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Robert O.

Gjerdingen

nello

o sia saggio su vari schemi caratteriHici della


musica settecentesca per la corte, le cappelle
& i teatri, comprendente passi di musiche raffinate
compoHe dai migliori maestri di cappella
in servizio presso nobili ed
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Edizione italiana a cura di
GIOR ~GIO SANGUINETTI

uesto libro ha dato il via a un radicale ripensamen-


to aei fondamenti stessi dell'analisi musicale, e insie-
me a un rinnovamento delle categorie adeguate per
una storiografia musicale del diciottesimo secolo.

Casa __ ditrice Astrolabio


«Adagio»
COLLA A DI TUDI . U ICALI

·•·obert O. çjerdingen

nello

o sia saggio su vari schemi caratteriHici della


musica .settecentesca per la corte, le cappelle
& i teatri, comprendente passi di musiche gradevoli
compofle dai migliori maestri di cappella
in servizio presso nobili ed
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emznentt personaggz

Edizione italiana a cura di


GIORGIO ~ . A GUI · ETTI

ROMA
ASTROLABIO
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978 -88-340-173 5-7

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9 788834 017357
<(ADAGIO»
Collana di studi musicali

LA MUSICA
NELLO STILE GALANTE
di
RoBERT O. GJERDINGEN

Titolo originale dell'opera


MUSIC IN THE GALANT STYLE
(Oxford U niversity Press, Oxford, New York)

Traduzione di
MARCO GIUSTINI

© 2007, Oxford University Press, Inc., New York


© 2017, Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma
www .astrolabio-ubaldini.com
«ADAGIO»
COLLANA DI STUDI MUSICALI

Robert O. G;.erdingen

nello

Edizione italiana
a cura di
GIORGIO SANGUINETTI

ROMA
ASTROLABIO
MMXVII
A tutti coloro che,
come Mary in Orgoglio e pregiudizio,
hanno passato un pomeriggio
"immersi nello studio
del basso numerato
e della natura umana".
Prefazione all'edizione italiana
di Giorgio Sanguinetti

n titolo di questo libro, pur rispecchiandone perfettamente il contenuto, è po-


tenzialmente fuorviante. Leggendolo, si potrebbe pensare che riguardi soltan-
to una porzione eli repertorio tutto sommato modesta e marginale, cioè quello
"stile galante" che, nei manuali di storia della musica, fa da cuscinetto tra i due
giganti del Settecento musicale: il tardo barocco di Bach e Handel da una par-
te, e lo stile classico di Haydn e Mozart dall' altra. Una trentina d 'anni a dir
molto, tra il 1730 e il 176o; un periodo di transizione se mai ve ne fu uno, oltre-
tutto in coabitazione con altri stili quali l' emp/indsamer e con scomodi perso-
naggi come Domenico Scarlatti. Caratterizzato da melodie levigate e insipide,
ritmi uniformi, armonia elementare e scrittura strumentale adeguata alle scarse
possibilità dei dilettanti (il famoso basso albertino), lo stile galante è tradizio-
nalmente visto come poco più di un incubatore di alcuni tratti del futuro stile
classico. Trascurabile l'oggetto, dunque trascurabile il libro che ne parla. Inve-
ce questo libro ha dato il via a un radicale ripensamento dei fondamenti stessi
dell'analisi musicale che, al volgere .del nuovo millennio, si trova davanti a pro-
spettive che sino a pochi anni prima erano difficilmente ipotizzabili.
Fino a poco tempo fa, la 1nusic theory nord-americana, separatasi dalla
musicologia storica alla fine degli anni '70 del secolo scorso e da allora forte-
mente radicata nel mondo accadetnico, era l'unica disciplina di questo gene-
re realmente innovativa, mentre in Europa gli studi di teoria e analisi musica-
le tendevano a riproporre (con poche eccezioni) idee e m etodi che avevano
acquistato la loro fisionomia attuale gia verso la fine dell'Ottocento. La music
theory era dominata da un gruppo ristretto di metodologie che nella seconda
metà del Novecento si erano andate sviluppando a imitazion e delle scienze
"dure", ma che affondavano le loro radici nella cultura dell'idealismo tedesco
del secolo precedente.
A partire dagli anni '90 l'analisi musicale divenne frequente b ersaglio di cri-
tiche da parte della cosiddetta new musicology. Tra le molte accuse rivolte ai
teorici c'era quella relativa al close reading, cioè l'abitudine a esaminare in gran-
de dettaglio la struttura interna dell'opera musicale, prestando poco o nulla at-
tenzione al contesto culturale, sociale e politico in cui e per cui tale opera era
nata. Un'altra critica riguardava la "miopia presentista", cioe la distanza crono-
logica e culturale tra la musica oggetto di studio e i metodi analitici impiegati. 1
1 Sul primo punto la guerra era stata aperta della polemica tra Allen Forte e Richard
Taruskln riguardante la Sagra della primavera. Richard Taruskin, ccLetter to the editor", Mu
8 La ?nusica nello stile gal-ante

Si invocava una maggior integrazione tra oggetto e metodo, ma divenne presto


evidente che la ricerca di un metodo analitico derivato da testi coevi alla .musi-
ca esaminata non era destinato a portare buoni risultati, almeno non nell'ambi-
to della musica del Settecento (si pensi al caso della "forma-sonata", un termi-
ne assente dagli scritti dei teorici coevi a Haydn , Mozart e Beethoven). L'idea
di "analisi storicamente orientata " suscitava dubbi anche di carattere epistemo-
logico: <'Se uno studioso dovesse derivare il suo metodo analitico direttamente
dalla stessa epoca, dallo stesso luogo, perfino dalla stessa persona dalla quale
era nata l'opera sotto esame, il risultato rispetto al passato sarebbe solo una ri-
creazione o, meglio, un'invenzione" .2 L'uscita dal diletnma tra (( miopia presen-
tista " e "ingenuità storicista" era già stata vista da Thomas Christensen (sulla
scorta di Gadamer) nell'interpretazione del testo basata su un dialogo tra l'in -
terprete e il testo, un dialogo che deve aver luogo in un insieme di relazioni dia-
croniche che costituiscono la tradizione. Attraverso la tradizione, definita come
"la consapevolezza delle condizioni storiche che governano la nostra attuale
comprensione'' , noi possiamo arrivare a un'intepretazione dinamica (in quando
mutevole rispetto al nostro "orizzonte di aspettative") del testo.>
Per quanto riguarda almeno una consistente parte della musica prodotta nel
corso del diciottesimo secolo, questa tradizione sembra essere stata recuperata
in un recente approccio teorico che, però, ha avuto come conseguenza la sfida
a quelli che erano considerati i pilastri dell'analisi musicale: i concetti di unità
e coerenza, di autorialità e la stessa idea di autonomia dell'opera d'arte musica-
le. Questa nuova teoria (ancora senza un nome condiviso) si sta sviluppando
dal lavoro di diversi studiosi, con diversissimi retroterra culturali, e in diverse
parti del mondo. Nel 2007, l'anno in cui uscì il libro di Gjerdingen, la teoria
venne ufficialmente presentata al pubblico durante il Sesto Convegno Europeo
di Analisi musicale (EuroMac VI) a Friburgo in Germania, che dedicò un'inte-
ra sessione a un oggetto che aveva molti nomi e molte diverse sfaccettature:
Satzmodelle, schemata, partitur, partimento. Tutti questi nomi indicano solo
una parte del tutto, che include anche formule cadenzali, modelli di accompa-
gnamento della scala (la Regola dell'Ottava), i "moti del basso", modelli di
contrappunto invertibile e altro ancora.
Il punto di parten za di questa teoria, che potremmo provvisoriamente
chiamare "teoria degli esemplari" ,4 è questo: durante il diciottesimo secolo un

sic Analysis, 5/2-3 (1986) pp. 313-20; e Allen Forte, "Letter to the Editor in Reply to Richard
Taruskin from Allen Forte" , Music Analysis, 5/ 2-3 (1986) pp. 321-37.
2 Christopher Hatch e Davi d W. Bernstein, {'Introduction , , in: Christopher Hatch e

David W. Bernstein (a cura di), Music Th eory and the exploration o/ the past, The University
of Chicago Press, Chicago 1993, p. 4·
3 Thomas Christensen, "Music Theory and its Histories" in M usic Theory and the Explo-
ration of the Past, pp. 9-40.
4 Il nome rlli è stato proposto da Gjerdingen durante il Convegno annuale della Society
of Music Theory a Saint Louis (Missouri), nel novembre 2015.
Prefazione all'edtzione italiana 9

vasto , ma non enorn1e, numero di modelli pre-compositivi, paragonabili a


blocchi di costruzioni, era coscientemente impiegato da praticamente tutti i
com posi tori, e molti di questi modelli (da Gjerdingen chiamati "schemi") so-
no stati trasn1essi alle generazioni successive. Sottolineo ''coscientemente''
perché i giovani compositori venivano addestrati a praticare questi n1odelli,
specialn1ente in Italia; ~tuttavia, tali .m odelli non hanno lasciato quasi tracce
nei trattati, che sono stati finora l'unica fonte su cui si è basata la ricerca sulla
storia delle teorie musicali. Al contrario, tali n1odelli (o schemi) abbondano,
nella loro forma più pura e riconoscibile, nelle raccolte manoscritte di esercizi
di composizione- partimenti, regole per accompagnare il basso, esercizi di
contrappunto, solfeggi - che a migliaia si trovano nelle biblioteche musicali di
tutta Europa. 5 Accennerò qui ad alcuni aspetti di questo cambiamento eli pro-
spettiva tra quelli che mi sembrano più -significativi.

Lo stile galante

Uno dei presupposti di questo libro è una completa revisione della storia mu-
sicale del diciottesimo secolo. Come già accennato sopra, la storiografia tradi-
zionale, qui esemplificata col diffuso manuale di Don al dJ. Grout Storia della
musica in occidente, considera il Settecento diviso in due blocchi, convenzio-
nalmente divisi dall'anno 1750: la prima metà e occupata dalla piena maturità
dello stile barocco, la seconda dallo stile classico. Ma siccome i cambiamenti
epocali non avvengono da un giorno all'altro, lo stile classico viene fatto pre-
cedere da un periodo preparatorio detto '' preclassico", che inizia verso il 1720
e consiste in due stili: uno detto rococò o anche galante, coltivato soprattutto
in Francia, e l'altro detto espressivo o emp/indsam, coltivato in Germania. ''li
rococò o stile galant .. .era elegante, scherzoso, naturale, brillante, raffinato e
ornato ... Il rococò è il decorativistno barocco senza la sua grandeur" .6 Lo sti-
le galante, liquidato in tre pagine (ma arricchito dall'inclusione nientemeno
che di Domenico Scarlatti) , lascia finalmente il posto allo stile classico e alla
descrizione del suo marchio di fabbrica: la forma-sonata, con il quale la storia,
finalmente, riprende spinta e interesse
....
.
Ha senso questa suddivisione? E davvero esistito questo profondo iato che
separa le due metà del secolo in uno stile barocco e uno stile classico? O piut-
tosto è esistito un elemento di continuita che si estende attraverso tutto il seco-
lo e che costituisce il sottofondo dei due stili? Gjerdlngen adotta una visione
che tiene conto in primo luogo di quello che gli stessi protagonisti della storia
musicale del Settecento pensavano. I termini ((barocco" e "classico" non erano
5 L'appendice s del presente Ubro è stata la prima introduzione teorica allo studio dei par-
timenti a essere pubblicata in lingua inglese prima della monografia di chi scrive: The Art o/
Partùnento. Histor·y) Theory and Practice (New York, O xford University Press, 20r2).
6 Donald]. Grout Storia della rnusica in occidente, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 459·
l O LA tnusica nello stile galante
l

conosciuti dai protagonisti della musica del Settecento, almeno non nel signifi-
cato che noi ne dian1o oggi: essi, piuttosto, utilizzavano il termine "galante".
Questa nuova concezione storiografica, già iniziata da Leonard Ratner col suo
libro Classic Musz·c 7 e poi proseguita da Daniel H eartz,8 viene sostanziata da
Gjerdingen da contenuti musicali. La sua posizione, già espressa in precedenti
pubblicazioni, è che "un tratto distintivo dello stile galante consisteva in un
particolare repertorio di frasi musicali standardizzate da usare in determinate
successioni convenzionali, .9 A tali frasi standardizzate Gjerdingen attribuisce
'
il nom e di "schemi". E la presenza degli schemi, dunque, a costituire il con-
trassegno dello stile galante, e non le caratteristiche di eleganza, scherzosità,
naturalezza, brillantezza, raffinatezza e ornamentazione di cui parlava Grout:
che pure esistono nello stile galante, ma che non ne sono la parte essenziale.
Una delle conseguenze di questa nuova concezione è l'estensione dello stile ga-
lante, che ora abbraccia il Settecento dagli anni '20 sino alla fine, e si estende
con notevoli propaggini perfino nell'Ottocento.
N ell'identificare gli schemi Gjerdingen almeno in parte smette l'abito dello
storicista per inforcare gli occhiali da miope del presentista. A parte alcuni
schemi, che si trovano già descritti in un trattato di un poco noto teorico del
Settecento, Joseph Riepel, lO la maggior parte di loro è classificata per la prima
volta da Gjerdingen; altri sono stati proposti dopo l'uscita del libro da altri stu-
diosi. Tutti però sono validati dalla loro costante presenza nella prassi compo-
sitiva e didattica del Settecento, come dimostra il frequentissimo apparire degli
scherni galanti nella prassi del partimento.

I l canone e la prospettiva storica

Nonostante la tn,usicologia storica da decenni consideri la storia della musica


europea come espressione delle sue diverse culture, storie e tradizioni, quan-
do si viene ad analizzare la musica il canone austro-germanico continua a do-
minare. La musica italiana del Sette e Ottocento, in particolare, è quasi esclu-
sa dal novero dei capolavori rnusicali degni di essere studiati e analizzati. Co-
me ha scritto William Rothstein in un recente saggio analitico su Bellini, "la
1nusic theory nord-americana è stata fondata sull'estetica del romanticismo te-
desco e sulle sue ranuficazioni viennesi del prin1o Novecento" .1 1 L'esclusione
7 L. G. Ratner, Classic Music. Expression, Form) and Style, N ew York, Schirmer, 1980.
8 D aniel H eartz, Music in the European Capitals: The Galant Style, 1720-1780. New York:
Norton, 2003.
9 Questo libro, p. 2r.
1
o Joseph Riepel, An/angsgriinde zur musikalùchen S.etzkunst. Siimlitcbe Schrt/ten zur
Musr:ktheorie, a cura di Tboroas Emmerig, Vienna: Bohlau, 1996.
11 Willian1 Rothstein Tona l Structures in Bellinz', C(J ournal of Music Theo ry ', 56/ 2 (2or2)
225-283: 225.
Prefazione all'edizione z'talt'ana 11

della musica italiana dalle frequentazioni abituali dei teorici ha avuto conse-
guente pesanti, quali la mancata identificazione, o l'errata attribuzione, di tec-
niche compositive che sono state sviluppate da italiani e da loro fatte conosce-
re ai loro colleghi. Nelljbro di Gjerdingen troviamo esempi e analisi di n1usi-
cisti i cui nomi suonano esotici alle orecchie dei teorici, quali gli italiani Giu-
seppe Aprile, Emanuele Barbella, Luigi Boccherini, Giovanni Bononcini, Pa-
squale Cafaro, Carlo Cotumacci, i francesi L'Abbé Le Fils> Pierre Gaviniés 7

Jean-Marie Leclair, n1a anche tedeschi italianizzati come il u caro sassone" Jo- (

hann Adolf Hasse. Con questo Gjerdingen non intende certo ribaltare il ca-
none, né detronizzare Mozart sostituendolo con Baldassarre Galuppi, ma
vuole dirci che, se vogliamo comprendere Mozart, dobbiamo comprendere la
tradizione nella quale la sua musica è fiorita anche da un punto di vista tecni-
co-musicale e non soltanto storico e sociale. Spetta dunque ai teorici con1pie-
re quel passo che i musicologi hanno già da tempo compiuto, e iniziare a stu-
diare la musica di Mozart (e degli altri autori appartenenti al canone) nel con-

testo appropriato.

Organicismo

Fino all'inizio degli anni novanta del secolo scorso, l'analisi musicale era un
esercizio il cui scopo risiedeva principalmente nel dimostrare la cosiddetta
"unità organica" di un capolavoro scelto, owiamente, nel canone austro-ger-
manico. T al e unità, o coerenza organica veniva poi dimostrata con dispendio
di terminologia scientifica o para-scientifica, con una particolare enfasi sulla
parola "struttura". Giustamente sono state evidenziate le origini della ricerca
dell' organicità nella cultura romantica tedesca, anche se le radici più remote
di quest'idea provengono dall'antichità classica e hanno pe.rmeato la cultura
europea ben prima di Herder: non è quindi il caso di liquidare l'idea di coe-
renza nella musica con leggerezza, quasi una fissazione senza fondamento dei
teorici. E tuttavia, negli ultimi anni sta emergendo una visione della prassi
compositiva del Settecento che, pur senza negarla, tnette in discussione l'idea
di coerenza e unita in modo radicale. L'idea cioè che la parola (composizio-
ne" presa nel suo significato letterale, come cum ponere, descriva esattan1ente
il sisten1a di produzione della musica del Settecento, e anche di una parte si-
gnificativa dell'Ottocento. "Comporre" vuol dire dunque ''mettere insieme"
materiali pre-esistenti: questi "blocchi da costruzione '' avevano provenienze e
origini diverse, ma erano accomunati dall 'essere privi di vincolo autoriale, e
dunque di dominio pubblico. Il presente libro esplora una categoria di questi
blocchi, che l'autore chiama "schemi galanti" . Altre categorie di blocchi da
costruzione sono i modelli desunti dalla tradizione del partimento italiano (ai
quali è dedicata un'appendice) e quelli che la nuova musicologia di lingua te-
desca chiama Satzmodelle.
12 La musica nello stile galante

Autorialità

Essere consapevoli della presenza di materiali preesistenti in un repertorio si-


gnifica sottoporre il concetto di autorialità a una drastica revisione. Influenzati
dal pensiero romantico che poneva come valori assoluti l'originalità e unicità
dell'opera d'arte, noi tendiamo a considerare con sospetto i casi di somiglianze
tra composizioni diverse, specie se di diversi autori. Davanti a evidenti somi-
glianze tendiatno a parlare di '(influenze" nei casi più benevoli, o di ((impresti-
ti" , fino a parlare di vero e proprio plagio. In altre parole, se osserviamo nell' au-
tore A (piu recente) degli elementi presenti nella musica di un autore B (più an-
tico) supponiamo automaticamente che A abbia preso da B. Difficilmente pren-
diamo in considerazione l'idea che entrambi possano aver attinto a un reperto-
rio di blocchi da costruzione C che pre-esiste a entrambi, anche perché finora
molti di tali blocchi erano senza nome.
La crescente consapevolezza della pervasività dei "blocchi da costruzione"
musicali nella musica del Settecento pone una significativa sfida al concetto
idealistico di autorialità. Cosa resta dell'idea di opera musicale, con i suoi con-
notati di unicità e coerenza organica, quando tanti pezzi di musica condividono
medesimi elementi compositivi, sebbene applicati con vari gradi di abilità e
(fortunatamente) con diversi risultati artistici? E che ne resta dell' autorialità
quando, come nel caso della Napoli nel Settecento, una forte, durevole tradizio-
ne sovra-individuale ha portato molti cornpositori a scrivere lavori così simili
che i musicologi devono analizzare la mano dei copisti per distinguere un lavo-
ro di Pergolesi da uno di Durante? Naturaln1ente, nessuno vuoi negare che, per
esempio, l'Allemanda della suite francese in Do minore di Bach sia un pezzo
dotato di forte coerenza e individualità, né tantomeno che sia una manifestazio-
ne della mente creativa di Bach. Eppure, questo pezzo e interamente cotnposto
con gli stessi eletnenti costruttivi che sono stati usati da generazioni di colnposi-
tori prima e dopo di Bach, che operavano esattamente nello stesso modo.

Prospettive di ricerca

Negli ultimi anni molte cose sono cambiate nel panorama della music theory.
Per restare nell' a1nbito della teoria della musica tona le, al declino delle teorie
organiciste non ha corrisposto soltanto l'emergere dell'interesse per la teoria de-
gli esemplari, ma anche un inatteso ritorno di interesse per la Formenlehre. Al-
lo stesso tempo, sta sempre più emergendo la consapevolezza che il divorzio tra
la musicologia storica e la music theory, consumatosi alla fine degli anni '7o, ab-
bia raggiunto la fase in cui iniziano a farsi sentire più gli effetti dannosi che
quelli benefici. Inoltre, è i.tnpressionante l'incremento, in termini quantitativi
ma soprattutto qualitativi, degli studi di teoria e analisi musicale al di fuori de-
gli Stati Uniti, e in particolare in Europa e in Russia. il secondo, affollatissimo
Pre/azz.one all' edizt.one italiana 13

convegno della neonata società russa di analisi m.usicale, tenuto al conservatorio


di Mosca lo scorso settembre, ha testimoniato il grande interesse dei musicisti
russi per la nuova music theory, in cui accanto alle discipline classiche quali
l'analisi schenkeriana trovano posto la nuova Formenlehre, i partimenti, e la teo-
ria degli schemi. 12 Quest'ultima, poi, viene attualmente portata avanti in paral-
lelo da studiosi americani ed europei, ed e questa la prin1a volta che succede. o
Rispetto al passato recente, il panorama futuro dell'analisi musicale sarà dun-
que caratterizzato da una maggiore varietà metodologica, da una più stretta vi-
cinanza con la musicologia storica, da una crescente integrazione con gli aspet-
ti performativi quali l'improvvisazione, e dall'ampliamento del canone. Non
meno importante sarà il crescente contributo di tradizioni e culture che negli
ultimi decenni erano rimaste un po' ai margini dello sviluppo della music theo-
ry, ma che sembrano destinate a cambiare radicalmente il profilo della discipli-
na negli anni a venire. Di questi cambiamenti il presente libro è stato uno dei
principali artefici.

12 Il convegno Schools an d directions in music scholarship, per/or?nance an d composition, si


è tenuto a Mosca, presso il conservatorio Cajkovskij d al 26 al 29 settembre 2015.
13 Sulla teoria degli esemplari sono finora usciti i seguen ti numeri speciali di riviste musi-
cologiche: Robert Gjerdingen (a cura di), Partimenti uJournal of Music Theory" 5rh (2007) ;
((Zeitschrift der Gesellschaft fi.ir Musiktheorie" 4/ t-2 (2007) (sui Satz1nodelle); ~' Music
Theory and Analysis" 1/ r-2 (2014) (sugli schemi); Gaetano Stella (a cura di), Composizione e
irnprovvisazione nella scuola napoletana del Settecento, ((Rivista di Analisi e Teoria Musicale"
15/1 (2009) (sui partimenti e la scuola napoletana).
Ringraziamenti

Ho sempre confidato nella gentilezza dei bibliotecari. Ringrazio di cuore colo-


ro i quali, durante le mie visite e le mie permanenze, mi hanno guidato all'in-
terno delle biblioteche delle università nordamericane di Berkeley, Chicago,
Harvard, Michigan, Northwestern, Pennsylvania, Stanford e Stony Brook, e
dei conservatori italiani di Napoli, Milano e Bologna. In queste vaste collezio-
ni io ho trovato non solo molti manoscritti di maestri e allievi del diciottesimo
secolo, che offrono un istruttivo sguardo di come questa ricca tradizione musi-
cale fu concepita e trasmessa, ma anche le migliaia di edizioni .m oderne di mu-
sica del diciottesimo secolo che testimoniano il rinnovato interesse delle gene-
razioni successive per questa lontana arte di corte. Queste edizioni sono state
approntate da studiosi di talento la cui cultura e accurato giudizio storico for-
mano le vitali fondamenta per ogni ricerca intorno a quest'area, e chiunque
studi la musica del diciottesimo secolo è in grande debito verso di loro.
Questo libro ha iniziato a prendere forma mentre ero ricercatore presso il
Center for Advanced Study in Behavioral Sciences, Palo Alto, California. Vor-
rei ringraziare Robert Scott, Lynn Gale, e gli altri membri dello staff del centro
per tutto il loro aiuto e sostegno. Quello e stato uno dei tre anni della mia car-
riera finanziati dalla Mellon Foundation, e spero che questo piccolo contribu-
to alla comprensione di una grande musica potrà in parte ripagare i loro gene-
rosi investimenti. L'University Research Grants Comtnittee alla Northwesrern
U niversity ha finanziato i miei studi a N apoli e Milano e mi ha garantito una
base per iniziare quella che ora è una collezione su microfilm di oltre ottomila
pagine manoscritte dipartimenti (bassi composti a uso didattico) e solfeggi in
stile galante (eleganti linee vocali accoppiate a bassi dipartimento). La distri-
buzione online (http:!1/aculty~web.at. northwestern.edu/ musiclgjerdingenlparti -
mentil index.htm)di questo esteso corpus di materiale didattico-musicale del di-
ciottesimo secolo è al mon1ento supportata dal National Endowment for the
Humanities (NEH) in un progetto intitolato ((Monuments of Partimenti" . Una
sovvenzione della American Musicological Society attraverso il suo Dragan
Plamenac Publication Endowment Fund è stata grandemente apprezzata, e
voglio estendere i miei ringraziamenti al suo comitato di assegnazione premi
per il suo supporto.
Voglio riconoscere l'importante influenza tanto dei saggi i11segnanti che mi
hanno ispirato, quanto dei brillanti studenti che hanno partecipato ai miei se-
minari sulla musica galante; ho beneficiato dell'indulgenza dei primi e della
Ringraziamenti 15

pazienza dei secondi. Molti dei migliori esempi musicali presenti in questo li-
bro traggono origine da pezzi scoperti da studenti. E molte delle mie idee non
sono che un'eco di ciò che ho imparato dall'approccio filologico di Lewis Ro-
weli, dali' intuizione psicologica di Leonard B. Meyer dal rigore teorico di Eu-
gene N armour, e dal virtuosismo storico di Eugene K. W olf. I libri e gli artico-
li eli Meyer, modelli di studi umanistici non estranei alle scienze cognitive con-
temporanee, mi hanno particolarmente influenzato al pari di testi come, forse
in modo meno ovvio, Trans/ormations in Late Eighteenth-Century Art di Ro-
bert Rosenblum, Mimesis di Erich Auerbach, Il cantore di storie di Albert
Lord, Il grande massacro dei gatti di Robert Darnton e Arte e illusione di E. H.
Gombrich. L 'incoraggiamento e i consigli di Christopher van Bayer, Gaston
Dufresne, Robert Vernon , Leonard Stein, Ricardo Trimillos, Paul Lyddon,
Alan Trubitt, David Slepian, Lewis Lockwood, David Lewin, William Caplin,
Fred Lerdahl, Lawrence Bernstein, Thomas Bauman, Lee Rothfarb, Robert
Hatten, Diana Deutsch, Carol Krumhansl, Thomas Christensen, Howard Ma-
yer Brown, Cari Dahlhaus e Albert Lord sono stati profondamente apprezzati.
'
E stata per me una grande fortuna entrare in contatto con questi musicisti e
studiosi, e rimpiango solo, come lamentava Samuel Johnson nella prefazione al
suo dizionario (1755), di "aver tanto protratto il mio lavoro che [alcuni di] co-
loro cui avrei voluto far cosa gradita sono passati a miglior vita" . Troverò con-
solazione ritornando ai loro libri o ai loro dischi per ascoltare echi della sag-
gezza, dell'imn1aginazione e della bellezza di pensiero che prime mi hanno
ispirato. Riguardo al presente volume, le mie nozioni di percezione uditiva so-
no state fortemente influenzate dai contributi sui sistemi di adattamento di
Stephen Grossberg e Gail Carpenter, e la 1nia interpretazione della societa mu-
sicale galante è in grosso debito verso Pierre Bourdieu e Norbert Elias. }esse
Rosenberg, mio collega alla Northwestern, ha gentilmente condiviso con me la
sua estesa collezione di partitnenti italiani a stan1pa, e la mia ricerca sulle radici
settecentesche italiane della tradizione del partimento manoscritto è stata ge-
nerosamente assistita dal professor Giorgio Sanguinetti, e dalle professoresse
Rosa Cafiero ed Elisabetta Pasquini. Stefan Eckert ha condiviso con me le sue
convincenti letture di Riepel, con la sua inin1itabile prosa e la sua ricerca nel
campo dell' ars conzbinatoria.
La recente pubblicazione del magistrale lavoro di mille pagine di Daniel He-
artz, Music in European Capitals: Th e Galant Style) 1720-1780 (Norton, New
Y ork 2003) - dal Settecento a oggi, la più raffinata panoramica sulla musica del
diciottesimo secolo - fornisce una dovizia di particolari storici e biografici che
fa da complemento al mio più modesto volume. Ad esempio, mentre io ho in-
cluso arie complete di Leo e Jommelll per metterle a confronto, non ho potuto
che inserire solo una o due parole sulla loro vita. Heartz fornisce solo brevi
estratti dalle loro opere n1a dipinge un ricco ritratto delle loro carriere n1usica-
li, inclusa la notevole osservazione di Saveri o Mattei, amico di Jommelli: "Si
scorge dagl'intendenti, che Jommelli ha fatto gra11dissimo studio sulle carte del
16 La musica nello stile galante

Leo, e che spesso ha rivestito di miglior colorito gli stessi disegni del suo diret-
tore" (Heartz, p. 75 [l'italiano originale di Mattei è citato in: Metastasio e ]om-
melli, Colle, Martini, Angiolo M. & C, 1785. N. d. T.]). Nei seguenti capitoli sarà
possibile per il lettore m.oderno condurre "un grandissimo studio" non solo
dei "disegni del direttore" ma anche del miglior colorito apportatovi da Jom-
melli. Il volume di Heartz e il mio, anche se scritti da punti di partenza abba-
stanza differenti, for1nano insieme una ''storia e teoria" dello stile galante.
Nel corso di questo libro descriverò centinaia di passaggi musicali tratti dai
lavori di circa ottanta compositori. T ali creazioni, che insieme abbracciano
centocinquanta anni, hanno visto la luce all'interno della vasta area compresa
tra Lisbona a ovest, San Pietroburgo a est, Edimburgo a nord e, prima per im-
portanza, Napoli a sud. Dico ciò non per vanto, ma per scusarmi degli inevita-
bili errori e sviste che accompagnano ogni campo d'indagine tratteggiato con
un pennello così spesso. Ogni compositore, esecutore e n1ecenate, ogni cappe}. .
la, sala e teatro, ogni corte, città e cattedrale contribuì individualmente a in-
trecciare la rete della società settecentesca. Concentrandosi sulla tradizione
musicale di base comune a tutti, il rischio è di trascurare i dettagli di singoli in-
dividui, situazioni e luoghi. Ringrazierò quegli esperti che vorranno condivide-
re con me le loro più approfondite conoscenze dei particolari, in modo da per-
mettermi di emendare un'eventuale futura edizione.
Questo libro ha beneficiato enormemente del design tipografico di Rebecca
Dixon, dell'assistenza editoriale di Catherine Gjerclingen e del software di no-
tazione musicale di Keith Hamel (Noteability Pro™).
In ultimo, vorrei esprimere il mio elogio di ascoltatore ai talentuosi solisti e
agli ensemble cameristici le cui magnifiche interpretazioni hanno infuso nuova
vita in questo mondo musicale così ricco di fascino, acume, sofisticatezza e gio-
ia. Ascoltare Enrico Gatti suonare Pugnani, Elizabeth Wallfisch suonare Tarti-
ni, o Gérard Lesne cantare Bononcini e come ascoltare un grande attore dare
vita a uno dei migliori ruoli di Sheridan, Goldsmith o Marivaux. Benché que-
sto libro tratti più la musica scritta che la sua interpretazione, la musica del di-
ciottesimo secolo sopravvissuta fin oggi in quei manoscritti ha bisogno proprio
di un'interpretazione attraverso l'esecuzione, se vogliamo che ancora oggi con-
tinui a parlarci.

l
Introduzione

Al tempo di Bach o Mozart gli uomini di corte modellavano ad arte ogni loro
comportru11ento in societa- ogni gesto, parola, sguardo, passo, postura, tono
e inflessione della voce - per ottimizzare costantemente il loro successo nelle
quotidiane interazioni sociali. li conte di Chesterfield (1694-1773) diede il
seguente consiglio a suo figlio, il quale nella primavera del 1749 era appena
giunto in quella terra n1usicale qual era l'Italia:
Fui molto lieto di apprendere, da qualcuno che reputo ricco di giudizio,
che voi non necessitate che des manières, che sono convinto acquisterete
molto presto, grazie alla con1pagnia che d'ora innanzi a quanto pare fre-
quenterete. Devo anche aggiungere, però, che se non le acquisterete, tutto
il resto vi sarà davvero di poca utilità. Con 1nanières, io non intendo la me-
ra comune civiltà; essa dev'essere posseduta da ciascuno che non voglia es-
sere allontanato dalla società; intendo anzi delle maniere accattivanti, sotti-
li, brillanti; una cortesia distinta, un modo quasi irresistibile di porsi· una
grazia superiore in tutto ciò che si dica o faccia. Essa ed essa soltanto può
donare pieno lustro e valore a tutti gli altri vostri talenti; e, di conseguenza,
dovrà essere ora l'oggetto principale della vostra attenzione. Osservate mi-
nuziosamente, ovunque andiate, le regole consentite e stabilite della buona
società, e uniforma t evi ad esse.l
ll sociologo moderno Norbert Elias ha osservato che "l'etichetta di corte, che
per i valori della societa borghese-industriale potrebbe sembrare qualcosa di
molto poco importante, qualcosa di meramente (esteriore' e n1agari persino ri-
dicolo, si dimostra, se si rispetta la struttura della società di corte nella sua au-
tonomia, uno strumento estremamente sensibile e affidabile per misurare il
prestigio acquisito da un individuo all'interno della rete sociale". Egli continua
osservando che (( la gente di corte, nell'ambito di una determinata tradizione,
sviluppa una straordinaria sensibilità per ciò che le si addice o non le si addice
quanto ad atteggiamenti, con1portamenti e modi di esprilnersi. [ ... ] Molte co-
se che noi tendiamo a prima vista a liquidare come piccolezze o esteriorità, per
queste persone sono cariche eli significati che per noi sono andati in larga mi-
sura perduti" .2
1 Chesterfield, D. S. P. , conte di, Letters to H ù Son on the Art o/ Becoming aMano/ the
World and a Gentleman, lettera n . 68, 19 aprile 1749 Chesterfield Press, New York 1917.
2 Norbert Eli as, La società di corte, trad. it. Giuseppina Panzieri, TI Mulino, Bologna 2010,
p. 8 e p . 52 (orig. Die ho/ische Gesellscha/t. Untersuchungen zur Soziologie des Konigturns und
der ho/ischen Aristokratz'e, Luchterhand, Neuwied 1969).
18 La rnusica nello stile galante

Oggi, quando i registi cinematografici tentano di ricreare un'ambientazione


settecentesca realistica, il risultato spesso fallisce proprio a causa eli quei piccoli
comportamenti che allora volevano dire così tanto. Gli sceneggiatori possono
attingere frasi dai romanzi del Settecento, gli scenografi possono ricopiare di-
pinti e decori dell'epoca, e i costwnisti possono ricreare abiti sulla base di quel-
li conservati fin oggi, ma è probabile che per raffigurare importanti dettagli, del-
le interazioni umane vengano utilizzate le abitudini della nostra epoca. E proba-
bile che le forti abitudini del presente appiattiscano le differenze del passato.
lmn1agino che poche persone oggi, guardando un film ambientato nel diciotte-
simo secolo, rimarrebbero sconcertate se un giovane nobiluomo salutasse sua
madre con un "ciao" . N el diciottesimo secolo, però, "ciao" era una locuzione
davvero rara, come potrebbe essere oggi "servo vostro". In tutto Orgoglio e pre-
giudizio di Jane Austen nessuno mai dice ''ciao", così come in Emma o in Ra-
gione e sentimento.3 Se anche le più elementari abitudini linguistiche erano co-
sì diverse nel diciottesimo
, secolo, non potrebbe dirsi lo stesso anche per le abi-
tudini musicali? E possibile che i compositori del Settecento avessero, un diver-
so vocabolario musicale e che lo applicassero con scopi diversi? E possibile che
i compositori avessero, come ((oggetto principale della loro attenzione", l'acqui-
sizione di maniere musicali- ''maniere accattivanti, sottili, brillanti" - allo sco-
po di "donare pieno lustro" ai propri lavori? E, per riconoscere quanto fosse
prestigiosa una "grazia superiore" nella condotta musicale, non era forse indi-
spensabile un'osservazione "minuziosa" di differenze e di "regole stabilite" a
cui noi, con il passare dei secoli, siamo diventati insensibili?
Credo che a queste domande si possa rispondere affermativamente, come
cercherò di mostrare nel corso di questo libro. Eppure mi trovo davanti a un
dilemma simile a quello dei produttori di televisori che negli anni '6o pubbli-
cizzavano i vantaggi della televisione a colori attraverso spot comn1erciali rice-
vuti da apparecchi in bianco e nero. I consumatori potevano vedere e rivedere
quelle pubblicità; i pubblicitari potevano insistere sull'analogia con il cinema a
colori; tna finché la gente non ebbe occasione di provare di persona un televi-
sore a colori funzionante il messaggio non arrivò mai completamente. Allo
stesso modo, le mie esortazioni a provare ad avere un'immagine "a colori" del-
la musica del Settecento potrebbero essere ricevute da "apparecchi in bianco e
nero" : le nostre moderne abitudini d'ascolto. N el mondo della musica colta le
abitudini d'ascolto si sono trasformate radicalmente nel corso del diciannove-
simo secolo. Se mi e concessa una caricatura dell'attitudine romantica all'ascol-
to, attitudine che ancora oggi domina la ricezione della musica classica, vorrei
notare che essa favorisce quella musica che ispira analogie sonore con un viag-
gio eccitante, un'avventura epica, il soprannaturale o un melodramma. Al con-
trario, le abitudini d'ascolto di corte nel diciottesimo secolo sembra favorisse-
>L'assenza di "ciao', ["hello" nell'originale, N.d.T.] è stata verificata attraverso una scan-
sione con1puterizzata degli interi testi. Le prùne versioni di Orgoglio e pregiudizio e Ragione
e se11.tz'mento risalgono agli anni r795-98. Jane Austen iniziò a lavorare a Emma nel 1814.
1. Introduzione 19

ro una musica che desse occasione di applicare la facoltà di giudicare, di ope-


rare distinzioni, oltre che un pubblico esercizio del gusto e del discernimento.
Poiché i modi di ascoltare cambiano solo attraverso nuove esperienze di ascol-
to, invito il lettore a prendersi tutto il tempo per assimilare i molti esempi mu-
sicali presenti nel testo. Bisogna assaporarli, ascoltare i loro bassi, cantare le lo-
ro melodie, valutare le loro linee melodiche primarie e secondarie, compararli
con gli esempi precedenti, considerarli come piccole opere d'arte di corte. La
mia preghiera è di non limitarsi a leggerne la descrizione. N el 1765 il barone
Friedrich Mel chior von Grilnm (1723-18o7), diplotnatico e letterato , osservò
che non si possono veramente "udire" le forme più alte di musica "senza un
gusto delicato, senza organi perfetti ed esercitati" .4 Giacché l 'interesse per la
musica di Mozart, Haydn e degli altri compositori galanti si estende ben oltre
la cerchia dei musicisti professionisti, ogni esempio musicale in questo volume
è stato inciso e reso disponibile per l'ascolto su internet. 5 Ovviamente, questo
libro descrive la musica galante, ma, cosa non meno importante, esso presenta
la musica galante come un'arte perform~tiva.
"Galante" era un termine molto usato nel diciottesimo secolo. Denotava, in
senso lato, un insieme di tratti, comportamenti e maniere associato alla nobiltà
colta. Se immaginiamo un uomo galante ideale, questi sarà arguto, premuroso
con le signore, a suo agio in una corte principesca, riservatamente devoto, facol-
toso grazie ai possedimenti terrieri di famiglia, affascinante, coraggioso in batta-
glia e un buon dilettante nell'esercizio della musica e delle altre arti. Questo
perfetto cortigiano, come descritto da Baldassarre Castiglione -9el 1529, dovreb-
be avere la grazia naturale di "usar in ogni cosa una cert~~zzatuta., che na-
sconda l'arte, e dimostri, ciò che si fa e dice, venir fatto senza fatica e senza qua-
si pensarvi" .6 La sua controparte femminile7 avrà modi impeccabili, abiti molto
sofisticati, grande cortesia nel ricevere ospiti, una profonda conoscenza del ga-
lateo e uno o più dei "buoni talenti", ossia una buona preparazione in musica,
4 Grin1m , F. M. von, "Poème lyrique", in L'Encyclopédie ou Dz'ctionnaire raisonné des
sciences) des arts et des métiers~ par une Société de Gens de lettres, a cura di Denis Diderot,
Parls 1751-72, vol. 12, p. 823; citato in Fubini, E ., Musica e cultura nel Settecento europeo, EDT,
Torino 1986, p. 120. TI barone von Grimm non e imparentato con i fratelli Grimm, i due filo -
logi e studiosi di fiabe tedeschi.
5 Vedi il sito <http:!/ faculty -web.at.northwestern.edu/music/ gjerdingen/ galant_booklin-
dex.htn1>. Se questo URL dovesse can1biare in futuro, una ricerca delle parole "gjerdingen " e
"partimenti '' dovrebbe res tituire il sito giusto.
6 Castiglione, B., Il libro del Cortegiano, a cura di Giulio Preti, Einaudi, Torino 1965, libro
I, sez. 26.
7 In francese, l'aggettjvo galante non si userebbe per descrivere una gentildonna, perché
il tern1ine ha un'accezione n egativa. Nel suo intervento dal titolo "Sexis1n and Language:
What Can the W eb Teach Us?" (presentato al Congress of the Social Scie.nces and the
Humanlties, 27-28 maggio 1998, Università di Ottawa, Ontario, Canada) , Fabienne Baider ha
spiegato che: "Une / ernme galante indicava ed indica una courtisane) laddove un galant
homme fin dall'inizio del 16° secolo ha indicato un homme du monde) mentre un homme
gala nt 'un uomo cortese'" .
20 La musica nello stile galante

arte, lingue moderne, letteratura o scienze naturali. 8 I cortigiani incaricati di in-


dividuare una sposa degna di re Giorgio 111 d'Inghilterra seguirono la ricetta di
Castiglione per la perfetta gentildonna (una dama con "notizie di lettere, di mu-
sica, di pittura, e sappia danzar e festeggiare" 9 ) quando descrissero Carlotta So-
fia di Mecklenburg-Strelitz come ricca di '' Spirito, Vivacità, buona N atura, e
buon Senso, dotata di tutte le femminee qualità (tra le quali non manca la musi-
ca, di cui il giovane Re è appassionato)" .10 Uomini e donne di corte spesso rag-
giungevano una grande abilita in musica, e in quanto esperti essi svolgevano un
ruolo importante nell'indirizzare la moda e il gusto della musica e dei musicisti
che prosperavano nella società galante. La stessa Carlotta, la quale andò in spo-
sa a Giorgio 111 e divenne quindi sua regina consorte, nominò suo direttore mu-
sicale nientemeno che Johann Christian Bach. La musica galante, dunque, era
musica conunissionata da uomini e donne galanti per il loro piacere come ascol-
tatori, per istruirsi e divertirsi come esecutori amatoriali e per darsi lustro come
mecenati della musica più intelligente, più affascinante, più sofisticata e più alla
moda che si possa comprare per danaro.
Oggi i termini usati più spesso per descrivere lo stile musicale del Settecento
sono 'barocco' e 'classico'. Ma quei termini sono rappresentativi di concetti
settecenteschi originari più o meno quanto l'idea di un agente immobiliare
americano che ogni casa antica sia o ''Tudor" o "coloniale". Definire, ponia-
mo, il Sans Souci, la reggia di Federico il Grande, come coloniale o Tudor non
avrebbe molto senso. E altrettanto ne ha definire la sua musica di corte baroc-
ca o classica. 'Barocco', che oggi si usa per indicare all'incirca lo stile di J. S.
Bach, è una parola che probabilmente Bach non udi mai riferita alla musica. 11
Analogamente, 'classico', che definisce all'incirca lo stile dl W. A. Mozart, è un
vocabolo che Mozart non utilizzo mai in riferimento alla musica. 12 Questi ter-

8 Theobald, M . R., ''The Sin Of Laura: The Meanlng of Culture in the Education of
Nineteenth-Century Women", in Journal o/ the Canadz'an Historz'cal Association, n. I, 1990,
pp. 257-72.
9 Castiglione, B., Il libro del Cortegiano, libro 3, sez. 9·
10 "'Poco A Poco' - Memodes of the Family of Finney, of Fulshaw, (Near Wilmslow)
Cheshire, by Samuel Finney of Fulsh aw, Esquire - 1787", in The Cheshire and Lancashire
Historical Collector, a cura di T. Worth:ington Barlow, n . 7, I settembre r853.
11 Claude Palisca, incaricato di redigere l'articolo per la voce 'barocco' per il New Grove
Dictionary, h a portato una gran quantità di prove di quanto questo termine sia inappropria-
to. Mentre 'b arocco' aveva una connotazione peggiorativa nella critica musicale francese del
diciottesimo secolo, la sua adozione a nome per un periodo st.i.listico e un fenom.e no del
Novecento, che trae origine dalla critica d'arte tedesca della fine dell'Ottocento. Vedi la voce
'b aroque', in Tbe New Grove Dictionary o/ Music and Musicians, 2a ed., a cura di Stanley
Sadie e J ohn Tyrrell, Macmillan, London 2001 , vol. 2 , pp. 749-56.
12 D aniel H eartz e Bruce Alan Brown hanno fatto notare la paradossalità dei vari usi del
termine 'classico' , incluso quello di Johann Forkel (1802) per descrivere la tnusica per tastie-
ra di J. S. Bach e il riferimento della m oglie di Mozart ai frammenti della letteratura classica
nel tentativo di vendere i manoscritti incompleti del marito. Vedi la voce 'b aroq ue', in The
New Grove Dictionary o/ Musr:c and Musicians, 2 3 ed., 2001, vol. 5, pp. 924-9.
l. Introduzione 21

mini furono adattati nel diciannovesimo e ventesimo secolo alle esigenze di


epoche posteriori, ma essi oscurano la musica del diciottesimo secolo piuttosto
che illuminarla. 'Rococò' descrive aspetti delle arti visive, e chiamare 'pre-clas-
sica' la tnusica dei grandi musicisti galanti non è più illu1ninante che chiamare
'pre-rock' la musica di George Gershwin o 'pre-hip-hop' la musica di Elvis
Presley. Per contro, il termine 'galante' era effettivamente usato in accezione
positiva dagli uomini e donne che producevano e patrocinavano la musica nel
SetteGento. Leonard Ratner, autore del libro Classic Music, ha scritto che "se
dovessimo rinominare questo periodo in base all'usanza del diciottesimo seco-
lo, il nome da usare sarebbe quello di stile galante" .13 Inoltre, Daniel Heartz
ha sottotitolato il suo recente libro sulla musica europea dal 1720 al 17 80 "Lo
stile galante" .14 Concordo appieno con questi autori, sebbene riconosca anche
che altri attenti studiosi hanno fornito le loro personali e più ristrette definizio-
ni dello stile galante, e che tali definizioni trovano riscontro nei diversi modi in
cui il termine galante era usato nel diciottesimo secolo. 15 La mia posizione, svi-
luppata qui e io precedenti pubblicazioni, e che un tratto distintivo dello stile
galante consisteva in un particolare repertorio di frasi musicali standardizzate
da usare in determinate successioni convenzionali. Preferenze locali e persona-
li di committenti e musicisti determinavano l'elaborazione di questo repertorio
su vari assi semantici: grave/ leggero, comico/ serio, intimo/ virtuosistico, ecce-
tera. Comunque, finché la musica è fondata su questo repertorio di materiale
musicale standardizzato, io considero tutte le sue manifestazioni come galanti.
Persino J. S. Bach, che il grande pubblico ha sen1pre considerato come il com-
positore barocco per eccellenza, creava musica galante quando questo conve-
niva alle esigenze sue o dei suoi committe.nti.l 6
Ho resistito alla tentazione di presentare un unico tipo di musica (ad esem-
pio, i brani italiani per clavicembalo scritti per dilettanti aristocratici) come
emblema di tutto lo stile galante. Tali opere sono sì caratteristiche, ma defini-
scono solo un particolare eli un paesaggio musicale riccamente variegato. Men-
tre molti pezzi galanti presentano una tran1a sottile, un atmosfera frizzante,
una melodia e un basso chiaramente definiti, frequenti cadenze e punti di arti-
colazione, e semplici schemi di ripetizione o di contrasto, n1olti altri pezzi ga-
lanti non presentano tali caratteristiche. T rovi amo anche fughe dalla trama ri-
gorosa, musica sacra per cori e orchestra, complessi pezzi orchestrali, grandi
scene di opera seria, tediose opere didattiche, fantastici pezzi di bravura; in
breve, tutto cio che serviva a soddisfare le diverse esigenze delle corti e delle
13 Ratner, L. G ., Classù: Music:
ExpressionJ FormJ and Style, Schirmer, New York 1980 , p . xv.
14 H ea rtz, D ., Music in European Capitals: Th e Galani Style, 1720-1 780, Norton, New
York 2003 .
15 Per gli argomenti a favore eli un uso più ristretto del termine, vedi Radice, M. A., "The
Nature of the ' ty le Galant : Evidence form the Rep ertoire", in Musical Quarterly, n. 83,
1999, pp .. 607-47·
l6 L ewis MarshalJ , R., '(Bach the Progressive: Observations on His Late.r Works ' , in Mu-
sical Quarterly , n. 67, 1976 , pp. 313-57.
22 La musica nello stile galante

ricche residenze dei mecenati galanti. Mi sono perciò concentrato sullo stile
galante come codice eli condotta, come ideale di corte del Settecento (adattabi-
le anche alla vita in città) e come insieme di comportamenti musicali diligente-

mente apprest.
L'immagine corrente del compositore (un ideale romantico ereditato dal di-
ciannovesimo secolo) mal si adatta alla realtà del Settecento. Il compositore di
musica galante, più che a un artista tormentato e solo contro il mondo, somi-
gliava a un funzionario benestante. Di solito aveva il titolo di maestro di cap-
pella (Kapellmeister in tedesco) e gestiva le attività musicali sacre e secolari di
un aristocratico. Più che del significato dell'arte si preoccupava che il suo se-
condo violino fosse abbastanza sobrio per suonare a messa la domenica . Il
compositore galante per necessità lavorava nell' hic et n une. Doveva scrivere nel
giro di una settimana le musiche per la prossitna cerimonia di corte, non tortu-
rati capolavori da lasciare alla posterità. Persino un musicista conservatore co-
me Johann Joseph Fux (I66o-1741), Kapellmeister alla corte imperiale di Vien-
na, dovette riconoscere che ((la brama di novità" a corte aveva come risultato
un cambio dello stile musicale "ogni cinque anni" . Paragonando la musica al-
l' abbigliamento, spiegava che ''se un uomo di mezza eta andasse in giro oggi
vestito in abiti di moda cinquanta o sessant'anni fa, correrebbe certamente il
rischio di apparire ridicolo'' . Perciò egli avvertiva il giovane compositore che
"anche la musica deve adattarsi ai tempi" .17 Un compositore di corte, invece di
esprimere e condividere con tutti i suoi più profondi e personali sentimenti, si
sforzava piuttosto di toccare le corde dell'anima del suo mecenate. n mecena-
te, fosse egli un re, un imperatore una contessa o una regina, aveva poco o
nessun interesse per le comuni e1nozioni del suo lacchè musicale. L 'idea che
un pezzo mesto scritto dal compositore di corte esprimesse la mestizia del
compositore stesso sarebbe sembrata tanto strana quanto l'idea che la crema di
una torta preparata dal capocuoco di corte esprimesse la "cremosità '' del capo-
cuoco stesso. In breve, il compositore galante conduceva la vita dell'artigiano
musicale, un artigiano che produceva una gran quantità di musica per l'imme-
diato consumo, ne organizzava l'esecuzione, gestiva i suoi esecutori e valutava
la sua ricezione con un occhio verso le mode musicali correnti.
L'arte della musica galante, così con1e l'arte del pattinaggio su ghiaccio, è pie-
na di 'figure' obbligate e libere. Laddove un osservatore casuale di una gara di
pattinaggio vede solo una varietà di scivolate, piroette e salti, rm esperto vede dei
salchow, degli axel, dei lutz e dei camel spin. La conoscenza della corretta esecu-
zione di ognj figura è un prerequisito per chiunque sia ufficialmente chiamato a
giudicare le capacità di un pattinatore. Ecco le figure usate dalla giovane pattina-
trice danese Mikkeline Kierkgaard in una recente esibizione: 18
17 Fux, J.J., Gradus ad Parnassum, Wien 1725. Citato anche in Fubini, E., Musz·ca e Cultura
nel Settecento europeo, p . 128.
l 8 Scaricata dal sito internet della pattinatrice, 20 ottobre 2002: http:/ /perso. wana -
doo.fr/ icegallery/ mikkeline-routines.htm.
1. Introduzione 23

Combinazione triplo salchow/ doppio toe


Passi, poi triplo toe loop
Camel spin con salto
Doppio axel
Sequenza passi circolare
Combinazioni di trottole tra cui:
Camelspin
, Sit spz·n
Layback spin con presa del piede
(cambio piede)
Sit spin
Upright spin
Sequenza di spirali tra cui:

esterna avann
esterna indietro
• •
crnese esterna avant1
Layback spin

Per fare un paragone, ecco le figure o schemi musicali presentati nella seconda
parte di un movimento lento del compositore veneziano Baldassare Galuppi
(r7o6-r785; v. cap. 15):

Quiescenza diatonica ripetuta


Combinazione Fonte/Monte
Ponte verso Passo Indietro
Comma seguito da cadenza Cudworth
Clausula Vera
Meyer
Ponte (sulla tonica)
Combinazione Monte/Cadenza convergente
Fonte ripetuta
Monte diatonico
Clausula Vera
Ponte
Cadenza Cudworth ... d 'inganno
Passo Indietro verso Cadenza Mi-Re-Do

Questo libro è per colui che voglia approfondire la conoscenza della musica
galante. I nomi degli schemi musicali elencati sopra potranno sembrare adesso
tanto stravaganti quanto le figure del pattinaggio artistico, ma ogni schema sa-
rà illustrato nei prossimi capitoli. Imparando a riconoscere gli schemi della
musica galante, si apprezzerà meglio l'arte del compositore galante. E in1pa-
rando a giudicare il modo in cui gli schemi sono disposti in una particolare
24 La musica nello stile galante

composizione, si con1prenderà meglio l'altrettanto importante arte dell'ascolta-


tore e del committente galante. Come disse il conte di Chesterfield, "ogni orec-
chio può e deve giudicare ... lo stile" .19

Commedia deltarte
Se l'arte del moderno pattinaggio artistico può setnbrare troppo lontana per
essere paragonata all'arte dei musicisti di corte del diciottesimo secolo, forse
potrà risultare un paragone più adatto quello con l'arte attoriale del Settecen-
to. Al pari dei musicisti, le compagnie di comici erano impiegate a corte per
rallegrare eventi quali festeggiamenti, matrimoni, e serate di gala. Molto popo-
lare era la forma della <<commedia all'improvviso", meglio conosciuta nella se-
conda metà del diciottesimo secolo come cc commedia dell'arte" .20 La prepara-
zione del comico dell'arte era basata principalmente sullo 'zibaldone' : un re-
pertorio manoscritto di tirate ('concetti'), gag visive ('lazzi'), battute (<burle'), e
trame ('scenarii' o 'canovacci'), tramandato di attore in attore, di solito all'in-
terno della stessa famiglia o della stessa compagnia. Gran parte di questo mate-
riale doveva essere imparato a memoria prima che un attore potesse iniziare a
cimentarsi in uno dei tipici ruoli di Pulcinella (il sempliciotto), del D ottore (il
padre anziano), di Coviello (l'astuto pretendente) o di Fravoletta (l'ingenua).
Ecco lo 'scenario' del primo atto de La fortuna non conosciuta, da una raccolta
di scenari napoletani datati intorno al I7oo: 21

SCENA I. DOTTORE E POLICINELIA


Scena di memoria, e via il Dottore, Policinella sopra l'amore di Fravolet-
ta, e batte da [bussa]
SCENA 2. POLICINELlA E FRAVOLETTA
Scena atnorosa, e via
SCENA 3· COVIELLO SOLO
Sopra l amore di Pimpinella, e batte [bussa]
SCENA 4· PIMPINELLA E DETTO ·l

Scena amorosa, e via


SCENA 5· GIANGURGOLO SOLO
Sopra l'amore di Piro pinella, e batte da [bussa]
SCENA 6. PIMPINELLA E DETTO
Lo rifiuta; in questo

19 Chesterfield, Letters, n. 91, 24 novembre 1749 .


20 Vedi P ietropaolo, D . (t lmprovisacion in the Arts" , in Improvisation in tbe Arts of the
Middle A ges and Renaissance, a cura di Timothy J. McGee, Medievallnstitute Publications,
Kalamazoo (Mi chigan ) 2003, p. 3·
21 Th e Commedia dell'arte in Naples: A Bilingual Edition of the 176 Casamarciano Scena-
rios, a cura di Francesco Cotticelli, An ne Goodrich Heck e Thomas F. Heck, 2 voli. , Scare-
crow Press, Lanham (Maryland) 2001, vol. r, p. 67.
l. Introduzione 25

SCENA 7· COVIELLO E DETTI


Coviello per gelosia, senza farsi vedere, lo lega con una funa per li piedi
in un cantone eli scena, e poi lo batte, e fugge, Giangurgolo, volendolo
• •
seguitare, casca; 1n questo
SCENA 8. DOTTORE, PIMPINELLA E GIANGURGOLO
Vede quello ligato vicino alla sua casa, domanda alla figlia il perché?
quella dice che quello la voleva sforzare e che però essa l'havea ligato in
. quel modo. H Dottore lo crede, lo bastona, e finisce l'atto.

Lo scenario di tutti e tre gli atti doveva essere affisso dietro le quinte, in modo
da permettere agli attori eli consultarlo prima delle loro entrate. Come si può
vedere, lo scenario consisteva meramente nello scheletro della commedia. Nel-
la prin1a scena, ad esempio, i personaggi del Dottore e di Pulcinella devono re-
citare una '(scena di memoria", così come all'inizio del secondo atto il Dottore
e Coviello devono recitare la ('scena solita". Gli attori avrebbero improvvisato
una scena connettendo fra loro nella trama dello scenario una serie di battute,
serie e di spirito, di monologhi, di gag e di 'lazzi' comici d'altro tipo attinti dal
loro personale repertorio. Lo scenario forniva un contesto, ma il dialogo e
l'azione estemporanei dipendevano dalla capacità degli attori di sviluppare
piccole scenette in una forma d'intrattenimento all'apparenza ininterrotta. Co-
me scrisse nel 1635 Niccolò Barbieri, il grande comico del diciassettesimo seco-
lo, gli attori che improwisano (( studiano e si muniscono la memoria di una
gran farragine di cose, sentenze, concetti, discorsi d amore, deliri, disperazio-
ni, per averli pronti all'occasione" .22
Comprendere il modo in cui i comici dell'arte creavano un teatro scoppiet-
tante e all'apparenza spontaneo a partire da personaggi e (lazzi' standardizza-
ti può servire come modello per comprendere come i compositori galanti scri-
vessero la loro musica. La commedia in più atti diventa la sonata a più movi-
menti o l'aria a più parti, i personaggi stereotipati diventano le stereotipate
atmosfere musicali, o 'affetti', e i lazzi di repertorio - le tirate e i dialoghi
memorizzati, e la comicità fisica usata ad arte - trovano il loro analogo nel
repertorio di frasi o passaggi standardizzati: gli schemi musicalì. Una partitu-
ra musicale galante è sin1ile a uno scenario in quanto spesso fornisce soltanto
una minima notazione della sequenza degli schemi, lasciando ali' abilità del-
l' esecutore la cura degli abbellimenti, delle ornamentazioni, e l'eleganza delle
variazioni. Molti musicisti potevano improvvisare interi pezzi solistici attin-
gendo frasi e cadenze standard dal loro personale 'zibaldone', ereditato dalla
famiglia o dal maestro. C'è anche il caso del compositore e violinista Cari
Ditters von Dittersdorf (1739-1799), il quale era in grado di improvvisare una
sonata a due insieme al suo accompagnatore al cembalo. 2.3 Come due comici
22 Barbieri, N . La SuppNca, dùcorso /amt"liare a quelli che trattano de ) Comici, a cura di
Ferdinando Taviani, Il Polifilo, Milano 1971, p. 23.
23 Dittersdorf, C. D. von, Lebensbeschreibung, Leipzig r8o1.
26 La musica nello stile galante

dell'arte impegnati nella (scena solita', Dittersdorf e il suo accompagnatore


avranno dovuto abilmente interconnettere una sequenza di schemi musicali
ben appresi in modo da dar vita a un'esecuzione musicale in apparenza spon-

tanea e con ttnua.
'Zibaldone' indicava anche il taccuino su cui uno studente di musica anno-
tava tegole ed esercizi. Francesco Galeazzi (1758-1819; v. cap. 29) raccomanda-
va al buon maestro di riempire lo zibaldone dello studente con lezioni tagliate
su misura. 24 Le serie di lezioni che Mozart scrisse per Thomas Attwood o per
Barbara Ployer erano probabiln1ente di questo tipo.25 Poiché Galeazzi deplo-
rava la pratica di ''alcuni maestri" che "coll' ajuto di un Zibaldone, o libraccio
de rancide lezioni, pretendono dar ad ogni qualunque Scolaro opportune
lezioni", possiamo esser abbastanza certi che fossero ampiamente diffusi alcu-
ni zibaldoni già compilati, almeno in alcune città o scuole. Con1e dimostreran-
no i prossùni capitoli, uno zibaldone di bassi numerati e non Cpartimenti'),
insieme ad esempi di aggraziate melodie sovrapposte a bassi non numerati
('solfeggi'), rappresentava un importante repertorio di rnateriale musicale a cui
• • •
un gtovane composttore poteva attingere.

Definizione di (schema)
Cosa significa chiamare un modello musicale 'schema'? TI termine ha alle spal-
le una lunga storia, prima in filosofia, poi in psicologia. In Kant 'schema' indi-
ca ciò che è chiamato in senso lato una rappresentazione mentale, o categoria,
e quindi è sinonimo di 'idea' o 'forma' (Platone), 'idealtipo' (W eber), 'somi-
glianza di famiglia' (Wittgenstein), 'archetipo' (Frye), 'Erototipo' (P osner), 'es-
senza' (Putnam), 'tipo naturale' (Rosch) ,26 e così via. E indubbio che l'uomo
sia maestro nell'incUviduare rapidamente utili categorie a partire dalla '' confu-
sione di colori e di rumori" delle sensazioni e delle esperienze,27 ma la ricchez-
24 Galeazzi, F. , Ele1nenti teorico-pratici di musica con un saggio sopra l'arte di suonare il vio-
lino analizzata, ed a dimostrabili principi ridotta, vol. 2, Roma 1796, pp. 54-55.
25 E clizioni moderne degli st udi di Attwood e Ployer sono elencati sotto '' Mozart '' nell'in-
dice delle fonti musicali alla fine del libro.
26 Immanuel Kant , Critica della ragione pura, a cura di G io rgio Colli, Ein audi, T orino
1957; Platone, La repubblica, in Opere complete, vol. 6, L aterza, Bari, 2003; M ax W eber, Eco-
nomia e società, Edizioni di Comunità, Milano 196r; Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofi-
che, a cura di Mario Trinch ero, E inaudi, Torino I96T Frye, N. , Anatomia della Critica, trad.
it. Paola Rosa-Clot e Sandro Stratta, Ein audi, T o rino 1969 e 1987, pp. 130-9; Posner M. I., e
KeeJe, S. W ., ((On the G enesis of Abstract Ideas", in ]ournal of Experimental Psychology, n .
77, 1968, pp. 353-63; Putnam, H ., "The Meaning of 'Meaning' ", in Language) Min d, and
Knowledge, a cura di Keith G underson, University of Minnesota Press, Minneapolis 1975,
pp. 131-93· Rosch , E., Basic Objects in Natura! Categories, University of California Language
Beh avior Research Laboratory, Berkeley 1975; Rosch , E., e Mervis, C. B., ((Family Resem -
blances: Studies in the Internai Structure of Categories" , in Cognitive Psycology, n. 7, 1975,
pp. 573-605.
27 James, W. , The Principles o/Psychology, 2 voli., Holt, New York 1980, vol. 1, p . 488.
l. Introduzione 27

za e la versatilità di tali categorie fanno intuire che si possano derivare schemi


in molti modi. Tre approcci contemporanei alla comprensione del modo in cui
si formano e si usano gli schemi sono centrati sulle nozioni di 'prototipi',
'esemplari' e 'teorie'. Molti psicologi hanno osservato che noi astraiamo natu-
ralmente le caratteristiche comuni di esperienze simili e che creiamo da queste
astrazioni un'esperienza generalizzata definita 'prototipo' .28
Possiamo usare un prototipo come termine di paragone per valutare se una
particolare istanza di qualcosa sia un buon esempio del proprio schema. A
una persona che ab bi a sviluppato uno schema di 'cadenza finale' dall'ascolto
delle canzoni popolari degli anni '40, la terza di Piccardia alla fine di un pez-
zo di Bach può apparire molto inusuale e inaspettata, mentre uno che ha
ascoltato solo Bach e Handel può percepire la stessa cadenza come una per-
fetta istanza del suo tipo. Le loro diverse esperienze pregresse porteranno a
diversi schemi e perciò a diverse valutazioni. Altri psicologi hanno osservato
che possiamo anche basare tali valutazioni su un rimando a casi individuali
ben noti: gli 'esetnplari' .29 Una persona cresciuta con la passione per la nona
sinfonia di Beethoven potrebbe benissimo utilizzarla come punto di riferi-
mento per lo schema 'sinfonia', anche se la nona sinfonia è storicamente un
caso atipico del suo genere. Altri psicologi ancora si rifanno a studi che mo-
strano come la percezione dei bambini cambi quando essi iniziano a formula-
re proprie 'teorie' sul loro mondo.30 Ad esempio, la teoria ingenua di un bam-
bino che il suono di un sassofono sia parte dello schema 'jazz' può influenza-
re molto la sua ricezione del Bolero di Maurice Ravel. Gli stereotipi sociali ed
etnici nutriti da tanti adulti sono ulteriori prove di teorie che, a prescindere
dal modo in cui sono state formulate o da quanto siano inesatte nei singoli ca-
si, caratterizzano comunque la percezione di molte persone. Lo 'schema' è
perciò un pacchetto di conoscenza in versione stenografica, sia esso un proto-
tipo astratto, un modello accuratamente studiato, una teoria intuitiva sulla na-
tura e sul significato delle cose, o anche solo la registrazione su un fascio di
n euron i corticali di una qualche regolarità nell'ambiente. Conoscere schemi
di una certa rilevanza permette di stabilire paragoni utili o di evitarne di as-
surdi. Gli esperti in una particolare materia sono più capaci, rispetto ai profa-
ni, di distinguere schemi rilevanti. Venire a conoscenza di un repertorio di
schemi musicali galanti può condurre perciò a una maggior consapevolezza
delle sottili differenze che esistono nella musica galante. La musica sembrerà
acquisire più significato.
Definire uno schetna può essere difficile. Bisogna resistere sia alla tentazio-
28 Posner, M. I., «Empirica! Studies of Prototypes '', in Noun Classes and Categorization, a
cura di Colette Craig, John Benjamins, Philadelphia 1986, pp. 53-61.
2 9 Erickson, M . A., e Kruschke, ]. K., (( Rules and Exemplars in Category Learning", in
]ournal o/ Experimental Psychology: Genera!, n. 127, 1998, pp. 107-40.
30 Medin, D. L. , e Heit , E.]. , ''Categorization" , in Cognitive Scz"ences, a cura di David E.
Rumelhart e Benjamin Martin Bly, Academic Press, San Diego 1999, pp. 99-143.
28 La musica nello sttle galante

ne di ipersistematizzare (Cari Dahlhaus parlava di Systemzwang) 31 sia a quella


di semplificare troppo. Le nostre percezioni sono molto più fluide e ricche di
sfumature di quanto noi siamo capaci di descrivere a parole. Per esplorare piu
nel concreto alcuni dei problemi che sorgono nel descrivere uno schema, con-
sideriamo il repertorio delle fiabe tedesche, già oggetto di ampi studi. I fratelli
Gritnm pubblicarono una prima importante raccolta nel 1812, attingendo alla
testimonianza diretta di donne e uomini anziani che le avevano imparate intor-
no alla meta del Settecento.32 Le loro fiabe contengono una gran quantità di
materiale stereotipato, come rivelano gli incipit di sette di queste: 33

Al margine di una grande foresta abitava un taglialegna insieme alla moglie;


non avevano che un'unica figlia, una bimba di tre anni. [Fiaba n. 3]

Al margine di una grande foresta viveva un povero taglialegna insieme alla


moglie e ai loro due figli; il bimbo si chiamava Hansel e la bimba Gretel.
[Fiaba n. 15]

C'era una volta un mugnaio; era povero ma aveva una bellissima figlia.
[Fiaba n. 55]

C'era una volta un pover'uomo e una povera donna che non possedevano
altro che una piccola capanna e che vivevano alla giornata, pescando pesci.
[Fiaba n. 85]

C'era una volta un povero taglialegna che lavorava dalla mattina fino alla
sera tardi. [Fiaba n. 99]

C'era una volta un uomo e una donna che avevano un unico figlio, e viveva-
no soli soletti in una valle isolata. [Fiaba n. r66]

Un povero mugnaio viveva con la moglie e le sue tre figlie in una piccola
capanna al limitare di una foresta solitaria. [Fiaba n. 169]

È possibile rintracciare un unico schema alla base di tutte queste frasi , un


modello appreso che serve a riconoscere o a dare l'avvio a questo tipo di
fiaba? La risposta dipende molto da come si valutano le somiglianze. Gli inci-
pit delle fiabe n. 3 e n. 15, ad esempio, combaciano quasi parola per parola, ma
poi la fiaba n. 15 devia con l'introduzione di un figlio maschio, Hansel. Gli
31 Dahlhaus, C., Studies on the Origino/ Harmonic Tonality, trad. ingl. RobertO. Gjerdin-
gen, Princeton University Press, Princeton 1990 (orig. Untersuchungen uber die Entstehung
der harmonischen Tonalùiit, Barenreiter, Kassel 1967) .
3 2 Grimm, J., e Grimm, W. , Kinder- und Haus-Mtirchen, Berlin r8r2-15.
33 La numerazione di queste fiabe indica la loro posizione all'interno dell'edizione r8r2-15.
1. Introduzione 29

incipz"t delle fiabe n. 15 e n. 166, al contrario, usano parole molto diverse eppu-
re presentano un contenuto molto simile. Motivi simili sono comuni alle fiabe
n. 3, n. 15 e n. 169 (una foresta), n. 3 e n. 166 (un figlio unico), e n. 15, n. 55, n.
85, n . 99 e n. 169 (la poverta). In effetti, come documentato dalla storiografia
del folklore, il medesimo repertorio di formulazioni è compatibile con molti
modi diversi di definire le somiglianze e quindi gli schemi.34 Gli studiosi di
fiabe tradizionali, ad esempio, si concentrano sul protagonista - un tagliale-
gna, un pescatore, un mugnaio - e classificano le fiabe in base alloro agente
principale: la fiaba del taglialegna, la fiaba del pescatore, la fiaba del mugna-
io, e così via. La fiaba di Giacomino e il fagiolo magico è perciò classificata
come "fiaba di Giacomino" . Che dire però delle fiabe n. 85 e n . 166? La cate-
goria "fiaba di moglie e marito" non era riconosciuta dagli studiosi di fiabe
tradizionali. Gli studiosi dell'Ottocento e del prin1o Novecento aggirarono
l'ostacolo definendo schemi più astratti. Distinsero fiabe d'avventura da fiabe
comiche, fiabe del soprannaturale da fiabe d'astuzia. N el corso del ventesimo
secolo altri studiosi hanno poi esteso queste ricerche verso le nuove direzioni
della psicoanalisi e della critica politica.3 5 Un teorico europeo della letteratu-
ra, ad esempio, potrebbe definire lo schema dei precedenti incipit come
l'espressione figurata della fascinazione piccolo borghese per il contadino
povero ed emarginato. In fin dei conti, l'umile taglialegna (o mugnaio, o cop-
pia di sposi) vive "al margine" (''alla giornata", "soli soletti", "al limitare", "ai
piedi della montagna").
Queste considerazioni, per quanto interessanti, presentano tutte il difetto di
cercare di ridurre complessi fenomeni a singole essenze. La frase iniziale della
fiaba n. 3 non parla essenzialmente di taglialegna, né fondamentalmente della
povertà rurale. La frase presenta un taglialegna, questo è certo, ma prosegue
inserendo il taglialegna in relazione con la moglie, inserendo entran1bi in una
relazione di parentela con la loro figlia di tre anni, colorando tale relazione di
parentela con la particolare frase "unica figlia'', e inserendo l'intera unità fami-
liare in un'ambientazione al margine di una grande foresta. Questa mappatura
di relazioni e di motivi costitutivi ha un ruolo importante nell'approccio tasso-
nomi co della scuola finlandese di studi folkloristici del primo Novecento.3 6 La
gigantesca raccolta di schemi di fiabe- o 'tipi di fiabe', come sono chiamati
dagli studiosi di fiabe tradizionali - che ne risulto si basava sull'analisi dei mo-
tivi costitutivi e sui complessi di motivi comuni. La nostra fiaba n. 15 risulta ap-
34 Darnton, R., The Great Cat Massacre and Other Episodes in French Cultural History,
Basic Books, New York 1984, pp. 9-74; e Thompson, S., The Folktale, Dryden Press, New
York 1946.
35 Fromm, E., The Forgotten Language: An lntroduction to the Understanding o/ Dreams,
Reinhart, New Y ork 1951 (trad. it. Il linguaggio dimenticato. Introduz-ione alla comprensione
dez· sognt: delle fiabe e dei 1niti, Bompiani, Mila11o 1962); e Bettelheim, B. , The Uses o/
Enchantment: The Meaning and Importance o/ Fairy Tales, Knopf, New York 1976.
36 Aarne, A., e Thompson , S., The Types o/ the Folktale, 2 8 ed. riveduta, Academia
Scientiarum Fennica, Helsinki 1961.
30 La musica nello stz"le galante

partenere al tipo di fiaba 327A, Hansel e Gretel, che è un sottotipo del tipo 327,
I bambini e l'orco.37
Lo schema Hansel e Gretel, come uno scenario della commedia dell' arte,
presenta tre episodi principali, ognuno integrato da episodi secondari in cui
sono inseriti diversi motivi (ad esempio, le briciole di pane, la casa di marzapa-
ne, il forno):

l. Arrivo alla casa della strega


(a) I bambini sono abbandonati nel bosco dai genitori poveri,
(b) ma ritrovano la strada grazie a brandelli di tessuto o sassolini lasciati
cadere a terra.
(c) La terza volta gli uccelli mangiano le briciole.
(d) Vagano nel bosco finché non arrivano alla casa di marzapane abitata
da una strega.
2. La sconfitta della strega
(a) La strega cattura i ban1bini e comincia a far ingrassare Hansel.
(b) Hansel fa toccare alla strega un osso invece del dito per farle sentire
che ancora non è abbastanza grasso.
(c) La strega è bruciata nel forno.
3. La fuga
(a) I bambini sono trasportati sull'acqua dalle anatre.

n 'tipo di fiaba' ha molte


3
corrispondenze con ciò che oggi gli psicologi chiama-
no 'schema di storia' . 8 Entrambi presuppongono diversi livelli di analisi- epi-
sodi narrativi subordinati, ognuno con i propri motivi subordinati- ed entram-
bi escludono una singola caratteristica essenziale in favore di complessi di carat-
teristiche, spesso organizzate gerarchicamente. Eppure nessuno dei due defini-
sce pienamente ciò che è uno schema, specialmente uno schema che si sviluppa
nel tempo. Come la passata generazione di filosofi e la presente generazione di
psicologi cognitivi si sono affannati a spiegare, una categoria mentale comples-
sa è qualcosa di più che un elenco fisso di tratti definitori. Prendiamo ad esem-
pio il caso delle tre fiabe del taglialegna (nn. 3, 15 e 169). Tutte e tre omettono il
"C'era una volta". Dunque ]a regolare on1issione di questa frase d 'apertura
standard è parte integrante dello 'schema del taglialegna' ? Se è così, allora la de-
finizione di quello schema dipende dalla conoscenza di una categoria più am-
pia, quella di fiaba in generale (con la sua apertura standard). n punto può ap-
parire insignificante, ma in realtà ha svariate conseguenze. Primo, esso suggeri-
sce che non necessariamente singole istanze di uno schema debbano contenere
tutte le caratteristiche che definiscono lo schema. Secondo, dimostra che uno
37 Aarne, A., Verzeichnis der Miirchentypen, Suomalainen Tiedeakalemian Toimituksia,
Helsinki 1910.
38Mandler, J. M ., StoriesJ ScriptsJ and Scenes: Aspects o/ Schema Theory, Lawrence Erl-
baum Associates, Hillsdale (New Jersey) 1984.
1. Introduzione 31

schema può avere caratteristiche non esplicitate, cioè non articolate in parole o
frasi. Terzo, esso indica che le caratteristiche che definiscono uno schema pos-
sano specificare un riferimento temporale o altri attributi relazionali. Quarto,
infine, esso porta alla conclusione che la nozione di livelli di struttura è un' ec-
cessiva semplificazione. In particolar modo, "C'era una volta" è a un livello
strutturale sia più basso sia più alto della proposizione in cui compare: più bas-
so in quanto è parte della proposizione, più alto in quanto è una caratteristica
importante dell'intero repertorio.
Definire gli schemi musicali non è meno complicato. L'esempio 1.1 presenta
sette linee eli basso di altrettanti incipit tratti dalle sonate per flauto op. 2 (1732)
di Pietro Locatelli (1695-1764), tutti trasposti in tonalità di Do maggiore per
semplificarne la comparazione. Anche se presi da movimenti in quattro diver-
se tonalità e cinque diverse indicazioni di tempo, questi bassi presentano evi-
denti sotniglianze. Per esempio, per ogni basso ho contrassegnato con un qua-
drato il primo quarto, con un cerchio il terzo e di nuovo con un quadrato il
settimo, per mostrare che tutti hanno in comune un do iniziale, un passaggio al
la e un ritorno sul do. Su scala più ridotta, ho contrassegnato con degli asteri-
Pulsazioni l 2 3 4 5 6 7 8
Andante
I, 1, b. l , D o mag. :>= ~ ì -

-- -- * =j * ì
- * * - ·-
1
-
--

Largo
II, 1, b. l , Re mag. ~: ~.===~=r
* * *~
- li

Adagio
IV, 1, b. l , Sol mag. :(;\: 4; *
--::!4
Allegro
V, rv, b. l , Re mag . .;>: i r l * * *
Largo
l
~

Vili, 1, b. l , Fa mag. ~: ~
- 4 -~- --~=- '-- = - ~
Vivace
- * *·~-=
VIli, n , b. l, Famag. :2_~ ~ l

Allegro * * * ,..........
VIII , IV, b. l , Fa mag. ?= ~ - ______.....__ -

Es. 1.1 - Locatelli, op. 2, vari bassi iniziali (Amsterdam, 1732)


32 La musica nello stile galante

'
schi il passaggio discendente per gradi/a-mi-re-do. E da notare che nella sona-
ta n. 8, Largo, non vi sono asterischi, segno che questo passaggio discendente
per grado costituiva una continuazione molto comune, ma comunque facolta-
tiva, della prima metà di questo tipo di basso. Per voler cercare altri n1otivi più
piccoli, si può notare che Locatelli impiega salti ascendenti di ottava sul setti-
mo quarto, che spesso aggiunge rapidi passaggi ascendenti di tre note nella se-
conda metà del settimo quarto e che spesso include rapidi passaggi discenden-
ti nella seconda metà del terzo.
I bassi di Locatelli presentano molte altre somiglianze e differenze; tuttavia,
è necessario tenere in considerazione altri fattori prima di com prendere come
questi singoli bassi traggano origine dalle "figure obbligatorie" note a Locatel-
li e ad altri compositori galanti. Per Locatelli e i suoi colleghi, il campo d'inda-
gine era l'esperienza musicale della loro vita intera, non soltanto le sonate del-
l' op. 2. Oltre alle considerazioni sulla melodia, sull'armonia, sul ritmo, sul me-
tro e sulla forma, per comprendere come questi passaggi venissero percepiti è
necessario esaminare le tradizioni dei diversi generi, le preferenze degli stili na-
zionali, e i particolari repertori musicali allora conosciuti ed eseguiti. Ho espo-
sto i dettagli di questa sorta di inchiesta in un mio precedente libro, A Classic
Turn o/ Phrase, in cui studiavo nel dettaglio lo schema di una comune frase
musicale.39 Nel presente libro ho sintetizzato i risultati di diverse indagini di
questo tipo in modo che il lettore possa farsi un'idea generale sul repertorio di
importanti schemi di frase galante. Molti dei prossimi capitoli sono dedicati a
singoli schemi. Essi presentano numerosi esen1pi musicali - o esemplari - che
consentono al lettore di esplorare varianti e differenze stilistiche tipiche di de-
cenni e corti diverse. Altri capitoli illustrano interi movimenti di grandi com-
positori dello stile galante dando così alletto re l'opportunità di verificare gli
schemi di frase nel loro vero contesto. Nei primi capitoli compaiono piccoli e
semplici movimenti; in seguito vi saranno movimenti più lunghi e più comples-
si. La teoria che presiede alla mia presentazione di questi schemi è che essi co-
stituissero uno dei nuclei dello zibaldone di un musicista galante; cioè il suo re-
pertorio di materiale musicale, frutto del suo duro lavoro, e che nel milieu so-
ciale della corte galante questi schemi formassero un mezzo di comunicazione
uditiva tra i mecenati aristocratici e i loro artigiani musicali.
li secondo capitolo chiarirà che i bassi di Locatelli iniziano tutti con la varia-
zione di uno schema d'apertura noto fin dal sedicesimo secolo come 'Romane-
sca', e il terzo capitolo dimostrerà che gli asterischi contrassegnano il basso di
uno schema usato come risposta standard a una Romanesca iniziale. Queste re-
lazioni non erano una (( segreta arte di schemi", per parafrasare Edward Lo-
winsky.40 Piuttosto, questi schemi erano concepiti per essere riconosciuti da
39 Gjerclingen, R. 0., A Classic Turrt o/ Phrase: Music and the Psychology o/ Convention,
University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1988.
40 Lowinsky, E. E., Secret Chromatic Art in tbe Netherlands Motet, Columbia University
Press, N ew Y ork 1946.
l. l ntroduz·ion e 3.3

chiunque ascoltasse abbastanza di questa musica. Per i moderni appassionati


di musica classica, ogni schema in questo volume suonerà in modo alquanto
familiare.
Intorno al 1709, il musicista tedesco Johann David Heinichen (r683~1729)
scrisse un trattato in cui, tra le altre cose, discuteva come armonizzare alcune
successioni di due note nel basso. Mostrava poi come queste coppie di note
potessero essere combinate in una linea più ampia che egli stesso definì «sche-
ma" .41 I suoi schemi per i passaggi di grado nei modi maggiore e minore erano
simili ·a ciò che i musicisti italiani chian1avano regola dell'ottava ", ma abba-
c(

stanza diversi da risultare ormai fuori moda. 42 Lo stesso Heinichen riconobbe


la sua imperfetta assimilazione dello stile italiano e così partì per Venezia nel
I?II; qui egli ne perfezionò la conoscenza, e alla fine fece un trionfante ritorno
come maestro di cappella alla ricca corte di Dresda. Così come Heinichen,
anche noi nei prossimi capitoli esamineremo diverse coppie di note, e vedre-
mo cotne esse erano impiegate all'interno degli schemi più comuni; e, come
Heinichen, faremo anche noi un viaggio in Italia per perfezionare la nostra
scienza musicale attraverso lo studio di esemplari di grandi maestri. E, ancora
come Heinichen, finiremo per far ritorno alle terre tedesche, nel nostro caso
per guardare le lussureggianti opere di Mozart attraverso la lente dello stile
galante italiano.

Archeologia dei comportamenti musicali galanti

Anche se l'argomento principale di questo libro sono i modelli musicali utiliz-


zati e tramandati dai compositori galanti, un tale argomento solleva inevitabil-
mente questioni intorno alle modalità di ascolto del passato. Ad esetnpio, se un
compositore galante studiava un particolare repertorio di modelli appartenen-
ti a un'epoca precedente e poi per anni lo utilizzava nelle sue composizioni,
che effetto gli faceva quando lo sentiva nelle composizioni di altri? Questi atti
di agnizione non influenzavano il suo modo di percepire quella musica? Se egli
e i suoi colleghi compositori condividevano all'incirca lo stesso repertorio di
schemi, la continua riproposizione degli stessi modelli non influenzava anche
il modo di ascoltare dei loro mecenati? Se questi schemi costituivano il mezzo
di comunicazione musicale tra artigiani di corte e i loro padroni, questo com-
mercio estetico non dipendeva in qualche modo almeno dal riconoscimento
generale di questi n1odelli da parte di molti uomini e donne di corte? La fami-
liarità con l'esposizione di questi schemi non detenninava un metro di giudi-
zio per la proprietà, l'invenzione e il gusto musicale?
41 Heinichen, J. D ., Neu er/undene und grundliche Anweisung ... zu vollkommener
Erlernung des General-Basses, Hamburg t7n, pp. 201 - 4 .
42 Christensen, T. , "The Regle de l'Octave in Thorough-Bass Theory and Practice'', in

Acta Musicologica, n. 63, 1991, pp. 91-II7.


34 La musica nello stile galante

I docum·e nti originali del Settecento non sono in grado di fornirci diretta ..
mente le risposte a queste domande. Allora, come oggi, la maggior parte delle
persone dava per scontato che gli altri sentissero la musica nel modo in cui
loro stessi la sentivano. La musica influisce sugli ascoltatori in modo così
diretto, così viscerale, che la si può facilmente confondere con un fenomeno
naturale i cui significati dovrebbero essere ovvi, chiari e lampanti a ogni esse-
re senziente. li barone von Grimm asserì senza riserve che la musica è ''un lin-
guaggio universale, dal momento che colpisce immediatamente i nostri orga-
ni e la nostra immaginazione [. .. ] Le sue espressioni [. .. ] [arrivano] diretta-
mente al cuore, senza passare per così dire attraverso lo spirito" .43 I significa-
ti della musica, in effetti, sembrano essere comuni all'interno di gruppi socia-
li affini per età, istruzione, etnia e classe; tuttavia, con l'aumentare della
distanza sociale tra le persone, aumenta anche la distanza tra le loro modalità
di ascolto. Un 'linguaggio' musicale distante potrebbe richiedere l'ausilio
della traduzione.
Per gran parte del ventesimo secolo era normale considerare l' auton1obile,
l'aeroplano, il cinema e la radio come segni di un brave new world, un "mirabi-
le nuovo mondo ", per usare l'espressione shakespeariana da cui deriva il titolo
inglese del romanzo di Aldous Huxley del 1932 sul modernisn1o selvaggio e in-
controllato.44 Molti compositori contribuirono a questa rottura con il passato,
e un effetto collaterale del loro modernismo fu che venne creata a posteriori la
nozione, per il periodo precedente, di una 'prassi musicale comune'. In parti-
colare, la musica del Sette e Ottocento fu inserita tutta insieme nel calderone
dello stile pre-moderno, con tre gusti standard: quello romantico, quello clas-
sico, e quello barocco. La semplicità e il fascino di questa costruzione storia-
grafica, con la sua grandiosa storia di crescita e progresso musicale alimentata
dalla mano invisibile della tonalità e dagli sviluppi nella 'scienza' dell'armonia,
senza dubbio portò alla sua ampia diffusione. Eppure, in quanto esen1pio prin-
cipe di evoluzionismo storiografico, tale costruzione nasconde proprio quelle
discontinuità e fratture che, se ben conosciute, ne minerebbero la legittimità.
In pratica, l'autorevolezza di questa costruzione storiografico-musicale domi-
nante ha seriamente ostacolato il cammino di un'accurata 'archeologia' dell' ar-
tigianato della composizione musicale. 45
Non è stato il ventesimo secolo a inventare il senso d'inquietudine e aliena-
zione in risposta ai rapidi cambiamenti sociali e tecnologici; anche coloro che
vissero il passaggio da una cultura musicale di corte a una cultura musicale

43 Grimm, F. M. von, "Poème lyrique", in Fubini, E., Musica e cultura nel Settecento euro-
peo, pp. 120-r.
44 Huxley, A., Brave New W orld, Chatto and Windus, London 1932. Il titolo è preso da La
ternpesta, atto v, scena r, tirata di Miranda.
45· Foucault, M. , L'archeologtà del sapere: Una metodologia per la storia della cultura, trad.
it. di Giovanni Bogliolo, Bur, Milano 1997 (orig. L)archéologie du savoir, Gallimard, Paris
1969).
t Introduzione 35

commerciale erano più inclini a notare le fratture che una continuità implicita
in una 'prassi musicale comune'. Lo scrittore e storico Henry Adams (1838-
1918) descrisse in terza persona come il mondo in cui era nato fosse stato aggre-
dito dalle nuove tecnologie:

[Henry Adams] e la sua settecentesca, trogloditica Boston furono separati


con un colpo netto- allontanati per sempre-, nei fatti se non nei sentimen-
ti, dall'apertura della linea ferroviaria Boston-Albany, dalla comparsa nella
baia della prima vaporiera Cunard, e dai tnessaggi telegrafici che portava-
no da Baltimora a Washington la notizia che Henry Clay e James K. Polk
erano stati candidati alla presidenza. Era il maggio 1844; aveva sei anni, il
suo nuovo mondo era pronto all'uso e solo alcuni frammenti del vecchio
incontrarono i suoi occhi.46

Adams, privilegiato nipote e pronipote di precedenti presidenti americani,


sentl per tutta la vita di essere culturalmente un uomo del Settecento sperdu-
to nel violento, brutale mondo del diciannovesimo secolo. "Ci si ritrova in un
singolare ordine di pensieri, piu che mai settecentesco, quasi rococò, incapaci
di inserirsi da qualche parte all'interno degli ingranaggi dell'evoluzione" .47
Beethoven e il dinamico mondo della musica dell'Ottocento erano estranei al
giovane Adams quanto la locomotiva a vapore. Soltanto dopo che si fu trasfe-
rito in un 'università tedesca del diciannovesimo secolo questo "giovane ragaz-
zo americano uscito dalla Boston del diciottesimo secolo"4 8 inizio a compren-
dere Beethoven; e quando ciò accadde "egli non avrebbe potuto essere più stu-
pito che se avesse improvvisamente iniziato a leggere in una nuova lingua" .49
Adams probabilmente sarebbe stato d'accordo con la radicale asserzione di
Miche! Foucault:

allivello archeologico, vediamo che il sistema delle positività è cambiato


radicalmente alla svolta dal XVIII al XIX secolo. Non che la ragione abbia
fatto progressi; è il modo d'essere delle cose che è stato profondamente
alterato: delle cose e dell ordine che, ripartendole, le offre al sapere.5°

46 Adams, H., The Education o/ Henry Adams: An Autobiography, Houghton Mifflin,


Boston an d New Y ork 19r8, p. 5·
47 , AutobzògraphJ', p. 284.
48 , Autobiography, p. 72.
49 , Autobiography, pp. 8o-r.
°
5 Foucault, M., Le parole e le cose: Un 'archeologia delle scienze umane, trad. it. di Emilio
Panaitescu, Bur, Milano 1998, p. XVIII (orig. Les mots et les choses: Une archéologie des
sciences humaines, Gallimard, Paris 1966). Riguardo la forma musicale, un concetto simile è
stato espresso da Balthazar, S., "Intellectual History and Concepts of the Concerto: Some
Parallels from 1750 to 1850", in ]ournal o/ the American Musicological Society, n. 36, 1983, pp.
39-?2.
36 La musica nello stile galante

Alcuni musicisti dell'era post -beethoveniana in realtà ebbero un certo interes-


se verso il passato musicale ed esplorarono i manoscritti e le stampe conserva-
te. Eppure molti romantici, alquanto simili ai conquistadores che scartavano i
tesori più raffinati degli Incas- mantelli ricavati da complicati intrecci di piu-
me - in cerca dell'oro, colonizzarono il loro retaggio musicale settecentesco
depredando alcuni straordinari manufatti -l'ultimo Mozart, alcune opere di J.
S. Bach - ma tralasciando le opere che erano state le più altamente apprezzate
dai tnecenati dell'ancien régime. Quasi come un Vecchio Testamento radical-
mente reinterpretato da un Nuovo Testamento, la musica del Settecento iniziò
a essere recepita attraverso il filtro della musica dell'Ottocento. I significati
cambiarono e, per parafrasare Adams, "solo alcuni frammenti del vecchio" ve-
nivano recepiti dai nuovi ascoltatori. Le opere galanti erano apprezzate solo
nella misura in cui la ricezione romantica le avesse trovate adeguate. Per usare
le parole del romanziere francese André Gide, ''L'opera d'arte classica non sa-
rà forte e bella che perché ha domato il suo romanticismo [pour son romanti-
sme dompte1 ".5 1 Anche se il giudizio di Gide può essere efficacen1ente applica-
to al neoclassicismo degli anni '20 e alla ricezione primo-novecentesca dell' ar-
te del Settecento, esso è di scarso aiuto per con1prendere i gusti e i valori della
società galante.
In uno studio sulla vita all'interno di un piccolo paese dell'Irlanda, l'etnolo-
go Henry Glassie ha descritto il tipo di impegno necessario per indagare nel
passato di una cultura diversa dalla propria:
Lo studio approfondito della storia di una comunità non inizia con una raz-
zia di brandelli in modo da dare colore o sostanza o nobiltà alla storia di
un'altra comunità. Inizia quando l'osservatore adotta la prospettiva locale,
poi rende visibili gli snodi cruciali della storia locale, portando le creazioni
dei membri della comunità- gli artefatti in cui è sepolto il loro passato, i te-
sti in cui il loro passato vive - a una totale presenza. 52

Questo atteggiamento postmoderno verso il recupero della "totale presenza"


del passato culturale, col suo presupposto della diversità, non è condiviso da
ogni musicista classico. Molti interpreti possono recitare una genealogia che
parte dal loro insegnante principale, e risale al passato attraverso una catena di
insegnanti fino ad arrivare ai tempi di Beethoven, o anche prima. li grande pia-
nista cileno Claudio Arrau (1903-1991), ad esempio, era orgoglioso di essere al-
lievo di Martin Krause (1853-1918), che fu allievo di Franz Liszt (1811-1886), che
fu allievo di Cari Czerny (1791-1857), che fu allievo di Ludwig van Beethoven
(1770-1827), che fu allievo diJoseph Haydn (1732-1809), che fu allievo di Nicola
Porpora (1686-1768), che fu allievo di Gaetano Greco (c. 1657-1728). Greco fu
51 Gide, A., Morceaux choist's, Nouvelle Revue Française, Paris 1921, p. 93: "L>ceuvre d'art
classique ne sera forte et belle qu 'en raison de son romantisme dompté".
52 Glassie, H., Passing the Time in Ballymenone: Culture and History o/ an Ulster Commu-
nity, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1982, p. 621.
l. Introduzione 37

insegnante a N apoli della prima generazione eli compositori galanti; dunque si


potrebbe saltare alla conclusione che le interpretazioni di Arrau del repertorio
del Settecento facevano tesoro di questa connessione apparentemente ininter-
rotta con le radici del passato musicale galante. Si potrebbe addirittura dire
che Arrau suonasse Haydn "com'era per davvero" .53
Le incisioni su cilindri di resina della fine dell'Ottocento dimostrano invece
che le tradizioni interpretative cambiarono drasticamente nel corso del vente-
simo secolo. Studi storici sulle tradizioni ancora precedenti raccontano di al-
trettanto drastici cambiamenti che si verificarono nel corso del diciottesimo e
diciannovesimo secolo. Oggi numerosi solisti ed ensemble offrono 'interpreta-
zioni filologiche' del repertorio del Settecento. Essi propongono un ritorno al-
la tecnologia del diciottesimo secolo (flauti in legno, corde di minugia, corni
naturali, pelli di vitello per i timpani, eccetera), un abbassamento del diapason
e cambi di arcate, di articolazione nei fiati, di fraseggio e di ornamentazione.
La conseguente pretesa di autenticità (non priva di effetti commerciali) non è
stata esente da contestazioni.54 Si è discusso in roventi polemiche se una ri-
creazione 'd'epoca' del passato musicale, basata su ricerche approfondite ma
pur sempre congetturali, sia più autentica di una tradizione musicale viva, an-
corché trasformata, tramandata di n1aestro in maestro.
Come ho già anticipato, ho il sospetto che anche le tradizioni dell'ascolto
abbiano subito una lenta trasformazione. Per recuperare qualcosa dell'anti-
ca tradizione galante, ho azzardato un'archeologia del linguaggio di quella
lontana civiltà musicale, i cui uomini e donne di corte condividono con noi
relativamente poche strutture sociali o forme mentali. Al posto dei frammen-
ti di vasi antichi, dai miei scavi ho ricavato delle frasi musicali: semplici gesti
musicali di un'epoca diversa, cui è stata ridata voce in un diverso ambito
sociale. Possiamo noi intenderle allo stesso modo di Voltaire, Jefferson o
Mozart? Forse questa è una domanda non realistica. Gli studiosi di archeo-
logia classica ci hanno insegnato che i templi dell'antica Grecia e dell'antica
Roma erano sfarzosamente dipinti,55 eppure non abbiamo mai pensato di
ridipingere il Partenone.56 Gli immacolati edifici classici si sono inseriti

53 Leopold von Ranke (1795-1886) fu sotto molti aspetti il primo storico conten1poraneo.
Egli non considerava affidabile la grande narrativa e attingeva direttamente alle fonti prima-
rie, le quali erano in grado di rivelare il passato ((com'era per dawero" ("wie es eigentlich
gewesen ist''). Vedi la prefazione al suo Geschichten der romantischen und germanischen
Volker von 1494 bis 1535, G. Reimer Leipzig 1824.
54 Kenyon, N. (a cura di), Authenticity and Early Music, Oxford Uruversity Press, Oxford
1988; e Taruskin, R. , Text and Act: Essays on Must"c and Performance, Oxford University
Press, N ew York 1995.
55 Phleps, H., Die Farbzge Architektur bei den Romern und im Mittelalter, Ernst Wasmuth,
Berlin 1930.
56 Ad ogni modo, val la pena notare che, negli standard del cinema distribuito internazio-
nalmente, di recente i templi antichi sono diventati più colorati. Si confronti, ad esempio il
film Cleopatra del1963 con la serie televisiva Rome del 2005.
38 La musica nello stile galante

appieno nella moderna visione del mondo come simboli di svariate istituzio-
ni solenni Le mie ricerche, e quelle di altri studiosi, mostrano che le ultime
composizioni di Mozart erano difficili da comprendere per il pubblico galan-
te; ciò nonostante non mi aspetto che Mozart venga all'improvviso detroniz-
zato dalla sua attuale posizione di divin fanciullo, portatore di purezza, chia-
rezza e razionalita, per manierate e stravaganti che fossero le sue manipola -
zioni dello stile galante. Ciò che può essere fatto è dare al pubblico moderno
una possibilità, un metodo per sviluppare un modo storicamente informato
di ascoltare la musica galante. Questo nuovo modo, in verità, è solo conget-
turale e non necessariamente migliore di altri. Come l'esecuzione 'filologica,,
si tratta eli una moderna ricostruzione di un passato solo immaginato. Pur
essendo congetturale, questo modo di ascoltare la musica galante è comun-
que affascinante e ben sorretto dagli scritti e dalla prassi dei musicisti del
Settecento. Esso sarà di aiuto nel ridare un po' di colore alla fruizione della
musica galante.
Arnold Dolmetsch, pioniere della rinascita della musica antica, intitolò la
sua monumentale opera del 1915 L )interpretazione della musica del XVII e del
XVIII secolo basata su testimonianze dell' epoca.57 La sua interpretazione pun-
tava a un risultato concreto: la ricostruzione di strumenti d'epoca e l' esecuzio-
ne delle ornamentazioni melodiche. La mia interpretazione della musica del
diciottesimo secolo si concentra sull'impalpabile: sui costrutti mentali usati dai
musicisti di corte per creare e praticare la loro arte. Le mie 'testimonianze del-
l' epoca' non si baseranno solo su artefatti costituiti da frasi musicali, tna anche
sulle tracce di come i musicisti professionisti apprendevano la loro arte.
Benché oggi Haydn e Mozart siano tanto distanti nel tempo quanto Purcell e
Corelli lo erano da Dolmetsch, credo che sia ancora possibile recuperare qual-
cosa della mentalité musicale galante attraverso un'attenta analisi e compara-
zione dei gesti musicali galanti. I seguenti capitoli sono dedicati allo studio det-
tagliato di tali gesti.

Note per il lettore

A chi è destinato. Sebbene a volte il discorso possa vertere piuttosto sul tec-
nico, ho evitato di nascondermi dietro tecnicismi. Chiunque abbia amore per
la musica classica e sia capace di leggere la notazione musicale non avrà diffi-
coltà a leggere la maggior parte di questo tomo.
Limiti. Dai tempi di Mozart a oggi abbiamo avuto più di duecento anni di
critica e di studio accademico. Durante questo lungo periodo la musica del-
l' epoca galante ha significato molte cose diverse per molti dpi diversi di per-
sone. La reinterpretazione romantico-modernista della musica galante è essa
57Dolmetsch, A. , The Interpretation o/ the Music o/ the XVIIth and XVIIIth Centuries
Revealed by Contemporary Evidence, Novello, London 1915.
l.lntroduzz'one 39

stessa diventata una grande tradizione musicale con una propria autenticità.
Non posso permettermi di trattare o passare in rassegna tale importante let-
teratura in quest'unico volume. Cercherò piuttosto, per quanto mi sarà possi-
bile, di coinvolgere scrittori e musicisti del diciottesimo secolo attraverso le
loro stesse parole, concetti e gesti. Ovviamente potrà risultare difficile inter-
pretare gli scritti dell'epoca senza ambiguità. Con1e ha osservato il dottor
Johnson nel 1773, ((sessanta o settant'anni dopo che sono state scritte, tutte le
opere che descrivono le maniere abbisognano di note esplicative" .5 8 Oggi, a
una distanza storica molto maggiore, i commenti settecenteschi sulle maniere
musicali galanti potranno aver bisogno di un bel po' di <note esplicative', che
io traggo in parte dai miei studi sulla regolarità di comportamenti della musi-
ca galante.
I nomi di quasi tutti i musicisti del diciottesimo secolo, salvo alcuni, sono
ormai, ahinoi, scivolati nell'ombra; perciò cercherò di spendere per ogntmo
una frase o due che mettano in luce la posizione del musicista all'interno della
societa galante. Queste poche righe, scritte con il solo scopo di evidenziare per
il lettore non specialista la rete di conoscenze personali e professionali che
mettevano in contatto musicisti di diverse corti, cappelle e città, sono un inde-
gno sostituto di una vera biografia.
Nomi degli schemi. Nel dare un nome a diversi importanti schemi musica-
li ho seguito le ortne di J oseph Riepel, teorico settecentesco e maestro di cap-
pella a Ratisbona, che ha dato nomi a svariati importanti schemi musicali. Ove
possibile ho utilizzato i nomi impiegati da Riepel e altri diffusi nel diciottesi-
ma secolo, ma non ho esitato a inserirne di nuovi nella lista. Per alcuni sche-
mi ho scelto una parola, spesso italiana, che catturasse un aspetto della loro
funzione - questo era anche il metodo di Rlepel negli anni '50 del Settecento
- mentre per aJ.tri schemi ho scelto un nome in omaggio a un illustre studio-
so o maestro. E possibile, ovviatnente, conoscere qualcosa di musicale senza
per questo sapergli dare un nome; la competenza musicale del normale pub-
blico è di questo tipo. Ma, così come è impossibile immaginare una seria
ricerca sulle caratteristiche e le abitudini di diverse specie di uccelli senza
usare i nomi degli uccelli, è altrettanto difficile tnettere a confronto le specie
di frasi musicali galanti senza la possibilità di nominarli. Ovviamente, inven -
tar nomi si può fare in molti modi. Ho evitato i toni 'scientifici' di un certo
stile teorico-musicale, preferendo piuttosto l'approccio diretto e disimpegna-
to degli stessi compositori galanti. Nell'appendice A è possibile trovare un rie-
pilogo di tutti gli schemi.

58 Boswell, J., Esq., Tbe lzfe o/ Samuel ]ohnsonJ LL. D. : comprehending an account o/ bis
studies and numerous works, in chronological order/ :A series o/ bis epistolary correspondence
and conversations with many e1ninent persons; : and various origina! pieces o/ his composition,
never be/ore published. : The whole exhibiting a view o/ literature and literary rnen in Great
Britain, /or near half a century, during which he fiourlshed. : In two volumes, Henry Baldwin,
London 1791, 8 aprile 1773.
40 La musica nello stile galante

N orni delle note. Per indicare una specifica nota ho utilizzato gli standard
della Acoustical Society of America. li do centrale del pianoforte è quindi il
do 4 , il diapason standard a 440Hz è illa4, il la un'ottava sopra è i1la5, un' otta-
va sotto il la 3 , e così via.
N orni dei gradi della scala. Per indicare i gradi della scala o delle tonalità
quando compaiono in uno schema ho usato numeri racchiusi in cerchietti. Se
compaiono nella melodia, i cerchi sono neri (0-@-@), se compaiono nel
basso i cerchi sono bianchi (CD -(J) - CD). Nei passaggi che modulano fra diver-
se tonalità , tali indicazioni fisse per i gradi della scala non consentono di rap-
presentare adeguatamente la trasposizione delle altezze. Ammetto che in tali
casi le vecchie forme di denominazione delle note possono essere più conve-
• •
n tenti.
Nomi degli accordi. Nella descrizione degli accordi utilizzati dai composito-
ri galanti, in genere ho evitato il sistema di numeri romani del diciannovesimo
e ventesimo secolo (I, VI, V, eccetera), preferendo la comune numerazione del
basso del diciottesimo secolo (6, 6/5, 7, eccetera). Laddove ho usato i numeri
romani, questi sono in maiuscolo, e indicano i gradi della scala trattati come
punti di riferimento accordali (Stu/en in tedesco) o centri tonali.
Centro ton.ale - tonalità globale. Nella musica galante, la relazione tra signi-
ficato locale e globale degli accordi e delle tonalità era fluida. Molti dei meto-
di di analisi musicale in voga oggi sopravvalutano spesso la capacita di distin-
guere chiaramente tra significato locale e globale. In realta, l'arte del composi-
tore galante dipendeva molto dalla sua capacità di modulare tra una percezio-
ne di certezza e una di incertezza, ossia tra, da una parte, dare al pubblico di
corte un senso di sicurezza e stabilità, e, dall'altra, condurre gli ascoltatori
lungo sentieri oscuri fatti di strani accordi e tonalità remote dove costoro si
sentissero del tutto sperduti. La stella polare della musica galante non era un
accordo di tonica, ma piuttosto l'esperienza dell'ascoltatore, che i maestri di
quest'arte sapevano indirizzare con arte consumata. n termine ottocentesco
tonalità, che mai fu usato dai compositori galanti, era estraneo alle loro preoc-
cupazioni, che erano di natura più locale: io stesso l'ho evitato nel corso di
questo libro, direi senza rimetterei nulla.
Forma. Di alcune figure musicali si può dire che presentino una forma chia-
ramente definita ma un contenuto vago (per esempio, un "tema di quattro bat-
tute"); altre possono invece presentare una forma vaga ma un contenuto chia-
ramente definito (ad esempio, un "pedale di dominante") . Altre ancora si tro-
vano a meta strada tra questi due estremi. Per gli schemi di medie dimensioni,
che sono argomento di gran parte di questo libro, questo genere di relazione
forma/ contenuto è catturato mediante i termini 'evento' e 'stadio'. Prendiamo,
ad esempio, uno schema musicale immaginario con tre eventi disposti in un
ordine prevedibile, dician1o A-B-C (v. figura r.I). In una presentazione sempli-
ce dello schema ogni evento può costituire un singolo stadio, come quando, ad
esempio, A, B e C siano ognuno un singolo accordo.
1. Introduzione 41

i\ 13 c

Figura 1.1 - Schetna di tre eventi musicali


In presentazioni più complesse, tuttavia, gli eventi centrali possono fungere da


punti di riferimento; o da segni di punteggiatura. In tal caso, (stadio' indiche-
rà l'espressione più lunga in cui è inserito l' (evento'. Nella figura 1.2, questi tre
eventi centrali sono ora rappresentati con i tre rispettivi stadi, i primi due simi-
li e il terzo diverso in qualcosa. Gli stadi uno e due potrebbero contenere lun-
ghi arpeggi che terminano con gli eventi A e B; lo stadio tre potrebbe contene-
re vari echi dell'evento C.

STADIO STADIO STADI


UNO DUE l3 TRE

Figura 1.2- Schema di tre eventi centrali contenuti in tre stadi

Gli schemi presentati nel libro saranno definiti in termini dei loro eventi, e i
possibili, importanti parallelismi o divaricazioni tra gli stadi di un certo sche-
ma emergeranno dai numerosi esempi musicali forniti per quello schema.
Queste e altre questioni di forma saranno riviste e trattate appieno nel capito-
lo 29, dove vedremo che un altro termine raramente usato dai compositori
galanti, (forn1a sonata', è più di ostacolo che di aiuto per comprendere come le
cotnposizioni galanti fossero concepite e comprese all'epoca. A giudicare dal
notevole corpus di scritti novecenteschi sullo stile musicale del Settecento, si
potrebbe dedurre che la tonalità e la forn1a sonata fossero quasi gli unici argo-
menti degni di interesse. Se dichiarassi questi argomenti anacronistici prima
ancora di iniziare a trattare questa musica, e se rifiutassi di collocare ogni
pezzo su un asse barocco/ classico, rimarrebbe ancora qualcosa da dire? Spero
che il lettore ammetterà, almeno per il momento, che anche se si mettono da
parte i pilastri dell'approccio romantico-modernista a un'arte antiromantica
rimanga ancora qualcosa di cui valga la pena discutere.
Repertorio. Quest~ vol urne esamina la musica scritta per il mondo delle
corti settecentesche. E ovvio che la cultura di corte si estendeva oltre la cer-
chia della nobiltà ereditaria fino al mondo dell'alta borghesia delle città in
espansione, che a sua volta aspirava a emulare la nobiltà. Secondo Nolivos de
42 La musica nello stzle galante

Saint-Cyr (1759), "la città, come si suoi dire, scimmiotta la corte" ,59 e molti
facoltosi finanzieri e commercianti misero su intere maisons complete di ver-
sioni minori degli in trattenimenti di corte. Anche gli alti prelati avevano corti
con istituzioni musicali (l'espressione 'principe della Chiesa' era più che un
modo di dire, e la protezione di ricchi uon1ini di chiesa era vitale per n1olti
compositori galanti). Sono escluse da questo volume quelle musiche intese
unicamente per l'uso domestico della classe media, per le congregazioni delle
chiese protestanti, per (pubblici' concerti a pagamento e per il teatro popola-
re, anche se queste musiche erano parte integrante della vita nel diciottesimo
secolo. Mozart, ad esem.pio, iniziò la sua carriera dedicandosi quasi esclusiva-
mente alla musica di corte; eppure da adulto si avventurò nei campi del tea-
tro popolare (Il flauto magico), dei concerti pubblici a pagamento (molti dei
suoi concerti per pianoforte), e della n1usica per la n1assoneria (inni secolari),
un'associazione che la maggior parte delle corti europee considerava sedizio-
sa. n suo graduale spostamento verso tradizioni piu urbane e commerciali fu
comune a molti musicisti nella seconda metà del Settecento. Perciò per diver-
sa musica posteriore all'incirca al176o la categoria di musica di corte va inte-
sa come indicazione di un orientamento o retaggio stilistico, più che in senso
letterale.
Del vero e proprio stile galante di corte ho fornito centinaia di esempi
musicali di circa ottanta compositori. Perciò, con1e disse Samuel Johnson
(1709-1784) a proposito dei lemmi nel suo dizionario (1755), gli schemi sono
stati "dedotti dai loro originali, e illustrati nei loro vari significati, da esempi
dei migliori scrittori" .60 Nondimeno, molte aree della musica galante sono
state inevitabilmente neglette. La centralità dell'opera nella cultura galante
non può certo essere negata; tuttavia, la maggior parte degli esem.pi che ho
scelto proviene da piccole composizioni strumentali. Ciò è particolarmente
evidente nei primi capitoli, dove semplicità e comprensibilità sono elementi
essenziali. Piu avanti nel libro dopo aver presentato un numero sufficiente di
schemi, ho incluso intere arie di alcuni dei tnigliori n1aestri italiani. N ella mia
trattazione lo stile chiassoso e in qualche modo diverso delle sinfonie d' ope-
ra è stato ingorato. Non ho esaminato il recitativo o il melodran1ma, né mi è
stato possibile includere un'adeguata rassegna di schemi prediletti dalla tra-
dizione straordinariamente ricca della musica sacra galante. In particolare, ho
evitato il dolente inventario delle rappresentazioni cromatiche del dolore,
della dannazione e delle pene dell'inferno. Gli schemi forniti sono stati scelti
sulla base della loro importanza e prevalenza nei repertori centrali della Olusi-
ca per le sale di corte, per i teatri di corte e per le cappelle più progressiste.
Poiché la musica scritta nel modo maggiore ha finito per predominare in que-

59 N oJivos de Saint-Cyr, P . A., Tableau du siècle, Genève 1759, p. 132: "La Ville est, dit-on,
le singe de la Cour".
60 J ohnson , S., Dictionary o/ the English Language, London 1755, p. del titolo.
l. lntroduzz'one 43

sto repertorio, specialmente nella seconda metà del diciottesimo secolo, la


stragrande maggioranza degli esetn p i sono in modo maggiore. Per facilitare
r ascolto e la comprensione degli esempi, ho dato la preferenza a quelli in
tempo lento o moderato.
Didascalie degli esempi musicali. N el corso del testo gli esempi musicali sono
contrassegnati in base al capitolo e alla loro posizione nella serie degli esempi,
e comprendono il nome del compositore, il numero di movimento, l'indicazio-
ne di tempo e, se non e indicato nel pentagramma, il numero di battuta. Perciò
((Es. 7.14- Locatelli, op. 4, n. 2, III, Allegro, batt. 1" indica che il quattordice-
simo esempio musicale nel capitolo 7 è un estratto di Allegro dall'inizio del
terzo movimento della seconda sonata della raccolta di Locatelli pubblicata
con il numero d'opera 4· Nell'indice delle fonti musicali vi sono ulteriori infor-
mazioni sulla provenienza di specifici esempi musicali o riferimenti alle edizio-
ni moderne. I copisti raramente aggiungevano la data ai manoscritti musicali
galanti, e gli stampatori musicali spesso raccoglievano e pubblicavano lavori
scritti diversi anni prima. Laddove non sia stato possibile reperire che una
datazione approssimativa, il lettore troverà indicazioni come ((intorno al I78o",
a significare che quella particolare composizione è databile negli anni '8o del
Settecento. Nel caso dei manoscritti ad uso didattico noti come 'partimenti',
che per generazioni sono stati ricopiati da studenti, le date fornite in questo
libro spesso rappresentano soltanto una vaga supposizione basata sul periodo
di attività dei maestri in questione.
Scorciatoie. Alcuni dei prossimi capitoli introducono un nuovo schema.
Altri espongono interi movimenti che contengono esempi degli schemi illu-
strati in precedenza. I lettori che si spazientissero al pigro incedere settecente-
sco della mia trattazione, e che desiderassero una rapida panoramica degli
schemi, potranno saltare preliminarmente all'appendice A, dove troveranno
una rappresentazione grafica di ogni prototipo di schema, una lista delle carat-
teristiche principali di ognuno di essi, e brevi descrizioni delle loro funzioni
tipiche e della loro prevalenza storica. Dopodiché, potranno ritornare a uno
dei capitoli " di movimenti interi" per ascoltare gli schemi all'interno di un con-
testo. Altri lettori, che desiderino affrontare questo repertorio più direttamen-
te, senza teorie e interpretazioni da parte mia , potranno saltare il testo e ascol-
tare prin1a le registrazioni degli esempi. Sono possibili molti altri percorsi per
addentrarsi in questo materiale, tra cui iniziare con un intero brano n1usicale e
in seguito esplorare i suoi schemi costitutivi nei relativi capitoli.
Partimenti. Nel libro si fa spesso riferin1ento al vasto repertorio di opere
didattiche note come <partimenti'. Queste composizioni, il cui grado di diffi-
coltà spaziava dal molto semplice allo spaventosamente complesso, erano per-
lopiù linee di basso cui lo studente doveva sovrapporre voci superiori o accor-
di in modo da creare una composizione completa per tastiera. Questo libro
tratta i partimenti come strumento attraverso cui i giovani compositori, per
usare le parole eli Barbieri, (( studiavano e fortificavano la loro men1oria con
44 La musica nello stile galante

una gran farragine di cose") tra le quali gli schemi galanti. n lettore interessa-
to agli aspetti esecutivi dei partlmenti, o a imparare a realizzare un partimen-
to, ne troverà una breve introduzione nell'appendice B.
2
La Romanesca

Per i mecenati della musica galante, dare un giudizio critico sulle composizioni
e sulla loro esecuzione richiedeva familiarità con i più importanti schemi dello
stile; per i compositori, realizzare opere degne di encomio richiedeva la capaci-
tà di produrre esemplari di ogni schema corretti in ogni dettaglio. La conoscen-
za più passiva dei mecenati poteva derivare dal frequente ascolto delle tipiche
frasi della musica galante; quella attiva e operativa dei compositori era acquisita
grazie agli accurati insegnamenti degli insegnanti di musica: i maestri. I più
grandi maestri dell'epoca operavano in Italia, e avevano sviluppato un metodo
d'insegnamento unico, incentrato sul partimento, cioè il basso con funzione di-
dattica. Un partitnento assomigliava alla linea del basso che nel Settecento si af-
fidava agli accompagnatori, con la differenza che non vi erano altri esecutori a
suonare le altre parti: il partimento era il basso di un ensem ble virtuale che esi-
steva solo nella mente dello studente, e che diventava suono attraverso la sua
realizzazione alla tastiera. In termini comportamentali, il partimento, che spes-
so cambiava temporaneamente chiave diventando una qualunque delle voci
dell' ensemble virtuale, forniva una serie di stimoli per una serie di schemi, e le
"risposte apprese" dello studente davano come risultato una serie di frasi e ca-
denze realizzate in una trama a più voci. Dall'osservazione di una sola caratte-
ristica di un particolare schema, una qualunque delle sue parti caratteristiche,
lo studente imparava a completare l'intero schema, e facendo ciò ne imparava
a memoria ogni aspetto. Ne risultavano scorrevolezza nello stile e abilità nel
"parlare" questo linguaggio di corte.
Come i comici dell'arte memorizzavano tutte le scene e i 'lazzi' presenti nel-
lo zibaldone della loro compagnia, così i giovani compositori memorizzavano
tutti gli schemi presenti nei partimenti dei loro maestri. Nel sistema corporati-
vo dei musicisti di corte, gli studenti, in quanto apprendisti, non apprendeva-
no gli schemi attraverso descrizioni verbali o teorie speculative, ma piuttosto li
imparavano a memoria, realizzandoli in ogni possibile tono, metro, tempo e
stile. Questo rnodus operandi calcolato e concentrato, guidato da ciò che Gio-
vanni Maria Bononcini (1642-1678) chiamò la "viva voce di ben fondato mae-
stro", 1 consentiva agli studenti di costruirsi una robusta conoscenza circa qua-
li variazioni ed eccezioni fossero consentite e quali no. Tre di questi 'ben fon-
1 Bononcini, G. M. , Musica prattico che breventente dintostra il1nodo di giungere alla per-
l etta cognizione di tutte quelle cose, che concorrono alla composizione de i cantz~ e di ciò ch'al-
l)arte del contrapunto si ricerca, opus 8, Bologna 1673, prefazione.
46 La must·ca nello stile galante

dati' maestri furono Giacomo Tritto (1733-1824) e Giovanni Paisiello (I740-


r8I6), entrambi d i Napoli, e Stanislao Mattei (1750-1825) di Bologna. Paisiello,
come sappiamo, era uno degli operisti più famosi del Settecento, e gli allievi di
Tritto e Mattei includevano giganti della statura di Spontini, Donizetti, Bellini
e Rossini, i quali dominarono il mondo dell'opera del primo Ottocento. Di se-
guito ho riportato tre passaggi tratti da partim.enti di ciascun maestro. n basso
di T ritto è scritto a semibrevi, ed era pensato come esercizio per i principianti.
Sopra il basso, in note piu piccole, ho mostrato una possibile realizzazione con
due parti aggiuntive; sotto il basso, alle battute 4-5, ho messo fra parentesi l'in-
dicazione (6' per segnare il punto in cui lo studente avrebbe dovuto su onare
un accordo eli 6/3 invece che il normativa 5/3: 2
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Es. 2 .1 - Tritto, da un partimento in Fa maggiore (c. 181o-2o)

n basso di Mattei è simile al precedente; la sua numerazione originale (si trat-


ta quindi di un 'basso n umerato') indica una catena di dissonanze e le loro riso-
luzioni:3
1

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4 3
Es. 2.2- Mattei, d a un partimento in Do maggiore (c. 1780)
'
E da notare che, sull'ultimo quarto della pri1na battuta (es. 2.2), Mattei aggiun-
ge il nutnero 5 per correggere la tendenza dell'allievo a suonare un '6' in questo
punto (do 5 invece di si4 ), come invece suggeriva l'esempio di Tritto.
Anche il basso di Paisiello è simile agli altri due, e presenta di nuovo l'indi-
2 Tritto) G., Scuola di contrappunto) ossia Teorica Musicale, Ferd. Artaria, Milano [I8r6] ,
p. 21, n . 8.
Mattei, S., Piccolo basso: In tutti li toni per introduzione alli bassi numerati 6 sia1~o
3
Partimenti, MS Od.2.r8, I-Ne, Napoli, fol. 12r, "Sol terza maggiore n. 1. "
2. La Romanesca 47

cazione delle dissonanze. Mentre, però, Mattei prescrive un urto fra le due
voci superiori, Paisiello le fa muovere parallelamente per creare le dissonanze
con il basso: 4
10
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3 6 5 4 3 6 5 4 3 6 5 4 3 7 6 5 q6
8 4 3 2 8 4 3 2 8 4 3 285 4 3 3
Es. 2.3- Paisiello, passaggio in Mib maggiore da un partimento
in Do minore, Andante (r782)

Ognuno di questi partimenti è unico, eppure i tre brani hanno molte caratteri-
stiche comuni~ Le prime cinque note del basso hanno la stessa relazione inter-
vallare rispetto alla tonica; le prime tre sonorità accordali sono le stesse, sem-
pre rispetto alla tonica; le parti superiori sottintese iniziano con una discesa
per terze parallele, siano esse implicite (Tritto), chiaramente indicate (Paisiel-
lo) , o risultanti del ritardo di una parte di contralto, che di norma sta una terza
sotto al soprano (Mattei). Ogni esempio rappresenta poi, in un contesto più
ampio, l'ingresso di un nuovo importante tema o soggetto musicale; tutti e tre,
infatti, sono varianti comuni di uno schema noto come la Romanesca.
Come suggerisce il nome, la Romanesca è di provenienza italiana (così come
la maggior parte degli schemi galanti) .5 In principio, essa era ampiam ente cita-
ta e nominata dai musicisti d el sedicesimo secolo, e durante il diciassettesimo
secolo essa regno come una delle linee di basso più comuni. In tempi più re-

4 Paisiello, G., Regole per In


bene accompagnare il partimento, San Pietroburgo 1781, p. 30.
Italia, per quanto ne so, non è mai st ata p ubblicata alcuna raccolta eli partimenti durante il
diciottesimo secolo. Le edizioni a stan1pa d i partimenti iniziano a essere con1uni soltanto
all'inizio del diciannovesimo secolo. È possibile che la pubblicazione di Paisiello sia stata
favorita dalle speciali circostanze della musica italiana in Russia e dall'altissimo ran go socia-
le della sua p rotettrice (la futura zarina) .
5 AJcuni dei più anti chi riferimenti alla Romanesca si trovano nelle fonti spagnole, anche
se il suo sviluppo è un fenomeno tutto italiano. Essa ha in cornune molte car atteristiche con
altre formule musicali antiche, come il passamezzo antico. Vedi Ferrari Barassi, E., "A pro-
posito eli alcuni bassi ostinati del periodo rinascimentale e barocco '', in (,Memorie e contri-
buti alla musica dal medioevo all'età moderna offerti a Federico Ghisi nel settantesirno com -
pleanno (190I-1971)'' , in Quadrivùun, n. 12, 1971, pp. 347- 64; 1na vedi anche Predota, G. A.,
((T owards a Reconsideration of the Rom anesca: Francesca Caccini's Primo libro delle rnusi-
che an d Conten1porary Monodic Settings in the First Q uarter of the Seventeenth Century",
in Recercare, n. 5, 1993, pp. 87-n 3.
48 La musica nello stile galante

centi, la Romanesca è stata descritta come una soluzione comune a un proble-


ma pratico per la composizione: un modo per aggiungere una terza voce, sen-
za incorrere in ottave o quinte parallele, a una coppia di voci che si muovono
per terze parallele discendenti. 6 Se la voce aggiunta è un basso, la soluzione si
avvicinerà molto alla musica che ha reso un'obllata composizione del diciasset-
tesimo secolo un nome familiare tra gli appassionati di musica classica del tar-
do Novecento: il canone di Pachelbel (c. 168o; vedi es. 2.4). La sua prin1a corn-
binazione a tre voci, a battuta 5, presenta una chiara Romanesca in cui semplici
semiminime contrassegnano ogni stadio dello schema.
Le parentesi orizzontali nell'esempio 2.4 servono a evidenziare la collocazio-
ne generale dello schen1a. Come sempre, i numeri nei cerchi neri indicano i
gradi della scala nella melodia, e i numeri nei cerchi bianchi indicano i gradi
della scala nel basso. I manoscritti napoletani di partimenti potrebbero essere
stati i primi testi a trattare i gradi della scala come principio organizzativo e un
punto di partenza. Nei brevi compendi di regole allegati a volte alle raccolte di
partimenti, il basso di Romanesca CD-®-®-... era descritto come ((prima di
tono", "quinta di tono", ''sesta di tono", e così via. E per questo che i miei sim-
boli per i gradi della scala sono una versione grafica di concetti galanti autoc-
toni piuttosto che una 1noderna didascalia.

5
o

Es. 2.4- Pachelbel, dal Canone in Re maggiore, Andante (c. 168o-9o)

In termini settecenteschi, i bassi mostrati sopra rappresentano dei ''partimenti


semplici", ossia dei modelli elementari, spogli di ogni ornan1ento. I bassi fiori-
ti, in cui le note lunghe sottintese erano "diminuite" in note più brevi, erano
molto più comuni. Dal 1724 Georg Friedrich Handel (r685-1759) prestò servizio
come n1aestro di musica della principessa Anna, figlia di re Giorgio II d'Inghil-
terra, finché essa si sposo, nel 1734. Forse in ricordo dei suoi anni trascorsi in
Italia, per il suo insegnamento Handel si servì dei partimenti: alla principessa
6 Dahlhaus, C., Studies on tbe 0ftg/n o/ Hannonz'c Tonality, trad. RobertO. Gjerclingen,
Princeton University Press, Princeton 1990, p. 97·
2. La Rotnanesca 49

reale diede come compito dei partimenti fioriti, e alcuni di questi esercizi sono
stati conservati. Verosimilmente, Handel intendeva che il seguente brano fosse
realizzato come una Romanesca:

4 o

@
®

Es. 2. 5 - Han del, dagli esercizi per la principessa Anna:


Allegro (c. 1724-34)

Poiché l'esercizio completato dalla principessa è andato perduto, ho prowe-


duto io una realizzazione in note piccole sopra il partunento. In questo basso
fiorito, ogni stadio dello schema dura sei crom.e, con gli eventi centrali posti
sul primo ottavo di ogni stadio.
Tutti questi esempi di Romanesca suggeriscono un concetto più astratto
dello schema sottinteso, qualcosa magari con (a) sei stadi, (b) una melodia
discendente di grado, (c) un basso che alterna salti discendenti di quarta con
movi1nenti di grado ascendenti, (d) un'alternanza di eventi metricamente forti
e deboli, e infine (e) una serie di sonorità di 5/ 3, come mostrato in figura 2.r.

Forte Debole Forte Debole Forte Debole

~ -~--------
------ ...... -.. o -----------8 ----------- ~
~
------------- ~
~

5 5 5 5 5
3 3 3 3 3

Figura 2.1 - Schema della Romanesca con il basso che procede per salti
50 La musica nello stile galante

Persino un'introduzione alla Romanesca così breve dovrebbe consentire di


riconoscere, con una certa sicurezza, lo stesso schema nel seguente estratto:

1 o 0

5 5 5 5 5 5 6 4 3

l @
®
Es. 2.6- Cimarosa, dal quaderno (zibaldone) dipartimenti (Napoli, 1762)

L'unica cosa notevole di questa peraltro elementare versione della Romanesca


è la sua provenienza: l'esempio è preso da un quaderno di partin1enti usato al
Conservatorio eli Santa Maria eli Loreto, a Napoli, dal tredicenne Domenico
Cimarosa (1749-I8or), che sarebbe poi diventato uno dei maestri di cappella
più famosi in Europa.? Il conservatorio aveva accolto il ragazzo in seguito alla
morte di suo padre; l'anno seguente, il 1762, egli appose la data e firmò il suo
zibaldone di partimenti, la maggioranza dei quali possono essere attribuiti al
grande maestro napoletano Francesco Durante (r684-1755). Questo è un raro
caso in cui dettagliate informazioni biografiche su un fanciullo indigente,
accolto in uno dei grandi conservatori, possono essere collegate a un mano-
scritto datato di partimenti.
Il pentagramma superiore dell'esempio 2.6, da me aggiunto, mostra una
verosimile realizzazione di due parti superiori. La scelta delle note è stata for-
temente limitata dalla serie di 5 posti sopra il basso di Cimarosa. I 5 erano
ru1' abbreviazione di "ogni nota del basso dovrebbe reggere una sonorità di
s/3". n manoscritto originale, probabilmente opera di un copista professioni-
sta, presentava i numeri soltanto in cadenza; uno studente, forse Cimarosa
stesso, aggiunse i 5 per specificare ciò che era di per sé evidente per un musi-
cista adulto.
Durante questo stesso periodo, Cimarosa stava studiando anche lo schema
noto come la Follia, che ha in comune con la Romanesca una serie di sonorità
di 5/ 3 e che suggeriva per le voci superiori un n1oto per terze parallele.
L'esempio 2.7 presenta il partimento della (Folla' dal quaderno di Cimarosa,
insien1e all'aggiunta delle tipiche voci superiori:
7 Partimenti di Domenico Cima rosa per violino [sic], MS Gamma.L.9.26, Biblioteca
Estense, Modena.
2. La Romanesca 51

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Es. 2.7 - Cimarosa, dal suo quaderno dipartimenti (Napoli, 1762)

Queste forme di Romanesca e di Follia, parte del patrimonio dei musicisti del-
l'ultimo Settecento e del primo Ottocento, col passare del tempo furono di fre-
quente modificate. Per la Romanesca, il problema compositivo menzionato
sopra, cioè "in che modo aggiungere una terza voce, senza incorrere in ottave
o quinte parallele, a una coppia di voci che si muovono per terze parallele
discendenti ', ha anche un'altra soluzione nel caso in cui la voce aggiunta sia
quella superiore. La "soluzione della voce superiore" può somigliare a questo
passaggio cantato dalle Tre Dame ne Il f lauto magico di Mozart (K 62o) , in cui
le terze parallele sono cantate dalle due voci inferiori:

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Es. 2.8- Mozart, da Il flauto magico (K 62o), atto r, n. 5, A ndante (1791)


52 La musz'ca nello stile galante

Johann Schobert (c. I735-1767) era un celebre cembalista attivo a Parigi; la sua
musica fu oggetto di assiduo studio da parte del giovane Mozart, a cui fornì un
esempio più fiorito di questa variante della Romanesca all'inizio del suo trio in
Fa maggiore:

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Es. 2 .9 - Schobert, op. 6, n. I, mov. I, Andante, batt. I (Parigi, c. I76I-63)

Ragionando in astratto, questa variante della Romanesca presenta un basso


discendente di grado, al posto del precedente movimento per salti, e un 'alter-
nanza di accordi di 5/3 e 6/3:


Forte Debol.e Fott e Debole Fotte Debole
~
~ ----··---- .. f) ----.. _____ o --- ---- --- - ~
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5 6 5 6 5 6
3 3 3 3 3 3
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Figura 2 .2 - Schema della Romanesca con un basso che scende di grado

Sebbene in entrambi i tipi di soluzione la successione delle sonorità sia la stes-


sa, la variante per salto (Pachelbel e Handel) è più caratteristica del Seicento e
dei prin1i anni del Settecento, mentre la variante per grado (Mozart e Scho-
bert) è più caratteristica del tardo Settecento. Comunque, la maggior parte dei
2. La Romanesca 53

musicisti galanti sembra non avesse particolari preferenze per un tipo o per
l'altro.
Il musicista ceco Wenceslaus Wodiczka (c. I715/2o-1774), primo violino
dell'orchestra del duca di Baviera, dedicò a quest'ultimo le sue sonate per vio-
lino op. 1 (Parigi, 1739); nella dedica, Wodiczka ringrazia con grande effusio-
ne il duca per averlo scelto come membro della propria cappella musicale, i
Filarmonici, e per aver provveduto alla sua istruzione in Italia, sotto la guida
di '< un sapientissimo maestro". In Italia, un giovane musicista del nord del-
l'Europa aveva la possibilita di apprendere da uno dei grandi maestri dello
stile galante, e l'allievo diligente poteva mandare a memoria l'intero reperto-
rio di schemi in voga in quel momento. Un esame delle composizioni di Wo-
diczka suggerisce che egli fosse proprio quel tipo di allievo, e io considero il
suo opus n. r una presentazione al pubblico dei frutti dei suoi studi in Italia.
Ogni pagina mostra, con insolita chiarezza, le "figure obbligatorie" dello stile
galante italiano.
n movimento lento della terza sonata inizia con un buon esempio della
Romanesca preferita dallo stile galante (vedi es. 2.10). Le linee tratteggiate a
destra delle parentesi orizzontali indicano che questo tipo di Ron1anesca sfo-
ciava quasi sempre in uno schema successivo, spesso una cadenza. La melodia
di Wodiczka presenta la tonica e la quinta del tono, con il movimento melodi-
co discendente tipico delle antiche Romanesche affidato a una voce interna. li
profilo della melodia (che O venisse prima di 0 o viceversa) non era un fatto-
re importante nella Romanesca galante. Le prime quattro sonorità di
Wodiczka alternano accordi di 5/3 e 6/3, più o meno come nella variante di
salto (le cifre fra i pentagrammi sono originali).

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- - - - - - - - - - - - - - - - · - -·
Es. 2.10- Wodiczka, op. r, n. 3, mov. I, Adagio (1739)

L'accordo di 6/ 3 nel quarto stadio sopra il ® al basso, una caratteristica che


non si trova nelle forme ''pure" per salto o per grado, era comunque molto
comune, ed era implicito nel partimento di T ritto mostrato nell'esempio 2.1. li
54 La musica nello stile galante

basso di Wodiczka, usato anche da innumerevoli altri musicisti di corte, somi-


glia dunque a un ibrido delle due varianti principali, in forma abbreviata.

VARIANTE PER GRADO VAR IANTE PER SALTO



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VERSIONE GALANTE ~
Figura 2.3 - li basso ibrido di Romanesca galante

Le prime tre note del basso galante corrispondono alla versione per grado,
mentre le note dalla terza alla quinta corrispondono a quella per salto, ma con
una sonorità leggermente diversa: invece della sonorità di 5/3 al quarto evento,
la Romanesca galante di solito ha una sonorità di 6/3 . Sarebbe a dire che, per
il basso mostrato sopra (in Do maggiore), la versione galante farebbe sentire
un accordo di Do maggiore nel punto in cui le versioni per grado o per salto
farebbero sentire un accordo di Mi minore. Perché?
Quando ho posto questa domanda a studenti e colleghi, le risposte che ho
ottenuto avrebbero lasciato interdetti i musicisti che concepirono questa musi-
ca. Le nozioni di "grammatica degli accordi" apprese dai miei studenti dei pri-
mi anni non li aiutano a spiegare perché, in Sol n1aggiore, Wodiczka farebbe
seguire a un accordo di Mi minore un accordo di Sol maggiore in primo rivol-
to . Persino uno studente più avanzato, che invoca le "teorie e fantasie ~' di
Heinrich Schenker (!868-1935) scritte nel prin1o dopoguerra, con suoi pesanti
riferimenti alla ''volontà dei suoni" e allo "spirito della condotta delle parti",
non sa bene se sparare su una farfalla galante con l'artiglieria pesante renda
meno giustizia all'artiglieria o alla farfalla. 8 La particolare scelta musicale de-
scritta sopra non era basata sulla "gramn1atica degli accordi", la unascita della
tonalità" , lo "spirito della condotta delle parti" , o altre grandiose astrazioni: la
causa piu diretta di quella sonorità di 6/3 va cercata nell'interazione tra la pra-
tica del solfeggio e la realizzazione del basso non numerato (il tipo più avanza-
to dipartimenti), entrambe un tempo molto comuni, che altro non erano se
non codificazioni di una viva prassi musicale.
8 Schenker, H., Neue rrzusikalùche Theorien und PhantasienJ i: Hannonielehre, Stuttgart
1906; it/ 1: Konttapunkt: Cantu~firmus und zzueistimnziger Satz, Wien 1910; ii/2: Kontrapunkt:
drei- und Jnehrstinzntiger atz, Ubergiinge zu1n /reien Satz, Wien 1922; iii: De,..freie Satz, Wien,
1935; ed. riv. 1956, a cura di Oswald Jonas.
2. La Romanesca 55

La creazione di un accompagnamento armonico appropriato a partire da un


basso non cifrato richiedeva all'esecutore ponderate intuizioni sul contesto
musicale; quelle più ovvie furono codificate come regole o 'leggi'. Una delle
tante codificazioni di questo genere fu pubblicata nel 1707 da Monsieur de
Saint Lambert (attivo a Parigi intorno al 1700). Come primissima regola per rea-
lizzare un basso non numerato egli prescrisse: "Un si, un mi, & un diesis si pre-
sume che siano sempre numerati con 6, [ ... ] atnmesso che la nota seguente
salga di semitono" .9 Questa e esattamente la circostanza che si ha alla quarta
nota del basso della Ron1anesca galante. I lettori dotati di poca pazienza per
questa sorta di minuzie tecniche sentiranno ora la necessità di saltare diretta-
mente al prossimo capitolo, dando per scontato che i tnusicisti del Settecento
seguissero le regole del Settecento. Per gli altri, curiosi di comprendere come
((un si, un 1ni, & un diesis" siano tutte applicazioni della ((regola del mi", forni-
rò il seguente excursus sulla solmisazione del diciottesimo secolo.

Do) se do qualcosa a te ...


li solfeggio a sette sillabe in uso al conservatorio di Parigi da generazioni for-
nisce un nome univoco per ogni grado della scala diatonica:
,...
:li;. - .. ,
,...
~ " & u -- .. ~ e '
do re mi fa sol la si do
Es. 2.11 - Un solfeggio a sette sillabe

Che si trattino queste sillabe come nonli di note, nomi che persistono indi pen-
dentemente dalla scala o dal modo in uso (do fisso, la prassi parigina più recen-
te) , o come etichette per una posizione che si muove contestualmente al cen-
tro ton al e (do mobile), esse forniscono una corrispondenza biunivoca tra una
sillaba e la sua collocazione musicale.
Anche il più antico solfeggio a sei sillabe, introdotto nell'undicesimo secolo
da Guido d'Arezzo, associava sillabe a note: 10
-
.. ,
..,
~
5 l
~ e u -
~
..l. ' -

ut re mz fa sol la
Es. 2.12- Un solfeggio a sei sillabe
9
Saint Lambert, Monsieur de, Nouveau traité de l'accompagnement du clavecin, de l'orgue
et des autres instruments, Paris 1707, trad. ingl. e cura di John S. Powell con il nuovo titolo
A Neto Treatise on Accompaniment with the Harpsichor~ the Organ, and with Other
lnsrurnents, Indiana University Press, Bloomington 1991, p. 45·
10 Guido d'Arezzo, Micrologus, c. ro26.
56 La tnusica nello stile galante

Questo solfeggio esacordale definiva solamente un contesto locale; la sillaba


mi, per esempio, poteva riferirsi a una nota in almeno tre esacordi diversi.
Così, per identificare una posizione globale esatta, i musicisti del Rinascimento
dovevano ricorrere a una corrispondenza molti-uno in cui l'intersezione di due

·e sacord o "natur al"


e

;.__-------------H·". • •
.. . ..
• •
..
.. • •
esacordo "mo11e " .. .. ..

tJ- e n. •

~ • ~~. e •• . .~ ! - . ....... - - . - - - - .. - - - - - -
• e
• -. -..
mz .. - . - • • • •
=A lamire
. -. • •
• • •

.. -. . • • • •

"d ,,
~

·e sacordo uro • • • ••

•• - -

~

e n
-_,
~" •

re
o tre contesti locali avrebbe fornito la posizione globale. Il moderno la3 quin-
di diventava A lamire in virtù della sua collocazione in tre esacordi cardinali
(vedi es. 2.13) . I musicisti italiani mantennero questi nomi triadici per specifi-
care le altezze delle note fino a Ottocento inoltrato.
Es. 2.13 -Tre esacordi usati per definire una collocazione

Da qualche parte a metà tra questi due sistemi - tra la generalita globale del
solfeggio a sette sillabe e la particolarità locale degli esacordi - risiede la pras-
si comune del diciottesimo secolo; ciò che il violinista padovano Giuseppe
Tartini (r692-1770) chiamò ((il comune solfeggio italiano" non è completamen-
te locale né completamente globale:ll
-f
~
.::../ -- 1.~ - .. ~ - ~

~ & u
ut re mi fa sol re mi fa
Es. 2.14 - TI ''comune solfeggio italiano"

Gli intervalli importanti come i semitoni sono trattati localmente, cosicché sia
mi4-/a 4 sia si4 -do5 diventano mi-/a, benché essi risiedano in esacordi separati.
11 Tartini, G. , De) principi dell'armonia musicale contenuta nel diatonico genere, Padova
1767, in Fubini, E., Musica e cultura nel Settecento europeo EDT, Torino 1986 p. 144.
2. La Romanesca 57

Eppure, come vedremo, quando la scala si estende oltre i limiti di una singola
ottava, la sequenza che viene a formarsi è costituita da un modulo di sette sil-
labe che si ripete.
La prassi del diciottesimo secolo era tutt'altro che uniforme: in alcuni testi
tedeschi si trovano solo le lettere dell'alfabeto per i nomi delle note (A, B, C,
D, E, F e G): il trattato di violino (1756) di Leopold Mozart (r7I9-1787) rientra
in questa categoria. 12 Molti musicisti francesi furono tra i prin1i ad adottare le
sette sillabe: il trattato di armonia (1722) di Jean-Philippe Ram.eau (r683-1764),
per esempio, usa il si per il settimo grado, così come Saint Lambert prima di
lui.l 3 li teorico italiano Fausto Fritelli osservò (1744) come il vecchio sistema
del solfeggio esacordale potesse creare confusione con melodie caratterizzate
da cromatismi e frequenti salti; 14 non a caso, verso la metà del secolo alcuni
teorici più giovani come Joseph Riepel e Johann F riedrich Daube iniziarono a
ridicolizzare tutti i sistemi di solfeggio in quanto imposizioni di inutile com-.
plessità. 15 Ciò nonostante, il "comune solfeggio italiano" era ampiamente dif-
fuso ovunque lo stile musicale italiano fosse coltivato, e nel diciottesimo seco-
lo lo era quasi ovunque.
Un'esposizione più dettagliata della prassi italiana, così com'era recepita
all'estero nell'ultima parte del diciassettesimo secolo, può essere trovata nel
Musicalischer Schlissl [La chiave musicale] (1677) di Johann Jacob Prinner
16
(r624-1694) . Prinner comincia con l'esacordo, ascendente e discendente:
l

L
"/"
~=
. . e .. ,

l .. ,
- .. --
l•
~

l t.)
- e

...~.~
l

l
~


..1. ' e
ut re mt fa sol la la sol fa mz re ut
Es. 2.15- Prinner, Musicalischer Schlissl: esacordo a due collocazioni

L'uso di due chiavi indica che la sequenza di sillabe è la stessa per l'esacordo
naturale che inizia dal do 4 (in chiave di soprano) e per l'esacordo duro che ini-
zia dal sol2 (in chiave eli basso)· tali esacordi hanno dunque in comune le stesse
sillabe e quindi anche la stessa disposizione di intervalli. Dunque il soggetto e la
risposta 'reale' di una fuga, o un tema di sonata e la sua trasposizione una quin-
ta sopra o sotto sono gli 'stessi' in quanto richiedono le stesse sillabe.
12 Mozart, L ., Versuch einer griindlichen Violt'nschule, Augsburg 1756.
13 Rameau, J.-Ph., Traité de l'hannonie reduite à ses principes naturels, Paris 1722.
14 Fritelli, F., Ll modo di solfeggiare all'uso Francese, Siena 1744.
15
Riepel, ]. , An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Nicht zwar nach alt-mathemati-
scher Einbildungs-Art der Zirkel-Harmonisten sondern durchgehends mit sichtbaren
Exempeln abge/asset, ii: Grundregeln zur Tonordnung insgemein, Frankfurt und Leipzig I755,
pp. 10-5. Daube, ]. F., General-Bass in drey Accorden, gegrundet in den Regeln der alt- und
neuen Autoren, Leipzig 1756.
16
Prinner, J. ]. , Musicalh:cher Schlissl, 1677, manoscritto autografo, ML 95 P 79, Library
of Congress, Washington D .C.
58 La musica nello stile galante

Prinner mostra poi come estendere il solfeggio oltre un singolo esacordo; la


sequenza ascendente di sillabe all'inizio coincide con la scala eli Tartini, ma poi
alterna gruppi di tre e quattro note che iniziano col re:

e- •
ut re mi fa sol re mi fa re mt ...
Jf Jf Jf
Es. 2.16- Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza ascendente di sillabe

Anche la sequenza discendente di sillabe alterna gruppi di tre e quattro note


che iniziano colla. La diade discendente/a-la può sembrare insolita, n1a è con-
forme al precetto allora ben noto ''una nota sopra alla deve essere sempre can-
tata come fa" (una nota super la semper est canendum fa):

&
sol fa mi /la sol fa la sol fa ...
Jf
Es. 2.17 - Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza
discendente di sillabe

L'aggiunta di un bemolle in chiave, che segnala un cambiamento al sistema


"molle", traspone le sillabe:

ut re mi
fa sol re mi fa re mi ...
Es. 2.18 - Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza di sillabe
nel sistema "molle"

n "comune solfeggio italiano"' perciò, era un "do mobile"' almeno sotto certi
aspetti; anche se, come vedremo, modi diversi richiedevano diverse sequenze
di sillabe. Secondo Prinner, lo si potrebbe anche chiatnare "ut mobile", ma per
molti italiani la sillaba do aveva gia sostituito l' ut; Giovanni Maria Bononcini,
nel Musico Prattico (1673) attribuisce il can1biamento alle difficoltà di cantare
la sillaba antica. 17 Probabilmente Tartini si rifaceva alla prassi scolastica utiliz-
zando ancora ut quasi un secolo dopo.
l 7 Bononcini,G. M., Musica prattico, p. 35: "In vece della sillaba Ut i moderni si servono
di questa Do, per essere più risuonante".
2. La Romanesca 59

Leggendo oggi Prinner o Bononcini, si rischia spesso di identificare le silla-


be del solfeggio coi gradi della scala: tna non sono la stessa cosa. TI mi, ad esem-
pio, definiva una nota a distanza di semitono dalla superiore e a distanza di
tono dalla inferiore. Prinner, seguendo passo passo il trattato di Bononcini,
mostra una scala ascendente per ciascun modo con i semitoni mi-/a segnati con
note nere. Questo è il suo modo di re:


/a
o

re mt fa sol re mt sol
Es. 2.19 -Prinner, Musicalischer Schlissl, il modo di re
con i semitoni mi-/a marcati a note nere

Alcuni precetti fondamentali del '(comune solfeggio" dovrebbero ora essere


chiari:

- Bisogna considerare tutti i semi toni come mi-/a quando si sale e come /a-mi
o /a-la quando si scende, indipendentemente dal modo.
- Bisogna cambiare esacordo su un nuovo re se si sale e su un nuovo la se si
scende, quando un passaggio si estende oltre i limiti di un singolo esacordo.
- Bisogna trattare un'alterazione come un cambio di sillaba; perciò Dsignifica
"trattare come fa" e # significa ('trattare come rni".
-Un breve frammento di solfeggio- re, 1ni, /a ad esempio- può essere inse-
rito in molteplici contesti tonali anche con un unico sisten1a diatonico: (r)
come 0 -8 -@) dei modi di re o di la, (2) come 8 -@)-0 dei modj di do o di
sol, (3) come @)-0 -0 del modo di /a, (4) come 0 -0 -0 dei modi di mi o di
la, (5) come 0 -0 -8 dei modi di re o di sol, (6) come 0 -8 -0 dei modi di/a
o di do , (7) come 8 -0 -8 del modo di mi. Dodici possibilità in tutto.

Per un "musico prattico" come Prinner, la legge di Saint Lan1bert su '(un si,
un mi, & un diesis" sarebbe stata una regola su ''un mi, un mi, & un mi", giac-
ché si era soltanto un altro nome per un grado mi della scala, e un diesis era
un'indicazione di trattare una nota come mi. Questi gradi mi, quando al basso
erano seguiti da un /a, corrispondevano a contesti n1usicali in cui un evento
localmente instabile era seguito da un evento localmente stabile. Poiché gli
eventi più stabili tendevano ad avere accordi di 5/ 3, i gradi mi, per evitare quin-
te parallele, non dovevano avere accordi di 5/ 3 (6/3 o 6/ 5/ 3 funzionavano
meglio) . Da qui derivano la regola del mi e un'importante ragione per cui,
quando la quarta nota del basso d ella Romanesca precedeva una nota a distan-
za di semitono superiore (mi seguito da /a ), i musicisti galanti rispondevano
con un accordo di 6/3 sul mi e con un accordo di 5/ 3 sul /a; procedere altri-
menti sarebbe stato un passo falso.
60 La musica nello stile galante

Le osservazioni di Saint Lambert erano perfettamente in linea con la dottrina


dei conservatori napoletani. Francesco Durante, una delle figure più impor-
tanti a N apoli, che fra i suoi numerosi studenti di talento poteva contare anche
Pergolesi, inser1 la regola nella sua raccolta di partimenti: "Quando il parti-
mento sale di semitono, prende la 6a" :18
~~
--:J
,.
~· ..,.
~~

6
Es. 2.20- Durante, Regole, per un semitono ascendente
nel partimento (c. 1740-50)

In questo modo uno schema musicale può essere considerato come un colla-
ge: il risultato de.lle interazioni tra numerose abitudini locali e altre di mag-
gior respiro derivanti da precedenti storici e da mode correnti. I musicisti che
svilupparono la Romanesca galante conservarono un certo numero di ele-
menti provenienti da suoi venerabili antenati cinque e seicenteschi; ma
aggiunsero di loro anche la maggior importanza melodica attribuita ai gradi
O e 0 , ne accorciarono la lunghezza da sei a quattro eventi, e fusero insieme
il basso per salti con il basso per gradi, attribuendo al quarto evento una
sonorita di 6/ 3 in modo da aprire la strada, senza sforzi, a una successiva
cadenza o a un altro schema:

Forte Debole Forte D ebole

5 6 5 6
3 3 3 3

Figura 2.4 - Uno schema della Romanesca preferita dallo stile galante
l 8 Durante, F., Partimenti numeratz· e diminuiti e fughe del maestro France.rco Durante, s.d.,
MS 24.2.4, I-Ne, Napoli, fol. 8r..
2. La Romanesca 61

Questa Romanesca galante si dimostrò così popolare che durante la prima


metà del diciottesimo secolo divenne quasi un cliché, specialmente nei movi-
menti lenti come l'adagio di W odiczka mostrato sopra; esso era uno dei più
ovvi modelli che potesse venire in mente a un compositore per iniziare una
gran quantità di lavori. Quando Johann Adolf Hasse (1699-1783), il famoso
operista e compositore di corte a Dresda che aveva studiato a N apoli, sposò la
prima donna Faustina Bordoni (1697-178r), scrisse per lei una dozzina di eser-
cizi vocali, o "solfeggi", e scelse di iniziare il secondo con una Romanesca:

1 o - .....
Il\
~ ~ ,. ,.
~ ~ti ..
~
~
"""' -~
j
. ,_ l ~
~
6 6 6 (>

':f~ • )'
J
~ ~
~ 1* .. .. .,. ~ '

®
®
---------------,.------·--·
Es. 2.21- Hasse, 12 Sol/eggi, n. 2, Allegro (c. 1730-40)

Si osservi che il solfeggio di Hasse ha un basso con sparse cifre di continuo,


per il quale i musicisti napoletani usavano anche il termine di partimento. La
melodia era quindi schematicamente contestualizzata dal partimento corri-
spondente, e quest'ultimo era parzialmente realizzato grazie alla presenza della
melodia. L ungi dall'essere una singola linea melodica scritta per insegnare
qualche aspetto di ginnastica vocale (quale poi diventerà nell'Ottocento), un
solfeggio napoletano nel Settecento era una composizione a due voci concepi-
ta allo scopo di insegnare un'elegante condotta melodica e per raffinare quei
particolari schemi codificati dai corrispondenti partimenti. Gli studenti che si
esercitavano con questi solfeggi avevano un vantaggio quando erano chiamati
a realizzare al cembalo degli spogli bassi di partimento; essi, cioè, potevano
usare i solfeggi per '(munirsi la memoria" con melodie appropriate, le quali
potevano poi essere richiamate quando si adattavano a particolari contesti o
('occasioni" nel basso del partimento.
Come accadeva per la "scena solita" della commedia dell'arte, l'effetto della
Romanesca galante dipendeva dall'efficacia della sua presentazione, non dalla
sua originalità. Eppure il suo modello non fu mai completamente fisso: erano
possibili ulteriori variazioni se lo schema generale rimaneva riconoscibile.
Come variante finale, ecco una Rotnanesca da un mottetto del compositore
milanese Giovanni Battista Sammartini (r7oo/or-1775), che fu maestro di
Gluck. Essa si rifà in molti aspetti allo schema della figura 2.4, mantenendo
62 La musica nello stile galante

però l'armonia del primo stadio per tutto il secondo stadio, in modo da crea-
re una piacevole dissonanza con il basso quando questo passa da CD a (j), scen-
dendo a®:

- - - - - - - - - -- - -- - ----·
o0 o €~
9
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"
~- !~ ~~· - ~ _,~ · · · ·~.
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®
- -- - - -- - -- - - -------··
Es. 2 .22 - Sammartinl, Salmo (J-C 105), mov. 6, Gloria Patri,
Andante (c. 175o-6o)

Sotto molti aspetti, la frase di Sammartini è una diversa esecuzione della stes-
sa "scena" di Hasse: ogni compositore opera scelte leggermente diverse trat-
te da un campionario di alternative condivise. Lo schema in comune a
entrambi non era ((essenzialmente" né grammatica degli accordi né condotta
delle parti, ''fondamentalmente" né armonia né melodia; piuttosto, ogni ese-
cuzione trascritta era un riuscito compromesso entro una selezione di schemi
musicali ben appresi, nel rispetto dei vincoli tanto delle esigenze pratiche di
particolari soluzioni musicali quanto del retro terra e dell'esperienza di eia-

scun compositore.

--------- )• ----

63 o

@
@
- - - - - - - - - - - - - - - - · - · ··
_ _ _ _ ? _ _ __

Es. 2 .23 - J. C. Bach, op. 5, n. 3, mov. 1, Allegro (Londra, I766)


2. La Romanesca 63

Sammartini era il più importante compositore di musica sacra a Milano nel


periodo in cui un giovane J. C. Bach (1735-1782) prestava servizio come organi-
sta nel duomo della città. Si possono sentire echi dello speciale trattamento
della Romanesca di Sammartini in una delle sonate per tastiera di Bach del
1766 (v. esempio 2.23 a p. 62), scritta dopo che il Bach "di Milano'' si fu gua-
dagnato una reputazione come operista e fu ingaggiato in Inghilterra, dove
divenne il Bach "di Londra". La risposta di Bach alla Romanesca, indicata con
i punti interrogativi nell'esempio 2.23, era essa stessa uno degli schemi galanti
più comuni, e costituisce l'argomento del prossimo capitolo.
Dopo aver ascoltato questi diversi esen1pi della Romanesca galante, anche
voi avrete acquisito un "orecchio raffinato" e la capacità di giudicare se una
sua particolare esecuzione possegga una "grazia superiore" . Immaginiamoci a
Roma nel 1750, in conversazione con un'appassionata di musica sacra galante;
i musicisti entrano nella sala della villa del cardinal Albani, ci sediamo e aspet-
tiamo il maestro di cappella Niccolò Jommelli (1714-1774), anch'egli allievo di
uno dei conservatori napoletani. Il pingue maestro finalmente arriva e dà il
segnale d 'inizio per l'esecuzione del suo mottetto Domus mea, il quale comin-
cia con una Romanesca in tempo largo. Le due voci maschili acute sono
accompagnate delicatamente dall'organista, che suona il basso con la sinistra e
le armonie con la destra:

R J J\ 1.-\ \! ES

-
~ \o ... .. •
..., '\
• l
-
-- ~
l
•• - l

~p :~ : ·---
-
.J
~'"' ..... ./

~
Do - - .. - - - n1 u s me--a D
Do---- 1- - - - mus o-ra - - ti - o - - - - nis
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®
- - - - -- - - - -- - - - - - · · ··
Es. 2.24- Jommelli, Domus mea, batt. 1 (Roma, 1750) •

V arie erano le possibili scelte per il secondo accordo ((J) al basso) , tre delle
quali sono mostrate nell'esempio 2.25. L 'organista ha suonato la versione (a),
che non e piaciuta alla nostra nobile amica: essa parla della sua "crudezza", e
dopo l'uscita dei musicisti noi le raccomandiamo o il normale modello di
Basse (cfr. es. 2.21, adattato n ell'es. 2.25b) o il più pungente modello di
Sammartini (cfr. es. 2.22, adattato nell'es. 2.25c). Lei è ammirata dalla nostra
dimostrazione di competenza, e si complimenta con noi per il nostro gusto.
64 La musica nello stile galante

o
- ~
r,----.:::=:..::=-
- - - - rnus
- --
'1-- - -r-- - -r (( crud a "
(a) 4
3
:H## e D- 'f-- -~ - 1=-- -_ ~ -= Y- -==- -7 -

CD <V ®
0 o
_ f!: -
- - - - mus n1 e - - a 1- à la Hasse: il tipo
• . '
ptu comune, con
'' 6" sopra (J)
(b) 6
:>:tl#_c D _-_~ J p- r _
CD CV ®
0 8 o

à la Sammartini:
- l'armonia di tonica si
]__ 1 -
- estende al secondo
4
(c) 2 stadio, con "41 2"
~:n## c ~ __,__"~ -=-~- ~· - ~,.::::.== ) ~ - -1 sopra (J)
CD 0 ® @
Es. 2.25- Tre armonizzazioni dell'es. 2.24:
( a cru da ", (b) (( normale , , (c) "pungente "
) (C

La scena può sembrare fantasiosa, ma mette in evidenza l'importanza di pos-


sedere un gusto ben educato e aggiornato, e in particolare il gusto come argo-
mento di conversazione e disputa cortese. Saper parlare con intelligenza del-
l' arte era un ornamento e una distinzione sociale meritevole di essere coltivata.
Le sottili differenze fra le scelte dell'organista all'epoca significavano molto:
per tornare allibro di Norbert Elias citato nel capitolo precedente, "molte cose
che noi tendiamo a prima vista a liquidare come piccolezze o esteriorità, per
queste persone sono cariche di significati che per noi sono andati in larga misu-
ra perduti". Anche se forse solo dei musicisti avrebbero potuto espri1nere a
parole le scelte per armonizzare il basso eli Jommelli, le opinioni di musicisti
altolocati avevano una grande importanza in ogni corte attenta al prestigio.
2. La Romanesca 65

Paradossalmente (a confermare forse la mia osservazione sulle differenze alle


quali "con il passare dei secoli, siamo diventati meno sensibili") l'opzione
"cruda", quella meno appropriata, è stata quella scelta per l'edizione moder-
na, peraltro esen1plare, di quest' opera. 19 La sequenza generale degli schemi,
per fortuna, non è stata soggetta a revisione: Jommelli ha dato alla sua
Rom an esca lo stesso tipo di risposta e proseguimento scelto da J. C. Bach (es.
2.23). Come detto sopra, la natura di questa risposta galante sarà trattata
approfonditamente nel prossimo capitolo.

19Sieben kleine Kàchenkompost'tionen /ur 1-5 Solostimmen und Generalbass, Eclition


Kunzelmann, Lottstetten/Waldshut c. 1986.
3
TI Prinner

La società galante apprezzava la conversazione a un tempo educata e giocosa.


Negli abili scambi di battute che animavano le tenzoni verbali eli corte, la capa-
cita di farsi venire una risposta elegante era importante almeno quanto esser
capaci di prendere l'iniziativa. La mossa d 'apertura più insinuante, più stuzzi-
chevolmente ambigua, poteva cadere nel vuoto se nessuno avesse trovato una
risposta per ribattere; anche una replica convenzionale (magari un vecchio mo-
do di dire o un proverbio) poteva avere effetto a patto che fosse impiegata con
un certo piglio al momento giusto. Una risposta non azzeccata poteva essere
socialmente disastrosa. Isabelle de Charrière (r7 40-r8o5), una donna brillante e
altamente istruita della società di corte a L'Aia, aveva un vero dono come scrit-
trice, e molti critici ritengono le sue lettere tra le più raffinate del tempo. N el
1764 scrisse a un corrispondente segreto di un giovane che aveva il proposito
di sposarla; nella lettera riferisce di aver chiesto al suo pretendente: ''Conosce-
te Cinna?", alludendo alla tragedia di Corneille sull'antico generale romano. li
poveretto, pensando che ella parlasse di un testo antico, rispose: "Certo, l'ho
letta in latino" .1 Questa risposta fu la sua condanna.
Nella società musicale di corte, una mossa di apertura come la Romanesca
invitava a una risposta musicale elegante, e una delle scelte preferite era un
modello da me chian1ato "Prinner", in onore dell'umile didatta del Seicento
citato nel precedente capitolo. Il trattato di Prinner, importante più per la sua
ordinarietà che per la sua originalità, copriva una varietà di argomenti conside-
rati necessari per il musicista di provincia con una qualche aspirazione. Sotto il
titolo "Istruzioni per l'Organo" tratta ciò che un accompagnatore doveva sape-
re sui bassi numerati e non. L'esposizione segue la consolidata prassi di descri-
vere il contrappunto delle voci come una risposta appropriata al moto di una
voce di riferimento. N ei secoli precedenti la voce di riferimento sarebbe stata
un tenor; nel secolo di Prinner era il basso. Egli mostra diligentemente come le
voci in contrappunto debbano comportarsi se il basso sale o scende per due, tre
o quattro note e così via; quando arriva al basso che scende di quattro note,
indica le giuste risposte nel modo seguente (ho aggiunto l'indicazione dei gradi
della scala per confrontarla con gli esempi successivi):2
1 Charrière, I. de, Une Naison dangereuse: Correspondance avec Constant d}Hermenches}
1760- 1776, a cura eli Isabelle Vissière e Jean-Louis Vissière, Editions de la Différence, Paris
1991, dalla lettera del 21-22 luglio 1764, "La nuit entre samedi et dimanche ~' .
2 Prinner, J. ]., Musicalischer Schlissl, 1677, manoscritto autografo, ML 95 P 79, Library of
Congress, Washington D.C., microfilm fol. 58.
3. IL Prinner 67

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( 08 o C) ) Partitura

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Es. 3.1 - Prinner, Musicalischer Schlissl, fol. 58 (1677)

La sua intenzione può essere stata quella d i mostrare che due diverse disposi-
zioni delle voci (batt. I, 2) in due diversi toni (do e sib) hanno in comune lo stes-
so modello di basso numerato posto sotto la dicitura di "Partitura" (batt. 3, 4) .
Le sue due disposizioni, però, rappresentano anche il vecchio e il nuovo: la
disposizione nella prin1a battuta era per lungo tempo servita cotne forma del-
l' antica clausula vera (vedi cap. II), mentre la disposizione nella seconda battu-
ta - quella che io chiamo il Prinner - sarebbe diventata una delle risposte pre-
dilette dal nascente stile galante.
La Ron1anesca di Wodiczka mostrata nel capitolo 2 era il tipo di mossa di
apertura che richiedeva una risposta appropriata:

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- - - - - - - - - - - - - - --·-·· @ CD
Es. 3.2- Wodiczka, op. 1, n. 3, mov. 1, Adagio (I739)

Wodlczka aveva scelto una popolare variante del Prinner che presentava un
terzo stadio prolungato; sarebbe a dire che mentre ognuno dei primi due stadi
del Prinner di W odiczka dura soltanto una croma, il terzo stadio, con il suo
trillo sul O alla melodia, dura per una senuminima e consente l'interpolazione
del ® tra il ® e l'CD al basso. Questo adattamento pone il quarto evento del
68 La musica nello stz'le galante

Prinner esattamente sul battere di battuta 3, un punto stabile in cui Wodiczka


dà sia all 'ascoltatore sia al solista il tempo di respirare prima che la musica
riprenda con una nuova frase.
L'estensione del terzo stadio era solo una delle tante comuni opzioni dispo-
nibili ai musicisti galanti che volessero variare la risposta del Prinner. Quando
Wodiczka ripete più avanti nel movimento la sua combinazione Romanesca-
Prinner (subito dopo la doppia barra), egli approfitta di questo an1pliamento
per introdurre un certo numero di piccole modifiche:

PRIN lf R

6
o

-
@ ® ®
- - - - - - - - - - - - - - · ····

Es. 3·3- Wodiczka, op. r, n. 3, mov. 1, Adagio (1739)

Ad esempio, la melodia della Romanesca, nel suo aspetto iniziale, aveva il 0


che saliva all'O , mentre dopo la doppia barra il~ scende sull' O . In modo simi-
le, il <D-0 del Prinner era inizialmente più acuto del suo 0 -$ , ma è vero il con-
trario quando il Prinner ricompare dopo la doppia barra. Eppure, questo
secondo passaggio, pur con tutti questi (e altri) cambiamenti, sarebbe stato
ancora percepito come una riesposizione del tema di apertura (nel tono della
dominante) in quanto Wodiczka aveva rispettato la gamma di variazioni con-
sentite sia per la Romanesca sia per il Prinner di risposta.
Wodiczka, che noi useremo in questo testo co1ne ((uomo qualunque" galan-
te, avrebbe potuto studiare con uno qualsiasi dei "ben fondati maestri" dello
stile galante italiano: il suo trattamento dell'accoppiata Romanesca-Prinner
trova echi in molti lavori del periodo. Un estratto dalle sonate op. I di Bene-
detto Marcello (r686-1739), ad esempio, può essere facilmente immaginato co-
me punto di partenza e modello compositivo di Wodiczka, anche se il nobile
Marcello non avrebbe preso allievi (vedi es. 3.4).3
3 Verosimilmente, questi pezzi furono composti molto tempo prima, anche se la data della
stampa risale al periodo di studio eli Wodiczka in Italia. Vedi Selfridge-Field, E ., The Music
o/ Benedetto and Alessandro Marcello: A Thematic Catalogue with Commentary on the
ComposersJ Repertory, and Sources, Oxford University Press, New York 1990.
3. Il Prinner 69

1
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-------..oo:--------·-··
Es. 3·4- Marcello, op. I, n. I, mov. I, Largo (Amsterdam, I732)
Wocliczka avrebbe anche potuto studiare lavori come le sonate op. 2 di
Pietro Castrucci (r679-I752). Allievo di violino di Corelli a Roma, Castrucci fu
chiamato a lavorare al nord, così come molti altri di una lunga serie di musici-
sti italiani di nascita e di formazione; 4 nel suo caso si trattò dell'Inghilterra, do-
ve riscosse un considerevole successo come direttore delle orchestre d'opera di
Handel a Londra. Castrucci lasciò l'Italia nel 1715 e quindi non avrebbe potuto
essere un diretto insegnante di Wocliczka; ciò nonostante, i loro stili sono simi-
li: si noti come, nella quarta di queste sonate per violino e basso continuo, Ca-
strucci presenti una risposta di Prinner che adotta un basso cadenzale al posto
dell'usuale @-®-®-CD:
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Es. 3· 5 - Castrucci, op. 2, n. 4, mov. r, Andante (Londra, 1734)
4Strohm, R. , a cura di Th e Eigbteenth-Century Diaspora o/ Italian Must"c and Musicùzns,
1

Brepols, Turnhout (Belgio) 2001.


70 La musica nello stile galante

Woeliczka avrebb e anche potuto studiare e imitare le sonate op. 6 eli Pietro
Locatelli (r695-1764). Di nuovo, una diretta conoscenza dei due sembra impro-
babile, giacché pare che il grande violinista della scuola eli Corelli non abbia
preso allievi: alla fine degli anni '20 aveva già lasciato l'Italia per lavorare al
nord, andando a stare ad Amsterdam:

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Es. 3.6 - Locatelli, op. 6, n . II, mov. r, Adagio (Amsterdam, I737)

L'esempio precedente è in verità una ripresa del più giocoso tema iniziale (vedi
es. 3.7); Locatelli comincia il suo Prinner, poi lo interrompe, poi lo comincia di
nuovo. Anche se qui è solo accennato, nei decenni successivi divenne comune
separare 0 -0 da 0 -fD:
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Es. 3· 7 - Locatelli, op. 6, n. n, mov. r, Adagio (Amsterdam, 1737)

Molti dei giovani musicisti privilegiati di quest'epoca studiarono a N apoli con


i famosi maestri dei quattro conservatori cittadini; Leonardo Leo (1694-I744)
3. Il Prinner 71

insegnò a una generazione eli compositori galanti. Il seguente passaggio dal


movin1ento lento del suo concerto per flauto in Sol maggiore sarebbe potuto
servire a Wodiczka come modello per un'esposizione lenta e solenne:

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Es. 3.8 -Leo, Concerto in Sol maggiore per flauto,


mov. 2, Largo (Napoli, c. 1730-40)

Quali che fossero i pezzi studiati da W ocliczka, e chiunque abbia avuto il ruolo
di suo "ben fondato maestro", egli chiaramente assorbì le tendenze musicali
italiane degli anni '30 del Settecento. Se questi esempi suonano in modo vaga-
mente familiare, probabilmente è perché molti ascoltatori moderni hanno
ascoltato le opere del contemporaneo di W odiczka, Domenico G allo (attivo
nel 1750-6o), nella famosa rielaborazione eli Stravinskij per i Ballets Russes
(Pulcinella, ouverture, batt. 1-2):

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Es. 3·9 - Gallo, Trio in Sol maggiore, mov. I, A llegro (c. 1750-60)
72 La musica nello stile galante

Il brano di Gallo, spesso ancora attribuito a Pergolesi, inizia con una Romane-
sca il cui basso evita il solito salto discendente da ® a ®. li Prinner di rispo-
sta, invece, non potrebbe essere piu convenzionale.
Gli esempi di Wocliczka, Marcello, Castrucci, Locatelli, Leo e Gallo incarna-
no tutti un'importante tradizione: quella di accoppiare una Romanesca a un
Prinner. Prendendo in prestito i termini usati nei partimenti fugati, quest'unio-
ne di una "proposta" di Romanesca con una "risposta" di Prinner era un ele-
mento importante dell'istruzione di ogni studente. Paisiello incluse in uno dei
suoi partimenti un chiaro esempio eli questa accoppiata, e una qualsiasi delle due
versioni di melodia di Wodiczka potrebbe essere posta sopra il basso di Paisiello
senza alcuna modifica, salvo per l'aggiustamento della lunghezza delle note
richiesto dal cambio di metro; nell'esempio successivo il basso di Paisiello si
trova accoppiato con la seconda melodia di Wodiczka. Benché scritti a distanza
di quattro decenni, i due frammenti combaciano perfettamente in quanto
entrambi i musicisti avevano appreso le stesse "figure obbligatorie":

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Es. 3.10 - Basso di un partimento di Paisiello (1782)
con una melodia per violino di Wodiczka (1739)

La velocità e la sicurezza con cui molti dei migliori compositori del diciottesi-
mo secolo scrivevano opere a più voci sono state a lungo oggetto di meraviglia
per i musicisti moderni. Premesso che l'abilita e l'inventiva di quei composito-
ri rimangono impressionanti comunque si cerchi dispiegarle, un assortimento
di "parti intercambiabili" può dare ovvi vantaggi per una rapida e sicura costru-
zione di composizioni complesse. Chiunque conoscesse la citata tradizione di
una Romanesca che conduce a un Prinner poteva attingere a un certo numero
di melodie, bassi e armonizzazioni di repertorio, e ogni cosa avrebbe combacia-
to con un'altra. Oggi tendiamo ad associare "composizione'' a '(invenzione",
ma il significato antico e letterale di ''porre insieme' (cum + ponere) ci dà un'im-
magine migliore del modus operandi galante.
C'erano anche altre tradizioni per collegare una Rom an esca a un Prinner.
Fra i primi esponenti dello stile galante vi fu Giovanni Bononcini (!670-1747,
figlio di Giovanni Maria). Nell'esempio 3.11 tratto dall'opera Il trionfo di
Camilla (1696), Bononcini incorpora la Rom an esca in un'altra mossa d' apertu-
ra cui, per ovvie ragioni, ho attribuito il termine di ''Do-Re-Mi" (vedi cap. 6).
3. Il Prinner 73

La sua risposta di Prinner ha la stessa lunghezza della sua apertura, poi il


Prinner è ripetuto in una sorta di effetto d'eco (l'uso dei segni di ritornello è
un espediente salvaspazio; nel manoscritto originale non ci sono).
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Es. 3.11 - Bononcini, Il trionfo di Camilla, Sinfonia,


mov. 3, Allegro (Napoli, 1696)

li Prinner di Bononcini è nella tonalità della dominante, Do maggiore (si noti


il si q indicato dal "6 q" a batt. 7); nell'ottica del primo Settecento ciò richiede
che la prima nota melodica del Prinner, illa5 , cambi riferimento da mi nell'esa-
cordo di/a a la nell'esacordo di do. Un esempio di solfeggio a doppia chiave,
proprio come quelli nel trattato di Prinner (cfr. es. 2.15), può rendere l'idea
negli stessi termini usati all'epoca di Bononcini:
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Es. 3.12 - li nucleo della melodia del Prinner in due diversi esacordi

Ciò significa che la-sol-fa-mi nell'esacordo molle (in chiave di sol con un
bemolle) "equivale" a la-sol-/a-mi nell'esacordo naturale (in chiave di baritono
senza alterazioni).
Un Prinner che termina nella tonalità della dominante, ciò che chiamo
''Prinner modulante", era tnolto con1une nella musica galante; forniva un mez-
zo eccellente per muovere rapidamente alla dominante, soddisfacendo allo
stesso tempo l'attesa di una risposta. Tra i maestri dei conservatori napoletani
il suo uso era considerato una prassi comune. Saverio Valente, che vi insegnò
74 La musica nello stile galante

dal 1767 al primo Ottocento, raccomandava il seguente esempio, quasi una co-
pia esatta della parti tura dal trattato di Prinner, ''per uscire alla quinta del to-
no in terza maggiore" :5
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Es. 3.13 - Valente, un esempio di come modulare


alla tonalita della don1inante (c. 1790-18oo)

li Prinner modulante dell'esempio di Valente comincia in Fa maggiore e poi si


sposta a Do maggiore; se lo stesso passaggio fosse inserito in un contesto di Do
maggiore, rappresenterebbe un ordinario Prinner non modulante. Di seguito
si troverà un Prinner, sempre eli v ·alente, tratto da un partimento fiorito (per
quanto riguarda il suo Sol-Fa-Mi d'apertura, vedi il cap. 18); il suo basso (batt.
14-17) corrisponde quasi del tutto alle quattro note mostrate sopra, ma il COnw
testo è interamente quello di do maggiore: 6
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Es. 3.14- Valente, da un partimento in Do maggiore (1790-18oo)

La scelta del tipo di Prinner da usare dipendeva da un certo numero di fatto-


ri, inclusa la lunghezza che si voleva dare al movimento (i movin1enti brevi ave-
vano la necessità di spostarsi rapidamente a una seconda tonalità). TI giovane
rivale di Bononcini , Handel, sapeva anch'egli come incorporare un'apertura di
Romanesca in un'apertura più ampia di Do-Re-Mi; nell'esempio 3.15, però, il
compositore tedesco lascia il suo Prinner nel tono d'impianto e lo espande con
5
Valente, S., Partùnenti, MS Noseda Q.13.17, I -Mc, Milano, p. 9· In questo manoscritto,
il bequadro era posto sotto 1' "8", invece che a destra del (( 6" . Gli altri esempi simili nella stes-
sa pagina presentano la corretta posizione dell'alterazione.
__ , Partimenti, p. 14.
3. Il Prinner 75

un basso che segue il circolo delle quinte e una corrispondente progressione


armonica, il tutto dando a questo brano un respiro più ampio rispetto a quel-
lo di Bononcini.
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Es. 3.15- Handel, Suite in Sol maggiore, Courante (prima del 1720)

I "ben fondati maestri" insegnavano queste stesse combinazioni di schemi. ll


castrato Giuseppe Aprile (r732-r8I3), che aveva studiato a Napoli, dava ai suoi
studenti il solfeggio mostrato qui sotto. Esso apre con una Romanesca e un
Do-Re-Mi che conducono a un Prinner canonico non modulante; il moto
discendente di grado del Prinner canonico conduce a una cadenza sospesa:

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Es. 3.16- Aprile, Solfeggi per voce di soprano, fol. 4v, batt. r (Parigi, 1763)
76 La musica nello stile galante

Un seducente passaggio di L'Abbé le Fils (1727-I8o3) può servire come esem-


pio riepilogativo di un ampio e complesso Prinner degli anni '6o del Settecen-
to (es. 3.I7). Tratto dalle sue sonate per violino op. 8 (1763) , questo passaggio
incorpora un'ulteriore estensione del modello Bononcini/Handel/ Aprile. Lad-
dove il Do-Re-Mi di Handel presentava una cadenza autentica (batt. 4), L'Ab-
bé inserisce una cadenza d'inganno, che è costretto poi a ripetere con una ca-
denza autentica. Inoltre, egli presenta un ampio Prinner non modulante due
volte; nella ripetizione, il Prinner acquisisce delle decorazioni melodich e ag-
giuntive e un accompagnamento basato sul circolo delle quinte. Verso la metà
del secolo, il basso di Handel che salta di quarta e di quinta alle fondamentali
degli accordi aveva perso il suo fascino, perciò L'Ab b é si mantenne al passo
coi tempi quando scrisse, per il suo circolo di quinte (batt. II,.I4), un basso più
moderno che alternava accordi di 5/3 e di 6/3:

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Es. 3.17- L 'Ab bé, op. 8, n. I, mov. I, Allegro (Parigi, 1763)

Mi aspetto che un ascoltatore che abbia una discreta familiarità con le Roma-
nesche e i Prinner trovi questo passaggio chiaro nella sua struttura nonostante
3. Il Prinner 77

la sua melodia ornata. Un cortigiano del Settecento che amava la musica avrà
probabilmente ascoltato migliaia di volte l'accoppiata Romanesca-Prinner, e
possiamo immaginare che per lui il riconoscimento di questi o altri schemi fos-
se una cosa naturale e scontata. I sentieri della musica di corte erano assai bat-
tuti, e non appena si riconosceva il percorso scelto, ci si poteva concentrare
sulle sfumature della sua realizzazione. Un Prinner come risposta a una Roma-
nesca non sorprendeva più di una riverenza in risposta a un inchino. Era il mo-
do o lo stile della p resentazione ch e contava in quanto reale oggetto di atten-
• •
ztone estetica.
Isabelle de Charrière, come abbiamo già visto prima, era una donna di corte
che sapeva come giudicare una risposta. Come compositrice dilettante di sona-
te per tastiera, ella scrisse un'apertura cui fece seguire un 'enfatica risposta di
due Prinner: 7
(MOSSA D'APERTURA)
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Es. 3.18 - De Charrière, Sonata in Re maggiore,
mov. 1, Allegro (L'Aia, c. I790-18oo)

7 Oeuvres complètes l Isabelle de Charrière (Belle de Zuylen), a cura diJean-Daniel Can-


daux et al., vol. IO , G . A. van Oorshot, Amsterdam 1979-84.
78 La musica nello stile galante

Si tratta di musica ispirata? No. Mostra l'appropriato comportamento a corte,


ed è eseguita con gusto e sicurezza? Sì. Di sicuro è in stile galante, anche se
manca di quella ''grazia superiore" che ci aspettiamo da un professionista.
Un titolo di Hugo Riemann (1849-1919), Verloren gegangene Selbstver-
stiindlichkeiten .. . [Passate ovvietà oggi perdute ... ] 8 descrive bene il Prinner:
pochi modelli della musica galante erano più comuni, ma il concetto, indipen-
dentemente dal nome che gli si voglia dare, è completamente scomparso. Nel
diciottesimo secolo, persino i dilettanti come la de Charrière sapevano che il
Prinner era una tipica risposta a quasi tutte le mosse d'apertura. Ciò che la de
Charrière sapeva del Prinner e degli altri schemi lo apprese in parte per osmo-
si, da avida componente della società musicale galante, e in parte dall'insegna-
mento di buoni n1aestri. Per qualche tempo ella assunse il maestro napoletano
Niccolò Zingarelli (1752-1837) come suo insegnante privato. Zingarelli, che sa-
rebbe poi stato insegnante di Bellini, aveva il suo personale repertorio di parti-
menti e solfeggi, e immagino che la de Charrière si sia esercitata con quelli nel
corso del suo apprendimento.
Di seguito ho fornito le frasi iniziali di tre partimenti di Zingarelli (es. 3.19,
20, 22), con le loro possibili realizzazioni in note più piccole; i numeri del basso
continuo sono di Zingarelli, le annotazioni degli schemi e dei gradi della scala
sono mie. li primo basso costituisce un esempio da manuale della Romanesca
per gradi, che si fonde con una clausula vera (vedi cap. II) o un Prinner: 9
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Es. 3.19- Zingarelli, da un partimento in Do maggiore (c. 1790-I8oo)

La de Charrière studiava con Zingarelli circa negli stessi anni in cui un'altra
donna di talento, Barbara Ployer (r765-18Ir), studiava con Mozart a Vienna. Mo-
zart e Zingarelli erano conten1poranei, e anche se i loro contatti furono scarsi o
inesistenti (Mozart visitò Napoli per un breve periodo nell'estate del 1770,
quando Zingarelli era ancora uno studente anziano ìn uno dei conservatori cit-
tadini), la somiglianza nel loro approccio didattico può riscontrarsi nelle lezioni
8. Riemann, H., V erloren gegangene Selbstverstiindlz'chkeiten in der Musik des 15.-16.
Jahrhunderts, Langensalza 1907.
9 Zingarelli, N. , Partintenti del Signor Maestro Don Nicolò Zingare/li, Ricordi, Milano post
1838, p. 31.
3. Il Prinner 79

che hanno scritto. Cominciamo da Zingarelli: il suo secondo basso (es. 3.20) ini-
zia con un breve Do-Re-Mi come mossa d'apertura (la 'melodia' di Do-Re-Mi è
al basso, e il normale basso è alla melodia; vedi cap. 6 per dettagli); la risposta è
ovviamente un Prinner, con un'estensione del terzo stadio (batt. 3): 10

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Es. 3.20- Zingarelli, da un altro partimento in Do n1aggiore (c. 1790-r8oo)

Per continuare e completare, mettiamo a confronto la lezione di Zingarelli con


una di quelle che Mozart scrisse per la Ployer; melodia, basso e numerazione
sono di Mozart, le annotazioni e la voce di contralto sono mie:
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Es. 3 .21 - Mozart, dai suoi esercizi per Barbara Ployer (K 453b, c. 1785)

Infine, in un terzo esempio di Zingarelli (es. 3.22), 11 vediamo come egli ricorra
a un Prinner modulante tra un tema iniziale in Do maggiore e la sua riesposi-
zione nella tonalità della dominante di Sol maggiore. Egli ha aggiunto la nume-
razione solo per la prima cadenza, e ha scritto (C sec: pos:" (''seconda posizio-
ne") all'inizio del Prinner modulante per mettere in guardia lo studente che la
terza dell'accordo (mi5 ) dovrebbe andare alla melodia. Tutto il resto era dato
per scontato ed evidente.

10 _ _ , Partimenti, p. 36.
11 , Partimenti, p. 1.
80 La musica nello stile galante

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Es. 3.22 - Zingarelli, da un altro partimento


in Do maggiore, Andante (c. 1790-I8oo)

Come vedremo nel capitolo r6, questo tema, con il suo canone tra melodia e
basso, era uno schema galante molto apprezzato. Io l'ho chiamato ''Fenaroli",
come il compositore i cui partimenti divennero i più famosi dell'Ottocento, e
che, guarda caso, fu anche maestro di Zingarelli. Così come la Romanesca e il
Prinner, anch'esso fu replicato più e più volte nel circoscritto mondo di inse-
gnanti e allievi.
Come siruno diventati sordi al Prinner? La risposta a questa domanda ci
porterebbe oltre le intenzioni di questo volume e dentro la storia della teoria
musicale dell'Ottocento, e in particolare nella nascita di un' 'armonia' imn1a-
ginata come una forza naturale. Eppure, la consapevolezza del Prinner e di
altri modelli sitnili non è necessariamente perduta: possiamo ancora, attraver-
so un'archeologia delle espressioni musicali, togliere la polvere dagli schemi
galanti e ascoltare ciò che hanno da dirci a proposito del pensiero musicale di
corte.
In archeologia si possono teorizzare centri di influenza e stile basandosi
sulla distribuzione e la disseminazione di cocci e altri frammenti di cultura
materiale. Quando, come in questo capitolo, si incontrano esempi su esempi
di accoppiate simili di Romanesca e Prinner, e quando questi (cocci' sono spar-
si tra le opere di violinisti come Castrucci a Londra, Locatelli ad Amsterdam e
L'Ab bé Fils a Parigi, la cui linea diretta di maestri puo essere fatta risalire ad
Arcangelo Corelli (r653-1713) a Roma, ci si aspetta di trovare lo stesso modello
o uno simile nei lavori di questo capostipite; ed e proprio questo il caso. La
frase di Castrucci mostrata sopra nell'esempio 3.5, ad esempio, è una riedizio-
3. Il Prinner 81

ne quasi nota per nota di una delle diverse accoppiate Romanesca-Prinner pre-
senti nel famoso ciclo di sonate per violino di Corelli.

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CADENZA
Es. 3.23 - Corelli, op. 5, n. 10, mov. 2, Allemanda, batt. I (r7oo)

Quasi ogni tipo di Romanesca e Prinner che abbiamo visto finora può essere
trovato nell'op. 5 di Corelli. Castrucci ebbe modo di studiarla dal maestro stes-
so; ma migliaia di altri violinisti si familiarizzarono col repertorio di schemi
galanti dj Corelli grazie allo studio e alla frequente esecuzione di questa molto
lodata raccolta. Sebbene l'assenza di Corelli dal campo delle composizioni
operistiche abbia limitato la sua influenza sul principale genere di musica
galante, e anche se Corelli non inventò lo stile galante, egli giocò un ruolo
importante nella sua diffusione.
4
La Fonte

Joseph Riepel (1709-1782>, di sicuro uno degli scrittori di musica più coloriti,
prolissi e rivelatori del diciottesimo secolo, fu maestro di cappella del facolto-
so principe di Thurn un d T axis a Ratisbona. 1 Per Riepel, alcuni schemi galanti
erano una presenza tanto palpabile da avere un nome proprio. Nei suoi dialo-
ghi didattici tra i due personaggi immaginari di maestro e allievo (1752-1765),
Riepel fa presentare dal maestro tre schemi: la Fonte, il Monte e il Ponte; que-
sti sono così importanti che egli implora l'allievo di "tenere a mente questo tri-
plice esempio fintanto che vivrete e sarete in salute!" .2 In questo capitolo spie-
gherò che cosa intendesse con il termine di 'Fonte', lasciando il (Monte' al ca-
pitolo 7 e il più problematico 'Ponte' al capitolo 14.
li personaggio del maestro mostra allo studente diverse versioni della Fonte,
ogni volta scrivendo solo la melodia; ecco la versione citata oggi più di fre-
quente:3

• •

Es. 4.1- Riepel, una melodia di Fonte (1755)

I molti trattati di Riepel offrono pochi bassi poiché i competenti appassionati di


musica galante - il pubblico a cui si rivolgeva - potevano desumere i bassi dal
contesto melodico. Le raccolte italiane di difficili bassi di partimenti, laconiche
e spesso del tutto prive di commento, erano scritte da e per professionisti, men-
tre i lettori di Riepel erano in gran parte dilettanti che apprezzavano brillanti
commenti e semplici esempi musicali suonabili sul flauto o sul violino.
1 La monumentale opera di Riepel - A n/angsgriinde zur musicalischen Setzkunst: Nicht
zwar nach altnzathematischer Einbildungs-Art der Zirkel-Harmonisten sondern durchgehends
mit sichtbaren Exempeln abgefasset- fu redatta nell'arco di un lungo periodo, con le prime
parti pubblicate in una serie di "capitoli", che erano, in effetti, veri e propri trattati, ognuno
dei quali incentrato su un diverso aspetto dell'arte musicale galante. Io citerò i lavori di
Riepel con riferimento al capitolo e al numero di pagina. Oggi e disponibile una ristampa dei
capitoli, comprendente una trascrizione dei trattati non pubblicati di Riepel: A n/angsgrunde
zur musicalischen Setzkunst: Sà"mtlz'che Schrz/ten zur M usiktheorie, a cura di Thomas
Etnmerig, 2 voli., Bohlau, Wien 1996.
2 , A n/angsgrunde, cap. 2, p . 44·
3 , A n/angsgrunde, cap. 2 , p. 46.
4. La Fonte 83

Invece di definire la Fonte in ogni sua caratteristica, Riepel, come detto, for-
nisce molti esemplari della melodia facendoli commentare di volta in volta
all'allievo o al maestro, quasi come in una degustazione di vini. Già soltanto
dall'esempio precedente si può dedurre che una Fonte è composta di due
sezioni principali: la prima metà (batt. 1-2) appare in modo minore (Re mino-
re) mentre la seconda metà (batt. 3-4), un tono sotto, appare in modo maggio-
re (Do maggiore) . Se si analizzassero i partimenti italiani alla ricerca di model-
li simili probabilmente si troverebbero centinaia di esen1pi. Ecco un tipico
framm ento dipartimento di Tritto, trasposto per metterlo a confronto con la
Fon te di Riepel:4

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52 •

Es. 4.2 - T ritto, un basso di Fonte (c. I790-18oo)

Nel basso di Tritto la sensibile di ognuna delle due metà, (J), appare prima sul
battere e poi sale alla tonica, CD, in un collegamento diretto per grado a caval-
lo di battuta. In un trattato successivo (es. 4.3) , Riepel inserisce un basso sotto
la sua Fonte, e tale basso, benché più semplice, ha molte caratteristiche in
comune con quello di Tritto.5 Al movimento ascendente 0 -CD al basso corri-
sponde un movimento discendente 0 -@ alla melodia, la quale spesso termina
con una più ampia discesa 0 -fi:t -0 -@ che la Fonte ha in comune con il Prinner.
Questa coordinazione di movimenti tra melodia e basso a cavallo di un confi-
ne metrico è sottolineato nell'esempio dalle parentesi angolari sovrapposte alla

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Es. 4·3 - Riepel, una Fonte con melodia e basso (1765)
4 T ritto, G., Scuola di contrappunto, ossia T eorica Musicale, Ferd. Artaria, Milano [r8r6],
p. 25, n. 3, batt. 52. L 'originale è in Sol n1aggiore.
5 Riepel, }., An/angsgrunde, cap. 4, p. 2.
84 La musica nello stile galante

partitura. Le linee tratteggiate orizzontali indicano come 0 -CD e 0 -8) siano


doppiamente connessi; una connessione è indiretta - da un battere a quello
successivo- mentre l'altra è basata su una successione diretta consecutiva di
due note. Le melodie e i bassi galanti sono pieni di queste sottigliezze, e non
cercherò di esaminarle tutte. Poiché le sensibili al basso sono gradi mi, avran-
no tutte sonorita di 6/3 o 6/5/3, e i bassi di tonica successivi avranno sonorità
di 5/3. Tutte queste caratteristiche insieme suggeriscono un prototipo di Fonte
fatto di quattro eventi disposti in due coppie:

Minore
Maggiore

Debole Forte
Debole Forte

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6 5 c:>
3 3 Un tono 6 5
sotto 3 3
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Figura 4.1 - Uno schema della Fonte suddiviso in due coppie di eventi

Non ho alcuna prova diretta che spieghi come Riepel abbia appreso il termine
'fonte'; sebbene non abbia mai viaggiato in Italia, il modo scontato con cui fa
riferimento a una presunta terminologia italiana suggerisce con quanta forza la
musica e i musicisti italiani influenzassero le corti cattoliche di lingua tedesca.
Jan Zelenka (r679-1745), maestro dello stesso Riepel a Dresda, potrebbe aver
stucliato a Venezia al tempo in cui Antonio Lotti (r666-1740) e Francesco
Gasparini (r661-1727) vi erano attivi come insegnanti. Lotti e Gasparini ebbe-
ro come allievi molti musicisti degni di nota, inclusi Domenico Scarlatti,
Galoppi, Benedetto Marcello e Quantz. Poiché in seguito Zelenka fu maestro
anche di Quantz, esiste la possibilità che la terminologia eli Riepel e le sue
descrizioni di norme cotnpositive affondino le loro radici nella prassi venezia-
na del primo quarto del diciottesimo secolo. Se così fosse, si dovrebbero poter
ritrovare delle Fonti nei lavori di Gasparini.
In effetti, le Fonti abbondano nei suoi lavori. Un uso caratteristico di que-
4. La Fonte 85

sto schema subito dopo una doppia barra può essere trovato nell'opera comi-
ca di Gasparini Il Bajazet (Venezia, 1719): Gasparini usa un basso ®-CD, dando
quindi le sensibili della Fonte, di solito al basso, ai violini (il pentagramma
superiore nell'es. 4.4); la parte vocale (il pentagramma centrale) conclude ogni
metà della Fonte con la tipica discesa <D-0 -0 -el evidenziata nei prototipi
melodici di Riepel (vedi es. 4.1, 4. 3):

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Es. 4·4- Gasparini, Il Bajazet, atto 2, scena 4, aria di Tamerlano
(Venezia, 1719)

Una successiva influenza su Riepel può essere stata quella del grande didatta
Nicola Porpora (1686-1768), uno dei più importanti maestri di canto napoleta-
ni, e maestro di cappella dell'elettore di Sassonia a Dresda (17 48-52) durante il
periodo in cui Riepel iniziò a scrivere i suoi primi trattati. Porpora aveva pre-
parato i maggiori castrati d'Europa, tra cui Caffarelli e Farinelli, e negli anni
'5o accettò con1e allievo Haydn, impartendo a questo giovane e talentuoso stu-
dente i precetti dei conservatori napoletani. Un a peculiarità d eli' arte del
castrato erano sempre stati i passaggi melodici ornati e di bravura. La corte di
86 La musica nello stile galante

Dtesda sembra aver prediletto in particolare uno stile melodico complesso e


lussureggiante; a volte, lo sciame di note sulla pagina può facilmente nascon-
dere agli occhi lo schema di base impiegato. In una Fonte tratta dalle sonate
per violino di Porpora del 1754 (es. 4.5), ho indicato come il compositore ànco-
ri ogni metà della Fonte con un ® nel registro grave del basso finché, alla fine
di ogni frase, le tipiche diadi della Fonte appaiono quasi come punteggiatura
conclusiva:

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31

Es. 4·5- Porpora, Sonate XII, n. 7, mov. 4, Allegro (Vienna, 1754)

Si noti cotne, nella precedente Fonte, il basso di Porpora inizi con una folata
di terzine di sedicesimi, che sono poi riprese dalla melodia. Molti schemi
galanti potrebbero essere descritti come un pas de deux con la parte della bal-
lerina di solito affidata alla melodia e quella del ballerino al basso. Nella Fonte,
il normale ruolo del basso era di supporto: condurre chiaramente dalla sensi-
bile alla tonica di ogni metà. n ruolo della melodia era invece più decorativo:
doveva tracciare una linea che concludesse scendendo per gradi la scala 0 -@.
Eppure questi ruoli potevano a volte essere invertiti. Niccolò Pasquali (c. 1718-
1757), un violinista italiano che divenne famoso suonando nei teatri di Londra
e di Edimburgo, scrisse il seguente minuetto in cui il basso presenta il prototi-
po di (melodia' della Fonte, e la melodia, dopo gli abbellimenti iniziali, ne pre-
senta il prototipo di <basso' (es. 4.6).
4. La Fonte 87
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Es. 4.6- Pasquali, op. r, n . 2, mov. 3, Minuetto (Londra, 1744)

Lo stesso modello la-sol-/a-mi, adesso normalmente alla voce superiore, è pre-


sente nell'esempio seguente, piu complesso, di Johann Stamitz (r717-1757),
contemporaneo di Pasquali e direttore della musica strumentale dell'elettore
palatino a Mannheim. Stamitz inserisce un Prinner in entrambe le metà della
sua Fonte e impiega la tecnica del Prinner di isolare il <D -~ melodico e ripeter-
lo prima dell'atteso 0 -~:

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Es. 4·7- J. Stamitz, op. 6, n. 2, mov. 3, Minuetto (c. 1759)


88 La musica nello stile galante

Oggi ''la-sol-/a-mi" e "<D-0 -0 -@)" sono generalmente considerati due espres-


sioni equivalenti; i musicisti del Settecento, ad ogni modo, tendevano a equi-
parare sillabe e gradi numerici con molta meno disinvoltura. Nelle due metà
di una tipica Fonte, una differenza nella posizione dei semitoni melodici avreb-
be richiesto delle sillabe differenti: la seconda metà potrebbe restare la-sol-fa-
mi, ma se la prima metà iniziasse con un semitono <D-0, il "comune Italiano
solfeggio" imporrebbe le sillabe /a-1ni (o /a-la).
Si potrebbe dunque immaginare la prima metà delia Fonte come /a-la-sol-
fa, il che mette in rilievo il considerevole intervallo scalare tra le due metà. In
verità, sarebbe storicamente più accurato, rispetto all'inizio del secolo, defini-
re la prima metà della Fonte come dorica e la seconda metà come ionica:

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Figura 4.2- La melodia della Fonte vista come segmenti


di scale modali adiacenti

Verso la metà del secolo, la descrizione di Riepel (1755) sembra favorire


un'idea di Fonte come divisa in due tonalità ma con gli stessi gradi della
scala: "La [ ... ] Fonte fa [ ... ] una mezza frase in Re (con terza minore) per
poi completare, un tono sotto, una frase intera in Do". 6 Da studente, prin1a
di trovare un riferimento alla Fonte di Riepel in un articolo di Leonard
Ratner, di solito indicavo gli esempi di questo schema con l'espressione "un
tono sotto". Quando, vent'anni dopo, lo studioso di Riepel Stefan Eckert mi
ha mostrato la citazione di cui sopra, potete immaginare la mia sorpresa e
soddisfazione nel sentire Riepel pronunciare le stesse parole ( '' eine Stuffe
. ffer ") .
t1e
Comunque si voglia interpretare il sistema tonale della Fonte, Riepel stesso
era molto attento alla posizione dei semitoni; sembra che ritenesse la prima
metà, con il suo semitono melodico iniziale e il suo contesto minore, come
femminile,7 e la seconda metà, con il suo tono intero iniziale e il suo contesto
maggiore, come maschile. Questo trattamento 'sessuato' può averlo incorag-
giato a identificare come 'ermafroditi' quei casi in cui anche la seconda metà
presenta un evidente semitono tra <D e ": 8

~ __ , An/angsgrunde, cap. 2, p . 44·


__, An/angsgrunde, cap . 2 , p. 124.
8 , An/angsgrunde, cap. 2, p. 103.
4. La Fonte 89

• •
7ntnore maggzore

3
* = nota ermafrodita
Es. 4.8 - Riepel, la Fonte ermafrodita (1755)

Riepel riconosce che la Fonte ermafrodita ha "un centinaio di ammiratori" ,9


ma lui non è fra questi. Sebbene sia disposto ad ammettere la seconda metà
della Fonte interamente in modo n1inore, disapprova il fatto che la versione
ermafrodita dapprima suggerisce il modo minore (con illab melodico) e poi
continua in maggiore <<contro ogni aspettativa". Un passaggio da un Andante
del giovane Christoph Willibald Gluck (r7I4-1787), forse uno di quegli ammi-
ratori, mostra una Fonte ermafrodita in un contesto in cui la melodia presen-
ta il normale basso della Fonte, e viceversa:
. •
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* = nota ermafrodita
Es. 4·9- Gluck, Sonate a tre, n. 5, mov. 1, Andante, batt. 9 (Londra, 1746)

'Ermafrodito' è un termine forte e colorito, che dimostra sia la verve verbale di


Riepel sia fino a che punto un compositore di corte tenesse in conto i dettagli
degli schemi. Un'appropriata realizzazione di quei dettagli faceva parte del-
l'etichetta di corte, e le deviazioni potevano essere prese come segno di incom-
petenza o di impertinenza. Nel caso dell'Andante di Gluck, l'effetto sembra
essere meramente ambiguo o piccante (Mozart spesso preferiva la variante
ermafrodita). La struttura di base della Fonte resta comunque chiara e intatta.
Le qualità oggettive di uno schema possono essere riconosciute e cataloga-
te attraverso l'accurata osservazione e la semplice statistica. In fin dei conti,
Riepel e io abbiamo entrambi dedotto, indipendentemente uno dall'altro, ciò
che lui ha definito con Fonte, ed entrambi abbiamo notato come la sua secon-
9 _ _, An/angsgrunde, cap. 2, p. 103.
90 La must'ca nello stt'le galante

da metà stia ''un tono sotto" rispetto alla prima. Può essere però molto più dif-
ficile indovinare come gli ascoltatori del Settecento interpretassero il significa-
to musicale di un singolo schema. n significato non è facile da individuare
oggettivamente. Si potrebbe sperare che la musica vocale possa fornire degli
indizi, giacché i testi poetici hanno chiaramente un significato; i compositori
del Settecento, però, tendevano a collegare il significato di un testo poetico, da
un lato, con brevi motivi melodici o ritmici oppure, dall'altro, col carattere di
un'intera sezione o movimento musicale. Puo essere perciò difficile collegare
la Fonte con un particolare topos o procedimento poetico.
Un interessante indizio su come la Fonte fosse recepita dalla società galan-
te ci è dato da un balletto in pantomima del maestro di balletto francese
Auguste Joseph Frederick Ferrère (attivo intorno al 1782). In questo balletto,
Le peintre amoureux de son modèle [Il pittore innamorato della sua modella],
troviamo un Largo in cui l'artista è presso il cavalletto, intento a lavorare a un
dipinto di una giovane donna bellissima. Alla doppia barra in partitura comin-
cia una Fonte (esempio 4.10), e i movimenti di scena (riportati sotto fra virgo-

uva verso la modella e le mette in posa la testa,


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Es. 4.10 - Ferrère, Le peintre amoureux de son modèle,
mov. 5, Largo (Parigi, 1782)
4. La Fonte 91

lette) danno l'idea che la Fonte avrebbe potuto connotare un allentamento


prima, e un ritorno poi a uno stato iniziale. L'allontanamento avviene come
conseguenza di un problema, cui e data soluzione con il ritorno allo status quo.
li significato di questo schema può percio essere stato associato più con una
deviazione del discorso narrativo che con un affetto o uno stato d'animo.
Quanto comune era la Fonte? Lo studioso tedesco Wolfgang Budday ha
elencato circa trenta Fonti nel suo libro Grundlagen musikalischer Formen der
WienerKlassik (1983) .10 Eppure il solo Haydn ne ha scritte centinaia, e un elen-
co di diecimila raccoglierebbe solo una piccola parte delle Fonti composte nel-
l' arco del diciottesimo secolo. All'interno dell'op . 1 di Wodiczka, ad esempio,
vi sono cinque minuetti; se si osservano solo le frasi immediatamente seguenti
la doppia barra, il risultato sarà di un Monte, una modulazione di quinta e tre
Fonti. Anche se esiterei ad assegnare un valore numerico alla probabilità di
trovare una Fonte in una selezione casuale di opere galanti, il lettore può stare
certo che la Fonte era uno schema davvero comune.
Come ultimo esempio presentiamo la Fonte dal primo dei minuetti di
W odiczka. Questo minuetto include un tema e tre variazioni della melodia da
eseguirsi sopra lo stesso basso, perciò la notazione (vedi es. 4.11) mostra tutte
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Es. 4.11- Wodiczka, op. I, n . 2, mov. 3, Menuetto (1739)


10 Budday) W., Grundlagen musikalùcher Formen der Wiener Klassik, Barenreiter, Kassel
1983. La lista delle fonti si trova in appendice, pp. 225-6.
92 La musica nello stile galante

le melodie sovrapposte a tale basso (si prega di notare che le melodie sono ese-
guite in sequenza e non simultaneamente, nell'ordine Tema, Var. I, Var. 2, Var.
3). Una linea tratteggiata indica i limiti metrici che separano le diadi della
Fonte; nella maggior parte delle precedenti istanze all'interno del capitolo, tali
limiti coincidevano con la linea di battuta, ma in questo caso, e in molti altri
minuetti, il limite cade tra il secondo e il terzo tactus della battuta.
La Variazione 3 mostra che, nel contesto appropriato, nessuna delle singole
caratteristiche è necessaria in senso assoluto per un particolare schema. li pas-
saggio melodico 8 -tl, ad esempio, è un punto centrale della Fonte; ma dopo
aver ascoltato il tema e le prime due variazioni, la sostituzione di 0 -fD con <D-
0 nella terza variazione non impone improvvisamente di ricollocare la frase in
una categoria diversa: rimane una Fonte, ma di un tipo meno comune. In tutti
i molti esempi di Riepel di diversi tipi di Fonte, questa versione (( <D-0 " com-
pare solo una volta. 11 Perciò, una diade 0 -fD è da ritenersi un prototipo di
Fonte statisticamente preciso, anche se tale diade non è una condicio sine qua
non dello schema in ogni possibile contesto.
Come detto sopra, la Fonte nei minuetti ha una scansione che senza dubbio
era influenzata dai passi di tale danza di corte. Vi erano di certo molte varianti
della danza, ma il tipo più comune richiedeva un modello di sei movimenti con
una cadenza sul sesto. Come disse il maestro di ballo della regina di Spagna nel
1720, al sesto movimento il ballerino deve assicurarsi di ''lasciar poggiare il tacco
affinché il piede che poggia interamente a terra sia più fermo per il plìé, inizian-
n
do un altro passo" .12 prin1o Jnovimento di ogni modulo di sei (la prima semi-
minima di ogni unità di due battute) serviva da appoggio per lo slancio, e la
Fonte di Wodiczka rispetta altrettanto questa dinamica.
In un racconto breve di Guy de Maupassant (r85o-r893), un giovane incon-
tra un uomo molto anziano che era stato maestro di ballo durante il regno di
Luigi xv. Il giovane del nuovo secolo chiede al vecchio del Settecento: "Dite
un po' [. ..] che cos'era il minuetto?". n vecchio, preso di sorpresa, risponde:
"TI minuetto, signore, è la regina delle danze e la danza delle regine, mi capi-
te? Da quando non c'è più re, non c'è più minuetto" _13 I minuetti scomparve-
ro insieme agli aristocratici che li ballavano. La Fonte, però, così utile per spo-
starsi con grazia da e verso la tonalità d'impianto, è sopravvissuta in varie
danze di gruppo e canzoni dell'Ottocento. Persino negli anni '30 del
Novecento, i compositori popolari della Tin Pan Alley di New York impiega-
vano la Fonte nelle sezioni ponte delle loro canzoni, le quali sono diventate
degli standard ascoltati ancora oggi.

11 Riepel, J.,
An/angsgrunde, cap. 2, p. 102.
12 Rameau, P. , Le maitre à danser, Paris 1725,
p. 78: "il faut laisser poser le talon afin que le
pied posant entièrement a terre on soit plus ferme pour plier; en recommançant un autre
)J
pas .
13 Maupassant, G. de, Menuet (I882). Trad it. in Racconti di vita parzg,ina, Einaudi, Torino
1996, pp. 156-7.
5
Un Minuetto
di Giovanni Battista Somis
Op. 6, n. 4, mov. 3, Parigi, 1734

Riepel sosteneva che le opere più ampie nello stile galante (movimenti di sona-
te, sinfonie, concerti) non erano altro che minuetti allargati. 1 In questa affer-
mazione c'era una certa esagerazione retorica, ma anche una grande fetta di
verita. Molte delle capacità tecniche per scrivere un buon minuetto possono
essere adattate alle esigenze di pezzi più ampi. La stessa sequenza generale di
schemi usata in un minuetto può essere usata in un movimento più ampio, seb-
bene con l'aggiunta o l'interpolazione di altri schemi. E se non si era capaci di
scrivere un buon minuetto, non aveva senso citnentarsi con un genere più
ampio. L 'argomento di Riepel è ulteriormente confortato dalle testimonianze
che ci restano di lezioni di composizione nella Germania del Settecento. Le
lezioni di Thomas Attwood con Mozart, ad esempio, mostrano che un insegna-
mento sistematico si concludeva con il compito di scrivere minuetti. 2 Una volta
che gli studenti fossero stati in grado di cavarsela con successo con i minuetti,
avrebbero potuto scrivere per proprio conto emulando le composizioni più
ampie dei grandi compositori.
Solo pochi schemi sono n ecessari per form.are un minuetto, giacché le sue
dimensioni ridotte non consentono che una manciata di frasi musicali. Un mi-
nuetto di Giovanni Battista Somis (I686-1763), grande violinista la cui famiglia
a lungo aveva prestato servizio alla corte dei Savoia a Torino, comprende poco
più di una Romanesca, un Prinner e una Fonte, e per questo ci tornerà utile
come introduzione a questi schemi n el loro habitat naturale. N ella pagina se-
guente si può trovare una tabella con i dettagli dell'organizzazione del minuet-
to di Somis: nelle tre colonne sono elencati risp ettivamente le due sezioni del
minuetto (i termini 'prima metà' e (seconda metà' sono usati approssimativa-
mente), i vari schemi e cadenze in ordine di apparizione, e la serie di tonalità
toccate attraverso le modulazioni L'abbreviazione "Do q Sol" indica un pas-
saggio da Do maggiore a Sol maggiore. Poiché le due metà di un minuetto so-
no ripetute, 'forma a doppia ripresa' sarebbe forse la miglior etichetta moder-
na per rappresentate la struttura generale del minuetto.
1 Riepel, J., An/angsgrunde zur nzusicalischen Setzkunst: Sà'mtliche Schrt/ten zur Musiktheo-
n·e, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli. , Bohlau, Wien 1996, cap. r, p. r.
2 Lo dimostrano i quaderni di Attwood e della Ployer, allievi di Mozart. Vedi "Mozart"
nell'indice delle fonti n1usicali alla fine di questo volume; vedi inoltre Lach, R., W. A. Mozart
als Theoretiker, Kaiserliche Akademie der Wissenschaften in Wien, Philosophisch-histori-
sche Klasse 6r/r, Wien 1918.
94 La musica nello sttle galante

Sezione Schema Tonalità


ra metà Rom anesca Do
risposta di Prinner Do
Prinner modulante Do ~ Sol
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2a metà Fonte Remm
. ~ no
(modulazione) Do ~ Fa
Prinner modulante Fa ~ Do
Cadenza, emiolia Do
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TI seguente esempio musicale- uno dei più frequenti cliché melodici nello stile
galante - si trova nelle battute 7-8 del minuetto di Somis:
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Es. 5.1 -La Caduta dal @ Acuto

Questa figura, che ho chiamato 'la Caduta dal@ Acuto' a causa del suo carat-
teristico contorno, melodico, serviva da segno convenzionale per un'imminen-
te conclusione. E stata utilizzata in diversi Prinner già presentati nel capitolo 3
e si troverà in numerosi esempi nei capitoli successivi.
Tra gli altri luoghi comuni del minuetto vi sono: (r) la connessione di una
Romanesca di due battute con una risposta di Prinner di due battute e (2) la
comparsa di una Fonte immediatamente dopo la doppia barra. Meno comuni
sono l'uso di un Prinner modulante alla fine della prima metà (un Prinner da
solo raramente determina una cadenza forte) e l'uso di figure ascendenti nella
melodia della Fonte (presumibilmente un'imitazione della melodia iniziale del
minuetto). Poiché i minuetti ballabili avevano bisogno di mantenere un nume-
ro complessivo pari di battute (come abbiamo visto nel capitolo 4, per comple-
tare la sequenza di passi base erano necessari sei movimenti), la battuta isola-
ta 'dispari' usata per la temporanea modulazione aFa maggiore (batt. 13) è resa
'pari' dall'emiolia di tre battute della cadenza finale (batt. r8-2o). A volte è
stato fatto notare che, poiché nessuno ballava sopra un minuetto inserito in
una serie composta da altri movimenti non di danza, non fa alcuna differenza
se vi sia un numero di battute pari o dispari. Riepel, però, insisteva che com-
porre un minuetto con un numero dispari di battute era un errore; osservava
5. Un Minuetto di Giovanni Battista Sonzis 95

che un numero pari di battute era più gradevole in generale, ma era "espressa-
mente richiesto per un minuetto" .3 Il lettore noterà che la battuta 'dispari'
numero 13 non è assegnata ad alcuno schema. ll nostro obiettivo, qui, non è di
costringere ogni nota all'interno di una rigida struttura di schemi; la battuta r3
chiaramente conduce alla battuta 14, ma tale collegamento è basato su fattori
diversi e localizzati.
Somis, come Wodiczka, ha corredato il suo minuetto di una serie di varia-
zioni melodiche. Su internet è reperibile una versione digitale,4 ispirata alla
registrazione di un'esecuzione di Enrico Gatti, in cui si possono ascoltare
tutte le variazioni; la partitura delle variazioni, invece, non è disponibile.
Siccome però in ogni variazione ricorrono lo stesso basso e gli stessi schemi,
dovrebbe essere possibile seguire il corso delle variazioni con la stessa sicu-
rezza e soddisfazione che erano tanto importanti nell'esperienza d'ascolto di
un mecenate galante. Come in molte serie di variazioni galanti, il basso gioca
un ruolo di sostegno mentre la melodia aggiunge nuove 'diminuzioni' a ogni
variazione. Le semin1inime del tem.a sono prima <diminuite' a ottavi, poi a ter-
zine di ottavi, e infine a sedicesimi. Alla fine, il tema ritorna 'non diminuito'
per essere leggermente abbellito a piacere dell'esecutore. Questo piano gene-
rale di crescente virtuosismo d 'esecuzione, seguito da un ritorno alla quiete,
era facile da comprendere e rimase pressoché inalterato per l'intero secolo.
Non solo forniva all 'esecutore un modo per dimostrare la sua bravura in una
serie di diversi tableau, ma conduceva l'ascoltatore in un viaggio che iniziava
con una semplice melodia e, attraverso schemi sempre più astratti, tornava
alla stessa melodia, ora intesa come l'epicentro di una gamma di potenzialità
decorative.
Al pari di Wodiczka, Somis iniziò la sua carriera come violinista in un'or-
chestra ducale, per essere poi anch'egli mandato dal suo mecenate a perfezio-
nare la sua arte con un maestro italiano. Per Somis, il maestro fu Corelli a
Roma. Ritornando da Roma alla fine del 1706, Somis intraprese una carriera
che non solo gli fece conquistare la supremazia musicale alla corte dei Savoia
a Torino, ma lo portò anche a Parigi a tenere importanti concerti. La sua prima
pubblicazione comparve in questa citta nel 1717, con dedica alla duchessa
Maria di Savoia. Per necessità, i cortigiani dovevano scrivere dediche servili e
lusinghiere ai loro protettori, e Somis non faceva eccezione. Ometterò i pas-
saggi più ossequiosi rivolti "a quell'Augusto Nome, che acclamato in tutte le
Corti... "; ma vale la pena di citare gli encomjabili attributi elencati da So mis,
data la sua affermazione che attraverso la notazione musicale avrebbe potuto

3 Riepel, J., An/angsgrunde, cap. t , p . 2 . .


4 Vedi <http:/ / faculty-web .at.n orthwestern.edu/ music/gjerdingen/ galant_book/ index.
htm>. Se questo indirizzo dovesse cambiare in futuro, una ricerca delle parole chiave "gjer-
dingen ,, e ((p artimenti" dovrebbe restituire il sito appropriato. L 'esecuzion e eli Enrico G atti
può essere ascoltata in La scuola piemontese del XVIII secolo, Symphonia 1992, SY 92S13,
registrato nel gennaio 1992 presso la chiesa eli Santa Chiara, Bra (Cuneo).
96 La musica nello stile galante

presentare ((a tutto il Mondo un Ritratto Simbolico" delle "gloriose qualità"


della sua protettrice:

in queste mie Note alte, e basse, e in questi tuoni acuti, e gravi dalla loro con-
trarieta, e opposizione ridotte con arte ad armonie, e consonanza riscontreni
ogn'una Somma Maesta congiunta ad una Somma dolcezza, un contegno
affabile, una gravita lieta, e Serena, insomma un concerto d'altura e dimesti-
chezza, di moderazione e di splendore, d' autorita e condiscendenza.5

Indipendentemente dal fatto che un mecenate potesse o no incarnare questi


ideali, il riferimento a tratti galanti come dolcezza, contegno, moderazione e
deferenza rimanda al cambiamento di moda in corso a Parigi contestualmente
alla morte di Luigi XIV e alla salita al trono di Luigi xv (1715) ancora bambino.
Imparando a modellare <ritratti musicali' per questo nuovo tipo di affabile
mecenate della reggenza, Somis si assicurò il favore a corte ininterrottamente
per i decenni successivi.
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(Segue)
5 Somis, G . B., Sonate da camera [op. I], J. Roger, Paris 1717.
5. Un Minuetto di Giovan11i Battista Somis 97

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Es. 5.2 - Somis, op . 6, n. 4, mov. 3, Minuetto (Parigi, 1734)


6
ll Do-Re-Mi

Le figure ascendenti descritte nell'analisi del minuetto dì Somis (cap. 5) erano


ognuna parte di uno schem.a Do-Re-Mi. 1 Il violinista francese Jean-Marie
Leclair (1697-1764), famoso allievo di Somis, conosceva tutte le forme di Do-
Re-Mi in voga nei primi anni '2o del secolo e le impiegò nel suo primo libro di
sonate. Questa è la sua versione del tipo più elementare, con do-re-mi (0-@-
~) alla melodia e do-si-do (<D-0-<D) al basso:

1 o tr

(J)

Es. 6.r- Leclair, op. r, n. 3, mov. 2, Allegro (1723)

Come suggerisce l'esempio qui sopra, il primo e l'ultimo stadio dello schema
presentano accordi di tonica stabili, mentre lo stadio centrale, con un grado mi
(vedi cap. 2) di 0 al basso, suona come un meno stabile 6/3 o 6/ 5/ 3. In forma
astratta, lo schema potrebbe essere rappresentato come nella figura 6.1 (vedi
pagina a fronte).
Con1e la Romanesca, il Do-Re-Mi era una tipica formula d'apertura dello
stile galante. Di fatto , entrambi i modelli possono essere utilizzati simultanea-
mente se l'O nella melodia è tenuto, esplicitamente o implicitamente, per
tutto l'inizio della Romanesca. Nel capitolo 3 abbiamo visto esempi di questa
combinazione tratti da Bononcini, Han del, Aprile e L'Ab bé le Fils (Leclair fu
maestro di L'Abbé). Si potrebbe immaginare un giovane L'Abbé intento a
imparare come combinare il Do-Re-Mi e la Romanesca attraverso lo studio
1 Ho scelto il nome di questo schema in base alle note-perno della sua melodia. ll profes-
sor Elwood Derr insegnava questo modello, con questo nome, ai suoi studenti di fuga
all'università del Michigan negli anni '8o, e di certo altri hanno fatto lo stesso collegamento.
6. Il Do-Re-Mi 99

Forte Debole Forte


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Figura 6.1- Schema di Do-Re-Mi

di alcuni dei lavori più semplici di Leclair, come questo esempio in tempo di
gavotta:
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Es. 6.2- Leclair, op. I, n. 3, mov. 4, Allegro ma non troppo, batt. r (1723)

Raramente, però, lo stile usuale di Leclair è così semplice o diretto. Per aiuta-
re il lettore a districarsi nella scrittura a volte molto densa delle sue partiture,
sarà utile, anzitutto, spiegare l'uso del ritardo "2-3" nel Do-Re-Mi. Nella for-
mula standard del Do-Re-Mi, 8 -8} nella melodia e 0-CD al basso salgono per
l 00 La musica nello stile galante

terze (o decime) parallele. Se, però, il basso rimane sull'G) iniziale mentre la
melodia sale al e, il risultato è una dissonanza molto apprezzata dalla scuola
di Corelli ed è segnata nella numerazione del basso con (2', a indicare l'urto di
seconda tra i simtùtanei e e CD. Quando poi il basso prosegue la sua discesa
'ritardata' al (j), la dissonanza di seconda risolve su un intervallo consonante
di terza, da cui '2-3' . La spiegazione è più complessa dell'effetto, che dovreb-
be essere chiaro nell'esempio 6.3:

DO-RF- ll

= dissonanza
( ) = consonanza

Es. 6.3 - Leclair, op. 1, n. II, mov. 3, Allegro (1723)

N el suo studio delle tradizioni orali nella poesia epica dei Balcani, Albert Lord
ha individuato nell' enjambement un segno di stile colto e letterario. 2 Si parla di
enjambement quando un singolo verso poetico non rappresenta un'unità auto-
noma e compiuta, ma la sua sintassi o il suo significato si completano nel verso
o nei versi successivi. Al contrario delle tradizioni poetiche letterarie, le tradi-
zioni orali spesso evitano l' enjambement perché nella sua improvvisazione un
bardo ha molta più libertà di combinare e collegare dei buoni versi se essi sono
autonomi e intercambiabili. I ritardi ovviamente creano delle piccole forme di
enjambement musicale, giacché essi costringono un evento n1usicale a sovrap-
porsi a un altro. Leclair, però, prediligeva anche forme di enjambement più am-
pie, in cui uno schema si sovrappone o si trasforma in un altro. I due seguenti
esempi musicali sono perciò in un certo senso (letterari', in quanto ognuno (I)
include elementi della Romanesca in un'apertura Do-Re-Mi, (2) sovrappone la
fine del Do-Re-Mi con l'inizio di ciò che potremmo chiamare un (falso' Prinner
che porta a una cadenza, e infine (3) presenta il 'vero' Prinner con grande chia-
rezza. Vediamo quindi come Leclair dia due (letture' abbastanza diverse dello
stesso copione galante, la prima più affermativa e ostentata:
2 Lord, A. B., The Singer o/ Tales, Harvard University Press, Cambridge 1960, p. 54·
6. Il Do-Re-Mi 101

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Es. 6.4- Leclair, op. r, n. 8, mov. 2, Vivace (1723)

la seconda più riflessiva e riservata (vedi es. 6.5 a pagina seguente). Un contem-
poraneo di Leclair definì la sua op. I con1e "una specie di algebra capace di
spaventare i musicisti più coraggiosi" .3 gusto generalizzato per le complessi- n
tà predilette dalla generazione dello stesso Leclair U. S. Bach, Handel,
Domenico Scarlatti, Rameau, Marcello, Porpora e Somis) tramontò rapida-
mente dopo gli anni '2o del secolo. Alla fine degli anni '3o, i compositori più
3Zaslaw, N., "Leclair, Jean-Marie,, in Th e New Grove Dlctionary o/Music and Musicians,
3
2 ed. a cura di Stanley Sadie e John Tyrell, Macmillan, London 2001, vol. 14, pp. 45-8.
l 02 La musica nello stile galante

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Es. 6.5 - Leclair, op. r, n. 4, mov. r, Adagio (1723)


giovani come Wodiczka stavano perfezionando versioni semplificate delle
complesse combinazioni precedenti. Gli esempi 6.6 e 6.7, dall'op. r di W odicz-
ka, riportati qui sotto, fanno da contraltare ai precedenti due esem.p i di Leclair.
N o n ci sono più le Romanesche, i falsi Prinner e le catene di ritardi; rimane solo
una semplice sequenza di Do-Re-Mi, cadenza e Prinner modulante.
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Es. 6.6- Wodiczka, op. r, n. r, mov. 1, Largo (Parigi, 1739)

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(Segue)
l 04 La musica nello sttle galante

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Es. 6.7- Wocliczka, op. 1, n. r, mov. 2, Allegro ma non troppo (Parigi, 1739)

ll Do-Re-Mi rimase un caposaldo per tutto il diciottesimo secolo. Se andia-


mo a leggere le sonate per tastiera di Domenico Cimarosa (17 49- r8or), uno
dei maggiori operisti della seconda metà del secolo e maestro di cappella am-
bito dalle corti imperiali, possiamo trovare un buon numero di casi in cui
aperture standard con Do-Re-Mi portano a una chiara risposta di Prinner.
Un paio di esempi in Do maggiore dimostrano la tendenza eli Cimarosa a
raddoppiare la melodia principale una terza sopra, come in Do-(mi)-Re-(fa)-
Mi-(sol). Il primo esempio è in uno stile molto leggero, con un Do-Re-Mi a
parti scambiate aggiunto dopo la risposta del Prinner:

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Es. 6.8- Cimarosa, Sonata C 48, Allegro (c. 1780-90)
6. Il Do-Re-Mi l 05

Nel secondo esempio tratto dalla stessa serie di opere per tastiera, Cimarosa
estende a cinque battute il suo Do-Re-Mi e lo fa seguire da una risposta di
Prinner di quattro battute, sempre mantenendo un certo equilibrio tra i due.
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(4)

Es. 6.9- Cimarosa, Sonata c 56, Allegro (c. 1780-90)

Alla fine degli anni '70 dello scorso secolo, Leonard B. Meyer notò che molte
frasi del Settecento assotnigliavano all'inizio dell'inno natalizio Adeste fideles. 4
La sua melodia, che si fa risalire all'inizio del '7oo, inizia con una variante del
Do-Re-Mi che presenta salti melodici al 0 verso il basso e dal 0 verso l'alto:
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Ad - es - te fi - de - les. lae - ti tri - un1 - phan - tes

Es. 6 .10 - Adeste fideles

L'osservazione di Meyer si applica anche a Cimarosa. I due precedenti esempi


usru1o la variante di Adeste fideles, con i salti dal e al 0. La coerenza con cui
Cin1arosa presenta la combinazione di Do-Re-Mi con le terze superiori aggiun-
te e i salti inferiori alla Adeste fideles suggerisce che egli considerasse questo
4 Meyer, L. B. , Style and Music: Theory, History) and Ideology, University of Pennsylvania
Press, Philadelphia 1989, p. 4·
6. Il Do-Re-Mi l 07

viduato da W odiczka, anche se vi aggiunge una squisita appoggiatura inferiore


di un quarto al ~ finale e collega le due sottosezioni con un basso tematica-
mente pregnante:
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Es. 6.13- Mozart, Concerto per corno (K 386b), mov. r,


Allegro, battuta r (1791)
Mozart e Cimarosa erano maestri nell'aggiungere delicati tocchi alle melodie
degli schemi di base; nelle loro versioni del Do-Re-Mi bipartito in modo mag-
giore sembra che entrambi vedessero i due movimenti melodici ascendenti di
tono come opportunità per inserire corrispondenti abbellimenti cromatici.
Nell'esempio 6.14, un breve frammento da un altro pezzo per tastiera di Cima-
rosa, si può vedere come le note alterate di passaggio possano essere aggiunte
al Do-Re-Mi bipartito. Aggiungendo lo stesso cron1atismo a entrambe le metà
dello schema si sottolinea la rima musicale.
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12

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* = abbellimento cromatico
Es. 6.14- Cimarosa, Sonata c 86, Andante grazioso (c. 1780-90)

L'intreccio di modelli che ne risulta - un Do-Re-Mi bipartito con salti alla


Adeste fideles e corrispondenti note di passaggio alterate - divenne molto
popolare, tanto che Mozart lo usò in un altro dei suoi concerti p er corno:
l 08 La musica nello stile galante

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Es. 6.15 - Mozart, Concerto per corno (K 447), mov. 3,


Allegro, batt. 1 (c. 1787)

Si noti come qui (come nell'esempio eli Ci1narosa) le note di passaggio alterate
determinino l'arrivo posticipato prima del @ e poi del fD- ciò che François-Jo-
seph Fétis chiamava prolongations (1844) .6 Il tipo di Do-Re-Mi bipartito propu-
gnato da Mozart e Cimarosa negli anni '8o del Settecento era ancora in vita tre
decenni dopo; Gioacchino Rossini (1792-1868), che aveva studiato con il mae-
stro del partimento Stanislao Mattei a Bologna, ne concepì una grande versio-
ne a otto battute per la sua sinfonia del Barbiere di Siviglia:

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Es. 6.16- Rossini, Il barbiere di Siviglia , Sinfonia,


Allegro, batt. 68 (Roma, r8r6)
6 Fétis, F.J., Traité complet de la théorie et de la pratz'que de tharmonz·e, Maurice Schlesin-
ger, Paris 1844, pp. 104-12.
6. Il Do-Re-Mi 109

La perfetta corrispondenza tra la melodia del Do-Re-Mi bipartito e le note del


corno naturale potrebbe spiegare la prevalenza di questo modello nei concerti
per corno di Mozart, ma in verità il Do-Re-Mi era onnipresente nella musica
per qualunque tipo di strumento per tutto l'arco del Settecento fino a
Ottocento inoltrato. I compositori evidentemente amavano iniziare un movi-
mento salendo i primi tre scalini della scala melodica, do-re-mi. Se dovessimo
includere anche le migliaia di movimenti che cominciano con do-mi-sol (i tre
gradi della triade di tonica) sotto la stessa voce di "incipit di tre note ascenden-
ti", finiremmo per cotnprendere una significativa percentuale di tutti i movi-
menti galanti, e una percentuale anche maggiore di movimenti iniziali. 7
A metà del Novecento, il paroliere americano Oscar Hammerstein II scrisse
la frase "Quando si canta s'inizia col do-re-mi" .8 La sua osservazione sarebbe
sembrata un saggio consiglio per ogni compositore galante. Quando il collabo-
ratore di Hammerstein, Richard Rodgers, scrisse la melodia per la canzone che
inizia con "Do, se do qualcosa a te" utilizzando i gradi della scala O per do, ~
per te, @ per re, O per dì, e così via, era probabilmente ignaro di quanto da vici-
no stesse seguendo i passi di Cimarosa. Ciò che i due compositori avevano in
comune era la consapevolezza della sempiterna utilità di questo schema .


7 Nel dettato melodico gli studenti a volte confondono do-re-mz' con do-mi-sol, dando un
po' ru credito alla nozione che l'errore sia "alfabetico" (triadico jnvece di diatonico). Vedi
Deutsch, D., e Feroe, J., "The Internai Representation of Pitch Sequences in Tonal Music",
in Psychologz'cal Revz'ew, n . 88, 1981, pp. 503-22.
8 Dal verso della canzone ('Do-Re-Mi" can tata dal personaggio di Maria nel film Th e
Sound o/ Music [Tutti insierne appassionatamente], N ew York 1959. Nella versione italiana
del filn1, la canzone è tradotta come ((Se nel primo di giorno di scuola, l a leggere vuoi pro-
var, l tu dovrai cominciar l con A-B-C, l per cantare le note l Do-Re-Mi".
7
TI Monte

Mentre la seconda sezione di una Fonte è un tono sotto, quella di un Monte è


un tono sopra. Come la Fonte, il Monte implica una trasposizione sequenzia-
le del suo materiale iniziale. A differenza della Fonte, però, il Monte può con-
tinuare la sequenza con ulteriori trasposizioni. Nei dialoghi di Riepel, il mae-
stro insegna al suo allievo che il Monte può essere impiegato immediatamente
dopo la doppia barra in un minuetto. Questa era una prassi comune, anche se
il Monte non era limitato a quella posizione e non vi compariva così di fre-
quente come la Fonte. Come d'abitudine, come modello per il Monte Riepel
ha fornito solo una melodia: 1

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Es. 7.1- Riepel, una melodia di Monte (1757)

Come si è detto nel capitolo 4, i lettori di Riepel avrebbero potuto comple-


tare mentalmente la melodia con un basso appropriato. In quest'ambito di
Do maggiore il basso implicito includerebbe normalmente la sensibile e la
tonica, prima di Fa maggiore e poi di Sol maggiore. N ell'esempio 7.2, un
estratto da un partimento di Zingarelli ci da l'importante inclicazione nume-
rica di "6/b5" per iniziare la linea cromatica ascendente creata da questa
sequenza ascendente.2
Fa maggiore Sol1naggiore

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Es. 7.2 - Zingarelli, un basso di Monte da un partimento, Allegro (c. 1790)

Cons1derato il contesto più ampio di un intero minuetto, il Monte di Riepel


tocca prima la sottodominante (IV) e poi sale alla dominante (V) . Come la
1 lliepel, J., An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Sdnztliche Schrz/ten zur
Musiktheorie, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli., Bohlau, Wien 1996, cap. 3, p . I.
2 Zingarelli, N., Partinzenti del Signor Maestro Don Nicolò Zingare l/i, Ricordi, Milano post
1838, p. 7· L'esempio è stato trasposto un tono sopra per il confronto con l'esempio 7.1.
7. Il Monte 111

Fonte, il Monte associa a ogni movimento ascendente 0-CD del basso un


movimento discendente 0-~ alla melodia, con queste diadi a cavallo di un
confine metrico, di solito una linea di battuta. E, sempre come la Fonte, i gradi
mi del basso sul 0 avranno sonorità di 6/3 o 6/5/3, e il conseguente basso di
tonica avrà sonorità di 5/3. li prototipo di Monte con quattro eventi disposti in
due coppie e quindi molto simile a quello della Fonte; la differenza più impor-
tante sta nella trasposizione della seconda diade e una maggiore libertà nel
modo di ciascuna metà (la Fonte è sempre suddivisa in maggiore~minore):

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Figura 7.1 - Schema del Monte diviso in due coppie di eventi

In un trattato precedente, Riepel aveva combinato una melodia molto simile a


quella mostrata sopra (es. 7.1) con un basso molto simile a quello di Zingarelli
(es. 7.2). li risultato era un prototipo di Monte:3
Fa 1naggiore Sol maggiore

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Es. 7 ·3 - Riepel, un Monte con melodia e basso (1752)

3 Riepel, ]. , An/angsgrunde, cap. 1, p . 18.


112 La musz·ca nello stile galante

Un episodio in Mi~ maggiore di un rondò del famoso pianista Muzio Clementi


(1752-1832) costituisce un es~mplare più elaborato e molto posteriore:
sottodominante (N)

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Es. 7·4 - Clementi, op. 4, n. 5, mov. 2, Allegretto (Londra, 1780)

Clen1enti, che apprese le tradizioni galanti a Roma dal suo maestro Antonio
Baroni (1738-1792) , il quale a sua volta aveva studiato a Napoli, effettua i dovu-
ti passaggi armonici, il primo alla sottodominante (Lab) e il secondo, salendo
di un tono, alla don1inante (Sib). La melodia di Clementi, però, è ornata e rag-
giunge il do 6 , ~ della sottodominante (L ab) , sia da sotto (si q5 ) che da sopra
(re q6), mantenendo così le note principali della melodia dello schema all' inter-
no della scala diatonica di Mi maggiore. Per facilitare il confronto con il proto-
tipo di Monte, ho indicato 0-0-~ sopra le due n1età della melodia di Clemen-
ti. Si tratta, però, di un'estrema semplificazione: piuttosto che adattare la tona-
lità della sua melodia a ogni tonica temporanea, egli ha mantenuto una mag-
giore aderenza melodica generale alla scala di Mib maggiore. Perciò, 0 -fì-0
nella prima metà e @-0 -fì nella seconda rispecchierebbero meglio la natura
diatonica della sua melodia. Ulteriori differenze tra le varianti diatonica e cro-
matica del Monte saranno discusse più avanti nel capitolo.
Nei suoi copiosi scritti, Riepel ha illustrato un'ampia gamma di possibilità
per il musicista desideroso di utilizzare un Monte. Per esempio, è possibile un
Monte suddiviso in tre parti. Poiché la norma prevede un Monte suddiviso in
due parti a distanza di tono l'una dall'altra, Riepel osserva che un ascoltatore,
udendo il Monte salire di tono una seconda volta, potrebbe sentirsi "inganna-
7. Il Monte 113

to", anche se ciò non sarebbe necessariamente un male.4 Non a caso il quarto
'capitolo', o meglio trattato, di Riepel si concentra espressamente sugli effetti
artistici disattesi; il suo esempio di questa tecnica sale da un temporaneo Fa
maggiore a Sol maggiore, come prima, e poi prosegue a La minore:5

Sol maggiore La minore


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Es. 7·5 - Riepel: Monte tripartito (1765)

li Monte suddiviso in tre parti p uò presentarsi sia in modo cromatico sia dia-
tonico: altri due esempi di Clementi potranno aiutare a chiarire le differenze
tra i due casi. In un esempio cromatico (si veda l'es. 7.6, qui sotto), che si trova
nella tipica posizione immediatamente dopo la doppia barra, Clementi guida
il suo Monte prima alla tonalità della sottodominante (IV) , poi alla tonalità

1. sottodominante (TV)
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(Segue)
4 An/angsgrunde, cap. 4 , p. 22: ''Er findet sich aber betrogen".
5 -- .:,
_ _ , A n/angsgrunde, cap. 4, p . 2 2.
114 La musica nello stile galante

3. sottomediante (VI)
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Es. 7.6 - Clementi, op. 4, n. 2, mov. 2, Presto (Londra, 1780)

della dominante (V) , e infine alla tonalità della mediante inferiore (VI) , sotto-
lineando enfaticamente la conclusione tonale di ciascuna parte con una Caduta
dal 8 Acuto. Si noti che ogni nuova parte è la trasposizione della precedente
in una nuova tonalità, con le alterazioni adattate per un'in1plicita successione
accordale II-V-I in ogni nuovo contesto tonale.
Nella prima metà dello stesso movimento (es. 7.7) , Clementi aveva scritto
un Monte diatonico tripartito; a differenza dell'esempio cromatico 7.6, con il
suo continuo spostamento del centro tonale, il Monte dell'esempio 7·7 resta
all'interno dell'orbita tonaie di Si~ maggiore, con la sua terza parte che sfocia
in una clausula vera (vedi cap. n) cadenzando a Fa maggiore, dominante di Si~
maggiore. Eccetto le note alterate cromaticamente (ad es., il si~ a batt. 4), le
note appartengono tutte alla scala di Sib maggiore fino al leggero spostamento

l. alla dominante (V in SiP maggiore)


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7. Il Monte 115

clausula vera (sul V)


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Es. 7·7 - Clementi, op. 4, n . 2, mov. 2, Presto (Londra, 178o)

a Fa maggiore con la cadenza. Certamente vi sono cambiamenti di colore


armonico, come quando la seconda parte termina su un accordo di Sol mino-
re; ma ciò è tecnicamente diverso da uno spostamento del centro tonale, con
un eventuale cambio di modo. A parte le differenze nei dettagli, entrambi i tipi
di Monte 'scalano una montagna' , ed entrambi hanno in comune un modello
intervallare 5-6 sottinteso, un secolare mezzo per aggirare i divieti di quinte
parallele. Per rendere più chiaro il modello 5-6, l'esempio 7.8 mostra una sem-
plificazione del basso del Monte diatonico tripartito di Clementi (es. 7.7), con
l'aggiunta della numerazione:

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Es. 7.8- L'accompagnamento dell'es. 7·7 semplificato

Come con la Fonte, le diverse sezioni di un Monte creano una mediazione tra
significati locali e globali, che sembrano incompatibili se espressi in un qualun-
que sistema di simboli isolato. Si potrebbe tentare di definire il Monte come
puro contrappunto, ma ciò offuscherebbe i caratteristici gradi della scala e le
tipiche funzioni ton ali i vi impiegate: in fin dei conti, c'è una differenza udibile
se una sezione di un Monte si conclude su un accordo minore oppure su uno
maggiore, o quando la scala impiegata catnbia anche di poco per ogni nuova
parte. D 'altra parte, definire il Monte sol amen te in termini di gradi della scala e
centri tonali oscurerebbe la stretta relazione tra le sue varianti cromatiche e dia-
toniche. Q uesto dilemma era evidente già nel diciottesimo secolo. A un certo
punto del dialogo di Riepel tra i due personaggi immaginari di maestro e allie-
vo, quest'ultimo fa notare che una sequenza diatonica ascendente di 5-6 '' dav-
116 La musica nello stile galante

vero rassomiglia a un Monte"; il maestro è d'accordo, ma dichiara il semplice,


diatonico 5-6 come un arcaismo che ((ancora non è del tutto scomparso" .6
Parte della difficoltà risiede nella parola 'tono'. Nella seconda metà del seco-
lo -l'epoca di Clementi -il significato di ctono' si stava awicinando al concetto
moderno di 'tonalità', come nell'espressione ((il tono di Sib maggiore''. Nella
prima metà del secolo, ctono' poteva anche indicare una nota in una scala che
riceveva un'importanza temporanea, come nell'espressione "sol: il sesto tono
dell'esacordo di Slb". Se esaminiamo il repertorio della prima metà d el secolo,
dovremmo trovarne altre di quelle prassi che ancora non erano "scomparse".
Domenico Scarlatti (r685-1757) crebbe in una famiglia di musicisti. Gran parte
della sua precoce istruzione musicale era già completa verso la fine del Seicento,
quindi aveva dimestichezza con molti degli antichi schemi che sarebbero poi ca-
duti in disuso nel corso del diciottesimo secolo. Le sue prime esperienze com-
prendevano studi a Napoli, a Roma (dove anni dopo avrebbe studiato Clemen-
ti) e, come già detto, a Venezia, dove il suo lavoro con Gasparini lo rese un lon-
tano parente m.usicale di Riep el. Scarlatti proseguì la sua carriera diventando
maestro di cappella a Roma e a Lisbona, cembalista di corte della regina di Spa-
gna,7 e uno dei più straordinari virtuosi dell'epoca. Sembra che non avesse pro-
blemi a scrivere un Monte facendogli toccare tre ctoni' contigui, in quasi tutte le
combinazioni. Alcune volte, come nella sua sonata K 220 (vedi es. 7.9, qui sotto),
i tre diversi toni possono farsi rientrare all'interno di un' unica moderna tonalità;
sarebbe a dire che la sequenza ascendente di toni do , re e mi potrebbe essere in-
terpretata come appartenente alla moderna tonalità di La minore, di cui rappre-
senterebbero (I) la mediante o il relativo maggiore, (2) la sottodominante e (3) la
dominante. Si noti che ogni stadio del precedente Monte è circoscritto tonai-
mente, con un chiaro basso cadenzante e una melodia discendente 0 -0 -8 -@.
In una nozione moderna di tonalità, il passaggio potrebbe essere descritto cotne

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1. alla mediante (III)
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(Segue)

6 , An/angsgriinde, cap. 4, pp. 28-9: ((nicht gar vertilgt werden".


7 Probabilmente Scarlatti conosceva Pierre Rameau, il maestro di ballo citato nel capito-
lo 4 (non imparentato con l'omonimo compositore francese). Mentre però la protettrice di
Rameau era Elisabetta Farnese, Scarlatti era legato alla regina che le succedette, Maria
Barbara.
7. Il Monte 117

2. alla sottodominante (IV)


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3. alla do1ninante (V)


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Es. 7·9 - D. Scarlatti, Sonata K 220, Allegro (c. 1740-50)

un fluido ritorno dal relativo maggiore alla tonalità d'impianto di La minore, lo


stesso tipo di successione che si potrebbe incontrare nelle sonate viennesi di
Haydn o Mozart.
Altre volte, invece, si percepisce che la moderna nozione di tonalità sarebbe
inappropriata. In una diversa sonata in La .maggiore, K 219 (vecli es. 7.10, qui
sotto) , un Monte suddiviso in tre parti presenta anch'esso delle melodie discen-
denti <D-0- 0-~ e tre stadi ascendenti. La successione di toni si, do# e re# però,
tutti e tre nel m.o do minore, e impossibile da ascrivere a qualsiasi singola tonali-
tà moderna. Tuttavia, si, do# e re# in quanto 'toni' nel significato antico, rientra-
no comodamente negli esacordi di si o di/a#, che sono solo relativamente distan-
ti fra loro, specialmente dato il contesto di La maggiore come punto di parten-
za. Scarlatti è giustamente famoso per questo genere di stravaganze tonali anche

1. Si minore

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118 La musica nello stile galante

2. Do# minore

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Es. 7.10- D . Scarlatti, Sonata K 219 (c. 1740-50)

se i critici moderni preferiscono ascrivere queste successioni alla sua personalità


piuttosto che alle tradizioni da cui aveva appreso la sua arte.
Il suo contemporaneo napoletano Francesco Durante (r684-1755), il quale
finì per diventare uno dei maestri più influenti e riveriti fra tutti, preferiva altri
due tipi più antichi di Monte. La grande autorità di Durante e il successo di
così tanti fra i suoi allievi fecero sì che questi arcaici Monti seicenteschi conti-
nuassero a far parte del bagaglio pedagogico anche dopo molto tempo che il
loro uso, comune nella musica di corte alla moda, era scomparso. n primo tipo
è descritto da uno dei suoi studenti, Fedele Fenaroli (173o-r818) , con1e un basso
che '<sale di quarta e scende di terza" . Fenaroli diede una realizzazione di que-
sto basso in un famoso libro di partimenti che infine divenne, nella sua versio-
ne a stan1pa, un caposaldo dei conservatori ottocenteschi (vedi esempio 7.11) .
n risultato è un Monte diatonico in cui tutti gli accordi sono in posizione 5/3;
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Es. 7.11 - Fenaroli, Partimenti, libro 3, n. ro, batt. r (c. 177o-8o)


7. Il Monte 119

o, per dirla in altro modo, il Monte diatonico in Sol maggiore presente nelle
tre voci superiori è accompagnato dalle fondamentali degli accordi al basso, in
quello che i napoletani chiamavano 'movimento principale', da cui il mio ter-
mine 'Monte Principale'.
Fenaroli descrive un altro modello, con il basso che "sale di quinta e scen-
de di quarta" e che di nuovo presenta una serie di accordi in stato fondamen-
tale. Ecco una realizzazione in 'seconda posizione' (con la terza dell'accordo
alla voce superiore):

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Es. 7.12- Fenaroli, Partimenti, libro 3, n. 12, batt. r (c. 1770-8o)

Poiché questo modello inizia come una Romanesca ma poi sale laddove invece
la Romanesca scenderebbe, l'ho chiamato "Monte Romanesca". Potrebbe be-
nissimo essere trattato come uno schema a sé, date le diverse successioni ac-
cordali, o anche come una variante della Romanesca. L'affinità con quest'ulti-
ma sembra essere stata notata da C. P. E. Bach (r?I4-I788), che ha utilizzato
una Romanesca tradizionale nella prima metà di uno dei suoi movimenti per
tastiera più elaborati, e poi l'ha sostituita con un Monte Romanesca nell' analo-
ga posizione all'interno della seconda metà. (Si veda l'esempio 7.13, a pagina
seguente, dove i due passaggi sono posti l'uno sopra all'altro per facilitare il
confronto).
'Manierismo galante' potrebbe essere un'utile descrizione delle lussureg-
gianti e deliberate manipolazioni delle convenzioni galanti da parte di C. Ph.
E. Bach. 8 In molti casi, le sue manipolazioni sarebbero difficili da spiegare se
non si avesse una conoscenza preliminare e piuttosto sofisticata degli schemi
galanti di base. Riepel attribuiva l'intercambiabilità dei modelli musicali a ciò
che i filosofi allora chiamavano ars combinatoria.9 Nello stesso movimento,
Bach esplora ulteriormente questa 'arte delle combinazioni' sostituendo una
Fonte 'da manuale' a un Monte in quella che doveva essere la sua ripresa. (Si
veda l'es. 7.14, a pagina seguente).
Durante rietnpì le sue cotnposizioni con tutti i tipi di Monte, i quali poi
venivano trasmessi ai suoi allievi attraverso i loro partimenti. N el suo libro di
8 Berg, D . M., "The Keyboard Sonatas of C. P. E. Bach: An Expression of the Mannerist
Principle", tesi di dottorato, State University of New York, Buffalo !975·
9 Riepel, J., An/angsgrunde, cap. 2, pp. 25-31.
120 La musica nello stile galante

47

- - 7

Es. 7.13- C. P. E. Bach, Sonata in La maggiore (H r86), mov. r,


Allegro assai, battute 5 e 47 (c. 1765-66)

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Es. 7.14 - C. P. E. Bach, Sonata in La n1aggiore (H 186), mov. I,


Allegro assai, batt. 13 e 95 (c. 1765-66)
7. Il Monte 121

sei sonate per tastiera della fine degli anni '40, ognuna delle quali abbina uno
'studio' e un 'divertimento', si possono trovare tutti e tre i 'generi' di Monte
descritti sopra: il Monte galante con il modello 5-6, sia cromatico sia diatoni-
n
co, il Monte Principale e il Monte Romanesca. Monte galante di base con il
basso cromatico è presente all'inizio dell'Adagio del sesto 'studio'. Data la
posizione centrale di Durante nella tradizione napoletana, può essere utile
riportare l'intera prima sezione (vedi es. 7·15). La Romanesca di Durante invi-

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Es. 7.15 - Durante, Studio n. 6, Adagio (Napoli, 1747)

ta al raffronto con quelle di Samrnartini, J. C. Bach e Jommelli illustrate alla


fine del capitolo 2 (es. 2.22-24) . n Prinner di Durante, benché pieno di abbel-
limenti, fa centro per ogni stadio della versione modulante. La modulazione a
122 La musica nello stile galante

Fa maggiore sembra transitoria, giacché il passaggio alle b attute 4-5 (che Riepel
chiama Ponte) pare estendersi a /a in quanto dominante di SiD maggiore, la
tonica originale. La permanenza su SiD è rinforzata dal successivo Monte, che
evidenzia il IV e poi il V grado in Si D.
li Monte Principale è palese nel tema del secondo studio di D urante (vedi
es. 7 .I6). Con la dovuta trasposizione, il basso di Durante presenta le stesse no-
te del partimento del suo allievo Fenaroli mostrato prima in questo capitolo
(es. 7.II). In effetti, quasi ogni raccolta dipartimenti presenta almeno un basso
simile come mossa di apertura. Osservandolo più da vicino, il Monte Principa-
le di Durante rivela un canone tra la melodia e il basso (quest'ultimo sfasato di
un ottavo rispetto alla melodia). Questa particolare disposizione di due voci a
canone, ognuna con un movimento ch e sale di quarta e scende di terza, era
molto apprezzato e utilizzato a N apoli.

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Es. 7.16 - D urante, Studio n. 2, Allegro (N apoli, I747)

Infine, il Monte Romanesca fornisce un'impalcatura per le giocose triadi nel


sesto e ultimo divertimento di Durante:

Es. 7.I7 - Durante, Divertimento n . 6, Allegro (Napoli, 1747)

Qui gli accordi sui tempi forti del Monte Romanesca saranno del modo appro-
priato alla loro posizione nell'esacordo corrente, mentre gli accordi sui tempi
deboli saranno altrettanto diatonici, oppure dominanti degli accordi prece-
denti (come nell'es. 7.I7). Quando il b asso tocca i gradi@, ®e@ della tona-
7. Il Monte 123

lità in un Monte Romanesca, questo prenderà una tinta minore- un'osserva-


zione fatta dal maestro del partimento Giovanni Furno (1748-1837) - e presen-
terà una serie di ritardi 4-3 (non presenti nel divertimento di Durante) .10 In
una descrizione sul modo di improvvisare una cadenza per due solisti un allie-
vo di Gasparini, Johann Joachim Quantz (1697-1773), presenta gli 'intervalli '
mostrati nell'esempio 7.18 (le parti superiori sono originali, il basso è mio). Egli
inserisce le parti superiori, con i ritardi 4-3, in un Monte Romanesca che con-
duce, per mezzo di una piccola Fonte, a una 'cadenza doppia' (vedi cap. rr)
con un doppio trillo sulle penultime note:11
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Es. 7.18- Quantz, Saggio di un metodo per suonare
il flauto traverso, fig. 4, Tavola 21 (1752)

li Monte Romanesca era una parte importante dello stile 'severo' o ecclesiasti-
co insegnato in molti partimenti. Come nell'esempio di Quantz, vi era spesso
una serie di ritardi 4-3: un elemento è evidente in un partimento dato da Mo-
zart al suo allievo Thomas Attwood (il basso e la numerazione sono originali,
la realizzazione è mia; si veda l'esempio 7 .19, alla pagina seguente).
Attwood si era rivolto a Mozart dopo aver completato due anni di studio a
Napoli con alcuni maestri tradizionalisti; forse è proprio per questo che
Mozart gli ha assegnato un compito che termina con un marchio di fabbrica
del partimento italiano, la 'cadenza doppia' . Al tempo di Mozart tale cadenza,
residuo di una prassi seicentesca, era diventata rara al di fuori dei partimenti.
La numerazione specifica di Mozart di tutti i ritardi 4-3 era insolita per la pras-
si italiana; per i napoletani, i ritardi 4-3 erano impliciti nello schema.

lO Furno, G., Metodo facile, breve e chiaro delle prime ed essenzialr: regole per accompagna-
re i partimenti senza numeri, Napoli c. 18ro, p. 12: "Quando il Partimento sale di 5a e cala di
4a si accornpagna con 4a 5a e 8a e detta 4a viene preparata dalla 8a e se risolve sempre a 3a
minore sopra la stessa nota" . ·
11 Quantz,]. ]. , Versuch einer Anweisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 1752, p. ro6.
Trad. it. Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti, Milano 1992, p . 214.
124 La musica nello stile galante

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Es. 7.19 - Mozart, Studi per Attwood (r785-86)
TI seguente partimento non numerato del maestro napoletano Giacomo T ritto
presenta una versione appena meno severa di molti degli stessi schemi che Mo-
zart aveva assegnato ad Attwood (il basso è originale, la realizzazione è mia) .12

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- (Segue)
u Tritto, G., Scuola di contrappunto, Ferd. Artaria, Milano [r8I6] , p. 26, n. 2.
7. Il Monte 125

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Es. 7.20- T ritto, Partimenti (c. 1790)

La combinazione di T ritto di un b reve Do-Re-Mi con un ampio Prinner (batt.


?-Io) è molto simile al partimento di Zingarelli presentato in precedenza (es.
3.2o), usato probabilmente da Isabelle de Charrière, e all'esercizio eli Mozart
(es. 3.21) scritto per Barbara Ployer. La combinazione di schemi sembra essere
stata una 'scena solita' che ogni studente eli musica galante doveva conoscere.
Nonostante l'ampia gamma di Monti disponibili, le generazioni più giovani
di co.n1positori galanti si attennero alla descrizione fornita da Riepel a n1età del
secolo. Essi probabilmente condividevano l'opinione, espressa dal maestro
protagonista dei trattati di Riepel, per cui, quando l'allievo suonava prima una
Romanesca e poi un Monte Romanesca, li giudicava dal suono "antico" .13
La prima pagina dell 'op. I di Wodiczka contiene un Monte del tipo di base
propugnato da Riepel:

sottodominante (IV) dominante (V)


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Es. 7.21- Wodiczka, op. I, n. I, mov. I, Largo (I739)


lJ Riepel, ]., An/angsgrunde, cap. 4, pp. 32-3: "so alt".
126 La musica nello stile galante

Uno dei molti modelli di Monte di Riepel, trasposto in SiD maggiore per con-
frontarlo col Monte di Wodiczka) mostra come la sua sintesi dello stile galan -
te corrispondesse alla prassi corrente della sua generazione e dei suoi colleghi
più giovani: 14

l .

Es. 7.22- Riepel, un modello di Monte (1755)

Si noti però come Riepel vada leggermente oltre Wodiczka aggiungendo una
piccola variazione alla seconda metà del suo Monte (batt. 4 rispetto a batt. 2).
Quando l'allievo protagonista dei suoi trattati scriveva due metà di un Monte
identiche, come Wodiczka, il maestro lo rimbrottava con una sentenza che, in
un mondo governato da idee sul buon gusto, lo studente poteva difficilmente
controbattere: c< due frasi identiche una dopo l'altra suonano male" .15 Poiché
esistono davvero tanti Monti con le due metà scritte uguali, resta non chiarito
se la voce autorevole di Riepel stesse esprimendo un punto di vista personale,
oppure se gli esecutori aggiungessero sempre variazioni durante le esecuzioni,
oppure ancora se vi fossero preferenze locali pro o contro ((l'elegante variazio-
ne" , e così via. In ogni caso, comprendere il problema vuol dire essere già
diventati una sorta di esperti. I trattati di Riepel si rivolgevano a un pubblico
di dilettanti colti, e questioni come quella in causa erano ricamate apposta per
stimolare discussioni sul gusto, lo stile e le norme di espressione musicale
galante.

~; --~ An/angsgrunde, cap. 2, p. 45·


_ _ , An/angsgrunde, cap. 2 , p. 45: "zwei gleiche Absatz hinter einander nicht gut
lauten,.
8
Un Tema e variazioni
di Cari Ditters von Dittersdorf
TI quartetto n. 2 in Si b·maggiore
(K 192), mov. 2, 1789

I quartetti per archi di Cari Ditters von Dittersdorf (1739-1799), benché con-
temporanei allo scoppio della rivoluzione francese, suggeriscono comunque la
continuita con la tradizione, la stabilità dell'ancien régime e l'accurata raffina-
tezza di decenni di esperienza pratica di musica galante. Dittersdorf era ben al
passo con gli stili in rapido sviluppo della scrittura quartettistica a Vienna.
Dopo tutto, aveva suonato in un quartetto d 'archi i cui membri includevano
Haydn, Mozart e Jo ha nn Baptist Vanhal (1739- r8r3), con Dittersdorf verosimil-
mente al primo violino. Eppure aveva uno spirito conservatore; erano passati
più di cinquant'anni dalla pubblicazione del minuetto eli Somis discusso nel
capitolo 5, ma l'organizzazione del tema del movimento con le variazioni del
secondo quartetto di Dittersdorf è pienamente paragonabile al modello stabi-
lito dal vecchio maestro italiano.
Lo schema che segue mostra che Dittersdorf, come Somis, costruisce il suo
movimento in due metà ripetute, creando così una forma con doppia ripresa.
In entrambe le opere, la prima metà presenta una mossa d'apertura seguita da
una risposta di Prinner mentre la seconda metà presenta una Fonte che con-
duce a una cadenza finale. Somis aveva accoppiato una Romanesca di due bat-
tute con una risposta di Prinner di due battute; Dittersdorf invece accoppia un
Do-Re-Mi di quattro battute con la combinazione di un Prinner di due battu-
te e una cadenza di due battute.

Sezione Schema Tonalità


Ia metà D o-Re-Mi, suddiviso in due Sib
Prinner modulante Sib ~ Fa
Cadenza Fa

2a metà Fonte cromatica Do ll1U1. ~ Sib


Monte diatonico IV Q V
Prinner modulante Fa q Do
Cadenza evitata Sib
Cadenza Sib
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128 La musica nello stz'le galante

Tutto ciò è in linea con la chiara tendenza dei compositori a scrivere versioni
più estese degli schemi di repertorio con l'avanzare del secolo. 1 So mis e
Dittersdorf hanno scritto solo otto battute di musica per la prima metà dei loro
rispettivi minuetti, ma la frase d 'apertura di Dittersdorf sembra nettamente
più ampia. Il Do-Re-Mi bipartito con cui inizia la prima metà del movimento
usa i salti alla Adeste fideles e le note di passaggio crotnatiche già incontrate in
opere di Cimarosa e Mozart (es. 6.14-15). La Fonte con cui inizia la seconda
metà, invece, rappresenta per noi qualcosa di nuovo.
Nel suo libro sui metodi compositivi "ingannevoli", Riepel presenta al suo
allievo immaginario la seguente frase musicale, facendogli dire al maestro che
"sembra una Fonte normale":2

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Es. 8.1 - Riepel, tramite l'allievo (Ratisbona, 1765)

ll maestro non dice né sì né no, ma nota che '' alcuni compositori la ornano
come segue" :3

Es. 8.2 - Riepel, tramite il maestro (Ratisbona, 1765)

Riepel sembra qui esplorare diversi aspetti della Fonte che si sovrappongo-
no con altri elementi, come il Sol-Fa-Mi (vedi cap. r8) e il circolo delle quin-
te. Come Riepel, per il momento sorvolerò sui dettagli su come questi sche-
mi si interconnettono. Con la sua introduzione del fa# a battuta 2, però,
seguito dal /a ~ a battuta 3 (il bequadro è mio), egli suggerisce effettivamen-
te di essere consapevole di ciò che io chiamo la Fonte 'cromatica' . Per que-
sto schema, la discesa cromatica lungo i gradi fit -#0- q0 -@ è più un fenome-
no melodico che armonico, un 'ornamento' o una decorazione, per usare le
parole di Riepel. Mentre la Fonte cromatica compare in ogni variazione di
questo particolare movimento, essa era soltanto una delle diverse possibili
1 Schwartz, J. L., "Phrase Morphology in the Early Classic Symphony (c. 172o-c. 1765)",
tesi di dottorato, New York University, New York I973·
2 Riepel, J., An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Siimtliche Schrt/ten zur Musik-
theorie, a cura di Tbomas Emmerig, 2 voli., Boblau, Wien 1996, cap. 4, p. 29.
3 , An/angsgrunde, cap. 4, p . 29.
8. Un Tema e variaziont· di C. D. von Dittersdorf 129

varianti della normale Fonte. È il caso di un movimento di Haydn in forma


di tema e variazioni presentato nel capitolo 10, e del repertorio galante in
generale. Ed è per questo motivo che sopra la prima metà della Fonte di
Dittersdorf insisto a scrivere la parola 'minore' (es. 8.3, batt. 9-1o) , anche se
la sua melodia presenta un mi~ invece del mib che ci si aspetterebbe per il
modo minore.
A metà della quinta battuta l'introduzione di un/a# in una voce interna (in
corrispondenza del "#6" tra i pentagrammi) suggerisce la presenza di una
Fonte incastonata in un Prinner più ampio. Sarebbe a dire che il fa# interno
tende verso Sol minore e verso il @ del basso all'inizio di battuta 6. TI fa q del
basso tende poi a Fa maggiore e all' CD del temporaneo centro tonale all 'inizio
di battuta 7· Questa piccola Fonte scurisce leggermente l'atmosfera, prima del
solare sfogo della cadenza a battuta 7, che inizia non appena la Fonte incasto-
nata ritorna al modo maggiore.
Il Monte che Dittersdorf presenta nella seconda metà del suo tema è dia-
tonico, si muove velocemente ed è integrato strettamente nella cadenza fina -
le, che prima è evitata e poi vigorosamente completata. L'esempio presenta
il solo tema; il tema completo di tutte le variazioni si può trovare su internet
(vedi cap. 1, n . 5) . In ogni variazione Dittersdorf cambia leggermente il basso,
le parti interne o la melodia, ma la sequenza degli schemi rimane la stessa fin-
ché una giocosa corsa conclude il movimento con l'ultima cadenza.

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(Segue)
13 O La musica nello stz'le galante

IV v

CADENZA . .. EVJTATA CADENZA


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Es. 8.3- Dittersdorf, Quartetto per archi


n. 2 (K 192), mov. 2, Andante (1789)
9
Il Meyer
• con alcune annotazioni sullo Jupiter,
la Pastorella e l'Aprile
Giacomo T ritto iniziava la sua Scuola di contrappunto citando il suo pecligree
musicale: 1 egli aveva studiato "sotto la guida del rinomato maestro Signor
Pasquale Cafaro, che fu allievo del celebrato signor Leonardo Leo". Questo
curriculum, che era impeccabile per i canoni del diciottesimo secolo, significa-
va che egli aveva ricevuto, in forma pura, la tradizione in gran parte orale del-
l'insegnamento; e guarda caso il libro stesso eli Tritto contiene più pagine di
partimenti che pagine di spiegazioni a parole. Quando Tritto inizia nel modo
seguente uno dei suoi "partimenti semplici'', egli chiaramente fa riferimento a
parte di quella tradizione:2

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Es. 9.1 -Tritto, dalla Scuola di contrappunto (N apoli, c. 1816)

Altri addetti ai lavori avrebbero riconosciuto il riferimento come segnale del ti-
po di frase d'apertura mostrata nell'esempio 9.2 (il basso è originale, le parti
superiori sono mie). Ho raccontato la storia di quella piccola, ma molto carat-
teristica tradizione in A Classic Turn o/ Phrase, 3 uno studio ispirato da uno dei
miei ''rinomati maestri,, Leonard B. Meyer (19I8-2oo7) . Egli aveva identificato
un "archetipo" musicale che presentava un contorno melodico simile al simbo-
lo musicale del gruppetto, ~, e che chiamò '<archetipo della nota cambiata". 4

1È una pratica che dura tutt'oggi; ad esempio, una violinista potrebbe descriversi come
allieva eli Galarn.ian, o un chitarrista come allievo di Gh.iglia (che è stato allievo eli Segovia, e
così via).
2 T ritto, G., Scuola di contrappunto, Ferd. Artaria, Milano [r8r6], p. 21, n . 13; vedi anche p.
20, n. 5·
3 Gjerclingen, R. 0., A Classic Turn o/ Pbrase: Music and the Psychology o/ Convention,
University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1988.
4 Meyer, L. B., e Rosner, B. S., ('Melodie Processes and the Perception of Music,, in The
Psychology o/ Music, a cura di Diana Deutsch , Academic Press, New York 1982, pp. 317-41.
Nelle successive pubblicazioni Meyer ha sostituito il termine ''archetipo" con il termine
"schema,.
132 La musica nello stile galante

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Es. 9.2- Tritto, dalla Scuola di contrappunto (Napoli, c. r8r6)

Il partimento di T ritto presenta questa forma nel basso e, in senso astratto, il di-
segno inverso nelle battute pari della mia realizzazione (do5 -st"q 4 e/a4 -mi'D4 scen-
dono così come do 3-re3 e siq 2-do3 salgono al basso).
In riferimento agli schemi discussi nei capitoli precedenti, i movimenti coor-
dinati delle diadi alla melodia e al basso avvicinano il modello di Tritto agli
schemi della Fonte e del Monte. Mentre però questi sono tonalmente mobili,
quello è tonalmente stabile; il che può spiegare perché era scelto di preferenza
per temi importanti. li nome che ho scelto per questo schema, 'Meyer', è un
omaggio allo studioso che per primo ne ha colto l'importanza.5 Nella figura
qui sotto, le parole 'chiuso' e 'aperto' si riferiscono agli antichi termini ancora
in uso nel diciottesimo secolo per la fine delle frasi musicali che, rispettivamen-
te, possedevano o no un senso di fine o conclusione.

aperta chiusa

debole forte debole forte


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Figura 9.1 - Schema del Meyer con una coppia di eventi aperta o chiusa
5 Meyer, L. B., The Spheres o/ Music: A Gathering o/ Essays, University of Chicago Press,
Chicago 2000, pp. 189-225; ristampa di "Exploiting Limits: Creation, Archetypes, and Style
Change", in Daedalus, n. 109, 1980, pp. 177-205.
9. Il Meyer 13 3

Esempi di questo schema si trovano facilmente in lavori degli anni '50 e '6o del
secolo; eccone uno da una sinfonia di Haydn scritta nel 1767:

17 o .. o• •


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Es. 9·3- Haydn, Sinfonia in SiP maggiore (Hob. I:35),


mov. I, Allegro di molto (I767)

Haydn, che all'epoca era stato da poco promosso da assistente maestro di cap-
pella a maestro di cappella dal principe Esterhazy, utilizza qui un tema vivace
sebbene convenzionale, il cui basso percussivo era molto in voga. Dittersdorf,
il quale poco tempo prima era succeduto al fratello di Haydn, Michael, come
maestro di cappella del vescovo di Grosswardein, aveva scritto un tema molto
simile l'anno precedente:

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Es. 9·4- Dittersdorf, Sinfonia in Do (K 1),
mov. I, Allegro moderato (1766)

N el tema di Haydn il 0 -6} della melodia alle battute 19-20 si trova una quinta
sotto l'iniziale 0 -8 delle battute 17-18, mentre nel tema di Dittersdorf si trova
una quarta sopra. La scarsa attenzione nei confronti del registro del 0 -8) è una
caratteristica comune di questo schema: la sua seconda metà (risponde' alla
prima, ma l'esatto registro della melodia è di poco significato.
Questa semplice, solida impalcatura può reggere un certo numero di model-
li accessori; ad esempio, Cari Heinrich Graun (I703/4-1759), maestro di cappel-
134 La musica nello stile galante

la alla corte di Federico il Grande a Berlino, inserisce un Prinner di due bat-


tute all'interno di un Meyer di quattro in modo tale che entrambi gli schemi
giungano insieme a conclusione sullo stesso /a-mi della melodia (0 -e}, annun-
ciato da una Caduta dal @ Acuto):

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Es. 9·5 - C. Graun, Sonata a tre, mov. 2, Adagio, batt. I (c. 1750)

Se un Prinner può essere incastonato in un Meyer, anche un Meyer può esse-


re incastonato in un Prinner. La (fioritura la-sol' contrassegnata nell'esempio
9.6 era un motivo ornamentale strettamente associato ai Prinner; lo incontre-
remo di nuovo nei lavori di Mozart:

Es. 9.6 - Haydn, Sinfonia in Re maggiore (Hob. 1:73) c'La ch asse",


mov. I, Allegro, batt. 27 (c. 1781)
9. Il Meyer 135

Come ultimo esempio di combinazione di un Meyer con un altro schema,


l'esempio 9·7 mostra una lunga Fonte di Wodiczka; entrambe le sezioni del-
la Fonte presentano un Meyer, e la seconda meta di ogni Meyer presenta la
melodia del Prinner posta sopra un basso cadenzante (cfr. Castrucci, es. 3.5).
Poiché tutte e due le sezioni deJla Fonte modulano - da Sol maggiore a Re
minore, e poi da Re minore a Do maggiore - il primo stadio di ogni Meyer
coinvolge armonie di sottodominante piuttosto che di tonica. Si tratta di un
passaggio insolitamente complesso per Wodiczka; questa catasta di schemi
divenne rara dopo gli anni '40, per ritornare con una certa frequenza solo ne-
gli anni '8o.


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Es. 9·7- Wodiczka, op. I, n. I, mov. 2 (1739)

Il fluido scambio e accoppiamento di schemi sembra esemplificare perfetta-


mente l' ars combinatoria. Come ho detto prin1a, questa era una tradizione filo-
sofica citata da Riepel e da altri musicisti del Settecento. 6 Eppure, paradossal-
mente, questi stessi scrittori sembrano riluttanti ad attribuire più di un model-
lo a ogni passaggio musicale. Michel Foucault, descrivendo gli autori filosofici
e scientifici del diciottesimo secolo - quelli nella sua (episteme classica' - , os-
6 Eckert, S., "Ars Combinatoria, Dialogue Structure, and Musical Practice in J oseph Rie-
pel' s A n/anggrunde zur musicalischen Setzkunst ", tesi di d ottorato, SUNY, Stony Brook
2ooo; vedi pp. 82-roo.
136 La musica nello stile galante

servò che essi credevano che "le parole siano [ ... ] costituzione e n1anifestazio-
ne evidente dell'ordine delle cose" 7 . Per Riepel, tern1ini come Fonte, Monte e
Ponte sembrano aver significato tre unità che non potevano essere confuse tra
loro, così cotne non lo potevano essere le tre parole stesse. La posizione di Rie-
pel non è isolata. Tuttora la maggior parte delle persone non percepisce la pa-
rola 'odi' come parte integrante della parola 'lodi', e quest'ultima della parola
'melodia'; i significati sono troppo divergenti. Ma, per certo, molti riconoscono
che "lodi" e parte costituente di parole come ((lodigiano", e gli scrittori di mu-
sica del diciottesimo secolo erano certo in grado di descrivere modelli con pre-
fissi, suffissi o altre modifiche musicali. L'incapacità, però, di Riepel e di altri di
separare l'essenza immaginaria di uno schema dalla sua costruzione composita,
o dalla sua disposizione sovrapposta a un altro, significava che un Monte sareb-
be sempre stato uno schema unitario, e mai qualcosa che fosse contenuto da, o
contenesse, qualcos'altro. In tal modo, la ricca e articolata ars combinatoria del-
la prassi compositiva professionale trovava la sua unica spiegazione verbale nel-
la descrizione di semplici sequenze di figure indipendenti. Invece di descrivere
un' ars combinatoria che includesse gerarchie, commistioni, riferimenti e allusio-
ni, gli autori del diciottesimo secolo descrivevano un gioco da tavolo in cui i
frammenti musicali di un set prefissato potevano essere disposti in una sempli-
ce sequenza governata dalle leggi del caso. 8 La dimostrazione delle ricche pos-
sibilità dell'arte era lasciata alle tradizioni non verbali dei partimenti, dei solfeg-
gi e dell'effettiva composizione.

Lo Jupiter

Mozart fa iniziare l'ultimo movimento della sua ultima sinfonia, nota alle gene-
razioni successive come "Jupiter", con un motto melodico di quattro semibre-
vi: do5 -re5 -/a5 -mi . Dopodiché fa seguire a questa mossa d'apertura una cano-
nica risposta di Frinner (si veda l'es. 9.8, a pagina seguente). Questo tnotto, che
io e molti altri chiamiamo "Jupiter", e che vanta una lunga storia precedente
all'impiego che ne ha fatto Mozart, 9 si adatta molto bene a diverse combina-
zioni contrappuntistiche. Nell 'esempio precedente Mozart lo unisce al basso
di una cadenza d'inganno. Nell'esempio 9.9, che è la continuazione dell'esem-
7 Foucault, M. , Le parole e le cose: Un 'archeologia delle scienze umane, trad. it. di Emilio
Panaitescu, Bur, Milano 1998, p. 223 (orig. Les mots et les choses: Un e archéologie des sciences
hurltaines, Gallimard, Paris 1966).
8 Ratner, L. G ., "Ars Combinatoria: Chance and Choice in Eighteenth-Century Music",
in Studies in Eighteenth-Century Music: A Tribute to Karl Geiringer on His Seventieth Birth-
day, a cura di H. C. Robbins Landon e Roger E. Chapman, Allen and Unwin, New York
1970, pp. 343-63.
9 Brown, A. P., ''Eighteenth-Century Traditions and Mozart's 'Jupiter' Symphony K.
551 ", in ]ournal o/ Musicology, n. 20, University of California Press, Berkeley 2003 pp. 157-
95. Brown tratta nel dettaglio la storiografia del (( motto Jupiter".
9. Il Meyer 13 7

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Es. 9.8- Mozart, Sinfonia in Do maggiore K 551, "Jupiter",


mov. 4, Molto allegro (1788)
pio 9.8, il basso cambia in CD-®-®-CD e si aggiunge una voce superiore a crea-
re un paio di ritardi 7-6 (in relazione al motto Jupiter):

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Es. 9·9 - Mozart, Sinfonia in Do maggiore K 551, "Jupiter",
mov. 4, Molto allegro, (1788)

L 'esercizio prolungato con p artimenti fugati e solfeggi con itnitazioni aiutava


un aspirante compositore a p adroneggiare un rep ertorio di queste combinazio-
ni contrappuntistiche standardizzate. I frutti di questo esercizio erano molto
evidenti n ella musica sacra, specialmente nelle fughe sull'a1nen final e, e simili.
Prendere tecnich e contrappuntistiche tipiche del genere sacro e svilupparle in
138 La musica nello stile galante

generi associati con la musica da cappella di corte o per il teatro è caratteristi-


co dello stile dell'ultimo Mozart.

La Pastorella
Nel musical Camelot del 1960, scritto da Lerner e Loewe, l'attore Richard Bur-
ton , nel ruolo di re Artù, si domandava in una canzone "Cosa fa la gente co-
mune?". Tra i veri re e cortigiani d'Europa la domanda sembra aver sempre
suscitato un vivo interesse. Le risposte del diciottesimo secolo, così con1e risul-
tano dai dipinti, dai balletti e dalle opere, appaiono sotto ogni aspetto tanto
forzate quanto la scena in Camelot. I pastori e le pastorelle della comune vita
campestre furono identificati con le rnitiche figure arcadiche diPano di Or-
feo, a rappresentare un eterno tipo di uomo 'di natura', al riparo dallo stress e
dalle tentazioni della corte o della vita di citta. Forse il caso più estremo di
ideale pastorale fu la realizzazione di una /erme ornée ('fattoria ornamentale')
per Maria Antonietta, nota come lo Hameau de la Rein e (1783), un villaggio
completamente ricostruito in cui la regina potesse recitare nei panni di una lat-
taia. -On trattato dell'epoca sui giardini (1776) prescrive che una fattoria orna-
mentale dovrebbe "presentarsi con la sua aria di campagna, con semplicità e
senza pretenziosità; cotne un'ingenua e innocente pastorella il cui solo orna-
mento sia la semplicità" .10
La descrizione musicale della vita pastorale aveva già una ricca tradizione
che andava oltre il rustico tout court. Tra i molti modi di dipingere coi suoni
un n1ondo "il cui solo ornamento sia la semplicità" c'era uno schema che pre-
sentava una melodia, spesso raddoppiata alla terza, dolcemente oscillante at-
torno alle note della triade di tonica. Quasi alla fine della Missa pro defunctis di
François-Joseph Gossec (1734-1829), superato il terrore del famoso Tuba mirum
per contemplare la resurrezione in un paradiso innocente, due soprani intona-
no un'istanza di ciò che io chiamo la 'Pastorella':
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Es. 9.10- Gossec, Missa pro defunctis, mov. 15, Andante (r76o)
10 Morel, J. -M. ,
Th éorie des jardins, Paris 1776, p. 37; citato in Casid, ]. H ., "Queer(y)ing
Georgic: Utility, Pleasure, an d Marie-Antoinette's Ornatnented Farn1 ", in Eighteenth-
Century Studies, n. 30, 1997, pp. 304-18.
9. Il Meyer 139

Lo schema della Pastorella ha in comune con il Meyer e con lo Jupiter una


conclusione melodica 0-~ , uno schema armonico simile e la funzione di mos-
sa d'apertura o di tema importante. Nel contesto più ampio della messa di
Gossec, la precedente frase è parte del "Lacrimosa". li movimento inizia con
un dolente/a minore che alla fine conduce a una cadenza sospesa seguita da
un pausa generale. Quando la Pastorella inizia in La bemolle maggiore, si trat-
ta chiaramente dell'inizio di un nuovo tema. L'apprezzato effetto di ((nobile
semplicità e quieta grandezza" C(edle Einfalt und stille Grosse"), frase autore-
vole con cui Johann Joachim Winkelmann caratterizzava l'arte classica greca
(1755), 11 è qui reso musicalmente tanto dalla carenza di diminuzioni melodiche
quanto dal n1ovimento ampio con cui il ~ d'apertura a battuta 26 porta all'api-
ce melodico del ~ a battuta 30, passando attraverso il O a battuta 28. La volon-
tà di evitare uno sfoggio di vocalità è altrettanto evidente dall'ambito melodico
di sole cinque note.
L'esibizione dei mezzi vocali era merce corrente per il grande castrato napo-
letano Farinelli (1705-1782), allievo di Porpora. Farinelli però era famoso anche
per la sua commovente intonazione di una semplice e schietta melodia. Uno
dei suoi cavalli di battaglia era l'aria "Per questo dolce amplesso" di Basse.
L'aria fu scritta per la prima opera metastasiana di Hasse, Artaserse (Venezia,
1730). Farinelli portò l'aria con sé a Londra (la versione mostrata nell'esempio
9.11) e se ne servì in seguito per alleviare la melanconia di Filippo V di Spagna.
La brillante, seppure intima, aria di Hasse presenta la "nobile semplicità" di
un giovane ingiustamente accusato che e disposto ad affrontare comunque la
morte in cambio della vita per il padre. L'esempio offre l'inizio del ritornello
d'apertura; l'entrata di Farinelli sullo stesso tema (non presente nell'esempio)
è ancora più semplice, con i ritmi puntati sostituiti da due semicrome o da
semplici crome.
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Es. 9.11- Hasse, Artaserse, '(Per questo dolce amplesso", batt. 1 (Londra, 1734)
11 Winkelmann, J. }., Gedanken uber die Nachahmung der Griechischen Werke in der Mah-
lerey und Bildhauer-Kunst, 1755.
140 La musica nello stile galante

Le prime due battute presentano le terze parallele della Pastorella alle voci
superiori e il tipico modello CD-®-®-CD al basso. Una risposta di Prinner con-
duce poi a una cadenza sospesa. Si noti che la melodia di Basse presenta anche
la variante Adeste fideles nel Do-Re-Mi bipartito, ossia Do-Re (batt. 1) .. . Re-
Mi (batt. 2). I tempi forti delle prime due battute mettono in risalto il Do-Re-
Mi, mentre i tempi deboli delle stesse battute mettono in risalto la Pastorella
(se la seconda battuta avesse iniziato con un evidente la5 avremmo parlato di
uno Jupiter). Questi schemi erano tutti distinti con una certa sottigliezza nello
stile galante; soltanto molto dopo, quando le distinzioni ebbero perduto ogni
forza, furono tutti assimilati nella categoria ''frase con antecedente e conse-
guente " , o, peggio,
. ''I -V-V-I" .
Uno dei molti concerti scritti dal grande musicista veneziano Antonio Vivai-
di (1678-1741) aveva per l'appunto come titolo "La pastorella" :

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Es. 9.12 - Vivaldi, Concerto in Re, "La pastorella" (Rv 95),
mov. 2, Largo (Venezia, c. 1710)

Il movimento lento presenta molti dei segni distintivi dello stile pastorale -
scrittura semplice, dolce oscillare di note di volta in metro ternario, incedere
pacato del basso, sonorità di flauti di pan (la melodia è suonata da un flauto
dolce) - eppure è costituito da due schemi molto generici: una Ron1anesca e
una risposta di Prinner. Per questa ragione, non voglio suggerire l'esistenza di
un legame troppo forte tra uno schema astratto e lo stile o topos pastorale, per
usare un tern1ine di Leonard Ratner. 12 La maggior parte degli schen1i galanti
poteva adattarsi a qualunque topos, così come un particolare modello di vesti-
to può essere realizzato in un numero indefinito di stoffe.
Ciò nonostante, lo schema della Pastorella sembra effettivamente aver avuto
una certa affinità con il topos pastorale. In un movimento lento altrettanto
bucolico, scritto per lo stesso organico (es. 9.13), Vivaldi sceglie di presentare
la Pastorella insieme allo Jupiter. Si noti il basso caratteristico della Pastorella,
12 Ratner, L. G., Classic Music: Expression, Form, and Style, Schirmer, New York r98o;
dello stesso autore vedi anche "Topical Content in Mozart's Keyboard Sonatas", in Early
Music, n . 19, 1991, pp. 615-9.
9. Il Meyer 141

CD-®-®-CD, la risoluzione delle diadi melodiche a metà battuta e la sua melo-


dia rnolto semplice. Il O caratteristico dello Jupiter cade esattamente sul bat-
tere della seconda battuta:
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Es. 9.13- Vivaldi, Concerto in Sol minore (Rv 105),


mov. 2, Largo (Venezia, c. 1710)

I salti melodici alla Adeste / ideles che scendono e salgono dal 0 sono un'ulterio-
re indicazione che lo Jupiter e la P astorella hanno una stretta affinità con il Do-
Re-Mi. Leonard Meyer ha raggruppato la Pastorella e il Meyer (secondo la mia
terminologia) sotto la stessa categoria di "archetipo della nota cambiata" .13
Mentre tali schemi hanno effettivamente in comune un profilo melodico a grup-
petto, la Pastorella ha più tratti in comune con lo Jupiter e il Do-Re-Mi biparti-
to. Ad esempio, laddove il secondo evento del Meyer presenta un 8 melodico
b en in rilievo, al suo posto questi altri schemi richiedono tutti un @ : Do-Re-Mi
bipartito (0 -@-... ), Jupiter (0 -@-... ), Pastorella (~-@- ... ). Dal punto di vista
del compositore galante, la questione psicologica della somiglianza o della deri-
vazione degli schemi uno dall'altro era meno importru1te della questione prag-
matica di quali schemi potessero essere sovrapposti se si desiderava ottenere al
tempo stesso- per citare ancora Leonard Meyer- "semplicità grammaticale e
ricchezza di relazioni" .14
Tre temi di apertura dai solfeggi di Giacomo Insanguine (r728-1795) pos-
sono dimostrare come, ad esem pio, un giovane musicista p otesse imparare a
distinguere la P astorella d al Meyer. Una raccolta nap oletan a di solfeggi p er
voce di basso e partimenti del maestro Insanguine è conservata n el Fondo
N osed a della biblioteca del conservatorio di Milan o. Il primo degli esempi
segu enti, il numero ro della raccolta , presenta il M eyer con il suo canonico
CD--@-0 -CD (o ® -@-CV-CD) al b asso. La melodia scende di grado in corri-
sp ondenza della prima diade 0 -fì , p er poi continuare a scendere con una
melodia di Prinner:
13 Meyer, L . B., Sphe1·es o/ Music, p . 197, n. r6.
14 , Spheres o/ Music, p p. 55-125; una ristampa di ''Grammatica! Simplicity and
Relational Richness: The Trio of Mozart's G -Minor Symph ony", in Critical Inquiry, n . 2,
1976, pp. 693-761.
142 La musica nello stile galante

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Es. 9.14- Insanguine, solfeggi nn. 10-12,
tutti a partire da batt. 1 (Napoli, c. 1770-80)

Il secondo esempio, il n . 11, presenta la Pastorella: l'CD-®-CD-CD al basso è una


variante dell'CD-®-® -CD visto prima; la melodia, dopo aver fatto sentire la
diade el-8 , ripropone il 8 come parte di una Caduta del 8 Acuto. Il terzo
esempio, il n. 12, presenta ancora una Pastorella, stavolta insieme a un'altra
melodia di Prinner per mezzo della trasposizione delle battute 1-2 un tono
sopra nelle battute 3-4. I solfeggi per basso possono essere istruttivi per l' ana-
lisi degli schemi poiché in genere ne presentano le forme di base, evitando
complessi tipi di abbellimenti. I solfeggi per soprano, cotne vedremo oltre,
sono scritti per voci più agili.
9. Il Meyer 143

L'Aprile

Giuseppe Aprile (1732-1813) fu un cantante dalla brillante carriera; dopo gli studi
a Napoli, dove divenne maestro, fu il primo interprete di molti ruoli operistici di
prima scelta, tra cui quello di Timante nella prin1a di Stoccarda del Demo/oonte
diJommelli (1764; vedi cap. 24). I solfeggi, o esercizi vocali, che egli, Durante,
Leo, David Perez (1711-1778), Porpora, Insanguine, Nicola Sala (I713-r8or), Pa-
squale Cafaro (r7I5/16-r787), e altri scrissero per gli studenti napoletani non era-
no le aride scale e arpeggi che il nome può suggerire oggi. Al contrario, erano
melodie spesso artisticamente concepite, unite a bassi non numerati nello stile
del partimento. In tal modo gli studenti si esercitavano e assimilavano una strut-
tura completa di basso e melodia. Gli amabili gesti vocali delle opere di Cimaro-
sa devono probabiln1ente molto al tempo da lui trascorso come allievo di Apri-
le. I castrati, tra cui Aprile era uno dei più insignì, non sono stati molto conside-
rati per le loro composizioni vuoi per la pruderz'e dell'era vittoriana, vuoi per
l'ignoranza nei confronti della ricca tradizione dei solfeggi del Settecento; eppu-
re, essi sono stati determinanti per la disseminazione delle tradizioni galanti, e la
loro maestria nello scrivere melodie commoventi, appresa grazie agli anni tra-
scorsi sulle scene dei teatri, era uguagliata da pochi.
Lo schema dell'Aprile, che ho chian1ato così in suo onore, è strettamente
connesso al Meyer: entrambi hanno in comune la stessa coppia di eventi ini-
ziali; ma mentre il Meyer termina con una diade 0 - ~ , l'Aprile termina una
terza sotto con @-0. L'esempio 9.15, tratto da uno dei solfeggi per soprano
scritti a Napoli da Aprile (a uso dei fanciulli o dei castrati del mondo esclusi-
vamente maschile dei conservatori), inizia con la metà 'aperta' di un tipico
Meyer (batt. 1-2):
APRJLF
O&. - - - , . -
~

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~ ~
_ - - -il ~ ~El4'-f- '- -H
.- - - -

-

Es. 9.15- Aprile, solfeggio, MS fol. 4ov, Larghetto, batt. I (c. 178o?)
144 La 1nusica nello stile galante

La metà 'chiusa' (batt. 3-4), con le sue diadi 8 -0 , e ciò che lo distingue dal
Meyer. Questa mossa d'apertura dell'Aprile di quattro battute conduce a
una risposta di Prinner di quattro battute, con l'abbellimento la-sol propo-
sto due volte (batt. 5-6). Il normale tenore del Prinner è posto al basso.
Anche se il solfeggio sembra molto esile con il suo basso quasi immobile, dal
continuista ci si aspettava che aggiungesse, laddove appropriate, delle terze
o seste parallele sotto la melodia, in tal modo arricchendo considerevolmen-
te la trama sonora. Un a trama di questo tipo è piuttosto comune nelle arie di
Cimarosa, Paisiello, Piccinni e Mozart. La scala ascendente a battuta 8 'fug-
ge' dalla chiusura del Prinner, salendo per iniziare a battuta 9 una seconda
discesa verso uno speciale tipo di cadenza sospesa galante. La trattazione di
questa e molte altre varietà di 'chiusure' galanti o clausulae sarà l'argomento
del capitolo IL
Come già mostrato nell'esempio 9·9 dalla sinfonia "Jupiter" di Mozart, il
motivo Jupiter può formare un basso alternativo per una melodia dell'Aprile.
Mozart ha sfruttato appieno questa ars combinatoria nel movimento lento della
sua famosa sinfonia in Sol minore scritta insieme alla ccJ upiter" nell'arco della
stessa estate. Gli esempi dal9.16 al9.20 tratteggiano melodia e basso di alcune
combinazioni e trasformazioni di cui abbonda questo movimento, concentran-
dosi su quelle che fanno riferin1ento agli schemi introdotti poc' anzi. A inter-
connettere la serie di schemi di Mozart vi è una varietà di clausulae dalla diver-
sa forza e funzione.
Mozart ha scelto un'esposizione dello schema dello Jupiter di quattro bat-
tute (vedi es. 9.16) per l'apertura del suo Andante. La 'melodia'- ossia ciò cui
lo spettatore assiste man mano che il tema si dipana- e1nerge dall'effetto com-
posito delle tre successive entrate di viole, violini secondi e violini primi. Le
viole e i secondi violini compiono un salto ascendente dal0 in un modo carat-
teristico del Do-Re-Mi alla Adeste fideles (vedi cap. 6); questi compiono una
variante della 'cavallina' di Corelli (cfr. es. B.7 nell'appendice B). All'inizio, le
viole saltano sul mib ~; mentre queste ribattono la nota in una serie di ottavi
eguali, i secondi violini saltano al /a una seconda sopra. Il risultante e reitera-

vendo solo a attuta 3 quando il mib4 scende a re4 . TI basso che sostiene lo
J upiter è una variante della canonica clausola del basso (®-@ -® -CD; vedi cap.
II). A battuta 2 (in corrispondenza dell'asterisco), sotto il '2' del ritardo 2-3,
Mozart abbellisce cromaticamente il @ e il suo spostamento al ®. ll suo
Jupiter e seguito dalla tradizionale risposta di Prinner: nella prima metà
Mozart fa precedere ogni nota principale della melodia da un'appoggiatura
cromatica inferiore (evidenziata con una stella nell'es. 9.16); per la seconda
metà del Prinner Mozart accelera la pulsazione, inserendo a battuta 7 due
istanze della diade 8- ~ (con la Caduta dal @ Acuto) . La discesa generale della
melodia del Prinner si spinge q·u indi oltre il @ di battuta 8, terminando con
u11a scivolata cron1atica su una cadenza sospesa.
9. Il Meyer 145

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CAD. SOSPESA
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Es. 9.16 - Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, A ndante (Vienna, 1788)

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Es. 9.17- Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, A ndante (Vienna, 1788)
146 La musica nello stile galante

Nella sua prima trasformazione (es. 9.I7, a pagina precedente), Mozart ha affi-
dato la 'melodia' agli archi più gravi e il basso ai primi violini, scambiando così
i registri di melodia e basso. Successivamente semplifica ed estende l' abbelli-
mento cromatico (vedi il doppio asterisco, batt. ro- II) apparso inizialmente al
basso a battuta 2. Per quanto riguarda il Prinner, con la sua 'melodia' al basso,
la chiusa e -6} funge da preparazione convenzionale a una cadenza forte, prima
evitata e poi completata.
Dopo una cadenza completa nella tonalità d'impianto (non riportata nel-
l'esempio), Mozart introduce un nuovo tema in Sib maggiore. Esso presenta la
melodia dello J upiter al basso e una melodia dell'Aprile ai primi violini (cfr. es.
9·9 dalla sinfonia "Jupiter") . Al posto del ritardo 2-3 del tema iniziale (batt. 2),
questo nuovo tema presenta dei ritardi 7-6 (batt. 2I , 23). Segue una piccola
Fonte, seguita a sua volta da una clausula vera (vedi cap. II) che termina su un
fa sia al basso sia alla melodia. Ciò significa che la musica emerge dalla digres-
sione della Fonte per concentrarsi sul fa in quanto O e CD di un temporaneo
ma relativamente stabile contesto di Fa maggiore:

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CD
Es. 9.I8- Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, Andante (Vienna, I788)

La trasformazione successiva prende come punto di partenza il ritardo 2-3 che


si crea a battuta 2 quando i secondi violini saltano alla nota un tono sopra la
nota ripetuta dai primi violini. Nella seconda metà dell'ultima battuta del-
9. Il Meyer 147

l'esempio precedente (ritrascritta sotto come inizio dell'esempio 9.19) tutte le


parti principali eseguono con o senza abbellimenti un /a come O o CD. A bat-
tuta 28, analoga alla battuta 2, le parti superiori introducono un solb dissonante
mezzo tono sopra il /a; la risoluzione di questo inatteso ritardo 2-3 porta rapi-
damente alla tonalità lontana di Re bemolle maggiore (batt. 29). Qui Mozart ri-
pete il basso e la melodia con1posita di battuta r, con in più la scala discenden-
te decorativa già sentita a battuta 27 (a sua volta trasformazione delle terze di-
scendenti di battuta r6). Ciò che segue a battuta 30 trasforma l'atteso ritardo 2-
3 in un affine ritardo 4-3 di un Monte Romanesca 'da manuale' (vedi cap. 7) .
Alla fine degli anni '8o del Settecento, il Monte Romanesca era un arcaismo, e
la sovrapposizione di scale discendenti (non riportate) dona a questo notevole
passaggio una grandeur handeliana:

CL VER

etc.
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CD (?)
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Es. 9.19 - Mozart, Sinfonia in Soltninore K 550, Andante (Vienna, 1788)

n tema d'apertura torna inalterato a battuta 74 (non riportata); dopo la rispo-


sta di Prinner segue il secondo J upiter e il suo atteso scambio delle parti, con
la 'melodia' trasferita al basso e il precedente basso trasferito ai primi violini.
Questo secondo Jupiter (es. 9.20, a pagina seguente), ora con entrambe le
forme di abbellimento cromatico ai primi violini (contrassegnate con gli aste-
rischi), si dissolve in una modulazione a Fa minore prima che possa apparire
la sua risposta di Prinner.
148 La musica nello stile galante

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Es. 9.20- Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, Andante (Vienna, 1788)
9. Il Meyer 149

In mezzo allo Jupiter in dissolvenza e al suo Prinner interrotto, Mozart inseri-


sce un 'enorme Fonte. Heinrich Christoph Koch (1749-18I6; vedi cap. 29, es.
29.1-2) descrisse questa tecnica con1e una "parentesi" musicale nella "connes-
sione di parti melodiche". La Fonte di Mozart e così complessa che può essere
descritta solo pezzo per pezzo, anche se la sua chiusura è analoga a quella del-
l'ampia Fonte di Wodiczka mostrata prima (es. 9.7). Come nella Fonte di Wo-
diczka, ogni metà della Fonte di Mozart è un Meyer. La seconda metà di ogni
Meyer presenta la melodia di Prinner. La prima metà di ogni Meyer impiega il
materiale musicale dell'Aprile (es. 9.r7), un'associazione facilitata dalla diade
iniziale comune al Meyer e all'Aprile (CD-® con 0 -8). All'interno di que-
st'ampia Fonte merita particolare attenzione la battuta 89: in un 'ipotetica ver-
sione semplificata, Mozart avrebbe potuto tranquillamente terminare qui il
primo Meyer e poi, a battuta 90, iniziare il secondo; nella versione effettiva,
Mozart prende il motivo melodico di crome di battuta 88 e lo ripete a battuta
89 un tono sotto (nel registro del flauto all'ottava su periore). n do b6 acuto del
flauto (b0 ) fa di questa una Fonte ermafrodita, all'interno di una normale e
più ampia Fonte. li risultato è che la battuta 90 differisce dalla sua analoga n.
86: mentre la battuta 86 è il semplice i11izio di un Meyer, la battuta 90 e a un
tempo l'inizio di un Meyer e la fine di una Fonte incastonata dentro un'altra
Fonte (si noti il piccolo 8 -~ a battuta 90). Dopo questa grande (parentesi'
Mozart torna alla risposta di Prinner come se non fosse successo nulla; dopo-
diché procede direttamente alla clausula vera, saltando la Fonte già impiegata.
Il Monte Romanesca handeliano segue come prima (non riportato). Tutti i
precedenti componenti del movimento sono riutilizzati, ma in nuove straordi-
narie combinazioni; una vera ars combinatoria.
lO
Un Tema e variazioni
di Joseph Haydn
Hoboken XVI, n. 27, mov. 3, 1774-76

Maestro di cappella del principe di Esterhazy, nell'Ungheria occidentale,


Haydn era al servizio di una corte di provincia in cui lo stile musicale galante
era nettamente quello prediletto. Una parte delia sua musica strumentale era
destinata a musicisti dilettanti tra gli aristocratici locali, fra cui il più importan-
te era proprio il mecenate di Haydn, il principe. La necessità di contenere tale
musica all'interno delle capacità tecniche di dilettanti a volte impediva a
Haydn di sfruttare il pieno potenziale di ogni strumento. Ad esempio, non po-
teva emulare gli straordinari passaggi per violino di Locatelli, o quelli di Scar-
latti per il cembalo. Ma riusciva comunque a impressionare e deliziare con una
combinazione di artigianato musicale impeccabile (per cui egli ringraziava il
suo maestro napoletano Porpora) e abilità, apparentemente inesauribile, di ar-
rangiare schemi convenzionali in sempre nuove configurazioni.
Come Somis e Dittersdorf (vedi capp. 5 e 8), Haydn presenta il tema del
suo movilnento in due n1età ripetute: l' onnipresente forma a doppia ripresa.
La prima metà dura otto battute (come nei movimenti di Somis e Ditter-
sdorf), ma la seconda metà ne occupa diciotto, non solo perché Haydn ag-
giunge un Monte ma anche per la riesposizione di tutto il materiale della pri-
ma metà (indicato sotto dai riquadri contenenti il Meyer, il Prinner e la Ca-
denza).
Sezione Schema Tonalità
ra metà Meyer Sol
Prinner modulante Sol c::> Re
Cadenza Re

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2a meta Fonte Lamtn. c::> Sol


Monte Do q Re c::> Mi mm
.
Cadenza sospesa Sol
Meyer Sol
, Pr.inner Sol
~
Cadenza Sol
'
=Il
10. Un Tema e variazioni di]oseph Haydn 151

Nell'elenco precedente le parentesi graffe che connettono il Prinner alla suc-


cessiva cadenza servono a mostrare che Haydn ha fuso insieme questi due
schemi. Somis, Dittersdorf e Haydn inseriscono tutti un Prinner modulante a
partire dalla quinta battuta dei loro rispettivi movimenti e cadenzano nel tono
della dominante all'ottava battuta. Come mostra l'esempio ro.r (in cui ogni
frase è stata trasposta a Sol maggiore per facilitare il confronto), Sornis presen-
ta semplicemente un Prinner di quattro battute e poi usa la Caduta dal @
Acuto per dare un senso di conclusione alla prima meta del suo movitnento;
Dittersdorf inizia con un Prinner di due battute (con un'idea di Fonte, qui in
Mi minore poi in Re maggiore), estende il suo terzo stadio e poi sovrappone la
fine del Prinner con l'inizio di una cadenza di due battute; Haydn inizia con
un Prinner di quattro battute ma lo abbandona per seguire il percorso di una
cadenza di due battute.
- - - - - - -- - PR I.
Somis 0 •

- - - - - PRIN E R - - - -
- - CADENZA---.,

- - - - - - - - P R i i'\ 'FR----·--·
ADENZA--
Haydn

Es. ro.r -Confronto delle batt. 5-8 dei tre movimenti

li procedimento di Haydn non era insolito; come vedremo nel capitolo rr, sulle
clausole, le prime due note del basso del Prinner- /a-mi o @-@ -costituiva-
no spesso un segnale per iniziare una cadenza, e molti compositori galanti
coglievano tale segnale. Gli schemi delle frasi galanti non erano oggetti immu-
tabili del n1ondo reale che potevano essere tenuti insieme solo in un determi-
152 La musica nello stile galante

nato modo; essi si fondevano tra loro, sfumavano e mutavano a seconda di una
varietà di segnali che potevano agevoln1ente condurre lungo percorsi divergen-
ti. Un maestro di cappella di successo doveva necessariamente riconoscere e
sfruttare questi segnali, ma aveva una grande libertà di scegliere il particolare
percorso lungo cui avrebbe condotto i suoi ascoltatori.
Haydn era un maestro nel riconoscere le possibilità di percorsi alternativi,
e ogni nuova variazione sul tema gli offre nuove opportunità di dimostrare ta-
le maestria.! Ad esempio, l'ultima variazione di bravura (var. rv) dà a Haydn
il modo di trasformare i gradi finali discendenti di un (normale' Prinner mo-
dulante (ossia 0 - 8-~) in una rapida scala discendente di sedicesimi con fun-
zione cadenzale, in cui ogni nuova nota principale si trova un'ottava sotto al-
la precedente:
- - - - - -- - PRI NFR - - - - - - -
- - - - CADENZA-'-----
0
====--
Es. 10.2- Haydn, Variazione xv, batt. 5

Haydn aveva già trasformato i gracli melodici del Meyer in scale discendenti
nella Variazione II, in cui aveva anche messo in evidenza le affinità tra i primi
due stadi del Prinner e della Fonte del suo ten1a, prima alterando il Prinner
modulante per assimilarlo a un insolito tipo di Fonte, e poi dando alla succes-
siva Fonte la stessa figurazione del Prinner-Fonte, come a rinforzare la loro
associazione (vedi es. 10.3).
Alcune delle alterazioni di Haydn sono motivate da limiti di ordine pratico:
nella Variazione III, che modula al modo minore, e stato necessario sostituire
la Fonte principale con un Monte poiché il cambio di modo (' minore-maggio-
re" della Fonte non si adatta faciln1ente alla tonalità minore. 2 La maggior parte
delle tnolte alterazioni di Haydn rappresentano la sua grande capacità di
'invenzione', termine settecentesco che indicava la capacità di realizzare inge-
gnose combinazioni: in altre parole, l' ars cornbz'natoria.3 Ogni pagina di questo
movimento tecnicamente facile ma musicalmente ricco (es. ro.4) è un piccolo
manuale di questa arte.
1 Le variazioni avevano grande importanza per I-Iaydn. Vedi Sisman, E. Haydn and the
Classica! Variation, Harvard University Press, Crunbridge 1993.
2 In una tonalità maggio re, le triadi consecutive, di cui quella superio re minore e quella

inferiore m aggiore, possono trovarsi su ® -CD e ® -®. In una scala minore ciò non è possi-
bile a causa dell'abbassan1ento del terzo e del sesto grado e l'jnnalzamento del settimo .
3 Riepel, J., An/angsgrunde, cap. 2, pp. 25 -31.
10. Un Tema e variazioni di]oseph Haydn 153

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Tema, batt. 5
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Es. 10.3 - La graduale associazione di un Prinner
con una Fonte secondo Haydn
154 La musz'ca nello stile galante

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10. Un Tema e variazioni di]oseph Haydn 155

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10. Un Tema e variazioni di ]oseph Haydn 157

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158 La must'ca nello stile galante

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10. Un Te1na e variazioni di ]oseph Haydn 159

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Es. 10.4- Haydn, Sonata (Hob. XVl, n . 27) , mov. 3, Presto (1774-76)
11
Clausulae
n termine latino usato dagli autori medievali per descrivere il senso eli chiusura
e di conclusione che si percepisce ascoltando determinate figure melodiche era
clausula (chiusura, conclusione o fine). Col tempo, questo senso fu trasferito a
formule contrappuntistiche a due voci, e solo molto tempo dopo a determinate
successioni di accordi a più parti. L'esempio seguente mostra una formula a
quattro voci che Johann Gottfried Walther (1684-1748), organista a Weimar,
maestro del giovane principe Johann Ernst e amico di J. S. Bach, descrisse nel
1708 come clausula /ormalis per/ectissima; 1 si tratta di quella che oggi è comune-
mente chiamata 'cadenza autentica perfetta'. L'aggettivo per/ectissima non va
inteso come ((la più perfetta", bensì come "la più completa"; intendendo con
questo la gradazione di chiusura che essa produce. n titolo dell'esempio si può
quindi rendere con "chiusura del tipo più completo".
Clausula formalis perfectissima
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Es. 11.1- Walther, Praecepta der musicalischen Composition (Erfurt, 1708)

Generazioni di studenti di musica del diciannovesimo e ventesimo secolo han-


no imparato le conclusioni delle frasi musicali -le cadenze - dai manuali di ar-
monia. Questa visione dell'articolazione musicale incentrata sull'accordo era
del tutto appropriata agli scopi dell'istruzione musicale generale durante il Ro-
manticismo, ma è troppo grossolana per un'arte ricercata e cortese come la
m usi ca galante; o per dirla in altro modo, mette in evidenza soltanto ciò che
Locatelli e Rimskij-Korsakov hanno in comune. Walther, seguendo la strada eli
Andreas Werckmeister (r647-17o6) ,2 considerava le clausole più sotto l'aspetto
n1elodico, com'era di norma all'epoca: per lui, ogni voce eseguiva la propria
1 Walther, J., Praecepta der musicalischen Composition, 1708, MS, D-WRtl; edizione
moderna a cura di Peter Benary, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1955, ms. p. 296. TI manoscrit-
to e dedicato al pupillo di Walther, il principe Johann Ernst.
2 Werckmeister, A., Harmonologia Music, Frankfurt 1702, p . 48, sez. 86 (ristampa, Hil -

desheim, New Y ork 1970.


l'l . Clausulae 161

clausola, partecipando come parte integrante alla 'perfezione' del tutto. n so-
prano eseguiva la clausola del canto, il contralto la clausola del contralto, il te-
nore la clausola del tenore e il basso la clausola del basso: 3
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Es. rr.2- Una versione delle quattro clausole melodiche di Walther

Ciascuna di queste clausole melodiche poteva comparire al basso, ma Walther


riserva il termine clausula per/ectissima alle cadenze in cui la voce del basso ese-
gue la clausola del basso (® -G)). Se la clausola del canto ((J)- G)) è eseguita
dalla voce inferiore, egli chiama la cadenza risultante clausula cantizans ("clau-
sola tipo soprano"), se la clausola del tenore (@-G)) compare alla voce inferio-
re, chiama la cadenza clausula tenorizans C'clausola tipo tenore"), e se la clau-
sola del contralto (®-@) è eseguita dalla voce inferiore, chiama la cadenza
clausula altizans ("clausola tipo contralto"). In fin dei conti, il trattato di
Walther fu scritto in un'epoca di basso numerato e partimenti; il suo scopo era
richiamare l'attenzione su specifici modelli del basso che potessero aiutare un
giovane continuista a riconoscere il tipo di clausola necessaria.
L'idea che quattro voci avessero quattro ruoli, ciascuno dei quali definiva
quattro categorie di clausole (una tassonomia perfettamente in linea con le teo-
rie allora in voga, come quella dei quattro elementi o quella dei quattro ·w nori)
si confà abbastanza bene alla prassi settecentesca, tranne nel caso del contralto.
La clausola del contralto di Walther (®-®)non era comune al basso e non era
nemmeno la più comune per la parte di contralto in una 'cadenza completa'.
Molto più frequente, come mostrato sopra nel mio adattamento dell'esempio di
Walther (es. 11.2) , era la seconda discendente/a-mi(@-@). Walther e le fonti del
Seicento cui egli attinse per scrivere il suo trattato forse esitavano a iniziare una
clausola da una nota dissonante; ma i compositori galanti non avevano gli stessi
scrupoli, o almeno non così stringenti.
In questo capitolo presento le versioni galanti delle clausole di W alther,
andando oltre le sen1plici forn1ule di basso, per specificare le diverse sottospe-
cie che avevano un significato per i musicisti del diciottesimo secolo e per il loro
pubblico. 4 Così come per gli altri schemi galanti, ogni tipo di clausola potreb-
3 Walther, }., Praecepta, ms. p. 298.
4 Per un simile approccio applicato a un repertorio vicino benché in qualche modo pre-
cedente, vec.U Deppert, H ., Kadenz und Klausel in der Musik von]. S. Bach, Hans Schneider,
Tutzing 1993.
162 La musica nello stile galante

be essere descritta come un pas de deux tra basso e melodia. n capitolo è orga-
nizzato in base ai diversi movimenti del basso. Comincerò con la clausula per-
/ectissima (®-CD al basso) e poi procederò con la clausula cantizans (un semito-
no ascendente al basso, 0 -CD), la clausula tenorizans (un tono discendente al
basso, @-CD), e la clausula altizans: un semitono discendente al basso(@)-@, un
tono nel modo minore). All'interno di ogni sezione le distinzioni più sottili
riguardano i diversi movimenti della melodia. Alcune combinazioni di basso e
melodia possedevano nomi comunemente usati prima o durante il Settecento,
mentre ad altre il nome è stato attribuito successivamente, da studiosi o musi-
cisti. Io ho dato un nome ad altri tipi ancora i quali, forse perché da sempre pre-
senti nella musica galante, non erano considerati degni di nota all'epoca, ma che
sono comunque essenziali per la comprensione del discorso musicale galante.
Benché io non abbia esaurito le possibilità di questa ars combinatoria, il risul-
tante bestiario di clausole, ognuna leggermente diversa dalle altre, può comun-
que mettere a dura prova la pazienza di qualche lettore. I capitoli successivi
saranno comprensibili anche senza una conoscenza di queste sottili distinzioni,
ma non bisogna mai sottovalutare l'importanza di riconoscere le molte sfuma-
ture di articolazione nella musica galante.

Le clausole ®-CD: Clausulae per/ectissimae


(Il tipo più completo di conclusionz)

La clausola standard nella musica galante aveva un basso che saliva da @ a


@) a® prima di saltare a CD. A Napoli chiamavano questa conclusione diret-
ta ®-CD 'cadenza semplice'. Se il ® era ripetuto un'ottava sotto prima di
concludere su CD, la clausola era chiamata 'cadenza composta', e prevedeva
l'aggiunta di un accordo di 6/4 ('quarta e sesta di cadenza') o 5/4· Eccone
due casi in due diversi metri:

6 6 6 6 6
5 5 4
t:.
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H
...r. .. -- , - - 11'
r ..
Sem plice 4 ~ Composta ® ®
4 ~

Es. 11.3 - La clausola galante standard nella sua


forma 'semplice' e 'composta'
Descrivendo le difficoltà che sorgono quando cerchiamo di studiare l'arte del-
l'improvvisazione del passato, lo storico del teatro Domenico Pietrapaola fa
notare che mentre ''il nostro linguaggio descrittivo è simile a quello di periodi
storici precedenti, [ .. . ] le nostre forme artistiche e il nostro contesto culturale
sono diversi, e perciò rischiamo di non comprendere le istanze primeve del fe-
11. Clausulae 163

nomeno per colpa delle parole che solo in apparenza ci fanno cogliere al me-
glio la sua essenza" .5 Una parola del genere è 'cadenza'. A partire da metà Ot-
tocento ogni cadenza che fosse in qualche modo codificata è stata insegnata
come una 'successione di accordi' e descritta da un titolo inteso a 'coglierne
l'essenza' (ad esempio, 'perfetta', 'imperfetta', 'd'inganno', 'plagale', 'frigia, e
cosi via). Le delicate interazioni tra basso e melodie galanti, però, non erano
codificate, e andavano ben oltre la semplice attribuzione di una 'essenza'. Nel
resto del capitolo, per 'cadenza' va intesa più propriamente una combinazione
di basso e melodia; e se, come abbiamo visto, tale combinazione può intender-
si come un pas de deux musicale, vale la pena notare che il ballerino del basso
e la ballerina della melodia possono accoppiarsi altrettanto bene con altri part-
ner. In altre parole: quella loro specifica combinazione non è essenziale, e ogni
singola parte ha un suo particolare significato. Al posto di più precise, ma in-
gombranti e tediose locuzioni, continuerò ad usare la parola 'cadenza', che pe-
rò va intesa con le precisazioni suddette.
Nella musica galante, le clausole standard del basso erano impiegate innu-
merevoli volte in ogni possibile tnetro, tempo, stile e genere. Esse erano com-
binate, come detto, con melodie le quali, per quanto diverse in struttura e
complessità, dovevano comunque concludersi sulla tonica O. Una classe
importante di melodie cadenzali presentava una discesa 8)-@-0 o mi-re-do. Un
esempio tipico compare in un breve brano per tastiera di Cimarosa:
Ml-RE-DO '

o -fl'· ~
o h8 fL O
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~
T.
11' t.t
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~

CD @ ®
Es. 11.4- Cimarosa, Sonata c 30, Allegretto, batt. 1 (c. 1780-90)

Qui un tema Do-Re-Mi con un ritmo di due movimenti per stadio conclude a
un ritmo più serrato con una melodia di Mi-Re-Do disposta su un basso (sem-
plice'. Muovendo per semiminime, la conclusione @-8 -0 è ovvia. Tra i model-
li secondari che muovono per ottavi vi sono le terze discendenti, @}-0 e @-8 , e
le seconde ascendenti, 0 -@ e 8 -0 : tutti questi costituiscono significativi gesti
melodici. Si noti anche l'inizio di una rapida scala discendente in sedicesimi che
5 Pietropaolo, D., "Improvisation in the Arts", in Improvisatz'on in the Arts o/ the Mz'ddle
Ages and R enaissance, a cura di Timothy J. McGee, Medieval Institute Publications, Kalama-
zoo (Michigan) 2003, p. 4·
164 La musica nello Jtile galante

parte da una. nota dissonante (il /a#5 eli appoggiatura, eseguito come un sedice-
simo) sopra il@ del basso, su cui ritorneremo più avanti.
Per confronto, l'esempio II. 5 mostra la primissima cadenza scritta da Mozart
a soli cinque anni così com'è stata trascritta da suo padre Leopold (si veda
l'esempio 25.1 per l'intero brano). Se consideriamo i sedicesimi di Cimarosa 8)_
8 -0 -fì come un abbellimento, o per usare il tennine galante, una 'diminuzio-
ne' degli ottavi @-fì, allora vedremo che Mozart ha applicato la stessa diminu-
zione ai due ottavi precedenti, 8}-0. Per il suo basso, al posto della 'cadenza
semplice' di Citnarosa, Mozart ha preferito impiegare ciò che il maestro napo-
letano Nicola Sala chiamava 'cadenza lunga' (si veda l'es. 11.50 per una più am-
pia trattazione). Lo scopo di questo confronto è di dimostrare che nella prassi
galante il compositore e l'esecutore avevano un certo grado di liberta nello sce-
gliere e combinare bassi, melodie e diminuzioni di repertorio, anche nel caso
di clausole fortemente stereotipate.
1\ ti -RE-DO
5 o 8
--
o f)

CD ® Q)
Es. II. 5 - Mozart, K ra (1761; 5 anni)

Un compositore che avesse optato per la 'cadenza composta'- due ® , con il


secondo un'ottava sotto- avrebbe ancora potuto impiegare la melodia fD-@-
0 , anche se ile) veniva spesso spostato per allinearsi con il primo ® del basso,
come in questo minuetto del violinista Pierre Gaviniés (1728-r8oo):
1\ll-RE-[)0

~~11-Rf--D<ì O
29 @) -u·@

Es. 11.6- Gaviniés, op. 3, n. 5, mov. 2, Tempo di Minuetto (1764)


11. Clausulae 165

In quest'esempio vediamo il Mi-Re-Do discendere a due diverse velocità: una


discesa diretta ~-@- 0, con il ~ posto sopra il primo ® e il @ sopra il secon-
do ® , inizia a battuta 31 su crome consecutive; una discesa 6)-@-0 indiretta e
piu ampia compare sul battere delle ultime tre battute (batt. 30-32).
La prevalenza eli cadenze con queste clausole eli basso stereotipate e queste
melodie discendenti di grado le rendeva facilmente riconoscibili e altamente
prevedibili, il che a sua volta consentiva ai compositori di piegarle a estese ela-
borazioni e variazioni, senza perdita di comprensibilità. In un trio parigino di
Johann Schobert, ad esempio, troviamo un profluvio di figure di biscrome, un
@ trillato sopra entrambi i ® e la sostituzione del normale @ con CD, ma la
struttura della cadenza è ancora simile a quella di Gaviniés:

--------------------
'0 @) , 11-RF-DO
-------------------------------------------------------------~
6
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C)
~ ~ -,
o
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L.
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4 ®

Es. 11.7- Schobert, op. 6, n. r, mov. r, Andante (c. 1761-63)

Si noti che in Schobert, come in Gaviniés, il passaggio cadenzale inizia con una
cesura più debole eli quella che segue (indicata sotto una parentesi tratteggiata).
Vedremo queste clausole 'di soprano' da (J) a <D più avanti nel capitolo; a que-
sto proposito, proporrò una connessione tra l'antica 'cadenza doppia' e questa
nuova con1binazione di una clausola di soprano seguita da una clausola di basso.
Le discese melodiche erano chiaramente la norma sopra il basso standard,
e la conclusione ~- @- 0 era spesso soltanto la fine di una lunga discesa.
Un'aria giustamente popolare di Antonio Salieri (1750-r825; vedj es. ri.8) , in
seguito scelta da Mozart con1e tema per una serie di variazioni per tastiera
(1773), tern1ina con un Prinner che Salieri incorpora nella cadenza finale: la
discesa melodica si dilata così da <D a O. Quest'ampia discesa, tuttavia, non
era rigidamente accoppiata a uno specifico basso. Nell'ultima variazione eli
Mozart sul tema di Salieri (vedi es. rr.9) , egli mantiene l'ampia diade <D-0 del
Prinner ma accelera la restante discesa cosicché la variazione raggiunge l'O e
prosegue con 0 -8 -0 laddove il tema eli Salieri faceva sentire e}-@-0. Alla
fine, si aggiungono una parte di contralto tipo Prinner e un @-@ -G) alla
parte del tenore a presentare tutte e quattro le clausole di W alther, benché le
voci superiori ritardino eli un ottavo il loro arrivo a destinazione.
166 La musica nello stile galante

ESACORDO DISCENDENTE
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CD
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® @

Es. 11.8- Salieri, La /z·era di Venezia, '(Mio caro Adone",


Andante (1772)

ESACORDO DISCENDENTE
0
PRI \J FR ... -... ... -.
13
0

Es. 11.9 - Mozart, Variazioni su un tema di Salieri K 30oe,


Var. 6, Allegretto (1773)

Questa combinazione di 0 -8 -0 al soprano con ®-@-CD al tenore era l'erede


di una lunga tradizione contrappuntistica. La stessa accoppiata è chiaramente
evidente nell'Adagio di un quartetto d'archi di Luigi Boccherini (1743-1805;
vedi es. rr.ro), in. cui un ®-0-®-@-CD tipo tenore al secondo violino è accop-
piato con un @}-@-0 -fì-0 al primo violino. Per usare la terminologia di
W alther, il primo violino esegue una clausula cantizans, il secondo violino una
clausula tenorizans e il violoncello una clausula per/ectissima. Boccherini evita
l'usuale dissonanza sopra il @ (cfr. l'aria di Salieri, es. 11.8) e al suo posto
arpeggia le note dell'armonia (batt. 23, tactus 1) . Le terze discendenti sopra il
@ erano quasi tanto comuni quanto le scale discendenti.
11. Clausulae 167

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·--··--- - - - - - -
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CD
Es. II.ro- Boccherini, Quartetto per archi, op. II, n. I, mov. 2,
Adagio non tanto, batt. 22, (1771)

Altre versioni di questo tipo di cadenza Do-Si-Do (per usare il solfeggio


moderno), preferita per i movimenti lenti, potevano comparire anche con la
voce interna discendente soltanto accennata, come in una cadenza di un
Andante per tastiera di J. C. Bach (1735-1782). In comune con altre cadenze,
essa ha una dissonanza sopra il @) (il sol4 di appoggiatura all'inizio di battuta
6 in relazione con il la b2 sottinteso al basso):
l )0-SJ-0()
--·-·0·- - - -- - -- - - - - -
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® ® ® Q)
Es. II.I1 - J. C. Bach, op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)

La più famosa delle cadenze galanti fu identificata dal musicologo inglese


Charles Cudworth (1908-1977). Essa impiega il basso standard in congiunzione
con una discesa melodica che attraversa tutta l'ottava, da un O acuto all'O
finale . Per usare le parole di Cudworth, era "così tipica per l'epoca che la si
può chia1nare semplicemente 'la cadenza galante' ". Nel presente libro, che
include una così ampia varietà di cadenze tipicamente galanti, l'indicazione di
Cudworth creerebbe confusione. Perciò, in onore al suo contributo e alle sue
molte sagge parole intorno allo studio della musica galante, l'ho chiamata
cadenza Cudworth. Ecco la cadenza modello come presentata nel suo articolo
per The Monthly Musical Record: 6
6 Cudworth, C., 'Cadence galante: The Story of a Cliché,, in The Monthly Musical
Record, n. 79, 1949, pp. 176-8.
168 La musica nello stile galante

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®
Es. 11.12 - La cadence galante di Cudworth (1949)

Nella cadenza Cudworth compaiono molte caratteristiche già descritte, come il


suo inizio con una rapida scala discendente che comincia con una dissonanza
(fì) sopra un @) al basso, la coordinazione di ~ -@ alla melodia sopra i due ®
nel basso cotnposto (la 'quarta e sesta di cadenza'), e il frequente uso di un trillo
sul @ (che però non è presente nell'esempio originale di Cudworth) . Sotto que-
sti aspetti, essa è molto simile agli altri tipi di cadenze standard. Ma la salienza
della melodia che sale fino all'O acuto prima di precipitare all 'O finale è tale
che una cadenza Cudworth veniva di preferenza impiegata come cadenza prin-
cipale alla fine di un intero movimento, o ahneno di un 'ampia sezione.
Poiché nel corso del libro troveremo numerosi esempi della cadenza Cud-
worth, non è necessario fornirne qui di ulteriori; ma forse sara utile n1ettere in
evidenza alcuni casi speciali. Al pari di altre cadenze, la cadenza Cudworth
può essere incastonata all'interno di una successione più ampia, cotne nel se-
guente esempio di Tartini (es. 11.13). Una scala discendente 0 -6 -@-@-0 è pri-
ma interrotta e poi completata dalla cadenza Cudworth. La parentesi tratteg-
giata indica la cesura iniziale più debole che il passaggio di Tartini ha in comu-
ne con quelli mostrati prima di Gaviniés e Schobert.

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®
Es. 11.13 - Tartini, op. 6, n. 4, mov. 1, Adagio (Parigi, c. 1748)
11. Clausulae 169

Quando e impiegata nel modo minore, la cadenza Cudworth fa sentire il setti-


mo grado abbassato nella discesa melodica sopra il @) al basso, seguita dal set-
timo grado alterato in una voce interna sopra l'ultiJno ® del basso, come in
questo passaggio di Baldassare Galuppi (r7o6-r785) (batt. 42, I violino /a q, 2°
0

violino /a#) :
C llt ) \ \ '() l{r~f

'
41 , ·- ------ - -- ------- - ' o

Es. 11.14 - Galuppi, Concerto a quattro in Si betnolle maggiore,


mov. r, Grave sostenuto (c. 175o-6o)

In questo caso la cesura iniziale più debole indicata dalla parentesi tratteggia-
ta è una clausula tenorizans o clausola del tenore (trattata più avanti in questo
capitolo).
Due ulteriori varianti della cadenza Cudworth dipendono dalla prassi ese-
cutiva e sono perciò difficili da individuare con sicurezza in ogni singolo pas-
saggio. La prima di solito è presente nei movimenti in modo maggiore dopo
una modulazione al tono della dominante. Come mostra l'esempio 11.15 di Ci-
marosa, una cadenza Cudworth nella temporanea tonalità di Si b emolle tnag-
giore impiega il settimo grado abbassato (lab5 ) al posto dell'atteso la q5:

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Es. 11.15 - Cimarosa, Sonata c 37, Andantino, batt. rr (c. 1780-90)

I manoscritti del Settecento erano spesso buttati giù in gran fretta e di conse-
guenza abbondavano di errori di ogni tipo; è quindi possibile che i musicisti
17 O La musica nello stile galante

suonassero il settimo grado alterato per abitudine. Eppure molte stampe, e


molti manoscritti precisi e accurati sembrano effettivamente indicare il settimo
grado abbassato, che potrebbe essere descritto come una forma misolidia, co-
me un effetto della tonalità d'impianto (Mi bemolle maggiore nell'es. II.I4) sul
contesto locale, oppure come una tonicizzazione della sottodominante @.
Un 'altra spiegazione potrebbe essere che, siccome molte cadenze Cudworth
misolidie raggiungono il settimo grado da sotto (da/a 5 allab5 nell'esempio), i
musicisti invocassero la regola secondo cui ((una nota sopra il la" deve essere
fa, il cui risultato e la settlina abbassata.
Questioni simili potrebbero sorgere a proposito della seguente cadenza,
ancora di Cimarosa:
'lll)\\'C RTII
?•
21

®
Es. 11.16- Cimarosa, Sonata c 5, Allegretto (c. 1780-90?)

Soltanto la discesa da CD a O è scritta, ma è possibile che gli esecutori, influen-


zati da altre sin1ili cadenze, aggiungessero un 8 (alzato o abbassato) come
appoggiatura in1provvisata del CD. Dopo tutto, il 8 nella normale cadenza
Cudworth è scritto la n1aggior parte delle volte come un abbellimento.
Ascoltando un basso standard, gli ascoltatori potevano figurarsi con esattez-
za la direzione che avrebbe preso: tali aspettive erano una risorsa che i compo-
sitori potevano sfruttare a loro vantaggio. Già nel 1605, il filosofo Francis Ba-
con aveva scritto "Non è forse quell'uso idiomatico della musica , di evitare
una chiusa o cadenza, di sottrarvisi comune ali uso idiomatico della retorica di
ingannare le aspettative?" .7 Nel discorso musicale galante è importante l' uso
retorico della deviazione e della digressione. Una varietà di termini settecente-
schi si riferivano a questi esiti inaspettati: 'cadenza sfuggita', 'cadenza evitata',
'cadenza finta', 'cadenza d'inganno', 'l'inganno' e così via . Forse oggi quella
più famosa è la cadenza d 'inganno, che presenta tm basso standard che, invece
di saltare da ® a CD, continua salendo al ®. n termine 'inganno' era partico-
larmente appropriato perché si creava un equilibrio trar aspettativa di sentire
il basso saltare giù da ® a CD e l'altrettanto forte aspettativa che nel basso con-
tinuasse il movimento per grado congiunto. La cadenza d 'inganno era insegna-
ta con i partil11enti, e i due prossimi esempi dei ri11omati maestri napoletani
7 Bacon, F., The Advancement o/ Learning, r6os, libro 2, sez. 5, par. 3·
11. Clausulae 171

Carlo Cotumacci (c. 1709-1785) 8 e Nicola Sala9 mostrano che lo stesso basso e
la stessa numerazione erano essenzialmente usati sia nel modo maggiore che
nel modo minore:
D'INGANNO COMPLETA

27 6 6 3 6 6
5 ...~
5
~


~~~~: ~ -t*
r. -
@! ® ® ® CD
Es. rr.17- Cotumacci, da un partimento in Do minore (Napoli)

D'fNGANNO COMPLETA

39 6 6 3 5 6 6 3
5 5
1* 1*
.4~ r
-/~
r...
"'S'

~
1* 1* --
® ®!
CD
Es. r1.r8- Sala, da un partimento in Re maggiore (Napoli)

Altre deviazioni da un percorso atteso rientravano nella categoria delle caden-


ze (evitate' o <sfuggite'. Un altro partimento di Cotumacci mostra come una
cadenza in cui il basso termina sul @ invece che sull 'CD eviti la piena conclu-
sione e, come la cadenza d 'inganno, richieda un secondo tentativo, riuscito, di
cadenzare (il punto esclamativo indica il punto di deviazione): 10

EVITATA COMPLETA

27 6

® ® ® ! CD ®
Es. 11.19- Cotumacci, da un partimento in Mi minore (Napoli)

Nella melodia, evitare la cadenza era particolarmente comune. La cadenza di


J. C. Bach proposta prima (es. II.rr) era in realta il suo secondo tentativo di
completare un 0 -fì-0 melodico; il primo tentativo (es. rr. 20) schiva all'ultimo
8 Choron A. E., Principes de compost'tion des écoles dJltalie, Paris 18o8, vol. r, libro r, parte
1

2, n . 44, p. 12.
9 p . .
__, rznczpes, n. 73, p. 24.
lO , Principes, n. 40, p. n.
172 La must·ca nello stile galante

momento l'O finale, facen dolo sentire p er la durata di un sedicesimo prima di


saltare al fit.
EVITATA COMPLETA
3 o 8 0 '
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® 4 0) - 4 §J
._

Es. 11.20 - J. C. Bach , op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)


La stessa tecnica è usata in un Andantino di Cimarosa (es. II.2I), ma con l'ef-
fetto di forzare una ripresa prematura della frase. Il su o basso di Romanesca si
conclude come ci si aspetta, ma la sua melodia raggiunge la piena conclusione
solo al secondo tentativo. Ad essere precisi, un intero passaggio come la prima
Romanesca eli Cimarosa (batt. r-3) non può definirsi una (cadenza evitata'; si
tratta, piuttosto, del fatto che un momento cruciale di evasione cadenzale
influenza a tal punto la nostra percezione dell'intero passaggio ch e noi, per
metonimia, caratterizziamo l'intero passaggio come 'evitato'.

EVITATA COMPLETA
, '

@® CD CD

Es. II.21 - Cimarosa, Sonata c 37, Andantino (c. 1780-90)

Analogamente, le cadenze d'inganno ingannano solo in un preciso momento;


fino a quel momento spesso sono percepite come normali cadenze. In alcuni
casi il senso di evasione può essere quasi interamente retrospettivo. Per esem-
pio, la prima cadenza Mi-Re-Do mostrata all'inizio eli questo capitolo (es. 11.4)
sembra molto meno conclusiva quando la si considera nel suo contesto più
ampio (vedi es. 11. 22); alla battuta 2, il mancato tentativo di fermarsi abbastan-
11. Clausulae 173

za a lungo sul primo O cadenzale, eseguito in staccato, in retrospettiva sembra


dare il via a una digressione e poi a una riesposizione, 11 seguita finalmente a
battuta 5 dalla soddisfacente, e propriamente dilatoria, conclusione.

EVITATA COMPLETA
- - -- - - - - - - - · · · ··
1 Cl 8 O!

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Es. 11.22- Cimarosa, Sonata c 30, Allegretto (c. 1780-90)

Nel corso del secolo, con l'aumento della lunghezza dei movimenti aumentò
anche la lunghezza delle cadenze; mentre la cadenza Cudworth rimase una pre-
rogativa dei movimenti più brevi, non potendo essere facilmente ampliata. La
sua caratteristica cascata di note avrebbe perso molto del suo impatto se la ca-
denza fosse stata dilatata e quindi rallentata. Ciò che la sostituì nei movimenti
piu lunghi- quella che io chia1no ''la cadenza Grande"- prende in prestito dal-
la cadenza Cudworth il suo punto di inizio sull'O acuto e la discesa generale
verso l'O finale, ma sotto altri aspetti costituisce un tipo diverso di cadenza. So-
pra il ®-0 -® del normale basso (sia 'semplice' sia 'con1posto'), la cadenza
Grande pone una discesa 0- <3-~ della tnelodia, come si può vedere nel seguen-
te esempio di Clementi, che conclude un episodio in Mi bemolle maggiore:

CADENZA GRANDE
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Es. 11.23- Clementi, op. 4, n. 5, mov. 2, Allegretto (178o)
11
Levy, ]. M ., ''Texture as a Sign in Classlc and Early Romantic Music", in Journal o/ the
American Musicological Society, n. 35, 1982, pp. 482-531.
174 La musica nello stile galante

La più magniloquente delle cadenze Grandi impiega ripetizioni generate dalle


tecniche di inganno o di evasione appena viste. Un brano da un quintetto per
archi di Dittersdorf presenta una prima esposizione di una cadenza Grande
che finisce con il basso d 'inganno e una discesa melodica solo fino al 49. Con
la ripetizione, ovviamente, Dittersdorf fornisce l'attesa conclusione completa:

CADENZA GRANDE ... D'ING·ANNO CADENZA GRANDE . ..COMPLETA


o 0 0 o C) o 0 0 oo.,
14 ,.....,..60

Es. 11.24- Dittersdorf, Quintetto per archi (K 190), n . 6, mov. 1 (1789)

Forse l'estremo limite dell'evasione sarebbe semplicemente l'arresto di una ca-


denza appena prima il suo arrivo a conclusione: lasciarla semi -conclusa. Le ca-
denze sospese potrebbero dunque essere descritte come quelle che si fermano
sulla penultima nota del basso, ® , di solito con un'appoggiatura nella melodia
terminante sul @ o sul 8 . Eppure le cadenze sospese non sembrano essere sta-
te percepite come inganni o trucchi; esse avevano le loro proprie caratteristi-
che e creavano le loro specifiche aspettative. In un minuetto di Pasquali, ad
esempio, una cadenza sospesa conclude la prima metà di un movimento:
CADENZA SOSPESA

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Es. 11.25 - Pasquali, op. I, n. 2, mov. 2, Menu et (Londra, 1744)

Si noti che, in relazione alla normale cadenza, la cadenza sospesa è metrica-


mente spostata in avanti così che il ® cada sul battere al posto dell' CD (i sedi-
cesimi al basso della battuta 8 riportano a Re maggiore la prima volta e a Mi
minore la seconda) . Dunque, benché l'effetto della cadenza sospesa sia stato a
lungo descritto come proveniente da una struttura armonica incompleta, la
11. Clausulae 175

differenza nella scansione metrica puo essere stata altrettanto importante.


Più in là nel secolo diventò di moda inserire nella cadenza sospesa un trillo
sul 8). Come mostra l'esempio 11.26 di Pietro Nardini (1722-1793) , alcune forme
della cadenza sospesa non si affidavano più al basso standard ma saltavano
direttamente da CD a ® .

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Es. 11.26- Narelini, op. 5, n. 4, mov. 3, Allegro (c. 1769)

L'ultima delle clausulae per/ectissimae che resta da vedere (la più italiana eli
tutte), presenta il consueto basso sotto un ostinato e immutabile O e ~ alla
melodia o nelle parti interne. Questa cadenza era spessissimo eseguita due
volte, con un inganno la prima volta e la regolare conclusione la seconda.
L'esempio seguente del compositore napoletano Emanuele Barbella (1718-1777)
apparve in un'edizione a stampa londinese eli sei sonate per violino (1765), delle
quali cinque movimenti finali portano sottotitoli quali "All'Italiana'', "Alla
Venetiana", "Alla Napolitana" , "All'Inglese" e "Alla Francese"; sottotitoli che
suggeriscono un 'grand tour' tra gli stili musicali europei. n movimento conte-
nente la cadenza in questione è quello che descrive la sua citta natale, Napoli,
e Barbella ne da l'ulteriore descrizione (( Sul fare di Pulcinella" ('(alla maniera
di Pulcinella"). Benché il 'Pulcinella' non si riferisca esclusivamente alla caden-
za, il collegatnento con questo personaggio comico tradizionale della comme-
dia dell'arte sembra adattarvisi bene. La cadenza Pulcinella ignora le rigidità
del contrappunto convenzionale e al contrario si bea della libera interazione tra
un basso movimentato e parti superiori statiche:
PULCIN ELLA . ...D'INGANNO PULCINELLA ... COi\~PLET A

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Es. 11.27 - Barbella, Sei Soli, n. 4, mov. 3, Presto (Londra, 1765)


17 6 La musica nello sttle galante

Nardini era musicalmente legato a Barbella tramite la comune appartenenza


alla scuola violinistica del maestro Tartini a Padova. Per mostrare che la caden-
za Pulcinella era impiegata anche al di fuori di Napoli, si osservi l'esempio
rr.28, dalle sonate per violino op. 5 di Nardini, scritte presumibilrnente nel
N ord Italia o in Austria. N ardini impiega due volte una cadenza Pulcinella
d'inganno con scintillanti urti armonici, inserisce un solo in stile di cadenza di
bravura che arriva a toccare illa5 acuto e inizia la discesa dell'esacordo (batt.
40) prima di iniziare una cadenza Cudworth. Alla cadenza Cudworth è affida-
to un basso d'inganno e una melodia con evasione (batt. 43), che conduce a
una ripetizione variata della piccola cadenza. Infine Nardini conclude con una
cadenza Cudworth completa ed enfatica nel registro grave.

32

6 6 6 6 6 6
4 4 6 6

CD ®
Es. 11.28- Nardini, op. 5, n. 4, mov. 3, Allegro (1769)

Le clausole 0-<D: Clausulae cantizantes


(Conclusioni tipiche del soprano)

Nel 1797 Vincenzo Manfredini (1737-1799) scriveva che "cadenza significa fine,
o riposo; [ ... ] Dessa poi non serve solamente per terminare un intero
Componin1ento, ma eziandio per finire una frase, o un periodo musicale; stan-
teché anche la musica, come il discorso, ha le sue frasi, i suoi periodi, i suoi
11 . Clausulae 177

punti di ogni sorte, digressioni, eccetera" .12 Manfredini esprimeva un' opinio--
ne abbastanza diffusa. Alexander Malcom (1687-1763) qualche anno prima
aveva fatto le stesse considerazioni dichiarando che cc con cadenza s'intende
concludere o portare una Melodia a un Punto fermo o Pausa, dopodiché essa
riprende nuovamente, il che è simile alla fine di una Proposizione distinta in
un Orazione" .13 Nello spirito di queste similitudini si potrebbero associare la
cadenza completa al punto alla fine di una frase e la cadenza sospesa ai due
punti o al punto interrogativo. Cotne esempio per una cesura ancor meno
netta, una virgola, propongo la conclusione debole in questo breve esempio di
Mozart (vedi cap. 16 per l'intero movimento):

VIRGOLA
4

Es. 11.29- Mozart, Sonata in Do maggiore K 545, mov. I, Allegro (1788)

L'ascesa 0 -CD al basso e la corrispondente discesa 0 -0 -fD (o anche solo 0 -@)


nella melodia creano una piccola inflessione che, come una virgola, separa
un' unita sintattica da ciò che seguirà. Vista nel suo contesto, la Virgola di
Mozart è la fine di un Prinner. Avrebbe potuto costituire anche una qualsiasi
unità in un Monte, la seconda unità in modo maggiore di una Fonte o la con-
clusione di un Meyer, di uno Jupiter o di una Pastorella. La Virgola, però, non
funge solo da elemento di schemi più ampi; può anche essere a sé stante.
Ho letto per la prima volta la sin1ilitudine di Manfredini secondo cui «Ja
musica, come il discorso, ha [ . . .] i suoi punti d 'ogni sorte" nel 2003, durante
una visita alla biblioteca del conservatorio di Milano. Questa lettura ha confor-
tato la mia scelta dei termini 'virgola', 'due punti' e 'punto' come ragionevoli
termini di paragone per i ti p i di cadenza discussi finora (due punti = cadenza
sospesa, punto = cadenza con1pleta). Due anni dopo, leggendo una dissertazio-
ne sulle cadenze di Francesco Galeazzi (vedi cap. 29), contemporaneo di
Manfredini, fui a un tempo sorpreso e rincuorato di vedere quasi le stesse paro-
le applicate alle stesse cadenze. G aleazzi, che a sua volta aveva letto Manfredini,
proponeva una scala graduata di quattro tipi di cadenza dal molto debole al
12 Manfredini, V., Regole armoniche, o siena Precetti ragionati, Venezia 1775; 2a ed ., am-
pliata, 1797, p. 41.
13 Malcom, A., A Treatise o/ Musick, Speculative, PracticaL and Historical, Edinburgh 1721,
p . 269.
178 La musica nello stile galante

molto forte, ognuno associato (ove possibile) a un segno di punteggiatura:

La prima [tipo A, evasione melodica] non ha luogo nel discorso [verbale] ,


la seconda [tipo B, Virgola] fa l'effetto delle virgole, e serve a distinguer le
Clausole, la terza [tipo C, cadenza sospesa] fa l'effetto del punto e virgola,
o de' due punti, distinguendo i sensi, l'ultima [tipo D, cadenza completa]
distingue i periodi, e fa l'effetto del punto fermo .14

Galeazzi fornisce un esempio melodico, nello stile di Riepel, e indica i quattro


gradi delle cadenze con A, B, C e D. Cotne mostra l'Es. 11.30, il tipo B - la
Virgola- ha ovviamente come melodia 6)-0 -~ . Il basso CD-CD della Virgola (o
il ® -CD -CD della Virgola Lunga, vedi oltre) si può dedurre dal commento di
Galeazzi che il tipo B ha il 'basso fondamentale' cadenzale (presumibilmente
V-I o II-V-I) ma non ce l'ha nel 'basso continuo', ossia nel basso reale:
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"iiii;i -6'"

Es. 11.30 - Galeazzi, Elementi teorico-pratici di musica .. . ,


vol. 2, es. 19 (Roma, 1796)

Una Virgola spesso può precedere una cadenza più forte. N ell'Adagio che apre
la quinta sonata per violino dell'op. 5 di Nardini, una Virgola (con la Caduta
del @ Acuto) si trova esattamente prima della cadenza finale:
[\ ll-RI:- 1)0

r @
VfRGOLf\ C) o
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<U CD ®®CD
Es. rr.3r- Nardini, op. 5, n. 5, mov. r, Adagio (c. 1769)

Elementi teorico-pratici di rnusica con un saggio sopra t arte di suonare il vio-


14 Galeazzi, F.,
lino analizzata, ed a dimostrabili principi ridotta, Roma 1796, vol. 2 , p . 261.
11. Clausulae 17 9

Questa era una prassi molto comune, e diversi esempi di Virgole che precedo-
no cadenze più forti sono già comparsi nel corso di questo capitolo (es. 6, 7, 13
e 14; per gli es. 7, 13 e r4la Virgola è indicata da una parentesi orizzontale trat-
teggiata). Una caratteristica degna di nota nel trattamento della cadenza Mi-
Re-Do di Nardini è la scelta di far precedere il® dal® . Nardini era un devo-
to allievo di T artini e quel basso in qualche modo insolito era un cliché nei
lavori di T artini e della sua scuola a Padova.
Nel movimento di apertura della quarta sonata della sua raccolta, Nardini,
prima della cadenza finale, inserisce due volte una variante della Virgola: io
chiamo questa variante, che presenta un basso ascendente ® -CV -CD a cui cor-
risponde una melodia discendente ..,_() _8), 'Virgola Lunga':
~~ 11 -R E-f)O

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Es. II.32- Nardini, op. 5, n. 4, mov. 1, Adagio (c. 1769)

La Virgola Lunga a volte serviva per intensificare la normale Virgola. In un


Andante di Castrucci, la seconda metà del movimento inizia con una
Romanesca che si dissolve in due Virgole; dopodiché una Virgola Lunga, con
una dissonanza tra il ® del basso e il 6) della melodia, riconduce alla tonalità
d 'impianto di Fa maggiore:
R<)1\riJ\ Ì\Ì f·S . . A
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Es. 11.33 - Castrucci, op. 2, n. 4, mov. I ,. Andante (Londra, 1734)


180 La musica nello stile galante

Joh an n F riedrich Daube (c. 1730-1797), musicista e scrittore del diciottesimo


secolo attivo a Stoccarda e Vienna, notò un collegamento accordale che, seb-
bene guardato con qualche sospetto nel passato, era diventato "assolutamente
essenziale" .15 Daube si riferiva alla clausula cantizans 0 -CD comune nel reper-
torio a Stoccarda, dove prestava servizio come secondo flauto sotto la guida
del maestro di cappella Niccolò Jommelli (1714-1774), il quale era uno dei pro-
dotti più brillanti dei conservatori napoletani. n seguente passaggio dall'opera
Demo/oonte di Jommelli 1nostra la sua preferenza per questo parente della
Virgola, che in suo onore ho chiamato 'Jommelli':
1( ) J\ 1~ l FLLI J() \ L\ l ELLl C~ t l l) \\ .O RT f (
0 0 0 0 fl00o@ ~
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Es. 11.34 - Jommelli, Demo/oonte, atto 2, scena 10, batt. 31 (Stoccarda, 1764)

La doppia formulazione dello Jon1melli precede una cadenza Cudworth dop-


piamente 'sfuggita' (per usare il termine di Daube) a causa sia dell'inganno nel
basso sia del salto evasivo al sol5 del soprano. Naturalmente c'è molto di più in
quest'aria, che presenterò per intero nel capitolo 24.
Due specie finali di clausulae cantizantes avrebbero potuto essere introdotte
con eguale giustificazione insieme alle cadenze sospese. Una eli queste, la ca-
denza Convergente, è chiamata così in virtu del movimento delle due voci

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Es. 11.35- Cadenza Convergente semplificata


15 Daube, ]. F., General-Bass in drey A ccordenJ gegrundet t'n den Regt}ln der alt- und neuen
Autoren, Lejpzig 1756, cap. 6, p. 13.
11. Clausu/ae 181

estreme, convergenti sull'accordo di dominante. D suo basso ha molte caratte-


ristiche in comune con quello della cadenza sospesa, mentre le note principali
della melodia condividono la struttura intervallare del Prinner, e la conclusio-
ne è simile a quella della Virgola. Una versione semplificata è illustrata nel-
l'esempio 11.35 (alla pagina precedente).
Un tipico esempio di cadenza Convergente compare alla fine dell'introdu-
zione orchestrale della famosa aria di Gluck "Che farò senza Euridice?''
(r762; es. 11. 36). Gluck inizia il breve ritornello con un Meyer, la cui seconda
metà termina con un Prinner: opportunamente, egli utilizza i movimenti me-
lodici della cadenza Convergente da @ a @ e da O a 8 per realizzare delle ap-
poggiature. Come detto poc' anzi, le quattro note principali della cadenza
Convergente di Gluck possono essere facilmente interpretate come parte di
un Prinner modulante - <D- 0 - 0- ~ -nella tonalità eli Sol maggiore. Cotne ab-
biamo visto nel capitolo 2, l'interpretazione secondo ''il comune solfeggio ita-
liano" sarebbe stata identica in entrambi i casi: la-sol-/a-mi. Analogamente, il
basso cromatico ascendente è bivalente, con il semitono finale fa# 3 -sol3 che
può essere interpretato sia come#@-® in Do maggiore sia corne 0 -CD in Sol

maggtore.

CONVERGENTE
o

l ~ CD l @ ® #®
Es. 11.36- Gluck, ((Che farò senza Euridice?", batt. r (1762)

Di nuovo, in un contesto settecentesco, entrambe le interpretazioni avrebbero


avuto lo stesso solfeggio: mifa. Poiché una cadenza Convergente pone le con-
dizioni per una modulazione alla dominante ma non garantisce tale modula-
zione, indicherò sempre i suoi gradi rispetto alla tonalita originale (#@-® in-
vece di 0 -CD). Ciò favorisce un lettura, ma non esclude affatto l'altra. Nell aria
di Gluck, immediatamente dopo la cadenza Convergente, Orfeo inizia a canta-
re in Do maggiore.
La cadenza Convergente era uno schema esageratamente popolare e svilup-
pò diverse sottospecie con caratteristiche specifiche. Daube, scrivendo di
cadenze insolite, forni il basso nun1erato dell'es. 11.37, il quale rende esplicito
182 La musica nello stile galante

lo spiazzante urto di ottava diminuita tra basso e soprano (la mia realizzazione
è in note piccole) :

CONVERGENTE
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Es. 11.37- Daube, General-Bass in drey Accorden (1762)

La normale melodia convergente è raddoppiata una terza sopra per scendere


con ~- 0-@}-@, una discesa comune a molte cadenze sospese. Tenendo fermo il
O mentre il basso sale da @ a #@ si provoca la stridente dissonanza e falsa re-
lazione di O contro #@ , cioè un'ottava diminuita: considerando il numero di
passaggi in cui essa compare sembra evidente che tale effetto fosse voluto. Per
quanto riguarda il 5 sul basso al momento della dissonanza, esso è o un refuso
per 3 o un'intrusione della particolare teoria dell'armonia di Daube (vedi oltre).
Un compositore schizzinoso come J. C. Bach poteva scegliere di evitare l'urto
diretto inserendo nella melodia una breve pausa (mostrata fra parentesi nell'es.
11.38), anche se l'impressione di una falsa relazione rimane piuttosto forte:

-~·· · -·------------
CONVERGENTE

[}'


Es. 11.38- ]. C. Bach, op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)

Riferendosi ai suoi esempi di basso numerato della cadenza Convergente dis-


sonante e dello schema di Jon1melli, Daube scrisse: cc Oggi questi due ultimi
passaggi sono considerati ben noti e comuni, nonostante il fatto che essi fosse-
ro raramente consentiti nei tempi passati, in particolare quando i dodici modi
erano ancora in voga. Oggi essi sono assolutamente essenziali e compaiono in
11. Clausulae 183

tutte le categorie di composizioni. Hanno dimostrato la loro validità, perciò i


prin cipianti li dovranno conoscere bene" _16
Alcuni casi di cadenza Convergente presentano qualcosa di simile alla Ca-
duta del @ Acuto. Come già visto nel capitolo 5, la Caduta del @ Acuto è un
salto discendente da @ a 0 -@, e annuncia l'arrivo di una chiusa. Le stesse sil-
labe re-/a-mi possono essere applicate a una discesa da <D a 0 -fì, una (Caduta
del <D Acuto', come mostrato nei due eleborati esempi seguenti:

CONVERGENTE
·-· -·· - - - - - - - - ----------

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Es. 11.39- Cimarosa, Sonata in Do (c 56), Allegro (c. 1780-90)

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Es. 11.40- Clementi, op. 5, n. 2 , mov. 2, Presto, batt. 118 (c. 1780-90)

Johann Joachim Quantz (1697-1773), nel suo trattato sul flauto (1752; vedi cap.
28) , accenna a questo modello discendente da <D a O con1e a qualcosa che cc ca-
pita frequentemente prima delle cesure" .17 Riguardo alla cadenza Convergen-
te, i due esempi precedenti rispettano quasi interamente le istruzioni di
Quantz per abbellire una Caduta del (i) Acuto <pura'. La cadenza di Cirnarosa,
esempio 11.39, aderisce alla regola di Quantz secondo cui "sei note discendenti
16 Daube, ]. F., General-Bass, cap. 6, p. 13.
17 Quantz, J. J., Versuch einer Anu;eisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 1752, pp.
127-28. Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti, Milano 1992, p. 171.
184 LA musica nello stile galante

per gradi congiunti possono essere impiegate per riempire questo intervallo", l 8
dove (intervallo' indica il salto da 0 a O . Un'altra delle raccomandazioni di
Quantz per abbellire la Caduta del @ Acuto - un intervallo di terza discenden-
tie19- descrive l'esempio 11.40 di Clementi.
L'ultima specie di clausula cantizans era impiegata per introdurre una
cadenza solistica. La forma più comune pone un O tenuto alla melodia contro
una scala ascendente con il quarto grado aumentato al basso. Quando il basso
raggiunge il®, la scansione metrica s'interrompe e il solista inizia a improvvi-
sare. Alla fine, con un trillo sul @ , il solista da il segnale per tornare alla scan-
sione metrica e l'accompagnamento riprende come per concludere una norma-
le cadenza. In un esempio del 1737 di Locatelli, virtuoso del violino, la caden-
za solistica per violino è scritta. Io ho posto fra parentesi l'accordo obbligato-
rio di 6/ 4, cosa che all'epoca veniva da sé: •

CADE~Z
o 00
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"._. .1, "
~~~~
-4 1! 1* '1*
$Il ,.e ~ . f'-f'~ ~
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...


~ r:lif'- l l

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~~ ~= -, _, - ~
17 '- ~
.... ~

---


l

(?) @#® ®
Es. II.4I - Locatelli, op. 6, n. II, mov. 1, Adagio, batt. 7 (1737)

Un esempio simile di Giovanni Battista Viotti (1755-1824), posteriore di quasi


cinquant'anni, m.ostra la stabilità e la continuità d'uso di questa tradizione.
Seguendo il basso della cadenza Convergente, il passaggio di bravura è qui
lasciato alla discrezione dell'esecutore:

.\1)1 :\IzA

40
o o

(~)

Es. II.42- Viotti, op. 4, n. I, mov. 3, Adagio (c. I785)


l 8 _ _, Versuch, p . 127 . Saggio p. 170.
19 , Versuch, p. 127-28 . Saggio, p . 171.
11. Clausulae 185

Le clausole ®-CD: Clausulae tenorizantes


(Conclusioni tipz.che del tenore)

Per i monaci e i chierici medievali che fissarono le regole del contrappunto, un


movimento discendente di grado alla nota finale di un canto gregoriano era un
gesto conclusivo così diffuso che sarebbe stato sorprendente non utilizzare
quel gesto come punto di riferimento. Secondo le loro regole, se la voce can-
tante concludeva scendendo di grado, la voce in contrappunto doveva bilan-
ciare tale movimento salendo di grado. Se il canto scendeva di un tono, la voce
in contrappunto doveva salire di un semitono, e viceversa. La voce che 'teneva'
le note lunghe del canto era detta il tenor, la voce in contrappunto che cantava
'contro' il tenore era detta discantus [o cantus, N.d.T.], e i loro movimenti coor-
dinati determinavano la trama tenor-cantus, che è stata il nucleo di secoli di po-
lifonia. Nel diciottesimo secolo, la trama tenor-cantus era diventata ormai una
trama basso-melodia. Le clausole che ancora presentavano un movimento con-
clusivo discendente rientravano nella categoria di Walther delle clausulae teno-
rizantes, sarebbe a dire delle 'piccole chiuse' che si comportavano alla maniera
dell'antica trama tenor-cantus. Se il basso scende di tono e la melodia sale di
mezzo tono, il risultato era una clausula vera 20 come in questo esempio da un
quartetto di Galuppi (vedi cap. 15 per l'intero movimento):

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Es. 11.43 - Galuppi Concerto a quattro in Si~ maggiore,


mov. r, Grave sostenuto (c. 175o-6o)

20 D termineclausula vera compare di frequente nei manuali per gli studenti di contrap-
punto delrOttocento e primo Novecento, ma non di frequente nelle fonti storiche. W . S.
Rockstro (1823-1895) scrisse la voce ' Cadenza" per la seconda edizione del dizionario G rave
originario. La sua enfati ca affermazione, ce la più importante chiusa impjegata nella musica
poillonica è la Clausula vera, o Cadenza autentica, terminante sulla /inalis del modo,, può
aver elevato il termine a un uso generale. Vedi Grove's Dictionary o/ Music and Musicians, a
cura di J. A. Fuller Maitland, London 1908-Io, vol. r, pp. 434·
186 La musica nello stile galante

Galuppi era incaricato di tutta la musica nella basilica di san Marco a Venezia,
e i suoi predecessori in quell'illustre posizione includevano maestri del con-
trappunto rinascimentale come Willaert, Rare e Zarlino. Per costoro, la caden-
za dell'esempio precedente sarebbe stata una cadenza in Do come indicano i
gradi della scala; ma al tempo di Galuppi il significato della cadenza era cam-
biato, ed era usata per concludere su un accordo di dominante all'interno di
un contesto tonale più ampio. Perciò, da una parte la precedente Clausula Ve-
ra rappresenta una pausa e una momentanea accentuazione dell'accordo di Do
maggiore, dall'altra ha in comune con la cadenza sospesa e la cadenza Conver-
gente l'equilibrio tra due esacordi o toni vicini: tra tonica e dominante, o tra
esacordo <naturale' e 'duro'. Dunque, un basso da @ a CD secondo il significa-
to locale e più antico, un basso da ® a ® secondo il significato globale e più
moderno.
L'altro tipo di cadenza tenor-cantus si ha quando il tenor scende di semito-
no e il cantus sale di un tono. li risultato è una forma della Clausula Vera
meglio conosciuta oggi come cadenza frigia, in riferimento all'antico tipo di
scala con un intervallo di semi tono tra @ e CD. Come la normale Clausula
Vera, la cadenza frigia ha un doppio significato: localmente sull'ottava su cui
divergono le due voci e globalmente sul tono di cui tale ottava è la dominante..
Tanto la Clausula Vera quanto la sua variante frigia si trovano nel brano
seguente di Durante (es. 11.44). Per l'orecchio moderno è molto difficile inten-
dere l'accordo di Do alla fine dell'esempio di Durante come tonica, perciò ho
contrassegnato i gradi della scala della cadenza frigia come appartenenti al
tono d'impianto di Fa minore evidenziando in particolare le due note più gravi
del tetracordo frigio.

CLAUSULA VERA FRIGIA


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TETRACORDO FRIGIO
Es. 11.44- Durante, Studio n. 5 (Napoli, 1747)

n basso discendente di grado lungo il tetracordo frigio, insieme alla voce supe-
riore in moto parallelo una decima sopra, era spesso usato come analogo in
11. Clausulae 187

minore del Prinner modulante. Nel caso del passaggio di Durante, benché la
cadenza frigia termini su un accordo di Do maggiore (che l'orecchio moderno
tende a sentire come accordo di dominante nella tonalità di Fa minore), le frasi
successive attaccano in Do minore. Ancora una volta grande era la versatilità
tonale degli schemi galanti, specialmente nei primi anni del secolo.
Se il cantus della cadenza frigia, appena prima di salire all'ottava, è alterato
cromaticamente di mezzo tono, la sua distanza dal basso diventa una sesta
aumentata, che e appunto il nome del terzo tipo di clausula tenorizans. Un par-
timento di Fedele Fenaroli (173o-r8r8), allievo di Durante, fornisce un buon
paragone tra la variante Sesta Aumentata della cadenza frigia e, nella tonalità
relativa maggiore (Si P), la normale Clausula Vera.
6a AUMENTATA INCOMPLETA
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CLAUSULA VERA INCOMPLETA
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Es. 11.45- Fenaroli, Partimenti, libro 2, n. 2 (c. 177o-8o)

I riferimenti a gradi eli scale diverse utilizzati per la Sesta Aumentata e la Clau-
sula Vera sono il risultato di una prospettiva moderna basata su un unico cen-
tro tonale. N el diciottesimo secolo queste due cadenze erano identiche in tut-
to tranne che per la qualità dell'intervallo di sesta e per la scelta di quale voce
dovesse procedere di semi tono espandendosi nell'ottava. Tutte le clausole di
tenore - Clausola Vera, cadenza frigia e Sesta Aun1entata - avevano funzioni
simili e, come testimoniano i precedenti esempi di Durante e Fenaroli, erano
trattate tutte come analoghe.
TI basso di F enaroli indica anche una cadenza standard alla fine eli ogni riga.
188 L4 musica nello stile galante

Nella realizzazione di queste cadenze, ho scelto la forma 'incompleta' in cui la


melodia termina sul 49 invece che sull'O . I libri di armonia di solito classifica-
no tali cadenze come 'imperfette', un'infelice traduzione letterale del latino
imper/ecta ('incompleta').

Le clausole 0-®: Clausulae altizantes


(Conclusioni tipiche del contralto)
Un basso discendente da 0 a@ precedeva spesso una cadenza più forte; una
delle strategie preferite per il movimento del basso sembra fosse un 'inflessio-
ne verso il grave prima di cambiare direzione verso una salita di grado. n tema
di Salieri mostrato sopra (es. Ir.8) presenta i primi due stadi di un Prinner, con
0 -® al basso, prima di lanciarsi in una cadenza finale Mi-Re-Do. Haydn
impiega la stessa strategia nel tema variato presentato nel capitolo 10.
Se la forte spinta verso l'alto del basso cadenzante significava un movimen-
to in avanti verso la n1eta, per contro la discesa 0 -® può sembrare un 'passo
indietro', e tale è il nome che le ho attribuito. La forma più caratteristica del
Passo indietro contiene le due numerazioni del basso 6/4/2 e 6/3, di solito
abbreviate in 4f2 e 6. In una Siciliana per flauto, violino e basso continuo di
Quantz, possian1o vedere tre tentativi di con1pletare una cadenza preceduti
ognuno dal Passo indietro. flauto e poi il violino tentano prima di conclude- n
re separatamente, ma il loro percorso sembra essere interrotto dalla cosiddet-
ta sesta napoletana (Reb, indicato come D6 nel basso continuo); il terzo tenta-
tivo, a due, infine vi riesce, dopo aver sormontato una cadenza d 'inganno:

Mf-RE-DO MI-RE-DO !v1I-RE-DO...INGANNO COMPLETA


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PASSO PASSO PASSO
INDIETRO INDIETRO INDIETRO

Es. 11.46- Quantz, Sonata a tre in Sol minore, mov. 3, Siciliana (c. 1750-6o)

Dal punto di vista di W alther, alla fine di questo passaggio la trama basso-
melodia fornisce la "chiusa più completa" o clausula per/ectissima, mentre la
11. Clausulae 189

trama tenor-cantus (in questo caso flauto-violino) fornisce allo stesso tempo
una Clausula Vera o clausula tenorizans.

Altre clausole
TI minuetto di Somis (es. 5.2) impiega come cadenza finale una variazione rit-
mica della normale cadenza: al posto di due battute con normale scansione
lr23l123 l Somis scrive un passaggio con scansione lr2II2Ir2l, un effetto noto
come hemiola (dal greco hemi6lios, il rapporto J:2). Le cadenze con l'emiola
compaiono solo nei metri tripli e più di frequente nella prima metà del secolo.
Solo la normale cadenza sembra essere stata oggetto della scansione emiolia.
Con il costante approfondirsi della ricerca di tecniche per estendere, evade-
re, evitare, eludere e in genere procrastinare il senso di conclusione di una ca-
denza forte alla fine di un'importante sezione musicale, i compositori rischia-
vano di confondere i loro ascoltatori. La cadenza Cudworth era un segnale af-
fidabile per la fine di un'ampia sezione, ma l'aggiunta di piccole code ed echi
cadenzali potevano minare la sua finitezza . Per un motivo o per l'altro, i com-
positori galanti ricorrevano invece a una caduta melodica disadorna con fun-
zione di 'segnale di arresto' musicale. Le conclusioni della prima e della secon-
da metà di una fatnosa sonata per tastiera di Mozart presenta le due varianti
più comuni della Caduta Finale (es. 11.47; vedi cap. 26 per l'intero movimento).
La prima e piu galante, e impiega un salto discendente da 6) a O (in Sol mag-
giore, la tonalità tetnporanea). La seconda, che conclude la seconda metà del

CADUTA FINALE
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CADLITA FINALE
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CD CD
Es. 11.47- Mozart, Sonata K 545, mov. I, Allegro, batt. 27-28 e 72-73 (1788)
190 La musica nello stile galante

movimento, salta di ottava da O all'O un'ottava sotto (in Do n1aggiore). l mu-


sicisti del diciannovesimo secolo sembrano aver preferito la versione all'ottava
della Caduta Finale, e la si può sentire alla fine di molti pezzi da concerto ro-
mantici per pianoforte.
Nel capitolo 7, durante la discussione del Monte Romanesca insegnato da
Mozart a Thomas Attwood, ho menzionato la 'cadenza doppia'. Le cadenze
'semplice', 'composta' (vedi es. 11.3) e 'doppia' erano i tre tipi dotati di un
nome specifico e insegnati agli studenti per n1ezzo dei partimenti (vedi anche
appendice B, es. B.I). L'esempio 11.48 mostra le due forme tradizionali della
Cadenza Doppia, la prima è la forma base e la seconda è caratterizzata dall' ag-
giunta della settima di dominante (/a5 ) .21

Es. 11.48 - La Cadenza Doppia, semplice


e con la settima di dominante

Storicamente, questa cadenza già era antiquata nel diciottesimo secolo, ed era
tenuta in vita principalmente grazie alle opere didattiche e sacre. General-
mente riservata per la cadenza finale, la Cadenza Doppia faceva la sua com-
parsa alla fine di quasi tutti i partimenti. Ciò significava che, studiando
un'ampia raccolta dipartimenti, lo studente avrebbe suonato e risuonato la
Cadenza Doppia. Per mezzo della ripetizione, ognuna delle sue voci divenne
emblematica della cadenza, e tracce di tali voci possono essere trovate in mol-
te delle clausole galanti più deboli. Se si prendono le voci di soprano e con-
tralto da una versione della Cadenza Doppia con la settima di dominante e si
toglie il pedale del basso, si può replicare la combinazione soprano-basso di
una Virgola seguita da una cadenza Mi-Re-Do con il normale basso (es. 11.49,
a pagina seguente) . Alcuni procedimenti di questo tipo sono stati mostrati so-
pra negli esen1pi 11.6, 11.7 e 11.13.
Le quattro categorie di clausole di W alther, nell'identificare i significati
relativamente indipendenti e le storie delle singole voci, si differenziavano solo
21 La Cadenza Doppia è chiamata anche cadenza di "quarta consonante". TI riferimento è al
secondo tactus, in corrispondenza del quale la quarta (dissonante) tra basso e voce interna sem-
bra essere la preparazione (consonante) per la dissonanza sul terzo tactu.s. Poiché il contrap-
punto principale si ha tra le due voci superiori, r attenzione su tale particolare intervallo col
basso è in qualche modo distratta. Ciò nonostante, negli approcci pedanti al contrapptmto, la
legittimazione di questa configurazione in relazione al basso era un espediente necessario.
11. Clausulae 191

VfRGOLA
C/\ 0[ Z1\ DC)P PIA COMPLETA
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· Es. 11.49 - Omologie tra la Cadenza Doppia e altre clausole galanti

nelle ultime due note del basso. Le sottocategorie mostrate in questo capitolo
si differenziano talvolta dal modo in cui i1 basso arriva alle due note finali. La
Virgola e la Virgola Lunga, ad esempio, differiscono per i rispettivi bassi 0-
CD e ®-0-CD. Sala distingueva tra i comuni tipi eli cadenze normali e ciò che
egli chiamava 'cadenza lunga'. 22

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Es. 11.50- Sala, la cadenza Lunga (c. I790-18oo)

La cadenza Lunga eli Sala presenta due salti discendenti eli terza al basso, CD-
® -@, che precedono la clausula per/ectissùna. Le cadenze che seguono una
Romanesca avranno un basso le cui note in battere saranno CD-®-@ prima del
penultimo accordo sulla dominante. Infatti, il modo in cui sono ordinati i par-
timenti di Paisiello nella prima edizione a stampa23 del 1782 suggerisce che il
maestro prendesse la Romanesca come punto di partenza per frasi più moder-
ne che sottolineassero il basso discendente per terze:
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22"Cadence longue" è attribuito a Sala in Choron, A. E., Principes de composition des
écoles d)Italie, Paris 18o8, vol. 2 , p. 1.
23 Paisiello, G., Regole per bene accompagnare il partimento, Sankt-Peterburg 1782.
192 La musica nello stile galante

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Es. 11.51 - Paisiello, Regole, vari partirnenti (San Pietroburgo, 1782)

L'esempio 11.51 raccoglie cinque frasi di altrettanti partimenti di Paisiello, di cui


tutte tranne l'ultima fungono da mosse d'apertura. n primo esempio presenta
un'ovvia Romanesca con la risposta di Prinner, ma gli ultimi esempi si muovo-
no decisamente verso lo schema Salti di Terza. Si noti anche che negli ultimi
esempi Paisiello inizia a variare i tipi di cadenze che seguono i Salti di Terza,
dilatando così e rimandando la conclusione attesa. Da quanto dimostrano que-
sti estratti, sembrerebbe che la raccolta dipartimenti di Paisiello non solo incul-
casse i molti schemi della prassi galante, ma li presentasse anche in un generale
ordine storico-cronologico dalla maniera più antica agli usi più moderni.
La tradizione del partimento rappresentava una faticosa forma d'istruzione
non verbale, intesa originariamente per insegnare un mestiere ai fanciulli pove-
ri. n dilettante facoltoso desiderava qualcosa di più colto, conciso e meno
impegnativo. li trattato di Daube era indirizzato a questo secondo tipo eli pub-
blico, e il suo titolo (tradotto) di Basso continuo in tre accordi fa presagire quel-
la sorta di manuale pratico che sarebbe poi diventato un caposaldo della clas-
se media. Nel suo trattato, egli fornisce una sintetica tavola di cadenze per
coprire tutti i modi possibili per modulare da Sol maggiore a Re maggiore, la
dotninante. Vi sono considerevoli coincidenze tra i "Dodici Modi ~' per modu-
lare di Daube e le cadenze esaminate in questo capitolo. Nell'es. 11.52 (a pagi-
na seguente), ho annotato la tavola di Daube in modo da mettere in risalto le
corrispondenze tra gli esempi di Daube, le clausole di Walther e le varie caden~
ze viste nel corso di questo capitolo. 24
24 Daube,]. F., General-Bass} cap. 5, p. 5·
11. Clausulae 193

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Es. 11.52- Daube, General-Bass in drey Accorden,


dodici maniere per modulare (1756)
194 La musica nello stile galante

Daube considerava 'naturali' le prime dieci maniere e artificiali le ultime due


(in quanto introducono una nota estranea ad entrambe le tonalità: il sol#).
Egli fornisce solo il basso per queste cadenze, e ho trovato difficile fornire
personalmente delle realizzazioni che rispettassero la sua numerazione del
basso continuo e al tempo stesso fossero caratteristiche dello stile galante di
Stoccarda. TI suo trattato fu scritto per mostrare che tre accordi di base pote-
vano essere impiegati in ogni situazione musicale: si tratta, ovviamente, di una
grossolana semplificazione e spiega perché vi e qualcosa di artificiale in tutti
qu esti esempi. Senza perdersi nei dettagli, forse si può arrivare al cuore del
problema facendo semplicemente notare che, come citato nel capitolo 3 (es.
3.13), il maestro napoletano Saverio Valente raccomandava di usare il Prinner
modulante ''per uscire alla quinta del tono in terza n1aggiore [cioè, in modo
maggiore]'' .25 Tale è la situazione musicale per ciascuna delle dodici maniere
di Daube. Eppure, nessuna di queste segue la linea di minor resistenza indica-
ta da Valente; ossia, nessuno degli esempi di Daube consente al basso di scen-
dere di grado dal sol4 al re (il basso di un Prinner modulante) . Benché le spe-
cificità della teoria di Daube (piuttosto che le regolarità della prassi galante)
sembrano aver limitato la sua libertà nella creazione degli esempi, la sua tavo-
la copre comunque le clausole di Walther per tutti e quattro i tipi di voci, e
tocca brevemente molte delle clausole speciali descritte nel corso di questo
capitolo.
Vincenzo Manfredini è stato citato sopra per aver paragonato la forza di va-
rie clausole musicali ai diversi tipi di segni d 'interpunzione (vedi il paragrafo
sulle clausulae cantizantes). Al pari di Daube, Manfredini era un musicista
professionista che aveva scelto di scrivere per un pubblico di dilettanti. Nel
1797 egli diede alle stampe una seconda edizione delle sue Regole armoniche:
in quest'opera egli propugnava con decisione gli stessi tre accordi di base de-
scritti da Daube (vedi cap. 20) com.e risposta a tutte le questioni di armonia e
modulazione. 26 Uno dei suoi molti esempi inizia con una Virgola Lunga, ed
egli indica come tale particolare basso possa essere armonizzato con (I) un
6/ 4/3 sul®, (2) un 6/5 sul 0 e (3) un 5/3 sull'CD . li problema è che la Cadenza
Lunga non era armonizzata in questo modo: l'accordo sul® poteva avere la
numerazione di 6, 6/ 5, 6/ 5/3 o persino 7, ma non di 6/4/3 come suggerisce
Manfredini.27 L'esempio II. 53 mette a confronto l'armonizzazione di Manfre-
dini con la norma galante. Il suo falso accordo sul® era un requisito della sua
teoria, ma non delle tradizioni galanti italiane. La sua piccola violazione può
essere stata lampante per i musicisti professionisti, ma probabilmente non per
i dilettanti.
25 Valente, S., Partùnenti, MS Noseda Q.13.17, I-Mc, Milano, p. 9·
26 Manfredini adottò sia il modello a tre accordi di Daube sia una versione del basso fon-
damentale di Rameau.
27 Choron dà diverse versioni di questa cadenza, tutte fedeli alla "scuola italiana", nei suoi
Principes, vol. r, p. 70.
11. Clausulaè 195

Manfredi ni Tradizione •

®CV
Es. II. 53 - Manfredini, Regole armoniche (Venezia, 1797)
a confronto con le norme galanti

Per quanto in buona fede, nel rappresentare la prassi compositiva del diciotte-
simo secolo Manfredini e Daube erano guidati dalla teoria, e preannunciarono
ciò che sarebbe avvenuto nei secoli successivi, con il risultato finale di una com-
pleta reinterpretazione borghese di un'arte esoterica di corte. In termini di teo-
ria della comunicazione, ciò che questi documenti rivelano è l'inizio di uno slit-
tamento da una modalità 'rituale', con i suoi necessari anni di pratica con par-
timenti e solfeggi inculcati nella mente, a una modalità 'trasmissiva', con il
manuale di armonia quale vettore di grossolane generalizzazioni. 28 La versione
di 'armonia semplificata'2 9 di Daube-Manfredini divenne norma comune alla
fine del diciannovesimo secolo, al punto che 'armonia' e 'cadenza' diventarono
quasi sinonimi. A ogni modo, non si dovrebbe scambiare un trionfo nella popo-
larità con un avanzamento nella comprensione. Attraverso la nuova lente del-
l' artnonia, gran parte delle distinzioni una volta importanti per le clausole
galanti divenne confusa e irriconoscibile.
Avevo iniziato a parlare delle cadenze con i Salti di Terza e delle teorie del-
l'armonia troppo radicali a proposito di una cadenza di Sala (es. 11.50); vorrei
ora dare a Sala anche l'ultima parola (o l'ultima nota) . Sala arrivò a Napoli nel
1732 (l'anno di nascita di Haydn) ed entrò al conservatorio di Santa Maria della
Pietà dei Turchini, dove rimase con vari incarichi fino al 1799, ritirandosi infi-
ne come 'primo maestro'. Come allievo di Nicola Fago (1677-1745) e Leonardo
Leo, fra i suoi compagni di studi vi furono Jommelli e Gregorio Sciroli (1722-
1781, maestro di Aprile). Sala fu insegnante di generazioni di studenti, tra cui,
all'inizio della sua carriera, il cantante Farinelli e in prossimità del suo pensio-
namento l'operista Gaspare Spontini (1774-185I). Quello che segue è il passag-
gio cadenzale finale di un ampio partimento fugato (es. 11.54, che inizia con la
Carey, J. W., Communication as Culture: Essays on Media and Society, Unwin Hyman,
28

Boston 1988, p . 13 sgg ..


29 "Harrnony Simplified" ["Armonia semplificata" , N.d.T.] è il titolo inglese deJ manuale
di armonia di Riemann destinato a un pubblico generale. Vedi Riemann, H. , Verein/achte
Harmonz'elehre oder die L ehre von den tonalen Funktionen der Akkorde, London and New
York 1893; vedi anche York, F . L., Harmony Simpli/ied, Oliver Ditson, Boston c. 1900.
196 La musica nello stzle galante

batt. 161!). Un partimento di questa portata e livello di difficoltà era destinato


ai soli addetti ai lavori.

ROMANESCA l SALTI DI TERZA


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Es. 11.54- Sala, partimento in Do minore (Napoli, c. 179o-r8oo)

Il suo linguaggio musicale dà per scontata la capacità di cucire insieme un


certo numero di piccole tradizioni esecutive in un tutt'uno continuo. n suo
schema dei Salti di Terza include la comprensione delle giuste risoluzioni dei
ritardi 2 e 7 all'interno del più ampio contesto della Romanesca; il suo Passo
Indietro richiede il successivo inserimento di una cadenza standard in una
delle sottocategorie consentite, e le sue cadenze evitate (ai punti esclamativi)
implicano la conoscenza del modo di arrivare alla grande conclusione del-
l' eventuale cadenza con1pleta. li passaggio cadenzale di Sala è quindi molto
più che un contrappunto corretto abbinato a una ricca armonia; è il monolo-
go finale di un grande attore, una 'scena solita' che prende vita grazie alle qua-
lità della sua esposizione. Il reperto costituito dal basso di Sala ha ripreso
corpo grazie a un processo di ricostruzione a più mani: il basso è stato tram an-
dato da Alexandre Choron (I8o8),3° numerato probabilmente da Vincenzo
Fiocchi (r767-1843), allievo di Fenaroli, ed elaborato dalle mie voci superiori in
imitazione della Siciliana di Quantz (cfr. es. 11.46) .

30 Choron, A. E., Principes, n. n5, p. 55·


11. Clausulae 197

'
E una ricostruzione verosimile? Certo, la numerazione del passaggio dei
Salti di Terza è sufficientemente esplicita da costituire una descrizione quasi
completa del contrappunto voluto; la serie di cadenze seguenti (batt. 167-72),
però, potrebbe essere realizzata in modi molto diversi tra loro, anche se lo stes-
so Sala sembra aver preferito simili cadenze appariscenti e ornate. Uno di que-
sti solfeggi, mostrato nell'es. II. 55 (a pagina seguente) inizia quasi con le stesse
note con cui comincia l'esempio di Galeazzi in cui le cadenze sono associate ai
segni d'interpunzione (es. II.3o); per facilitarne il confronto, sulla musica di
Sala sono poste le lettere di Galeazzi (A, B, C, D).
Il solfeggio di Sala inizia presentando, come detto, il Do-Mi-Sol di Galeazzi
in stile di bravura. La risposta di Prinner alle battute 3-4, e specialmente il
Prinner modulante alle battute 5-6, sembrano attenuare l'energia dell'inizio, e
il movimento melodico si arresta dopo la cadenza Convergente a battuta 7· La
battuta 8 inizia il percorso che porterà alla cadenza finale con una Virgola
Lunga, uno schema preparatorio molto comune; esso conduce a ciò che è
indicato come "Cudworth Modificato". Sarebbe a dire che molte delle carat-
teristiche distintive del Cudworth sono presenti, ma Sala ha rielaborato la sua
melodia per salire con <D-fì-0 in risposta al precedente ®-0-<D del basso
della Virgola Lunga. Dopodiché Sala ripete la Virgola Lunga e il Cudworth
Modificato. Quasi nel punto esatto in cui il Cudworth Modificato avrebbe
concluso (batt. rr), Sala sposta un'ottava sopra l'atteso O per iniziare la defi-
nitiva discesa alla cadenza Mi-Re-Do finale. Questo gesto teatrale travolge e
calpesta i dettagli della cadenza Grande (si notino le dissonanze tra il canto e
il basso nella seconda metà di battuta II) ma riesce a concludere con il neces-
sario 49-8 -0 e l'eloquente trillo sul 8. Questa clausula per/ectissima conclude
la prima metà del solfeggio di Sala (segue una Fonte, come ci si potrebbe
aspettare).
Le lettere di Galeazzi (A-D), che rappresentano gli analoghi segni d'inter-
punzione, sono state applicate al passaggio di Sala sulla base del comporta-
mento della melodia. n comportamento del basso, però, può minare il senso
di conclusione n1elodica. Le clausole di tipo D alle battute 2 e 12, ad esempio,
sono rinforzate dal forte senso di conclusione dell' <D al basso, lad dove le stes-
se clausole melodiche alle battute 4 e 9 sono indebolite dal basso che si sposta
velocemente a un vistoso @. Spesso la musica galante, con il suo pas de deux
tra basso e melodia, puo frustrare ogni tentativo di attribuirle delle clausole
unitarie; bisogna valutare l'effetto combinato delle singole clausole nel conte-
sto dei comportamenti coordinati canto-basso che costituiscono il repertorio
di conclusioni tipiche.
Esempi come il solfeggio di Sala, i quali erano intesi per inculcare delle
norme, dimostrano la sensibilità dei compositori galanti verso le sottili distin-
zioni tra le diverse clausole. Esattamente come inchini e riverenze ben eseguiti
articolavano il discorso sociale e allo stesso tempo incarnavano un'accettazione
dell'ordine sociale, così le gradazioni delle clausole convenzionali articolavano
198 La musica nello stile galante

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Es. 11.55- Sala, solfeggio in Do maggiore, Largo (Napoli, c. 1780-90)


11. Clausulae 199

il flusso musicale e rinforzavano l'impressione di un'espressione musicale


appropriata e rispettosa. Per parafrasare Norbert Elias, anche nelle cadenze
''l'etichetta si dimostra, se si rispetta l'autonomia della struttura della società
di corte, uno strumento estremamente sensibile e affidabile per misurare il pre-
stigio" di un'espressione musicale galante. Le espressioni di status elevato,
come i temi o le ampie sezioni, ricevevano le conclusioni ((più complete"; le
espressioni di status inferiore, come le Virgole prima di una cadenza comple-
ta, ricevevano solo articolazioni più deboli. Di certo, la sensibilità per lo status
era sempre un requisito per il successo a corte.
12
Un Andante
di Christoph Willibald Gluck
Sonate per due violini e basso continuo,
n. 5, mov. 1, 1746

Una raccolta di sonate a tre del primo Gluck (1714-I787), scritte forse a Milano
ma pubblicate a Londra, fornisce una buona dimostrazione della sua eccellen-
te preparazione nello stile galante italiano. Nell'Andante della sua quinta sona-
ta, presentato in questo capitolo, dal punto di vista dell'armonia avviene poco,
a parte l'uso isolato di una Fonte ermafrodita. La fluida successione degli sche-
mi, però, i disinvolti scatnbi di n1elodia tra primo. e secondo violino e il sottile
uso di piccole clausole di forza variabile rivelano un compositore tecnicamen-
te completo e musicalmente sensibile. Rispetto alle opere liriche del Gluck ma-
turo, le quali ottennero un grande successo a P arigi e Vienna, questo Andante
può sembrare quasi un'inezia. Eppure molte delle arie famose di quelle opere
conservano lo stesso discorso galante.
Gluck ha scritto le parti del primo e del secondo violino in modo che si
scambino fra loro i motivi, in genere con il secondo a fare da eco al primo; il
basso continuo li sostiene con discrezione. Tutte e tre le parti mantengono un
disegno ritmico pervasivo di tre o più crome con l'inizio a cavallo dei tempi
forti. A partire da battuta 5 fino alla fine della prima sezione, Gluck ha inseri-
to una serie di clausole di forza crescente; la serie inizia con una cadenza sospe-
sa seguita da una Virgola. La prima cadenza completa presenta la debole melo-
dia 0 -8 -0 ; la sua ripetizione termina con un inganno e conduce a un breve
Prinner. TI secondo violino effettua poi il secondo tentativo con t}-@ -0 , una
cadenza Mi-Re-Do, utilizzando solo la (cadenza semplice'. n primo violino,
con la sua consueta autorevolezza musicale, ripete la cadenza per chiudere la
prima sezione. Per la conclusione della seconda sezione, Gluck comincia con
0 -8 -0 , una 'cadenza semplice' Do-Si-Do; continua poi con un piu forte@-@-
0 , una (cadenza composta' Mi-Re-Do. Questa potrebbe essere la fine della
sezione se la melodia non evitasse la conclusione 'sfuggendo' con una catena
di semicrome verso un altro Prinner. Infine dei floridi arpeggi conducono alla
definitiva <cadenza composta' Mi-Re-Do, in cui il primo violino esegue il con-
sueto trillo sul @.
N ella seguente lista, il bis si riferisce a un 'immediata ripetizione, spesso con
le parti dei violini scambiate. n secondo schema della prima metà, contrasse-
gnato con '[Rornanesca] ', si riferisce al n1odo di G luck di riutilizzare elen1enti
del tema iniziale di Romanesca, ma senza lo schema della Romanesca.
12. Un Andante di Christoph Willibald Gluck 201

Sezione Schema Tonalità


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Meyer Mib
Prinner modulante Mib Q Sib
Cadenza sospesa Sib
Virgola .
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Cadenza, bis, inganno Sib
Prinner Sib
Cadenza, bis Sib

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[Romanesca] Mib
Prinner, circolo delle quinte Mib
Prinner, bis Mib
Cadenza Do-Si-Do Mib
Cadenza evitata Mib
Prinner Mib
Cadenza Mi-Re-Do Mib
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202 La musica n,ello stile galante

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12. Un Andante di Christoph Willìbald Gluck 203

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Es. 12.1 - Gluck, Sonate, n . 5, n1ov. 1, Andante (Londra, 1746)


13
La Quiescenza
TI fondo Noseda del Conservatorio di Milano contiene un corposo manoscrit-
to in due volumi su cui mani diverse hanno copiato centinaia di partimenti di
Zingarelli. TI secondo volume elenca un certo numero di regole pratiche per lo
studente, e due di queste riguardano il pedale di tonica. La prin1a regola reci-
ta: ''li pedale si forma dall'accordo del basso fondamentale" . 1 n partimento
che segue la regola chiarisce che il basso fondamentale in questione e un'im-
plicita cadenza di triadi le cui fondamentali sono do, /a, sol e do (il basso e i
numeri sono di Zingarelli; la realizzazione, in note piccole, e le indicazioni dei
gradi della scala sono mie):
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Es. 13.1 - Zingarelli, da una raccolta di partimenti e regole


(Milano, c. 181o-ro)

La seconda regola, o meglio consiglio, recita: "Si puo dar parimenti la settima
minore come si andasse nella natura della quarta del tuono" .2 Di nuovo, il par-
timento che segue questa indicazione ne chiarisce il significato:

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Es. 13.2- Zingarelli, da una raccolta dipartimenti e regole


(Milano, c. r8ro-2o)
1 Zingarelli, N. , Partimenti del Maestro Nicolò Zingarelli, vol. 2, MS Noseda LI4o.n, r-Mc,
Milano, pp. 1-2 .
2 , Partimenti del Maestro, p. 2.
13. La Quiescenza 205

All'inizio del diciottesimo secolo, la tradizione di improvvisare preludi, tocca-


te, intavolature ed essercizi spesso richiedeva un passaggio iniziale che, come
una cadenza estesa, si spostasse verso la sottodominante (''la quarta del tuo-
no") e poi verso la dominante prima di tornare alla tonica. In questa invenzio-
ne per tastiera in Si bemolle maggiore (c. 1720), uno dei suoi lavori più leggeri
e galanti, J. S. Bach presenta questo tipo di atnpio passaggio tastieristico come
esposizione. La frase contiene elementi di entrambi i pedali di tonica descrit-
ti da Zingarelli. Una versione del primo tipo, con una salita diatonica 0 -0 -8-
0 , può essere individuata nel registro del tenore e una versione del secondo
tipo, con un bfì che scende cromaticamente al0, può essere individuata nella
melodia:

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Es. 13.3- ] . S. Bach, Invenzione in Si bemolle aggiore (Cothen, c. 1720)

Domenico Scarlatti, contemporaneo di Bach , accumulò un ampio bagaglio di


esperienze in molti dei grandi centri della musica galante. Anch'egli scrisse
passaggi simili, n1a spesso li eseguiva due volte in successione, in quella che
sembra fosse diventata una consuetudine. Ecco un esempio da un pezzo per
tastiera in Do maggiore (K 250). Il passaggio compare immediatamente dopo
una serie di evoluzioni iniziali e rende owia la sua melodia cromatica b8 -m-
q8 -0:

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Es. 13.4- D. Scarlatti, Sonata K 250 (c. 1740-50)

Viste le origini napoletane di Scarlatti, ci si potrebbe aspettare che questa for-


tnula compaia spesso nei partin1enti dei conservatori napoletani. Così non è, e
206 La mus·ica nello stile galante

una ragione sembra essere che questi partimenti avevano delle loro conclusio-
ni fortemente stereotipate, che favorivano il pedale di dominante sul penulti-
mo®, come la Cadenza Doppia. I commenti di Zingarelli sui pedali di tonica
sono un'aggiunta posteriore a quella tradizione, per colmare una lacuna.
Intorno alla metà del secolo questo insieme di tratti - una melodia bfì-<D-
qfì-0 , un pedale di tonica, le relative sonorità e una doppia esposizione- si
era stabilizzato in uno schema di repertorio impiegato per i passaggi conclusi-
vi piuttosto che d'apertura. Io l'ho chiamato 'Quiescenza' (uno stato di riposo
o inattività) per analogia con la cadenza di bravura. Come la cadenza sfrutta
una pausa all'interno di un importante passaggio cadenzale per mettere in
mostra il gusto, l'invenzione e il virtuosismo dell'esecutore, interrompendo
temporaneamente, come risultato, il procedere del movimento, così una
Quiescenza sfrutta un momento di riposo successivo a un passaggio cadenzale,
trattenendo allo stesso modo il procedere del movimento o ritardando la sua
chiusa finale.
La funzione conclusiva della Quiescenza è stata chiarita dal figlio di Bach,
Carl Philipp Emmanuel (1714-1788), nel suo libro sul vero modo di suonare uno
strumento a tastiera. Presso la fine del secondo volume (1762), C. P . E. Bach
ha incluso un suo partimento su cui il lettore può improvvisare una fantasia.
Immediatamente dopo la cadenza finale, Bach indica la numerazione standard
del basso della Quiescenza:

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Es. 13.5- C. P . E . Bach, Versuch uber die wahre Art das Clavier zu spielen,
vol. 2, p. 123 (Berlino, 1762)

La Quiescenza di C. P . E. Bach è insolita solo per la sua presentazione isolata:


a Parigi, una doppia presentazione era già diventata la norma. Ad esempio, il
passaggio dalla Messa da requiem di Gossec esaminato nel capitolo 9 presen-
tava una Pastorella seguita da una forte cadenza Mi-Re-Do. L'esempio 13.6 illu-
stra come Gossec faccia seguire a tale cadenza una doppia presentazione della
Quiescenza. I tre pentagrammi nell'esempio corrispondono ai tre strati della
Quiescenza. n pentagramma inferiore mostra la tonica ripetuta da violoncelli
e bassi; il secondo pentagramma mostra la caratteristica forma cromatica della
melodia della Quiescenza per terze e seste parallele affidata ai violini; il penta-
gramma superiore, ÌI1fine, tnostra i due soprani solisti impegnati in un com-
mento melodico di tipo decorativo.
13. La Quz·escenza 207

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Es. 13.6- Gossec, Missa pro de/unctis, mov. 15, [Andante] (Parigi, 1760)

li memorabile passaggio di Gossec fu scritto in un periodo in cui la Quiescen-


za stava rapidamente diventando un cliché parigino. In un passaggio apparso a
Parigi nel 1763 (es. 13.7), L'Ab bé le Fils utilizza la versione diatonica della
Quiescenza i cui quattro stadi presentano una salita melodica di quattro note
dal fi) all'O dell'ottava successiva. La sua Quiescenza diatonica segue una for-
te cadenza annunciata dal trillo di due quarti sulla2 (@ a ba t t. 77). La Quie-
scenza conferma l'importanza della cadenza precedente e fornisce un breve
periodo di relativa stabilità prima della lunga scala che conduce a una cadenza
Cudworth e alla Caduta Finale.
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77 tr ---- -·

Es. 13.7- L'Ab bé, op. 8, n . 3, mov. r, Allegro (Parigi, 1763)


208 La musica nello stile galante

Come già detto, L'Ab bé le Fils fu allievo di Leclair e violinista di talento, in


grado di suonare con l' en/ant prodige Pierre Gaviniés, il quale sarebbe diventa-
to una figura di rilievo della vita musicale francese. Gaviniés tratta la Quie-
scenza in modo molto simile a L'Ab bé, ripetendo la versione diatonica dello
schema. Nel prossimo esempio, tuttavia, Gaviniés inserisce un breve b8 :

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Es. 13.8 - Gaviniés, op. 3, n. 5, mov. 3, Tempo di Menuetto (Parigi, 1764)

I violinisti francesi galanti produssero molti dei loro lavori migliori in forma di
'sonata a solo', una dicitura fuorviante per descrivere sonate per violino e bas-
so continuo. La parte del basso era spesso priva di numerazione, e perciò l' ac-
compagnatore era tenuto a intuire dal contesto la giusta armonizzazione. Ciò
non era sempre facile. L' CD ripetuto o tenuto al basso della Quiescenza, ad
esempio, non forniva indicazioni sugli accordi richiesti. Quando, come nel-
l'esetnpio 13.8 di Gaviniés, il violino eseguiva dei bicordi che rendevano chiaro
ogni accordo, il suonato re alla tastiera avrebbe potuto leggere l'armonia dalla
parte del violino. In molti altri casi, però, ciò non era possibile. Ad esempio,
una delle ultime sonate a solo di Gaviniés include una Quiescenza che, se si
considerano i quattro stadi lunghi presumibilmente una semiminitna ciascuno,
impone al continuista di inserire il b8 e il q8 in anticipo rispetto al violinista.
In altre parole, l' accon1pagnatore doveva già conoscere questa 'solita scena'
per poter anticipare le armonie. La versione mostrata eli seguito è una possibi-
le realizzazione con l'aggiunta di una voce di tenore. L'indicazione di tempo
completa -Allegro con /uogo ma non troppo presto - suggerisce che gli schemi
13. La Quiescenza 209

galanti del pezzo siano stati piegati al servizio di un'estetica musicale più dina-
mica legata all'era napoleonica.
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Es. 13.9 - Gaviniés, Trois sonates pour le violon,
n. r, mov. 3, Allegro ... (Parigi, r8or)

Un compositore galante, di certo, avrebbe potuto seguire l'esempio di Simon


Leduc (l'ainé; 1742-I777), allievo di Gaviniés. Anche Leduc scrisse sonate a
solo con il basso non numerato, ma all'inizio della sua op. 4 (1771) egli inseri-
sce la caratteristica linea cron1atica della Quiescenza al basso cosicché lo sche-
ma non fosse frainteso (vedi es. 13.ro). Il continuista avrebbe comunque dovu-
to intuire una voce interna, che avrebbe potuto includere un O ripetuto per gli
stadi uno, due e quattro (il terzo stadio- ossia l'accordo sul sol# 3 - richiede un
8 al posto dell O poiché la sonorità unica del terzo stadio della Quiescenza -
un accordo di settima di dominante su un pedale di tonica- spesso è impossi-
bile da invertire).
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Es. 13.10- Leduc, op. 4, n. r, mov. r, Cantabile (Parigi, 1771)

La scelta di una Quiescenza come schema iniziale da parte di Leduc potrebbe


essere vista sia come molto moderna per l'epoca (1771) sia co.me molto datata,
e in uno stile risalente a sessant'anni prima. Sospetto che (molto moderna' sia
la definizione giusta, specialmente in quanto tale pratica prosperò per tutti gli
210 La musica nello stile galante

anni '7o e '8o del secolo. In questo secondo decennio) l'uso di una Quiescenza
per aprire un movin1ento sembra essere associato alle esposizioni di movimen-
ti pastorali di ampio respiro, e forse le indicazioni di esecuzione di Leduc come
dolce e cantabile confermano questo collegamento.
Fu a Vienna che la Quiescenza divenne così comune da sembrare quasi un
cliché. I quartetti d'archi di Johann Vanhal, ad esempio, mostrano una rapida
evoluzione verso la forma stereotipata di questo schema. Durante la sua assen-
za da Vienna per un tour in Italia dal 1769 al 1771, V anhal scrisse una serie di
sei quartetti che furono pubblicati a Parigi nel 1771, lo stesso anno del prece-
dente esempio di Leduc. Le battute conclusive del primo e dell'ultimo movi-
mento del suo quartetto in Fa maggiore (F6 nel catalogo Bryan) contengono
due Quiescenze all' antica:3

QUIESCENZA Ql ii ESCE Z

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Es. 13.11- Vanhal, Quartetto in Fa maggiore (F6),


mov. r, [Allegro moderato] (Parigi, 1771)

Q l Jl ES "ENZ Q l l iE. C ENZA


o q& ~t)0 q t) q& b&@q& o

CD CD CD CD CDCD CD CD
Es. 13.12- Vanhal, Quartetto in Fa maggiore (F6),
mov. 3, Presto (Parigi, 1771)

Cosl com'era d'abitudine a Parigi, un trillo sul @ seguito .da un <D ripetuto al
basso segnalano l'inizio delle Quiescenze all'antica di Vanhal. L 'esempio 13.11
3Bryan , P. , ]ohann W anhal, Viennese Symphonist: His Lz/e, H is Symphonies, and His
Musical Environment, Pendragon, Stuyvesant (New York) I997·
13. La Quiescenza 211

presenta la cliade b8-<D alla voce di contralto invece che alla melodia, e tanto
questo quanto il passaggio molto simile mostrato nell'esempio 13.12 sono inso-
liti nel far precedere il b8 dal q8. Si potrebbe dire che Vanhal comprendesse
la funzione e il posizionamento dello schema ma che fosse insicuro o che stes-
se sperimentando con i dettagli della norma.
Nel corso dei due anni successivi, Vanhal sembra aver raggiunto una matu-
ra comprensione della Quiescenza, attraverso un reale studio o semplicemen-
te grazie alla maggiore esperienza e ai viaggi. N el 1773 com pose quello che
divenne uno dei suoi quartetti più famosi (c r), nel quale, alla fine del primo
movimento, inserisce un 'ampia, fluida Quiescenza, che assomiglia agli esem-
plari diatonici di L 'Abbé le Fils e Gaviniés:
Q llll·.k CE ZA Q tJIFS "'ENZ
r------------~--------------------------------~ ---------~---------------------

PRIN"JL:R
o •

Es. 13.13- Vanhal, Quartetto in Do maggiore (c r), mov. r, Allegro (1773)

Si noti che la melodia ascendente fò-0 -8 -0 si è spostata al contralto, lascian-


do al soprano - il primo violino - il commento melodico, incluso un breve
Prinner melodico finale. TI requiem di Gossec (es. 13.6) ci ha fornito un model-
lo parigino precedente non solo per la disposizione delle voci, ma anche per la
placida atmosfera. Per il movimento lento di questo quartetto, Vanhal fornisce
una Quiescenza nel modo nunore con il normale accoppiamento delle succes-
sioni ~8- 0 e q8 -0 , modificando la voce del tenore in mi q-fa e re-mib:
Ql fl ESCE1 ZA Q lli E .
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69

CD CD
Es. 13.14- V anhal, Quartetto in Do maggiore (c r), mov. 3, Adagio (1773)
212 La musica nello stile galante

Le forme mature di Quiescenza rimasero un caposaldo del repertorio di V an-


hai. Come ultimo esempio del suo stile, osserviamo un quartetto in Sol mag-
giore scritto intorno al 1780 (G 8). La 'proposta' b8 -0 della Quiescenza è dol-
cemente enunciata dal secondo violino e la (risposta' q8 -0 è cortesemente
fornita dal fiorito commento melodico del primo violino:

Ql lli:S "'FNZA Qlli FSCENZ


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CD CD CD CD
Es. 13.15- Vanhal, Quartetto in Sol maggiore (G 8), mov. 4, Adagio (1780)

Il modo di Vanhal di trattare la Quiescenza è abbastanza rappresentativo della


scena viennese. Per un confronto possiamo rivolgerei a un protégé di G luck,
Antonio Salieri, che fu nominato compositore di corte dagli Asburgo nel 1774,
l'anno dopo la pubblicazione del popolare quartetto in Do maggiore di Van-
hai. Nel primo anno del suo nuovo incarico, Salieri scrisse una deliziosa Quie-
scenza a conclusione del movimento lento di un doppio concerto per flauto e
oboe in Do maggiore (es. 3.16). I due solisti danno il segnale per la fine della
loro cadenza con un doppio trillo sul @ e sul 8 , dopodiché essi tacciono men-
tre gli archi presentano la Quiescenza con i violoncelli che propongono il b8-
<D e i secondi violini che rispondono con il ~ 8 -0 , a sostegno della melodia dei
primi violini. Una catena di Cadute Finali, rallentando gradualmente come un
vecchio orologio, porta a conclusione il movimento:

(Jllli \ CEt ZA

...
CD CDCD CD CD CD CD
Es. 13.16- Salieri, Concerto doppio in Do maggiore, mov. 2, Andante (1774)
13. La Quiescenza 213

D ieci anni prima, nel 1763, air


età di sette anni Mozart raggiungeva Parigi nel
suo tour di ban1bino prodigio. In una composizione copiata dalla n1ano di suo
padre (e pubblicata in seguito a Parigi come parte della sua op. 2), Mozart
scrisse la sua prima inconfondibile Quiescenza:

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Es. 13.17 - Mozart, Sonata K 8, mov. I, Allegro (1763)

D piccolo Mozart aveva già scritto molti brevi pezzi, ma le sue sonate parigine
op. 2, scritte per tastiera con una parte per violino non obbligato, furono le sue
prime composizioni abbastanza lunghe da consentire la funzione di coda della
Quiescenza. Vi è tutto ciò che ci si può aspettare da una Quiescenza: la melo-
dia bfì-0 - qfì-0 , un pedale di tonica, le sonorità necessarie, una doppia pre-
sentazione e il suo posizionamento dopo una cadenza principale. La figura di
suo padre, Leopold, aleggia abbondantemente in questi lavori, ma altri mano-
scritti del figlio dello stesso periodo suggeriscono che il giovane Mozart com-
prendesse gia da solo la Quiescenza.
Mozart adottò la Quiescenza per i suoi lavori successivi, di cui sono rappre-
sentative le sue sonate per tastiera più mature. Una serie di sei sonate fu scrit-·
ta a Monaco di Baviera alJ>inizio del 1775, forse con l'intento di fare colpo sul
primo violino Christian Cannabich (173I-1798), che era stato allievo diJommelli
a Roma. n rondò finale della sua sonata in Sib maggiore (K I89f; es. 13.!8) pre-
senta due Quiescenze, con il trillo sul 8 che annuncia la fine del primo episo-
dio contrastante del rondò. Lo stesso tipo di Quiescenza semplice e diretta
conclude anche la prima metà del movimento iniziale della sua sonata in Sol
maggiore della stessa serie (K 189h; es. 13.19):
214 La musica nello stile galante

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Es. 13.18 - Mozart, Sonata K 189f, mov. 3, Allegro (1775)

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Es. 13.19 - Mozart, Sonata K 189h, mov. r, Allegro (1775)

Tornato a Parigi nel 1778, Mozart scrisse una sonata in La minore, K 3ood. La
prin1a metà del movimento centrale, in Fa maggiore, termina con una coppia
di Quiescenze in cui, come in altri lavori viennesi coevi, la diade b& -0 è pre-
sente in una voce interna e la risposta q8 -0 è affidata alla melodia. Queste
Quiescenze sono tra le prime che Mozart ha scritto sopra un basso statico.

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Es. 13.20- Mozart, Sonata K 3ood, mov. 2, Andante cantabile (1778)
13. La Quiescenza 215

Buoni esempi dello stile maturo di Mozart possono trovarsi in una sonata in
Sib maggiore scritta tra il 1783 e il 1784 (K 315c). Tutti e tre i movimenti termi-
nano con lo schema in questione. Nella prima Quiescenza alla fine del primo,
solare movimento, Mozart introduce una nota di oscurità con una breve escur-
sione a Sib minore (da notare il reb e il solb contrassegnati con una stella nel-
l' esempio seguente), oscurità, però, dissipata nella seconda Quiescenza, che
abbandona il pedale di tonica e lo sostituisce con un basso cadenzale:
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Es. 13.21- Mozart, Sonata K 315c, mov. 1, Allegro (1783-84)

Questa versione più scura della Quiescenza era insegnata apertamente dal mae-
stro del partimento Stanislao Mattei, contemporaneo di Mozart, con cui proba-
bilmente ebbe contatti a Bologna. 4 TI passo qui citato chiude una sezione salda-
mente in Do maggiore, nonostante l'armatura in chiave di Fa maggiore:

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Es. 13.22- Mattei, dal suo Piccolo basso (Bologna, c. 1780-90)


4Nonostante l'armatura in chiave, la tonalità temporanea precedente questo estratto è Do
maggiore. U partimento è presente in De Nardis, C., Partimenti dei maestri C. Cotumacct~ F.
Durante} ... , Ricordi, Milano c. I900-I9IO, libro 3, n. II.
216 La musica nello stile galante

Padre Mattei, allievo e stretto collaboratore del grande maestro Giovanni Bat-
tista Mattini (r7o6-1784), avrebbe poi avuto come allievi Donizetti e Rossini
nei primi anni del diciannovesimo secolo. Si tratta della stessa epoca della
composizione della sonata "La primavera" per violino e pianoforte di Beetho-
ven (vedi es. 13.23) . Entrambe le sezioni del movimento di Beethoven si con-
cludono con la doppia presentazione di una Quiescen za, preceduta dal segna-
le di un tri1lo sul @ (al pianoforte), in cui si trova l'esatto modello accordale
del partimento di padre Mattei, combinato con la tradizione viennese del
commento melodico fiorito. Ciò che allontana la prima d elle Quiescenze di
Beethoven da quelle dei suoi predecessori è la sua apparente violazione di un
precetto di base della sintassi galante: si deve evitare di far sentire simultanea-
mente entran1be le note di un'importante diade. A battuta 196, ad esempio, il
b8 al pianoforte (mzb 5 ) ancora suona quando il 0 entra sul battere nella parte
del violino (re4 ). Certo, il volume di suono che poteva essere sostenuto sui pia-
noforti antichi era scarso, percio le note del pianoforte si sarebbero quasi
estinte nel momento in cui il violino cambia la nota cruciale dello schema. Il
decadimento del suono sarà stato anche più rapido sugli strumenti suonati da
Mozart e Haydn, eppure è difficile immaginarli comn1ettere una violazione
così palese di una norma musicale galante. Per Beethoven le parti del piano-
forte e del violi11o erano ognuna singolarmente corrette; esse sen1plicen1ente
articolano lo spostamento al secondo evento della Quiescenza (0 ) in momenti
appena differenti.

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(Segue)
13. La Quiescenza 217

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Es. 13.23 -Beethoven, op. 24, "La primavera", mov. r, Allegro (r8o2)

Concediamo a Mozart l'ultima parola sulla Quiescenza. li terzo e ultimo movi-


mento della sua sonata della maturità in SiD maggiore (K 315c) è un lungo
rondò, la cui conclusione presenta due ampie Quiescenze a mo' di epilogo (es.
13.24). Come nel passaggio del concerto doppio di Salieri (es. 13.16) , vi è di

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212

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217
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Es. 13.24- Mozart, Sonata (K 315c), mov. 3, Allegretto grazioso (1783-84)


nuovo un trillo sul 8 seguito da una conclusione sulla tonica; dopodiché la
melodia espone il b8 , ma il collegamento diretto bfì -<D scende alla voce del
tenore, come nell'esempio di Salieri. La melodia infine fornisce la conclusione
qfì-0 , ancora come nell'esempio di Salieri. Un tratto, però, che chiaramente
218 La musica nello stile galante

distingue il Mozart maturo da Salieri è la presentazione simultanea di più di


uno schema. Mozart riesce a inserire un Fenaroli (vedi cap. 16) tra il fJfì-0 e il
~ fì-0 della Quiescenza. TI Fenaroli, uno schema spesso usato per aumentare
la spinta in avanti del discorso musicale, ha qui l'effetto di accelerare il ritmo
armonico. Mentre la Quiescenza in questo esempio cambia accordo a ogni bat-
tuta, il Fenaroli incastonatovi alterna accordi di tonica e dominante a ogni
semiminima. Mozart sembra piacesse questa sorta di scrittura, e alcuni esperti
del suo tempo di sicuro trovarono questo effetto stimolante; la complessità
non incontrava però il gusto di tutti. Ritorneremo su questo problema e più in
generale sullo stile maturo di Mozart nei capitoli 26 e 30. il capitolo 25 mostre-
ra come la propensione verso una ars combinatoria musicale era evidente anche
nei suoi primi lavori.
14
li Ponte
Se<::ondo Riepel, la parola italiana 'monte' indicava "una montagna da scalare",
'fonte', "un pozzo dentro cui calarsi" e 'ponte', appunto, "un ponte da attra-
versare" . 1 Abbiamo già discusso il profilo ascendente del Monte nel capitolo 7
e il profilo discendente della Fonte nel capitolo 4· In questo capitolo discute-
remo delle diverse interpretazioni di Riepel della funzione di ponte svolta dal-
l' omonimo schema.
L'archetipo del Ponte secondo Riepel, così come il Monte e la Fonte, può
ritrovarsi immediatamente dopo la doppia barra in un minuetto, ossia alla
nona battuta nei molti esempi di minuetto di Riepel. Come abbiamo già visto
in precedenza, egli presenta solo una melodia per il suo prototipo:
9

Es. I4.I - Riepel, una melodia di Ponte che inizia


alla battuta 9 di un minuetto (I755)

Alle battute 9 e ro questa melodia mette in evidenza le note della triade di


dominante di Do maggiore (o della triade di tonica di Sol maggiore). Le
appoggiature discendenti a battuta II aiutano la melodia a scendere dal 8
acuto (re5 ) fino al 0-~ (/a 4-mz'4 ) di battuta 12, terminando con una piccola
cadenza nella tonalità d'impianto di Do maggiore.
Questa melodia può essere accompagnata da una grande varietà di bassi.
Infatti, il fine ultimo delle frequenti ed estese dimostrazioni di Riepel dell' ars
combinatoria - ossia l'apparentemente infinita variazione e ricombinazione di
modelli preesistenti - era di riaffermare il motto che faceva stampare alla fine
di ogni suo libro: "La musica è un mare inesauribile" .2 Di tutti gli innumere-
voli bassi possibili io offro il seguente, scritto in note piccole per ricordare che
non è originale di Riepel. Benché rappresenti solo una delle molte possibilità,
questo basso è molto vicino alla versione standard presentata in molti minuet-
ti galanti:
1 Riepel, J., An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Siimtliche Schrz/ten zur Musiktheo-
rie, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli., Bohlau, Wien r996, cap. 2, p. 44; << Monte, Berg zum
hinaufsteigen. Fonte, Brunn zum hinabsteigen. Ponte, Brucke zum hiniibergehen" (il corsivo
è di Riepel) .
2 , An/angsgrunde, cap. r, p. 79: "Musik ist ein unerschopliches Meer".
220 La musica nello stile galante

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Es. 14.2 - Prototipo di Riepel per la melodia


di Ponte, con un possibile basso

Sotto il pentagramma, due diverse annotazioni alludono alla progressiva tra-


sformazione del significato del basso da G) nel precedente contesto di Sol
maggiore, a ® nel contesto successivo di Do maggiore. Lo stesso cambio di
orientamento tonale è implicito nella voce superiore. Una n1odulazione di que-
sto tipo e implicita piuttosto che esplicita, e dipende quasi interamente dal-
l' esperienza e dalle aspettative dell'uditore. Una volta padroneggiati gli schemi
di base del Monte, della Fonte e del Ponte, l'allievo di Riepel si propone di ci-
mentarsi nell' ars combinatoria. Lo studente inizia esplorando variazioni del
Monte e della Fonte. Dopodiché annuncia il suo intento "di giocare un po' an-
che con il Ponte" .3 li risultato è una serie di dodici esempi melodici, che pre-
sento in combinazione con il loro basso ipotetico e con annotazioni sulle rela-
tive caratteristiche p eculiari. Lo studente propone la seguente melodia come
prima variazione del Ponte:

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Es. 14.3 - Prima variante di Ponte dello studente

Al posto delle triadi melodiche ascendenti del prototipo, lo studente stabilisce


un asse melodico sul r e5 , il quale è verosimilmente percepito all'inizio come ~
in Sol maggiore e poi come @ in Do maggiore. Egli sposta anche il ritmo armo-
nico dell'ultima battuta del prototipo (un forte accordo di dominante sul bat-
tere seguito da un debole accordo di tonica sul terzo tempo) alle battu te 10 e
II di questo suo nuovo Ponte.

3 , An/angsgrunde, cap. 2, p. 46: "Ich will das Ponte auch ein wenig herwn wenden" .
14. Il Ponte 221

Ricontrollando la prima variante, lo studente osserva che per evitare di avere


due cadenze alla dominante ((una dopo l' altra" 4 (di cui la prima sarebbe la
cadenza che precede immediatamente la doppia barra), concluderà il suo
secondo Ponte con una cadenza alla tonica:
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Es. I4-4 - Seconda variante di Ponte dello studente

Come si può vedere, il Prinner svolge bene il suo compito, fornendo un


debole accordo di tonica sull'ultimo tempo delle battute II e I2. Lo studente
dichiara questo esempio "altrettanto buono" 5 e procede subito scrivendo un
terzo Ponte:

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5 ~
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Es. I4. 5 - Terza variante di Ponte dello studente

Le battute 9 e IO sono identiche a quelle dell'esempio precedente. A battuta II,


però, il precedente salto n1elodico di quinta è stato ampliato fino all'ottava, da
cui una discesa per gradi conduce a una cadenza in Sol maggiore. V aiutando la
sua terza variante di Ponte, lo studente ammette che questa "non è affatto
buona come la precedente" .6
A questo punto del dialogo il maestro interviene per lodare i tentativi del
suo allievo. Lo studente, lusingato e incoraggiato, risponde con altri nove Pon-
ti. Si badi bene che il concetto di Riepel di 'Ponte' diventa sempre più confuso
con ogni nuovo esempio. La prima nuova frase dello studente, la quarta nel-
l' ordine, inizia con la stessa enfasi sul re5 ripetuto:
4
5 --
An/angsgriinde,
, cap. 2, p. 46.
__ , An/angsgriinde, cap. 2 , p. 47: "Auch gut".
6 , An/angsgriinde, cap. 2, p. 47: ''Lang nicht so gut wie das vorige".
222 La musica nello stile galante

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c.

Es. 14.6 - Quarta variante di Ponte dello studente

Sono però cambiate due importanti caratteristiche. Una è la forma: le due metà
del Ponte ora si assomigliano, come indicato dalle due parentesi orizzontali.
L'altra è il ritmo arn1onico: è più lento, con intere battute deboli sulla tonica
al posto di tempi deboli sulla tonica. Inoltre, queste due modifiche permetto-
no a una voce interna di ripetere il ® come pedale interno, il che avvicina
molto il quarto Ponte dello studente allo schema detto F enaroli (vedi cap. r6).
Senza entrare ora nei dettagli del Fenaroli, l'effetto generale di tale schema è
quello di un'ascesa sequenziale, di solito in imitazione a canone. Lo studente
di Riepel sembra aver in mente queUa tradizione quando procede nel compor-
re il suo quinto e sesto Ponte.
Nel quinto Ponte la seconda metà della melodia è un'esatta trasposizione
della prima metà, il che consentirebbe di formare un canone tra le voci di
soprano e contralto. Di nuovo, nel trattato è fornita solo la melodia; le parti di
basso e contralto sono mie ricostruzioni di una tipica scrittura galante:

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14.7 - Quinta variante di Ponte dello studente

ll quinto Ponte crea una forte aspettativa di un'ascesa di terza ogni due battu-
te. Ossia, il @ deUa melodia a battuta 9 (letto in Do maggiore) porta al O di
battuta II, che implica decisamenrte un CD a battuta 13. n proseguimento dello
studente (es. 14.8) conferma quella implicazione e sale fino al do 6 un'ottava
sopra prima di scendere alla cadenza finale in Do maggiore del minuetto:

0• o
9


14 .8 - Continuazione melodica della quinta variante di Ponte dello studente
14. Il Ponte 223

Il sesto Ponte dello studente, con la sua serie di tre note legate, ha un aspetto
piuttosto diverso dalle due varianti precedenti. Ciò nonostante è costruito
sullo stesso modello:

14.9 - Sesta variante di Ponte dello studente

Il sesto Ponte conduce esattamente alla stessa continuazione e alla stessa ca-
denza mostrata prima per il quinto Ponte. Mentre, però, il quinto Ponte del-
lo studente aveva una sequenza ascendente di moduli di due battute, il sesto
ha una sequenza di n1oduli di una battuta. L'esplicito ritardo delle note lega--
te e l'ancora più ovvia e concreta sequenza ascendente suggeriscono una sor-
ta di stile musicale ecclesiastico.
Riepel, cotne autore, fa proporre al suo studente immaginario sempre
nuovi esempi di Ponte. Immaginando tali nuovi stili, è possibile che Riepel
avesse bisogno di pensare oltre lo stile cameristico dei suoi minuetti. Se alla
precedente melodia si aggiungono un basso simile a quelli utilizzati per il
quarto e il quinto Ponte, un esplicito pedale interno sul ® alla voce di teno-
re e una serie di ritardi 2-3 determinati da una voce di contralto ascendente
in sequenza (un passaggio corelliano a "salto della rana") , la risultante scrit-
tura a quattro parti non sarebbe fuori luogo in una messa o un mottetto di
un qualsiasi maestro di cappella galante (es. 14.10):

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14.10 - La sesta variante di Ponte dello studente


disposta in stile ecclesiastico

Avendo forse esaurito temporaneamente le possibilità del Ponte in stile Fena-


roli, lo studente va avanti con ulteriori combinazioni. Per il suo settimo tenta-
tivo, egli fa seguire al suo iniziale re5 ripetuto una versione alla tonica di battu-
ta 10 riadattata dal prototipo del suo insegnante, proseguendo poi con un altro
Prinner:
224 La musica nello stile galante

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14.11 - Settima variante di Ponte dello studente

Per il suo ottavo Ponte, ritorna all'idea di un modulo di due battute:

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14.12 - Ottava variante di Ponte dello studente

Invece, però, di alternare singole battute, una con un'armonia di dominante e


una eli tonica, scrive due battute con un'armonia principale di dominante
seguite da due battute con un'armonia principale di tonica. Si noti che ora le
battute rr e 12 sono solo un tono sopra le battute 9 e 10.
Un movimento melodico triadico su un'armonia di dominante era una ca-
ratteristica importante del prototipo dell'insegnante (esempio 14.1). Lo studen-
te s_i serv~ di_quest'idea ~er il suo nono Ponte, 1:na inv~~e di ~omin~iare sul sol1,
egli com1nc1a sul preferito re5 , come ha fatto 1n tutt11 suoi Ponu precedenti.
Inoltre lo studente reintroduce la Caduta del @ Acuto del prototipo e la con-
seguente Virgola:

VIRGOLA
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14.13 - Nona variante di Ponte dello studente
14. Il Ponte 225

n pedale sul ® sottinteso al basso del prototipo (es. 14.2) potrebbe essere im-
piegato altrettanto bene per il nono Ponte, rafforzando ulteriormente la stretta
relazione dell'esempio con il modello del maestro.
Lo studente interviene poi dicendo di poter variare il precedente Ponte in
modo da concludere con una cadenza sospesa, ''a seconda che provochi piace-
n
re o dispiacere all'orecchio" .7 risultato è il suo decimo Ponte:


CAD. SOSP.
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14.14- Decima variante eli Ponte dello studente

A questo fa seguire un undicesimo Ponte che conserva la cadenza sospesa (in

senta un Do-Re-Mi in apertura (in Sol maggiore), e ricalca fedelmente a scala


ascendente di otto note della seconda battuta del modello del maestro (vedi
es. 14.15) . In effetti, se si equiparano il Do-Re-Mi in quanto primi tre gradi
della scala con il Do-Mi-Sol in quanto primi tre 'gradi' della triade, le prime
tre battute di questo Ponte risultano una copia molto fedele del prototipo del
maestro.
CAD. SOSP.
VIRGOLA
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Es. 14.15 - Undicesima variante di Ponte dello studente

TI dodicesimo Ponte dello studente inizia ancora più in alto, sul si5 , mantenen-
do gli echi di un Do-Re-Mi d'apertura, ma anticipa a battuta ro la Caduta del
@ Acuto e termina con un Prinner:

7 , An/angsgrunde, cap. 2, p. 48: "Sofem es das Gehor leidet, oder erfordert".


226 La musica nello stile galante

CAD. SOSP.
VIRGOLA

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Es. 14.16 - Dodicesima variante di Ponte dello studente

A questo punto il maestro grida "Basta! ("Hore doch auf! ") .8 Lo studente, im-
passibile, si offre di scrivere alcuni cattivi esempi in modo da dimostrare la sua
abilità nel distinguere il buono dal cattivo. Prima compaiono cattivi Monti e
cattive Fonti, segue poi un cattivo Ponte. Gli esempi sembrano essere giudica-
ti principalmente in base alla ripetizione, a battuta 12, della cadenza in Sol che
concludeva la prima metà del minuetto, che secondo Riepel è un errore. Ecco
il 'cattivo' Ponte, il cui inizio è preso dal nono Ponte dello studente e la cui fi-
ne è presa dal primo:
9

3
Es. 14.17 - li 'cattivo' Ponte dello studente

Dopo questo deprecabile Ponte, lo studente propone un esempio che sembra


"abbastanza buono, nonostante il fatto che non appartenga né al Monte, né
alla Fonte, né al Ponte" :9
FONTE ?
• •
mznore maggzore
r
9
• •

Es. 14.18 - La melodia che lo studente non attribuisce


né al Monte, né alla Fonte, né al Ponte

Quando per la prima volta ho letto questo passaggio e ho visto l'esempio, mi


aspettavo che Riepel, tramite il personaggio del maestro, interrompesse e cor-
8 , A n/angsgrunde, cap. 2 , p . 48.
9 , An/angsgrunde, cap. 2 , p. 49: "Ungeachtet es weder zu Monte, noch zu Fonte und
Ponte gehort".
14. Il Ponte 227

reggesse lo studente. Ho pensato che avrebbe detto allo studente: "Il tuo
esempio inizia nella tonalita d'impianto ma prosegue presentando una perfetta
Fonte". Riepel invece non interviene. Al contrario, all'allievo è permesso di
rinforzare la sua asserzione mostrando come i tre modelli cardinali del maestro
dovrebbero dare propriamente inizio alla seconda metà di un minuetto. Si no-
ti che, per un Ponte appropriato, lo studente ritorna all'ascesa del prototipo
attraverso le note della triade di dominante:

PONT E
8

Es. 14.19- I prototipi dello studente per iniziare


un Monte, una Fonte e un Ponte

Lo studente prosegue dimostrando che anche l'introduzione di abbellimenti


(es. 14.20) non mina la correttezza dell'inizio di ogni modello. Per il Ponte
vediamo un 'ulteriore accentuazione sulle note della triade di dominante.

Es. 14.20- Gli inizi dello studente per un Monte,


una Fonte e un Ponte elaborati

La questione va avanti per diverse pagine di dialogo. Quando lo studente torna


nuovamente al Ponte, ne scrive uno che è quasi una copia esatta del tema ini-
ziale del minuetto originale, trasposto alla tonalità della dominante:

9
o

Es. 14.21 - li nuovo Ponte dello studente

Alle battute 10 e 11 questo Ponte ha in comune con molti esempi di "Fenaroli ''
dello studente un'alternanza tra accordi forti di dominante e accordi deboli di
tonica. Quegli esempi precedenti, però, non includevano un/a# melodico, e le
loro frasi, non esplicitamente in' Sol, al contrario erano forse (sul sol'. Sarebbe
228 La musica nello stile galante

a dire che essi iniziavano con un accordo sul sol in ciò che poi diventava velo-
cemente il contesto della tonalita di Do maggiore, mentre il nostro esempio
rinforza il senso della tonalità di Sol maggiore. Ci si domanda che cosa ne è
stato della funzione di 'ponte'.
In una successiva sezione sull'espansione delle frasi, lo studente ritorna an-
cora una volta quasi a una copia del prototipo del suo maestro come punto di
partenza:
9

Es. 14 .22 - li modello dello studente per un Ponte espandibile

Poi espande questa frase attraverso una combinazione di estensioni, ripetizio-


• • • • •
• •
ru, vartaztont e tnserztont:

9
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PONTE MODELLO
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Es. 14.23- n Ponte espanso dello studente


Le battute 9 ero sono rimaste inalterate rispetto al modello (cfr. es. 14.22) . La
battuta II estende il moto ascendente di battuta ro e conduce a una ripetizio-
ne di battuta Io a battuta 12. Un'ul teriore estensione verso l'acuto a battuta I3
conduce a una cadenza sospesa a battuta 14. Dopo una breve pausa, lo stu-
dente inizia nuovamente con un Ponte di tipo Fenaroli come quelli che aveva
sviluppato nei suoi primi esercizi di Ponte. Ripete le battute 15-I6 alle battute
I7-18 e infine termina con la stessa Caduta del e Acuto che aveva concluso il
suo modello. L'espansione ed estensione restano in Do maggiore, non in Sol

maggtore.
Molto più avanti nel corso dello stesso trattato, la relazione tra Ponte e tona-
lità subisce un'ulteriore svolta quando il personaggio del maestro identifica la
seguente frase come Ponte:
14. Il Ponte 229

Es. 14.24 - Il Ponte del maestro in un Andante in modo minore

Lo studente, perplesso, afferma che questo Ponte sembra "preso in prestito


dal Do maggiore" ,10 e il maestro gli dà ragione. La frase inizia la seconda metà
di un piccolo Andante in La minore. Nella prima n1eta, il movimento modula
da La minore a Do maggiore. Il Ponte, che comincia con la sua caratteristica
triade ascendente, potrebbe in effetti creare il collegamento per tornare dalla
tonalità di Do maggiore alla tonalità d'impianto di La minore. L'aggiunta di
una voce di basso (es. 14.25) può aiutare a chiarire come sarebbe stata possibi-
le una tale modulazione.

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Es. 14.25 - Armonizzazione del Ponte in modo m inore del maestro

Riepel, purtroppo, non chiarisce come egli o i personaggi del suo dialogo in-
tendessero questo passaggio. Se non avesse inteso alcuna modulazione, allora
sarebbe in dubbio ancora una volta la funzione del Ponte come collegamento
tra tonalità.
Considerati in gruppo, i numerosi esempi del Ponte di Riepel sembrano
rappresentare due principi, a volte in conflitto l'uno con l'altro. Da una
parte, egli presenta l'idea astratta di un ponte che collega due tonalità. La
prima tonalita si ha appena prima la doppia barra (effettivamente presente o
sottintesa), e la seconda tonalità ritorna a un certo punto durante o immedia-
tamente dopo il Ponte. In questo senso il Ponte di per sé non possiede alcu-
na tonalità, o struttura, intrinseca e non ha necessariamente una struttura.
Che un dato Ponte si trovi nella o sulla dominante è una questione irrilevan-
te purché sia conservata la sua funzione di collegan1ento. D 'altra parte, la
grande maggioranza degli esempi di Ponte di Riepel accentua fortemente la
triade o l'accordo di settima di dominante della tonalità d'impianto, spesso
con un movimento ascendente. Ciò è vero in particolar modo nelle battute
iniziali.
Quando, nel trattato successivo della serie, Riepel inizia ricordando allo
10 _ _ , An/angsgrunde, cap. 2, p. 123: "Aus der Tonart C entlehnet".
23 O La must"ca nello sttle galante

studente i tre modelli principali, presenta un Ponte che ritorna al prototipo


sulle note della triade o all'accordo di settima di dominante. Egli, pero, in-
troduce anche una cadenza simile alla Convergente che, sebbene prossima
agli esempi dello studente che terminavano con un Prinner, è unica fra i
Ponti di Riepel. Ho aggiunto un basso per mettere in chiaro la cadenza Con-
vergente:

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Es. 14.26- TI Ponte del maestro, in un capitolo successivo

Si ha l'impressione che, data l'inventiva "inesauribile" di Riepel, ogni nuova


presentazione del Ponte potrebbe includere qualche nuova caratteristica o re-
lazione. Quando Riepel si avventura nel suo capitolo sulla composizione
"d'inganno", 11 persino gli schemi in apparenza più stabili della Fonte e del
Monte iniziano a dissolversi in un ampio mare di variazioni e trasformazioni.
A volte, sembra che tutto ciò che rimane di uno schema sia un gesto o l' ac-
cenno a w1 incipit caratteristico. Di certo questa osservazione non è priva di
importanza per comprendere la musica galante e le categorizzazioni di uno
dei suoi attivi praticanti. La creazione di aspettative musicali era cruciale, fos-
sero o no tali aspettative soddisfatte, frustrate, rimandate o respinte in accor-
do con le strategie artistiche che variavano considerevolmente tra i diversi
ambienti e contesti. Eppure piuttosto che seguire Riepel verso i lontani lidi
della dissoluzione degli schemi, esclamiamo anche noi "Basta!" e andiamo a
esaminare due ristretti repertori alla ricerca di altri dati empirici sui "tremo-
delli cardinali" di Riepel.

Due repertori

Per la posizione che segue la doppia barra in un minuetto o in un movimento


sitnile, quanto è conforme alla reale prassi settecentesca l'indicazione di Riepel
di una triplice scelta tra Monte, Fonte o Ponte? Per valutare la questione
rispetto alla prima metà del diciottesimo secolo possiamo rivolgerei al nostro
uomo qualunque galante: Wenceslaus Wodiczka. Come detto nel capitolo 4,
vi sono cinque movimenti di n1inuetto distribuiti tra le sue sei sonate op. 1.
11 _ _, Anfangsgrunde, cap. 4 passim.
14. Il Ponte 231

Adottiamoli dunque come campione statistico per la fine degli anni '30 del
secolo.
TI primo minuetto si apre nella tonalità di Do maggiore, poi modula a Sol
maggiore giungendovi a battuta 8, esattamente come nel modello di minuetto
di Riepel. A battuta 9, dopo la doppia barra, Wodiczka inserisce una chiara
Fonte di quattro battute:
• •
• mznore maggzore
l'
9

Es. 14.27- Wodiczka, op. r, n. 2, mov. 3, Menuetto (Parigi, 1739)

Sono presenti tutte le caratteristiche della comune Fonte: l'inizio in Re mino-


re, seguito dalJo stesso passaggio ''un grado sotto" in Do maggiore; le di adi
melodiche 0- ~ , il sostegno di due bassi 0-CD e infine la scansione delle diadi,
caratteristica del minuetto, a cavallo dei deboli confini 1netrici tra il secondo e
il terzo movimento della battuta.
La sua terza sonata contiene due minuetti, uno in modo maggiore e uno in
modo minore. Il primo comincia con la tonalità di Sol maggiore e poi modula
a Re maggiore giungendo a battuta 8. A battuta 9, dopo la doppia barra,
Wodiczka inserisce un chiaro Monte di quattro battute:

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Es. 14.28- Wodiczka, op. I, n. 3, mov. 3, Menuetto I (1739)

Si noti che questo Monte, con i due centri tonali temporanei su Do maggiore
e Re maggiore, sta evidenziando il IV e V grado della tonalità d'impianto Sol
maggiore, e non di quella immediatamente precedente, il Re.
23 2 La musica nello stile galante

n secondo di questa coppia di minuetti comincia nella tonalità del relativo


minore (Mi minore) e poi modula a Sol maggiore giungendovi a battuta 8. A
battuta 9, dopo la doppia barra, Wodiczka inserisce una Fonte estesa di otto
battute:
• •
mznore maggzore
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Es. 14.29 -
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Wodiczka, op. I, n. 3, mov. 3, Menuetto II (I739)

I due centri tonali, prima minore poi maggiore, della Fonte sono in relazione
con la 'seconda' tonalità di Sol maggiore, non con quella d'impianto di Mi
minore; o come direbbe lo studente di Riepel, la Fonte è "presa in prestito"
dal modo maggiore. t-
Nella quinta sonata di Wodiczka, un minuetto comincia in La 1naggiore e
poi modula a Mi maggiore giungendovi a battuta 8. A battuta 9, dopo la dop-
pia barra, Wodiczka inserisce una chiara Fonte di quattro battute che ritorna
a La maggiore:

• .
mznore maggzore

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Es. I4.30- Wodiczka, op. I, n. 5, mov. 4, Menuetto (I739)

Nella sua ultima sonata, un minuetto comincia in Fa maggiore e poi modula a


Do maggiore giungendovi a battuta 8. A battuta 9, dopo la doppia barra,
Wodiczka inserisce ciò che credo sarebbe stato definito da Riepel un Ponte.
Come l'ottavo Ponte dello studente, questa frase inizia con una nota melodica
iniziale ripetuta che rappresenta il ~ nella tonalità precedente e il @ in quella
d'impianto:
14. Il Ponte 233

--Do m.aggiore Fa maggiore - -


Fa: @
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Es. 14.31- Wodiczka, op. I, n. 6, mov. 3, Menuetto (1739)

La melodia dell'esempio 14.31 comincia facendo sentire tutte le note della triade
di dominante, presenta due battute con un'armonia principalmente di domi-
nante seguite da due battute con un'armonia principalmente di tonica, e forma
un ponte tra la tonalita precedente di Do maggiore e la successiva tonalità d 'im-
pianto di Fa maggiore. Benché vi sia un po' di distanza dal prototipo di Riepel,
questo Ponte sembrerebbe attenersi alle prescrizioni generali di Riepel; perciò
le scelte operate da Wodiczka confermano l'utilità del 'triplice esempio' di Rie-
pel. Inoltre, l'uso che ne fa Wodiczka fornisce una statistica generale accettabile
della relativa frequenza di questi schemi in quel particolare contesto: vi sono tre
Fonti, un Monte e un Ponte. Le frasi di W odiczka confermano anche la regola
di Riepel per cui un Monte, una Fonte o un Ponte, in un movimento in modo
minore che tnodula al relativo maggiore prima della doppia barra, debbano fa-
re riferimento al centro tonale della tonalità relativa maggiore. Ciò è in contra-
sto con quanto accade nei movimenti in modo maggiore, dove questi schemi si
riferiscono al centro tonale d 'impianto del movimento. Nella musica galante, il
modo 'maggiore' divenne la norma e il punto di riferin1ento.
Per valutare la situazione nella seconda metà del diciottesimo secolo dovrem-
ll10 forse prendere in considerazione la produzione di un compositore più ma-
turo e cosn1opolita. In una lettera al barone d'Hern1enches, Isabelle de Charriè-
re domandava al suo segreto corrispondente maschile di procurarle un po' di
musjca: "Ciò che amo specialmente sono i raffinati trii e quartetti nello stile di
Campioni e Pugnani" .12 Perfino oggi questi lavori possono essere difficili da
trovare. Gaetano Pugnani (1731-1798) però, importante allievo di Somis che di-
venne famoso sia a Parigi sia a Londra scrisse in effetti una serie di sonate per
violino tra la fine degli anni '6o e i primi anni '7o del secolo che sono state ri-
stan1pate· esse contengono un certo numero di movimenti che hanno forma e
stile di minuetto (anche se intitolati Amoroso o Andante esprezzo).
12 Charrière, I. de, Une Liaison dangereuse: Correspondance avec Constant d'Hermenches)
1760-1776, a cura di Isabelle Vissière eJean-Louis Vissière, Éditions de la Différence, P aris
1991, dalia lettera del 9-10 luglio 1764: ''Ce que j'aime surtout ce sont les beaux trios ou quar-
tetti dans le gout de Campioni et de Pugnani,.
234 La musica nello sttle galante

N ella seconda sonata di Pugnani, un Amoroso comincia in Do maggiore e vi


ritnane fino a battuta 8. A battuta 9, dopo la doppia barra, Pugnani inserisce
un chiaro Prinner di quattro battute con una Caduta del @ Acuto:

- - ~ 11#- ~ '----! '---t-1~'--ti------1-. :- -


~'l: -3- .. .. 1--- - 1 - -- t - - - - + - + - -t--t--t---t---·~~--_,.,._-;-.,
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· --------~~~--~---·+----+----H---~~~
(4
-
Es. 14.32- Pugnani, op. 8, n. 2, mov. 3, Amoroso (Amsterdam, c. 1771-74)

Può un Prinner modulante essere considerato un Ponte? La frase presenta una


vaga somiglianza col prototipo di Ponte di Riepel, anche se i Ponti dello stu-
dente contenevano in effetti dei piccoli Prinner.l 3 Eppure questo Prinner
modulante funziona da ponte dal precedente Do maggiore al successivo Sol
maggiore. Di certo, l'eventualità di una prima metà di un movimento che non
moduli non è mai stata presa in considerazione da Riepel.
Nella terza sonata di Pugnani (es. 14.33) , un Amoroso comincia in Re mag-
giore e poi n1odula a La maggiore giungendovi a battuta 16. A battuta 17, dopo
la doppia barra, Pugnani inserisce due esposizioni di quattro battute di un
Ponte, di un tipo, però, non specificarnente indicato da Riepel. Le sue due fra-
si sono senza dubbio sull'accordo di dominante di Re maggiore, con un peda-
le percussivo sul ®, un'alternanza di tonica e dominante ogni battuta e una
melodia che scende da 6't a @. Questo Ponte di otto battute si adatta alle di-
mensioni più ampie di questo Amoroso, la cui doppia barra, come già detto,
non arriva prima della fine di battuta r6.

l7

-..'!. ·~-· 1--!


I+H-l_..u._-~_;;,
• ...:...\-olt--~-4-J

Es. 14.33- Pugnani, op. 8, n. 3, mov. 3, Amoroso (c. 1771-74)


13Anche se i Prinner ri corrono in diversi trattati di Riepel, egli non fa mai riferimento né
definisce mai quelli più brevi. Egli definisce quelli più estesi, quelli con un percorso armo-
nico a circolo delle quinte e una catena di ritardi di settilna, "progressioni eli settima"
(Septànegiinge; cap. 4, pp. 1-3), un ternline riservato ai Prinner più lunghi anche se molti altri
tipi di ((progressioni di settima" possono essere rintracciati nello stile galante.
14. Il Ponte 235

Nella quarta sonata di Pugnani (es. 14.34), un Amoroso comincia in Mi maggio-


re e poi modula a Si maggiore gitmgendovi a batt. 8. A batt. 9, dopo la doppia
barra, Pugnani inserisce una Fonte con la tipica melodia discendente 0-~-0-8}:

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Es. 14.34- Pugnani, op. 8, n . 4, mov. 3, Amoroso (c. 1771-74)

La sua quinta sonata (es. 14.35) presenta un Andante esprezzo al posto di un


Amoroso. Il movimento rimane nella tonalità di La maggiore per le prime ven-
tiquattro battute. A battuta 25, dopo la doppia barra, P ugnani inserisce un
Prinner modulante fiorito di quattro battute, completo della fioritura la-sol e
di una estensione ornata della Caduta del fJ Acuto.
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Es. 14.35 - Pugnani, op. 8, n . 5, mov. 3, Andante esprezzo (c. 1771-74)

Nella sua sesta e ultima sonata, Pugnani reinserisce un A moroso. TI movimen-


to comincia in Sib maggiore e poi modula a Fa maggiore giungendovi a battu-
ta II (Riepel avrebbe avuto da obiettare sul numero dispari). A battuta 12, dopo
la doppia barra, Pugnani inserisce una Fonte ermafrodita (si noti il bemolle
nella stella), con un'inversione dei normali ruoli del basso e del soprano:
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Es. 14.36- Pugnani, op. 8, n . 6, mov. 3, A1noroso (c. 1771-74)
23 6 La musica nello stile galante

In questo piccolo repertorio Pugnani non impiega il Monte. In effetti, verso gli
anni '70 del secolo il Monte iniziava a mostrare la sua età, con Riepel e altri che
ne citavano il soprannome forse peggiorativo di (( toppa del calzolaio " (Schu-
ster/leck).14 Pugnani, però, impiega la Fonte nelle sue n1aniere più colorite e
impiega anche il Ponte, almeno una volta. Tuttavia, che si possano o no consi-
derare considerare i Prinner modulanti di Pugnani come Ponti dipende da co-
me si interpreta Riepel. Se si preferisce la nozione di Riepel più astratta di un
ponte, allora questi Prinner hanno effettivamente funzione di ponti tra le tona-
lità; se si preferisce considerare il prototipo di Riepel come la sua vera inten-
zione, allora un Prinner è solo un Prinner e non un Ponte.
Ho deciso di inserire un gran numero di esempi del Ponte non tanto per la
sua importanza intrinseca -normalmente esso ha un ruolo sussidiario - ma
perché mette in luce, nel discorso di Riepel, l incongruenza tra considerare una
frase in termini di ciò che fa, o considerarla in tern1ini di ciò che è, quale che
sia la sua definizione. Come osservavo prima, Riepel- come altri teorici del di-
ciottesimo secolo- aveva difficoltà a concepire le frasi come composte da altri
moduli. Preferiva, poniamo, descrivere una frase come un unico Ponte piutto-
sto che come ((un'ascesa melodica sulle note della triade di dominante seguita
da un riferimento al Fenaroli, e una conclusione con una cadenza alla tonica
tramite una Caduta del @ Acuto". Ciò nonostante, gli esempi di W odiczka e
Pugnani mostrano che, per gran parte del diciottesimo secolo, il triplice esem-
pio di Monte, Fonte e Ponte fornito da Riepel era molto adatto a descrivere la
prassi generale all'interno di uno specifico contesto musicale. Poiché le espe-
rienze di Riepel si concentrarono nella prima parte del diciottesimo secolo,
non sorprende che questi schemi- la sua astrazione di quelle esperienze -si
adattino in qualche modo meglio al precedente Wodiczka che al successivo
Pugnani. Se per il Monte e la Fonte funzione e struttura sono strettamente uni-
te, il Ponte, così come viene descritto dalle voci del maestro e dell' allievo im-
maginari di Riepel, mostra che diverse strutture possono ricoprire lo stesso
ruolo. In linea con lo spirito che informa questo libro io darò la preferenza al-
la struttura, definendo come 'Ponte' quelle frasi che hanno in evidenza un pe-
dale di dominante e le note della triade o dell'accordo di settima di don1inan-
te. Eppure, come vedremo nel prossimo capitolo, in cui Galuppi introduce un
Ponte di tonica, l'accento sulla struttura può a volte semplificare troppo la
14 William Drabkin definisce lo "Schusterfleck" e il suo equivalente italiano, la ((Rosalia",
come '' un nome dispregiativo, preso da un'antica canzone popolare italiana, Rosalia) mia ca-
ra , p er indicare l'identica ripetizione di una melodia un tono sopra, spesso con trasposizio-
ne". Vedi "Rosalia" in The New Grave Dictionary o/ M usic and Musicians, 2 a ed ., a cura di
Stanley adie e J ohn T yrrell, Macmillan , London 2001, vol. 2 1, pp. 681-2. Thomas Chris-
tensen ha fatto notare ch e H. F. M. Langlé (I?4J-I8o?), scrivendo il suo T1'aité de la basse sous
le chant, précédé de toutes les règles de la compositz'on (Madennan, P aris 1799), cita la rosalie
come una musica caratteristica italiana (p. 214). Al posto del movimento ton ale IV-V del
Monte) la Rosalia è caratterizzata da un movin1ento I-II maggiore-minore nelle frasi parallele
iniziali di un tema.
14. Il Ponte 23 7

prassi reale. Tali casi ci aiutano a comprendere il dilemma di Riepel quale


commentatore della prassi galante, e a dar valore alla sua prolissa ma ricca
spiegazione di ciò che egli considerava uno schema di grande importanza. n
suo inventario di Ponti, si creda o no che essi appartengano a un unico sche-
ma, costituisce il più ampio corpus di frasi che siano state categorizzate da un
n
musicista del diciottesimo secolo. fatto poi che fosse un maestro di cappella
che a lungo e con successo ha prestato servizio presso una delle più ricche cor-
ti europee dà alle sue opinioni un peso maggiore.
15
Un Grave sostenuto
di Baldassare Galuppi
Concerto a quattro in Sib maggiore,
mov. r, Venezia, c. 1750-60

Se nel Settecento fossero esistiti i sondaggi, il nome di Baldassare Galuppi


(r7o6-r785) sarebbe comparso fra coloro che erano più di frequente indicati
come ''i più grandi compositori" . Non solo le sue opere e la sua musica sacra
erano straordinariamente popolari, ma egli godeva di grande stima tra i musi-
cisti grazie alla qualità indiscutibilmente alta dei suoi lavori. Per più di quaran-
t'anni le grandi corti europee facevano a gara per assicurarsi i servizi del cele-
brato maestro di cappella di San Marco a Venezia, e ovunque i giovani musi-
cisti studiavano attentamente le sue partiture. Com'è potuto accadere allora
che la musica di Galuppi sia oggi conosciuta soltanto dagli specialisti?
Parte del problema potrebbe essere la mancanza di un'edizione completa
delle opere di Galuppi. Molte delle sue composizioni maggiori esistono solo in
manoscritto. E parte del problema potrebbe essere anche che alcuni dei generi
in cui eccelleva -l'opera seria e i mottetti sacri - erano già all 'epoca eclissati
dai generi più nuovi come la sinfonia e il quartetto d'archi. A mio avviso, però,
il problema centrale è che l'arte di Galuppi, se da una parte appaga l'ascoltato-
re che conosce e apprezza gli schemi galanti, dall'altra delude l'ascoltatore che
cerca un'esperienza più in linea con i valori musicali del Romanticismo. Un ca-
so tipico potrebbe essere il movimento lento iniziale del concerto a quattro in
Sib maggiore. n brano di Galuppi, ancora inedito, deriva da un arcano genere
che precede il quartetto d'archi. Per un ascoltatore impaziente, questa musica
sembra non andare da nessuna parte; ma per l appassionato di musica galante,
essa contiene in abbondanza ciò che Galuppi stesso descriveva come i segni di-
stintivi d eli eccellenza n1usicale: "vaghezza, chiarezza, e buona modu]azione".
Qui cmodulazione' va inteso nell'antico senso di 'scorrevolezza melodica', di
'fluida connessione di schetni e di incedere di eventi musicali' .1
La seguente lista evidenzia un 1novimento di ampio respiro e frequentemen-
te digressivo, caratterizzato dall'impiego di schemi diversi. Questi sono presen -
tati in generale con tale 'chiarezza' che il lettore potrebbe mettere alla prova la
sua conoscenza degli schemi galanti ascoltando prima il movimento senza leg-
gere la partitura fornita di seguito. n tempo molto lento di questo ll10vin1ento lo

1 Scholes, P . A. , a cura di, Charles Burney: An Eighteenth-Century Musical Tour in Fra11ce


and Italy, Oxford University Press, Oxford 1959, p. 134, resoconto eli giovedl r6 agosto 1770.
15. Un Grave sostenuto di Baldassare Galuppt" 239

rende molto lungo all'ascolto anche senza la ripetizione di ogni metà, benché
l'ordine degli schemi sia conforme a quello che si può trovare in un brano bi-
partito. Se si dovesse ripetere ogni metà, la doppia barra andrebbe posta in
prossitnità di battuta 31. li disegno tonale de} ll10Vimento e abbastanza flessibile
e a1lineato con l'antica prassi di toccare la maggior parte dei "tuoni" di un esa-
cordo. Per questa ragione, nella terza colonna della tabella si troveranno i nomi
di tutte e sei le note dell'esacordo di sib: sz'b, do, re, mz'b, fa e sol.

Sezione Schema Tonalità


3
1 metà jMeyer l Si D
Prinner Si D
Fonte Fa m.m Q Mib
Fonte Do mm . G SiD
Prinner modulante SiD q Fa
Fonte Domm . Q Sib
Monte diatonico Sib q Fa
Clausula vera Do
Ponte Fa
Cudworth Fa
Quiescenza diatonica bis Fa
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2
3
metà Quiescenza diatonica bis Sib
Monte Domm. q Re
Ponte Solmm.
Cudworth So.lmin
Clausula vera Fa
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Ponte sulla tonica Sib
Monte l Cadenza Convergente Mib qFa
Fonte Domm . q Sib
Fonte Fa mm
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Monte diatonico Fa c:> Sib
Clausula vera Fa
Ponte Sib
Cudworth d'inganno Si D
Cadenza Mi-Re-Do Sib
=Il

Anche se nel suo insieme questo movimento contiene i più comuni schemi
dello stile galante presentati quasi in modo prototipico, alcuni passaggi sono
,, cuciti su misura ". n fatto che io non abbia posto parentesi o etichette sopra
una battuta o due non significa che quel passaggio sia di valore inferiore; signi-
fica solamente che per una o due battute Galuppi è andato oltre i tipi piu sem-
240 La musica nello stile galante

plici di schema, oppure è tornato a uno stile più contrappuntistico nota-con-


tro-nota, o ha fuso insieme schemi in modo da evitarne una facile categorizza-
zione. li mio scopo non è di sostituire alla tirannia dell'analisi musicale moder-
na una tirannia degli schemi galanti. Non tutto era ((tirato fuori dal baule", e
molti passaggi restano sui generis anche se si ha molta esperienza con questa
musica. Sebbene io creda che il riconoscimento e l'apprezzamento di schemi
comuni fosse parte dell'esperienza estetica del mecenate galante, non mi sen-
tirei mai di affermare che tale esperienza fosse limitata a questo.
La partitura presentata nell'esempio 15.1 è una riduzione e un adattamento
dalla registrazione di un'esecuzione del Quartetto Aglàia. 2 Molti movimenti
lenti galanti, sia in partitura sia in parti strumentali o vocali staccate, visti sulla
carta danno un'impressione di gracilità che è però alquanto fuorviante. La
musica scritta era intesa meramente come un copione in fierz~ da elaborare e
abbellire nel momento in cui veniva eseguito da artisti di talento.

2 Galu.ppi, B., Concerti a quattro 4 due violint~ viola e basso obbligati, Straclivarius, Milano
1993, STR 33316, registrato dal Quartetto Aglàia il 18 maggio, il 24-25 maggio e il 6 giugno I993
presso la Chiesa di S. Maria del Popolo, Vigevano.
15. Un Grave sostenuto di Baldassare Galuppi 241

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15. Un Grave sostenuto di Baldassare Galuppi 243

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244 La musica nello stile galante

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Es. 15.1 - Galuppi, Concerto a quattro in Sil1 maggiore,


mov. 1, Grave sostenuto (c. 1750-60)
16
TI Fenaroli
Due dei primi maestri napoletani dello stile galante, Francesco Durante e
Leonardo Leo, furono considerati, dalle successive generazioni di musicisti ita-
liani, i capostipiti di importanti tradizioni artistiche. L'insegnamento nei con-
servatori napoletani si divideva tradizionalmente in due scuole - quella dei
'durantisti' e quella dei 'leisti' 1 - in base ai diversi approcci all'arte della com-
posizione. Gli studiosi moderni, però, hanno avuto delle difficoltà nel dare
corpo a questa divisione.2 Può darsi che talune distinzioni che erano rilevanti
nel diciottesimo secolo lo fossero solo in ambiti estremamente specifici; ossia,
può darsi che esse rappresentassero opzioni contrastanti su come tnaneggiare
i dettagli di un dato schema.
Nelle sue Sei Sonate per cembalo divise in studii e divertimenti (c. 1747-49),
D urante incluse il seguente canone all'ottava in Do minore:

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Es. r6.1- Durante, Studio n . I, mov. I, batt. I (c. I747)

li canone inizia con un Do-Re-Mi (le parentesi tratteggiate orizzontali indicano


il basso come dux, seguito dal comes del canto); nella seconda metà della quar-
ta battuta, poi, in cui una terza voce entra ribattendo la dominante ®, le due
1 Per un'eccellente introduzione ai fatti e alle leggende di queste tradizioni, vedi Rosen -
berg, ]. , The Experimental Music o/Pietro Raimondi, tesi di dottorato, N ew York University,
1995, pp. 171-225.
2 Vedi Cafiero, R. , "La didattica del partimento a NapoU fra Settecento e Ottocento: Note
sulla fortuna delle Regole di Carlo Cotum.acci", in Gli affetti convenienti all'idee: Studi sulla
musica vocale italt"ana.~ Archivio del teatro e dello spettacolo, n . 3, Edizioni Scientifiche Italia-
ne, Napoli 1993; Sanguinetti, G., <<Un secolo di teoria della musica in Italia: Bibliografica cri-
tica 1850-1950" , in Fonti musicali italiane, 1997, pp. 155-248.
16. Il Fenaroli 247

voci estreme si combinano in un modello che si era affermato come uno sche-
ma molto conosciuto. La scala ascendente CV -CD -@-@ al basso è una caratteri-
stica fondamentale, ma anche la discesa 0-0 -~-0-8-0 della melodia è impor-
tante come controcanto. Degni di nota sono anche (r) il senso d'inseguimento
tra le voci, garantito dal canone, e (2) l' àncora fornita dalla ripetizione del ®.
L'importanza di Durante come fonte della tradizione galante nasce in parte
dai suoi lavori sacri ammirati ovunque, in parte dai suoi molti partimenti, e in
parte dali' enorme reputazione di didatta del suo allievo F edele F enaroli (1730-
r818) . Fenaroli scrisse la famosa raccolta di partimenti che, circa dopo il 1790,
fu impiegata da generazioni di musicisti italiani e francesi. Ancora nel 1871, i
partimenti di Fenaroli ricevevano l'apprezzamento di un personaggio della sta-
tura di Giuseppe Verdi. 3 In tal modo Fenaroli ha rappresentato un ponte tra
il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, consegnando ai posteri il repertorio
napoletano di schemi galanti. In omaggio al suo ruolo nell'insegnamento e
nella trasmissione di questa importante tradizione, chiameremo lo schema di
cui sopra 'Fenaroli'.
TI numero ventotto dei cinquantasette Partimenti numerati di Durante si
apre con una duplice presentazione di questo Fenaroli (es. 16.2). Il pentagram-
ma inferiore mostra il partitnento di Durante e il pentagramma superiore, con
note più piccole, mostra la mia realizzazione. La ripetizione del ® dell' esem-
pio r6.r e sostituita nell'esempio r6.2 da un pedale al soprano (/a 5 ). Il contro-
canto di Durante dell'esen1pio 16.r è sostituito da un controcanto a canone che
segue il basso a distanza di due note:
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Es. r6.2- Durante, Partz'menti numerati, n . 28,
batt. 1 (Napoli, c. 1730-50)

J. S. Bach, contemporaneo di Durante, ben conosceva la musica napoletana e il


suo alto status; aveva persino ricopiato una delle messe di Durante a suo uso
personale (Bwv Anh 26, 1727) . Nella sonata di Bach per flauto e clavicembalo
swv 1030 possiamo riconoscere una sin1ile duplice esposizione dello schema del
Fenaroli (es. r6.3, a pagina seguente). Bach clispone la ripetizione del® nelle no-
te tenute del flauto, e usa lo stesso tipo di controcanto a canone, animato però
3 Cesari, G. e Luzio, A., a cura di, I copialettere di Giuseppe Verdi, Milano 1913, pp. 242, 320.
248 La musica nello stile galante

dalle semicrome che si alternano tra i registri di tenore e contralto. n salto di-
scendente dal @ al 0 -8} è la sempre apprezzata Caduta del @ Acuto.
f-FN,\ROLI
r:F~ r\ RC l. l CAD. INCOMPLETA
-·--·- - - - - - - - - - - ----· r:--------~
00oo
~ ®~ ,._......

r
---

Es. r6.3 - ]. S. Bach, sonata per flauto BWV 1030, mov. r,


Andante, batt. r (Lipsia, c. 1736)

Fenaroli, allievo di Durante, scrisse dei suoi partimenti, originariamente mano-


scritti e poi pubblicati (c. r8oo) e ristampati in sei libri per più di un secolo. Ben-
ché basati sui modelli di Durante i partimenti di Fenaroli erano organizzati piu
come un libro di testo moderno; cioè, iniziavano dal più semplice e crescevano
in difficoltà lungo tutta la raccolta. n primo libro tratta l' artnonizzazione di sca-
le di semibrevi ascendenti e discendenti, guidate dalla 'regola dell'ottava' ,4 e in-
clude le cadenze 'semplici', 'composte' e 'doppie' (vedi cap. rr). li secondo libro
introduce dei bassi di meclia difficoltà più significativi dal punto di vista musica-
le, ancora accompagnati da una numerazione essenziale. L'esempio 16.4 (a pagi-
na seguente) presenta il dodicesimo partimento del secondo libro (le annotazioni
sono mie, i numeri di Fenaroli). Si noti che, per un compositore più giovane co-
me Fenaroli, lo schema del Fenaroli non era più usato come mossa d'apertura.
In questo partimento sono presenti tutte le componenti di un piccolo btano,
quale un minuetto. Uno schema eli apertura non meglio identificato dà inizio al
movimento nella tonalità di Mi minore, seguito da una duplice cadenza (la
forma "ABB" era frequente nei temi iniziali degli anni '40 e '50 del Settecento,
relativi più all'epoca di Durante che di Fenaroli).5 A battuta 6, poi, una modu-
lazione a Sol maggiore porta a battuta 8 a due ripetizioni del Fenaroli. li sol3 a

4 Un 'introduzione alla regola d ell 'ottava si trova nell'appendice n. P er una trattazione sto-
rica vedi Christensen, T., "The R ègle de l'Octave in Thorough -Bass Theory and Practice'',
in Acta Musicologica, n. 63, 1991, pp. 91-Ir7 .
5 Vecli Karnien , R,., ((StyJe Chan ge in the Mid-r8th-Century Keyboard Sonata ,, rn]ournal
o/ the American Musicological Society, n. 19, 1966, pp. 37-58, e The Opening Sonata-Allegro
Movcments in a Rando1nly Selected Sarnple o/ Solo Keyboard Sonatas Published in the Y ears
1742-1744 (Inclusive), 2 voli. , tesi di dottorato , Princeton University, 1964.
16.11 Fenaroli 249

battuta 12 conclude la prima metà del movimento, dove dovrebbe trovarsi la


doppia barra se si trattasse di un minuetto (quella mostrata al di sopra del pen-
tagramma dopo battuta 12 non è presente nel partimento).
1 A: B: B:

~: #- '-'- 1- 4- l - ; r-~--+-
6 6 #3 5 6 6 6 3 #6 # # 6 5 #6 #
4 3 4 5 3
r FE AROLI - - - - - r---FENAROLJ-
6 (j) CD ~ @ (j) CD
-,.-- ---o ,----,

6 # 6 3
5 3 6 3

11

6 6
6 6 5 8 8

16
---
- ----4-- --- -- ----r fV'lONTE---------- r FE ROLI-

6 6 3 6 3
8 5 B
r FE ROL.I - - - - & -
21 ,.....0_;

6 6 3 #6 6 #3 6 6
6 8 5 5 13
Es. r6.4- Fenaroli, Partimenti, libro 2, n. 12 (c. 177o-8o?)

Come avrebbe indovinato Riepel, la seconda metà del movimento inizia con
una Fonte, seguita da un Monte a battuta 17 che sale fino al tono d'impianto
di Mi minore. A battuta 20 comincia il primo dei due Fenaroli in Mi minore.
Questi conducono alla cadenza e al mz~ finale di battuta 25, concludendo così
la seconda metà del movimento. Nella teoria ottocentesca della forma-sonata,
il Fenaroli sarebbe il (secondo tema', che con1pare dapprima nel (tono subor-
dinato' e poi è trasposto nel tono d'impianto. Ciò che Joel Lester ha descritto
come la qualità ciclica dei (secondi temi' ,6 con la loro regolare alternanza tra
accordi di tonica e dominante, è forse dovuta, almeno in parte, all'eredità
lasciata dai molti Fenaroli impiegati in tale posizione.
6 Lester, J., The Rhythms o/ Tona! Must'c, Southern illinois University Press, Carbondale
1986, pp. 229 sgg.
250 La musica nello stile galante

Nel cercare di completare la trama polifonica dei Fenaroli nell'esempio 16.4,


si potrebbe iniziare con il fatto che il pedale sul ® è già scritto al basso come
seconda 'voce' (il re3 ripetuto) . Per una terza voce, si potrebbe impiegare il
controcanto discendente di Durante (cfr. es. 16.1), oppure si potrebbe sceglie-
re di imitare, a canone, la scala ascendente al basso. Se dovessimo passare in
rassegna i molti manoscritti di solfeggi di Durante, vedremmo che egli stesso
aveva stabilito un modello abbastanza simile ai precedenti Fenaroli come cano-
ne per voce di basso e partimento. La voce conduce e il partimento segue (la
tonalità temporanea e Sol maggiore, nonostante l'armatura di Re 1naggiore):

--- FE AR LJ LI
3 CD ~ ® CV
,_.....
'-1-
---
_-

-----~-

~+---1---l\---~---]

Es. 16.5 - Durante, Sol/eggi, Fondo Noseda, MS F 42, p. 93 (c. 1740-40)

A quanto sembra, lo schema del Fenaroli veniva incorporato frequentemente


all'interno di altri modelli più ampi. Ad esempio, nel diciottesimo partimento
dello stesso libro, Fenaroli presenta il controcanto discendente di Durante
(cfr. es. r6.r) in entrambe le metà di un'ampia Fonte, lasciando allo studente il
compito di dedurre la melodia del Fenaroli:
- - -- - - - - - -- - - - - -FO -r E- - - - -
,. FEN
-, t\RO LJ
:LI\
r,t ""' .~-
.,. ..,. '
~
- -
... 1r 7 \
fl
~ ~ ~~
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e -C~ o
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-- .....

4 tt , rE . R<) LI '
-~ 1-' { 7'
~ ~-'-'
l l

~ ~ 4
l

Es. 16.6- Fenaroli, Partimenti, libro 2, n. 18 (c. 1770-8o)

La reputazione di Fenaroli come didatta era consacrata dal successo dei suoi
16. Il Fenaroli 251

allievi, tra cui Domenico Cimarosa e Niccolò Zingarelli, citato nel capitolo 3
come maestro di Isabelle de Charrière e di Bellini. Cimarosa lavorò in ambien-
ti illustri; compose per alti dignitari di corte molti piccoli pezzi per tastiera che
sono realizzazioni quasi ideali degli schemi tratteggiati nei partimenti di Du-
rante e Fenaroli. Cimarosa setnbra aver preferito porre il controcanto discen-
dente di Durante al basso quando usava lo schema del Fenaroli:

8 - -- c~) (g) @ ~ -
(7) ( ) (?) 3 ~
~ 4
' •
(7)
11# - t*
~~~ .~. ~· 11'"

~
~
~
... .~
l~
~

~: ~ ~
---
~:i: ~ .. :JC f• ...
~· 0 C) o @oo o
Es. 16.7 - Cimarosa, Sonata c 24 (c. 1780-90)

ll precedente esempio, da una sonata in Fa maggiore, presenta i due Fenaroli


nel (secondo tono' di Do maggiore. Come il suo maestro, egli poteva inserire
un Fenaroli anche in ciascuna metà di una Fonte:
. - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - FO ITF - - -
-- F r: ~ t\ R( ) I r r:F~ .\ R LI R\ ""
CD ® @ CD ~ ~

- - - L -i ..:--- -.,.----"-----t- --'


0o A
~o o
8

.--FI · ~L \ RC) ll -- ,. 1-ENARC 1.1· ""


23 CD @® CD@ ®

Es. 16.8 - Cin1arosa, Sonata c 51, Allegro (c. 1780-90)

Si noti la doppia presentazione del Fenaroli, le prime due volte in minore e poi
252 La musica nello stile galante

due volte in maggiore. Cimarosa segue la tradizione di Durante e Fenaroli in-


terpolando le note della melodia del Fenaroli con note del pedale di dominan-
te (il si4 a semicrome) e include il suo tocco personale aggiungendo una terza
su ognuna delle note principali del Fenaroli, così come faceva per il Do-Re-Mi
(cfr. es. 6.8) .
Cimarosa poteva anch e inserire un Fenaroli in ognuna delle metà di un
Monte, scegliendo in questo caso una sola esposizione prima della modulazio-
ne ascendente:

40 ,:===-r-
_ E_NI_A_R_C)_I-1==========================--
- - \_tl_O_T_E_-=_-=_-.......-- 1 4

I l\ :z ~

~
(l) ~ ... ("2 CD
.-l1L
~-- o~ 7L
~'1/ 7L
~ -- ...... ~ ~·

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• ~·
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- - FEN RO LI - - -- - -- - - - - - - - - - - --
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.... ~· '• 1*-"
-f""' '•

e ili

o o
Es. 16.9 - Cimarosa, Sonata c 31, Allegro (c. 1780-90)

Come confermano questi esempi, Cimarosa preferiva scrivere un Fenaroli con


il controcanto discendente di Durante come basso. Anche quando riduceva il
controcanto all'essenziale, 0 -8}-8 -0 , Cimarosa lo inseriva comunque al basso,
come mostra l' esen1pio r6.ro. Si noti che un pedale di ® ripetuti è affidato ora
al tenore ora al soprano.
FE - - - - - -FENAROLr---
18
~ ... ®® ...

&
Es. r6.ro - Cimarosa, Sonata c 57, Allegro (c. 1780-90)
16. Il Fenaroli 25 3

Giovanni Paisiello studiò con Durante nel 1755, l'anno prima della morte del
maestro. Molti anni dopo, durante la sua permanenza alla corte di Caterina n
di Russia, Paisiello pubblicò una raccolta di partimenti (1782) dedicati alla
futura zarina Maria Fedorovna, all'epoca Granduchessa di tutte le Russie.7
L 'esempio r6.rr è un ampio estratto dalla parte centrale di uno dei partimenti
più avanzati di Paisiello. Esso presenta il Fenaroli sei volte di seguito: le prime
tre in una serie di terze discendenti e le ultime tre in una serie di quinte discen-
denti. Ho contrassegnato la probabile entrata di ognuno dei sei Fenaroli e ho
indicato i gradi della scala rilevanti. Fatti salvi un "#4" e "Imitazione" a battu-
ta 26, il partimento originale era privo di numerazione o indicazioni:
-----1:1: R( >Ll -····
20 ® ® ... CD (g)

----FE 'AR ) U-----···


22 ® ® ... CV CD -

.----J·Et\1\ R(Jl . l - - -----·


24
® ® ... CV CD

- -FE l~ LI ·- --·-···
26 ® ® ... ~ e @)
.._, 8 o ® ® ... ~ e
~
~-~./
•. ~

~
~11'-

~ ~
11*-11*-
l• ~
1* _, 1* ~ ·~
.

" 'J
rn itazione
'
=
\l) Q) (g) ®
14
-rFI A R() LJ--~--· · - - - -FfN Fl( 1.1------------·
29 @ ® ® ... 0 o C) o

Es. r6.r1 - Paisiello, Regole, p. 36 (San Pietroburgo, 1782)


N ella tradizione dei partimenti, 'imitazione) era un suggerimento per inserire un
motivo precedente - qui presumibilmente il Fenaroli a semicrome - contro il
basso scritto. La numerazione c#4' significa che sopra al sib del basso dovrebbe
essere inserito un mi q. Un terzo indizio è dato dal rapido alternarsi tra le chiavi
di basso e di soprano a segnalare l'entrata di una voce acuta, m.olto probabil-
7 Paisiello, G. Regole per bene accompagnare il partimento, Sankt-Peterburg 1782, p. 36.
254 La musica nello stile galante

mente il pedale del ®. Con questi indizi, e una conoscenza dello schema del Fe-
naroli, diventa possibile una realizzazione a tre voci del partimento:
. - - - - -FE .AROLI - - - -- --------

4 - ,_ r r -- i - i

Q)
t::::::::::::== ne FPr---1
- , - - - - - FE f\ RO L.r - - - - - - - - - - - - -
22
8 o
-
i rr r r i t r r
:>= ~~b P i 1- _:_- r ------~~ -

- ~·.J - .J@ -=-===:.:j

i- - i(i) r r: i -
r r
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} v -- -~~~::..__:_ ~~
t .r : r- t:::t:::::l:::l q
-
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CD (?)
- , . - - -- FE ARO LI - - - -- - ___;_- - - - - - -
26
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,:~~~v ~--t ;- [ - ~cv - l
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ARO LI - - -- - - -- - FF.
29
~~b- - ~ ===
.=:c==~~
l(!) IQ) /JJ G r ~=--~ -==- r-
q~ i. - 0 C) 8
7
-

Es. 16.12- Una realizzazione del partimento di Paisiello dell'esempio 16.11

La comprensione di questo schema semplifica drasticamente il compito di rea-


lizzare il partimento. Invece di decidere tra ro6 accoppiamenti di voci su 106
note del basso, ci si può concentrare sulla scelta del registro più appropriato
16. Il Fenarolz' 255

per il pedale e il controcanto di ogni F enaroli. Vale la pena notare il modo ele-
gante in cui Paisiello riesce a incorporare tanto il controcanto di Durante
quanto un canone in ogni esposizione dei sei F enaroli.
Paisiello sem.bra essere stato più a suo agio di Cimarosa nel lasciare il basso
del Fenaroli alla voce del basso. Una delle ipotesi circa le differenze tecniche
tra durantisti e leisti riguarda il fatto se si debba o no trattare l'intervallo di
quarta sopra il secondo grado della scala come una consonanza. 8 Nella tonali-
tà di Do maggiore, ciò significa consentire un sol sopra un re al basso, come
quando ad esempio i continuisti aggiungevano liberamente un sol a un accor-
do semplice di terza e sesta sopra il @. Per lo schema del Fenaroli questo tipo
di quarta si puo trovare al terzo stadio se al basso compare il@ mentre in una
voce interna o superiore compare il pedale del®. Forse un compositore come
Cimarosa rappresentava una fazione che preferiva evitare l'intervallo di quarta
spostando il 'basso' nel registro di tenore, mentre Paisiello rappresentava l'al-
tra fazione sentendosi libero di trattare tale quarta come un tipo di consonan-
za. L'idea che queste due preferenze potessero non dipendere solo dal maestro
con cui si aveva studiato potrebbe aiutare a spiegare perché si siano rivelati
difficili i tentativi di collegare diverse tradizioni scolastiche a diversi stili. Con-
frontare due prassi diverse nell'ambito di un solo schema può aiutare a mettere
in risalto le differenze tra due stili che, a distanza di due secoli e mezzo, appa-
iono molto simili tra loro. Come la settecentesca descrizione di Jonathan Swift
dello <scisma' tra lillipuziani e blefuschiani in merito all'etichetta da mantenere
a tavola,9 le distinzioni tecniche tra le supposte prassi durantista e leista posso-
no ridursi a poche piccolezze. Eppure, le piccole cose contano. Quando Rie-
pel, scrivendo nella città bavarese di Ratisbona, volle fare il punto su un uso
accettabile della quarta, un uso consacrato da ''diversi famosi maestri", presen-
tò un Fenaroli canonico (ripetuto) e contrassegnò con una croce di Malta pro-
prio quell'intervallo che fa parte di ciò che i testi di armonia chiamano una
"quarta e sesta di passaggio": lO

o
l
ffi

Q) ~ (J) <D (J)


Es. 16.13 - Riepel sull'uso consentito della quarta (1757)
8 Villarosa~
C. A. de Rosa, marchese di, Memorie dei compositori di musica del regno di
Napoli, tamperia Reale, N apoli 184 0, p . 72.
9 Swift, J., The A dventures o/ Capt. Gulliver in a Voyage to the Islands o/ Lilliput and
Brobdingnag, John Sadler, Darlington 1773 , p. 19.
10 Riepel, J., An/angsgrunde} cap. 3, p . 40: cc Von einigen beriihmten Meistern".
256 La musica nello sttle galante

Per un durantista come per un leista, o anche per qualsiasi musicista galante
lontanissimo dalla scena italiana, uno schen1a come il Fenaroli era talmente
diffuso e stranoto che ognuna delle sue voci estreme poteva fungere da richia-
mo per l'altra. In uno dei molti esercizi compositivi scritti nello zibaldone per
la sua allieva Barbara Ployer, Mozart fornisce il seguente segnale melodico:
6 , ~
~:t
:J

~' V -:.;
,...
t-
:J (Y :J
~ ..
~

Es. 16.14- Mozart, un compito per Barbara Ployer,


p . 41 [ed. mod.] (1785-91)

La Ployer, che era una degli allievi più dotati di Mozart, sembra aver ricono-
sciuto una comune variante del basso del Fenaroli, 0 -CD -0 -® , n elle prime
quattro minime del suo compito. n suo svolgimento consiste nell'aggiunta di
un impeccabile controcanto alla Durante che conduce fluidamente a una ca-
denza Convergente:
1)
~--- CONVERGENTE--
- - - - FENA R LI-- ---- 8 0 8
® @
0-
6 l _..
" -=4
~ ,...
r- :J

·' ' / ..::&


~
~
:J 9 :J
-~
..
f'-.: • ~
.,. - ~
7
1__
- -
l• •·
8 o &AO CJt
v @
Es. 16.15 - Ployer, completamento del compito
di Mozart, p. 41 [ed. mod.] (1785-91)

Se si fosse trattato solamente di 'armonizzare' la melodia, il risultato avrebbe


potuto essere uno tra un centinaio di bassi. Al contrario, la Ployer ha ricono-
sciuto o intuito i contorni dello schema e ha risposto con una delle poche solu-
zioni che potevano di1nostrare la sua padronanza dello stile galante. In senso
cortese, il suo comportamento musicale è stato impeccabile.
Certo, la giovane Ployer ebbe come insegnante uno dei maestri supremi
dello stile galante. Mozart, quando si trovava a Londra all'età di otto o nove
anni (1764-65), ricevette un compito simile. Il resoconto di Daines Barrington
(1769) afferma che "ha ricevuto una completa istruzione nei principi fonda-
mentali della composizione, tale che, sotto un canto dato, egli ha immediata-
25 8 La musz·ca nello stile galante

nel registro grave, (2) il controcanto di Durante eseguito dal violoncello nel re-
gistro acuto (per chiarezza grafica è stato scritto un'ottava sopra quella reale) e
(3) una vivace parte interna in staccato, eseguita dal primo violino, che fornisce
tanto il pedale sul ® quanto la figura ad accordi spezzati o tren1olo ti piea del
Fenaroli. Abbiamo già incontrato lo schema del Fenaroli inserito all'interno di
una Fonte nell'esempio r6.8 di Cimarosa: lo stesso Fenaroli insegnava questa
con1binazione di schemi (cfr. es. r6.6), e la stessa combinazione si ritrova nella
famosa opera La buona figliuola (r76o) dell'allievo prediletto di Durante, Nic-
colò Piccin.ni (r728-r8oo) (vedi es. 25.9). La prassi di Mozart è dunque quasi in-
distinguibile da quella dei più noti rappresentanti dei conservatori napoletani.
Riguardo alla piccola tna decisiva questione su come trattare la quarta sopra il
@-considerata la discriminante tra durantisti e leisti- Mozart evita destra-
mente il problen1a sostituendo @ con 0.
Non è mai stato difficile immaginare Mozart- che firmava i suoi primi la-
vori come ((Signore Wolfgango Mozart", che indossava con orgoglio l'onorifi-
cenza pontificia di ((Cavaliere dello Speron d 'Oro ", che era membro dell'Ac-
cademia Filarmonica di Bologna e che eccelleva tanto nell'opera seria quanto
nell'opera buffa- come un compositore della (scuola italiana' . Lo stesso non
può dirsi di Beethoven. Generazioni di biografi lo hanno dipinto come il mu-
sicista tedesco per antonomasia, tanto che le sue profonde radici nello stile
galante italiano sono state facilmente trascurate. Una descrizione, anche som-
n1aria, del suo complesso sviluppo come compositore andrebbe ben oltre lo
scopo di questo libro. Forse però un esempio da una delle pritne sonate per
pianoforte può dare l'idea di come egli avesse fedelmente assorbito le tradi-
zioni degli schemi galanti, benché le dilatasse e le rendesse drammatiche in
modi inaspettati.
Prima di guardare l'esempio proviamo a immaginare le opzioni che un com-
positore galante avrebbe potuto prendere in considerazione per una transizio-
ne al 'secondo tono' di un adagio in modo maggiore. Se il movimento doveva
essere di ampio respiro, una modulazione diretta tramite un Prinner modulan-
te sarebbe stata troppo repentina. Si sarebbe potuta approntare, invece, una
digressione per mezzo di una Fonte. Dopodiché una cadenza alla dominante
della nuova tonalità avrebbe potuto essere rimandata e fatta desiderare per
mezzo di un Ponte. Infine, per il 'secondo tema', due esposizioni del Fenaroli
sarebbero bastate se concepìte in modo sufficientemente ampio da controbi-
lanciare un ampio primo tema. La seconda esposizione avrebbe poi potuto
avere le solite aggiunte di abbellimenti melodici. Il nostro commento descrive
in effetti il movimento lento della sonata per pianoforte op. ro n. 1 di Beetho-
ven (vedi es. 16.17). Per come viene eseguita comunemente oggi l'esempio du-
ra quasi un minuto intero, con circa sette o otto secondi tra gli stadi della Fon-
te (avvicinandosi ai limiti fisiologici della memoria a breve termine). Si potreb-
bero quasi immaginare i personaggi della commedia dell'arte rallentati al pun-
to di diventare statue viventi.
16. Il Fenaroli 259

-------------
. ------- FONTE -------------
.---------
- - - - - mznore---- .-------maggzore- - - -
0
17

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-·--·----··
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---PONTE - - · - · --. -------------------
FRIGIA - , A CD
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- - FE ARO LI--@-A\-- - - ®
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3

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---

- - - FENAROLI --------------------- ® -------------


29 Q) (g) •

·- --,

6
12
----

8 o
Es. I6.I7- Beethoven, op. IO, n. I, mov. 2, Molto adagio (Vienna, c. 1795-97)

Ancora più complesse erano le relazioni tra la prima generazione di composi-


tori dichiaratamente romantici e il repertorio di pratiche galanti che formava
260 La musica nello stile galante

una parte significativa del loro bagaglio culturale. Le prassi galanti rimasero in
vita per parecchio tempo in Italia, Francia ed Europa dell'est (nel Settecento i
maestri italiani erano stati invitati a San Pietroburgo e altre capitali orientali, e
la carriera dei loro allievi arrivava fino a Ottocento inoltrato). Nell'opera domi-
navano la scena i compositori che avevano studiato i partimenti, come Bellini,
Donizetti, Rossini e Spontini. La loro influenza sullo stile melodico di un per-
sonaggio come Fryderyk Chopin (r8Io-1849) era lampante all'epoca. Franz
Liszt (o la sua consorte, la principessa Caroline von Sayn-Wittgenstein), com-
mentando le fonti operistiche delle melodie altamente decorative di Chopin,
scrisse che "egli diede a questo genere di ornamento, nato soltanto nelle 'fio-
riture' dell'antica e venerata scuola di canto italiano, un i1nprevisto e una varie-
tà che superavano la capacità della voce umana, fino allora servilmente copia-
ta dal pianoforte in abbellimenti stereotipati e monotoni" .13 L'impiego della
parola 'stereotipato' da parte di Liszt è caratteristico di un retorico disprezzo
romantico per i formalismi del passato. Eppure si consideri quest'esempio dal-
l' arciromantico Scherzo n. 2 di Chopin (es. 16.18, nella pagina a fronte).
E chiaro che i compromessi e gli adattamenti della generazione di Liszt nei
confronti della tradizione galante potevano essere più stretti di quanto possa
suggerire la loro retorica. L'esempio seguente dal secondo Scherzo di Chopin
presenta il Fenaroli galante fin nel più piccolo dettaglio. Vi troviamo il canone
tra basso e tenore (0-CD -@-@), elementi del controcanto di Durante al sopra-
no (0 -0 -fD), un articolato pedale del ® al contralto e la doppia esposizione
così caratteristiche di questo schema. Esposto prima nella tonalità di Do#
minore, lo schema poi si sposta a Fa# minore per una seconda doppia esposi-
zione. L'effetto appassionato di questo intero passaggio è interamente roman-
tico; lo schema su cui è costruito, a ogni modo, è senza dubbio galante.

13 Liszt, F., Vita di Chopin, trad. it. di M. Tibaldi Chiesa, Passigli, Firenze 2010, pp. 37-8
[con piccole modifiche]; l'edizione originale fu pubblicata a Parigi nel r852.
16. Il Fenaroli 261

---------------- FE NAROU--------------~~--
306
o o C) - --
- --
- - --
- ------r--"
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3 3
Jo

- - - - - - - - - - - - - - FENAROL I - - - - - - - - - - - - - - - - - -

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@) 9
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_ _ _ ____,._ ' - - - " - - - ' -1- - = - -- - - - - - - '

CD (g)
- - - - - - - - - - - FENAROL I - - - - - - - - - - - - - - - - - -
314
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- ----
3 9

(j) CD ~
- - - - - - - - - FENARO LI - - - - - - - - - - - - - -
0
318
t - C) •- - - - - - -....__ o
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9 3

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Es. r6.r8 - Chopin, op. 31, Scherzo n. 2, Sostenuto (Parigi, 1837)


17
Un Allegro
di Cari Ditters von Dittersdorf
Quintetto n. 6 in Sol maggiore (K I9o),
mov. I, Allegro, I789

Per dimensioni e proporzioni l'Allegro dal sesto quintetto per archi di Ditter-
sdorf supera di gran lunga i movimenti presentati nei capitoli precedenti. Ci
sono più note nelle sue prime otto battute che in tutto il n1inuetto di Somis nel
capitolo 5· Eppure la scrittura di Dittersdorf è ancora profondamente ancora-
ta allo stile galante italiano; era la sua 'lingua madre' , appresa da quando aveva
circa dodici anni da Giuseppe Bonno (r?II-1788), che era stato inviato da Carlo
vr a Napoli per studiare con Durante e Leo. Così Dittersdorf, come Haydn,
era un prodotto diretto di ciò che i francesi finirono per chiamare l'école d'Ita-
lie, 1 la scuola italiana.
Nel movimento iniziale di questo quintetto, Dittersdorf sceglie tutti i più
comuni schemi galanti. TI primo gruppo di temi è composto di Do-Re-Mi
seguito da una risposta di Prinner (vedi la lista seguente). Una Fonte poi si
allontana dalla tonalità originale di Sol maggiore e conduce alla nuova tonali-
tà di Re maggiore. A questo punto un an1pio Fenaroli contribuisce a montare
la tensione per arrivare alla cadenza principale. Fin qui, chiunque abbia fami-
liarità con lo stile galante dovrebbe sentirsi pienamente a casa. E dopo questa
cadenza principale, dove la tradizione galante individuerebbe il completamen-
to della prima metà del movimento, che Dittersdorf modifica leggermente il
suo stile. Ho indicato questa nuova sezione come 'coda' (batt. 31 -46), usando
una terminologia ottocentesca solo per denotare ''qualcosa di aggiunto alla
fine ". Potrei anche osservare che la prominenza melodica del primo violoncel-
lo in questa coda può aver a che fare, piu che con l'arte della composizione,
con l'arte eli Dittersdorf di accattivarsi il favore a corte. La parte del primo vio-
loncello era probabiln1ente destinata a un regale appassionato di violoncello, il
re Federico Guglielmo II di Prussia (regnante dal 1786 al 1797). Considerato
che Dittersdorf si recò alla corte del re nel 1789 con la speranza (delusa) di tro-
vare impiego, omaggiare il nuovo re con musica che incontrasse i suoi gusti e
i suoi interessi particolari era solo un fatto pragmatico.
Dittersdorf scrisse questa coda con una linea di basso che sembra racchiu-
sa in una lunga serie di alternanze tra note di tonica e di dominante. La m.elo-
dla ripete la sua frase iniziale quattro volte, con le cellule 0 -~ e @-0 a dlstin-
1 Titoli come i Principes de conzposùion des écoles d'ltalie, Paris 1808, di Choron e il suo
precedente Principes d'accompagnement des écoles d'ltalz'e, Paris 1804 , contribuirono a ren-
dere "la scuola italiana " un tern1ine con1une.
17. Un Allegro di C. D. von Dittersdor/ 263

guere rispettivamente tra conclusioni melodiche relativamente aperte e chiuse.


Alla fine il contenuto melodjco si dissolve e l'alternanza di armonie eli tonica e
dominante accelera arrivando a un accordo per ogni semiminima (batt. 45-46) .
Questa <liquidazione' alla fine di un'ampia sezione diventò un segnale impor-
tante nel tardo Settecento e nel primo Ottocento: essa fortnava parte della tra-
dizione beethoveniana ed è stata descritta da Schonberg come una caratteristi-
ca della forma classica in generale: 2 non era comunque tipica dello stile galan-
te. Nel movimento di Dittersdorf questi due stili sono giustapposti senza con-
ciliazione. La tradizione galante fornisce la .reale sostanza e la spinta in avanti,
mentre il successivo stile post-galante fornisce un contrasto decorativo e reto-
rico. Tale contrasto raggiunge l'apice a battuta 57, in cui la tremenda energia
dei due Fenaroli in Mi minore (batt. 49-56) si dissipa completamente nel pas-
saggio quasi statico delle battute 57-65.

Sezione Schema Tonalità


Ia metà D o-Re-Mi Sol
Do-Re-Mi, suddjviso in due, bis Sol
Prinner Sol
Cadenza Grande, bis Sol
Fonte Mim.m ~~ Re
Fenaroli, bis Re
Cadenza, bis Re
Coda Re
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Eco di Coda Do
Monte Do c::> Re c::> Mi r::> Fa#
Circolo delle quinte Fa# q Si c;, Mi q La
Ponte Re ò Sol
Do-Re-Mi Sol
Do-Re-Mi, sudcLviso in due, bis Sol
Prinner Sol
Cadenza Grande, bis Sol
Cadenza Grande, bis* Do
Fonte Lam.m ò Sol
Fenaroli, bis Sol
Cadenza Sol
Fenaroli, bis Sol
Coda Sol
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2 Vedi Dudeque, N . E., "Musìc Theory and Analysis in the Wr.itin gs of Amold Schoen-
berg (1874-1951)", tesi di dottorato, Università di Reading, 2002, sez. 4.3.1.
264 La musica nello stile galante

A battuta 96, dopo il ritorno del tema principale nella tonalità d'impianto, Dit-
tersdorf fa seguire a una cadenza Grande nella tonalità della tonica di Sol mag-
giore la stessa cadenza in Do maggiore (l'asterisco nella tabella precedente) . An-
che gli specialisti di musica del diciottesimo secolo avevano già da tempo osser-
vato questa prassi,-3 che desta ancora sorpresa in studiosi e in osservatori occa-
sionali. In questo movimento, come in molti altri, la modulazione alla sottodo-
minante ha uno scopo decisamente pratico. Se ci si sposta cinque gradi sotto la
tonica, si può semplicemente copiare dalla prima metà del movimento r analo-
go passaggio successivo. I passaggi che nella prima metà del n1ovimento modu-
lavano alla quinta superiore, dalla tonica alla dominante, ora moduleranno dalla
sottodominante alla tonica. Spostarsi alla sottodominante ovvia in questo modo
alla necessità di ricomporre il precedente materiale. compositore poteva spo- n
starsi alla sottodominante e poi lasciare al copista il compito di finire il resto del
movimento tramite una semplice trasposizione.
Come già detto, il Prinner di Dittersdorf alle battute 11-14 (vedi es. 17.2) fun-
ziona come una tradizionale risposta ai Do-Re-Mi iniziali. Dittersdorf, però,
stava di,m ostrando qualcosa di più che un semplice modo di disporre il Prin-
ner: stava anche presentando una versione napoletana particolarmente ricca e
complessa del Prinner in cui figurano (r) una catena di ritardi 2-3 tra voci eli so-
prano e contralto e (2) uno speciale basso che sostiene delle progressioni 6/ 5-
5/3. Debitamente trasposta, la versione di Dittersdorf è una copia fedele di un
esercizio eli duetto vocale che Porpora aveva scritto per i suoi allievi a N a poli
circa sessant'anni prima (es. 17.1). n maestro di Dittersdorf, Bonno, aveva egli
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Es. 17.1- Porpora, Sol/eggi, n. r8, Allegro moderato (Napoli, c. 1730-40)

stesso studiato canto a Napoli alla fine degli anni '20, e avrebbe potuto cono-
scere i solfeggi di Porpora. A prescindere dell'esistenza di un collegamento
tanto diretto, è comunque chiaro che questo intricato modello fu esplicitamen-
te insegnato, trasmesso e riprodotto tante volte e da tanti musicisti (cfr. es. 6.5
di Leclair). Esan1ineremo una variante ancora piu complessa del modello di
Porpora nel capitolo 30, in cui la discussione si concentrerà sul suo uso da par-
te di Leo, Pergolesi, J. C. Bach, Haydn e Mozart.
3 Vedi, ad esen1pio, Hill, G. R., "The Concert Symphonies of Florian Leopold
Gassmann,, tesi di dottorato, New York University, 1975.
17. Un Allegro di C. D. von Dittersdor/ 265

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17. Un Allegro di C. D. von Dittersdor/ 267

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268 La musica nello stile galante

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270 La must'ca nello stile galante

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272 La musica nello stile galante

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Es. 17 .1- Dittersdorf, Quintetto d'archi n. 6, mov. r, Allegro (1789)


18
il Sol-Fa-Mi
Un manoscritto francese conservato a Digione contiene una versione di Ga-
luppi del saln1o III, Con/itebor tz'bi Domine.1 La musica sacra di Galuppi è in
tutto e per tutto aggraziata quanto la sua musica profana, e piena di eleganti
dettagli. Di seguito sono mostrate due versioni della musica con cui inizia que-
sto mottetto (es. r8, r e 2) .
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Es. r8, r-2- Galuppi, Con/itebor tibi Domine, mov. I , (c. I740-50)

1 Citato
nelle note alla registrazione Galuppi: Motets l Con/itebor l Arripe alpestri ad val-
lem, eseguito da G érard Lesoe, Véronique Gens, Peter Harvey e Il Seminario n1usicale,
Virgin Veritas 45030.
274 La musica nello stzle galante

La prima versione (numero I) è r entrata iniziale del soprano e presenta un


Sol-Fa-Mi melodico collegato a una cadenza Lunga che sostiene elen1enti di
un Do-Re-Mi e eli un Prinner. La seconda versione (numero 2) è presa dal
primo interludio strumentale, in cui la piccola orchestra esegue una melodia
simile ma impiega un basso con elementi della Romanesca che conduce a una
cadenza standard del basso. Le voci superiori sono quasi invariate rispetto al
numero 1.
Per quanto gradevoli possano essere questi passaggi, sta di fatto che nella
prassi galante il Sol-Fa-Mi, in quanto semplice schen1a a tre stadi, non fu mai
predominante come, ad esempio, il Do-Re-Mi. Le melodie discendenti di
grado, specialmente se raddoppiate alla terza, erano più facilinente impiega-
te come parti costitutive di una vera Romanesca o di varie cadenze. Tutti e
due i bassi di Galuppi riportati sopra (es. 18.1-2) suggeriscono che fossero
concepiti per quattro stadi, piuttosto che tre. Sarebbe a dire che il salto del
basso dal la 3 al re3 (@- ®) implica due accordi separati sotto il fa (O) della
melodia.
All'incirca nello stesso periodo in cui il Do-Re-Mi a quattro stadi divenne
comune (come Do-Re ... Re-Mi, vedi cap. 6), il Sol-Fa-Mi a quattro stadi ini-
ziò a imporsi come schema prediletto per i temi importanti.
Un Sol-Fa-Mi a quattro stadi ha una diade 0 -fD conclusiva (fa-1ni in mag-
giore) in comune con il Prinner, il Meyer, la Pastorella ed entrambe le metà
della Fonte e del Monte tipici. Perciò ci si può aspettare di vedere la stessa
Caduta del @ Acuto che spesso annuncia il successivo 0 -~ in tutti i suddetti
schemi.
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E questo certamente il caso dell'esempio 18.3 (riportato a pagina seguente)
di Giuseppe Tartini (1692-I770), il rinomato 'primo violino' di Padova per
quasi tnezzo secolo. Tartini inizia con un Sol-Fa-Mi di due battute a quattro
stadi, che presenta una Caduta del @ Acuto nella seconda battuta; continua
poi con un Prinner modulante in cui egli inserisce un piccolo Meyer. Sia il
Prinner che il M,eyer convergono e terminano sulla stessa diade 0-~, annun-
ciata da un'altra Caduta del @ Acuto.
Un accordo minore sul @ al secondo stadio del Sol-Fa-Mi non era neces-
sario: al suo posto sarebbe andato bene anche un accordo dj dominante. I
compositori galanti, però, sembrano aver preferito l'accordo minore in que-
sta sede, specialmente nei movimenti lenti come l'Adagio di Tartini. A volte,
però, potevano darsi determinate circostanze tecniche che rendevano
impossibile un accordo minore al secondo stadio. Ad esen1pio, quando
Anton Stamitz (1750-I798/r8o9), cresciuto nell'ambiente musicale di corte di
Mannheim (suo padre dirigeva la sua famosa orchestra), scrisse un Sol-Fa-
Mi con appoggiature cromatiche inferiori (vedj es. r8.4) , un @ al basso al
secondo stadio (batt. 2) avrebbe creato un orribile urto (do3 contro si q4 e
re5 ). Perciò al suo posto ha impiegato un ® (/a 3), abbellito da un mi q come

appoggtatura.
18. Il Sol-Fa-Mi 275

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Anche Luigi Boccherini (1743-1805), in un movimento che gli editori dell'Otto-


cento rivendevano cotne il suo 'Celebre minuetto', impiega un ® per il basso
del secondo stadio. La fama di questo brano, che a varie riprese nel corso del
ventesimo secolo fu identificato come uno dei più fatnosi pezzi galanti, fino a
comparire anche in un film,2 può risiedere in parte nella sua melodia sincopata
2
La commedia The Ladykillers (titolo italiano: La signora onzicidi) , regia di Alexander
Mackendrick, Ealing Studios, 1955, con Alec Guinnes, Herbert Lom e un giovane Petet
Sellers.
276 La musica nello stile galante

e in parte nella sua squisita trama. La combinazione particolarissima del violi-


no primo 'con sordina', del violino secondo 'con sordina' che alterna 1ni4 e mz~
a semicrome e viole e violoncelli pizzicati non può, sfortunatamente, essere re-
plicata n ella riduzione a due pen tagramrni qui sotto riportata:
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Es. I8.5- Boccherini, op. II, n. 5, mov. 3, Minuetto, batt. I (I77I)

Nonostante le varianti come quelle preferite da Stamitz e Boccherini, la formu-


la di Tartini degli anni '40 per un Sol-Fa-Mi a quattro stadi si dimostrò incre-
dibiln1ente stabile, anche quando, nei decenni successivi, lo schema raddoppiò
o quadruplicò la sua lungh ezza. Nel 1771, ad esempio, il violinista francese
Leduc scrisse un Sol-Fa-Mi di quattro battute molto vicino al modello di
Tartini, con un @ a sostegno di un accordo minore al secondo stadio, una
Caduta del@ Acuto e un Prinner melodico conclusivo (es. r8.6), il tutto segui-
to da un Prinner di otto battute (!) non riportato nell'esempio.
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Es. 18.6- Leduc, op. 4, n. 2, mov. r, Moderato (Parigi, 1771)

Nello stesso decennio, Salieri scrisse un Sol-Fa-Mi di otto battute, allegro


molto, che presenta le brevi interiezioni melodiche caratteristiche dell'opera
conlica. n passaggio di Salieri scorre rapidamente attraverso un Monte di otto
battute e tre Fenaroli prima di prendere fiato con una grande pausa diciasset-
te battute dopo la fine del Sol-Fa-Mi.
18. Il Sol-Fa-Mi 277

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Es. 18.7- Salieri, sinfonia da La /t'era dz· Venezia, mov. r,


A llegro molto (Vienna, 1772)
27 8 La must'ca nello stile galante

I tre numeri dei gradi della scala disposti a triangolo alla battuta 108 del
brano di Salieri vogliono mettere in evidenza la sovrapposizione di contesti
diversi che influiscono sul sz~ . Nello spirito del 'comune solfeggio italiano' di
Tartini, tale nota sarebbe un B-la-mi-re: la in relazione alla tonalità generale
di Re maggiore, mi in relazione al centro di Sol maggiore appena raggiunto
dalla prima parte del Monte e re o 8 Acuto in relazione all'imminente cen-
tro di La maggiore della seconda parte del Monte. Poiché la linea del basso
alle battute 105-11 forma una linea cromatica ascendente- /a# 3 , sol3 , sol#3 , la3
-il si5 a battuta 108 funge non solo da 8 Acuto per spostarsi al successivo
accordo di dominante (La maggiore) , ma anche come 0 Acuto di una caden-
za Convergente. La prassi di Salieri è tipica di una crescente riluttanza degli
anni '70 e '8o del secolo a scrivere dei Monti del tutto regolari e prevedibili.
Come già detto, l'uso sempre più frequente del termine Schusterfleck (in ita-
liano, ''Rosalia" )3 per indicare tali sequenze è un altro segno del declino del
Monte.
Alla fine dell'Ottocento, i fondatori delle moderne olimpiadi formularo-
no un motto - citius, altius, /ortius (in latino, "più veloce, più in alto, più
forte ") - che quasi incapsula una nozione romantica di eccellenza. Gli
esperti di musica galante non erano in.d ifferenti al fascino di esecuzioni
ostentatamente veloci e appariscenti, e il pubblico borghese le trovava irre-
sistibili. In effetti, la. velocità e lo slancio del passaggio di Salieri preannun-
ciano molte tendenze che giunsero a dominare la musica nei decenni succes-
sivi alla Rivoluzione Francese. Per una corte settecentesca dell' ancien régi-
me, però, l'eccellenza in musica voleva dire qualcosa di più; spesso voleva
dire 'finezza', un tratto tenuto in grande considerazione dalla società gal an-
te. La finezza poteva essere dimostrata musicalmente attraverso eleganti
dettagli piuttosto che attraverso la m era velocità, l'estensione del registro o
la dinamica.
La decorazione cromatica era uno dei più scontati segnali musicali di finez-
za. Come già osservato nel capitolo 8, il personaggio riepeliano dello studente
aveva detto che la seguente melodia "sembra una Fonte ordinaria": 4

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Es. 18.8- Riepel, la 'Fonte' o Sol-Fa-Mi dello studente

3 Drabkin~ W ., "Rosalia", in The New Grave Dictionary o/ Musz'c and Musicians 2 a ed., a
1

cura di Stanley Saclie e John Tyrrell, Macmillan, London 2 0 0 1, vol. 21 ) pp. 6 81-2.
4 Riepel, J., An/angsgrunde zur musz·calischen Setzkunst: Sà'mtliche Schrz/ten zur Musz'ktheo-
rz'e, a cura di Thotnas E mmerig, 2 voll. , Bohlau, Wien 1996, cap. 4, p. 29: "Sieht aus, wie ein
alitagli ehes Fonte".
18. Il Sol-Fa-Mi 279

Il personaggio del n1aestro non gli dà ragione né torto, ma fa notare che '' alcu-
ni com posi tori la abbelliscono in questo modo" :5

Es. 18.9 - Riepel, la 'Fonte' o Sol-Fa-Mi abbelliti

Riepel sembra riconoscere, senza descriverlo come tale, il nesso tra le versioni
diatonica e cromatica della Fonte e del Sol-Fa-Mi, le quali hanno tutte in
comune una melodia centrale generale 0 -0 ... 0 - ~ .
n tipo di ornamentazione suggerito da Riepel può vedersi chiaramente nei
due seguenti Sol-Fa-Mi di Leduc. Le prime quattro battute presentano il tema
diatonico di Leduc, un Sol-Fa-Mi diviso in due; dopo un interludio di qu attro
battute (non riportato), il ten1a torna poi con l'aggiunta di un' ornamentazione
cromatica e un carattere leggermente diverso, avendo perso le sue giocose
'note sfuggite' a ottavi (cfr. batt. 47, 49):

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Es. r8.ro - Leduc, op. 4, n . 2, mov. r, Moderato (1771)

Appena pochi anni dopo, in uno dei suoi movimenti intitolati Amoroso (si pre-
sw11e che una musica caratterizzata da un 'affetto' del genere debba esibire

5 _ _, Anfangsgrunde, cap. 4, p . 29: "Zieren ihn einige Componisten auf diese Art".
280 La musica nello stile galante

un'espressivita considerevole) , Pugnani impiega allo stesso modo il Sol-Fa-Mi


bipartito con la discesa cromatica ornamentale. Egli sembra inoltre aver rico-
nosciuto e sfruttato l'occasione per continuare la discesa cromatica oltre il ~ ­
#0 e il q0-~ al b~ -8:

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Es. 18.r1- Pugnani, op. 8, n. 2, mov. 3, Amoroso (1774)

Giovanni Battista Viotti (1755-1824), l'allievo piu famoso di Pugnani (che a sua
volta fu allievo di Somis), spesso esprimeva finezza attraverso appoggiature
cromatiche inferiori di una nota dell'accordo. Tali note e le dissonanze diato-
niche similmente aspre sono contrassegnate con una stella nell'esempio r8.r2,
preso da una delle sonate per violino e basso continuo di Viotti. Egli impiega
abbondantemente r abbellimento cromatico nella prima cadenza, la quale è un
adattamento relativamente abbreviato della cadenza Grande. Poi inserisce la
Fonte e ritorna a una cadenza Do-Re-Mi più ampia e conclusiva, che evita in
gran parte il cromatismo favorendo rapidi passaggi scalari. La Fonte di Viotti,
che a sua volta può essere considerata come una variante cromatica del suo
Sol-Fa-Mi, presenta una melodia tma terza sopra il normale e generale 0 -0 ...
0-~, incoraggiando in tal modo le sonorità degli accordi dissonanti di settima,
piu salienti per espressivita, nel primo e nel terzo stadio dello schema (ogni
metà della sua Fonte cornbacia con la variante della Virgola di Jommelli; cfr.
es. 11.34). Questo estratto melodico, benché non si avventuri oltre la prima po-
sizione sulla prima corda del violino, rappresenta l' apice dell'espressività nella
tarda musica strumentale galante.
18. Il Sol-Fa-Mi 281

L- FA -~ Il

14

CADENZA
Es. 18.12- Viotti, op. 4, n. r, mov. 3, Adagio (c. 1785)
Si trovano anche molti esempi di Sol-Fa-Mi in minore. Quasi sempre le modifi-
che allo schema di base erano minime, anche se al secondo stadio compare una
triade dissonante (poniamo, in La minore, st', re,/a). Anzi, si preferiva un tipo di
Sol-Fa-Mi in minore con al secondo stadio una dissonanza persino più aspra: un
accordo 6/ ~2 e il risultante ritardo 2-3. Un esempio è nella sezione 'minore' di
un minuetto di Gaviniés (vedi es. I8.I3). n basso tiene l'CD per i primi due stadi
dello schema, poi risolve scendendo al (j) nel terzo stadio. Si noti il salto carico
di tensione al @ Acuto nella seconda battuta, dopo le sincopi agitate della prima
battuta. Benché l'effetto sia abbastanza diverso nel modo minore, le sincopi in
Gaviniés sono quasi esattamente le stesse che in Boccherini (dr. es. r8.5) .
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Es. 18.13- Gaviniés, op. 3, n. 5, mov. 3b, Tempo dz· minuetto (1764)
Leduc, allievo di Gaviniés, produsse un Adagio altrettanto espressivo sul mede-
simo modello. La voce di tenore aggiunta nell'edizione a stampa originale sug-
282 La musica nello stile galante

gerisce che Leduc o il suo editore decisero di esplicitare il ritardo 2-3, che pote-
va facilmente non essere colto dal continuista in quei bassi senza numerazione.
L'indicazione rinforzando all'inizio della melodia del Prinner a battuta 3 confer-
ma l'impressione che si tratti di un'intensificazione dell" affetto' (es. r8.14).
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Es. 18.14 - Leduc, op. 4, n. 3, mov. 2, Adagio (1771)

Se si dovesse combinare la carica espressiva dei Sol-Fa-Mi scritti da questi vio-


linisti francesi con l'ampiezza e il dinamismo del Sol-Fa-Mi orchestrale di
Salieri (es. r8.7)- accoppiando così la sensibilità melodica francese con lo slan-
cio orchestrale viennese- il risultato potrebbe avvicinarsi al celebre inizio della
sinfonia in Sol minore K 550 di Mozart (1788) . A mio giudizio, questo tema,
meritatamente famoso, non è meno coinvolgente per essere stato costruito sul
modello schematico di repertorio del Sol-Fa-Mi diviso in due:
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1

Es. r8.r5 - Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, mov. r, Allegro (1788)
19
Un Andante
di Johann Christian Bach

Op. 12, n. 6, mov. 2, Andante,
Parigi, 1773-74

Volendo dare dei consigli paterni sull'arte della composizione, Leopold Mo-
zart scrisse a suo figlio W olfgang:

npiccolo è grande, quando è naturale - scritto in modo fluido e fondato con


precisione. Riuscire a fare ciò e più duro che scrivere tutte quelle progres-
sioni armoniche artificiali incomprensibili alla maggior parte delle persone, e
melodie dure da eseguire. Si è forse Bach mai abbassato a ciò? Giammai! La
buona composizione e l'ordine, il 'filo' [in italiano nell'originale, N.d.T.] -è
ciò che distingue il maestro dal pasticcione, anche nelle piccolezze. 1

Leopold stava cercando di influenzare suo figlio invocando un nome che il gio-
vane Mozart aveva in grande stima. ((Bach,, a ogni modo, stava per Johann
Christian Bach (1735-1782), di formazione italiana, cattolico come i Mozart e
maestro di musica della regina Carlotta d 'Inghilterra. E anche se in seguito
Mozart si avvicinò anche alla musica del n1eno famoso fratello maggiore di
Christian (Cari Philipp Emanuel) e del suo defunto padre (J. S.), egli conside-
rò sempre il Bach che aveva scritto opere per Napoli come il suo grande
modello, l'uomo il cui stile si impegnò assiduamente a ernulare nel corso dei
suoi anni giovanili.
Cercando di spiegare come si possa distinguere, dagli indizi contenuti nei
testi, tra quelli prodotti in seno a una tradizione orale da quelli prodotti in seno
a una tradizione letteraria, Albert Lord ha scritto:

L'analisi delle formule, posto naturalmente che ci sia abbastanza materiale


per avere risultati significativi, ci può dire se un dato testo sia orale o 'let-
terario'. Un testo orale mostrerà una predominanza di formule chiaramen-
te dimostrabili, col resto per lo più costituito da espressioni 'formulari' e da
1 Nella sua lettera delr3 agosto 1778, Leopold scrive: "Das Klez.ne ist GrojS, wenn es nati.ir-
lich - fli.issend und leicht geschrieben und griincllich gesetzt ist. Es so zu machen ist schwe-
rer als all die den meisten unverstandliche Kiinstlichen Harmonischen progressionen, und
scbwer auszufiihrende Melodyen. Ha t sieh Bach dadurch heruntergesetzt? - keines wegs!
Der gute Satz, und die Ordnung, il filo - dieses unterscheidet den Meister vom Stiimper
auch in Kleinigkeiten". TI testo tedesco integrale di questa lettera si trova in Mozart) Brie/ e
und Au/zeichnungen, Barenreiter, Kasselr962.
284 La musica nello stile galante

una minima quantità di espressioni non formulari. Un testo letterario


mostrerà una predominanza eli espressioni non formulari, con alcune
espressioni formulari, e pochissime formule evidenti. [ ... ] Altrettanto utili
sono le analisi dei tipi di enjambement nei vari stili. Si è visto che l' enjam-
bement aperiodico, lo stile 'aggiuntivo', è caratteristico della composizione
orale, mentre l' enjambement periodico è tipico dello stile 'letterario' .2

Questo capitolo presenta l'Andante della sonata in Sib maggiore di Bach, dalla
sua matura raccolta eli pezzi per tastiera, l'op. 12 (Parigi). Se Galuppi o Ditter-
sdorf rappresentano un tipo di tradizione orale caratterizzata dalla concatena-
zione di materiale di repertorio e da una minima sovrapposizione tra le figure
(enjambement o 'inarcatura'), Bach rappresenta uno stile più letterario. Si esita
a segnalare indizi di calcolo o di progettazione consapevole in un movimento
che riesce così bene a conciliare 'nobile semplicità' e naturalezza, un esplicito
traguardo estetico alla fine degli anni '70 del Settecento. Eppure la naturalezza
è un'impressione artificiale e non necessariamente indicativa del modus operan-
dz'. Bach sembra aver considerato persino il materiale musicale più banale co-
me adatto a una manipolazione arbitraria. Ad esempio, la figura di accompa-
gnamento nel basso di battuta 1 presenta una nota di volta inferiore accentata,
seguita da un arpeggio ascendente della triade (vedi es. 19.1). Egli utilizza que-
sta figura tre vo] te di seguito (batt. 1-3). A partire da battuta 7 modifica legger-
mente il contorno di questa figura per altre tre volte e poi, a partire da battuta
13, Bach sembra riecheggiare questo modello in semicrome per la duplice
esposizione di una figura melodica decorativa.

13

Es. 19.1- Associazioni motiviche nell'Andante di Bach


2 Lord, A. B., Il cantore di ston·e, trad. it. eli Gianni Schilardi, Argo, Lecce 2005, pp. 2u- 2;
(orig. The St'nger o/Tales, Harvard University Press, Cambridge 196o).
19. Un Andante dt.]. C. Bach 285

Si potrebbe far notare che il motivo con nota di volta e arpeggio dell'esempio
19.r faceva parte del tema principale di Bach e perciò era logico pensare che sa-
rebbe stato impiegato ripetutamente nel corso del movimento. Lo stesso, però,
non può dirsi del piccolo Eingang (una breve introduzione in levare) a battuta
11 che introduce un nuovo tema nella tonalità di Sib maggiore (vedi es. 19.2).
Dieci battute dopo, questo stesso piccolo modello generico è riproposto per
moto contrario e retrogrado in modo da introdurre un tema diverso. Una va-
riazione recherchée di questo tipo, più caratteristica della poetica di corte del
diciassettesimo secolo che delle leggere sonate galanti, sarebbe stata più ap-
prezzata da Mozart figlio che non da Mozart padre.
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1

Es. 19.2 - L'uso a specchio del piccolo Eingang di Bach

La somiglianza musicale è nell'orecchio di chi ascolta, e con un po' d'impegno


possiamo rintracciare altri casi di somiglianza motivica nella sonata di Bach. I
suoi vari usi dello schema del Sol-Fa-Mi, ad esempio, avranno naturalmente
n1olte caratteristiche comuni. Il mio scopo nell'attirare l'attenzione su questi
aspetti non è affermare che essi producano composizioni di qualità superiore,
o che Bach costituisca un ponte verso Beethoven e Brahms. Il modus operandi
di Bach, però, sembra in effetti riflettere un gusto tedesco alla composizione
galante, gusto che ha dimostrato di aver avuto un'influenza significativa su
Mozart nei suoi primi anni e che è ancora in grado di parlare agli ascoltatori
moderni senza bisogno di troppa traduzione, necessaria forse per le opere dei
suoi contemporanei italiani. Poiché Bach si appoggia cos1 saldamente sulle re-
lazioni e i riferimenti interni, la sua musica può essere apprezzata più facilmen -
te dal pubblico, laddove i riferimenti nei pezzi di Galuppi o Dittersdorf appar-
tengono in toto alla tradizione galante, favorendo così gli esperti con un'ampia
conoscenza del repertorio di corte. Questi due approcci non sono opposti fra
loro, ma piuttosto due modi diversi di apprezzare (a) le somiglianze percepite
all'interno di un pezzo, e (b) le somiglianze percepite tra diversi pezzi. Entram-
bi gli approcci impiegano trame di relazioni molto intrecciate: una piu interna
e l'altra più esterna; una piu intima, l'altra più mondana.
Come mostra la tabella seguente, questo lungo movimento non si discosta
dalle scale di tonica e dominante, con l'unica eccezione di un assaggio di Fonte
ermafrodita (con il <D (estraneo' abbassato, il do'rl, a batt. 44). n fluido diatoni-
286 La musica nello stile galante

smo e i delicati e ben subordinati abbellimenti cromatici possono facilmente


far passare inosservata la cura con cui Bach si è sforzato di elidere, combinare
insieme e in generale smantellare la normale scansione degli schemi galanti.
Persino il tema iniziale si allontana significativamente da ciò che un cortigiano
potrebbe aver imparato ad aspettarsi da un Sol-Fa-Mi: al posto della diade me-
lodica sol-fa cui risponde la diade /a-mi, Bach procede direttamente al mi, ac-
compagnandolo con un movimento del basso molto simile a una cadenza d'in-
ganno ( ® -®). Dico ((molto simile" perché nel basso iniziale di Bach vi sono
anche evidenti tracce di Romanesca (batt. 1-3). La successiva cadenza viene
evasa, e anche la conclusione della cadenza 'completa' che segue è a sua volta
attenuata dall'entrata al basso del motivo mostrato prima nell'esempio 19.1 (co-
me batt. 7). Una reale cesura si ha soltanto con la fine del Prinner e la sua
estensione alla cadenza sospesa a battuta 12. Quando la forte cadenza di battu-
ta 25 'termina' finalmente la prima n1età del movimento, Bach si lancia in
un'estesa digressione di crescente virtuosismo che ha le sue radici nelle sinfo-
nie d'opera italiane.

Sezione Schema Tonalità


Ia metà Sol-Fa-Mi Mib
Cadenza - evasa ... completa Mib
Prinner Mlb
Meyer Sib
Passo Indietro Sib
Cadenza Convergente Sib q Fa
Sol-Fa-Mi Sib
Cadenza - evasa ... completa Sib
(salita triadlca) Sib
Cadenza - evasa ... completa Sib
Quiescenza, bis Sib
=1111=

Sol-Fa-Mi Sib
Cadenza - evasa ... completa Sib
Fonte erma rocita Famm. q Mib
Prinner Mi"
Ponte Mib
Sol-Fa-Mi Mib
Prinner Mi"
Sol-Fa-Mi Mib
Cadenza Mib
(salita triadica) Mib
Cadenza - evasa ... completa Mib
Quiescenza, bis Mi D
=Il
19. Un Andante dl]. C. Bach 287

Anche se qualsiasi passaggio di questo movimento ricompenserà un esame at-


tento, voglio richiamare l'attenzione solo su alcuni che si riferiscono proprio
agli argomenti dei precedenti capitoli. Uno è l'uso della Quiescenza alla fine
delle due metà del movimento. Il capitolo 13 descrive le versioni diatonica e
cromatica come diversi tipi dello stesso schema. T ale sembra essere stata anche
la concezione di Bach, giacché conclude la prima meta del movimento con la
versione diatonica e la seconda metà con la versione cromatica, forse ancora
più enfatica e piu evidente. n capitolo II colloca il Passo Indietro spesso appe-
na prima l'inizio di una cadenza importante. Bach utilizza il Passo Indietro a
battuta 15 e piuttosto diligentemente lo fa seguire da un'ampia cadenza Con-
vergente. I capitoli 3 e 9 illustrano dozzine di esempi del Prinner e del Meyer
con le Cadute del @ Acuto. Bach segue tale tradizione per tutta la durata del
movimento. Egli, però, introduce anche un riposizionamento del Prinner nella
seconda metà del movimento: dopo la doppia barra, invece di cotnparire come
risposta del tema iniziale, il Prinner è sostituito da una Fonte (batt. 43). TI Prin-
ner che fungeva da risposta alla mossa d'apertura nella prima metà del movi-
mento ritorna soltanto più in avanti (batt. 57) come risposta a un 'secondo te-
ma', a sua volta un Sol-Fa-Mi come la mossa d'apertura. Mentre neJla sua pri-
ma istanza tale risposta di Prinner si affretta a concludere con una cadenza so-
spesa (batt. 11), nella seconda, posticipata istanza Bach ne ripristina la normale
scansione (batt. 57). In seguitò Mozart copio questo modo di posticipare e ti-
posizionare la risposta di Prinner nel movimento lento della sua grande sinfo-
nia in Sol minore (vedi la sezione finale del cap. 9) . L'Andante di Bach, un mo-
vimento ardito e (letterario' per i canoni galanti, a volte utilizza il repertorio di
schemi galanti soltanto come punto di partenza; ciò nonostante, il suo stile
compositivo rimase saldamente fondato su questo repertorio.
288 La musz·ca nello stt"le galante

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19. Un Andante di]. C. Bach 289

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290 La musica nello stile galante

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Es. 19.3- ] . C. Bach, op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)
20
L'Indugio
I musicisti di corte dell'Europa centrale scrissero diversi importanti trattati tra
gli anni ' 50 e i primi anni '6o del Settecento. Quelli di Riepel (1752, 1755, 1757,
1765) sono tutt'oggi significativi per la loro descrizione della prassi compositi-
va.1 Il trattato di Quantz sul flauto (1752), i trattati di C. P. E. Bach sulla tastie-
ra (1753, 1762) e il trattato di Leopold Mozart sul violino (1756) sono importanti
per i dettagli sulla prassi esecutiva.2 Infine, il trattato di Johann F riedrich Dau-
be sul basso continuo (1756) è prezioso in quanto mostra come le semplifica-
zioni galanti della sintassi musicale avessero iniziato a influenzare le concezio-
ni del sistema tonale.3 Nel General-Bass in drey A ccorden [Basso continuo in tre
accordi] Daube, come in precedenza Rameau in Francia (1722), sposta l' atten-
zio ne al ruolo centrale di tre distinte sonorità: un accordo 6/ 5 sopra il @ al
basso, un accordo di settima sopra il® e un semplice triade sopra l' G) . Ben-
ché Daube semplificasse troppo la prassi galante per il suo pubblico di musici-
sti dilettanti, come abbiamo visto nel capitolo II, è comunque vero che si può
produrre una tipica cadenza galante utilizzando soltanto queste tre sonorità:

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Es. 20.1 - I 'tre accordi' di Daube (1756) disposti in una cadenza

Tra gli schemi introdotti nei capitoli precedenti, il Ponte potrebbe essere ca-
ratterizzato come un ampliamento del secondo tipo di sonorità (un accordo di

1 Riepel, ]. , A n/ angsgrunde
zur musicalischen Setzkunst: Siimtliche Schrz/ten zur Musiktheo-
rie, a cura eli Thomas Emmerig, 2 voll., Bohlau, Wien 1996.
2 Quantz, J. ]. , Versuch einer A nweisung die Flote traversiere zu spielen , Berlin 1752; Bach,
C. P. E., V ersuch iiber die wahre Art das Clavier zu spielen, 2 voli. , Berlin 17 53 , 17 62; Mozart,
L., Versuch einer grundlichen Violinschule, Augsburg 1756.
3 Daube, F. , G eneral-Bass in drey A ccorden, gegrundet in den Regeln der alt- und neuen
Autoren , Leipzig 1756.
20. L'Indugio 293

settima sul®), e la Quiescenza potrebbe essere descritta come un ampliamen-


to del terzo tipo (una semplice triade sull'CD) . Ciò che io chiamo <Indugio' -
cos1 chiamato perché indica appunto un giocoso indugiare che ritarda l'arrivo
di una cadenza- era uno schema per estendere e insistere sul primo tipo di so-
norità, un accordo 6/ 3 o 6/5/3 sul@.
Per mostrare l'Indugio in una disposizione tipica, ho scelto un passaggio da
uno dei molti pezzi per tastiera di Cimarosa senza data (es. 20.2). Il movimen-
to in questione inizia in Sib maggiore ma nell'esempio ha già modulato alla
tonalità della dominante, Fa maggiore:
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Es. 20.2- Cimarosa, Sonata c 78, Allegro brioso (c. 1780-90)

Cimarosa presenta prima un Fenaroli di quattro battute in Fa maggiore. Nel-


l'ultima battuta del Fenaroli (batt. 24), il basso si sposta dall' CD al @ , il che
spesso indica l'inizio di una cadenza. Dunque a battuta 25 avrebbe potuto ini-
ziare una cadenza di una o due battute, se un Indugio non l'avesse ritardata di
diverse battute (batt. 25-28). Inoltre, l'Indugio conduce a una cadenza Conver-
gente a do, che può intendersi come nuova tonica oppure come la dominante di
Fa maggiore. L'esempio di Cimarosa presenta molti dei tratti distintivi dell'In-
dugio. C'è il cospicuo@ iniziale nella melodia (batt. 25), la rapida figura a semi-
crome che infine sale toccando @, O e CD (batt. 25-28), la sonorita del modo mi-
nore (Sol minore) , le note di volta inferiori cromatiche (i la 3 al basso e i/a#5 al
soprano alle batt. 25-28) e il basso che sale cromaticamente nella cadenza Con-
vergente (batt. 28-29). Altrettanto importante è la percezione che la forte spinta
in avanti del Fenaroli sia stata ritardata dall)Indugio. La battuta 26 replica esat-
294 La musica nello stile galante

tamente la battuta 25, la prima metà di battuta 27 ripete la prima metà di battu-
ta 26 e la seconda metà di battuta 27 ripete la prima meta della stessa battuta. In
breve, l'ascoltatore e obbligato a indugiare su un'inquieta stasi fino a che la ca-
denza Convergente non ristabilisce un senso di moto verso una meta.
Gaviniés, benché maggiore di Cimarosa di vent'anni, condivide tuttavia
molte delle sue strategie per impiegare l'Indugio. L 'esempio 20.3 è preso dal
movimento lento della sua sonata per violino in Sol maggiore. Come il movi-
mento di Cimarosa, quest'altro modula alla tonalita della dominante, Re mag-
giore, e poi riparte con un Fenaroli. Cimarosa collega l'Indugio direttamente al
Fenaroli; Gaviniés prende una strada più comoda. li Fenaroli è seguito da una
cadenza completa (batt. 15-16) che conclude la prima metà del movimento. La
seconda metà inizia con una Fonte cromatica (batt. 17-20); la discesa melodica
re5-do#5 -do q5-si4 della Fonte conduce alla4 (8 ) di battuta 21, dove Gaviniés in-
comincia l'Indugio.
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Es. 20.3- Gaviniés, op. 3, n . 3, mov. 2, Adagio cantabile (1764)
20. L)lndugio 295

Un'importante variante dell'Indugio p resenta un basso che sale e scende per


grado tra @ e ®, mentre la melodia segue parallelamente tale movimento
andando su e giu tra @ e O . La combinazione di u n pedale sulla tonica CD in
una voce interna con le note di passaggio nelle voci estreme determina un
accordo 6/4 di passaggio sul ®. Ognuno dei due esempi di Cimarosa ripor-
tati sotto illustra questo procedimento. li primo, in Re~ maggiore, presenta
tutte e tre le voci e p uò dunque essere più facilmente riconosciuto come una
variante con 6/ 4 di passaggio; alla melodia sono presenti le consuete sincopi
dell'agitato:

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Es. 20.4 - Cimarosa, Sonata c 70, Andantino (c. 1780-90)

li secondo esempio, in Si bemolle maggiore (vedi es. 20.5 a pagina seguente),


presenta solo le due voci estreme, con il pedale della voce interna sottinteso.
Anche quest'Indugio è leggermente sincopato e include una sensibile cronlati-
ca (si q) del @. Come nell'esempio precedente, ho aggiunto la numerazione
(6/4' per evidenziare la posizione di quella sonorità (i numeri non sono presen-
ti nel n1anoscritto o nell'edizione a stampa originali) . Questo secondo esempio
della variante col 6/ 4 di passaggio mostra altresì l'opzione meno comune di un
Indugio che non procede a una cadenza Convergente; al suo posto, la frase
giunge a una cadenza com p leta nella tonalità di Sib. ..
296 La musica nello stile galante

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Es. 20.5- Cimarosa, Sonata c 72, Allegro (c. 1780-90)

Nella tradizione del partimento, la variante col 6/4 di passaggio dell'Indugio


era a volte nun1erata senza un esplicito '6/ 4', ma in un modo tale da suggerire
meglio la condotta delle parti. In un esempio di T ritto si può vedere il pedale
interno di tonica numerato come (5 ' (che significa: "Suona la quinta sopra il
basso e tienila ferma'' ) e la melodia e il basso per moto parallelo numerati
come (6 6 6 6'. TI partimento mostra un Indugio posto al terzo stadio di una
cadenza Lunga, come definita da Sala (vedi cap. rr) :4
l:\.1 f) li C1 IO
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Es. 20.6 - Tritto, partimento in Sol maggiore (c. 1810-15)

4 T rittoG., Partimenti regole generali: Per conoscere qual numerica dar sì deve a vari movi-
menti del basso, Ferd. Artaria, Milano [t8r6], p. 7, lezione 3·
20. L'Indugio 297

Diversamente dagli Indugi dei due precedenti esempi, un tipico Indugio si


conclude generalmente con una cadenza Convergente. Queste cadenze deter-
minano un equilibrio tra le tonalità della tonica e della dominante, consenten-
do a entrambe di essere sentite. Basta appena una leggera spinta per destabiliz-
zare tale equilibrio e obbligare a un'interpretazione univoca. In un altro Indu-
gio di Gaviniés, l'anticipazione del do# sia al basso sia alla melodia (batt. 21)
pone il Re maggiore direttamente in primo piano:

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Es. 20.7- Gaviniés, op. 3, n . 5, mov. r, Allegro (1764)

Come per la maggior parte degli schemi galanti, l'Indugio aveva una serie di
varianti secondarie, dovute magari a tradizioni locali e preferenze personali. A
Vienna, ad esempio, V anhal disponeva frequentemente il basso della cadenza
Convergente, 0 -#0-®, alla voce di tenore. Due esempi ad hoc dai suoi quar-
tetti d'archi presentano un Prinner modulante che precede l'Indugio. TI primo,
esen1pio 20.8, aggiunge un Ponte e una corona dopo l'Indugio per ritardare
ulteriormente il Mi maggiore, la nuova armonia di tonica.

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(Segue)
298 La musica nello stile galante

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Es. 20.8 - V anhal, Quartetto in La maggiore (A4), mov. 1, Allegro mod. (1784)

Anche il secondo, esempio 20.9, è preceduto da un ampio Prinner modulan-


te, che in questo caso ha un Meyer del tipo comune incastonato nella sua se-
conda metà. Come nell'esernpio precedente di Vanhal, la discesa CD - 0 - 0 -~
del Prinner conduce fluidan1ente al @ dell'Indugio, determinando una lunga
discesa continua che passa dall'O e arriva al fì per concludere con la cadenza
Convergente.

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Es. 20.9- Vanhal, Quartetto in Do maggiore (CI), mov. I, Allegro (I773)


20. L'Indugio 299

Le disposizioni contrattuali che legavano i musicisti di corte ai loro nobili


padroni erano talvolta pesanti, talvolta generose. Se Mozart, Haydn e molti
altri scalpitavano sotto quelle condizioni, è perché si sentivano uomini liberi.
Vanhal, al contrario, fin dalla nascita era effettivamente di proprieta di un
nobiluomo. Legalmente era un servo, la proprietà personale di qualcun altro.
Egli raggiunse un importante traguardo quando divenne abbastanza famoso
per riscattare la sua libertà. In seguito non entrò più a servizio di una corte, e
si guadagnò da vivere agiatatnente componendo musica per tastiera e da came-
ra che veniva pubblicata e venduta alla classe media. Questa musica borghese
attinge ancora abbondantemente al repertorio di schetni galanti, ma delle sot-
tili modifiche affiorano nel modo in cui sono presentati gli schemi. A volte, il
discorso musicale sembra diventare più ovvio, quasi didattico.
Tre esempi permetteranno di gettare uno sguardo sullo sviluppo di questo
repertorio, sviluppo la cui lunga storia eccede l'ambito del presente volume. n
primo è preso dal quartetto giovanile in Do minore di Vanhal (1768-69). Le
prassi galanti sono ancora molto evidenti. Una fluida frase cadenzale di quat-
tro battute in Mib maggiore termina con una cadenza d'inganno a battuta 24,
quando il primo violino esegue un'appoggiatura e il secondo completa un
Prinner melodico. Con la ripetizione della frase, un Indugio fiorito conduce
alla normale cadenza Convergente:

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CON VERGEN'TE
Es. 20.10 - Vanhal, Quartetto in Do minore (C2),
mov. 1, Allegro mod. (1768-69)
3 00 La musica nello s#le galante

Nel secondo esempio, dal suo quartetto in Sol maggiore datato intorno alr78o
(vedi es. 2o.rr), la prima frase accenna a un Indugjo a battuta 143; la seconda
frase poi ne sviluppa il potenziale aggiungendo due battute in più, con diver-
se pause alloro interno (batt. 143 diventa batt. 147-49).
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Es. 20.11- Vanhal, Quartetto in Sol maggiore (G8),
mov. r, Allegro moLto moderato (c. 1780)

n terzo e ultimo passaggio (es. 20.12, a pagina seguente) proviene dal quartet-
to in Mi!J maggio re della metà degli anni '8o (1785-86). Come nei precedenti
due esen1pi, Vanhal fornisce un modello di frase seguito da una sua copia
modificata. n modello di frase presenta una chiara quadratura di quattro bat-
tute: niente appoggiature, niente Prinner, niente cadenza d 'inganno. Soltanto
l'accenno di Indugio al @ della m elodia a battuta 7 (si notino le relative sinco-
pi) aiuta a ritardare la cadenza co1npleta fino alla metà di b attuta 8. La secon -
da frase è una copia ampliata della prima. L 'ampliamento inizia al e della
melodia a battuta II e diventa un ampio Indugio, co1npleto dell'inserimento di
un Fenaroli a canone in Fa minore. Quando la cadenza completa arriva a bat-
tuta 14, sul battere si ritorna alla quadratura iniziale.
N ei tre estratti degli es. 20.10, 20. 11, 20.12 si può vedere un 'evoluzione stili-
stica in cui il significato musicale viene sempre più incorporato n el singolo
p ezzo. Cioè, m entre ci si poteva aspettare ch e un pubblico di corte con1pren-
desse sempre e cotnunque un Indugio qua11do compariva, si h a la sensazione
che Vanhal, nella musica stessa, stesse suggerendo al suo pubblico, p er lo più
b orgh ese, il significato d ello sch ema. Egli, in parte, lo stava edu cando. Ogni
estratto presenta un modello (la prima frase),. a cui segue una sua replica am-
20. L'Indugio 301

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Es. 20.12- Vanhal, Quartetto in Mil7 maggiore (EI7 II),


mov. I, Allegro con fuoco (c. 17 85-86)

pliata (la seconda frase) m ediante l'interpolazione di un Indugio. li significato


dell'ampliamento si può dedurre dal confronto col modello originale, consen -
tendo quindi a chi non avesse una vasta esperienza musicale dello stile di corte
di comprendere comunque il senso dell'Indugio. Mi rendo conto che la transi-
zione verso un'arte musicale più autoreferenziale e meno legata alle formule è
in genere attribuita agli atti 'eroici' di con1positori come Beethoven. Forse, pe-
rò, i cambian1enti nel pubblico e nello status di compositore economica1nente
indipendente avevano eguale importanza. Se si accetta la tesi eli Norbert EHas
per cui alcuni dei problemi di Mozart derivavano dalla sua nuova condizione
di (( artista borghese in una societa di corte", allora forse il successo di Vanhal
fu di capire come operare da artista borghese in una società borghese.5
Beethoven , come c'era da aspettarsi, portò il discorso più avanti. L'inizio
della sua sonata per pianoforte in Mi ~ del 1802 (si veda l'es. 20.13 a pagina
seguente presenta l'Indugio come schema d 'ap ertura. Quest'insolita scelta può
ancora suscitare commenti anche se molto tempo è trascorso da ch e l'Indugio
risuonava nelle corti. Le note di programma per la diretta di un concerto del
2003 di Artur Pizarro, tras.m esso dalla Bse, recitano che cela sonata inizia con
una spiazzante idea armonica su un ambiguo accordo di sesta aggiunta e non
5
Elias, N ., Mozart. Sociologia di un genzò, trad . it. di R. Mattini, li Mulino, Bologna 2oo6,
Pp. ro sgg (orig. Mozart. Zur Soziologie ez'nes Genies, a cura di Mlch ael Schro ter, Suhrkamp,
F rankfun 1991). TI libro è una raccolta postwna.
302 La musica nello stile galante

raggiunge la tonica prima della sesta battuta". 6 Lo schema di corte sbiadisce


' . . .' .
cos1 1n una cur1os1ta armoruca.
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p cresc...

Es. 20.13 - Beethoven, op. 3I, n. 3, mov. I, Allegro, batt. I (Vienna, I8o2)

La graduale transizione da una cultura m.usicale galante a una borghese accele-


rò il passo durante gli ultimi decenni del diciottesimo secolo. Ovviamente la
Rivoluzione del 1789, che portò a una crisi dell'aristocrazia e del clero francesi,
determinò una crisi collaterale per i molti musicisti che da essi dipendevano. Si
pensa che lo sfortunato Anton Stamitz, uno dei musicisti stabili di Luigi XVI
("ordinaire de la musique du roi"), fosse impazzito, giacché non fu mai più vi-
sto in pubblico. Le successive guerre napoleoniche complicarono la situazione
in tutto il continente, in quanto un musicista di corte, che non aveva altra scel-
ta se non lavorare per chiunque stesse al potere, poteva d'un tratto diventare
(persona non grata' in seguito a un cambio di regime. A Napoli, ad esempio, il
regime cambiò cinque volte nel decennio compreso tra il 1798 e il r8o8. Già nel
1794 Piccinni era stato posto agli arresti domiciliari per sospetti infondati di
giacobinismo, e fu rilasciato solo n el I798. L'anno seguente vide Paisiello inda-
gato per sedizione e Cimarosa imprigionato e condannato a morte, anche se
graziato in seguito. Cimarosa e Piccinni non si ripresero mai completamente
da questo duro colpo. li ben piu disinvolto Paisiello riuscì a diventare maestro
di cappella dello stesso Napoleone.
Se dei compositori tanto famosi e con così tante conoscenze ebbero difficol-
tà, si immagini che cosa sarà stato per un musicista ordinario. N elle sue memo-
rie della rivoluzione, Grace E lliot, una delle più stimate cortigiane dell'epoca,
ricorda che il giorno di domenica 12luglio 1798,

andai con il duca d'Orléans, il principe Louis D ' Aremberg e altri i cui nomi
non rarrunento, a pescare e pranzare al castello del duca a Raincy, nella
foresta di Bondy, presso Parigi. Ritornammo a Parigi in serata, con l'inten-
zione di andare alla Comédie Italienne. Avevamo lasciato Parigi alle undici
6 Note a un programma presentato dilla BBC3, Londra, 2003, <http:/ / www.bbc.eo.uk/
raclio3/ classicaVpizarro/ sonatai8.shtml>.
20. L 'Indugio 303

in perfetta tranquillità; ma al nostro ritorno alle otto eli seta alla porta Saint
Martin (dove la carrozza da città del duca lo stava attendendo, e me la mia),
il mio servitore mi disse che non avrei potuto andare allo spettacolo, giac-
ché i teatri erano tutti chiusi per ordine della polizia, e che Parigi era tutta
in confusione e tumulto.7

N el corso della sua /et e galante tutto era cambiato. La storia ci dice che in se-
guito il granduca fu giustiziato e che la bella cortigiana fu arrestata, riuscendo
solo per miracolo a evitare la ghigliottina. E poi non dovremmo dimenticarci
della trentina circa di musicisti che lavoravano alla Comédie Italienne: persero
tutti il lavoro.

7Elliot (Dalryrnple), G. , JournaL of My Lz/e During the French Revolutt.on, R. Bentley,


London 1859, pp. 17-8.
21
Un Cantabile
di Simon Leduc
Op. 4, n. I, mov. I, Parigi, 177I

Allievo di spicco di Gaviniés, Simon Leduc (1742-i777) era già diventato uno
dei principali musicisti di Parigi quando Mozart, ancora bambino, vi compì il
pritno tour nel I763-64. li padre di Mozart, un'indiscussa autorità della tecni-
ca violinistica, scrisse parole di approvazione sulle esecuzioni di Leduc e, con-
siderato lo stile delle composizioni di Leduc, sarebbe difficile credere che
Wolfgang non abbia trovato anch'egli molto da ammirare ed emulare nelle ele-
ganti melodie del compositore francese.
Leduc scrisse della musica altamente raffinata per piccoli ricevimenti aristo-
cratici in camere e saloni. La fluidità e la perfezione del suo stile erano egua-
gliate da pochi altri, e quasi ognuna delle sue frasi presenta uno schema galan-
te esposto in modo da sfruttarne le tradizioni e le opportunità espressive. Si
prenda, ad esempio, l'Indugio. Egli include tre diversi Indugi nella sonata per
violino, oggetto di questo capitolo. Il primo consiste in una tipica combinazio-
ne dell'Indugio con la cadenza Convergente:

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Es. 2I.I - Leduc, op. 4, n. I, mov. I, Cantabile (Parigi, I771)

Il secondo Indugio del movimento (esempio 21.2, a pagina seguente), con un


basso diatonico, emerge quando un tentativo di Prinner stenta e non riesce
a svilupparsi.
li terzo Indugio del movin1ento (esempio 21.3, a pagina seguente) presenta
un'evidente variante col 6/ 4 di passaggio, insieme a ulteriori abbellimenti
melodici, caratteristici dello schema.
21 . Un Cantabile di Simon Ledue 3 05

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Es. 21.2 - Leduc, op. 4, n . I, mov. I, Cantabile (Parigi, 177I)

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Es. 21.3- Leduc, op. 4, n . I, n1ov. I, Cantabile (Parigi, 1771)

Un simile movimento avrebbe potuto facilmente essere concepito a Napoli,


viste le molte corrispondenze con la prassi italiana. In particolar modo, lo stile
di Leduc ha affinità con quello del suo contemporaneo di poco più giovane
Cimarosa. L'esempio 21.3, ad esempio, ha molte caratteristiche in comune con
un Indugio di Cimarosa discusso nel capitolo precedente (es. 20.4).
I prossimi due esempi illustrano le molte affinità tra i tnodi in cui Cimarosa
(esempio 21.4, a pagina seguente) e Leduc (esempio 21.5, a pagina seguente)
presentano una doppia esposizione della Romanesca per grado congiunto.
Benché questi passaggi siano grosso tnodo contetnporanei, la difficoltà nel
datare le composizioni strumentali di Cimarosa rende difficile stabilire quale
dei due preceda l'altro.
In entran1bi i casi si sente la stessa Romanesca discendente per grado e una
sua ripetizione variata con un b asso più dinamico. Dubito molto che i compo-
sitori si siano influenzati l'un l'altro; stavano attingendo entrambi alla tradizio-
ne galante, cercando nei loro zibaldoni qualcosa di appropriato e, poiché le
situazioni musicali sono molto simili, hanno fatto scelte simili. Cin1arosa ha
uno stile più italiano di Leduc, data la sua scelta di una risposta di Prinner per
306 La musica nello stile galante

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Leduc, op . 4, n. I, mov. I, Cantabile (Parigi, 177I)
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21. Un Cantabile di Simon Leduc 307

la Romanesca. Entrambi, comunque, adottano la strategia molto simile di


impiegare la Romanesca come un tipo di preparazione dei Salti di Terza per
una cadenza debole, la quale poi comporta una ripetizione variata che termi-
na con una cadenza forte.
'E notevole l'ingegnosità di Leduc nel procrastinare le conclusioni di ogni
metà del suo movimento, facendo cadere, a seconda di come le si contino, al-
meno sei opportunità per una cadenza prima delle definitive cadenze Cud-
worth. Egli, come Cirnarosa (vedi cap. rr, es. II.2I), evita di frequente una forte
conclusione, non evitando delle note di tonica, ma 'sfuggendo' l'atteso mo-
mento di riposo, nel caso di Leduc spesso con un profluvio di semicrome (ve-
di es. 21.6, batt. 37 segg.).

Sezione Schema Tonalità


ra metà Quiescenza, bis La
Prinner La
Indugio La q Mi
Sol-Fa-Mi Mi
Indugio Mi
Cadenza Sospesa Mi
Cadenza Lunga Mi
Evasione, ter Mi
Rotnanesca, cromatica Mi
Cadenza Convergente Mi q Si
Romanesca, bis Mi
Evasione, bis Mi
Salti di Terza Mi
Virgola Lunga Mi
Cadenza Cudworth Mi
=1111=

23 metà Quiescenza, bis Mimtn.


Cadenza Convergente Fa# mm.
Virgola, bis Fa#rrun.
Fenaroli, bis Sim.m
Fonte Mi mm. q Fa#mm.
Prinner La
Indugio, 6/ 4 di passaggio La
Virgola, x4 (pre-Cadenza) La/ Mi
Sesta Aumentata La
Ponte l Cadenza Mi q La
Quiescenza, bis La
Prinner La
Indugio La ~ Mi
Cac enza Lunga La
308 La musica nello stile galante

Evasione, ter La
Romanesca, cromatica La
Cadenza Convergente La c> Mi
Romanesca, bis La
Evasione, ter La
Salti di Terza La
Virgola Lunga La
Cadenza Cudworth d 'inganno La
Cadenza Cudworth completa La
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Con le sue Notices sur Corellt~ Tartinz~ Gaviniés, Pugnani et Viotti (Parigi,
r8ro), François Fayolle chiariva come la '(corrente musicale predominante"
(per usare un termine un tempo famoso di Donald Francis Tovey) fluisse dal-
l'Italia verso la Francia. La "corrente musicale predominante" individuata da
Tovey, che potrebbe intitolarsi Notices sur Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert
et Brahms, fluiva in terre germanofone e, a giudicare dall'opinione comune dei
musicofili, il suo influsso ha surclassato la genealogia di Fayolle. La corrente
Tovey, però, è come un enorme canale scavato con determinazione da una
squadra di ingegneri della storia, allo scopo di rincanalare quello che era il
flusso naturale della corrente. I compositori come Cimarosa e Leduc viaggia-
vano sul canale principale, non per qualche oscuro affluente. Nel Cantabile di
Leduc si potrà trovare musica galante di vera qualita, che possiede, per usare
l'espressione del conte di Chesterfield, "una grazia superiore" ottenuta attra-
verso maniere musicali "accattivanti, sottili, brillanti".
21 . Un Cantabile di St'mon Leduc 309

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22
Un Larghetto
di Leonardo Leo,
1
• da L olimpiade (libretto di Pietro Metastasio)
N a poli, 19 dicembre 1737
Atto 3, scena 6, aria di Clistene, re di Sicione

Nell'opera galante le parole venivano prima della musica. Ciò è ovvio per un
esperto di musica del primo Settecento. Giacché, però, relativamente pochi
lettori di questo volume potrebbero avere questa competenza, mi si permetta
di continuare a dare una serie di informazioni che, sebbene ovvie per pochi,
vale la pena ripetere dato il lungo regno dell'opera seria come dominatrice
assoluta del mondo della musica galante. Leonardo Leo (1694-1744), assistente
maestro di cappella a Napoli, avrebbe ricevuto le seguenti due strofe di sena-
ri dal poeta di corte Metastasio da mettere in musica per l'aria del re Clistene:

Strofa Verso T esto


A I Non so donde viene
2 Quel tenero affetto:
3 Quel moto che ignoto
4 Mi nasce nel petto:
5 Quel gel che le vene
6 Scorrendo mi va.

B 7 N el seno a destarmi
8 Sì fieri contrasti,
9 Non parmi che basti
IO La sola pietà.

Si può capire molto delle arie serie italiane da un qualunque altro testo simile.
n contenuto riguarda ovvian1ente le emozioni interiori del personaggio; ossia,
il testo non narra una storia precedente né spiega la trama. Le due strofe con-
trastanti - chiamiamole A e B - descrivono diversi affetti e verosimilmente
saranno musicate in modo contrastante. Le ultime due sillabe accentata-non
accentata del regolare versificare a versi piani (nn. 1-5, 7-9) saranno probabil-
mente musica te come un'appoggiatura melodica e le sillabe accentate finali dei
due versi tronchi (nn. 6 e 10) cadranno probabilmente su un forte battere senza
appoggiatura. Una ripresa della prima strofa (fiorita a discrezione del cantan-
te) completerà la forma globale ABA. Leo ha onorato tutte queste convenzio-
316 La musica nello stile galante

ni e ha assegnato i vari versi a una serie di schemi galanti, ognuno dei quali
dovrebbe adesso essere familiare.
La seguente lista espone nel dettaglio le corrispondenze tra versi e schemi.
Le prime due esposizioni della strofa A formano il cuore dell'aria, e ho posto i
segni di ritornello fra parentesi per sottolineare la somiglianza con le due metà
di un minuetto o di una sonata. Didatticamente, può essere utile mettere a
confronto arie e concerti con minuetti, come ha fatto Riepel. 1 Storicamente,
però, era l'aria la forma musicale più rispettata e più ampiamente sviluppata. n
minuetto di Somis del 1734 (vedi cap. 5) sembra quasi un gioco da ragazzi da-
vanti all'aria di Leo di solo tre anni posteriore. Scrivere minuetti o sonate era
spesso un'attività accessoria per un compositore galante; il lavoro veramente
importante riguardava la composizione di musica vocale per la chiesa e per il
teatro di corte. Dopo quello che abbiamo visto nei capitoli precedenti, la rea-
zione iniziale alla lista degli schemi di Leo potrebbe essere di sbalordimento
per la sua lunghezza e complessità. A un più attento esame, tuttavia, si può os-
servare la concatenazione di un certo numero di sezioni più brevi e setnplici.
Ogni comparsa del 'ritornello', ad esempio, funge da interludio strumentale
indipendente tra le parti cantate dell'aria.

Sezione Verso Schema Tonalità


Ritornello fu Mossa d'apertura Mib
Risposta di Prinner Mib
Cadenza Sospesa Mib
Cadenza Pulcinella Mib
Virgola Sib
Evasione, ter Mib
Cadenza Completa Mib

Strofa AI I Mossa d'apertura Mib


2 Risposta di Prinner Mib
3-4 Prinner modulante Sib
4 Cadenza Sospesa Sib
5 Monte Mib q Fa
6 Virgola Sib
• • • Cadenza Pulcinella Sib
• • • Virgola Fa
6 Evasione, ter Sib
6 Cadenza completa Sib
( =111:)
1 Riepel, J., An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Siùrttliche Schriften zur Musiktheo-
rie, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli., Bohlau, Wien 1996, cap. r, p. 1.
22. Un Larghetto dt. Leonardo Leo 317

Sezione Verso Schema Tonalità

Ritornello R2 Mossa d'apertura Sib


Meyer Mib
Cadenza Sospesa Mib

Strofa fu I Virgola Sib


2 Fonte Famm. Q Mib

3 Prinner, Ia metà Mib
4 Cadenza Convergente Mib
5-6 Monte Lab q Sib c:> Domm.
• • • Prinner Domm. c:> Mib
• • • Cadenza Pulcinella Mib
• • • Virgola Sib
5 Virgola Mib
6 Evasione, ter Mib
6 Cadenza Mib

Ritornello R3 Meyer Mib


Cadenza Cudworth Mib
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Strofa B ?-8 Do-Re-Mi, diviso in due DoID ID.
9 Prinner l Passo Indietro Solrom. .
IO Evasione, ter Solmm .
IO Cadenza Solmln

Ritornello R4 ,Mossa d'apertura Mib


Risposta di Prinner Mib
Cadenza Co1npleta Mib

Dal Segno

Leo divenne una figura centrale nella vita musicale di N apoli. Ricoprì impor-
tanti incarichi nei conservatori fino a diventare maestro di cappella della corte
reale, e all'inizio della sua carriera contese con J. A. Hasse (1699 -1783) e
Leonardo Vinci (c. 1696-1730) il primato come operista della città. Ebbe doz-
zine di studenti che avrebbero in seguito avuto prestigiose carriere presso le
corti di tutta Europa. Ai fini di questo libro è importante il suo allievo
Jommelli, il cui duetto dall'opera Demo/oonte sarà presentato nel capitolo 24.
318 La musica nello stile galante

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Es. 22.1- Leo, L )olimpiade, atto 3, scena 6, aria di Clistene (Napoli, 1737)
23
Un Andantino
di Baldassare Galuppi

da La diavolessa (libretto di Carlo Goldoni)
Venezia, 15 novembre I755
Atto 2, scena ro, aria di Dorina, ingenua

Come Gilbert e Sullivan nel diciannovesimo secolo, la coppia Goldoni-


Galuppi dominava la commedia musicale del diciottesimo. Goldoni scrisse le
parole e Galuppi la musica per La diavolessa, una satira della vanità della clas-
se alta e dell'avarizia della classe bassa. Nel seguente testo, Goldoni fa cantare
Dorina, ingenua cacciatrice di dote, in dialetto veneziano a Don Poppone,
atten1pato gentiluomo, in una scena comica tipica della commedia dell'arte tra
il Dottore e F ravoletta o magari Pirop inella:
Strofa Verso Testo
A I Sior orno generoso
2 El cuor vu me offerì?
3 Cossa m'importa a mi
4 De sto regalo?

B 5 Co no gh' avè de meggio


6 Con mi per farve onor,
7 Tolè sto mio conseggio,
8 No stè a parlar d'amor;
9 T egnivelo, godevelo,
IO Salvevelo, pettevelo,
Il Sior generoso, el cuor.

Nel gergo della critica cinematografica moderna, Goldoni rende questa canzo-
ne 'diegetica', ossia parte della storia stessa. Sarebbe a dire che l'ingenua prima
parla di questa '' canzonetta" e poi la canta per Don Poppone, creando quel
tipo di recita dentro la recita così caratteristico della commedia musicale. A
differenza dell'aria dall'opera seria di Leo (cap. 22), quest'aria dall'opera buffa
di Galuppi manda effettivamente avanti la trama.
La musica di questa canzone è considerevolmente più semplice se si prende
come termine eli paragone il modello delle vere e p roprie arie dell'opera seria.
G aluppi utilizza comunque gli schemi di repertorio dello stile di corte, ma li
328 La musica nello stile galante

presenta come brevi unità a sé stanti. Non vi sono più le molte battute di meli-
smi su un'unica sillaba, sostituite da una declamazione relativamente rapida
degli arguti versi del testo. E non vi è più il contrasto di affetti con una sezio-
ne B separata; al contrario, le due strofe del testo sono assegnate a quelle che
potrebbero essere la prima e la seconda metà di un tempo di sonata (vedi i
segni di ripetizione fra pare n tesi). Al pari della canzone popolare, questa can-
zonetta presenta più strofe. Quando Dorina termina la prima strofa, compare
il ritornello per consentire l'intonazione della seconda strofa (non riportata); e
quando la seconda strofa è conclusa, alcune battute di cadenza servono a con-
cludere il numero musicale (sempre non riportate). I personaggi di Goldoni
erano palesi adattamenti dei classici ruoli della commedia dell'arte; la musica
di Galuppi era un adattamento dello stile galante di corte. Goldoni adattava
dal basso per nobilitare, e Galuppi dall'alto per rendere popolare, con il risul-
tato di un estremo divertimento.
Come dimostra la seguente lista, la sequenza normale di schemi è molto in
evidenza. Un accoppiamento di Romanesca e Prinner recita la 'scena solita'
come tema dell'aria. La Fonte gioca il suo normale ruolo di digressione all'ini-
zio della seconda parte della forma. li comico scilinguagnolo dei versi 9- IO
("Tegnivelo, godevelo, l Salvevelo, pettevelo"), forse il punto teatralmente cul-
minante dell'aria, è musicato con una progressione ascendente atipica dello
stile di corte, ma comunque tipica dell'opera comica. Quando la cantante rag-
giunge l'apice melodico (re 5) , si lancia in una serie di cadenze Cudworth di
nuovo saldamente ancorate allo stile di corte.

Sezione Verso Schema Tonalità

Ritornello R Romanesca Re
Risposta di Prinner Re
Passo Indietro? Re c::> La
Cadenza Completa La

Strofa A I Romanesca Re
2 Risposta di Prinner Re
• • • Cadenza Sospesa Re
3-4 Prinner modulante? Re e:::> La
4 Cudworth La

( =1111= )

Strofa B 5 Ponte La c::> Re


6 Prinner Re
• • • Cadenza Sospesa Re
7 Fonte Mimm . G Re
23. Un Andantino di Baldassare Galuppi 329

Sezione Verso Schema Tonalità

8 Cadenza Convergente Re
9-10 ••• Re
II Prinner Re
II Cudworth, evasione, bis Re
II Cudworth, completa Re

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Ritornello R [come sopra] Re

Seconda strofa.~ ~
33O La musica nello stile galante

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332 La musica nello sttle galante

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Es. 23.1- Galuppi, La diavolessa, atto 2, scena ro,


aria di Dorina (Venezia, 1755)
24
Un Andantino affettuoso
• di Niccolò Jommelli
da Demo/oonte (libretto di Pietro Metastasio),
Stoccarda, n febbraio 1764
Atto 2, scena ro, duetto di Timante
e Dircea, amanti

A coronamento dei festeggiamenti per il compleanno del duca di Wiirtten-


berg, Carlo Eugenio, fu messa in scena un'opera seria. Da esperto di musica,
avendo studiato clavicembalo nientemeno che con C. P. E. Bach, il duca si
aspettava davvero il meglio. E infatti non badò a spese per assicurarsi ch e il
suo teatro di corte non fosse da meno di nessun altro in Europa. Come mae-
stro di balletto ingaggiò il famoso parigino J ean-Georges Noverre (1727-181o),
come maestro di cappella principale il napoletano Niccolò Jommelli. Grandi
violinisti come Antonio Lolli (c. 1725-1802) e Pietro Nardini (1722-1793) suona-
vano nella sua orchestra (il teorico Daube ricopriva l'incarico eli secondo flau-
to). Per i festeggiamenti del 1764 il rinomato tenore Arcangelo Cortoni cantò il
ruolo di D emofoon te, re di Tracia (un 'allegoria del duca stesso) , gli amanti
sposi - Timante e Dircea - furono interpretati dal famoso castrato Giuseppe
Aprile (studente a Napoli e autore dei solfeggi discussi nei capitoli 2 e 9) e dal-
la prima donna Maria Masi-Giura. Uno dei pezzi forti della serata fu il loro
duetto ceLa destra ti chiedo" .
Un duetto n ell'opera seria era un'occasione non solo per mettere in mostra
il virtuosismo di due cantanti tanto acclamati, ma anche per esibire l'abilità
del compositore di corte nel mettere in musica in modo avvincente il messag-
gio centrale del duetto: due identità distinte possono essere strette assieme
dall'amore e dall'incrollabile fedeltà. Con1e già detto, i due cantanti interpre-
tano i ruoli di Timante, principe e figlio d el re Demofoonte, e Dircea, l' anla-
ta sposa segreta di Timante. Condannati a morte non per loro colpa, essi si
lrunentano del loro destino. Ogni cantante intona una strofa diversa sulla stes-
sa musica, dopodiché, nella terza strofa, essi piangono a turno prima di unire
le voci in un esteso sfoggio di bravura. Timante, il ruolo di castrato, è scritto
nel registro di mezzosoprano, consentendogli di unirsi a Dircea in lunghe
distese di terze e seste parallele. Queste tre strofe formano una grande sezio-
ne A, la quale è cantata due volte prima che la tradizionale strofa B segua su

una mus1ca contrastante.
334 La rnuszca nello stile galante

Cantante Strofa Verso Testo

Timante Aa I La destra ti chiedo,


2 Mio dolce sostegno,
3 Per ultimo pegno
4 D'amore e eli fé.

Diree a Ab 5 Ah questo fu il segno


6 Del nostro contento:
7 Ma sento che adesso
8 L' istesso non è.

a due Ac 9 Mia vita, ben mio ...


IO Addio, sposo amato.
II Che barbaro addio!
12 Che fato crude!!

a due B 13 Che attendono i rei


14 Dagli astri funesti,
15 Se i premi son questi
16 D 'un'alma fedel?

Jommelli, figura musicale centrale alla corte di Stoccarda e compositore tra i


più influenti di tutti quelli che avevano studiato a N apoli, si trovò a musi care il
testo di Metastasio quattro volte (1743, 1753, 1764, 1770). Questo duetto dalla
versione del 1764 dispiega una vasta tavolozza musicale che richiede cantanti di
straordinaria tenuta e flessibilità, giacché la musica spazia dalla quieta tenerez-
za al rassegnato pathos all'esultanza pugnace. In termini di scherni, Jommelli
utilizza il consueto accoppiamento Romanesca-Prinner quale stabile àncora te-
matica, seguito da estesi passaggi e cadenze di bravura (vedi la lista seguente).
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E attestato che J ommelli avesse studiato attentamente le partitu re di Leo. 1 Poi-
ché i libretti di Metastasio furono musicati da quasi tutti i compositori di ope-
re, un giovane musicista poteva studiare come gli altri maestri prima di lui
avessero gestito la stessa situazione drammatica, o una sitnile, e come costoro
avessero reso in musica l'emozione del momento. Oltre all'an1piezza e al dina-
mismo di quest'aria, non vanno sottovalutati i suoi tratti eleganti e raffinati. A
mio parere, è in particolar modo raffinato il momento in cui a battuta 65, le
voci dei due amanti si uniscono sul tema di Romanesca. Essi si abbracciano
musicalmente nella 'passione' di un ritardo 2-3 la cui risoluzione dà inizio a
una catena di sensuali terze parallele.
In contrasto con l'ampio lirismo della sezione A, la sezione B è densa di cano-
ni, con i due cantanti a inseguirsi rapidamente per mezzo d1 una selva di brevi
modelli ripetuti. Entrambe le sezioni richiedono doti eccezionali da parte dei
1 Mattei, S., M enzorie per servire alla vita del M etastasio ed elogio di N. ]onzmelli, 1785;
ristampa, A. Forni, Bologna 1987, p. 75·
24. Un Andantino affettuoso dt' Niccolò ]ommetli 335

cantanti, e poiché Jommelli ha fatto in gran parte a meno di lunghi ritornelli, vi


sono pochi momenti in cui i cantanti possono riprendere fiato. Forse per risol-
vere tale problema, Jommelli ha inserito un breve interludio che compare alla
fine di Ar e di B. Basato sul modello a domanda e risposta, digressione e ritor-
no della Fonte, l'interludio è quasi come un recitativo accompagnato, e i can-
tanti si rivolgono l'uno all'altra in brevi interiezioni quasi parlate. Con un bel
tocco compositivo, l'evento finale della Fonte - ritardato da una corona per
aumentare l'attesa- cade sulle note iniziali della strofa successiva, Aw.
Come ci si potrebbe aspettare, J ommelli era n1olto affezionato all'eponimo
schema dello Jommelli. In questo grande duetto egli lo ha impiegato come una
versione intensificata della Virgola, precedente quasi sempre una forte caden-
za come la Cudworth.

Sezione Verso Schema Tonalità


Strofa Ara l Romanesca Sol
2 Prinner Sol
2 Cadenza Mi-Re-Do Sol
3-4 Prinner, modulante Sol q Re
4 Jommelli Re
4 Cudworth Re

Strofa Arb 5 Romanesca Sol


6 Prinner Sol
6 Cadenza Mi-Re-Do Sol
7-8 Prinner, modulante Sol q Re
8 Jon1melli Re
8 Cudworth Re

Strofa Are 9-10 Quiescenza? bis Re/ Solmin


IO Quiescenza Remag/Re mm.
II Re
II-12 Salti di 3a l Romanesca Re
12 J om1nelli, bis Re
12 Cudworth Re
9-10 Quiescenza? bz's Re/ Solmin
II Re
11- 12 Salti di 33 l Romanesca Re
12 J ommelli, bis Re
12 Cudworth, evasione Re
12 Jommelli Re
12 Cudworth, evasione Re
12 Jo.mmelli Re
12 Cudworth, completa Re
336 La musica nello stile galante

Sezione Verso Schema Tonalità

Ritornello RI Convergente l Monte Sol q La


Cadenza d'inganno Re
Cadenza Completa Re

( =1111=)

Interludio 9-10; I Fonte . 9 Sol


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Strofa Aw l Rom anesca Sol
2 Prinner Sol
2; 5 Cadenza Mi-Re-Do Sol

Strofa A2b Rom an esca Sol


Prinner Sol
Cadenza Mi-Re-Do Sol

Strofa A2c ro; 9 Virgola, bis Do ~ Fa


9-10 Cadenza d'inganno Do
9-10 Sesta Aumentata Donun.
II Sol
II-12 Salti di 38 l Romanesca Sol
12 J on1melH, bis Sol
12 Cudworth Sol
7 Monte Do ~ Re
II Jommelli, bù Solrnm.
II Sol
II-12 Salti di 3a l Romanesca Sol
12 Jommelli, bis Sol
12 Cudworth, evasione Sol
12 Jommelli, bis Sol
12 Cudworth> evasione Sol
12 Jommelli Sol
12 Cudworth, completa Sol

Ritornello R2 Prinner Sol


Cadenza, evasione Sol
Cadenza Completa Sol
( =Il )

Strofa B 13-14 Do-Mi-Sol, a canone Do


14 Virgola Sol
24. Un Andantino affettuoso di Niccolò Jommelli 337

Sezione Verso Schema Tonalità

14 Cadenza Sospesa Sol


15 Fonte, Ia metà La mm.
15 Larrun. c::> Do
15-16 Sol-Fa-Mi, a canone Do
15-16 Fonte Remm. c::> Do
16 Cadenza, Mi-Re-Do Do

15-16 Sol-Fa-Mi, a canone Fa


15 Virgola Fa
15 Virgola Do
15-16 Sol-Fa-Mi, a canone Do
15-16 Fonte Remm. c::> Do
16 Cadenza, evasione Do
r6 Sol-Fa-Mi, bis Do
r6 Virgola l Jommelli Do
r6 Cadenza, evasione Do
J6 Sol-Fa-Mi Do
r6 Virgola Fa
16 Virgola l Jommelli Do
16 Cadenza, evasione Do
16 Jommelli Do
r6 Cadenza Completa Do

Ritornello R3 Do
Indugio l Fauxbourdon Do c::> Sol

Interludio 9-1o; 1 Fonte La mm


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Dal Segno
338 La musica nello s#le galante

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24. Un Andantino affettuoso di Niccolò ]ommelli 339

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344 La musica nello stzle galante

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Es. 24.1 - Jommelli, Demo/oonte, atto 2, scena 10 (1764)


25
Mozart bambino

Le primissime composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart (r756-179I) rispec-


chiano sia l'aspetto pubblico sia quello privato della famiglia Mozart. Alcune
assomigliano a un foglio dell'album dei bambini - una documentazione-ricor-
do di famiglia della crescita musicale del bambino, completa di errori gramma-
ticali-musicali ed espressioni maldestre. Altre fanno pensare alla trascrizione
dell'esecuzione di un pezzo mu sicale studiato - una documentazione scritta
della precocità e del professionistno del batnbino intesa a impressionare poten-
ziali mecenati o sostenitori. Tutte furono prodotte sotto lo sguardo e l'ascolto
attento di suo padre, musicista di corte meritatamente stimato. Questi primi
documenti sono stati messi per iscritto dal padre, poiché W olfgang, come
qualsiasi bambino che impari una lingua, in1parò prima a 'parlare' e dopo a
scrivere: cioè imparò a riconoscere e replicare frasi della musica degli adulti
prima di imparare la notazione musicale. La possibilità di una sorta di doppia
autorialità padre-figlio, quindi, non può essere del tutto esclusa. Inoltre, i pri-
mi lavori pubblicati di Mozart - op. r e 2 (Parigi) - avrebbero potuto essere re-
datti da una squadra di adulti, in varie combinazioni: suo padre, il copista,
l'editore e l'incisore. Un bambino interamente dipendente da adulti non può
essere considerato un artista autonomo, e dovremmo aspettarci l'influenza di
un adulto a colorare queste composizioni a ogni livello. Ma in realtà è proprio
questo che rende così interessanti e importanti questi brevi pezzi. Essi docu-
n1entano la rapida assimilazione di figure del 'discorso' musicale adulto da par-
te di un b ambino precoce. Se, come sostengo, un musicista galante doveva ap-
prendere un repertorio di schemi di frasi per poter 'parlare' la musica a corte,
allora il corpus di lavori giovanili di Mozart conservato fino a noi dovrebbe
documentare la sua acquisizione di tale conoscenza. Poiché questi pezzi parto-
no dal periodo dell'' asilo' della vita di Mozart, dovremmo riuscire a datare
l'entrata di nuovi schemi nel suo vocabolario musicale e a descrivere come egli
li impiegò per la prima volta in semplici contesti. La presenza o l'assenza eli de-
terminati modi per variare e ricombinare materiale musicale dovrebbe aiutarci
a distinguere se il bambino stesse solo mimando il comportamento adulto o se
stesse veramente acquisendo una conoscenza sempre più vasta degli schemi e
del loro impiego appropriato.
Durante le celebrazioni del bicentenario della nascita di Mozart nel 1956, gli
studiosi riuscirono a esaminare alcune pagine da tempo perdute da quello che
si può supporre sia il quaderno musicale della sorella di Mozart. Queste pagine
25. Mozart bambino 351

contengono quattro brevi composizioni per mano di Leopold Mozart, attribuite


al "piccolo Wolfgang" (Wolfganger[) e datate dalla primavera al primo inverno
del 1761, quando Mozart aveva cinque anni. La provenienza certa di queste
composizioni, insieme alla datazione precisa, le colloca ai primi posti della nu-
merazione Kochel delle opere di Mozart: K ra-d. La primissima, Kra, è palese-
mente la più infantile (es. 25.1) . Inizia in un metro, 3/4, e poi cambia metro, 2/4,
dopo appena quattro battute. Tale cambiamento può sembrare normale per il
mondo eli Bart6k o Stravinskij; ma nel mondo dei Mozart, nel migliore dei casi,
sarebbe stato giudicato come un simpatico nonsenso infantile.
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Es. 25.1- Mozart, K ra (r761; 5 anni)

Questo spostamento tnetrico, che sembra così sicuro e pianificato sulla carta,
era probabilmente il risultato dello sforzo di Leopold di trascrivere la peculia-
re esecuzione di Wolfgang. TI bambino forse non aveva ancora acquisito quel-
la che uno specialista dell'evoluzione infantile chiamerebbe 'costanza metrica',
la consapevolezza che una struttura metrica stabile dovrebbe persistere per
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tutto un movimento. E anche possibile che questo pezzo rappresenti delle imi-
tazioni abbastanza letterali di esen1pi diversi . Uno, in 3/ 4, è richiamato da bre-
vi frammenti balbettanti basati sullo schema del Sol-Fa-Mi. Da una prospetti-
va tecnica le prime due iterazioni (batt. 1-2) mostrano il ~ della melodia come
una stabile consonanza che diviene instabile e scende al O dopo che il basso è
salito da CD a @. Nelle due seconde iterazioni (batt. 3-4) il ~ della melodia è
raggiunto dal basso, il che creerebbe un cattivo contrappunto se il basso salis-
se di nuovo da CD a@; perciò Mozart cambia il basso e scende da CD a (J), mo-
352 La musica nello stile galante

strando forse una certa sensibilità per le varianti di questo schema oppure l' ap-
prendimento dei primi rudimenti di contrappunto. Altri esempi, in 2/4, sono
richiamati da due cadenze standard, una cadenza Lunga (batt. 5-6) e una Cud-
worth (batt. 8-ro). Il breve passaggio tra queste cadenze e sgrammaticato, im-
possibile da ricollegare facilmente a un qualunque schema galante e include
una combinazione di infelici scelte contrappuntistiche (batt. 7) tipiche del
principiante. Sembrerebbe che il bambino conoscesse bene le cadenze ma fos-
se incapace di collegarle efficacemente. n suo impiego dell'antica forma 'miso-
lidia' della cadenza Cudworth (batt. 8; si noti il8 abbassato) potrebbe riflette-
re, da quanto traspare dal quaderno musicale di sua sorella, lo stile molto con-
servatore dei pezzi che erano insegnati in casa Mozart.
Nella sua seconda composizione, K rb, la costanza metrica non è più un pro-
blema. Le curiose iterazioni balbettanti dello schema d'apertura viste nel K ra
sono ora sostituite da un discorso più ampio e in qualche modo più coerente)
e l'inserimento di una cadenza d'inganno seguita da una cadenza completa
mostra un riconoscimento dell'appropriato collegamento degli schemi:
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Es. 25.2- Mozart, K rb (1761; 5 anni)

La mossa d'apertura innesta aspetti di Quiescenza nei tratti di un Fenaroli.


Data la scrittura a due voci senza ornamentazioni, in cui inizialmente si proce-
de a una nota per voce (batt. 1-3), entrambi gli schemi sono poco definiti. Man-
cano, cioè, gli indizi certi e i caratteri secondari che renderebbero sicura l'iden-
tificazione. La Quiescenza diatonica senza un pedale di tonica, ad esempio,
può definirsi tale solo per ipotesi, e un Fenaroli senza un pedale di dominante
25. Mozart bambino 353

sarebbe insolito. Più avanti negli anni Mozart avrebbe inserito un Fenaroli al-
l'interno di una Quiescenza (vedi es. 13.24), ma il collegamento a incastro di
una Quiescenza con un successivo Fenaroli viola le normali funzioni di en-
trambi gli schemi. Anche se il discorso musicale del bambino è ora molto più
chiaro che nel K ra, le proporzioni di questo minuscolo pezzo sono poco mi-
gliorate. Buoni tre quarti del movimento sono occupati da un unico esteso at-
to cadenzale. Le battute 4-6 presentano la cadenza iniziale, che termina con un
inganno. Le battute 7-9 ripetono la cadenza un'ottava sotto con l'attesa caden-
za completa. Le battute 9-12 costituiscono una breve coda con Cadute Finali e
iterazioni conclusive dell'accordo di tonica. In un normale movimento galante,
queste nove battute cadenzali avrebbero concluso un pezzo lungo circa dalle
ottanta alle cento battute. Così, benché il Mozart bambino non potesse ancora
costruire un movimento di quella portata, sembrerebbe che egli stesse ascol-
tando pezzi di ampie dimensioni e che stesse imparando a replicare parti im-
portanti di essi.
Essere in grado di controllare vari modelli di ripetizione era un'abilita ne-
cessaria per scrivere musica galante. Nel K ra Mozart ripete il Sol-Fa-Mi, ma
non in uno dei modi consentiti. Nel K 1b maneggia bene la ripetizione della ca-
denza, ma l'intensa presenza di cadenze accoppiate d'inganno-autentica e tale
da far pensare che il bambino abbia potuto meramente replicare un passaggio
appreso come singola entità. Solo nel K IC, la cui data dell'II dicembre 1761 può
aiutarci a collocarlo circa otto mesi dopo le due precedenti composizioni, ve-
diamo il modello di ripetizione della forma a doppia ripresa che definiva la
norma adulta per i brevi movimenti strumentali:

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Es. 25.3- Mozart, K IC (1761; 5 anni)


354 La musica nello stile galante

Q uesto pezzo segna un netto avanzamento di Mozart nell'abilità di presentare


un movimento ben costruito. I due pezzi precedenti iniziavano con delle mos-
se d'apertura goffe o ambigue; il K IC inizia con un chiaro Do-Re-Mi. I due
pezzi precedenti avevano cadenze del tutto sproporzionate rispetto all'intero
movimento; il K IC unisce una cadenza di due battute al Do-Re-Mi di due bat-
tute. I due pezzi precedenti non avevano risposte di Prinner come seguito del-
le loro mosse d 'apertura; il K IC include un Prinner, anche se dal lato 'sbaglia-
to' della doppia barra, fungendo invece come un tipo di Ponte. I due pezzi
precedenti non modulavano; il K Ic modula implicitamente attraverso il Prin-
ner, anche se al Prinner manca il si q alla voce interna che avrebbe reso palese
la modulazione a Do maggiore. E mentre i due pezzi precedenti non ritornano
mai al loro materiale iniziale, il K rc si conclude con una ripresa dello schema
iniziale e della cadenza corrispondente.
n Menuetto del K Id è stato scritto appena cinque giorni dopo il K IC:
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Es. 25.4 - Mozart, K Id (1761; 5 anni)


25. Mozart bambino 355

Questo Menuetto (K rd) è il primo lavoro di Mozart a essere attribuito a un ge-


nere. I generi avevano una grande importanza nella musica galante per la loro
stretta connessione alla funzione sociale. M entre i piccoli pezzi precedenti fu-
rono scritti con un fine sconosciuto, presumibiln1ente privato, il Menuetto fa
un esplicito riferin1ento a una destinazione pubblica. Ciò non significa che
qualcuno ci avrebbe mai ballato sopra, ma almeno si trattava di un'imitazione
di musica con funzioni e riferimenti adulti. La sua doppia misura, corrispon-
dente a sei pulsazioni del passo di danza, è chiaramente evidente nella compo-
sizione dalla serie ininterrotta di frasi di due battute.
I Mozart possedevano una copia del trattato di Riepel, i primi tre volumi del
quale erano già pubblicati intorno al 1750. Riepel avrebbe senza dubbio appro-
vato la precoce concentrazione di Wolfgang sul minuetto, poiché lo considera-
va fondan1entale per i gen eri più runpi. In effetti, una volta iniziato a questo ge-
nere, Wolfgang continuò con una serie di minuetti che esploravano i "tre
esempi principali'' di Riepel: Monte, Fonte e Ponte. Il precedente K rd introdu-
ce il primo Ponte di Mozart, la sua prima cadenza Convergente, il suo primo
Passo Indietro, la sua prima Virgola e chiare modulazioni non solo a Do mag-
giore con il siq della melodia alle battute 6-7, ma anche a un fugace Sol mag-
giore con un/a# a battuta 5· Possiamo quindi vedere in questo Menuetto una
significativa espansione del suo vocabolario di sche1ni (con un uso appropriato
di ogni nuovo schema), la prima vera scrittura a tre voci (batt. r-2), la pritna ot-
tava suonata da una delle manine di W olfgang (batt. 1) e forse il primo segno
dell'interesse eli Wolfga ng alla ricercata manipolazione del materiale tematico.
La terza battuta del Menuetto, stranamente frenetica e accelerata, non ha
una sua controparte nel resto del movitnento, essa segue alla ben più serena di-
scesa di semiminime di battuta r -2 e conduce a un'altrettanto calma battuta 4·
Un a melodia così peculiare era forse un sotto prodotto d ella fascinazione del
bambino per un insolito tipo di ars combinatoria? Ossia, la sua volontà era for-
se quella di modellare il basso delle battute 3-4 sulla melodia delle battute 1-2
per moto retrogrado? Ho aggiunto delle linee grigie n elle b attute r-4 d el-
l' esempio 25.4 in modo da evidenziare questa possibile relazione. Gli ascoltato-
ri sono in genere inca paci di riconoscere la versione retrograda di una melodia,
perciò questo tipo di esoterismo, se voluto, è fatto p er la soddisfazione perso-
nale o per far colpo su un professionista come Leopold. In genere nella musi-
ca galante non si vanno a cercare manipolazioni tecniche più ti p iche della fuga,
ma tali manipolazioni ricorrono effettivamente nei primi lavori di Mozart, e
per tutta la sua maturità esse sembrano restare un piacere privato o m agari un
omaggio agli eruditi. il Minuetto al rovescio di Haydn (Hob. xvr:26), eseguibi-
le dall'inizio alla fine e dalla fine all'inizio, rappresenta un altro caso.
Il secondo minuetto di Mozart, anch'esso in F a maggiore, comparve nel
gennaio del 1762, mese del suo sesto compleanno (es. 25.5). Se il K IC era b asato
su unità di due battute e il minuetto del K 1d su unità di due battute occasio-
nalmente accoppiate a raggiungere le quattro battute, il K 2 invece si mostra in-
356 La mus·ica nello stile galante

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Es. 25.5 - Mozart, K 2 (r762; 6 anni)

n 4 marzo 1762, il bambino di sei anni eseguì, e il padre trascrisse, le trenta bat-
tute del K 3 (vedi es. 25.6). Il breve Do-Re-Mi iniziale non è particolarmente in-
teressante, anche se è insolito farlo seguire da una doppia esposizione della
Quiescenza diatonica (senza pedale). In questo pezzo il Prinner e correttamente
posto prima della doppia barra e la sua modulazione è resa esplicita (si noti il
mi q della melodia a batt. 7). Esplicita è anche la stretta connessione tra il Fena-
roli, il Do-Re-Mi e le due metà della Fonte. Vi erano, come detto, accenni di
questa relazione nella Fonte del K 2, ma nel K 3 si possono sentire la salita melo-
25. Mozart bambino 357

dica <V -CD-@ -® del (basso' del Fenaroli (batt. 14-16), l' CD-@ -® del Do-Re-Mi
(batt. 15-16) e una copia esatta del controcanto di Durante (t-0 -6)-8 -0 (batt.
14-16) . La pausa di croma che nel Fenaroli separa il <V dall'CD-@-® e di nuovo
dovuta probabilinente all'accostamento dei motivi della Fonte a quelli del tema
iniziale. Poiché il tema presenta un motivo discendente di terze, una pausa di
croma e poi una linea ascendente di grado (batt. 1-4), Mozart assegna lo stesso
profilo generale alle due meta della Fonte (batt. 13-16, 19-20) .

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Es. 25.6 - Mozart, K 3 (1762; 6 anni)
358 La musica nello stile galante

Mozart continua sullo stesso binario con i due minuetti successivi, il K 4 e il K


5, deltnaggio e luglio 1762 (il K 5 scritto di mano dello stesso W olfgang). I due
pezzj sono così simili nella loro sequenza di schemi da costituire quasi lo stes-
so brano scritto due volte, ed entrambi presentano i primi Monti di Mozart. li
K 4, terzo tentativo di minuetto di Mozart, e riportato nell'esempio 25.7. Fatto
di ventiquattro battute, è il primo di questi lavori giovanili a essere piu breve
di quello che lo precede. Inoltre con l'eccezione del nuovo Monte, esso rap-
presenta un piccolo passo indietro rispetto la gran quantità di novità dei pezzi
precedenti. Sembra quasi un riassunto degli schemi imparati finora, un' occa-
sione per rivisitare il vecchio materiale per impiegarlo più ad arte. Iltninuetto
inizia con un Do-Re-Mi (batt. r-2) , gia sentito nel K rc nella stessa tonalità, e ca-
denza con una variante della cadenza Cudworth (batt. 3-4) già sentita nel K ra.
A battuta 5, le stesse note iniziali della Fonte del K 3 introducono adesso un
Passo Indietro con la sua conseguente modulazione a Do maggiore, tonalità
della dominante, la stessa combinazione impiegata nella stessa tonalità e nella
stessa battuta nel K rd. Una ripetizione del Passo Indietro conduce alla caden-
za finale della prima metà del movimento, la quale presenta delle triadi arpeg-
giate discendenti le cui note superiori delineano i primi tre stadi di un Prinner.
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Es. 25.7- Mozart, K 4 (I762; 6 anni)

La seconda metà del movimento (batt. II) inizia con il motivo iniziale eli questo
minuetto e continua, a battuta I2, con le esatte note del Do-Re-Mi con cui ini-
ziava il K 3· L'accenno a un Fenaroli all'interno del Monte, ossia la debole con-
nessione tra il (J) del basso a battuta II e l'CD -®-@ a battuta 12, sarà rielabora-
to in un chiaro Fenaroli nel K 5, descritto sotto. Questo primo Monte termina
a battuta I4 del K 4 ed è seguito dal Do-Re-Mi di due battute dell'inizio. Mo-
zart ripete questo passaggio un'ottava sotto, una procedura sperin1entata origi-
nariamente nel K Ib, e poi varia la ripetizione del Passo Indietro (batt. 2I -22),
anch'essa trasposta di ottava (un'ottava sopra però). Da qui Mozart replica la
stessa cadenza che conclude la prima metà del movimento, ovviamente traspo-
sta alla tonalità d'impianto di Fa maggiore. A mio parere, il modo in cui egli
reimpiega citazioni letterali dei suoi precedenti lavori è indicativo del fascino
delle possibilità combinatorie di questi schemi galanti e delle loro parti costi tu-
tive. Il suo amore per la combinazione dei suoi 'giocattoli' in ogni possibile
modo è comune a molti bambini piccoli, anche se nel ventesimo secolo l'atten-
zione si e spostata sulle costruzioni - il Meccano e il Lego - piuttosto che ver-
so i Monti, le Fonti e i Ponti.
Per il suo quarto minuetto, il K 5 (es. 25.8), Mozart ha utilizzato quasi gli
stessi schemi impiegati nel K 4, ma ne ha variato i motivi n1elodici e le figure in
modo tale che la sostanziale affinità dei due movimenti non e subito palese.
Ciò nonostante, una semplice correlazione degli schemi coi numeri di battuta
rivela che questi pezzi sono quasi identici: Do-Re-Mi (batt. 1-2), cadenza Cud-
worth (batt. 3-4) , Passo Indietro o Fenaroli ripetuti (batt. 5-6, 7-8), cadenza di
terze discendenti a terzine (batt. 9-Io). n Passo Indietro del K 4 e il Fenaroli del
K 5 (batt. 5-6) hanno in comune lo stesso basso discendente sol -/a -mi e la
stessa melodia si~ 4-do5 , così Mozart ha potuto sostituire l'uno con l' Juo. For-
3 3

se è stata la prominenza del Fenaroli delle battute 5-8 a suggerire l' accentuazio-
ne del Fenaroli inserito ap'interno del Monte nel K 5, quando il primo era sol-
tanto accennato nel K 4· E nel K 5 che il Fenaroli emerge come entità indipen-
dente nel vocabolario di Mozart. La doppia esposizione di questo schema co-
rne prima istanza nella tonalità della dominante è ulteriore prova di un' accura-
ta emulazione di norme galanti adulte.
360 La musica nello stile galante

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17

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Es. 25.8 - Mozart, K 5 (1762; 6 anni)

In fin dei conti, forse è meglio considerare questi due minuetti come trascri-
zioni che, a distanza di settimane, hanno fotografato due immagini legger-
25. Mozart bambino 361

mente diverse della stessa esecuzione estemporanea. La scelta di Mozart, ad


esempio, di ribadire la mossa d'apertura nella seconda metà del minuetto era
più una scelta esecutiva (K 4 sì, K 5 no), e non una differenza fondamentale
di 'forma'. Lo stesso si può dire dell'opzione di utilizzare l'accoppiamento di
cadenze d 'inganno e autentica (K 4 no, K 5 sl) . Non si può di certo determi-
nare facilmente se Mozart a sei anni operasse queste scelte in autonomia, o
se queste trascrizioni rappresentino gli stadi finali suggeriti e approvati da
suo padre. Ciò che è incontestabile è che più tardi nello stesso anno il bam-
bino sarebbe partito con il padre e la sorella nel primo di una serie di tour
europei che lo avrebbero visto improvvisare alla tastiera presso le più impor-
tanti corti dell'epoca. Attraverso la sua musica egli 'parlava' in pubblico e
senza dubbio impressionò tanto gli ascoltatori occasionali quanto gli esperti.
Per usare le parole del barone Friedrich Melchior von Grimm, un diploma-
tico tedesco che lo ascoltò a Parigi nel 1764 e che divenne uno dei sostenito-
ri della famiglia:

Ciò che è incredibile è vederlo suonare improvvisando per un'ora intera.


Egli si abbandona all'ispirazione del suo spirito e a una vastità di idee tra-
volgenti, idee che egli sa comunque come disporre una dopo l'altra con
gusto e senza confusione. Il più consu1nato direttore musicale non po-
trebbe essere pjù esperto di lui nella scienza dell'armonia e delle modula-
zioni che egli sa come condurre lungo sentieri meno conosciuti ma sem-
pre precisi. 1

Nei primi anni '6o del secolo uno dei 'più consumati' direttori musicali era
Niccolò Piccinni (1728-18oo). La sua opera La buona figliuola, un'opera comica
basata sull'adattamento di Goldoni del romanzo inglese Pamela, a partire dal-
l'enorm.e successo della sua prima romana (1760) si diffuse nei teatri di tutta
Europa. Le sue arie ricche di delicato fascino e buoni sentimenti divennero tra
le più famose del decennio e, come il rotnanzo ]ulie) ou la nouvelle Héloise
(r76r ) di Jean-Jacques Rousseau, contribuì ad alimentare la voga per le cose
'sentimentali' . I due Fenaroli del K 5, ad esen1pio, hanno in comune molti trat-
ti con i Fenaroli dell'aria "Una povera ragazza" di Piccinni. Essi, cioè, indugia-
no tutti a lungo sui (J) alla voce superiore prima di salire con l'G) -@-@ su
quarti consecutivi (es. 25.9). Entrambi gli autori presentano anche una versio-
ne del controcanto di Durante nella voce inferiore. Certamente le frasi di Mo-
zart sono brevi e relativarnente sen1plici laddove quelle di Piccinni hanno un
vero respiro, una voce interna ornata e una presentazione più complessa come
Parte di una Fonte più ampia (cfr. es. 16.6 e r6.14) .

1
F. M. barone von Grimm, Correspondance littéraire, philosophique, et critique adressée à
~~z souverain d'A llenzagne, depuis 175 3 j usqu ien 1769, Paris 1813, pp. 528-9, lettera del 1°
lcem bre 1763.
362 La nzusica nello stile galante

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Es. 25.9 - Piccinni, La buona figliuola, atto I, scena 12, Andantino (Roma, 1760)

Le osservazioni del barone von Grimm, anche ammessa l'iperbole, indicano che
il bambino all'età di sette o otto anni padroneggiava un fluente stile galante. La
sua prima pubblicazione, nota allora con1e op. I ( = K 6 e K 7), contiene due so-
nate per tastiera a pìù movimenti con accotnpagnamento di violino ad libitum.
Questi lavori benché non eguaglino l'arte di un Piccinni, un Galuppi o uno J.
C. Bach, sono comunque paragonabili a composizioni, ad esempio, di un assi-
stente maestro di cappella presso una piccola corte. Qui, Mozart continuava a
mostrare crescita musicale e a raffinare la sua tecnica. Nel movimento lento del
K 6, ad esempio, egli inserisce il suo primo tentativo di Quiescenza nella sua
normale posizione dopo una cadenza principale, basandola sul Prinner:

0 0
42

CD CD Q)

Es. 25.10 - Mozart, op. 1 (K 6) , mov. 2 (1762-64; 7 anni)


25. Mozart bambino 3 63

Benché si tratti di un tentativo adeguato, persino gradevole, vi sono alcuni


difetti tecnici. Il mi6 in biscroma di battuta 44 (all'asterisco) e il corrispon-
dente mi5 di battuta 46, ad esempio, sono lasciati in sospeso al limite acuto
del registro senza realmente essere collegati alla tonica fa . Appena un mese
dopo, però, nel primo movimento del K 8, Mozart produce (o riproduce)
un'appropriata Quiescenza con tutte le dovute caratteristiche (vedi cap. 13,
es. 13.17) .
La sua eccessiva propensione al Prinner era evidente fin dal K re, in cui egli
lo utilizza al posto di un Ponte. Quasi due anni dopo il K re, nei primi due
minuetti del K 7, egli dimostra di essere in grado di scrivere un Ponte che regga
il confronto con il prototipo di Riepel. Per facilitare il confronto, ho riscritto
il prototipo di Riepel nella stessa tonalità del Ponte di Mozart, cioè in La mag-
giore, dominante locale di un contesto generale di Re maggiore (es. 25.11).
Mozart coglie non solo le caratteristiche tecniche del Ponte di Riepel, ma per-
sino la sua pesante accentuazione su ogni battere successivo.

Riepel

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Es. 25.11 - Riepel (1755?) e Mozart, K 7, mov. 2 (1762-63?; 7 anni)

Intanto che Mozart imparava dove non si dovesse inserire un Prinner, impa-
rava anche che un Prinner, nella sua corretta posizione, andava espanso e
ornato. Si ricorderà che i suoi primissimi Prinner, nei K re e K 3, constavano
di sole quattro battute (escluse le ripetizioni); cio andava b ene per pezzi così
brevi, ma non per i movimenti più ampi presenti nel K 6 e seguenti. N el movi-
tnento iniziale del K 6, Mozart si spinge a scrivere un Prinner completo (es.
2 5.12): egli incorpora n ella melodia una versione semplificata della fioritura la-

s?! Oa salita dal ~ alla tonica e poi la discesa al 0 ) e impiega un basso alber-
tino co1ne accompagnamento. Dal mo1nento che il tema di apertura del movi-
mento era lungo quattro battute con unità di due battute, questo Prinner di
due battute non era ancora lungo abbastanza. Mozart perciò lo ripete (batt.
364 La musica nello stile galante

7-8, non riportate) per raggiungere all'incirca una parità tra la mossa d' aper-
tura e la risposta.

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Es. 25.12- Mozart, K 6, mov. I (1762-63?; 7 anni)

Nel movimento iniziale del K 9, Mozart raffina la sua presentazione del


Prinner di quattro battute. ll tema d 'apertura e lungo solo due battute, con
un movimentato basso albertino; egli lo accoppia con le prime due battute
del Prinner, sempre con un basso albertino e una forma matura della fioritu-
ra la-sol, e poi conclude il Prinner spostando l'articolazione a semi crome alla
melodia:
fioritura la-sol \ li
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(I)

Es. 25.13- Mozart, K 9a, mov. 1 (1763-64?; 8 anni)

La prima meta del Prinner, in cui il 0 -@ del basso è affidato alla voce inter-
na di tenore, potrebbe essere un'imitazione del virtuoso di tastiera parigino
Johann Gottfried Eckard (r735-18o9; vedi cap. 26, es. 26.1). La seconda n1età del
suo Prinner regge il confronto con un passaggio leggermente più compatto di
uno dei pezzi per tastiera di Cimarosa (es. 25.14). Non sto suggerendo alcuna
diretta influenza o copiatura tra Mozart e Cimarosa - nel 1764 erano entratnbi
ancora bambini, Mozart eli otto anni e Cimarosa di quindici, molto lontani
l'uno dall'altro. Inoltre, Cimarosa verosimilmente scrisse la sua sonata molto
tempo dopo. I due passaggi, però, mostrano come due musicisti della stessa
25. Mozart bambino 365

generazione potevano trovare soluzioni simili a problemi simili se entrambi


cominciavano con lo stesso repertorio eli schemi di base.
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Es. 25.14- Cimarosa, Sonata c 48, Allegro (c. 1780-90)

Da parecchio tempo i maestri a Napoli assegnavano tali Prinner ai loro allievi,


dimostrando come le varie parti potessero essere combinate in diversi modi.
Giacomo Insanguine (1728-1795), allievo di Durante, insegnava le due seguenti
varianti nei suoi solfeggi per voce di basso: il primo e un Prinner modulante
con una fioritura la-sol semplificata e un basso in stato fondamentale, il secon-
do è una risposta di Prinner con una fioritura triadica e la tonica al basso:
fioritura la-sol
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"' PR f f- R

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- ·~ --

CD
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fioritura triadica ~

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Es. 25.15- Insanguine, Solfeggi nn. 24 e 25 (Napoli, c. 177o-8o?)


3 66 La musica nello stile galante

Simili cost ruzioni di Prinner a quattro b attute possono trovarsi nei solfeggi di
Sala, un allievo di Nicola Fago (1677-1745) e Leo, e nei solfeggi di Aprile (cfr.
es. 9.15), che fu allievo di Gregorio Sciroli (1722-c. 1781), a sua volta allievo di
Pago e Leo. Questi leisti insegnavano all'incirca le stessi varianti di un duran-
tista come Insanguine, il che fa pensare a una radice comune. A sua volta
Aprile fu il maestro di Cimarosa, così la tradizione del Prinner di Cimarosa
può essere fatta risalire con una qualche certezza. Lo stesso non si può dire di
Mozart. Resta incerto se egli abbia appreso gli schemi galanti solo ascoltando
altre composizioni o se, a un certo punto, sia entrato in contatto con le opere
didattiche ampiamente diffuse provenienti da Napoli e da altri centri di istru-
zione musicale.
TI mondo musicale di Mozart si allargò enormemente con il tour eu ropeo
della famiglia. Egli poté ascoltare un repertorio più vasto e più alla moda di
quello disponibile a Salisburgo, incontrando personalmente musicisti di ben
maggior talento ed esperienza di quelli che aveva conosciuto a casa. Fu duran-
te questo periodo, specialmente nel biennio 1764-65, che il suo vocabolario di
schemi divenne pienamente conforme alla prassi dei musicisti galanti nel loro
complesso. La Romanesca, ad esempio, un caposaldo dei maestri italiani, era
assente dai primissimi pezzi di Mozart. Il primo tentativo mozartiano con ciò
che sembra una Romanesca compare nel piccolo minuetto del K 8:
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Es. 25.16 - Mozart, K 8, Menuet I, batt. 1 (1763-64? 8 anni)

li quarto stadio di una Romanesca in Si bemolle maggiore (batt. 4) normal-


mente dovrebbe presentare un re3 al basso con un'armonia di Si bemolle mag-
giore, o un/a al basso con un'armonia di Re minore. La frase di Mozart pre-

faut . In e etti, l'armonia di Fa maggiore di battuta 4, insieme all'abbellimento


del mi q di battuta 2, suggerisce che battuta 3 sarebbe stata armonizzata con le
note sol, mi q e sib, un accordo più appropriato al Prinner tnodulante o all~
Clausula Vera piuttosto che alla Romanesca. Ciò vuoi dire che questa frase
presenta una melodia tipo Romanesca ma un accon1pagnamento più adatto
agli schemi che spostano il loro centro tonale verso Sol maggiore.
25. Mozart bambino 367

Mentre le armonizzazioni come quelle del K 8 compaiono effettivamente


nelle opere di altri compositori galanti adeguandosi alla (regola dell'ottava'
(vedi appendice B) , esse non erano la norma come mossa d 'apertura special-
mente con una melodia di tipo Romanesca come nel K 8. Melodie quasi iden-
tiche di Pasquale Cafaro e Fulgentius Peroti (illustrate nei seguenti capitoli
negli es. 26.2 e 26.3), ad esempio, impiegano entrambe il basso di Romanesca
standard . Nel suo lavoro successivo, il K 9, Mozart dimostra di aver imparato
la normale Romanesca (es. 25.17) . Egli ora rende chiara la distinzione tra l'ar-
monizzazione della Rotnanesca e quella di un Prinner modulante. La sua
Romanesca è seguita da una coppia di cadenze, la prima d'inganno e la secon-
da completa. N ella cadenza d'inganno egli inserisce un Prinner nella tonalità
d'impianto di Do maggiore. Dopo la cadenza completa egli offre poi una cop-
pia di Prinner modulanti nella tonalita di Sol maggiore, completi di Cadute
del @ Acuto.

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Leopold è vero, può aver messo mano nei pezzi di Mozart destinati al pub-
blico, come l'op. 1 e l'op. 2 (= K 6-7 e K 8-9). Il quaderno di appunti !ondine-
se di Wolfgang datato 1765, però, mostra poca o nessuna traccia dell'influen-
za editoriale di Leopold. Esso fu riempito in p arte mentre Leopold era mala-
to a Londra e Wolfgang rimase più o meno confinato nella loro stanza d'al-
b.ergo per settimane. Questi 'scarabocchi' musicali, personali e privi di corre-
Zioni, rivelano che il giovane Mozart aveva pienamente assimilato la n ormale
apertura di Romanesca (vedi es. 25.18) . La collocazione della cadenza d 'ingan -
368 La tnusica nello stile galante

no in seconda posizione (anziché in prima) in una serie di due, è tipica delle


peculiarità che abbondano nel suo quaderno privato. Un confronto degli
esempi 25.17 e 25.18 con l'esempio 3.17 di L'Abbé le Fils mostrerà fino a che
punto i modelli parigini aiutarono a delineare l'evoluzione della prassi com-
positiva di Mozart.
Che fosse per l'influenza conservatrice di suo padre, per la frequente espo-
sizione ai semplici pezzi suonati da sua sorella, per l'apprendimento del reper-
torio eseguito a Salisburgo o per gli effetti della sua precoce istruzione nello
stile <severo' del contrappunto, Mozart non decorava i suoi primi pezzi con ab-
bellimenti elaborati. I pezzi salisburghesi, cioè, mancano delle indicazioni dei
conven zionali e altamente ornamentali intarsi melodici che erano considerati
di moda e indicativi di "elevata finezza". Tutto ciò cambiò quando i Mozart
giunsero a Parigi nel 1764. Gli abbellimenti melodici erano in qualche modo
una specialità francese, e sarebbe stato impossibile fare colpo sui parigini sen-
za dimostrare una considerevole padronanza dell' ornamentazione.

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Es. 25.18- Mozart, K 15ii (quaderno di Londra) (1765; 9 anni)

Per lo studio dell'ornamentazione francese, la musica di Johann Gottfried Ec-


kard sarà sembrata una scelta ovvia. Tedesco di nascita, Eckard fece la sua car-
riera a Parigi, dove era rinomato come brillante cembalista; le sue esecuzioni e
composizioni erano portate a esempio dal barone von Grirnm, dal gentiluomo
inglese Charles Burney e, soprattutto, da Leopold Mozart. li giovane Mozart
25. Mozart bambr:no 369

trovò in Eckard un musicista capace di dilatare con un'intensa ornamentazione


gli schemi eli base della n1usica galante tanto che i loro singoli stadi potevano ri-
sultare separati da venti o trenta note. Lo stile di Eckard è così ornato che un
esempio del 1763 richiede un'intera pagina di note per esporre soltanto uno Ju-
piter come mossa d'apertura e un Prinner di risposta con un Meyer incastonato
(es. 25.19) . Si noti che le diadi 0 - ~ di questi schemi sono eseguite due volte, la
prirna volta terminando in modo debole e la seconda volta in modo forte.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - J U P ITFR - - - -

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(Segue)
37O La musica nello stzle galante

--
---
Es. 25.19 - Eckard, op. I, n. 6, mov. r, Con discretione (Parigi, 1763)

L'effetto sul giovane Mozart dev'essere stato notevole, giacché i suoi lavori
successivi iniziarono rapidamente a mostrare una varietà di tratti parigini.
Dopo aver lasciato Parigi, il viaggio dei Mozart continuò alla volta di Lon-
dra, dove W olfgang, come si è detto, compilò il suo quaderno. Egli compose
anche altre sei sonate per violino e tastiera che furono poi pubblicate come
op. 3· Furono dedicate alla giovane regina Carlotta, che aveva incontrato i
Mozart e aveva ascoltato suonare entrambi i bambini. Era la stessa Carlotta
Sofia le cui 'qualità' musicali contribuirono a concludere il matrimonio con
Giorgio III nel I761 (vedi cap. r). Il maestro di musica della regina, ovviamen-
te, era J. C. Bach.
Una di queste sonate, la K 12, documenta un primo stadio nell'assimilazione
dello stile di Eckard da parte di Mozart. Nel primo movimento (esempio 25.20,
a pagina seguente) possiamo confrontare lo Jupiter iniziale e la risposta di
Prinner con gli stessi schen1i del precedente esen1pio di Eckard. Il bambino ha
adottato appoggiature cromatiche nella melodia e una figurazione di biscrome,
ma l'effetto globale è in qualche modo ancora meccanico e squadrato. Il Prin-
ner che inizia a battuta 5 contiene la normale fioritura la-sol tra gli stadi uno e
due dello schema. In retrospettiva, la sua prima metà, con 0 -@ al basso, fun-
ge come una forma delicata di Passo Indietro (cfr. batt. 5-6 del tema di Haydn
del cap. ro). La seconda metà del Prinner è quindi rimpiazzata da una caden-
za, in questo caso Convergente. Tipica della precocità di Mozart nel compren--
dere come questi schemi potessero essere scambiati e ricotnbinati tra loro, la
cadenza Convergente ha la stessa melodia di un Prinner modulante. Le note,
cioè, do#5 -si4 -la4 -sol#4 (batt. 6-8) possono essere intese sia co1ne ~ -@ -0 - 8 in
La maggiore (come mostrato) sia come 0 - 0 - 0 - ~ in Mi maggiore. Nessuna
delle due descrizioni da sola rende giustizia al significato composito che a mio
parere esse avevano al tempo di Mozart.
Dopo aver trascorso più di un anno a Londra, i Mozart intrapresero il loro
viaggio di ritorno passando per L'Aia, la corte più illustre dei Paesi Bassi. Qui
furono pubblicate altre sei sonate nel 1766, l'op. 4 di Wolfgang, e nel movi-
mento iniziale della K 27 (es. 25.21, a pagina seguente) egli mostra di padroneg-
giare e forse anche di superare l'arte di Eckard. Un Meyer funge da n1ossa
372 La must·ca nello stile galante

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Es. 25.21 - Mozart, K 27, mov. I, Andante poco adagio (r766; ro anni)

In un movimento come questo, Mozart a dieci anni raggiunge un livello adul--


to di sofisticazione. Di certo ha copiato molto dallo stile di Eckard. In aggiun-
ta a tutti gli intarsi presi in prestito, come le scale ascendenti di biscrome a bat-
tuta 4, Mozart ha imparato a emulare l'incedere del 'discorso' di Eckard. Ad
esempio, Eckard espone il suo Jupiter in due battute, tna ne ripete in eco la
seconda metà per aggiungere una battuta in più, tre in tutto; poi inizia un
ampio Prinner, stabilendo la lunghezza di una battuta per i primi due stadi
prima di affrettare il ritmo con un Meyer interno. Queste stesse proporzioni
permangono nel movimento di Mozart, anche se il computo delle battute rad-
doppia: Mozart inizia con un Meyer di quattro battute (batt. r-4), cui fa eco un
Meyer di due battute (batt. 5-6), sei battute in tutto; egli poi inizia un ampio
Prinner, stabilendo la lunghezza eli due battute per i primi due stadi (batt. 7-
ro). La fine del Prinner di Mozart è altrettanto accelerata in modo che gli ulti-
mi due stadi occupino solo una battuta ciascuno (batt. rr-12).
25. Mozart bambino 373

Se questo movimento rivela un buon controllo dell'ornamentazione e della


forma , rivela anche una comprensione matura delle combinazioni e delle sot-
tili implicazioni tra due o più schemi. Un semplice esempio sarebbe incastona-
re un Prinner all'interno della seconda tnetà di un Meyer (batt. 2-4), qualcosa
che abbiamo visto fare da compositori adulti come Graun e Haydn (vedi cap.
9). Più sottile sarebbe la relazione tra la conclusione sul 0 -@ di un Meyer, uno
Jupiter o uno schema simile e l'inizio di un successivo Prinner modulante. Una
prassi co1nune era di concludere la mossa d'apertura sul @ nel registro medio
e di iniziare il Prinner modulante un'ottava sopra su ciò che diventa il 0 nella
tonalità della dominante. Nel movimento di Eckard, il *D cade sul mz~ a battu-
ta 3, e il seguente 0 nella tonalità della dominante è il mz~ a battuta 4· Nel
movimento di Mozart lo stesso mi4 è @ a battuta 6; poi, a battuta 7, il mz~
un'ottava sopra diventa 0 nella tonalità della dominante. Questa era w1a
mossa molto tradizionale, già impiegata da Leo negli anni '30 del secolo (vedi
cap. 22), ma poteva non essere evidente per chi avesse imparato i modelli solo

meccanicamente.
Come ultimo segnale della rapida maturazione della sua tecnica, potrei ci-
tare il modo in cui Mozart stabilisce un'associazione con la Fonte attraverso
l'estensione dei prin1i due stadi del suo Prinner modulante. Impiegando la
meno comune armonia di La minore per il primo stadio e un'armonia di Sol
maggiore per il secondo stadio del Prinner, egli produce una successione mi-
nore-maggiore un tono sotto analoga alla Fonte, la quale funge in questo caso
da digressione simile alla Fonte prima per allontanarsi e poi per ritornare a
un 'attività più orientata verso una meta. Come diceva il barone von Grimm,
''il più consumato direttore musicale non potrebbe essere più esperto di lui
nella scienza dell'armonia e delle modulazioni che egli sa come condurre lun-
go sentieri meno conosciuti ma sempre precisi". Un bambino di dieci anni
potrebbe sembrare un inverosimile candidato come <c consumato direttore
musicale", ma solo adulti molto esperti potevano raggiungere il livello di mae-
stria n1ostrato nel K 27.
Certo, si può imitare la sottigliezza senza comprenderla davvero. Il parigi-
no Leduc scrisse passaggi sin1ili, e il bambino avrebbe potuto imitare i proce-
dimenti di Leduc (cfr. il suo op. 4, n. 2, mov. 1, batt. 17- 20, non riportato).
Avrebbe anche potuto imitare la prima aria da La buona ji.glz'uola (vecli esem-
p io 25.22, a pagina seguente), con i suoi due Meyer e l'ampio Prinner con fun-
zione di Fon te.
Piccinni, che era appunto un "consumato direttore musicale", dedica dieci
battute al contrasto minore-maggiore del suo Prinner modulante (batt. 33-44;
egli aiuta l'ascoltatore marcando con /orte gli eventi principali posti a grande
distanza tra loro). Esaminato da vicino l'Andante poco adagio del K 27 di
M ozart appare con1unque piu come una sintesi di certi aspetti di Eckard,
Leduc, Piccioni, J. C. Bach e altri. Le prove fornite da tutti questi lavori gio-
vanili suggeriscono che l'imitazione stava rapidamente diventando assitnilazio-
374 La musica nello stz"le galante

ne. Mentre assorbiva una varietà di prototipi ed esemplari, Mozart interioriz-


zava i loro vari tratti, strutture significati e connessioni, diventando un fluido
scrittore di 'prosa' musicale galante a circa otto anni, e un artista minore di
'poesia' musicale galante all'incirca a dieci.
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Es. 25.22- Piccinni, La buona /zgliuola, atto I,


scena I, Andantino (Roma, 1760)
26
Un Allegro
di Wolfgang Amadeus Mozart
• K 545, mov. r, 26 giugno 1788

"Per principianti" (/ur An/linger) è un'espressione che a un certo momento fu


associata alla sonata K 545, anche se pochi principianti la suonano bene. li sot-
totitolo, però, è indizio dell'infantilizzazione della musica galante da parte
delle generazioni successive. L'Allegro di Mozart, che per gli standard galan-
ti era una composizione notevolmente sofisticata e avanzata, appariva infan-
tilmente semplice ai pianisti romantici piu abituati ai lavori fisican1ente impe-
gnativi di Schumann, Liszt o Rubinstein. Sordi ormai ai significati degli sche-
mi galanti, la loro attenzione si spostava sulla mancanza di virtuosismo, di cro-
matismo armonico, di modulazioni lontane e di intenti drammatici o narrati-
vi del brano. Tenendo dunque presenti l'alta e duratura stima per Mozart e il
periodo di composizione di questo pezzo, all'incirca lo stesso delle sue sinfo-
nie più apprezzate, i Romantici riconcepirono questo Allegro come musica
propedeutica: uno dei passi necessari al pianista principiante per scalare il
Gradus ad Parnassus. Nelle sue numerose scale ascendenti e discendenti di
semicrome senza dubbio c'è un'eco dei (metodi' più severi per l'addestramen-
to dei giovani esecutori. n pezzo evita scrupolosamente gli sforzi fisici che
avrebbero ecceduto l'abilità di un talentuoso bambino esecutore: per molta
parte del pezzo le due mani suonano una sola nota per volta e alle mani più
piccole è ri chiesto di estendersi solo per qualche occasionale ottava. Gli
accordi non sono mai formati da più di tre note, e non eccedono mai l'ambi-
to di una settlina.
Da una prospettiva galante, si potrebbe sottotitolare questo pezzo "L'arte
del Prinner". Mozart espone cinque diversi tipi di Prinner nel corso del movi-
mento, ognuno concepito con una diversa tecnica o stile. Il primo, alle battu-
te 3-4 (vedi es. 26.6), è una risposta di due battute a una mossa d 'apertura di
due battute. La normale voce interna del Prinner compare al basso, facendo
eco allo stile parigino di Eckard o allo stile napoletano di Aprile. Nell'esempio
26.1, a pagina seguente, è riportato l'analogo Prinner da tmo dei pezzi per
tastiera di Eckard (si noti la fioritura la-sol che collega il 0 al fi) ripetuta poi
per collegare il O al~ ; cfr. es. 9.15 di Aprile).
Mozart costruisce il secondo Prinner battute 5-8 (vedi es. 26.6), come rispo-
sta fiorita alle battute r-4. Questo fan1oso passaggio, la Waterloo di molti gio-
vani pianisti, era una specie di passaggio obbligato della risposta di Prinner.
Tanto il fan1oso maestro napoletano Pasquale Cafaro (r7I5/r6-r787) quanto il
376 La musica nello stile galante

@ CD
Es. 26.I - Eckard, op. I, n. 2, mov. I,
Allegro con spirito, batt. 25 (Parigi, I763)

poco noto padre Fulgentius Peroti (attivo intorno al I750) impiegavano le stes-
se scale nelle loro risposte di Prinner. Il passaggio di Cafaro, successivo a una
Romanesca, proviene da una raccolta dei suoi solfeggi, ed era perciò effettiva-
mente concepito a scopo didattico:

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Es. 26.2- Cafaro, solfeggio in Do maggiore, Allegro (c. I77o-8o)

Si noti come alle battute 3-4, in cui tlna voce interna sottintesa, percorrendo le
note mi-fa-sol, potrebbe con1pletare una Clausula Vera, la melodia fa sentire la
diade 0 -8 di un Meyer, cui risponde la conclusione 0 -fD del successivo Prinner.
La composizione di Peroti fu pubblicata nel I756 dalliutista di Norimberga
Johann Ulrich Haffner (r7II-1767). Le pubblicazioni di Haffner erano ampia-
mente diffuse, e Leopold Mozart si era impegnato a spedire a Haffner alcuni
dei primi pezzi di Wolfgang. Si noti come, alle battute 3-6, Perori faccia prece-
26. Un Allegro di W . A . Mozart 377

dere il suo esteso Prinner (batt. 7-10) da due ripetizioni dello stesso tipo di
breve e sem,plice Prinner in1piegato da Mozart nella posizione analoga (es.
26.6, batt. 3):

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Es. 26.3 - Peroti, Sonata in Sib maggiore, mov. 3,


Allegro non tanto presto (c. 1750-60)

A differenza di Cafaro e Peroti, Mozart non permette al Prinner di concluder-


si in modo tanto completo: egli continua la figurazione a scale per un'altra bat-
tuta, conducendo la melodia dal fD al @ e quindi all'inizio di un Indugio (es.
26.6, batt. 9-u) .
Il terzo Prinner di Mozart, battute 18-21, serve come risposta di quattro bat-
tute alla precedente esposizione ripetuta delle due battute che costitujscono il
'secondo tema', in Sol maggiore. Queste coppie di battute ripetute (batt. 14-15,
16-r7) sono sintatticamente aperte', terminando con la diade 0 -8 di un Meyer
4

o un Aprile (cfr. es. 26.2 di Cafaro); e, come nel passaggio di Cafaro, la conclu-
sione 0 -40 del successivo Prinner di quattro battute serve a realizzare e com-
pletarne le implicazioni. li terzo Prinner di Mozart riecheggia una tecnica uti-
lizzata da Dittersdorf in uno dei suoi concerti per tastiera, in cui ogni stadio
del Prinner è preceduto da un meno stabile accordo 6/ 3 (vedi l'esempio 26.4, a
pagina seguente). Mozart e Dittersdorf avranno potuto avere in mente dei mo-
delli italiani, come il brano di una sonata di Galuppi (c. 1750-60) riportato nel-
l' esempio 26.5 (a pagina seguente). Il suo modello ha in comune con i passaggi
di Mozart e Dittersdorf l'alternanza di accordi 6/3 e 5/3 e le discese melodiche
di sesta dagli accordi 6/3 agli accordi 5/3. L'uJtima di queste discese coincide
con le versioni ornate della normale Caduta del @ Acuto.
378 La musica nello stile.galante

36

40

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Es. 26.4 - Dittersdorf, Concerto in La maggiore (la32) (1779)

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26. Un Allegro di W. A. Mozart 379

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Es. 26.5- Galuppi, Sonata in Re maggiore (c. 175o-6o)

Mozart scrive il suo quarto Prinner, battute 37-40, nel modo minore (La n1ino-
re) e dispone le due consuete voci parallele in un canone alla quinta inferiore.
I lunghi Prinner precedenti erano stati ampliati tutti in modo da consentire al-
le loro melodie eli discendere fino al @ . In questo caso si sarebbe trattato del
si q4 a battuta 41. Con un'abile mossa di destrezza armonico-melodica, Mozart
abbassa il@, accennando all'oscura sonorità della sesta napoletana, per poi
reinterpretare subito il sib come O in Fa maggiore.
Il suo quinto e uJtitno nuovo Prinner, battute 50-53 (vedi il Prinner con aste-
risco nell'elenco degli schemi, p. 380), non era tecnicamente necessario. Egli
aveva già impostato la ripresa del tema iniziale (batt. 42 segg.) nella tonalità di
Fa maggiore, la sottodominante. Avrebbe dunque potuto lasciare che il movi-
mento 'proseguisse da solo' nel senso che l'Indugio delle battute 54-56 avreb-
be potuto rimodulare a Do maggiore, giacché esso aveva facilitato una modu-
lazione alla quinta superiore nella prima metà del movimento (batt. 9-rr).
Mozart, invece, fa seguire alla ripetizione del suo secondo tipo eli Prinner (batt.
46-49) un Prinner modulante ottenuto scambiando le parti: il precedente
basso, cioè, diventa la n1elodia e la precedente melodia diventa il basso.
Questo scambio di voci, però, è effettuato senza invertire lo schema: le note
tnelodiche chiave del Prinner restano alla melodia e le note chiave del basso
restano al basso. Mozart, per giunta, adotta la convenzione di iniziare un
Prinner modulante spostando il m'i un'ottava sopra (il precedente @ diventa
un nuovo 0 ), con1e già visto in Leo (es. 22.1 , batt. 22- 23), Eckard (es. 25.19, batt.
3-4) e in uno dei primi pezzi dello stesso Mozart (es. 25.21, batt. 6-7) . Per un
ammiratore dello stile galante, l'aggiunta di questo Prinner si sarebbe potuta
intendere come un gesto manieristico che richiama l'attenzione al suo virtuo-
sismo compositivo. In effetti, l'intero movimento è una dimostrazione di quel-
lo che si potrebbe chiamare uno stile galante alto, ma nell'ambito di un pezzo
di modeste dimensioni e di n1odesto impegno per l'esecutore.
Di tutti i movimenti completi presentati in questo volume, questo è l'unico
progettato in modo che il materiale successivo alla doppia barra rientri agevol-
tnente nel concetto ottocentesco di 'sezione di sviluppo'. Per una sonata
ampia, all'opposto di un piccolo minuetto, la norma galante prevedeva che il
materiale imn1ediatamente seguente la doppia barra riesponesse il primo tema,
380 La musica nello stile galante

ma nella tonalità della dominante. Dalla fine degli anni '40 in poi, Leonard
Ratner aveva cominciato a richiamare l'attenzione su questo in una serie di
pubblicazioni che hanno avuto ampia circolazione; 1 ciò nonostante la realtà
delle norme galanti non è mai riuscita a incrinare l'ideale romantico di una
sonata t ripartita fatta di '(esposizione, sviluppo e ripresa" . Per Mozart, le sona-
te come questa erano in un certo senso un atto di distacco dal suo apprendi-
stato e dalla sua lunga esperienza. Queste nuove procedure iniziarono a esse-
re ampiamente adottate e infine andarono a costituire una norma; eppure, dif-
ficilmente si può parlare di una (prassi comune'.
Sezione Schema Tonalità
ra meta' Mossa d'apertura Do
Risposta di Prinner Do
Prinner Do
Indugio Do ~ Sol
Ponte Sol
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Prinner Sol
Indugio Sol
Cadenza Mi-Re-Do Sol
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Caduta Finale Sol
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2a meta' Coda, bis Solrnm .
Meyer Reffill1.
Coda, bis Remm .
Meyer Lamm.
Prinner Lamtn.
(modulazione) Lamm. ~ Fa
Mossa c 'apertura Fa
Risposta di Prinner Fa
Prlnner Fa
Prinner * Fa q Do
Indugio Do ~ Sol
Ponte Do
?, bis Do
Prinner Do
Indugio Do
Cadenza Mi-Re-Do Do
Coda, bis Do
Caduta Finale Do
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1 Vedi
ad esempio Ratner, L. G., "Harmonic Aspects of Classic Form" , in Journal o/ the
American Musicological Society, anno 2, 1949, pp. 159-68.
26. Un Allegro di W. A Mozart 381

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Es. 26.6 - Mozart, Sonata in Do maggiore K 545, mov. I, Allegro (1788)


27
"Il filo"
Un Poco adagio di Joseph Haydn
• Op. 20 (Hob. III/33), n. 3, mov. 3, 1772

Come i famosi tratti distintivi dell'eccellenza musicale secondo Galuppi -"va-


ghezza, chiarezza, e buona modulazione"-, 1 anche i tratti distintivi di un com-
positore di prim'ordine secondo Leopold Mozart- "la buona composizione e
l'ordine, il filo" C'der gute Satz, und die Ordnung, il filo") 2 - possono essere
difficili da tradurre nel linguaggio odierno. Per me, ad esempio, Leopold vuole
descrivere due concetti, dando del secondo il nome tedesco e quello italiano,
mentre Emily Anderson, la talentuosa traduttrice delle lettere di Mozart, inten-
deva la laconica affermazione di Leopold come formata da tre parti: "buona
con1posizione, costruzione solida, e il filo" .3 I termini 'composizione' e 'costru-
zione' non sembrano sufficientemente distinti. A mio parere, per Satz Leopold
intende la tecnica della composizione musicale, con tutte le sue regole e proce-
dure preferenziali, mentre per Ordnung intende le scelte operate nella disposi-
zione in successione del materiale n1usicale. La disposizione delle cose in un
ordine preciso crea quel filo logico che, come il filo di Arianna che condusse
Teseo fuori dal labirinto, guida l'ascoltatore attraverso l'opera musicale. Ci si
poteva augurare che Leopold si soffermasse un po' di più sul concetto di 'filo',
giacché sembra che per i Mozart, e forse in generale per i musicisti dell'epoca,
avesse un significato comune. Come molti altri termini del diciottesimo secolo,
quali 'adagio', 'concerto', 'crescendo' o 'fonte', anche questo era di origine ita-
liana e probabilmente fu diffuso tanto dai musicisti italiani attivi al nord quan-
to dai musicisti del nord che avevano studiato in Italia. 4 In quanto metafora il
termine e ovviamente soggetto a molte interpretazioni. In questo capitolo lo
trattero da quattro diverse prospettive- schemi, p ercorsi, partimenti e schizzi
-nella speranza di stabilire una definizione che, pur meno poetica, aiuti tutta-
via a comprendere come i Mozart e altri musicisti galanti concepissero l'arte
della composizione.
Nei conservatori di Napoli vigeva un approccio pragmatico all'istruzione
1
Ga]uppi è citato in SchoJes, P. A., a cura eli, Charles Burney: An Eighteenth-Century
Musical Tour in France and Italy , Oxford University Press, Oxford 1959, p. 134, resoconto di
martedì x6 agosto 1770.
2
The Letters o/Mozart and His Family, trad. ingl. di Emily Anderson, Macmillan, London
1938, vol. 2, p . 889, lettera L.323, 13 agosto 1778.
3
The Letters o/ Mozart, ed. Anderson, vol. 2, p. 889.
4
Strohm, R. , a cura di , The Eighteenth-Century Diaspora o/ Italian Mus·ic and Musicians,
Brepols, Turnhout (Belgio) 2001.
386 La musica nello stile galante

dei giovani compositori. Un maestro doveva impartire i tratti specifici di una


prassi vivente. Quando gli si poneva un difficile "perché?'' , quel tipo di do-
mande che ai principianti piace tanto fare, si dice che il grande maestro Du-
rante rispondesse così:

Miei cari, fate cosl, perché così va fatto. Dev'essere così, perch é il vero ed
il b ello è uno , e non m 'inganno. Io non so dirvi le ragioni che mi dimanda-
te; ma siate pur certi che i maestri che verranno dopo di me le troveranno,
e dei precetti che ora vi do, essi faranno tanti assiomi che diverranno rego-
le infallibili.5

TI posto di Durante (r684-1755) al conservatorio di Sant'Onofrio a Porta


Capuana fu preso da Carlo Cotumacci (c. 1709-1785), al quale a sua volta suc-
cesse il suo allievo Giovanni Furno (r748-r837). Quando l'allievo di Fu.rno
Francesco Florin1o (r8oo-r888) ricordava che il suo maestro, nella stessa circo-
stanza, gli disse: ''Fate così e come io vi dico, perché così m 'insegnò di fare il
mio maestro Cotumacci" ,6 noi possiamo vedere la continuità persino l'ostina-
zione della tradizione napoletana. La situazione sembra essere stata all'incirca
la stessa a Bologna. Del suo maestro Stanislao Mattei, Gioacchino Rossini
ricordava ....che "quando chiedevo delle spiegazioni al P. Mattei, mi rispondeva
sempre: cE di uso scrivere così''' .7 Ad ogni modo, Durante, Cotumacci, Furno
e Mattei non erano profeti biblici in attesa della rivelazione della buona novel-
la dei principi arn1onici da parte di Fétis, Riemann o Schenker. L 'insistenza
italiana sull'emulazione dei modelli, sull'interiorizzazione degli schemi mag-
giormente ricorrenti e sull'esercizio della fantasia musicale attraverso i parti-
menti e i solfeggi era, in effetti, la stessa sorta di metodo che gli esperti in scien-
ze dell apprendimento potrebbero raccomandare oggi.
Una generazione di idealisti neo-romantici attiva tra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento era in ansia di fondare il suo profondo impegno nella
m.usica classica sulle proprietà quasi magiche delle forze ton ali dell'armonia e
sui misteri hegeliani della forma sonata. Dato che nessuna delle altre musiche
del mondo sembrava essere governata da tali forze o condividere tali misteri,
essi considerarono la musica classica come una cosa a parte, come uno zenit
dello sviluppo musicale raggiunto da un unico popolo. I primi studi di etno-
musicologia, ad ese111pio, erano rivolti verso tutte le musiche tranne che verso
il retaggio classico europeo. Eppure, se si adotta la prospettiva dell' etnomusi-
cologia del ventunesimo secolo, i musicisti del Settecento a Napoli, Dresda,
5 Francesco Durante, come riferito da Francesco Florimo nel suo La scuola rnusicale di
Napoli, 3 voli., Morano, Napoli 1881-83, vol. 2 , pp. r8o-81. Vedi Rosenberg, J., "1he
Experimental Musico ofPietro Raimondi", tesi eli dottorato, New York University, 1995, PP·
202-3.
6 Giovanni Furno, come riferito da Francesco Florimo nel suo La scuola musicale di
Napoli, voJ. 2, p. 292.
i Radidotti, G., Gioacchino Rossini, I, Tivoli 1927-29, p . 42.
27. ((Il/ilo)}. Un Poco adagio di]. Haydn 387

Versailles o Londra non appaiono così diversi dai musicisti del Settecento delle
corti di Teheran, Delhi, Y ogyakarta e Seui. Tutti questi artigiani operavano in
culture preindustriali in cui musicisti altamente preparati, spesso per via eredi-
taria, cercavano di soddisfare al meglio i raffinati gusti dei loro nobili protetto-
ri. La preparazione in una qualsiasi di queste tradizioni impiegava anni e richie-
deva la memorizzazione di un'enorme mole di repertorio e vocabolatio musi-
cale. Gli apprendisti imparavano come le figure e i motivi melodici tradiziona-
li potessero essere inseriti in una tratna di scale e tnetri e quale musica dovesse
essere scelta per vari affetti, occasioni e cerimonie. N egli stili che favorivano
l'improvvisazione, i giovani musicisti si esercitavano a selezionare sequenze di
figurazioni che aiutassero a realizzare strutture formali o narrative piu ampie:

Essi sviluppano flessibilità nell'impiego di elementi tratti da un vocabolario


inizialmente limitato, inventano un modo sistematico per relazionare tra
loro gli elementi del vocabolario e assorbono i principi estetici che guidano
nell'uso del vocabolario. 8 [ . .. ] Una volta completamente irrunagazzinati, i
nuovi elementi prendono il loro posto accanto alla moltitudine degli altri
elementi prestabiliti -le forme precise da cui sono mode1late le idee musi-
cali. Qui, alfinterno dell'immaginazione dell,artista, quegli eletnenti con-
ducono una ricca esistenza, continuamente trasformata in relazione ad altri
elementi del vocabolario. [ ... ] Ma via via che i solisti attivano ripetutamen-
te le varie figurazioni e ne ridefiniscono i rapporti, si accorgono che a volte
esse si presentano in certe disposizioni più spesso che in altre, che interagi-
scono più agevolmente con certi altri elementi e persino che si sviluppano
forme d'uso sempre più coerenti, con funzioni sintattiche specializzate. 9

La citazione precedente potrebbe descrivere altrettanto bene il modo in cui si


utilizza il magazzino musicale del Radzf in un concerto di musica classica per-
siana, con1e il modo di legare insieme gli schemi galanti per creare una fanta-
sia. La fonte è l'etnomusicologo Paul Berliner, che descrive l'impiego dei licks
appresi dagli improwisatori jazz.
Le tradizioni oralj hanno molto in comune tra loro, indipendentemente dal-
la cultura, dal secolo o dal mezzo impiegato. I concetti di Berliner di frequen-
za di occorrenza e di evoluzione della funzione sintattica mediante coocorren-
za sono amplificati e formalizzati da Domenico Pietropaolo quando descrive lo
scambio di battute della commedia dell'arte come una catena markoviana di
probabilità seriali:

L'improvvisazione è un processo di costruzione testuale, [ ... ] una collabora-


zione tra i membri della compagnia con lo scopo di congiungere segni attin-
8 Berliner, P.F., Thinking in Jazz: The Infinite Art o/ Improvisation, Universiry of Chicago
Press, Chicago 1994, p. 2 05.
9 , Thinking in Jazz, p. 227.
388 La musica nello stile galante

ti dai repertori dei singoli attori e armonizzati in una strategia atta a creare
una trama. In altre parole, si tratta di un processo di composizione, ossia un
processo che mira alla formazione di unità composite dall'aggiunta di parti
discrete. [ ... ] Dato lo stimolo prodotto da un personaggio, il processo di
improvvisazione deve determinare la risposta testualmente appropriata del
suo interlocutore, la quale è poi presa come un altro stimolo, a sua volta in
attesa di una risposta nel copione in evoluzione. [ ... ] Una compagnia per-
fettamente coordinata[. .. ] può essere descritta come un sistema di parti in-
terrelate il quale, da uno stato iniziale di quiete all'inizio di una scena, attra-
versa una serie di trasformazioni per cui, da uno stato in cui la scena è domi-
nata da un attore impegnato con un segmento del suo repertorio, passa a un
altro in cui la scena viene 'rubata' da un secondo attore, e così via, finché
uno di essi ne provoca l'arresto attraverso un'espressione verbale o gestuale
che non può essere ulteriormente elaborata. [ ... ] Poiché in ogni momento i
possibili stati che il sistema puo assumere sono tutti elementi di repertori ef-
fettivi , essi devono essere com parsi in varie combinazioni nella tradizione
teatrale precedente alla rappresentazione in questione, e ciò significa che la
loro storia forn1ale di secondi elementi di un'unità composita di comunica-
zione può essere espressa in termini della frequenza relativa con cui quel-
l'unità ricorre nel linguaggio verbale e gestuale della commedia dell'arte. Ma
la frequenza relativa è solo un sinonimo di probabilità. 10

Oggi sappiamo che l'apprendimento tramite l'ascolto dipende molto dalle di-
stribuzioni di probabilità dei suoni che udiamo. Che un bambino impari, dicia-
mo, i suoni vocali ci dell'olandese piuttosto che quelli del tedesco dipende dalla
probabilità di ricorrenza delle esatte vocali udite, non da qualche principio uni-
versale. Allo stesso modo, il ''così va fatto" di Durante esprime la probabilità
che nello stile galante a uno schema ne segua un altro. Se prendiamo i movi-
menti completi presentati in questo volume come un campione piccolo ma rap-
presentativo della musica galante, 11 possiamo calcolare la probabilità che uno
schema qualunque conduca a un altro. Vi sono oltre trecento possibilità di col-
legamento tra gli schemi presenti in questo piccolo campione, e sono rappre-
sentate nel grafico alla fig. 27.1, dove, più il colore delle caselle è scuro, maggio-
re è la probabilità che lo schema della riga conduca allo schema corrispondente
della colonna. In questo ristretto repertorio, ad esempio, lo Jupiter ha una per-
centuale del 100 o/o di condurre a un Prinner, come mostrato, nella tabella, dalla
casella nera in cui la riga Jupiter si incrocia con la colonna Prinner. Analoga-
mente, la cadenza d'inganno conduce con certezza a una cadenza completa. La
lO Pietropaolo, D., "Improvisation as a Stochastic Composition Process", in The Scz"ence o/
Buffoonery: Theory and Hùtory o/ the Commedia delfArte, a cura di Domenico Pietropaolo,
Dovehouse Editions, Toronto 1989, pp. 167-76.
11 Il campione di repertorio include i movimenti presentati nei capitoli 5, 8, ro, 12, 15, 17,
19, 21-24, 26 e 28 -29. Poiché la versione del movimento di quartetto di Haydn fornita in que-
sto capitolo differisce dalla versione a stampa, non è stata inclusa nella statistica.
27. "Il/ilo". Un Poco adagio di]. Haydn 389

linea tratteggiata sulla diagonale indica uno schema seguito da una sua ripeti-
zione. P er il Fenaroli e la Quiescenza la ripetizione immediata e la formula più
probabile. Anche se non è facile assimilarlo visivamente, un grafico come que-
sto contiene una grande quantità eli informazioni. Si possono scoprire impor-
tanti asimmetrie che aiutano a rivelare la funzione di uno schema. La colonna
verticale del Prinner, ad esempio, mostra che questo schema segue più frequen-
temente temi cotne la Romanesca, il Do-Re-Mi o lo Jupiter, mentre la riga oriz-
zontale del Prinner mostra che questo puo condurre a più di una dozzina di al-
tri schemi, lasciando solo pochissime possibilità a una successiva cadenza. Dun-
que la comparsa di un Prinner spesso è fortemente condizionata, ma eli per sé il
Prinner fornisce indizi scarsi su quale schema lo seguirà. Analogamente, l'Indu-
gio è più probabile che conduca a una cadenza Convergente e una cadenza
Cudworth a una Quiescenza, ma non il contrario.
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Virgola '"
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Quiescenza
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Jommelli ,TA
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Passo indietro '\ "'-· ~·

Fig. 27.1- La probabilità eli procedere dallo schema A allo schema B


390 La musica nello stile galante

Per i casi di alta probabilità, si può legittimamente parlare di aspettative o


implicazioni. N ei 1nolti casi di b assa probabilità sarebbe meglio parlare di suc-
cessioni consentite. Se si dovessero esaminare i dati numerici, il Prinner, ad
esempio, avrebbe un 30 o/o di probabilita di condurre a una cadenza, un 12 o/o
di una sua ripetizione e percentuali a tma sola cifra di condurre a una dozzina
di altri schemi. Un collegamento di due schemi che ricorre solo una volta su
quaranta o cinquanta casi possibili difficilmente può essere definito come cpre-
vedibile', anche se e lecito, però, distinguere tali con1binazioni occasionali da
collegamenti che davvero non capitano mai.
La precedente matrice di 'probabilita transizionali' è basata su un repertorio
troppo ristretto per rappresentare appieno la musica galante in toto. N ondime-
no il grafico è sufficientemente dettagliato da suggerire alcuni percorsi prefe-
renziali n el corso di una composizione. Partendo con una Romanesca, la suc-
cessione seguente potrebbe risultare molto probabile: Romanesca ~ Prinner
~ Cadenza ~ Fonte ~ Prinner ~ Cadenza. Con qualche piccolo aggiusta-
mento, tale sequenza si avvicinerebbe al filo fondamentale del rninuetto di So-
mis del capitolo 5· In altre parole, un p ercorso molto probabile potrebbe deli-
neare un prototipo di composizione. Queste probabilità (cio che un linguista
potrebbe definire una cgrammatica a stati finiti') colgono solo una parte delle
conoscenze dei musicisti galanti. I musicisti di successo possedevano anche la
conoscenza tecnica della trama contrappuntistica e armonica interna a ogni
schema e la conoscenza strategica di come arrangiare gli schemi per ottenere
determinati effetti estetici e per soddisfare i requisiti di p articolari mon1enti nel
corso di specifici generi musicali. D etto ciò, la comprensione della normale di-
spositio degli schemi formava un importante sostrato per giudicare le composi-
zioni. N ella nostra epoca, la mancata comprensione di questo tipo eletnentare
di grammatica delle frasi musicali può spiegare perché m olti p ezzi composti
dal computer "n ello stile di M ozart" sembrano avere un filo cosl spezzato o in-
garbugliato che raramente degli ascoltatori esperti li scambiano per un pezzo
di Mozart.
Le applicazioni della teoria degli schemi alla musica, com'è stata sviluppa-
ta da Leonard B. Meyer, Eugen e N armour e il sottoscritto, è centrata sulle
interazioni dinamiche di un ascoltatore con un flusso di eventi musicali. 12
Come già suggerito, la vera complessità di tali interazioni in tempo reale, in
cui un ascoltatore tenta di relazionare ogni nuova sensazion e alle regolarità
apprese e agli esemplari memorizzati, potrebbe trascendere di molto la
descrizione verbale. Se p ero ci si con centra solo sulle successioni di eventi
idealizzate e altamente probabili, allora potrebbe essere possibile almeno
12
Vedi, ad esempio, Meyer, L. B. , Style and Music: Theory) History, and Ideology, Univer-
sity of Pennsylvania Press, Philadelphia 1989; Narmour, E., The Analysis and Cognition o/
Basic M elodie Structures: The Inzplication-Realization M odel, University of Chicago Press,
Chicago 1990; e Gjerdingen, R. 0., A Classù: Turn Of Phrase: Music and the Psychology o/
Convention, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1988.
27. ((Il filo)). Un Poco adagio di]. Haydn 391

delineare una moderna teoria degli schemi in relazione ai modelli musicali.


Centrale per l'esperienza di un ascoltatore avvezzo alla musica galante sareb-
be il riconoscimento di eventi musicali che implicano eventi conseguenti, e di
altri eventi successivi che realizzano adeguatan1ente tali precedenti implicazio-
ni. Mi si consenta di riepilogare le basi della teoria degli schemi in1maginando
prin1a un setnplice schen1a astratto co1nposto da due parti: un'implicazione I e
una realizzazione R. Un ascoltatore potrebbe imparare ad associare I a R per
formare un'entità riconoscibile che potremmo chiamare schema A:

l
l
l l R
l
l
l

A
Fig. 27.2- Un'implicazione I e una realizzazione R
combinate in uno schema A

Questo schema non è un insieme preordinato o un'unità. Non c'è bisogno di


nulla che punti intrinsecamente o essenzialmente da I a R, se non le statistiche
della loro frequente co-occorrenza. Una singola implicazione potrebbe essere
associata a piu realizzazioni per formare schen1i diversi, quantunque correlati.
Nella figura 27.3, l'in1plicazione l potrebbe essere associata ad almeno tre
diverse realizzazioni per formare tre diversi schemi: A, B e C.

l
l
1 Rl
l
.y l




• l

l
l l . ....... ~ l
l
R,
-
B
l
l l
• •
l • .l
• •
• •

' c

Fig. 27.3- Un'implicazione l può essere collegata a varie


realizzazioni R 1, R 2 , R 3 ...
392 La musz·ca nello stile galante

Nella musica galante, un discreto numero di eventi o configurazioni musicali


ha una forte in1plicazione. Ad esempio, le regole del basso continuo prevedo-
no che un accordo 6/5 implichi una realizzazione conseguente. I passaggi
caratteristici mostrati nell'esempio 27.1 presentano la stessa implicazione del-
l' accordo 6/5 (mostrato in un rettangolo) e la realizzano in tre ton alita diver-
se, quantunque correlate: Fa minore, Si b maggiore e Sol minore. Si noti che
le indicazioni dei gradi della scala diventano stabili soltanto dopo che ogni
co.m binazione di implicazione e realizzazione (o ulteriore implicazione) abbia
chiarito il contesto. li passaggio in Fa minore, ad esempio, raggiunge un
grado percepito di conclusione e stabilità come schema di due eventi. I pas-
saggi in Sio maggiore e Sol minore, per contro, cos1 come sono scritti restano
implicativ1 e richiederebbero almeno un altro evento per stabilizzarsi come un
tutto significativo.
Fa minore

" ~---·- -.l·


Sib maggiore

Sol minore
0

Es. 27.1 -Un' implicazione musicale con tre diverse realizzazioni

Una serie di schemi potrebbe essere immaginata come delle perle infilate in
una stringa mentale o un 'filo' cognitivo (vedi fig. 27.4). Questo filo rappresen-
ta un'impressione di continuità, che può nascere da semplici successioni, da
diversi tipi di schemi di livello superiore o dagli effetti di livello inferiore, ma
27. ((Il/t'lo". Un Poco adagio di]. Haydn 393

comunque significativi, del n1etro musicale e dei movimenti di grado delle par-
ti. Alcuni modi semplicistici di pensare che potrebbero essere fallaci per la lo-
gica formale - ad esempio; credere che, se due eventi capitano in successione,
il primo abbia causato il secondo - possono avere una forte influenza sulfuma-
na interpretazione della logica e della continuità musicale. Come ha osservato
Carl Dahlhaus, può essere tnolto difficile far credere che due passaggi suonati
in successione non siano correlati. 13

Fig. 2 7 ·4 - Un a stringa di schemi: il 'filo'

Se degli schemi di livello superiore possono dare un senso di continuità a una


successione di schemi di livello inferiore, allora dev'essere chiaramente possi-
bile sovrapporre schemi di diverse dimensioni:

Fig. 27.5- Una stringa di schemi annidati e sovrapposti

Nella figura 27.5, lo schema A non solo è annidato all'interno dello schema C
ma contiene anche lo schema B. Quando uno schema è interamente contenu-
to da, o contiene interan1ente, un altro schema si hanno esempi astratti di anni-
damenti completi. Sono possibili anche sovrapposizioni semplici, come quan-
do lo schema D inizia in corrispondenza della fine dello schema C.
Pezzi altamente contrappuntistici come le fughe spesso presentano schemi
sovrapposti. Una nuova entrata del soggetto della fuga, ad esempio, potrebbe
13Dahlha us, C. , "Some Models of Unity in Musical Form~', in ]ournal o/ Music Th eory,
anno 19, 1975, nn. 2-30, specialmente il n. 14.
394 La musica nello stile galante

iniziare prima che un precedente contesto si sia completamente concluso, e


uno stretto è definito come una serie di tali sovrapposizioni. I pezzi in stile ga-
lante, per contro, rappresentano i loci classici degli schemi annidati. Ad esem-
pio, il precedente esempio musicale presentava un accordo 6/ 5 implica rivo se-
guito da tre possibili continuazioni. La prima di queste, in quanto schema di
due eventi interpretato nella tonalità di Fa minore, potrebbe essa stessa forn1a-
re l'evento implicativo in uno schema più ampio, che a sua volta potrebbe ave-
re diverse realizzazioni che condurrebbero ad altre tonalità differenti:
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" .....
-..~ --._.....-
-
Es. 27 .2- TI primo schema dell'esempio 27 .1 inserito
in una Fonte e un Monte

Tale schetna 6/5-5/3 in Fa n1inore (mostrato sopra nel rettangolo)- ciò che ho
chiamato Virgola nel capitolo sulle clausole (cap. I I ) - può annidarsi comoda-
mente all'interno tanto di una Fonte quanto di un Monte. TI contesto dello
schen1a più ampio altera retrospettivamente il significato dei gradi della scala
e delle armonie dello schema 6/ 5-5/ 3 annidato, così come lo schen1a 6/ 5-5/ 3
stesso aiutava a stabilire un'interpretazione dell'accordo 6/ 5. Così la tonalità
globale della Fonte è percepita meglio come Mib maggiore e quella del Monte
come Do minore, anche se entrambe hanno come inizio uno schema più pic-
colo che, udito da solo, sarebbe percepito in Fa minore.
Poiché è basata sulle statistiche della musica ascoltata e sull' apprendimen-
to, sulla memoria e su altre abilità cognitive umane, la teoria degli schemi non
insiste né su un insien1e canonico di schemi (alcuni modelli sì e altri no) né su
un insieme canonico di relazioni. Essa è descrittiva piuttosto che prescrittiva.
Essa accetta che gli esperti possano essere in grado di riconoscere un elevato
numero di schemi altamente differenziati, con implicazioni piuttosto specifi-
che, e che i neofiti possano applicare un insieme più essenziale e grossolano
27. ('Il filo". Un Poco adagio di]. flaydn 395

con implicazioni molto generiche. Entrambi i tipi di ascoltatori possono così


godere dell'ascolto della stessa composizione senza che nessuno dei due com-
prenda appieno l'esperienza dell'altro.
In aggiunta ai casi di (I) un filo di schemi separati e (2) un filo di schemi
annidati e/ o sovrapposti (due costruzioni spesso associate rispettivan1ente con
le tradizioni orale e letteraria), 14 vi e il caso di (3) un grappolo di schemi asso-
ciati. Ad esempio, una melodia fiorita può simultaneamente presentare le carat-
teristiche di un certo numero di schemi associati a tipi leggermente diversi di
temi galanti. ll Do-Re-Mi diviso in due, ad esen1pio, ha caratteristiche in comu-
ne con altri schemi tematici come lo Jupiter e la Pastorella. Tutti e tre gli sche-
mi possono essere attivati sin1ultaneamente da un particolare passaggio, come
mostrato in forma astratta nella figura 27 .6. I tre schemi A, B e C sono illustra-
ti uno vicino ali altro come documenti consecutivi in una cartella, ma essi rap-
presentano alternative sin1ultanee oppure sovrapposizioni per quella posizione
nel filo cognitivo. Anche se lo schema B può sembrare il più saliente, anche gli
schemj A e C potrebbero essere attivati cognitivamente. In particolare, una
diversa esecuzione potrebbe cambiare l'importanza relativa di questi schemi e
potrebbe risultare che lo schema C, ad esempio, sia il sistema di riferimento
dominante. Esecutori e ascoltatori giocano così un ruolo di primo piano nel
determinare come una composizione sarà interpretata. La figura 27.6 resta rile-
vante anche per i difensori dei modelli di categorizzazione a esemplari, anche
se il grappolo di schemi associati sara sostituito da esemplari associati.

Fig. 27.6- Un grappolo di tre schemi associati, A, B, C

Come già detto, ogni studio delle implicazioni e delle realizzazioni dovrà indi-
care, anche solo in senso generale, la probabilità che un'implicazione I sia
seguita da una realizzazione R. Alcune combinazioni sono molto probabili,
alcune molto improbabili e altre si trovano a metà strada. Per ogni schema
dato vi sono anche certe combinazioni di caratteristiche che più o n1eno pro-
babilmente andranno a forn1are le sue parti costitutive. Allo stesso modo vi

14 Lord, A B., The Singer o/ Tales, Harvard University Press, Cambridge 1960, pp. 130- 1.
396 La musica nello stile galante

sono sequenze di schemi più o meno probabili. In parole povere, i musicisti


usano diversi termini per descrivere eventi inattesi in tali diversi contesti: essi
spesso descrivono le realizzazioni improbabili in termini di sorpresa ('(una
cadenza d'inganno"), le caratteristiche improbabili in termini di stranezza o
trasgressione (''un accordo alterato") e le serie improbabili di schemi in termi . .
nidi percorsi metaforici ("un improwiso passaggio a ... ") .
Vale la pena citare ancora il barone von Grimm per il suo uso della metafo-
ra del percorso nella descrizione della sua pri1na esperienza di ascolto del Mo-
zart bambino che improvvisava alla tastiera:

Ciò che e incredibile è il vederlo suonare improvvisando per un 'ora intera.


Egli si abbandona all'ispirazione dello spirito e a una vastità di idee travol-
genti, idee che egli sa comunque come disporre una dopo r altra con gusto
e senza confusione. TI più consumato direttore musicale non potrebbe esse-
re più esperto di lui nella scienza dell'armonia e delle modulazioni che egli
sa come condurre lungo sentieri meno conosciuti ma sempre precisi.15

L'immagine delle "idee ... disposte una dopo l'altra'' si collega bene all'imma-
gine del filo cognitivo che collega una serie eli schemi. La metafora, però, dei
"sentieri meno conosciuti" suggerisce l'esistenza di più di un filo: non vi e solo
il filo intessuto lungo il percorso effettivamente intrapreso ma anche altri fili
che sarepbero potuti esistere se la musica avesse proceduto lungo percorsi
diversi. E per questo che vi sono i bivi lungo il cammino:

.\l

Es. 27.7- Percorsi alternativi M, N, O, P


15 Me1chior, F. , b arone von Grimm, Corresportdance littétaire, philosophique, et c1·t"tique,
adressée à un souverain d'Atlemagne, depuLr 1753 jusqu'en 1769, Paris r813, pp. 528-29, lettera
del 1° dicembre 1763.
27. ((Il filo". Un Poco adagio dz']. Haydn 397

Il percorso, o il filo, è il risultato di scelte operate ai vari bivi. Nella figura 27.7,
i percorsi M, N, O e P rappresentano le scelte che non sono state fatte.l6 L' ap-
porto musicale di queste scelte può variare considerevolmente da ascoltatore
ad ascoltatore. Qualcuno nuovo allo stile galante difficilmente sarà cosciente di
uno qualunque dei percorsi non intrapresi. Un compositore galante, per con-
tro, sarebbe stato a conoscenza di diverse alternative a ogni bivio e avrebbe
compreso le loro implicazioni. Imboccare un percorso tortuoso all'inizio di un
movin1ento, ad esempio, potrebbe essere un segnale che le dimensioni di tutte
le sezioni successive saranno ampliate. Prendere una scorciatoia nella seconda
metà di un movimento potrebbe essere visto come un ragionevole scrupolo
per evitare la noia all'ascolto.
Compositori erano quei musicisti talmente esperti nel trovare percorsi e in-
tessere fili che potevano mettere per iscritto le loro escursioni creative. Parlan-
do con disapprovazione di uno strumentista inesperto che si provasse a scrive-
re una sonata a due (solista e basso continuo) , Quantz commentò: ((Se non co-
nosce le regole della composizione, si fa scrivere il basso da qualcun altro" .17 n
senso che un basso contenesse la traccia essenziale del percorso m usi cale era
comune in ogni luogo e spiega in parte perché i partimenti fossero così comuni
nell'istruzione dei futuri compositori.
Leggere ed eseguire i partimenti richiedeva di saper riconoscere in ogni
momento un percorso adeguato. I partimenti elementari contenevano abbon-
danti indicazioni stradali in forma di numeri del basso continuo. I partimenti
più avanzati raramente davano allo studente una numerazione definita ma for-
nivano altri indizi sul percorso sottinteso. In un partimento fugato di Durante
(esempio 27.3), 18 ho contrassegnato le entrate della '(proposta" (P) e della
''risposta" (R). Si noti che, a partire da battuta 4, ogni nuova entrata è prece-
duta da un cambio di chiave:
1 p p R

R
6 p

---(materiale nuovo) - - -
Es. 27.3- Durante, un partimento fugato in La maggiore
16 Sia Meyer ch e Narmour trattano a lungo le impli cazioni non realizzate. Vedi , ad esem-
piot Narmour, E. , Beyond Schenkerisrn: Th e Need /or Alternatt'ves in Music Analysis,
University of Chicago Press Chicago 1977.
17 Quantz, J. J., Versucb einer Arzweisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 17 52. Saggio
di un . .rnetodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti) Milano 1992, p. 358. ..
18
E una fuga di partimento txatta da Fellerer, K. G. , Der Partimento-spieler: Ubungen im
Generalbass-spiel und in gebundener l mprovisation, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1940, p . 19.
398 La musica nello stile galante

La prima entrata della risposta a battuta 2 non necessita di un cambio di chia-


ve perché era usuale dimostrare come la continuazione della proposta e l'en-
trata della risposta dovessero andare insieme. Si potrebbe obiettare che i
cambi di chiave erano motivati dal desiderio di evitare i tagli addizionali, ma
Durante avrebbe potuto scrivere questo passaggio con solo due chiavi- di vio-
lino e di tenore - ed evitare comunque i tagli addizionali.
Se i cambi di chiave segnalavano entrate tematicamente significative di
voci nella trama contrappuntistica, la presenza di una seconda voce spesso
indicava una combinazione contrappuntistica a cui lo studente doveva pre-
stare particolare attenzione. Durante presenta la combinazione iniziale a due
voci e poi torna alla normalità del partimento a una voce fino a battuta 7; qui
una seconda voce e una nuova chiave indicano una nuova combinazione con-
trappuntistica (Virgola Lunga e Cadenza Doppia; vedi cap. 11) che ricorrerà
diverse volte nel corso del pezzo. Un a volta che il nuovo materiale è stato
presentato, a battuta 9 Durante torna di nuovo alla normalità di una voce. In
termini della teoria dell'informazione, un'ampiezza di banda maggiore sem-
bra essere necessaria all'inizio del pezzo e nei passaggi in cui sono intese
combinazioni nuove e meno prevedibili. Un'ampiezza di banda minore è
richiesta laddove il partimento suggerisce meramente del materiale già noto
o prontamente dedotto. Un partimento avanzato, in quanto progetto conti-
nuativo, principalmente a una voce per realizzare una composizione polifo-
nica, ha in comune molte caratteristiche con ciò che gli studiosi delle bozze
dei compositori spesso chiamano un (abbozzo continuativo' [continuity
dra/t]. In effetti, qualcuno non avvezzo ai partimenti potrebbe facilmente
scambiare una copia manoscritta di un partimento avanzato per l'abbozzo di

un compositore.
La n1aggior parte dei compositori galanti non ha lasciato abbozzi. Per molti
di questi musicisti, gli schizzi di nuove com posizioni erano verosin1ibnente ela-
borati soltanto alla tastiera o nella loro immaginazione. n caso è diverso per
Mozart e Haydn, la cui fruna ha incoraggiato la conservazione dei loro appun-
ti, e che coltivarono a volte uno stile musicale più complesso che richiedeva
degli schizzi preliminari. Gli studi giovanili di Mozart sulla musica sacra di
Johann Ernst Eberlin (r702-I762), rispettato compositore di Salisburgo, lo ave-
vano messo davanti a dei bassi che a volte assomigliano molto ai partimenti
fugati eU Durante. Una copia per mano di Leopold Mozart (1769) di un
Hosanna di Eberlin presenta un basso pieno di indizi da cui si può ricostruire
quasi completamente l'intera fuga a quattro voci. Il primo esempio (es. 27.4)
inizia come un partimento fugato, con una proposta iniziale (P) presentata da
sola senza numeri. La risposta (R) a battuta 6 è suggerita dalla numerazione. Si
noti l' '8 ' a battuta 6, che colpisce in quanto ridondante rispetto a qualunque
accordo, ma che indica la nota iniziale della risposta. Ho cerchiato tutte le note
specificate in modo simile, così da consentire di vedere come emergano le note
principali della risposta.
27. ((Il/t'lo)). Un Poco adagio di]. Haydn 399

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Es. 27.4 - Leopold Mozart, copia dell'Hosanna di Eberlin (1769)

Dopo che le quattro voci hanno ognuna esposto la proposta o la risposta, il


basso torna con la proposta a tern1inare la prima sezione del pezzo. Seguono
rapide modulazioni a Sol maggiore, Do maggiore e La minore. Durante que-
sto passaggio modulante le chiavi cambiano di frequente in relazione alle
entrate delle voci. Un'ampia Cadenza Doppia prepara poi l'entrata della pro-
posta nel modo n1inore. Come si vede in un secondo esempio (es. 27.5) il basso
risultante assomiglia molto a un partimento fugato (ho indicato la tonalità
locale, la cadenza e l'entrata della proposta):
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La n1inore Proposta

Es. 27.5- Leopold Mozart, copia deli'Hosanna


di Eberlin, parte del basso (1769)

li giovane Mozart divenne piuttosto esperto nel metodo del partimento di in-
capsulare una composizione polifonica in tm'unica parte di basso. Da adulto,
spesso abbozzava i pezzi su un unico pentagramma, usando di frequente cam-
bi eli chiave per indicare le entrate di nuove voci o per adattarlo ai diversi regi-
stri strumentali o vocali. Mozart non limjtava questa tecnica ai lavori contrap-
puntistici o sacri, e nean che Durante, che di frequente usava rapidi cambi di
chiave per indicare lo scan1bio tra basso e soprano in un immaginario dialogo
in stile concertante. L'esetnpio 27.6 è tratto dall'opera comica incompleta di
Mozart L'oca del Cairo; il brano comincia in chiave di soprano (batt. 22) con la
seconda parte di una coppia di cadenze, evasa e poi completa. La chiave di
400 La musz:ca nello stile galante

basso segnala una modulazione a Fa maggiore (batt. 23), dopodiché Mozart


presenta un ampio Do-Re-Mi (batt. 24-28):

COMPLETA
-... -.,. - - - - --....
22
,
. _

28

7T -

Es. 27.6- Mozart, bozza di un duetto, L) oca del Cairo,


Allegretto vivo (1783)

La chiave di violino segnala gli eventi principali dello schema (le (chiamate')
mentre le incursioni del picchiettato comico sono segnalate dalla chiave di
basso (le (risposte'). Poiché stava prendendo appunti per se stesso, Mozart ha
notato solo alcuni dei cambi di chiave, il che ha reso ardua la lettura di questi
schizzi prima della loro decifrazione in un'edizione moderna. 19
ll resto di questo capitolo è dedicato agli appunti di Haydn per un movi-
mento lento del terzo quartetto per archi op. 20 del 1772. Come si vedra, but-
tando giù questi appunti anche Haydn sembra aver conservato molte delle
prassi di notazione insegnate nei partimenti avanzati, apprese forse dal suo
maestro napoletano Porpora.
Una trascrizione diplomatica degli schizzi si trova nell'edizione moderna
delle opere complete di Haydn. 20 Egli ha abbozzato la prima metà del movi-
mento su un grande foglio di carta pentagrammata, e la seconda meta su un
altro foglio simile. Questi abbozzi mostrano una corrispondenza più o meno
regolare rispetto alla successione destra-sinistra e alto-basso della notazione
tipica di una partitura finita, anche se alcune varianti di passaggi sono scritte
accanto ai loro modelli invece che là dove andrebbero inserite nel quartetto
completo. La lettura di questi schizzi può essere difficile. Non solo bisogna sal-
tare in continuazione dal quartetto allo schizzo e viceversa, ma si incontrano
anche vari percorsi n1usicali che non sono stati adottati nel quartetto definiti-
vo. Anche se un accurato confronto di ogni dettaglio delle bozze con la parte
o le parti corrispondenti del quartetto è inevitabile, credo che sia possibile
l'indice delle fonti musicali alla voce "Mozart,, Skizzen .
l 9 Vedi
20 Streichquartette) '(Opus 20)) und ((Opus 33" , a cura eli G eorg Feder e Sonja Gerlach in
]oseph I-laydn: Werke, a cura del]. Haydn-Institut, Koln, serie 12 , vol. 3, G . H enle, Mi.inchen
1958, p. I91.
27. ((Il filo". Un Poco adagio di]. Haydn 401

ottenere una visuale più ampia del modus operandi di Haydn integrando le
bozze e il quartetto in un 'unica partitura.
Se il filo può essere paragonato a una collana di perle, allora le bozze di
Haydn somiglieranno alla collana riposta in un piccolo portagioie: per meglio
osservare la collana si dovrebbe prima estrarla dal portagioie e dispiegarla com-
pletamente. Questo e ciò che ho fatto con le bozze di Haydn: ho preso i quattro
pentagrammi di parti frammentarie e li ho allineati, dove possibile su un unico
sistem.a, nell'ordine disposto da Haydn. Per gran parte del movimento abbozza-
to, Haydn ha scritto un solo pentagramma e non si è curato di abbozzare com-
pletamente alcune ripetizioni e riprese di materiale precedente. Per le battute
iniziali ha scritto tutte e quattro le parti, per le combinazioni di voci più compli-
cate ha scritto due parti e per l'apice di complessità del movimento - un in1pe-
gnativo Monte in modo minate - ha scritto di nuovo tutte e quattro le parti. Lo
spostamento dell'attenzione tra le voci naturalmente comporta dei cambi di
chiave, cosicché il risultato finale del n1io adattamento assomiglia molto a un
partimento avanzato. Un giovane compositore che abbia studiato i partimenti
avanzati avrà imparato tutto il necessario per creare una bozza o un progetto di
continuità, ed è probabile che questi due ambiti di attività si siano influenzati a
vicenda. Qualcuno a cui è stato insegnato a immaginare un tessuto a più voci
basandosi sugli indizi contenuti in una sola voce, quando avra bisogno di anno-
tare le sue idee, lo potra fare ancora usando una sola voce.
Una volta modificata la forma di notazione degli abbozzi, ho fatto altrettanto
per la notazione del quartetto, riducendo i quattro pentagrammi originali a due.
N on poteva essere conservata ogni nota di ogni parte senza creare un intrico di
note, ma spero che la perdita di alcuni insignificanti raddoppi e parti di ripieno
sarà compensata da un incremento della leggibilità del risultato. Dopodiché ho
posizionato gli schizzi tnodificati direttamente sopra ogni battuta del quartetto.
Le battute vuote negli schizzi indicano generalmente materiale ripetitivo che
Haydn non si è sprecato a tracciare e le battute vuote nel quartetto indicano del
materiale abbozzato che egli ha on1esso dalla versione finale.
Gli abbozzi, come mostra l'esempio 27.7, presentano quasi tutto il materia-
le contenuto nel movin1ento finito. Solamente alcuni passaggi indicano diver-
genze importanti dalla forma finale del movimento. La prima di queste inizia
a battuta 19, in cui Haydn ha tracciato un Monte (ho aggiunto fra parente~i un
accenno di seconda voce per rendere piu udibile il Monte Principale). E già
stato detto nei capitoli precedenti che con l'avanzare del secolo il Monte diven-
ne sempre meno frequente nella prima metà di un movimento. Per qualche
ragione Haydn ha scelto di espungere questo Monte dalla versione finale e vi
ha tracciato sopra una grossa X negli abbozzi. Ciò che mi sembra itnportante
ai fini di questo capitolo e che la scelta compositiva di Haydn era se aggiunge-
re o no al/ilo l'intero schema- in altri termini, se aggiungere un'intera perla
alla sua collana 1nusicale. Queste quattro battute (batt. 19-22) erano chiaramen-
te trattate come un'unità concettuale.
402 La musica nello stile galante

La seconda importante divergenza riguarda i quattro passaggi alternativi


abbozzati per arrivare alla cadenza finale di entrambe le metà d el movimento.
Poiché non è stato possibile mostrare tutti e quattro i passaggi abbozzati sopra
la partitura del quartetto e poiché una comprensione delle strategie di Haydn
sarà facilitata avendo appena ascoltato la versione finale di questo movimento,
rimanderò la presentazione di questa rete di percorsi cadenzali alternativì alla
fine del capitolo.
Degna di particolare attenzione è una serie di passaggi, qui elencati per
numero di battuta iniziale.2 1

batt. I Haydn inizia abbozzando tutte e quattro le voci. C'è una consi-
derevole sovrapposizione di schemi (tessitura chiara ma relazio-
ni complesse) . Tutto il materiale ripetuto è appuntato in una sola
voce.
batt. 3 La risposta di Prinner di Haydn fa venire in mente le parole di
Leonard Meyer "semplicità gramn1aticale e ricchezza di relazio-
ni" .22 Per la sua successiva ricomparsa indico semplicemente
"Prinner"; eppure tale frase è anche una rete di riferimenti ad al-
tri importanti schemi. Le quattro note del basso, 0-@ -0-G),
sostengono il controcanto ridotto di un Fenaroli. La prima metà
della frase, con @ -@ al basso e una sonorità di # 4/2 sul secondo
quarto, coincide con un Passo Indietro e la seconda metà (batt.
4) con una Virgola.
batt. 13 Un Prinner modulante inizia un'ampia sezione ornata (trama
complessa ma relazioni semplici) abbozzata a due voci.
batt. 19 Come già detto, si tratta di un Monte Principale espunto dalla
versione finale.
batt. 2 7 Haydn escogita percorsi divergenti per arrivare alla cadenza (ve-
di oltre).
batt. 74 La grande complessità richiedeva che si schizzassero tutte e
quattro le voci.
batt. 8I n basso abbozzato mostra la struttura di Salti di T erza l Roma-
nesca in modo piu chiaro che non nella versione finale.
batt. 85 Ho cerchiato "et." ("eccetera'') di Haydn che rimanda all'ovvia,
ma non annotata nell'abbozzo, seconda metà della Fonte. Ha
senso che una struttura cosi comune co1ne quella d ella Fonte
non avesse bisogno di essere scritta per intero. Una linea curva
conduce a una bozza della battuta 88.

21 A causa dell'inclusione della bozza del M onte, i miei numeri di battuta clifferiscono da
quelli del lavoro finito di Haydn.
22 Meyer, L. B., "G·rammatical SimpUcity and Relational Richness: The Trio of M ozares
G -minor Symphony", in Critical l nquiry, anno 2, 1976, pp. 693-761.
27. {Ilfilo'j. Un Poco adagio di]. Haydn 403

batt. 88 Haydn abbozza solo la voce inferiore di un Fenaroli e ne dà sol-


tanto un'esposizione senza ripetizioni. Nella versione finale
compare la sua normale duplice forma. Come mostrava il grafi-
co (fig. 27.1) una doppia esposizione del Fenaroli era la succes-
sione più probabile. Per Haydn ciò sembra essere stato più che
scontato.
batt. 89 Questa è l'ultima battuta scritta sulla seconda pagina di abbozzi.
• Tutto il resto è stato considerato di per sé evidente .
batt. 97 Questa variante di cadenza compare nella prima pagina di ab-
bozzi (vedi p. 415).

Le pagine seguenti presentano la partitura ridotta (i due pentagrammi inferio-


ri) e gli abbozzi riarrangiati (i pentagratnmi superiori) del movimento lento dal
quartetto per archi op. 20 n. 3 di Haydn.
404 La musica nello stt'le galante

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27. ''IlfiloJJ. Un Poco adagio di]. Flaydn 405

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406 La musica nello stile galante

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408 La musica nello stile galante

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41 O La musica nello stile galante

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412 La musica nello stile galante

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. (fine aelle bozze ... ) .


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27. ((Il filo". Un Poco adagio di]. Haydn 413

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Es. 27.7 - Haydn, op. 20 (Hob. 111/33), n. 3,


mov. 3, Poco adagio (1772)
414 La musica nello stile galante

È nelle cadenze estese che i percorsi alternativi del filo sembrano diramarsi per
Haydn nel modo più lussureggiante. L 'esempio 27.8 mostra gli schizzi di Haydn
per quattro possibili percorsi cadenzali. n primo percorso, che è il più diretto
sfociando semplicemente nella cadenza, è stato escluso e depennato. Subito
sotto è stato abbozzato il secondo percorso, il quale prima devia verso un Passo
Indietro e poi vira repentinamente da una conclusione completa tanto con un
inganno quanto con un'evasione. Questo è stato il percorso scelto per conclu-
dere la prima n1età del movimento del quartetto. N el terzo percorso, destinato
alla seconda metà del movimento, Haydn espande il disegno del secondo per-
corso raddoppiando la lunghezza della fioritura sopra il @ del basso. n quarto
e ultimo percorso, che non è stato incorporato nel quartetto finito, aggiunge
l'ulteriore deviazione dell'Indugio. Si noti che nella seconda battuta di questo
quarto percorso, Haydn esagera con la fioritura ascendente, sicché cancella l' er-
rore e riprende il corso normale. Escludendo questo quarto percorso, con il suo
Indugio cromatico e alquanto frenetico, Haydn può aver avuto l'impressione
che anch'esso fosse esagerato dato il carattere dell'intero movimento.
Non deve sorprendere che Haydn, allievo di m1 celebre n1aestro napoletano,
abbia creato un abbozzo in stile di partimento, e neppure che, dopo aver rag-
giunto da giovane la padronanza dello stile galante italiano, abbia utilizzato
quasi l'intero repertorio di schen1i presentati in questo volume. Quel che trovo
sorprendente è che a due secoli di distanza temporale e culturale si sian potute
ritrovare intatte le tracce di un particolare tipo di pensiero musicale-compositi-
vo basato sugli schemi. Sembra chiaro che Haydn avesse l'equivalente di un
portagioie mentale pieno di p erle musicali, gli schemi galanti. Poteva scegliere
di aggiungere una perla al filo o poteva cambiare idea e toglieme una. Sembra
quasi di sentirlo pensare "un Monte funziona b ene qui, però ... forse è meglio
toglierlo", oppure ''la Fonte inizia qui", oppure "il Fenaroli va bene qui ... b asta
scrivere il p.rin1o". Quando visualizzava i percorsi dira1narsi in diverse direzio-
ni anche le sue bozze si diramavano, come se stesse valutando ogni alternativa:
"il solito basso ... troppo semplice. Un Passo Indietro seguito dal solito basso .. .
buono prima della doppia barra. Un Passo Indietro con un'estensione fiorita
che porta a un Cudworth ... buono p er la fine. Passo Indietro, estensione fiori-
ta, Indugio, cadenza Convergente ... troppo! ". Naturalmente non c'è prova che
Haydn usasse particolari nomi per gli schemi, o perfino che pensasse musical-
mente in termini verbali. Ma satebbe difficile spiegare i suoi con1portamenti se
non avesse appreso i concetti e le categorie galanti corrispondenti. La sua mae-
stria compositiva, di cui andava giustamente fiero e di cui riconosceva il merito
a Porpora, sembra chiaramente ancorata alla conoscenza delle caratteristiche
proprie di ogni schema galante, e dimostra ciò che Leopold Mozart avrebbe
definito der gute Satz ("la buona composizione"). Saper come legare insieme gli
schemi e come valutame gli effetti richiedeva una conoscenza da manuale della
Ordnung, del (filo' C'l'ordine" del materiale musicale), e ciò è dovuto al gusto
musicale altamente sviluppato di Haydn.
27. ''Il filo". Un Poco adagtò di]. Haydn 415

- - - - - - CADENZA ----·
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/' - • q ·~· tt
(cfr. batt. 42) l batt. 2 7 sgg.
1:):n JCD ~. l _- 1 - ® ~ _ t
(Trasposto in Sol, e aggiunto basso per confronto)
. CADENZA------------

batt. 27 :

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(Trasposto in Sol) l
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(Abbozzato ma non usato; basso aggiunto)
CONVERGENTE

Es. 27.8 - Haydn, quattro abbozzi di cadenza; le linee tratteggiate


indicano espansione
28
Un Adagio esemplare
di Johann Joachim Quantz
dal suo Saggio di un metodo per suonare
il flauto traverso, Berlino, 1752

Johann Joachim Quantz (1697-1773) possedeva tre chiavi del successo in una
corte settecentesca. Era un interprete di talento (principalmente al flauto),
componeva musica che deliziava il pubblico aristocratico (prima a Dresda e
poi a Berlino) e sapeva come assecondare i potenti principi (l'elettore di Sas-
sonia e, soprattutto, Federico il Grande, re di Prussia). Essendo simtÙtanea-
mente <<compositore per la corte reale", ''compositore per la camera reale" e
"professore di flauto per il re di Prussia", Quantz riceveva dieci volte la paga
del clavicembalista del re, Carl Philipp Emanuel Bach (I7I4-I?88) , anche se
Bach era un musicista di straordinarie abilità. La n1usica di successo a corte
non era "arte per l'arte", per usare l'espressione romantica. Christian Gott-
fried Krause (I?I9-I7?0), un illustre avvocato di Berlino e appassionato di mu-
sica alla corte del re, descrisse Cari Philipp Emanuel come un Milton della
musica le cui melodie richiedevano "approfondita conoscenza prelitninare"
prima che potessero dilettare. 1 Non tutti i cortigiani avevano il tempo o l'incli-
nazione per un'" approfondita conoscenza prelin1inare". Una strategia vincen-
te per un compositore di corte era quindi di creare della musica che potesse
essere compresa e apprezzata al primo ascolto, e Quantz interpretava questo
ruolo alla perfezione.
A Vienna Quantz studio contrappunto con Jan Zelenka, il quale sarebbe
stato poi maestro dello stesso Riepel. In seguito, dopo essersi assicurato un im-
piego da oboista a Dresda e Varsavia, ebbe la possibilità di trascorrere circa
due anni di studio in Italia, a partire dal 1724. Qui incontro i più grandi can-
tanti dell'epoca, incluso il castrato Farinelli, e ascolto la musica di molti dei
compositori trattati nei precedenti capitoli: Somis, Leclair, Domenico Scarlat-
ti, Leo, Hasse, Marcello, Porpora e Gasparini. Come W odiczka, che studierà
anch'egli a Vienna dieci anni dopo, Quantz imparò a replicare tutti gli schemi
in auge. Le esposizioni 'da manuale' del Romanesca-Prinner nella sua siciliana
da una sonata a tre in Sol minore attestano la padronanza di Quantz dello stile
galante italiano (es. 28.1).
1 Una lettera di Krause al poeta Johann WilheLn Ludwig G leim, 20 dicembre 1747, citato
in Mallard, J . H ., ''A Translation of Christian Gottfried Krause's Von der musikalischen
Poesie ... ", tesi di dottorato University of Texas, Austin r978, p. 205: ''Bach ist ein Milton ...
Man muB mit seinen Melodien vorher recht bekannt werden, ehe sie gefallen".
28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 417

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Es. 28.1 - Quantz, Sonata a tre in Sol minore, mov. 3,


Siciliana, batt. 1 (c. 1750-60)

L'accostamento Romanesca-Prinner fornisce un'impalcatura sicura su cui ag-


giungere tocchi fantasiosi come la stretta imitazione del flauto da parte del
violino a battuta 3· La sua abilità di creare, apparentemente senza sforzo, me-
lodie cantabili gli tornò molto utile quando fu chiamato a produrre centinaia
di composizioni per Federico il Grande (e si presume che molti pezzi per
flauto firmati dal re siano stati pesantemente corretti, se non scritti da
Quantz) .2
L'ampiezza e la profondita delle esperienze di Quantz erano uguagliate da
pochi altri musicisti. Egli partl dai primi gradini della scala sociale: figlio di un
fabbro, iniziò la carriera come musico municipale e da qui raggiunse la cima
più alta. Imparò a suonare diversi strumenti ad arco, la tromba, l'oboe e il flau-
to, studiò all'estero (non solo in Italia, ma anche in Francia e in Inghilterra), si
esibl in tutto il continente, incontrò i più importanti musicisti dell'epoca ed
ebbe la grande fortuna di essere assunto da due delle corti reali tra le più dedi-
te all'eccellenza musicale e che investivano più di tutte nelle attività musicali,
quella del re di Polonia (ed elettore di Sassonia) a Dresda e quella del re di
Prussia a Berlino. All'apice della sua carriera Quantz trasferì su carta le sue
esperienze, realizzando uno dei più grandi libri mai scritti sulla musica del
Settecento. Il suo Versuch einer Anweisung die Flote traversiere zu spielen3 del
1752 non tratta solo di come produrre suoni attraverso il flauto, ma copre l'in-
2 Nel caso dd libretto dell'opera Montezuma, ad esempio, Federico era }' "autore" , anche
se assistito da un poeta di corte dietro le quinte. Quantz o altri musicisti professionisti pos-
sono aver avuto un ruolo simile per le composizioni del re. Vedi Kluppelbolz, H. "Die Er -
oberung Mexikos aus preussischer Sicht: Zuro Libretto der O per Montezuma von F riedrich
dem Grossen '', in Oper als t ext : Romanistische Beitriige zur Libretto-Forschung, a cura di
Albert Gier, Winter, Heidelberg 1986, pp. 65-94.
3 Quantz, J. J., Versuch einer Anweisung die Flote traversiere zu spielen, Berlino, 1752, p.
106. Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti, Milano l992, pp. 139-40.
418 La tnusica nello stile galante

tera gamma dei temi che avevano occupato i pensieri di questo famoso musi-
cista durante la sua lunga e folgorante carriera, e fornisce una guida in quelle
aree che probabilmente trascendevano la comprensione del suo pubblico, for-
mato in gran parte da musicisti amatoriali.
Quantz si sofferma a lungo sull'arte di abbellire un"' aria semplice". n pro-
blema dell'interprete inesperto era che un manoscritto o una stampa settecen-
tesca di un movimento lento in genere forniva soltanto l'ossatura della melo-
dia. Alcuni piccoli abbelli1nenti potevano essere aggiunti quasi meccanicamen-
te. Ad esempio, un intervallo di terza discendente invitava a riempirlo con una
nota di passaggio. Ecco tre dei diciassette suggerin1enti di Quantz su come
abbellire l'intervallo da mz~ a do 5 , in ordine crescente di complessità:

a) b) c)

Es. 28.2- Quantz, Versuch, dalla figura 22 (1752)

Altri e più estesi abbellimenti richiedono però la conoscenza del particolare


contesto musicale. Per dare ai suoi lettori una panoramica di questi contesti,
Quantz fornisce una tavola degli "intervalli più comuni" - ossia di melodie
"semplici" composte da massimo sei note- '< insieme al basso che loro compe-
te'' , con inclusa la numerazione. 4 La sua Tavola VIII (vedi, a pagina seguente,
l'esempio 28.3, ripreso nel formato originale del suo trattato) , può essere vista
come la sua personale tabella di schemi galanti - le sue "figure obbligatorie".
Per poter fare un confronto, sotto gli esempi di Quantz ho inserito fra paren-
tesi i nomi degli schemi corrispondenti descritti nei precedenti capitoli del pre-
sente volume.
Per diversi accostamenti figura/schema, la corrispondenza non potrebbe
calzare meglio: la figura 2 di Quantz, ad esempio, corrisponde al Do-Re-Mi, la
sua figura r6 corrisponde al Monte diatonico di Riepel e la sua figura 6 corri~
sponde al mio Passo Indietro. In alcuni casi gli ((intervalli" di Quantz rappre~
sentano una combinazione di schemi: la sua figura 5, ad esempio, corrisponde
alla combinazione di un Prinner con una cadenza sospesa. In molti altri casi gli
intervalli di Quantz rappresentano solo la metà iniziale o conclusiva di uno
schema più ampio: il suo secondo esempio di figura 8, ad esempio, può essere
la seconda metà di un Meyer (come indicato), di una Fonte, una Pastorella,
uno Jupiter, un Monte, un Sol-Fa-Mi o un Prinner.
Ad alcune figure di Quantz non ho associato alcuno schema. Il problema no?
è l'assenza di una somiglianza, ma il loro impiego in diverse con1binazion~·
L'esempio finale di figura 8 fa al caso nostro: a un primo sguardo l'intervallo di-
4 , Versuch (Saggio), cap. 13, par. 4·
28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 419

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Es. 28.3- Quantz, Versuch , Tavola VIII (1752)


420 La musica nello stile galante

scendente finale sol5 -mz~ non si adatta esattamente ad alcuno degli scherni trat-
tati in questo libro. Quando però si esaminano le "variazioni" che Quantz forni-
sce per tale '' aria semplice", diventa chiaro che la terza conclusiva era destinata
a essere riempita. Egli scrive trentotto variazioni intercambiabili per gli esempi
di figura 8, quasi tutte con la conclusione melodica /a5 -mi .5 Nell'esempio 28.4
ho inserito le sei che egli ritiene speciahnente pertinenti ill'
esen1pio finale della
sua figura 8 (le indicazioni dei gradi della scala sono mie, le lettere che indicano
le variazioni sono di Quantz). Tutte le variazioni tranne la q terminano con un
diade 0-~ (e ho il sospetto che lo stampatore, nella versione q) si sia dimentica-
to un/a5 di abbellimento che era implicito); le variazioni o, q e r presentano una
Caduta del @ Acuto, e la variazione n presenta una breve melodia di Prinner (il
tempo è adagio). Perciò, benché quest'aria semplièe finale fornita nella figura 8
di Quantz sembri sulla carta atipica per gli schemi galanti, le variazioni proposte
rivelano che in fase di esecuzione era destinata a sembrare tipica all)ascolto. Inol-
tre, egli fornisce i contesti melodici di repertorio appropriati in cui gli schemi di
questo blocco potrebbero essere facilmente inseriti. Se il teorico Quantz a volte
si esprime in n1aniera singolare (si tratta della prima pubblicazione di un autore
non avvezzo a scrivere), il musicista Quantz rappresentava infallibilmente la
prassi musicale dominante. Le prolisse variazioni del musicista aiutano a spiega-
re ciò che il laconico teorico aveva in mente. Per le figure 3 e ro, tali variazioni
sono state cruciali per capire che Quantz intendeva queste arie semplici rispetti-
vamente nei contesti di Sol maggiore e Fa maggiore (le alterazioni tra parentesi
nella tavola di Quantz sono mie).

m) Oo n) o) 8

p) q) r)

3
3
Es. 28.4 - Quantz, Versuch, dai suoi trentotto modi
di abbellire la figura 8 (1752)

Un esame delle centinaia di variazioni che Quantz fornisce per le molte figure
musicali nel suo trattato ci porterebbe ben oltre lo scopo di questo libro.
Quantz stesso si dev'esser reso conto di quanto poteva essere difficile assimila-
re una tale mole di frammenti melodici sconnessi e intricati, infatti nel seguito
5 , Versuch (Saggio) , Tav. xrr, fig. 8.
28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 421

del trattato egli tenta di fornire una summa dell'arte delle "variazioni estempo-
ranee" nella forma di un Adagio completo per flauto e basso continuo. Questo
Adagio include non solo l'aria semplice e il suo abbellimento consigliato, ma
anche numerosi rimandi alla tabella delle figure (Tavola VIII) e alle centinaia di
abbellimenti suggeriti per le sue melodie semplici. Questo Adagio è senza dub-
bio il grande tour de force di questo trattato. Ma è da notare che l' ordi11e delle
figure nella tabella di Quantz segue strettamente l'ordine in cui esse compaio-
no nell'Adagio, che poche configurazioni musicali dell'Adagio non compaiono
nella tabella, e che configurazioni importanti assenti nell'Adagio sono assenti
anche nella tabella. Suppongo quindi che Quantz abbia usato un Adagio pree-
sistente e abbia costruito la tabella basandosi su di esso, oppure che abbia
scritto l'Adagio e la tabella insieme di pari passo. In ogni caso, i precisi rimandi
ai "tipi comuni" di accoppiamento basso-melodia nell'Adagio di Quantz forni-
scono dei validi termini di paragone con gli schemi descritti in questo libro.
Andare a ritrovare nella tavola delle figure o nelle molte pagine di abbelli-
menti gli oltre 140 singoli rin1andi presenti nell'Adagio può stancare persino il
lettore più diligente. Per ovviare al problema presenterò questo Adagio frase
per frase, sostituendo i rimandi di Quantz alle figure con la riproduzione degli
accoppiamenti basso-melodia (ossia l'aria semplice più il basso) corrisponden-
ti. I rimandi agli abbellimenti sono già inseriti nella voce abbellita disposta
sotto l'aria semplice. Ecco la frase iniziale:
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Es. 28.5 - Quantz, Versuch, Adagio, batt. r-2 (1752)

La figura 9 di Quantz corrisponde alla metà 'aperta' di entrambi gli schemi e la


figura 8e corrisponde alla metà 'chiusa' . Ogni figura di Quantz descrive tre
eventi astratti: (I) uno stato iniziale o punto di partenza, (2) il primo evento di
una diade importante e (3) il secondo evento della diade. Dico "eventi astratti"
422 La musica nello s#le galante

perché certe caratteristiche, come l'inversione dell'accordo, sembrano diffuse.

al basso), laddove l'Adagio presenta il secondo accordo in primo rivolto (si3


basso, batt. I) .
A questa mossa d'apertura Quantz fa seguire, e poi ripete, una risposta di
Prinner modulante:

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Es. 28.6- Quantz, Versuch, Adagio, batt. 3-4 (1752)

Come abbiamo già visto in molti, moltissimi esempi precedenti, questa rispo-
sta non potrebbe essere più normale e scontata. Eppure essa presentava una
sfida per il Quantz teorico: un Prinner modulante inizia in una tonalità e ter-
mina in un'altra. Egli ignora la parte in Do n1aggiore del primo Prinner e ri-
manda invece alla figura 3, un Sol-Fa-Mi in Sol maggiore. Come già detto, l'-
ho scritta con un diesis in chiave (fra parentesi) poiché la tabella delle varia-
zioni della figura 3 di Quantz ha una chiara armatura di Sol maggiore, anche
se la figura 3 originale ha un 'armatura di Do maggiore con il fa# inserito nel
basso continuo.6 Si noti che nell'aria abbellita del primo Prinner, il/a q5 di
appoggiatura dà un leggero sapore misolidio alla frase, laddove nel secondo
Prinner compaiono ornamentazioni più tradizionali, inclusa la Caduta del 8
Acuto. La ripetizione del Prinner potrebbe essere concepita interamente in
Sol maggiore, così ora Quantz riconosce che l'inizio del Prinner, figura 7,
conduce alla figura 3· Questa figura 7 potrebbe essere una sorta di espedien-
te per calzare con il Prinner modulante, a patto che essa non compaia più
nella sua analisi dell'Adagio. La Tavola VIII di Quantz contiene chiari Prinner
6 _ _, Versuch (Saggio), Tav. VIU, fig. 3·
28. Un Adagz"o esemplare di].]. Quantz 423

alle figure 5 e 15, ma egli li propone in Do maggiore. Quando la mossa


d'apertura dello Jupiter/ Pastorella ritorna n ella seconda metà dell 'Adagio,
essa è seguita da un ampio Prinner in Do maggiore (vedi es. 28.16). A quel
punto Quantz rimanda al Prinner della sua figura 15, senza più far riferimen-
to alle figure 7 e 3·
Come mostra l'esempio 28.7, Quantz poi inserisce due esp osizioni del Passo
Indietro, il quale corrisponde quasi perfettamente alla sua figura 6:

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Es. 28.7- Quantz, Versuch, Adagio (1752)

Lo schema del Passo Indietro implica una cadenza in Sol maggiore, che in ef-
fetti poi segue (batt. 6-7 dell' es. 28.8).
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Fig. 2
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Es. 28.8- Quantz, Versuch) Adagio (1752)


424 La musica nello stile galante

La particolare combinazione di Virgola e cadenza Mi-Re-Do funge da legge-


ro derivato della più nobile Cadenza Doppia (vedi cap. II). Quantz non colle-
ga la cadenza ad alcuna delle sue figure basso-melodia. li Do-Re-Mi corri-
sponde alla figura 2 di Quantz, nella tonalità di Re 1ninore. Ovviamente la fi-
gura 2 della T avola vrrr era in Do minore, ma Quantz sostiene la trasposizio-
ne delle sue figure: "Sebbene, per evitare una certa prolissità, questi esempi
siano stati presentati soltanto }n tonalità maggiori, essi devono anche essere
applicati alle tonalità minori. E necessario conoscere a fondo ogni tonalitù in
cui si intende suonare, al fine di tenere presente allo spirito, e per tempo, i
bemolli o i diesis che la caratterizzano, e di non confondere durante il tra-
sporto toni interi con semitoni e viceversa, agendo contro le corrette propor-
zioni della tonalità stessa". 7
L'Adagio continua con una variante della Fonte:

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Es. 28.9- Quantz, Versuch, Adagio (1752)

Poiché il suo fraseggio è sfasato rispetto alla risoluzione armonica (ogni semi-
frase termina 'aperta'), il personaggio dello studente di Riepe1 avrebbe potuto
dire nuovamente che essa "non appartenga né al Monte, né alla Fonte, né al
Ponte" (cfr. es. 14.I8). L'armonia di tonica di Do maggiore ritorna solamente
all'inizio di una nuova frase a battuta II (es. 28.ro, a pagina seguente). Eppure,
nonostante l ' insolita scansione, sono presenti tutte le caratteristiche della
"
Fonte, inclusa la sua funzione di digressione tonale. E abbastanza curioso che
Quantz rimandi alla sua figura 8a per la fine della metà minore della Fonte (la

7 , Versuch (Saggio), cap. 13, par. 6.


28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 425

fine di batt. 9 e l'inizio di batt. ro), ma che non rimandi alla stessa figura per
l'analoga fine della meta maggiore (cfr. es. 28.ro, batt. ro-II, a pagina seguen-
te). Poiché questi rimandi avevano lo scopo di fornire dei contesti per guida-
re gli abbellimenti, e poich é la fine della seconda metà d ella Fonte è solo in
minima parte abbellita, Quantz può aver ritenuto superflua una tale conte-
stualizzazione.
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Es. 28.ro - Quantz, Versuch, Adagio (1752)

Dopo la digressione e il ritorno procurati dalla Fonte, Quantz dispone una se-
rie di brevi cadenze a facilitare uno spostan1ento alla tonalità di La minore
(vedi es. 28.10, qui sop ra). La sua figura 5 rimanda a un Prinner esteso a una
cadenza sospesa, la qu ale nell'Adagio sembra presente soltanto nel senso piu
astratto. Ciò significa che si possono identificare delle note che scendono lun-
go un esacordo da /a 5 a la 4, ma il basso e l'armonizzazione della figura 5 non
sono affatto evidenti. Il basso dell'Adagio è più tipico della cadenza Conver-
gente; inoltre le sue figure non mostrano eco del forte parallelismo del model-
lo Virgola-Cadenza sospesa prima in maggiore e poi in minore una terza tni-
nore sotto.
La risposta alla cadenza sosp esa in La minore (batt. 12 dell'esempio 28.11, a
pagina seguente) arriva molto dopo, come da una seconda metà di un Meyer,
con la prima di due ampie Virgole (batt. 13-14): La versione fiorita di queste
Virgole m ostra che Quantz tratta la prima esposizione in modo più debole e
ordinario, la seconda in modo più forte e più enfatico (si noti la Caduta del 8
426 La musica nello stile galante

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Es. 28.11- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
Acuto). Le Virgole in genere precedono una forte cadenza, ed è questo il caso,
in cui esse conducono all'intricata conclusione di questa sezione in La minore.
Si noti in particolare come Quantz coordini la discesa melodica esacordale con
vari schemi eli forza conclusiva crescente:

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Es. 28.12 - Quantz, Versuch, Adagio (1752)


28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 427

Un consueto controcanto di Durante porta in una tipica Fonte. Quantz riman-


da le due metà simili della Fonte a due diverse figure (II e 8). La differenza
sembra essere che la figura II inizia 'chiusa' mentre la 8 inizia 'aperta' nella sua
tonalità temporanea:
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Es. 28.13- Quantz, Versuch, Adagio (1752)

La Fonte è seguita da un Prinner molto chiaro che comincia la discesa melo-


dica dell'esacordo. L'Indugio estende tale discesa, iniziando sul @ e prose-
guendo infine per l'O e per il fì (o 8 e ~ nell'esacordo di so[):
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Es. 28 .14- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
428 La musica nello stile galante

Dopo la corona Quantz riespone il tema di apertura con delle diminuzioni in


terzine di semicrome nella parte abbellita. A differenza della sua analisi delle
battute iniziali (batt. 1-2), egli qui aggiunge un rimando alla figura 1. Tale riman-
do sembra in ritardo di una battuta, anche se potrebbe indicare come trattare
una nota statica della melodia (il fa 5 a batt. 22) mentre il basso si sposta su gradi
consecutivi dissonanti, in questo caso il st~ ((J)) della Virgola Lunga:
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Es. 28.15- Q u antz, Versuch, Adagio (1752)

Al posto dei due Prinner modulanti delle battute 3-4, Quantz inserisce un
Prinner non modulante che appare come un ibrido tra i suoi due tipi ideali, le
figure 15a e 15b. Ciò vuoi dire che la sua prima metà presenta il basso discen-
dente di grado e i ritardi 7-6 della figura 15a, mentre la sua seconda metà pre-
senta il basso per salti sul circolo delle quinte di figura 15b:
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Es. 28.16- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
28. Un Adagio esemplare di].]. Quantz 429

Quantz collega la fine del Prinner all'inizio di un complesso di schemi che po-
trebbe facilmente rappresen tare la cadenza finale se esso non concludesse un
po' troppo 'facilmente', mancando dell'enfasi di una cadenza Cudworth o del-
l'estensione delia cadenza Lunga e della cadenza Grande:
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Es. 28.17- Quantz, Versuch , Adagio (1752)

Dopo la cadenza 'prematura', egli inserisce due laconici Meyer così come un
compositore galante posteriore potrebbe inserire due Quiescenze:

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Es. 28.18- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
430 La musica nello stile galante

A battuta 28 inizia un Monte diatonico in cinque parti il cui basso ascendente


arriva fino alla tonica (CD). Gli ultimi stadi di tale ascesa si sovrappongono a
una Virgola Lunga, la quale e seguita in rapida successione da una Virgola nor-
male e da una cadenza sospesa:
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Es. 28.19- Quantz, Versuch , Adagio (1752)

Quantz impiega poi un Prinner come parte di un'elaborata preparazione della


cadenza finale , la quale arriva presentando l'intera panoplia della cadenza
Cudworth, come mostrato nella versione fiorita:

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Es. 28.20- Quantz, Versuch, Adagio (1752)


28. Un Adagio esemplare di].]. Quantz 431

Data la sua lunga esperienza prima a Dresda e poi a Berlino, dove prevaleva-
no gusti conservatori, è ragionevole che Quantz abbia selezionato o composto
un Adagio che può sembrare fuori moda e pedante per l'epoca del suo tratta-
to, gli anni '50 del secolo. Gli schemi presentati in questo libro sono generaliz-
zazioni della prassi galante nel suo complesso, con speciale attenzione alla
prassi italiana più in voga. Non ci si può aspettare che la prassi italiana rical-
chi sotto ogni aspetto le abitudini musicali di un musicista più anziano in una
corte tedesca. Eppure c'è davvero un alto grado di corrispondenza tra le figu-
re di Quantz e gli schemi galanti. La prassi galante era così ampiamente diffu-
sa, e insegnata con così tanta cura, attraverso partimenti, solfeggi e altri ritua-
li, che si può facilmente parlare di uno stile musicale internazionale. Quantz,
come Jommelli o Mozart, utilizza uno Jupiter come tema, un Prinner come
risposta, una Fonte per una digressione, un Monte per aumentare la tensione,
una Virgola o un Passo Indietro per preparare a una cadenza più forte, e così
via. Questi erano i percorsi lungo cui scorreva la musica galante, e i musicisti
eli corte in ogni luogo sembrano essersi sentiti a casa in questa ambientazione.
Uno degli scopi di Quantz nel presentare questo Adagio modello era di dare
agli interpreti un contesto per le scelte che essi dovevano affrontare per abbel-
lire un'"aria semplice". Egli ha fondato la sua nozione di contesto sugli "inter-
valli più comuni". Il musicista moderno interessato alla prassi esecutiva stori-
ca dovrebbe tener presente che mentre diversi ''intervalli" possono essere
impiegati in contesti diversi, gli intervalli da soli non sono sufficienti a deter-
minare il loro contesto di appartenenza. L'Indugio, ad esempio, è un contesto
con una tradizione di abbellimenti caratteristici (vedi cap. 20). Tali abbelli-
menti compaiono nella musica di Quantz ma si allontanano dal suo concetto
di ''intervallo". Riesaminare le sue tecniche di abbellimento alla luce dei con-
testi specifici degli scherni galanti può dunque suggerire le norme di abbelli-
mento più appropriate. Gli schemi suppliscono alle omissioni nel primo tenta-
tivo (Versuch) di Quantz di formulare una teoria, rinforzando la ricca vena
della sua prassi giustamente lodata.
29
Un Allegro esemplare
di Francesco Galeazzi
dai suoi Elementi teorico-pratici
di musica ... , Roma, 1796

Francesco Galeazzi (1758-r8r9) nacque a Torino. In questa città la tradizione


de] violino alla corte dei Savoia era probabilmente la migliore d'Europa. Il suo
grande maestro G. B. Somis aveva studiato con Corelli; Somis fu anche mae-
stro di Leclair e in seguito di Pugnani, il quale a sua volta fu maestro di Viotti.
Galeazzi crebbe in seno a questa tradizione, studiando violino negli anni '70
del secolo circondato da molti di questi grandi musicisti. Tuttavia, oggi sareb -
be quasi completamente sconosciuto se Bathia Churgin, in un articolo molto
citato del 1968,1 non avesse attirato l'attenzione su una breve sezione di un
ampio trattato che Galeazzi pubblicò nel 1796.2
La sezione in questione sembra descrivere la 'forma sonata', anche se Gale-
azzi non utilizza mai veramente questo termine. Chi non avesse dimestichezza
con le tradizioni dei conservatori e dei dipartimenti universitari di musica del
tardo Ottocento e del Novecento resterebbe probabilmente stupito del modo
in cui la 'forma' , e in particolar modo la 'forma sonata', finirono per diventare
dei feticci. Sarebbe difficile trovare un'analogia a questo fenomeno. Gli studio-
si di letteratura setnbrano preoccuparsi davvero poco di identificare la 'forma
romanzo' in ogni romanzo che leggono. Gli studiosi eli storia dell'arte sembra-
no indifferenti alla presenza o assenza di una 'forma n atura morta' in ogni na-
tura morta che osservano. Gli studiosi di musica, però, se richiesti di 'analizza-
re' un brano strun1entale del diciottesimo secolo, sembrano considerare la de-
terminazione della presenza o assenza dei tratti distintivi della forma sonata
come il loro primo obiettivo. Considerato che la maggior parte di tali opere so-
no delle sonate, eccezion fatta per i diversi titoli annunciati sulla partitura a
stampa ("rondò", "tema e variazioni'', "fantasia"), ci si potrebbe giustamente
chiedere quale sia la ragione di tanto trambusto.
Come ho suggerito nell 'introduzione, mohi approcci alla musica del diciot-
tesimo secolo che abbiatno ereditato sono forse da interpretare come il resi-
1 Churgin, B., "Fran cesco Galeazzfs D escription (1796) of Sonata Forn1 ,, in ]ournal o/
the A;nerican Musicological Society, n . 2 1, 1968, pp. 181-99; riveduto in Source R eadings in
Music History, a cura di Wye ]a1nison Allanbrook, ed. riv., Norton, New York 1998, vol. 5,
pp. 85-92.
2 Galeazz.i, F., Elementi teorico-pratici di musica con un saggio sopra t arte di suonare il vio-
lino analizzata, ed a dirnostrabili principi n·d otta, vol. 1, Roma r791; vol. 2 , Rotna 1796.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 433

duo di tentativi ottocenteschi e primo-novecenteschi di reinterpretare la tra-


dizione galante - una tradizione che, sebbene per molti aspetti antitetica
all'arte borghese del Romanticismo, era comunque considerata dai romantici
come una parte cruciale del loro patrimonio. La musica galante divenne l'in-
fanzia della musica romantica, ossia si pensava che il galante fosse sia puerile,
sia adatto ai bambini. Un musicista galante adulto come Clementi, capace di
grande ampiezza e profondità, divenne fan1oso quasi esclusivamente per i
minuscoli pezzi utilizzati per impartire i primi rudimenti agli studenti di pia-
noforte n elle famiglie borghesi vittoriane. I musicisti galanti, considerati quin-
di dei bambini geniali, erano giudicati incapaci di comprendere le forme 'più
elevate'. Nel migliore dei casi, essi sembravano procedere a tentoni verso la
forma sonata, che solo Haydn e Mozart furono finalmente capaci di raggiun-
gere adeguatamente.
La Rivoluzione francese (1789) fu l'inizio di una lunga serie di violenti scos-
soni e cambiamenti che indebolirono l'ordine sociale galante. Gli eserciti
napoleonici sovvertirono, distrussero o minacciarono quasi tutte le corti euro-
pee, inclusa la Chiesa. Quando quasi trent'anni di instabilita giunsero al termi-
ne con il Congresso di Vienna (!814-15), la vita prerivoluzionaria non era che un
ricordo lontano. Per questo, forse, la reinterpretazione romantica della musica
galante fu inevitabile. Avendo perso il contatto con la società galante e la sua
rete interdipendente di significati, di gesti e di modi di comunicazione, i Ro -
mantici avrebbero potuto fare poco altro se non proiettare le proprie preoccu-
pazioni musicali su una n1usica precedente che era ormai tagliata fuori dalla
cultura che l'aveva nutrita. Le espressioni dei musicisti di corte, un tempo
imprescindibili dalla società in cui erano inserite, finirono per essere recepite
in certi an1bienti solamente come piacevoli trame sonore. In breve, i Romantici
svuotarono il contenitore del proprio contenuto galante e chian1arono 'forma'
la scatola vuota.
Altri autori hanno tentato di raccontare la complessa storia della <forma' co-
me una preoccupazione centrale dei primi studi musicologici. Carl Dahlhaus,
ad esempio, ha notato le analogie tra la passione romantica per le tassonomie
di fiori, farfalle o uccelli, e le tassonon1ie delle forme n1usicali: 'prima forma di
rondò', cseconda forma di rondo', e così via.3 Questa storia è in gran parte una
storia degli autori dell'Ottocento, e molta dell'attenzione prestata alla descri-
zione di GaJeazzi di una 'melodia' a doppia ripresa fu dovuta a] fatto che essa
fu uno dei primi tentativi di conformarsi a ciò che divenne la paradigmatica
descrizione romantica di 'ten1i e tonalità' di una sonata. Giacché rnolti lettori
moderni affrontano Galeazzi con in mente quel paradigma, il fatto che la de-
scrizione di Galeazzi risuoni insieme al paradigma romantico e spesso preso
come una parziale conferma dell'applicabilità del pa.radigma alla musica classi-
ca, come conferma della sua forza cognitiva circa trenta o quarant'anni prima
3 Dahlhaus, C., "Some Models of Uniry in Musical Form '', in ]ournal o/ Music Th eory, n.
19, 1975, pp. 2 -3 0.
434 La musica nello stile galante

dei trattati tedeschi e francesi che stabilirono la codificazione ottocentesca del-


la forma sonata. Come annuncia il titolo dell'articolo della Churgin, un lettore
cui è stato inculcato il paradigma romantico verrà a contatto con ula descrizio-
ne di Francesco Galeazzi della forma sonata".
Nel 1796 Galeazzi aveva già da molto tempo lasciato la corte sabauda per
cercare fortuna a Roma, dove il trattato fu pubblicato. Nell'aprile di quell'an-
no Napoleone, alla ricerca di una fortuna per pagare le sue legioni ormai alla
fame, invase la Savoia per iniziare la conquista della penisola. Le sue forze
entrarono a Roma meno di due anni dopo, deposero il papa e spedirono in
Francia circa cinquecento carichi di opere d'arte trafugate. Fu così che la pub-
blicazione del trattato di Galeazzi coincise esattamente con la fine di un'epo-
ca della storia italiana e l'inizio di un'altra. Se Galeazzi potesse essere visto
come una figura di transizione, ossia più come un Giano bifronte e meno come
un precursore di un'epoca futura, il suo trattato potrebbe comunque evocare
le tradizioni galanti. La 'melodia' con cui egli illustra le sue idee dovrebbe con-
tenere presumibilmente forti echi di quegli schemi che furono cos1 essenziali
per la tradizione in cui egli fu allevato a Torino. Essa potrebbe certo illustrare
una nuova nozione di forma, ma forse non senza onorare anche un contenuto
presente nella memoria.
Le prime due colonne della seguente tabella mostrano le corrispondenze tra
la melodia di Galeazzi così con1'e stata analizzata da lui in accordo con la ter-
minologia impiegata nel suo trattato (colonna I) e così com'è stata analizzata
da me in accordo con gli schemi galanti trattati nei capitoli precedenti (colon-
na 2) . I numeri di battuta si riferiscono all'esempio 29.12, che mostra l'intera
melodia insieme a un basso che ho aggiunto per chiarire gli schetni.

Terminologia di Galeazzi Schema T onalità Battuta

Motivo principale Do-Mi-Sol. . . Do I


Secondo motivo l Uscita
a' Toni più analoghi Prinner modulante Do q Sol IO
Passo caratteristico Fenaroli, bis Sol I7
Periodo di Cadenza Salti di Terza Sol 21
Cudworth Sol 23
Coda Quiescenza, bis Sol 24
: 111=

Motivo l Modulazione Fonte Re rmn. q Sol 29


Cadenza Convergente Lamtn. 33
Fenaroli Lanun. 34
Sesta Aumentata Lamt.n
. 36
Ponte LalJUn. 37
Passo Indietro Lanun. 38
Cadenza com p leta Lamt.n. 39
29. Un Allegro esernplare dr: F. Galeazzi 435

T erminologia di Galeazzi Schema Tonalità Battuta


Ripresa Do-Mi-Sol ... Do 42
Indugio Do 50
Replica del Passo Caratteristico F enaroli, bis Do 53
Replica del Periodo di Cadenza Salti di Terza Do 57
Cudworth Do 59
Replica della Coda Quiescenza, bis Do 6o
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Lasciando per un attimo da parte la mossa d'apertura ("Do-Mi-Sol. .. "), la
serie di schemi di Galeazzi- Prinner modulante, Fenaroli (ripetuto), Salti di
Terza, cadenza Cudworth, Quiescenza - non sembra affatto rivoluzionaria,
anzi, semmai sembra antiquata, piu simile ai movimenti degli anni '6o e '70 del
Settecento. I tipici schemi dello stile galante compaiono nel loro tipico ordine.
Una Fonte subito dopo la doppia barra non potrebbe essere più tradizionale
di così. Come ho dimostrato nel capitolo 14, una F'onte in quella posizione era
la prima scelta di un cotnpositore precedente come Wodiczka e di uno succes-
sivo come Pugnani. Somis, maestro di Pugnani, nel minuetto del capitolo 5,
scritto a Torino sessant'anni prima del trattato di Galeazzi, utilizza la Fonte
esattamente allo stesso modo.
Galeazzi avrebbe probabilmente approvato il termine 'filo' di Leopold Mo-
zart. Secondo Galeazzi, i migliori compositori si preoccupavano della fluidità
e della sequenzialità degli eventi più che non del carattere di un singolo moti-
vo o di una singola frase. Per usare le sue parole: cc L'arte dunque del perfetto
Compositore non consiste nel trovare de' galanti motivi, de' piacevoli passi,
ma consiste nell'esatta condotta di un intero pezzo di Musica" .4 L'accento po-
sto sulla (esatta condotta', che potrebbe anche intendersi come 'corretto com-
portamento', non è un riferimento a una forma o a un progetto globale reifica-
ti. La percezione della 'condotta' musicale è dinamica e dipende dalle valuta-
zioni momento per momento. Perciò, mentre la capacità di inventare 'motivi
galanti ' basati su schemi riconosciuti era un prerequisito necessario per la
composizione, metterli meramente in fila senza cura non era sufficiente per
raggiungere la perfezione nella composizione. n tema successivo indagato da
Galeazzi, come "tirare le Melodie" ,5 mette in evidenza le stesse qualità che,
nelle parole di Leopold Mozart, distinguevano "il maestro dal pasticcione".6
Un trattato quasi contemporaneo a quello eli Galeazzi, il terzo volume del V er-
such einer A nleitung zur Composition [Saggio di un'introduzione alla com.posi-
zione; 1793] di Heinrich Christoph Koch (r749-18I6), mostra la stessa identica
4 GaJeazzi, F., Elementi, vol. 2, p. 253.
5 , Elementi, vol. 2, p. 253.
6 The Letters o/ Mozart and His Family, trad. Emily Anderson , Macmillan, London 1938,
vol. 2, p. 889 , lettera L. 323, 13 agosto 1778: "dieses nnterscheidet den M eister vom Steumper '.
43 6 lA musica nello stile galante

attenzione nel suo sottotitolo : ''Sulla connessione delle parti melodiche" .7 Se


molte delle 'parti' (Theile) in questione sono le 'figure obbligate' dello stile ga-
lante (con i ((galanti motivi"), allora ci si dovrebbe aspettare di trovare anche
qui che Koch illustri le descrizioni delle funzioni o manipolazioni musicali me-
diante schemi ben noti.
Quando tratta le ((parentesi" musicali, Koch descrive come si potrebbe inse-
rire una ((parte completa" tra le ripetizioni di un passaggio. n passaggio in que-
stione e un Sol -Fa-Mi di quattro battute ripetuto, con forti elementi di Do-Re-
Mi. La sua prima scelta per una uparte completa" da inserire tra il Sol-Fa-Mi
e la sua ripetizione è la venerabile Fonte (es. 29.1): 8

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maggiore SC L-I·A-i\~11
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Es. 29.1- Koch, Versuch , "parentesi", vol. 3, pp. 221-2 (1793)

Una Fonte era quasi sempre una buona scelta per un'inserzione parentetica,
giacché essa può allontanarsi per poi ritornare alla stessa tonalità. La scelta di
Koch mostra pero anche sensibilità per una coerenza melodica su larga scala.
La discesa 0 -0 ... 0 -~ delle note principali della melodia del Sol-Fa-Mi po-
trebbe essere estesa fino a raggiungere un @ a battuta 6. Quest'ultimo sarebbe
il re5 , l' G) della metà in minore della Fonte, la quale, continuando la progres-
sione, conduce a un G) globale (( un tono sotto" nella metà in n1aggiore (batt.
8). Così !"'esatta condotta" è una combinazione di un'appropriata sequenza di
schemi con un'attenzione per la fluida realizzazione delle implicazioni melodi-
che che possano emergere.
La seconda scelta di Koch, un 'ulteriore "espansione" della precedente inser-
zione parentetica coinvolge l'inserimento di Fenaroli completi all'interno di
ogni metà della Fonte. Questa "parte" di otto battute viene poi estesa ulterior-
mente da una cadenza Convergente (es. 29.2). Di nuovo il @ globale, il re5 , è
7
Koch , H. C., Versuch einer Anleitung zur Co1nposition, vol. 3, Leipzig 1793, pp. 2 sgg.:
"Von der Verbindung der melodischen Theile, oder von dem Baue der P erioden".
8 Versuch, vol. 3 p. 2 18, sez. 70: <' die Parenthese, oder clie Einschaltung'' . G li esem-
pi musicali sono le sue figu re 5 e 6, pp. 221-2.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 43 7

raggiunto a battuta 6. Giacché però i Fenaroli servono a raddoppiare la lun~


ghezza di ogni metà di questa Fonte, l' <D globale, il do5 , è raggiunto soltanto a
battuta ro. Continuando questa successione più ampia, un ti globale, il si4 , è
raggiunto puntualmente a battuta 14. Riguardo alla sensibile, il ti crea in segui-
to un buon collegamento per il ritorno del Sol-Fa-Mi. Il/z"lo di Koch, senza esse-
re la mitica Urlinie, completa un percorso semplice ma soddisfacente che esau-
disce ancora una volta la richiesta di Galeazzi di un><' esatta condotta".
, St H -h\-1\11

- - - - - - - - - - - -- - - ro1l 'E - -- -- - - - -
- --minore f l· 1\R() J.) - - - - - - - .---------maggiore
6 CD ~

FFNAROU - - - - - - CONVERGENTE 'l)L-Ft'\-1\ 11


11 ® ® r(!) @}flO&,..... ' 0
~~~.~~~~~----~

etc.
Es. 29.2- Koch, Versuch, ''parentesi" , vol. 3, p. 222 (1793)
Sebbene Koch scrivesse delle ovvie Fonti e riconoscesse l'influenza di Riepel,
non usava i termini "fonte", "monte" o ' ponte". Curiosamente, a parte le indi-
cazioni di tempo, Koch non impiegava quasi nessun termine italiano, evitando
persino le sillabe del solfeggio. Forse, come maestro di cappella della piccola
corte protestante di Rudolstadt in Turingia, voleva evitare l'impressione di
descrivere una pratica cattolica. Gli esempi n1usicali di Koch, però, sono sem-
pre e comunque concordi con le prassi italiane descritte nel "triplice esempio"
di Riepel. La chiara comprensione di Koch dei dettagli normativi degli schemi
standard può essere osservata nella sua trattazione delle cc progressioni ". 9 Egli
ini zia descrivendo le progressive ripetizioni di un breve motivo discendente
lungo i gradi della scala e fornisce la seguente frase come esempio:
0 0 o 8 8

Es. 29.3- Koch, Versuch, una '<progressione((, vol. 2, p. 431 (1787)


9 _ _, Versuch) vol. 2, p. 431.
438 La musica nello stile galante

Nella tonalita di Sol maggiore, le note che cadono sui tempi forti (mi5 , re5 , do
st~) fanno sentire la melodia del Prinner. Koch sembra aver fatto la stessa ass6~
ciazione: fa notare che a causa della ''armonia sottintesa" potrebbe essere ne~
cessario aggiustare qualche intervallo. Per illustrare la sua tesi presenta un
esempio piu galante, in cui marca due intervalli ((modificati" con la croce di
Malta. Come mostrato sotto, la frase da lui fornita, ora in Re maggiore, presen~
ta un'istanza prototipica del Prinner galante di quattro battute, completo con
la Caduta del @ Acuto e una cadenza sospesa conclusiva:
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - : - - - PRf 1 E R - - - -

SOSPESA
--------------------- ffi ------------------------
3 8~=

Es. 29.4- Koch, Versuch, ((progressione" modificata, vol. 2, p. 432 (1787)

L''armonia' da sola non basta a spiegare la scelta di Koch di modificare pro-


prio quelle note, in quanto diverse alternative sarebbero state ugualmente
'armoniche'. Soltanto le note effettivamente scelte coincidono esattamente con
lo schema del Prinner replicato innumerevoli volte nel repertorio galante. Dal
punto di vista della teoria degli schemi, è istruttivo osservare Koch equiparare
implicitamente il modello (meccanico' piu antico del Prinner a circolo delle
quinte (es. 29.3), che coincide con la "successione di settin1e" di Riepel, con il
tipo galante più moderno (es. 29.4).
li senso di Koch della giusta concatenazione degli schemi -la "connessione
delle parti n1elodiche" -è a volte fondato sulla progressione per gradi delle
note principali, a volte sulle aspettative armoniche e, altre volte ancora, moti-
vato da semplici modelli di ripetizione. L'esempio 29.5 mostra la sua versione
di base del Prinner modulante, introdotto dalla frase (( modulazione per tnezzo
della trasposizione di una parte in un nuovo tono" .10 L'esempio inizia con una
Virgola seguita da una cadenza sospesa (le linee in chiave di violino e in chiave
di basso sono dj Koch). La discesa melodica per gradi 0 -fD -6}-@ collega questi
due schemi, così come fa un accostamento tradizionale basato su clausulae più
antiche ed elaborate, come la Cadenza Doppia. La comparsa del Prinner mo-
dulante dà inizio a una nuova discesa nella nuova tonalità, Re maggiore. D
Prinner e la seguente cadenza Convergente conducono la melodia lungo l'inte-
lO , Versuch, vol. 3, p. 209: "Man kann aber auch vermlttelst der Versetzung eines
Gliedes in eine andere Tonart moduliren".
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 43 9

ro esacordo di re, 0-0- 0-~ - 8 - 0 - un grado ogni battuta -fino a concludere


a battuta 8 con un'accelerazione della discesa da O a 8 e oltre:ll

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Es. 29.5- Koch, Versuch, ((modulazione per mezzo della trasposizione


di una parte in una nuova tonalità", vol. 3, p . 209 (1793)

L'inizio di battuta 7 (es. 29.5), in cui la melodia raggiunge


, il @ e il basso pre-
senta il ®,e un punto comune a diversi schemi. E il punto in cui un musicista
galante avrebbe riconosciuto la capacità del filo di condurre a una quantità di
direzioni diverse; qui avrebbe potuto scegliere di prendere uno di questi per-
corsi divergenti oppure di alludere solamente ad uno di questi con una figura-
zione caratteristica. Nell'esempio 29.5, ad esempio, Koch già allude
all'Indugio. Nell'esempio 29.6 egli prosegue in quella direzione attribuendo
alla cadenza Convergente le figurazioni di semicrome fortemente associate
all'Indugio. 12

VIRGOLA SOSPESA
• •

(Segue)
11
Koch era nato e lavorava a Rudolsta.dt, una. piccola corte protestante alquanto distante
dai grandi centri dello stile gaJante. n re al basso a battuta 4 n elresempio 29·5, seppur rispet-
tando t> armonia di Prinner, non era esattamente appropriato. Un /a# 4 sarebbe stata una scel-
ta fjù galan te.
2 , Versuch, vol. 3, p. 365.
440 La tnusica nello stile galante

CONVERGENTE
5

-
etc.

Es. 29.6- Koch, Versuch, un Prinner modulante che conduce


a una cadenza Convergente, vol. 3, p. 365 (1793)

Nell'esempio 29.7 intraprende appieno il percorso dell'Indugio, inserendo


un'estensione completa di due battute della cadenza Convergente di base: 13

PRl~ ì\I · R

I ~fJl IGlO

-
etc.
CONVERGENTI
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Es. 29.7- Koch, Versuch, un Prinner modulante che conduce


a un Indugio, vol. 3, p. 219-20 (1793)

Le sue due versioni delle figurazioni caratteristiche dell'Indugio (es. 29.6-7)


sono molto sin1ili a quelle che Mozart impiega nel primo movin1ento della sua
sonata in Do maggiore del 1788 (vedi es. 26.6 batt. 9-10, 22-23).
Man mano che Koch tratta vari generi musicali, diventa chiaro che ognu-
no richiede una diversa scelta e disposizione dello stesso insieme di ((parti" e
procedure - un'ars combinatoria. La differenza tra il primo e il secondo ritor-
nello di un concerto o di un'aria, ad esempio, risiede nella necessità di modu-
lare alla dominante nel secondo ritornello. N el suo esempio di un secondo
ritornello (es. 29.8), egli soddisfa tale richiesta (una tnodulazione alla domi-
nante) con la "parte" generica e formalistica del Prinner modulante, per giun-
ta di uno quasi identico a quelli mostrati negli esempi 29.5-7. In tutti questi
casi egli rispetta la vecchia pratica di terminare la parte precedente in un regi-
stro inferiore prima di saltare all'ottava superiore per iniziare il Prinner
modulante (cfr. es. 22.1, batt. 23, di Leo; es. 25.19, batt. 4, eli Eckard; oppure
l3 , Versuch. vol. 3, pp. 219-20. '
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 441

l'es. 25.21, batt. 7, di Mozart). li suo Prinner modulante, sgombro da qualun-


que Indugio (il percorso non intrapreso) , si sposta direttamente alla cadenza
Convergente, la quale poi conduce a due esposizioni di un movimentato
Fenaroli, completo di un rapido pedale ripetuto di®, nella nuova tonalita di
Re maggiore:14
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SOSPESA
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(g) (@ ) etc.

Es. 29.8- Koch, Versuch, la modulazione in un


secondo ritornello, vol. 3, p. 426 (1793)

Galeazzi incontra una situazione simile dopo la conclusione del primo "perio-
do" della sua melodia, e l'affronta scegliendo le stesse parti di base con quasi le
stesse procedure (vedi es. 29.9). 15 Dopo una cadenza completa nella tonalità
della tonica, Do maggiore, un Prinner modulante si estende fino a una caden-
za completa sulla dominante della nuova tonalità di Sol maggiore (V del V), se-
guito poi da due esposizioni di un Fenaroli (la normale voce con 0-CD-0 -®
dovrebbe essere al basso).
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COMPLETA
8
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• •

3
(Segue)
14 ,Versuch, vol. 3, p. 426.
l 5 Galeazzi, F., Elementi, vol. 2, p . 256; la melodia compare nella sua Tavola 7, es. 1.
442 La musica nello stile galante

COMPLETA (V/V)
13
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3
(CV)
FENA RO lJ
17

(@) (@ ) etc.
(CD) (@ ) (CV) (CD) (~ )

Es. 29.9 - Galeazzi, Elementi, la modulazione


in un ''secondo motivo'' (1793)

Mentre le scelte di Koch sono state fatte nella 'forma di concerto' o nella
'forma di aria', quelle di Galeazzi sono operate nella 'forma sonata'. Giacché
in entrambi i casi si sono fatte le stesse scelte generali, è ragionevole dedurre
che la 'forma' aveva relativamente poca influenza sulla 'connessione delle
parti'. Altro che non comprendere la forma ed essere incapaci di articolare i
suoi segreti 'più profondi'; i compositori galanti e gli autori di trattati musica-
li la forma la comprendevano molto bene: comprendevano le abilità pratiche
degli ascoltatori di seguire gli schemi di ripetizione, digressione o ripresa, di
seguire la salita o la discesa di successioni nella melodia o nel basso, e com-
prendevano anche che la vera arte della composizione risiede nel guidare istan-
te per istante le esperienze del loro mecenate e del loro pubblico. I composi-
tori galanti descrivevano in modo succinto la forma generale dei movimenti nei
diversi generi musicali perché la tecnica di gestire il 'filo' dipendeva pochissi-
mo dai diversi schemi formali. Bisognava soltanto essere cç_:>nsapevoli di poche
importanti diramazioni possibili nel corso del cammino. E vero che Galeazzi
trasforma il carattere del F enaroli, e il suo trattato descrive questo "passo cara t-
teristico" come "dolce, espressivo, e tenero" 16 in un modo che ricorda molto
le definizioni romantiche di un secondo tema lirico. Tuttavia navigare seguen-
do la percezione dei contrasti di carattere, che divenne un'importante strate-
gia di ascolto man mano che le composizioni dell'Ottocento crebbero tanto in
lunghezza quanto in complessità, è un procedimento del tutto estraneo a un
concetto galante di 'forma'.
Come già detto, per molti studiosi l'analisi formale di un movimento del
diciottesimo secolo comporta ancora la ricerca dello sviluppo, del secondo te-
ma e di altri segni ottocenteschi della forma sonata. li ventesimo secolo ha ul-
teriormente aggiunto un livello professionale di analisi in cui lo scopo è di as-
16 _ _, Elementi, vol. 2, p. 256.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 443

segnare a ogni suono il suo posto in una vasta 'gerarchia tonale'. Ci si potreb-
be chiedere il perché di ciò. La risposta tipica è che la gerarchia tonale dimo-
stra l'unità organica delle opere d'arte musicali prodotte da un ristretto grup-
po di grandi musicisti. Questa è sicuramente una soluzione metafisica a pro-
blemi autoinflitti. Poiché la musica, nel vero senso della parola, si produce
nella mente utnana piuttosto che in un mondo metafisica di 'spiriti' o 'volon-
tà' tonali, quel che dovrebbe interessarci è una gerarchia cognitiva, la quale è
tipicamente una struttura mentale che delinea livelli di astrazione. Si prenda,
ad esempio, il romanzo diJane Austen Orgoglio e pregiudizio.17 Un lettore o
un ascoltatore (in passato i romanzi erano spesso letti in pubblico) sente dei
suoni (fonemi) che insieme vanno a costituire parole; le parole vanno a costi-
tuire proposizioni, le quali, coordinandosi, vanno a costituire enunciati, i qua-
li nei testi scritti vanno a costituire capoversi, poi capitoli e infine il libro nella
sua interezza. A ogni livello di questa gerarchia cognitiva gli elementi che si
generano sono di tipo abbastanza diverso fra loro. La sostanza di un capitolo,
ad esempio, non è il testo di ogni singolo paragrafo, né la sostanza di un ro-
manzo nel suo complesso è il testo di ognuno dei suoi capitoli. In una gerar-
chia tonale, per contro, sembrerebbe che gli elementi di ogni livello siano
esattamente gli stessi elementi del livello superiore o inferiore. p,e r fare un
esempio assurdo ma concreto, si potrebbe sostenere che la sostanza del finale
della nona sinfonia di Beethoven sia la nota re che conclude il pezzo. Analo-
gamente si potrebbe sostenere che la sostanza di Orgoglio e pregiudizio sia
l'ultima parola scritta: them.
Più si studiano attentamente l'arte e la tecnica della musica di corte del
diciottesimo secolo, meno l' 'unità organica' dell'opera d'arte musicale appare
(per citare l'inizio del romanzo di J an e Austen) "una verità universalmente
riconosciuta". Sicuramente esisteva una gerarchia nella musica galante: le note
andavano a costituire figure, le quali andavano a costituire frasi, le quali nella
musica strumentale si combinavano in sezioni, movimenti, brani e infine in
raccolte pubblicate. All'interno di ogni ben distinto livello della gerarchia,
però, c'era una considerevole libertà e flessibilità. Sostituire un re con un do#
in un piccola figura melodica non avrebbe causato il collasso dell'intero edifi-
cio musicale, né lo avrebbe causato la sostituzione di un Sol-Fa-Mi con una
Romanesca. Come ha illustrato lo psicologo cognitivo Herbert Simon più di
trent'anni fa,l8 le gerarchie dei sistemi complessi sono di solito ((parzialmente
scomponibili", il che significa che ogni livello della gerarchia ha una certa
misura di indipendenza. Ciò che egli ha chiamato "legame debole" [loose cou-
pling] è la relativa debolezza delle interazioni tra livelli e la relativa forza delle
interazioni all'interno di un dato livello. L' 'esatta condotta' del 'filo' era cru-
17 Austen,J., Pride and Prejudice) a Novel, T. Egerton, London 1813.
18 Simon , H ., "The Organization of Complex Systems", in Hierarchy Th eory: The Chal-
lenge o/ Complex Systems, a cura di Howard H. Pattee, G eorge Braziller, New York 1973,
pp. 1-28.
444 La musica nello stile galante

ciale allivello di frasi e cadenze, ma di minor importanza allivello della forma


complessiva.
I grandi musicisti erano quelli più capaci di riconoscere la vera natura di
ogni particolare filo musicale. Erano quelli che sceglievano di seguire un par-
ticolare percorso nella strada degli schemi, e che per farlo dovevano escludere
percorsi alternativi. Pare che Jan e Austen considerasse Orgoglio e pregiudizio
per molti versi allo stesso modo. Sulla sua pubblicazione scrisse alla sorella in
tono scherzoso:

Nel complesso [ ... ] sono abbastanza soddisfatta. TI libro è fin troppo leg-
gero, e brillante, e frizzante; richiede ombra; richiede di essere allungato
qua e là con un lungo capitolo pieno di significato, se ne potesse avere;
altritnenti, di solenne e speciosa sciocchezza, su qualcosa di scollegato
rispetto alla storia: un saggio sulla scrittura, una critica a W alter Scott, o la
storia di Buonaparté [sic] , o una qualunque cosa che crei un contrasto e
porti il lettore con crescente diletto verso la giocosità e l'arguzia generale
dello stile generale.19

La Austen , una grande scrittrice se mai ne è esistita una, descrive la necessità


di "allungare" il libro ''qua e là", e insiste sulla necessità di "una qualunque
cosa che crei un contrasto". Anche se gli esempi che fa per illustrare il suo
pensiero sono comici, è comunque il pensiero di uno scrittore sulla scrittura.
Le preoccupazioni di Galeazzi erano simili. Egli descrive "la più interessante
parte della Musica moderna" come "la condotta da tenersi nel tirare le Melo-
die" ,20 e raccomanda di iniziare la seconda metà di una doppia ripresa con il
contrasto di "un pensiero affatto nuovo, ed estraneo", preferibilmente in
un'altra tonalità "per maggior sorpresa" .21 Il pensiero della Austen e quello di
Galeazzi riflettono le attente valutazioni dei due artisti sugli effetti che le va-
rie opzioni compositive possono avere su un lettore o un ascoltatore. Nel 1845,
A. B. Marx (1795-1866) descrisse lo stile di Mozart come una successione di
molte "piccole strutture che mancano di ogni forte connessione se non quella
derivata dall'umore generale. Ciò dà alle sue composizioni il fascino della
continua trasformazione, del sempre nuovo, del leggiadro procedere oltre" .22
Marx, che era della generazione di Franz Schubert, intendeva contrapporre,
un po' negativamente, lo stile di Mozart al dinamismo e alla '(interiore neces-
19 Austen-Leigh, ]. E., Memoir o/ ]ane Austen by Her Nephew ]ames Edzvard Austen-
Leigh, intr. di R. W. Chapman, Clarendon, Oxford 1926, ristampa della seconda ed . (187r),
lettera inviata da Chawton , giovedl 4 febbraio r8r3.
20 Galeazzi, F., Elementi, vol. 2, p. 253.
21 , Elementi, vol. 2, p . 258.
22 Marx, A. B., Die Lehre von der musz'kalischen KornpositionJ praktisch-theoretisch, 4 voll.,
Breitkopf & Harrel, Leipzig 1837-47; il vol. 3, r845, è citato in Schenker, H., Die Tonwille,
Universal, Wien 1921-24, trad. ingl. a cura eli W. Drabkin, 2 voll., Oxford University Press,
New Y ork 2004, vol. r, p. 66.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 445

sità" dello stile di Beethoven. Marx non consigliava uno stile mozartiano ai
suoi contemporanei, e negli anni '2o del Novecento Heinrich Schenker lo at-
taccò violentemente ("gli errori sguazzano come ratti nelle chiaviche del-
l'ignoranza") per non aver compreso l'organica (( sintesi di sonata" di Mo-
zart.23 Perciò, riguardo la "sprezzatura " galante nel collegamento di ''piccole
strutture", si può individuare una graduale evo] uzione da una descrizione po-
sitiva (Koch, Galeazzi, Austen) a un ricordo neutrale (Marx) al rifiuto e alla
condanna (Schenker).
Nella tabella precedente in cui la melodia di Galeazzi è scomposta in base
a diverse tassonomie, una differenza vistosa tra le prime due colonne è che la
colonna degli schemi è molto più dettagliata. Galeazzi era consapevole delle
omissioni nella sua descrizione e accenna al fatto che la sua ''piccola, sempli-
cissima" esemplificazione non contiene ogni possibile d ettaglio. C'è però
un'altra ragione di tale differenza: il pubblico per cui scrive. N"ella pagina del
titolo è esplicita la destinazione a ''principianti, dilettanti, e professori di vio-
lino". In altre parole, più che una spiegazione tecnica della melodia per l' eser-
citazione degli aspiranti compositori, i termini di Galeazzi sono una serie di
impressioni o caratteristiche che possono essere riconosciute da lettori senza
una preparazione professionale (sono convinto che parlasse ai 'professori di
violino' per suggerirgli come rivolgersi ai loro acerbi studenti) . Cotne Riepel e
Koch, egli utilizza per la maggior parte esempi descritti in termini generici e
funzionali. Come già accennato, la vasta conoscenza non verbale che i musici-
sti professionisti acquisivano attraverso gli anni di studio dei partimenti, dei
solfeggi e delle partiture famose sotto la guida di un maestro è nettamente in
contrasto con ciò che può essere trasmesso con le parole a dei musicisti ama-
toriali. Potrebbe non essere un'interpretazione esagerata descrivere questi
trattati di musica ampiamente diffusi nel Settecento come 'traduzioni' da una
cultura ritualizzata, preindustriale e non verbale a una cultura commerciale,
moderna e verbale.
Forse l'aspetto più moderno della melodia di Galeazzi era, come accenna-
to, il suo trattamento del tema iniziale:
DO-MI-SOL EVASIONE VIRGOLA LUNGA

1 3

@ (Segue)
23 Schenker, H., Die Tonwille, trad. ingl., vol. 1, p. 66.
446 La musica nello stile galante

SALTI Dl 1-ERZA CADENZA COMPLETA


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Es. 29.10 - ll tema iniziale di Galeazzi realizzato


con un basso e delle voci interne

Questa sezione iniziale è discorsiva in quanto 'allunga' la melodia, evitando


ogni schema che possa obbligare le scelte successive. Galeazzi inizia con una
breve triade melodica Do-Mi-Sol. TI suo filo vaga passando per una cadenza
evasa (cfr. il Passo Indietro) , una Virgola Lunga e una sequenza di Salti di
Terza prima di raggiungere la cadenza completa alle battute 7-9. Una tale suc-
cessione di schemi non è mai stata frequente e vi si percepisce una mancanza
di direzione in ciò che egli chiama il 'motivo principale' (batt. I -9). Giacché
ammirava Haydn, Boccherini, Vanhal e altri importanti compositori attivi
negli anni '90 del secolo, egli può aver cercato di emulare i modi in cui essi
creavano lunghi 'periodi' iniziali, per usare il suo termine. Forse Galeazzi
intendeva esporre una forma allargata della cadenza Lunga di Sala nel secon-
do sistema dell'esempio precedente. Nel basso aggiunto da me, i battere delle
battute 5-9 presentano effettivamente il modello CD-®-0 -®-CD tipico della
cadenza Lunga. In qualche modo, però, le voci superiori non vengono incon-
tro a tale tentativo. Galeazzi non sembra volersi sobbarcare il con1pito di otte-
nere l'ampio 'slancio' dei suoi famosi contemporanei. n 'filo' sembra dipanar-
si con vera fluidità soltanto quando egli ritorna, dopo il motivo principale, agli
schemi del suo retaggio galante.
Negli anni '90 del Settecento, i maestri italiani della 'vecchia scuola' aveva-
no ancora un discreto prestigio. Ancora nel r8o6, Haydn scrisse una lettera di
raccomandazione per il figlio di Mozart, Karl, per farlo studiare con Bonifazio
Asioli (1769-1832), un maestro attivo a Milano che, come Galeazzi, avrebbe in ..
fine pubblicato la sua ampia conoscenza musicale in un manuale scolastico
con1pleto.l 4 Lo spostan1ento dei maestri italiani a Parigi e la loro predominan-
za nell'insegnamento della musica estesero l'influenza dello stile galante per di-
verse generazioni, anche se con un ruolo propedeutico. La storia completa di
24
Asioli, B. , Principi elementari di musica, Milano 1809, e Trattato d'armonia e d'accotnpa-
gnamento, Milano 1813. La raccomandazione di Haydn è citata alla voce "Asioli" in Th e New
Grove Dictionary o/ Music and Mus·icians, 2a ed., a cura di Stanley Sadie e John Tyrrell,
Macmillan, London 2001, vol. 2, II2-3.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 447

quella particolare ripercussione nell'Ottocento della prassi galante meritereb-


be uno studio a parte. Forse però basterà fare un esen1pio. Gustavo Carulli
(1801-1876) , figlio di nn musicista italiano, nacque a Parigi e vi divenne nn rino-
mato maestro di canto. Diversi pezzi didattici del suo Méthode de chant del
r838 compaiono all'interno del famoso compendio Sol/ege des Sol/èges, una se-
rie di studi progressivi ottocenteschi oggi ancora ristampata. 25 Come mostra
l'esempio 29.11 Carulli, benché vivesse nella Parigi di Berlioz, Liszt e Chopin,
padroneggiava fluentetnente la fraseologia galante degli anni '8o del Settecen-
to. Anche senza il loro basso sottinteso, gli schemi galanti dovrebbero essere
chiaramente evidenti in ciò che Galeazzi chiamerebbe il 'motivo principale' di
Carulli (batt. 1-19) e l'inizio del suo 'secondo motivo' (batt. 21-24). Questo 'se-
condo motivo' opera la stessa scelta del Prinner modulante compiuta da Gale-
azzi per l'analogo momento nella sua melodia, e da Koch per il suo secondo ri-
tornello. Benché relegata nelle aule scolastiche, la sintassi galante continuò co-
sì a essere inculcata all'interno dei conservatori e delle lezioni private.

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Es. 29.11 - Carulli, solfège (r838), ristampato in
Danhauser, vol. 3, n. 1, Andantino

25
Danhauser, A., Solfège des sol/èges, Schirmer, New York 1891; Lemoine, H., Carulli, G.,
Danhauser, A., Lavignac, A., e Lemoine, L., Sol/ège des sol/èges, H. Lemoine, Paris 1910.
448 La musica nello stile galante

Nell'esempio 29.12 ho riprodotto l'intera melodia di Galeazzi e ho aggiunto un


basso per rendere chiari i vari schemi. Come già accennato, negli anni '90 del
Settecento Galeazzi era un compositore conservatore. L'ambito musicale del
movimento, il modo in cui dispone gli schetni e lo stile melodico derivano tutti
più dal Leduc dei primi anni '70 che non, diciamo, dal Viotti degli anni '90.
Con questo, però, non voglio sminuire l'importanza del suo trattato. Le acute
osservazioni di Churgin del 1968 descrivono pur sempre accuratamente un
trattato di grande rilevanza storica. Osservando gli esempi musicali di Galeazzi
in modo più dettagliato e storicizzato, trovo questo trattato, non meno, bensì
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p1u lflteressante.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazz·i 449

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450 La musica nello stile galante

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29. Un Allegro esemplare dt" F. Galeazzi 451

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Es. 29.12 - La sonata modello di Galeazzi con un basso
aggiunto per rendere chiari gli schemi
30. Riepilogo e cadenza 453

o sugli schemi. Anzitutto, e soprattutto, la tipicità è legata alla prevalenza. Os-


sia>noi tendiamo a riconoscere come più tipici gli esemplari quali emergono
nel periodo in cui uno schema è stato maggiormente impiegato. L'impiego del
Meyer ha avuto il suo apice nei primi anni '70 del Settecento, nel periodo in
cui si trova il maggior numero di suoi esempi particolarmente chiari e inequi-
vocabili. Allo stesso modo, lo stile sperimentale dei Beatles ha avuto il suo api-
ce all'inizio del 1967, all'epoca dell'uscita dell'album Sgt. Pepper, che a sua vol-
ta è comunemente considerato il prototipo di questo stile. In secondo luogo -
a. corollario del primo punto - ai margini della storia di uno schema troviamo
un netto declino della sua tipicità . Un concetto come ((il primo Prinner della
storia" ha tanto poco senso quanto "l'ultimo Prinner della storia", perché ai
margini potrebbe esserci solo un tenue collegamento con lo schema. Una co-
noscenza preliminare dello schema può far sembrare soggettivamente che gli
esemplari marginali appartengano a esso, ma uno schema diverso potrebbe es-
sere oggettivamente piu appropriato. Terzo, la somiglianza del grafico alle cur-
ve a campana delle distribuzioni di probabilità è tutt'altro che casuale. TI grafi-
co rappresenta in effetti una stima grossolana delle probabilità di incontrare
un particolare schema in un particolare repertorio in un particolare periodo
storico. Un grafico del Monte avrebbe il suo punto massimo poco prima del
grafico del Meyer. Un grafico della Quiescenza avrebbe il suo punto massimo
poco dopo. Un grafico del Do-Re-Mi o della Fonte si estenderebbero per un
periodo di tempo piu lungo. Un grafico dell'Indugio si concentrerebbe di più
tra gli anni '7o e '8o del secolo. Tutte queste microstorie, combinate insieme,
andrebbero a formare un grafico composito dello stile galante. Aspetti isolati
della prassi galante compaiono già alla fine del diciassettesin1o secolo, e scam-
poli di essa persistono ancora nel diciannovesimo secolo, specialmente laddo-
ve sono coinvolti la società aristocratica e il mecenatismo (vengono in mente
Chopin e Cajkovskij). Nondimeno, questo immaginario grafico dello stile ga-
lante mostrerebbe un'alta probabilità dello stile solo entro il periodo tra il 1725
e il 1785 circa, con il suo punto culminante in prossimità del 1765.
La tesi centrale di A Classic T urn o/ Ph rase - secondo cui la teoria di uno
stile o di un modello musicale definisce o delimita il modo in cui si osserva la
sua storia, e viceversa - sembra confermata da tutta una lunga storia di inter-
pretazioni sbagliate dello stile galante. Le storie della musica eccessivamente
rigide, costruite più per analogia con le tendenze tedesche nella storia dell'arte
che sulle intrinseche somiglianze musicali hanno creato una dicotomia imma-
ginaria nel Settecento, per cui ogni compositore deve appartenere o al Baroc-
co o al Classico. li mondo galante si presta con difficoltà a queste divisioni net-
te, e l'imbarazzo che ne risulta per le varie storie ed enciclopedie della musica
lo tradiscono gli infiniti riferimenti a composizioni che "rivelano caratteristiche
sia dello stile barocco sia dello stile classico". Si potrebbe concludere che tutti
i compositori del Settecento erano stilisticamente incerti della loro vera identi-
tà, tranne i più monodimensionali. Queste storie dicotomiche si sviluppano
454 La ?nusica nello stile galante

sempre di pari passo con teorie musicali dicotomiche eccessivamente rigide.


Uno dei primi esempi è quando il 'secondo tema e la 'seconda area tonale' son
diventati il contrassegno-feticcio della forma sonata classica, in contrasto con
la prassi barocca reificata di far crescere su se stessi brani senza forma. La suc-
cessiva adesione americana alle dottrine scioviniste germanocentriche di Ar-
nold Schonberg e Heinrich Schenker ha dato luogo a quella che si può chia-
mare una storiografia al servizio della teoria. Cioè, alcune pubblicazioni eli teo-
rici della musica professionisti sembrano rinforzare le curiose nozioni che: (r)
tutta la musica precedente ilr7oo non è veramente 'tonale' e quindi e proprie-
tà esclusiva di antiquari della musica, (2) tutta la musica da Corelli a Mahler va
compresa attraverso rideologia totalizzante schenkeriana di una tonalità tra-
scendente, e (3) tutta la musica posteriore a Mahler è una provincia della teoria
degli insiemi così come patrimonio di Schonberg. Di nuovo, lo stile galante
non può trovare posto in questa fantasia essenzialista di una musica 'pretona-
le, tonale e post-tonai e'.
Ciò che vorrei anche suggerire e che lo stile galante non è l'unico a essere in
questa sgradevole situazione. Le grandi dicotomie delle storie passate e le ideo-
logie teoretiche totalizzanti dell'inizio del ventesimo secolo non sono state illu-
minanti per n essuno stile. L 'attrazione che possono esercitare un Manfred Bu-
kofzer o un Heinrich Schenker, ovviamente, può essere molto forte. Discuten-
do della generazione di architetti che seguì quella dei giganti del primo Nove-
cento, come Frank Lloyd Wright o Le Corbusier, Rupert Spade ha scritto nel
1971, a proposito dell'architetto americano Paul Rudolph, bersaglio di una del-
le frecciate di W right,

Un uomo nella posizione di Rudolph non poteva trovare una risposta ade-
guata a una tale accusa, lanciata per così dire a distanza di mezzo secolo. Le
rigide formule dell'uomo dell'Ottocento - "la forma segue la funzione", la
celebre frase "Less is more" , "l'ornamento è un crimine", "una casa è una
n1acchina in cui vivere" - non possono essere confutate, non più dei resti
della statua gigante di Ozymandias ridicolizzata nel fan1oso sonetto di Shel-
ley. Gli scritti e le opere dei grandi pionieri sembrano effettivamente delle
''enormi gambe di pietra senza tronco'' , ma ai loro altisonanti pronuncia-
menti gli uomini della generazione di Rudolph possono solo replicare con
la con1plessità, con precisazioni, correzioni, spiegazioni. 2

Proponendo di spostare l'attenzione sugli schemi- microstorie con corrispon-


denti microteorie- spero di percorrere una strada che, girando allargo dei
"grandi pionieri", possa accedere alla musica galante più attraverso i suoi stes-
si concetti e meno attraverso i ragionamenti degli '' uomini dell'Ottocento'', i
quali spesso erano ostili non solo alle sue premesse artistiche ma anche, come
è certamente il caso di Schenker, all' etnicità degli artisti che l'hanno sviluppa-
2 Spade, R, Paul Rudolph, Simon and Schuster, New York 1971, pp. 9-ro.
30. Riepilogo e cadenza 45 5

ta. Se quegli uomini dell'Ottocento avessero conosciuto meglio la musica ga-


lante, sospetto che, grazie alla loro comprensione sostanziale della musica in-
sieme alla loro attitudine per l'artigianato della composizione, alla fine avreb-
bero preso le distanze da alcune delle loro affermazioni p i u eccessive. Come
avrebbe detto Spade, all'affermazione di Schenker ((l'origine è il destino" io
non posso replicare in alcun modo.
Il mondo delle corti gal an ti non era la realizzazione di un aforisma tran-
chant, né il dispiegamento di un qualche principio onnicomprensivo. E, allo
stesso modo, la musica che sosteneva ed era sostenuta da queste corti non è
una creazione dello spirito della tonalità o della sonata. Le profonde radici de-
gli stili del sedicesimo e del diciassettesimo secolo erano pienamente visibili nel
diciottesimo: la Romanesca, ad esempio, attraversa per intero quest'arco tem-
porale, e la Clausula Vera era già una cadenza significativa quando il Rinasci-
mento era ancora agli albori. Varie tradizioni del passato erano quindi parte del
presente galante. A far da contrappeso al passato c'era il forte desiderio di no-
vita alla moda. Nel corso di questo libro ci siamo imbattuti in un'intera gamma
di opere che vanno dalla semplicità di un minuetto di Somis fino al grande in-
trico di un duetto diJommelli o di un movimento di quartetto di Haydn. Sche-
mi come l'Indugio o la Quiescenza sembrano essere sorti insieme a tali lavori
più ampi. L'Indugio, ad esempio, serviva a trattenere l'arrivo di una grande ca-
denza, aumentandone così l'attesa. La Quiescenza per contro, serviva ad ac-
quietare il discorso dopo una grande cadenza. Nessuna di queste due funzioni
era necessaria in un breve minuetto. Per questo, considerando il mondo di quei
cortigiani musicali, dovremmo tenere a mente che nella costruzione del loro
mondo musicale importava il genere, importava la tradizione, importava la mo-
da , importava la loro istruzione e importavano tutti gli elementi che Pierre
Bourdieu avrebbe potuto descrivere come il loro habitus musicale:

Prodotto della storia, l'habitus produce pratiche individuali e collettive,


dunque storia, conformemente agli schemi generati dalla storia; esso assi-
cura la presenza attiva delle esperienze passate che, depositate in ogni orga-
nismo sotto forma di schemi di percezione, di pensiero e di azione, tendo-
no, in modo più sicuro di tutte le regole formali e di tutte le norme esplici-
te, a garantire la conformità delle pratiche e la loro costanza attraverso il
tempo. [Il sistema delle disposizioni è un] passato che sopravvive nell' at-
tuale e che tende a perpetuarsi nell' avvenire attualizzandosi in pratiche
strutturate secondo i suoi principi. 3

Come tutti gli schemi galanti, il Prinner era saturo di associazioni e di prassi di
una tradizione vivente. Non era né essenzialmente una successione di accordi
né fondamentaln1ente una discesa parallela delle voci estreme, anche se era cor-
3 Bourdieu, P., Il senJO pratz'co, trad. it. di Mauro Piras, Armando, Roma 2005, pp. 86-7
(orig. Le sens pratique, Editions de Minuit, Paris 1980).
456 La musica nello stile galante

relato a tali modelli. Quando nel Romanticismo la teoria della musica rese l' ar-
monia l'elemento essenziale della musica, il Prinner, nelle sue due forme armo~
nicamente incompatibili (la variante modulante e quella non modulante), di-
ventò sempre più invisibile, sempre più inaudibile. Come un frammento di va-
so antico, è rimasto sepolto fra i detriti musicali dell' ancien régime per quasi
due secoli. Pero, ogni assiduo lettore di questo libro inizierà ora a riconoscere i
Prinner ascoltando la musica del diciottesimo secolo. I Prinner erano onnipre-
senti nello stile galante perché costituivano utili risposte, e i dettagli delia loro
costruzione operavano all'interno di modelli di pensiero armonico-contrappun-
tistico che erano stati condizionati da un apprendistato ritualizzato sul basso
nwnerato, sui partimenti e sui solfeggi. Per chi fosse all'interno di questa cultu-
ra musicale di corte il Prinner aveva bisogno di essere presentato, non spiegato.
li Mozart bambino, ad esempio, imparò a presentare il Prinner di base quando
aveva solo cinque anni (K xc; vedi es. 25.3), e senza dubbio egli ne scrisse centi-
naia di versioni nel corso dei successivi trent'anni. Ognuna di esse era inserita in
una rete di stili, riferimenti, tecniche compositive e prassi retoriche.
Quello di Mozart è un caso speciale perché spesso si spingeva fino ai mar-
gini di ciò che era considerato un'espressione musicale accettabile: per questo
i suoi lavori potevano deliziare o ripugnare a seconda dell'ascoltatore o del-
l' esecutore. Dittersdorf, un compositore affidabile e moderato, con un grande
successo a corte, ricordava un ministro imperiale paragonare la sua musica a
''una tavola ben fornita e deliziosamente apparecchiata. I piatti sono ben pre-
sentati. Se ne può gustare un bel po' da tutti quanti senza rischio di indigestio-
ne" .4 Lo stile maturo di Mozart, per contro, doveva dar l'impressione di un
gusto piuttosto artefatto. Dittersdorf e Mozart si conoscevano bene: suonava-
no persino insieme, accanto a Haydn e Vanhal, in un quartetto d'archi di
amici. Verso la fine degli anni '8o del Settecento, però, Dittersdorf aveva ini-
ziato a esprimere riserve sullo stile manierista ed esoterico di Mozart. In una
lettera all'editore Artaria dell'agosto 1788, con cui gli offriva in vendita j suoi
recenti quartetti per archi, scrisse, ''sono sicuro che Lei venderà i miei meglio
di quelli di Mozart (i quali, tanto secondo il mio giudizio quanto secondo quel-
lo di grandi teorici, sono degni del più alto apprezzamento, ma che, però, a
causa della loro ininterrotta ed estrema artificiosità non sono adatti a tutti) '' .5
Dittersdorf ritornò sulla stessa critica quando, nella sua autobiografia, riferisce
una conversazione con l'imperatore austriaco. L'imperatore gli aveva chiesto
cosa pensasse della musica di Mozart, e Dittersdorf rispose:

Egli è senza dubbio uno dei geni più grandi e originali, e io non ho ancora
mai incontrato un compositore che avesse una tale straordinaria ricchezza
4 Ditters von Dittersdorf, K. , The Autobt'ography o/ Karl von Dittersdorf trad. ingl. di A.
D . Coleridge, R. Bentley, London 1896, pp. 249-50 (orig. Lebenbeschreibung, Leipzig r8or).
5 , lettera all'editore Artaria, 18 agosto 1788, I.N. 69578 , Stadt-und-Landesbibli.othek,
Vienna, trad. ingl. Leo. F. Balk.
30. Riepilogo e cadenza 457

di idee; avrei quasi sperato che non fosse stato così prodigo nel loro impie-
go. Egli lascia il suo ascoltatore senza fiato; a malapena ha afferrato un bel
pensiero, che un altro di maggior fascino dilegua il prin1o, e ciò va avanti
senza sosta, sicché alla fine e itnpossibile ritenere una qualunque di queste
meravigliose melodie. 6

Ciò che il barone von Grimm lodava nel Mozart di sette anni come ('una vasti-
tà di idee incantevoli, idee che egli sa comunque come disporre una dopo l'al-
tra con gusto e senza confusione "7 divenne per Dittersdorf, la "straordinaria
ricchezza di idee" che il Mozart adulto sembra accatastare una sull'altra col
risultato di confusione e frustrazione per 1'ascoltatore.
Nell'estate del 1788 poco prima che Dittersdorf scrivesse ad Art aria dei re-
lativi meriti dei quartetti suoi e di Mozart, quest'ultimo era in1n1erso nel lavo-
ro per finire la sua famosa sinfonia in Sol minore. Nel Trio del terzo movi-
mento egli dispose quella che avrebbe potuto essere una successione di sche-
mi molto semplice: (r) Do-Re-Mi, (2) cadenza, (3) Prinner e (4) cadenza. In
realtà il movimento, per quanto grazioso, è tutt'altro che semplice: non a ca-
so Leonard Meyer ha dedicato sessantanove pagine di testo rigorosamente ar-
gomentato, e doviziosamente annotato, alla trattazione delle sole quaranta-
due battute del Trio di Mozart. 8 Come mostra l'esempio 30.1 (a pagina se-
guente) la sua mossa d'apertura (batt. 1-4) fonde insieme un Do-Re-Mi e una
Pastorella (si notino le terze parallele) , il che sembra appropriato al carattere
generale del minuetto. Una piccola cadenza (batt. 4-6) conclude la prima se-
zione. Dopodiché gli oboi iniziano un Prinner modulante (batt. 7- 12). Prima
che abbiano completato appena due battute, un flauto esegue lo stesso moti-
vo e rapidamente si colloca al di sopra di essi. Un fagotto poi entra al disotto
degli oboi con lo stesso motivo e aiuta a condurre il passaggio a una cadenza
d'inganno (batt. 12), seguita immediatamente dalla necessaria cadenza cotn-
pleta (batt. 13-14) e da echi della stessa cadenza che fungono da coda (batt. I4-
r8 ). Se noi, come ascoltatori, ci concentrassimo sull'ascolto degli oboi che
concludono il loro Prinner, potremmo convenire con Dittersdorf che cc a ma-
lapena [abbiamo] afferrato un bel pensiero, che un altro di 1naggior fascino
dilegua il primo" .
Ma arriveremmo, con Dittersdorf, a concludere che "alla fine è impossibile
ritenere una qualunque di queste meravigliose melodie"? Qualcuno potrebbe
obiettare che i commenti di Dittersdorf erano sarcasmi meschini dettati da
gelosia professionale. Eppure due anni prin1a (1786), quando il Don Giovanni
6 , AutobiographJ), pp. 251-2.
7 Grimm, F. M. von ) Correspondance littéraire~ philosophique, et critique, adressée à un sou-
verain d' Allemagne, depuis 1753 jusqu ~ en 1769, Paris 1813, p. 528, lettera del I cUcembre 1763:
0

(( une foule d 'idées ravissantes qu 'il sait encore faire succéder les unes aux autres avec goùt
et sans confusion ,, .
8 M eyer, L. B., The Spheres o/ Music: A Gathering o/ Essays, University of Chicago Press,
Chicago 2ooo, pp. 55-125.
458 La musica nello stile galante

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Es. 30.1- Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550,


mov. 3, Trio, Allegretto (1788)
di Mozart e Il dottore e il farmacista [Der Apotheker und der Doktor] di
Dittersdorf si disputavano il favore del pubblico, l'opera di Dittersdorf diven-
ne senza confronto la più popolare, benché puntasse abbastanza al disotto di
un pubblico di corte. Se accettiamo però le reazioni di Dittersdorf, e le accet-
tiamo cotne caratteristiche della societa di corte, dobbiamo concludere che le
modalità eli ascolto da allora dovettero can1biare. Se i cortigiani si aspettavano
di ascoltare i dettagli degli schemi a loro familiari, allora le complicazioni
mozartiane in effetti potevano produrre confusione. Come padrone, l'impera-
tore avrebbe fatto bene a prendere informazioni su Mozart; venire confusi da
un servitore musicale avrebbe potuto mettere a rischio una delle funzioni cen-
trali dell'arte galante: la pubblica dimostrazione di discernin1ento e buon
gusto. Quando sentiamo un recensore delle sonate per pianoforte op. 10 di
Beethoven lamentarsi nel 1799 che (la sua abbondanza di idee [. ..] conduce
troppo spesso Beethoven ad ammassare selvaggiamente un pensiero su un
30. Rzépilogo e cadenza 459

altro'' ,9 potremmo trovarci un 'ulteriore conferma del continuo declino delle


strategie di ascolto galanti.
Quasi tutte le fonti settecentesche che trattano i generi musicali indicheran-
no le tre divisioni principali in musica sacra, musica da camera e musica per il
teatro. Le corti dividevano la loro musica in categorie a seconda della destina-
zione perché ogni tipo richiedeva forze musicali diverse con diversi talenti. I
musicisti più anziani e in pensione potevano suonare negli ampi gruppi impie-
gati per le festività religiose e le feste mondane. Gli strumentisti d'élite all'api-
ce della loro carriera rivaleggiavano per ottenere il favore nelle camere musi-
cali aristocratiche. I cantanti famosi esigevano compensi altissimi per onorare
il teatro di corte con la loro presenza e cantare le lodi allegoriche dei loro
mecenati. Tutti e tre i lati di questo triangolo musicale erano parte della vita
musicale presso una corte ricca, e quasi tutti i compositori erano ben versati in
ognuno dei tre. Oggi potremmo trovare difficile disporre queste tre parti in un
insieme coerente. I pianisti studiano le sonate di Mozart e Haydn ma di solito
non le loro messe. I cantanti studiano le opere di Mozart ma spesso non i quar-
tetti di Haydn e di certo non i quartetti di Galuppi. I violinisti studiano le par-
tite di Bach ma non le arie di Jommelli e mai i mottetti sacri di Durante.
Quando le prassi di un ambito sconfinano in un altro, potremmo interpretar-
ne gli effetti non come un riferin1ento all'altro ambito, n1a come una qualche
iniziativa artistica speciale. Alcuni termini spesso ricorrenti come Sturm und
Drang o 'stile dotto', ad esempio, potrebbero in parte riflettere la tendenza
moderna ad attribuire atti di personale espressione artistica a ciò che in molti
casi era meramente un'incursione di un'espressione musicale tipica dello stile
ecclesiastico o teatrale nella musica da camera.
Mozart era particolarmente incline a fondere gli stili. N el marzo del 1784
scrisse un magistrale quartetto con pianoforte per oboe, clarinetto, corno e
fagotto (K 452)- una combinazione di strumenti a fiato di solito associata all'in-
trattenimento all'aperto o ad altre occasioni leggere. Per il movimento lento
egli realizzò un intricato Prinner, del genere che si puo trovare nella musica
sacra più solenne (vedi es. 30.2). DPrinner è disposto sopra un pedale di don1i-
nante (@).Mentre le due voci superiori scendono in una catena di ritardi 2-3,
n
la tastiera esegue arpeggi e note ripetute. fagotto, nel registro di tenore, ese-
gue le normali note del basso, prima di una Fonte e poi di una Virgola Lunga.
T ale particolare combinazione di ritardi 2-3 melodia eli Prinner l' equivalen-
te della parte del fagotto e l'alternanza di sonorità 6/ 5 e 5/ 3 è stata gia vista nel
capitolo 17, dove avevo indicato come prototipo un esempio dai solfeggi di
Porpora (es. 17.1). Giuseppe Bonno, il maestro della cappella imperiale a Vien-
na, era stato inviato a N apoli a studiare quando Porpora ancora vi insegnava.
Poiché Banno fu uno degli insegnanti di Dittersdorf, ho ipotizzato un possibi-
le collegamento tra il tipo di Prinner contrappuntistico napoletano di Porpora
1
9Wallace, R., Beethoven S Critics: A esthetic Dilentmas and Resolutzòns During the
Composer's Lz/etz'me, Cambridge University Press, Cambridge 1986, p. 8.
460 La musica nello stile galante

e una frase molto simile presente in uno dei quintetti per archi di Dittersdorf
(es. 17.2). Mentre entrambi questi esempi hanno molto in con1une con l'elabo-
rato Prinner del quintetto di Mozart (es. 30.2), quello di Porpora e completa-
mente diatonico e quello eli Dittersdorf similmente diatonico salvo che per al-
cune rapide appoggiature cromatiche negli abbellimenti del primo violino.
Nessuno dei due presenta le inflessioni cromatiche tipiche della Fonte del-
l' esempio di Mozart e, più importante, nessuno dei due è disposto sopra un
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pedale di dominante. E quel® tenuto dal corno e rinforzato ogni battuta dal-
la tastiera che aiuta a dare all'esempio di Mozart la sua armonia pungente.

- - - CONVERGENTE - - -
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Es. 30.2- Mozart, Quintetto K 452, mov. 2, Larghetto (r784)
30. Riepilogo e cadenza 461

In un precedente pezzo per tastiera (K 205b, 1775) Mozart aveva già trattato
questo tipo di Prinner contrappuntistico insieme a una versione normale, per
quanto ornata con la fioritura la-sol. La versione contrappuntistica, con tutte
e quattro le voci compresse in poco più di un'ottava, precede la versione fio-
rita, con il doppio uso della fioritura la-sol nello stile di Aprile (es. 9.15) o •

Eckard (es. 26.r):


SESTA ALIMENTATA PRI N\JER
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Es. 30.3 - Mozart, Sonata K 2o5b, mov. r, Allegro (1775)

Anche Haydn ha accoppiato allo stesso modo un normale Prinner in La mag-


giore con una versione contrappuntistica in modo minore. Di seguito è ripor-
tata solo la versione contrappuntistica dal suo concerto per tastiera in Re mag-
giore, scritto quasi nello stesso periodo del quintetto di Mozart:
CADENZA SOSPESA

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(Segue)
462 La musz·ca nello stt'le galante

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Es. 30.4- Haydn, Concerto in Re (Hob . xvrri/ rr), mov. 2, Larghetto (c. 1784)

Anche se si potrebbe ipotizzare una quantità di spiegazioni per le somiglianze


tra i Prinner contrappuntistici di Haydn e Mozart, una delle più probabili è
che queste frasi riflettano una tradizione all'interno dell'ambito della musica
sacra, una sottospecie di Prinner reso memorabile dall'Amen conclusivo dello
Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi (r?I0-1736) :
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Es. 30.5- Pergolesi, Stabat Mater, Presto assai (c. 1736)

Questo lavoro, di cui il passaggio precedente è solo un piccolo frammento,


conobbe una popolarità ed ebbe un'influenza enormi. Isabelle de Charrière lo
amava talmente che lo inserì nel suo romanzo Caliste come ultimo desiderio
dell'eroina in punto di morte: i musicisti terminano lo Stabat Mater nel
momento in cui Caliste esala l'ultimo respiro.10
((Cadenza Doppia" naturalmente è il termine napoletano per la cadenza in
stile ecclesiastico che adornava le ultime battute di un enorme numero di par-
timenti (vedi cap. II). Pergolesi era un prodotto dei conservatori napoletani e
a loro volta i partimenti napoletani successivi riprodussero i modelli presenti
nel suo Stabat Mater. Di seguito è riportato il passaggio finale da un partimen-
to di Paisiello che mostra una versione in modo maggiore del Prinner (Stabat
Mater' (basso e numeri eli Paisiello, voci superiori mie):11

11
Charrière, I. de, Caliste ou Lettres écrites de Lausanne, J. Labitte, Paris 1845, pp. 204-5.
Paisiello, G. R egole per bene accompagnare zl partimento, Sankt-Peterburg 1782, p. 34·
30. Riepilogo e cadenza 463

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Es. 30.6 - Paisiello, R egole, p. 34 (r782)

Si noti che la numerazione del basso di Paisiello non specifica una voce di
tenore (la parte del fagotto nel quintetto di Mozart). Anche Alfred Einstein,
nella sua edizione Urtext dello Stabat M ater di Pergolesi, non fornl una parte
di tenore per il Prinner di Pergolesi perché non c'è n'era una esplicita nel
manoscritto antico:12 per questo molte incisioni moderne non hanno la parte
di tenore. Essa, però, era esplicita nelle tradizioni esecutive napoletane e nelle
tradizioni del Settecento in generale. La parte di tenore mostrata nel preceden-
te estratto di Pergolesi è presa da una pubblicazione di Schirmer datata intor-
no al 1900. 13 Anche se non aveva la pretesa di edizione critica, essa trasmette
un'autentica tradizione esecutiva dell'Ottocento basata su reali norme galanti.
La fama dello Stabat Mater giunse persino in ambito luterano. Nell'ultima
parte della sua vita J. S. Bach ne fece un arrangiamento ad uso personale: 14
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Es. 30.7- J. S. Bach, arrangiamento dello Stabat Mater (Lipsia, 1745-47)


12
Pergolesi, G. B., Stabat Mater: Por Soprano, Alto and String OrchestraJ Edited /rom the
Autograph MS in the Library o/ the Monastery Montecassino by Al/red Einstein, Eulenburg,
London s.d. , prefazione di Einstein, 1927. Nell'edizione di Einstein il pedale è segnato '' tasto
solo".
1
1.3 Stabat Mater: For Two-Part Chorus o/ Wonzen S Voices with Piano
,
A ccompaniment, G. Schirmer, New York s.d.
14 Bach, J. S., arrangiamen to dello Stabat Mater di Pergolesi (Salmo 51, "Tilge, Hochster,
meine Siinden"), swv 1083, c. 17 45-47.
464 La musica nello stile galante

La copia che ci è pervenuta, nella trascrizione dell'allievo e copista di Bach


Johann Christoph Altnickol, include una parte di tenore eseguita dalla viola.
Nel precedente Prinner, le note principali cadono sul primo e sul terzo quar-
to di ogni battuta.
Persino l'idolo di Mozart, J . C. Bach, conosceva questo schema specializza-
to. li Bach di Londra inserisce un mesto passaggio in Re minore in un movi-
mento Allegro (per il resto, di carattere gaio) in SiD maggiore:
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Es. 30.8- ]. C. Bach, op. 12, n. 6, mov. r, Allegro (Parigi, 1773-74)

Si tratta del Prinner Stabat Mater a cui è stato tagliato il pedale, il che rende
quindi il passaggio più simile al tipo Bonno-Dittersdorf. Oppure, in alternati-
va, lo si potrebbe considerare completo di un pedale in style brisé, la maniera
in cui i liutisti e i clavicembalisti spesso davano l'illusione di una trama a più
voci di quante ve ne fossero realmente in gioco. Il la2 grave a battuta 71 potreb-
be rimanere impresso nella memoria per collegarsi a un'altra nota grave nello
stesso registro (re2 ) alla fine del passaggio.
Come mostrano gli esempi di Mozart, Haydn eJ. S. Bach, una evidente par-
te di tenore era chiaramente incorporata nei tradizionale Prinner Stabat Mater,
ed era assolutamente necessaria nel tipo Bonno-Dittersdorf. Anche i modelli
italiani che precedono il lavoro di P ergolesi confermano la presenza di una
parte di tenore separata, per esempio in un elegante passaggio da un concerto
per flauto di Leo (si noti come la cadenza d'inganno e la sesta aumentata ritar-
dino di una battuta l'attesa conclusione 0 -@ del Prinner):

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30. Riepilogo e cadenza 465

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Es. 30.9 -Leo, Concerto in Sol maggiore, mov. 2, Adagio (c. 1730-40)

La tradizione profondamente sedimentata degli schemi di corte era troppo


complessa e sfaccettata per essere insegnata direttamente. I giovani composi-
tori la assorbivano indirettamente attraverso i rituali della ricopiatura delle
partiture, dell'imitazione di pezzi o passaggi famosi, del canto e dell' accompa-
gnanlento dei solfeggi e della realizzazione dei partimenti. Come è facile imma-
ginare, i partimenti avanzati includevano schemi importanti come il Prinner
Stabat Mater. La lezione di T ritto nell' ese1npio 30.10 è uno di questi partimen-
ti. La realizzazione qui esposta (basso di Tritto, numerazione [non riportata]
probabilmente di un allievo o un copista napoletano, voci superiori mie) dimo-
stra come uno studente imparasse a esporre un Prinner Stabat Mater sia in un
contesto maggiore sia in un contesto minore (batt. 24-27, 69-72). Sature di
schemi dello stile galante, le opere didattiche dei maestri come Tritto replica-
vano fedelmente le formule presenti nei primi partimenti di Durante, Leo e del
maestro di T ritto, Cafaro. Gli studenti non potevano semplicemente leggere la
musica; dovevano riscoprirla nell'atto dell'esecuzione:
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466 La musica nello stile galante

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Es. 30.10 - T ritto, Partimenti regole generali (Napoli, c. r8r6)
468 La 1nusica nello stile galante

Con le sue ottantaquattro battute, la lezione di T ritto ha dimensioni modeste


per un partimento avanzato: alcuni si estendono per oltre duecento battute, e
costituiscono i più chiari esempi di istruzione settecentesca nelle forme musi~
cali ampie. Qualsiasi studente che avesse studiato e interiorizzato cento o più
partimenti con questo scopo, era in grado di confezionare un pezzo originale
di grandezza analoga. 15
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Che si consideri l'influenza di importanti esemplari come lo Stabat Mater, o


l'istruzione dei futuri maestri di cappella attraverso la realizzazione dei parti-
menti, o la pratica con i solfeggi, o la memorizzazione di figure ornamentali in
relazione agli intervalli coinvolti come delineato da Quantz, o la conservazio-
ne di comportamenti corretti attraverso la conservazione delle tradizioni dei
singoli schemi come quelli trattati nei capitoli precedenti, comunque sia, le
prove convergono tutte a dimostrare che la schematizzazione delle espressioni
musicali di corte era così pervasiva da costituire uno stile eli pensiero dominan-
te. Se i musicisti imparavano, scrivevano e pensavano in questo modo, non
ascoltavano forse allo stesso modo? Credo che potremmo rispondere di sì.
Credo inoltre che ascoltando in questo modo molti di loro udissero effettiva-
mente di più. Questa musica era per loro un'esperienza più ricca perché la
musica e il suo modo di ascoltarla si erano coevoluti e coadattati durante il
lungo periodo dell'ancien régime.
Se questo Lbro fosse un concerto, ora saremmo pronti per la cadenza del
solista. N ella tradizione bolognese, che rifletteva gli insegnan1enti di padre
Martini attraverso il suo discepolo, padre Stanislao Mattei, a sua volta inse-
gnante di Rossini e D onizetti, i partimenti erano spesso chiamati 'cadenze' .16
Con1e le cadenze, i partimenti erano spoglie impalcature musicali fatte di sche-
mi, utili all'i.tnprovvisazione e all'inventiva musicale; e, come riporta Quantz,
quando più di un solista era coinvolto in una cadenza, questa doveva essere più
strettamente formalistica, con ogni nuova formula introdotta a un attacco sicu-
ro.17 Nel già citato quintetto per fiati e tastiera, Mozart inserisce una "caden-
za in tempo " per tutti e cinque gli strumenti nel movimento finale. Ciò vuoi
dire che la cadenza mantiene il tempo e il m etro per tutta la sua durata, e ognu-
no vi partecipa. Questo tour de /arce (es. 30.11) inizia con una delle successioni
di intervalli raccomandate da Quantz, 18 ma continua ad aumentare di voci e di
complessità (batt. 109-14) fino al punto in cui possiamo immaginare
Dittersdorf che pensa csi è appena afferrato un bel pensiero, che già un altro
15 Tritto, G., Partùnentz' regole generali: Per conoscere qual nunzerz'ca dar si deve a varz'
movimenti del basso, Ferd. Artaria Milano [r8r6] , p. 9, lezzione 6. La voce di tenore del
Prinner tabat Mater è chiaramente specificata nella numerazione stampata.
16 Mattei, S. , Piccolo basso: In tutti li toni per introduzione alli bassi numerati ò siano par-
tinzenti, MS Od.2.18, I-Ne, Napoli, fol. 12r.
17 Quantz, J. }., Versuch einer Antveisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 1752
(Saggio di un 1netodo per suonare il /lauto traverso, Rugginenti, Milano 1992), cap. 15, sez. 19.
l8 , Versuch (Saggzò)} Tavola xx, Fig. II.
30. Riepilogo e cadenza 469

di maggior fascino dilegua il primo, e cio va avanti senza sosta'' . L'apice della
complessità (batt. 114-15) è seguito da una serie di schemi completamente rego-
lari: due Prinner Stabat Mater con la voce di tenore attiva diJ. S. Bach affida-
ta al fagotto, un ampio Monte con un basso cromatico e una grandiosa versio-
ne della Romanesca a salti con una brillante figurazione della tastiera. Una pro-
gressione armonica lungo il circolo delle quinte collega poi tre esposizioni di
bravura della Caduta del @ Acuto e della Virgola affidate all'oboe, al clarinet-
to e poi di nuovo all'oboe. La terza di queste esposizioni è seguita da un enor-
me Indugio col 6/4 di passaggio, il quale rimanda diverse volte l'arrivo della
cadenza finale. Tale cadenza è una forma allungata e decorata della Cadenza
Doppia.
Gli esecutori del quintetto di Mozart avrebbero trovato tutti questi schemi
immediatamente riconoscibili. Se uno, o più d ' uno, eli loro avesse voluto orna-
re ulteriormente la propria parte, il piano fortemente schematizzato della
"cadenza in tempo" gliel'avrebbe concesso senza creare urti involontari con gli
altri esecutori. Un a libertà d 'improvvisazione c'era, ma limitata dai vincoli
mutuamente accettati di questi schemi galanti.
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472 La musica nello stile galante

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tema del rondò

Es. 30.11 - Mozart, Quintetto K 452, mov. 3, Allegretto (1784)

Molte sono le osservazioni valide che si potrebbero fare sulla cadenza di Mo-
zart. Nei termini di un piano armonico generale, è chiaro che la cadenza funge
da gigantesco abbellimento della forma "composta" della cadenza completa.
In termini di piano melodico su larga scala, la tendenza generale è una rapida
salita fino a un apice alle battute 113-14 e poi una graduale discesa fino al trillo
finale sul @, interrotta ovviamente da diverse risalite e discese intermedie. Ma
queste osservazioni potrebbero senz'altro descrivere anche una cadenza di
Brahtns o di Prokof'ev. La cadenza di Mozart era una presentazione tnolto
specifica di schemi galanti - le 'figure obbligatorie' - da parte di un artista
somman1ente completo. Conosceva tutte le tecniche fondamentali, ma aveva
un talento e un'inventiva che andavano molto al di là della mera correttezza.
Viene in mente una sentenza dell'altezzosa Miss Bingley in Orgoglio e pregiu-
dzzio di J an e Austen: spiegando nel dettaglio cosa significhi "completezza",
ella dichiara "per meritare questo attributo una donna deve avere una cono-
scenza totale della musica, del canto, del disegno, della danza e delle lingue
moderne; e oltre a tutto ciò, ella deve possedere un certo non so che nella sua
aria e nel n1odo di camminare, nel tono della voce, nelle espressioni e nel rivol-
gersi agli altri, o l'attributo sarà meritato solo a metà" .19 Ogni dettaglio del
comportamento a corte era importante, e l'espressione musicale non faceva
differenza. n lungo e assiduo esercizio sui partimenti e sui solfeggi poteva for-
mare molti musicisti, ma Galuppi, Jommelli, Piccinni, Mozart, Haydn e altri
veri maestri dello stile galante possedevano "un certo non so che" che trascen-
deva la m era abilità. Essi avevano raggiunto l'ideale di ''grazia superiore" del
conte di Chesterfield.20
Scavando attraverso i molti strati di reinterpretazione che si sono stratifica-
19 Austen, ].,
Pride and Prejudice, a Novel, T. Egerton, London 1813, cap. 8.
20 Chesterfield, D. S. P. conte di, Letters to His Son on the Art o/ Becoming a Man o/ the
World and a Gentleman, Chesterfield Press, New York 1917, n. 68, 19 aprile 1749.
30. Riepilogo e cadenza 473

ti dal diciannovesimo secolo, spero di aver riportato alla luce autentici reperti
della musica galante. Quando vediamo e ascoltiamo tutti i pezzi ricomposti
insieme, sia in un capolavoro come la "cadenza in tempo" di Mozart o in un
umile lezione di T ritto, io credo che abbiamo ricostruito un pezzo di quel
mondo musicale. Gli schemi nella cadenza di Mozart, e quindi il suo intero
quintetto, erano la moneta corrente della musica galante. Queste "tirate di
repertorio'' del linguaggio musicale eli corte possono essere tutte ritrovate nei
partimenti e nei solfeggi insegnati a generazioni di musicisti galanti, e l'anni-
presenza di queste esposizioni ritualizzate contribuì a modellare le reazioni del
pubblico aristocratico. C'era una potenziale rigidita in tutta questa schematiz-
zazione, ma poteva esserci anche arte autenticamente profonda e significativa.
Parlando del proprio quintetto, Mozart scrisse a suo padre che il pezzo "fu
straordinariamente applaudito; io stesso lo considero il lavoro migliore che
abbia composto nella mia vita. [ ... ] Se solo tu avessi potuto sentirlo! ". 21
Sentire questa musica più come Mozart l'avrebbe sentita; immaginare compor-
tamenti musicali più consoni con le premesse e gli scopi di coloro che viveva. .
no nelle corti galanti; cercare una descrizione più realistica di come gli artigia-
ni musicali galanti modellassero le note grezze in opere d'arte finite; tutto que-
sto ha costituito lo scopo di questo libro. L'arte della musica di corte del diciot-
tesimo secolo va ben al di là della conoscenza di tutti gli schemi, questo è certo.
Bisognava acquisire esperienza nella scrittura di fughe, nel mettere in musica
testi liturgici o operistici, e nel costruire un'appropriata sequenza di schemi per
ogni occasione e genere musicale. Queste però erano capacità acquisite. Per
'parlare' a corte era prima necessario imparare il vocabolario e il frasario di
corte, per i quali gli schemi musicali galanti erano di centrale importanza.

21 Mozart al padre Leopold , to aprile 17 84: << und dann ein Quintett, welches ausseror-
dentlichen beyfall erhalten; ich selbst halte es fiir das beste was ich noch in meinem Le-
ben geschrieben habe. es besteht aus l oboe, l Clarinetto, 1 Corno, l fagotto, und das Pia-
no forte; I eh wollte wiinschen sie hatten es horen konnen l''.
Appendice A
Prototipi degli schemi
La comodità di rappresentare prototipi tnusicali nella notazione musicale stan-
dard ha contribuito senz' altro a render comune la prassi. Tuttavia, la notazio-
ne musicale standard tende a specificare troppo le caratteristiche costitutive di
un prototipo. La Romanesca è un esempio lampante. Lo schema Romanesca,
rappresentazione mentale di una categoria di espressioni musicali galanti, non
è in nessuna tonalità in particolare, può avere o no un particolare metro, pro-
babilmente non include figurazioni o articolazioni specifiche, può in genere
adattarsi abbastanza alla spaziatura delle voci, alloro timbro, e così via. Tutta
questa utile indeterminatezza svanisce se lo schema viene rappresentato come
un piccolo corale a semibrevi, magari in Do maggiore e con un metro di 4/4·
Per evitare questo tipo eli falsa specificità, rappresenterò i prototipi degli sche-
mi in una forma più astratta. Nelle pagine successive si troveranno i prototipi
degli schemi presentati nei precedenti capitoli. Ogni singolo evento di uno
schema è rappresentato con un ovale grigio contenente un insieme di caratte~
ristiche. Per fare un esempio, si imtnagini un evento iniziale in cui la nota chia-
ve compare tipicamente sia nella melodia sia al basso:

Forza della posizione metrica Forte


Linea che collega alla successiva
-~#------nota principale della melodia
Grado della scala nella melodia o
5 Sonorità, espresse
3 in intervalli rispetto al basso
Grado della scala nel basso CD _________1inea che collega alla successiva
nota principale del basso

Le proprietà musicali importanti - metro, melodia, basso, armonia, profilo


melodico - insieme danno forma a un evento, che a sua volta può far parte di
uno o più schemi. L'evento rappresentato sopra, ad esempio, potrebbe inizia-
re o concludere parecchi schemi diversi. In ognuna delle seguenti pagine sarà
sintetizzato uno degli schemi introdotti nei precedenti capitoli.
App.A . Prototipi degli schemi 475

La Romanesca

La Romanesca (vedi cap. 2) era usata principalmente come mossa d'apertura.


TI suo periodo di massimo splendore furono gli anni '2o e '3o del Settecento,
anche se è rimasta in uso per tutto il secolo. Come primo schema per un
Adagz·o, la Romanesca galante era così comune da essere quasi un cliché duran-
te la prima metà del secolo .

Forte Debole Forte D ebole

... #~ e --
0 .. -
-~ ~--# ------ ~ ~

"""'
o ----·------- o
5 6 5 6
3 3 3 3

(!) --- ------ 7'


\L) --- -- -- -- --- @-
-- ... ~-
-------@

Caratteristiche principali
- Quattro eventi equamente spaziati, il primo in una posizione metricamente
forte, di solito un battere.
- Nella melodia, evidenziati l'O e il 0 (il particolare profilo e l'ordine sono
variabili).
- Nel basso, un'iniziale discesa per grado a partire da <D, con le note dispari
a sostegno di una sonorità 5/ 3 e le note pari di una sonorità 6/ 3.
- Sequenza di quattro triadi con basso (e modo) CD (maggiore), CD (maggio-
re) , ® (minore) e @ (minore).

Varianti
- Un tipo per salti, in cui il basso alterna salti discendenti di quarta a movi-
menti di grado ascendenti, tutti con sonorità 5/ 3 (la quarta delle quali è
minore). Questa era la norma del diciassettesimo secolo.
- Un tipo per gradi, in cui il basso scende interamente di grado, alternando
sonorità 5/3 e 6/3.
476 LA musica nello stile galante

Il Prinner

li Prinner (vecli cap. 3) era spesso usato come risposta a una mossa d'apertura.
n suo periodo di massimo splendore fu dagli anni ' 20 agli anni '70 del
Settecento, anche se è rimasto in uso per tutto il secolo. La presenza di una
risposta di Prinner è uno dei n1igliori indizi di uno stile musicale basato sul
galante italiano.

Forte Debole Forte Debole


8
'-?
A ---- ---- ... _ e ------- ----- A
v ------------ C)

5 6 7-6 5
3 3 3 3

@ ----------- ® --------
---- @ ------------CD

Caratteristiche principali

- Quattro eventi presentati o con egual spaziatura, con un terzo stadio esteso,

o a copp1e.
- Nella melodia, si evidenzia la discesa per gradi 0 -0 -8 -8} (per ottenere l'ef-
fetto di una cadenza più forte, spesso un @ acuto è inserito prima del fD
finale).
- Nel basso, si evidenzia la discesa per gradi 0 -@ -@ -CD (per ottenere l'effet-
to di una cadenza più forte, spesso un ® è inserito prima dell'CD finale).
- Sequenza di accordi s/ 3, 6/3, 6/ 3 e 5/3. li terzo stadio è spesso dissonante,
mentre gli stadi uno, due e quattro sono consonanti e dello stesso modo.

Varianti

- Un tipo con un canone tra melodia e basso su 0-0 -0 - ~ . Di solito c'è un


pedale sull' CD , con 0 -fD in una parte contro 0 -0 nell'altra.
- Un tipo precadenzale, in cui spesso solo i primi due stadi compaiono prima
di una normale cadenza. Vedi il Passo Indietro, cap. II.
- Un tipo a circolo delle quinte, in cui una nota sì e una nota no del basso cor-
rispondono allo schema.
App.A. Prototipi degli schemi 477

La Fonte

La Fonte (vedi cap. 4) serviva ad allontanarsi dalla tonalità principale per poi
tornarvi. Fu usata per tutto il diciottesimo secolo, essendo comune special-
mente subito dopo la doppia barra nei minuetti o in altri brevi movimenti. Nei
concerti, nelle arie e in altri lavori più ampi, le lunghe Fonti spesso fungono da
episodi di digressione.
Minore
Maggiore

D ebole Forte
D ebole Forte
o ----------~ C) A - --- -- - - --- ~
v ~

6 5
3 3 6 5
Un tono 3 3
____(D sotto
(V --- --- ----CD
(J) ----- --

Caratteristiche princjpali
- Quattro eventi presentati come due coppie o diadi. La prima metà della
Fonte è in modo minore, la seconda metà è in maggiore, un tono sotto.
- N ella melodia, una breve discesa per gradi che termina con 0 -@, spesso <D-
6)-0 -fD. In qualche caso la melodia arpeggia l'accordo di dominante locale.
- Nel basso, salita dalla sensibile alla tonica della tonalità locale, ossia 0-G).
Altri bassi possibili comprendono formule cadenzali tipiche come ®-G) o
@-G).
- Due coppie di sonorità: ogni coppia termina con un 5/3 relativamente stabi-
le preceduto da un più instabile o dissonante 6/3, 6/ 5/ 3 o 7/s/3.

Varianti
- Un tipo con la normale melodia al basso e ciò che sarebbe il normale basso
alla melodia.
- Un raro tipo a tre parti con le prime due parti nel modo minore e la terza
nel modo maggiore.
478 La musica nello stz"le galante

Il Do-Re-Mi

TI Do-Re-Mi (vedi cap. 6) era una delle mosse d'apertura più frequenti nella
musica galante. Fu impiegato in ogni decennio e in ogni genere. Spesso pre-
sentava la sua normale parte di basso alla voce superiore e la sua 'melodia' al
basso. La facilità con cui poteva essere invertito in tal modo ne fece uno sche-
ma preferito per i movimenti in cui il basso inizia con un'imitazione della
melodia, una procedura molto comune all'inizio del diciottesimo secolo.

Forte Debole Forte

o ------ ---- ~
u ------------ ~

5 6 5
3 3 3

CD ----------- cv ____________ CD

Caratteristiche principali

- Tre eventi equamente spaziati o occasionalmente presentati con un primo


stadio esteso. Nei movimenti rapidi, è facile che ogni evento cada sul batte-
re della battuta.
- N ella melodia, si evidenzia la salita per gradi 0-@ -~. Le varianti possono
includere delle note di passaggio cromatiche.
- Nel basso, si evidenzia <D-0-<D (a volte il® sostituisce il Q)).
- Sequenza di accordi 5/3, 6/3 e 5/ 3. Ritardare la discesa del basso da <D a (J)
crea una dissonanza durante il secondo stadio.

Varianti

- Un tipo Adeste /ideles con una melodia caratterizzata da salti discendenti da


e ascendenti al ~.
- Un tipo a due parti "Do-Re ... Re-Mi".
App.A. Prototipi degli schemi 479

Il Monte
li Monte (vedi cap. 7) era lo schema preferito per le progressioni ascendenti.
All'inizio del diciottesimo secolo, i Monti di tre o più sezioni potevano coin-
volgere modulazioni a tonalità relativamente lontane. Più avanti nel secolo, i
Monti di solito avevano solo due sezioni che tonicizzavano la sottodominante
e la dominante, spesso prima di una cadenza importante.

Debole Forte
Debole Forte
8 o -------- @)
e o ------- Cl
6 5
6 5 Un tono 5 3
5 3 sopra
A\
\!.._) - ---- - - - -
1"
-- \..:!:)
(J) ----------CD

Caratteristiche principali
- Due o più sezioni principali, ognuna un tono sopra alla precedente.
- Nella melodia, un'ascesa generale, con discese locali che compensano le sen-
sibili ascendenti al basso.
- Nel basso, ascese cromatiche consecutive dalla sensibile alla tonica locale.
Nella variante diatonica, il basso sale ma senza i semitoni cromatici.
- Progressione di due o più coppie di sonorità in cui un 6/5/3 precede un 5/3.
n modo della sonorità stabile 5/3 spesso non è prevedibile.
Varianti
- Estensioni della sequenza ascendente IV-V al VI o anche al VII e al I.
- Tipi diatonici caratterizzati da modelli intervallati 6-5-6-5...
- Un tipo Principale con tutte sonorità 5/3 e un basso che alterna salti ascen-
denti di quarta e discendenti di terza.
- Un tipo Romanesca con un basso che sale di quinta e scende di quarta e
ritardi 4-3 caratteristici.
480 La musica nello stile galante

Il Meyer

D Meyer (vedi cap. 9) era spesso impiegato per i temi importanti. TI massimo
fulgore fu tra gli anni '6o e gli anni '8o del Settecento. Nei primi, brevi esempi,
le note principali della melodia costituiscono gran parte della melodia percepi-
ta. Negli esempi posteriori, piu lunghi, le due coppie di eventi diventano brevi
momenti eli interpunzione tra una profusione di figure melodiche decorative.
Aperto Chiuso

Debole Forte Debole Forte


,.,
~ ----·- ·-·- ~
~

O --- ------- uo
5 6 6 5
3 3 5 3

CD ----------@

Caratteristiche principali
- Quattro eventi presentati a coppie in posizioni analoghe rispetto al metro
(ad es., a cavallo o a metà di battuta, con 1, 2 o 4 battute tra le due coppie).
- Nella melodia, al semitono discendente 0 -fì risponde una conseguente
discesa 0 -@ (nel 'comune solfeggio italiano' entrambe le diadi si leggono fa-
mi in maggiore).
- Nel basso, al tono ascendente CD-@ risponde una salita 0 -<D (o ®-<D).
- Successione di quattro sonorita, di solito 5/3, 6/ 3, 6/ 5/3 e 5/ 3. La prima e l'ul-
tima sembrano stabili mentre le due centrali sembrano instabili.

Varianti
- L'O-fì puo essere più acuto o più grave del 0- ~.
- Lo schema associato dello Jupiter ha una melodia 0 -8 -0 -8), con la diade
iniziale in comune con il Do-Re-Mi e la diade finale in comune con il Meyer.
- Lo schema associato della Pastorella ha una melodia fD-8 -0 -fD, anch'esso
con la diade finale in comune con il Meyer.
- Lo schema associato dell'Aprile ha una melodia 0 -fì-@-0 , con la diade ini-
ziale in comune con il Meyer.
App.A . Prototipt' degli schemt· 481

La Quiescenza

La Quiescenza (vedi cap. 13) segna un breve periodo di riposo dopo un'impor-
tante cadenza alla fine eli un'importante sezione. Fungendo da cornice, essa
compare anche come mossa d' apertura (di solito non ripetuta) , anche se tale
uso era meno comune. n periodo di maggior splendore della Quiescenza fu tra
gli anni '6o e gli anni '90 del Settecento, ed era specialmente preferita nella
musica scritta per Vienna o Parigi.

Debole Forte D ebole Forte


~
l v
P ~ ------------
----------- (D _____ ________ k~v o
• 6 5 •
• •
4 3

CD ------------CD ------------- CD ___ . , _________ CD

Caratteristiche principali
- Quattro eventi con l'intero schema di solito eseguito due volte in successione.
- N ella melodia, al semitono discendente b8 -0 risponde il semitono ascen-
dente q8 -0 (nel 'comune solfeggio italiano' al fa-mi risponde un mi-/a).
- Nel basso, un pedale sull' CD o una figurazione che ripete l'CD.
- Successione eli quattro sonorità, di solito b7/3, 6/ 4, q7/4f2 e 5/3. La prima
sembra instabile in relazione alla seconda, mentre la terza sembra altamen-
te instabile in relazione all'ultima sonorità di tonica.

Varianti
- Un tipo diatonico con una meloclia ascendente @-0 -8 -0 .
- Un raro tipo che presenta due Prinner su un pedale di tonica.
482 La musica nello stile galante

Il Ponte

Questo schema costituiva un 'ponte' (vedi cap. 14) costruito sulla ripetizione o
l'estensione della triade o della settima di dominante. Nei minuetti, questo
ponte era posto subito dopo la doppia barra e collegava la tonalita secondaria
appena confermata dalla cadenza a un ritorno sulla tonica di partenza. Più in
generale, nella seconda metà del Settecento il Ponte faceva parte delle varie
tattiche di sospensione impiegate per aumentare l'attesa prima di un'entrata o
• •
una r1presa unportante.

Forte

7 7
5 5 5 eccetera
3 3 3

® ----------- ® --- -------® --------

Caratteristiche principaJi

- Diversi eventi che possono essere estesi finché un ritorno stabile all'armonia
della tonica non offre un certo grado di conclusione.
- Nella melodia, scale e arpeggi costruiti sulle note dell'accordo di settima di
dominante: ~ ' 8 , @ e O. ll profilo è in genere ascendente.
- Nel basso, ripetizioni del ® o anche un pedale sul ®.
- Sequenza di sonorità che evidenziano la triade o la settima di dominante, a
volte in alternanza con forme di accordi di tonica in posizioni metricamen-
te più deboli.

Varianti
- Un tipo con una melodia discendente per gradi ~- 0-el-@.
App.A . Prototipi degli schemi 483

Il Fenaroli

Il Fenaroli (vedi cap. 16), di solito ripetuto, era quasi sempre introdotto dopo
una modulazione alla dominante. In termini ottocenteschi era uno dei primi
tipi di 'secondo tema', anche se era troppo dinamico per soddisfare i requisiti
romantici di un 'vero' tema. Un Fenaroli poteva iniziare sia con il primo even-
to sia con il secondo, cosicché un dato evento poteva essere metricamente
debole o forte a seconda del punto di partenza scelto.

• 6 5 6 6 •
• 5 3 3 3 •

(V ~-- ------- CD
------------ ~ ____
_. ,. _
__,_®

Caratteristiche principali

- Quattro eventi equamente spaziati, con l'intero schema di solito ripetuto.


- Il basso esegue 0 -CD-@ -@, che si legge mi-/a-re-mi nel solfeggio galante.
- L'altra voce e più variabile. A volte sul 0 -CD-®-@ del basso è disposto un
0-~-8-0; altre volte un @-~-fì-0 alla melodia crea un canone con il basso.
Un pedale interno o superiore sul ® e altrettanto comune.
- Successione di quattro sonorità, di solito 6/5/3, 5/3, 6/3 e 6/3. La fine su una
sonorità 6/ 3 accresce il senso di incompiutezza dello schema.

Varianti
- TI controcanto completo di Durante è 0 -0 -@-0 -8 -0 -0 -fD, con due note
per ognuna delle quattro 0-CD-@-@. Tutte e due le voci possono stare al
basso.
- Il modello 0 -CD -@-@ può essere sostituito da 0 -CD-0 -@, evidenziando
quindi i semitoni nel modo maggiore e dando adito a un canone con il con-
trocanto 0 -fD-fì-0.
484 La musica nello stile galante

Il Sol-Fa-Mi

Il Sol-Fa-Mi (vedi cap. r8) era spesso scelto per temi importanti. TI suo perio-
do di maggior splendore fu dagli anni '50 agli anni '90 del Settecento. Con la
sua melodia discendente percepita in modo forse meno assertivo di quella,
diciamo, di un Do-Re-Mi, il Sol-Fa-Mi era piu comune nei movimenti lenti o
moderati, o come 'secondo tema' nei movimenti veloci. Era uno schema pre-
ferito per gli Adagio in modo minore.

Aperto Chiuso

Debole Forte Debole Forte


0 -----·----- e e ----------Cl
6 5
5 3

A\ __ fì'
\L) - --- --- - \Y

Caratteristiche principali

- Quattro eventi presentati a coppie in posizioni analoghe rispetto al metro


(ad esempio, a cavallo o a metà di battuta, con una, due o quattro battute
tra le due coppie).
- Nella melodia, al semitono discendente 0 -0 risponde una conseguente
discesa 0 -fD (un semi tono in n1aggiore, un tono in minore).
- N el basso, al tono ascendente CD-@ risponde una salita CV-CD (o ®-CD).
- Sequenza di quattro sonorità, di solito 5l3, 5l3, 61 5l3 e 5l3. La seconda sono-
rità è tipicamente minore o diminuita.

Varianti
- Il secondo evento può avere la sonorità, più vicina al maggiore, di 7 l 5I3 sul
® ,o di 6l3 sul @.
App.A. Prototipi degli schemi 485

L'indugio

L'indugio (vedi cap. 20) creava un'aspettativa inquietante prima di arrivare a


una cadenza Convergente. Insolito nella prima metà del diciottesimo secolo,
divenne velocemente un cliché nella seconda metà. Nelle composizioni in mo-
do maggiore l'Indugio consentiva, cosl come la Fonte, l'inserimento di un bre-
ve passaggio in modo minore. A questa introduzione di una tinta più 'scura'
sono spesso associate sincopi in stile Sturm und Drang.

Forte
Forte
''~o ~---------- &
6 6 6 6 5
5 ••• 5 5 5 3

® ----------------------------· ® ---·--------® --------- #® ---- ------~

Caratteristiche principali
- Diversi eventi che nella maggior parte dei casi conducono a una cadenza
Convergente. La precedente coppia di ovali aperti, con i puntini di ellissi,
indica una ripetizione aperta della sonorità o della figurazione iniziale.
- n basso presenta iterazioni del@ che conduce al ®,spesso con un'infles-
sione al#@ appena prima del®.
- La melodia di solito evidenzia il@, il O e il0, con frequenti approcci a que-
ste note da sotto per mezzo di sensibili cromatiche.
- Prolungamento della sonorità 6/ 5/3 sul @ al basso e conclusione con una
sonorità 5/ 3 sul® che può essere al caso la dominante del tono d'impianto
o la n uova tonica.

Varianti
- Un tipo più diatonico senza il #@ al basso.
- Un tipo col 6/4 di passaggio con un basso più attivo che si muove di grado
su e giù tra il @ e il ®. Quando passa per il ® , una sonorità 6/ 4 aiuta a
mantenere le iterazioni dell'CD, che può comportarsi da pedale interno.
Appendice B
Partimenti
Cimarosa, facoltoso maestro di cappella delle corti imperiali, iniziò la sua car-
riera musicale come fanciullo indigente presso il conservatorio di Santa Maria
di Loreto a Napoli. lvi, come già accennato nel capitolo 2, studiò per un de-
cennio sotto la guida di diversi grandi maestri. Una componente importante
dei suoi studi prevedeva la risoluzione di problemi di crescente difficoltà nella
realizzazione dipartimenti, come si evince dal suo 'zibaldone' (quaderno di
appunti) giunto fino a noi. Un partimento, ovviamente, era un basso didattico,
ossia un basso scritto con intento pedagogico. Dato un particolare partimento
da eseguire alla tastiera con la mano sinistra, uno studente poteva arrivare alla
sua soluzione e realizzazione provando ad aggiungere con la mano destra vari
accordi o voci in contrappunto. Lo studente dimostrava di aver appreso la le-
zione quando era in grado di eseguire a mani unite una serie di comportamen-
ti musicali stilisticamente appropriati dall'inizio alla fine del partimento.
Come potevano gli studenti degli anni '6o del Settecento come Cimarosa svi-
luppare delle capacità che oggi metterebbero in difficoltà persino musicisti
adulti? In parte la risposta sembra risiedere nella memorizzazione da parte de-
gli studenti di un ricco repertorio di piccoli modelli musicali cui si poteva attin-
gere per stabilire dei collegamenti possibili nella topografia locale di un dato
passaggio di un partimento. Parlando della commedia dell'arte, Pier Maria Cec-
chini (1563-c. r63o) evidenziava che "debbe insieme chi legge operar, che l'intel-
letto comandi alla metnoria che dispensa il Tesoro de premeditati concetti nel-
lo spazioso campo delle continue occasioni, che la Comedia porge" .1 Un giova-
ne musicista con una mente allenata a padroneggiare un 'Tesoro de premeditati
concetti', alcuni dei quali imparati cantando e suonando i solfeggi, poteva ap-
plicarli con prontezza alle 'continue occasioni' in un partimento. In fin dei con-
ti, la mente umana eccelle nel collegare i ricordi agli stimoli com p lessi, ad esem-
pio quando riconosciamo immediatamente un viso o una voce familiare.
I più piccoli contesti da imparare erano le singole note, gli intervalli e le
combinazioni di intervalli che formavano gli accordi. Inclusa in questa cono~
scenza era una comprensione della notazione musicale di base, delle sillabe
dell'esacordo che individuavano altezze specifiche e contesti intervallati locali
(do, re, mi, eccetera) , dei gradi della scala (c primo di tono', 'secondo di tono',
eccetera) e delle abbreviazioni del basso numerato (7 = 7/5/3, 6/5 = 6l5l3, ecce-
tera). Come suggerito nel capitolo 2, questi stretti ambiti di conoscenze erano
interconnessi più strettamente di quanto non lo siano ora. Si prendano ad
1 Cecchini, Pier Maria, Frutti delle moderne comedie et avisi a chi le recita, G. Guareschi,
Padova 1628, p. 19.
App. B. Partùnenti 487

esempio i simboli per la notazione dei diesis e dei bemolle. Gli studenti moder-
ni li apprendono come istruzioni per alterare una nota, mentre all'epoca di
Cimarosa essi ancora fungevano da segni per il cambio delle sillabe dell' esacor-
do e del contesto locale. Il simbolo del bemolle posto davanti a una nota vole-
va dire: "trattare questa nota come fa cosi che vi sia un intervallo di tono con
la nota su periore e di semitono con la nota inferiore"; il simbolo del diesis,
invece, voleva dire: "trattare questa nota come mi così che vi sia un intervallo
di semitono con la nota superiore e di tono con la nota inferiore" . n contesto
locale era quindi inserito persino in questi rudunenti di musica galante.
Spesso subito dopo venivano le cadenze. N el capitolo rr ho portato dozzine
di esempi di cadenze note ai musicisti adulti. Per i giovani studenti il mondo
delle cadenze si riduceva a tre possibilità: semplice, composta e doppia. n
ritmo e il contorno del basso determinavano quale cadenza dovesse essere
impiegata. Di seguito sono mostrati questi tre tipi di cadenza nella particolare
veste di Do maggiore e in tempo di 4-f4 (es. B.I) . La caratteristica distintiva di
come il ® si sposti all'CD e indicata con una parentesi:

l\
~ ~
....::J
~
t.
cadellzn se1 ,pl ice
~ J ~
_/ _C.

Es. B.I - T re cadenze di partimento per principianti

Per il principiante era utile memorizzare prima i modelli e poi impiegare quel-
lo che meglio si adattava al partimento posto come obiettivo. Nell'esempio B.2
ho fornito le ultime battute di tre partin1enti di Fenaroli, uno dei maestri di
Cimarosa. Di nuovo, le parentesi abbracciano il movimento finale da ® a CD:

~ •
A ~: 1lf &l
Libro 4, no 37
~
l l
Sol maggiore

~ •
- .
B ,4:·= .. .. Libro 4, n o 38
l
• ' •
~ ~

:9 :9 Mi maggiore

t:\
.. , Libro 4, n o 40
c ~=,.
~

J • ~
1

-
1.~
Do minore

Es. B .2 - La conclusione di tre partimenti di Fenaroli (Napoli, c. I8oo)


488 La musica nello stile galante

La scelta migliore per il finale A è la cadenza composta, con il salto di ottava


del ® del partimento in corrispondenza con l'analogo salto nel modello. Si
noti che anche se il metro di A differisce dal modello le parti su periori del
modello possono essere facilmente fatte coincidere col partimento. La scelta
migliore per il finale B è la cadenza semplice, e la scelta migliore per il finale
C è la cadenza doppia, con i suoi quattro quarti sul ® che corrispondono con
la semibreve del modello e i quattro accordi su di essa. Persino per i bambini
questi collegamenti sarebbero stati ((un gioco da ragazzi''. Uno studente più
avanzato avrebbe potuto riconoscere, ad esempio, che il finale B include due
'cadenze lunghe' di Sala, con una probabile forma eli evasione nella melodia
della prima. Un principiante, però, essendo privo di una conoscenza più vasta,
avrebbe potuto comunque eseguire il passaggio correttamente inserendovi per
due volte la cadenza semplice.
n riconoscimento del modello migliore dipende da una valutazione olistica
eli tutte le caratteristiche musicali. Ad esempio, in un tempo rapido, il basso
dell'esempio B.3 corrisponde alla cadenza semplice con il tipico ®-®-®-CD al
basso. In un tempo lento, pero, nessuna delle tre cadenze di base sarebbe una
buona scelta. Al contrario, il passaggio richiederebbe la forma discendente
della 'regola dell'ottava'.

Presto: Q)

Largo: Q) Q) ® Q) ® ®@®
(?) CD (?) ® CD
Es. B.3- Presto~ cadenza semplice; Largo~ regola dell'ottava

Come la regola di san Benedetto per un monaco novizio, così per un giovane
musicista la regola dell'ottava era in realtà una raccolta di regole intrecciate in
un codice di condotta. Le molte parti costitutive della regola dell'ottava ave-
vano diverse storie, e Heinichen (I?II), come già accennato nel capitolo r, trat-
tava ciò che egli chiamava (schema' per i modi maggiori e minori come una
combinazione di diversi contesti fatti di due note. La regola stessa poteva
variare se insegnata da diversi maestri in diverse città e tempi cliversi.
Evitando quindi di entrare troppo nel dettaglio, lasciando questo compito agli
studi specialistici,2 esporrò adesso una versione sincronica, sistematizzata e
leggermente idealizzata della regola, conformandomi nel complesso a ciò che
2 Christensen, T., "The Règle de l'Octave in Thorough-Bass Theory and Practice'', in Acta
Musicologica, n. 63, 1991, pp. 91-117; Cafiero, R., ((La didattica del partimento a Napoli fra
Settecento e Ottocento: Note sulla fortuna delle Regole di Carlo Cotumacci" , in Gli affetti
convenz·entz· all'idee: Studz· sulla musica vocale italiana, Archivio del teatro e dello spettacolo, n.
3, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1993.
App. B. Partimenti 489

gli studenti nei conservatori napoletani avrebbero assorbito dai loro insegnanti.
Il seguente diagramma (fig. B.r) mostra un'astrazione di come i musicisti del
diciottesimo secolo avrebbero potuto concettualizzare la relativa stabilità o
instabilità dei diversi gradi della scala lungo tutta un'ottava al basso. I riquadri
neri rappresentano le posizioni considerate stabili punti di arrivo e i cerchi
grigi indicano le posizioni percepite come instabili e più mobili. Come preli-
minare generalizzazione della regola dell'ottava, possiamo assegnare ai gradi
stabili della scala degli accordi 5/3 (ossia delle semplici triadi sull'CD e sul ®) e
ai gradi instabili qualche forma di accordo con 6, ad esempio 6/3. Questa ver-
sione setnplificata mette in luce la grande continuità nelle tradizioni della
musica polifonica dell'Europa occidentale, considerato che l'associazione di
una sesta 'imperfetta" con l'instabilità e di una quinta 'perfetta' con la stabili-
tà era una caratteristica principale delle tradizioni quattrocentesche del /aux-
bourdon improvvisato eseguito nelle cattedrali, una tradizione, pare, sopravvis-
suta almeno fino al diciassettesimo secolo.
5 6 6 6 5 6 6 5
3 3 3 3 3 3 3 3 •

® ® ® ® ® cv @
Fig. B.r- Una prima approssimazione della regola dell'ottava

Come la scala minore melodica, la regola dell'ottava non è esattamente la stes-


sa a salire e a scendere. Per un'approssimazione più vicina alla prassi reale,
quindi, esaminiamo separatamente il movimento ascendente e quello discen-
dente. La figura B.2 mostra la versione ascendente. Ai gradi della scala che pre-
cedono le posizioni stabili erano aggiunte delle dissonanze (gli urti tra un '6' e
un '5' adiacenti, indicati con un asterisco) . Perciò se saliamo lungo la scala nel
basso, l' instabilita tnassima si ha subito prima di un ritorno alla stabilità:

5 6 6 A6 5 6 A6 5
3 3 3 iyts 3 3 ~5 3
••
3 3
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® ® ® ® ® cv @
Fig. B.2- Una seconda approssimazione- regola ascendente

Lo stesso principio generale di massima instabilità appena prima del ritorno


alla stabilità si applica alla discesa, anche se ora le dissonanze sono un '4' e un
'3' (vedi fig. B.3). Nella discesa da ® a ®,la nota corrispondente al '6' sopra il
490 La musica nello stile galante

®è alzata di un sen1itono per renderla sensibile della stabile ottava sopra il®
(/a# in un contesto di Do maggiore), dando quindi ai gradi della scala 0 e ®
la stessa sonorità.
5 6 6 5 6 5
3 3 3 3 3 3
3 3
<<- <<--
® (J) @

Fig. B.J- Una seconda approssimazione- regola discendente

C'è ancora un'altra complicazione. TI terzo grado della scala era considerato in
parte stabile e in parte mobile. Seguendo il principio della dissonanza che pre-
cede la stabiUtà, i musicisti spesso aggiungevano una dissonanza '4l3' su un 0
che saliva e quasi sempre una dissonanza 41 2' su un @ eli passaggio nella disce-
sa da ® a @ (vedi fig. B.4). La regola dell'ottava non è dunque un insieme eli
accordi fissi, ma piuttosto una sintesi delle tendenze principali nelle fluide e
altamente mutevoli prassi dei musicisti del diciottesimo secolo.
6 6 6
# 34 3

® (J) @
Fig. B.4- Una terza approssimazione- avvicinamento al ®

n maestro napoletano Giovanni Furno (I? 48-I837)' in un capitolo intitolato


Regole delle corde del tono,3 ha fornito ulteriori dettagli sui casi più particola-
ri riguardanti i movimenti scalari. L'esempio B.4 (a pagina seguente) mostra
uno dei partimenti eli Furno per principianti. Come si può vedere, a eccezione
dell'inizio si può realizzare tutto utilizzando solo cadenze e passaggi scalari.
Ho contrassegnato con un asterisco tre deviazioni dalla regola dell'ottava. Per
il primo tipo (cfr. batt. 5) Furno raccomanda un accordo 5l3 quando il @ non
continua una discesa dal ®: questa soluzione coincide con il Prinner. Per il
secondo tipo (cfr. batt. 6) egli raccomanda un accordo 5l 3 quando il ® non
scende al ®: ciò coincide con la cadenza Lunga. E per il terzo tipo (cfr. batt.
7), egli raccomanda un accordo 5/3 quando il ® non sale al (J): ciò coincide
3 Furno, G., Metodo facile, breve e chiaro delle prime ed essenziali regole per accompagna-
re i partimenti senza numeri, N a poli c. r8ro, p. 2.
App. B. Partirnenti 491

con la 'cadenza finta' (ossia d'inganno). Nel suo trattato Furno non menziona
mai questi contesti più ampi, benché i suoi partimenti suggeriscano che la loro
conoscenza sia data per scontata. Nell'esempio B.5 ho presentato una delle
molte possibili realizzazioni di questo piccolo partimento.
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Es. B.4- Un partimento per principianti di Furno.


Le cadenze (linee tratteggiate) e i passaggi scalari (linee continue)
occupano quasi l'intero esercizio

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Es. B.5 - Realizzazione dell'autore dell'es. B.4, usando solo
cadenze elementari e la regola dell'ottava

TI Metodo facile breve e chiaro delle prime ed essenziali regole per accompagnare i
partimenti senza numeri di Furno (Napoli, r817),4 da cui e tratto l'esempio B.4, fu
pubblicato in un periodo di riorganizzazione e riforma dei consetvatori, e il suo
titolo rivela la crescente influenza dei (metodi facili' ottocenteschi. La tradizio-
nale istruzione nei partimenti era tutt'altro che breve o facile co1ne Furno aveva
ben appreso dal suo maestro Cotumacci. Le cadenze e le regole dell'ottava da
sole non costituiscono un vocabolario abbastanza ricco per la prassi galante.
L'istruzione nei partimenti includeva anche i bassi numerati, che sviluppa-
4 , Metodo, p. 7·
4 92 La musica nello stile galante

vano l'abilità degli studenti nella lettura a prima vista degli accompagnamenti
del basso continuo, aiutavano i principianti a imparare quali armonie suonare
e potevano fornire suggerimenti per la realizzazione di combinazioni contrap-
puntistiche di repertorio. Un breve basso numerato (es. B.6) del maestro bolo-
gnese Stanislao Mattei (1750-1825), allievo e successore di padre Martini (I7o6-
1784), a un primo sguardo non sembra avere alcuna chiara organizzazione:
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Es. B.6- Mattei, Piccolo basso in Sol maggiore, n. 4 (Bologna, c. I790-18oo)

Suonando l'esercizio, però, un bravo studente potrebbe iniziare a sentir emer-


gere dei .modelli le cui implicazioni, se riconosciute, possono portare a una rea-
lizzazione a tre voci altamente contrappuntistica:

((Salto della rana" di Corelli, ascendente aptce
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Es. B. 7 - La realizzazione dell'autore dell'esempio B.6


App. B. Partimenti 493

L'intero esercizio di Mattei dimostra ciò che il libro di testo di Cimarosa avreb-
be intitolato "Caminare [sic] di 2a e 33 ", ossia ((procedere per ritardi 2-3".
Molte di tali comuni successioni si erano da lungo tempo cristallizzate in
schemi di repertorio. Furno, come il più anziano maestro Fedele Fenaroli nella
sua raccolta pubblicata di Regole (Napoli, 1775), descrive un grande numero di
tali successioni come ((moti del basso". Se, per analogia con il gioco degli scac-
chi, la regola dell'ottava descrive il semplice movimento in avanti dei pedoni,
i moti del basso descrivono tutte le sequenze di salti e/ o di passi consentiti al
re o alla regina. Tra gli schemi illustrati nei precedenti capitoli, il basso di
Romanesca per salti, il Monte, il Monte Principale, il Monte Romanesca e
l'ampio Prinner a circolo delle quinte compaiono tutti in varie regole come
moti del basso. Per gli studenti, dunque, queste sequenze imparate a n1en1oria
e gli altri schemi delle dimensioni di frasi facevano da com.plemento all'inizia-
le affidamento alla regola dell'ottava, e li aiutavano ad aggiungere altri gioielli
al proprio "Tesoro de premeditati concetti" .5
I moti del basso erano descritti in base alla condotta del basso all'interno di
ogni modulo di una sequenza. Tra i primi a essere impartiti vi era quello del
basso che "scende di terza e sale di grado" .6 La regola era che la nota più grave
della terza discendente dovesse avere un accordo 6/3 o 6/ 5/ 3, e la nota seguen-
te (un tono sopra) dovesse avere un accordo 5/ 3. "E cosi - come scrive F enaroli
- successivamente si alterneranno gli accompagnamenti fino alla terminazione
del movimento'"J
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5 ll capitolo 2, "Fundamental Progressions of Harmony'', in Caplin, W ., Cla.ut'cal Form: A


Theoty o/ Formal Functions /or the Instrumental Music o/ Haydn, Mozart, and Beethoven,
O xford University Press, O x ford 1998, fornisce un eJenco moderno di n1odelli associati ai
movimenti napoletani; per i primi, importanti adattamenti tedesco e fran cese degli elenchi
italiani dei movimenti, vedi Albrechtsberg, J. G. , Kurzgefasste Methode den Generalba.u zu
1
erlernen, Wien c. 1791, e Catel, Ch. -S., Traité d harmonie, Paris 1802.
6 Fenaroli, F., Regole rnusicali per i principianti di cembalo, Napoli 1775, pp. 44-8.
7 .
__, Regole, p. 45·
494 La musica nello stile galante

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Es. 8.8 - illustrazione n. 34 dalle Regole di Durante (Napoli, c. 1740)

Durante ha scritto il semplice partimento mostrato nell'esempio B.8 per illu-


strare "la Formazione della 5a e della 6a", ossia la giusta disposizione degli ac-
cordi 615I 3 nel moto del basso con cui inizia l'esercizio. Le annotazioni - una
'fitta descrizione' 8 degli schemi che vanno a sovrapporsi e innestarsi- sono
mie. Uno studente come Cimarosa, di certo, avrebbe avuto a disposizione solo
il basso e i pochi numeri forniti. n suo compito era anzitutto di riconoscere la
coincidenza tra la figura iniziale del basso e il moto del basso che ''scende di
terza e sale di grado", e poi di disporre accordi 61 5I 3 sulle note più gravi di
ogni terza discendente. Ho contrassegnato la particolare realizzazione di que-
sto moto del basso da parte di Durante con "Frigio" per indicare che le note del
basso con accordi 5/3 scendono lungo il tetracordo frigio dal mz~ al sz~. Una voi -
ta riconosciuto che questo disegno d'apertura è un moto del basso, il compito
dello studente risultava molto semplificato giacché la regola dell'ottava non of-
fre alcun aiuto e, anzi, sarebbe fuorviante. 9 Si noti che Durante non fornisce
un 'esplicita soluzione al problema presentato dal moto del basso d'apertura fi-
no alle battute 8-9, in cui inserisce la numerazione '61 5'.
TI partimento di Durante, benché ancora si tratti più di un esercizio che di
un'opera d'arte, è comunque considerevolmente più artistico eli quello di Fumo
(es. 8.4). Mentre nel suo esercizio Furno ripete di rado i modelli impiegati,
Durante fa delle ripetizioni, delle ripetizioni trasposte e delle ripetizioni legger-
mente modificate una parte centrale dell'esperienza dello studente, aiutandolo
quindi a sviluppare una comprensione dei prototipi o degli schen1i sottintesi. n
8
Geertz, C., "Thi ck D escription : Toward an lnterpretive Theory of Culture'', in The
Interpretation of Cultures: Selected Essays; Basic Books, New York r973 , pp. 3-30.
9 L a regola dell'ottava può essere applicata al sesto grado abbassato e al settimo grado
della scala (do~ e re ~ in rni minore) quando essi scendono direttamente, come nella scala
minore melodica. Nell'esempio a.8, ad ogni modo, il basso sale toccando quei gradi.
App. B. Partimenti 495

moto del basso compare quattro volte in due tonalità e la cadenza semplice (con
il basso com.p leto @-@ -® -CD) compare sei volte in cinque tonalità. In due
punti una ripetizione un tono sotto della combinazione Virgola-semplice forma
il modello piu ampio di una Fonte; e l'ancora più ampio complesso "Frigio-Do-
Re-Mi-Fonte" compare prima in Mi minore e poi in Si minore, dando al parti-
mento un tipo comune di esposizione. Dopo la parte contrastante del/auxbour-
don, Durante termina ripresentando il moto del basso e il Do-Re-Mi nella tona-
lità d'impianto. La Fonte non trova spazio nella sezione finale perché non vi è
più bisogno di modulare. N ell'esempio B.9 ho fornito una delle diverse possibi-
li realizzazioni del partimento di Durante. Poiché il precedente partimento for-
nisce già indicazioni complete degli schemi, in quest'esempio sono annotati
solo gli schemi più importanti. Si noti che, nel moto del basso d'apertura, la suc-
cessione è compatibile con il "caminare di 2 3 e 33 " . Sarebbe a dire che uno stu-
dente in grado di associare questo moto del basso con una catena di ritardi 2-3
ha essenzialmente risolto il problema musicale posto dal partimento.
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Es. B.9 - Realizzazione dell'autore dell'es. B.8
496 La musica nello stile galante

n breve partimento di Furno (es. B.4) era interamente didattico. Il (( caminare"


di Mattei su e giù lungo l'esacordo con ritardi 2-3 (es. B.6) era troppo regolare
per la maggior parte delle effettive esecuzioni nello stile galante. Anche il par-
timento di Durante, sebbene più ampio, (es. B.8) era ancora troppo vincolato
a ribadire la lezione sugli accordi 6/ 5. Quando uno studente progrediva fino
ad affrontare un partimento di ampie dimensioni e liberamente concepito si
trovava davanti un significativo incremento della complessità e del respiro
musicale. Realizzare un partimento di ampie dimensioni era, ed è ancora, una
sfida non da poco. Un primo livello di esperienza può essere dimostrato asso-
ciando gli schemi appropriati ai vari disegni del basso. A questo livello base,
evitare gli errori è di primaria importanza per lo studente. Un secondo livello
intermedio comprenderà l'introduzione di connessioni motiviche tra le diver-
se frasi e i diversi passaggi Si potrebbe descrivere, in analogia con lo sport, lo
studente che passa rapidamente dalla difesa all'attacco, sperando di segnare
punti artistici. Un livello avanzato, infine, richiede di intuire o creare opportu-
nita per brevi canoni e altri spunti per l'imitazione. Ciò e specialmente valido
per i partimenti scritti all'epoca di Durante, quando il contrappunto imitativo
era diffuso ovunque. Lo studente che ha raggiunto tale livello dimostra una
considerevole padronanza dello stile.
Mentre le copie di partimenti del primo Ottocento includevano chiare
indicazioni quali ''Imitazione'' o "Imit." poste là dove ci si aspettava un'imi-
tazione, i primi partimenti non le indicavano. Se il maestro non rivelava subi-
to all' allievo dove inserire le i1nitazioni, quest'ultimo doveva riconoscere ciò
che oggi potremmo chiamare degli 'inviti' [alfordances]10 contrappuntistici, o
ciò ch e un musicista del Settecento avrebbe potuto considerare delle 'occasio-
ni'. Sarebbe a dire che bisognava imparare a riconoscere gli indizi e le specia-
li configurazioni al basso che avrebbero permesso un trattamento contrap-
puntistico già noto. I comtnenti che seguono si riferiscono alle opportunità
contrappuntistiche nell'esempio B.ro, la mia realizzazione di uno dei parti-
menti numerati di Durante: un nome alquanto fuorviante visto che non vi
co.m pare neanche un numero. n pentagramma inferiore, ovviamente, è il par-
timento originale di Durante e il pentagramma superiore contiene la mia rea-
lizzazione. Il lettore attento potrà riconoscere nell'inizio di questo partimen-
to il prototipo per il successivo partimento di T ritto mostrato nel capitolo 7
(es. 7.2o).
La discesa per gradi al basso delle battute I -6 'invita' una presentazione
della Romanesca per gradi, la quale a sua volta invita a una parallela discesa
per grado rispetto alla melodia. T ale discesa per grado invita a mettere in luce
il Prinner spostando quel segmento della discesa all'ottava sopra. Le terze
parallele che ne risultano invitano, a loro volta, a imitare con una catena di

10 Vedi Norman, D. A., "Affordances, Conventions and Design ", in Interactt'ons, n. 6,


1999, pp. 38-43·
App. B. Partimenti 497

ritardi 2-3, come dimostrato dal ritorno della Romanesca (batt. 40-45), anche se
tale scelta implica l'abbandono del Prinner. Lo stesso tipo di invito si applica
alle scale discendenti che iniziano a battuta 8. Si potrebbe disporre la melodia
in imitazione alla terza o alla sesta. Scegliendo l'imitazione alla sesta si realizza
una forma inversa del Prinner, la quale arriverà 'giusto in tempo' sulla triade
di tonica a battuta 15. Una scala ascendente (batt. 28) e un'altra scala discen-
dente (batt. 35) consentono trattamenti analoghi. Ciò vale anche per i modelli
a Salti di Terza (batt. 47-50 e 56-59) . Forse l'imitazione più caratteristica si ha
nei passaggi indicati come Monte Principale (batt. 50-53, 59-62 e 75-77). Per
quanto non immediatamente lampanti, tali passaggi sono realizzati in imitazio-
ne alla quinta, con l'accompagnamento che precede il basso di una selnimini-
ma. n modello per questa realizzazione proviene da un grande numero di
copie di partimenti e,. in particolare, dallo Studio n. 2 dello stesso Durante
(vedi es. 7.16) .
Per il Monte alle battute 15-19 l'accompagnamento funziona bene sia in
modo diatonico sia in modo cromatico. Con i partimenti senza numeri tali
scelte sono a carico dell'esecutore, non del compositore. Si noti anche che,
sebbene il Monte cromatico crei una serie di sensibili che focalizzano i gradi
V, VI e I, non fornisce alcuna sensibile per il VII (un /ax4 prima del sol#4 a
batt. 17). Sia per affinita con la Virgola Lunga, sia per evitare meramente un
doppio diesis, la conclusione diatonica di un esteso Monte cromatico era
parte della tradizione galante. La cadenza finale, battute 8o-8r, con i valori
delle note raddoppiati, invita alla cadenza composta. Ciò nonostante ho scel-
to di utilizzare una versione più lenta della cadenza semplice per consentire
un ultimo ritorno del motivo d 'apertura, la risoluzione ornamentale di un
ritardo 2-3.
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498 La musica nello stzle galante

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Es. s.ro -Realizzazione dell'autore del partimento


numerato n . 14 di Durante

n passaggio compreso tra la seconda metà di battuta 19 e la prima metà di bat-


tuta 27 è uno dei più difficili da interpretare da un basso senza numeri. L' oc-
chio potrebbe essere portato a individuare le sen1ibrevi nelle battute pari come
dei possibili elementi principali. Ma la scelta migliore per queste quattro note
del basso (mi3, re3 , do# , si2 ) dovrebbe essere un ampio Prinner in Si minore, il
quale con la salita finafe del basso a un do# a battuta 2 7 non terminerebbe co-
me si conviene. T ale salita di grado avviene dopo ogni semibreve, e se si presta
particolare attenzione alla note sul battere, l'intero passaggio coincide con il
rnovin1ento che scende di terza e sale di seconda descritto in precedenza. Ap-
plicando questo contesto si possono dunque affidare alle semibrevi degli ac-
cordi instabili 6/ 5/ 3 e alle minime sul battere degli accordi stabili 5/ 3. Il n1odel-
lo generale, così costruito, coincide con lo stesso tetracordo frigio presente nel-
le due battute iniziali del partimento di Durante mostrato prima nell 'esempio
B.7. L'accordo conclusivo, Do# maggiore a battuta 27, funge molto behe da ca-
denza sospesa in Fa# minore, il relativo minore del precedente e seguente con-
testo di La maggiore.
App. B. Partimenti 501

I lettori interessati alle sfide ancora più difficili dei partimenti diminuiti di
Durante e dei partimenti fugati possono consultare il sito internet dell'autore,
11
Monuments o/ Partimenti. Vi si possono anche trovare i testi completi dei
trattati di Furno e Fenaroli in inglese e in italiano, le Regole di Durante, centi-
naia di partimenti, tavole dei maestri dei grandi conservatori del diciottesimo
secolo, modelli per l'emulazione dello stile musicale galante e indici degli inci-
pit dei partimenti.
I maestri dei giovani studenti a N apoli avevano bisogno, per insegnare, di
materiale pratico e musicalmente valido, che avrebbe lentamente ma sicura-
mente trasformato i fanciulli in musicisti professionisti. Le lezioni apprese
dovevano essere ricordate per tutta la vita, e la cotnbinazione di sensazioni visi-
ve, acustiche e tattili dei partimenti e dei solfeggi sembrano aver creato delle
esperienze particolarmente vivide e ben impresse nella memoria. I ragazzi
arricchivano gradualmente la loro conoscenza non verbale di come integrare
melodia, armonia, contrappunto, gesti e trame caratteristiche, improvvisazio-
ne, macroforma e coerenza motivica. E, casuale o no che sia il collegamento, è
comunque un fatto storicamente assodato che il periodo di massimo splendo-
re dell'insegnamento dei partimenti e dei solfeggi a due parti coincise con il
periodo di predominanza in Europa dei musicisti formati nei conservatori ita-
liani. Perciò, il partimento può essere stato una tecnologia preindustriale ma
cognitivamente avanzata che si era adattata particolarmente bene al compito di
formare i giovani musicisti per il successivo servizio presso le corti, i teatri e le
cappelle galanti.
Quando la società galante iniziò a disgregarsi alla fine del diciottesimo seco-
lo, lo studio dei partimenti lentamente si trasformò da un addestramento del-
l'in1maginazione musicale a un insegnamento di esercizi canonici o prefissati. I
cambiamenti derivanti da tale trasformazione coincidono con il passaggio da
una cultura aurale a una letteraria, e il chiaro segnale di tale cambiamento fu la
pubblicazione, a partire dagli anni '2o dell'Ottocento, delle realizzazioni dei
partimenti di Fenaroli. Ciò significa che i bassi ideati per l'esercizio dell'imma-
ginazione musicale divennero le parti della mano sinistra di 'pezzi per piano-
forte' da leggere alla tastiera. Mentre la transizione dalla cotnmedia dell'arte
improvvisata alle pièces letterarie di Pierre de Marivaux (1688-1763), Goldoni e
Charles Simon Favart (I710-r792) trasformò un'arte in un'altra, la trasformazio-
ne dei partimenti in aridi esercizi estinse nella sostanza il loro vantaggio rispet-
to ai più n1odesti esercizi di armonia o di contrappunto semplice. Alcuni parti-
menti cristallizzati continuarono a essere impartiti come parte di una tradizio-
ne tenuta in grande considerazione. Nadia Boulanger (1887-1979), ad esempio,
fu una degli ultimi insegnanti francesi appartenenti a un'ininterrotta tradizione
del partimento, di cui facevano parte anche suo padre e suo nonno , che si
estendeva fino agli anni '90 del Settecento, quando nacque il Conservatorio di
11 L)uRL è <http:// faculty-web.at.northwestern.edu/ music/ gjerdingen/ partimenti/index.
htm>. Può essere trovato anche cercando insieme c'gjerdingen " e upartimentin.
502 La musica nello stile galante

Parigi.12 Le edizioni italiane dei partimenti continuarono a essere pubblicate


fino agli anni '50 dello scorso secolo. 13 Eppure, fu soltanto grazie agli studi di
Karl Gustav Fellerer compiuti negli anni '30 sul fondo Santini di Miinster che
iniziò a emergere un moderno apprezzamento della tradizione originale del
partimento. li breve ma profondo Der Partimentospieler14 di Fellerer fu pub-
blicato in Germania poco dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e
per questo passò quasi interamente inosservato nel dopoguerra. presente vo- n
lume rappresenta una seconda fase di riscoperta, che vede attualmente coin-
volti molti importanti studiosi .


12
Gli allievi della Boulanger spesso studiavano dal libro di armonia di Théodore Dubois
(Traité d'harmonie théorique et pratique [Paris 1921]), il quale contiene una piccola raccolta
di bassi intitolata "partimenti''. Ella conservò una composizione di uno dei suoi allievi,
W alter Piston, intitolata Fugue pour quatuor à cordes sur un sujet de Fenaroli, MS Mus 245,
c. 1924-26, Houghton Library, Harvard University.
13 Vedi De Nardis, C., Partimenti dei maestri C. Cotumacet~ F. Durante) ... , Ricordi, Mila-
no c. I900 -I910; Napoli, J., Bassi della scuola napoletana) con esempi realizzati, Ricordi, Mila-
no 1959·
14 Fellerer, K. G., Der Partimento-Spieler: Obungen im Generalbass-Spiel und in Gebunde-
ner Improvisation , Breitkopf & Hartel, Leipzig 1940 . Fellerer ha scritto un 'introduzione ai
partimenti e poi ha fornito una selezione di partimenti dal fondo Santini di Miinster. Vedi
anche il suo precedente "Le Partimento et l'organiste au xvn1e siede", in Musica Sacra, n. 41,
1934, pp. 251-4.
Indice delle fonti musicali
Di seguito sono elencati in ordine alfabetico tutti i compositori le cui
opere con1paiono come esempi musicali. Per ogni compositore sono
, forniti i riferimenti alle edizioni moderne ampiamente diffuse (se ve
ne sono), ai manoscritti o alle registrazioni, e sono forniti rimandi
precisi ai singoli esempi. Le didascalie degli esempi forniscono il nu-
mero dtopera, il movimento, rindicazione di tetnpo, il numero di bat-
tuta (nel caso non sia indicato sul pentagramma) e, se possono essere
determinati, luogo della composizione e data della pubblicazione
o della prima esecuzione.

L' ABBÉ LE FILS h72?-I80J)


- Mid Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 3.17; 13. 7·
APRILE, GIUSEPPE (1732-18I3)
- Sol/eggi l Per voce di Soprano l Con accompagnamento di Basso l Del Signore
Giuseppe Aprile l In Napoli Strada Toledo No. 177 Sotto le Reali Finanze, MS
Solfeggio.4, olim Od.I.15, Napoli, Biblioteca del conservatorio. Ess. 3.16; 9.15.
BACH, CARL PHILIPP EMANUEL (1714-1788)
-Cari Philipp Emanuel Bacb, 1714·1788: The Collected Works /or Solo Keyboard, a
cura di Darrell Berg, New York, Garland, 1985. Es s. 7.13-14.
- Versuch iiber die wahre Art das Clavier zu spielen, vol. 2, Berlino, 1762. Es. 13.5·
BACH, }OHANN CHRISTIAN (1735-1782)
- Keyboard Music, a cura di Stephen Roe, vol. 42, 1989, in The Collected Works o/
]ohann Christian Bach, 1735-1782, a cura di Ernest Warburton, New Y ork,
Garland, 1984-99. Ess. 2.23; n.n, 20, 38; 19.1~3; 30.8.
BACH, }OHANN SEBASTIAN (1685-1750)
- lnventionen und Sin/onien, a cura di Georg von Dadelsen, serie 5, vol. 3, 1970,
in ]. S. Bach: Neue Ausgabe samtlicher Werke (Neue Bach-Ausgabe), a cura di
Johann-Sebastian-Bach-Institut, Gottinga, e Bach-Archiv, Lipsia, Kassel,
Barenreiter, 1954-. Es. IJ.J.
- Varia: Kantaten, Quodlibet, Einzelsiitt.e, Bearbeitungen, a cura di Andreas
Glockner, serie 1, vol. 41, 2000, in]. S. Bach: Neue Ausgabe. Es. 30.7.
- Werke /iir Flote, a cura di Hans-Peter Schmitz, serie 6, vol. 4, I9S4, in]. S. Bach:
Neue Ausgahe. Es. 16.3.
BARBELLA, EMANUELE (1718-1777)
- Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 11.27.
BEETHOVEN, LUDWIG VAN (I]]0-1827)
- Sonate1t /ur Klavier un d Violine, a cura di Walther Lampe e Kurt Schaffer, serie
5, vol. 1, 1975, in Neue Ausgabe siimtlicher Werke, a cura di Joseph Schmidt-
Gorg et al., Monaco, G. Henle, 1961. Es. 13.23.
504 La musica nello stile galante

- Klaviersonaten, a cura di Hans Schmidt, serie 7, voll. 2-3, 1976, in Neue Ausgabe.
Ess. 16.17; 20-13.
BoccHERINI, LuiGI (1743-18os)
-Sei quintetti per 2 violini~ viola) 2 violoncellr: op. u, vol. 2, 1970, in Le opere com-
plete di Luigi Boccherini, a cura di Pina Carmirelli, Roma, Istituto italiano per
la storia della musica, 1970-85. Ess. ILio; 18.5.
BoNONCINI, GIOVANNI (1670-1747)
- The Triumph o/ Camilla, in Italian Opera} 1640-1770, a cura di Howard Mayer
Brown, New York, Garland, 1978. Es. 3.u.
CAPARO, PASQUALE h7151I6-t787)
- Solfeggi, MS D.17, f47r, Fondo Noseda, Biblioteca del conservatorio di Milano,
Milano, c. 177o-8o. Es. 26.2.
CARULLI, GUSTAVO (I80I-I876)
- Méthode de chant, Parigi, 1838. Es. 29.11.
CASTRUCCI, PIETRO (1679-1752)
- Frencb and Italia n Innovators: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane Adas,
New York, Garland, 1991. Ess. 3.5; II.33·
CHARRIÈRB, ISABELLE DE (1740-1805)
- Essais, vers, musique, vol. 10, in Oeuvres co1nplètes /Isabelle de Charrière (Belle
de Zuylen), ed. critica a cura di Jean-Daniel Candaux et al., Amsterdam, van
Oorschot, 1979-84). Es. 3.18.
CHOPIN, FRYDERYK (I8IO-I849)
-Scherzi l Frédéric Chopin, a cura di Jan Ekier, Vienna, Wiener Urtext Edition,
c. 1979. Es. 16.18.
CIMAROSA, DoMENICO (1749-1801)
-Domenico Cimarosa: Sonate per clavicembalo o /ortepiano, a cura di Andrea
Coen, 2 voll., Padova, G. Zanibon, 1989-92.. Ess. 6.8-9, 14; 11.4, 15-16, 21-22, 39;
I6.7~1o; 20.2, 4-5; 25.14.
- Quarte/ no. 1 in D /or Flute, Violin, Viola and Celio, a cura di Karl Lenski,
Londra, Musica Rara, 1975. Es. 21.4.
- Partimenti di Domenico Cù11arosa per violino [sic], MS Gamma.L.9.26,
Biblioteca Estense, Modena, 1762. Ess. 2.6-7.
CLEMENTI, Muz1o (1752-1832)
- Six Sonatas) Opus 4, /or the Piano, a cura di Willard A. Palmer, Van Nuys, Alfred
Publishing, 1994. Ess. 7.4, 6-7; 11.23, 40.
CoRELLI, ARCANGELO (1653-1713)
- Opus 5, a cura di Joseph Joachim e Friedrich Chrysander, libro 3, 1890, in
Oeuvre!i, Londra, Augener, 1888-91. Es. 3.23.
COTUMACCI, CARLO (c. 1709-1785)
- Alexandre E. Choron, Principes d'accompagnemenl des écoles d'ltalie, Parigi,
lmbault, 1804, vol. I, libro I, parte 2. Ess. 11.17, 19.
CUDWORTH, CHARLES (1908-1977)
- "Cadence galante: The Story of a Cliché", The Montb/y Musical Record, n. 79,
1949, pp. 176-8. Es. II.I2.
DAUBE, }OHANN fRIEDRICH (c. 1730-1797)
- Gt:.neral-Bass in drey Accorden, gegrii1tdet in den Regeln der alt- un d neuen Auto-
ren, Lipsia, 1756. Ess. 11.37, 52; 20.1.
Indice delle fonti musicali 505

DITTERSDORP, CARL DITTERs VoN (1739-1799)


- Denkmiiler der Tonkunst in Osterreich, a cura di G. Adler, vol. 81, jahrgang 43/2,
Vienna, Artaria, 1936. Es. 9·4·
- Konzert /iir Cembalo, 2 Violinen und Violoncello, a cura di Walter Upmeyer,
Nagels Muszk-Archiv, n. 41, Hannover, Hagd, 1929. Es. 26.4.
-Quinte/ No. 6, in G Major, /or Two Violins, Viola, and Two Cellos, a cura di
Wilhelm Altmann, New York, International Music, c. 1951. Ess. n.24; 17.2.
- Sechs Quartette /iir zwei Violinen, Viola und Violoncello, a cura di Yvonne
Morgan, Winterthur, Amadeus, 2ooo. Ess. 8.3; 10.1.
DURANTE, FRANCESCO (1684-1755)
-Sei sonate per cembalo divise in studii e divertimenti, a cura di Pinuccia Carrer,
Roma, Stravaganza, 1986, ristampa dell'edizione napoletana del 1747-49. Ess.
7.15-17; 11.44; 16.1-2, 5·
-Der Partimento-Spieler: Obungen int Generalbass·Spiel und in gebundener Inrpro-
visation, a cura di Karl Gustav Fellerer, Lipsia, Breitkopf & Har[el, 1940. Es.
27·3·
-Regole dipartimenti numerati e diminuiti del maestro Francesco Durante, MS
34.2.3, Biblioteca del conservatorio di Napoli, Napoli, s.d. Es. 2.20; a.8·1o.
EBER.LIN, }OHANN ERNST (1702-1762)
-Vedi Mozart, Skizzen. Ess. 27.4-5.
EcKARD, }oHANN GoTTFRIED (1735-18o9)
-Complete Keyboard Works, Miklos Spanyi, cembalo, Hungaraton Classic HCD
32313-14. Ess. 25.19; 26.1.
FBNAROLI, FEDELE (1730-1818)
-Regole musicali per i principianti di cembalo, Bologna, A. Forni, 1975, ristampa
dell'edizione napoletana del1774· Ess. 7.II-12; II.45·
- Partimenti ossia basso numerato, Bologna, A. Forni, 1978, ristampa dell'edizione
fiorentina dd 1863 (di copie verosimilmente risalenti agli anni 1790·18oo). Ess.
16.4, 6; 8.2.
FERRÈRE, AUGUSTE }OSEPH FREDERICK (attivo intorno al1782)
- Recuetl des ballets, MS Rés. 68, Bibliothèque-Musée de l'Opéra, Parigi, c. 1782.
Es. 4.10.
FURNO, GIOVANNI h748·I8J7)
- Metodo facile, breve e chiaro delle prime ed essenziali regole per accompagnare i
partimenti senza numeri, Napoli, c. 1810. Ess. B.4-5.
GALEAZZI, FRANCESCO (1758-1819)
- Ele1nenti teorico-pratici di musica con un saggio sopra l'arte di suonare il violino
analizzata, ed a dimostrabili principi ridotta, vol. 2, Rotna, 1796. Ess. n.3o; 29.9-
10, 12.
GALLO, DoMENico (attivo negli anni 1750-6o)
-Sonate a tre per 2 violini e basso continuo, vol. 5, 1940, in G. B. Pergolesi: Opera
omnia, a cura di Francesco Caffarelli, Roma, Gli Amici della Musica da
Camera, 1939-42. Es. 3·9·
GALUPPJ, BALDASSARE (1706-1785)
- Concerti a quattro: a due violini, viola e basso obbligati, Quartetto Aglàia,
Stradivarius STR 33316, Milano. Registrato il 18, 24-25 maggio e il 6 giugno 1993,
presso la Chiesa di S. Maria del Popolo, Vigevano. Ess. u.14, 43; 15.1.
506 La musictJ nello stile gtJiante

- Galuppi: Motets l Con/itebor l A"ipe alpestri ad vallem, Gérard Lesne, voce,


Virgin Veritas 45030, Londra. Es. 18.1~2.
-La diavolessa, intr. di Howard Mayer Brown, New York, Garland, 1978. Es. 2.J.I.
-Sonate italiane del sec. XVIII, per cembalo o piano/orte novamente date in luce, a
cura di Domenico De Paoli, Londra, Chester, 1939. Es. 26.5.
GASPARINI, FRANCESCO (z66I-I727)
- Il Bajazet, intr. di Howard Mayer Brown, New York, Garland, 1978. Es. 4·4·
GAVINIÉS, PIERRE (1728-ISoo)
- Mid Eighteenth-Ce11tury Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 11.6; 13.8; 18.13; 20.3, 7·
-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 13.9·
GLUCK, CHRISTOPH WILLIBALD (1714-1787)
- Orfeo ed Eurtdice, Vi enna, 1762, a cura di Anna Amalie Abert e Ludwig
Finscher, serie 1, vol. 1, 1963, in Christoph Willibald Gluck: Siùntliche Werke, a
cura di Rudolf Gerber et al., Kassel, Barenreiter, 1951-. Es. II.36.
- Triosonaten, a cura di Friedrich-Heinrich Neumann, serie 5, vol. 1, 1961, in
Siimtliche Werke. Ess. 4.9; 12.1.
GossEc, FRANçois-JosEPH (1734-1829)
- Requiem l (*Gra11de 1nesse des 1norts", a cura di Wolfgang Kiess, Vienna, Mersich
& Kiess, 1999. Ess. 9.10; 13.6.
GRAUN, CARL HEINRICH (1703/4-1759)
- Sonate Es-dur /ur zwei Quer/loten (Violinen) und Basso continuo, a cura di
Herbert Kolbel e Ernst Meyerolbersleben, Hortus musicus n. 211, Kassel,
Barenreiter, 1972. Es. 9·5·
H.ANDEL, GEORG FRIEDRICH (1685-1759)
- Composition Lessons /ro111 the Autograph Collection o/ the Fitzzvillùun Museum
Cambrtdge, supplemento 1, 1978, in Ha/lische Hiindel-Ausgabe im Au/trage der
Georg Friedrich Hiindel-Gesellscha/t, a cura di Max Schneider, Rudolf Steglich
et al., Kassel, Barenreiter, 1955-. Es. 2.5.
- Klavierwerke II, a cura di Peter Northway, serie 4, vol. 5, 1970, in Ha/lische
Hiindel-Ausgabe. Es. 3.15.
HASSE, }OHANN ADOLF (1699-1783)
- 12 Solfeggi, a cura di Kurt Janetzky, Heidelberg, Willy Milller, s.d. Es. 2.21.
- Artaserse} "Per questo dolce amplesso", in Artas /or Farinelli by Vivica Genaux,
Arles, Harmonia Mundi, 2002; le note di Reinhard Strohm includono un facsi-
tnile del ritornello. Es. 9.11.
HAYDN, }OSEPH (1]32-1809)
- ]oseph Haydn: Kritische Ausgabe slimtlicher Symphonien, a cura di H. C.
Robbins Landon, Vienna, Universal, 1963-68. Ess. 9.3, 6.
- Konxerte /ur Klavier (Cernbalo) und Orchester, a cura di Horst W alter e Bettina
Wackernagel, serie 15, vol. 2, 1983, in Joseph Haydn: Werke, a cura del J. Haydn-
Institut di Colonia, Monaco, G. Henle, 1958-. Es. 30.4.
- Siitfltliche Klaviersonaten, a cura di Georg Feder, vol. 2, Monaco~ G. Henle,
1972. Ess. 10.1-4.
- Streichquartette, '(Opus 2o'' und '(Opus 33", a cura di Georg Feder e Sonja
Gerlach, serie 12, vol. 3, 1974, in foseph Haydn: Werke. Ess. 27.7-8.
Indice delle fonti musicali 507

INSANGUINE, GIACOMO (1728-1795)


-Scale~ Salti, e Sol/eggi l per voce di Basso l Del maestro G. Insanguine l detto
Monopoli l divisi in Due Parte l Parte Prima, MS M.25.7, Fondo Noseda,
Biblioteca del conservatorio di Milano, Milano, c. 1780-90. Ess. 9.14; 25.15.
JoMMELLI, NiccoLò (1714-1774)
- Demo/oonte, intr. di Howard Mayer Brown, New York, Garland, 1978. Es. n.34;
24.1 •.
- Sieben kleine Kirchenkompositionen /ur 1-5 Solostimtnen und Generalbass,
Lottstetten/Waldshut, Edition Kunzelmann, c. 1986. Ess. 2.24-25.
KocH, HEINRICH CHRISTOPH (1749-1816)
- Versuch einer Anleitung zur Composition, Rudolstadt e Lipsia, 1782-93· Ess. 29.1-8.
LECLAIR, }EAN-MARIE (1697-1764)
- Early Eighteenth-Century French and Germa1t Masters: Continue Sonatas /or
Violin, a cura di Jane Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 6.1-5.
LEDUC, StMON h742·1777)
- Late Et'ghteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. IJ.Io; 18.6, 10, 14; 21.1-3, 5-6.
LEO, LEONARDO (1694-1744)
- Concerti n. 1 e 2 per /lauto, archi e basso continuo, Massimo Mercelli, flauto,
Bongiovanni GB 5541-2, Bologna. Registrato nel novembre 1993 presso l'Aula
Magna del Convitto Nazionale "Melchiorre Delfico", Teramo. Ess. 3.8; 30.9.
-L'Olimpiade, intr. di Howard Mayer Brown, New York, Garland, 1978. Es. 22.1.
loCATELLI, PIETRO ANTONIO (169)-1764)
-XII Sonate [flauto e basso continuo], op. 2, Amsterdam, 1732. Es. 1.1.
- Dodici sonate per violino solo e basso, a cura di Barbara Sciò, vol. 6, 1998, in
Pietro Antonio Locate/li: Opera omnia, n. 6, a cura di Albert Dunning et al.,
Londra, Schott, 1994-. Ess. 3.6-7; 11.41.
MANFREDINI, VINCENZO (1737-1799)
-Regole armoniche, o siena Precetti ragionati, Venezia, 1775; 2 3 ed. ampliata, 1797.
Es. 11.53·
MARCELLO, BENEDETTO GIACOMO (1686-1739)
-Sei Suonate, Opus I, Amsterdam, Witvogel, 1732. Es. 3·4·
MATTEI, STANISLAO (1750-1825)
-Piccolo bas.ro: In tutti li toni per introduzione alli bassi numerati 6 siano partimen-
ti, MS Od.2.18, foglio 12r, Biblioteca del conservatorio di Napoli, Napoli, c.
I790-18oo). Ess. 2.2; s.6-7.
- Partimenti dei maestri C. Cotumaccz: F. Durante) ... , a cura di Camillo de Nardis,
Milano, Ricordi, c. I900-I9IO, libro 3· Es. 13.22.
MOZART, WOLPGANG AMADEUS h756-1791)
-Barbara Players und Franz ]akoh Freystiidtlers Theorie- und Kompositionsstudien
bei Mozart, a cura di Hellmut Federhofer e Alfred Mann, serie 10, supplemen-
to, gruppo 30, vol. 2, 1989, in Wolfgang Amadeus Mozan, Neue Ausgabe siimtli-
cher Werke, ed. lnternationale Sti/tung Moz.arteum Salzburg, Kassel, Barenreiter,
1955-91. Ess. 3.21; I6.14-15.
- Hornkonzerte, a cura di Franz Giegling, serie 5, gruppo 14, vol. 5, 1987, in Neue
Ausgabe. Ess. 6.13, 15.
- Klaviersonalen, a cura di Wolfgang Plath e Wolfgang Rehm, serie 9, gruppo 25,
508 La musica nello stile galante

vol. 2, 1986, in Neue Ausgabe. Ess. n.29, 47; 13.17-21, 24; 26.6; 30.3.
- Die Notenbiicher, a cura di Wolfgang Plath, serie 9, gruppo 27, vol. 1, 1982, in
Neue Ausgabe. Ess. u.5; 25.1-8.
-Quarte/te und Quinte/te mit Klavier und mit Glasharmonika, a cura di Hellmut
Federhofer, serie 8, gruppo 22, volume 1, 1957, in Neue Ausgabe. Ess. 30.2, n.
- Sin/onien, a cura di H. C. Robbins Landon, serie 4, gruppo 11, vol. 9, 1957, in
Neue Ausgabe. Ess. 9.8-9, r6-2o; 18.15; 30.1.
- Skizzen, a cura di Ulrich Konrad, serie 10, gruppo 30, vol. 3, 1998, in Neue
Ausgabe. Ess. 25.18; 27.4-6.
- Sonaten und Variationen /iir Klavier und Violine, a cura di Eduard Reeser, serie
8, gruppo 23, vol. 1, 1964, in Neue Ausgabe. Ess. 25.I0-13, 16-17, 20-21.
- Streichquartette, a cura di Ludwig Finscher, serie 8, gruppo 20, vol. 1, parte 3,
1964, in Neue Ausgabe. Es. 16.16.
- Thomas Attwoods Theorie- und Kompositionsstudien bei Mozart, a cura di Erich
Hertzmann e Cecil B. Oldman, completato da Daniel Heartz e Alfred Mann,
serie 10, supplemento, gruppo 30, vol. 1, 1965, in Neue Ausgabe. Es. 7.19.
- Variationen /iir Klavier, a cura di Kun von Fischer, serie 9, gruppo 2.6, 1961, in
Neue Ausgabe. Es. 11.9.
- Die Zauber/lote, a cura di Gemot Gruber e Alfred Orel, serie 2, gruppo 5, vol.
19, 1970, in Neue Ausgabe. Es. 2.8.
NARDINI, PIETRO (1722·1793)
-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 11.26, 28, 31·32.
p ACHELBEL, }OHANN (t653·1706)
- Kanon /ur Violinen und Bass, Winterthur, Amadeus, 1980. Es. 2.4.
p AISIELLO, GtOVANNI (1740- 1816)
-Regole per bene accompagnare il partimento, San Pietroburgo, 1782. Ess. 2.3; }.Io;
11.51; t6.Il·I2; 30.6.
PASQUALI, NICCOLÒ (c. 1718-I757)
- Mtd Eightee11th-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 4.6; 11.25.
PERGOLESI, GIOVANNI BATTISTA (1710-1736)
- Stabat Mater: For Soprano, Alto and String Orchestra, a cura di Alfred Einstein,
Londra, Eulenburg, c. 1927. Es. 30.5.
PEROTJ, PADRE fULGENTIUS (attivo negli anni 1750-60)
- Raccolta Musicale contenente VI sonate per il cembalo solo, Norimberga,
Haffner, 1756. Es. 26.3.
PICCINNI, NICCOLO (I728-I8oo)
-LA Cecchina, ossia La buona figliuola, intr. di Eric Weimer, New York, Garland,
1983. Ess. 25.9, 22.
PLOYER,BARBARA (I765-18II)
-Vedi Mozart. Ess. 16.14-15.
PORPORA, NICOLA (1686-1768)
- 25 vocalizzi ad una voce e a due voci fugate, a cura di Paolo Mirko Bononi,
Milano, 1957. Es. 17.1.
- Veracini and His Contemporaries: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 4.5.
Indice delle fonti musicali 509

PRINNBR, }OHANN }ACOB (1624-I694)


- Musicalischer Schlissl, MS ML 95 P 79, Biblioteca del Congresso, Washington
D.C., 1677. Ess. 2.15-19; ).I, 12.
PuGNANI, GAETANO h731-1798)
-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, I99I. Ess. I4.32-36; I8.II.
QUANTZ, }OHANN }OACHIM (1697-1773)
- Versuch einer Anweisung die Flote traversiere z.u spielen, Berlino, 1752. Ess. 7.I8;
28.2-20.
- Triosonate Es-Dur /iir Querflote, Violine, und Basso continuo oder /iir Querf/ote
und obligates Cembalo, a cura di Hugo Ruf, Hortus musicus, n. 235, Kassel,
Barenreiter, I987. Ess. I1.46; 28.1.
RIEPBL, }OSEPH (1709-1782)
- An/angsgriinde zur musicalischen Set1.kunst: Samtliche Schri/ten zur Musik-
theorie, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli., Vienna, Bohlau, 1996. Ess. 4.1, 3, 8;
7.1, 3, 5, 22; 8.1-1; 14.1-26; 16.13; 18.8-9; 25·II.
RosstNI, GtoACHINO (1792-1868)
-Il barbiere di Siviglia: A Comic Opera in Two Acts, New York, Schirmer, 1900.
Es. 6.I6.
SALA, NICOLA (I7IJ-I80I)
- Alexandre E. Choron, Principes de composition des écoles d'ltalie, Parigi, 1808.
Ess. 11.18, 50, 54-55·
SALIERI, ANTONIO h750-1825)
- Concerto} C-dur, fur Flote, Oboe u11d Orchester, a cura di Renzo Sabatini,
Vienna, Doblinger, c. 1963. Es. 13.16.
-"Mio caro Adone,, in La fiera di Venezia, Vienna, 29 gennaio 1772; l'aria è usata
come tema delle variazioni per tastiera di Mozan. Es. 11.8.
-Fiera di Venezia. Sinfonia, a cura di Clark McAJister, Miami, Kalmus, 1985. Es.
18.7.
SAMMARTINI, GIOVANNI BATTISTA (I?OOIOI-1775)
- Con/itehor tibi (}-Cios), mov. 6, Gloria Patri, MS. Biblioteca del conservatorio
di Milano, Milano, c. 1750-60. Es. 2.22.
ScARLATTI, DoMENICO (1685-1757)
-Domenico Scarlatti: Sonates, a cura di Kenneth Gilbert, Parigi, Heugel, 197I-84.
Ess. 7 .9~ 10~ •3·4·
ScHOBERT, JoHANN (c. 1735-1767)
- Opus 6, No. 1, Nagels Musik-Archiv, n. 197, Hannover, Hagel, 1958. Ess. 2.9; II.7.
SOMIS, GIOVANNI BATTISTA (I686-I76J)
-La scuola piemontese nt~! XVIII secolo, Enrico Gatti, violino, Symphonia sv 92S13.
Registrato nel gennaio 1992 presso la Chiesa di S. Chiara, Bra. Ess. 5.2; 10.1.
STAMITZ, AN TON (1750-1798/1809)
-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 18.4.
STAMITZ, }OHANN (I717-1757)
- Mid Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 4· 7·
TARTINI, GIUSEPPE (1692-1770)
510 La musica nello stt1e galante

- Mid Eighteenth-Ce1ttury Masters: Continuo Sonatas /or Violin. a cura di Jane


Adas, New Y ork, Garland., 1991. Ess. u.13; 18.3.
TRITTO, GIACOMO (1733-1824)
-Scuola di contrappunto, ossia Teorica Musicale, Milano, Ferd. Artaria [1816]. Ess.
2.1; 4.2; 7.20; 9·1-2.
- Partimenti regole generali: Per conoscere qual numerica dar si deve a vari movi-
menti del basso, Milano, Ferd. Artaria [1816]. Ess. 20.6; JO.Io.
VALENTE, SAVERIO (attivo negli anni 1767-1811)
- Partimenti, MS Q.13.17, Fondo Noseda, Biblioteca del conservatorio di Milano,
Milano, c. 1790-18oo. Ess. 3·13-14.
VANHAL, }OHANN BAPTIST (1739-I813)
- Vanhal: Six Quartets, a cura di David Wyn Jones, Cardiff, University College
Cardiff Press, 1980. Ess. 2.8; IJ.II-I5; 20.8-12.
VIOTTI, GIOVANNI BATTISTA (1755-1824)
-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 11.42; 18.12.
VIVALDI, ANTONIO (I678-1741)
- Vivaldi: La Pastore/la and Other Cbamher Concertos) the Chandos Baroque
Players, Hdios CDH55102. Registrato il 27-29 aprile 1988, presso il salone della
Claydon House, Bucks, GB. Originariamente pubblicato come Hyperion
CDA66309. Ess. 9.12-3.
WALTHER, }OHANN GOTTPRIED (1684-1748)
- Praecepta der 11tusicalischen Co1nposition, MS, 1708, a cura di P. Benary. Lipsia,
Breitkopf & Hartel, 1955. Ess. n.1-2.
WODICZKA, WBNCESLAUS (c. 1715/20-1774)
- Veracini and His Contemporaries: Continuo Sonatas /or Violùt, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 2.1o; 3.2-3, Io; 4.n; 6.6-7, 12; 7.21; 9.7; 14.27-
31.
ZINGARELLI, NICCOLÒ (1752-1837)
- Partùnenti, MS L140, 2 voli., Fondo Noseda, Biblioteca del conservatorio di
Milano, Milano, c. 18oo-182o. Ess. IJ.I-2.
- Partimenti del signor ntaestro Don Nicolò Zingare/li... , Milano, Ricordi, c. 1820-
30. Ess. ).19-20, 22; 6.n; 7.2.
Indice analitico

614 di passaggio, 255, 295-6 Barbiere di Siviglia, Il, 108


Barbieri, Niccolò, 25, 43
A Classic Turno/ Phrase, 32, 131, 452 barocco, 20, 453-4
Aarne, Antti, 29n, 30n Barrington, Daines, 256
abbozzo continuativo, 398 basso albertino, 363-4
Accademia Filarmonica, 258 basso continuo, 181, 392, 492
Adams, Henry, 35 basso fondamentale, 204
adeste fide/es, xos-6, 128, 140, 141 basso non numerato, 209
affetti, 25 basso numerato, v. basso continuo
Albani, cardinale, 63 Beatles, 452-3
alterazioni, 487 Beethoven, Ludwig van, 35-6, 216~7, 258-9,
Amoroso, 234 285, 301-2, 443, 458, 459n
Amsterdam, 59 Bellini, Vincenzo, 46, 78, 251, 260
Anderson, Emily, 385 Berg, Darrell M.,II9n
Anna, principessa, 48-9 Berliner, Paul, 387
Aprile, Giuseppe, 75, 98, 143, 333, 366, 375, Berlino, 417, 431
461 Berlioz, Hector, 447
schema, 143-9, 480 Biblioteca del conservatorio di Milano, 177
archeologia, 33-4, 37, 8o Boccherini, Luigi, 166, 275-6, 446
archetipo della nota cambiata, 131 Bologna, 46, 215, 258, 386
aria semplice, 418, 420, 431 Banno, Giuseppe, 262, 264, 459
Arrau, Claudio, 36 Bononcini, Giovanni Maria, 45, 58-9
ars combinatoria, 119, 135-6, 144, 218, 219, Bononcini, Giovanni, 72-4, 98
355, 440 Bordoni, Faustina, 61
Artaserse, 139 Baroni, Antonio, 112
Asioli, Bonifazio, 446 Boulanger, Nadia, 501, 502n

aspettative, 390 Bourdieu, Pierre, 455
Attwood, Thomas, 93, 123-4, 190 bozze, 398-401
Austen, Jane, 18, 443-4, 472 Brahms, Johannes, 285, 472
Brown, A. Peter, 136n
Bach, Cari Philipp Emanuel, II9-2o, 206, Brown, Bruce Alan, 2on
292, 416 Budday, Wolfgang, 91
Bach, Johann Christian, 20, 63, 65, 121, Bukofzer, Manfred, 454
167, 171-2, 182, 283-92, 370, 464 Buona figliuola, La, 258, 361, 373-4
Bach, Johann Sebastian, 21, 101, 160, 205, Burney, Charles, 368
247-8, 459, 463-4, 469 Burton, Richard, 138
Bacon, Francis, 170
Bajazet, Il, 85 cadenza
Barassi, Elena Ferrari, 47n composta, 162, 164, 190, 200, 472, 487-8,
Barbella, Emanuele, 175-6 497
512 La musica nello stile galante

Convergente, 180-4, 230, 293-5, 297-9, Carulli, Gustavo, 447


304, 438-9 Castiglione, Baldassare, 19

Cudworth, 167-70, 173, 176, 180, 207, castrati, 143
307, 328, 352 Castrucci, Pietro, 69, So, 179
d'inganno, 170-2, 174-6, 352, 491 Caterina la Grande, 253
Do-Si-Do, 167 Cecchini, Pietro Maria, 486
doppia, 123, 190-1, 206, 399, 424, 438, Charrière, Isabelle de, 66, 77, 125, 233, 462
462,487 Chesterfield, conte di (Philip Dormer
emiolia, 189 Stanhope),17, 24,308,472
evitata, 146, 170-3 chiarezza, 238,385
finta, 170. 491 Chopin, Fryderyk, 260-1, 447, 453
frigia, 163 Choron, Alexandre, 196
galante, v. cadenza Cudworth Christensen, Thomas, 33n, 236n
Grande, 173-4 Churgin, Bathia, 432, 434, 448
imperfetta,188 Cimarosa, Domenico, 50-1, 104-8, 143-4,
in tempo, 468-9, 473 163-4, 169-70, 172-3, 183, 251-2, 255,
Lunga, 164, 191, 194, 274, 296, 352, 429, 293-6, 302, 305-8, 364-6, 486-7, 493
446,490 Cinna, 45
Mi-Re-Do, 163-5, 188, 190 classico, 20, 453
nel partimento, 487 clausula
plagale, 163 altizans (contralto), 161-2, 188, 176
Pulcinella, 175-6 cantizans (soprano), 161-2, 166, 180, 184,
semplice, 162, 190, 487-8, 495, 497 194
sfuggita, 170, 180, 200 per/ectissima (basso), 160-2, 166, 175,
sinonimo di partimento, 468 188, 191, 197
solistica, 184 tenorizans (tenore), 161-2, 166, 169, 185,
sospesa, 174-5, 200 187, 189
spiegazione del termine, 163 vera, 67, 78, 146, 149, 185-7, 189, 376, 455
Caduta del@ Acuto, 94, 142, 151, 183, 224, spiegazione del ter ntine, 161
235.248,278,281,287 Clementi, Muzio, II2-6, 173, 183-4, 433
Caduta del CB Acuto, 183-4, 278 coda, 262, 457
Caduta Finale, 190 Comédie ltalienne, 302-3
Cafaro, Pasquale, 131, 143 commedia dell'arte, 24~6, 30, 388
Cafaro, Pasquale, 367, 375-7, 465 comune solfeggio italiano, 56-8, 181, 278,
Caffarelli, 85 480-1
Cafiero, Rosa, 246n condotta, 435-6
Cajkovskij, Petr ll'ié, 453 Corelli, Arcangelo, So-I, 95, 432, 454
Ca liste, 462 salto della rana, 144, 492
Camelot, 138 Corneille, Pierre, 66
Campioni, Carlo Antonio, 233 Cartoni, Arcangelo, 333
Cannabich, Christian, 213 Cotumacci, Carlo, 171, 386, 491
canone,246-7,250,26o Cudworth, Charles, 167-8

canto gregortano, 185 v. cadenza Cudworth
canzonetta, 328 Czemy, Cari, 36
Caplin, William, 493n
Carlo Vl, 262 D'Aremberg, principe Luigi, 302
Carlotta Sofia, regina d 'Inghilterra, 20, d'Hermenches, barone Constant, 233
283, 370 Dahlhaus, Cari, 28, 433
Indice analitico 513

Damton, Robert, 29n esemplari, 8, 27


Daube, Johann Friedrich, 57, 180-2, 192-5, espansione, 436
292, 333 Esterhazy, principe di, 150
de Marivaux, Pierre, 501 evento, 41
de Maupassant, Guy, 92 evoluzionismo storiografico, 34
Demo/oonte, 180, 317, 333-47
Deppert, Heinrich, 161n Fago, Nicola, 195, 366
Diavolessa, La, 317-32 fantasia, 206, 387
Digione, 273 Farinelli, 85, 139, 195, 416
discantus, 185 Farnese, Elisabetta, regina di Spagna, 92
dispositio, 390 fattoria ornamentale, II7
Dittersdotf, Cari Ditters von, 25-6, 127-30, /auxbourdon, 489
133, 150-1, 262-72, 284, 377-8, 456-6o Favart, Charles Simon, 501
Do-Mi-Sol, 225, 435, 445-6 Fayolle, François, 308
Do-Re-Mi Federico Guglielmo u, re di Prussia, 262
cromatico, 107-9, 128 Federico il Grande, 416
diviso in due, 105-9, 128, 140 Fellerer, Karl Gustav, 502
schema, 72-3, 79, 98-109, 139-41, 163, 274, Fenaroli, Fedele, So, nS-9, 187, 248-50, 258,
395, 453. 457, 478 487,493
Dolmetsch, Amold, 38 schema, So, 218, 222-3, 227-8, 246-6o,
Don Giovanni, 457 263, 293-4, 359. 441-2, 483
Donizetti, Gaetano, 46, 468 /erme ornée, 138
Drabkin, William, 236n Ferrère, August Joseph Frederick, 90
Dresda, 33, 84, 85, 386, 417, 431 fete galante, 303
Dudeque, Norton E., 263n Fétis, François-Joseph, 108, 386
due punti, 177 fiabe tradizionali, 28-31
Durante, Francesco, so, 6o, 118-9, 121-3, Fiera di Venezia) La, 277-8
143, 186-7, 246-8, 250-1, 365, 386, 388, figure obbligate, 22, 436
397·8, 459, 465, 493•501 Filippo v, re di Spagna, 139
controcanto, 246, 250-2, 427 "filo, il", 385, 393, 396-7, 401, 437, 446
Fiocchi, Vincenzo, 196
Eberlin, Johann Emst, 398-9 fioritura la-sol, 134, 143, 363-5, 370-1, 461
Eckard, Johann Gottfried, 364, 368-70, Flauto magico, Il, 51
372-3, 376, 461 Florimo, Francesco, 386
Eckert, Stefan, 88 Folìa, 50-1
Edimburgo, 86 fondo Noseda, Biblioteca del consetvato-
Eerola, Thomas, 451 rio di Milano, 141, 204
Eingang, 285 Fonte
Einstein, Alfred, 463 cromatica, 117-8, 178-9
Elettore di Sassonia, 416-7 ermafrodita, 88-9
Elias, Norbert, 17, 64, 199, 301 schema, 82-92, uo, 135, 149, 151-3, 219,
Elliot, Grace, 302-3 226-7' 233, 250-1, 278, 328, 335, 424,
Emmerig, Thomas, 82n 436, 453, 477
enja~bement, 100, 284 fot'nla misolidia, 170, 352
episteme classica, 135 forma sonata, 432, 454
ennafrodita, v. Fonte forma, 40-1, 433, 442
esacordo, 56-8, 186, 239, 486 Foucault, Michel, 35, 135
• •
esecuzione storica, 37 frase con antecedente e conseguente, 140
514 La musica nello stile galante

Fritelli, Fausto, 57 Haydn, Michael, 133


F rye, Northrop, 26 Heartz, Daniel, 2on, 21
Fumo, Giovanni, 386, 490-1, 493-4 Heinichen, Johann David, 33, 488
Fu x, Johann Joseph, 22 Hill, George Robert, 26411
Huxley, Aldous, 34
galante/i
• • • • •
motlvt, 435 mutazione, 253
stile, 21, 67, 388 implicazione, 391-2, 394
spiegazione dd tennine, 19-21 Indugiot 292-303, 304, 427, 439-40, 453, 455,
Galeazzi, Francesco, 26, 177-8, 197, 432-5, 485
432-51 infantilizzazione della musica galante, 359,
Gallo, Domenico, 71-2 433
Galuppi, Baldassare, 23, 84, 169, 185-6, 236, inganno, l', 170
238-45, 284, 327-32, 377·9, 459 Insanguine~ Giacomo, 141-3, 365-6
Gasparini, Francesco, 85, 123, 416
Gaviniés, Pierre, 164-5, 168, 208-9, 211, 281, James, William, 26n
294,297,304,308 jazz, 387
Geertz, Clifford, 494n Jommelli, Niccolò, 63-4, 121, 143, 180, 195,
genere delle frasi, 88 333-49, 431, 455, 459
gerarchia cognitiva, 443 schema, 180
gerarchia tonale, 443 Jupiter
Gide, André, 36 motto, 137, 143-4, 146
Giorgio III, re d'Inghilterra, 20, 370 schema, 136, 141, 369-70, 373, 421, 428, 480
Giovanni Ernesto, principe di Sassonia- sinfonia, 136-8
Weimar, r6o
Glassie, Henry, 36 Kamien, Roger, 248n
Gluck, Christoph Willibald, 61, 89, 181, Kant~ lmmanuel, 26
200-3, 212 IGerkgaard, Mikkeline, 22
Goldoni, Carlo, 327, 501 Koch, Heinrich Christoph, 149, 435-41, 445
Gossec, François-Joseph, 138, 211 Krause, Christian Gottfried, 416
gradi della scala, nomi dei, 40, 48 Krause~ Martin, 36
grammatica a stati finiti, 390
Graun, Cari Heinrich, 133-4, 373 L' Abbé le Fils, 76, 98, 207-8, 211, 368
Greco, Gaetano, 36 L'Aia, 66, 370
Grimm, barone von (Friedrich Melchior), Le Corbusier, 454
19,34, 361-2,368,3?3,396,457 Leclair, Jean-Marie, 98-102, 208, 264, 416,
Grimm, fratelli, 28 432
Grosswardein, vescovo di, 133 Leduc, Simon, 209-10, 276, 279, 281-2, 304-
Guido d'Arezzo (Guido monaco), 55 14, 373, 448
Leo, Leonardo, 70-2, 131, 143, 195, 246, 262,
habitus, 455 264, 315-26, 334, 366, 373, 416, 464-5
Haffner, Johann Ulrich, 376 Lemer, Alan Jay, 138
Hameau de la Reine, 138 Lester, Joel, 249
Handel, Georg Friedrich, 48-9, 74-6, 98, Lipsia, 463
101, 149 liquidazione, 263
H asse, J ohann Adolf, 61-2, 139, 317, 416 Liszt, Franz, 36, 260, 375, 447
Haydn, Joseph, 36, 85, 127, 133, 150-9~ 385, Locatelli, Pietro Antonio, 31-2, 70, So,
398, 400-14, 433~ 446~ 455~ 461-2 150,184
Indice analitico 515

Loewe, Frederick, 138 Mozart, Karl, 446


Lolli, Antonio, 333 Mozart, Leopold, 57, 164, 283, 292, 304,
Londra, So, 86, 200, 256, 367, 370, 387 350, 367, 376, 385, 398-9, 414, 435, 473
Lord, Albert, 100, 283 Mozart, Wolfgang Amadeus, 51-2, 89, 93,
Lotti, Antonio, 84 106-7, 123-4, 127' 134, 136-8, 144-9,
Luigi xrv, re di Francia, 96 164, 166, 177, 189-90, 2.13-8, 256-7,
Luigi xv, re di Francia, 92, 96, 302 282-3, 301, 350-74, 375-84, 390, 396,
398-400, 431, 433, 440, 444, 456-64,
maestro di cappella, 22 469, 472-3
Mahler, Gustav, 454 Miinster, 502
Malcolm, Alexander, 177
Manfredini, Vincenzo, 176-7, 194 Napoleone, 209, 302, 433, 444
maniere, 17-8 Napoli, 46, so, 61, 85, 106, II2, 119, 122-3, 246,
manierismo galante, u9 262, 302, 315, 333, 365, 375, 385-6, 486
Mannheim, 87, 274 Nardini, Pietro, 175-6, 178-9, 333
Marcello, Benedetto, 68-9, 84, 101, 416 Nannour, Eugene, 390
Maria, duchessa di Savoia, 95 nomi degli accordi, 40
Maria Antonietta, 138 nomi delle note, 40
Maria Fedorovna, 253 Nonnan, Donald A., 496n
markoviana, catena, 387 Noverre, Jean-Georges, 333
Marshall, Robert Lewis, 21n
Martini, Giovanni Battista, 216, 468, 492 Olimpiade, L', 315-26
Marx, Adolf Bemhard, 444-5 opera buffa, 327
Masi-Giura, Maria, 333 opera seria, 238, 315, 327, 333

matrice, 390 Ordnung, 385
Mattei, Stanislao, 46, 215-6, 386, 468, 492-3 Orgoglio e pregiudi1.io, 18, 443-4, 472
mentalité, 38 Orleans, duca di (Luigi Filippo n), 302-3
Metastasio, 315, 334 Ozymandias, 454
Meyer, Leonard B., 105, 131, 141, 390, 402,
457 Pachelbel, Johann, 48
schema, 131-6, 141-2, 149, 181, 370-4, 426, Padova, 179
429, 452-3, 480 Paisiello, Giovanni, 46-7, 144, 191-2, 253-5,
Milano,63,200 302, 462-3
Milton, J oh n, 416 Palisca, Claude, 2on
minuetto, 91-2, 93-7, 98, 219, 230-3, 355, 358- parentesi, 149, 436-7
9, 361, 435 Parigit 52, 55, 200, 207, 210, 213-4, 302, 304,
modalità di ascolto, 18, 33, 34 368, 375, 446-7
modalità 'trasmissiva', 195 Partimento
modulazione, 238, 385 bassi, 40, 45-50, 61, 82, uo- 1, 161, 187,
Monaco di Baviera, 213 191, 194-5, 204, 399-400, 430, 465-9,
Monte 486-502
• •
In tre partt, u2-3, 117 diminuito, 501
Principale, u8-9, 121, 401 fugato, 397
Romanesca, 119-22, 147, 191 numerato, 247
schema, 82, no-26, 219, 226-7, 233, 252, realizzazione, 106, 254, 486-502
479 semplice, 48, 131
mossa d'apertura, 66-7 pas de deux, 162, 197
• •
movlDlentt, 119, 493, 495 Pasquali, Giovanni, 86-7, 174
516 La musica nello stile galtJnte



passo carattensttco, 442 quarta e sesta eli cadenza, 162, 168
Passo Indietro, 188, 196, 358·9, 423 ' Quartetto Aglàia, 240
Pastorella, 138-42, 206, 421, 428, 457, 480 Quiescenza, 204-18, 286, 352-3, 362, 453,
Pastore/la, La, 140 455, 481
pedale, 204-5, 222
percorso, 396-7, 414 Radice, Mark A., 21n
Perez, David, 143 Radz/ persiano, 387
Pergolesi, Giovanni Battista, 462-3 Rameau, Jean-Philippe, 57, 101, 292
Peroti, Fulgentius, 367, 376-7 Rameau, Pierre, 92n
Piccioni, Niccolò, 144, 258, 302, 361-2, Ranke, Leopold von, 37n
373-4 Ratisbona, 82, 255
Pietrapaola, Domenico, 162, 163n, 387 Ratner, Leonard, 140, 380
Pizarro, Artur, 301 Ravel, Maurice, 27
Platone, 26 realizzazione, 391-2
Ployer, Barbara, 78-9, 256-7 regol~e
Polonia, re di, v. Elettore di Sassonia del mi, 55, 59
Ponte, 82, 219-37, 363, 482 dell'ottava, 248, 367, 488-91, 493
Porpora, Nicola, 36, 85-6, IOI, 139, 143, 150, allegate ai partimenti, 48

264,416,460 repertono, 41-3
• • •
pOSIZIOne requtem, 138, 206
prima, 106 Riemann, Hugo, 78, 386
seconda, 79 Riepel, Joseph, 57, 83-5. 93, uo-3, 125-6, 128,
Posner, Michael, 26 135·6, 178, 219-30, 249, 255, 278-9, 316,
prassi comune, 34, 364 355. 416, 418, 445
pre-classico, 21 Rimskij-Korsakov, Nicolaj, 160
Predota, Georg A., 47n risposta, 66, 72, 397
Prinner, Johann Jacob, 57-9, 66-7, 73 ritardo 2-3, 99-103, 146
basso, 151 ritardo 7-6, 137
melodia, 141-2, 146 ritornello, 316
modulante, 73-4, 79, 150-1, 181, 194, 197, rituale, 195
234, 440-1 rivoluzione francese, 127, 278, 302, 433
risposta, 136, 140, 144, 147, 192, 197, 287, Rockstro, W. S., 185n
..
328, 422 rococo, 21
schema, 66-81, 134-6, 274, 362-7, 375-80, Roma, So, 95, 434
388-9, 422, 428, 438, 455-6, 476 Rom anesca
Stabat Mater, 462-6 basso, 49, 52-5, 172
probabilità, 388-90, 395, 453 schema, 32, 45-65, 67-72, 140, 179, 191,
transizionali, 390 196, 200, 274, 286, 328, 334, }66-8, 417,
progressione di settime, 438 455, 474-5
Prokof ev, Sergej, 472 Rore, Cipriano de, 186
prolungamento, 108 Rosalia, v. Schusterfleck
proposta, 72, 397 Rosch, Eleanor, 26

prototipo, 390 Rosenberg, Jesse, 246n
Pugnani, Gaetano, 233-6, 280, 432, 435 Rossini, Gioachino, 46, 108, 216, 260, 386,
punto, 177-8 468
Putnam, Hilary, 26 Rubinstein, Anton, 375
Quantz, Johann Joachim, 123, 183-4, 188, Rudolph, Paul, 454
196, 292, 397, 416-}1, 468 Rudolstadt, 437
Indice analitico .517

Saint Lambert, Monsieur de, 55, 57 stadio, 41


Sala, Nicola, 143, 164, 171, 191, 195-7, 366, Stamitz, Anton, 274-6, 302
446,488 Stamitz, Johann, 87
Salieri, Antonio, 165-6, 188, 212, 217-8, 276-8 statistica, v. probabilità
Salisburgo, 366, 368, 398 stile dotto, 459
Salti di Terza discendenti, 191-2, 195, 402 stile galante alto, 379
Sammartini, Giovanni Battista, 61-4, 121 Stoccarda, 180,194,334
Sanguinetti, Giorgio, 246n Stravinskij, Igor, 71
Satz, 385 stretto, 394
Savoia, 93, 432, 434 Strohm, Reinhard, 69n, 385n
Savoia, Maria duchessa di, 95 Sturm und Drang, 459
Sayn-Wittgenstein, Caroline von, 260 style brisé, 464
scambio delle parti, 146, 147, 379 Sullivan, Arthur, 327
Scarlatti, Domenico, 84, ro1, n6-8, 150, Swi&, Jonathan, 255
205, 416

scenario, 24-5 Tartini, Giuseppe, 56-8, 168, 176, 179, 274-
schema 6,278

nom1, 39 tenore, 185

prototipi, 26-7, 474 teone, 27
spiegazione del termine, 23, 26-31, 33, tetracordo frigio, 186
488 v. anche cadenza frigia

teor1a, 390-4 Thurn und Taxis, principe di, 82
. ..'
Schenker, Heinrich, 54, 386, 444, 454 tlptclta, 452-3
Schobert, Johann, 52, 165, 168 "tirare le Melodie", 444
Schonberg, Amold, 263, 454 tonalità, 40
Seh ubert, F ranz, 444 tono, n6
Schumann, Robert, 375 topos pastorale, 140
Schusterfleck, 236, 278 Torino, 93, 432, 434-5
Schwartz, Judith Leah, 128n Tovey, Donald Francis, 308
Sciroli, Gregorio, 195 tradizione letteraria, 283, 378
scuola italiana, 262 tradizione orale, 131, 283-4, 395
Selfridge-Field, Eleanor, 68n Trionfo di Camilla, Il, 72
sequenza 5·6, 115 Tritto, Giacomo, 46, 83, 124-5, 131, 296,
Sesta Aumentata, 187 465-8, 473
sesta napoletana, 188, 379 lezione di, 465, 468, 473
sezione di sviluppo, 379
Simon, Herbert, 443 Urlinie, 437
Sisman, Elaine, 152n
slancio, 446 vaghezza, 238, 385
Sol-Fa-Mi, 273-82, 285, 436-7, 484 Valente, Saverio, 73-4, 194
solfeggio, 55-9 141-2, 197-8, 365-6, 431, 472- Vanhal, 127, 210-2, 297·301, 446, 456
3, )01 Venezia, 33, n6, 186, 238
Somis, Giovanni Battista, 93-8, 101, 127-8, Verdi, Giuseppe, 247
150-1, 262, 316, 416, 432, 435 Versailles, 387
sonata a solo, 208-9 Vienna, 18o, 200, 210, 282, 297, 416
Spade, Rupert, 454 Congresso di, 433
Spontini, Gaspare, 46, 195, 260 Vinci, Leonardo, 317
sprezzatura, 19,445 Viotti, Giovanni Battista, 184, 28o~1, 432, 778
518 La musico nello stile galtlnte

Virgola Winkelmann, Johann Joachim, 139Witt-


Lunga, 178-9, 191 genstein, Ludwig, 26
schema, 177·9, 191, 224, 425-. Wodiczka, Wenceslaus, 53-4, 61, 67-72, 91-
Vivai di, Antonio, 140-1 2, 95, 102-4, 106-7, 125-6, 135, 148, 230-
3, 236, 416, 435
Wallace, Robin, 457n Wright, Frank Lloyd, 454
Walther, Johann Gottfried, 16o-1, 165-6, Wiirttemberg, Carlo Eugenio duca di, 333
185, 188, 190, 192, 194
Wanhal, v. Vanhal Zarlino, Gioseffo, 186
Weber, Max, 26 Zaslaw, Neal, 101n
Weimar, 160 Zelenka, Jan, 84, 416
Werckmeister, Andreas, 160 zibaldone, 24-6, 32, 45, so, 256, 486
Willaert, Adrian, 186 Zingarelli, Niccolò, 78-So, 106, IIO-I, 125,
204-6, 251
Indice
Prefazione all'edizione italiana . . . . . . . . . • • pag. 7
Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . • • )) 14
l. Introduzione . . . . . . . . . . . . • • )) 17
2. La Romanesca . . . . . . . . . . . . • • )) 45
3. li Prinner . . . . . . . . . . . . . • • )) 66
4. La Fonte . . . . . . . . . . . . . • • )) 82
5. Un Minuetto di Giovanni Somis . . . . . . . • • )) 93
6. TI Do-Re- Mi. . . . . . . . . . . . . • • )) 98
7. li Monte. . . . . . . . . . . . . . • • )) 110
8. Un Tema e variazioni di Cari Ditters von Dittersdorf . • • )) 127
9. Il Mayer . . . . . . . . . . . . . . • • )) 131
10. Un Tema e variazioni di Joseph Haydn . . . . . • • )) 150
11. Clausulae . . . . . . . . . . . . . • • )) 160
12. Un Andante di Christoph Willibald Gluck . . . . • • )) 200
13 . La Quiescenza . . . . . . . . . . . . • • )) 204
14. ll Ponte . . . . . . . . . . . . . . • • )) 219
15. Un Grave sostenuto di Baldassare Galuppi . . . . • • )) 238
16. Il Fenaroli . . . . . . . . . . . . . • • )) 246
17. Un Allegro di Cari Ditters von Dittersdorf . . . . • • )) 262
18. D Sol-Fa-Mi . . . . . . . . . . . . . • • )) 273
19. Un Andante di Johann Christian Bach . . . . . • • )) 283
20. L'Indugio . . . . . . . . . . . . . • • )) 292
21. Un Cantabile di Simon Leduc . . . . . . . • • )) 304
22. Un Larghetto di Leonardo Leo . . . . . . . • • )) 315
23. Un Andantino di Baldassare Galuppi . . . . . • • » 327
24. Un Andantino affettuoso di Niccolò Jommelli . . . • • )) 333
25. Mozart bambino . . . . . . . . . . . • • )) 350
26. Un Allegro di Wolfgang Amadeus Mozart . . . . • • )) 375
27. "Il filo": Un Poco aaagio di Joseph Haydn . . . . • • )) 385
28. Un Adagio esemplare di Johann Joachim Quantz . . • • )) 416
29. Un Adagio esemplare di Francesco Galeazzi . . . • • )) 432
3 O. Riepilogo e cadenza . . . . . . . . . . • • )) 452
Appendice A. Prototipi degli schemi . . . . . . . • • )) 474
Appendice B. Partimenti . . . . . . . . . . • • )) 486
Indice delle fonti musicali . . . . . . . . . . • • )) 503
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . • • )) 511

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