
LE OPERE RELIGIOSO-MORALI
Opere centrate sulla critica religiosa o sulla riflessione morale, scritte in latino, nelle prime l'autore prende
le distanze dalla scolastica a cui contrappone la vera filosofia, che dovrebbe occuparsi dell'interiorità
dell'uomo.
IL SECRETUM
E' la più significativa tra le opere di riflessione morale. Scritta nel 1342-43 l'opera si propone come un
dialogo tra sant'Agostino (filosofo cristiano della tarda antichità latina) che rappresenta la superiore
coscienza morale e religiosa di Petrarca e Francesco, che rappresenta invece le più intime debolezze. Il
dialogo avviene al cospetto della Verità (allegoricamente rappresentata come una donna) e si traduce in
un'analisi dell'io dell'autore, lacerato da profonde inquietudini e scosso dal bisogno di raggiungere la pace
interiore.

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IL DE VITA SOLITARIA
Dedicato alla vita solitaria (1346), nel quale l'ideale cristino di vita ritirata e dedita alla preghiera e alla
meditazione si fonde con quello classico dell'otium, ossia dal distacco da ogni attività pratica per un
impegno letterario totale.
LE OPERE UMANISTICHE
Petrarca anticipa l'atteggiamento dell'umanesimo distanziandosi profondamente dall'atteggiamento degli
intellettuali medievali. Egli ha infatti piena coscienza del mondo antico e presente, cercando di cogliere i
testi classici nella loro più piena autonomia, senza adattamenti alla mentalità contemporanea. Con Petrarca
prende il via la moderna attività di filologia, recuperando testi latini desueti e dimenticati e correggendone
gli errori dovuti ad attività di trascrizione e noncuranza.
L'EPISTOLARIO
L'atteggiamento classicista informa le 4 raccolte di lettere,scritte in latino e indirizzate per lo più ad amici e
ad importanti personalità del tempo. Pur nascendo da effettive esperienze autobiografiche Petrarca
sottopone le epistole ad un'accurata elaborazione letteraria, eliminando ogni riferimento alla realtà
quotidiana, fornendo un'ideale ritratto di sé con valore esemplare.
L'AFRICA E IL DE VIRUS ILLUSTRIBUS
Opere ispirate alla classicità, la prima risale al 1338-39, poema epico in esametri sulla seconda guerra
punica, poema con il quale l'autore pensava di legare la sua gloria postuma, e il De viris illusribus, raccolta
di biografie di illustri personaggi romani
IL CANZONIERE
Opere che cerca la sintesi e la resa aulica del volgare italiano, cercando di elevare la lingua alla dignità
formale dell'espressione classica. L'opera, il cui titolo originale è Rerum vulgarium fragmenta,è una raccolta
di 336 liriche di cui si conserva la stesura definitiva di pugno del poeta in un codice risaltente al 1374.
Materia quasi esclusiva dell'opera è l'amore del poeta per Laura, una passione tutta terrena ed inappagata,
che neppure la morte della donna riesce a placare. La vicenda d'amore delineata dal Canzoniere si fonda su
una base di dati autobiografici, ma l'esperienza reale è così rielaborata in chiave letteraria da risultare
inafferrbile. Anche se il poeta allude velatamente agli effetti del tempo sulla bellezza della donna, la sua
figura rimane evanescente e stilizzata, così come sono privi di concretezza reali i luoghi che fanno da sfondo
al racconto: l'unica realtà che conta è l'interiorità del poeta , analizzata nelle sue delusioni, apirazioni e
contraddizioni. Al bisogno di spiritualità si contrappone la ricerca dei piaceri terreni che si rivelano illusori e
caduci, come la bellezza di Laura, ai quali comunuqe il poeta rimane legato. L'inquietudine e il tormento, se
non superati nei fatti, lo sono nella forma, che appare limpida e scorrevole, armoniosamente perfetta: la
lingua volgare è difatti modellata sulle strutture morfo-sintattiche di quella latina e il lessico è
accuratamente selezionato, con l'esclusione dei vocaboli troppo espressivi.
I TRIONFI E IL DE REMEDIS UTRIUSQUE FORTUNAE
Nel periodo milanese (1353-61) Petrarca inizia a comporre due poemi di stampo prettamente medievale: i
Trionfi, poema allegorico in lingua volgare, e il De remedis utriusque fortunae, una sorta di enciclopedia
morale in latino. Nell'impianto sistematico si riconosce l'esigenza petrarchesca di superare i propri dissidi
esprimendoli in una forma unitaria e conclusiva.
COMMENTI E CRITICA
CHIARE FRESCE E DOLCI ACQUE
La voce dell'io dell'autore si muove con agilissima destrezza tra ricordo e riflessione, tra presente e passato,
tra vita e morte. Il poeta è nei luoghi in cui un giorno vide l'amata Laura, ma la sua assenza provoca in lui la
malinconia del presente passato. Il paesaggio esterno non esiste, esiste il paesaggio interiore dell'anima. E
si fa viva in lui la speranza di essere sepolto in quel luogo, ricordo di un felice passato
Riccardo Bruscagli-Giovanna Rabitti Il tempo della poesia è molteplice, si passa dal paesaggio sulle rive
del fiume Sorga (descritto come presente, attaulizzato nella memoria), al futuro (con il pensiero della

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morte, della sepoltura, del tardivo pentimento di Laura): poi, quasi per effetto di una memoria
involontaria, lei irrompe, in un abbagliante splendore privamerile, avvolta in un nembo di fiori come
una Madonna profana
Umberto Saba Laura è l'amore profano, ma non perchè essa è sposa di qualcun'altro, bensì perchè con
il suo essere altro dal poeta essa si espirme e lo ammonisce come una madre. Laura per Petrarca è la
poesia stessa, l'aura nel senso della gloria che il poeta cerca attraverso l'incoranazione poetica al
Campidoglio, ovvero Laura come l'auro: l'incoronazione poetca e la conferma dell'eternità del poeta
nei secoli.

GIOVANNI BOCCACCIO
VITA
1313 Nasce a Firenze per altri a Certraldo. da padre ricco mercante
segue il pad e a Napoli, age te della o pag ia dei Ba di dove i a e fi o al -41 per tornare a
Fi e ze. Vive ell a ie te a gioi o, oltiva do i te essi pe il o do a ti o, l e udizio e sto i a e la
mitologia. A Firenze dovrà affrontare la perdita delle agiatezze economiche. Il potere del popolo minuto
vede di cattivo occhio i filo-angioini, pertanto egli è costretto a peregrinare tra le varie corti del Nord alla
ricerca di una sistemazione.
1348 peste nera e morte del padre
1349-1351 compone il Decameron
1350 primo incontro con Petrarca
1351 invita invano il poeta a tenere un insegnamento presso lo studio fiorentino
1354 inviato come ambasciatore ad Avignone
1360 diventa chierico
1368 incontra Petrarca a Padova
1373,23 ottobre inizia la lettura per volere del Comune della Commedia
1375,21 dicembre muore a Certaldo nella casa paterna

OPERE
PERIODO NAPOLETANO (1327-1340)
Caccia di Diana, poemetto narrativo in terzine, diciotto canti, che con il pretesto di raccontare una
battuta di caccia si sofferma sulla descrizione delle dame della corte partenopea
Filostrato, i ottave, l epilogo i feli e della gue a di T oia. Troilo, figlio di Priamo, innamorato
della greca Criseida, tradito da essa, si farà uccidere per mano di Achille.
Teseide, i ottave, i dodi i li i o e l E eide, te a d a o e o fo te isalto ise vato al te a
guerresco, nel tentativo di colmare il vuoto della poesia epica nella letteratura volgare
Filocolo, i p osa, a a le vi issitudi i se ti e tali t a Flo io e Bia ofio e
PERIODO FIORENTINO 1340-1353
Comedia delle ninfe fiorentine, opera narrativa in prosa e versi in terzine
Amorosa visione, poema in terzine, 50 canti, il poeta visita in sogno un castello, nelle cui sale
a i a aff es ati i t io fi della Sapie za, della Glo ia, Della Ri hezza, dell A o e e della Fo tu a o u
impianto che riprende I Trionfi di Petrarca, la macchina allego i a o se te l elogio di pe so aggi fa osi,
antichi e medievali, nonché di dame fiorentine e napoletane, tra le quali rifulge fiammetta, nome simbolo
he i o e i olte sue ope e: il te a del viaggio allego i o si o da izza ell iti e a io se suale di
u i hiesta he o po ta i ielo, a t a le a ia della do a a ata
Elegia di madonna Fiammetta, opera narrativa in prosa, in forma di lettera

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Ninfale fiesolano, poemetto mitologico in ottave, è un omaggio a Firenze e intende illustrare


l o igine favolosa dei due torrenti Africo e Mensola (si tratta di un pastore e di una ninfa trasformati in corsi
d a ua he o fluis o o u o ell alt o
Decameron, opera narrativa in prosa
PERIODO FIORENTINO 1354-1375
opera erudita in prosa latina
De casibus virorum illustrium, biografia di uomini illustri da Adamo ai contemporanei, prende in
considerazione il modo con cui questi sono prima accarezzati dalla Fortuna per poi precipitare nella sfortuna
De claris mulieribus, presenta 104 biografie di celebri figure femminili
De genealogiis deorum gentilium, a pio epe to io di itologia lassi a, fo da e tale pe l uso
simbolico delle immagini classiche nella cultura umanistica
studi danteschi in prosa
esposizioni sopra la « commedia »
Trattatello in laude di Dante
opera satirico-narrativa in prosa
Corbaccio, amare e violenta invettiva contro il sesso femminile (il titolo sembri rinvii a corvo,
si olo di g a hia te aldi e za, o dell a o e he a ie a e p ovo a pazzia . Rifiutato da u a vedova,
Boccaccio sogna di incontrarne il marito defunto, che lo ammaestra sulla vanità, sulla lussuria e sui tutti i
vizi in generale delle donne a partire da sua moglie. Calca il viteperium medievale e la satira misogina
prospettando nuovi modelli operativi.
Le opere del periodo napoletano
risalgono al periodo carolingio una serie di opere di carattere narrativo in versi ed in prosa. in tali opere si
proiettano i vari interessi di boccaccio, che si era avvicinato alla cultura antica e recente da autodidatta. la
materia è atitnta generalmente da miti classici, rielaborati in modo tale da riflettere gli ideali tipicamente
o tesi e avalle es hi a tati ella lette atu a edievale i li gua d oil: l a o e o e fo te
d i ge tili e to, il ulto del gesto ag a i o, il gusto pe l avve tu a; o a a o i olt e otivi t atti
da forme letterarie popolari, come i cantari medievali. La tendenza a proiettare la propria esperienza
sentimentale nelle vicende narrative, trasfigurandola romanzescamente, conferisce alle opere napoletane
un carattere velatamente autobiografico
Le opere del periodo fiorentino
Bo a io e ò di i se i si ell a ie te fio e ti o avvi i a dosi alla poesia allego i a di t adizio e. da
questa impostazione nascono la Comedia delle ninfe fiorentine, narrazione in prosa inframmezzata da versi,
che riprende i motivi della poesia pastorale antica, rielaborati secondo gli schemi allegorici medievali, e
l?amorosa visione un poema concepito come viaggio- visione. Con il romanzo in prosa Elegia di madonna
Fiammetta l auto e ito a all auto iog afis o, a o ta do la vi e da della da a apoleta a
Fiammetta,abbandonata dal giovane fiorentino Panfilo. Rispetto alle opere giovanili, tuttavia, si assiste a
una sorta di rovesciamento di prospettiva, in quanto la vicenda è narrata dal punto di vista della donna,
a zi h da uello dell auto e-personaggio: si tratta di un elemento innovativo rispetto ad una tradizione
lette a ia i ui la do a se p e appa sa o e oggetto della app ese tazio e dell a o e.D a ie te
idillico-pastorale è infine il Ninfale fiesolano, poemetto in cui la materia classica si fonda come la semplice
spo ta eità dei a ta i popola i. I uest ope a, o e elle alt e di uesto pe iodo, affio a u a visio e
lai a della ealtà e dell a o e i pa ti olare, descritto come istinto naturale legittimo anzichè come
pulsione peccaminosa.
DECAMERON
Tra il 1348-1353 Boccacio si dedica alla stesura del Decameron, una raccolta di cento novelle, raccontate in
dieci giorni da dieci diversi novellatori .Il proemio deli ea le fi alità e i desti ata i ideali dell ope a: allevia e
le pe e delle do e he a a o , ossia i t atte e e pia evol e te u pu li o o posto o da lette ati

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di professione, ma comunque pur sempre elegante e raffinato. Le sette fanciulle e i tre giovani si incontrano
nella chiesa di Santa Maria Novella e decidono di ritirarsi in campagna per sfuggire alla peste. Ogni giorno è
eletto un re che decide il tema della giornata, e ogni giornata si conclude con una ballata di gusto
tardostilnovistico. Una cornice narrativa racchiude le novelle, presentandole come raccontate in dieci giorni. Tale
cornice riflette il motivo fo da e tale dell ope a: la so ialità se e a della igata e le a dell uo o, he o
la sua forza e la sua intelligenza sa imporre un ordine armonioso alla realtà, travagliata dalle spinte disgregatici
del caos. La realtà rappresentata dalle novelle, a differenza di quelle uniformemente perfette della cornice, è
quanto mai varia: vi compare sia il passato che il presente e personaggi di diversa estrazione, tra situazioni
o i he e t agi he. U atte zio e pa ti ola e la i eve il o do dei e a ti di ui e ele a l i dust ia, ossia
la apa ità di supe a e le avve sità o l i tellige za e l i t ap e de za. Questo atteggia e to o vive con la
nostalgia per il mondo cavalleresco, ispirato ai valori della cortesia spesso incarnati da personaggi di ceto
o ghese. A tago ista pe e elle za dell i dust ia e a tile la fo tu a, o epita lai a e te o e fo za
cieca del caso e non più come manifestazione della provvidenza divina. Accanto alla Fortuna, altra grande forza
he a i a l u ive so del De a e o l a o e, i teso o e i pulso atu ale e de li ato elle fo e più va ie,
dal nobile sentimento che ingentilisce alla passione fatale che conduce alla morte fino ai livelli più elementari
della pura attrazione sessuale.
LE OPERE ERUDITE
Nell ulti a p oduzio e di Bo a io p evale il a atte e e udito e lassi heggia te. Il f utto dell i te so
studio dei classici (antichi e recenti) sono varie compilazioni in lingua latina e due scritti dedicati a Dante.
Agli ulti i a i della sua vita isale il Co a io, u asp a sati a delle do e i fo a di visio e, he
di ost a il adi ale a ia e to di e talità i te ve uto ell auto e dopo la isi religiosa.
COMMENTI
NOVELLA DI LISABETTA
Lisabetta da Messina è una ragazza che vive a Messina con i tre fratelli, arricchitisi dopo la morte del padre
e per i loro affari. La giovane si innamora di un giovane pisano, Lorenzo, che si occupava degli affari
economici dei fratelli della ragazza.
I fratelli, però, venuti a sapere dell'amore di Lisabetta nei confronti di Lorenzo, decidono di portarlo con
loro fuori città in occasione di un affare e lo uccidono. Al ritorno dei fratelli, Lorenzo non è più con loro, e
questi spargono la voce di averlo mandato in qualche luogo per fare loro un servizio; ciò venne creduto, in
quanto non era la prima volta che veniva mandato lontano per far loro dei servizi.
Nonostante questo, trascorrono troppi giorni e la ragazza comincia a disperarsi; in sogno, però, le appare
Lorenzo che le rivela di essere stato ucciso dai suoi fratelli e le indica il luogo in cui è stato sepolto e il
perché. Lisabetta si reca con la serva nel luogo indicato e, giuntavi, trova il corpo dell'amato; sapendo di
non potergli dare una degna sepoltura prende un coltello e gli taglia la testa, portandola a casa affinché
avesse qualcosa che le ricordasse il giovane e il loro breve amore.
Una volta a casa, mette la testa del ragazzo in un vaso nel quale coltiva poi una pianta di basilico. Ogni
giorno la giovane piange sulla pianta, annaffiandola, con le sue lacrime. I fratelli, accortisi dello strano
comportamento della sorella, le rubano il vaso e, trovataci dentro la testa di Lorenzo, se ne disfano e
fuggono a Napoli e trasferiscono i loro affari, per paura che i messinesi vengano a conoscenza della storia
della sorella. Lisabetta si ammala e muore invocando il suo vaso, nel quale era seppellito il suo amore.
Presenta entrambi i temi cari a Boccaccio: il mondo mercantile che rappresenta gli aspetti negativi della
sto ia i f atelli e il lo o gesto fu e eo ,sia l a ie te feudale, spe ie ei o notati di Lisabetta, tutta chiusa
nel suo dolore e fedele al suo amante.
Attilio Momigliano sottolinea il tono grave del racconto, tragico, cupo e tetro.
Luigi Russo il to o della ovella uello fia es o, u a te e a e se suale elegia d a o e. Bo a io
ci trasferisce in un mondo irreale, in un idillio fuori dalla storia, in cui il vaneggiamento della mente diventa
u i o e te de e za di Lisa etta he pia ge il suo vaso di asili o.

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Mario Baratto a alizza l e ezio alità dell a o e di sta po o tese della giovane Lisabetta per il
suo Lo e zo. L a ie te uello e a tile della Messi a o ghese e t e il a atte e del pe so aggio
tipi a e te o tese, ella sua ve ti alità , ovve o ello sviluppo e ell as esi dei suoi se ti e ti ispetto
ad un amore dist utto, si ealizza il e aviglioso psi ologi o ovve o u a oltepli e sfa ettatu a di
sentimenti, molteplice come la stessa opera di boccaccio).
Giovanni Nencioni P evale u i pal atu a lassi a, alla lati a. l a ie te si o ghese, a
proiettato in una dimensione non moderna, di soffocante chiusura feudale. a livello sintattico Boccacio
utilizza più registri, muovendosi tra la struttura sintattica che si adatta diversamente ai personaggi, in un
multilinguismo che rappresenta i vari livelli della storia e dei personaggi
Alessandro Serpieri La follia di Lisabetta conduce la giovane a spostare il suo amore da una persona
concreta al feticcio di Lorenzo. La testa, oggetto parziale del giovane, accomuna in se tutte le fantasie di
una vita assieme. La testa diventa pertanto simbolo di una gravidanza mancata e simbolo sessuale del suo
amore inappagato
Cesare Segre Ai f atelli spetta l azio e di agi e e t e a Lisa etta spetta la reazione psicologica,
dimessa, di piangere e accudire la testa nel vaso dell a ato. Ai f atelli spetta l azio e di i o po e l o di e
fa iglia e e di tutela e gli i te essi fa iglia i e il o e, e t e l u i a eazio e o essa a Lisa etta
quella di ribellarsi interiormente.
Natalino Sapegno il Decameron è sorretto dallo spirito della cultura borghese. Noatura e fortuna
o so o più a ifestazio i dell o di e p ovvide ziale t as e de te, e sì esp i o o le due fa e della
realtà mondana.

UMANESIMO. AREE DELLA LETTERATURA QUATTROCENTESCA


Si suole definire con Umanesimo tutte le spinte letterarie e culturali che caratterizzano il Quattrocento. I
dati o u i so o la is ope ta dell a ti o, il o do g e o e lati o, u uovo i te esse filologi o e sto i o. Si
formano i primi interessi relativi alla socialità umana: studi pedagogici atti a formare un uomo libero,
autonomo ed eticamente partecipe al mondo civile. Negli studi cade la distinzione oziosa tipica medievale
tra studi pratici e liberi. Lorenzo Valla applica la sua attività di filologo e linguista per dimostrare la falsità,
nel 1440, della cosiddetta Donazione di Costantino. L a ea fio e ti a si disti gue pe u a ato
umanesimo civile, con tendenze democratiche mentre alla corte dei Medici sotto Lorenzo il Magnifico si
forma una stretta cerchia di letterati con Pulci e le sue opere di stampo epico-cavalleresco, al
neoplatonismo di Ficino e al classicismo di stampo pre-bembiano dello stesso Lorenzo e di Poliziano. A nord
centro promotore della cultura sono le città universitarie (Bologna, Padova,Pavia) e le corti (Mantova,
Fe a a da i atali all Orlando Innamorato di Boia do, Mila o . Alla o te pa te opea di Alfo so d A ago a si
formano poeti del calibro di Ja opo Sa azato, auto e dell Arcadia.

Luigi Pulci IL morgante, poema in ottave di argomento cavalleresco, trae il nome dal gigante
omonimo. Si richiama al basso burlesco della tradizione realistico-borghese, prevale il gusto
carnevalesco della deformazione caricaturale e grottesca. Per spirito critico alla tre Corone compone il
Vocabolista, una lista di latinismi e vocaboli rari . Il morgante, scritto per la madre del Magnifico Lucrezia
Tornabuoni, si propone come esaltazione delle gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini. Scrive i Beoni,
ope a di isposta a uella o igi ale di Lo e zo il ag ifi o la Ne ia da Ba e i o .

Poliziano sta ze pe la giost a di Giulia o de Medi i , poe etto di ottave, ,ge e e
encomiastico, il motivo mitologico si intreccia al motivo della natura idillica, pervarsa di edonismo
voluttuoso e di malinconia per la fugacità della bellezza.

Matteo Maria Boiardo auto e dell O la do I a o ato. Si fo a all i te o della o te este se. Il poema
ip e de la ate ia avalle es a ed desti ato ad u elite o tigia a. Co la sua ope a Boia do fo de i due
i li avalle es hi, l a tu ia o ed il a oli gio, po ta do a o pi e to l u io e dei due ei te i: l a o e e le
armi. Forti in Boiardo sono gli ideali umanistico-rinascimentali cantati già da Boccaccio:

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la p odezza avalle es a alt i o he la vi tù dell i dividuo li e o he sa i porre il suo dominio sulla


Fortuna.
I canti carnevaleschi, sono componimenti per lo più anonimi in forma di ballata recitati da cortei mascherati
durante il carnevale fiorentino. Rappresentano la pura sovversione alle regole politiche, se pur gli autori
degli stessi sono i più illustri personaggi del tempo (Pulci, Poliziano; il Magnifico)(XV-XVI sec). Sono
d a go e to o i o-burlesco, improntati sul doppio-senso osceno. Come in Trionfo di Bacco e Arianna i
temi rappresentano un continuo invito a godere dei beni terreni, alla giovinezza e al culto del puro
edonismo.

RINASCIMENTO ED ANTIRINASCIMENTO
Corrisponde cronologicamente al 500, periodo in cui ha pieno sviluppo l'Umanesimo. Data spartiacque è il
1494, ovvero l'anno di discesa di Carlo VIII in Italia, con rottura degli equilibri degli stati indipendenti, fino
alla pace di Cateau-Chambresis, che sancisce il dominio spagnolo, e l'affermarsi della cultura barocca. 3
venti segnano profondamente i tempi storici: l'invenzione della stampa, la scoperta del Nuovo Mondo, e la
riforma di Martin Lutero.
A livello letterario il Rinascimento conferma la passione per l'antico iniziata con l'Umanesimo. Punti salienti:
culto della bellezza, ricerca della perfezione estetica e morale, armonia ed euritmia, regole geometriche che
permettano di raggiungere e riproporre la grandezza dell'arte classica. I presupposti derivano tutti dalla
cultura neoplatonica formatasi a Firenze (Ficino). Sviluppo della commedia (Goldoni, Ariosto e
Macchiavelli). Dall'altro lato invece si assiste al fiorire di una poesia ed una letteratura di gusto popolare:
l'anticlassicismo degli scrittori cinquecenteschi si esprime come parodia dei generi letterari più ampiamenti
diffusi e, insieme, rigorosamente codificati. Ad uscire completamente dagli schemi tradizionali sarà François
Rabelais con il suo Gargantua.

NICCOLO' MACCHIAVELLI
VITA
1469,3 maggio nasce a Firenze, da famiglia borghese
1498 nominato responsabile della cancelleria fiorentina
1512 licenziato da tutti gli incarichi pubblichi dopo il ritorno dei Medici
1513 sospettato di complicità antimedicea, è torturato per due settimane. Si ritira in confino
1518 compone la Mandragola
1521 pubblica il dialogo Dell'arte della guerra
1527 sacco di Roma

OPERE
L'EPISTOLARIO
la personalità privata, il pensiero politico, gli interessi culturali di Macchiavelli emergono con immediatezza
dalla raccolta di lettere, tutte relai e non scritte in vista di una pubblicazione, che offrono inoltre molte
informazioni biografiche. Famosa quella del 1513 all'amico Francesco vettori in cui si accenna alla
composizione del Principe.
GLI SCRITTI POLITICI DEL PERIODO DELLA SEGRETERIA
Al periodo in cui Macchiavelli fu segretario della seconda cancelleria risale una serie di scritti connessi con
quella funzione: le Legaizoni e commissarie , brevi interventi su questioni di attualità; opere di riflessione
sull'organizzazione politica di paesi stranieri. Si tratta di scritti in cui si intravedono già le linee principali del
pensiero dell'autore

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IL PRINCIPE
Trattato politico composto nel 1513, e successivamente dedicato a Lorenzo de' Medici. L'opera si riallaccia
alla tradizione degli specula princeps, scritti diffusi sin dal Medio Evo che delineano la figura del sovrano
ideale, tuttavia il principe non intende proporre un modello ideale sotto il profilo morale, bensì fornire
indicazioni ai politici contemporanei, perché adottino i mezzi più efficaci per conquistare e mantenere il
potere. Tale finalità si spiega alla luce dell'esigenza, secondo Macchiavelli, che si formi in Italia una
compagine politica forte, volta a contrastare le mire espansionistiche europee. L'attenzione alla realtà, alla
ve ità effettuale , a atte izza la t attazio e, he uove se p e i duttiva e te dai fatti, sia uelli
contemporanei che passati, per ricavare le leggi della politica. Tale attenzione si riflette anche a livello
stilistico, nella scelta di una forma agile e concreta, di grande efficacia e modernità. Gode di un'ampia
circolazione manoscritta e la prima edizione risale al 1532. Temi centrali dell'opera e fili conduttori sono la
virtù e la fortuna, l'una vista come la capacità di controllo, di iniziativa e resistenza, mentre l'altra come
caratteristica volubile del fato.
L'UOMO,LA POLITICA E LA MORALE
Il pensiero politico di Macchiavelli si fonda su una concezione pessimistica degli uomini, considerati
malvagi, naturalmente portati a soddisfare interessi egoistici e materiali. Per garantire il bene comune, il
principe deve confrontarsi con questo dati di fatto e saper essere buono o o uo o se o do le
circostanze. La virtù politica infatti non ha nulla a che vedere con le qualità etiche, ma coincide piuttosto
con la capacità di sfruttare le occasioni favorevoli a proprio vantaggio e di dominare la fortuna. Macchiavelli
distingue dunque chiaramente il giudizio politico da quello morale, ed è una distinzione di fondamentale
importanza, poiché prelude alla nascita della politica come scienza autonoma.
I DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO
E' un'opera di difficile definizione dal punto di vista del genere letterario, composta tra il 1517 ed il 1518: si
tratta di una serie di riflessioni politiche nate dalla lettura di libri storici di Tito Livio. Convinto che gl eventi
passati possano costituire esempi validi per ogni tempo, poiché anche nelle vicende umane, come in tutti i
fenomeni della natura, agiscono delle leggi universali, Macchiavelli parte dalla storia romana per svolgere
considerazioni sulla situazione presente di Firenze e dell'Italia. La finalità dell'opera, dunque, è analoga a
uella del P i ipe, sviluppa l'a alisi della vita istituzio ale e lo sviluppo della °Repu li a
L'ARTE DELLA GUERRA E LE OPERE SATIRICHE
Tra i fattori di debolezza degli Stati Italiani, Macchiavelli indica già nel Principe il ricorso a truppe
mercenarie, che egli ritiene meno affidabili di quelle formate da soldati-cittadini.
Questo argomento è ripreso e sviluppato nell'Arte della Guerra, un trattato che affronta anche gli aspetti
tecnici della gestione delle milizie. L'opera sotto forma di dialogo sembra avvenire il 15216 negli Orti
Oricellari, presente, tra gli altri, il romano Fabrizio Colonna, anziano e glorioso condottiero. Al medesimo
periodo risalgono due opere storiografiche: le Istorie fiorentine (1519-25), che ripercorrono la storia di
Firenze ricercando nel passato le cause dell'attuale decadenza della città; la Vita di Castruccio Castracani
(1520), che ricostruisce la vita del condottiero vissuto nel Trecento, proponendolo come esempio di
capacità politica.
LE OPERE LETTERARIE: LA MANDRAGOLA
La propensione tipicamente fiorentina per la satira e la comicità caratterizza la produzione prettamente
letteraria di Macchiavelli, che comprende poemetti in terzine, novelle (Belfagor arcidiavolo) e due
commedie. Di particolare interesse la Mandragola (1518), commedia che si fonda su un intreccio
decameroniano. Pur rifacendosi agli schemi della commedia latina, Macchiavelli ambienta la vicenda nella
Firenze contemporanea, dando veste comica a quella stessa visione pessimistica dell'uomo che esprime
anche nei trattati politici. Come nel Principe la polemica contro l'immoralità e l'egoismo si accompagna a
una certa ammirazione per l'astuzia dei personaggi che sanno controllare gli eventi e sfruttare le situazioni
opportune. Il giovane Callimaco si prende beffa del dottore in legge Nicia Calfucci. Si finge medico e

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suggerisce l'uso della Mandragola per sconfiggere la presunta sterilità della bella moglie dell'uomo, l'onesta
Lucrezia. Ma la somministrazione della pianta miracolosa sarà solo una scusa veniale per giacere con la
bella donna, che sceglierà Callimaco anche per la sua vita futura.
Belfagor l'arcidiavolo, 1518-1520, opera che ricalca la tradizione novellistica della beffa, dell'attacco
antiuxoriano. L'arcidiavolo Belfagor è spedito sulla terra con l'intento di controllare le mogli, ma sarà lui
stesso scornato dalla donna che prende per sposa, che lo terrorizza con la sua arroganza, superbia e
insolenza, tanto da farlo scappare e ritornare all'inferno.
COMMENTI
Il Principe, cap. XXVI exho tatio ad apessa da Italia i li e tate ue a a a is vi di a da

Francesco De Santis. Per il critico risorgimentale Macchiavelli reagisce alla decadenza e alla
corruttela italiana del Cinquecento ed è il fondatore della scienza e della mentalità moderna. Egli rivaluta
contro il Medio Evo la vita su questa terra, l'operosità fattiva su questa terra, ed in questo campo il primo
dovere dell'uomo è il patriottismo, il perseguire la grandezza e la libertà della patria: la sua visione laica e
antiascetica porta dunque alla celebrazione della virtù civile. Il metodo machiavelliano, che punta sulla
realtà effettuale e parte dall'esperienza, si riflette anche nello stile, che fa crollare definitivamente il
periodare medievale, con le sue architetture deduttive e sillogistiche.

Benedetto Croce Macchiavelli ha scoperto il concetto fondamentale dell'autonomia della politica che è
al di qua del bene e del male, ma trascende dal legame etico

Antonio Gramsci Per lui il Principe non è un trattato teorico siste ati o, a il li o vive te ;
l'elemento dottrinale prende forma in un personaggio concreto, il principe, che assume una connotazione
iti a: esso u si olo a t opo o fi o p oposto ad u popolo dispe so pe sus ita e la volo tà
ollettiva

Riccardo Bruscagli Macchiavelli intuisce già nel Principe la molteplice sfaccettatura politica dell'Italia,
definendo un attuale identità nazionale italiana

LUDOVICO ARIOSTO
VITA
1474, 8 SETTEMBRE Nasce a Reggio Emilia da Niccolò Ariosto (di origine nobile e funzionario del duca
d'Ercole) e da Daria Malaguzzi, primogenito di dieci figli
1500, 10 febbraio Con la morte del padre lascia gli studi prima di legge e poi letterari per provvedere alla
numerosa famiglia
1516 pubblica l'Orlando Furioso
1518 dopo aver rifiutato di accompagnare il cardinale Ippolito in Ungheria, passa alla corte del duca Alfonso
primo
1521 2° edizione dell'Orlando Furioso
1532 3° edizione dell'Orlando Furioso
1533, 6 luglio muore all'età di 59 anni

OPERE
LA PRODUZIONE LIRICA
Comprende liriche latine, risalenti al periodo giovanile (1494-1503), e rime in volgare, composte lungo tutto
l'arco dell'esistenza del poeta e pubblicate postume. Le prime sono espressione della formazione umanistica di
Ariosto e del suo amore per i classici latini, anche se non mancano riferimenti realistici alla società
contemporanea. Gli spunti personali s'intensificano nelle rime in volgare molte delle quali incentrate sull'amore
per Alessandra Benuci, rappresentano in toni intimi e affettuosi assai distanti dai modi rarefatti della lirica
petrarchesca, che pure esercita un influsso notevole sul linguaggio poetico di Ariosto. Tra le

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liriche in volgare, rivestono particolare motivo d'interesse i Capitoli, ampi componimenti in terzine dantesche,
affini alle Satire per il tono colloquiale e pacato, il linguaggio medio e i riferimenti autobiografici.
LE COMMEDIE
Incaricato di allestire gli spettacoli scenici per le feste di corte, Ariosto oltre a tradurre e volgarizzare molte
opere latine inaugurò una produzione originale di commedie in volgare, prima in prosa (la Cassaria e i
Suppositi 1508-1509) poi in versi (il Negromante, 1520, La Lena,1528): esse segnano le rinascita di questo
genere letterario d'ispirazione classica in età moderna. I modelli sono i commediografi latini e
principalmente Plauto, da cui Ariosto trae le tipologie degli intrecci, ma si nota anche un'influenza
significativa della produzione novellistica italiana. Fatta eccezione per la Cassaria, la cui vicenda si svolge in
una città greca, Ariosto tende a rappresentare realisticamente ambienti famigliari agli spettatori (la corte
ferrarese, l'ambiente universitario ecc.), mettendo spesso a nudo la meschinità e l'opportunismo della
società contemporanea
LE SATIRE
Sono sette componimenti in forma di lettere poetiche (in terzine dantesche) composte tra il 1517 e il 1525
e pubblicate postume. Inspirate alle Satire e alle Epistole del poeta latino Orazio le Satire di Ariosto hanno
in comune con il modello la varietà dei temi, i riferimenti autobiografici, il tono colloquiale e
apparentemente dimesso, l'impostazione dialogica, la struttura divagante, l'ironia bonaria con cui si
rappresentano i difetti degli uomini, l'esaltazione di un ideale di vita quieta e libera da condizionamenti
esterni. La rivendicazione dell'indipendenza personale come valore supremo è strettamente connessa alla
polemica nei confronti dell'ambiente cortigiano, che limita la libertà dell'intellettuale costringendolo ad
assecondare in tutto la volontà del principe.
L'EPISTOLARIO
Si tratta di 214 lettere, private e ufficiali, risalenti al periodo 1498-1532. Non essendo state composte in
vista della pubblicazione, esse sono scritte in uno stile semplice e immediato e fanno emergere il buon
senso pratico con cui Ariosto seppe affrontare le diverse situazioni in cui si trovò coinvolto.
L'ORLANDO FURIOSO
Nel A iosto i o i iò a o po e l O la do Fu ioso il poe a avalle es o ui p i ipal e te legata
la sua fama. A una prima edizione, pubblicata nel 1516, ne seguì un'altra nel 1521 e poi quella definitiva nel
1532, nella quale il poeta ampliò la materia (da 40 a 46 canti) e adeguò la lingua ai canoni classicisti fissati
da Bembo nelle Prose della volgar lingua (1525), che avevano indicato nel fiorentino toscano del Trecento il
modello linguistico di riferimento. Nella scelta dell'argomento, Ariosto opera una fusione tra materia
carolingia e materia bretone, rifacendosi all'incompiuto Orlando innamorato di Boiardo, di cui riprende la
trama dal punto in cui la narrazione era stata interrotta; reminiscenze classiche si colgono inoltre in diversi
episodi e strutture espressive. Tra i numerosi fili narrativi di cui l'Orlando furioso si compone, se ne possono
individuare tre principali: la guerra tra il re africano Agramante e Carlo Magno; l'a o e i feli e e folle del
paladino Orlando per Angelica; l'amore tra Bradamante e Ruggiero, i progenitori della casata d'Este.
Quest'ultimo è il nucleo narrativo intorno al quale convergono i motivi celebrativi che non possono
mancare in un'opera legata all'ambiente cortigiano, anche se il pubblico cui Ariosto si rivolge non è
rappresentato solo dalla corte ferrarese: l'opera è infatti pensata per la diffusione attraverso la stampa e
s'i di izza a u a o te ideale ostituita dalle pe so e olte di tutti i centri italiani.
Il poema delinea l'immagine di una realtà labirintica, infinitamente varia e dominata dalla Fortuna, nella
quale i personaggi i muovono alla ricerca costantemente inappagata di oggetti irraggiungibili o che si
rivelano illusori. Al disordine della materia fa da contrappunto l'ordine armonico della narrazione che
compone le molteplici vicende in una struttura perfettamente organica e coerente: in questo senso l'opera
rappresenta compiutamente l'ideale rinascimentale la realtà e, sul piano estetico, dell'artista che dà forma
al caos della materia così come Dio ha plasmato il mondo.

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COMMENTI
L'episodio culminante, che da il titolo all'opera si situa esattamente al centro del poema, tra la fine del XXIII
canto e l'inizio del XXIV. Orlando, alla ricerca di Angelica, arriva negli stessi luoghi che hanno fatto da
cornice all'amore di Angelica e Medoro. L'idea che la donna da lui tanto desiderata si sia concessa ad un
personaggio di siffatta bassa rettitudine causa in Orlando un tormento straziante. E' proprio nel locus
amoenus dell'amore dei due che Orlando perde il senno, diventando pazzo. La follia del cavaliere, oltre
all'idea stessa dell'amore perduto, è causata dalla realizzazione di sovvertimento attuata dal fante nei
confronti di qualsiasi norma cortese. La pazzia di Orlando ribalta il percorso dell'amore stilnovistico, che
conduce alla nobilitazione spirituale

Benedetto Croce Per Croce nel Furioso tutti i sentimenti sono presenti, ma nessuno di essi prende il
sopravvento: essi si fondono tutti in un sentimento superiore, quello dell'armonia, che li supera e li unifica.
Di qui per il critico scaturisce la famosa ironia ariostesca, che non si indirizza su un aspetto particolare, ma
sul mondo fantastico dell'armonia nel suo complesso.

Lanfranco Caretti Nega la presenza in Ariosto del carattere fantastico. La vera materia del Furioso è
la vita moderna e la nuova concezione dell'uomo. Il romanzo diventa pertanto contemporaneo, il romanzo
delle passio i e delle aspi azio i degli uo i i del suo te po , he si fo da su u 'attiva espe ie za della
vita e su una conoscenza profonda dell'uomo, su un'apertura serena verso la realtà, accettata in tutti i suoi
aspetti.

Italo Calvino Ne sottolinea il carattere a zig-zag, la costruzione del romanzo su linee spezzate.
Questo gusto della rapidità d'azione, della larghezza spaziale e temporale, si osserva nel poema intero,
come nel singolo canto e nella singola ottava. Nella misura degli otto endecasillabi, Ariosto riesce a
esprimersi con straordinaria destrezza.

MODELLI IDEALI E BELLE MANIERE


Il primo cinquecento, in ambito cortigiano, è il periodo delle teorizzazioni, della trattatistica e
della fondazione di modelli esemplari; autori:

Pietro Bembo (Venezia 1470 – Roma 1547) editore a Venezia, segretario a Roma del papa Leone X,
bibliotecario Biblioteca Marciana;
ASOLANI: , il suo apolavo o; li i i p osa, dialogo sull a o plato i o o
intercalate canzoni in versi; ambientati ad asolo, nelle colline trevigiane; danno il via alla
trattatisti a i as i e tale sull a o e
PROSE DELLA VOLGAR LINGUA: 1525; dialoghi in 3 libri, fissano modelli linguistici della
scrittura letteraria (Petrarca per la poesia, Boccaccio per la prosa)
Il problema principale era riuscire a proporre una lingua volgare, di facilità naturale che avesse
i pa i g ado pia evolezza e g avità o e lati o di Pet a a , he p e desse il posto del lati o
(ancora utilizzato nella letteratura); bisognava evitare problema contaminazione con vari dialetti e il

volgare delle corti (es: spuria: contaminazione tra toscano e dialetto locale) fondamenti troppo
eterogenei e fragili che avrebbero portato un sicuro fallimento
Propone TEORIA LINGUISTICA CHE ABBIA AL CENTRO UNA LINGUA STABILE E IMPERITURA: progetto

a forte componente esistenziale realizzava esorcismo della drammaticità dei tempi e faceva
una promessa, anche se astratta (una teoria, quindi): nei canzonieri scritti con questa lingua, si
t ova el ediu li guisti o uell i o talità he dava ga a zia

Baldassarre Castiglione (Mantova 1478 – Toledo 1529) attivo alla corte dei Gonzaga, Montefeltro, e
Della Rovere
IL CORTEGIANO: 1528; trattato in forma dialogica in quattro libri: in ognuno viene raccontata
una sera alla corte urbinate in cui degli intellettuali discutono sulla DEFINIZIONE DI NORME DI

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COMPORTAMENTO E ATTITUDINI FORMALI CHE DEVE POSSEDERE IL PERFETTO UOMO DI CORTE.


Al contrario delle p ose della volga li gua , o auto ità o ativa/ve ità assoluta a
ricerca di un consenso comune (simboleggiato dalla presenza del duca, che però non interviene
nella discussione); anche chi propone gli argomenti nella discussione è consapevole della
parzialità e precarietà delle opinioni (solo attraverso la disparità di opinioni si arriva ad una
conclusione unanime)
Castiglione prende a modello quindi quegli elementi derivanti da un consenso di

maggioranza/opinione comune/esempi es: GRAZIA per mostrare naturalezza anche dove in
ealtà a tifi io; SPREZZATURA dissi ulazio e dell a te pe u a atu alezza però con
effetto retorico.
Tutti i comportamenti descritti convengono a ricostruire una dimensione di quotidianità fittizia per
COSTRUIRE DAL NULLA LA FIGURA DELCORTIGIANO: persona speciale depurata dagli eccessi e
dalle mancanze, ben misurata ed organizzata, perfetta e modello da seguire per la perfezione; sarà
agente lontano dalla municipalità e quindi esportabile ovunque

Giovanni Della Casa (Mugello, 1503 – Roma 1556) nunzio apostolico e segretario di stato pontifi-cio,
lirico raffinato
GALATEO: 1558; t attato di uo a ea za s itto su i vito di Galeazzo Flo i o te da ui il
titolo); i protagonisti sono un vecchio illetterato che vuole ammaestrare un giovane affinché la
sua esperienza non vada perduta; racconto colloquiale , NUOVO RAPPORTO TRA I
PORTAGONISTI: non sono più interlocutori nel senso classico che insieme ricercano la verità.
INTENZIONE DI FORMARE UN MODELLO DI COMPORTAMENTO discende dal Cortigiano, ma se ne
diffe e za pe l a a do o della fo a dialogi a e favo e di u o ologo parla solo il vecchio,
il giova e uto e sop attutto pe la DIVERSA SPINTA IDEOLOGICA: o volo tà di hiude e
questa pedagogia dentro ad una sistema di valori chiuso come quello della corte ma di piegarla

perché si adegui alle esigenze e caratteristiche della realtà Galateo si rivolge ad un pubblico più
esteso possibile
Vecchio è figura ANTIUMANISTICA che tende a regolarsi nella MEDIETAS: illetterato né rozzo né
pedante, dà alla buona concetti chiave (sia ideologicamente che culturalmente) al ragazzo di ciò che
positivo pia evolezza, diletto, … e egativo oia

CONTROMODELLI E CATTVE MANIERE



Francesco Berni (Pistoia 1497 – Firenze 1535) figura di caratteristico atteggiamento antilettera-rio,
o t o l a o ia del pet a his o e l elega za accademica del classicismo bembesco; da lui de-riva il
fo tu ato filo e bernesco , o i o e sala e, he is uote fo tu a fi o all . Cele e pe i suoi 32
CAPITOLI (componimenti satirici e burleschi in terzine, con elogi di argomento paradossale)
e RIFACIMENTO TOSCANIZZATODELL’ORLANDO INNAMORATO di Boiardo.

Estrema contraddizione del Berni, emerge ANARCHIA contro tendenze principali del
, p opo e u ORGIA BURLESCA DI CARATTERI o e sete del pa ti ola e, atego i a
dist uzio e dell a i a delle cose per porne in evidenza la corruzione nauseante, insistenza
che sa di demoniaco.
I peg o s hietta e te figu ativo, a l o hio o ui vede se za olo e, osse va t a ite fissaggio

di lenti diverse FISSATO SULLA DIMENSIONE DELLA COSA, SULLA SOSTANZA, detesta aggettivi
ta to a ati dai pet a histi e i e a u a via di poeti a li e azio e dell oggetto da s stesso
per essere altre cose; uso massiccio di similitudini e metafore paradossali e assurde
La sua poesia la poesia dell est e a e te avvi i ato e dell i g a dito i opposizio e o la

poesia del lo ta o pet a hes a, i e sa ella e ia del i o do e del te po vive nello

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spazio che scientificamente deforma l oggetto.



Pietro Aretino (Arezzo 1492 – Ve ezia ele i i suoi dialoghi alle p ostitute :
RAGIONAMENTO E DIALOGO, anche detti SEI GIORNATE: si divide in Ragionamento della Nanna
e dell A to ia – 1534; e Dialogo nel quale la Nanna insegna a la Pippa – 1536.
Contrappone alla letteratura dei modelli ideali e buone manie e l ESALTAZIONE DEL GHIRIBIZZO
E DELL OSCENO, to a il ul i e del gio o pa odi o, testi to idi a a he affas i a ti; i suoi
o po i e ti o so o f utto dell isti to a so o l esito di UN ACCURATA STRATEGIA ESPRESSIVA

che va poi, in un secondo tempo, a ricercare la spigliatezza e la naturalezza oppone a cautele
puriste petrarchiste il piacere di una lingua aderente al parlato (socialmente e stilisticamente
impura), mescolanza di ironia e parodia che genera ilarità.

Ce t o dell azio e: o dello; p otagoniste: prostitute nelle memorie e nelle azioni della Nanna
t ovia o lo SFREGIO PARODICO DEL CORTEGIANO ge tile e ve e o do i sie e alla TRADUZIONE
RUFFIANESCA DEL PRINCIPE ;

Teofilo Folengo (Mantova 1491 – Bassano d.G. 1544) monaco benedettino, smonacato e poi rien-
t ato ell o di e; visio e a ti o fo ista, a ti lassi isti a, CRITICA DELL INTERA SOCIETÀ E CULTURA
MEDIEVALE; Folengo fa la scelta diametralmente opposta a quella di Bembo
OPUS MACCARONICUM (o Maccheronee): quattro diverse edizioni ; la prima è soltanto un libretto
con due egloghe rusticane e il poema cavalleresco in esametri Baldus (discendente del Rinaldo) in
li i, l ulti a edizio e più vasta e o p e de la Zanitonella (componimenti diversi sul tema
dell a o e usti a o di Tonello per Zanina), il Baldus (ampliato fino a 25 libri),la Moscheide
(poema eroicomico in 3 libri sulla guerra tra mosche e formiche) ed una scelta di epigrammi e di
epistole poetiche.
La SCELTA DEL MACARONICO e ell uso pa ti ola e he e fa Fole go, si manifesta una sfida letteraria
del tutto si gola e, a pie a e te all altezza della situazio e li guisti o-culturale ancora confusa e
ape ta egli a i dell ela o azio e dei uovi odelli lassi isti i: i pe so aggi t ova o u a o e
COMPROMESSO TRA LATINO E VOLGARE lati o g osso e fa ito di dialettis i e volga is i , i ui
meglio si esprime la polifonia di una cultura composita ed eterogenea.
Sa di non trovare NESSUN PUBBLICO PREDEFINITO: questa lingua non vuole essere espressione,
modello o riconoscimento di un gruppo sociale, ma strumento di gioco, sospensione, ambiguità
e contraddizione sempre sfuggente, mai identificabile in una posizione sicura e definitiva.
La sospe sio e del o do fole ghia o AVVERTIMENTO DELL INCERTEZZA e i o os i ilità di
una realtà aggrovigliata ed eterogenea: nasce così una letteratura della contraddizione in cui
falsità, a ilità li guisti a fa tasia i a o a app ese ta e l i o piutezza del o do e a da e
u i agi e di uel diso di ato uta e da ui i ve e la ultura cortigiana cerava di ricavare un
nuovo ordine e nuovi modelli di comportamento.

UN EVENTO STORICO: LA BATTAGLIA DI LEPANTO


Nel golfo di Corinto, davanti alla città di Lepanto (Grecia) il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana, che unisce le
forze della Lega Santa (Venezia, Napoli+Sicilia, Roma, Genova, Cavalieri di Malta, Ducato di Savoia, Urbino
e Tos a a ipo ta u a s hia ia te vitto ia sull ese ito otto a o.
Nella letteratura cinquecentesca questo fatto influenza a tal punto da generare una svolta: da temi
p evale te e te o tesi, a o osi, avalle es hi e legati all e uili io politi o su essivo al sa o di Ro a
(1527), si passa a temi di carattere eroico-militare e guerresco, nella mutata realtà della battaglia di Lepanto

nessun evento stori o del osse l i geg o, la fa tasia e il uo e dei o te po a ei lette ati italia i
ua to la attaglia di Lepa to
Sotto la sferza degli eventi, la letteratura in tutta Italia cerca riposo e riparo dalla prepotenza delle armi là

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dove queste non potevano arrivare: se non c e a pa e i te a, poteva esse i al e o ella fi zio e dell a te

rime dello Zane (in prima linea in Oriente contro i Turchi) o al u a e to gue ie o,
la tristezza della lontananza, solitudine, incertezza. Insistente è il pensiero a Venezia dove si
trovava la famiglia, gli amici, gli amori e a quel vivere splendido e dolce: è una poesia tutta elegiaca
di una ci-viltà raffinatissima e ferma.

Girolamo Molino visse tanto da vedere attorno a sé (a differenza di Giacomo Zane) i tempi muta-ti e
il p e ipita e degli eve ti; le o dizio i di tutta l Eu opa e a o utate, l ideale di eut alità e pa-ce, la
pausa degli eve ti volgeva o al te i e. I Italia ifio iva u ideale di e oi a g a dezza.
La poesia dunque precorse anche allora, come spesso fa, gli eventi, perché questi erano
ineluttabilmente maturi nel cuore, nella mente e nella vita degli uomini.

TORQUATO TASSO
VITA
Sorrento 1544 - Roma 1595
Padre è poeta e uomo di corte, quindi costretto a continue peregrinazioni al seguito del suo signore (da
Napoli alla Francia per poi tornare Roma), la madre morì prematuramente quando il figlio era dodicenne.

Biog afia dà ese pio di vita i o t asto e o i teg azio e o l a ie te o tigia o vita
drammatica, con ossessiva e punitiva auto-inquisizione interiore.
: a a i aggiu ge il pad e a Ro a a vi esta pe u eve pe iodo poi h l i sta ilità politi a
costrinse il padre (che si rifugiò a Urbino, alla corte dei Della Rovere) a mandarlo a Bergamo da
parenti 1557: raggiunge di nuovo il padre, a Urbino

1559: padre e figlio si spostano a Venezia qui nel 1562 dà alle stampe il Rinaldo, poema cavalleresco di
a ti i ottave, d elega te i t atte i e to, a olto o su esso

Dopo soggiorni a Mantova e Bologna, el app oda a Fe a a, al se vizio di Luigi D Este e Alfo so II
qui continua il componimento di canti lirici e nel 1573 scrive la favola Aminta e porta a termine nel 1575
un poema epico sulla prima crociata: la Gerusalemme liberata.

1576-86: decennio straziante a ivato appe a t e te e all api e della a ie a o il suo apolavo o,
diventa vittima di sé stesso, eccessivamente autocritico: si tormenta e si angustia sulla sua opera con
perplessità, sospetti, interrogativi etici e artistici; chiede a gruppo di letterati e uomini di chiesa di fare
u a evisio e del suo poe a: el si autoa usa al t i u ale dell I uisizio e te e do di esse e
i o so ell e esia a a he se assolto, ette i du io la se te za.
Si allontana dalla corte ferrarese e va peregrinando a Napoli a trovare la sorella Cornelia, poi a Urbino,
Torino e torna alla corte estense nel 1579, dove viene rinchiuso come pazzo in ospedale: qui resta 7 anni,
fino al 1586, durante i quali compone molte liriche e buona parte dei Dialoghi; liberato, viene affidato a
Vincenzo Gonzaga e va a Mantova: qui però si ferma poco, e alterna soggiorni napoletani e romani.
1593:pubblica rifacimento sostanziale del suo capolavoro, al quale dà il nome di Gerusalemme conquistata.
Muore a Roma nel o ve to di Sa t O of io, dove poi vie e sepolto.

OPERE
RIME
I sie e di o po i e ti li i i d a o e
Prima edizione comprende 42 liriche raccolte sotto il nome di Rime de gli accademici eterei (1567)
Si dedica a continue revisioni e nel 1591 pubblica Prima parte delle Rime e poi Seconda parte (laudi e
poesie encomiastiche); conclude con successo il progetto della Terza parte (rime religiose) e della Quarta
parte (rime varie, stravaganti e per musica).
Come si vede, Tasso volta le spalle al Canzoniere d a o e i teso i se so lassi o o e avve tu a spi ituale e
romanzo interiore (secondo il modello di Petrarca, allora in voga grazie a Bembo) e opta per multipla e

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variegata tavolozza tematica capace di prospettare versatilità e virtuosismo tecnico per un autore pronto
a dimostrare il proprio valore nelle varie e diverse occasioni.
O igi ale il o u io t a usi a e poesia alto u e o di ad igali i vi tù di u ela o azio e affi ata

e elodi a, he p o ede ALL ASSOTTIGLIAMENTO SEMANTICO E ALLA STILIZZAZIONE FORMALE
SUGGESTIVE EVOCAZIONI FONICHE, SAPIENTI MOVIMENTI RITMICI, intense risonanze emotive.
AMINTA
T a le sue ope e i o i a gioiello di pe fezio e
Divisa i atti, u a favola pasto ale t adizio e fio e te alla o te este se t a e o fitti
i esti di suggestio i lassi he e u a isti he Vi gilio, Ovidio, Pet a a, … .

Composta nel 1573 e rappresentata a Ferrara, introduce però elementi nuovi nella tradizione il mito
della serenità agreste, lontano dai tumulti della storia e della vita ittadi a, si i t e ia o u a sia di
uiete e i o e za he l auto e avve te o i te sità a ausa del suo status p e a io di o tigia o e
gi ovago . A i ta ESPRIME LA STAGIONE BREVE DELLA SERENITA E FELICITA : t a idillio pasto ale e
ambiente ducale si stabilisce un nesso di corrispondenza tanto da nobilitare, glorificare la civiltà cortigiana
con attributi raffinati e aristocratici.
Po he figu e di suppo to ai p otago isti, ette i s e a l a o e i o e te del giova e pasto e A i ta
per la bellissima Silvia, ninfa dedita agli svaghi della caccia e ritrosa ai piaceri e alle lusinghe del cuore;
Dafne, amica più esperta e matura, cerca di convincerla ad accettare il corteggiamento di Aminta mentre
Tirsi, esperto e disincantato consigliere del giovane, lo invita a vincere la timidezza e a dichiararsi a Silvia
con più determinazione.
O igi ale il to o he o ota l i t e io favolisti o a lieto fi e: INCANTO IDILLICO RISALTA IN UN CLIMA
DI FUGGITIVA FRAGILITÀ, con consapevolezza di un accadimento irripetibile.
Impianto metrico alterna endecasillabi e settenari, con effetti finora mai raggiunti di MUSICALE

VIRTUOSISMO e seduttiva armonia costituisce precedente fondamentale per genesi del
linguaggio melodrammatico.
GERUSALEMME LIBERATA
GENESI, STORIA EDITORIALE E METAMORFOSI
L idea di u poe a epi o sul te a della p i a o iata e a ella e te di Tasso fi dai suoi a i:
nascono così le 116 ottave della Gierusalemme, lasciato incompleto per lucida autocoscienza della propria
immaturità dava ti a ad u i p esa lette a ia di osì vasto espi o.
Questo te a e a olto attuale a Ve ezia, i o tatto o l o ie te pe o so dall ava zata tu a; olt e a
motivi storici, ci sono anche motivi personali che spingono Tasso verso questo tema: da bambino aveva
visitato la to a del papa U a o II, he aveva a dito la p i a o iata; la otizia dell assalto tu o alla
sua città natale, Sorrento, dal quale si era fortunatamente salvata la sorella Cornelia.
Mette in pausa la stesura della Gerusalemme per dedicarsi al Rinaldo, e tra 1565-66 a Ferrara torna
sul progetto e completa nel 1575 la prima versione, Goffredo (titolo viene da Goffredo di Buglione, il
o dottie o dell ese ito istia o : a ti i ottave, lo sottopo e al giudizio del du a Alfo so II e
alla sorella di lui, Lucrezia.
Durante la sua reclusione, esce nel 1580 la stampa non autorizzata dei primi 14 canti con il titolo
Goffredo: Tasso allora affida al ferrarese Febo Bonnà la prima stampa autorizzata del poema nel 1581,
con il titolo di Gerusalemme liberata.
Qui comincia la revisione angosciosa, formale e ideologica, del poema che durerà molti anni, fino alla
radicale riscrittura che viene pubblicata nel 1593 con il titolo di Gerusalemme conquistata: 24 canti (come
l iliade ; il ifa i e to i igidis e l u ita ia o pattezza st uttu ale dell ope a, espu ge le pa ti di più
a eso e otis o, esalta la ag ifi e za dell e ois o istia o, i te sifi a il igo is o e fo alis o
cerimoniale del sentimento religioso.
Sarà comunque la versione della Gerusalemme liberata che ricorderà la fama di Tasso, e che sarà ristampata

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e valorizzata ovunque come espressione tra le più alte della moderna letteratura italiana.
DAL POEMA CAVALLERESCO AL POEMA EPICO
L’O la do fu ioso di Ariosto e la Gerusalemme liberata di Tasso sono due capolavori ANTITETICI: anche
se entrambi narrati in ottave, il primo è un poema (o romanzo) cavalleresco mentre il secondo è un
poema epico (o eroico).
Il poema cavalleresco, di origine romanza, si rifà alle gesta del ciclo arturiano (poemi su Re Artù e sui
Cavalieri della tavola rotonda; temi cortesi-amorosi) e del ciclo carolingio (vicende di Carlo Magno e dei
suoi paladini; temi militari): tratta quindi per lo più una materia leggendaria orientata sul romanzesco, sul
fantasti o e l avve tu a se za u e t o oesivo o u leo e t ipeto oo di ato e osì da esalta e i valo i
della libertà, del movimento imprevedibile, e propone una visione pluralistica della realtà (come mimesi
del vagabondare dei personaggi per fini ludici e d i t atte i e to .
Il poema epico invece, di origine classica, si rifà ai modelli greco-lati i sop attutto all Iliade e l E eide
o e esp essio e del lassi is o o ativo d ispi azio e a istoteli a e delle te de ze p e ettisti he
p evale ti ell Italia della Co t o ifo a i opposizio e al gusto ode o att atto dall i t e io u ita io
d a go e to sto i o, se io e o i o i o, i e t ato su u e oe u i o e sull u ità d azio e, o fi alità
educativa, civile e morale).
Il dibattito tra i fautori dei due tipi di poe a olto a eso a età del : i ulto i dell a ti o pe ò
vanno in contro a molti insuccessi (come L’Italia li e ata dai Goti di Trissino o come Il girone cortese di

Alamanni) per testi opachi e disagevole lettura, proprio mentre il successo del Furioso aumentava il
ispetto del lassi is o o ativo ha o e i ediato isultato la oia e l illeggi ilità; Tasso pa la di uesto
problema in alcuni scritti (Dis o si dell’a te poeti a-1566; Discorsi del poema eroico-1594).
Con la Gerusalemme liberata PORTA IL GENERE EPICO AL CAPOLAVORO con una geniale orchestrazione
della ate ia, te e do o to dei a di i a istoteli i a a he del diletto p es itto dalla desti azio e
cortigiana: opta per una trama con unità più coerente (al modo di Omero: non è intesa in senso
meccanico ma come rispondenza delle singole parti al tutto, in modo da salvaguardare la varia pluralità di
temi innestati su un corpus unitario.), sceglie argomento storico (1° crociata) e bandisce la magia dai
romanzi cavallereschi (per il rispetto della veridicità dei fatti).
IMPIANTO NARRATIVO E SISTEMA DEI PERSONAGGI
L a go e to della C o iata u is e ideali e oi o-militari e religiosi, così da recuperare in chiave
controriformistica i valori feudali e cavallereschi, mentre era attuale i O ide te l a sia di f e a e
l ava zata dei Tu hi.
Il teat o dell azio e a ativa uota atto o a Ge usale e, e la di a i a dell i t e io data dalle gesta
dell ese ito o iato soste uto dagli i te ve ti divi i o t apposte alle ostili iniziative delle milizie
pagane (aiutate dagli spiriti maligni).
Nel campo cristiano domina la figura di Goffredo di Buglione, che ha la funzione di tenere uniti i suoi eroi,
dispersi, sviati e tentati dalle forze demoniache del male che li distolgono dal loro giusto obiettivo; tra questi
o pag i l i e uieto Rinaldo, uno tra i più valorosi, che viene fatto prigioniero dalla maga Armida:
liberatosi, il giovane condottiero valoroso prende parte vittoriosamente alla conquista del Santo Sepolcro;
grande isalto t a i istia i ha a he l alt o a pio e, il ellissi o Tancredi, st e uo o atte te: all opposto
del solare, spavaldo e radioso Rinaldo, Tancredi è sofferente di perenne malinconia, è in lotta con sé stesso
perché innamorato della bellissima guerriera pagana Clorinda (che uccide inconsapevolmente al termine di un
feroce duello). Anche nel campo avversario troviamo prodigi eroici, specie per iniziativa dei due campioni
Argante (ucciso da Tancredi) e Solimano: guerrieri di forza smisurata e terribile aggressività fisica ma segnati
entrambi dal presagio della tragica sconfitta. Anche tre figure femminili hanno un ruolo di primo piano, creature
di fascino straordinario e agenti incaricati di deviare gli eroi crociati: Armida (la maga, infida seduttrice e
p ofessio ista dell e os a a he do a f agile e sotto essa , Clorinda (vergine guerriera, altera e sdegnosa, di
suggestiva bellezza ma anche con inquieta interiorità) e Erminia (mite,

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dolce, s hiva e vul e a ile fa iulla o su ata d a o e i o fessato per Tancredi).


Il poema disegna INTERSEZIONI CONTINUE TRA I DUE OPPOSTI SCHIERAMENTI (es.:rinaldo-armida,
tancredi-clorinda, tancredi-erminia, tancredi-argante), sì da creare un sistema di tensioni e conflitti, un
terreno dilemmatico intessuto di cont addizio i ed a titesi dove l a o e e l idillio pasto ale isuo a o
come alternative impossibili in un mondo insanguinato dalla guerra.
CHIAROSCURI, STRAPPI, DISSONANZE
Nella variegata e polimorfa unitarietà del poema confluiscono i differenti motivi costitutivi della poetica
di Tasso e u ifo a o u o igi alissi a si tesi all i seg a del hia os u o e della disso a za, o della
pacificazione: qui le tensioni, lacerazioni e strappi si acuiscono.
L ope a esp i e u CONFLITTO NON MEDICABILE TRA DUE SISTEMI IDEOLOGICI IN ANTITESI TRA LORO:
u o o t o ifo isti o esp essio e di valo i o e u ità, e ois o, fede eligiosa e l alt o u a isti o-
rinascimentale (soggettivo e laico, che dà voce alle suggestioni eroiche, evasioni sentimentali, ansia di fuga

dagli obblighi del dovere) DA QUI L ORIGINALE BIFRONTISMO he o ota il apolavo o tassia o.
L’i o ia o edia i o t asti, il poeta s adde t a t a pieghe psi ologi he o plesse e to e tate a
a h egli oi volto e i a iato dalle i sidie di fo ze disgreganti che frantumano la realtà rinascimentale.
La tensione unitaria è la fati osa autodis ipli a di hi avve te, a zitutto de t o di sé, l’u to di passio i
contrastanti che drammaticamente si alternano tra luci ed ombre.
DIALOGHI
A più riprese Tasso, nell a o di ve t a i -95) si è dedicato ai suoi 28 dialoghi, la maggior parte
o posti ell ospedale psi hiat i o: p ose iflessive su te i lette a i, filosofi i, o ali he gua da o
al modello classico di Platone, continuando la tradizione dialogica rinascimentale.

1585: Dis o so sull’a te del dialogo illust a le ista ze d a aest a e to t attatisti o i e e ti al ge e e e
insieme ne definisce anche i costanti risvolti autobiografici
RE TORRISMONDO
Idea di una tragedia accompagna per molto tempo Tasso nella sua vita, ed elabora tra 1573-74 il
Galealto re di Norvegia, las iato i te otto all atto II poi ip eso, va iato e o pletato dopo la

liberazione dall ospedale o il titolo di Re Torrismondo: 1587, 5 atti racconta una cupa vicenda
d i esto, sullo sfo do te pestoso d u gelido e desolato paesaggio o di o, e le a della solitudi e
i te io e, p esagi fu esti e o otati lugu i di u a s a ita visio e dell esiste za
ULTIME OPERE

Il monte Oliveto 1588, produzione legata al suo girovagare e alle ossessioni del suo pietismo religioso;
poemetto lasciato incompiuto, sulla vanità delle cose terrene.

Le lagrime di Maria Vergine e Le lacrime di Gesù Cristo 1593, due poemetti devozionali in ottave

Le sette giornate del mondo creato 1592-94, poema in endecasillabi sciolti sulla spettacolare meraviglia
della creazione.

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CAP 2. DALLA NUOVA SCIENZA ALL’EPOCA RISORGIMENTALE

GALILEO E LA NUOVA SCIENZA


La uova s ie za he si affe a agli i izi del esp essio e di u a ve a e p op ia ivoluzio e culturale.
Nello studio dei fenomeni naturali si avvia un metodo di lavoro basato sul ricorso a modelli matematici e
a controlli sperimentali, che costituisce il presupposto per la scienza moderna.
È u p o esso diffi ile e to e tato pe h l ape tu a ve so il nuovo in antitesi a concezioni per secoli
ritenute vere e indiscutibili avviene in una contingenza storica nella quale le autorità politiche e religiose
si ritrovano alleate nel richiamarsi ai valori della tradizione, come principio di autorità e di ordine; si cerca
di superare la separazione tra sapere tecnico e pratica operativa
UTENSILE E STRUMENTO
Galileo Galilei sostiene la tesi che per utilizzare adeguatamente uno strumento meccanico
occorre conoscere le leggi matematiche ed i presupposti teorici che lo fanno funzionare.
Un utensile ual osa he, o e aveva già defi ito il pe sie o a ti o, p olu ga e i fo za l azio e delle
nostre membra, dei nostri organi sensibili; qualcosa che appartiene al mondo del senso comune e che
non può mai farcelo superare.
Questa è invece la funzione di uno strumento, il quale non è prolungamento dei sensi ma incarnazione
dello spirito, materializzazione del pensiero.
Ne è un esempio il cannocchiale, inventato dagli olandesi ma è Galilei che ne costruisce la teoria; egli,
spingendo sempre più lontano la precisione e la potenza dei suoi vetri, mette davanti ai suoi occhi
li e sità del ielo: gli o hialai ola desi he lo i ve ta o o o fe e o ulla di iò poi h o aveva o
idea he uell ute sile e a i ealtà un potentissimo strumento (cosa che invece aveva ben compreso
Galilei).
La lente olandese è uno strumento pratico che ci consente di vedere oltre la distanza della vista umana: è
p op io pe uesto otivo, pe vede e iò he o ade sotto i ost i sensi, per vedere ciò che nessuno ha

ai visto he Galilei ost uis e i suoi st u e ti l appli azio e p ati a di uesti appa e hi, di uesta
i e a pu a e te teo i a p odu e, pe o t a olpo, RISULTATI D IMPORTANZA DECISIVA PER LA
NASCITA DELLA TECNICA MODERNA, della precisione.
NUOVE STELLE
Nel 1609 Galilei comincia una serie di osservazioni con il suo cannocchiale che verranno pubblicate nel libro,
scritto in latino, Sidereus Nuncius (1610, Venezia), dedicato a Cosimo II de Medici.
VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE NELLA STORIA DEI RAPPORTI TRA E ARTI LIBERALI E LE ARTI MECCANICHE

fidu ia galileia a i u o st u e to ato ell a ito dei e a i i, a olto pa zial e te ell a ito
militare e del tutto ignorato dalla scienza ufficiale; impiega questo strumento con SPIRITO METODICO E
CON MENTALITÀ SCIENTIFICA .
Le osservazioni di Galilei danno un colpo decisivo alla distinzione tra corpi celesti e corpi terrestri, uno dei
pilastri fondamentali del sistema aristotelico-tolemaico.

Galilei osserva la superficie lunare e conclude che è un paesaggio terrestre la Terra ha quindi
a atte isti he he o so o u i he ell u ive so.
Osservando poi la parte non luminosa della Luna porta Galileo a concludere che lo splendore è dovuto
alla riflessione della luce p ove ie te dalla Te a, he a sua volta illu i ata dal Sole; u alt a delle sue
fo da e tali s ope te so o le lu e o satelliti di Giove, he hia e à stelle edi ee i o o e della
signoria fiorentina.
Le osservazioni astronomiche di Galilei non SEGNAVANO SOLO LA FINE DI UNA VISIONE DEL MONDO, MA
ERANO L ATTO DI NASCITA DI UN NUOVO CONCETTO DI ESPERIENZA E VERITÀ: so o la ve ifi a
spe i e tale della validità del siste a ope i a o elio e t i o, la e tezza data dagli o hi aveva
sovve tito olte ve ità e spezzato le teo ie dei filosofi.

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LA PROSA SCIENTIFICA MODERNA


Con la nuova scienza del seicento nasce anche la moderna prosa scientifica, che si distingue per
chiarezza, precisione, esattezza e perspicuità lessicale. Molto importante è il fatto che Galilei per le sue
principali opere abbia scelto non il latino ma il volgare: con questa scelta mostra la volontà di
RIVOLGERSI AD UN PUBBLICO PIÙ VASTO DI QUELLO ACCADEMICO e specialistico.
Galileo vede nella lingua italiana la nuova lingua scientifica europea: la parola scientifica non deve
chiudersi in tecnicismi indifferenti alla comunicazione né tagliare i ponti con le forme letterarie ma
contribuire a creare una letteratura basata su un linguaggio razionale e concreto.
Volgare di galileo si spoglia dei a atte i a ata e te lo ali, dispiega dosi o e u italia o edio

preciso e pacato, sicuro nel proprio argomentare LA LINGUA DIVENTA COSÌ VEICOLO ESSENZIALE
DELLA CONOSCENZA .
Galilei si impegna a definire un linguaggio rifiutando di introdurre ex-novo termini specialistici (che
venivano di solito coniati a partire da parole greche) e preferisce trasferire in ambito tecnico parole

dal linguaggio comune (solitamente riferite alle cose o alla vita quotidiana) lessico dai significati
estremamente puntuali eppure carichi del senso di una realtà concreta.

BAROCCO
Se il Medioevo t ova la sua di ezio e i Dio t as e de te, il Ri as i e to el p i ipio dell uo o li e o
e autonomo, il Barocco trova la propria u i a e tezza ella os ie za dell’i e tezza di tutte le ose ;
questa civiltà non ha più una sua fede e una sua certezza
Questo non porta necessariamente ad una condizione drammatica di inquietudine e tormento: da stupore
a sull illuso ia appa e za delle ose a u o st e uo i peg o di fissare la realtà in schemi permanenti e leggi

assolute o du ue u sig ifi ato u ivo o del Ba o o a DIVERSE VISIONI, u a ga a
infinitamente varia di sentimenti ed espressioni.
ASPETTI DEL BAROCCO

Profonda crisi antropologica produsse sconvolgimenti e squilibri motivati da una particolare si-
tuazione storica: gue a dei T e t’a i (1618- , t a le più te i ili d Eu opa, po tò a estie e o -
te), rivolta di Masaniello (1647, causata da instabilità e conflitti sociali), pesante inflazione (diffuse
ovunque un senso di insicurezza e precarietà), messa in discussione del sistema di saperi e valori
su cui si era retta per secoli la cultura europea (nuova scienza, affermazione sistema eliocentrico,
sco-perte Galilei).
I presupposti su cui riposavano le credenze secolari non erano più patrimonio comune ma
divennero un problema angoscioso suscettibile di prospettare soluzioni eterogenee
avvolte ell i e tezza.

Perdita del centro e illusioni di grandezza la nuova scienza ha abbattuto il vecchio sistema, ma
non è stata in grado di sostituirlo con nuovi paradigmi capaci di restituire certezze, facendo così
pe de e l e uili io o os itivo: si ea allo a u vuoto he e a sì di ol a e a o u
tumultuo-so sincretismo che cerca di conciliare gli opposti.
C isog o di u a soluzio e u ita ia he isulta pe ò a tifi iosa: aspi a ad esorcizzare il senso di
f ust azio e o l’oste tazio e delle fo e o u e tali, esi izio is o dife sivo delle
iperboli, in una rete di sembianze illusorie.
Il rigoroso controllo della misura tipico del rinascimento si traduce, nel periodo barocco, ad una
sfrenata libertà conseguente alla perdita dolorosa di sicuri riferimenti che fanno oscillare il
mondo tra senso e intelletto, tra immaginazione e ragione, tra naturale e sovrannaturale.

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L effi e o, l i stabile e il transitorio epoca in agitazione perché ha esigenza di stabilità, sotto
le i seg e i uiete dell effi e o, t a sito io ed i sta ile i u i p essio a te simultaneità di
mani-festazioni contrastanti, che rendono impossibili i tentativi di definizioni univoche.

La controriforma la Chiesa prende le distanze dai valori che avevano trionfato nel Rinascimen-
to, tra i responsabili del distacco dei protestanti (indignati per la cultura paganeggiante che si era
imposta pe fi o p esso i papi : ell età a o a, i evuta di p i ipi o ali e eligiosi, si vuole
reagi-re alla corruzione con severe direttive che portano in ogni campo serietà e fervore religioso
vitto- iosi sull edo is o f a o e o diale del i as i e to.
La Co t o ifo a si ese ita p i ipal e te o l attività del T i u ale dell’I uisizio e; con
l istituzio e dell Indice dei libri proibiti, in vigore dal 1559; con la promozione di
u aggue ita lette atu a o t o le dott i e p otesta ti.

Estetica della seduzione la ifo a attoli a p evedeva a he u ’attiva iela o azio e
cultura-le (Concilio di Trento, 1545-63): oltre che a reprimere le degenerazioni etiche dei tempi di
Leone X e Giulio II, mirò anche a riconquistare (con una vigorosa opera di proselitismo che si
manifestava an- he o l a te la p op ia ege o ia ultu ale ta to sulle lassi i tellettuali ua to
sulle masse popo-lari.
Dopo i p i i su essi della fase auste a , vie e i t odotta u a politi a ultu ale he i li ea o
le poetiche barocche facesse ricorso all’oste tazio e di u ’a te fio ita e aestosa per ottenere
p estigio e devozio e all auto ità della Chiesa; i te ve ti a he ell u a isti a, ell a hitettu a e
nelle arti visive.
La politica ecclesiastica del seicento operò u a esteti a della seduzio e volta al
controllo dell’opi io e pu li a, con appelli emozionali dal forte connotato retorico, con
modi che contenevano sempre determinazione a esortare e impressionare.

Controffensiva alla riforma protestante sollecitò studi storiografici sulla vita delle istituzioni
cat-toliche e dei suoi rappresentanti, approfondimenti teologici sui dogmi, il confronto con la
filosofia lassi a e la fo ulazio e di u esteti a più o so a alle più auste e di ettive t e ti e.
Si concretizzò un p og a a d’ist uzio e popola e attuato o l’istituzio e dei Se i a i,
deputati alla formazione spirituale e culturale del clero, affiancati dalla pratica diffusa del
catechismo e del controllo delle coscienze attraverso il sacramento della confessione.
La diffusione dei valori del cattolicesimo avveniva attraverso forme più immediate, come la
produzione di pittura sacra, recita di panegirici (il cui contenuto patetico mobilitava al
consenso), stesura di Vite dei santi (innalzate a storie esemplari da imitare), ricorso ad emblemi
(capaci di imprimere con semplicità i concetti di cui si facevano veicolo).

GIOVAN BATTISTA MARINO


VITA
Napoli 1569 – ivi 1625
Figlio di un giureconsulto che cerca invano di indirizzarlo agli studi in legge
Figura di letterato-avventuriero incline a servire i potenti come cortigiano ben remunerato ma allo
stesso te po i soffe e te all auto ità e p o to a he alla viole za.
Si fa ota e ell a isto azia apoleta a pe la sf o tata i t ap e de za e pe la viva ità dell i geg o
artistico, ma anche per atteggiamenti di prepotente spregiudicatezza, che lo portano per due volte
in carcere (1598-1600).
1600: fugge da Napoli e va a Roma, dove si mette al servizio di alti prelati e dal 1603 lavora per il
Cardinale Pietro Aldobrandini (nipote di Clemente III).
: viaggio a Ve ezia pe u a e l us ita delle Rime.

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1608-15: risiede a Torino alla corte del duca Carlo Emanuele I di Savoia, dal quale riceve nel 1609 la nomina
a avalie e dei sa ti Mau izio e Lazza o o di e avalle es o sa audo : l o o e att i uitogli dal du a
provoca la gelosa e feroce rivalità del genovese Gaspare Murtola (1570-1624), poeta di corte e segretario
del duca e che, non soddisfatto del duello letterario, spara a Marino il 1° febbraio 1609 (ma i colpi vanno
a segno solo di striscio).
1614: pubblica le Dicerie Sacre, una specie di prontuario per prediche profane, e La Lira, u a pia
summa della produzione lirica.
1615: lascia Torino in favore di Parigi, chiamato da Maria de Medici; qui stampa gli Epitalami (poesie per
le nozze, 1616), La Galera testi poeti i he illust a o oggetti e ope e d a te, e La Samprogna
(componimenti mitologici e pastorali, 1620).

1623: sempre a Parigi, appare il suo capolavoro, Adone ampio poema di venti canti in ottave, dedicato a
Luigi XIII.
Te i ata la pu li azio e dell opus ag u , ip e de la via di asa e dopo evi pe a e ze a To i o
e Roma torna nella sua Napoli, festeggiato, ossequiato e riverito dalla nobiltà e dagli intellettuali locali.
1625: muo e, all età di a i, il a zo.
SERVO MA BEN PAGATO
Dopo le intemperanze della giovinezza, Marino esercita a Parigi la professione del cortigiano
ma lautamente pagato: conta il profitto, non la dedizione.
Atteggiamento è storicamente sintomatico: usa la letteratura senza mascherarla con ideali, in
totale disi peg o, o u agg essiva volo tà di godi e to e su esso i dividuale; u o spi ito
ribelle e indisciplinato che si intreccia in lui con una totale disponibilità ad esaltare i potenti.
Egli porta all est e o la figu a del lette ato o tigia o, tutto teso alla i e a di va taggi pe so ali e
di gloria esteriore.
IL RE DEL SECOLO, TRA EROS ED ALLEGRIA
Il re del secolo fu cavalier Marino, onorato, festeggiato, pensionato. Il problema per lui non era il che,
mail come: le prime poesie del Marino furono sfacciatamente lubriche, come la prima giovinezza; e
quando venne a età più matura, cercò non la correzione, ma la decenza esteriore, decorando i suoi
furori erotici con ammanto allegorico.
Nell Ado e l a o e a i a del o do, i veste tutta la atu a, il ielo e la te a.
Nel paradiso teologico di Dante il corpo si solve nello spirito, ma in questo paradiso mitologico lo
spi ito ha la sua pe fezio e e la sua vita ell a o se suale: total e te dive so da uello dall a o e
come elevatezza conoscitiva e tensione etica (come in Petrarca e Dante fino a Tasso), ma è incontro di
due epide idi
POETICA DELLA MERAVIGLIA
Già nelle prime liriche, Marino mostra di allontanarsi dalla linea del petrarchismo cinquecentesco
per orientarsi invece alla lezione di Tasso, più morbido, languido e sensuale.
Il to o esp essivo te de alla p eziosità, all a tifi io, alla sottigliezza; g a de pad o a za et i a e
eto i a si asso ia al o ettis o p o edi e to a onico della scrittura barocca, considera la lingua
come animatrice di oggetti): crea imprevisti rapporti tra cose o immagini diverse, contrapposte, così da
creare connessioni inusitate che portano a sorpresa e meraviglia.
La metafora assume un ruolo primario: è strumento privilegiato di una scrittura fiorita e piccante, di
un estro creativo versatile ed ingegnoso che mescola sacro e profano attingendo a materiali e temi
rari e preziosi.

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OPERE
ADONE
Edito nel 1623, poema di venti canti in ottave. Narra dell a o e di Ve e e pe il giova e e ellissi o
Adone: su questa favola si innesta una lussureggiante molteplicità di episodi collaterali, tra ostacoli,
incontri ed avventure fino a che Marte, geloso, provoca la morte del giovane; Venere allestisce per lui
ese uie fastose e e t asfo a il uo e i u fio e, l a e o e.
L ope a, sull esile i t e io favolisti o, sviluppa u i pia to e i lopedi o e lassifi ato io: dal sapo e
f a ese sotto olti aspetti, l i e sa a hi a testuale si ost a u a ost uzio e calcolata fin nei
suoi artifici di montaggio; una miriade di dettagli preziosi e figurazioni icastiche che celano ai meno
a o ti essaggi st uttu ali dell ite azio e e eta o fosi.
ELOGIO ALLA ROSA
Ado e, addo e tato, o te plato da Ve e e, he ell avvicinarsi si punge il piede con una spina:
la dea sveglia allo a l a ato e lo i vita a edi a la, e a he lui si i a o a.
I versi sono intonati dalla voca di Venere e nella rosa è da vedere la controfigura di Adone.
Forte illusionismo prospettico: accumulo in serie, duplicazione e sdoppiamento di oggetti rappresentati;
tessitura espressiva accuratissima: assonanze e giochi di parole interni al verso, rime equivoche
(parole di suono uguale ma significato diverso), metafore continue e acutezza finale (nel paragone e
scambio d ruoli); ambientazione bucolica di sapore naturalistico-pagano.
Il tutto per far scattare la meraviglia del lettore di fronte al sapientissimo maneggio degli artifici retorici.
CRITICA
MARINO PARTENOPEO
LA NAPOLETANITÀ DI MARINO È COMPONENTE ESSENZIALE DELLA SUA CULTURA E DELLA SUA OPERA,
dove a he la a i he dell e os e idio alizzata fi o all est e o assoluzio e pe il delitto d o o e .
Ne u ese pio il fatto he NELL ADONE SOPRAVVIVANO CERTI MOTIVI PARTENOPEI, o ostante la
lu ga lo ta a za dell auto e: agì su it o, to o, e o te uti poeti i, a he i più deli ati.
Con queste punte di meridionalizzazione, gli elementi padani e francesi venivano così neutralizzati:
ne usciva una sola vena sinuosa e melodica.

ARCADIA
PRIMA ACCADEMIA ITALIANA A CARATTERE NAZIONALE
L A adia as e a Ro a el , ed u i iziativa di fo te sig ifi ato sto i o: la p i a a ade ia italia a a
carattere nazionale e segna, con forte tensione unitaria, il gusto letterario per oltre mezzo secolo.
Gli a adi aveva o la volo tà di oppo si al attivo gusto e all a pollosità del Ba o o, se tiva o il
isog o di it ova e u li guaggio se pli e e spo ta eo he ispo desse i poesia all esige za di
chiarezza e naturalezza diffusasi in tutta Europa attraverso i principi del razionalismo cartesiano.
DUE TENDENZE: CLASSICISMO INTEGRALE E PETRARCHISMO
IDILLICO Fi dal p i ipio, ell A adia t ovia o due a i e:
1. Rapp ese tata da Gia Vi e zo G avì a, il legislato e dell a adia, he p opo eva un classicismo
integrale e una poetica mitico-didascalica, che doveva scegliere i modelli tra i greci antichi e Dante;
2. Rapp ese tata da Giova i Ma io C es i e i, p i o ustode dell a adia, he i sisteva i ve e
sull oppo tu ità di i ollega si al petrarchismo cinquecentesco per elaborare una poetica idillica
e t ata sull ideale o ettezza-leggiadria, sul canto melodrammatico, sul moderato realismo ele-
ga te e sull evide za hia a e agio evole.
Il contrasto tra le due tendenze portò allo scisma nel 1711 e alla fondazione di una seconda Arcadia
(1714), trasformata poi in Accademia dei Quirini, nella quale si raccolse il gruppo graviniano.
Prevalse quindi il programma di Crescimbeni, più superficiale e limitato ma meglio rispondente alle

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moderate aspirazioni di rinnovamento della cultura media del tempo; l A adia dive ta u o st u e to di
deg adazio e del azio alis o e isultava osì più g adita a he alle ge a hie e lesiasti he, pe h
aveva una poetica rigorosamente chiusa alle proposte filosofiche laicistiche che erano andate fermentando
in vari centri della penisola e che le autorità religiose intendevano imbrigliare e neutralizzare.
T io fa o o du ue il pet a his o allegge ito e illegiad ito se o do i a o i o e ti , il
so ettis o anacreontico e patetico, la religiosità dolciastra pastoral-gesuitica: tutte queste tendenze
sono rappresentate nei 13 tomi delle Rime degli Arcadi (1716-80).
Nella se o da età del se olo la te ue ve a poeti a dell A adia si esau ì, idotta o ai a e a
convenzione letteraria; tentò di assorbire le nuove e più robuste poetiche che dalla comune
matrice illuministica andavano evolvendosi in direzione neoclassica o preromantica.
Col o a ti is o l aggettivo a adi o dive e si o i o di supe fi iale, ast atto, lezioso; solta to el
la iti a ha i o os iuto all A adia u a li itata a o t as u a ile fu zio e sto i a e sottoli ea do e
l i flusso ese itato a o ell su poeti o e Leopa di e Fos olo.
L a ade ia tutto a i vita e ha p eso il sottotitolo, nel 1925, di Accademia letteraria
italiana. PROPROSTA FEDERALISTA
L A adia i te de ifo a e la lette atu a italia a o solta to el gusto e elle fo e esp essive a
a he ell o ga izzazio e p ati a e ell i uad a e to te ito iale, att averso una struttura di tipo
fede alista: all a ade ia e t ale di Ro a doveva o fa apo tutte le olo ie a ade ie u i ipali
sparse per il territorio nazionale, capaci di mobilitare e dirigere in modo conforme le energie locali.
È sintomatico il fatto he el p i o sette e to, l A adia p o uova u a tista o e Metastasio o
l i te zio e appu to di ifo a e dalle fo da e ta, gusti e s opi e tutta la lette atu a italia a .
Il successo immediato di queste proposte dimostra che si era ormai chiarita l i possi ilità di u
ulteriore sviluppo della letteratura nazionale nei suoi termini propri, linguistici e letterari, al di sopra e a
dispetto della frammentaria struttura politica della nazione.

PIETRO METASTASIO (TRAPASSI)


VITA
Roma 1698 – Vienna 1782
Figlio di un droghiere, si fa notare ancora ragazzo per un brillante talento di poeta improvvisatore, tanto
che Gian Vincenzo Gravìna lo prende sotto la propria ala protettiva, lo fa studiare e ne cambia il cognome
in Metastasio.
Dopo un soggiorno con il suo mentore a Napoli e Scalea (Cosenza) dove riceve una severa
educazione classicistica e razionalistica, ritorna a Roma nel 1714 e riceve gli ordini minori di abate.
1717: pubblica la raccolta Poesie
: uo e G avì a, Metastasio a esso ell A adia ma con il nome di Artino Corasio.
Si trasferisce nel fervido ambiente della Napoli austriaca dove nel 1721 ottiene grande successo con
la cantata Gli orti esperidi.
1724: vera affermazione con il melodramma Didone abbandonata, di immediata popolarità; inaugura
una vastissima produzione di teatro musicale che conquista nel tempo una solida e duratura risonanza.
1726: melodramma Siroe, in scena a Venezia
1727: torna a Roma, e produce i melodrammi Catone in Utica, Ezio (1728) e Alessandro nelle Indie (1729).
: i eve i vito a e a si alla o te i pe iale di Ca lo VI d As u go, o l i a i o di poeta esa eo =
poeta uffi iale di o te, i a i ato di o po e poesie e o iasti he e d o asio e e testi pe la s e a e
si stabilisce a Vienna, dove svolge il suo incarico con assoluta devozione.
Alla o te di Ca lo VI, Metastasio esta fedele all i pe at i e Ma ia Te esa el suo lu go eg o
o e i tellettuale di fa a e d i dis usso p estigio eu opeo.

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1782: muore, a Vienna, all età di a i.


CARRIERA
Il periodo aureo della sua produzione drammaturgica, che conta 11 melodrammi su un totale di 26, si
riconosce nel primo decennio viennese (1730-40), poi la scrittura melodrammatica si viene diradando.
Di grande rilievo è anche la produzione lirica (so etti, a zo ette, idilli, odi,… , a olta i età
giovanile nelle Poesie e successivamente ampliata con nuovi componimenti fino a raccoglierne 80.
Col passare del tempo, Metastasio avverte i mutamenti corruschi della cultura
contemporanea, illuministica e preromantica, che lui tende a rifiutare.
Pa ti ola e atte zio e e ita la sua ete va ia e ovi e tata di elazio i d a i izia e o suetudi i
culturali: emerge nel ricchissimo Epistolario, ottimo affresco della società intellettuale contemporanea
e acuto autoritratto di un uomo di successo e di carattere socievole ma anche di una persona
angustiata da perplessità e intima scontentezza.
RIFORMA DEL MELORAMMA
Già altri (tipo Apostolo Zeno) si erano adoperati per la messa a punto di un impianto melodrammatico,
se o do il de o o del lassi is o a adi o, affi a do i t e i della vi e da e astiga do l esu e a za degli
artifici barocchi così da attenersi a criteri di verosimiglianza e castigatezza.
La ifo a etastasia a p osegue sulla edesi a via, o più duttilità e minore ingessatura:
Metastasio assegna alla parola poetica assoluta preminenza dispetto alle altre componenti (musicali
e scenografiche).
Il libretto metastasiano è orchestrato in modo da avere già in sé quegli attributi essenziali da cui poi
si sviluppano le dinamiche canore, musicali, scenotecniche: è al linguaggio poetico che spetta questo
compito, di far cioè scaturire tutte le potenzialità del movimento teatrale.
Gli i t e i dell azio e si p ese ta o di o a o flitti appassio ati tra vizi e virtù, tra valori sociali e
sentimenti privati, tra gesta eroiche e atteggiamenti patetici: allo spettatore si richiede una forte
pa te ipazio e di tipo e otivo: l os illazio e t a se ti e ti opposti tipi o att i uto dell e oe
metastasiano, che si t ova spesso oi volto i u eti olo di passio i o t asta ti e he f e a o l agi e.
Il testo è organizzato sapientemente, con virtuosistica accortezza di dosaggi tra recitativi e arie (che
segnano i momenti di massima tensione emotiva e musicale): le arie metastasiane rallentano
l i t e io e da o vo e alle i uiete espe ie ze dei p otago isti ; ha o a pia diffusio e a he o e
testi lirici autonomi.
NITIDEZZA E INTENSITA EMOTIVA
Lo stile del poeta raggiunge la sua nitidezza, con attento equilibrio tra struttura drammatica e
agile, elegante semplicità di dedizione.
Il lessico della tradizione lirica è scorporato ed essenzializzato, assume nitore e levigatezza,
con parallelismi e simmetrie interne.
Siamo ai RISULTATI PIÙ SIGNIFICATIVI DELLA POESIA ARCADICA, ma allo stesso tempo quella raffinatezza
to ifi ata da u i edita i te sità e otiva: l a o do t a se pli ità e i ediatezza affettiva dà fo a
a u effi a e odifi azio e dei se ti e ti, alla lo o o u i azio e so iale.
La poesia così i addentra nei meandri segreti del cuore, analizza la genesi fisiologica dei sentimenti
nel loro aspetto più genuino ma anche in quello vario e contraddittorio combinarsi
FAMA EUROPEA
La fortuna di Metastasio è stata immensa e la sua opera ha segnato una fase fondamentale nella
sto ia del elod a a e ell affe azio e i te azio ale della ost a ultu a lette a ia.
A he Gia o o Leopa di dà giudizio lusi ghie o delle poesie del Metastasio, i ui vede l ulti o
grande poeta italiano.

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OPERE
POESIE
La raccolta completa dei testi lirici metastasiani, dopo la prima edizione giovanile del 1717, comprende
80 componimenti.
Forti connotati galanti e mondani, mette in scena una società raffinata, educata, colta, raffigurata con
melodica fluidità (prima che Parini la faccia mezzo per esprimere sdegno civile e con aspri accenti morali).
Spetta sop attutto alle a zo ette, affia ate da ta te a ie di elod a i, l i a i o di e de o to di
una civiltà che , con grazia e con umana saggezza, ha conquistato un equilibrato e difficile controllo delle
passioni.
Nella didascalia del sonetto Sogni, e favole, io fingo, Metastasio spiega la sua poetica: vede la propria
opera e la propria esistenza in un unico universo fittizio dove non si danno confini certi ma forme
autenti he e fo e illuso ie; la sua ideologia delle passio i si ost uis e su uesto otivo, già
ampiamente diffuso nella cultura seicentesca.
Il tema ricorrente nella civiltà barocca (il mondo è teatro e la vita è sogno) ritorna qui con accenti
originali, prendendo spunto dalle proprie invenzioni artistiche.
Si susseguo o u a se ie di i te ogative, poi il to o si fa asse tivo, poi il to o fi ale o l est e a
preghiera: il momento della morte coincide con il risveglio dalla menzogna, si invoca Dio perché conceda,
con il risveglio, il meritato riposo nella Verità.

ILLUMINISMO
Nella se o da età del sette e to di affe a i Italia l Illu i is o: il uovo li a ultu ale eu opeo
diffo de l idea fo da e tale del os opolitis o, il ifiuto dell auto ità, il principio del materialismo e
della conoscenza razionale, fiducia nel progresso scientifico, nelle riforme delle istituzione politiche,
amministrative, sociali.
DALLA RAGION DI STATO ALLA PUBBLICA FELICITA
La politi a dell età Ba o a aveva o ti uato ed estremizzato la riflessione sul principe, sul sovrano e
sulla corte come centro della politica (ben espresso dalla Ragion di stato di Botero).
La o ezio e illu i isti a i ve e si o e t a su u o sposta e to d i te esse ve so la feli ità della
nazione, olt e l assolutis o Della pubblica felicità, L. Muratori): notevole evoluzione della
concezione politica in Europa.
Ri ova e to sosta ziale a he dei ge e i lette a i: si diffo do o le s ittu e dell io e le auto iog afie;
si pongono le premesse per la iti a ilita te o la lette atu a pe iodi a .
Classe borghese si consolida come ceto medio, in un nuovo assetto sociale: tutte queste novità
ispo do o alle esige ze di u eti a uova, o più dei dove i a dei di itti.
Prima il letterato metteva la sua opera a disposizione del potere assoluto del principe ed entro
l a ie te o tese, o a si giu ge a p ofessio alizzazio e dei uovi pe sato i politi i, e a o la lo o
sopravvivenza economica lontano dalla corte: in Italia questo passaggio subirà notevoli ritardi per la
mancanza di una classe media di colti.
E o sa à e e o u p o esso se za vitti e, poi h el paese i ui l I uisizio e e a più attiva,
era difficile prendere posizioni contro la Chiesa.
DALLA DISSIMULAZIONE ALLA DISCUSSIONE PUBBLICA
Se la dissi ulazio e e a l atteggia e to o u i ativo della so ietà di o te, la o ghesia illu i isti a
assume un atteggiamento contrario, mettendo in pubblico le proprie emozioni ed idee: la discussione
attraverso i giornali e i libri conduce alla creazio e di u opi io e pu li a he può i flui e sui
cambiamenti politici negli stati.

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LA LETTERATURA DEI LUMI


Questo periodo è uno dei rari momenti in della letteratura italiana in cui la prosa diventa mezzo espressivo
più innovativo; i veri poeti sono ben pochi (Parini), e le nuove idee trovano altri generi per esprimersi e
altre vie per diffondersi (es: carlo goldoni con la commedia).
I gio ali diffo do o le fo e del saggio, a ti olo, lette a; si este de l uso di fo e lette a ie o e
la relazione scie tifi a o di viaggio, l auto iog afia.
Il genere che sembra aver maggiore bisogno di riforma è la commedia: agli intellettuali davano fastidio la
ipetitività delle s e e, la fissità delle as he e, l i o g ue za degli i t e i; alla Chiesa dava o fastidio le
battute considerate oscene, la libertà della vita degli attori; mentre gli attori sentivano la necessità di
uscire dalla specializzazione delle maschere per interpretare un personaggio realistico. Occorreva quindi
una ristrutturazione interna alle compagnie e nel cuore del sistema teatrale, diventato parte integrale
dell e o o ie delle ittà.
LA SVOLTA DEGLI ANNI OTTANTA
Le idee di fo do he aveva o soste uto il ovi e to illu i ista, egli a i del °se olo ve go o
messi in discussione.
In Italia si a ifesta u ito o al pu is o li guisti o, aiutato da eve ti sto i i dell età ivoluzio a ia e
napoleonica; iniziano a manifestarsi segnali di abbandono del razionalismo a favore di altre vie (es.

Vittorio Alfieri: coesistenza di idee illuministe e di te sio i o t o l Illu i is o insoddisfazione per del
presente che sfocia in una prospettiva nazionalistica unita ad un richiamo al passato classico e
i pia to pe i s itto i a ti hi .
PECULIARITA DELL ILLUMINISMO
La caratteristica peculia e dell Illu i is o L ATTEGGIAMENTO CONCRETAMENTE RIFORMATORE: gli
illuministi italiani riprendono i principi generali e grandi orientamenti filosofici e ideologici elaborati
dall illu i is o i glese e f a ese se za e t a e, salvo e ezio i, i pa ti olari discussioni teoriche.
Tendenza ad ATTUARE LE PUNTE PIÙ DECISAMENTE ANTIRELIGIOSE E MATERIALISTICHE, condizione
necessaria per far entrare nuove idee nella tradizione italiana e limitare i contrasti con autorità religiose.
Più che nuove elaborazioni dott i ali e teo i he, l illu i is o italia o del tipo appli ato : gli
illuministi italiani sono dei riformatori più che dei filosofi politici.
La geog afia dell illu i is o italia o olto ete oge ea e ispe hia le ealtà te ito iali dive se, fatto he
costituisce la ragione fondamentale dei risultati diseguali: dallo spirito pragmatico e illuminismo applicato
di Lo a dia e Tos a a, ala adi ale opposizio e all a ie egi e he a atte izza l illu i is o
piemontese e napoletano.

CARLO GOLDONI
VITA
Venezia 1707 – Parigi 1793
Figlio di u edi o i e uieto e gi ovago, o f e ue ti isi dep essive, t as ette al figlio l a sia
del vagabondaggio.
Al seguito del padre, studia a Perugia, poi a Rimini, Pavia e alla fine si laurea in legge a Padova, nel
1731, stesso anno in cui muore il padre.
Ese ita pe u pe iodo la p ofessio e d avvo ato, o ti ua do pe ò a oltiva e la passio e del
teatro (ancora incerto tra tragedia e commedia)
1734-43: apprendistato a Venezia con Giuseppe Imer, capocomico del Teatro San Samuele: compone
tragedie, tragicommedie in versi, intermezzi comici, melodrammi seri e giocosi e commedie.
: las ia defi itiva e te l avvo atu a e lavo a o Gi ola o Made a h al Teat o Sa t A gelo, fi a il
contratto che lo qualifica come poe a della o pag ia o l i peg o di s ive e otto o edie all a o

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per quattro anni. È il periodo del fervore della ifo a teat ale -53).
Lavora a ritmo frenetico, e non gli vengono risparmiate critiche e conflitti: nel 1754 cessa il rapporto con
Madebach e inizia la prima stagione al teatro San Luca (1753-56, di proprietà del nobile Antonio Vedramin).
Dopo una parentesi romana (1758-59), ritorna a Venezia coincide con la seconda stagione al teatro San
Luca (1759-61).
: i eve l i vito della Comèdie italienne a Parigi, dove pubblica i Memoriès e lavora fino alla morte
(1793).
OPERA IMPONENTE
Produzione vasta e anche i generi drammatici variano molto: il genere principe è la commedia,
ma attorno a questa troviamo tragicommedie, melodrammi giocosi, drammi per musica, azioni
sacre, prologhi; un insieme quindi molto vario, non lineare e che percorre tracciati diversi, anche
contraddittori.
Cambiano le situazioni messe in scena e i rapporti tra i personaggi; mutano gli usi sociali del linguaggio,
tra forme letterarie, lingua regionale e dialetto assunto come naturalissimo mezzo di comunicazione:
linguaggio diverso a seconda delle diverse classi sociali dei parlanti (ma comunque fuori dai binari
a o i i dell esp essio is o .
Produzione impone te olt e o edie e i sie e esposta all i sta ilità di u ge e e legato alla
disponibilità stagionale dei teatri, delle compagnie, degli attori.
Anche i testi sono mobili: dai copioni originali (per gli attori) alle stesure date a stampa (per il pubblico)
e destinate alla circolazione, Goldoni introduce varianti e modifiche, anche tra edizione ed edizione.
LA RIFORMA GOLDONIANA
Co siste ella i e a d u a d a atu gia apa e di t asfo a e la Co edia dell A te i COMMEDIA
DI CARATTERE, cioè di adotta e testi s itti he sostituis o o l i p ovvisazio e spesso app ossi ativa ,
gli s e a i, le as he e atto iali legate alle o ve zio ale e s he ati a tipologia dei uoli p efissati
se o do la p assi della o edia dell a te.
Il passaggio è graduale, occorre sviluppare gli aspetti del carattere individuale del personaggio,
odifi a e e app ofo di e i t atti disti tivi della as he a e fissa li i pa ole, o po e e
organizzare in questo modo la sintassi organica del testo.
Un dato importante è costituito dal RICHIAMO ALLA NATURA, ovvero dal rapporto con la dinamica
della ealtà uotidia a osse vata ei suoi aspetti più di etti e più o eti: il o do o e espe ie za
della ealtà o te po a ea si u is e al teat o .
Il fondamento della commedia italia a e a l i t e io: la uo a o edia, o e la o epiva Goldo i,
doveva invece avere come fondamento il carattere; per commedia di carattere intendeva una commedia
apa e di ti a e l effetto o dalla oltepli ità di avve i e ti st ao di a i dove è protagonista
l a ide te o il aso, gli uo i i so o o pa se a dallo svolgi e to di u a atte e elle
situazioni anche più ordinarie della vita.
LA STAGIONE AL TEATRO SANT ANGELO E LA POLEMICA CON PIETRO CHIARI
1749-53; con la compagnia di Girolamo Madebach. Qui mette a punto i cardini della sua riforma. I
primi successi suscitano risentimenti e reazioni ostili, specie da parte di Pietro Chiari: anche lui
i te deva volta e le spalle alla o edia dell a te a atte alt e st ade e e a di atturare la facile
u iosità del pu li o o soluzio i spetta ola i e o a zie i, vistosi a tifi i d effetto s e i o
se e tes o teat o o p evale te s opo ludi o e d evasio e .
Nel atta a Goldo i e lo a usa d ig o a e le uo e egole lette a ie del mestiere e di indulgere
a gusti non raffinati; anche il pubblico veneziano si divide in due schieramenti.
In questi anni, Goldoni si impegna a comporre 16 nuove commedie (una alla settimana) per la stagione
1750-51; mantiene la promessa e anzi ne compone 17, con testi orientati a sperimentare lo studio del
a atte e e delle sue elazio i o l a ie te: po ta i s e a Il teat o o i o, dove sul pal o si vede u a

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compagnia di attori alle prese con la prova di uno spettacolo, mentre discutono sui criteri organizzativi,
ovvero il passaggio da commedia a soggetto o edia dell a te, o as he e e i p ovvisazio e a
o edia p e editata , ovve o ifo ata.
LE DUE STAGIONI AL TEATRO SAN LUCA E LA POLEMICA CON CARLO GOZZI
Nel 1753 Goldoni lascia Madebach e passa, senza impresario, al Teatro San Luca, per il quale scrive circa
70 testi. La mancanza di un impresario lo pone in contatto diretto con gli attori di una compagnia
spe ializzata ei uoli della o edia dell a te, sala più ido ea all azio e ovi e tata e spettacolare
che alla rappresentazione di carattere: ecco perché Goldoni si misura nella prima stagione (1753-56)
con generi non molto congeniali che ottengono risultati modesti (commedie letterarie, drammi per
usi a, o edie o a zes he, … .
Appartiene a questo periodo però il capolavoro, di taglio corale inedito, Il campiello (1756, in
dialetto, titolo è nome del microcosmo ambientale che qui acquista rilievo di protagonista)
Dopo il soggiorno a Roma (1758-59), comincia la seconda stagione al Teatro San Luca: produce vari
capolavori in cui fonde magistralmente gioco scenico e studio di carattere, con straordinari affreschi di

vita sociale (es.: i rusteghi, la trilogia della villeggiatura) oe e za ell app ofo dito diseg o
psicologico dei perso aggi, pittu a effi a e dell a ie te, i te azio i o igi ali pe so aggi-ambiente,
tessuto dialogico che dà fisica tangibilità alla quotidiana dimensione del vivere: la realtà sociale di
Ve ezia e dell Italia o te po a ea a uista o i Goldo i u a dete minatezza finora
inimmaginabile nella tradizione della nostra letteratura teatrale.
Placato il contrasto con Pietro Chiari, in inasprisce la rivalità con Carlo Gozzi (tra i fondatori nel 1747
dell A ade ia dei G a elles hi, o afo te a Ve ezia del lassicismo linguistico e del conservatorismo
ideologico): accusa Goldoni di degradazione realistica del teatro e di aver introdotto rovinose idee
illuministiche (polemiche antinobiliari, personaggi popolari in luce positiva); polemica supportata dal
fatto che Gozzi ottiene un clamoroso successo al Teatro San Samuele (mentre Goldoni ottiene solo
dis eti isultati a Sa Lu a o fia e teat ali d i pia to p e-goldoniano, che s avvalgono di maschere
e parti improvvisate, effetti meravigliosi, invenzioni scenografiche al servizio di un facile schematismo
di valori morali (es.: buoni contro cattivi).
PARIGI
Nel si t asfe is e a Pa igi poi h Ve ezia si adagia sulla p op ia isi, di a zi agli eve ti del disagio
sociale, i governanti e gli intellettuali sembra o osti ata e te i hiude si i u upo o se vato is o
e uest at osfe a dep i e te o i iava a pe vade e tutte le a ifestazio i della so ietà, a he
quella teatrale.
Il successo di Gozzi fu per Goldoni la spia che di una incipiente regressione culturale: accetta quindi
l i vito a s ive e pe la Co die italie e pe u ie io, diet o ge e oso o pe so; la Co die
italienne era una delle tre compagnie teatrali sovvenzionate dalla Corte, e quindi i lavoratori
pe epiva o u o stipe dio fisso se za l obbligo di consegnare un determinato numero di commedie a
scadenza obbligata.
A Parigi però va incontro a forti delusioni, per la crisi del Theatrè de la Comèdie italienne, scarsa
professionalità degli attori e gli si domandano scenari come nella vecchia commedia (che lui si era
tanto sforzato di superare).
LINGUA E DIALETTO
Opta per uno strumento linguistico ora veneziano e ora italiano, con grande attenzione allo stato sociale dei
parlanti: il servo usa forme espressive diverse dal nobile, come anche il veneziano antiquato dei padri
è diverso dal veneziano espressivo e mobile dei figli.
Ha se p e e ato di evita e he l adesio e al o do ve ezia o o po tasse u a hiusu a egio alisti a:
pe o pete e valida e te o la o edia dell a te, doveva fa e in modo di rivolgersi ad un pubblico

nazionale, ma anche, per essere nuovo, prender spunto da una precisa realtà sociale

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DUE ESIGENZE DIFFICILI DA CONCILIARE, mancando ancora una lingua parlata comune per tutta Italia.
Eppure Goldoni, come mostrano La locandiera , Gli Innamorati e la trilogia della villeggiatura, è riuscito
a ela o a e u a li gua dell uso ivile, ape ta o isu a a f a esis i lessi ali e si tatti i, i vista della
massima efficacia comunicativa.
DURATURA VITALITA
La fortuna scenica di Goldoni non conosce declino, poiché ha sempre da offrire materia di ottima
ualità alle più diffe e ti esige ze d i te p etazio e.:
ell otto e to salutato o u a i e o se so aest o del teat o azio ale ;
in clima positivista, se ne apprezza la do u e ta ia e o etissi a ve ezia ità ;
o l esteti a o ia a, si po e atte zio e sulla sapie za del it atto psi ologi o del pe so aggio
e sull i ipeti ile i a to li i o delle s e e;
la poetica del Neorealismo apprezza la democrazia sociale di u ope a ape ta a u a uova
ealtà sto i a e i tessuta di lega i o la ultu a dell illu i is o;
in anni più recenti, gli specialisti dello spettacolo orientano i loro interessi ai meccanismi scenotec-
nici, ai ruoli e ai condizionamenti degli attori, alle strutture degli edifici teatrali.
Strumentazioni interpretative di tipo formale indagano la duttilità del linguaggio goldoniano: un
mezzo espressivo eccezionale e mobilissimo, tra lingua, impasto di modi colloquiali e dialetto.

OPERE
LA LOCANDIERA
Rapp ese tata pe la p i a volta al teat o Sa t A gelo di Ve ezia el , dalla o pag ia di
Girolamo Madebach.
Suddivisa in 3 atti, è ambientata a Firenze, per fare riferimento ad una geografia non municipale
come invece era Venezia, per proiettare la sto ia i u otti a azio ale e o egio ale.
Mette i s e a l i te o di u a lo a da, gestita da Mi a doli a e dal a e ie e Fa izio, se io e la o ioso,
al quale la protagonista è stata destinata in sposa dal padre.
Giu go o alla lo a da il Co te d Albafiorita (ricco conte di recente nobiltà), il Marchese di
Forlimpopoli (marchese spiantato) e il Cavaliere di Ripafratta (misogino, scontroso e irriducibile).
I due nobili corteggiano invano la donna, che non si cura di loro, mentre il cavaliere, che ostenta disprezzo
pe il ge e e fe i ile, a e de l o goglio fe ito della do a: Mi a doli a s o ette o s stessa di
farlo innamorare.
Così passa all atta o, e o saga ia e sop affi a dest ezza, si ost a i izial e te solidale o il Cavalie e,
con le sue idee, gli a ifesta s hietta si patia a he o ual he ossa di seduzio e e l uo o si
i a o a. L azio e dive ta o a più o itata e i alza te: Mi a doli a, soddisfatta del suo gio o,
sbeffeggiando tutti i suoi corteggiatori, dichiara di voler sposare Fabrizio, mettendo così al sicuro il proprio
i te esse e la p op ia eputazio e. Dal uolo igido e s he ati o della se vetta, Goldo i ius ito a t a e
u a atte e o ile, sfa ettato, viva e, o plesso: Mi a doli a u a tista della fi zio e, e la sua recita è
un manuale di seduzione.

GIUSEPPE PARINI
VITA
Bosisio, Como 1729 – Milano 1799
Co Pa i i la t adizio e a adi a s i esta e e gi a e te ella ultu a illu i isti a e la ost a iviltà
lette a ia s i o ustis e o u a fo te os ie za orale, con un saldo senso di responsabilità della parola.
Fa iglia di odesti o e ia ti della B ia za, el i eve l e edità di u a p ozia he il pad e de ide
di destinare agli studi di Giuseppe: gli viene garantita una rendita annua, a condizione che diventi
sacerdote. Trasferitosi a Milano, frequenta le scuole dei bernabiti.

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1752: pubblica la raccolta di versi Alcune poesie di Ripano Eupilino


: a olto g azie al su esso delle sue poesie ell A ade ia dei T asfo ati, fo data dal
conte Giuseppe Imbonati (padre di Carlo, celebrato sia da Parini che da Manzoni)
1754: è ordinato sacerdote; entra come precettore in casa del conte Gabrio Serbelloni, dove viene
i o tatto o il sofisti ato a ie te dell a isto azia u a a.
1762-68: al servizio del conte Imbonati come precettore del figlio Carlo.
1768: nominato poeta del Teatro Regio Ducale, questa attività lascia il segno nella composizione della
sua opera, Il Giorno; ello stesso a o i eve l i a i o di di etto e del gio ale setti a ale La Gazzetta
di Mila o
: i op e la atted a di elle lette e alle S uole Palati e, dive ute poi Gi asio di B e a: ui ha
olleghi o e Cesa e Be a ia e Paolo F isi. All i seg a e to si dedi a olto, e el vie e p o osso
a sovrintendente delle scuole pubbliche, con una retribuzione finalmente dignitosa che gli consente di
affrancarsi dagli affanni della ristrettezza economica.
1796: arrivo dei francesi a Milano, è chiamato a collaborare con la Municipalità democratica al fianco
di Pietro Verri, ma resta turbato dai modi rivoluzionari e viene escluso.
1799: il giorno stesso della morte (15 agosto), compone un sonetto per salutare il ritorno in città
degli austriaci ma con parole di grave ammonizione.
POLEMICA ANTINOBILIARE, IMPEGNO ETICO E RIFORMISMO RAZIONALE
Nelle sedute dell A ade ia dei T asfo ati si dis uto o te i di va ia ultu a e d attualità, ape ti
anche allo spirito attivo e riformista della nuova borghesia intellettuale.
Per chi proviene da ceti più modesti o dalla pubblica amminist azio e, l i g esso elle elega ti sale
del palazzo I o ati assu e sig ifi ato d u a de isiva p o ozio e so iale.
Nell a ade ia il giova e Pa i i assu e posizio e di ilievo: el vi legge Dialogo sopra la nobiltà,
dove s i agi a il dialogo t a u o ile ed u poeta sepolti ella stessa to a, o l i te to pole i o di
denunciare le vanità dei titoli nobiliari e le inconsistenti pretese di superiorità ad essi connesse.
L o iettivo pa i ia o si attie e a u ifo is o azio ale, ispi ato alla lezio e d u lassi is o o azia o
disti to da fo te te sio e eti a e ivile: o i te de i ve ti e l o di e so iale, a olpi e gli aspetti
oziosi e arroganti del ceto nobiliare, in vista di una rigenerazione intesa al bene comune.
Il li a dell A ade ia dei Trasformati (moderata e classicista) è opposto a quello della coeva
Accademia dei Pugni (che si riunisce in casa di Pietro Verri e di cui fa parte anche Beccaria: i schiera su
posizioni di radicale cosmopolitismo illuminista con pregiudizi secolari per la modifica della scala sociale
e sulla circolazione della ricchezza).
POETA E GALANTUOMO
Parini è un galantuomo ed un poeta di slanci contenuti, onesto, arguto e preciso, responsabile di ogni
parola che abbia scritto. Non credeva che il mestiere di scrivere sollevasse lo scrittore al di sopra del
suolo; edeva i ve e alla poesia o e st u e to pe e de e il o do u po iglio e, a se za
grandi illusioni.

OPERE
ALCUNE POESIE DI RIPANO EUPILINO
Il o e de iva dall a ag a a di Pa i i e dal te i e latino (Eupili) del lago presso Bosisio.
La a olta o p e de o po i e ti, t a poesie e se ie pia evoli so etti d a o e e e es hi,
comico-parodistici, capitoli in terza rima).
Il giovane scrittore attesta di aver assimilato agevolmente i modi espressivi della lirica arcadica e mostra i
t atti d u a già pe so ale aest ia di ve sifi azio e: ueste i e so o p ove del saldo lega e he Pa i i
aveva stabilito tra la sua opera e la tradizione linguistica e la disciplina classica, che costituirà una tipica
osta te della poeti a e dell a te pa i ia a, o osta te le pole i he a tia ade i he e a tipu isti he

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confermino il suo particolare legame con il classicismo e il fondo morale del suo illuminato umanesimo,
a confronto dell a gustia de o ativa e a i a e ripetitiva di gran parte del classicismo arcadico.
LE ODI
Le Odi sono 19, composte in un rapido arco di tempo, tra il 1757 (La vita rustica) e il 1795 (Alla musa:
si offre come testamento spirituale del poeta, che ribadisce la serietà etica che compete all ese izio
della s ittu a lette a ia , e pu li ate i all i izio via via he ve iva o o poste, o g a de su esso
ma in stampe occasionali e spesso inaffidabili, ma dal 1791 vengono raccolte per la prima volta in un
volume unico per ordinarle e sgombrare il campo da false attribuzioni.
Las iati alle spalle i odi della li i a a adi a, e o iasti a e o tigia a, l io he p e de la pa ola i
uest ope a si i po e o e guida edu at i e, o e fe a os ie za ivile e o ale; poesia o evasiva
ma radiata ella situazio e d u o eto a ie te sto i o.
Nella stesura delle Odi si individuano tre fasi:
1. Temi di carattere illuministico, impegno di pragmatismo sociale, questioni di pubblica utilità;
2. Accenti di profonda tensione morale e rigore educativo;
3. Poeti a di seg o eo lassi o, o ote d i te sa ele azio e della ellezza fe i ile da pa te
del poeta ormai anziano, con omaggi galanti con malinconiche e nostalgiche venature erotiche.
Le Odi hanno riscosso credito particolare tra gli autori della generazione successiva, da Foscolo al
giova e Ma zo i e Leopa di, e ell epo a iso gi e tale, spe ie pe l alta lezio e esp essiva e , la
g a de e e gia eti a, l e ezio ale ese pla ità di stile e di vita.
Dalla p i a all ulti a ode, e e ge u auto it atto dai connotati memorabili di un poeta non disposto
al compromesso.
IL GIORNO
È il apolavo o di Pa i i, ha avuto u ela o azio e o plessa ed i asta i o piuta, sia pe
incontentabilità del poeta in fatto di perfezione formale, sia perché la critica alla morale della società
aristocratica è priva di prospettiva storica di fronte al succedersi di avvenimenti e alla rivoluzione in atto in
tutta Eu opa: si a estò e de dosi o to he essu a ifo a so iale e a possi ile, sull o lo di u a
profonda crisi.
Inizialmente ideato in tre parti, appaiono in stampa anonimi e con grande successo Il Mattino (1763,
comprende 1083 endecasillabi sciolti) e Il Mezzogiorno (1765, 1376 endecasillabi sciolti) ai quali
doveva aggiungersi la terza e ultima parte La Sera, mai stata o posta, osì da o pleta e l a o della
giornata scandita nei suoi tre tempi principali.
Il poeta ha allora ripensato il disegno complessivo: non più tre parti ma un unico poemetto, Il Giorno,
articolato in quattro parti (Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro, La Sera): corregge la prima parte, modifica la
se o da e la o ve te el Me iggio, o po e i a ve si del te zo e dell ulti o; a uesta
nuova struttura non avrà mai stesura conclusiva.
Il Giorno, nella quattro parti scritte, è edito per la prima volta del vol. I delle Odi nel 1801.
L ope a as e o p oposito di sati a a u i ata: u poe etto didas ali o el uale il poeta si fi ge
p e etto e di u giova e a isto ati o he deve esse e ist uito sul odo iglio e d o ga izza e la
propria giornata.
La vo e a a te del p e etto e fi ge se ietà di to o e d a aest a e ti, a i effetti distilla i o ia
e parodizza il genere didascalico per conseguire effetti parodistici.
Ne es e u i agi e g ottes a dell a isto azia, ese plifi ata on molti particolari e minuzie nel corso di
una giornata che sembra non finire mai, che sembra piena di cose e di avvenimenti ma nella quale in
effetti o a ade ulla: la te i a dell a plifi azio e e fatizza ipe oli a e te vi e de a ali e op e il
vuoto, i piega to i epi i pe des ive e a alità uotidia e, l i o ia i vade la pagi a o effetti o osivi.
Il giovane non ha nome e non parla mai, è presentato con gli attributi di un eroe ma sulla scena agisce
come una marionetta.

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Verso l a ie te a isto ati o, il se ti e to dell auto e pe ò dupli e: lo giudi a o


risentimento polemico ma allo stesso tempo ne sente anche la seduzione ed il fascino

IL MATTINO des ive il isveglio dell e oe, he i asato a otte alta, ui segue la olazio e, le le-
zioni di ballo, di lingua francese, chiacchere e pettegolezzi; poi è la volta della pettinatura e della
vesti-zione; infine esce e sale in carrozza.

IL MERIGGIO alla ga la p ospettiva e ovi e ta il uad o: o fissato su u u i a figu a a si
popola di nuovi personaggi con movenze di commedia; entra in primo piano la dama e con le
chiac-chere entrano anche le digressioni.

IL VESPRO è il momento delle visite di cerimonia e della passeggiata nel corso, dove il cavaliere e la
da a s i e go o ella società briosa ma anche corrotta.

LA NOTTE acquistano risalto i temi e i costumi propri di questa società, nelle sale di un illustre pa-
lazzo in cui si svolge un grande ricevimento.

VITTORIO ALFIERI
VITA
Asti 1749 – Firenze 1803
Figlio di un conte he uo e p e atu a e te el e di u a o ildo a d a ti a o iltà savoia da,
a nove anni entra nella Reale Accademia di Torino dove resta fino al 1766: cresce in un ambiente di
severo formalismo militaresco.
La madre si risposa nel 1754 e per vitto io o i ia u pe iodo di fie issi e ali o ie e oti
di i ellio e e i tolle a za o t o og i fo a d o ligo so iale, ge a hia, ost izio e.
Us ito dall a ade ia, fi al e te li e o, i pazie te d affe a si i ual he odo, passa u de e io
(17-26 anni, 1766- i viaggi e dissolutezze att ave sa do i a ozza l Italia e l Eu opa, se p e i
o pag ia del fidato se vito e F a es o D Elia: il viaggio di Alfie i s a ia di vita a ulato ia pe
i soffe e za dello sta e , all affa osa i e a di sé stesso; viaggiare è prima che formazione culturale o
scoperta del mondo significa allontanamento dagli altri per tutela del proprio mondo interiore.
L i te esse pe la lette atu a as e dallo s o te to di s , dallo s o fo to pe la p op ia o dizio e,
dal isog o di is atta e u esiste za vuota e dal fo te deside io di affe azio e fo tissi o a o e
pe la glo ia .
1775: chiarisce la propria vocazione di scrittore, principalmente come autore di tragedie; volta le spalle
al modo di vita tenuto finora, rifiuta la cultura francesizzante di aristocratico subalpino per conquistare
una cultura di tradizione italiana.
: du a te u o dei viaggi a Fi e ze o os e Luisa Stol e g o tessa D Al a y, he da uesto
o e to dive ta sua o pag a e fo te d ispi azio e i ua to sp o e e o fo to ed ese pio ad og i
ell ope a . : pe taglia e i po ti o il passato si svassalla dal e di Sa deg a, do a do il p op io
patrimonio alla sorella maggiore Giulia (avuta dalla madre in un precedente matrimonio), riservandosi
peò una pensione vitalizia.
1777-80 vive a Firenze, poi a Roma fino al 1783, e infine alterna soggiorni in Alsazia e a Parigi, dove assiste alla
Rivoluzione e da dove scappa nel 1792 per tornare definitivamente a Firenze, dove muore nel 1803.
LA CARRIERA
Nel 1775 è rappresentata, al Teatro Carignano di Torino, la prima tragedia alfieriana, Cleopatra,
giudi ata dallo stesso auto e d i i edia ile a e ità , ta to he o la diede ai alle sta pe, a he
ebbe grandissimo successo.
Alfieri si co sa a o dete i azio e all i peg o di t agediog afo, esse do la t agedia i Italia a o a
i fase d assesta e to: s appli a a a ita e te ello studio dei lassi i lati i e italia i, app ofo dis e la
conoscenza della grammatica e della lingua toscana.

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Attraverso un processo in tre fasi compone tra 1775 e 1782 dieci tragedie, edite a Siena nel 1783:
il corpus delle tragedie riconosciute sale poi a 19 nella nuova edizione parigina (1787-89).
La stesura più elaborata e lunga si ha per il Filippo, per il quale fa una stesura bilingue (prima in
f a ese e poi i italia o , dive se ve sio i fi o ad app oda e alla ua ta e ulti a la uale ha a h essa
subito 3 riscritture).
QUALE TRAGEDIA?
La drammaturgia alfieriana presuppone una ribalta nuda e spoglia, uno spazio fisso e circoscritto,
li a teso e te sio e e otiva dove si o su a lo s o t o viole to dell e oe o il o do, o pa ole
aspre e acuminate, prole-azione che riempiono la scena.
I riflettori puntano oltre i personaggi, non alle circostanze o alle occasioni esterne. Le unità
aristoteliche sono rispettate (in accordo con il teatro classico), la trama è concentrata e ridotta
all esse ziale, a olite figu e se o da ie o di suppo to, il he o po ta i a pia f e ue za di solilo ui
che sviluppano ulterio e te la p ospettiva i te io izzata dell i pia to d a ati o; lo stile deve
esse e soste uto e vi ato .
QUALE PUBBLICO?
L auto e o i te essato al pu li o o ghese he e a dist azio e, evasio e, dive ti e to a
si indirizza ad un pubblico aristocratico di intenditori raffinati, capace di immedesimarsi con le
idealità virtuose e con il ritmo intenso delle vicende portate in scena.
Alfieri ama rappresentare i suoi testi in sale private, alla presenza di un eletto pubblico ristretto: il
successo è esp esso dall atte zio e o ui il pu li o segue la vi e da; o o ta il u e o degli
spettatori ma la circolazione dei libretti tra la società colta del tempo (non su larga scala), che
devo o esse e elega ti e tipog afi a e te o i te essa l aspetto economico)
IL MITO DI ALFIERI
Subito dopo la morte del poeta di afferma (e si consolida poi in epoca risorgimentale) il mito di Alfieri
o e poeta dell i dipe de za italia a, e i o a e dello st a ie o, pug a e o t o il o fo is o,
la corruzione e il servilismo del proprio tempo.
Foscolo nei sepolcri parla, davanti alla tomba di Alfieri, di austero modello di amor per la patria,
tra disincanto e speranza.

OPERE
SAUL E MIRRA
Le tragedie di Saul (1782) e Mirra (1784-86) sono dei capolavori teatrali.
La p i a l u i a di a go e to i li o p ese ta lo s o t o t a l a zia o Saul, e d Is aele, e suo ge e o, il
giusto e giova e David a ito di Mi ol, figlia del sov a o ; Saul l e oe tita i o, i uieto e i soddisfatto
he ell i i e za della attaglia contro i Filistei giganteggia per energica volontà di potenza e brama di
g a dezza: ifiuta l aiuto del valo oso David, ifiuta la p otezio e divi a e pe seguita la asta sa e dotale
per andare infine incontro alla sconfitta in battaglia e al suicidio.
Il sov a o ve hio e s o fitto dà vo e ad u i te io ità pe plessa e dile i a he lo o du e alla ovi a.
Mirra invece racconta la tragedia di un amore impossibile, riprendendo una vicenda delle Metamorfosi di
Ovidio: la protagonista, principessa di Cipro e figlia di Ce i e Ci i o, a a d a o e i estuoso il pad e e
o o fessa lo eppu e a s stessa; di ui as e à l a gustia, l i feli ità e la soffe e za i lei, da ui
l auto o da a al sile zio e la sua dolo osa solitudi e fi o all est e a isoluzio e di togliersi la vita sotto
gli occhi del padre.
LA VITA
È u o dei apolavo i del ge e e auto iog afi o italia o, e fo se l ope a assi a di Alfie i e u o dei
romanzi più belli del settecento. Composta per la maggior parte a Parigi nel 1790, viene completata a
Firenze nel 1798 ed edita postuma nel 1804.

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Il fascino del libro viene dal funzionamento dell i pia to ge e ale, he si egge sulla a atte izzazio e del
pe so aggio del p otago ista ovve o sulla egia dell io a a te he uove s stesso o e g a de
attore nella propria vita.
Scandita in 4 epoche: puerizia, adolescenza, giovinezza, virilità; segnano i momenti fondamentali di una
graduale evoluzione intellettuale, letteraria e morale. La svolta decisiva è data dalla coscienza della
propria vocazione poetica.
Ne esce scolpito il ritratto di un uomo ossessivamente intento alla missione di scrittore, sdegnoso,
insofferente, irrequieto, animato da straordinaria energia interiore con tratti autoironici e tratteggiato,
nelle luci e nelle ombre, con linguaggio di formidabile invenzione espressiva intessuta di memorabili
alterazioni e neologismi.
LE RIME
Alla s ittu a li i a delle Ri e, Alfie i si dedi a pe olt e ve t a i -99); nel 1786 riordina la
produzione e ne cura la stampa nel 1789.
Tra 1789 e 98 compone molte altre rime e ne prepara a Firenze il testo per la stampa (manoscritto
conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze) dal titolo Rime di Vittorio Alfieri – Parte seconda;
questa parte appare in stampa nel 1808.
La lirica alfieriana comprende sonetti, epigrammi, canzoni, odi, ecc è tra le più significative nel
paesaggio letterario del secolo.
A forte vocazione autobiografica, le Rime costituiscono un autoritratto complementare alla Vita, un diario
in versi che narra giorno per giorno l espe ie za di vita vissuta del poeta og i o po i e to i fatti
accompagnato dalla data).
Il odello di Pet a a palese i pia to da a zo ie e e el p i ato del te a a o oso : Alfie i si
ifà di etta e te all o igi ale t e e tes o, ig o a do i itatori o traduzioni e saltando il petrarchismo
settecentesco.
Lo stile però acquista inedita asprezza, concisione, secchezza e anche toni irati, scontrosi, bruschi.
L io alfie ia o ig o a ediazio i e svetta ella sua te sio e e oi a, agitato dall u to viole to dell i a e
della malinconia, ostile sempre verso i mediocri, i patteggiatori, i formalisti, gli accademici.
ALTRE OPERE

Della Tirannide trattato in due libri steso nel 1777 e rielaborato fino al 1789. Non viene fatto circolare per
vole e dell autore dopo la rivoluzione francese.
Vi i tesse u elogio alla li e tà i se so su li e , assoluto, ast atto, osì da espi ge e og i
concreta mediazione politica o esperienza di trasformazione effettiva della realtà sociale.

Del principe e delle lettere trattato in tre libri, composto tra 1778- ed edito el ; l appli azio e
in te i i e o ast atti e più o igi ali del t attato p e ede te, o st e ua difesa di u ideale di
libertà che rifiuta ogni forma di protezione promossa da chi governa

Odi sull i dipe de za a e i a a e sulla p esa della Bastiglia

Il misogallo 1798, insieme di sonetti, epigrammi, prose; rovente satira antifrancese

Satire riprende la stesura in terza rima, 1786-99; aggrediscono, con forme realistiche toscane,
con scrittura dura e abrasiva, i pilastri delle società contemporanee, gli aspetti della
corruzione contemporanea, e le mode pseudofilosofiche

Commedie 6, danno schietta e caricaturale espressione a forme di satira politica, sociale e morale.

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NEOCLASSICISMO
RITORNO ALL ANTICO
Movi e to ultu ale fio ito t a età Sette e to e i a, p opo e ito o all a ti o, o e affe azio e di
un canone estetico nazionale fondato sulla purezza e sul rigore delle linee, sul recupero della grandezza eroica
del passato, sull i o otta se pli ità della atu a he l a te lassi a ha saputo i ita e.
Manifesta un moto di nostalgia verso un ideale mondo perduto, che vuole riproporre e rivitalizzare;
reagisce in nome di compostezza e armonia a toni mossi e ai movimenti irregolari del Barocco proseguendo
sulla li ea lassi ista p o ossa dall A adia.
Winckelmann formulò la teoria estetica del neoclassicismo: prescrisse agli artisti moderni le norme
pe eguaglia e la pe fezio e degli a ti hi att ave so l i itazio e; la ellezza doveva essere esente

dall esp essio e delle passio i i dipe de za dell ope a d a te dall a tista e vi eve sa.
Idee riprese anche da Kant nella Critica del Giudizio (1790), dove parla della possibilità di assicurare
all ope a d a te, edia te l esaltazio e del diseg o e la su o di azio e del olo e, l esp essio e dell
idea depu ata da og i esiduo di se sazio e e o ta i azio e o ealtà fe o e i a.
Questa purezza di linee è proprio quella che ricerca Antonio Canova nei suoi capolavori; in letteratura
troviamo Ugo Foscolo; in pittura troviamo Jaques-Louis David: la sua innovazione non è il fatto di aver
preso soggetti classici, ma il fatto di averli rappresentati come statue.
Lo stile neoclassico nasce da una serie di fattori, come il riacceso inte esse ve so l a ti hità dopo gli s avi
di E ola o, l atte zio e allo studio delle ope e di Giova i Battista Pi a esi

UNA DATA STORICA: IL 1796


1796 E GLI EFFETTI IN ITALIA DELLA RIVOLUZIONE
Il Direttorio (organo di governo della Francia rivoluzionaria) nel 1796 nomina Napoleone comandante
delle t uppe f a esi i Italia: dal al si ea o o dizio i uove sul pia o ideale e politi o, elle
uali atu e a o i p i i seg i e ovi e ti di u p o esso di fo azio e del p ogetto dell u ità politica
dell Italia .
Sono effetti della vittoria della rivoluzione francese e della sua espansione oltre i confini francesi: il
ventennio napoleonico in Italia produce da una parte la convergenza di diversi movimenti clandestini
(giacobinismo), che vedono nelle a ate ivoluzio a ie di Napoleo e gli st u e ti di li e azio e dai
regimi politici esistenti, divenuti sempre più conservatori e reazionari dopo le fasi più estreme e radicali
della Rivoluzio e f a ese; dall alt a, ha o e o segue za la fo azio e di uovi stati es.:
Repubblica Cisalpina e Transpadana unificate sotto Rep.Cisalpina) porterà alla costituzione nel 1802 di
u a p i a Repu li a d Italia pe dive ta e el Reg o d Italia.
Quello che Napoleone porta è quindi uno sconquasso radicale del vecchio equilibrio fra gli Stati italiani:
non si limita soltanto a sostituire i governi di tipo nuovo con governi di tipo vecchio o a cancellare vecchi
stati su ede o Ve ezia ua do vie e eduta all Aust ia , a ostituis e u a uova ealtà statuale
precedentemente inesistente, unendo insieme i vari pezzi/stati e dando a questa unione il nome di Italia;
utilizza i olt e el gove o e ell a i ist azio e di uesta uova ealtà del pe so ale p evale te e te
italia o…a itua osì a pe sa e he situazioni plurisecolari possono essere cambiate in tempi brevi e con
misure radicali.
1800-14: tutta la penisola è sotto il governo di Napoleone, direttamente o indirettamente; questo è un altro
aspetto radicalmente nuovo della situazione: introduce riforme adi ali ell a i ist azio e, elle
leggi, ell e o o ia e el fis o, ell ist uzio e.
È l o ie ta e to ge e ale del gove o della pe isola he vie e a a ia e pe a o di u egi e ato dalla
lotta o t o l allea za t o o-altare: alleanza che, come in Italia, intendeva costruire una diga contro quelle
idee della Rivoluzio e f a ese.

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GLI INTELLETTUALI IN ITALIA


Qua do l a ata apoleo i a vi e el i Pie o te, si p odu o o p ofo di s o volgi e ti el
mondo intellettuale al di qua delle Alpi: istanze di rinnovamento, spinte innovative, trovano uno spazio
concreto in cui realizzarsi.
Molto va io i te i i ge e azio ali il pa o a a dei pat iotti i :
Ventenni, come Foscolo, a cui occorreranno numerosi anni e furenti irritazioni per rendersi
conto meglio della realtà
Quarantenni, come Giovanni Fantoni, che vivono la novità come profondo rinnovamento
esistenzia-le, per poi però ricredersi poco dopo e precipitare in un cupo sentimento di angoscia e
personale sconfitta
Uomini di cultura ormai attempati, o e Pa i i o Piet o Ve i, divisi t a l i te esse pe uel he
può accadere e motivate cautele e preoccupazioni (perché Francia non aveva altre ragioni se non
quelle strumentali per promuovere altrove nuove rivoluzioni)

UGO FOSCOLO
VITA
Zante 1778 – Londra 1827
Nasce nelle allora isole Ionie, sotto la repubblica di Venezia: Zante riecheggerà per sempre nella
sua e o ia e ella sua iog afia, o e iti o luogo d i o otta ellezza.
I fe o e i p e o a ti i, il pu tiglioso auto iog afis o, l i uenza dei programmi civili e morali si uniscono
alla raffinatezza del rigore neoclassico: alla visione materialistica e tragica della storia si oppongono
volontà di rivincita umana, ricerca dei valori come la forza creativa dei sentimenti e della poesia.
Nel 1784 la famiglia si trasferisce a Spalato e dopo la morte del padre (1788) a Venezia (1792): qui il
giovane Foscolo frequenta il salotto di Isabella Teotochi Albrizzi, attratto dal fascino della colta nobildonna
che rimarrà in seguito sua amica e confidente.
Tra 1793-97 sono anni di studio intenso, con accanita lettura di testi greci e latini, autori italiani e
st a ie i, lassi i e ode i: la passio e i tellettuale si salda a uella politi a, a u a dita o p o issio e
militante per le nuove idee giacobine e rivoluzionarie.
I seguito dall i uisizio e aust ia a, Fos olo ipa a ella Repu li a Cisalpi a e poi a Bolog a ,
dove dà alle stampe Bonaparte liberatore: ma il trattato di Campoformio (17 ott 1797) smentisce
duramente le speranze riposte ei f a esi li e ato i ; l e tusias o pe la pa te ipazio e alle vi e de
civile e militari collaborano a trascinare il poeta in una movimentata peregrinazione tra le diverse città
d Italia o os e Pa i i e Mo ti .
Nel 1798, a Bologna, dà alle stampe le Ultime lettere di Jacopo Ortis, e a Genova compone A Luigia
Pallavicini caduta da cavallo (1800); a Firenze si lega a Isabella Ronconi, ispiratrice della seconda
redazione dell Ortis (1802);
A Milano tra 1801-04 si innamora della contessa Antonietta Fagnani Arese, per la quale compone L’A ica
risanata nel 1802e destinataria di alcune delle odi più belle del ricchissimo epistolario foscoliano.
Nel es e a Mila o l edizio e dei Sonetti, insieme alle due odi.
Nel 1804 si trasferisce in Francia e vi resta per due anni, al seguito della Divisione Italiana che
avrebbe dovuto prendere parte allo sbarco napoleonico in Inghilterra.
Nel 1807 rientra in Italia e scrive quasi di getto i Sepolcri; nel 1808 ottiene la cattedra di
elo ue za all U ive sità di Pavia a uasi su ito l i seg a e to vie e sopp esso.
Va a Fi e ze el e vie e a olto dalla o tessa D Al a y, la o pag a di Alfie i, e t as o e ui
un periodo sereno e operoso.
Il rientro a Milano del 1813 segna, con la caduta del Regno italico nel 1814, un periodo di disillusioni di

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fronte al restaurato potere austriaco; al poeta è offerta la direzione di un periodico ma rifiuta e fugge
per sempre dall Italia : ipa a p i a i Svizze a e da lì a Lo d a.
È una scelta sconsolata, il rifiuto di una situazione politica considerata insopportabile, si trova
angustiato anche da problemi fisici e difficoltà economiche: la voce del poeta si è ormai del tutto
spenta, muore nel 1827 a Londra; la sua salma è trasportata a Firenze in Santa Croce nel 1871.

OPERE
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
È un romanzo epistolare, dove il mondo sentimentale foscoliano si presenta nella sua tumultuosa
complessità; lo scrittore si è avvalso di dei generi letterari del settecento come la prosa epistolare
e memorialistica, per proiettare sé stesso e le proprie passioni civili e sentimentali nel personaggio
protagonista: Jacopo Ortis.
Il protagonista si mostra coraggiosamente a nudo nei differenti aspetti del suo carattere, tanto che il
pia o dell i vettiva si i t e ia o uello dell i t ospezio e i te io e, il to o dell i dig azio e eti a si
unisce a quello elegiaco e patetico.
C il diffi ile te tativo, da pa te dell auto e, di gua da e o hia ezza de t o di s , di t adu e el
it atto d u e oe i o t asti e le a gosce della propria personalità.
Racconta la storia di un giovane intellettuale patriota, disingannato dalla realtà della storia, smentito nei
deside i d a o e, vive fi o al sui idio o oe e te isolutezza la dispe azio e della sua so te i feli e.
Si sco t a, e e i a e vitti a, o l auto ità pu li a e/o p ivata : a ueste a ie e o ha da
opporre che la propria disarmata ma eccitata e sensibile magnanimità.
Lo stile iflette l i dividualità e oi a del p otago ista, la su li azio e delle sue vi tù fino al suicidio; è
caratterizzato da forme di eloquenza solenne, intenso pathos, alto fervore speculativo: un linguaggio
di carattere più lirico che narrativo.
Quando la struttura epistolare si interrompe (parte finale del libro, con il racconto della morte di
Jacopo), subentra un resoconto quasi realistico ed il tono espressivo diventa pacato.
Rispetto ai odelli più vi i i all O tis, se e dis osta i ua to testo st atifi ato el te po, aspetto
deliberatamente organizzato di cronaca biografica dove scrittore e protagonista si scambiano i ruoli: a
Foscolo infatti bastò ridurre a libro il diario delle proprie angosce e passioni come le provava di ora in ora,
e le andava di giorno in giorno scrivendo; questo carattere di confessione sempre potenzialmente aperta,
p ivata e sto i a, legata alle diffe e ti espe ie ze dell auto e e alle spe ifi he i osta ze politi he i ui
fu coinvolto.
I SONETTI
Dopo l O tis, i oti di auto iog afis o si si filt a o ella dis ipli a fo ale di uest ope a: o più it atto
passionale ma racconto doloroso, composto e vigilato; dimostra perfetta maestria nella versificazione
arcadica, ma riesce anche a immettere in queste strutture espressive quella sostanza umana che già era
p ese te ell O tis; il li guaggio poeti o t adizionale ne esce profondamente trasformato.
Negli otto sonetti composti tra 1798- si se te a o a l e o dell O tis: e de iva u a e to di
tesa declamazione e di protesta che non riesce a dominare, eccesso i repentini scarti tonali e fratture
che tradiscono un difetto di disegno organico.
Risultati pe fetti i ve e so o stati otte uti ei uatt o so etti aggiu ti ell edizio e ila ese del I
morte del fratello Giovanni, Alla sera, A Zacinto, Alla Musa), dove la tensione interna è sapientemente
filtrata e purificata; in questi componimenti, sono presenti temi dominanti della poesia foscoliana: il
da a della solitudi e, dell esilio, della o te so o ta to più p ofo di ua to più il se ti e to
sofferto e non esibito.
Introduce il motivo dei se ti e ti fa ilia i, del dispe so u leo do esti o, dell i le e te so te
dell esule a se za ote di pietisti a auto o ise azio e.

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LE ODI
Co fe is o o u uovo volto all i e zia delle fo e eo lassi he o l appo to di u i te sa vi azio e
umana, in un processo graduale.
A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO
In questa prima ode, la celebrazione della bellezza femminile rimane intessuta di compiacimenti
letterari, di echi pariniani e montiani, inserzioni mitologiche che allontanano la donna in un
Olimpo troppo distante dalla Terra.
L episodio eale dell i ide te dive ta il p etesto pe u elogio gala te: l i te to este a e te
encomiastico è prevalente, e conferisce al componimento una struttura ancora rigida, intonazione di
alta ma fredda letterarietà.
Solo a tratti il profilo della protagonista si libera dal peso dei riferimenti eruditi per presentarsi nel
risalto della sua più viva fisionomia.
ALL AMICA RISANATA
Tema analogo alla prima ode, ma qui il tema della celebrazione femminile si risolve in una moderna
reinvenzione del mito classico della bellezza serenatrice e nella coscienza del valore della poesia che
la rende eterna nella memoria dei posteri.
Le fo e esp essive si a i a o di uova e e gia e la figu a dell a i a isa ata assu e la
grazia assoluta di una divinità senza perdere il fascino della sua attrattiva umana.
La struttura è concepita in funzione di un ritmo più incalzante e dinamico, che supera ogni residuo
di astratta eleganza.
Le immagini ed il linguaggio della tradizione risultano rinnovati alla luce di una privata e cordiale
intensità affettiva; gli accenti di un amore esaltato presenti nella poesia epistolare si sono ora
trasformati, nella lirica, in una riverente e serena contemplazione.
DEI SEPOLCRI
Offre la misura più alta e risolutiva di Foscolo: la tensione sconsolata dei propositi etico-civili si salda
in modo dialettico al culto, per la funzione redentrice della poesia.
Il p i o pia o fi o a ise vato alla p ivata espe ie za dell auto e si dilata ad u a editazione sul destino
dell i te a u a ità; dal pessi is o ate ialisti o della visio e lai a e te e a, dal t agi o s o fo to della
ealtà sto i a, e e go o o e u a salvezza le o uiste o o tali dell a te e della s ie za.
La struttura metrica chiusa è lasciata alle spalle, la nuova poesia insieme ragionativa e fantastica trova
li e o ovi e to ella fo a ape ta del poe a eve e de asilla i s iolti , dov iela o ato l i te o
apparato espressivo della tradizione lirica italiana.
Il tema sepolcrale ha avuto larga diffusione, specie nel secondo settecento, per opera dai preromantici
europei; Foscolo però introduce una novità negli intenti: considera i sepolcri politicamente, e predica la
resurrezione non dei corpi ma delle virtù; un lungo viaggio nello spazio e nel tempo quindi alla ricerca
di esempi di grandi uomini e grandi virtù.
Di qui discende la grande novità di uno stile che interrompe lo svolgimento razionale della riflessione con
tagli improvvisi; in questo modo, nella compatta organicità delle idee, sono saltati i passaggi logici ed il
filo del ragionamento è ripreso con rapidissimi interventi allusivi e fantastici.
La s elta di u to o su li e i a alla o e t azio e a dua e seve a, pe solle ita e il
coinvolgimento immaginativo di chi legge; ui di i ta e o posita u ifo ità ell i te o
dinamismo che riesce a tradurre il tessuto argomentativo in immagini diverse.
IMPIANTO DEL CARME
Si organizza in quattro parti fondamentali, articolate a loro volta in sezioni minori:
1. Vv. 1-90) parla della vanità e inutilità elle tombe di fronte alla perdita della vita, che tutto cancella, ma
esse possono servire tuttavia come tramite affettivo tra chi è scomparso ed i suoi cari, susci-

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tando una corrispondenza che si prolunga al di là della morte. A torto quindi la nuova legge
impo-ne sepolcri dove il giusto e l i giusto ve go o a o u ati, il o ile di spi ito ed il lad o.
2. Vv. 91-150) documenta il culto delle tombe lungo il corso della storia.
3. Vv. 151-212) si apre con la celebrazione solenne delle to e di Sa ta C o e, le itale glo ie ,
dalle quali sarà doveroso trarre gli auspici in tempi difficili; è introdotto poi, a conferma,
l ese pio delle to e illust i di Ma ato a he ha o ut ito il se ti e to ivile dei g e i.
4. Vv. 213-295
Dà chia os u o di u effetto i esisti ile, he o solo l i p o ta atu ale di uesto o do della
morte popolato dalle illusioni dei viventi ma è lo stesso genio di Foscolo, mescolanza di sentimentale ed
energico, che giunge ad una perfetta fusione e diventa unità e sostanza del suo mondo.
NOTIZIA INTORNO A DIDIMO CHIERICO e LE GRAZIE
Fos olo o ai se p e più p oteso ve so u idea asse e a te e pa ifi at i e della poesia.
Dal terreno degli avvenimenti reali approda a una zona mitica e incorrotta, dove la libera
immaginazione può dare vita, fuori dalle contingenze degli eventi umani, a un mondo di sentimenti
disi te essati, a u u ive so d i o otta ellezza, di fo e pe fette e a o i he.
Le uove ope e i u ia o a sta ili e u pu to d i o t o o le vicende terrene e guarda piuttosto alle
egio i si oli he del ito a o e effetto d u o s o fo to d a ati o he as e dalla
consapevolezza amara della disillusione e della solitudine.
LE GRAZIE
Multiple fasi di scrittura e di integrazione, rimasta incompiuta; non riesce a trovare
u o ga i ità st uttu ale pe h de li ato i Fos olo il sosteg o di u saldo o ettivo
ideologico che possa amalgamare i vari nuclei del componimento, isolatamente perfetti.
Concepito inizialmente in un solo inno, il carme viene poi delineandosi in tre, con dedica ad
Antonio Canova; dalla serie di abbozzi e da alcuni sommari in prosa è possibile delineare le linee di
fondo: il primo inno è intitolato a Venere, il secondo a Vesta, ed il terzo a Pallade Atena/Minerva.
NOTIZIA INTORNO A DIDIMO CHIERICO
La i e a di u a lette atu a utopi a he elle G azie o vede o pi e to oi ide o la as ita di
Didimo Chierico, personaggio enigmatico presentato dal poeta come una sorta di anti-Ortis, quindi
come una nuova proiezione auto iog afi a: al a atte e tu ole to e i uieto dell auto it atto giova ile
si sostituisce ora la saggezza e lo scettico sorriso di questa nuova figura, lontana dalle esagitazioni
ortisiane, distaccata dalle cose del mondo, ironica e allusiva.

ROMANTICISMO
Il , p i o a o della Restau azio e, l a o i augu ale del Ro a ti is o italia o, u ovi e to
he ha i te essato i pa ti ola e l a ea sette t io ale, spe ie la Lo a dia; i egio i dove stata più
o eta l espe ie za del ifo is o illuminato e dove il rinnovamento amministrativo si è congiunto allo
sviluppo della nuova borghesia agraria e industriale: questa cosa distingue in senso razionalistico il
siste a ideologi o della ost a ivoluzio e o a ti a, he o pa te ipa all eve sio e passionale né
all esaspe ato soggettivis o, alle i uietudi i isti o-visionarie proprie di altri paesi europei.
Il o a ti is o italia o di a atte izza o e u a TENDENZA MODERATA LIBERALE D ISPIRAZIONE
CATTOLICA CHE CONCILIA CONTINUITA ED INNOVAZIONE; TENDE A RICONDURRE L ESERCIZIO
LETTERARIO ALLO STUDIO DELLA STORIA E ALLE QUESTIONI CIVILI, RICONOSCENDO ALLA LETTERATURA
UNA FUNZIONE EDUCATIVA IN SENSO MORALE E SOCIALE, una possibilità di concreto intervento sul
campo della pratica culturale e politica.
MESSA AL BANDO DELLA MITOLOGIA, RICERCA D UN RAPPORTO PIU AMPIO CON IL PUBBLICO, al di
là dell esigua e hia dei letto i t adizio ali e lesiasti i e a isto ati i ; APERTURA VERSO IL GENERE

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POPOLARE E VERSO RINNOVAMENTO DEL TEATRO TRAGICO (sulla linea della riforma goldoniana per
la commedia); LINGUAGGIO ANTIPURISTICO APERTO AI NEOLOGISMI, MODERMO ED
ESTREMAMENTE COMUNICATIVO.
Lo scontro classico- o a ti o si a e de i seguito all a ti olo pu li ato sulla p i a us ita della
Bi liote a italia a dal titolo Sulla a ie a e l’utilità delle t aduzio i , di Mada e De Stael: sostiene
una valutazione negativa della contemporanea letteratura italiana, legata ancora al vecchio formulario
classicistico estraneo agli sviluppi del moderno pensiero europeo; di ui l i vito a t adu e ope e di auto i
di altri paesi per aggiornamento culturale e per incremento delle possibilità espressive della lingua italiana.
Le repliche degli interessati sono immediate: da parte classicista, rispondono Pietro Giordani e Leopardi,
dall alt o ve sa te l a ti olo dive ta o asio e pe defi i e teo i a e te le posizio i del uovo
schieramento; si ha la pubblicazione di molti manifesti romantici.
ROMANTICISMO ITALIANO
La nozione di romanticismo in Italia è stata sempre messa in dubbio a causa dei caratteri da un lato
fo te e te lassi isti e dall alt o o ali/so iali he uesto ovi e to assu se fi is o o pe
collegarlo saldamente ai fondamenti teorici e culturali del Settecento.
La ultu a italia a ig o a pe ò l altezza di p ospettiva dalla quale il Romanticismo fu invece considerato in
Ge a ia: l idea io he il o a ti is o ostituisse il o e to soggettivo ella sto ia dello spi ito e
quindi la riscoperta di un nuovo mondo di conoscenze e di esperienze estetiche relative allo svolgimento
dialetti o dell Io he si fi al e te iapp op iato della ealtà e o ha più isog o di idealizza la se o do
i canoni di bello assoluto.
I Leopa di, ad ese pio, si ha l os illazio e t a u a ve a e p op ia pole i a a ti o a ti a he ha per
oggetto la questione italiana) e una più vasta visione della modernità della poesia, che si inserisce in un più
vasto discorso europeo, ma la tesi più interessante di Leopardi è il fatto che tenda ad escludere la
compatibilità tra accrescimento di og izio i e di ultu a dell uo o ode o e la sua o igi alità poeti a,
che era invece punto sul quale concordavano i romantici italiani, i quali consideravano la cultura pratica
ode a i tesa all utile, i pe fetta si to ia ol p og a a della poesia i tesa a h essa a giova e alla
società di cui avrebbe dovuto essere fedele espressione.
Il Ro a ti is o italia o si a atte izza, piuttosto he o e ovi e to d idee esteti he, o e
espressione della borghesia illuminata nel suo programma di espansione industriale.
Nas o o va i gio ali uali la Bi liote a italia a, Il o iliato e e l A tologia.
LA DIFESA DEL ROMANZO
I o a ti i dife do o il ge e e del o a zo: l a i ata dis ussio e o i lassi isti ve te sul l a usa he il
romanzo sia segno di decade za e di o uzio e so iale, u ge e e a fi io s ila iato t a il ve o e il
verosimile, senza utilità né diletto perché ambiguo e falso; è prodotto nocivo che indulge senza pudore
nei dipinti delle passioni.
I Romantici rispondono (soprattutto Silvio Pellico e Borsieri) facendo presente come la mancanza di romanzi in
Italia abbia impedito, a differenza di altri paesi, il costituirsi di una moderna, diffusa e stratificata civiltà
ultu ale; po go o l atte zio e sulla e essità di ope e a ative he p e da o i esa e sotto l aspetto
politico, filosofico, religioso e letterario, le cause dello stato attuale di questa società e nazione.
ANALFABETISMO, EDITORIA POPOLARE E NUOVA CULTURA
Appartiene alla poetica romantica la ricerca di un più esteso e diffuso rapporto con il pubblico:
di ui le i iziative di edito ia popola e a asso osto, de ollate già dal ell Italia del No d.
Gli sforzi di raggiungere lettori di modeste condizioni furono facilitati dalla politica
scolastica napoleonica (diffusione di scuole elementari, riorganizzazione dei licei).

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ALESSANDRO MANZONI
VITA
Nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e Pietro Manzoni, il padre naturale tuttavia è
Giovanni Verri.
Nel 1792 separazione dei genitori.
1805 raggiunge la madre a Parigi e istau a u appo to d a i izia o Claude Fau iel.
1807 morte del padre. Il 6 febbraio 1808 sposa a Milano, con rito calvinista, Enrichetta Blondel, da cui
ha dieci figli.
1810 approdo definitivo alla fede cattolica. 1813 la famiglia va ad abitare in Via del Morone.
1815 pubblica gli Inni Sacri (La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione). 1816: anno inaugurale del
romanticismo italiano a Milano. Inizia la stesura de Il Conte di Carmagnola (stampa nel 1820).
1819 pubblica la prima parte delle Osservazioni sulla morale cattolica. 1820 pubblica Il Conte
di Carmagnola.
24 aprile 1821: inizia la stesura del romanzo. 1822: pubblica Adelchi, con il Discorso su alcuni punti della storia
longobardica in Italia e La Pentecoste. 17 settembre 1823 termina la prima stesura del romanzo. Giugno 1827
pubblica I Promessi Sposi, nello stesso mese escono le Operette morali di Leopardi, a fine agosto giunge a
Firenze per la sciacquatura. Nel capoluogo toscano conosce Leopardi, Giovan Pietro Vieusseux e Pietro Giordani.
la p i oge ita Giulia va sposa a Massi o D Azeglio. Il di e e uo e E i hetta spossata dalle
gravidanze. 20 settembre 1834 muore la figlia Giulia. Marzo 1835 compone Il Natale 1833 in ricordo di
Enrichetta. 1837 sposa Teresa Borri, vedova Stampa. Novembre 1840 inizia la pubblicazione a fascicoli, che
termina nel 1842, della II edizione dei Promessi Sposi, insieme alla Storia della colonna infame. 1841 muore la
ad e. uo e l a i o Claude Fau iel. pu li a il saggio Del romanzo storico. 1860 nominato
senatore. 1861 muore la seconda moglie. 1862 nominato Presidente della o issio e pe l u ifi azio e della
lingua. Muore a Milano il 22 Maggio 1873 ottantottenne. Nel primo anniversario della scomparsa, è eseguita la
Messa da requiem dedicata da Giuseppe alla sua memoria.
Per intendere la portata rivoluzionaria del realismo manzoniano occorre rifarsi ai tempi e agli ambienti in
cui lo scrittore si è formato: Lombardia e Francia. Cultura lombarda: fiducia nella ragione, giustizia, etc.
caratteri non ideologici ma tradotti in modo attivo sul piano operativo della pratica sociale e politica.
Cultu a f a ese: va a e tata la lezio e dei pe sato i e degli sto i i dell età post-rivoluzionaria, che
presentano al Manzoni un esempio di seria meditazione morale e un iniziale accostamento alle teorie
romantiche, prima della loro diffusione in Italia. Passione democratica, impegno etico e civile muovono la
produzione manzoniana che hanno trovato il punto di riferimento nei Promessi Sposi, primo moderno
romanzo ottocentesco, non soltanto in Italia.
Il padre anagrafico di Alessandro, il conte Pietro Manzoni, separatosi dalla moglie Giulia nel 1972, ha
ivestito u uolo a gi ale ell edu azio e e egli affetti di Alessa d o. Egli, dopo aver passato 10 anni
nella vita clericale di collegio, ne esce con una solida preparazione classica e con una sostanziale freddezza
religiosa, aperto verso idee liberatorie e giacobine, come attesta la prima significativa testimonianza della
sua attività, il poemetto: Del trionfo della libertà quattro canti in terzine. Sono esaltati ideali egualitari della
Rivoluzione francese, smentiti dalla tirannide napoleonica. 1801-1804 Manzoni vive nel palazzo milanese
del conte Pietro e per alcuni mesi a Venezia. S ive so etti e odi, l idillio i e de asilla i s iolti Adda,
elegante esercizio neoclassico e quattro Sermoni satirici, in cui il quadro della società contemporanea è
sottoposto a rigore critico di un moralista precedentemente disilluso dagli avvenimenti politici. Nel luglio
del 1805, Alessandro, si trasferisce a Parigi su invito della madre, che vive nella capitale insieme al conte
ila ese Ca lo I o ati, o to a a zo dello stesso a o. A Pa igi, t a ite l a i izia f ate a o Claude
Fauriel, si imbatté con il centro più attivo del movimento scientifico filosofico degli ideologi. La formazione
classicista di Manzoni si orienta così verso le nuove idee romantiche. Nel 1805 compone il carme: In morte
di Carlo Imbonati, severa celebrazione della virtù individuale. Imbonati presentato in veste di precettore

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che condensa in modo lapidario un decalogo laico di componimento morale, a cui lo scrittore dichiara
di volersi mantenere sempre fedele.
Autunno 1807: Alessandro conosce Enrichetta Blondel, di famiglia protestate. La sposa a Milano nel
febbraio del 1808 con rito calvinista. In questo periodo tuttavia si matura nello scrittore il passaggio alla
fede, rimediato sul proprio ruolo di libero pensatore. Nel 1810 anche Enrichetta abiura il protestantesimo e
il matrimonio è celebrato con rito cattolico. Da osservare è la continuità ideale che si stabilisce tra la sua
convinzione religiosa e la sua formazione razionalistica. La conversione si offre come il centro equilibratore
di un patrimonio di convincimenti etici e sociali su cui si è esercitata la polemica anticonformista della
giovanile educazione manzoniana. Una fede non pacificata che si presenta come drammatica volontà di
comprensione delle inquiete contraddizioni del vivere. Giugno 1810 Manzoni ritorna in Italia con la moglie
e la madre, abitando nelle ville lasciate da Carlo Imbonati a Milano e a Brusuglio. Rientrare in Italia significa
i salda e il appo to ai i te otto o la ultu a lo a da, o uell attivis o ideologi o i t ap e de te
da cui il Manzoni non sa separarsi. La stesura dei primi quattro Inni Sacri (1812-1815) si intreccia con le due
canzoni civili lasciate interrotte: Aprile 1814 evissi a illusio e di li e tà a Mila o dopo l a di azio e di
Napoleone) e il Proclama di Rimini (1815 pe l i dipe de za p o essa da Gioa hi o Mu at .
Il g a de de e io, defi ito osì pe l i te sità di lavo o: Osservazioni sulla morale cattolica (1819,
accresciute nel 1854-1854); due tragedie: Il conte di Carmagnola (1816-1819) e L’Adelchi (1820-1822); odi
civili: Marzo 1821 e il Cinque Maggio (1821); La Pentecoste (1817-1822); il Fermo e Lucia (1821-1823) e
quindi la prima stampa dei Promessi sposi nel 1827. Manzoni , sostenitore dei novatori romantici, ospita
nella sua casa milanese un super romantico crocchio. La Lettre à M. Chauvet (1820) e la Lettura sul
Romanticismo ostituis o o u app ofo dita fo ulazio e teo i a delle uove posizio i lette a ie
dibattute dagli amici lombardi. Dal 14 settembre 1819 al 24 luglio 1820, Alessandro soggiorna di nuovo a
Pa igi. Nell Agosto del , a po o più di u ese dalla pu li azio e dei Promessi Sposi, si reca a Firenze
per la famosa scialacquatura, e qui conosce Leopardi, Giovan Pietro Vieusseux, Gino Capponi, Giovan
Battista Niccolini, Pietro Giordani.
Il de e io su essivo o upato dalla o ve sio e del o a zo ella li gua tos a a d uso. Edizio e
definitiva de: I Promessi Sposi appare a dispense in Milano tra il 1840 e il 1842, recando in appendice un
testo narrativo, la Storia della colonna infame. Intanto lo scrittore vede andarsene le persone a lui più
a e. di e e uo e E i hetta, alla uale dedi a l i o piuto Natale del 1833. Tra il 1840 e il
atte de all edizio e defi itiva i suoi s itti. es e a sta pa il dis o so Del romanzo storico
avviato attorno al 1828, che nega legittimità a opere miste di storia e invenzione, composte cioè secondo il
procedimento adottato nel 1821-1823 nei futuri Promessi Sposi. Il saggio non va letto come una
ritrattazione, conferma la consapevolezza in Manzoni di una situazione culturale mutata che non consente
più la formula messa in atto nel 1821. Manzoni si spegne a Milano i 22 maggio 1873 e a un anno di distanza
Verdi dedica alla sua memoria la sua Messa da requiem.

OPERE
INNI SACRI
La vera storia di Manzoni poeta ha inizio dopo il primo soggiorno parigino e la conversione (1810). Da qui
as e il p og a a di u ope a o ale he ele i, i i i, le più sig ifi ative festività eligiose dell a o.
Solo cinque di questi componimenti sono portati a te i e. L i o iflette u assoluto a a do o li i o,
uno slancio eloquente per la riscoperta del messaggio evangelico, messo a contatto con la reale storia degli
uomini. Una forte concitazione lirica distingue i primi quattro: La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale,
La Passione, e t e solta to più ta di, o se tito al poeta aggiu ge e l e uili io della Pentecoste che
sintetizza fervore religioso e quadro della storia umana. È necessario sottolineare la decisiva novità degli
inni rispetto alla tradizione lirica petrarchesca e neoclassica. Manzoni si è lasciato alle spalle ricercatezza
formale e musicale del modello costruito da Vincenzo Monti ed ha allentato i legami con la scuola alfieriana

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e foscoliana. Per lui ora conta la parola persuasa e p e isa he t as etta l idea e l affetto. Pe iò uesti
i i, pe ua to app ese ti o u a tappa i iziale all i te o del siste a a zo ia o, ivesto o pa ti ola e
i po ta za ella sto ia delle ost e fo e esp essive. No più i p i o pia o l io del poeta, bensì
emerge un punto di osservazione collettivo. Ne risulta una struttura corale e acquista risalto una volontà di
rappresentazione oggettiva, epica e drammatica: poesia-racconto piuttosto che poesia-introspezione. Negli
stessi anni degli Inni Sacri, compone anche L’APRILE e il PROCLAMA DI RIMINI: rappresentano due linee
sepa ate ispetto agli i i: da u a pa te la li i a sa a, ele azio e dell ideale istia o; dall alt a la li i a
civile, come interesse rivolto alle tristi vicende della politica contemporanea. Le tragedie nascono dalla
volontà di congiungere le ragioni della fede religiosa e quelle della realtà storica. Il passaggio al genere
da ati o p esuppo e du ue la i e a di u a saldatu a t a u a o e divi o. Ne de iva l a e ta e to
di u antinomia inconciliabile tra violenza e virtù, malvagità e giustizia; ne deriva appunto uno spettacolo
t agi o i ui i o ili ideali posso o ave e attuazio e solo ella di e sio e dell ete ità, del pe do o e
della speranza celeste, al di la delle contraddizio i dell u a a esiste za. L atte zio e del Ma zo i ivolta
a app ese ta e il iste o istia o del dolo e i giusto, soffe to da pe so aggi i o e ti. L espe ie za
separata dei primi inni e delle canzoni civili è superata in un tipo di tragedia che vuole essere corale e
popola e, i tessuta di idee, o e studio dell i dividuo ella di a i a di o ete i osta ze sto i he. Pe
questo i drammi di Manzoni segnano una svolta nella storia del teatro, poiché mirano ad una
rappresentazione in movimento dei rapporti interpersonali. Non chiedono allo spettatore coinvolgimento
e otivo e i ediatezza ell ide tifi azio e se ti e tale, a dista o p ospetti o e iflessio e iti a. Il
Conte di carmagnola e l’Adelchi sono tragedie di condottieri e di re, la loro materia appartiene alla storia
illust e, il otivo o dutto e ip opo e ei due asi u i uieta iflessio e sul pote e politi o e sulla
violenza che al potere si accompagna.
IL CONTE DI CARMAGNOLA
prima tragedia, rappresenta la vicenda del condottiero piemontese Francesco Bussone, valoroso uomo di
milizia, artefice della fortuna militare di Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Per fama, fierezza e
p estigio goduto p esso l ese ito, il o te avve sato dal Du a Filippo, he al lo ipaga dei se vizi e
dell assoluta fedeltà, e i giusta e te lo destituis e dal suo g ado di ge e ale. Passato al se vizio della
Repu li a di Ve ezia, il Ca ag ola ies e vitto ioso sull ese ito vis o teo ella attaglia di Ma lodio.
Ma la libertà del conte, che non inferisce sui vinti e lascia liberi in campo i prigionieri secondo il costume
e e a io, a e de i sospetti dei o issa i ve ezia i. La ge e osità dell uo o d a e de u iata
o e p ova d u a seg eta i tesa ol e i o. Il se ato ve eto, isoluto el vole si disfa e dell i go a te
p ese za del ge e ale dive uto t oppo pote te, p o u ia l a usa di t adi e to e de ide di i hia a lo
o l i ga o i ittà pe attu a lo. Il se ato e Ma o te ta u difesa del Ca ag ola, suo a i o, a gli
imposto di firmare una dichiarazione che lo obbliga a partire subito Venezia, senza riferire al condottiero le
decisioni prese nei suoi confronti. Giunto in città il conte è arrestato e decapitato. Il Carmagnola,
i o e te, deve so o e e e spe a e ella giustizia dell aldilà, nel giudizio di Dio. Questa sua fatalità di
sconfitta è configurata schematicamente e il protagonista resta estraneo al meccanismo perverso che
finisce per travolgerlo, non ne vive dentro di sé i riflessi inquietanti. È un vinto senza colpa e rimane
esterrefatto di fronte al precipitare della situazione che per lui resta incomprensibile. Più significativa è la
figu a del se ato e Ma o, legato d affetto al Ca ag ola, si t ova diviso t a il p op io uolo di politi o e la
propria fedeltà di amico. Vince i lui il dove e di uo o pu li o e sa ifi a l a i izia. Questo o t asto lo
rende personaggio di rilievo drammatico.
L’ADELCHI
La vicenda della seconda tragedia risale agli anni 772-774, periodo che vede la caduta della dinastia longobarda,
nelle figure di e Deside io e del figlio Adel hi asso iato al t o o, e l i izio della do i azio e dei F a hi di e
Carlo appoggiati dalla Chiesa, mentre sullo sfondo si profilano le illusioni di riscatto e il triste stato di
asservimento della popolazione latina co uistata. Muta l i pia to st uttu ale e il o flitto divie e

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questa volta interno non a un personaggio secondario ma allo stesso protagonista Adelchi. Di fronte alle
due figure dei re antagonisti, Desiderio e Carlo, fedeli al loro rango di governanti agitati dall a izio e del
potere, si delinea per contrasto il carattere di Adelchi: un virtuoso, chiamato a imprese magnanime. Se
ella p i a t agedia il o te u ta o t o la fe o ia delle istituzio i politi he, o a l att ito esplode ella
coscienza del personaggio. Gli ostacoli sono dentro di lui. Adelchi è lacerato dal dissidio di opposti
se ti e ti he e o dizio a o l agi e: da u lato il dove e dell u idie za al pad e he lo spi ge a u a
gue a d espa sio e ai da i della Chiesa, dall alt o la volo tà etta e la fede del credente che gli mostrano
l i p esa voluta da Deside io giusta glo iosa. I Adel hi gue ie o e istia o, o vivo o il se so della
egalità, dell o o e e della pietas filiale, i sie e alla sete di glo ia, he pe ò vuole soddisfa e sul campo
contro un nemico colpevole, non contro un avversario che è dalla parte della ragione. Invece non può
sott a si all osse uio ve so il pad e he lo i du e ad i pug a e le a i ed a t ova e la o te pe u a ausa
che egli disapprova. Accetta di com atte e a o l a i o di hi si se te spaesato e pe duto ella lotta,
o os e do e l e pietà. Patis e il falli e to dei p op i diseg i, la dolo osa i u ia he lo ost i ge ad
u a olpa i volo ta ia, la f attu a t a il suo i pulso all azio e eti a e la ealtà storico familiare che lo pone
dal lato degli usurpatori. A condividere la sorte di vittima incolpevole sacrificata alla ragione di stato è la
sorella Ermenegarda. A lei è dedicato il secondo coro della tragedia: sposa ripudiata da Carlo e nello stesso
te po gelosa dei p op i se ti e ti t aditi soff e il d a a della do a a a te a ui l a o e stato
negato. Il nesso tra i protagonisti e gli avvenimenti storici è più articolato rispetto alla prima tragedia, ma la
ribalta è ancora una volta occupata dagli e oi. Nel p i o o o dell Adel hi, si fa espli ito il pathos pe le
sofferenze delle folle anonime dei latini dimenticate dalla storiografia ufficiale. Bisogna togliere al
pe so aggio dell ope a lette a ia il suo p estigio epi o ed a assa lo all u ile piano della quotidianità.
Queste sono ormai le prerogative del romanzo. Con il romanzo si passa dunque dal dramma della storia,
dov i possi ile la vitto ia della vi tù, al diseg o di u a so ietà uova i agi ata dal a ato e. Si deli ea
come progetto di un mondo diverso e migliore prefigurato al di là dello stato di crisi a cui sono costrette le
spe a ze li e ali della politi a della Restau azio e e dai p o essi del . No a aso l i p esa a ativa
dei promessi sposi inizia proprio in questo anno.
Gli esiti più alti del Manzoni lirico sono raggiunti nelle tre composizioni del 1821-1822: le due grandi odi
civili e il quinto inno sacro, dove si superano fratture formali e la prospettiva mitica dei primi inni e
insieme anche la retorica celebrativa delle precedenti ed interrotte canzoni di tema storico.
MARZO 1821
l ode si i hia a al otivo epi o dei o i politi i, uello pe la attaglia di Ma lodio. L ode app ese ta
come dato reale ciò che è soltanto una aspirazione, cioè il passaggio del Ticino da parte dei piemontesi,
pronti a risollevare le sorti della Lombardia contro gli austriaci in vista di una unificazione territoriale sotto
la di astia sa auda. Nell ode il appo to i ediato o la situazio e politi a si alla ga ad u a p ospettiva
di meditazione cristiana. Allo spirito patriottico si unisce un senso di fratellanza sopranazionale che
comprende anche i nemici, nel nome di tutti i popoli che legittimamente combattono per difendere o
i o uista e u a pat ia. L ode si p ese ta o e i o vi a te di spirito guerriero con uno scatto di
i ita e to alla vitto ia. Ma l i vito all azio e e il pia o della iflessio e eti a o isulta o se p e t a lo o
pe fetta e te fusi. Ne o seguo o a a za di oesio e i te a, u a da e to it i o u po o itato
e de la ato io, solta to i hiusu a, o la o ossa p efigu azio e del is atto azio ale, l ode
raggiunge il suo più compiuto equilibrio.
CINQUE MAGGIO
l ode, i o eligioso più he politi o, i ipo ta el li a di uella stessa p ofo da editazio e cristiana
appli ata al o do sto i o he tipi a dell Adel hi. E o he di Napoleo e, pad o e dell Eu opa, appa te e te
alla razza dei dominatori come Carlo e Desiderio, si ricompone la traiettoria proprio partendo dalla rievocazione
dei suoi ultimi gio i, uello dello st azio soffe to ell esilio. I p i o pia o isalta l o a est e a della sua
vicenda terrena, della sua miseria, quando la grandezza è un ricordo e il condottiero non

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è altro che un vinto, al pari di Ermenegarda e Adelchi. È come una rivincita di Adelchi, della sua rinuncia a ogni
conquista terrena. La superba altezza è umiliata, è divenuta follia al cospetto di Dio, unico arbitro della storia.
Se l episodio della o te di Adel hi i adis e il d a ati o ifiuto dell azio e e il fi ale st a iamento della vita
politi a, l ulti a o a di Napoleo e app ese ta u giudizio iti o sull azio e o piuta da u e oe.
LA PENTECOSTE
Al Dio biblico del Cinque Maggio si affianca nella Pentecoste la presenza del Dio paolino, evangelico. Qui si
risolve, nell a ito della li i a sa a, la lu ga i e a i to o al diffi ile esso di o giu zio e t a ielo e
terra, tra osservazione storica e aspirazione ideale. Il tramite è rinvenuto nella Chiesa Militante. Ne
dis e de la fede i u a ede zio e ape ta all i tro genere umano. Scompare il tono pessimistico implicito
nelle tragedie. La religione non è segno di una rinuncia o il rifugio dello sconforto di una sconfitta ma
i te p etazio e ago isti a della ealtà, st ada pe u a o vive za più ivile. L i agi e di una società
soggetta alla legge della forza, si illumina nella persuasione di una possibile solidarietà di segno morale. Si
umanizza così il rituale liturgico dei primi inni sacri. Anche la struttura sintattica è resa più fluida e lineare e
la tematica religiosa acquista un risalto espressivo meno sacrale. La varia rappresentazione del mondo
umano e la presenza divina che lo governa nascono insieme come unica realtà non separabile che
comunica profonda compattezza al componimento. La scelta del genere narrativo rappresenta la sintesi di
tutta la ricerca manzoniana, in cui si compenetrano lo studio della realtà e gli ideali della riflessione morale.
Sulla ribalta non sono più soltanto gli eroi, ma anche gli umili personaggi, le figure sconosciute che
costituiscono il vero volto della società. Questi umili entrano nel romanzo non come massa anonima ma
come individui, con le loro gioie e i loro dolori. Diventano persone proprio nel momento in cui si scontrano
con i potenti e con le loro angherie. Una simile attenzione rivolta alla parte finora sconosciuta della storia
o se te al a ato e la li e tà di ost ui e e o ga izza e a p op io pia i e to l i te o a o to. Gli
consente di fondere i casi dei due promessi sposi, Renzo e Lucia, con la vita del loro villaggio e con la trama
più vasta degli avvenimenti politici; di metterli in rapporto con i ceti sociali più alti, con gli esponenti di
ordini privilegiati. Tale libertà del narratore è fondamentale, perché permette di unire il rispetto analitico
della ricostruzione storica con autonome scelte tematiche, con giudizio etico sempre presente in ogni
pagina del racconto. In questo modo il cielo mitico degli inni sacri si umanizza e si intreccia alle circostanze
della vita. Scompare il contrasto violento tra ideale e reale così come drammaticamente appare nelle
tragedie. Da questa visione organica nasce la grande novità dei Promessi Sposi, opera di contestazione
contro la violenza umana, contro i soprusi esercitati sui subalterni e sui deboli. Indignazione morale,
immagi azio e e iflessio e iti a olla o a o alla ge esi d u o a zo ealisti o, i tessuto di idee e fatti,
che inaugura la grande tradizione del romanzo ottocentesco europeo.
STORIA DELLA COLONNA INFAME
In appendice alla stampa 1840 dei Promessi Sposi sono recuperate, le pagine espunte dal magma del Fermo e
Lucia sul tema dei processi milanesi contro gli untori durante la peste del 1630 e vengono edite
autonomamente, ma sempre in stretta relazione con il romanzo, sotto il titolo Storia della colonna infame, che
va letta come nuova opera narrativa. In polemica con Pietro Verri che, nelle Osservazioni sulla tortura, ha
adde itato all ig o a za dei te pi e all a et atezza del siste a legislativo la p o edu a spietata he ha
condotto alla tortura e quindi alla condanna degli untori, Manzoni rivendica la responsabilità di quei misfatti
legalizzati ai giudici dei processi, alla loro debolezza e alla loro corruzione che hanno condotto a un delitto di
Stato. Ritorna il motivo drammatico del rapporto tra ragione politica e la libertà della coscienza individuale. Da
questa prospettiva la Colonna infame si presenta come smascheramento di una montatura processuale.
I PROMESSI SPOSI
Composizione del romanzo laboriosa e sviluppatasi attraverso tre tappe fondamentali: redazione iniziale, mai
sta pata dall auto e e pu li ata solta to el , la p i a edizio e del e la defi itiva el . L idea
del lavo o vie e a Ma zo i agli i izi del , all i do a i del dolo oso esa e di os ie za he le vi e de
politiche impo go o, i f a ta og i spe a za li e ale e ost etti al a e e, all esilio o al sile zio gli

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amici del gruppo romantico. L o igi a ia stesu a, desig ata poi pe o ve zio e ol titolo Fermo e Lucia è
avviata il 24 aprile 1821 e portata a termine il 17 settembre 1823. Nel frattempo viene ultimata anche la
seconda tragedia, completata la revisione della Pentecoste e composto il Cinque Maggio. Il Fermo e Lucia,
suddiviso in quattro tomi, denuncia con evidenza i segni della concitazione elaborativa da cui è nato, dall a sia
spe i e tale he e ha disti to il o e to dell ideazio e e della s ittu a. Ma zo i si e de su ito o to della
necessità di un rifacimento integrale, che inizia con ogni probabilità nel marzo 1824 e si protrae per tre anni,
concludendosi nel 1827, anno ufficiale della prima edizione dei Promessi Sposi che costituisce il secondo tempo
di uesta vi e da a ativa. Il i a eggia e to del Fe o e Lu ia adi ale e i ova la fisio o ia dell ope a i
p ofo dità, olt e he ell aspetto li guisti o ella st uttu a del a o to poi h vie e sfoltito l o ga is o
romanzesco che risulta approssimativamente organizzato. La minuta è così sottoposta a un processo di
s o taggio e i o taggio, o l eli i azio e delle pa ti he posso o isulta e divaga ti, con la condensazione
di altre che acquistano un diverso profilo e una nuova funzionalità. A costanza dei tagli e delle riduzioni non
esclude la possibilità di talune aggiunte. Questa capillare risistemazione ha dato al romanzo il suo assetto
definitivo, ha fatto superare la forma quadripartita della prima stesura, introducendo la soluzione aperta di 38
capitoli. Ma il passaggio dal Fermo e Lucia ai Promessi Sposi non si è limitato a correggere squilibri o incertezze
di fattura, scompensi nella distribuzione della trama. Più in fondo ha inciso sulla tipologia stessa del genere
romanzesco: siamo passati a una narrazione più allusiva che documentaria, più storica che cronachistica, più
dissimulata che esplicitamente dichiarata. Il Fermo e Lucia è caratterizzato da una scoperta volontà di
pa te ipazio e pole i a da pa te dell auto e. Ne de iva u a o da za di dati i fo ativi. L ope a, o e
appare nel 1827 è diversa. La presenza del narratore regista è dissimulata dietro le quinte, in modo da rendere
interna alle situazioni la prospettiva che le regola e le dispone. Il sottofondo della polemica ideologica non è
mutato rispetto al Fermo e Lucia, ma si
è equilibrato ed ha cambiato tono. Da un romanzo ancora nutrito dello spirito pugnace della tradizione
lombarda, siamo passati a un romanzo compenetrato da una coscienza nazionale ed europea, che combatte con
mira più alta la sua battaglia anti-municipale. Per quanto riguarda lo strumento linguistico, Manzoni ha creduto
di soddisfa la p op ia esige za d u ezzo esp essivo realistico ed unitario impiegando nel Fermo e
Lucia una propria privata lingua di laboratorio, derivata dallo studio dei classici e dedotta per analogia dalla
letteratura degli stranieri soprattutto francesi. Ne è uscito un prodotto artificiale e astratto, un composto
indigesto. La revisione attuata nella Ventisettana ha sostituito con concreto senso storico, a questa miscela
o posita della p i a stesu a la li gua tos a a, o e l u i a p ati a e te o u e t a gli italia i. Questa
conversione del libro in toscano ha seguito il procedimento metodico della traduzione, partendo dalla base
eglio o os iuta dell auto e, ossia ila ese e f a ese: l ideale tos a o stato osì i e ato sulle pagi e del
vocabolario milanese-italiano, con il ricorso al dizionario francese-italiano e al vocabolario della Crusca. Da
simili itinerari proviene la nuova veste toscana dei Promessi Sposi del 1827: si tratta di un toscano libresco,
lo ta o dalla li gua viva dell uso. Il te zo ed ulti o te po di uesta pa a ola, il passaggio dalla
Ventisettana alla Quarantana, non incide sulla stesura del libro, ma riguarda esclusivamente la
forma linguistica, per cui al toscano di biblioteca subentra il toscano vivo.

CRITICA
Francesco De Sanctis. L ideale a zo ia o o a o a realtà ma semplicemente aspirazione, perciò
lirico, polemico e satirico. La grande originalità del romanzo è che alla sua base non è una storia
mentale preesistente a fatti impostasi a quelli, ma è una storia reale e positiva, nella quale si sviluppa
tutta uella se ie di idee he ostituis o o il o do o ale del poeta. L ideale o u a idea del
poeta, a u e o effettivo ed o ga i o di u a sto ia eale e o eta. No u ideale ealizzato
dall i agi azio e o p o essi a tifi iali, a u ideale divenuto già una vera realtà storica e colto
così come si trova in una data epoca e in un dato luogo. Manzoni ha pochi pari nella finezza e
profondità di questo senso del limite o del reale, che è segno caratteristico di un

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mondo adulto e virile. Tutto ciò che esce dalla sua immaginazione, esce limitato, misurato così
minutamente condizionato dal luogo, dal tempo, dai caratteri etc. che ti balza davanti con
individualità concreta e piena, un vero essere vivente. Lo studio del Manzoni è quello di limitare
disegni, proporzioni, colori. L e oi o, il pe fetto e l ideale o lo alletta, a zi lo i sospettis e. Dove
i più si affannano ad ingrandire, lui si affanna a ridurre in giusta misura.
Lanfranco Caretti. Spetta al Manzoni, aver creato in Italia, il romanzo moderno e la questione
della li gua o e p o le a stilisti o dell adegua e to della fo a esp essiva alla atu a i ti a
dell ope a d a te, fa e do o flui e ei P o essi sposi tutte le sue espe ie ze di sto i o,
moralista, scrittore, armonizzando tra loro i corrispettivi piani stilistici, in un organismo
sintatticamente compatto ed organico che trova la sua dinamica e suggestivamente mutevole
continuità di autentica prosa di romanzo.

CARLO PORTA
VITA
Nasce il 15 giugno 1775 a Milano da una famiglia benestante. Milanese di nascita e di elezione culturale,
egli ha conferito al dialetto della sua città il rilievo di uno strumento espressivo di eccezionale duttilità e
ade e za ealisti a. Dal al studia al ollegio de Co vitto i di Mo za. Lavo a ome funzionario
dell a i ist azio e aust ia a, e t as o e u a vita u o ati a e i piegatizia vuota di a adi e ti
e o a ili. Vive tuttavia i u epo a di adi ali t asfo azio i he uta o il volto delle st uttu e della
società europea, tra il declino dell a ie egi e e l età apoleo i a, la Restau azio e e i p i i oti pe
l i dipe de za azio ale. Nell app e distato ie t a o le t aduzio i i dialetto ila ese dell ode pa i ia a
A Silvia e di pa te dell I fe o da tes o. Dal ha i izio la stesu a dei componimenti più significativi con
periodi di più alacre attività nel 1816 e negli anni estremi 1818-1820. Carlo Porta, legato affettuosamente al
Manzoni, si schiera come promotore sollecito, fedele ai saldi principi riformistici della nuova classe
bo ghese, t a la fila degli i tellettuali o a ti i. A pa ti e dal , as e la Ca e etta , pi ola so ietà di
amici, letterati e funzionari, che si riuniscono la domenica in casa del poeta, per discutere temi culturali di
attualità. Sempre nello stesso anno, anno della battaglia romantica, esce il primo volume, dedicato ai versi
di Do a i o Balest e i, della Collezio e delle iglio i ope e s itte i dialetto ila ese . Il p og a a
della Collezio e si p opo eva di i o po e l i te a t adizio e lette aria milanese dal 500 ai
contemporanei. Iniziativa che viene biasimata da Pietro Giordani, con una severa recensione pubblicata
sulla Bi liote a Italia a, i difesa di u ideale di pu is o lassi ista he i o os e al dialetto, o più he a
funzione episodi a dell i t atte i e to fol lo i o e s he zoso. Ca lo Po ta epli a alla tesi di Gio da i o
una serie di dodici sonetti in chiave parodistica e ironica. La prima stampa delle Poesie, osteggiata dalla
censura austriaca, esce nel 1817, come tomo ultimo della Collezioni. Nelle Poesie si esercita un amaro
so iso ei o f o ti dei vizi e degli a usi dell i te a so ietà o te po a ea: Sati a o t o supe stizio e
religiosa, contro i politici, contro la meschina vanità del clero, la satira mossa nei confronti dell a isto azia
etc. questa galleria di ecclesiastici miserabili, di dame da salotto e di pedanti sfaccendati si affianca ai
it atti di e oi popola i u iliati e offesi, o a ti idi e goffi, o a sf o tati e spa o i, di eatu e t i olate
i volte ell epica grigi delle loro sventure quotidiane. La varietà dei temi, secondo registri stilistici che
sa o alte a e all elegia il to o so ide te e i o i o, alla ota t agi a degli a e ti ise titi
dell i dig azio e, asse o data da u a i hissi a tastie a formale e metrica. Grande narratore in versi,
Porta è maestro nel taglio delle vicende.

OPERE
Il corpus completo delle POESIE, comprende attualmente circa 200 testi. Oltre ai 50 editi nel 1817, va
ricordato che il poeta, al momento della morte, lascia in eredità al figlio Giuseppe tre quaderni, nei quali
ha trascritto i propri versi. I quaderni (A-B-C) sono sottoposti a censura per le parti di più spinta tematica

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erotica, dal canonico Luigi Tosi, assistente spirituale della famiglia Manzoni e più tardi vescovo di Pavia.
Il quaderno A, pergamenaceo, contenente 50 poesie, trascritte tra la fine del 1814 e il maggio 1815, si
apre con una lettura dedicata al figlio.
DESGRAZZI DE GIOVANNIN BONGEE
egli è uno dei tipici antieroi. Avvezzo ai soprusi e alle prepotenze di chi comanda, costretto a vivere in una
città dominata dagli stranieri, Giovannin narra alcune recenti disavventure nelle quali si è trovato
coinvolto: si imbatte in una pattuglia di ronda che lo interroga e strapazza e mentre rincasa, avvilito, deve
sottostare alle villanie di un soldato francese che oltre ad insediargli la moglie lo malmena. Il
componimento si organizza intorno a un originale impianto dialogico. Il protagonista racconta in prima
persona a un immaginario interlocutore anonimo e intercala alla narrazione le battute di dialogo delle
altre figure che incontra per strada. Giovannino è un povero analfabeta e in lui a protesta della vittima
u iliata o va al di là della lag a za va a, dell i a ep essa e delle i p e azio i. È pavido e ti oroso, ma
e t e a o ta i dossa la as he a dell e oe. Da tale sdoppia e to de iva la a i a della sua u a ità di
pove o diavolo u iliato, offeso e i sie e dis e de, sullo sfo do d u i te a so ietà, il to o o i a e te
amaro del testo, tagliato con esperto ritmo scenico e teatrale.

CRITICA
Antonio Banfi. Aristocrazia e clero solidarizzano, nel quadro storico della Restaurazione ritratto da Por-ta;
esse si sostengono a vicenda. Le speranze degli oppressi sono dissolte dalla Restaurazione e la strut-tura
so iale, a zi h i ovata, si i igidita, t a a isto azia e le o, da u a pa te, e dall alt a, le asse popola i
se p e più vilipese e i ise ite. L a isto azia po tia a dive sa da uella pa i ia a. L ulti a appa e
come una nobiltà illuminista e raffinata e le accuse di inumanità che il poeta rivolge sono accu-se
t adizio ali, di a ie a, a ide tali. L a isto azia po tia a i ve e l a isto azia della Restau azio e,
ignorante, goffa, bigotta, provinciale nella sua sciocca altezzosità sul piccolo regno di servitori e clienti.
U a o iltà ava a, o gogliosa e i apa e u o dei a di i dell o di e o del diso di e so iale di i giusti-zia
e di ise ia. L alt o he ol p i o si a oppia e si e uili a il pote e e lesiasti o. Se la isi della
Contro ifo a ell u to delle g a di pote ze politi he aveva spi to la Chiesa a u a p op ia auto o ia
e a u azio e di etta i favo e delle asse più ise e, la i a ia delle ifo e p i ipes he a uella
più grave della Rivoluzione, aveva di nuovo stretto insieme i ceti privilegiati, clero e nobiltà. Essi si
sosten-gono a vicenda, nella inattività e nello sfruttamento sociale. Ignoranti e avidi riempiono piazze,
vicoli, sagrestie di loro pettegolezzi e del loro grasso parlare. Questa è la realtà poetica di Porta. Il
gioco della politica rivoluzionaria, napoleonica e restauratrice ha paralizzato innanzi ai suoi occhi
l azio e dei eti p og essivi o ghesia li e ale e popolo i pede dogli og i i iziativa auto o a. Di
uel gio o i a e l i igidita st uttu a so iale ittadi a: i eti p ivilegiati, io l a isto azia e il le o
mentre le masse po-polari rimangono oppresse e immiserite. Per i ceti privilegiati il riso è acre e
distruttivo, per gli altri il ri-so scioglie le maschere che la struttura sociale impone e scopre,
t a uta dosi i o ozio e, l u a ità he vi si as o de.
Dante Isella. Isella, u ato e dell edizio e iti a delle Poesie di Po ta, p opo e u a ilettu a dei pe so-
naggi e della poetica portiana, per evidenziare la natura morale della comicità in testi che vanno dal
Giovannin Bongee al Miserere. I valori morali alimentano di sé, indirettamente, il riso della satira, si tratta
di un contenuto civile e morale che si pone in continuità con la tradizione illuministica lombarda. La poesia
del Porta evolve verso posizioni tipicamente romantiche. Le sue immagini si caricano di una più effusa
partecipazione del sentimento. I valori morali che alimentano il riso della prima satira por-tiana (primo
periodo della poesia satirica di Porta) vengono in primo piano e prendono voce per bocca di creature vive
he, ell a a do o di u a o fide za i ui già o sola o la lo o pe a, a o ta o u a dive sa e ide ti a
storia di umiliazione e di offese. Giovannin Bongee, La Ninetta del Verzee e Il Marchionn di gamb avert,
ortano per la prima volta nella letteratura italiana, la testimonianza di tutti gli uomini rimasti senza volto:
una folla di figure che parlano un linguaggio rude, specie quando tocca-

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no le zone più segrete del cuore, ma segnato dallo stesso accento di verità di cui sono vivi i moti del
lo-ro animo generoso, i loro slanci. Di tre protagonisti, Giovannin appare il personaggio meno intenso.
Si direbbe che in questo primo incontro con i diseredati della vita, anche Porta non sappia penetrare
al di la di certi aspetti più immediati, e che, pertanto, l i feli ità del Bo gee si iveli o e la
o segue za di u i apa ità a gua da si de t o e a i o os e si, i luogo di uo o avveduto e
o aggioso uale a a dipi ge si, i ge uo e vile, u po pe atu a e olto perché così lo hanno reso
gli uomini del tempo. Giovannin, personaggio della commedia; inesausta è la comicità che il Porta ne
sa cavare, facendolo muovere in un mondo di prepotenti e di astuti. Ma insieme al riso si prova un
se so di pe a pe uell esistenza schiacciata dalla fatica; si prova una simpatia istintiva per i suoi
affetti semplici, le sue semplici e pur negate gioie.
Pietro Gibellini. L ope a di Ca lo Po ta ha soffe to a lu go pe due p egiudizi iti i: uello he ite eva
minore la letteratu a i dialetto; l alt o, he vedeva el Po ta il a to e o i o e ha a t di u
mondo meneghino pacioso e buonsensaio, realistico ma privo di grandi tensioni intellettuali, ancora
oggi va-gheggiato in certi circoli dilettanteschi, dove si rievoca nostalgicamente la Milano del bel
tempo che fu. Quella Milano che però si rivela una città fervida, tra giacobinismo e Restaurazione,
Illuminismo e Ro-manticismo, che in Italia potremmo designare con il nome di due riviste milanesi,
stagio e del Caff e del Co iliato e .

GIACOMO LEOPARDI
VITA
Nasce il 29 giugno 1789 a Recanati dal conte Montaldo (intellettuale reazionario, che possiede un enorme
biblioteca di testi classici in cui Leopardi passa la maggior parte del suo tempo, acquisendo così una cultura
letteraria filosofica. Nel 1809 inizia i sette anni di studio matto e disperato. Nel 1816: conversione
letteraria. 17 febbraio 1817 inizia lo Zibaldone e avvia la corrispondenza con Pietro Giordani. 1819:
conversione filosofica atea e materialista derivata dagli illuministi meccanicisti francesi, coniuga la
concezione del 700 illuminista alla classicità. Nel novembre del 1822 fa un viaggio a Roma contro la volontà
dei genitori. Nel 1824 compone le prime venti Operette Morali e a ottobre dello stesso anno pubblica le
Canzoni. Nel 1825 vive per due mesi a Milano, ma la città non gli si addice e si sposta a Bologna dove
soggiorna oltre un anno per poi tornare a Recanati. Nel 1826 pubblica i Versi. Nel 1827 pubblica le
Operette Morali, in seguito si trasferisce a Firenze e poi a Pisa. Nel 1828 a Pisa scrive Il risorgimento e A
Silvia. Nel 1829 a Recanati continua la grande stagione dei canti pisano-recanatesi. Nel 1830 fugge da
Recanati per sempre, e si reca a Firenze. Nel 1831 pubblica i Canti. Nel 1832 è diffuso il manifesto del
setti a ale Lo spettato e fio e ti o he Gia o o i te de edige e o l a i o A to io Ra ie i. Ne
lascia Firenze e si stabilisce a Napoli con Antonio Ranieri. Nel 1836 fugge da Napoli per il pericolo del colera
e si reca alla pendici del Vesuvio dove scrive Il tramonto della Luna e La ginestra. Il 14 giugno del 1837 a
39 anni, muore assistito da Ranieri. È sepolto fuori dalla chiesa di San Vitale Fuorigrotta. Giacomo Leopardi
u a figu a o a atte i disti ti pe l e ezio alità del suo personaggio; personaggio singolare, ha i tratti
del genio e una straordinaria vocazione letteraria.
Giacomo Leopardi appartiene a un clima culturale e umano differente rispetto a quello di Alessandro
Ma zo i. L isola e to di u a p ovi ia a et ata he lo fa rimanere vergine alle influenze eterne, il rigore
di u a ela o azio e dott i ale oltivata ella solitudi e della i liote a, l est a eità pe s elta ideologi a
dalle tendenze dominanti del Risorgimento liberare e romantico, sono i dati più evidenti che distinguono la
biografia di Leopardi. Giacomo Leopardi non vive bene a Recanati: inizia a scrivere e la sua scrittura si
indirizza verso 1. La prosa 2. La poesia, i Versi poco dopo il 1816 e le opere dopo il 1820.
Stupefacente precocità: nella ricca biblioteca del padre, che costruì rincorrendo alle liquidazioni dei patrimoni
librari ecclesiastici, svenduti durante e occupazioni napoleoniche, Giacomo si dedica a letture da

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autodidatta, apprendendo così greco ed ebraico, affrontando ricerche filologiche e documentarie che
dimostrano una stupefacente precocità. Nel 1811-1812 compone due tragedie: La virtù indiana e Pompeo
in Egitto. Nel 1813 compila la Storia dell’Astro o ia dalla sua origi e fi o all’a o 1811, nel 1815 scrive il
Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, appronta la traduzione degli Inni di Mosco e della
Bat a o io a hia. Nel t adu e ope e del g a ati o lati o F o to e, il p i o li o dell Odissea, il
poemetto Moretum, la Titanomachia di Esiodo. Giacomo tuttavia, denuncia all a i o Piet o Gio da i di
esse si ovi ato ell aspetto, o sette a i di studio atto e dispe ato. Da ui, l a gos ia della alattia
aggrava la sua sensibilità inquieta e lo induce a sentirsi insidiato da una infelicità irrimediabile. Il desiderio
di evadere dal recinto della piccola erudizione locale, lo porta a indirizzare alla milanese Biblioteca Italiana,
un testo dove sostiene contrarietà al romantico, testo che non viene pubblicato, in risposta a M.me De
Stael: il versante dei classicisti è scelto da Leopardi come il proprio interlocutore più diretto, in contrasto
con le nuove idee romantiche. Spiega e riconferma le proprie posizioni nel polemico Discorso di un Italiano
intorno alla poesia romantica del 1818, dove rivendica al poeta il diritto di illude e. Nelle illusio i
l ulti a spe a za pe soppo ta e l esiste za he a uisis e se so solo se i illudia o.
Dupli e o ve sio e: o ve sio e lette a ia io il g aduale sposta e to d i te esse dagli studi e uditi alla
poesia, il passaggio da sape e o e eto i a al ello o e o os e za i te io e he fa i giga ti e l a i a.
conversione filosofica, con il passaggio dal confessionalismo devozionale della fanciullezza e dalle abitudini
familiari a un convincimento ateo e materialistico, ela o ato sulla ase dell ato is o g e o e de se sis o
settecentesco. Nel 1819 Giacomo progetta un tentativo di fuga che viene scoperto e impedito dal padre. Dal
1822 al 1823 i genitori gli permettono di andare a Roma, ma vi rimane isolato e in solitudine, indifferente alla
magnificenza della città. il ritorno a Recanati segna anche il declinare di molte speranze. Milano, Bologna,
Firenze, Pisa. Nel 1824, Giacomo è occupato nella stesura delle Operette morali in volume nel 1827, a Bologna
pubblica le dieci Canzoni. Luglio 1825 si trasferisce a Milano e si illude di potersi guadagnare da vivere con il
proprio lavoro, a settembre si trasferisce a Bologna dove conosce ed ama (non corrisposto) la contessa Teresa
Carniani Malvezzi. Nel 1827, inviato da Vieusseux, si ferma brevemente a Firenze, dove incontra oltre a
Manzoni, Gino Capponi, Giovan Battista Nicolini, Niccolò Tommaseo e Pietro Colletta. Dopo un periodo a Pisa,
dove iso ge l attività del poeta o Il risorgimento e A Silvia, il rientro a Recanati, in un esilio di rabbia, noia e
malinconia, coincide con la stagione dei canti più celebri: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato
del villaggio, Il canto notturno.
Nell ap ile del las ia pe se p e Re a ati e si fe a a Fi e ze, i uesto periodo si manifestano le più
isolute o lusio i alla sua li ea ultu ale, o l a usa di tiepido pat iottis o, apoliti ità e disi peg o,
rivolta in specie alle Operette morali da parte soprattutto di spiritualisti e cattolici liberali, che vedono in lui
la negazione del progresso e non il rifiuto di ogni superficiale mito consolatorio, in nome di un vero
conquistato con dolorosa e coerente oltranza razionalistica. Il distacco definitivo da Recanati, accentua nel
poeta l atteggia e to più so ial e te ape to e combattivo degli ultimi anni, con rinnovati interessi politici
he a e tua o atta o pole i o e della sati a o t o il o fo is o dei ode ati e l otti is o del
risorgente spiritualismo. A Firenze pubblica nel 1831 la prima edizione dei Canti e si innamora (ancora non
corrisposto) di Fanny Targioni-Tozzetti, che ispira cinque componimenti del famoso Ciclo di Aspasia: Il
pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia. A Firenze stringe amicizia con
Antonio Ranieri e con lui si stabilisce a Napoli nel 1833, dove nel 1835 esce con una nuova edizione dei
Canti e delle Operette morali. Qui compone la Palinodia al marchese Gino Capponi, Il tramonto alla Luna
e Ginestra. All ulti a fase ope ativa appa tie e il poe etto sati i o i otto a ti: Paralipomeni della
Batracomiomachia e la raccolta di centoundici aforismi che si intitola Pensieri. Giacomo Leopardi muore a
Napoli assistito da Ranieri.

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OPERE
LE CANZONI
Eso dio del poeta t a il e il , dopo i p i i espe i e ti i ve si dell adolescenza, si presenta orientato
se o do due dive se te de ze: la poesia se ti e tale e la poesia d i agi azio e. Da u lato du ue le
Canzoni Civili e dall alt o gli Idilli. Sono due linee distinte che sottintendono due differenti attitudini
psicologiche, ultu ali esp essive: u a e oi a e azio i a te, i tesa al disvela e to del ve o, l alt a evo ativa e
fa tasti a, dove s atta l i f azio e p odigiosa delle illusio i, due o e ti o p ese ti e desti ati solo egli
anni più maturi a trovare un loro punto d i o t o. Le a zo i ve go o a olte la p i a volta i volu e a
Bologna nel 1824, in numero di dieci: All’Italia, Sopra il o u e to di Da te, Ad A gelo
Mai, Nelle nozze della sorella Paolina, A un vincitore nel pallone, Bruto minore, Alla primavera o delle
favole antiche, Ultimo canto di Saffo, Inno ai patriarchi, Alla sua donna. L idea della poesia se ti e tale,
rende ragione della particolare qualità e fattura delle canzoni. Predomina un tono sentenzioso e
dott i a io. L esaspe ato auto iog afis o dell auto e, si t adu e ella fo ula di ideali ivili e pat iotti i
dettati da intenti educativi, da un proponimento di pubblica utilità, da un incremento della virtù. Alla
pole i a i tellettuale si u is e l asso ta o te plazio e della ella età del o do antico rimpianta come
u sog o pe duto. Il otivo dell i feli ità e della aduta delle illusio i al e t o di Bruto minore (piange il
ito dist utto della vi tù e dell Ultimo canto di Saffo pia ge sul ito dell a o e . La t adizio ale st uttu a
della canzone petrarchesca è rinnovata da concitazione sintattica, esclamativa e interrogativa, riflesso
spesso e fati o di u aute ti a i uietezza d affetti. La passio e ivile e sto i a ost a la sua passio e
oratoria, appare scoperta la ricerca di uno stile classicheggiante e sublime.
GLI IDILLI
Stesura contemporanea alle canzoni, sei idilli pubblicati a Milano: L’i fi ito, La sera del dì di festa, Alla
luna, Il sogno, Il Frammento XXXVII, La vita solitaria. Le canzoni presuppongono un impegno di letteratura
civile, u appo to a tago isti o o la ealtà della sto ia. I ve e l ideale della poesia d i agi azio e da
ui as o o gli idilli, seg a l allo ta a e to dalla sto ia e dalle spe a ze della poesia ivile. Ce a di
recuperare la concezione di naturalezza e di li e a asso iazio e fa tasti a p op ia dell i fa zia sia degli
i dividui he dei popoli, te e dosi e t o le p ivate espe ie ze dell io. U ito o du ue alla se pli ità
intuitiva della poesia antica. Negli idilli scompare la materia erudita e didascalica delle canzoni, insieme alla
loro architettura raziocinante, e si presenta in modi tenui e lineari un paesaggio soprattutto interiore,
rivissuto attraverso intensa contemplazione sentimentale. Recanati diventa lo sfondo di questa nuova
poesia, gli idilli si muovono entro questo limite domestico, insieme amato e odiato. Dai semplici aspetti
d u a vita fa ilia e si passa alle agio i del uo e, ai deside i e alle illusio i del poeta, all a gos ia della
giovinezza passata senza gioia, ai disinganni delle giovanili speranze. Il linguaggio si rivolge a oggetti reali
ma rifiuta racconto e esattezza descrittiva. Mira a rievocare un mondo di perdute fantasie, a esplorare la
soggettività dell io. Il ge e e dell Idillio a uista u a atte e pe so alissi o, diviene espressione delle
avve tu e sto i he dell a i o dell auto e.
LA STAGIONE DELLA PROSA E L IDEOLOGIA LEOPARDIANA. I ve ti o po i e ti p ese ti ella p i a edi-
zione delle Operette morali, sono composti nel 1824. La seconda edizione si arricchisce di due testi scritti nel
e i se iti ella hiusu a del li o. Su essiva e te, l auto e p og a a u a te za edizio e i due
volu i, solo u o dei due dei vie e sta pato, a ausa dell i te ve to della e su a. Ne se o do vo-lume non
stampato erano presenti tre nuovi brani. Questo progetto non compiuto, è realizzato in via de-finitiva,
ell edizio e postu a a Fi e ze el i due to i. Ope ette o ali: p ese ta o o o piu-tezza i temi
centrali del pensiero leopardiano cioè la continua e vana ricerca della felicità che scandisce la storia umana,
la o esiste za del pia e e, il sollievo e ato da u sog o, la vita avve tu osa, l i ileva za della eatu a
u a a ell o di e os i o, il deside io della o te, l ipotesi di sui idio ifiutata i o e di u a solidarietà di
affetti o i a i he esta o i vita, l ig o a za del futu o, la pole i a o t o lo spi i-tualismo
o te po a eo. Ne isulta u a i te p etazio e e a i isti a e ate ialisti a dell esiste za, i

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cui le teorie classiche della fisica antica si uniscono al sensismo dei pensatori illuministi. Le Operette
fan-no registrare un momento di pausa meditativa in cui il poeta guarda in controluce le proprie
angosce. Tuttavia il pensiero di Leopardi può ricavarsi allo stato germinale dalla mole delle 4526
facciate mano-scritte dello ZIBALDONE, diario di pensieri, appunti, etc. annotati dal 1817 al 1832. È un
repertorio do-cumentario. Lo Zibaldone è pubblicato per la prima volta in sette volumi nel 1898-1900
per il centenario della nascita, da una commissione di studiosi presieduta da Carducci.
I CANTI PISANO-RECANATESI. Ricorrente nei canti pisano-recanatesi il tema del ritorno memoriale al pa-ese
d o igi e, al passato pe duto dell i fa zia, alla feli ità sva ita u te po vagheggiata. Due o e ti si
cont appo go o: il p ese te he sig ifi a spietata o os e za del ve o e l età dell i o sapevole adole-
s e za. Il isog o di su essivi passaggi a alogi i, pitto i i e iflessivi, si o p e de il l a a do o delle
fo e et i he hiuse e l i ve zio e di u a libera misura metrica. Il peso della cultura classica è scom-parso,
il li guaggio asso ia o appa e te se pli ità il fa ilia e all a ai o, l i dete i ato al o eto et .
ius e do a o fe i e spo ta eità d a e ti ai ate iali spesso logo ati d u a se olare tradizione liri-ca.
L ulti o Leopa di. Co il defi itivo allo ta a e to da Re a ati, la p ospettiva leopa dia a supe a i li iti
dell o gogliosa solitudi e i pli ita ella poeti a dei a ti pisa o- e a atesi. Il poeta o a es e dall isola e to
e affronta i rapporti umani. Contemporaneamente recupera ideali filosofici, affermazio-ne della propria
personalità, oltranza polemica tipica delle canzoni civili ma con una più lucida consape-volezza di se stesso e
con una maggiore esperienza delle relazioni sociali. Ne è prova La Palinodia al marchese Gino Capponi,
unico componimento satirico dei Canti, acuminato contro lo spiritualismo e l otti is o te ologi o della
cultura contemporanea. Tensione filosofica e tensione evocativa, le due li-nee separate delle canzoni civili e
degli idilli, giungono a saldarsi nella Ginestra (dolore privato diventa speranza in un mondo migliore). Tra i
canti pisano-recanatesi e La ginestra si collocano anche i canti del ciclo di Aspasia, ispirati
all i a o a e to pe Fa y o os iuta a Firenze nel 1830, moglie di un medi-co fiorentino. Al di la della
o a a iog afi a, uesti o po i e ti, tutti sul te a dell a o e, testi o-niano il nuovo atteggiamento
e oi o dell ulti o Leopa di. Notevoli a he le due a zo i sepol ali: se il i lo di Aspasia ivela l i ga o
d a o e, i due sepol ali disa ellis o o la o te. Co l i agi e della gi est a e il fio e del dese to, si
sigilla nel 1836 la parabola della poesia leopardiana.
LA GINESTRA
la lirica non ha più come protagonista la prima persona del poeta che racconta se stesso e la propria
sto ia i te io e, a si p ese ta o e u viaggio el passato pe giu ge e all attualità del p ese te,
pe attesta e, la te i ilità della atu a e la supe ia i ge ua dell u a a o dizio e. Motivi o
nuovi ma tenuti insieme con fermezza concettuale e con arditi lampeggiamenti fantastici.

TESTI
Canti, opera stratificata nel tempo, dopo la prima stampa nel 1831 che comprende 23 componimenti, cambia
identità con la seconda edizione. La stampa del 1831 è selettivamente lirica, a struttura lineare e chiusa, sigillata
con Il sabato del villaggio. Si articola sui tre nuclei delle canzoni, degli idilli e dei canti pisano-recanatesi. 1835 i
testi passano da 23 a 39. Impianto più frastagliato, struttura aperta, pa o a i a dell io p otago ista espa sa i
senso meno selettivo, più articolato, prospettico e anche satirico, soprattutto in Palinodia al marchese Gino
Cappo i. P e eduti dall I itazio e e dallo S he zo, e t a o i hiusu a i i ue F a e ti, pe t a iare un
auto it atto più osso. Ma a o i ve si del , pe h uesti Ca ti del a ia o l i p i atu defi itivo. È
u ope a i dive i e, o solo pe l i e e to el te po di o po i e ti uovi, a a he pe la evisio e dei
componimenti già editi: divenire del libro e divenire dei singoli attori dentro il libro. È quindi sorto un libro
insieme arduo e trasparente, limpido ed enigmatico scritto da un intenditore raro di gioia e di piacere, viaggio
i t epido e dispe ato all i segui e to della feli ità. (non son sonetti per due o tre versi in più, sono tutti
endecasillabi e settenari). A se stesso: fa parte del ciclo di Aspasia, è un commento ad una delusione amorosa
(per Fanny), testo delusivo in molti punti. I

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due punti in gioco sono: chi compone la poesia e il suo cuore (dialogo-soliloquio tra di essi). Qui il poeta
sostiene che se non si hanno illusioni da coltiva e l esiste za si speg e. All u di esi o ve so il poeta
alla ga la sua p ospettiva e sostie e he l u i o do o della vita la o te. Mette in luce un processo
i te o he dalla p ivata o dizio e dell io si este de all u ive so i te o.

CRITICA
Angelo Monteverdi. Sedici versi, dieci endecasillabi e sei settenari. Vi sono solo tre rime. Sobria ar-
chitettura di classico equilibrio. La complessità interiore e la semplicità esteriore di questo canto ri-
spondono ai due momenti che vi possiamo distinguere, e che pur constatiamo indissolubili: passio-
ne umana e contemplazione poetica: il grido disperato della passione e il tocco liberatore della
poe-sia.
Sebastiano Timpanaro. Non bisogna presentare il passaggio dal primo al secondo pessimismo leo-
pardiano come frutto di uno sviluppo puramente concettuale. è giusto analizzare le ambivalenze in-
site nel concetto leopardiano di Natura e osservare che il Leopardi doveva necessariamente
render-si o to he uella stessa Natu a he aveva dato all uo o le eatifi a ti illusio i, gli aveva
però an-che dato la ragione destinata a dissolverle. Nella prima fase del pensiero leopardiano la
Natura era concepita o e u a ad e pietosa he aveva velato all uo o, edia te illusio i,
l a a a ve ità del-la sua condizione; è facile allora passare dalla concezione di Natura come madre
pietosa a quella di Natura matrigna, poiché essa non aveva dato ai viventi la felicità obbiettiva.
Infine, la scoperta del pessimismo antico, compiuta da Leopardi nel 1823,contribuì a convincerlo
he l i feli ità o e a o segue za dell e essivo azio alis o dei te pi ode i, a u dato
osta te dell esiste za u-mana. Non bisogna però dimenticare che la nuova concezione di Natura
Matrigna nasce nel Leo-pa di, o sul filo logi o di tali a go e tazio i, a pe l u ge e di uove
esperienze pratiche, non sistemabili nel quadro del pessimismo storico. Queste esperienze pratiche
consistono nell agg ava si delle sue o dizio i di salute, e p i a a o a, ell a e tuato se so di
infelicità per la sua deformità fisica. Bisogna dunque riconoscere che la malattia dette al Leopardi
una conoscenza precoce ed a-cuta del pesante condizionamento che la atu a ese ita sull uo o,
dell i feli ità dell uo o o e esse e fisi o. L espe ie za della defo ità e della alattia du ue,
divenne un formidabile strumen-to conoscitivo.
Guido Ceronetti. Leopardi nei suoi versi produce e dona felicità. La cognizione profonda del
dolore consente di cogliere con straordinaria acutezza gli istanti di rara felicità. Il motivo
dell asse za de-te i a te e p op io dall asse za della do a si ge e a u i te so pia e e
d a o e.
Italo Calvino. In alcune Operette morali e nei Canti, Italo Calvino, intravede un nucleo
fondamentale di letteratura fantastica che di fatto scarseggia nel nostro 800. Il fantastico richiede
e te lu ida, o t ollo della agio e sull ispi azio e isti tiva o i o s ia e dis ipli a stilisti a.
Sebastiano Timpanaro. Gli studi su Leopardi hanno conosciuto incremento cospicuo ed eccessivo
spe ial e te ell o asio e dei festeggia e ti del . I po ta te o las ia si a da e a
inde- ite attualizzazio i, poi h l attualità del Leopa di l attualità di un classico.

GIUSEPPE GIOACHINO BELLI:


VITA
Nasce il 7 settembre 1791 a Roma, da una famiglia benestante. Roma è la patria di Belli e insieme la corale e
imponente protagonista della sua opera. Gli anni della biografia del poeta corrispondono con il declino dello
Stato Pontificio: un mondo in rovina non illuminato dai contemporanei rivolgimenti della nuova cultura europea.
L auto e si t ova p esto a soppo ta e i disagi e le f ust azio i di u esiste za fati osa i seguito alla o te dei
genitori). Interrotti gli studi vive di impieghi saltuari presso famiglie aristocratiche e prelati. 1813:

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ottiene l i a i o di seg eta io ell A ade ia Ti e i a. Il at i o io el o Ma ia Co ti, vedova


benestante del conte Pighi, porta serenità e agiatezza, forse conosce Leopardi, e a Milano acquista le
Poesie di Porta e vi si applica con imitazioni in romanesco. 1828: scrive il primo sonetto in romanesco non
rifiutato. La composizione dei Sonetti lo occupa prevalentemente tra il 1830 e il 1837, ma come attività
coltivata in segreto, di cui sono messi a parte solo gli amici più fidati. La morte della moglie nel 1837
impone di nuovo la routine di impieghi modesti. 1849, con la Repubblica Romana, colpito da rivolgimenti e
timoroso dei rischi che la diffusione dei suoi versi può comportare, brucia parte delle proprie carte. In
seguito, a causa anche dei lutti familiari, si irrigidisce su posizioni conformiste. Nel 1852 gli è conferito
l i a i o di Ce so e degli spetta oli teat ali sotto il p ofilo della o ale politi a. Muo e all i p ovviso, a
Roma, il 21 dicembre 1863 per un colpo apoplettico. Oltre ai Sonetti, restano di lui poesie in lingua, le
Lettere e uno Zibaldone. La Roma di Belli, classicista, sonnolenta e parassitaria, non è la Milano del Porta.
Ne derivano al poeta un atteggiamento di scetticismo politico, un fondo cupo di pessimismo senza
spe a za di is atto. L assu zio e del dialetto vale o e s elta di u i edita li gua di la o ato io ai fi i
espressionistici, è una sorta di ribellione espressiva, senza la conoscenza civile e militante del milanese di
Po ta. Ma p op io su uesti o otati isiede l alto valo e a tisti o dell auto e o a o.

OPERE
Di 2279 SONETTI i dialetto o a es o si o po e il o u e to di Belli, he ha elevato la ple e di
Roma. Diffusi per tradizione orale, questi testi hanno conosciuto durante la vita del poeta sporadiche
stampe clandestine. Al 1865-1866 risale la prima ampia raccolta ufficiale, secondo lezioni manomesse e
i atte di ili, sta pata i uatt o volu i a Ro a dall editore Salviucci. Una silloge debitamente curata che
comincia a far conoscere Belli anche fuori Roma si deve a Luigi Morandi: Duecento sonetti in dialetto
o a es o. Se p e Mo a di, a i dopo, allestis e u edizio e uasi o pleta: I so etti o a es hi.
Solo o l edizio e di Gio gio Vigolo i o posto il o pus i teg ale e filologi a e te vigilato. Sfo do e
s e a di uesto o u e to la ittà di Ro a, ella va iegata st atifi azio e del suo tessuto so iale e
dei suoi ambienti. Questo affresco è disegnato attraverso una voce corale che muove dal basso, attraverso
le parole, i pensieri, le opinioni della plebe che occupa il gradino più basso della scala sociale. Il punto di
osservazione umile smaschera l convenzionalità e le ipocrisie, incrina il decoro e mette in ridicolo i vuoti
cerimoniali dei potenti. Al tempo stesso stabilisce un rapporto di solidarietà umana con i subalterni e gli
oppressi. Affiorano così alla ribalta, la miseria, le superstizioni, lo squallore e la fame degli interni più
poveri. Il tono è tragico e il quadro ha le tinte del dramma, perché i popolani che raccontano se stessi e
guardano alla ricchezza ostentata di chi li governa sono incupiti dal quotidiano spettacolo di sopraffazione
che li affligge.

TESTI
Nell i t oduzio e dei So etti scritta da Belli, egli ci spiega che voleva lasciare testimonianze di come era al
suo te po la ple e di Ro a. L i te o uad o o posto dal pu to di vista dei popola i, delle lo o idee e
delle loro abitudini. Di qui la spontaneità del disegno, non reso uniforme dalle convenzioni e dalle
cerimonie della civile educazione. Il poeta non è interessato una riproduzione documentaria, ma aspira a
u i te p etazio e ealisti a. Pe iò deve i ava e u a egola dal aso e u a g a ati a dall uso , deve
cioè porre la propria cultura artistica al servizio della sua nuova materia. Se more: il padrone parla
addolo ato dell asi o he o to e lo hia a pe o e. Ne p ova pietà o osta te sia stato lui ad
ucciderlo; non solo ucciso ma anche torturato con trattamento violento e disumano.

CRITICA
P i o Levi. Il o do poeti o di Belli as e dal asso, l auto e o p e de ai pa ola, a t as ive le
voci della plebe di Roma, ed attraverso queste convoglia al lettore una ben definita visione del mondo. I
temi preferiti da Belli sono tre: religione, sesso e morte.

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GIUSEPPE GIUSTI
VITA
Nasce a Monsummano il 13 maggio 1809 da una famiglia di solida proprietà terriera. Spesso letto
supe fi ial e te o e poeta giulivo, ila e e gio o do. Sotto l appa e te fa ile ve a epig a atica cela in effetti
u a austi a, it osa e i uieta pe so alità d osse vato e iti o e dissa a te he dise oi izza i iti pat iotti i
dell epopea iso gi e tale. Studia legge a Pisa, o si patie epu li a e, si lau ea el e si a ilita alla
professione di avvocato che non esercita potendo vivere di rendita. Si trasferisce a Firenze dove entra in
o tatto o l i flue te a hese Gi o Cappo i e o il pa tito dei ode ati. Nel dive ta a i o di
Tommaso Grossi e Manzoni. Nel 1848 aderisce ai moti li e ali e vie e eletto deputato dell asse lea legislativa
toscana. Ma la carriera pubblica poco si addice al suo carattere schivo e crucciato, turbato dai difficili rapporti
col padre e dai disagi di una vita affettiva instabile ed arida. I ritratto dell uo o e del suo a ie te e e ge dai
i ue volu i dell Epistolario, come lo stile asciutto del resocontista politico è documentato dalla Cronaca dei
fatti di Toscana (edita postuma nel 1890). Allestita da Gino Capponi è la stampa postuma della Raccolta dei
proverbi toscani, serbatoio del vocabolario antiaulico, parlato e gergale costantemente ricercato dal poeta.
Muore il 31 marzo 1850 a Firenze, nel palazzo di Gino Capponi.

OPERE
Tecnicamente esperto, nel funambolico gioco dei suoi metri per lo più brevi e a imitazione popolare, Giusti
ha dato la prova migliore della sua originalità, piuttosto che nella poesia sentimentale, negli incisivi e fluidi
pannelli della satira di costume. I personaggi dei suoi celebri scherzi, riuniti nei Versi e nei Nuovi versi sono
i voltaga a a, gli a ivisti, gli a i hiti t a ota ti, i igotti oppo tu isti, i ie hi tuto i dell o di e
ostituito, i tesi se p e alla tutela del lo o es hi o to a o to. La pole i a olpis e l assolutis o dei
governanti, la demagogia dei falsi ivoluzio a i, l egois o del le o e le o t addizio i della vita so iale:
u a so ta di o edia u a a e politi a s a dita sull espe ie za uotidia a, t atteggiata o a a ezza
dall osse vato io e pe sa te del ode atis o g a du ale, a o o hio tutt alt o he u i ipale.

TESTI
1844 a Lugano appare un volume pirata a nome di Giuseppe Giusti, intitolato Poesie italiane tratte da una
stampa a penna, allestito da Cesare Correnti; il poeta si arrabbia e decide di dare alle stampe il suo primo
libro di Versi. Si tratta di un volumetto, uscito in estate che raccoglie sei poesie non satiriche. Molto più
i po ta te la a olta he Giusti pu li a l a o su essivo, il , o il edesi o titolo, Versi, che non
ripropone le sei poesie del 1844 ma include 32 scherzi. Il libro i Nuovi versi del , l ulti a a olta
u ata dall auto e e o p e de testi sati i i o posti el ie io -1847. Il brindisi di Girella: databile
i to o al , appa e pe la p i a volta el pe iodi o l Apostolato popola e , quindi nel volume Versi
del 1845. Il nome del protagonista deriva dal termine toscano che indica comunemente la trottola
sinonimo di banderuola. Il brindisi di Girella, tradizionalmente ricordato come testo ameno e giocoso, è il
ritratto impietoso e disincantato di un personaggio che assomma purtroppo in se non pochi attributi
dell ide tità italia a, uale si ve uta fo a do el o so se ola e di d a ati he vi issitudi i sto i he.

CRITICA
Francesco de Sanctis. Firenze riconquista il suo posto nella coltura italiana per opera di Giuseppe
Giusti; le finezze politiche, le ipocrisie dottrinali, la mascherata universale, sotto la quale ammiccavano
le idee liberali gli Arlecchini, i Girella, gli eroi da poltrona, furono materia di riso non privo di tristezza.
Arrigo Cajumi. Uomo nervoso, infelice in famiglia e in amore, malaticcio ed ombroso, fama fulminea in
età giovane che con il passare degli anni andò affievolendosi, finì per essere odiato come giacobino e
a he o e fo ajolo. Sati i o e t isto, l a i o del Giusti era malinconico e gentile anche se la sua
pen- a effa da. Ad assi u agli u posto el pa theo lette a io, fu o o l a o e e lo studio he egli
dedi ò all a te.

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Giovanni Nencioni. Il brindisi di Girella si fonda essenzialmente sulle rime e sul ritmo vorticoso che
be-ne si adattano al lessico triviale, cioè quotidiano e realistico impiegato dal voltagabbana che parla
in prima persona.

IPPOLITO NIEVO
VITA
Nasce a Padova il 30 novembre 1831, figlio di un magistrato mantovano e di una gentildonna veneziana. È
il massimo narratore risorgimentale, la sua opera documenta in modo esemplare il passaggio dalla stagione
primo-ottocentesca del romanzo storico manzoniano al realismo postunitario di Verga. Studia legge, e nel
1849 entra in contatto a Firenze e Pisa o l a ie te li e ale tos a o. Affas i ato dalla passio e ivile di
Mazzini, nel 1859 combatte tra i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e prende parte alla spedizione dei Mille.
Rimane in Sicilia come vice-intendente generale del corpo militare, con funzioni amministrative. Nel
novembre 1860 è promosso colonnello. Trascorre il capodanno 1861 a Mantova con la famiglia, in febbraio
rientra a Palermo. Il 4 marzo si imbarca a Palermo, diretto a Napoli, e muore la notte dello stesso giorno
nel naufragio del piroscafo Ercole, nelle acque del Mar Tirreno.

OPERE
Gli episodi della iog afia, spesa all i seg a di u a osta te dedizio e di pat iota e di ilita e, ha o p opiziato
il mito del poeta soldato, che non ha comunque contribuito alla comprensione dell attività dello s itto e. Ha
esordito come poeta nel 1854 e nel 1855 con due raccolte entrambe dal titolo Versi, d ispi azio e ivile se o do
la maniera satirica di Giusti. Ha poi pubblicato nel 1858 il canzoniere Le lucciole e nel 1860 le liriche Gli Amori
Garibaldini. A parte lavori teatrali, come il dramma Gli ultimi anni di Galileo Galilei e le due tragedie in versi I
Capuani e Spartaco, Nievo avvia nel 1855 la sua produzione nel terreno della novellistica campagnuola, con il
racconto La nostra famiglia di campagna. Spinto da specifici interessi di genesi romantica per una
rigenerazione delle classi popolari, pubblica, tra il 1855 e il 1859 La pazza del Segrino, Il Varmo, La Santa di
Arra, L’avvocati o e altri bozzetti che avrebbe voluto raccogliere in volume col titolo Novelliere campagnuolo.
Il ge e e usti ale, diffuso ell a ea lo a da e ve ta di età otto e to att ave so il e upe o i spe ie dei
romanzi campestri della francese George Sand, depone con Nievo i suoi connotati più esteriormente arcadici e
pittoreschi. Diventa una rappresentazione non edulcorata dallo stato dei contadini italiani, sulla base di
u ideologia se za p egiudizi esp essa o hia ezza el saggio Rivoluzione politica e rivoluzione nazionale,
elaborato intorno al 1859, lasciato incompiuto e inedito. Il primo romanzo, Angelo di bontà, stampato nel 1856,
si presenta come storia del secolo passato, ma già Il conte pecoraio pubblicato nel 1857, si definisce storia del
nostro secolo e tende alla pittura sociale dell a ie te oderno, dedicata al ritratto dei contadini friulani. Alla
struttura del racconto filosofico, ironico e di satira, guarda invece il romanzo breve Il barone di Nicastro. Al
saggio Rivoluzione politica e rivoluzione nazionale si affida la riflessione dello scritto e sul p o le a dell U ità
Nazionale. La sua i po ta za o siste el sottoli ea e o dete i azio e la f attu a e l a tago is o he
separano il moto liberale e la massa delle plebi contadine. Da ciò discende anche una valutazione del processo
unitario o solo eti a e politi a, a a he e o o i a e so iale. Solo o l i teg azio e delle ple i u ali, la
rivoluzione politica può trasformarsi in una più stabile rivoluzione nazionale; indipendenza e unità non possono
separarsi da una profonda riforma ammi ist ativa e fi a zia ia he assi u i all oliga hia li e a e il o se so di
venti milioni di contadini poveri ed ignoranti. Le co fessio i d’u italia o: si distingue dal genere narrativo
ottocentesco come primo grande romanzo di vita contemporanea. La prospettiva autobiografica è un filtro che
pe ette l aff es o del p ese te, dal al , dal de li o dei esidui feudali sette e tes hi alle soglie
dell U ità italia a. Gli ideali iso gi e tali del p otago ista ostituis o o il esso he tie e u ite le molteplici
fila del a o to. L i ve zio e del a ato e ottuage a io esse ziale pe la st uttu a dell ope a pe h
o se te il iepilogo di a i di sto ia dal pu to di vista di u u i a espe ie za eti a e

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politica. Propone inoltre un quadro storico non astratto ma operativo e reale perché scandito dalle tappe
biografiche, sulle azioni e sugli aspetti di un individuo che racconta se stesso e le vicende della sua nazione.

TESTI
Le co fessio i d’u italia o: romanzo composto tra i 1857 e il 1858, pubblicato postumo in due volumi nel
. Poi h all edito e p e e he il li o o si p ese ti o e u a delle ta te p opaga disti he
pappolate politiche che allora invadevano il mercato, la curatrice crede opportuno mutare il titolo in
Confessioni di un ottuagenario. Il manoscritto autografato si trova nella Biblioteca Comunale di Mantova.
Il movimentato intreccio dei 23 capitoli si incentra sulla figura del protagonista, Carlo Altoviti, che narra in
p i a pe so a le vi issitudi i della sua vita. L ope a si presenta come romanzo di educazione sentimentale
ed esperienza politica. Il personaggio cresce e trova la propria identità, in un susseguirsi di delusioni e di
speranze, attraverso le fasi del processo unitario. Questo doppio piano si traduce in due fondamentali
registri narrativi. Da una parte il racconto di memoria che investe in prevalenza la prima parte, dedicata
all età favolosa dell i fa zia ell a ie te so ole to del astello di F atta i F iuli, dove Ca lo vive.
Provincia feudale molto popolata e p ossi a al de li o, dove isalta l idillio i fa tile del p otago ista o
la ugi a. L alt o i ve e il egist o del a o to d avve tu a, se o do il odello dei li i di viaggio e dei
romanzi piareschi. Romanzo dunque di memoria e storia contemporanea, di tema autobiografico e di
te a ivile, dove si alte a o il g ottes o al o i o, l idilli o all avve tu oso et ., a he il li guaggio si
avvale di materiali ora aulici ora dialettali etc.

CRITICA
Claudio Magris. Al romanzo, non è ancora stato attribuito il legittimo riconoscimento di capolavoro
i te azio ale, osì da po e l ope a del giova e Nievo al pa i dei g a di o a zi eu opei. Questo u o
degli effetti di uell isola e to he talo a avvolge a o oggi la lette atu a italia a e spe ial e te la
na ativa italia a dell .

Scaricato da Donato Plutino (tino342m@gmail.com)

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