Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ISBN 88-8243-523-3
9 788882 435233
a cura di
Stefano Milioto
Edizioni Lussografica
a cura di
Stefano Milioto
Edizioni Lussografica
Centro Nazionale Studi Pirandelliani
Il Personaggio e l’Autore
Pirandello celebra Dante
di Rino Caputo
“bruttissima metafora”.
E, poi, nello stesso canto XXVI c’è una similitudine “bellissima ma
un po’ lunga”; o, addirittura, è “un po’ arguta e sofisticata” proprio
quell’altra ai vv. 1-6 del canto XIV che comincia con l’icastica imma-
gine ‘circolare’, tanto ripresa da certa qualificata critica letteraria nove-
centesca (Spitzer, innanzitutto):
1
Cfr. Luigi Pirandello, Chiose al “Paradiso” di Dante, edizione critica, intro-
duzione e note di e a cura di G. Bolognese, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996.
2
Cfr. la conferma di Annamaria Andreoli in Luigi Pirandello, Sei Personaggi in
cerca d’autore, a cura di Annamaria Andreoli, Milano, Mondadori Oscar Moderni,
2019, p. LVI, nota 10.
3
Cfr. Luigi Pirandello, Saggi e Interventi, a cura e con un saggio introduttivo di
Ferdinando Taviani e una testimonianza di Andrea Pirandello, Milano, Meridiani
Mondadori, 2006 (d’ora in poi SI); l’articolo sul poema di Cesareo è alle pp. 467-482.
4
Cfr., oltre ad altri interventi di varia grandezza, G. Pascoli, Minerva oscura.
Prolegomeni: la costruzione morale del poema di Dante, Livorno 1898; Sotto il ve-
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 7
lame. Abbozzo di una storia della Divina Commedia, Messina 1900; La mirabile
visione, ibid. 1902; Prolusione al Paradiso, 1902.
5
Cfr. SI 248-252.
6
Cfr. SI 1154-1172.
8 Rino Caputo
E perciò:
A Dante, sempre, si ritorna. Si ritorna a Machiavelli. Si ritorna
all’Ariosto. Si ritorna al Leopardi e al Manzoni. E si ritorna a Giovanni
Verga (ibid.).
7
Cfr. SI 1417-1435.
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 9
8
Cfr. Ugo Foscolo, Saggio sopra la poesia del Petrarca in “Edizione Nazionale
delle Opere di Ugo Foscolo, X. Saggi e discorsi critici (1821-26). Saggi sul Petrar-
ca”, Firenze, Le Monnier, 1953.
9
Cfr., per una considerazione più organica, il mio R. Caputo, Il piccolo Pa-
dreterno, Roma, Euroma, 1996, in part. pp. 173-200. Non si può dimenticare,
in proposito, il riferimento a Carlo Dionisotti Varia fortuna di Dante, in Id., Ge-
ografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1999 (prima ed. 1967),
pp. 255-303 e, in tempi molto più recenti, Amedeo Quondam, Petrarca, l’italiano
dimenticato, Milano, Rizzoli, 2004.
10 Rino Caputo
Ma, ben prima del romanzo del 1913, in Arte e coscienza d’oggi del
settembre 1893, Pirandello conferma l’impianto etico-politico e arti-
stico-culturale del giudizio desanctisiano e parla di “naufragio morale”
della precedente generazione, di giovani “moralmente inani” e, soprat-
tutto, “tutti o per la massima parte affetti da neurastenia”, “educati
senza un criterio direttivo”.11 SI 195
Più specificamente, per quanto riguarda la Commedia, con De Sanctis
Pirandello condivide la convinzione del rapporto inscindibile tra poesia
e allegoria, anche se, rispetto al critico irpino, come si vedrà, contro il
Croce autonominatosi continuatore desanctisiano dell’esegesi dantesca,
la componente strutturale del poema è vista come supporto organico
della poesia:
L’errore massimo consiste nell’assumere questa allegoria dantesca
alla stregua di tutte le altre allegorie: cioè come un concetto che si
vesta, un concetto figurato, laddove è proprio l’inverso. […] Egli non
vuole fare la figura simbolo di un concetto. […] per cui ogni figura vive
nella sua essenzialità allegorica, non come in una veste, ma anzi nella
sua vera realtà. Non è la Grazia che si fa Beatrice; è Beatrice che vive
nella sua vera essenzialità di Grazia divina.12 SI 1097
Francesco De Sanctis, Saggio critico sul Petrarca, Torino, Einaudi, 1983, p. 30.
10
1893, in SI 185-203.
12
La poesia di Dante in SI 1085-1098.
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 11
Questo lavoro, compiuto nel 1920 e del quale alcune parti sono
state sparsamente pubblicate in riviste e atti d’accademia, si raccoglie ora
intero nel presente volume, nell’anno in cui ricorre il sesto centenario
della morte di Dante. Il suo intento è di offrire un’introduzione meto-
dologica alla lettura della Commedia, e insieme come un saggio di questa
lettura, condotta con semplicità, libera da preoccupazioni estranee. E
se conseguirà l’effetto di rimuovere alquanto l’ingombro dell’ordinaria
letteratura dantesca e riportare gli sguardi verso ciò che è proprio ed es-
senziale nell’opera di Dante, questo libro avrà ottenuto il suo fine. B.C.
13
Cfr. Raffaele Campanella, Dante e la Chiesa oggi in “Dante”, rivista interna-
zionale di studi danteschi, XII, 2015, pp. 143-150.
14
Cfr., in proposito, l’esauriente ricostruzione di Fulvio Conti, Il Poeta della
12 Rino Caputo
Patria. Le celebrazioni del 1921 per il sesto centenario della morte di Dante in “Kwar-
talnik Neofilologiczny”, LIX, 2/2012, pp. 147-164.
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 13
Voi tutti, illusi dalla potenza di una fantasia creatrice che ha costru-
ito un mondo di cui il poeta stesso agli occhi vostri appare, per prodi-
gio d’arte, non più il creatore ma l’attore, il viaggiatore che passa per
esso mondo, dubitoso, impaurito, quasi non si fosse egli stesso appa-
recchiato quelle sorprese, quelle meraviglie, quegli spettacoli: voi tutti,
che per effetto di quel suo passaggio in mezzo all’eterno di quel mondo
vedete a mano a mano destarsi una vita momentanea che la potenza
dell’arte fissa in atteggiamenti eterni, senza neanche più pensare che
questo transitorio nell’eterno, divenuto per potenza d’arte a sua volta
eterno, non è certamente per il poeta com’è per voi… . SI 1089-1090
15
Cfr., almeno, Elio Providenti, Pirandello impolitico. Dal radicalismo al Fa-
scismo, Roma, Salerno Editrice, 2000; Luigi Scorrano, Il Dante «fascista». Saggi,
letture, note dantesche, Ravenna, Longo, 2001.
14 Rino Caputo
perché il sentimento del poeta – divenuto quasi realtà fuori di lui – voi
lo vedete consistere nella rappresentazione ch’egli ne ha data SI 1090
16
Cfr. Luigi Pirandello, Sei Personaggi, cit., pp. 4-5.
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 15
e l’indole e la ragione del riso è tanto più triste in fondo, quanto più
sguajato, più plebeo si rappresenta quel comico [...] La crudezza ap-
punto di questa rappresentazione che non s’arresta innanzi ai partico-
lari più sconci e triviali, anzi ci assalta con essi, dimostra che non c’è
affatto la compartecipazione di Dante alla commedia, e che perciò essa
non va considerata per sé, nella sua volgare sconcezza, ma in relazione
col poeta che solo non ne ride né può riderne SI 1058
17
Per i riscontri di tutti i saggi menzionati cfr., s. v. , SI, cit.
16 Rino Caputo
e non rideremo più neanche noi, allora, perché avremo inteso che qui
c’è un sarcasmo; il sarcasmo, che non è mai commedia, ma è sempre
un dramma che non può rappresentarsi tragicamente come dovrebbe,
poiché troppo buffi, indegni e solo meritevoli di disprezzo sono gli
elementi e le ragioni ond’è determinato (ibid. ).
La mia arte è piena di compassione amara per tutti quelli che si in-
gannano; ma questa compassione non può non essere seguita dalla fe-
roce irrisione del destino, che condanna l’uomo all’inganno. Questa, in
succinto, la ragione dell’amarezza della mia arte, e anche della mia vita
SI 1110
Ed ecco perciò che, infine, un’‘imagine’, già affiorata dalle zone car-
siche della sua mente prima durante e dopo la sua attività di critico
dantesco, potrà assurgere a rappresentazione perfetta della sua arte di
Autore. Come in Illustratori, Attori e Traduttori, terzo capitolo di Arte e
Scienza, del 1908, in cui Pirandello asserisce:
18
Cfr. la più recente edizione, criticamente rivista e aggiornata, Luigi Pirandel-
lo, L’Umorismo, a cura di Giuseppe Langella e Davide Savio, Milano, Mondadori
Oscar Moderni, 2019, p. 132 e 138. Cfr. altresì SI 924.
Il Personaggio e l’Autore. Pirandello celebra Dante 17
19
Cfr., per ogni riscontro, oltre a più recenti contributi, il mio Il piccolo Pa-
dreterno, cit.
Sei personaggi trovano due (o vari) autori:
le vie traverse del successo dei Sei personaggi
nel mondo di lingua tedesca
di Michael Rössner
Benché scritta nel contesto del conflitto tra Luigi Pirandello e l’am-
biente teatrale del suo tempo che impediva il successo della sua compa-
gnia, la lettera svela una verità oggettiva: la fama mondiale di Pirandello
Premio Nobel non è dovuta unicamente o innanzitutto al pubblico ita-
liano, ma al pubblico europeo ed americano, e questa fama è legata al
trionfo dei Sei personaggi, la cui prima assoluta ebbe luogo cento anni fa
e finì in uno scandalo, una rissa tra ammiratori e denigratori nelle strade
di Roma. Nella lettera, Pirandello però tralascia di fare riferimento ad
una messinscena straniera che ebbe il maggior effetto a livello nazionale,
facendo dell’agrigentino negli anni seguenti l’autore più rappresenta-
to sulle scene germanofone: la messinscena berlinese dei Sei personag-
gi sotto la regia del “mago del teatro”, l’austriaco Max Reinhardt. È
strano che non abbia menzionato quest’interpretazione, innanzitutto
se pensiamo che nell’anno seguente l’autore, abbandonando il mestiere
di capocomico, lascerà l’Italia per stabilirsi proprio a Berlino. Può darsi
che l’omissione sia meramente dovuta al fatto che la messinscena di
Reinhardt ebbe luogo dopo quelle già menzionate di Londra, New York
e Parigi; ma può darsi anche che ci fosse un’altra ragione, un conflitto
sotterraneo con questo “mago” austriaco a guida dei teatri berlinesi – un
conflitto che più tardi scoppierà in occasione del fallimento strepitoso
di Questa sera si recita a soggetto a Berlino nel 1930.
1
Lettera a Silvio D’Amico, in A. Barbina (a cura di), Taccuino pirandelliano.
Pirandello, D’Amico, Gobetti, in: Ariel, XI, n. 1, gennaio-aprile, 209-224; qui: p.
214-215.
20 Michael Rössner
2
M. Rössner: „Auf der Suche nach Pirandello. Zur deutschen Pirandello-Re-
zeption der ersten Stunde anhand unveröffentlichter Regiebücher von Karlheinz
Martin/Rudolf Beer und Max Reinhardt“, in: Italienisch 16 (November 1986),
22-38; p. 25.
3
Cito dal copione del Renaissancetheater (tiposcritto con note inserite a mano)
che si trova nell’archivio del Theatermuseum di Vienna, indicando il numero di
pagina).
Sei personaggi trovano due (o vari) autori 21
4
Ins wirklich Bedeutsamere, Bedeutendere fuhrt nichts.” (Wiener Mittagszei-
tung, 5.4.1924, p. 2, firmato “L.U.”.
5
Arbeiter-Zeitung, 12 aprile 1924, p. 6.
6
Illustriertes Wiener Extrablatt, 6 aprile 1924, p. 6.
7
„Dieser Pirandello ist ein verdächtiger Gesello. Er scheint an den Gewässern
des Alserbaches mehr als an denen des Tiber und Arno zu Hause zu sein, denn
sein Stück ist wienerisch durch und durch. Eingeweihte flüsterten denn auch bei
der gestrigen Premiere einen Namen, der mit Ρ anfangt und mit , olgar‘ endigt,
vielleicht heißt das auf italienisch Pirandello.” (Questo Pirandello è un tipo so-
spetto che sembra essere a casa non sulle rive del Tevere o dell’Arno, ma su quelle
dell’Alserbach [un ruscello che attraversa Vienna]. Le persone ben informate infatti
sussurravano durante la prima un nome che comincia con la „P“ e finisce con „ol-
gar“ – forse in italiano questo si traduce per Pirandello) - Neuigkeits-Welt-Blatt, 6
aprile 1924, firmato„treu””.
8
Die Stunde, Vienna, 6 aprile 1924, p. 6).
22 Michael Rössner
Martin era tra i registi che a Francoforte e Berlino erano responsabili del
successo del teatro avanguardistico e espressionista finché i nazisti nel
1940 gli proibirono di lavorare in teatro. Non si spiega dunque perché
questi due non riconobbero il valore rivoluzionario della “commedia da
fare” e invece la usarono come un canovaccio per una farsa leggera. In
ogni caso, si credevano in diritto di agire da autori – gli autori che i sei
personaggi cercavano, senza rendersi conto che l’opera pirandelliana si
burla proprio di questi autori che ripetono sempre gli stessi schemi, sia
che si tratti del dramma naturalista, sia della farsa superficiale.
Alla farsa viennese seguirono varie altre messinscene in Germania,
da Francoforte sul Meno fino a Francoforte sull’Oder; ma quella più
importante, decisiva per il successo dell’opera fu sicuramente la produ-
zione berlinese di Max Reinhardt il 30 dicembre 1924 al teatro Komödie
sul Kurfürstendamm. Per Reinhardt quelli sono anni di nuove conqui-
ste, dacché aveva lasciato la direzione dei suoi teatri berlinesi nel 1920.
Nel 1922 aveva fondato insieme con Hugo von Hofmannsthal il Fe-
stival di Salisburgo, i cui Jedermann e Großes Salzburger Welttheater(“Il
Grande Teatro del Mondo di Salisburgo”) furono presentati sotto la
regia di Reinhardt proprio durante questo Festival. Il secondo di questi
drammi è concepito come un riadattamento del quasi omonimo pezzo
di Calderón de la Barca (El gran teatro del mundo), un auto sacramental
del Seicento, nel quale Dio si presenta come “autore” (il che nella ter-
minologia dell’epoca significava non l’autore del testo, ma l’impresario,
il capocomico e il regista), il mondo come scena e i ruoli come arche-
tipi umani (il re, il ricco, il contadino, il mendicante) da interpretare
durante la vita terrena o come allegorie (la bellezza, la discrezione, la
fede, le buone opere). La prima di quest’opera ebbe luogo in una chiesa
di Salisburgo, e Max Reinhardt insiste nell’importanza della relazione
tra chiesa e teatro quando dice nel 1924: “La chiesa, e in particolare la
chiesa cattolica, è la vera culla del teatro”9.
Non sorprende dunque che Reinhardt vedesse nella “commedia da
fare” un adattamento dello schema calderoniano al mondo moderno,
dopo la morte di Dio dichiarata da Friedrich Nietzsche, un mondo nel
quale l’autore/Dio è venuto a mancare e dunque i personaggi/uomini
sono stati abbandonati, vivono una vita senza meta trascendentale. La
traduzione – come abbiamo visto – facilitava questa tendenza interpre-
tativa, ma a Reinhardt non bastava: come si può vedere nel suo copione
9
„Die Kirche, insbesondere die katholische Kirche, ist die wahre Wiege unse-
res modernen Theaters“ - in: H. Fetting (Hg.), Max Reinhardt, Schriften. Briefe,
Reden, Aufsätze, Interviews, Gespräche, Auszüge aus Regiebüchern, Berlin-Ost, 1974,
p. 337.
Sei personaggi trovano due (o vari) autori 23
FIGLIO. Io qui non c’entro per niente. [in tedesco l’espressione idio-
matica si tradurrebbe letteralmente come: non ho niente da cercare]
CAPOCOMICO. Ah, Lei non avrebbe nulla da cercare qui? Pensa-
vo fosse in cerca di un autore?
FIGLIO. Ah, io non ci credo a quell’essere supremo che sarebbe
capace di dirigere i nostri passi.12
Altre due pagine dopo siamo arrivati a una vera e propria discussione
teologica – tutta opera di Reinhardt, non di Pirandello:
10
Il copione, datato 17/10/1924, si compone di 152 fogli grandi sui quali
sono incollate le pagine della traduzione stampata con le modifiche e aggiunte di
Reinhardt; alcune di queste pagine sono interamente scritte da lui. Il copione si
trova attualmente nella biblioteca del Theatermuseum di Vienna.
11
Copione, p. 70: „Nein, mehr ist nicht da. Sie behaupten, ihr Schöpfer habe
ihr Schicksal nicht vollendet.“
12
„SOHN.... Ich habe hier nichts zu suchen.
DIREKTOR. Sie haben hier nichts zu suchen? Ich denke, Sie suchen einen
Autor?
SOHN. Ach, ich glaube nicht an dieses höhere Wesen, das unsere Schicksale
lenken konnte.” - Copione, p.74a (errore, è invece la pagina 73).
13
Copione, p. 75.
24 Michael Rössner
IL PADRE. Ma che sta facendo? Lei si prende gioco di noi […] Lei
offende l’uomo che ci ha creato a sua immagine e somiglianza. […] Lei
non ci lascia neanche finire il nostro cammino di sofferenza come il
nostro creatore lo ha concepito per noi.
CAPOCOMICO. Perbacco, sogno o son desto? Lei è stato vera-
mente abbandonato da – dal suo creatore?14
14
„VATER....was tun Sie? Sie spielen mit uns. (...) Sie beleidigen den Men-
schen, der uns nach seinem Ebenbild geschaffen hat. (...) Sie lassen uns nicht ein-
mal unseren Leidensweg zu Ende gehen, wie ihn unser Schöpfer vorgezeichnet hat.
DIREKTOR. Ja, zum Teufel, träum ich oder wach ich? Sind Sie denn ganz von
-von Ihrem Schöpfer verlassen?” (Copione, pp. 85/86).
15
„Wenn wir nach dem Ebenbilde Gottes erschaffen worden sind, dann haben
wir auch etwas von dem göttlichen Schöpferdrang in uns. Deshalb erschaffen wir
die ganze Welt noch einmal in der Kunst, und am letzten Schöpfungstage, als
Krone der Schöpfung, erschaffen wir den Menschen nach unserem Ebenbilde.“
- Max Reinhardt, „Über den Schauspieler” in Ausgewählte Briefe, Ideen, Schriften
und Szenen aus Regiebüchern, F. Hadamovsky (ed.), Vienna 1963, pp. 89-92, p. 91.
Sei personaggi trovano due (o vari) autori 25
16
Infatti, il critico Rudolf Pechel aveva chiamato Reinhardt nella sua recensione
della messinscena del 30 dicembre 1924 „il vero autore della serata“ - la citazione
si trova in Oscar Büdel, „Pirandellos Wirkung in Deutschland“, in Franz Menne-
meier (ed.) Der Dramatiker Pirandello, Colonia 1965, pp. 209-239, a pagina 214.
17
„Das Stück (...) ist das typische moderne Europa und kann nur mit unseren
Mitteln dargestellt werden. Das eben erst seßhaft gewordene Theatervölkchen aus
dem Lande Dantes ahnt das nicht. Noch nicht!” - Meier-Graefe in: Frankfurter
Zeitung del 14 ottobre 1925.
26 Michael Rössner
trebbe avere dato corpo a questo conflitto tra due autori trovati dai sei
personaggi, proprio attraverso il personaggio di un regista che entra in
scena dicendo che ha preso una novella di Pirandello come mero pre-
testo dello spettacolo della serata, uno spettacolo che invece sarà tutto
unicamente opera sua.
Infatti, Reinhardt nel 1924 aveva non soltanto cambiato il carat-
tere simbolico dell’opera, ma anche materialmente la fine della stessa:
la scena tra Madre e Figlio che da Pirandello non ha luogo perché il
Figlio si rifiuta di farla, da Reinhardt viene almeno cominciata, ed è
la disperazione della Madre in questo dialogo che induce il ragazzo al
suicidio, non la morte della bambina annegata – che Reinhardt omette
di mostrare. Se la fine di Beer e Martin aveva “rivelato” un fondo psica-
nalitico, quella di Reinhardt cercava di costruire un fondo psicologico,
mentre in Pirandello la fine irrompe come un’assurdità, preparando il
terreno alla confusione conclusiva tra finzione e realtà.
Quando nel 1934, dopo l’ascesa al potere dei nazisti in Germania,
Reinhardt era tornato al suo teatro di nuova fondazione a Vienna, il
Theater in der Josefstadt, egli riprende interamente il copione berlinese
di dieci anni prima. L’unica differenza sono i tagli necessari - ovviamen-
te la rappresentazione doveva avere una durata minore – e un’idea nuo-
va per la fine: stranamente il Capocomico lascia intendere adesso non
soltanto di voler portare a compimento la commedia da fare, ma di vo-
lerla concludere con un lieto fine, quando dice nel terzo atto: “Cercherò
di arrivare a un happy end”, aggiungendo poi, diretto alla Figliastra: “Se
Lei se ne va, Signorina, forse funzionerà. Forse riusciremo a riunire di
nuovo i Suoi genitori”, e poco dopo, guardando le proprie note, annun-
cia: “Voglio arrivare a un happy end con l’aiuto dei bambini”.18 Non è
chiara la ragione di questa conversione della commedia da fare in com-
media vera e propria con tanto di lieto fine, poiché Reinhardt nel 1934
non cambiò la “sua” fine messo in scena a Berlino nel 1924.
Nelle relazioni personali, questa “concorrenza” tra i due autori
Reinhardt e Pirandello non condusse però a un’opposizione aperta o
addirittura inimicizia, al contrario: quando Reinhardt porta la sua mes-
sinscena viennese dei Sei personaggi a Milano il 2 maggio 1934, invita
Pirandello ad assistere, e nel commento dell’autore nella sua lettera a
Marta Abba del 4 maggio il suo giudizio appare non completamente
negativo, anche se deve ovviamente – come sempre nelle lettere all’at-
trice– assicurare alla “sua Marta” che nessuna attrice è alla sua altezza:
“Buono il primo atto; forzati e falsi gli altri due, incomparabilmente
18
Copione Reinhardt datato 27 febbraio – 6 marzo 1934, 164 pagine mano-
scritte con note manoscritte del regista, p. III/2 a tergo, III/4 e III/8.
Sei personaggi trovano due (o vari) autori 27
19
L. Pirandello Lettere a Marta Abba (LMA), a cura di B. Ortolani, Milano,
Mondadori, 1995, p. 1131.
20
L. Pirandello, Saggi e interventi (ed. Ferdinando Taviani), Milano, Mondado-
ri (I Meridiani), 2006, p. 1469.
21
Op. cit., p. 1378
22
L’Italia letteraria, 1 ottobre 1936 – intervista a Pirandello firmata C.E.
28 Michael Rössner
zialista avant la lettre, rinasce l’interesse per la sua opera, e nel 1963,
l’editore Langen-Müller di Monaco di Baviera pubblicò due tomi dei
suoi drammi in nuove traduzioni di un certo Georg Richert.23 Segue
una fase di una discreta presenza dell’opera pirandelliana sulle scene
tedesche, ma questa presenza si riduce quasi esclusivamente a una sola
commedia nella Germania dell’Ovest, in Svizzera e in Austria: Sei perso-
naggi in cerca d’autore (58 messinscene tra 1950 e 1986). Per decenni, i
Sei personaggi erano anche l’unico testo stampato in tedesco disponibile
nella collezione popolare Reclam. Dichiarato il “gioco dell’impossibilità
del dramma” da Peter Szondi,24 si mantenne durante almeno quattro
decenni come parte del canone letterario.
Nella realizzazione scenica pare però che Reinhardt non fu l’ultimo
“autore trovato”. Sulla messinscena di Klaus Grüber nella Berliner Volk-
sbühne nel 1981, la critica scrisse sotto il titolo “Sei personaggi trovano
un autore. Klaus Michael Grüber rifiuta una messinscena di Pirandel-
lo”: “Il dramma di Pirandello dunque non ha luogo. Ciò che ha luogo,
è il dramma di Grüber. In questa serata, i sei personaggi hanno trovato,
nonostante tutto, un autore: Klaus Michael Grüber. Lui ha sostituito la
categoria teatrale (il dramma) con una teologica (la verità). […]”25
Sostituire una categoria teatrale con una teologica? Il vero autore è
il regista? Sembra che la situazione berlinese del 1981 fosse esattamente
la stessa dell’anno 1924 – e una cosa simile si potrebbe dire di una mes-
sinscena di Ernst Haeusserman, ex-assistente di Reinhardt nel periodo
americano, al Theater in der Josefstadt di Vienna nel 1978 in cui si ri-
prendeva quasi senza ritocchi il copione di Reinhardt del 1934.
Negli ultimi trent’anni, la storia dei Sei personaggi sulle scene tedesche
è diventata più scarsa. Una messinscena del 1993 nell’Akademietheater
di Vienna, nel 2003 un’altra nel Schauspielhaus di Bochum sotto la regia
di Simon Gotscheff, nel 2008 la messinscena di Steffen Mensching nel
teatro di Rudolstadt (Turinga), nel 2009 la messinscena e adattamento
di Felix Prader nello Staatstheater di Magonza e più recentemente, nel
2018 la messinscena di Moritz Sostmann nello Schauspiel di Lipsia, nel-
la quale il regista sostituì i sei personaggi con fantocci, come se volesse
citare I giganti della montagna. Cinque messinscene in teatri grandi in
trent’anni non è molto. Bisogna però notare che la “commedia da fare”
23
Richert fu un personaggio inventato, la traduzione era opera di un gruppo di
tre persone tra cui Maria Müller-Sommer, direttrice della casa editrice Kiepenheuer
Bühnenvertrieb, persona di grande cultura responsabile del – benché limitato –
successo della sua opera in quelli anni.
24
P. Szondi, Theorie des modernen Dramas, Francoforte, Suhrkamp 1956.
25
H. Schödel, “Sechs Personen finden einen Autor”, in: DIE ZEIT 14/1981.
Sei personaggi trovano due (o vari) autori 29
Bibliografia
1
L. Pirandello, Maschere nude. Pirandello e il teatro, a cura di A. d’Amico,
Premessa di Giovanni Macchia, Milano, Mondadori, “I Meridiani”, 1993, vol. II.
Annamaria Andreoli ha sintetizzato con perizia le varianti scenico-tematiche tra le
due versioni. Rinvio alla sua Introduzione ai Sei personaggi in cerca d’autore, dal tito-
lo significativo Le maschere famigliari di un capolavoro, Milano, Mondadori, 2019,
p. LXIX. Da questo momento mi atterrò al testo dell’Andreoli.
2
G. Giudice, Luigi Pirandello, Torino, Utet, 1975.
3
L. Pirandello, Saggi, Poesie e Scritti varii, a cura di M. Lo Vecchio-Musti,
Milano, Mondadori, 1977, p. 1257.
32 Pasquale Guaragnella
4
A. R. Pupino, Pirandello. Maschere e fantasmi, Roma, Salerno Editrice, 2000,
p. 74. Rinvio alla bella edizione a cura di Pietro Milone delle pirandelliane Novelle
della Grande Guerra, Roma, Nova Delphi Libri, 2017.
5
L. Pirandello, Sei personaggi, in Foglietti editi da Corrado Alvaro, in Id., Saggi,
Poesie, Scritti Varii, cit., p.1256.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 33
Avevo affisso alla porta del mio studio un cartellino con questo
AVVISO
Sospese da oggi le udienze a tutti i personaggi, uomini e donne,
d’ogni ceto, d’ogni età, d’ogni professione, che hanno fatto domanda
e presentato titoli per essere ammessi in qualche romanzo o novella.
N.B. Domande e titoli sono a disposizione di quei signori perso-
naggi che, non vergognandosi d’esporre in un momento come questo
la miseria dei loro casi particolari, vorranno rivolgersi ad altri scrittori,
se pure ne troveranno.7
6
Si veda L. Pirandello, Novelle per un anno, a cura e con un saggio di P. Gi-
bellini, Prefazioni e Note di N. Gazich, M. Strada, G. Prandolini, Firenze, Giunti,
1994, p. 2682.
7
Ibidem.
8
Rinvio a L. Pirandello, Taccuino segreto, a cura e con un saggio di A. Andreoli,
Milano, Mondadori, 1997, p. 182.
34 Pasquale Guaragnella
9
L. Pirandello, Tutte le novelle, a cura di Lucio Lugnani, Milano, BUR, 2017,
vol. V (1914-1918), p. 245.
10
Si rinvia a L. Pirandello-S. Pirandello, Il figlio prigioniero. Carteggio tra Luigi
e Stefano Pirandello durante la guerra 1915-1918, a cura di A. Pirandello, Milano,
Mondadori, 2005.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 35
rava non solo pellicole, ma altresì la vita dei personaggi, incrociava “ta-
citamente” il carattere assolutamente distruttivo della macchine e degli
armamenti moderni nella guerra in corso. Non per caso, rispondendo a
un “interrogatorio” proposto dalla redazione di Noi e il mondo ad alcuni
scrittori e intellettuali, un interrogatorio che recitava “a bruciapelo: ave-
te da esprimere un pensiero sulla guerra?”, Pirandello così dichiarava:
Assistevamo prima, nei serragli, al pasto delle belve. Assistiamo ora
a un pasto più mostruoso: al pasto delle macchine impazzite. Io vedo
così questa immane guerra, sotto questa specie. Guerra di macchine,
guerra di mercato! L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti
e li adorava, buttati via i sentimenti […] e divenuto saggio e industre,
doveva fabbricarsi di ferro, d’acciaio le sue nuove divinità e divenir ser-
vo e schiavo di esse. Ma non basta fabbricarle, le macchine: perché
agiscano e si muovano debbono per forza ingoiarsi la nostra anima, la
nostra vita. Ed ecco, non più soltanto idealmente, ma ora anche mate-
rialmente, se la divorano.11
11
Interviste a Pirandello, a cura di I. Pupo, Prefazione di N. Borsellino, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2002, p. 113.
12
Ibidem.
13
L. Pirandello, Lettera del 10 aprile 1914, in Id., Carteggi inediti con Ojetti-Al-
bertini-Orvieto-Novaro-De Gubernatis -De Filippo, a cura di S. Zappulla Muscarà,
Roma, Bulzoni, 1980, p. 79.
36 Pasquale Guaragnella
14
Rinvio a G. Mazzacurati, Pirandello e il romanzo europeo, Bologna, il Mulino,
1995.
15
Rinvio ancora ad A. Andreoli, Le maschere famigliari di un capolavoro, cit.
Rinvio a P. Guaragnella, Luigi Pirandello e la lunga storia di Berecche e la guerra,
in Id., Scrittori in franchigia. La Grande Guerra in Pirandello Ungaretti Pirandello
Sbarbaro, Bari, Progedit, 2018, pp. 1-27.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 37
figlia del professor Berecche. I due giovani trentini sono stati “richiama-
ti dall’Austria sotto le armi e mandati in Galizia”: dalle reazioni astiose,
anzi rancorose, della moglie di Berecche sembra che ne sia responsabile
addirittura il professore, già ammiratore della Germania e della sua cul-
tura. V’è poi qualcosa di dolorosamente amaro che segue all’episodio
degli umori concitati e aspri nel salotto di casa Berecche:
16
L. Pirandello, Tutte le novelle, cit., vol. V, p. 191.
38 Pasquale Guaragnella
17
Rinvio a M.L. Altieri Biagi, La lingua in scena, Bologna, Zanichelli, 1980.
18
Rinvio ad A. Andreoli, Le maschere famigliari di un capolavoro, cit.
19
Ibidem.
20
L. Pirandello, L’azione parlata, in Id., Saggi e interventi, a cura e con un saggio
introduttivo di F. Taviani e una testimonianza di A. Pirandello, Milano, Mondado-
ri, “I Meridiani”, 2006, p. 449.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 39
21
Cfr. C. Vicentini, Il problema del teatro nell’opera di Pirandello, in Pirandello
e il teatro, a cura di E. Lauretta, Palermo, Palumbo, 1985, p. 19.
22
C. Vicentini, Pirandello. Il disagio del teatro, Venezia, Marsilio, 1997, p. 60.
23
Rinvio a P. Gibellini, Logos e Mythos. Studi su Gabriele D’Annunzio, Firenze,
Olschki, 1985.
40 Pasquale Guaragnella
È da tanti anni a servizio della mia arte (ma come fosse da jeri) una
servetta sveltissima e non per tanto nuova sempre del mestiere.
Si chiama Fantasia.
Un po’ dispettosa e beffarda, se ha il gusto di vestir di nero, nessu-
no vorrà negare che non sia spesso alla bizzarra, e nessuno credere che
faccia sempre e tutto sul serio e a un modo solo. Si ficca una mano in
tasca; ne cava un berretto a sonagli; se lo caccia in capo, rosso come
una cresta, e scappa via. Oggi qua; domani là. E si diverte a portarmi
in casa, perché io ne tragga novelle e romanzi e commedie, la gente più
scontenta del mondo, uomini, donne, ragazzi, avvolti in casi strani da
cui non trovan più modo a uscire.26
24
C. Vicentini, Il problema del teatro nell’opera di Pirandello, cit., p. 21.
25
Rinvio ad A. Andreoli, Le maschere famigliari di un capolavoro, cit., p. L.
26
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 2.
27
Rinvio a J. Starobinski, La malinconia allo specchio. Tre letture di Baudelaire,
Milano, Garzanti, 1990.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 41
28
C. Donati, I “Sei personaggi” e l’orchestrazione delle incongruenze, in “Piran-
dello e il teatro”, Atti del XXIX Convegno Internazionale (Agrigento, 1-4 dicembre
1992), Milano, Mursia, 1993, p. 83.
29
Rinvio agli studi di P. Puppa, Fantasmi contro giganti. Scena e immaginario
in Pirandello, Bologna, Pàtron, 1984; Id., Dalle parti di Pirandello, Roma, Bulzoni,
1987; Id., La parola alta. Sul teatro di Pirandello e D’Annunzio, Roma-Bari, Laterza,
1993.
42 Pasquale Guaragnella
30
L. Pirandello-S. Pirandello, Il figlio prigioniero. Carteggio tra Luigi e Stefano
Pirandello durante la guerra 1915-1918, cit., p. 332.
31
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 2.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 43
Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia
nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso
della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventar
madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può bastare. Un
bel giorno ella si troverà a esser madre, senza un preciso avvertimento
di quando sia stato.
32
Si rinvia a J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, a cura di C.
Bologna, Torino, Boringhieri, 1998.
33
Si veda N. Gazich, Prefazione all’uomo solo, in L. Pirandello, Novelle per un
anno, cit., t. I, p. 533. Si veda pure N. Borsellino, Ritratto e immagini di Pirandello,
Roma-Bari, Laterza, 1993.
44 Pasquale Guaragnella
34
L. Pirandello, Giovanni Verga. Discorso al teatro Bellini di Catania nell’ottan-
tesimo compleanno dello scrittore, in Id., Saggi e Interventi, cit., p. 1010.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 45
35
G. Guglielmi, Ironia e negazione, Torino, Einaudi, 1974, p. 144.
36
Ivi, p. 145.
37
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., pp. 4-5.
46 Pasquale Guaragnella
38
L. Pirandello, Saggi e interventi, cit., p. 1096.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 47
il fine di una superiore ironia) cerca invece nella immagine, che deve
restar viva e libera di sé in tutta la sua espressione, un senso che gli dia
valore.39
39
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 5.
40
R. Luperini, Pirandello, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. 115.
41
Ivi, p. 116.
42
Ibidem.
48 Pasquale Guaragnella
Essi si sono già staccati da me; vivono per conto loro; hanno acqui-
stato voce e movimento; sono dunque già divenuti di per sé stessi, in
questa lotta che han dovuto sostenere per la loro vita, personaggi dram-
matici; personaggi che possono da soli muoversi e parlare; vedono già
se stessi come tali; hanno imparato a difendersi da me; sapranno ancora
difendersi dagli altri. E allora, ecco, lasciamoli andare dove son soliti
d’andare i personaggi drammatici per aver vita: su un palcoscenico.43
43
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 6.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 49
44
Rinvio a I. Pupo, Luigi Pirandello, Firenze, Le Monnier, 2012.
45
G. Giudice, Luigi Pirandello, cit., pp. 340-341.
46
Ibidem.
47
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 7.
50 Pasquale Guaragnella
48
Ivi, p. 8.
49
R. Scrivano, La vocazione contesa. Note su Pirandello e il teatro, Roma, Bul-
zoni, 1995, p 54.
50
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 12.
51
R. Cavalluzzi, Pirandello: la soglia del nulla, Bari, Dedalo, 2003, p. 84.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 51
[…] quei miei personaggi così tutti incaloriti a sopraffarsi nelle par-
ti che ognun d’ essi ha in un certo dramma […] io li presento come per-
sonaggi d’un’altra commedia che essi non sanno e non sospettano, così
che quella esagitazione passionale, propria dei procedimenti romantici,
è umoristicamente posta, campata sul vuoto.
52
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 12.
53
Rinvio a R. Cavalluzzi, Pirandello: la soglia del nulla, cit., p. 110.
54
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 14.
52 Pasquale Guaragnella
55
B. Alfonzetti, Pirandello. L’impossibile finale, Venezia, Marsilio, 2017, p. 82.
56
Ivi, p. 32.
57
Ivi, p. 65.
58
Ibidem.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 53
59
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 14.
60
A. R. Pupino, Pirandello. Maschere e fantasmi, cit., p.92.
61
Si veda P. Guaragnella, Luigi Pirandello e la lunga storia di “Berecche e la
guerra”, in Id., Scrittori in franchigia. La Grande Guerra in Pirandello Ungaretti De
Roberto Sbarbaro, Bari, Progedit, 2018.
62
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, cit., p. 12.
54 Pasquale Guaragnella
63
N. Borsellino, Ritratto e immagini di Pirandello, cit., p. 202.
64
A. Andreoli, Le maschere famigliari di un capolavoro, cit., p. LXV.
Grovigli d’autore e senno di poi. Note sulla Prefazione ai Sei personaggi 55
65
Della studiosa è oggi da vedere il suo recente e importante libro Diventare
Pirandello. L’uomo e la maschera, Milano, Mondadori, 2020.
66
Lettera inviata a Valentino Bompiani in data 6 ottobre 1939 e riprodotta
in E. Providenti, Pirandello impolitico. Dal radicalismo al fascismo, Roma, Salerno,
2000, p. 12.
Come fare laboratorio teatrale con
i Sei personaggi in cerca d’autore
di Guillaume Bernardi
1
Faccio riferimento a un tema illustrato da libri come: G. Debord, La società
dello spettacolo, Roma, Stampa Alternativa, 1967. M. Vargas Llosa, La civiltà dello
spettacolo, Torino, Einaudi, 2013.
58 Guillaume Bernardi
ci circondano nella vita di tutti i giorni. L’alternanza dei ruoli tra attore
e spettatore permette di integrare le osservazioni, ma anche appunto di
affinare le capacità di osservazione e di commento. Si tratta non solo di
osservare meglio, ma anche di articolare meglio le impressioni ricevute
da spettatore, di condividerle e di confrontarle con le impressioni degli
altri partecipanti. È molto importante concettualizzare le varie tappe del
ciclo di lavoro del laboratorio: azione, osservazione, riflessione, articola-
zione, discussione, e poi si ricomincia, si rifà, si riosserva ecc. Ed è anche
importante organizzare chiaramente e mettersi d’accordo sui tempi, le
regole e i metodi di queste tappe. Facendo il laboratorio si impara un
metodo e un modo di lavorare in gruppo e di collaborare.
Ritorno adesso alle domande e ai parametri che potrebbero articola-
re un laboratorio teatrale sui Sei personaggi in cerca d’autore. Per motivi
di chiarezza, ho diviso queste proposte in due tipi di sfide: sfide di re-
citazione e sfide tematiche. Leggete queste proposte come dei percorsi
possibili, ma ci sono certamente tante altre possibilità: vi incoraggio a
definire voi stessi i vostri progetti.
Sfide di recitazione
• Dizione
La commedia di Pirandello richiede per certi personaggi una no-
tevole virtuosità non solo di recitazione ma anche più specificamente
di dizione. Per dizione intendo la capacità di pronunciare le parole in
modo chiaro e comprensibile anche da un pubblico distante nello spa-
zio. Questo implica non solo una buona comprensione del testo ma
anche una maestranza del proprio corpo: voce, respirazione, ma anche
eloquenza dello sguardo e dei gesti. Spesso con gli esercizi di dizione
si privilegia un lavoro sulla pronuncia. Mi sembra però meno impor-
tante ravvicinarsi a una pronuncia standardizzata dell’italiano quanto
comprendere come funzionano prosodia, ritmo, accento e intonazio-
Come fare laboratorio teatrale con i Sei personaggi in cerca d’autore 59
• Gesto/movimento
Un elemento strutturante del testo di Pirandello è la variazione, nel
senso diremmo musicale della parola: tema e variazione. Una scena pro-
posta dai personaggi viene poi rielaborata dagli attori. Gli spettatori
vedono così più volte la stessa scena, ma con delle variazioni nell’inter-
pretazione. La didascalia di Pirandello spiega molto bene questa trasfor-
mazione:
2
Tra i tanti manuali di dizioni, ecco qualche titolo abbastanza recente: G.
Lorin, Manuale di dizione, Roma, Tespi, 2009. C. Veneziano, Manuale di dizione,
voce e respirazione, Nardò, Besa, 2012.
3
Ecco due libri importanti: P. Rodenburg, Il diritto di parlare: lavorare con la
voce, Milano, F. Angeli, 2019. K. Linklater e A. Fabrizi, La voce naturale: immagini
e pratiche per un uso efficace della voce e del linguaggio, Roma, Elliot, 2014. Per un
approccio filosofico: A. Cavarero, A più voci filosofia dell’espressione vocale, Milano,
Feltrinelli, 2005.
60 Guillaume Bernardi
• Canto e danza
Si può anche andare più avanti in questa direzione, sfruttando le op-
portunità offerte dall’episodio imperniato sulla canzone “Prends garde à
Tchou-Tchin-Tchou”. Pirandello usa la versione francese di un brano di
una musical comedy inglese, molto popolare in quegli anni, Chu Chin
Chow. Piuttosto che usare il brano di Stamper-Salabert, non facilmente
reperiblile e problematico per i suoi toni denigranti, suggerirei di cer-
care un’altra canzone, riflettendo su che tipo di musica usare e che stile
di canto e danza sarebbero più indovinati al vostro contesto e alle vostre
scelte di laboratorio.
• Recitazione di gruppo
Il lavoro di laboratorio implica quasi nella sua natura stessa un lavo-
ro di gruppo e una concezione, diciamo cosi, “democratica” del teatro.
La nozione stessa di laboratorio teatrale è nata nel secolo XX sempre ac-
compagnata da ideali politici e sociali. Spesso le opere di teatro classiche
sono molto centrate sulla figura dell’attore protagonista e si prestano
male al lavoro di laboratorio. Sei personaggi invece ha certamente delle
figure chiavi (il Padre e la Figlia in primis), ma c’è anche tutto il gruppo
degli attori della compagnia, poco differenziati tra di loro. Pirandello la-
scia un gran margine di libertà interpretativa per gli attori della compa-
gnia, come si nota fin dalla prima didascalia, molto aperta, che descrive
la loro entrata sulla scena. Tutte le scene dove la compagnia di attori ha
un ruolo centrale permettono l’elaborazione di una recitazione di grup-
po, dove ogni partecipante porta un suo tassello all’ensemble. Questo
tipo di lavoro permette di acquistare abilità specifiche, in particolare
ritmo, colore vocale, caratterizzazione, anche l’ascolto e sono elaborate
attraverso un lavoro di improvvisazione e di ascolto.
4
F. Falcone, Tecniche di danza contemporanea, Roma, Dino Audino Editore,
2020. M. Vannucchi, Corpi in bilico: danza contemporanea per gli attori, Bologna,
Massimiliano Piretti Editore, 2016.
Come fare laboratorio teatrale con i Sei personaggi in cerca d’autore 61
Sfide tematiche
5
Già in una delle prime critiche di Sei personaggi, A. Tilgher scrive: “Si aggiun-
ga che il terzo atto, in fondo, non fa che piétiner sur la place del secondo e che la fine
della commedia è assolutamente assurda: è una fine qualsiasi, messa lì per chiudere
comunque l’opera e far calare il sipario.”
6
l teatro nel teatro come meccanismo di censura del cuore di tenebra, in AA.VV.,
Pirandello e il teatro. “Questa sera si recita a soggetto”, a cura di S. Milioto, Caltanis-
setta, Edizioni Lussografica, 2015, pp. 41-53.
62 Guillaume Bernardi
• Metateatro
Concludo con la dimensione più famosa e più innovativa dei Sei
personaggi. La commedia di Pirandello è famosa e importante per essere
tra le prime opere teatrali del Novecento a scardinare i modi tradizionali
Come fare laboratorio teatrale con i Sei personaggi in cerca d’autore 63
7
H.-T. Lehmann, traduzione: S. Antinori, postfazione: G. Guccini, Il teatro
postdrammatico, Imola, CuePress, 2017.
8
G. Sanguinetti Katz, I Sei personaggi di Guillaume Bernardi, in AA.VV., Tri-
logia del teatro nel teatro. Pirandello e il linguaggio della scena, a cura di E. Lauretta,
Agrigento, Centro Nazionale Studi Pirandelliani, 2002, pp. 157-165.
9
Vi invito a scrivermi a questo indirizzo mail: gber@yorku.ca
Sei personaggi in cerca d’autore
ovvero Pirandello nostro contemporaneo
di Alessandro Tinterri
1
A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi, 1950, p. 307.
66 Alessandro Tinterri
Fin dalla prima prova la modesta sedia vicina alla cuffia del suggeri-
tore diventa per Pirandello una poltrona di platea. Dirige. […] ma un
curioso sdoppiamento avviene nella sua persona. C’è in essa l’autore
che guida ed insegna e c’è lo spettatore che guarda e che gode. […] Lo
sforzo mnemonico è visibilmente prodigioso; ripete le parole del suo
testo senza mancarne una o, piuttosto, le sue labbra le disegnano tutte
in un ardente silenzio. Il suo viso è d’una mobilità incredibile. Fa pen-
sare a una folla di visi in azione. Ripete, rifà le contrazioni visuali degli
attori. I suoi occhi vanno da un interprete all’altro; prendono e danno,
seminano e raccolgono, sorridono, fremono, approvano. […] La scena
monta, s’allarga, s’inasprisce, si accanisce, urla fra due, tre, quattro per-
sonaggi e Pirandello è due, tre, quattro personaggi. […] Ma ad un trat-
to tutta quella forza umana irrefrenabile cade come colpita a morte. Il
corpo rimane inerte, le braccia penzoloni, il viso àtono, gli occhi spenti.
E un segno di disapprovazione. Interrompo la prova.[…] Pirandello si
alza, cerca, spiega, rettifica. Incerto ed esitante in principio, si accalora
subito, ridiventa subito efficace. Prende di petto l’attore in difetto e
spiega, spiega con un torrente di parole.[…] - Non è colpa tua – dice
affettuoso e cordiale all’attore. È colpa del suggeritore. Tutto è colpa
del suggeritore. […] -Finché ci sarà il suggeritore – dice – non ci potrà
essere né verità né naturalezza nella recitazione. Bisogna sopprimerlo,
sopprimerlo. - […] – Quando io dirigerò, gli attori dovranno studiare
e imparare a memoria le loro parti. […]
2
D. Niccodemi, Tempo passato, Milano, Treves, 1929, questa e le citazioni se-
guenti, salvo diversa indicazione, sono tratte dal capitolo L’autore alla prova, pp.
78-88.
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 67
formulato, uno dei precetti che informeranno la sua direzione degli at-
tori in quel teatro:
-E quando verranno sul palcoscenico non dovranno essere più gli
attori, ma i personaggi stessi della commedia o del dramma che dovran-
no recitare. […] Ora non è possibile. L’attore si specchia nel suggeritore
e, per forza, deve sentirsi grottesco nei confronti del personaggio che
deve rappresentare. Non può essere personaggio; rimane attore, attore
che dice con più o meno intelligenza, con più o meno talento o genio,
ma macchinalmente, le parole che il suggeritore gli spedisce di contrab-
bando dalla sua cabina senza fili, ma non senza voce, perché il pubblico
sente quasi sempre la sua voce o, se non la sente, la indovina, il che è
ugualmente disastroso per lo spettacolo. […] E il suggeritore non si
contenta di suggerire le parole, ma ha delle inflessioni sue, delle smorfie
sue particolari, suggestionanti per l’attore poco sicuro[…]
3
A. Savinio, Palchetti romani, a c. di A. Tinterri, Milano, Adelphi, 1982, p. 64.
68 Alessandro Tinterri
4
A. Frateili, “L’Idea Nazionale”, 11 maggio 1921, in La «prima» dei «Sei per-
sonaggi in cerca d’autore», a c. di G. Davico Bonino, Torino, Tirrenia-Stampatori,
1983, p. 84.
5
A. d’Amico, «Sei personaggi», uno e due: ovvero dallo stupore al terrore, in
AA.VV., Il teatro italiano dal naturalismo a Pirandello, a c. di A. Tinterri, Bologna,
il Mulino, 1990, p. 380.
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 69
6
Ivi, p. 381.
7
C. Vicentini, Pirandello.Il disagio del teatro, Venezia, Marsilio, 1993.
8
L. Pirandello, Saggi e interventi, a c. di F. Taviani, «I Meridiani», Milano,
Mondadori, 2006, p. 644.
70 Alessandro Tinterri
marzo 1924, promise Sagra del Signore della Nave, ennesima trasposi-
zione teatrale di una sua novella, a Enzo Ferrieri, che gli chiedeva una
novità per l’inaugurazione del milanese Teatro del Convegno: “Ho in
mente, e potrei aver pronta fra qualche mese, una sagra di nuovo genere,
da ridurre a effetto in teatro in un modo affatto nuovo, cioè ponendo
a servizio della rappresentazione tutta quanta la sala e lasciando il pal-
coscenico, non da parte, ma destinato solo a raffigurare una chiesa di
campagna, mèta dello strano pellegrinaggio”.9
Quarant’anni dopo, in un articolo apparso sul “Corriere della Sera”
del 29 agosto 1964, Ferrieri rievocava quell’episodio non senza ironia:
Pirandello fu molto buono con noi: ci offrì un’opera nuova: La sa-
gra del signore della nave. Mi domando se lo fece per aiutarci o per to-
glierci tutte le illusioni! L’opera richiedeva circa sessanta personaggi. Per
quanti “raddoppi” si facessero potevamo metterne insieme una ventina!
Ma c’era di peggio. Condiscendente su tutto, fino a dirigere lui stesso
l’esecuzione, dopo averci offerto una esemplare lettura, Pirandello fu ir-
riducibile su un punto: l’esigenza di un ponte che unisse il palcoscenico
alla platea: per allora, nel teatro di prosa, era una novità.10
9
Per l’intera vicenda ci sia consentito di rinviare alla Notizia, da cui è tratta la
presente citazione, che accompagna il testo in L. Pirandello, Maschere nude, III,
a c. di A. d’Amico, con la collaborazione di A. Tinterri, «I Meridiani», Milano,
Mondadori, 2004, p. 410.
10
Ivi, p. 411.
11
Ivi, p. 412.
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 71
Sta di fatto che, di lì a poco, sulle orme di altri autori, che lo aveva-
no preceduto su questa via, da Nino Martoglio a Marco Praga, a Dario
Niccodemi, con la creazione del Teatro d’Arte, Pirandello si trasformò
in capocomico. Ciò avvenne quando una pattuglia di giovani e meno
giovani, tra i quali il figlio Stefano e l’amico Massimo Bontempelli,
Orio Vergani e l’attore Lamberto Picasso, gli chiesero di porsi alla testa
di un’impresa, che aveva in animo di dotare la capitale di un teatro
d’eccezione, ispirato ai più moderni criteri della messinscena e inteso a
valorizzare un repertorio fatto di novità italiane e straniere. Nasceva così
il Teatro d’Arte di Roma, in Palazzo Odescalchi a Piazza Santi Apostoli,
dove l’omonima Compagnia debuttò il 2 aprile 1925 con l’atto unico
Sagra del Signore della Nave e Gli dei della montagna (The Gods of the
Mountain), tre atti dell’irlandese Lord Dunsany. Si apre così un capitolo
nuovo e centrale della vita di Pirandello, che segna uno spartiacque sia
nella sua biografia, con l’incontro con Marta Abba, sia nel suo percorso
artistico. Per tre anni, dal 1925 al 14 agosto 1928, tanto durò la Com-
pagnia del Teatro d’Arte, Pirandello ne condivise le gioie e gli affanni,
le fatiche delle tournée, croce e delizia del nomadismo teatrale italiano,
i sogni e le speranze infrante, la battaglia per dare all’Italia un teatro
nazionale sull’esempio della Comédie Française, ma fu, soprattutto, la
pratica diretta del palcoscenico a consentirgli quelle verifiche, che ogni
drammaturgo aspira a fare.
Che Pirandello fosse pronto per la grande avventura lo si evince dal-
lo spettacolo di esordio e dalle richieste precise che ebbe a fare a Virgilio
Marchi, l’architetto, che dopo aver ristrutturato la sala dell’Odescalchi,
avrebbe continuato ad affiancare il Maestro, come veniva chiamato al
Teatro d’Arte, in qualità di scenografo. Pirandello, infatti, gli chiese di
prevedere la possibilità di mettere in comunicazione il palcoscenico con
la platea, segnale evidente della sua intenzione di coinvolgere il pubbli-
co nell’azione scenica, abolendo il confine tra il palcoscenico e la ras-
sicurante realtà degli spettatori, comodamente seduti in platea, quella
stessa platea, che veniva qui contaminata dall’invadenza degli attori.
Nella didascalia di apertura di Sagra del Signore della Nave si legge:
12
Ivi, p. 421.
13
A. d’Amico e A. Tinterri, Pirandello capocomico, Palermo, Sellerio, 1987, p. 73.
14
Ibid.
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 73
15
A. d’Amico e A. Tinterri, Pirandello capocomico, p. 132.
16
L. Pirandello, Maschere nude, II, a c. di A. d’Amico, «I Meridiani», Milano,
Mondadori, 1993, p. 671.
17
A. d’Amico, «Sei personaggi», uno e due: ovvero dallo stupore al terrore, cit., p.
383.
74 Alessandro Tinterri
18
Claudio Vicentini ipotizza che l’idea di questa proiezione possa essergli stata
suggerita dall’analogo effetto previsto nel Capitano Ulisse di Alberto Savinio, ini-
zialmente annunciato nella programmazione della Compagnia di Pirandello e poi
non rappresentato (cfr. C. Vicentini, Il repertorio di Pirandello capocomico e l’ultima
stagione della sua drammaturgia tra le due guerre, atti di Convegno, Edizioni del
Centro Nazionale di Studi Pirandelliani, Agrigento, 1985, pp. 79-98.
19
L. Pirandello, Maschere nude, II, cit., p. 758.
20
Ivi, p. 642.
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 75
21
F. Taviani, Uomini di scena, uomini di libro, Bologna, il Mulino, 1995, p. 34.
76 Alessandro Tinterri
Sono parole che Marta Abba, detentrice dei diritti dei testi piran-
delliani scritti successivamente al 1925, nella sua strenua quanto miope
difesa del testo del Maestro, non tenne nel dovuto conto, allorché, di
fronte alla manomissione, ai suoi occhi, arbitraria, fatta dal regista, ri-
fiutò a Massimo Castri il permesso di mettere in scena i testi pirandellia-
ni di sua proprietà. Al contrario, Castri con le sue regie, in particolare di
Vestire gli ignudi (1976) e Così è (se vi pare) (1979), che fecero scalpore,
aveva restituito al teatro pirandelliano quelle potenzialità eversive, rico-
nosciute da Gramsci.
Ed eccoci al punto richiamato nel titolo, quel Pirandello nostro con-
temporaneo, che echeggia al celebre libro di Jan Kott, Shakespeare nostro
contemporaneo: “Una delle ragioni dell’attualità di Pirandello - scriveva
Giovanni Macchia – sta anzitutto nell’aver affrontato, partendo da po-
sizioni diciamo pure modeste, la crisi del teatro e averne allontanato la
distruzione. Ha ritrovato grazie a questa crisi nuove forme d’espressio-
ne”.23
Ma vi è un’altra ragione per cui possiamo definire Pirandello nostro
contemporaneo e risiede in quella peculiarità del suo teatro, che Clau-
dio Meldolesi definisce il valore della “trasmutabilità» della dramma-
turgia pirandelliana. Meldolesi parla di «una specie di radioattività” del
repertorio pirandelliano, esercitata soprattutto su quanti si accingano
a metterlo in scena.24 È un saggio, quello di Meldolesi, che va dritto
al cuore del problema, puntando il dito contro quella mistificazione
del teatro pirandelliano, operata un po’ per conformismo, un po’ per
pigrizia, con il risultato di deprivarlo delle potenzialità più intrinseche e
profonde. A sostegno della sua tesi, Meldolesi porta una serie di esempi,
a cominciare dalla realizzazione di Questa sera si recita a soggetto (Tonight
we improvise) a New York, il 6 novembre 1959, per opera di Julian Beck,
che sta alla base della ricerca sull’improvvisazione del Living Theatre, a
fronte della quale pone la regia di Giorgio Strehler de I Giganti della
Montagna (Die Riesen der Berge) allo Schauspielhaus di Düsseldorf. Il
19 aprile 1958. In quell’occasione, parte del pubblico insorse rumo-
reggiando con insulti e fischi contro la regia fantasmatica di Strehler,
diabolicamente riproducendo in tempo reale l’accadimento previsto
dall’autore. Due registi diversissimi, Beck e Strehler, che, sia pure in
termini differenti, sentirono quanto, sotto il testo, attendeva di essere
Sei personaggi in cerca d’autore ovvero Pirandello nostro contemporaneo 77
1
La recensione in L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, a cura di G.
Davico Bonino, Torino, Einaudi, 2014, pp. 234-238: 237. Essa sembra inviare
all’intervista Pirandello e lo specchio, «Corriere della Sera», 28 febbraio 1920, dove
lo scrittore accenna alla «commedia da fare in tre atti fatta dai sei personaggi sotto
gli occhi degli spettatori». Cfr. Interviste a Pirandello.«Parole da dire, uomo, agli altri
uomini», a cura di I. Pupo, Rubbettino, Soveria Mannelli. 2002, p. 131.
80 Beatrice Alfonzetti
2
Su Amleto, cfr. A. Lombardo, L’eroe tragico moderno, introduzione di N. Fu-
sini, Roma, Donzelli, 2005, 39-60.
3
L. Pirandello, Tutti i romanzi, a cura di G. Macchia e M. Costanzo, Milano,
Mondadori, 1973, I, pp. 322-323.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 81
Sin qui non c’è niente di nuovo, dopo le sostanziali modifiche ap-
portate al testo nell’edizione Bemporad del 1925, in uno con la Prefa-
zione. La bomba esplode subito dopo, lasciandoci senza parole. Si spiega
così il silenzio che ha circondato questa lettera, pur essendo nota sin
dalla metà degli anni Cinquanta?6
4
B. Alfonzetti, L’umorismo copernicano di Pirandello, in Le forme del comico, a
cura di S. Magherini et alia, Biblioteca Palazzeschi, Firenze, SEF, 2019, pp. 223-244.
5
Cfr. P. Vescovo, L’incerto fine. La peste, la legge, il teatro, Venezia, Marsilio, 2020,
p. 142 e sgg., che si avvale del saggio di Walter Benjamin su destino e carattere, in
Id., Angelus Novus. Saggi e frammenti, a cura di E. Solmi, Torino, Einaudi, 1962.
6
Cfr. Lettere di Pirandello a Ruggeri, in «Il Dramma», agosto-settembre 1955.
Poi riedite a cura di A. Barbina nel numero su Ruggeri di «Ariel». n. 2/3 maggio-di-
cembre 2004.
82 Beatrice Alfonzetti
7
Ivi, p. 370. Il corsivo in «Il Dramma», cit., p. 70. Per l’uso pioneristico di que-
sta lettera, cfr. B. Alfonzetti, Il trionfo dello specchio. Le poetiche teatrali di Pirandello,
Catania, Cuecm, 1984, p. 109 sgg.
8
Cfr. A. Andreoli, D’Annunzio e il teatro, in G. d’Annunzio, Tragedie, sogni,
misteri, a cura di A, Andreoli con la collaborazione di G. Zanetti, Milano, Monda-
dori, I meridiani, 2013, I, pp.LXXXIV-CCLXXVII.
9
L. Pirandello, Saggi e interventi, a cura di F. Taviani, Milano, Mondadori, I
meridiani, 2006, p. 449.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 83
Nei Sei personaggi, infatti, è la vita che non si muove, che cerca di
fissarsi definitivamente nella forma, mentre in Ciascuno a suo modo è
l’insofferenza della vita che si vede fissata. In una parola è la vita che
assalta la forma e la distrugge, facendola apparire nella sua reale volubi-
lità e instabilità. Appunto per questo ho introdotto tra un atto e l’altro
i cori, con la stessa funzione di commento che avevano nella tragedia
greca.11
10
Ivi, p, 450. Cfr., per i giudizi su Eschilo, Shakespeare e Calderón, il succes-
sivo intervento che appare nel «Marzocco» il 10 giugno 1906 (ivi, pp. 452-461:
458).Icastica l’immagine del «vuotare il caricatore» di A. Andreoli, Diventare Piran-
dello. L’uomo e la maschera, Milano, Mondadori, 2020, p. 225.
11
Pirandello uno e due. Nuove correnti teatrali, in «La Sera» del 21-22 maggio
1924, in Interviste a Pirandello, cit., p. 256.
12
Cfr. L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, a cura di G. Davico Boni-
no, cit., pp. 214-219: 214.
84 Beatrice Alfonzetti
Questa sera si recita a soggetto: i tre testi formano come una trilogia del
“teatro nel teatro” non perché l’azione si svolge fra il palcoscenico e la
sala o il ridotto del teatro, ma perché raffigura «ogni possibile conflitto»
di tutti gli «elementi» del teatro. Nei Sei personaggi esso contrappone ed
esplode fra i personaggi, da un lato, e gli attori e il direttore-capocomi-
co, dall’altro.13 E però, non è tutto qui; ogni lavoro della trilogia ha ca-
ratteristiche e significati propri, su cui non spetta all’autore dirne, bensì
a noi.14 Pago dell’essere “qualcuno”, Pirandello fa un passo indietro a
vantaggio della critica presente e, sa bene ormai, futura.
Gettati lì sul palcoscenico, i personaggi ingaggiano una “lotta dispe-
rata” fra loro e con gli attori e il capocomico, tutti vittime della reciproca
incomprensione: questo il senso universale di un conflitto che ambisce
alla palma tragica. Su questa strada, la lettera a Ruggeri del 1936 alza la
posta: gli attori regrediscono, a un livello più profondo del testo, a meri
spettatori, mentre l’azione tragica è altrove.15 Poetica alla mano, il coro,
nella tragedia greca era parte integrante dell’azione, anzi ne era un per-
sonaggio. Definizione non pacifica, anche perché i Problemi, attribuiti
allo stesso Aristotele, dicono altro, che il coro cioè fosse uno spettatore
inattivo degli avvenimenti.16 Così sembra pensarla anche Pirandello, in
questo lontano anni luce dal Nietzche della Nascita della tragedia, quan-
do parla del coro con “funzione di commento” nella tragedia greca per
l’esperimento messo in atto con Ciascuno a suo modo. Viene il sospetto,
però, che anche una sbirciata alla traduzione laterziana della Nascita
della tragedia del 1907 o del 1919, lo scrittore l’abbia dato. Per altro
faceva parte della stessa collana, dove esce la traduzione del Mondo come
volontà e rappresentazione − posseduta da Pirandello − con cui Nietzche
ha un confronto serrato.17
La tragedia rinnovata risiede sì nel “dramma doloroso” dei sei perso-
naggi, ma solo a patto di proiettare il conflitto che li dilania in significati
che toccano tutti gli uomini. D’altronde, avanzando nella Prefazione
13
Premessa, in Id., Maschere Nude, a cura di A. D’Amico, Milano, Mondado-
ri, I Meridiani, 1993, II, p. 935. Da questa edizione sono citati i Sei personaggi.
14
Di particolare interesse A. Andreoli, Le maschere famigliari di un capolavoro,
in L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, a cura della stessa, Milano, Mon-
dadori, 2019, pp. V-L.
15
Ripenso qui la correlazione fra la «tragedia classica rinnovata» e il «conflit-
to»fra gli elementi del teatro avanzata in B. Alfonzetti, Il trionfo dello specchio. Le
poetiche teatrali di Pirandello, cit., pp. 103-136.
16
Cfr. H.C., Baldry, I Greci a teatro. Spettacolo e forme della tragedia, trad. it.,
Bari, Laterza, 1987, pp. 87-95.
17
F. Nietzsche, La nascita della tragedia ovvero ellenismo e pessimismo, traduzio-
ne e prefazione di E. Ruta, Bari, Laterza, 1919.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 85
18
Prefazione, in Maschere Nude, II, cit., p. 655.
19
Sei personaggi in cerca d’autore, ivi, p. 692.
20
Ivi, p. 732.
21
Prefazione, ivi, p. 666. Ai Sei personaggi come «satira del teatro romantico»
fa cenno l’intervista Conversando con Pirandello, «L’Ora», 14-15 aprile 1924, in
Interviste a Pirandello, cit., p. 238.
86 Beatrice Alfonzetti
22
Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere Nude, II, cit., p. 700.
23
Ivi, p. 732.
24
Ivi, p. 684.
25
Premessa, in L. Pirandello, Maschere nude, II, cit., p. 935.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 87
26
Cfr. B. Alfonzetti, Drammaturgia della fine da Eschilo a Emma Dante, nuova
edizione rivista e ampliata, Roma, Bulzoni, 2018.
27
Cfr. B. Alfonzetti, Pirandello. L’impossibile finale, Venezia, Marsilio, 2017,
pp. 75-92.
28
F. Angelini, Sei personaggi di Luigi Pirandello, in Letteratura italiana. Le Ope-
re, IV, Einaudi, Torino 1995, pp. 485-486.
29
Cfr. Interviste a Pirandello, cit., p. 133.
88 Beatrice Alfonzetti
30
Secondo l’innovativa lettura di A. Andreoli, di cui si veda l’Introduzione in
L. Pirandello, Enrico IV, Milano, Mondadori, 2019, pp. V-LII.
31
Cinque commedie d’autore. Quella che prepara Luigi Pirandello, in «La Tribu-
na», 5-6 ottobre 1921, ora in Interviste a Pirandello, cit., p. 137.
32
Rilievi teorici importanti in P. Vescovo, Entracte. Drammaturgia del tempo,
Venezia, Marsilio, 2007.
33
L’edizione del 1921 si legge agevolmente nei Sei personaggi in cerca d’autore,
a cura di D. Bonino, cit., p. 117-118.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 89
fugga da lì, scendendo una delle due scalette e correndo, fra i corridoi
in mezzo alle poltrone, con un riso sempre più stridulo diretto contro
la famiglia legittima ricompostasi. Il corrispondersi fra inizio e fine è
marcato dal ripetersi circolare dell’entrata e uscita della Figliastra che
coincide con l’espressione ‘prendere il volo’, correlativo oggettivo del
finale fisso e circolare dei Sei personaggi.
In virtù del meraviglioso corrispondersi nel teatro dei Pirandello
fra senso e struttura, tocca alla Figliastra anticipare il finale (nella sua
doppia valenza di finale del loro dramma e di finale in senso letterale o
materiale del testo), rivelando che alla fine prenderà “il volo! Il volo!”,
dopo non si sa bene quali vicende toccate in sorte alla sorellina e al fra-
tello e dopo quanto accaduto di molto intimo fra lei e il Padre. Subito
dopo accusa il Figlio (il fratellastro) d’indifferenza verso loro tre bastardi
e verso la Madre, madre comune ai quattro figli, la quale a questo punto
prova a impedire che il Padre realizzi il suo intento, cioè la rappresenta-
zione del dramma vissuto, per poi iniziare a discolparsi di aver abban-
donato la sua prima famiglia e aver avuto quattro figli da due uomini
diversi: “Io, li ebbi? Hai il coraggio di dire che fui io ad averli, come se
li avessi voluti? Fu lui, signore! Me lo diede lui, quell’altro, per forza! Mi
costrinse, mi costrinse ad andar via con quello!”.
Fra narrazioni disordinate con inserti rappresentativi e drammatici
(i personaggi narrano e ogni volta è come se rappresentassero già il loro
dramma), si delinea, fra lo stupore degli attori e del Capocomico, l’o-
scura vicenda, che raggiunge l’acme dell’orrore di fronte al fremere della
Figliastra quando la stessa accenna, in maniera più esplicita, all’incontro
col Padre nell’atelier di Madama Pace: una sartoria che nella realtà è
un bordello per preservare la dignità degli habitué e delle signorine di
buona famiglia. Ora vuole “vendetta”: parola drammatica, insieme a
“passione”, fra le più tecniche del linguaggio drammatico. Seguendo il
testo, si nota che soltanto quando interviene il Padre a invocare un po’
d’ordine nel racconto della Figliastra, togliendole la parola confinata ai
grezzi fatti, per lanciarsi nella prima digressione di carattere filosofico
sul male delle parole (“Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo
tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come
possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e
il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevi-
tabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo
com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!”),
emerge lo sdoppiamento di prospettiva del testo, affidato al commento
degli attori: “È un caso così nuovo!” “Interessantissimo!”. 34
34
Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere nude, II, cit., pp. 692-693.
90 Beatrice Alfonzetti
Si avvia così l’originale situazione dei Sei personaggi, che nasce dal
cortocircuito fra il dramma dei personaggi, rifiutato dall’autore, e le va-
lenze della sua universalità. Suddivisi in Spirito (Il Padre e la Figliastra)
e Natura (la Madre), i personaggi esprimono la visione della vita di Pi-
randello: l’inganno della comprensione reciproca, fondato sull’astrazio-
ne delle parole; la molteplice personalità d’ognuno; “il tragico conflitto
immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che
la fissa immutabile”. Un conflitto che si estende persino al rapporto fra
gli attori e i personaggi, i primi mutevoli, effimeri e cangianti, i secondi
fissi nell’eternità della forma artistica.
Infine, ecco far capolino l’ “antefatto”, secondo un procedimento
che inizia dalla fine: finale (le “corbellerie” e il “volo”), sequenza cen-
trale (l’atelier), antefatto (il figlio mandato a balia, la moglie spedita
via insieme al sottoposto, il suo restare ‘vedova’ del secondo uomo).
Dall’antefatto si ritorna nuovamente al dramma “impreveduto e vio-
lento” dell’incontro fra il Padre e la Figliastra, con la precisazione del
mancato rapporto carnale fra i due, grazie all’intervento della Madre.
Antefatto e dramma sono narrati soprattutto dal Padre con continue
digressioni sulla parte inconfessabile di ogni uomo, fatta di pulsioni
sessuali irrefrenabili, in contrasto con l’abito esterno della dignità, e sul
dramma del credersi uno, mentre si è tanti, da cui deriva l’ingiustizia
d’essere accusati e messi alla gogna per un unico atto. Come suggerisce
il Padre, alter ego dello scrittore, al Capocomico: “vedrà che da questo il
dramma acquisterà un grandissimo valore”. La battuta è rivolta al letto-
re per fargli comprendere la prospettiva umoristica della scomposizione
del fatto (il dramma).
Nello scambio delle reciproche accuse, il finale è rievocato per l’en-
nesima volta sempre tramite il sovrapporsi delle voci del Padre, della Fi-
gliastra e ora persino del Figlio: il marciapiede della Figliastra; l’entrata
nella casa del Padre dell’altra famiglia dopo il mancato ‘incesto’; la mor-
te dei due fratellini. “Materia da cavarne un bel dramma!”: basterebbe
scriverlo per il Capocomico; trascriverlo per il Padre, “avendolo così
davanti – in azione scena per scena”.35
Ha termine così la prima parte dei Sei Personaggi, durante la quale
la vicenda è stata narrata due volte, iniziando, la prima volta, dalla fine
e fornendo, la seconda altri dettagli del dramma, intramezzati da con-
siderazioni di carattere generale. Nella seconda e terza parte si prova
a recitare la commedia da fare, appena abbozzata in un copione dato
al suggeritore. Durante la seconda, il conflitto fra attori e personaggi,
che non si riconoscono negli attori, persuade il Capocomico a far rap-
35
Ivi, pp. 704-705.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 91
36
Cfr. F. Angelini, Serafino e la tigre, Venezia, Marsilio 1990.
37
G. Ferroni, Mourir au début, mourir à la fin, in Le début et la findu récit. Une
relation critique, dir. A. Del Lungo, Paris, Garnier, 2010, pp. 207-223.
92 Beatrice Alfonzetti
38
Prefazione, in Maschere nude, II, cit., p. 667.
39
F. Nietzsche, La nascita della tragedia, cit., cap. 9, pp. 80-89: 83.Più in ge-
nerale, cfr. M. Rössner, Nietzsche e Pirandello: paralleli e differenze, in L’enigma
Pirandello, a cura di A. Alessio et alia, Canadian Society for Italian Studies, 1988,
pp. 228-242.
La “tragedia classica rinnovata” dal finale fisso e circolare 93
40
Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere Nude, II, cit., p. 718.
94 Beatrice Alfonzetti
41
L. Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti varii, a cura du M. Lo Vecchio Musti,
Milano, Mondadori, p. 1256.
42
B. Alfonzetti, «Mia figlia», la Figliastra: lapsus testuale? in «que ben devetz
conoisser la plus fina». Per Margherita Spampinato, a cura di M. Pagano, Sinestesie,
2018, pp. 27-43.
43
F. Angelini, Sei personaggi di Luigi Pirandello, cit., p. 482. Ma cfr. anche
R. Alonge, Madri, baldracche, amanti. La figura femminile nel teatro di Pirandello,
Costa & Nolan, Genova 1997, pp. 75-78.
Dinamiche di genere nei
Sei personaggi in cerca d’autore
di Annamaria Andreoli
1
Gli studiosi hanno ricostruito l’elaborazione concettuale del personaggio da
parte di Pirandello. È ormai di rito menzionare, accanto agli interessi in ambito
teosofico, certe prove pregresse, da Quand’ero matto a Personaggi, dalla Tragedia
d’un personaggio a Colloqui con i personaggi, a cui si mescolano appunti di taccuino.
Resta da aggiungere il progetto di un’opera, di ascendenza ovidiana, che racco-
gliesse varie Lettere agli eroi: «Da tentare alcuni studi sul romanzo contemporaneo
in una forma insolita, originale, in forma cioè di Lettere agli eroi. Cominciare con
una lettera a Claudio Cantelmo, l’eroe delle Vergini delle rocce del D’Annunzio». Al
capofila fanno seguito eroi di Fogazzaro, Fleres, De Roberto, Imberido, Rovetta,
Neera (cfr. L. Pirandello, Taccuino di Harvard, a c. di O. Frau e C. Gragnani, Mi-
lano, Mondadori, 2002, p. 11). Meno originale di quanto non creda Pirandello, il
dialogo epistolare con personaggi creati dall’arte è variamente sperimentato a caval-
lo fra Otto e Novecento. Aby Warburg scrisse, per esempio, innumerevoli lettere
alla Ninfa campeggiante in un dipinto del Ghirlandaio. L’estetismo del tempo, di
cui Pirandello è oltremodo partecipe, decreta, teorizzandola, vitalità e superiorità
delle creature dell’arte. In questa direzione già si muoveva, del resto, la filosofia di
Schopenhauer.
96 Annamaria Andreoli
2
Sul dramma di Diderot, cfr. P. Szondi, Le père de famille, in «Poétique», n. 4,
1973.
3
Cfr. Manifesto degli autori drammatici futuristi, 11 gennaio 1911(in Futu-
risme. Manifestes. Documents. Proclamations, G. Lista, Lausanne, 1973, p. 247),
discusso da M. Serra, Marinetti et la révolution futuriste, Paris, L’Herne, 2008.
4
Cit. in L. Pirandello, Così è (se vi pare), a c. di B. Alfonzetti, Milano, Mon-
dadori, 2021.
Dinamiche di genere nei Sei personaggi in cerca d’autore 97
prima della stampa, per non dire dell’alt degli editori dinanzi a due dei
suoi romanzi.5 Neanche a farlo apposta, proprio novelle e romanzi mes-
si in discussione saranno rimaneggiati per la scena. Va da sé che a teatro
presentino il vantaggio della rumorosa protesta esagitata di cui ci si può
compiacere seduta stante. Disdegnoso gusto destinato a produrre, batti
e ribatti, esiti eccellenti.
Quanto mai di mira in Sei personaggi, protesta, rottura delle attese,
novità eversive si segnalano a ogni livello. Quasi che qualcuno ne trami
il sabotaggio, basti pensare che qui manca addirittura l’autore e che la
rappresentazione non va in scena. Il sottotitolo annuncia, a chiare let-
tere nel manifesto: Commedia da fare. Un rompicapo per chi compra
il biglietto con l’aspettativa di un paio d’ore di svago. Del resto, non
appena prende posto e l’azione comincia, lo spettatore viene colto di
sorpresa, costretto a scomodarsi, a girare la testa all’indietro per appun-
tare lo sguardo sui passi appena percorsi. Sono volutamente gli stessi
dei personaggi che entrano in processione, dunque di spalle rispetto al
pubblico, diretti verso il palcoscenico. È la loro meta agognata.
La dinamica contorta rivela subito che i Sei provengono da una sor-
tita ribelle. Il loquace capofila – il Padre (personaggio-Alfa) – non tarda
a dilungarsi sulla loro attitudine per il momento spuria, programmati
com’erano all’origine in un laboratorio narrativo e non teatrale. Tutta-
via, benché provvisto di un campo d’informazioni funzionale al raccon-
to, il gruppo ha in seguito azzardato alcune iniziative autonome (“se-
moventi”) all’interno di quella che potremmo definire “rete neurale”.
Giusto come accade nell’intelligenza artificiale, il processo interattivo
si è divaricato dal programmatore sino a logorare le maglie del conteni-
mento predisposto. E adesso eccoli, transfughi dal romanzo, meticci in
cerca delle modalità di espressione intraviste nella drammaturgia. Tran-
sfughi: il testo reca “sperduti”, pronuncia indiziatissima, connessa a una
res gesta che adombra l’impresa disperata. Vale però la pena di tentare il
tutto per tutto.
Non ne potevano più delle lungaggini descrittive, del tiro conti-
nuamente aggiustato dall’anamnesi o, all’inverso, dalle premonizioni,
senza contare le catene causali, il filo logico, razionale a tutti i costi che
li segregava nel romanzo: “parole, parole, parole”. Altro che bei giri di
frase sulla pagina lambiccata, loro aspirano alla vita (“Vogliamo vivere”
– pronuncia, sempre, del logorroico e ostinato portavoce): alla vita dai
mille e mille volti, libera, mutevole, assurda, governata dal Caso, con
5
Polemiche insorsero, per esempio, a proposito delle novelle Pensaci, Giacomi-
no!, L’illustre estinto o Jeri e oggi; i romanzi rifiutati sono Suo marito da Treves (1911)
e Si gira…dalla «Lettura», mensile del «Corriere della Sera» (1914).
98 Annamaria Andreoli
6
Il chimico tedesco Friedric August Kakulé (1829-1896), giusto nel 1890,
quando Pirandello si trovava a Bonn, illustrò la sua scoperta scientifica (relativa alla
molecola del benzene) attraverso un racconto simbolico: disse che aveva visto in so-
gno un serpente che si mordeva la coda. Era la rivelazione della struttura ciclica esa-
gonale della molecola che stava da tempo esaminando. Sul versante antropologico
delle strutture ancestrali, si segnala uno studio di A. Warbur, Il rituale del serpente,
Milano, Adelphi, 1980.J. L. Borges non manca poi di riferirsi al 6 come numero
simbolico del diavolo e, alternativamente, al 213 come numero della divinità. Cfr.
L’Aleph, in Tutte le Opere, a c. di D. Porzio, Milano, Mondadori, 1984, p. 903.
Dinamiche di genere nei Sei personaggi in cerca d’autore 99
***
Nella movimentazione da un genere all’altro è da ravvisare il nucleo
propulsore di Sei personaggi. Pirandello trae il massimo profitto da pro-
cedure di laboratorio, fra le più collaudate, che non esita ad accogliere
all’interno del testo. Con intenzione uno dei personaggi (il Figlio) si
dice fuoruscito dal romanzo suo malgrado. Assolve così il compito di
stigmatizzare la trasgressione dalla quale indietreggia con prodezze vir-
tuosistiche, evidenziando svantaggi e insidie del nuovo approdo votato
allo scacco. Il suo atteggiamento riottoso accusa la tracotanza dei due
che vogliono dare spettacolo: se ne vergognino, invece. Tacciano, se non
vogliono che si metta lui a parlare.7
Quale artista non ha posto mano a un’opera per poi tralasciarla?
Giacomo Leopardi, per esempio, aveva steso l’abbozzo di uno scritto
autobiografico cedendo la parola a un suo avatar, Giulio Rivalta: “In-
7
Il Figlio è «il pernio dell’azione», come si legge nel testo: «pernio» strutturale,
ruotante da un genere all’atro, secondo una prassi che per suo tramite si autosti-
lizza.
100 Annamaria Andreoli
8
Cfr. G. Leopardi, Opere, a c. di R. Bacchelli e g. Scarpa, Milano. Mondadori,
1935. Pregevole, da parte dei curatori, il commento delle Carte napoletane.
9
Sui rapporti famigliari come primo motore della scrittura cfr. la mia introdu-
zione a L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Milano, Mondadori, 2019.
Dinamiche di genere nei Sei personaggi in cerca d’autore 101
10
L’incerta grafia ha indotto gli studiosi di storia siciliana a non considerare
consanguinei di Luigi le personalità attestate dal cognome Pirandelli. Invece lo
sono, e meritevoli di nuove indagini. Cfr. G. Galasso, Per la storia culturale sociale
della Sicilia nell’Italia unita, Catania, Edizioni del Prisma, 1993, pp. 37 e 41.
11
Fondamentale, in questa esplorazione dell’entroterra pirandelliano, il contri-
buto di S. Mazzarino, Pirandello. Die neuere und die alte Geschichte italiens, a c. di
A. Cavallaro e con un saggio di W. Hirdt, Bonn, Rudolpf Habelt GMBH, 2006.
12
Cfr. l’edizione del romanzo di Pirandello procurata da A. M. Morace (Mi-
lano, Mondadori, 2018), che recupera la princeps del 1913 riproponendo un testo
rivelatore di intenzioni poi in sordina nel rifacimento successivo.
102 Annamaria Andreoli
13
Sull’ammirazione di Pirandello nei confronti di Joyce («grande e interes-
santissimo scrittore»), cfr. L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, a c. di B. Ortolani,
Milano, Mondadori, 1995, p. 537 (8 agosto 1930). Curiosa la coincidenza del
«Bloom’s day», il 16 giugno 1904 (la giornata in cui si svolge la vicenda dell’Ulisse
moderno), con l’ultima puntata del Fu Mattia Pascal nella «Nuova Antologia».
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola;
prospettive dopo un secolo
di María Belén Hernández-González
1
Come è noto, l’opera fu tradotta in inglese nel 1922 e rappresentata a Londra
e poi a New York nel Princess Theatre di Broadway nello stesso anno; la prima in
francese ebbe luogo a Parigi il 10 aprile 1923 nella Comédie des Champs Elysees,
con regia del famoso Georges Pitoëff; lo stesso anno a Praga, nel Teatro Nazionale;
a Berlino si presentò in tedesco il 30 dicembre 1924, nel Deutches Theater, a carico
di Max Reinhardt.
2
Per i primi momenti della ricezione in Spagna di Pirandello, cfr. almeno: Gal-
lina (1967); Neglia (1991); Camps (1998); Hernández-González (2007); Zappulla
Muscarà (2012); Edo (2006); De Miguel (2020).
104 María Bélen Hernández-González
3
In coincidenza con questo viaggio, saranno numerosi gli studi e articoli sulle
similitudini sociali e culturali tra Spagna e Italia; i quali, oltre a valutare il modello
politico italiano, fomenteranno in Spagna una crescente recettività verso gli scritto-
ri italiani. Cfr. Mobarak (2013).
4
Per lo studio del viaggio a Barcellona di Pirandello, invitato da José Canals
e il Pen Club, si veda l’analisi delle interviste apparse sulla stampa catalana del
tempo in: Zappulla Muscarà (2012) e Calzada-Romà (1997). Sull’incomprensione
della borghesia catalana nei confronti del nuovo teatro di Pirandello nel 1923, cfr.
Camps (1998).
5
Nel gennaio 1924 Fernando Vela scrive una rassegna della prima madrilena
di Sei personaggi, nella Revista de Occidente e Félix Azzati, primo traduttore della
commedia, pubblica nello stesso numero la prima traduzione de La tragedia di un
personaggio. Il dibattito si protrasse attraverso altri testi, dei quali il più famoso è
proprio di José Ortega e Gasset, ordinario di filosofia nell’Universidad Central de
Madrid e maestro della generazione novecentista: egli scrisse, nel 1925, La deshu-
manización del arte, un polemico saggio sull’arte d’avanguardia. In questo libro
Pirandello è visto come paradigma dal teatro nuovo, autore del primo dramma
d’idee, che irrita il grande pubblico con la sua visione rovesciata.(Cfr. J. Ortega y
Gasset, La deshumanización del arte, in Obras Completas v. III. Madrid, Alianza,
1983, pp. 376-377, commentato tra gli altri da N. Muñiz Muñiz, «Sulla ricezione
di Pirandello in Spagna», in Quaderns d’Italià 2, 1997, pp.113-148).
6
Si veda R. Baeza, «Seis personajes en busca de autor», El Sol, 17 gennaio 1924,
p. 2, replica all’articolo di Eugenio D’Ors, citato in seguito.
7
Cfr. E. D’Ors, «La particularidad de la comedia de Pirandello», ABC, 26
dicembre 1923, pp. 15-16.
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 105
za - si pensi che solo tra il 1923 e il 1927 si tradussero circa venti testi
teatrali dello scrittore -, seguì una brusca diminuzione d’interesse, raf-
freddata alle soglie della Guerra Civile, ma che non si riprese comple-
tamente nemmeno nel dopoguerra. Gli ostacoli verso un’ermeneutica
pirandelliana più vivace si possono comprendere tenendo conto di tre
fattori essenziali che, a mio parere, hanno segnato la fortuna di Piran-
dello lungo il secolo: da un lato l’incomprensione generale della sua arte
in un Paese dove esisteva una frattura tra le minoranze colte e il pub-
blico di massa; dall’altro lato, la separazione tra la ricezione letteraria
e la teatrale, manifestatasi maggiormente nelle critiche teatrali del do-
poguerra; e infine - e non di meno - i forti mutamenti politici e sociali
seguenti al 1936, che si rispecchieranno nelle scelte di traduzione degli
scrittori italiani, nuocendo, come vedremo, alla diffusione delle opere
di Pirandello.
In effetti, benché Pirandello sia stato dal primo momento conside-
rato un classico,8 il pirandellismo in Spagna ha avuto alti e bassi, e per
molti anni non si è ben capita la poetica dell’umorismo - tranne in rari
casi,9 - né è stato sufficientemente approfondito il suo apporto sino alle
ultime due decadi del Novecento, da quando è ricominciata l’edizione
integrale delle opere con i doverosi approcci filologici. In questo senso,
è indicativo ricordare che Sei personaggi ed Enrico IV, le due principa-
li opere rappresentate, sono giunte ai nostri teatri prive della lettura
attenta de l’Umorismo, il saggio chiave per entrare nell’officina dello
scrittore; un testo tradotto in spagnolo integralmente soltanto oltre tre
decadi dopo la scomparsa dell’autore. Altrettanto accadde con le novelle
e la maggior parte dei romanzi, pubblicati fuori tempo o diffusi solo in
parte in antologie mal collegate con la produzione drammatica.
Il fenomeno è stato effetto della bipolarità delle élite intellettuali nel-
le due capitali culturali della Spagna novecentista, a lungo in contrasto
con i gusti del pubblico che, pur riconoscendone il valore, trovava dif-
ficile il messaggio pirandelliano. Probabilmente per questi motivi, Sei
personaggi è stato più letto che rappresentato; negli scrittori, invece, Pi-
randello è penetrato in fondo, sebbene spesso in forma non dichiarata,
come hanno messo in evidenza i ricchi studi comparativisti compiuti
tra lo scrittore siciliano e gli autori spagnoli coetanei, a cominciare da
8
Studi ormai classici sulla ricezione dello scrittore siciliano avevano assodato
questo concetto senza ombre (Chantraine De Van Praag, 1962; De Filippo, 1964);
ma poi sono stati riguardati nella sua problematicità dagli italianisti spagnoli sopra
menzionati a partire dalla decade ‘90 del secolo scorso.
9
Tra questi, i traduttori Azzati, Cansinos Assens e Ricardo Baeza, per la prima
epoca; dal dopoguerra, i critici José María Monner Sans e Ricardo Doménech.
106 María Bélen Hernández-González
10
La critica si è occupata a lungo della ricezione di Pirandello nella letteratura
spagnola; per menzionare soltanto alcuni nomi molto noti, si veda: González Mar-
tín (1978); Soria Olmedo (1989): Morelli (2005). Comunque, sono tanti gli scrit-
tori e drammaturghi spagnoli influenzati da Pirandello che attendono ancora uno
studio approfondito; oltre ai menzionati, si pensi ai fratelli Machado, Valle Inclán,
Jacinto Grau, Alejandro Casona, Juan Ignacio Luca de Tena, Buero Vallejo, Miguel
Delibes, Francisco Nieva… Di fatto, in buona parte dei più celebri autori novecen-
teschi si risente del teatro pirandelliano, sebbene le tracce quasi mai siano esplicite.
11
Per una panoramica del teatro italiano nella scena spagnola, con riferimenti
alle critiche apparse sulla stampa in proposito di Pirandello, cfr. in ordine crono-
logico: Martínez-Peñuela (1987), Martín Clavijo (2012) e Muñoz Raya (2016).
12
Si veda «Entrevista a Vera Vergani» (giugno 1924) in C. De Burgos (Colom-
bine), Periodista Universal v.II, a cura di C. Nuñez. Sevilla, Junta de Andalucía,
2018.Originalmente apparsa nella rivista Cine Mundial di New York, dove Carmen
de Burgos incomincia a collaborare dal 1923, quando Vergani era diventata famosa
attrice teatrale e cinematografica. Non ho trovato il testo in giornali spagnoli: è
possibile che sia perduto. La scrittrice era nota per i due volumi d’interviste intito-
late Confidencias de artistas (1916); in precedenza era stata curatrice per Sempere,
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 107
la casa editrice di Blasco Ibañez che aveva tradotto le prime opere di Pirandello in
Spagna. De Burgos diede per il teatro La voz de los muertos. Teatro irrepresentable
(1911), d’ispirazione leopardiana, oltre a mantenere contatti diretti con la scena
italiana dopo il viaggio in Italia compiuto tra il 1905-1906 con Félix Azzati, primo
traduttore di Sei personaggi.
13
In effetti, il titolo di Sei personaggi ebbe diverse imitazioni parodiche in Spa-
gna, come ci ricordano Calzada - Romá (1996: 142), compresa questa traduzione
della commedia di Ives Tirande, che in questo modo si accattivava l’attenzione.
14
Per un resoconto dettagliato delle rassegne teatrali del tempo, si veda il lavoro
di Martínez-Peñuela (1987).
108 María Bélen Hernández-González
15
Per una panoramica delle messinscene pirandelliane lungo questi anni, cfr.
Espinosa (2005). Lo studioso affronta anche in questa sede l’analisi comparativa tra
due traduzioni controverse di Sei personaggi, come si vedrà più avanti.
16
Per il teatro in siciliano si veda l’edizione curata da S. Zappulla Muscarà:
L. Pirandello, Tutto il teatro in dialetto, Milano, Bompiani, 1993, voll. 2 (4ª ed.,
2009). Studi critici approfonditi si trovano in Pirandello e il teatro siciliano, a cura
di S. Zappulla Muscarà-E. Zappulla, Catania, Maimone, 1986.
17
Op. cit., p. 247.
18
La traduzione di Espinosa Carbonell è stata pubblicata anni dopo (1990).
Nel lavoro citato (Espinosa, 2005) si descrivono molti dettagli sulla scenografia e
sulla eccellente accoglienza.
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 109
19
Cfr. Espinosa Carbonell (2005: 251-256). Eva Muñoz Raya, senza voler en-
trare nella polemica tra i traduttori, sottolinea la divergenza tra le due versioni: la
prima per esser letta, la seconda per essere rappresentata; quella di Espinosa è rea-
lizzata in ambito universitario e si tratta dunque di una edizione curata con criteri
filologici, fornita di note didascaliche, con paratesti e uno studio introduttivo di
relativa funzionalità per la messinscena (2016: 116-117).
20
La prima si fece nel Teatro Lara di Madrid, fuori orario e dopo lo spettacolo
programmato, senza decorati e con i dialoghi fuori dal copione. La funzione sor-
prese tutti e da subito ebbe una grande accoglienza. Cfr. Del Arco (2019), le idee
principali della versione di Sei personaggi si commenteranno anche nel prologo di
Ana Fernández Valbuena. Si veda inoltre il blog pubblicato dai direttori con moti-
vo del decimo anniversario della messinscena: <http://www.revistagodot.com/10-
anos-de-la-funcion-por-hacer/>.
110 María Bélen Hernández-González
21
Gli interpreti principali, che si mantengono per la terza stagione sono: Isra-
el Elejalde, Bárbara Lennie, Miriam Montilla e Manuela Paso. La RESAD aveva
già pubblicato parte del testo in un monografico dedicato della rivista di ricerca
drammatica Acotaciones, Investigación y Creación Teatral II Época, giugno-dicembre
2013, con introduzione di Ana Fernández Valbuena.
22
Per confrontare le varianti del testo originale considerate da Azzati, cfr. l’edi-
zione critica in Pirandello (1993).
23
Azzati avverte i lettori sul significato del termine «commedia» in italiano,
ereditato dalla Commedia dell’arte, che per il pubblico spagnolo si confondeva con
farsa, banalizzando il messaggio drammatico di Pirandello.
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 111
ceduto i diritti per la traduzione di tutte le sue opere nella stessa collana.
Azzati redasse anche una preziosa introduzione, intenta a chiarire i ma-
lintesi causati da «una crítica poco escrupulosa y un público adversario
de las incomodidades de la reflexión». In effetti, in essa egli smentisce
una a una tutte le obiezioni del ridotto cerchio di critici teatrali, dimo-
strando che il teatro di Pirandello faceva vedere un dolore sincero, un
rovescio del reale vissuto innanzitutto in prima persona e non certo una
maschera artificiosa frutto della recente celebrità. Purtroppo, il progetto
della traduzione integrale di Sempere non poté essere portato a termine
e non solo per motivi politici: morto Blasco Ibáñez nel 1928, la casa
editrice fu ereditata da Azzati; ma anche lui scomparve nel 1929, la-
sciando gli spagnoli orfani di uno dei migliori interpreti di Pirandello.24
Nella seconda epoca di ricezione si susseguono diverse edizioni di Sei
personaggi, ma le traduzioni importanti in realtà si riducono a due: quel-
la compiuta da Ildefonso Grande, già apparsa in Alfil nel 1955, e poi
riveduta e aumentata nelle edizioni delle Obras completas di Plaza e Janés
(1958 e 1965), Seis personajes di Eselicer (1961) e Obras escogidas de
Aguilar (1969 e 1971); e quella di Miguel Angel Velloso (Teatro, Gua-
darrama, 1968); tutte e due furono riproposte in numerose occasioni
durante il franchismo. Secondo Vicente González Martín, le traduzioni
di Pirandello in Spagna si sono fatte più intense in periodi di crisi, parti-
colarmente dopo la Seconda Guerra, forse perché il teatro di Pirandello
possiede la capacità di riflettere il sentimento di crisi dei valori indivi-
duali e collettivi (González, 1995: 209). Ad ogni modo, le menzionate
traduzioni si dolgono di mancanza di naturalità, di numerosi arcaismi e
malintesi, che ostacolano l’effetto drammatico e certe volte sacrificano
la ricchezza del linguaggio originale. L’edizione dell’opera omnia non fu
conclusa nemmeno questa volta.
Curiosamente non è rimasta memoria della figura d’Ildefonso Gran-
de, tranne il fatto di aver tradotto almeno tredici opere di Pirandello; la
venerazione verso lo scrittore è palese sia nell’eccessiva scrupolosità delle
sue traduzioni degli originali, sia nelle parole dei suoi prologhi che oggi
ci sembrano profetiche:
24
Va ricordato che Azzati era uno dei rari intellettuali del tempo ad avere con-
tatto diretto con la scena italiana, assieme a Carmen de Burgos e Rivas Cherif.
Tutti e tre, come tanti altri scrittori di sinistra, furono messi all’indice dal tribunale
speciale per repressione della massoneria e il comunismo durante la epurazione
franchista e le loro opere proibite e cancellate della nostra memoria sino agli ultimi
anni del Novecento.
112 María Bélen Hernández-González
coge, como el caricaturista, los rasgos esenciales de los tipos, juega con
ellos, mezcla la fantasía con la realidad, que a veces son inseparables;
se burla de lo tópico, y, entre dos salidas grotescas, nos hace sentir un
escalofrío. El público de los domingos sale defraudado cuando, después
de dos horas de intriga, el autor le escamotea el desenlace y lo deja con
las ganas de saber la «verdad». ¿Era un bromista Pirandello? ¿O sólo un
filósofo convencido de que la vida no tiene desenlace, y de que todo se
reduce a volver a empezar? ¿O las dos cosas?
Es lo cierto que, a medida que pasan los años, sus obras van dejando
de ser para la minoría. Se discuten cada vez menos y se aceptan más.
Lo que prueba que el genial siciliano se adelantó, por lo menos, treinta
años a su época. (Grande, 1959:14)
25
Il testo de l’Umorismo fece parte della raccolta di saggi di Pirandello apparsa
per Guadarrama, Madrid, 1968. Velloso curò qualche studio di rilievo sull’argo-
mento, cfr. Velloso, 2005.
26
Si veda, ad esempio, il prologo di Romano Luperini, nell’edizione Cátedra,
1992; e lo studio di Taviani (2010).
27
Scrittore equatoriano d’origine italiano con notevole fama, dal 1978 vive a
Barcellona; ha tradotto in spagnolo opere di Luigi Pirandello e Tommasi di Lam-
pedusa.
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 113
A modo di conclusione
28
Oltre a Pirandello, ha tradotto dall’italiano Manzoni, Pavese e Calvino.
29
Tra gli autori italiani, ha tradotto: Norberto Bobbio, Giorgio Vasari, Remo
Bodei, Leonardo Sciascia, Beppe Fenoglio, D’Annunzio e Bonaviri.
114 María Bélen Hernández-González
Appendice
I. Elenco delle edizioni di Sei personaggi registrate fino a gennaio 2021 nella
«Biblioteca Nacional de España». Sono escluse le ristampe delle stesse opere,
edite in modo frammentario nelle filiali secondarie delle diverse case editrici.
- Seis personajes en busca de autor, comedia a escenificar, Trad. e prologo Félix
Azzati. Valencia: Sempere, 1924 (2º ed. 1926).
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Ildefonso Grande. Madrid: Alfil, 1955.
- Obras Completas, Trad. Ildefonso Grande - Manuel Bosch Barret. Barcelona:
Plaza & Janés, 1958 (2ª ed. 1965).
- Seis personajes en busca de autor (Comedia todavía no escrita). Trad. Ildefonso
Grande. Cádiz-Madrid: Escelicer, 1961.
-Teatro, Trad. José Miguel Velloso. Madrid: Guadarrama, 1968.
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Ildefonso Grande. Barcelona: Círculo
de Lectores, 1969.
- Obras escogidas, Trad. Ildefonso Grande - José Miguel Velloso- Mario Grande
Ramos. Madrid: Aguilar, 1969 (2º ed. 1971).
- Seis personajes en busca de autor, comedia por hacer. Barcelona: Clásicos Roxil,
1982.
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Joaquín Espinosa Carbonell. Valencia:
Universidad de Valencia, 1990.
- Seis personajes en busca de autor, Cada cual a su manera, Esta noche se recita
improvisando, Trad. Miguel Ángel Cuevas- prologo Romano Luperini. Ma-
drid: Cátedra, 1992 (5ª ed. 2000).
- Seis personajes en busca de autor, Cada cual a su manera, Esta noche se improvisa,
Trad. Nieves Muñiz. Barcelona: Altaya, 1996.
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Leonardo Valencia Assogna-prologo
Francisco Nieva. Madrid: Unidad, 1999.
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Marina Massa Carrara. Madrid: Mestas,
1999.
- Seis personajes en busca de autor: comedia por hacer, Trad.Esther Benítez- prolo-
go M. Teresa Navarro Salazar. Madrid: Edaf, 2001 (3º ed. 2011).
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Pepa Linares.Madrid: Alianza, 2018.
- Seis personajes en busca de autor, Trad. Maritza Izquierdo. Madrid: Verbum,
2019.
II. Traduzioni al catalano più rilevanti:
- Sis personatges en cerca d’autor i Enric IV, Trad, Bonaventura Vallespinosa.
Barcelona: Edicions 62 (2ª ed. La Caixa, 1987)
- Sis personatges en cerca d’autor, Trad. Jordi Sarsanedas i Vives. Barcelona: In-
stitut del Teatre Comanegra, 2016.
Sei personaggi in cerca d’autore nella scena spagnola 115
Riferimenti bibliografici
di Jorge Dubatti
1
Per ragioni di estensione di questo articolo ci limitiamo a questo ritaglio
cartografico. Potremmo aggiungere numerose messe in scena in altre province ar-
gentine, ma supererebbe lo spazio disponibile. Ci riserviamo questi riferimenti per
un articolo futuro.
118 Jorge Dubatti
2
Non registrato nell’inchiesta di Massa-Lusnich, 1997, 73-85.
Pirandello in Argentina: nuovi approcci 119
Ardenzi. Cast: Enzo Ricci, Eva Magni, Anna Proclemer, Giorgio Alber-
tazzi, Tino Buazzelli e altri. Premiere: 30 agosto.
1960 - Teatro Nacional Cervantes, Compagnia Tonia-Celi-Autran,
dal Brasile. Regia: Adolfo Celi. Presentano l’opera di Pirandello, insie-
me ad altre di Guilherme Figueiredo (Un dio dormiva a casa), William
Shakespeare (Otello) e Jean-Paul Sartre (Dietro le porte chiuse) tra il 7 e
il 18 settembre.3
1960 - Regia di Marcelo Lavalle, all’Instituto Moderno de Teatro
(prima assoluta nel circuito di produzione indipendente), dalla compa-
gnia Teatro de Lys, con traduzioni di D. Chiachio e A. Muñoz. Cast:
Eduardo Espinosa (responsabile anche dei costumi e delle scenografie),
Cora Gonsebatt, Andrea Ducasse, Darío Borghi, Franco Bausi, Mirtha
Moreno, Ana Spelmans, Guillermo Gatti, Inés Suffern, Roberto Ro-
magnoli, Isabel Maciel, Graciela Pausa, Juan Mauro, Alberto Albizar,
Roger Centanino, Norberto Dinomo, Omar Sapia, Rubén Oliverio.
Nella loro ricerca su questa messa in scena, Cristina Massa e Ana Lau-
ra Lusnich hanno salvato la critica pubblicata sulla rivista Platea il 17
giugno 1960:
La “commedia da fare” di Pirandello ha perso le qualità di scandalo
che circondava la sua prima, e non preoccupa più né sorprende più quel
doppio gioco a cui partecipano i sei personaggi di fantasia e la realtà
condizionata di un gruppo di interpreti (...) Quell’apparente confusio-
ne di inquadrature che ai suoi tempi commuoveva il teatro e che veniva
definita follia, oggi è chiara e di profondo interesse. (Massa-Lusnich,
1997, 75)
Le critiche dei giornali Clarín (16 aprile 1960) e La Nación (21 apri-
le 1960) celebrano la validità del testo che (secondo Clarín) “divenne
un classico” (Massa-Lusnich, 75). Per quanto riguarda i riferimenti alla
messa in scena, secondo le ricercatrici, “i commenti, che coincidono
nella buona gestione dello spazio e del movimento di massa [sic], cri-
ticano il modo di agire, a volte ‘veemente’ e ‘declamatorio’ del cast”
(Massa-Lusnich, 75).
1967 - Regia di Juan José Bertonasco, al Teatro Nacional Cervantes
(circuito ufficiale). Seibel ricorda il cast: “Carlos Muñoz, Lydia Lamai-
son, Eva Dongé, Rodolfo Salerno, Alejandro Anderson, Roberto Airal-
di, Nélida Romero, Velia Chaves, Víctor Bruno, Mario Labardén, tra
gli altri” (2011, 92). Esegue spettacoli settimanali dal 2 novembre al 17
dicembre.
1976 - Regia di Hugo Urquijo, al Teatro San Martín, Sala Casa-
cuberta (circuito ufficiale). Traduzione di Roberto Tálice (in “voseo”).
Cast: Gianni Lunadei, Enrique Fava, Luisina Brando, Adriana Aizen-
berg, Flora Steinberg, Nelly Prono, Patricio Contreras, Livia Fernán,
120 Jorge Dubatti
4
Chiamiamo editorializzazione la letteratura con cui lo spettacolo sceglie di
presentarsi al pubblico e le istituzioni di mediazione (giornalismo, critica, festival,
sale, produttori, enti ufficiali, ecc.) Tale letteratura può essere inclusa in cartelle
stampa, pagine web di gruppi e cartelloni pubblicitari, programmi portatili, ecc.
Pirandello in Argentina: nuovi approcci 121
Per la loro sintesi e volontà comunicativa, per la loro ricerca di catturare l’attenzio-
ne e mobilitare i lettori a entrare in contatto con lo spettacolo, di solito sono me-
tatesti chiave che meritano di essere studiati con attenzione. Vedi Dubatti, 2020a.
5
Vedi: http://www.alternativateatral.com/obra2301-seis-personajes-en-busca-
de-autor
6
Vedi: http://www.alternativateatral.com/obra5737-de-pirandello-a-sofocles-
seis-personajes-en-busca-de-antigona
122 Jorge Dubatti
7
Vedi: http://www.alternativateatral.com/obra30896-seis-personajes-en-bu-
sca-de-un-autor
Pirandello in Argentina: nuovi approcci 123
8
Véase: http://www.alternativateatral.com/obra50953-six-characters-in-sear-
ch-of-an-author
124 Jorge Dubatti
Bibliografia
AA.VV., “Vida y obra de Pirandello”, Revista Teatro, Teatro San Martín, Bue-
nos Aires, Tercera época, IV, 7, junio de 1998, 26-60.
Aldama, Celia de, “De Italia a la Argentina: las embajadas culturales de Piran-
dello”, Perífrasis. Revista de Literatura, Teoría y Crítica, VI, 12, 2015, 49-61.
Bossi, Elena, El teatro grotesco, San Salvador de Jujuy, Universidad Nacional de
Jujuy, 1999.
Cacho Millet, Gabriel, Pirandello in Argentina, Palermo, Novecento, 1987.
Dubatti, Jorge, “El teatro italiano en Hispanoamérica: perspectivas de un
diálogo permanente”, en AA.VV., Il Teatro Italiano del Mondo. Atti del XX
Convegno Internazionale, Pescara (Italia), Premi Internazionali Ennio Fla-
iano/Ediars, 2003, 149-162.
Dubatti, Jorge. “Sobre el teatro italiano en la Argentina”, Studi Italiani /
Estudios Italianos, Revista de Italianística de la Facultad de Lenguas de la
Universidad Nacional de Córdoba, Número Especial, 1861-2011: 150º
Aniversario de la Unidad de Italia, 2011, 251-257. Curado por Donatella
Cannova.
Dubatti, Jorge, Cien años de teatro argentino. Desde 1910 a nuestros días, Buenos
Aires, Biblos-Fundación OSDE, 2012a.
Dubatti, Jorge. “Luigi Pirandello en el teatro argentino, del período ‘industrial’
a la Postdictadura: una presencia viva”, Conferencia plenaria del Convegno
Internazionale Pirandello Uno e Due / Congreso Internacional Pirandello Uno
y Dos (Instituto Italiano de Cultura, Oficina Cultural del Consulado Ge-
neral de Italia en Córdoba, Universidad Nacional de Córdoba, Facultad
de Lenguas y Facultad de Filosofía y Humanidades, Córdoba, 31 de mayo
2012b. Inédito.
Dubatti, Jorge. “Luigi Pirandello en Buenos Aires”. Conferencia en la Giornata
“A centocinquant’anni della nascita di Luigi Pirandello”, Instituto Superior
del Profesorado Joaquín V. González, Departamento de Italiano, Ministe-
rio de Educación, Gobierno de la Ciudad de Buenos Aires, Auditorio 4°
Piso, lunes 23 de octubre 2017. Inédito.
Dubatti, Jorge, “Las literaturas (así, en plural) del acontecimiento teatral”,
Confabulaciones. Revista de Literatura Argentina, Universidad Nacional de
Tucumán, 4, 2020a, 37-45.
Dubatti, Jorge. “Reescrituras teatrales, territorialidad y políticas de la diferen-
cia”, en su Teatro y territorialidad. Perspectivas de Filosofía del Teatro y Teatro
Comparado, Barcelona, Gedisa, 2020b, 187-211. E-book.
Foucault, Michel, ¿Qué es un autor?, Buenos Aires, El Cuenco de Plata Edicio-
nes, 2010.
Guglielmini, Homero, El teatro del disconformismo, Buenos Aires, Nova, 1967.
Primera edición: 1927.
Massa, Cristina, y Ana Laura Lusnich, “Los estrenos de Pirandello en la década
del ‘50”, en O. Pellettieri, 1997, 73-85.
Monner Sans, José María, Pirandello y su teatro, Buenos Aires, Losada, 1959.
Neglia, Erminio, Pirandello y la dramática rioplatense, Firenze, Valmatina Edi-
tores, 1970.
Pirandello in Argentina: nuovi approcci 127
Ordaz, Luis, Historia del teatro argentino, Buenos Aires, Ediciones del Instituto
Nacional de Teatro, 2000.
Pellettieri, Osvaldo, ed., De Goldoni a Discepolo. Teatro italiano y teatro argen-
tino (1790-1990), Buenos Aires, Galerna, Cuadernos del Getea 4, 1994.
Pellettieri, Osvaldo, ed., Pirandello y el teatro argentino (1920-1990), Buenos
Aires,
Galerna, Cuadernos del Getea 8, 1997.
Pellettieri, Osvaldo, “La influencia que no cesa”, Revista Teatro, Teatro San
Martín, Buenos Aires, Tercera época, IV, 7, junio de 1998, 53-56.
Pirandello, Luigi, Seis personajes en busca de autor, adaptación de Jorge Lavelli,
Buenos Aires, Eudeba-Galerna, 1998.
Ramírez, Octavio, El teatro de Pirandello, Buenos Aires, El Ateneo, 1927.
Saavedra, Guillermo, “La tragicomedia del comportamiento humano”, Revista
Teatro, Teatro San Martín, Buenos Aires, Tercera época, IV, 7, junio de
1998, 44-47.
Seibel, Beatriz, Historia del Teatro Nacional Cervantes 1921-2010, Buenos Ai-
res, Instituto Nacional del Teatro, 2011.
Zappulla Muscarà, Sarah, e Enzo Zappulla, I Pirandello. La famiglia e l’epoca
per immagini, Milano, La Nave di Teseo, 2017.
Zayas de Lima, Perla, “Luigi Pirandello y la escena argentina de los ’70. ¿Por
qué sí, por qué no?”, en O. Pellettieri, 1997, 95-103.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro
di Novella di Nunzio
1. Introduzione
1
Cfr. G. Baužytė, On Philosophical and Aesthetical Problems in L. Pirandelo’s
Dramas, «Problemos», 110 (2014), pp. 42-50; G. Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Wor-
ks in Lithuania: Why the Dialogue Did Not Take Place, «Interlitteraria», 21 (2016),
pp. 216-228.
2
2017-ieji – italų literatūros metai, 2017, «LLVS – Lietuvos literaturos vertejų
sajunga», https://www.llvs.lt/turinys/937. Tutte le traduzioni dal lituano e dall’in-
glese presenti in questo studio sono da attribuire a chi scrive.
3
Sulla diffusione della lingua italiana e sullo stato dell’Italianistica in Lituana,
cfr. La cultura italiana nel Baltico orientale: storie, relazioni e approcci (Studia Baltica
Pisana 4), a cura di R. Napolitano e D. Ardoino, Novi Ligure, Joker Edizioni, 2020.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 131
4
J. Narijauskas, Dieviškosios komedijos, Vyskupijos sp., Telšiai, 1938. La secon-
da traduzione viene realizzata da Aleksys Churginas tra il 1968 e il 1971 (Vaga, Vil-
nius). La terza, a opera di Sigitas Geda, esce tra il 2007 e il 2011 (Vilnius, Lietuvos
rašytojų sajungos leidykla).
5
Accanto ai Sei personaggi pirandelliani, posti in terza posizione, nell’antologia
compaiono altri tre testi: Il sogno (Sapnas) di Strindberg, Ubu re (Karalius Ūbas) di
Jarry e Desiderio sotto gli olmi (Meilė po guobomis) di O’Neill.
6
Cfr. G. Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Works, cit., p. 223, nota 8: “nella rela-
zione ‘Lithuanian Cultural Life Paradigm during the Nazi Occupation (Cases of
Panevėžys and Šiauliai)’ presentata al convegno internazionale ‘The War in Lite-
rature and Culture’ (23 ottobre 2015), Rita Aleknaitė-Bieliauskienė ha notato che
la traduzione di questa pièce da parte di Miltinis è avvenuta dal francese, e non
dall’italiano”.
132 Novella di Nunzio
7
Cfr. infra, p. 143-145.
8
Cfr. G. Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Works, cit., p. 225: “a causa di una insuf-
ficienza di fondi, l’allestimento è stato montato solo in parte”.
9
A tale proposito, Alessandro Tinterri cita “la lettera apparsa sul ‘Tevere’ del
4 novembre 1929”, nella quale Pirandello esprime “tutta la sua amarezza per le
difficoltà che continuamente si opponevano alla rappresentazione delle sue novità”
(A. Tinterri, Le prime messinscene di Questa sera si recita a soggetto, in R. Alonge,
F. Angelini, U. Artioli et al., Testo e messa in scena in Pirandello, Roma, La nuova
Italia scientifica, 1986, p. 137).
10
Cfr. L. Blynaitė, Lietuvių tarpukario režisūros poslinkiai teatro kritikos vei-
drodyje / Improvements in lithuanian interwar direction reflected in theatre criticism,
«Menotyra», 4 (2006), p. 11.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 133
11
Cfr. A. Ališauskaitė, Lietuvių dramos teatro kritika – tradicija ir novatoriškum-
as. 1920-1940 metais, «Teatrologiniai eskizai», 3 (2006), p. 51: “durante il periodo
in questione, sono poche le recensioni in cui lo scrivente, studiando il materiale
drammaturgico e la sua significazione all’interno della performance, presenta un’a-
nalisi della drammaturgia della performance in sé (cioè l’uso del materiale dram-
maturgico nel processo creativo, indicatore dell’interpretazione del testo scelto e
dei suoi elementi semantici). Tali articoli sono preziosi, in quanto in essi si rivelano
non solo la preparazione e la creatività del recensore, ma anche, nel contesto litua-
no, i moderni criteri di valutazione delle performance. Nel contesto della critica te-
atrale lituana attiva tra la terza e quarta decade del XX secolo, analisi approfondite
di un dramma e del testo di una performance, o dell’intersezione interpretativa del
regista si trovano solo in alcuni articoli di Sruogos, Bičiūno, Kiršos e Meškausko”.
12
R. Bitinaitė-Širvinskienė, Kūrybos komunikacija teatre: dailininko atvejis
(1920-1940) / Creative communication: the case of the artist (1920-1940), «Informa-
cijos Mokslai» 72 (2015), p. 22.
13
Cfr. I. Aleksaitė, Pirmie jimodernizmo blykstelėjimai lietuvių prieškario teatre
134 Novella di Nunzio
19
Sul modernismo di Sruoga, e in particolare sui tratti modernisti della sua
prima stagione produttiva (1911-1929), cfr. G. Bankauskaitė-Sereikienė, Balys
Sruoga: tarp tradicijos ir modernumo / Balys Sruoga - traditional and contemporary
conception, Vilnius, Vilniaus universiteto leidykla, 2007.
20
E Žmuida, Alfonsas Nyka-Niliūnas ir modernizmas, in «Naujasis Židinys-Aid-
ai», 5-6 (2010), p. 189. Vale la pena notare che gli autori chiamati in causa da
Žmuida sono tutti più giovani di Sruoga di almeno una quindicina d’anni.
136 Novella di Nunzio
peo”. Agli occhi del critico è “come se” con lo spettacolo di Dauguvietis
“fosse successo qualcosa, una rivoluzione teatrale nostrana, come se le
nostre abitudini teatrali fossero state accatastate in una cassa di polvere
da sparo e fatte esplodere con un fiammifero”.21 Simili aspettative resta-
no però disattese: presto Sruoga cambierà opinione su Dauguvietis e le
sue regie, mentre la rivoluzione teatrale, nella forma auspicata da lui e
dagli altri critici innovatori, non si verificherà.22 Al di là di ciò, quello
che qui interessa sottolineare è l’effetto prorompente del debutto della
drammaturgia di Pirandello in Lituania e le potenzialità che in essa sono
state individuate se non altro da parte della cerchia dei critici innovato-
ri, nella prospettiva di un rinnovamento in senso modernista del teatro
nazionale lituano.
21
B. Sruoga, Nepaprasta premjera [1928], in Raštai. Dešimtas tomas. Teatro kri-
tika. 1911-1929, Vilnius, Lietuvių literatūros ir tautosakos institutas, 2005, pp.
390-394.
22
Cfr. A. Ališauskaitė, Lietuvių dramos teatro kritika, cit., p. 51.
23
Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Works in Lithuania, cit., p. 222.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 137
Dopo aver lodato alcune scene e i ruoli più brillanti [...], un re-
censore terminò il proprio articolo con le parole di Miltinis: “tutto il
lavoro è solo all’inizio”. Un altro scrisse: “l’azione mette spesso il nostro
spettatore in una posizione scomoda. Da ciò viene fuori un’unica verità:
aggrapparsi alla propria verità con tutte le proprie forze e seguirla”. [...]
Enrico IV fu dichiarato un fallimento anche da Pulgis Andriušis, un
buon amico di Miltinis. La sua recensione si intitolava “Miltinis, torna
al Testamento di Sukčius!”. 27
24
Ibidem.
25
Cfr. T. Sakalauskas, Miltinio apologija, Vilnius, Scena, 1999.
26
D. Banionis, Memuarai, Vilnus, Versus Aureus, 2004, p. 27.
27
Ibidem.
138 Novella di Nunzio
28
Ibidem.
29
A dominare il teatro lituano in quel periodo era il Naturalismo russo, che
poneva il veto a qualsiasi altra forma di teatro non realistico (cfr. G. Vanagaitė,
Luigi Pirandello’s Works in Lithuania, cit., p. 223).
30
Ivi, pp. 27-28.
31
L. Armonaitė (a cura di), Giedrius Mackevičius (1945-2008) ir jo Teatras,
Lietuvos teatro, muzikosir kino muziejus, Vilnius 2018, p. 6.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 139
32
A differenza di Banionis, che usa il termine appropriato, cioè “markizas”
(‘marchese’) (cfr. D. Banionis, Memuarai, cit., p. 27), Nedzveckas usa invece “gra-
fas”, che significa appunto ‘conte’.
33
L. Armonaitė (a cura di), Giedrius Mackevičius (1945-2008) ir jo teatras, cit.,
p. 251.
34
L. Samuolis, Pirandelo variantų labirintuose, «Kauno tiesos», priedas «Kūryb-
os savaitė», 13/05/1976, p. 3.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 141
35
G. Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Works in Lithuania, cit., p. 224.
36
Cfr.L. Samuolis, Pirandelo variantų labirintuose, cit., p. 4.
37
Ibidem.
38
I. Aleksaitė, „Grūdas prie grūdo” (Apie praėjusį teatro sezoną), «Literatūra ir
menas», 28/08/1976, p. 3.
142 Novella di Nunzio
39
G. Vanagaitė, Luigi Pirandello’s Works, cit., p. 224.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 143
testa [...]. Perché siamo venuti qui? esclamerà il pubblico. Per il teatro,
risponderà il regista. Dopotutto, sei venuto a vedere uno spettacolo e
non Pirandello.40
40
V. Jauniškis, Drastiška režisieriaus ir dramaturgo studija apie teatrą ir jo pa-
mišėlius: [L. Pirandello pjesė Henrikas IV, Šiaulių dramos teatre, režisierius R.
Atkočiūnas], «Lietuvos rytas», priedas «Mūzų malūnas», 9/12/1997, p. 5.
41
V. Didžgalvis, Pirandelizmo parafrazės [L. Pirandello pjesė Henrikas IV, Šiaul-
ių dramos teatre, režisierius R. Atkočiūnas], «Šiaulių kraštas», 18/12/1997, p. 19.
42
Ibidem.
43
Ibidem.
44
Luigi Pirandello „Šįvakar mesi mprovizuojame“, «Menų spaustuvė», http://
www.menuspaustuve.lt/lt/renginiai/10999-luigi-pirandello-sivakar-mes-improvi-
zuojame-.
144 Novella di Nunzio
46
Cfr. Arts printing house, «Menų spaustuvė», http://www.menuspaustuve.lt/en/
about/menu-spaustuve.
47
La partecipazione dell’attore lituano ai Sei personaggi di Vassiliev viene ricor-
data in J. Lozoraiti, Personažai tebeieško autoriaus. Režisieriaus Anatolijaus Vasiljevo
lietuviškasis pėdsakas, «Kultūros barai», 7/8 (2014), p. 69.
48
Luigi Pirandello „Šįvakar mes improvizuojame“, «Menų spaustuvė», cit.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 145
49
Ibidem.
50
Ibidem.
146 Novella di Nunzio
Gli elementi meta teatrali dei Sei personaggi sui quali insiste Lozo-
raitis, riconoscendo in essi il fulcro della rivoluzione teatrale apportata
da Pirandello e, tramite essa, da Vassiliev, sono pari a quelli che Dapšys,
impegnato in una medesima rivoluzione del linguaggio teatrale e delle
sue convenzioni, aveva enfatizzato in Questa sera si recita a soggetto. Per
51
Scrive Anna Bandettini in occasione del debutto italiano del Pirandello di
Vassiliev: “questo Sei personaggi è lo spettacolo che i moscoviti hanno considerato
scandaloso e che in Europa […] è stato salutato come una rivelazione”, A. Bandet-
tini, Scandaloso Vassiliev, «La Repubblica», 07/06/1988, https://ricerca.repubblica.
it/repubblica/archivio/repubblica/1988/07/06/scandaloso-vassiliev.html.
52
J. Lozoraitis, Personažai tebeieško autoriaus, cit., pp. 66-71.
Pirandello in Lituania: il caso del teatro 147
53
D. Dementavičiūtė-Stankuvienė, Teatras – melo tvirtovė ar tiesos užuovėja?
(interviu), «Nacionalinis Kauno dramos teatras», https://dramosteatras.lt/lt/teatras-
melo-tvirtove-ar-tiesos-uzuoveja/.
54
Ibidem.
Dai Sei personaggi alla Trilogia:
un itinerario tra testo e rappresentazione
di Mariagabriella Cambiaghi
1
L. Pirandello, Premessa a: Maschere Nude - Sei personaggi in cerca d’autore,
ciascuno a suo modo, questa sera si recita a soggetto, Milano, Mondadori, 1933, p.1.
La premessa è riportata anche in L. Pirandello, Maschere Nude vol. II, a cura di
Alessandro D’Amico, Milano, Mondadori, 1993, p. 935.
2
R. Alonge, Luigi Pirandello, Bari-Roma, Laterza, 1997, p. 102.
150 Mariagabriella Cambiaghi
3
Per una ricognizione dell’uso del teatro nel teatro in ambito italiano dal Sei-
cento al Novecento rimando al mio volume M. Cambiaghi, Le commedie in com-
media. Rappresentazioni teatrali nella finzione scenica, Milano, Bruno Mondadori,
2009.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 151
4
Per le figure “demiurgiche” della trilogia cfr. ibidem, pp. 96-130.
5
Per il testo dei Sei personaggi in cerca d’autore qui e sempre cito da: L. Piran-
dello, Maschere nude, a cura di A. D’Amico, vol. II, cit., p. 705.
152 Mariagabriella Cambiaghi
6
Per tutte le citazioni dal testo di Questa sera si recita a soggetto si veda L. Pi-
randello, Maschere nude – Opere teatrali in dialetto, vol. IV, a cura di A. D’Amico,
Milano, Mondadori, 2007, p. 302.
7
Ibidem, p. 335 e p. 342.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 153
Questa sera, che vanno dalla processione al cabaret, dal teatro al salotto
della famiglia La Croce, fino alla casa di Mommina, o ancora ai due
atti di Ciascuno a suo modo, apparentemente tradizionali nel loro svol-
gimento, ma poi destrutturati e svelati nell’inconsistenza di “un’azione
condotta a vento, senza capo né coda”, di un dramma ripigliato, “come
a caso, da una discussione”,8 suscitando la perplessa reazione del pubbli-
co fittizio negli intermezzi.
La drammaturgia sbriciola le sue forme e le mette alla prova della
tenuta spettacolare, in modo che il valore artistico della messinscena ri-
salti nella sua autonomia, allontanandola dal ruolo di mera illustrazione
della parola compiuta sulla pagina.
In tale prospettiva, una riflessione a parte merita il corpus didascalico
dei tre testi, che va sviluppandosi in dimensioni e articolazione dal 1921
al 1930. Se nei Sei personaggi si assiste a un aumento delle notazioni
sullo spettacolo e sulla materialità della scena nel passaggio dalla prima
edizione del testo a quella del 1925, ripensata da Pirandello per il Te-
atro d’Arte e poi diventata canonica, è con Ciascuno a suo modo che la
didascalia inaugura una nuova modalità di scrittura che travalica i limiti
della tradizione. Soprattutto all’interno degli intermezzi si manifesta un
tipo di notazione che non si può semplicemente ricondurre alla con-
sueta didascalia di descrizione dell’ambiente o dei movimenti scenici,
ma associa la dimensione drammatica al commento critico sulla stessa.
Così, nel primo intermezzo corale, presentando gli spettatori fittizi, Pi-
randello cita direttamente sé stesso e pone in questione il suo teatro,
innestando una riflessione di “teatro sul teatro” direttamente sulla scena,
dove si apre un dibattito che si rivela suscettibile di sviluppi improvvisa-
ti e di dilatazione temporali:
8
Per il testo di Ciascuno a suo modo le citazioni sono tratte da L. Pirandello,
Maschere nude, a cura di A. D’Amico, vol. III, Milano, Mondadori, 1994, pp. 92-
93.
9
Ibidem, p. 90.
154 Mariagabriella Cambiaghi
10
Un esempio significativo di tale processo di assorbimento della didascalia
nella parte di Hinkfuss è rappresentato dalla messinscena di Questa sera si recita
a soggetto con la regia di Federico Tiezzi (Piccolo Teatro di Milano, 2016). Su tale
regia si veda il mio saggio Un trattato scenico di metateatralità: lettura di Questa sera
si recita a soggetto tra pagina e scena, in Il teatro nello specchio. Storia e forme della
metateatralità in Italia dal Cinque al Novecento, a cura di Marco Sabbatini, Lecce,
Pensa Multimedia, 2018, pp. 11-26.
11
Il brano più interessante dello sperimentalismo pirandelliano in Questa sera si
recita a soggetto è costituito dall’Intermezzo, in cui si prevede una “rappresentazione
simultanea, nel ridotto del teatro e sul palcoscenico”, con gli spettatori reali liberi
di scegliere quale delle parti seguire. Tale decisione genera un margine di incer-
tezza sulle effettive possibilità di sviluppo delle situazioni presentate, conducendo
l’autore a prendere in considerazione – già in fase di scrittura – anche le soluzioni
estreme di un’unica scelta compatta da parte del pubblico reale, che renderebbe di
fatto impossibile la simultaneità della doppia rappresentazione.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 155
La recitazione dell’Attore
12
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere nude, vol. II, cit.
p. 706.
156 Mariagabriella Cambiaghi
la frase del capocomico “Bisogna fare la scena” che torna con insistenza
più volte a ribadire lo sforzo a drammatizzare la vicenda.
L’impossibilità del teatro di riprodurre l’Arte, così come la Vita,
trova ulteriore conferma in Ciascuno a suo modo, dove la commedia a
chiave, tratta da un fatto di cronaca, i cui protagonisti reali sono presen-
ti in teatro, suscita le proteste e l’indignazione di questi ultimi contro gli
attori, causando la sospensione dello spettacolo.
La relazione attore-personaggio continua a rimanere centrale nell’in-
teresse di Pirandello anche negli anni del Teatro d’Arte, che gli dà modo
di affrontarla in modo diretto, attraverso l’azione di capocomico e diret-
tore della compagnia. In un’intervista del 1925 egli stesso parla del suo
metodo di prova, volto ad integrare la parola e la messinscena:
13
La “mise en scène” di Pirandello, in “L’Arte drammatica”, 5 settembre 1925,
poi L. Pirandello, Saggi e interventi, a cura di F. Taviani, Milano, Mondadori, 2006,
p. 1274.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 157
14
La contrapposizione è dello stesso Pirandello nell’articolo Teatro vecchio e
teatro nuovo, in “Comoedia”, 1 gennaio 1923.
158 Mariagabriella Cambiaghi
15
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere nude, vol. II, cit.
p. 758.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 159
16
Per le edizioni di Questa sera si recita a soggetto si vedano le scelte di Luca
Ronconi (1998), dove tutto lo spettacolo si svolge in palcoscenico e l’edizione di
Federico Tiezzi (2016), in cui l’azione sconfina appena oltre il limite del prosce-
nio su una scaletta- tribuna, che si protende verso la platea. Per i Sei personaggi, il
rimando spaziale più interessante è allo spettacolo In cerca d’autore. Studio sui sei
personaggi (2012) per la regia di Luca Ronconi, che presenta i confini di una stanza
mentale ove si svolge l’intero dramma.
17
Si tratta, in particolare, dell’edizione di Ciascuno a suo modo diretta da Luigi
Squarzina e prodotta dal Teatro Stabile di Genova nel 1961 e di quella con la regia
di Giuseppe Patroni Griffi, realizzata per il teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
nel 1988, all’interno di un singolare progetto di allestimento dei tre testi della tri-
logia del teatro nel teatro di Pirandello, allestiti in tre stagioni diverse con la stessa
compagnia e il medesimo apparato scenografico.
160 Mariagabriella Cambiaghi
“Non conclude”
18
G. Taffon, Maestri drammaturghi del teatro italiano del Novecento, Roma,
Laterza, 2005, p. 60.
19
R. Alonge, Il teatro nel teatro come meccanismo di censura del cuore di tenebra,
in Pirandello e il teatro. Questa sera si recita a soggetto, a cura di S. Milioto, Caltanis-
setta, edizioni Lussografica, 2015, p. 48.
Dai Sei personaggi alla Trilogia: un itinerario tra testo e rappresentazione 161
come guida degli attori. Proprio nel momento in cui Hinkfuss rivela il
suo contributo risolutivo alla creazione dell’attore, la riflessione conclu-
siva gli nega il riconoscimento formale di un ruolo centrale nello spetta-
colo, tagliando la sua spiegazione,20 per lasciare solo un riferimento alla
componente “delle parti scritte, sì, se mai, perché abbiano vita da noi,
per un momento”21: è però una chiusa enigmatica, che sembra allude-
re più a una concessione possibile (“se mai”), che non a un necessario
elemento fondativo per uno spettacolo, di cui si ribadisce solo il valore
effimero e transitorio.
La trilogia conferma così il finale aperto, emblema della drammatur-
gia sperimentale e di tanto teatro di ricerca del Novecento.
20
Nella prima edizione di Questa sera si legge infatti: “Il dottor Hinkfuss: No,
cari miei, […] col convincimento di tutti che qua, se c’è bisogno di voi che volete
obbedire all’arte, c’è anche bisogno di me, dovete convenirne; non foss’altro per
saper predisporre e regolare codesta vostra obbedienza”(L. Pirandello, Questa sera si
recita a soggetto, Milano, Mondadori, 1930, p. 214).
21
L. Pirandello, Questa sera si recita a soggetto, in Maschere nude, vol. IV, cit.,
p. 396.
Nel retrobottega dell’Esperimento.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux
di Ivan Pupo
Il Figlio (senza muoversi dal suo posto, freddo, piano, ironico) Sì,
stiano a sentire che squarcio di filosofia, adesso! Parlerà loro del «De-
mone dell’Esperimento».
Il Padre Tu sei un cinico imbecille, e te l’ho detto cento volte! […]
Mi deride, signore, per questa frase che ho trovato in mia scusa.
Il Figlio (sprezzante) Frasi.
Il Padre Come se non fosse il conforto di tutti, davanti a un fatto
che non si spiega, davanti a un male che ci consuma, trovare una parola
che non dice nulla, e in cui ci si acquieta!1
1
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, in Id., Maschere nude, a cura di
A. d’Amico, vol. II, Milano, Mondadori, 1993, pp. 690-691. D’Amico mette a
testo l’ultima edizione curata dall’autore nel 1933 (quella confluita nel primo vo-
lume della terza raccolta delle Maschere nude) e ristampa integralmente in apparato
la princeps del 1921. Per le citazioni dai Sei personaggi farò sempre riferimento al
meridiano curato da d’Amico, utilizzando le sigle SP (edizione definitiva del 1933)
e SP 1921 (prima edizione).
164 Ivan Pupo
2
SP 1921, pp. 983-984. La battuta sarà espunta già dall’edizione del 1923.
3
In particolare le due maiuscole nel misterioso sintagma servirebbero a «sviare»
gli altri personaggi della «commedia da fare» – ma anche i lettori e gli spettatori
della pièce pirandelliana – dai sordidi moventi sessuali di un modo di agire appa-
rentemente strambo ed inspiegabile. Cfr. R. Alonge, Discesa nell’inferno familiare.
Angosce e ossessioni nel teatro di Pirandello, Torino, Utet, 2018, p. 89. Agli occhi del
critico l’affermazione del Padre di aver scacciato di casa la moglie per tenerla «fuori
e lontana dai complicati tormenti del suo spirito» è un’«altra formula fumosa, al
tempo stesso mistificante e nobilitante rispetto ad ardori e afrori poco onorevoli
[…]» (ibidem).
4
Cfr. U. Artioli, Pirandello allegorico. I fantasmi dell’immaginario cristiano, Ro-
ma-Bari, Laterza, 2001, pp. 129-140: 135-136.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 165
5
Cfr. I. Pupo, Demoni di carta. Pirandello lettore di Dostoevskij, «Angelo di
fuoco», III, n. 5, 2004, pp. 57-107. Sono tornato recentemente sul rapporto tra i
due scrittori, restringendo però il campo di osservazione, in un saggio in corso di
stampa – La bellezza che non salva. “L’idiota” nella lente di Pirandello – che si potrà
leggere sulla «Modernità letteraria» del 2021.
6
Th. Dostoïevsky, Les possédés, traduit du russe par V. Derély, t. I, Paris,
Plon-Nourrit et Cie, 1886, pp. 197-199 (c.vo mio; nelle citazioni delle edizioni
ottocentesche mi attengo fedelmente alla trascrizione del nome dello scrittore rus-
so); F. Dostoevskij, I demoni, trad. it. di G. Pacini, Milano, Feltrinelli, 20175, pp.
265-267: «A quell’epoca Nikolaj Vsevolodovič conduceva a Pietroburgo una vita,
per così dire, ironica, non saprei definirla con un’altra parola […] preferisco di evi-
tare di parlare di quella vita di bassifondi, una vita alla quale allora si abbandonava
per stravaganza anche Nikolaj Vsevolodovič. Ripeto che sto parlando soltanto di
quell’epoca […] E quanto alla ‘stravaganza’, questa era l’espressione di cui lui stesso
si serviva […] Insomma, supponiamo pure che da parte sua si trattasse soltanto di
un capriccio, di un’idea fantastica di un uomo precocemente stanco, oppure perfi-
no, come sosteneva Kirillov, di un nuovo esperimento di un uomo troppo sazio, cu-
rioso di vedere fino a che punto si potesse condurre una pazza sciancata» (c.vo mio)
166 Ivan Pupo
7
Cfr. SP, p. 662.
8
Th. Dostoïevsky, Les possédés, t. I, cit., p. 201 (c.vo mio); F. Dostoevskij, I
demoni, cit., p. 269: «E se in ogni momento accanto a Nicolas […] si fosse trovato
un mite e pacato Orazio […] ebbene forse già da tempo egli si sarebbe salvato dal
tetro, ‘subitaneo demone dell’ironia’ che per tutta la vita l’ha torturato» (secondo
c.vo mio). Ai «complicati tormenti» dello spirito del Padre, di cui si è già detto, si
allude nella Prefazione del 1925, laddove si parla di un «uomo tormentato e tor-
mentatore» (SP, p. 662).
9
Da tempo la critica ha segnalato come il tema del ‘matrimonio per burla’
con un’infelice accomuni I demoni e la commedia Ma non è una cosa seria (1919),
che Pirandello ricava da due novelle, trascurando però di mettere in relazione lo
sperimentalismo di Stavrogin e il «Dèmone dell’Esperimento» attivo nei Sei perso-
naggi. Cfr. E. De Michelis, Dostoevskij nella letteratura italiana [1972], in Dostoevskij
nella coscienza d’oggi, a cura di S. Graciotti, Firenze, Sansoni, 1981, p. 179.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 167
fort […] Mais à quoi appliquer cette force, – voilà ce que je n’ai jamais
vu, ce que je ne vois pas encore […] Je puis, comme je l’ai toujours pu,
éprouver le désir de faire une bonne action et j’en ressens du plaisir; à
côté de cela je désire aussi faire du mal et j’en ressens également de la
satisfaction.10
10
Th. Dostoïevsky, Les possédés, traduit du russe par V. Derély, t. II, Paris,
Plon-Nourrit et Cie, 1886, p. 407; F. Dostoevskij, I demoni, cit., p. 880: «Io ho
provato dovunque la mia forza […] Nelle prove compiute per me stesso e in quelle
per dimostrarla agli altri – come anche prima in tutta la mia vita – essa si è rivelata
illimitata […] Ma a cosa applicare questa forza, ecco ciò che non ho mai compreso
e che non comprendo neppure adesso [...] Io tuttora – come sempre anche prima
– posso desiderare di compiere una buona azione e ciò mi procura un piacere; al
tempo stesso desidero compierne una malvagia e anche in questo caso provo pia-
cere». Lukács ha preso in considerazione questo brano, affrontando il «problema
degli esperimenti di Dostoevskij». Particolare importanza assume per il pensatore
ungherese l’esperimento compiuto per conoscere se stessi (ovvero, per fare due soli
esempi, la capacità di sopportare il fatto di aver trasceso i limiti morali, nel caso di
Raskol’nikov; il potere del proprio io sulla prostituta, nel caso del protagonista delle
Memorie del sottosuolo). Cfr. G. Lukács, Saggi sul realismo, trad. di M. e A. Breli-
ch, Torino, Einaudi, 1950, pp. 274-293. Secondo Guido Carpi, fin dal racconto
giovanile Una sconcia storiella (1862), e poi in moltissimi suoi testi, Dostoevskij
sottopone un personaggio-chiave al meccanismo dell’«autoimposizione della prova
emblematica». Cfr. G. Carpi, Storia della letteratura russa. 1. Da Pietro il Grande
alla rivoluzione d’Ottobre, Roma, Carocci, 2018, pp. 485-486.
11
Th. Dostoïevsky, Les possédés, t. I, p. 279; F. Dostoevskij, I demoni, cit., p.
346: «Ma lo sa perché lei allora si sposò, in modo così vile e vergognoso? Proprio
perché la vergogna e l’assurdità arrivavano in quell’atto alla genialità! […] Quell’e-
strema sfida al buon senso era troppo seducente ai suoi occhi! Stavrogin e quella
miserabile zoppa mezza pazza!». Riconoscendogli capacità di penetrazione psicolo-
gica, Stavrogin riconosce che l’interlocutore ha almeno in parte colto nel segno. Nel
capitolo IX della seconda parte, Da Tichon, proibito dalla censura e quindi assente
anche nella traduzione francese, il fulcro è costituito dalla confessione scritta di
Stavrogin: ad un certo punto vi si legge che la decisione di sposare segretamen-
te Mar’ja, influenzata dalla «paura dopo la faccenda di Matrëša», va intesa come
autopunizione, «passione dei rimorsi di coscienza» (lo intuisce Šatov in un brano
‘saltato’ dal traduttore, et pour cause). Dopo la sperimentazione dell’estremo male
– gli abusi su una bambina – la compassione si rivela in tutta la sua meschinità di
‘antidoto’, peraltro inefficace, contro il rimorso.
168 Ivan Pupo
Il Padre […] Guardi: la mia pietà, tutta la mia pietà per questa
donna / indicherà la Madre / è stata assunta da lei come la più feroce
delle crudeltà!
La Madre Ma se m’hai scacciata!
Il Padre Ecco, la sente? Scacciata! Le è parso ch’io l’abbia scacciata!
La Madre Tu sai parlare; io non so… Ma creda, signore, che dopo
avermi sposata… chi sa perché! (ero una povera, umile donna…)
Il Padre Ma appunto per questo, per la tua umiltà ti sposai, che
amai in te, credendo… / S’interromperà alle negazioni di lei […]12
12
SP, pp. 693-693.
13
SP, pp. 694-695.
14
Nel rapporto che instaura con il segretario e con la famiglia bastarda, il Padre
dei Sei personaggi ricalca soprattutto le orme dell’eterno marito dostoevskiano, Pavel
Pavlovič Trusockij, l’ostinato persecutore degli amanti di sua moglie, costantemen-
te invischiato nelle panie morbose del desiderio triangolare. Sulla malsana carica
erotica della «stramberia» del Padre mi sono già soffermato, tenendo conto della
nota teoria di René Girard, in I. Pupo, Demoni di carta, cit., p. 75 e pp. 100-101.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 169
di Dunja, una sua teoria a proposito dei vantaggi che si ricavano dal
matrimonio con una ragazza povera. In una lettera Pul’cheria riferisce
l’episodio al figlio Raskol’nikov, provocandone l’indignazione. Eccolo
stracciarsi le vesti al cospetto di Lužin:
15
Th. Dostoievsky, Le crime et le châtiment, traduit du russe par V. Derély, t.
I, Paris, Plon-Nourrit et Cie, 1884, p. 186; F. Dostoevskij, Delitto e castigo, a cura
di S. Prina, Milano, Mondadori, 1994, p. 191: «“Ma non è forse vero che voi”
l’interruppe di nuovo Raskol’nikov, all’improvviso, con la voce tremante di
rabbia, nella quale s’avvertiva una sorta di gusto di offendere “non è forse vero che
avete detto alla vostra fidanzata… nel momento stesso in cui ricevevate il suo con-
senso, che eravate soprattutto lieto che lei fosse povera… perché è più vantaggioso
trarre la moglie dalla miseria, per poter poi vantare un maggior potere su di lei… e
rinfacciarle di averla beneficata?”».
16
Th. Dostoievsky, Le crime et le châtiment, traduit du russe par V. Derély, t. II,
Paris, Plon-Nourrit et Cie, 1884, p. 28; F. Dostoevskij, Delitto e castigo, cit., pp. 372-
373 (c.vo mio): «“Vostro figlio” e si rivolse a Pul’chèrija Aleksàndrovna “ieri […] mi
ha offeso, travisando un mio pensiero che io vi avevo comunicato una volta in una
conversazione privata, mentre bevevamo il caffè, ed esattamente che il matrimonio
con una fanciulla povera, già provata dal dolore della vita, è a mio parere più giovevole
170 Ivan Pupo
Dal canto suo il Padre sa di dover condividere con gli altri maschi le
debolezze della carne, ma è orgoglioso di poter vantare in questo campo
una condizione di superiorità che gli viene dal coraggio di metterle a
fuoco con il «lume dell’intelligenza»:
ai rapporti coniugali di quello con una che ha conosciuto solo l’agiatezza, poiché è
più confacente alla moralità. Vostro figlio, premeditatamente, ha ingigantito il signi-
ficato delle mie parole fino all’assurdo, accusandomi di intenzioni malvagie […]”».
17
D’altra parte non si potrebbero capire i romanzi di Dostoevskij prescindendo
dai continui riferimenti alle Sacre Scritture. Basti pensare all’epigrafe dei Demoni e
al modo in cui Stavrogin è definito dal fratello di Mar’ja: «saggio come un serpen-
te», espressione, ripresa nel titolo del capitolo V della Parte prima del romanzo, che
con evidenza chiama in causa il Serpente biblico. Cfr. S. Salvestroni, Dostoevskij e
la Bibbia, Magnano, Edizioni Qiqajon, 2000, pp. 136-138.
18
Th. Dostoievsky, Le crime et le châtiment, t. II, cit., p. 31; F. Dostoevskij,
Delitto e castigo, cit., p. 375: «Tutto dava a vedere che Pëtr Petrovič non s’aspettava
affatto una conclusione del genere. Aveva troppa fiducia in sé, nel proprio potere
e nell’impotenza delle sue vittime». All’inizio del capitolo successivo – una parte
‘tagliata’ da Derély nella sua traduzione, perché sentita come ridondante – Lužin
ci viene presentato come un uomo «morbosamente avvezzo a provar ammirazione
per se stesso», con un «alto concetto della propria intelligenza», incredulo che «due
donne misere e indifese potessero sfuggire al suo potere» (ivi, p. 377). A dispetto di
tutta questa autostima, Dunja alla fine non sposerà Lužin.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 171
della vergogna, là, nella bestialità umana, che chiude sempre gli occhi
per non vederlo […]19
La Figliastra Sì, ma si faccia dire, ora, che fortuna è stata per noi
la sua intelligenza!
Il Padre Se si potesse prevedere tutto il male che può nascere dal
bene che crediamo di fare!20
La replica del Padre va letta come una conferma della natura dia-
bolica del suo «Esperimento». L’eterogenesi dei fini che ne costituisce
il sotto-testo filosofico rinvia ancora a Dostoevskij e insieme a Goethe.
Si prenda uno dei più celebri racconti di Dostoevskij, La mite
(1876), in cui un usuraio riesce a sedurre e sposare una povera sartina
orfana cui la miseria non concede il lusso della scelta sentimentale (in
questo più fortunato di Lužin). Sulla bocca del colto agente di pegni,
nella fase del corteggiamento, Dostoevskij pone una citazione dal Faust:
19
SP, p. 699.
20
SI, p. 693. Il fallimento dell’Esperimento comporta un implicito «deprez-
zamento evangelico dell’intelligenza», almeno di quella che pretende di svincolarsi
dall’accettazione umile della «vita com’è» (cfr. la battuta del Padre citata all’inizio
di questo saggio, in SP 1921, p. 983). Ci si avvale di una chiave di lettura proposta
da Gide per Dostoevskij. Per Gide «per poco che li leggiamo [i libri dello scrittore
russo] con uno sguardo attento, constateremo un deprezzamento non sistemati-
co, ma quasi involontario, dell’intelligenza: un deprezzamento evangelico dell’in-
telligenza». Cfr. A. Gide, Dostoevskij, Milano, Bompiani, 1946 [1ª ed. 1923], p.
138. Si pensi ancora a Delitto e castigo: se intellettuali sono le radici del delitto di
Raskol’nikov, il momento della rinascita colloca il giovane reo confesso al di là del
raziocinio e della dialettica, nel flusso vitale delle sensazioni. Che è poi lo stesso per-
corso di Vitangelo Moscarda, quello che dal suo «primo esperimento» lo conduce
all’ospizio di mendicità.
172 Ivan Pupo
21
F. Dostoïevsky, Krotkaïa, traduit du russe par E. Halpérine, Paris, Plon-Nour-
rit et Cie, s.d. [ma 1886], pp. 17-18; F. Dostoevskij, La mite, in Id., Racconti, a cura
di G. Spendel, Milano, Mondadori, 1991, p. 760: «“Vedete,” osservai subito in
un tono tra scherzo e mistero, “io – io sono una parte di quella forza che vuole
fare il male e fa il bene…” / Mi volse uno sguardo rapido e curioso, che aveva del
resto qualcosa d’infantile: / “Aspettate… Che pensiero è questo? Da dove è presa
questa citazione? Dove l’ho sentita?...” / “Non lambiccatevi, con queste espressioni
Mefistofele si presenta a Faust. Avete letto il Faust?”. La mite era disponibile in ita-
liano già nel 1892 in un volumetto dell’editore Pierro di Napoli arricchito da una
prefazione di Luigi Capuana.
22
W. Goethe, Fausto, trad. di G. Scalvini e G. Gazzino, Firenze, Le Monnier,
18622, pp. 75-76. Fin da giovanissimo, almeno dai tempi di Bonn, Pirandello ha
modo di confrontarsi con il poema nella lingua originale (come peraltro documenta
la sua biblioteca ‘superstite’). Ho formulato in questo saggio l’ipotesi di reminiscen-
ze faustiane nei Sei personaggi sulla base di una traduzione italiana ottocentesca del
capolavoro di Goethe che potrebbe esser capitata tra le mani di Pirandello. Ricco è
il filone di studi dedicati ai rapporti tra Pirandello e Goethe, soprattutto sul piano
della riflessione estetica, ma non ci si è mai chiesti a fondo se e come il Faust abbia
contato nella formazione e nella creatività del Nostro. Eppure il traduttore delle
Elegie romane e di un florilegio delle Conversazioni con Eckermann ha dimostrato,
all’inizio e alla fine della sua carriera, gran dimestichezza con il poema goethiano:
non ancora ventenne pensa di comporre in versi una sua «cantina di Auerbach… in
Palermo»; in un’intervista del 1933 concessa a Cavicchioli cita, contestualizzandolo
esattamente, un verso tratto dal primo atto della Parte Seconda: «In questo nulla
spero di trovare il Tutto». Insomma ci sono i presupposti per un’indagine interte-
stuale che non si fermi alla traduzione, uscita nel 1900, di un frammento del Faust
di Lenau. Per le citazioni di Pirandello dal Faust di Goethe cfr. A. Barbina, L’ombra
e lo specchio. Pirandello e l’arte del tradurre, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 28-29 e S.
Micali, Miti e riti del moderno. Marinetti, Bontempelli, Pirandello, Firenze, Le Mon-
nier, 2002, pp. 153-157: 156. Per altri aspetti del rapporto tra i due autori cfr. G.
Corsinovi, La persistenza e la metamorfosi. Pirandello e Goethe, Caltanissetta-Roma,
Salvatore Sciascia, 1997.
23
B. Basile, La finestra e l’icona, in Id., La finestra socchiusa. Ricerche tematiche
su Dostoevskij, Kafka, Moravia e Pavese, Bologna, Patron, 1982, p. 28. Si tenga
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 173
storia finisce tragicamente, con la giovane che si suicida per sottrarsi alla
violenza psicologica del marito ‘diabolico’, vuol dire che alla citazione
colta si affida il compito di annunciare un’eterogenesi dei fini speculare
rispetto a quella enunciata nel Faust.24 Ne era perfettamente consapevo-
le Dostoevskij, come si evince dal suo taccuino di lavoro:
Che differenza c’è tra il demonio e l’uomo? Il Mefistofele di Goethe
dice alla domanda di Faust (chi egli sia): Io sono una parte di quella
parte del tutto che vuole il male, e fa il bene. Ahimé! l’uomo potrebbe
rispondere, parlando di sé, totalmente all’opposto: «Io sono una parte
di quella parte del tutto che vuole il bene eternamente, ha sete, è avida
di bene, ma il risultato delle cui azioni è sempre e solo il male».25
28
SP, p. 695.
29
A questo proposito Franca Angelini commenta: «La condizione umana qui
descritta nella Figura del Padre è quella, tragica, di chi non dispone della possibilità
di progettare il proprio destino; e di chi, come il Padre, elabora principî morali
che non è in grado di osservare». Cfr. F. Angelini, Sei personaggi in cerca d’autore di
Luigi Pirandello, in Letteratura italiana. Le opere. Vol. IV Il Novecento. Tomo I L’età
della crisi, Torino, Einaudi, 1995, p. 485.
30
L. Pirandello, L’amica delle mogli, in Id., Maschere nude, a cura di A. d’Ami-
co, con la collaborazione di A. Tinterri, vol. III, Milano, Mondadori, 2004, p. 728.
Il «diabolico» Francesco Venzi ha un altro tratto in comune con il Padre dei Sei per-
sonaggi: se il primo, oltre a «pensarle certe cose», come è «naturale» che sia, è poi «in
grado anche di dirle» (ivi, p. 727), il secondo dimostra di aver il «coraggio di dirle,
certe cose» cui conduce la miseria della carne, mentre tutti gli altri si limitano a
farle di nascosto (SP, p. 699). Per uno stimolante ritratto del villain dell’Amica delle
mogli cfr. R. Gigliucci, Introduzione a L. Pirandello, L’amica delle mogli (secondo
l’edizione Bemporad 1927), a cura di R. Gigliucci, Roma, Lithos, 2020, pp. 5-20.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 175
Si direbbe che anche Marta dell’Amica delle mogli abbia ceduto alla
tentazione degli esperimenti luciferini. Risalendo alla loro matrice let-
teraria è possibile vedere sotto un’altra luce la «condanna» che affligge il
Padre nei Sei personaggi:
Il Padre (solenne) Il momento eterno, com’io le ho detto, signore!
Lei / indicherà la Figliastra / è qui per cogliermi, fissarmi, tenermi ag-
ganciato e sospeso in eterno, alla gogna, in quel solo momento fuggevo-
le e vergognoso della mia vita. Non può rinunziarvi, e lei, signore, non
può veramente risparmiarmelo.
Il Capocomico Ma sì, io non dico di non rappresentarlo: formerà
appunto il nucleo di tutto il primo atto, fino ad arrivare alla sorpresa di
lei – / indicherà la Madre.
Il Padre Ecco, sì. Perché è la mia condanna, signore! Tutta la nostra
passione, che deve culminare nel grido finale di lei! / Indicherà anche lui
la Madre.31
31
SP, pp. 735-736.
32
Per le parole pronunciate da Faust nel momento decisivo del patto con Me-
fistofele cfr. W. Goethe, Fausto, cit., p. 85. Del grido della Madre che interrompe
la scena dell’incesto si dice nella Prefazione ai Sei personaggi che esso è destinato a
risuonare per sempre inalterato e inalterabile, «imbalsamato vivo nella sua forma
immarcescibile». Cfr. SP, p. 664. Per altri significati ed altre fonti del momento
eterno, sintagma ricorrente in Pirandello, si veda il mio saggio, già citato, in corso
di stampa sulla «Modernità letteraria».
33
W. Goethe, Fausto, cit., p. 81 (c.vo mio).
176 Ivan Pupo
34
SP, 698. Il sintagma «non ancor vecchio e non più giovane» torna, a proposi-
to del vedovo Pardi, nella tarda novella pirandelliana I piedi sull’erba (1934).
35
SP 1921, p. 985, c.vo mio.
36
L. Pirandello, Six personnages en quête d’Auteur, traduction di B. Crémieux,
«Les cahiers dramatiques», supplement au «Théatre et Comoedia Illustré», n. 4,
août 1923 (d’ora in poi C 1923), p. 10. Si tenga conto anche del copione di scena
dei Sei personaggi che Georges Pitoëff utilizzò per la memorabile messinscena pa-
rigina del 1923, un dattiloscritto in cui la traduzione di Crémieux è postillata dal
regista russo. Cfr. I. Pupo, La giornata perduta di un Capocomico, in Id., Crimini
familiari e scena teatrale. Ibsen, Pirandello De Filippo, prefazione di R. Alonge, Na-
poli, Liguori, 2015, pp. 83-137.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 177
37
SP 1921, p. 960 e SP, p. 684.
38
C 1923, p. 4.
39
«Le fils […] Il va vous parler du démon de l’expérience» (C 1923, p. 5).
40
Intenderei in questo modo la definizione del «Dèmone dell’Esperimento»
come «allegoria dell’opera d’arte» che si legge in una preziosa biografia pirandellia-
na: A. Andreoli, Diventare Pirandello. L’uomo e la maschera, Milano, Mondadori,
2020, p. 353. Giustamente Annamaria Andreoli individua un’eco dai Fratelli Ka-
ramazov nel commento sprezzante del Figlio – «Frasi» – alla «formula di comodo»
del Padre, in particolare una variante della seguente battuta di Alëša: «Eh le frasi
[…] Le frasi toccanti consolano l’anima… e, senza di esse, il dolore sarebbe troppo
acerbo per gli uomini». Cfr. F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Torino, Einaudi,
2014, p. 477 e A. Andreoli, Le maschere familiari di un capolavoro, introduzione a L.
Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Milano, Mondadori, 2019, p. XXXVII.
41
Con intenzioni parodistiche Pirandello capovolge il ruolo del Suggeritore: «Il
Capocomico (seguitando, al Suggeritore) Lei segua le scene, man mano che saranno
rappresentate, e cerchi di fissar le battute, almeno le più importanti!» (SP, p. 709;
vedi anche SP 1921, pp. 993-994). Sulla battaglia che Pirandello conduce per l’a-
bolizione del suggeritore si sofferma Dario Niccodemi, il capocomico che dirige la
‘prima’ dei Sei personaggi, nel suo Tempo passato, Milano, Treves, 1928, pp. 86-87.
42
Se ne parla nella Prefazione del 1925. Cfr. SP, p. 657.
43
SP, p. 705 e SP 1921, p. 985.
44
SP xxi e xxv, p. 986
45
«L’attor giovane Già! Come i Comici dell’Arte!». Cfr. SP, p. 706 e SP 1921,
p. 986. Per la fascinazione esercitata su Pirandello dal mito della commedia dell’Ar-
178 Ivan Pupo
te, per le rilevanti tracce di questo mito nella trilogia meta-teatrale e negli ultimi
scritti sul teatro, si veda G. Romei, Un intervento poco conosciuto di Luigi Pirandello:
Prefazione a E. Levi, Lope de Vega e l’Italia, «Rivista di studi pirandelliani», n. 8-9,
giugno-dicembre 1992, pp. 95-97.
46
SP, p. 665, c.vo mio.
47
SP, p. 717, c.vo mio.
48
Cfr. la voce Esperire in N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario della lingua
italiana, vol. II, parte I, Torino, Unione tipografico-editrice, 1869, p. 558. Il dizio-
nario è presente nella biblioteca di Pirandello.
49
L. Pirandello, En confidence, «Le Temps», 20 luglio 1925, p. 2 (c.vo mio).
Così ri-traduce Claudio Vicentini, al quale va il merito di aver per primo richia-
mato l’attenzione su questo articolo: «È esattamente durante la guerra […] che ho
sperimentato l’impossibilità di applicarmi, con calma e serenità, non dico a lavori
di ampio respiro, ma addirittura alla creazione di brevi novelle» (c.vo mio). Cfr. C.
Vicentini, Pirandello il disagio del teatro, Venezia, Marsilio, 1993, p. 56.
Sei personaggi tra Dostoevskij e Crémieux 179
La Figliastra […] Che hai lì? Che nascondi? Fuori, fuori questa
mano! / Gli strapperà la mano dalla tasca e, tra l’orrore di tutti, scoprirà
ch’essa impugna una rivoltella. Lo mirerà un po’ come soddisfatta; poi dirà,
cupa: / Ah! Dove, come te la sei procurata? / E poiché il Giovinetto, sbi-
gottito, sempre con gli occhi sbarrati e vani, non risponderà: / Sciocco, in
te, invece d’ammazzarmi, io, avrei ammazzato uno di quei due; o tutti
e due: il padre e il figlio!51
50
Per queste espressione si veda la Prefazione (SP, p. 657).
51
SP, p. 752.
52
«La Figliastra […] quando […] quest’imbecillino qua / spingerà avanti il
Giovinetto, afferrandolo per una manica sgarbatamente / farà la più grossa delle corbel-
lerie, proprio da quello stupido che è […]». Cfr. SP, p. 686 e SP 1921, pp. 962-963.
180 Ivan Pupo
Il Figlio […] Ma che cos’è codesta frenesia che t’ha preso? Non
ha ritegno di portare davanti a tutti la sua vergogna e la nostra! […]54
che il Padre sente insieme alla Figliastra, secondo quanto si legge nella
Prefazione alla pièce.55 Il Figlio non sopporta che il genitore metta in
piazza i panni sporchi di famiglia, che dica «certe cose» senza pudore,
che «scopra con il lume dell’intelligenza il rosso della vergogna» da tutti
condivisa. Si potrebbe dire che la sua è una protesta di riservatezza. In
questo la Madre gli è solidale, tant’è che ella supplica il Capocomico di
impedire al Padre di «ridurre ad effetto il suo proposito»,56 che è quel-
lo di rappresentare e far rappresentare con dovizia di dettagli la scena
dell’incontro nel bordello di Madama Pace. L’impazienza di viverla su-
bito sulle tavole del palcoscenico risponde nella Figliastra ad un’esigenza
vendicativa,57 nel Padre al bisogno di castigarsi, di sfogare il «rimorso».
Si tratta solo di questo? La Figliastra non ne sembra affatto convinta:
55
SP, p. 662.
56
SP, p. 688.
57
«La Figliastra […] Vergogna? È la mia vendetta! Sto fremendo, signore,
fremendo di viverla, quella scena!» (SP, p. 691). Si veda anche quest’altra battuta:
« […] Ma sì, subito! subito! Mi muoio, le dico, dalla smania di viverla, di viverla
questa scena! […]» (SP, p. 720).
58
SP, p. 691.
59
SP, p. 699. Parlando di ‘confessione con scappatoia’ del Padre pirandelliano,
penso alla «parola con scappatoia» di cui parla Bachtin nel suo studio su Dostoe-
182 Ivan Pupo
Cette idée est ridicule […] mais, du reste, elle se comprend: c’est
une façon comme une autre de se vanter.64
Bisogna riconoscere che nei Sei personaggi il Padre non arriva mai a
tanto cinismo ed immoralismo. Ma un suo fratello nella narrativa, per
più aspetti a lui somigliante, Marco Leuca della novella Pena di vivere
così,66 vi perviene senz’altro, avendo modo di sviluppare le sue potenzia-
lità dostoevskiane nel corso degli anni, lungo il percorso che dalla prima
edizione del testo datata 1920 porta alla sua ultima revisione nell’autun-
no del 1936. Nella princeps la confessione di Leuca alla moglie, da cui
è tornato dopo una «parentesi di aberrazione», ricorda molto quella del
Padre, anche nelle sue scappatoie:
È probabile che solo per un «po’ di sollievo alla colpa che pesa»68
Leuca chieda il riavvicinamento, qualche visitina alla moglie di tanto in
tanto: così almeno fa intendere il suo avvocato.
In occasione della tarda revisione, un lavoro lasciato incompiuto
per la morte dell’Autore, questo profilo morale già decisamente basso
si rende ancor più inquietante, perché vi si innesta la psicologia del
libertino sadiano, cioè la natura di un Svidrigajlov. Uscito dalla casa
della moglie, dopo l’impudica confessione dei suoi turpi vizi, ecco il
personaggio ritratto – all’inizio del sesto paragrafo scritto ex-novo, privo
quindi di qualsiasi riscontro nella redazione del 1920 – come «ubriaco
di soddisfazione» per aver «rappresentato bene la sua parte»69 di uomo
sinceramente addolorato, in cammino sulla via della redenzione. Se il
Padre nei Sei personaggi resta come «impietrato» al «gemito» della Ma-
dre, coatta spettatrice della scena del bordello,70 questo nuovo Leuca
reso più spregevole dalla riscrittura, sorta di Mr Hyde del Padre, ubriaco
di un vino tracannato nelle cantine di Dostoevskij, assapora con per-
versa voluttà gli effetti ambivalenti – repulsione-attrazione – che «certe
oscene immagini di vizi insospettati» hanno provocato nella sua candida
ascoltatrice. L’attore consumato plaude a se stesso, constatando la per-
fetta riuscita del suo luciferino esperimento:
67
L. Pirandello, Pena di vivere così (1920), in Id., Novelle per un anno, a cura
di M. Costanzo, introduzione di G. Macchia, vol. II, Milano, Mondadori, 19965
(d’ora in poi NA2), p. 1022.
68
Ivi, p. 1014.
69
L. Pirandello, Pena di vivere così (revisione del 1936), in NA2, p. 223.
70
«La Madre Oh Dio! Dio mio! / Il Padre (resterà al gemito, come impietrato
per un lungo momento […]» (SP, p. 724).
71
L. Pirandello, Pena di vivere così (revisione del 1936), in NA2, p. 223.
La genesi del personaggio: un percorso tra filosofia,
psicologia, metapsichica, teosofia attraverso
i seduttivi input critici di Luigi Capuana
di Graziella Corsinovi
1
Sull’argomento va rivisitato lo splendido saggio (che ho avuto l’onore di
prefare) di A. Illiano, Metapsichica e letteratura in Pirandello, Vallecchi,1982, che
apre, con ampia e rigorosa documentazione storico- critica, un’ area di indagine su
competenze e conoscenze dello scrittore estremamente utili per ricomporre tutti i
tasselli della sua Weltanschauung e della genesi del personaggio.
2
G. Séailles (1852-1922) filosofo francese esponente dell’irrazionalismo vita-
listico e spiritualista, pubblicò anche notevoli monografie su Leonardo da Vinci
(1892) su Ernest Renan1896) ed altri autori. Ma il testo più importante per l’in-
flusso che ebbe su Pirandello per la visione del mondo e per l’ideologia estetica,
fu Essai sur le génie dans l’art, Parigi, Alcan, 1883-92. Pirandello, secondo una
sua tipica e ricorrente modalità, si appropria dei concetti altrui in succum et in
sanguinem, facendoli talmente suoi da non premurarsi quasi mai di citare la fonte
all’interno del suo argomentare critico. L’esemplificazione di questo procedimento
pirandelliano potrebbe essere vastissima; ma rinviamo, in proposito, al lavoro det-
tagliato e documentato dell’Andersson. Passando in rassegna scrupolosamente e
con un preciso raffronto testuale i brani originali tratti sia dal Séailles sia dal Binet,
li confronta con le relative traduzioni di Pirandello. Interi passi (più di cento bra-
ni!) sono tradotti dal francese con minime varianti e, come ha dimostrato Gosta
186 Graziella Corsinovi
Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia
nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero
stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di
diventar madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può
bastare. Un bel giorno ella si troverà a esser madre, senza un preciso
avvertimento di quando sia stato.
Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e
non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi
germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una
creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza
quotidiana.
Posso soltanto dire che, senza sapere d’averli punto cercati, mi tro-
vai davanti, vivi da poterli toccare, vivi da poterne udire perfino il re-
spiro, quei sei personaggi che ora si vedono sulla scena. E attendevano,
lì presenti, ciascuno col suo tormento segreto e tutti uniti dalla nascita
e dal viluppo delle vicende reciproche, ch’io li facessi entrare nel mon-
do dell’arte, componendo delle loro persone, delle loro passioni e dei
loro casi un romanzo, un dramma o almeno una novella.3
Si nasce alla vita in tanti modi, in tante forme: albero o sasso, acqua
o farfalla. . . o donna. E che si nasce anche personaggi!. . . E vivi, come
ci vede!4
Andersson, compaiono negli scritti di Pirandello fin dal 1893, si ripresentano nei
saggi, nei romanzi, nei drammi, innestandosi al discorso critico o narrativo con
una frequenza e una densità che non lasciano dubbi sulla persistenza profonda di
nuclei ideologici e tematici tratti dai due scrittori. Si veda G. Andersson, Arte e
teoria-Studi sulla poetica del giovane Luigi Pirandello,Almqvist and Wiksell, Stoc-
colma, Uppsala, 1966. Lo studioso ha poi ulteriormente approfondito l’analisi in
un altro scritto: Il saggista Gosta Andersson, Pirandello lettore di Gabriel Séailles in
“Atti del Convegno” su Pirandello saggista, Palermo, Palumbo, 1982, pp. 303-31.
3
Sei personaggi in cerca d’autore in L. Pirandello, Maschere nude-Tutto ilteatro,
Roma, Newton Compton, 2005, p. 46. Per comodità, le citazioni saranno ricavate
da questa edizione.
4
Ivi.
5
A. Binet (1857-1911) medico psicologo sperimentale, a cui si deve il primo
test di intelligenza, chiamato scala Binet-Simon, è l’autore di Les altérations de la
personnalité, Paris, Alcan, 1892, testo letteralmente saccheggiato da Pirandello. Al
riguardo rimando anche a G. Corsinovi,Tra filosofia e psicologia: Gabriel Séailles e
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 187
9
Mi permetto di rinviare a G. Corsinovi, Il corpo e la sua ombra, Bastogi,
Foggia 1997.
10
L’umorismo, in Saggi poesie scritti vari , cit. p. 160.
11
Colloqui coi personaggi pubblicato in “ Giornale di Sicilia” 17-18 agosto
1915, ora i n Novelle per un anno, Appendice, Milano, Mondadori vol. II, p. 1197.
12
Ibidem.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 189
13
Umorismo cit. p. 152.
14
L’umorismo, in Saggi poesie e scritti varii a cura di M. Lo Vecchio Musti,
Milano, Mondadori, 1960, p. 152.
15
Proprio partendo da questo passo fondamentale, con il consueto acume e
la abituale lucidità critica Lone Klem ha messo a fuoco alcuni punti nodali della
questione dell’oltre. L. Klem, Certi momenti di silenzio interiore, in Pirandello e la
fede, cit. pp. 313-324.
16
Mi permetto di rinviare al mio saggio Pirandello e l’espressionismo, Genova,
Tilgher, 1979-87, pp. 40-71.
17
L’espressione è di H. Bahr, Der Expressionismus, traduzione italiana di M. De
Micheli, Milano, 1945.
190 Graziella Corsinovi
18
Cfr. anche E L. E. Froom, Lo spiritismo moderno, Firenze, Edizioni A. d. V.,
1976.
19
La loro origine si colloca in America, ma ha poi grande diffusione in tutta
Europa. Si rinvia a Illiano, cit. pp. 21-23.
20
Basti ricordare che medici e scienziati avevano studiato questi fenomeni
sottoponendo spesso i medium (tra cui la famosa Eusapia Paladino) a sperimenta-
zioni scientifiche; tra questi anche illustri medici e psichiatri: Lombroso, Richet,
Morselli. cfr. Illiano, cit.
21
Cfr. R. Santoro, Pirandello teosofo nella biblioteca di casa Paleari, in “L’archi-
pendolo”,12 settembre 2015.
22
Si vedano al riguardo i Saggi su Shakespeare- un’interpretazione teosofica dei
personaggi shakespeariani, titolo originale: Essays on Shakespeare– A Theosophical
Interpretation. Questi saggi furono pubblicati per la prima volta su ‘The Theo-
sophical Movement,’ Bombay, Volume 13, 1942 – 1943. Traduzione di Emma
Cusani e Nicola Fiore.
23
Esiste una vastissima bibliografia sulla Blavatsky e sulla teosofia, cui riman-
do, perché facilmente consultabile anche tramite internet. Nello specifico, faccio
riferimento al saggio di Illiano, cit. pp. 20-30, nel quale le indicazioni sull’argo-
mento sono decisamente esaustive.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 191
24
Th. Pascal, autore del libro Les sept principes de l’homme ou sa constiution oc-
culte (d’après la théosophie), Parigi 1895, al quale si deve probabilmente il cognome
Pascal di Mattia (come già rilevato dal Macchia) come quello di Meis deriverebbe
da Camillo De Meis, autore di Dopo la laurea, Bologna, Stabilimento tipografico
G. Monti, 1868-69, libro molto apprezzato dal Capuana.
25
Vedi Illiano, cit. pp. 8-10.
26
In Italia, Remigio Zena, Confessioni postume: quattro storie dell’altro mondo
(1892-1912) Torino 1977, Antonio Fogazzaro, Malombra, Milano, Brigola,1881,
ma soprattutto Luigi Capuana con il saggio Spiritismo?1884 e Mondo occulto, Luigi
Pierro, Napoli,1896, mostrarono un forte interesse e una sicura competenza sulla
parapsicologia. Un volume recente, edito a cura di Simona Cigliana, raccoglie i
principali scritti pubblicati dal novelliere siciliano sull’argomento medianico- spi-
ritico tra il 1884 e il 1906 e, da allora, mai più ricomparsi a stampa: Spiritismo?,
Mondo occulto, che dà il titolo alla raccolta, La religione dell’avvenire, Il Di là, La
medianità, Lettera aperta a Luigi Pirandello a proposito di un fantasma, Misteri dello
spiritismo, I pianeti abitati secondo un illuminato (E. Swedenborg), Catania, Edizio-
ni del Prisma, 1995.
27
Capuana, oltre ad essere animatore di centri occultistici, aveva fatto esperi-
menti sul sonnambulismo provocato. Vedi Illiano. cit. p. 13.
192 Graziella Corsinovi
28
Dal 1864 uscirono in Italia gli “Annali dello spiritismo in Italia,” organo
principale del movimento spiritistico nostrano.
29
Sulla presenza dell’arcano in Pirandello si veda il bel saggio di R. Dal Monte,
Arcani nell’opera di Luigi Pirandello, Aprile 2004, Insegnanet - Acqua Multiméd-
iaInsegnanet, rivista di italianistica on-line del Dipartimento di Italianistica del
Magistero della Facoltà di Lettere dell’ELTE di Budapest. Della stessa, si veda
anche Sotto la cappa del camino: magia ed esoterismo nella narrativa del primo Piran-
dello, Padova, 2007; si veda anche l’articolo di Salvatore Ferlita, Scrittori sull’orlo
di una scelta spiritista, La Repubblica, 20 dicembre 2006 e A. Pupino, Maschere e
fantasmi, Roma, Salerno editrice, 2000. G. Macchia, Pirandello o la stanza della
tortura, Milano, Mondadori, 1981 ha sottolineato la non casuale omonimia con il
Mattia del romanzo pirandelliano. Vedi anche Illiano, cit. p p. 20-30.
30
Cfr. E. Providenti, Luigi Pirandello. Lettere giovanili da Palermo e da Roma
1886-1889, Bulzoni, Roma 1993 e Colloqui con Pirandello, Firenze, Polistampa,
2004 Roma, Salerno Editore, 2000. Vedi anche Illiano, cit. pp. 20-30.
31
Il fu Mattia Pascal, in Tutti i romanzi, a cura di G. Macchia, I Meridiani 2
voll., Milano, Mondadori, 1973 vol. I. Cap. X, p. 435.
32
Per una ricognizione storico-biografica delle conoscenze del mondo ultra-
sensibile da parte di Pirandello si veda anche il saggio di S. Milioto, I giganti della
montagna: la villa incantata, il manipolo bizzarro del mago Cotrone e una postilla al
titolo, in Le due trilogie pirandelliane, Atti del Convegno del Centro Nazionale di
studi pirandelliani, Palermo, Palumbo, 1992, pp. 111-125.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 193
33
Comparsa per la prima volta su “La Riviera Ligure”, aprile 1902.
34
Si veda in proposito la singolare e gradevole ricostruzione fatta da A. Camil-
leri, Biografia del Figlio cambiato, Rizzoli 2000, pp. 41-48.
35
L. Pirandello, Maschere nude-Tutto il teatro, Roma, Newton Compton,
2005. Per comodità, le citazioni saranno desunte da questa edizione.
36
La casa del Granella,Novelle per una anno, a cura di M. Costanzo, Meridiani
Mondadori, 3 voll. 1985-90, vol. I, p. 321.
194 Graziella Corsinovi
37
Il fu Mattia Pascal, ed. cit. vol. I p. 504.
38
Tra gli esperimenti fatti da medici e psichiatri su Eusapia Palladino, ci furo-
no anche quelli di Morselli e Lombroso che dovettero riconoscere l’autenticità dei
fenomeni paranormali ad essa inerenti. Vedi Illiano cit.
39
Sei personaggi in cerca d’autore, ed. cit. p. 85.
40
Si veda la Prefazione ai Sei personaggi: “ Non tutti i personaggi stanno in
apparenza sullo stesso piano di formazione… Sono, tutti e sei,… sullo stesso pia-
no di realtà, che è il fantastico della commedia. In L. Pirandello, Maschere nude
(2 voll). a cura di M. Lo Vecchio Musti, Milano, Mondadori, 1986, vol. I, p. 39.
41
Novelle per un anno, Ed cit. vol. II, p. 425 Pubblicata nel 1907 su Il Mar-
zocco, 7 aprile.
42
Ivi, p. 427.
43
Ivi, p. 434.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 195
44
Nel Cap. X de Il fu Mattia Pascal cit.
45
Il XVII e penultimo capitolo de Il fu Mattia Pascal ha un titolo – Reincar-
nazione – che sembra preso in prestito dalla sterminata bibliografia teosofica
dei coniugi Leadbeater-Bésant. Alla teosofia, della cui ampia conoscenza è
testimonianza il già citato elenco di testi teosofici nella biblioteca di Paleari, si
riconducono anche alcuni punti nodali del romanzo. Per esempio, quando
Pascal, suicida presunto, rinato con il nome di Adriano Meis, dichiara di sentirsi
come imprigionato nel guscio del Kâmaloka (zona di sospensione Karmica
dopo la morte) in esilio dalla vita, ma con tutti gli appetiti e desideri della vita
non ancora decantati: E non avevo risolto nulla, io, intanto. Mi trovavo ora
coi libri d’Anselmo Paleari tra le mani, e questi libri m’insegnavano che i
morti, quelli veri, si trovavano nella mia identica condizione, nei «gusci» del
Kâmaloka, specialmente i suicidi, che il signor Leadbeater, autore del Plan
Astral (premier degré du monde invisible, d’après la théosophie), raffigura
come eccitati da ogni sorta d’appetiti umani, a cui non possono soddisfare,
sprovvisti come sono del corpo carnale, ch’ essi però ignorano d’aver perduto.
46
Mi permetto di rinviare al mio saggio All’uscita, ascendenze leopardiane,
influssi teosofici esiti d’avanguardia in Pirandello: tradizione e trasgressione, Genova,
Tilgher, 1983, pp. 139-154.
47
All’uscita cit.
196 Graziella Corsinovi
48
Apparsa nel 1904 su “Nuova Antologia”.
49
Si veda la lunga nota posta nelle varianti al romanzo con la citazione del
passo che compariva su “Nuova Antologia,” nell’edizione critica cit.
50
Vedi nota precedente.
51
E anche da Goethe, fonte peraltro dello stesso Séailles.
52
Libro pubblicato prima nel 1901 a Londra Thought Forms e poi tradotto in
francese Le sformes-pensées. Si rinvia ancora a Illiano cit. pp. 70-71.e p. 159 n. 7.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 197
53
E anche da Goethe, fonte peraltro dello stesso Séailles.
54
Libro pubblicato prima nel 1901 a Londra Thought Forms e poi tradotto in
francese Les formes- pensées. Si rinvia ancora a Illiano cit. pp. 70-71e p. 159 n. 7.
55
Illiano, cit. p. 63.
56
L. Capuana, Nuovi ideali di arte e critica, Catania, Giannotta, 1899,
riportato da Illiano, cit. pp. 62-63.
57
Ivi.
58
Illiano, cit. p. 66 cita il passo del Leadbeater sia in inglese che in francese.
59
Già L. Tonelli in Alla ricerca della personalità, Catania 1929, p. 11 aveva
osservato acutamente l’affinità tra Capuana e Pirandello nella Conclusione della
Voluttà di creare di Capuana “dove i personaggi incompiuti sono spasimanti di
desiderio per una piena realizzazione vitale” . Vedi Illiano cit. p. 16.
60
Vedi Illiano cit.
61
In Spiritismo? alle pagine 219-225 segnalato da Illiano un passo che anticipa
la formulazione pirandelliana.
62
Ivi pp. 241-247.
63
Cfr. R. Santoro. “Influssi da ormai quasi certe letture dei libri di Annie
Bésant e del Leadbeater e della formulazione del rapporto esistente tra autore e
198 Graziella Corsinovi
personaggi da lui stesso plasmati, i quali vivono poi di vita propria sino all’estrema
conseguenza dei “personaggi in cerca di un autore” sono stati individuati in ordine
sparso in più di un racconto del Siciliano: Lontano (“Nuova Antologia”, gennaio
1902), Stefano Giogli, uno e due (“Il Marzocco”, 18 aprile 1909) Una piastra e
quattro centesimi, che poi avrà come titolo Lo spirito maligno (“Corriere della Sera”
22 maggio1910); La tragedia d’un personaggio, (“Corriere della Sera”, 19 ottobre
1911).”
64
Il saggio apparve su “ Le Grazie”, 16 gennaio 1897.
65
Catania, Giannotta, 1898.
66
L. Capuana, Scienza della letteratura, Catania, Giannotta, 1902, p. 18.
67
Il termine è di Pirandello in L’uomo, la bestia e la virtù e si riferisce al decolleté
prosperoso della signora Perella.
68
…la parola viva che muova, l’espressione immediata, connaturata con
l’azione, la frase unica, che non può esser che quella, propria a quel dato personaggio
in quella data situazione: parole, espressioni, frasi che non s’inventano, ma che
nascono, quando l’autore si sia veramente immedesimato con la sua creatura
fino a sentirla com’essa si sente, a volerla com’essa si vuole. In L’azione parlata,
Il Marzocco 7 maggio 1899, ora in Saggi poesie …cit.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 199
Avevo affisso alla porta del mio studio un cartellino con questo
AVVISO
Sospese da oggi le udienze a tutti i personaggi, uomini e donne, d’ogni
ceto, d’ogni età, d’ogni professione, che hanno fatto domanda e presentato
titoli per essere ammessi in qualche romanzo o novella.
N. B. Domande e titoli sono a disposizione di quei signori personaggi
che, non vergognandosi d’esporre in un momento come questo la miseria
dei loro casi particolari, vorranno rivolgersi ad altri scrittori, se pure ne
troveranno.
69
La novella apparve sulla rivista genovese “Il Ventesimo” V,30,1906. E poi in
Italica, LVI, 2 1979
70
Entrambe in Novelle per un anno, ed. cit.
71
Spiritismo? Giannotta, 1884 La crisi delromanzo1894, Gli Ismi contemporanei
1897, Catania, Giannotta, 1898, Scienza della letteratura, Catania, Giannotta,
1902.
72
Si rinvia alla nota 69.
73
Entrambe in Novelle per un anno, ed. cit.
74
Vedi nota 63.
200 Graziella Corsinovi
ro. Lo trovai, quella mattina, innanzi alla porta dello studio, che s’aiu-
tava con gli occhiali e in punta di piedi – piccolo e mezzo cieco com’era
– a decifrare l’avviso. In qualità di personaggio, cioè di creatura chiusa
nella sua realtà ideale, fuori delle transitorie contingenze del tempo, egli
non aveva l’obbligo, lo so, di conoscere in quale orrendo e miserando
scompiglio si trovasse in quei giorni l’Europa. S’era perciò arrestato alle
parole dell’avviso: «in un momento come questo»...75
75
Colloqui con i personaggi in Novelle per un anno, ed. cit.
76
Giannotta, Catania 1899.
77
L’aggettivo è di Pirandello.
78
Nuovi ideali di arte e critica, cit. Il grassetto è nostro.
79
Non è forse inutile ricordare che il titolo iniziale del I atto dei Giganti della
Montagna era I fantasmi, pubblicato su “Nuova antologia” nel dicembre del 1931.
La genesi del personaggio: un perorso tra filosofia, psicologia, metapsichica 201
Siamo qua come agli orli della vita gli orli a un comando si distac-
cano: entra l’invisibile… Avviene ciò che di solito nel sogno. Io
lo faccio avvenire anche nella veglia.84 Vaporano i fantasmi… E
allora è una continua sborniatura celeste: respiriamo aria favolosa…
Gli angeli possono come niente calare in mezzo a noi e tutte le cose che
ci nascono dentro sono per noi stessi uno stupore. Udiamo, voci, risa;
vediamo sorgere incanti figurati a ogni gomito d’ombra.85
80
I giganti della Montagna ed. cit. p. 1253.
81
Ivi, 1252.
82
Ivi.
83
Rispettivamente, novella e atto unico; per l’analisi di quest’ultimo, rimando
a G. Corsinovi, Il corpo e la sua ombra, cit.
84
Ivi, p. 1251.
85
Ibidem.
202 Graziella Corsinovi
86
In Novelle per un anno, ed. cit.
87
Uno nessuno centomila, ed. cit.
88
I giganti della montagna p. 1345.
89
William Shakespeare: La tempesta, Atto V, scena I.
Ricezione, messinscene e traduzioni del dramma
Sei personaggi in cerca d’autore negli Stati Uniti
Maria Rosaria Vitti-Alexander
1
New York Times, March 25, 1923.
2
New York Times, November 5, 1922.
Sei personaggi in cerca d’autore negli Stati Uniti 205
3
Daily Boston Globe, March 23, 1952.
4
Daily Boston Globe, March 23, 1952.
206 Maria Rosaria Vitti-Alexander
che Eric Bentley era venuto a conoscere ed amare gli scritti pirandel-
liani durante gli anni lavorativi trascorsi in Italia, dove aveva studiato e
diretto pezzi teatrali pirandelliani in italiano e in tedesco, e da grande
glottologo che era aveva riconosciuto le carenze nelle tante traduzioni
che circolavano.
Nel 1950 Sei personaggi, trova una riuscitissima presentazione al Dra-
matic Club di Mount Holyoke College con Denis Johnson, direttore di
produzione. La scenografia, la presentazione, e le novità introdotte per
la rappresentazione e la sua nuova traduzione del lavoro pirandelliano
che vede una lingua più sciolta e più vicina all’americano parlato, por-
tano alla ribalta il nome di Denis Johnson. Nel 1958 viene infatti con-
vocato per una riscrittura a libretto d’opera del dramma Sei personaggi.5
Mi rimetto alla presentazione della prima di Sei personaggi come
opera lirica ad un articolo di Antonio Illiano: “The premiere of Six Cha-
racters in Search of an Author, an opera in three acts based on Pirandello’s
masterpiece, was staged at the New York City Center on 26 April 1959
as part of an operatic season devoted exclusively to American operas and
sponsored by the New York City Opera Company. Hugo Weisgall, the
outstanding composer from Baltimore, created the music for a libretto
by Denis Johnson, the noted Irish playwright who was then teaching
at Mount Holyoke College.” (La prima dei Sei personaggi, opera in tre
atti basata sul capolavoro di Pirandello, è stata presentata al New York
City Center il 26 aprile 1959 come parte di una stagione operistica de-
dicate esclusivamente a opere americane e sponsorizzate dal New York
City Opera Company. Hugo Weisgall, il prominente compositore di
Baltimore, ha creato la musica per un libretto di Denis Johnson, il noto
drammaturgo irlandese allora professore al Mount Holyoke College)
The opera, clearly one of the most provocative of the repertoire,
was one of the four selected to go on a tour of American cities and was
subsequently performed in Boston and Washington before returning to
New York for the 1960 spring season.(L’opera, chiaramente una delle
più provocative del repertorio, è stata una delle quattro scelta per un
giro organizzato di città americane per poi essere presentata a Boston e
Washington prima di ritornare a New York City per la stagione operi-
stica di primavera 1960.)6
Dunque il dramma Sei personggi viene presentato il 26 aprile1959
al New York City Center come opera lirica in tre atti. Il libretto con-
5
Dramatic Club Produces Johnston Translation: Lighting, Scenery, Highton
Theme.
6
A. Illiano, “Six Characters”, An American Opera, Review of Natioanl Litera-
tures: Special Edition, Vol. 14.
Sei personaggi in cerca d’autore negli Stati Uniti 207
naggi) e Right you are (If you think you are) (Così è, se vi pare). Nel 1988
per la presentazione di Sei personaggi per il primo International Festival
of The Arts in New York City al Joyce Theatre, Brustein ne modernizza
il testo per mettersi al passo con il teatro Americano riducendo il dram-
ma a 90 minuti per avvicinarsi ad una produzione più realisticamente
americana in durata “a play that an American theatre company might
actually be rehearsing” (un pezzo teatrale che una compagnia teatrale
Americana può veramente provare). Brustein, come aveva fatto Bent-
ley prima, vede l’assoluta necessità di avvicinare al mondo americano
i lavori pirandelliani. “We don’t need realism anymore. What we have
to show is what the stage can do that films can’t do, and Pirandello is
the perfect playwright to demonstrate that” (Non serve più il realismo.
Quello che dobbiamo mostrare è quello che il palcoscenico può fare
che i film non possono, e Pirandello è il perfetto drammaturgo che
lo dimostra). In questa produzione è attraverso specchi che il dramma
viene rappresentato per spingere il pubblico a distinguere la realtà o un
riflesso della realtà. Quando si arriva alla scena finale i Sei personaggi
riappaiono come immagini fotografiche.7
Altro esempio di collaborazione tra dipartimenti arriva nel 1992 con
la presentazione dei Sei personaggi al Nazareth College, Department of
Theatre Arts, la traduzione quella di Paul Avila Mayer e diretto dal pro-
fessor David M. Ferrell. Nel 1996 è la prestigiosa Juillard School a met-
tere in scena i Sei personaggi, seguito dal The Jean Cocteau Repertory al
Baruch College con una indimenticabile rappresentazione. Altro lavoro
interessante per le innovazioni apportate al dramma pirandelliano è il
lavoro di Hofstra University in concomitanza con il Drama and Dance
Department, del 2006. Diretto da Cindy Rosenthal il dramma piran-
delliano viene accorciato drasticamente (l’intera durata è di un’ora e
mezzo) senza interruzioni, l’inizio del lavoro teatrale vede gli attori che
provano Hamlet di Shakespeare invece di Pirandello. Lo spettacolo vede
un tutto esaurito e grande gradimento del pubblico.8
Negli ultimi anni sono iniziati ad uscire lavori che riflettono l’uso di
tecnologie sempre più moderne ed avanzate. Come esempio ho preso
il lavoro del Decio Theatre dell’Università di Notre Dame del 2014.
Con adattamento di Patrick Vassel, Sei personaggi trova il suo “perfect
modern counterpart: reality- TV. “ Ma non un qualunque reality -TV,
7
Pirandellian Specters in Contemporary Practice: Six Character in Search of
an Author, Interactive Media, and Performance, Susan Tunneriello, PSA Volume
XXII, 2009.
8
PSA, “From Narrative to Drama”, Presentation by Dr. Mimi D’Aponte, Vol.
XIII (Commemorating The Society’s 40th anniversary)
210 Maria Rosaria Vitti-Alexander
stalgica del mio paese, quando mi sono decisa a continuare gli studi
d’italiano mentre studiavo l’inglese. Il mio professore di letteratura era
anche il direttore del Laboratorio Teatrale dell’università, e l’anno della
mia dichiarazione di un Master in Italiano coincideva con la presenta-
zione di Sei personaggi in cerca d’autore. Naturalmente ho partecipato
anch’io, ero la Figliastra. Negli anni sono seguite altre rappresentazioni
e altri personaggi per me in Il berretto a sonagli, Cosi è, se vi pare, Pensaci
Giacomino, ecc. Terminato il PhD ho accettato il lavoro al Nazareth
College dove insegno tuttora, e al mio arrivo, quasi fosse stato organiz-
zato per me, il Dipartimento di Teatro Visual Arts aveva messo sulla
scena Sei personaggi in cerca d’autore. Dunque, mi viene da dire, è una
storia d’amore tra me e il dramma Sei Personaggi.
Bibliografia
1
Si ribadiscono nella prima parte del presente lavoro le risultanze contenute nel
mio Luigi Pirandello: La parola, la scena e il mito, NEU, Roma, 2007. Sei personaggi
in cerca d’autore aveva riportato un trionfo l’anno prima a Londra e a New York.
L’anno dopo, il 30 dicembre, Max Reinhardt mise in scena il dramma al Deutsche
Theatre di Berlino. Tuttavia, al testo del dramma vennero apportati cambiamenti
così consistenti che la messa in scena di Reinhardt è stata definita “rappresentazione
dell’esistenza simbolica”. Cfr. M. Rössner, “La fortuna di Pirandello in Germania”,
in Quaderni di teatro, novembre 1986, pp. 40-53. Sei personaggi in cerca d’autore
venne diretta da Pitoëff solo perché rifiutata inizialmente da Jacques Copeau. Di-
fatti, Benjamin Crémieux, che aveva tradotto il dramma in francese, lo aveva in un
primo momento offerto al Le Vieux Colombier. Si veda: R L. Lelièvre, Le théâtre
dramatique italien en France. 1855-1940, Parigi, Armand Collin, 1959, pp. 415-23.
214 Donato Santeramo
2
Per un reso conto dettagliato dei cambiamenti effettuati dal regista franco-rus-
so si vedano: Cfr. S. D’Amico, “Introduzione a Sei personaggi in cerca d’autore” in
Maschere nude, Milano, Mondadori, 1993, pp. 639-640 e J. Lorch, Pirandello, Six
Characters in Search of an Author. Cambridge, Cambridge University Press, 2004,
pp. 56-60.
3
Per recensioni e commenti sulla produzione di Sei personaggi realizzata da
Pitoëff nel 1923, vedere: James N. Alley, “French Periodical Criticsm of Pirandel-
lo’s Plays” in Italica XXV.2 (1948), pp. 138-49; A. Mortier, Quinze ans de théâtre,
Parigi, Albert Messein, 1933, pp. 278-79; A. Antoine, L’information , 16 aprile
1923; G. Marcel, Alsace Française, 3 maggio 1934; A. Pitoëff, Ludmilla, ma mère,
Parigi, Julliard, 1955 ; G. Giudice, Pirandello, Torino, Utet, 1963, pp. 368-75; e la
recensione di Artaud in A. Artaud, Œuvres complètes, pp. 160-1. Vedere anche R.
Alonge, “Le messe in scene dei Sei personaggi in cerca d’autore” in Testo e messa in
scena in Pirandello, Urbino, La Nuova Italia Scientifica, 1986, pp. 63-84.
4
La lettera di Niccodemi è stata pubblicata nel quotidiano La Repubblica del
13 gennaio 1990.
Sei personaggi (1921) allo Shaw Festival in Canada 215
5
V. Marchi, “Ricordi sul Teatro d’Arte” in Teatro Archivio, 4 maggio 1981.
6
In effetti, la versione definitiva venne pubblicata nel 1933. Il testo è identico
a quello della versione del 1925, a parte alcune modifiche alla punteggiatura, men-
tre tra le prefazioni alla commedia del 1925 e del 1933 ci sono alcune differenze
rilevanti. Per un reso conto dettagliato dei cambiamenti fatti dal drammaturgo
siciliano si veda: D’Amico, op. cit., pp. 641-650.
7
Anche i futuristi miravano al coinvolgimento dello spettatore nell’azione, ma
la situazione è ben diversa: lo spettacolo futurista era principalmente un happening,
un evento, per cui tutto quel che avveniva era indubbiamente “reale”.
216 Donato Santeramo
8
Cfr. D’Amico, op. cit., pp. 643-645.
9
Riguardo alla genesi testuale dei Cfr. Sei personaggi, è di speciale interesse
C. Vicentini, “Sei personaggi in cerca d’autore. Il testo”, in Testo e messa in scena in
Pirandello, op. cit., pp. 49-62
10
Bisogna sottolineare che lo Shaw Festival, che si tiene annualmente dal 1962
nella cittadina di Niagara-on-the-Lake, ospita tre teatri con una capienza totale di
1465 spettatori e che nell’ultima stagione 2019, l’ultima pre-pandemia per inten-
derci, ha accolto ben 276.000 spettatori.
11
Six Characters in Search of an Author, Shaw Festival 2000, traduzione di D.
Pietropaolo, con la regia di T. Bradecki. Vorrei ringraziare Tadeusz Bradecki per
avermi concesso un’intervista per questo saggio e della sua disponibilità.
12
Nell’intervista concessomi il 30 dicembre 2020, Bradecki confessa che non
conosceva le versioni del dramma posteriori al 1921 in quanto in Polonia avevano
ripubblicato negli anni solo la traduzione della prima versione. Venne a conoscenza
della nuova versione in colloqui avuti con Pietropaolo, ma fu deciso di andare
avanti con la versione del 1921 perché ritenuta, secondo Pietropaolo, intervistato
Sei personaggi (1921) allo Shaw Festival in Canada 217
molto più formale e stilizzato degli Attori; tale loro linguaggio li col-
loca in una dimensione temporale diversa rispetto a quella in cui si sta
svolgendo l’azione sul palcoscenico, e, dunque, il presente. Il linguaggio
degli Attori e del Capocomico è invece colloquiale, spesso popolato da
riferimenti ed istanze, specialmente tecnologiche, contemporanee. Inol-
tre, la voce dei Personaggi è fortemente impostata mentre quella degli
Attori della compagnia è discorsiva.
Nel programma dello spettacolo, nella nota sulla traduzione, Pietro-
paolo spiega che il testo pirandelliano usa “il linguaggio culturale del suo
tempo”, familiare agli spettatori contemporanei che avevano una certa
dimestichezza con il mondo teatrale del tempo in cui fu scritto e avreb-
bero riconosciuto e facilmente compreso i riferimenti presenti nel testo.17
L’intento del traduttore, quindi, è stato principalmente quello di rendere
il testo in inglese contemporaneo ai propri spettatori, senza sconvolgerne,
ed anzi rispettandone, lo spirito. Notando la diversità del pubblico dello
Shaw Festival rispetto a quello che assistette allo spettacolo nel 1921,
Pietropaolo spiega come la sua intenzione sia stata quella di rendere l’e-
sperienza degli spettatori presenti il più possibile vicina alle loro vite e alla
loro esperienza, senza però stravolgere il senso e lo stile pirandelliano.18
Quindi, si tratta non solo di una traduzione attuale, ma di un testo ricco
di riferimenti culturali (per esempio, viene sostituito il riferimento fatto
dal Padre nel testo pirandelliano a Don Abbondio con Falstaff) e tecnici
(gesti vocali) facilmente accessibili per il pubblico presente in sala.19 Pie-
tropaolo ha anche svolto, seppur non ufficialmente, il ruolo di dramatur-
ge collaborando con il regista e tutta la produzione dello spettacolo per
rendere la traduzione parte integrante della visione di insieme. 20
Bradecki, nelle note sulla regia scritte nel programma dello spetta-
colo, scrive che ha tenuto in considerazione che la pièce pirandelliana si
fa beffa, in modo ambiguo del teatro naturalistico, perché “paradossal-
mente la sua messa in scena richiede la creazione di un’illusione di una
prova teatrale, molto naturalistica”.21 Per il regista polacco, lo spettacolo
17
D. Pietropaolo, “A Note on the Translation, ” Programma di scena.
18
Ibidem.
19
Ibidem.
20
Pietropaolo, nell’intervista concessami, spiega che aveva organizzato delle
letture della sua traduzione con degli attori e che aveva anche allestito, con gli
studenti di un seminario che stava insegnando al Drama Centre dell’Università di
Toronto, una messa in scena della sua traduzione con la regia di Guillaume Bernar-
di, per appurare che le “battute funzionassero sintatticamente in inglese”. Poi, una
volta che iniziarono le prove allo Shaw Festival, ha lavorato con gli attori diretti da
Bradecki, a volte riscrivendo qualche battuta che avevano difficoltà ad enunciare e
assicurandosi che il ritmo del testo tradotto sulla scena scorresse.
21
T. Bradecki, “Director’s Notes,”, Programma di scena.
Sei personaggi (1921) allo Shaw Festival in Canada 219
riporta alla mente quello che Émile Zola definisce un “romanzo speri-
mentale”, e cioè l’esatta, veritiera presentazione di fatti tali da rivelare
(come in un laboratorio scientifico) il meccanismo della vita che li ha
prodotti.22 Il paradosso è al centro del dramma. Infatti, per Bradecki
il primo paradosso presente nel testo pirandelliano è che il testo venga
prima recitato e poi scritto: “l’esperimento” si rivela, scrive però, un
fallimento, e i Personaggi che vivono il proprio dramma non sono in
grado di recitarlo, mentre gli Attori che possono recitarlo non posso-
no veramente viverlo.23 Un altro paradosso del dramma pirandelliano,
sempre secondo Bradecki, è che la pièce parla della crisi del teatro ed è,
al contempo, una risposta alla crisi stessa.24
Nella messa in scena dello Shaw Festival, il dramma si apre, come da
copione, su un palcoscenico allestito per delle prove. Le luci nel teatro
sono accese. Dal punto di vista della scena, si è fatta una scelta iperrea-
listica, nel senso che il pubblico è cosciente che le prove dello spettacolo
a cui stanno assistendo avvengono non in un teatro anonimo, ma nel
House Theatre dello Shaw Festival e che gli Attori fanno battute che al-
ludono sia alla vita di Niagara-on-the-Lake sia all’entourage teatrale del
Festival.25 Non solo, gli Attori sono vestiti in modo casual e conversano
di avvenimenti di cronaca contemporanei.26 Squilla perfino un cellulare
mentre si sentono da una radio le note di un brano dei Queen “Crazy
Little Thing Called Love”. Tutto questo per assicurare che lo spettatore
presente in sala si senta parte di qualcosa che sta avvenendo in tempo
reale, nel tempo storico presente e nel teatro in cui si trova. A far da con-
trasto a questa contemporaneità e simultaneità tra ciò che esiste fuori
dal teatro e ciò che sta avvenendo dentro, è l’arrivo dei Personaggi che, a
differenza degli Attori, sono vestiti di nero e in modo conforme allo sti-
le eduardiano/vittoriano tardo ottocentesco. Inoltre, come accennato, i
Personaggi si esprimono in un inglese formale, quasi stilizzato, tanto da
far sembrare la loro recitazione legnosa, e parlano con una pronuncia
fortemente britannica.
Per di più, com’è noto, il testo è arricchito da Pirandello di riferi-
menti storici, come quando, inaspettatamente, nel primo atto, la Fi-
gliastra intona, poi accompagnata dagli Attori della compagnia, i primi
22
Ibidem.
23
Ibidem.
24
Ibidem.
25
Le scene erano di P. Hartwell.
26
C. Hoil, “Six Characters in Search of an Author, (review)”, in Stage-door:
http://www.stage-door.com/Theatre/2000/Entries/2000/9/26_Six_Characters_
in_Search_of_an_Author.html
220 Donato Santeramo
27
Hoil, op. cit., Si veda anche: Violanti, op. cit.
Sei personaggi (1921) allo Shaw Festival in Canada 221
1
Sulla carriera di Pirandello e sulla ricezione travagliata dello stesso, cfr. F.
Taviani, La minaccia di una fama divaricata. Introduzione a L. Pirandello, Saggi e
interventi, a cura di Id., e una testimonianza di A. Pirandello, Milano, Mondadori,
2006, pp. XIII-CII.
224 Paolo Puppa
2
M. A. Grignani, Quaderni di Serafino Gubbio operatore: sintassi di un’impas-
sibilità novecentesca, in “Rivista di studi pirandelliani”, n° 3, giugno 1985, p. 7.
3
Cfr. P. Puppa, Savinio versus Pirandello, in «Ariel», nn°1-2, 1995, pp. 89-101.
Sei personaggi in cerca di registra. Gli ultimi cinquant’anni di messinscene 225
4
Cfr. A. Bisicchia, Pirandello in scena. Il linguaggio della rappresentazione, No-
vara, De Agostini, 2007, p. 107.
5
Sull’opera complessiva di Costa, cfr. almeno M. Boggio, Orazio Costa. Mae-
stro di teatro, Roma, Bulzoni, 2007.
6
Cfr. A. D’Amico, “Sei personaggi”, uno e due: ovvero dallo stupore al terrore, in
AA.VV. (a cura di A. Tinterri), Il teatro italiano dal naturalismo a Pirandello, Bolo-
gna, Il Mulino, 1990, p. 382.
7
Cfr. J. Lorch, The 1923 text of “Sei personaggi in cerca d’autore” and Pitoëff pro-
duction of 1925, “The Yearbook of the British Pirandello Society”, n° 2, 1982, pp.
32-47. Ma sul regista francese, di origini georgiane ed ebreo, cfr. J. De Jolimaron,
Georges Pitoëf metteur en scène, Lausanne, L’Age d’homme, 1979.
8
Questo a partire dal primo approccio nel 1947, proseguito poi con una ri-
visitazione nel 1967, la più celebre e riuscita con una straziata Valentina Cortese
nei panni della Contessa Ilse, sino all’ultima edizione scenica del 1994. Su questa
figura centrale nell’affermazione della regia in Italia, basilare il capitolo Strehler.
226 Paolo Puppa
10
Cfr. A. Henry, Métonymie et métaphore, Klincksieck, Bruxelles 1971, pp.
189-201 della trad. it. di P. Bertinetto, Metonimia e metafora, Torino, Einaudi,
1975.
11
Sulle messinscene pirandelliane di Castri, che tenta con coraggio di adeguare
i significanti visivi e sonori ai significati delle battute, cfr. almeno Id., Pirandello
ottanta, a cura di E. Capriolo, Milano, Ubulibri, 1977; P. Puppa, Il salotto di notte,
Libero Scambio, Torino 1980, dedicato alla regia di Così è (se vi pare) del 1979; più
in generale, Massimo Castri e il suo teatro, a cura di I. Innamorati, Roma, Bulzoni,
13.
12
Cfr. S. Margiotta, Il nuovo teatro in Italia 1968-1975, Introduzione di L.
Mango, Corazzano(Pisa), Titivillus, 2013, pp. 231-232.
13
Cfr. A. Ripellino, Pirandello a testa in giù, “L’Espresso”, 21 gennaio 1973.
228 Paolo Puppa
14
L’uscita pubblica avviene il 6 novembre del 1959, con influssi decisivi nel la-
voro successivo del gruppo, cfr. l’intervista rilasciata a Richard Sogliuzzo nel 1975,
poi in Julian Beck, il Living Theatre, Pirandello, «Teatro festival», n°1, 1985, pp.
9-12; cfr.J. Malina, Il Pirandello del Living, in «Teatro e Storia», n° 13, 1992, p.
342-344. Cfr. anche P. Solari, Giornate a Berlino, in Almanacco letterario Bompiani,
Milano 1938, p. 78.
15
Cfr, P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo Novecento, cit., p. 161. In gene-
rale, su questa cifra manieristica, E. Groppali, Il teatro di Trionfo, Missiroli, Cobelli,
Venezia, Marsilio, 1977.
Sei personaggi in cerca di registra. Gli ultimi cinquant’anni di messinscene 229
17
Cfr. Cascetta, op. cit., p. 169.
18
Cfr. F. Angelini, Pirandello rappresentato. Sei personaggi in cerca d’autore, in
«Ariel», n° 3, 2003, p. 244.
Sei personaggi in cerca di registra. Gli ultimi cinquant’anni di messinscene 231
19
Cfr. G. Macchia, Pirandello o la stanza della tortura, Milano, Mondadori,
1981.
20
Cfr. R. Alonge, Ronconi/Pirandello: dai Sei personaggi a L’innesto, in «Il castel-
lo di Elsinore», n° 68, 2013, pp. 101-107.
21
Ivi, p. 104.
232 Paolo Puppa
tima gli piaccia solo nei momenti in cui canta da bambina. Il motivo
fondante di questa interpolazione spiega forse la ragione della presenza
del Giuoco… nei Sei personaggi, per la disturbata relazione tra marito
e moglie in quel testo, dove l’adultera Silia interessa a Leone quando
sembra una bambina. I due poi divengono appunto Padre e Figliastra
nel cambio dei ruoli ad opera degli interpreti.22
In fondo, qui Ronconi sembra far proprie alcune suggestioni dell’au-
tore, come nello scenario per il cinema, scritto da Pirandello nel 1928
in tedesco con Adolf Lantz, dove lo si vedeva alla scrivania, mentre si
passava i Personaggi dalla mano dentro la testa.23
22
Cfr. P. Puppa, Il «giuoco»…in cerca d’autore, in Id., La parola alta. Sul teatro
di Pirandello e D’Annunzio, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 27-50.
23
Cfr. F. Callari, Pirandello e il cinema, Venezia, Marsilio, 1991, p. 216.
24
Scelta però dettata pure dall’immagine di Hinkfuss di Questa sera si recita a
soggetto, minuscolo e ipertrofico regista ripreso dal Capocomico dei Sei personaggi,
cfr. Cascetta, op. cit., p. 185. Per il regista russo, importante Id, A un unico lettore.
Colloqui sul teatro, Roma, Bulzoni, 2000.
Sei personaggi in cerca di registra. Gli ultimi cinquant’anni di messinscene 233
25
Cfr. J. Lorch, Six Characters in Search of an Author, Cambridge, Cambridge
University Press, 2005, p. 194.
“Divina inarrivata inarrivabile Vera”
e la Compagnia di Dario Niccodemi
di Sarah Zappulla Muscarà
nel ricordo di Vera Vergani
Via via una delle più apprezzate in Italia e all’estero, attiva per tutti
gli anni Venti del Novecento, la Compagnia Niccodemi, che metterà
in scena classici ma soprattutto autori contemporanei, è costituita da
attori giovani, determinati, entusiasti, destinati ad assurgere a livelli di
primo piano e a conquistare presto fama internazionale. Il debutto al
“Teatro Valle” di Roma il 4 marzo 1921 con Romeo e Giulietta di Sha-
kespeare, tradotto e adattato dallo stesso Niccodemi. La critica esprime
qualche riserva ma loda Vera Vergani. L’indomani Eleonora Duse, a
cui in un incontro casuale la giovane, visibilmente emozionata, si era
presentata come ‘attrice’, le scrive:
tutti i pori del suo viso, come le bocche spalancate in certe rocce delle
coste della sua Sicilia - i mostri omerici – risucchiano il mare con una
potente incalcolabile aspirazione per poi rigettarlo in pulvischio con la
violenza del tifone. Ma ad un tratto tutta quella forza umana infrena-
bile cade come colpita a morte. Il corpo rimane inerte, le braccia pen-
zoloni, il viso àtono, gli occhi spenti. E un segno di disapprovazione.
Interrompo la prova. Pirandello si alza, cerca, spiega, rettifica. Incerto
ed esitante in principio, si accalora subito, ridiventa subito efficace.
Prende di petto l’attore in difetto e spiega, spiega con un torrente di
parole. Le sue mani, con le dita aggruppate all’estremità sembrano due
pine all’insù agitate da un vento di tempesta. – “Non è colpa tua” –
dice affettuoso e cordiale all’attore. “È colpa del suggeritore. Tutto è
colpa del suggeritore”. Ce l’ha a morte col suggeritore. È il suo acer-
rimo inconciliabile nemico. – “Finché ci sarà il suggeritore” – dice –
“non ci potrà essere né verità né naturalezza nella recitazione. Bisogna
sopprimerlo, sopprimerlo”. – E con un largo gesto della mano sembra
che gli taglia la testa. – “Il suggeritore è la rovina del teatro”. Si accalo-
ra. Gli attori gli sono attorno, stupefatti, allibiti dallo sconvolgimento
rivoluzionario di tutte le loro convinzioni che tendono invariabilmente
a un buon suggeritore. – “Quando io dirigerò, gli attori dovranno stu-
diare e imparare a memoria le loro parti”. Tacita ma effimera ribellione
degli attori. – “Dovranno studiare accanitamente, in casa loro, soli,
nel silenzio e nella meditazione”. Gli attori credono di sognare. – “E
quando verranno sul palcoscenico non dovranno essere più gli attori,
ma i personaggi stessi della commedia o del dramma che dovranno
recitare”. Lo sgomento degli attori, benché muto, diviene evidente.
– “Così avranno in sé stessi una realtà non relativa, ma assoluta, non
la falsa verità del palcoscenico ma quella positiva e inconfutabile della
vita. Ora non è possibile. L’attore si specchia nel suggeritore e, per
forza, deve sentirsi grottesco nei confronti del personaggio che deve
rappresentare. Non può essere personaggio; rimane attore, attore che
dice con più o meno intelligenza, con più o meno talento o genio, ma
macchinalmente, le parole che il suggeritore gli spedisce di contrab-
bando dalla sua cabina senza fili, ma non senza voce, perché il pubblico
sente quasi sempre la sua voce o, se non la sente, la indovina, il che è
egualmente disastroso per lo spettacolo”. Gli attori sentono mancarsi a
poco a poco. – “E il suggeritore non si contenta di suggerire le parole,
ma ha delle inflessioni sue, delle smorfie sue particolari, suggestionanti
per l’attore poco sicuro; il suggeritore recita nella sua tana. Bisogna ve-
derlo in azione. È come un energumeno imprigionato che si agita, che
stringe i pugni per dar maggior forza alla parola, che atteggia le mani ai
lati della bocca per farne un più sordo e udibile megafono, che, insom-
ma, dirige lo spettacolo a seconda dei suoi nervi, del suo stato d’animo
o del suo umore”. E Pirandello, pittoresco, d’una facondia colorita e
inesauribile spiega e giustifica le sue concezioni teoriche della scena. In
verità io credo che sbagliano coloro che credono a un Pirandello che
preme e macera spietatamente il suo cervello per trarne ad ogni costo
242 Sarah Zappulla Muscarà
delle cose “differenti”; per sconvolgere le leggi del peso e della resisten-
za nell’architettura scenica, per scombussolare i valori etici ed estetici
del teatro. Anche parlando il grande scrittore parla in un altro modo,
vede, sente, vuole in un altro modo.
Seguivo là il gioco di quel volto che non era più il volto di Pirandel-
lo, ma quello dei suoi personaggi. La voce che dettava era, alla distanza
di pochi metri, inintelligibile; ma il tono mutava, saliva, scendeva, toc-
cava le note del pianto, del disgusto, dello sgomento, dell’orrore, della
stupefazione. (…) Se il personaggio rideva, Pirandello rideva; se il per-
sonaggio implorava, Pirandello implorava; se il personaggio piangeva,
Pirandello piangeva. E se l’altro personaggio del dialogo, per rispon-
dere, imprecava, Pirandello imprecava, e la commozione scompariva
subito dall’occhio e l’ira lo colorava.
Forse per questi violenti contrasti scarsi gli incassi delle tre successi-
ve repliche. Già circa l’esito della seconda rappresentazione il 10 mag-
gio Niccodemi registra:
Mio caro Pirandello, volevo scriverti appena arrivato qui per dirti
la sola e imprevedibile ragione della mancata recita della tua commedia
a Firenze, che avevo annunciato fin dai primi giorni parlandone come
della cosa più interessante del nostro bagaglio. E la misi, di proposito,
in fine di stagione per permettere al pubblico di affezionarsi alla com-
pagnia e dar battaglia in condizioni migliori. Ma negli ultimi giorni,
Almirante è stato colto da un forte abbassamento di voce. (…) Tu sai la
mia grande e schietta ammirazione, specie per quella commedia. (…)
Qui la farò nella terza settimana; eppoi la farò ovunque.
I Sei personaggi nel valore che gli dà il Babbo, non è affatto da meno
del romanzo, e rappresenta un culmine della sua Arte, e l’essere espres-
so in forma drammatica non è una limitazione riguardo al pubblico
cui si rivolge, perché, come tutto il teatro del Babbo, non va soltanto
al cosidetto pubblico di teatro, ma è opera letteraria destinata a tutto il
pubblico che legge, e a una sicura affermazione certo meglio nel libro
che nella integrazione scenica.
Via Sant’Andrea 9
19 settembre
Mio caro Pirandello,
Grazie del tuo volume. Ho riletto con piacere immenso i Sei per-
sonaggi. E questa lettura ha riconfermato nel mio spirito la fierezza
d’avere messo in scena il lavoro, d’averne capito subito la potenza, il
significato, le dinamiche poderose; d’aver sentito, subito, il suo fascino
abbagliante di fosforescenze nuove. Dunque, grazie ancora. La com-
media andrà in iscena al Manzoni nella prima quindicina di ottobre.
Verrai? Dimmi se è possibile e probabile. Mi farebbe un gran bene
vederti per tante cose che sarebbe noioso scrivere. Altra cosa: vuoi man-
darmi Ma non è una cosa seria? Credo che potrei darne una interpreta-
zione efficace. Ma conosco male la commedia e vorrei rileggerla. Che
ne dici? Dalla feroce e assurda e inverosimile sciagura di Martoglio vivo
pensandoci, come in un incubo. Non posso cancellare dalla mia mente
la visione che inconsciamente e dolorosamente vi si è formata. Che
248 Sarah Zappulla Muscarà
Ma sento di poter fare un’eccezione per Lei che con tanta penetrazione
s’è addentrato nel mio spirito e nella mia opera di scrittore, e anche con
un così vivo amore, per quanto ora accenni a volersi almeno in parte (mi
sembra) disincantare. L’analisi della mia ultima commedia nei suoi tre
sensi è definitiva. L’opera è sviscerata e messa in valore per quel che vuol
essere artisticamente, ed è, come meglio non si potrebbe. Dove Lei, a
mio modo di vedere, sbaglia, è nel mettermi anche eticamente e storica-
mente in valore. Lei crede che la mia arte sbocchi “fatalmente in quella
che in senso largo si può chiamar decadenza” e che sia da collocare “tra
le varie esperienze per cui è passato lo spirito italiano nell’ultimo otto-
cento”, e pone quello che chiama il mio nihilismo tra le varie avventure,
che oggi ci sembrano così lontane, del verismo asimbolico di Verga,
dell’estetismo furente del D’annunzio e dell’impressionismo crepusco-
lare del Pascoli. Ebbene no, caro Levi. Sembrano così lontani anche a
me – lontanissimi – il Verga, il D’Annunzio! Forse un po’ meno il Pasco-
li, la cui angosciata sensibilità può sonare ancora “attuale”. Come vuol
mettermi tra loro? In un’avventura di “ieri”? Sono purtroppo e “senza
alcun sospetto” nell’avventura “d’oggi” e “di domani”. Guardi: me l’ha
detto, or è poco, e fatto vedere e toccare con mano il Tilgher parlando
dei “relativisti contemporanei”, tra i quali mi mette e tra i quali con mia
grande sorpresa mi son dovuto riconoscere, tardi apprendendo ciò che
essi dicono, che è proprio lo stesso – o su per giù – di quanto ho detto
e seguito a dire io, senz’avere la più lontana notizia di loro, perché da
me solo e dai tormenti del mio spirito e dalle tragiche oscure esperienze
della mia vita, illuminata dal mio solo intelletto, è venuta questa mia
concezione del mondo. La quale, mi permetta di dirLe, caro Levi, non è
per nulla nihilista, come a Lei pare, perché ritorna per necessità, inevita-
bilmente, all’Assoluto, che solo per necessità “appare” negato, in quanto
è l’Infinito che necessariamente “si finisce” in forme, che non sono un
“male” di cui ci si debba “liberare”, ma la “vita” (o il male della vita, se
Lei vuole), che è da soffrire inevitabilmente, in questo “esilio” della for-
ma. Il tormento, per ogni spirito veggente, è di vedersi vivere in essa, sen-
tendone la necessità fatale e inovviabile. Ci fu data nascendo: oggi e non
ieri e non domani; e dobbiamo rassegnarci ad essa, accettandola qual è;
e come, deperendo man mano, si maturerà. Ma nella mia rappresenta-
zione questo tormento è così poco nihilistico, che accetta con lo stesso
“valore di realtà” la finzione che gli altri si fanno o si son fatta di noi; vale
a dire, oltre la forma involontaria in cui siamo nati, e oltre quella che
per sincera finzione incosciente o cosciente e volontaria, ci diamo noi,
anche quella che gli altri involontariamente o volontariamente ci dan-
no. La forma degli altri, come una “realtà” anche per noi. E con questo
non dovrei ribellarmi neppure a quella che mi dà Lei. Non mi ribello.
Ma perché sento che Lei mi vuol bene, La invito a guardare (Lei che sa
e può) ancora più addentro in me, nella mia presente e viva attualità.
Sono sicuro che riuscirà a veder quanto ancora, fors’anche per difetto
della mia espressione, non vede. Mi creda sempre, con affetto, Suo
Luigi Pirandello
250 Sarah Zappulla Muscarà
con gli spettacoli replicati tanto da doversi fermare più a lungo del
previsto, fino al 15 ottobre 1922. Scrive Niccodemi da Buenos Aires il
1° settembre ad una amica:
Hôtel Meurice
228 Rue De Rivoli
PARIS
Aprile 1923
Lunedì sera
Veruzzi: esco ora da una prova più o meno generale ma più che men
geniale dei Sei personaggi. Non puoi immaginare che cosa sia divenuta,
nelle voci e nei gesti di questi dilettanti, l’avventura cerebrale di Piran-
dello! Non lo puoi immaginare e io non te lo posso dire. Un particolare
basterà per darti la misura di questa deformazione: per far contrasto col
252 Sarah Zappulla Muscarà
nero dei sei personaggi le attrici della compagnia sono state vestite di
rosso, di verde, di giallo, di celeste, e così, la realtà del palcoscenico du-
rante una prova, è divenuta la realtà di un ballo per celebrare il 20 set-
tembre in una cittadina di lontana provincia. La signora Pitoëff è vestita
di nero ma con una cappa bianca e scarpe e calze bianche; sembra una
vedova in carnevale. Nessuna razza, niente stile, niente eccezionalità,
ma una vedova borghese, composta e declamatoria; un’attrice francese,
in una commedia di Gavault o di de Flers, alla quale far dire delle parole
di Pirandello. Veruzzi, poco fa, nel mio spirito, tu eri grande come la
Duse! E gli altri! Che roba! Tutto grigio, tutto unito, tutto regolato, tut-
to definito! Nessuna ambientazione di stranezza; atmosfera abituale di
tutte le commedie in tutti i teatri di Parigi. Gli attori truccati come dei
macchiettisti di music-hall; le attrici scintillanti come una vetrina della
Rinascente nei giorni di liquidazione. E, basta dirti, che la prova di oggi
era repetition decouturières. Già! Per quelle attrici che devono provare,
forse di mattina, in un teatro, forse di second’ordine, c’erano le coutu-
rières che bisbigliavano in platea sull’effetto delle loro creazioni! Questo
mi pare che basti per darti un’idea dell’idea sbagliata con cui è stata
messa in scena la commedia. E Pirandello, commovente d’imbecillità
e di servilismo mentale, approvava, gongolava, s’estasiava. Ma quando
si voltava dalla mia parte e s’incontrava col pericolo dei miei occhi di-
ventava rosso come un peperone della sua Sicilia. È un pover’uomo!
Sono sicuro che quando scrive le sue commedie è in istato d’assoluta
incoscienza. Pirandello uomo è il succubo di Pirandello autore. Non c’è
in lui ombra di discernimento critico. Quando segue una prova il suo
viso si plasma nel viso dell’attore che recita, ne segue le contrazioni e
le rifà, ride o s’addolora come ride e s’addolora l’interprete; anche lì è
succubo, la sua personalità sparisce sopraffatta dalla fittizia personali-
tà dell’attore. I personaggi della sua commedia cercano e non trovano
l’autore che completi la loro vita; lui, autore, trova sempre l’attore che
soddisfa la sua profonda incoscienza critica; e lo trova tanto in via de-
gli Avignonesi, come a Parigi, come dappertutto. Dopo la prova però,
temendo forse la burrasca che mi rombava dentro, mi ha detto le mille
mirabilia della nostra interpretazione, della tua specialmente. Povero
Pirandello. Si direbbe che vive nel continuo stupore di avere tanto in-
gegno! Una sola ed unica cosa buona, dovuta alle possibilità del palco-
scenico. I suoi personaggi capitano in ascensore; e quella gabbia di ferro
sapientemente illuminata d’un verde crudele, colle sei larve pallide, è
molto impressionante, specie alla fine del lavoro, quando l’ascensore
ritorna in su, nella stessa luce, verso il vuoto dell’irrealtà. Questo, forse,
e non altro, sarà il successo del lavoro a Parigi. Ti prego, appena ricevi
questa lettera, di far partire Federico per Milano dove spero di essere
venerdì sera o sabato mattina. Bisogna che Federico ci arrivi un giorno
prima per poter preparare la macchina per il ritorno a Roma, dove sarò
certamente domenica sera. Veruzzi penso tanto a te, vorrei averti qui
per vedere l’ampiezza dei tuoi occhi su questa Parigi che offre, sempre,
il più completo e sintetico spettacolo della trepidante e ansiosa e avida
“Divina inarrivata inarrivabile Vera” e la Compagnia di Dario Niccodemi 253
alla fine gli sforzi degli elettricisti e dei macchinisti rimisero in moto
il montacarichi che depositò davanti al pubblico il suo carico umano
appesantito da un peso supplementare di angoscia.
Capocomico), sono presenti, fra gli altri, con Dario Niccodemi e Ales-
sandro Varaldo, Presidente e Direttore della Società Italiana degli Auto-
ri, Paolo Giordani, Adriano Tilgher, Enrico Palermo. L’indomani, l’11
aprile 1923, da Parigi così Pirandello telegrafa a Vera Vergani:
Teatro Argentina Roma. Confermo intera più che mai mia esultan-
te ammirazione divina inarrivata inarrivabile Vera Pirandello.
Niccodemi non farà in tempo perché partirà per una nuova lunga
tournée in Sudamerica dove ha progettato di darla in prima assoluta,
come Pirandello scrive sempre a Lietta il 2 giugno:
Devi sapere che a Buenos Aires si darà per la prima volta nel mon-
do, cioè prima ancora che in Italia, la mia nuova commedia Ciascuno
a suo modo, che la Compagnia non ha fatto in tempo a mettere [in
scena] a Roma.
Agosto 1922
Veruzzi:
So che avrai un pacchettino di sterline. Ti do questo borsellino
per mettercele dentro. Me lo regalò Réjane dopo la prima recita della
mia prima commedia L’Hirondelle, a Bruxelles 1904. Diciotto anni fa!
Siccome sei sulla strada maestra per la quale raggiungerai la meta a
cui aspiri e a cui il destino ti conduce, questo oggettino che venne
dall’amore d’una grande artista ti deve essere caro. Non te lo regalo;
te lo trasmetto. È come una grande eredità spirituale ch’esso contiene,
e tiene, nella sua rete d’oro. Vorrei che contenesse anche tutto il mio
augurio e tutta la mia tristezza. Bacio la tua bella fronte, Veruzzi, e colle
mani giunte e colle lagrime agli occhi ti prego. Dario.
Hôtel Meurice
228 Rue de Rivoli
PARIS
Sabato sera
1 febbraio 1926
Viruzzio,
sono stato alla prova de L’ombra e non so che cosa dirti. Berangere
è vibrante è commossa è convincente ma è lineare. Non ci sono né
chiarezze né ombre visibili. Si vede il blocco intiero e questo è ormai
impenetrabile alle rettifiche ad osservazioni che io potrei fare. È troppo
tardi e se parlassi porterei uno sconvolgimento pericolo[so] nello spi-
rito tanto fervido e tanto devoto di quella donnina, è certo che quello
che ho visto mi ha messo nel cuore il convincimento che tu sei una vera
grande artista. Cogli anni, a forza di lavoro e d’esperienza, diminuirai
per divenire, anche, una grande attrice. Da una grande artista viene
sempre fuori una grande attrice; il contrario, invece, si produce di rado
perché, spesso, le doti che si acquistano sciupano quelle che si hanno.
Sono contento di quello che ho visto? Sono scontento – non lo so io
stesso. Sono nervoso come alla vigilia del Rifugio, sedici anni fa. Pro-
256 Sarah Zappulla Muscarà
APPENDICE
I Sei personaggi in cerca d’autore nelle cronache contemporanee.
Deluso dall’esito della seconda replica romana dei Sei personaggi, con
scarso pubblico dopo il pandemonio e i resoconti talora ingiusti della pri-
ma serata, Niccodemi rimprovera la stampa italiana (in tempi in cui, in
verità, dedicava alle cronache teatrali uno spazio oggi impensabile) di sof-
fermarsi sulla trama e sulla critica dei testi, facendosi condizionare dal
pubblico e riservando laconicamente solo poche veloci righe all’esecuzione e
all’interpretazione degli attori, a cui pure ne sono affidate le sorti.
Testimonianze e cronache teatrali documentano, tra l’altro, che la pri-
ma romana, seppur scatenò discussioni appassionate e turbolente tra spet-
tatori entusiasti (non soltanto amici e sostenitori dell’autore) e spettatori
ostili, fino a giungere al tentativo di aggressione e allo scontro fisico, non
fu priva di successo se più di trenta furono le chiamate finali ad autore e
interpreti. Ma sono le baruffe, come inevitabile, più che la singolare e fuori
dall’ordinario messa in scena, ad attirare l’attenzione, previste per altro se
Silvio d’Amico confessò, anni dopo, di aver fatto ricorso a un impegno a To-
rino (uno spettacolo che segnava il ritorno sulle scene della Duse) per evitare
di doversene occupare, passando così la palla al suo Vice, Arnaldo Frateili.
trasparenti per la stessa loro elevata natura, è perché l’ingegno dello scritto-
re, nel rendere scenicamente il tormento della creazione era commosso. Ed è
riuscito a comunicare questa sua commozione agli spettatori. Il successo del
primo atto è stato pieno, e ha procurato cinque chiamate agli interpreti. L’au-
tore, chiamato insistentemente non si è presentato perché non era in teatro. Il
secondo atto s’è chiuso con applausi entusiastici all’autore e agli interpreti, che
hanno dovuto presentarsi più di dieci volte alla ribalta. Qualche isolata disap-
provazione non ha fatto che rinfocolare il calore dei plaudenti. Il terzo atto è
stato anche ascoltato, senza nessuna reazione, fino all’ultima battuta. Alla fine
è scoppiata la battaglia, la più violenta forse che ricordi il Valle. La lotta tra i
plaudenti e i disapprovanti ha toccato intensità sonore mai raggiunte. Venti
minuti dopo la fine dello spettacolo buona parte del pubblico era ancora a
teatro a discutere ad alta voce, chiamando tra grandi applausi l’autore che do-
vette presentarsi un numero infinito di volte, mentre i più fieri avversari della
commedia urlavano in coro il loro sdegno. Anche dal gruppo però di questi
avversari, abbiamo sentito partire un grido spontaneo di «Un applauso per gli
attori!». Quel che ha fatto Dario Niccodemi e la sua compagnia per mettere
in scena degnamente questo lavoro pirandelliano, che presentava difficoltà di
esecuzione quasi insormontabili, è non solo artisticamente perfetto, ma com-
movente per lo slancio con cui questa opera paziente di costruzione di un così
perfetto spettacolo è stata compiuta. È impossibile fare gli elogi dei singoli
attori, perché bisognerebbe nominare tutta la compagnia che ieri sera era tutta
in scena. Diremo solo che Vera Vergani, Almirante, il Magheri hanno superato
le loro possibilità, che erano molte. Dario Niccodemi, dopo il secondo atto, fu
chiamato al proscenio con l’autore, al quale egli aveva prestato un’opera così
intelligente e fraterna. Le dimostrazioni dei plaudenti a Luigi Pirandello, e le
manifestazioni ostili di qualche testardo abitante del «loggione» si rinnovarono
anche sulla pubblica via, e si protrassero a lungo, risvegliando nel silenzio della
notte echi che devono aver sorpreso e spaventato non poco quelli che dormi-
vano il loro sonno meritato nei pressi del Teatro Valle. La commedia questa
sera si replica.
una vigoria d’espressione drammatica che la pone in prima linea tra le attrici
italiane e una così acuta intelligenza della difficile parte assunta che testimonia
in lei un connubio raro sul palcoscenico: tra le vigorie dell’espressione dram-
matica che sembrano quasi istintive tanto appaiono genuine e le facoltà riflesse
della mediazione intelligente sul personaggio che ella incarna. E siamo lietis-
simi che il consenso incondizionato degli spettatori di ieri sera ci conforti in
questa nostra affermazione senza riserve. L’Almirante, nella sua cupa dramma-
ticità, fece del capo dei sei personaggi una autentica creazione, e il Magheri fu
un capocomico di una così schietta naturalezza che toccò il colmo dell’abilità:
seppe vivere una parte che da qualunque altro attore avrebbe corso il rischio
di essere recitata. Bene tutti gli altri, e soprattutto il Cimara negli scatti che in-
terrompevano la monotonia della sua breve parte di solitario, la Frigerio cui si
deve qualche brivido di autentica commozione corso nel pubblico, il Frigerio,
il Turco, la Donadini e la Sampoli. (…)
gli elementi con i quali doveva comporre il giudizio su questa nuovissima ope-
ra di Luigi Pirandello fossero, almeno in parte, estranei alla realtà di essa. (…)
Il pubblico non riusciva a trovare una via di accordo e questo mi è sembrato
perfettamente logico. Quando un autore esce intieramente dai consueti confi-
ni della tecnica, imposti da una tradizione secolare, per asservire il teatro a un
proposito nuovo e cioè a renderlo soltanto lo strumento didascalico di un’idea,
è evidente che il pubblico deve rimanere disorientato. E accanto a coloro che
si appagano del lampeggiare continuo di un mirabile ingegno e a questo con-
sentono ogni bizzarria, ci sono coloro che, amanti di una realtà tradizionale e
intolleranti di vederne sofisticate le linee, senza una ragione profonda di ne-
cessità, si ribellano: così il contrasto si fa violento e accanto a colui che si esalta
nell’applauso, sta vicino colui che reagisce con la protesta violenta. Poiché
stavolta Luigi Pirandello ha voluto esasperare se stesso e il pirandellismo. (…)
Il manifesto di annunzio portava come sottotitolo: commedia da farsi. Non ho
veramente compreso bene perché commedia: avrei meglio capito discorso da
pronunziare, libro da scrivere, dimostrazione da compiere, ma commedia no.
(…) L’esecuzione è stata assolutamente mirabile per armonia di affiatamento e
per efficace comprensione di ciò che l’autore ha desiderato. (…) Vera Vergani
ha saputo rendere il personaggio che interpretava con una vibrante e appassio-
nata verità: non si poteva da questa geniale attrice desiderare una penetrazione
più acuta di ciò che l’autore aveva voluto. E altrettanto deve dirsi di Almirante
che ha creato il suo personaggio in modo superbo. Ottimi furono il Cimara,
lodevolmente sacrificatosi in una particina, il Magheri, il Turco, la Frigerio, la
Donadoni e gli altri. (…)
corona. Bene gli altri fra i quali noto la Frigerio, la Donadoni, il Turco, Cimara
nella brevissima parte, Brizzolari. (…)
del medesimo autore si discosta dalle solite formole della tecnica teatrale: e,
appunto per questo, rimane un po’ ostica a una parte del pubblico. (…) Di
fronte a tanti autori che si cibano pitagoricamente con le cicorie e le lattughe
di un simbolismo parolaio e superficiale, Luigi Pirandello (avrebbe detto il
Guerrazzi) si nutre con la midolla del leone. La interpretazione non poteva
essere migliore di come fu da parte di tutti: mirabili Vera Vergani, Luigi Almi-
rante, il Magheri. (…)
avviso. Esso ha tributato onori quasi trionfali alle prime due parti del lavoro ed
ha seppellito la terza – una stucchevole ripetizione delle altre – sotto un coro
di fischi di cui non sono riusciti ad avere ragione taluni zelatori irriducibili.
Le chiamate sono state in complesso una diecina; sei agli artisti – fra i quali si
sono distinti la Vergani, l’Almirante e il Magheri – e quattro al Pirandello che,
una volta, è comparso alla ribalta insieme con Dario Niccodemi, inscenatore
perfetto. (…)
fatto che quello di iersera non sia stato un successo. E il successo, ne siamo
certi, verrà confermato alle repliche che incominciano stasera. La interpreta-
zione degli artisti fu ottima: specie quella di Vera Vergani, dell’Almirante, del
Magheri. L’autore, insistentemente chiamato, dovette presentarsi varie volte
al proscenio.
–, Ultime teatrali. Una battaglia di pubblico alla prima d’un nuovo lavoro di
Pirandello, «Corriere della Sera», Milano, 10 maggio 1921.
(…) L’originalità dell’impostazione e della presentazione dei tipi e dei loro
contrasti ha appassionato la maggioranza del pubblico, che ha applaudito una-
nimemente il primo atto e si è apprestato col maggior favore a seguire lo svol-
gimento della vicenda. Ma nei due atti seguenti l’azione enunciata al primo
non procede. (…) Una gran parte del pubblico, tuttavia, ha continuato a giu-
dicare degno, oltreché singolare nel suo svolgimento, il tentativo dell’autore
di farlo assistere al retroscena della creazione di una commedia e lo ha voluto
alla ribalta sei o sette volte, fra applausi frenetici: il resto del pubblico, invece,
fischiava non meno freneticamente. (…) Il pubblico è sostato lungamente nel
teatro a discutere e, uscitone, vi è rientrato per riprendere i contrasti delle due
fazioni, come se non una commedia si fosse conclusa ma un comizio.
a preconcetti e a mode intellettuali. Il pubblico delle altre sere, nella sua ap-
parente bonarietà, può essere in realtà il più esigente; e in definitiva, è il suo
giudizio quello che conta. Ora cotesto pubblico ieri ha consacrato con una
schietta approvazione il successo della commedia. (…) La recitazione della
compagnia Niccodemi, che in quest’opera così fuori da tutte le consuetudini
della scena, ci ha dato la misura del proprio valore, è stata altrettanto felice
che nella prima sera. Eccellente, fra tutti, Almirante, il quale disegna con un’a-
spra sofferenza, degna di un vero artista, la figura del «padre». Vera Vergani,
la «figliastra», bellissima nel suo pallore sinistro, gli si contrappone con una
veemenza ammirabile, e Cimara, il «figlio», e la Frigerio «la madre», e gli altri
personaggi muti si compongono misteriosamente intorno a loro. Ottimo per
spontaneità il Magheri nella parte del capocomico, secondato con fresca verità
da tutti i suoi comici. (…)
–, «Il fiore sotto gli occhi» al Valle, «La Tribuna», Roma, 11 maggio 1921.
Domani, nella recita diurna del giovedì, la Compagnia Niccodemi ripren-
derà la fortunata commedia di Fausto Maria Martini, Il fiore sotto gli occhi. (…)
Iersera il pubblico del «Valle» assisté con molta attenzione e vivissimo interesse
alla seconda rappresentazione della nuova commedia di Luigi Pirandello: Sei
personaggi in cerca d’autore. Il pubblico, numerosissimo ed esente da qualsiasi
nervosità, tributò un successo pieno e incontrastato al forte audacissimo lavoro
del Pirandello e fece grandi feste agli interpreti, a Vera Vergani, alla Frigerio,
alla Donadoni, all’Almirante, al Magheri, al Cimara e agli altri tutti (…)
in cerca d’autore mi sembrano degli esseri che non vivono nel nostro mondo,
che non respirano la nostra aria, che non fumano le nostre Macedonia. (…)
Interpretazione eccellente ma prezzi da pescicani. Ottantotto lire un palco!
Ah! Nerone…
gher., Arena del sole, «Sei personaggi in cerca d’autore» di Luigi Pirandello,
«Corriere d’Italia», Roma, 14 agosto 1921.
(…) Il successo di quest’opera è precisamente ciò che per una commedia
fatta sarebbe l’insuccesso: la discussione degli spettatori che diventano alla loro
volta personaggi in cerca di autore o meglio di idee in cerca di espressioni, o
energie in cerca di idee. E fu perfettamente raggiunto. Bisogna però aggiunge-
re che l’interpretazione fu assolutamente superiore. (…) Senza un complesso
di attori come questo (e cito i nomi della Vergani e di Almirante –, che crea-
rono i due personaggi principali – e quelli di Magheri, della Frigerio, di Ci-
mara) difficilmente sarà possibile ottenere questa integrità di risultati. Siamo
di fronte ad una potente esercitazione del pensiero che supera di gran lunga le
realizzazioni raggiunte per questa via anche all’estero: lo stesso Bernard Shaw
che ha, in comune col nostro, molti atteggiamenti dello spirito, risolti però
in terreno etico, e in una funzione di critica contingente, può invidiare allo
scrittore siciliano questo gagliardo sforzo. (…)
sembrerà di conoscere bene, molto bene. (…) Senti questo profumo? Tutto il
retroscena ne è invaso. Sono i fiori che alla fine del secondo atto, trasportati
in palcoscenico, faranno sembrare allo scettico l’attrice una fioraia impazzita
in una sua vetrina immensa. Ne han portati a mazzi, a ceste, a cumuli: li
hanno disposti tutti attorno alla porta del camerino della festeggiata; posati
in terra, sui tavolini e sulle sedie in modo da formare quasi un corridoio di
fiori. (…) E i doni? non avete visto i doni. Venite … sono qui in camerino, su
due larghe guantiere. (…) Sì è proprio una bella serata. C’è stato un applauso
a scena aperta. È durato un minuto, due, tre, cinque minuti. Non finiva più
(…) l’attrice (…) non comprende più nulla in quel vociare pazzo della folla
che applaude, stordita dalle onde dei profumi che la investono, abbacinata
dalla ribalta e dai proiettori, divinamente sperduta tra il viluppo dei fiori. Ma
il sipario non cessa di aprirsi, e il vortice dell’applauso la riattira sconvolta al
proscenio, ancora, ancora, ancora. Va ella incontro all’applauso, incontro al
pubblico, come nessuna amante è mai corsa all’amante, come nessun assetato
è mai corso alla sorgente. (…) Donna, è follemente felice di essere follemente
piaciuta. Si compie il suo destino di grazia e di passione. E tu, spettatore igno-
to, non aver tristi pensieri. Non voler essere logico; godi si questo momento
dominio del solo istinto. Ora tutto è finito. (…) Tace lo spettatore ignoto,
preso dalla melanconia. Ma non ne dice, no, la ragione. Pensa all’attrice che
riposa e alla illusione del suo sogno che si inghirlanda.
gie, poteva darci. E noi siamo lieti che il pubblico (non indaghiamo se più o
meno convinto) abbia decretato al Pirandello un calorosissimo successo. (…)
Bisogna dire che al successo ha contribuito l’interpretazione della Compagnia
Niccodemi, veramente ammirevole da parte di tutti: la Vergani e l’Almirante
hanno recitato in modo degno della lode più calorosa. (…)
Il quale ha avuto una delle maggiori fortune agognate dagli scrittori di teatro:
quella di avere interpeti magnifici negli artisti della Compagnia Niccodemi.
Vera Vergani fu superba nella spasimante parte di «figliastra» e più volte riuscì
a comunicare al pubblico la passione amara erompente dalle sue parole; Luigi
Almirante compose mirabilmente il personaggio del «padre» e tutti gli altri – il
Magheri, il Cimara, il Frigerio, la Donadoni, la Sanipoli – furono ottimi. (…)
notte, con furibonde cazzottature, nei dintorni del Pantheon. A Milano, il suc-
cesso dei Sei personaggi in cerca d’autore è stato pieno e incontrastato. Ragione
per cui abbiamo avuto modo di ammirare in una sola sera due cose veramente
ammirevoli: una commedia originale e in molti tratti stupenda; e un pubblico
che si mostrò degno di ascoltare un’opera d’arte con tutto il rispetto e l’in-
telligenza che si possono richiedere a un pubblico di teatro. Intendiamo dire
qualche cosa di più e di diverso. Poiché con Sei personaggi in cerca d’autore Luigi
Pirandello non ha soltanto per tre atti tenuto aperto il velario sopra un qualsiasi
dramma umano, ma ha messo a nudo, dinanzi agli occhi profani, proprio il se-
greto doloroso dell’arte, il penoso travaglio attraverso il quale l’artista esprime il
proprio mondo del pensiero e dell’immaginazione, e ha confessato, con accenti
profondamente appassionati e veri, per mezzo di figure carnali aventi voce e
anima, il dramma in cui spesso l’opera d’arte è condannata a rimanere una cosa
informe, non espressa, non interamente viva: condannata a morire prima an-
cora di essere nata. Poiché germinano nella fantasia dell’artista le idee per virtù
di quella misteriosa e inebbriante forza che, una volta, in tempi più candidi, si
chiamava inspirazione. (…) Questo scrittore da molto tempo ci ha abituati ad
assistere, nel suo teatro, a così temerarie audacie (proprio d’ordine tecnico) in
confronto delle quali le famose «magie» di alcuni grandi vecchi commediografi
sembrano giochi infantili. Tutti possono ricordare, ad esempio, il primo atto di
Come prima, meglio di prima. Per cui vien fatto di pensare che, rifuggendo dalle
situazioni semplici, e rifiutandosi le più naturali facilitazioni per uscire dalle
situazioni scabrose in cui pone se stesso e i propri personaggi, egli si compiaccia
di creare a bella posta difficoltà sopra difficoltà per il solo gusto di superarle tut-
te una dopo l’altra nei modi più bizzarri e impreveduti. (…) Questo, appunto,
ha compreso il pubblico del Manzoni coronando con replicati applausi la fine
dei Sei personaggi in cerca d’autore, di cui aveva già calorosamente applaudito il
primo e il secondo atto. Luigi Pirandello dovette presentarsi più volte, contro le
proprie abitudini, al proscenio. Gli spettatori videro così, per la prima volta, un
uomo di una certa età, vestito di grigio, dall’aspetto savio e modesto, con una
fronte piuttosto alta e nuda, e una piccola barba grigia a punta, che si inchinava
a ringraziare. Sei personaggi in cerca d’autore ebbe dalla Compagnia di Dario
Niccodemi un’interpretazione straordinariamente vivace, intonata ed espres-
siva. Vera Vergani – la figliastra – con una truccatura d’una evidenza e d’una
verità che non avrebbero potuto essere più crude, seppe essere un personaggio
solo a metà reale: cioè rimanere in quello stato di incompletezza, di irrequietez-
za, di volubilità dolorosa, come voleva l’imperfetta natura di cui l’aveva dotata
l’autore. Sostenne senza un attimo di stanchezza una parte fra le più difficili di
tutto il teatro contemporaneo. Pari al loro compito furono anche l’Almirante
– il padre –, il Cimara – il figlio –, la Frigerio – la madre. Con maggiore vigore
ed efficacia poteva recitare il Magheri, nella sua parte di Capocomico. La com-
media ha avuto nove repliche.
biamo avuta per una indiscrezione, ma da fonte sicura. (…) l’Ars Italica ha
concluso le sue lunghe pratiche con Dario Niccodemi: dimodoché la Nicco-
demi-Vergani-Cimara-Almirante diverrà, dal primo di Quaresima in poi, la
Compagnia del Teatro Argentina, dove farà il centro della sua attività, trat-
tenendovisi almeno per 120 giorni dell’anno, e precisamente nella stagione
primaverile. Dario Niccodemi, in mezzo ai successi milanesi (Sei personaggi in
cerca di autore di Pirandello, che ha ottenuto un trionfo, continua tuttora a
replicarsi con immensa affluenza di pubblico), sta già preparando il suo nuovo
programma. (…)
(pensate un po’ a quel che ci manda la Francia, da alcuni anni a questa parte!)
(…) Tutte le sue creature gli assumono, tra le mani, quell’aspetto di fantocci
che recitano una parte, anzi tante parti in una volta. Di qui deriva quel che
in esse avvertiamo d’ingrato, di scheletrico e d’aspro; e quella sua desolazione
d’umorista atroce, alla quale con tanto stento abbiamo dovuto assuefarci.
be un errore il credere che lutto si riduca al vieto dissidio fra la verità troppo
cruda e le esigenze del teatro. Senza forse che la Figliastra se ne renda conto,
qui si adombra un contrasto ben più profondo e ben più irrimediabile. Non si
tratta del personaggio mal riuscito che chieda conto al suo creatore della defor-
mazione artistica a cui egli lo ha sottoposto. Non è in giuoco il pio Goffredo
che rinfacci al Tasso «Tu mi hai fatto troppo pio», o l’onesto Jago che dica a
Shakespeare «Tu mi hai fatto troppo malvagio», ma sono in gioco piuttosto
quegli stessi personaggi a proposito dei quali l’artista ha rispettato tutti i cano-
ni della poetica tradizionale, compreso il «servetur ad imum. . . . etsi bicon-
stet». È in gioco per esempio, Penelope, che non si vede perfettamente nel
ruolo di quella ventenne fedeltà che le strugge il roseo incarnato del volto;
oppure Nausicaa che sembra dire a Omero: «Sono anche meno ritrosa di
quanto tu mi hai voluto; e quando per desiderio della perfida Atena mi sono
trovata sola in circostanze così singolari con Odisseo, ben altro rossore mi ha
imporporato le guance». È insomma nella passione di quelle sei creature la
passione della vita contro l’arte che fatalmente la trasforma servendosi del
mezzo che un insolente traslato — di cui comprendiamo ora la segreta giusti-
zia! — assimila all’onesto mestiere di Venedico Caccianimico. Ma fino a tanto
che questi sei personaggi si limitano a umorizzare il loro ruolo di contro all’ar-
te che lo interpreta e che lo crea, il loro umorismo è per noi ancora abbastanza
innocente o, almeno, non ci tocca ancora da vicino. Anzi, fino a un certo se-
gno, la nostra realtà di spettatori tende ad allearsi con loro. Senonché, conti-
nuando nella loro missione umoristica, essi – ed è questo il secondo senso
dell’opera – vengono a trovarsi in contrasto non più cogli attori in quanto tali,
ma cogli attori in quanto uomini. In altre parole la realtà fantastica del perso-
naggio si sente in antitesi colla realtà di fatto dell’uomo che lo rappresenta.
L’antitesi qui colpisce anche noi, perché anche la nostra è una realtà di fatto; e
quindi, mentre prima potevano essere coi personaggi, ora siamo risospinti,
come per un giuoco di luci, dalla parte degli attori; anzi la causa di costoro
diventa la nostra. La commedia entra ormai a vele spiegate nella consueta
metafisica pirandelliana: la metafisica del mondo concepito come rappresenta-
zione. La realtà del personaggio è più vera della realtà dell’uomo, perché la
realtà finta della fantasia è più vera della realtà comune della vita. Anzi la vita,
questa trama di scene che ci parevano reali ieri per parerci illusioni domani,
non può avere altra realtà di quella che ci finge la fantasia. Così l’inconsistenza
del vivere umano è tanto più sentita quanto più i sei personaggi gridano la loro
realtà; ed essi la gridano, scandendo con ritmo disperato tutta la segreta passio-
ne del verso che ci pareva così innocuo nella veste in cui ce l’ha tramandata il
teatro antico: «Haec res agetur nobis, vobis fabula». Ma non si accontentano di
gridare; danno le prove. La realtà di fatto ha dei limiti relativi nell’assenza e un
limite assoluto nella morte; la realtà fantastica s’infischia di questi confini. Dei
sei personaggi, uno, la Figliastra, è ancora in casa, anche dopo aver preso il
volo; e due, la Bambina e il Giovinetto, partecipano all’azione anche dopo
morti. E se un altro morto, il secondo amico della Madre, non è lì, ciò è sol-
tanto perché la sua presenza non ha nulla di reale nel dramma; anzi, egli colla
sua assenza definisce negativamente la sua stessa realtà, e contribuisce a defini-
re negativamente la realtà della Madre. Come non bastasse questa sopravviven-
280 Sarah Zappulla Muscarà
za alla lontananza e alla morte, la realtà fantastica conosce il prodigio della fe-
condità; e infatti da essa nasce quella Madama Pace che Pirandello non ha rea-
lizzato e che le sue creature sono riuscite a realizzare. La metafisica pirandellia-
na trionfa, perché la realtà fantastica tanto stravince che la realtà di fatto si
perde, o almeno si smarrisce, dubita di se stessa. E quando rintrona dietro gli
alberi il colpo di rivoltella, a cui fa eco il grido straziante della Madre, gli attori
perdono la testa; gli uni affermano che il Giovinetto è morto, gli altri urlano alla
finzione sì che il capo-comico non sa più che pesci pigliare. E il pubblico con
lui. Per quanto vulnerata sia già in questo secondo senso della commedia la
concezione della vita umana, questa non è che una preparazione a un’altra più
atroce. Poiché quelle sei creature, continuando la loro missione umoristica,
non si sentono più reali degli uomini soltanto per il semplice fatto di essere
personaggi, ma anche per essere quei certi personaggi e non altri: quei perso-
naggi insomma che portano in se stessi quel certo dramma e non un altro, che
è poi il dramma consueto del mondo pirandelliano. In virtù di questo dramma
che essi vivono e che noi riviviamo, il personaggio, per un nuovo gioco di luci,
non è ora per noi altro che un uomo che differisce dagli altri uomini solo per-
ché ha assunto, per determinate circostanze, caratteri fissi. Da una parte e
dall’altra di fronte alla nostra illusione di spettatori, siamo ora dunque nella
vita, nella nostra stessa vita, in questa eterna rappresentazione la quale eterna-
mente oscilla fra la commedia e la tragedia. O è commedia, e allora non con-
clude; o conclude e allora è tragedia. Se l’uomo resta nella prima, è semplice-
mente un uomo, maschera vestita che passa; se entra nella seconda, è un perso-
naggio, maschera nuda che resta. L’unico mezzo per noi dunque di trasformar-
ci d’inconclusi in conclusi, d’irreali in reali è quello di prendere la nostra umani-
tà. Questo è il terzo e ultimo senso, il più riposto e il più amaro dell’opera. Per
una forza occulta che al Padre appare come il dèmone dell’esperimento le nostre
sei creature sono uscite dalla commedia e sono entrate nella tragedia. Tutte
hanno visto qualche cosa non dovevano vedere, hanno toccato una maschera
che non dovevano toccare, e la visione le ha irrigidite. Sono tutti in certo modo
diventati estranei l’uno all’altro, e d’altra parte non si possono distaccare l’uno
dall’altro, perché tutti insieme si vedono vivere in quell’attimo eterno, in cui per
loro si è trasformato l’attimo fuggente di questa nostra vita mortale. Che dire di
questa commedia? Più lui di così Pirandello non poteva essere. Mai forse ci è
apparsa così giovine, così inesausta l’audacia delle sue invenzioni; mai forse,
come qui, scintilla l’arguzia della sua disincantata melanconia, i consueti pregi
dell’arte pirandelliana raggiungono qui un’efficacia inconsueta. Quello stesso
senso della loro realtà che i sei personaggi infondono negli attori, tanto che la
Figliastra suscita le comiche gelosie della prima attrice, finisce col turbare anche
il pubblico, e il brivido dell’infinita vanità dei destini umani non resta nel
dramma come materia inerte, ma si trasfonde in noi per quel tanto almeno di
cui quest’arte è capace. Ancora una volta e meglio delle altre volte Pirandello ha
risolto il problema da cui dipende il successo del suo teatro; egli ha vinto col
suo magistero il suo pubblico facendogli accettare la sua spietata Weltanschaung,
o almeno facendogliene dimenticare le origini. E, se nell’opera d’arte non si
cercasse che l’espressione del processo spirituale dell’artista, la critica non
avrebbe altro compito che prender atto del pregio di questa commedia e cercar-
“Divina inarrivata inarrivabile Vera” e la Compagnia di Dario Niccodemi 281
le il suo posto. E si potrebbe dire che questi Sei personaggi in cerca di autore
mentre in un certo senso continuano ampliandolo ed inasprendolo il motivo
che fino ad ora trovava la sua miglior espressione in Così è (se vi pare), in un
senso più largo riassumono vittoriosamente tutti i motivi del teatro e del rac-
conto pirandelliano. Purtroppo non basta che l’opera d’arte esprima l’umanità
(o l’inumanità) dell’artista; occorre ch’essa esprima la nostra umanità, o almeno
l’umanità del tempo a cui l’opera appartiene. Occorre insomma che l’opera
risponda non all’ethos dello scrittore, ma al nostro ethos: o meglio occorre che
tra l’ethos dello scrittore e il nostro non ci sia dissidio. Che nell’opera di Piran-
dello un tale dissidio ci sia, ho già cercato di dimostrare parlandone a lungo in
questa stessa rassegna; e già anche ho cercato di dimostrare che per giungere a
noi quest’arte deve smentire il suo ethos. Né mancano in questa commedia
esempi di una siffatta smentita, commozioni improvvise di personaggi come
dimentichi della Erstarrung a cui dovrebbero essere condannati! Il padre stesso,
il più pirandelliano dei sei, esce dal suo ruolo quando esclama: «Ciascuno ha in
sé la propria realtà che va rispettata in Dio, anche quando sia nociva a noi».
Queste parole infatti nel mondo pirandelliano hanno un senso molto ambi-
guo, o addirittura non hanno senso alcuno, poiché un’etica che non ammette
nessun bene oggettivo, non ha diritto di farvi ricorso quando le fa comodo. In
un mondo in cui gli stessi morti hanno l’unica realtà che loro danno i vivi, Dio
non può avere altra realtà all’infuori di quella che gli danno gli uomini. Ma
sono appunto queste contraddizioni che giovano per liberare l’arte pirandellia-
na; e io stesso ne ho più volte cercate. Senonché chi farà la storia della lettera-
tura contemporanea non potrà tenerne conto che con molta cautela; e ci sarà
sempre il pericolo ch’esse riescano tutt’al più a dimostrare ciò che quest’arte
poteva essere e non è stata. Presa per ciò che effettivamente è, più essa si arric-
chisce di nuovi contributi, e più sembra discostarsi dal compito che abbiamo
diritto di esigere dalla poesia: la rappresentazione dello spirito. II nichilismo di
Pirandello non ci fa dimenticare abbastanza il verismo, di cui non si sa dire se
sia il presupposto o la conseguenza ed è forse l’uno e l’altra insieme. Quelle
forze che ci apparivano disperatamente statiche in Verga non sono affatto di-
ventate dinamiche, come potrebbe parere, in Pirandello; si sono soltanto tra-
sposte dal di fuori al di dentro, ma sono ancora incerte. L’uomo di Pirandello
non si libera, come non si libera l’uomo di Verga. Il mondo di Pirandello soc-
combe curvato sotto il peso dei suoi stessi egoismi, come soccombe il mondo
di Verga, il piccolo mondo di Mastro Don Gesualdo, folgorato sotto i cieli dell’i-
sola tragica. Entrambe queste arti servono alla loro materia, anziché comandar-
le. Importa poco se l’uomo di Pirandello sia schiavo del determinismo psichi-
co, mentre quello di Verga è schiavo del determinismo storico-sociale. Metafi-
sica idealistica o materialistica, Hegel o Comte, fa lo stesso. Quando un’arte
non si emancipa abbastanza da una metafisica chiusa, quando essa dà un senso
alla sue creature prima che esse se lo conquistino da sole, essa è destinata a ve-
dere solo da lungi la terra promessa. Niente giova tanto a farci capire la tragedia
di questo realismo pessimistico quanto il confronto con quello della letteratura
russa annunziato da Gogol’ e già definitivamente conchiuso nei Karamázov.
Già in altra occasione ho affermato che la crudeltà con cui Pirandello incide
l’anima dei suoi poveri eroi ricorda la mano di Dostoevskij. Ma mentre Piran-
282 Sarah Zappulla Muscarà
dello va in fondo per andare in fondo, con una bravura di cui del resto siamo
disposti a riconoscergli il segreto, e sa già e ci fa già sapere ch’egli non potrà
trovare altro che una conferma delle negazioni che sono in lui e in lui solo;
Dostoevskij, in tutte le sue abbiezioni, ch’egli discopre scendendo sempre più
in giù negli abissi, vede offesa ma non mai sopraffatta l’idea ch’egli porta seco
e che noi abbiamo nel cuore: perché mai quelle tenebre riescono a offuscar
questa luce. Nel secondo c’è sempre il male che si libera; nel primo non c’è che
il male che si descrive. Così questo mondo pirandelliano in cui lo spirito è tutto,
manca di spiritualità. Quelle antitesi, quelle inversioni nelle tavole dei valori
tradizionali che il mirabile ingegno di Pirandello discopre sempre più nuove,
sempre più insolenti, non escono mai da se stesse, conchiuse come in un gioco
crudele. Manca in questo mondo il sorriso superiore dell’umorismo che ricom-
pone ciò che prima ha disfatto, quel sorriso che, per esempio, nel mondo man-
zoniano ci appare come l’arcana espressione del divino che assolve le contrad-
dizioni della vita. Così quell’arte, così assoluta in astratto, soffre per mancanza
d’assoluto. Per questo essa sbocca fatalmente in quella che in senso largo si può
chiamar decadenza; ed è lì che bisogna collocarla, fra le varie esperienze, per cui
è passato lo spirito italiano nell’ultimo Ottocento. Tra le varie avventure – che
oggi ci sembrano così lontane appunto perché erano semplici avventure, in cui
lo spirito italiano non si è mai sentito interamente espresso – accanto, per
esempio, al verismo asimbolico di Verga, all’estetismo furente di D’Annunzio,
all’impressionismo crepuscolare di Pascoli bisognerà fare un posto anche alla
poesia nichilista, che in tutte quelle esperienze è inchiusa e che tutte le inchiu-
de. In essa troverà il suo significato anche l’arte di Pirandello. Ma insieme al
bene, a cui questa deve la vita, converrà mettere in evidenza anche il male, di
cui essa muore. E questo forse potrà esprimersi con una sola parola. Quest’arte
soffre dello stesso male di cui soffrono i suoi eroi. Si vede vivere.
più – una attrice degna, già oggi, di nobile fama?Non fosse che per questo e ol-
tre ogni aforisma ipercritico come, però, oltre ogni colpevole indulgenza verso
vanesi e mediocri, noi mettiamo la serata di ieri fra quelle che segnano una data.
Le ovazioni del pubblico – furono quindici le chiamate! – non vennero affievo-
lite dai dissidenti. Del resto, fischi e, dopo, cazzotti, significano che, nei pochi
e nei molti, ritorna la facoltà di pensare e di parteggiare; vale a dire di vivere.
fusione c’è stata mirabile. Vera Vergani trovò gli accenti più strani e più vibranti
per esprimere la parte della figliastra; l’Almirante nella figura del padre creò un
misto di grottesco e di umano efficacissimi; brava assai la Donadoni; il Cimara
stilizzò una figura di figlio suggestiva; e ricorderò ancora la Frigerio, il Magheri
e tutte le altre parti. (…) All’uscita le discussioni infinite. Corse anche qualche
cazzotto; ma i cazzotti letterari, non fanno male. Chi urlava al capolavoro e
che Pirandello è l’uomo più geniale dell’Europa; chi diceva tutto il contrario.
Memorabile serata, e di una vivacità insolita. (…)
–, Arte e Artisti. «Sei personaggi in cerca di autore». Tre atti di Luigi Pirandello
al «Margherita», «Il Caffaro», Genova, 13 dicembre 1921.
(…) Quest’opera, che sconvolge con audace impeto le forme tradizionali e
manca francamente di rispetto a consuetudini di teatro cristallizzate negli au-
tori, negli attori e nel pubblico, è grido di umana disperazione che si sprigiona
dal buio per perdersi nel nulla. (…) Questi tre atti sono (…) una singolare
tragedia, quale soltanto uno scrittore dell’epoca nostra ammalata d’indagine
sottile, di tormento indefinibile, d’incontentabilità cronica ed assillante poteva
scrivere. Non è teatro questo: o, meglio, non è teatro di persone e di cose,
inteso nel senso convenzionale – rappresentativo e riconoscibile per connotati
e per contorni esatti – è lo specchio annebbiato dell’incerto, del contradditto-
rio, dell’inespresso, del tragico, del quotidiano in eterna attesa della sua stessa
rivelazione, posto innanzi ai nostri occhi con mezzi e con procedimento uguali
al suo contenuto. (…) L’interpretazione fu superba. Nulla mancò nel mera-
viglioso concerto di voci e d’atteggiamenti e tutto fu detto in modo perfetto.
Vera Vergani fu una grande attrice. L’aggettivo è da parte mia insolito, ma io
non esito a scriverlo, perché ne ho la piena coscienza. Essa trovò accenti tanto
profondi di odio, di strazio, di accanita perdizione da provocare in noi uno
stato d’animo non obliabile. Di Luigi Almirante dirò che questa sua personi-
ficazione lo pone in primissima linea tra gli attori nostri e che dimostra in lui
una maturità e un’altezza d’arte più che rare. L’angoscia dell’inesprimibile fu
da lui non riprodotta, ma vissuta terribilmente. Come potrei fargli migliore
elogio?Ebbene, se potessi, glielo farei. Molto furono lodati il Magheri nella
parte di capocomico, interpretata con efficace vivezza, ed il Cimara. Tra gli altri
ricorderò la Frigerio, la Sanipoli e il Brizzolari. (…)
ristiche ed un suo fare spigliato assai comunicativo. Bene ancora il Cimara, che
deve solo delineare il tipo, ed ha poco da dire, e tutto il complesso. Insomma il
teatro italiano è veramente oggi arricchito di una compagnia che era nel nostro
sogno e che Dario Niccodemi ha realizzato compiutamente. (…)
Bibliografia essenziale
Dario Niccodemi, Diario, Archivio Niccodemi, custodito da Carla e Antonio
Durbè.
Luigi Pirandello, Nell’arte e nella vita. Vignette e scene, «Il Momento», Torino,
1 giugno 1905 (ora in Sarah Zappulla Muscarà, Pirandello in guanti gialli
(con scritti sconosciuti o rari e mai raccolti in volume), Caltanissetta-Roma,
Salvatore Sciascia editore, 1983; 2ª ed. aggiornata, 1988).
Luigi Pirandello, Illustratori, attori e traduttori, «Nuova Antologia», Firenze,
16 gennaio 1908 (poi in Arte e Scienza, Roma, W. Modes Libraio-Editore,
1908).
Decio Buffoni, Vera Vergani, Milano, Modernissima, 1923.
Maria Monvel, Una hija de Pirandello en Chile, “Zig-Zag”, Santiago de Chile,
septiembre 1924.
Dario Niccodemi, Tempo passato, Milano, Treves, 1929.
Orio Vergani, L’ora dei “Sei personaggi”, “Corriere della Sera”, Milano, 15 di-
cembre 1936.
Henri-René Lenormand, Les Pitoëff. Souvenir, Paris, Lientien, 1943.
Orio Vergani, Luigi Pirandello, “Corriere della Sera”, Milano, 11 dicembre
1946.
Antonio Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi, 1954.
Lucio Ridenti, Sei personaggi in cerca d’autore, “Dramma”, Torino, n. 284,
maggio 1960.
Lucio Ridenti, Addio a Luigi Almirante, “Dramma”, Torino, n. 320, maggio
1963.
Luigi Almirante, I “Sei personaggi”, in AA. VV. , Atti del Congresso internazio-
nale di studi pirandelliani, Firenze, Le Monnier, 1967.
Robert Paris, L’Italia fuori d’Italia, in Dall’Unità a oggi, Torino, Einaudi, 1975,
vol. IV.
Guido Lopez, Eugenio Levi, critico e moralista, in Scritti in memoria di Umberto
Nahon, a cura di Giorgio Romano, Gerusalemme, 1978-’79.
Luigi Pirandello–Nino Martoglio, Carteggio inedito, a cura di Sarah Zappulla
Muscarà, Milano, Pan, 1979; 2ª ed. , Catania, C. U. E. C. M. , 1985.
Luigi Pirandello, Carteggi inediti (con Ojetti, Albertini, Orvieto, Novaro, De
Gubernatis, De Filippo), a cura di Sarah Zappulla Muscarà, Roma, Bulzo-
ni, 1980.
Alessandro d’Amico e Alessandro Tinterri, Pirandello capocomico, Palermo,
Sellerio, 1987.
Gabriel Cacho Millet, Pirandello in Argentina, Palermo, Novecento, 1987.
Ferdinando Taviani, “Sei personaggi”: due interviste in una al primo Padre, “Te-
atro e storia”, Bologna, a. VII, n. 2, ottobre 1992 (intervista di Luigi Al-
mirante rilasciata ad Alessandro d’Amico e a Fernaldo Di Giammatteo).
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, a cura di Guido Davico Bo-
nino, Torino, Einaudi, 1993.
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, in ID. , Maschere nude, a cura
di Alessandro d’Amico, Milano, Mondadori, 1993, vol. II.
Luigi Pirandello, Lettere a Lietta, a cura di Maria Luisa Aguirre d’Amico, Mi-
lano, Mondadori, 1999.
292 Sarah Zappulla Muscarà
1
Cfr. A. Bentoglio, «Sei personaggi in cerca d’autore» di Pirandello per Giorgio
De Lullo, Pisa, ETS, 2007.
294 Anton Giulio Mancino
2
Cfr. G. Deleuze, Différence et répétition, Presses Universitaries de France, Pari-
gi 1968, tr. it., Differenza e ripetizione, Milano, Raffaello Cortina, 1997.
Il piccolo schermo dei Sei personaggi... 295
3
Cfr. C. G. Jung, Synchronizität als ein Prinzip akausaler Zusammenhänge
(1952), tr. it. La sincronicità, Torino, Bollati Boringhieri, 1980, p. 32.
4
Cfr. G. Galli, Le coincidenze significative. Da Lovecraft a Jung, da Mussolini a
Moro la sincronicità e la politica, Torino, Lindau, 2010.
Il piccolo schermo dei Sei personaggi... 297
si può quindi dare per acquisito il fatto che la “soggettiva” non ha nien-
te della macchina da presa restata fuori quadro, e poco della soggetti-
vità, poiché nulla si apprende degli stati d’animo del personaggio. Una
cosa tuttavia è sicura: non si può dire che l’inquadratura “soggettiva”
annulli il personaggio. La descrizione tradizionale di questo dispositivo
ci insegna almeno questo: quando c’è un raccordo sullo sguardo fuori
campo così che la macchina da presa gli si sostituisca nella seconda
inquadratura, prendendone il posto essa non si limita a renderlo invisi-
bile: essa lo riduce al suo sguardo, che rimane così nel campo il solo ele-
mento della sua presenza nel quinto segmento percettibile - per non dire
visibile. In questa seconda inquadratura di raccordo, può accadere che
non ci sia niente che segnali propriamente la presenza della macchina
da presa e che la soggettività attribuita dipenda solo dal raccordo con
l’inquadratura precedente.
È pure possibile che la seconda inquadratura presenti parametri vi-
sivi, marche percettibili che ne indicano lo statuto soggettivo. […] La
5
M. Vernet, Figures de l’absence. De l’invisible au cinéma Le figure dell’assenza.
L’invisibile al cinema, Parigi, Cahiers du Cinéma-Editions de l’Étoile, 1988, tr. it.
Figure dell’assenza. L’invisibile al cinema, Torino, Kaplan, 2008, pp. 34-35.
298 Anton Giulio Mancino
6
Ivi, p. 36.
Il piccolo schermo dei Sei personaggi... 299
8
Cfr. A. G. Mancino, La dismissione dell’uomo contemporaneo, «Cineforum», n.
530, dicembre 2013, pp. 20-23.
Il piccolo schermo dei Sei personaggi... 301