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Indice:

1. Sull'autore
1.1. Note biografiche 2
1.2. Poetica compositiva 3

2. Sul repertorio
2.1. Le percussioni, i percussionisti, i percussiologi 5
2.2. Comme une Opera Fabuleux e Uno e Trino 6

3. Trama
3.1. Note editoriali e struttura dell'opera 9
3.2. Analisi 10
3.3. Commento 14

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1. Sull'autore

1.1. Note biografiche

Giorgio Battistelli nasce nel 1953 ad Albano Laziale. Si avvicina alla musica suonando il
violino, poi il clarinetto, il contrabbasso, il pianoforte e infine le percussioni. Si diploma in
composizione nel 1978 con Giancarlo Bizzi al Conservatorio “Alfredo Casella” dell’Aquila,
studiando storia ed estetica della musica sotto la guida di Claudio Annibaldi.
Nel 1972 fonda con alcuni amici il gruppo di improvvisazione “Edgard Varèse” e
l’ensemble strumentale “Beat ’72″. Nel 1975 frequenta a Colonia i seminari di
composizione di Karlheinz Stockhausen e Mauricio Kagel. Nel 1978-1979 segue a Parigi i
corsi di tecnica e interpretazione di teatro musicale contemporaneo tenuti da Jean Pierre
Drouet e Gaston Sylvestre.
Si impone sulla scena internazionale con Experimentum mundi, una ”opera di musica
immaginistica”, (così da lui stesso definita) nella quale vengono portati sul palcoscenico
tutti i suoni del lavoro artigiano italiano. Rappresentata centinaia di volte nel mondo con
attori quali Bruno Ganz e Philippe Leroy., si configura come il punto di partenza di una
carriera che lo affermerà come uno dei più interessanti compositori della sua generazione.
In quegli anni seguiranno opere come Aphrodite, monodramma in costumi
antichi successivamente interpretato da Vladimir Luxuria; Jules Verne, portato sulla scena
internazionale dal trio “Le Cercle”, con la regia di Michael Londsdale; Kemplers Traum,
opera realizzata con Studio Azzurro e interpretata da Moni Ovadia; Le combat d’Hector et
d’Achille, per due musici oratori; Globe Theatre, balletto su coreografie di Virgilio
Sieni; Anarca, commissione dell’Orchestra Nazionale della Rai di Roma.
Dal 1986 è pubblicato da Casa Ricordi. Nel 1990 vince il premio SIAE per la lirica,
nel 1993 riceve il premio “Cervo” per la musica contemporanea. Si intensifica la
produzione teatrale: titoli significativi sono Teorema, coproduzione del Maggio Musicale
Fiorentino e della Biennale di Monaco, poi ripresa al Teatro dell’Opera di Roma con la
regia di Luca Ronconi; Frau Frankenstein, commissionato dall’Ensemble Modern; Prova
d’orchestra, commissione dell’Opéra National du Rhin di Strasburgo, diretta tra gli altri da
Zoltán Pesk.
In questo periodo comincia anche la fortunata attività da organizzatore teatrale e manager
dello spettacolo. È direttore artistico dell'Orchestra della Toscana, della Società Aquilana
dei Concerti e dell’Accademia Filarmonica Romana. È composer-in-residence all’Opera di
Anversa nel 2005-2006, direttore artistico della Biennale Musica di Venezia nel
periodo 2004-2007 e della Fondazione Arena di Verona nella stagione 2006-2007.
Nel 2009 vince l’ “Herald Angel Award”, premio assegnato dalla critica musicale scozzese
per Experimentum Mundi. Il 2010 è l’anno di Sconcerto, interpretato da Toni Servillo in una

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tournée che ha superato le 40 date, opera su testo di Franco Marcoaldi. Nel 2011 il suo
inno I-150, per i 150 dell'unità d'italia viene eseguito a Fabriano dall’Orchestra Filarmonica
Marchigiana e da 20 musicisti di strada extracomunitari. Nel 2013 Battistelli ha intrapreso
la lavorazione di Lot, la sua opera su soggetto biblico commissionata dall’Hannover
Staatsoper dove debutterà nel 2016. Nel 2017 Prova d’orchestra dal Teatro Münster,
Orchestra sinfonica di Münster, sotto la direzione di Fabrizio Ventura. La lista potrebbe
continuare a oltranza.
Da gennaio 2020 è Direttore Artistico del Festival Puccini di Torre del Lago, a tal proposito
dirà in un'intervista rilasciata a Tgmusic.it: “I teatri e le orchestre devono essere luoghi
non solo di manufatti artistici, ma trasformatori e produttori di pensiero. Oggi si è ridotto
tutto a una forma di mercificazione e consumismo che ci ha reso ostaggio dei numeri e
dell’impossibile ricerca del pareggio di bilancio. A Torre del Lago siamo riusciti a
coinvolgere gli artisti e soprattutto i registi in questo “pensiero nuovo”, ad assoggettare le
opere a dei vincoli diventati elementi scenografici o naturali. La parola chiave è stata
“flessibilità”, che non significa adattarsi alla situazione contingente penalizzando la
qualità, ma avere la capacità di trasformare gli elementi a disposizione, secondo un
meccanismo di fascinazione e di bellezza”.

1.2. Poetica e forma compositiva

È difficile inquadrare in modo esaustivo lo stile compositivo di Battistelli, soprattutto in un


mondo in cui è ancora più difficile inquadrare il significato del termine contemporaneo e in
cui il ruolo artistico-sociale della musica colta è sfuggente e tutt'altro che ben definito.
Sicuramente stiamo parlando di un autore contemporaneo, non solo nel senso che egli è
vivo e attivo, ma soprattutto per il fatto che è un compositore sempre in ascolto del suo
tempo, nonostante una carriera più che quarantennale. Ciò sottintende chiaramente una
evoluzione artistica che si muove parallelamente ai cambiamenti del contesto. Si è distinto
negli anni per la sua sensibilità al contemporaneo: con la sua musica riesce a interpretare il
presente e compenetrarlo in maniera creativa, senza mai scadere in cliché, stereotipi o
forzature. Senza neanche mai cedere alle pressioni o alle esigenze che molti presunti
“teorici” della Nuova Musica millantano, infatti non rifiuta la tonalità né la godibilità
estetica.
Si caratterizza l'immagine di un autore il cui processo creativo, il cui lavoro è in continua
ricerca ed evoluzione; un compositore che non teme il più audace tentativo di
sperimentazione, rimanendo però sempre fedele alla propria indipendenza e personalità,
tenendosi lontano da epigoni d'ogni sorta.
In un'intervista afferma: “È evidente però che il lavoro di un compositore è stare
continuamente in ascolto del proprio tempo, porre attenzione a quello che accade al di
fuori di se stesso, non deve essere un ascolto autoreferenziale. La tecnica è importante ma

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a volte può diventare la seduzione di un cristallo… e l’esperienza dove la mettiamo?
Talvolta viene penalizzata, invece l’emozione è importante, è un aspetto che esula dalla
tecnica”.
Altre caratteristiche che balzano subito all'occhio se si analizza l'opera omnia di Battistelli
sono l'attenzione al teatro musicale e la spiccata propensione per l'elemento gestuale.
Sfogliando il catalogo si notano svariate composizioni legate al teatro, che vengono
vagamente definite come “opera di teatro musicale”, “monodramma”, “balletto” o
“concerto scenico”. L'interesse per l'arte scenica e drammaturgica si insinua in modo
preponderante anche nelle sue composizioni puramente strumentali. La musica, in questi
casi, rispecchia la logica dell'azione teatrale: ogni elemento sonoro, che sia una cellula
ritmica o un motivo intervallare, che sia una sezione orchestrale o un singolo strumento,
diventa un “personaggio” scenico che agisce, subisce, si trasforma. Questa dialettica
musico-teatrale converte la figura del compositore in regista, quella dell'esecutore in
attore/performer.
Questo processo si potrebbe tradurre nel concetto di forma, altro termine dal significato
sfuggente e mutevole, ma basilare e imprescindibile per l'autore: potremmo dire,
semplificando, che Battistelli applica, in una certa misura, la forma del teatro alla musica, in
particolare alla musica per percussioni. Seppur questa non sia una novità assoluta (certi
lavori di Cage potrebbero venire interpretati nella stessa direzione) pochi nel panorama
italiano e internazionale sono riusciti a farlo in modo così convincente. È proprio il
concetto di forma, forse, a essere il motore compositivo di un autore, o forse dovrebbe
esserlo; sicuramente per questo autore è la ricerca di nuove forme (per tornare al discorso
del primo paragrafo), più che di nuovi materiali sonori, il compito ineluttabile del
compositore contemporaneo. La tensione dialettica tra una forma accuratamente costruita
e un intuito musicale reattivo è il requisito fondamentale affinché la musica abbia un vero
e proprio “respiro” vitale.
In molte interviste appare evidente come Battistelli sia convinto del primato del pensiero,
non solo musicale, ma anche e soprattutto filosofico, all'interno del suo processo
compositivo. A partire dal titolo, fino al più apparentemente insignificante dettaglio, ogni
sua partitura sottintende una fitta trama simbolica, che viene di fatto solo vagamente
suggerita all'ascoltatore. Proprio per la natura drammaturgica dei suoi lavori, anche
questa “trama” (non a caso è il titolo dell'opera che tratterò nel capitolo 3) ha una natura
misteriosa, soggetta ai cambiamenti che il tempo scenico le impone, ma soggetta anche alla
sensibilità del pubblico e di ogni esecutore; tuttavia rimane chiara nella mente dell'autore,
che la conserva come un privatissimo patrimonio compositivo, non un pretesto per
descrittivismi o per “poemi sinfonici” di ogni sorta.
Un'opera musicale, intesa in senso lato, non è un saggio filosofico, né una teoria scientifica:
non è quindi necessario cogliere il significato o l'idea originale per l'esegesi della
composizione. L'importante è invece provocare una reazione nell'ascoltatore, scuoterlo, “lo
scopo è quello di inquietare, non nel senso negativo ma letterale, di smuovere la quiete,
creare movimento laddove non c’era”. È attraverso queste valutazioni che il compositore

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in questione crea il suo rapporto col pubblico, diventando imprevedibile e impenetrabile;
suscitando domande, più che dando risposte.
In questa tesi mi occuperò principalmente dei lavori per strumenti a percussione, in
particolare di Trama, composto nel 2001.

2. Sul repertorio

2.1. Le percussioni, i percussionisti, i percussiologi

Le percussioni hanno una ruolo fondamentale nella musica strumentale di Battistelli. Basta
scorrere il catalogo delle opere cameristiche: gli strumenti a percussione sono onnipresenti
in qualsivoglia formazione cameristica; oltre a esserci un'abbondanza di brani per uno o
più percussionisti solisti. Questo dato di fatto credo sia dovuto a due motivi: il primo è che
l'autore ha mosso i primi passi nella musica attraverso questi strumenti, e anzi si è fatto
conoscere al mondo come percussionista ancor prima che come compositore; il secondo è
che la seconda metà del Novecento è stato un laboratorio dove le potenzialità dell'organico
percussivo sono state uno dei principali oggetti di indagine.
Nel 1984 Battistelli fa pubblicare il libro La Mano del Suono, un vero e proprio manuale,
destinato a compositori e percussionisti, che tratta delle tecniche di intervento sull'oggetto
percussivo, in parte convenzionali e in parte di sua invenzione. È un catalogo di strumenti
(103 in totale, oggi chiaramente incompleto, dati i quasi quarant'anni dalla pubblicazione e
le innumerevoli novità tecniche) che vorrebbe essere utile agli autori emergenti per
sensibilizzarli alla molteplicità e alle potenzialmente infinite possibilità compositive delle
percussioni.
Nell'introduzione si tratteggia la figura del percussionista, di come sia mutata nel XX
secolo e, in modo molto spietato, si accusano questi musicisti, in particolar modo quelli
orchestrali e reduci di un insegnamento accademico, di pressapochismo, inettitudine e
completa impotenza di fronte alla nuova musica. Egli scrive: “La frustazione di essere
considerato un semplice “suonatore di grancassa”, di essere visto come suonatore di uno
strumento in fondo semplice e istintivo con un posto marginale nella grande tradizione
musicale, ha fatto sì che il percussionista si adagiasse pigramente, pietrificando qualsiasi
curiosità intellettuale. […] Il percussionista-orchestrale si è armato della più sprezzante

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arroganza, una qualità che non manca mai di accompagnarsi all'ignoranza, e di esse si fa
una difesa, mentre poi si trascura del tutto un attento lavoro di aggiornamento; il lavoro
didattico si riduce nel trasmettere una tecnica da “mestierante” (alcune volte neanche
questo) affidandosi a un pressapochismo in qualsiasi situazione musicale. […] Come per
una necessità di sublimare lo strumento percussivo e dimostrarne la complessità, il
percussionista si abbandona ad una ipertrofia strumentale, non funzionale, che nella
maggior parte dei casi lo conduce alla totale impotenza”.
Per ovviare a questo problema, si propone la figura del percussiologo: “la figura del
percussiologo è quella di un artista cosciente del proprio potere d'intervento; egli ha una
maggiore predisposizione rispetto ad altri nello scrutare l'oggetto sonoro, creando
raffinatissime situazioni timbriche”.
In sintesi, i percussionisti sono musicisti viziati da una prassi esecutiva che mai si è
preoccupata di sondare ed esplorare le effettive potenzialità dei loro strumenti, si sono
rifugiati nell'autoreferenzialità del vuoto virtuosismo, rifiutando acriticamente un
repertorio diverso da quello classico-sinfonico.
Battistelli avrà certamente avuto esperienze non edificanti con questa categoria di
musicisti per arrivare ad affermazioni tanto spietate e pessimistiche; tuttavia non si può
negare (e parlo da percussionista) che ci sia del vero in ciò che dice. I percussionisti sono,
generalmente parlando, disinteressati alla musica contemporanea, paradossalmente
l'unica musica nella storia che, sempre nel contesto classico, li vede assumere il ruolo di
protagonisti. Imputa loro anche una disattenzione alla ricerca del suono e una
dimenticanza imperdonabile: la natura tattile dello strumento: “l'arte e la carnalità del
toccare è privilegio assoluto della mano. Solo l'intelligenza della mano riesce a comunicare
attraverso una gamma infinita di pressioni e di tipologie del toccare. Solo la mano riesce a
capire la fragilità e la resistenza di un oggetto appena sfiorato”.
Il primato della mano significa un suono percussivo emancipato dalla tradizione e dalla
sicura prassi orchestrale; rinato in una concezione viscerale, spirituale e quasi tribale.
Ritorna il tema del capitolo 1.2: nel percorso compositivo dell'autore la musica per
percussioni si traduce in una dimensione gestuale e visiva; quindi teatrale.

2.2. Comme une Opera Fabuleux e Uno e Trino

In questo capitolo, ho selezionato due brani che mi sembrano significativi, alla luce di
quanto già è stato detto, per tracciare un disegno dello stile compositivo di Battistelli nella
musica solistica per percussioni. Chiaramente, essendo il catalogo vasto, molto altro si
potrebbe aggiungere: queste due opere, più una terza che tratterò nel terzo capitolo, sono
una triade che rappresenta un buon “biglietto da visita”.
Il primo, in ordine cronologico, è Comme un Opera Fabuleux, pubblicata nel 1979.

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L'organico prevede:
• marimba 4,3 ott.;
• 5 temple blocks (blocchi di plastica cavi all'interno, hanno una fessura frontale che
conferisce maggiore suono);
• 5 piatti sospesi;
• 2 bongos;
• tom-tom basso;
• almglocken (volgarmente detto anche cow bell, è letteralmente il campanaccio che
le mucche tengono al collo);
• guiro.

L'inizio è un confluire di note lunghe (che nelle percussioni significa rullate) dei piatti
sospesi e della marimba, che si mescolano fra loro. Nella finzione scenica l'organico che
compone il brano è un drappello di strumenti a percussione vecchi e polverosi, abbandonati in
una cantina, e compito dell'esecutore è mettere in risonanza questi strumenti, ridando loro
vita attraverso il sapiente uso della mano. È chiaro che questo brano sia un preludio de La
Mano del Suono, vediamo infatti nel concreto e nella pratica cosa intenda Battistelli per
sapiente uso della mano, concetto introdotto nel capitolo 2.1.
Dopo la prima parte, infatti, al percussionista verrà chiesto di suonare con le mani, prassi
abbastanza inconsueta per l'epoca, chiaramente a seconda dello strumento sarà richiesta
una tecnica diversa e una ricerca attenta sulla situazione timbrica che si vuole creare. Per
quanto riguarda il tom-tom, un effetto particolare, quasi di glissato, è segnato sulla
partitura; nella prassi esecutiva, l'effetto si produce suonando lo strumento con il gomito
ben puntato sulla pelle, facendo poi pressione verso il basso: la diversa tensione a cui viene
sottoposta la membrana produce un glissato decrescente. I piatti sospesi vengono sfiorati
energicamente con i polpastrelli delle dita, un movimento simile a quello richiesto per
produrre un suono staccato sul tasto di un pianoforte; glissati su tutta la tastiera della
marimba si ottengono strisciando delicatamente la punta dell'unghia o grattando con la
mano, se si vuole un suono più forte. È necessaria una reattiva coordinazione dei
movimenti per prendere e lasciare le bacchette, senza compromettere il flusso del brano,
dato che a seconda dei casi, all'interprete sarà richiesto di suonare con una, due, tre,
quattro o zero bacchette.
In un programma di sala a proposito di Comme un Opera Fabuleux, Battistelli scrive:
“improvvisamente, nel cuore di una notte, gli strumenti cominciano a risuonare,
dialogando tra loro stessi. Un gesto di orgoglio e di autodeterminazione, speranza di poter
tornare a vivere da protagonisti nei teatri, messi in vibrazione “dalla sapiente mano”. C’è
chi percuote, ed è il percussionista dalla mano dionisiaca, c’è invece chi riesce a imprimere
una profondità musicale differente anche su piatti, tamburi o sonagli, da cantastorie dei
suoni. Strumenti che hanno memoria della mano apollinea di chi sa come amarli, e “come

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in un’opera favolosa” invocano una nuova figura di performer: il percussiologo. Unico
protagonista di questa partitura minima”. A questo punto è chiara e palese la poetica
percussionistica del compositore, per quanto non ancora comprensiva dei suoi futuri anni
di carriera.
Il secondo brano di particolare interesse è Uno e Trino, composto l'anno dopo, 1975, ma che
vede la luce solo nel 1990. Qui abbiamo un organico molto più ridotto:
• Marimba 4,3 ott.;
• Vibrafono;
• Glockenspiel.

Essendo tutti e tre strumenti a suono determinati, e non dotati di membrana, il discorso
puramente percussivo viene meno in questo caso, ed è per questo che ho ritenuto
opportuno inserirlo. Non manca comunque la presenza della mano come protagonista
della creazione sonora.
Il compositore va oltre la semplice indicazione della strumentazione, stavolta interviene
anche sulla disposizione di questa; portatrice di un forte significato simbolico. Le tre
tastiere formano un triangolo dentro cui l'interprete sarà “intrappolato”; marimba
vibrafono e glockenspiel diventano parte dell'esecutore, il cui compito è suonare questi
strumenti come fossero protesi dei suoi arti. Il brano, tecnicamente parlando, non è per
niente difficile: varie bacchette vengono utilizzate, quattro per marimba, tre per vibrafono,
una dura per glockenspiel (solitamente di legno o vetro acrilico); anche i qui vanno
studiati i cambi di bacchette: devono essere rapidi e fluidi per non compromettere
l'esecuzione.
Il brano è costruito sulla forma ABCC, con B suonata a mani nude. La sezione A presenta
varie caratteristiche della musica interventistica: più o meno brevi frammenti di note o
accordi si intromettono prepotentemente nel discorso musicale, senza una causa
apparente. La sezione B è caratterizzata da cascate di note suonate con le mani, col metodo
indicato prima. Nella sezione C l'esecutore riprende in mano le bacchette, e questa volta la
musica presenta una scrittura molto ritmica e nervosa. L'aspetto interessante delle sezioni
che compongono il brano è che per eseguirle, l'interprete dovrà girare su se stesso,
contorcendosi ripetutamente, a seconda che la partitura gli o le chieda di suonare su una
tastiera piuttosto che l'altra. Secondo Battistelli, il musicista, ai fini di una buona
interpretazione, dovrà riuscire a uscire dal triangolo attraversando la materia degli
strumenti; una magia che si compie solo abbandonando il semplice ruolo di musicista, e
abbracciando quello di performer, assimilando quindi gli elementi ritmici e sonori e
metabolizzarli come se avvenissero all'interni del proprio corpo.

https://www.youtube.com/watch?v=uS7QF0CqnFM di Zachary Webb

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3. Trama

3.1. Note editoriali e struttura dell'opera

Composto nel 2001, Trama è ad oggi l'ultimo lavoro per percussione sola di Giorgio
Battistelli, e rappresenta il sunto del genere nella poetica dell'autore.
Organico e strumentazione:
effetti (da prestigiatore):
• libro magico (libro diviso in tre sezioni, nella prima delle immagini colorate, nella
seconda le stessa immagini ma in bianco e nero, nella terza pagine bianche);
• carta lampo (speciale carta che se si infiamma istantaneamente, senza lasciare
traccia);
• sweet flash (nastri di carta molto lungi e traslucidi, simili alle stelle filanti o ai nastri
per pacchi da regalo);
voce:
• bocca chiusa;
• inspirare;
• espirare;
• labbra mute;
• mormorio;
• bisbigliato;
• colpo di tosse;
• schiocco di lingua;
• risatina a bocca semichiusa;
strumenti:
• Thai-gong in Sib;
• Tam-tam grave (il tam-tam differisce dal gong proprio perché non produce una
nota definita);
• Sabar (tamburo con origini nell'Africa occidentale, nella musica tradizionale viene
suonato con una mano e una bacchetta);

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• 2 bongos;
• djembè (tamburo più diffuso in Africa, ne esistono di varie forme e dimensioni, per
l'esecuzione del brano se ne raccomanda uno baritonale);
• grancassa sinfonica.

3.2. Analisi

In pieno stile drammaturgico, la partitura è completata da didascalie di carattere scenico


ed esecutivo. La prima che leggiamo recita L'interprete entra in scena ed inizia a leggere in
silenzio, in questa fase il pubblico non vede il contenuto del libro. Durante la lettura si
accompagnano dei motivi ritmici eseguiti con la voce, con in sottofondo un'inesorabile
pulsazione: il dito indice che articola il primo ottavo di ogni quarto.

Nel momento in cui il libro magico viene riposto, si aggiunge lo djembè a dare sonorità
alla pulsazione, la parte vocale si fa più ritmica, più riconoscibile; dopo un crescendo delle
percussioni, un colpo di tosse e un sospiro di stupore, di inquietudine, arriviamo alla
prima corona, segnata dal suono del thai-gong, lasciato vibrare in fade out. Il Sib del gong
è un elemento ricorrente nella prima parte del brano, che idealmente va dall'inizio a
battuta 24, rappresenta un passaggio di scena e si presenta a intervalli di tempo sempre
minori.
Nella sospensione del tempo scandita dalle quattro corone l'esecutore mostrerà al pubblico
il contenuto del libro magico: alla seconda corona sfoglierà le pagine colorate, alla terza
quelle in bianco e nero, alla quarta le pagine bianche. È interessante la didascalia presente
nella prima corona: [l'interprete] prende il libro magico in mano con una espressione di grande

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meraviglia. Dopo qualche istante appoggia il libro sul sabar.

Il libro magico, quindi, è un oggetto alieno, sconosciuto, con cui il protagonista ha provato
a relazionarsi sin da quando è entrato in scena (con esso in mano, appunto); dopo aver
scoperto qualcosa di mostruoso al suo interno ne è spaventato, inquieto. Esso è anche il
motore all'azione: dopo aver condiviso il contenuto del libro con il pubblico, questo esce di
scena e non comparirà mai più; l'effetto della carta lampo infuocata a battuta 25 dà inizio
al secondo atto del brano, che si potrebbe interpretare come un tentativo di
emancipazione, e che viene generato dalla presenza del libro nell'atto precedente.

Durante tutta la seconda parte l'uso della voce non diventa uno strumento solamente
effettistico o rumoristico, all'interprete viene anche chiesto più volte di scandire delle

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sillabe, talvolta delle parole o espressioni intere come “nervoso”, “si calmi” e, ovviamente,
“trama”. Chiaramente ciò avviene su un telaio ritmico ben preciso, che ne trasfigura il
significato; le parole acquistano importanza non solo per il loro senso, ma anche per la loro
qualità sonora. È compito del performer trovare l'intonazione vocale adatta a sottolineare e
limare questo aspetto.

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https://www.youtube.com/watch?v=v_BLMgbQSH0 di Antonio Caggiano

https://www.youtube.com/watch?v=kSZKPF98z3U di Stanislas Pili

Nella prima interpretazione, Caggiano, a cui l'opera è dedicata, ha un approccio molto


scenografico. È presente anche un montaggio ed editing video, per quanto minimale, utile
a sottolineare i cambi di scena (musicale) durante l'esecuzione. La sua Trama è frenetica,
grezza, e non per forza è un lato negativo, anzi, la natura energica, a tratti sgraziata
dell'esecuzione le conferisce un'anima “industrial” che ben si sposa con lo spirito del
brano. Da notare come il filtro del video segua le tre fasi del libro magico: colore, bianco e
nero, bianco; aggiungendo un filtro nero che fa da nota di volta per tornare indietro:
bianco, bianco e nero, colore. L'effetto dello sdoppiamento della persona che lentamente si
ricompone può essere interpretato quasi alla lettera: cioè come un tentativo del
protagonista di ricomporsi, appunto, dopo essere stato distrutto dal contenuto del libro,
quale che sia.
Nella prima parte di questo brano il compositore specifica l'utilizzo delle mani per
percuotere; dopo poi non specifica che tipo di bacchette usare. È facoltà dell'interprete
scegliere che tipo e quante bacchette utilizzare durante l'escuzione. Mentre Caggiano fa
una scelta più conservatrice e utilizza delle semplici bacchette dure per timpani, sempre la
prima scelta quando si affronta un brano di multipercussione; Pili fa una ricerca sonora
più precisa, continua a usare le mani fino al cambio di tempo, cioè battuta 10 della quinta
pagina; poi impiega delle spazzole per cajon, bacchette molto inconsuete, simili a dei
grovigli di fieno legati assieme. Queste danno al suono un'anima più tagliente, dando una
sensazione di swing al tocco: nonostante il tempo continui a rimanere stabile, l'intreccio
ritmico diventa più groove. A battuta 10 di pagina 8 c'è un secondo cambio di bacchette,
dopo le cellule che scandiscono la parola “si calmi” e un rallentando; vengono scelte delle
bacchette da timpani di feltro medio dure, simili a quelle di Caggiano, avremo quindi un
suono più scuro e tondo; rimarranno fino alla fine del brano.
Quello che appare subito straordinario dell'esecuzione di Pili è la sua precisione nella
creazione sonora; sembra di vedere incarnate le parole di Battistelli quando parla, ne La
Mano Del Suono di “un artista cosciente del proprio potere d'intervento”. Basti vedere il
modo in cui ogni suono, nella prima parte, viene perfettamente limato e particolareggiato:
se suonare con i polpastrelli, le unghie, il palmo, il pollice, l'intero avambraccio o se
stoppare o meno la pelle, e se farlo in che misura farlo... una serie infinita di accorgimenti
che fanno la differenza tra un'esecuzione buona e una magistrale. Forse ancor più efficace
è la sua presenza scenica, le espressioni del volto sono penetranti: sembra di avere davanti
un attore professionista; la sua esagerazione in certe scelte teatrali attribuisce, talvolta, una
dimensione comica alla performance, cosa che, che fossa voluta o meno, non contrasta e
funziona perfettamente col resto dell'opera.

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3.3. Commento

La natura rapsodica della materia musicale e l'apparente follia che traspare dalla voce del
protagonista nel corso dell'opera ci suggeriscono un tumultuoso percorso di liberazione
dai contenuti misteriosi del libro; potremmo quasi definirla come una catarsi che sfocia in
un finale di pazzia pura, di urla e di caos, e poi, dopo l'effetto dello sweet flash e un colpo
di tam-tam in più che fortissimo, di silenzio. Il protagonista ce l'ha fatta? O è morto nel
tentativo? Sta al pubblico deciderlo.

Chiaramente questa è solo una delle decine di interpretazioni possibili, ed è più o meno
quello che ho pensato io quando ho suonato questo brano. La maturità compositiva di
Giorgio Battistelli sta proprio nel conferire alla sua musica una malleabilità interpretativa
dai confini larghissimi, rimanendo però concreto e rigido nella scrittura musicale, e
conferendole anzi una struttura formale molto ben definita. Sarà compito del performer
dare identità ai vari elementi di questa struttura; collegarli l'un l'altro in una
contrapposizione dialettica che generi una sintesi coerente.
Il punto dell'intera opera, potremmo dire, è quella di creare una storia, una narrazione,
una Trama che attraversi e che dia significato ai singoli elementi, sia musicali, sia scenici. A
questo punto sarebbe riduttivo definire l'opera soltanto un brano musicale, esso è a tutti
gli effetti considerabile un monologo teatrale, con suoni ed effetti al posto di parole, e
strumenti musicali al posto di scenografie; ma la logica è la stessa: elementi narrativi che
trasformano i personaggi e generano un'azione scenica.

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