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Gjerdingen
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ROMA
ASTROLABIO
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978 -88-340-173 5-7
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9 788834 017357
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Collana di studi musicali
LA MUSICA
NELLO STILE GALANTE
di
RoBERT O. GJERDINGEN
Traduzione di
MARCO GIUSTINI
Robert O. G;.erdingen
nello
Edizione italiana
a cura di
GIORGIO SANGUINETTI
ROMA
ASTROLABIO
MMXVII
A tutti coloro che,
come Mary in Orgoglio e pregiudizio,
hanno passato un pomeriggio
"immersi nello studio
del basso numerato
e della natura umana".
Prefazione all'edizione italiana
di Giorgio Sanguinetti
•
sic Analysis, 5/2-3 (1986) pp. 313-20; e Allen Forte, "Letter to the Editor in Reply to Richard
Taruskin from Allen Forte" , Music Analysis, 5/ 2-3 (1986) pp. 321-37.
2 Christopher Hatch e Davi d W. Bernstein, {'Introduction , , in: Christopher Hatch e
David W. Bernstein (a cura di), Music Th eory and the exploration o/ the past, The University
of Chicago Press, Chicago 1993, p. 4·
3 Thomas Christensen, "Music Theory and its Histories" in M usic Theory and the Explo-
ration of the Past, pp. 9-40.
4 Il nome rlli è stato proposto da Gjerdingen durante il Convegno annuale della Society
of Music Theory a Saint Louis (Missouri), nel novembre 2015.
Prefazione all'edtzione italiana 9
Lo stile galante
Uno dei presupposti di questo libro è una completa revisione della storia mu-
sicale del diciottesimo secolo. Come già accennato sopra, la storiografia tradi-
zionale, qui esemplificata col diffuso manuale di Don al dJ. Grout Storia della
musica in occidente, considera il Settecento diviso in due blocchi, convenzio-
nalmente divisi dall'anno 1750: la prima metà e occupata dalla piena maturità
dello stile barocco, la seconda dallo stile classico. Ma siccome i cambiamenti
epocali non avvengono da un giorno all'altro, lo stile classico viene fatto pre-
cedere da un periodo preparatorio detto '' preclassico", che inizia verso il 1720
e consiste in due stili: uno detto rococò o anche galante, coltivato soprattutto
in Francia, e l'altro detto espressivo o emp/indsam, coltivato in Germania. ''li
rococò o stile galant .. .era elegante, scherzoso, naturale, brillante, raffinato e
ornato ... Il rococò è il decorativistno barocco senza la sua grandeur" .6 Lo sti-
le galante, liquidato in tre pagine (ma arricchito dall'inclusione nientemeno
che di Domenico Scarlatti) , lascia finalmente il posto allo stile classico e alla
descrizione del suo marchio di fabbrica: la forma-sonata, con il quale la storia,
finalmente, riprende spinta e interesse
....
.
Ha senso questa suddivisione? E davvero esistito questo profondo iato che
separa le due metà del secolo in uno stile barocco e uno stile classico? O piut-
tosto è esistito un elemento di continuita che si estende attraverso tutto il seco-
lo e che costituisce il sottofondo dei due stili? Gjerdlngen adotta una visione
che tiene conto in primo luogo di quello che gli stessi protagonisti della storia
musicale del Settecento pensavano. I termini ((barocco" e "classico" non erano
5 L'appendice s del presente Ubro è stata la prima introduzione teorica allo studio dei par-
timenti a essere pubblicata in lingua inglese prima della monografia di chi scrive: The Art o/
Partùnento. Histor·y) Theory and Practice (New York, O xford University Press, 20r2).
6 Donald]. Grout Storia della rnusica in occidente, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 459·
l O LA tnusica nello stile galante
l
conosciuti dai protagonisti della musica del Settecento, almeno non nel signifi-
cato che noi ne dian1o oggi: essi, piuttosto, utilizzavano il termine "galante".
Questa nuova concezione storiografica, già iniziata da Leonard Ratner col suo
libro Classic Musz·c 7 e poi proseguita da Daniel H eartz,8 viene sostanziata da
Gjerdingen da contenuti musicali. La sua posizione, già espressa in precedenti
pubblicazioni, è che "un tratto distintivo dello stile galante consisteva in un
particolare repertorio di frasi musicali standardizzate da usare in determinate
successioni convenzionali, .9 A tali frasi standardizzate Gjerdingen attribuisce
'
il nom e di "schemi". E la presenza degli schemi, dunque, a costituire il con-
trassegno dello stile galante, e non le caratteristiche di eleganza, scherzosità,
naturalezza, brillantezza, raffinatezza e ornamentazione di cui parlava Grout:
che pure esistono nello stile galante, ma che non ne sono la parte essenziale.
Una delle conseguenze di questa nuova concezione è l'estensione dello stile ga-
lante, che ora abbraccia il Settecento dagli anni '20 sino alla fine, e si estende
con notevoli propaggini perfino nell'Ottocento.
N ell'identificare gli schemi Gjerdingen almeno in parte smette l'abito dello
storicista per inforcare gli occhiali da miope del presentista. A parte alcuni
schemi, che si trovano già descritti in un trattato di un poco noto teorico del
Settecento, Joseph Riepel, lO la maggior parte di loro è classificata per la prima
volta da Gjerdingen; altri sono stati proposti dopo l'uscita del libro da altri stu-
diosi. Tutti però sono validati dalla loro costante presenza nella prassi compo-
sitiva e didattica del Settecento, come dimostra il frequentissimo apparire degli
scherni galanti nella prassi del partimento.
della musica italiana dalle frequentazioni abituali dei teorici ha avuto conse-
guente pesanti, quali la mancata identificazione, o l'errata attribuzione, di tec-
niche compositive che sono state sviluppate da italiani e da loro fatte conosce-
re ai loro colleghi. Nelljbro di Gjerdingen troviamo esempi e analisi di n1usi-
cisti i cui nomi suonano esotici alle orecchie dei teorici, quali gli italiani Giu-
seppe Aprile, Emanuele Barbella, Luigi Boccherini, Giovanni Bononcini, Pa-
squale Cafaro, Carlo Cotumacci, i francesi L'Abbé Le Fils> Pierre Gaviniés 7
Jean-Marie Leclair, n1a anche tedeschi italianizzati come il u caro sassone" Jo- (
hann Adolf Hasse. Con questo Gjerdingen non intende certo ribaltare il ca-
none, né detronizzare Mozart sostituendolo con Baldassarre Galuppi, ma
vuole dirci che, se vogliamo comprendere Mozart, dobbiamo comprendere la
tradizione nella quale la sua musica è fiorita anche da un punto di vista tecni-
co-musicale e non soltanto storico e sociale. Spetta dunque ai teorici con1pie-
re quel passo che i musicologi hanno già da tempo compiuto, e iniziare a stu-
diare la musica di Mozart (e degli altri autori appartenenti al canone) nel con-
•
testo appropriato.
Organicismo
Fino all'inizio degli anni novanta del secolo scorso, l'analisi musicale era un
esercizio il cui scopo risiedeva principalmente nel dimostrare la cosiddetta
"unità organica" di un capolavoro scelto, owiamente, nel canone austro-ger-
manico. T al e unità, o coerenza organica veniva poi dimostrata con dispendio
di terminologia scientifica o para-scientifica, con una particolare enfasi sulla
parola "struttura". Giustamente sono state evidenziate le origini della ricerca
dell' organicità nella cultura romantica tedesca, anche se le radici più remote
di quest'idea provengono dall'antichità classica e hanno pe.rmeato la cultura
europea ben prima di Herder: non è quindi il caso di liquidare l'idea di coe-
renza nella musica con leggerezza, quasi una fissazione senza fondamento dei
teorici. E tuttavia, negli ultimi anni sta emergendo una visione della prassi
compositiva del Settecento che, pur senza negarla, tnette in discussione l'idea
di coerenza e unita in modo radicale. L'idea cioè che la parola (composizio-
ne" presa nel suo significato letterale, come cum ponere, descriva esattan1ente
il sisten1a di produzione della musica del Settecento, e anche di una parte si-
gnificativa dell'Ottocento. "Comporre" vuol dire dunque ''mettere insieme"
materiali pre-esistenti: questi "blocchi da costruzione '' avevano provenienze e
origini diverse, ma erano accomunati dall 'essere privi di vincolo autoriale, e
dunque di dominio pubblico. Il presente libro esplora una categoria di questi
blocchi, che l'autore chiama "schemi galanti" . Altre categorie di blocchi da
costruzione sono i modelli desunti dalla tradizione del partimento italiano (ai
quali è dedicata un'appendice) e quelli che la nuova musicologia di lingua te-
desca chiama Satzmodelle.
12 La musica nello stile galante
Autorialità
Prospettive di ricerca
Negli ultimi anni molte cose sono cambiate nel panorama della music theory.
Per restare nell' a1nbito della teoria della musica tona le, al declino delle teorie
organiciste non ha corrisposto soltanto l'emergere dell'interesse per la teoria de-
gli esemplari, ma anche un inatteso ritorno di interesse per la Formenlehre. Al-
lo stesso tempo, sta sempre più emergendo la consapevolezza che il divorzio tra
la musicologia storica e la music theory, consumatosi alla fine degli anni '7o, ab-
bia raggiunto la fase in cui iniziano a farsi sentire più gli effetti dannosi che
quelli benefici. Inoltre, è i.tnpressionante l'incremento, in termini quantitativi
ma soprattutto qualitativi, degli studi di teoria e analisi musicale al di fuori de-
gli Stati Uniti, e in particolare in Europa e in Russia. il secondo, affollatissimo
Pre/azz.one all' edizt.one italiana 13
•
pazienza dei secondi. Molti dei migliori esempi musicali presenti in questo li-
bro traggono origine da pezzi scoperti da studenti. E molte delle mie idee non
sono che un'eco di ciò che ho imparato dall'approccio filologico di Lewis Ro-
weli, dali' intuizione psicologica di Leonard B. Meyer dal rigore teorico di Eu-
gene N armour, e dal virtuosismo storico di Eugene K. W olf. I libri e gli artico-
li eli Meyer, modelli di studi umanistici non estranei alle scienze cognitive con-
temporanee, mi hanno particolarmente influenzato al pari di testi come, forse
in modo meno ovvio, Trans/ormations in Late Eighteenth-Century Art di Ro-
bert Rosenblum, Mimesis di Erich Auerbach, Il cantore di storie di Albert
Lord, Il grande massacro dei gatti di Robert Darnton e Arte e illusione di E. H.
Gombrich. L 'incoraggiamento e i consigli di Christopher van Bayer, Gaston
Dufresne, Robert Vernon , Leonard Stein, Ricardo Trimillos, Paul Lyddon,
Alan Trubitt, David Slepian, Lewis Lockwood, David Lewin, William Caplin,
Fred Lerdahl, Lawrence Bernstein, Thomas Bauman, Lee Rothfarb, Robert
Hatten, Diana Deutsch, Carol Krumhansl, Thomas Christensen, Howard Ma-
yer Brown, Cari Dahlhaus e Albert Lord sono stati profondamente apprezzati.
'
E stata per me una grande fortuna entrare in contatto con questi musicisti e
studiosi, e rimpiango solo, come lamentava Samuel Johnson nella prefazione al
suo dizionario (1755), di "aver tanto protratto il mio lavoro che [alcuni di] co-
loro cui avrei voluto far cosa gradita sono passati a miglior vita" . Troverò con-
solazione ritornando ai loro libri o ai loro dischi per ascoltare echi della sag-
gezza, dell'imn1aginazione e della bellezza di pensiero che prime mi hanno
ispirato. Riguardo al presente volume, le mie nozioni di percezione uditiva so-
no state fortemente influenzate dai contributi sui sistemi di adattamento di
Stephen Grossberg e Gail Carpenter, e la 1nia interpretazione della societa mu-
sicale galante è in grosso debito verso Pierre Bourdieu e Norbert Elias. }esse
Rosenberg, mio collega alla Northwestern, ha gentilmente condiviso con me la
sua estesa collezione di partitnenti italiani a stan1pa, e la mia ricerca sulle radici
settecentesche italiane della tradizione del partimento manoscritto è stata ge-
nerosamente assistita dal professor Giorgio Sanguinetti, e dalle professoresse
Rosa Cafiero ed Elisabetta Pasquini. Stefan Eckert ha condiviso con me le sue
convincenti letture di Riepel, con la sua inin1itabile prosa e la sua ricerca nel
campo dell' ars conzbinatoria.
La recente pubblicazione del magistrale lavoro di mille pagine di Daniel He-
artz, Music in European Capitals: Th e Galant Style) 1720-1780 (Norton, New
Y ork 2003) - dal Settecento a oggi, la più raffinata panoramica sulla musica del
diciottesimo secolo - fornisce una dovizia di particolari storici e biografici che
fa da complemento al mio più modesto volume. Ad esempio, mentre io ho in-
cluso arie complete di Leo e Jommelll per metterle a confronto, non ho potuto
che inserire solo una o due parole sulla loro vita. Heartz fornisce solo brevi
estratti dalle loro opere n1a dipinge un ricco ritratto delle loro carriere n1usica-
li, inclusa la notevole osservazione di Saveri o Mattei, amico di Jommelli: "Si
scorge dagl'intendenti, che Jommelli ha fatto gra11dissimo studio sulle carte del
16 La musica nello stile galante
Leo, e che spesso ha rivestito di miglior colorito gli stessi disegni del suo diret-
tore" (Heartz, p. 75 [l'italiano originale di Mattei è citato in: Metastasio e ]om-
melli, Colle, Martini, Angiolo M. & C, 1785. N. d. T.]). Nei seguenti capitoli sarà
possibile per il lettore m.oderno condurre "un grandissimo studio" non solo
dei "disegni del direttore" ma anche del miglior colorito apportatovi da Jom-
melli. Il volume di Heartz e il mio, anche se scritti da punti di partenza abba-
stanza differenti, for1nano insieme una ''storia e teoria" dello stile galante.
Nel corso di questo libro descriverò centinaia di passaggi musicali tratti dai
lavori di circa ottanta compositori. T ali creazioni, che insieme abbracciano
centocinquanta anni, hanno visto la luce all'interno della vasta area compresa
tra Lisbona a ovest, San Pietroburgo a est, Edimburgo a nord e, prima per im-
portanza, Napoli a sud. Dico ciò non per vanto, ma per scusarmi degli inevita-
bili errori e sviste che accompagnano ogni campo d'indagine tratteggiato con
un pennello così spesso. Ogni compositore, esecutore e n1ecenate, ogni cappe}. .
la, sala e teatro, ogni corte, città e cattedrale contribuì individualmente a in-
trecciare la rete della società settecentesca. Concentrandosi sulla tradizione
musicale di base comune a tutti, il rischio è di trascurare i dettagli di singoli in-
dividui, situazioni e luoghi. Ringrazierò quegli esperti che vorranno condivide-
re con me le loro più approfondite conoscenze dei particolari, in modo da per-
mettermi di emendare un'eventuale futura edizione.
Questo libro ha beneficiato enormemente del design tipografico di Rebecca
Dixon, dell'assistenza editoriale di Catherine Gjerclingen e del software di no-
tazione musicale di Keith Hamel (Noteability Pro™).
In ultimo, vorrei esprimere il mio elogio di ascoltatore ai talentuosi solisti e
agli ensemble cameristici le cui magnifiche interpretazioni hanno infuso nuova
vita in questo mondo musicale così ricco di fascino, acume, sofisticatezza e gio-
ia. Ascoltare Enrico Gatti suonare Pugnani, Elizabeth Wallfisch suonare Tarti-
ni, o Gérard Lesne cantare Bononcini e come ascoltare un grande attore dare
vita a uno dei migliori ruoli di Sheridan, Goldsmith o Marivaux. Benché que-
sto libro tratti più la musica scritta che la sua interpretazione, la musica del di-
ciottesimo secolo sopravvissuta fin oggi in quei manoscritti ha bisogno proprio
di un'interpretazione attraverso l'esecuzione, se vogliamo che ancora oggi con-
tinui a parlarci.
•
l
Introduzione
Al tempo di Bach o Mozart gli uomini di corte modellavano ad arte ogni loro
comportru11ento in societa- ogni gesto, parola, sguardo, passo, postura, tono
e inflessione della voce - per ottimizzare costantemente il loro successo nelle
quotidiane interazioni sociali. li conte di Chesterfield (1694-1773) diede il
seguente consiglio a suo figlio, il quale nella primavera del 1749 era appena
giunto in quella terra n1usicale qual era l'Italia:
Fui molto lieto di apprendere, da qualcuno che reputo ricco di giudizio,
che voi non necessitate che des manières, che sono convinto acquisterete
molto presto, grazie alla con1pagnia che d'ora innanzi a quanto pare fre-
quenterete. Devo anche aggiungere, però, che se non le acquisterete, tutto
il resto vi sarà davvero di poca utilità. Con 1nanières, io non intendo la me-
ra comune civiltà; essa dev'essere posseduta da ciascuno che non voglia es-
sere allontanato dalla società; intendo anzi delle maniere accattivanti, sotti-
li, brillanti; una cortesia distinta, un modo quasi irresistibile di porsi· una
grazia superiore in tutto ciò che si dica o faccia. Essa ed essa soltanto può
donare pieno lustro e valore a tutti gli altri vostri talenti; e, di conseguenza,
dovrà essere ora l'oggetto principale della vostra attenzione. Osservate mi-
nuziosamente, ovunque andiate, le regole consentite e stabilite della buona
società, e uniforma t evi ad esse.l
ll sociologo moderno Norbert Elias ha osservato che "l'etichetta di corte, che
per i valori della societa borghese-industriale potrebbe sembrare qualcosa di
molto poco importante, qualcosa di meramente (esteriore' e n1agari persino ri-
dicolo, si dimostra, se si rispetta la struttura della società di corte nella sua au-
tonomia, uno strumento estremamente sensibile e affidabile per misurare il
prestigio acquisito da un individuo all'interno della rete sociale". Egli continua
osservando che (( la gente di corte, nell'ambito di una determinata tradizione,
sviluppa una straordinaria sensibilità per ciò che le si addice o non le si addice
quanto ad atteggiamenti, con1portamenti e modi di esprilnersi. [ ... ] Molte co-
se che noi tendiamo a prima vista a liquidare come piccolezze o esteriorità, per
queste persone sono cariche eli significati che per noi sono andati in larga mi-
sura perduti" .2
1 Chesterfield, D. S. P. , conte di, Letters to H ù Son on the Art o/ Becoming aMano/ the
World and a Gentleman, lettera n . 68, 19 aprile 1749 Chesterfield Press, New York 1917.
2 Norbert Eli as, La società di corte, trad. it. Giuseppina Panzieri, TI Mulino, Bologna 2010,
p. 8 e p . 52 (orig. Die ho/ische Gesellscha/t. Untersuchungen zur Soziologie des Konigturns und
der ho/ischen Aristokratz'e, Luchterhand, Neuwied 1969).
18 La rnusica nello stile galante
8 Theobald, M . R., ''The Sin Of Laura: The Meanlng of Culture in the Education of
Nineteenth-Century Women", in Journal o/ the Canadz'an Historz'cal Association, n. I, 1990,
pp. 257-72.
9 Castiglione, B., Il libro del Cortegiano, libro 3, sez. 9·
10 "'Poco A Poco' - Memodes of the Family of Finney, of Fulshaw, (Near Wilmslow)
Cheshire, by Samuel Finney of Fulsh aw, Esquire - 1787", in The Cheshire and Lancashire
Historical Collector, a cura di T. Worth:ington Barlow, n . 7, I settembre r853.
11 Claude Palisca, incaricato di redigere l'articolo per la voce 'barocco' per il New Grove
Dictionary, h a portato una gran quantità di prove di quanto questo termine sia inappropria-
to. Mentre 'b arocco' aveva una connotazione peggiorativa nella critica musicale francese del
diciottesimo secolo, la sua adozione a nome per un periodo st.i.listico e un fenom.e no del
Novecento, che trae origine dalla critica d'arte tedesca della fine dell'Ottocento. Vedi la voce
'b aroque', in Tbe New Grove Dictionary o/ Music and Musicians, 2a ed., a cura di Stanley
Sadie e J ohn Tyrrell, Macmillan, London 2001 , vol. 2 , pp. 749-56.
12 D aniel H eartz e Bruce Alan Brown hanno fatto notare la paradossalità dei vari usi del
termine 'classico' , incluso quello di Johann Forkel (1802) per descrivere la tnusica per tastie-
ra di J. S. Bach e il riferimento della m oglie di Mozart ai frammenti della letteratura classica
nel tentativo di vendere i manoscritti incompleti del marito. Vedi la voce 'b aroq ue', in The
New Grove Dictionary o/ Musr:c and Musicians, 2 3 ed., 2001, vol. 5, pp. 924-9.
l. Introduzione 21
ricche residenze dei mecenati galanti. Mi sono perciò concentrato sullo stile
galante come codice eli condotta, come ideale di corte del Settecento (adattabi-
le anche alla vita in città) e come insieme di comportamenti musicali diligente-
•
mente apprest.
L'immagine corrente del compositore (un ideale romantico ereditato dal di-
ciannovesimo secolo) mal si adatta alla realtà del Settecento. Il compositore di
musica galante, più che a un artista tormentato e solo contro il mondo, somi-
gliava a un funzionario benestante. Di solito aveva il titolo di maestro di cap-
pella (Kapellmeister in tedesco) e gestiva le attività musicali sacre e secolari di
un aristocratico. Più che del significato dell'arte si preoccupava che il suo se-
condo violino fosse abbastanza sobrio per suonare a messa la domenica . Il
compositore galante per necessità lavorava nell' hic et n une. Doveva scrivere nel
giro di una settimana le musiche per la prossitna cerimonia di corte, non tortu-
rati capolavori da lasciare alla posterità. Persino un musicista conservatore co-
me Johann Joseph Fux (I66o-1741), Kapellmeister alla corte imperiale di Vien-
na, dovette riconoscere che ((la brama di novità" a corte aveva come risultato
un cambio dello stile musicale "ogni cinque anni" . Paragonando la musica al-
l' abbigliamento, spiegava che ''se un uomo di mezza eta andasse in giro oggi
vestito in abiti di moda cinquanta o sessant'anni fa, correrebbe certamente il
rischio di apparire ridicolo'' . Perciò egli avvertiva il giovane compositore che
"anche la musica deve adattarsi ai tempi" .17 Un compositore di corte, invece di
esprimere e condividere con tutti i suoi più profondi e personali sentimenti, si
sforzava piuttosto di toccare le corde dell'anima del suo mecenate. n mecena-
te, fosse egli un re, un imperatore una contessa o una regina, aveva poco o
nessun interesse per le comuni e1nozioni del suo lacchè musicale. L 'idea che
un pezzo mesto scritto dal compositore di corte esprimesse la mestizia del
compositore stesso sarebbe sembrata tanto strana quanto l'idea che la crema di
una torta preparata dal capocuoco di corte esprimesse la "cremosità '' del capo-
cuoco stesso. In breve, il compositore galante conduceva la vita dell'artigiano
musicale, un artigiano che produceva una gran quantità di musica per l'imme-
diato consumo, ne organizzava l'esecuzione, gestiva i suoi esecutori e valutava
la sua ricezione con un occhio verso le mode musicali correnti.
L'arte della musica galante, così con1e l'arte del pattinaggio su ghiaccio, è pie-
na di 'figure' obbligate e libere. Laddove un osservatore casuale di una gara di
pattinaggio vede solo una varietà di scivolate, piroette e salti, rm esperto vede dei
salchow, degli axel, dei lutz e dei camel spin. La conoscenza della corretta esecu-
zione di ognj figura è un prerequisito per chiunque sia ufficialmente chiamato a
giudicare le capacità di un pattinatore. Ecco le figure usate dalla giovane pattina-
trice danese Mikkeline Kierkgaard in una recente esibizione: 18
17 Fux, J.J., Gradus ad Parnassum, Wien 1725. Citato anche in Fubini, E., Musz·ca e Cultura
nel Settecento europeo, p . 128.
l 8 Scaricata dal sito internet della pattinatrice, 20 ottobre 2002: http:/ /perso. wana -
doo.fr/ icegallery/ mikkeline-routines.htm.
1. Introduzione 23
Per fare un paragone, ecco le figure o schemi musicali presentati nella seconda
parte di un movimento lento del compositore veneziano Baldassare Galuppi
(r7o6-r785; v. cap. 15):
Questo libro è per colui che voglia approfondire la conoscenza della musica
galante. I nomi degli schemi musicali elencati sopra potranno sembrare adesso
tanto stravaganti quanto le figure del pattinaggio artistico, ma ogni schema sa-
rà illustrato nei prossimi capitoli. Imparando a riconoscere gli schemi della
musica galante, si apprezzerà meglio l'arte del compositore galante. E in1pa-
rando a giudicare il modo in cui gli schemi sono disposti in una particolare
24 La musica nello stile galante
Commedia deltarte
Se l'arte del moderno pattinaggio artistico può setnbrare troppo lontana per
essere paragonata all'arte dei musicisti di corte del diciottesimo secolo, forse
potrà risultare un paragone più adatto quello con l'arte attoriale del Settecen-
to. Al pari dei musicisti, le compagnie di comici erano impiegate a corte per
rallegrare eventi quali festeggiamenti, matrimoni, e serate di gala. Molto popo-
lare era la forma della <<commedia all'improvviso", meglio conosciuta nella se-
conda metà del diciottesimo secolo come cc commedia dell'arte" .20 La prepara-
zione del comico dell'arte era basata principalmente sullo 'zibaldone' : un re-
pertorio manoscritto di tirate ('concetti'), gag visive ('lazzi'), battute (<burle'), e
trame ('scenarii' o 'canovacci'), tramandato di attore in attore, di solito all'in-
terno della stessa famiglia o della stessa compagnia. Gran parte di questo mate-
riale doveva essere imparato a memoria prima che un attore potesse iniziare a
cimentarsi in uno dei tipici ruoli di Pulcinella (il sempliciotto), del D ottore (il
padre anziano), di Coviello (l'astuto pretendente) o di Fravoletta (l'ingenua).
Ecco lo 'scenario' del primo atto de La fortuna non conosciuta, da una raccolta
di scenari napoletani datati intorno al I7oo: 21
Lo scenario di tutti e tre gli atti doveva essere affisso dietro le quinte, in modo
da permettere agli attori eli consultarlo prima delle loro entrate. Come si può
vedere, lo scenario consisteva meramente nello scheletro della commedia. Nel-
la prin1a scena, ad esempio, i personaggi del Dottore e di Pulcinella devono re-
citare una '(scena di memoria", così come all'inizio del secondo atto il Dottore
e Coviello devono recitare la ('scena solita". Gli attori avrebbero improvvisato
una scena connettendo fra loro nella trama dello scenario una serie di battute,
serie e di spirito, di monologhi, di gag e di 'lazzi' comici d'altro tipo attinti dal
loro personale repertorio. Lo scenario forniva un contesto, ma il dialogo e
l'azione estemporanei dipendevano dalla capacità degli attori di sviluppare
piccole scenette in una forma d'intrattenimento all'apparenza ininterrotta. Co-
me scrisse nel 1635 Niccolò Barbieri, il grande comico del diciassettesimo seco-
lo, gli attori che improwisano (( studiano e si muniscono la memoria di una
gran farragine di cose, sentenze, concetti, discorsi d amore, deliri, disperazio-
ni, per averli pronti all'occasione" .22
Comprendere il modo in cui i comici dell'arte creavano un teatro scoppiet-
tante e all'apparenza spontaneo a partire da personaggi e (lazzi' standardizza-
ti può servire come modello per comprendere come i compositori galanti scri-
vessero la loro musica. La commedia in più atti diventa la sonata a più movi-
menti o l'aria a più parti, i personaggi stereotipati diventano le stereotipate
atmosfere musicali, o 'affetti', e i lazzi di repertorio - le tirate e i dialoghi
memorizzati, e la comicità fisica usata ad arte - trovano il loro analogo nel
repertorio di frasi o passaggi standardizzati: gli schemi musicalì. Una partitu-
ra musicale galante è sin1ile a uno scenario in quanto spesso fornisce soltanto
una minima notazione della sequenza degli schemi, lasciando ali' abilità del-
l' esecutore la cura degli abbellimenti, delle ornamentazioni, e l'eleganza delle
variazioni. Molti musicisti potevano improvvisare interi pezzi solistici attin-
gendo frasi e cadenze standard dal loro personale 'zibaldone', ereditato dalla
famiglia o dal maestro. C'è anche il caso del compositore e violinista Cari
Ditters von Dittersdorf (1739-1799), il quale era in grado di improvvisare una
sonata a due insieme al suo accompagnatore al cembalo. 2.3 Come due comici
22 Barbieri, N . La SuppNca, dùcorso /amt"liare a quelli che trattano de ) Comici, a cura di
Ferdinando Taviani, Il Polifilo, Milano 1971, p. 23.
23 Dittersdorf, C. D. von, Lebensbeschreibung, Leipzig r8o1.
26 La musica nello stile galante
Definizione di (schema)
Cosa significa chiamare un modello musicale 'schema'? TI termine ha alle spal-
le una lunga storia, prima in filosofia, poi in psicologia. In Kant 'schema' indi-
ca ciò che è chiamato in senso lato una rappresentazione mentale, o categoria,
e quindi è sinonimo di 'idea' o 'forma' (Platone), 'idealtipo' (W eber), 'somi-
glianza di famiglia' (Wittgenstein), 'archetipo' (Frye), 'Erototipo' (P osner), 'es-
senza' (Putnam), 'tipo naturale' (Rosch) ,26 e così via. E indubbio che l'uomo
sia maestro nell'incUviduare rapidamente utili categorie a partire dalla '' confu-
sione di colori e di rumori" delle sensazioni e delle esperienze,27 ma la ricchez-
24 Galeazzi, F. , Ele1nenti teorico-pratici di musica con un saggio sopra l'arte di suonare il vio-
lino analizzata, ed a dimostrabili principi ridotta, vol. 2, Roma 1796, pp. 54-55.
25 E clizioni moderne degli st udi di Attwood e Ployer sono elencati sotto '' Mozart '' nell'in-
dice delle fonti musicali alla fine del libro.
26 Immanuel Kant , Critica della ragione pura, a cura di G io rgio Colli, Ein audi, T orino
1957; Platone, La repubblica, in Opere complete, vol. 6, L aterza, Bari, 2003; M ax W eber, Eco-
nomia e società, Edizioni di Comunità, Milano 196r; Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofi-
che, a cura di Mario Trinch ero, E inaudi, Torino I96T Frye, N. , Anatomia della Critica, trad.
it. Paola Rosa-Clot e Sandro Stratta, Ein audi, T o rino 1969 e 1987, pp. 130-9; Posner M. I., e
KeeJe, S. W ., ((On the G enesis of Abstract Ideas", in ]ournal of Experimental Psychology, n .
77, 1968, pp. 353-63; Putnam, H ., "The Meaning of 'Meaning' ", in Language) Min d, and
Knowledge, a cura di Keith G underson, University of Minnesota Press, Minneapolis 1975,
pp. 131-93· Rosch , E., Basic Objects in Natura! Categories, University of California Language
Beh avior Research Laboratory, Berkeley 1975; Rosch , E., e Mervis, C. B., ((Family Resem -
blances: Studies in the Internai Structure of Categories" , in Cognitive Psycology, n. 7, 1975,
pp. 573-605.
27 James, W. , The Principles o/Psychology, 2 voli., Holt, New York 1980, vol. 1, p . 488.
l. Introduzione 27
C'era una volta un mugnaio; era povero ma aveva una bellissima figlia.
[Fiaba n. 55]
C'era una volta un pover'uomo e una povera donna che non possedevano
altro che una piccola capanna e che vivevano alla giornata, pescando pesci.
[Fiaba n. 85]
C'era una volta un povero taglialegna che lavorava dalla mattina fino alla
sera tardi. [Fiaba n. 99]
C'era una volta un uomo e una donna che avevano un unico figlio, e viveva-
no soli soletti in una valle isolata. [Fiaba n. r66]
Un povero mugnaio viveva con la moglie e le sue tre figlie in una piccola
capanna al limitare di una foresta solitaria. [Fiaba n. 169]
incipz"t delle fiabe n. 15 e n. 166, al contrario, usano parole molto diverse eppu-
re presentano un contenuto molto simile. Motivi simili sono comuni alle fiabe
n. 3, n. 15 e n. 169 (una foresta), n. 3 e n. 166 (un figlio unico), e n. 15, n. 55, n.
85, n . 99 e n. 169 (la poverta). In effetti, come documentato dalla storiografia
del folklore, il medesimo repertorio di formulazioni è compatibile con molti
modi diversi di definire le somiglianze e quindi gli schemi.34 Gli studiosi di
fiabe tradizionali, ad esempio, si concentrano sul protagonista - un tagliale-
gna, un pescatore, un mugnaio - e classificano le fiabe in base alloro agente
principale: la fiaba del taglialegna, la fiaba del pescatore, la fiaba del mugna-
io, e così via. La fiaba di Giacomino e il fagiolo magico è perciò classificata
come "fiaba di Giacomino" . Che dire però delle fiabe n. 85 e n . 166? La cate-
goria "fiaba di moglie e marito" non era riconosciuta dagli studiosi di fiabe
tradizionali. Gli studiosi dell'Ottocento e del prin1o Novecento aggirarono
l'ostacolo definendo schemi più astratti. Distinsero fiabe d'avventura da fiabe
comiche, fiabe del soprannaturale da fiabe d'astuzia. N el corso del ventesimo
secolo altri studiosi hanno poi esteso queste ricerche verso le nuove direzioni
della psicoanalisi e della critica politica.3 5 Un teorico europeo della letteratu-
ra, ad esempio, potrebbe definire lo schema dei precedenti incipit come
l'espressione figurata della fascinazione piccolo borghese per il contadino
povero ed emarginato. In fin dei conti, l'umile taglialegna (o mugnaio, o cop-
pia di sposi) vive "al margine" (''alla giornata", "soli soletti", "al limitare", "ai
piedi della montagna").
Queste considerazioni, per quanto interessanti, presentano tutte il difetto di
cercare di ridurre complessi fenomeni a singole essenze. La frase iniziale della
fiaba n. 3 non parla essenzialmente di taglialegna, né fondamentalmente della
povertà rurale. La frase presenta un taglialegna, questo è certo, ma prosegue
inserendo il taglialegna in relazione con la moglie, inserendo entran1bi in una
relazione di parentela con la loro figlia di tre anni, colorando tale relazione di
parentela con la particolare frase "unica figlia'', e inserendo l'intera unità fami-
liare in un'ambientazione al margine di una grande foresta. Questa mappatura
di relazioni e di motivi costitutivi ha un ruolo importante nell'approccio tasso-
nomi co della scuola finlandese di studi folkloristici del primo Novecento.3 6 La
gigantesca raccolta di schemi di fiabe- o 'tipi di fiabe', come sono chiamati
dagli studiosi di fiabe tradizionali - che ne risulto si basava sull'analisi dei mo-
tivi costitutivi e sui complessi di motivi comuni. La nostra fiaba n. 15 risulta ap-
34 Darnton, R., The Great Cat Massacre and Other Episodes in French Cultural History,
Basic Books, New York 1984, pp. 9-74; e Thompson, S., The Folktale, Dryden Press, New
York 1946.
35 Fromm, E., The Forgotten Language: An lntroduction to the Understanding o/ Dreams,
Reinhart, New Y ork 1951 (trad. it. Il linguaggio dimenticato. Introduz-ione alla comprensione
dez· sognt: delle fiabe e dei 1niti, Bompiani, Mila11o 1962); e Bettelheim, B. , The Uses o/
Enchantment: The Meaning and Importance o/ Fairy Tales, Knopf, New York 1976.
36 Aarne, A., e Thompson , S., The Types o/ the Folktale, 2 8 ed. riveduta, Academia
Scientiarum Fennica, Helsinki 1961.
30 La musica nello stz"le galante
partenere al tipo di fiaba 327A, Hansel e Gretel, che è un sottotipo del tipo 327,
I bambini e l'orco.37
Lo schema Hansel e Gretel, come uno scenario della commedia dell' arte,
presenta tre episodi principali, ognuno integrato da episodi secondari in cui
sono inseriti diversi motivi (ad esempio, le briciole di pane, la casa di marzapa-
ne, il forno):
schema può avere caratteristiche non esplicitate, cioè non articolate in parole o
frasi. Terzo, esso indica che le caratteristiche che definiscono uno schema pos-
sano specificare un riferimento temporale o altri attributi relazionali. Quarto,
infine, esso porta alla conclusione che la nozione di livelli di struttura è un' ec-
cessiva semplificazione. In particolar modo, "C'era una volta" è a un livello
strutturale sia più basso sia più alto della proposizione in cui compare: più bas-
so in quanto è parte della proposizione, più alto in quanto è una caratteristica
importante dell'intero repertorio.
Definire gli schemi musicali non è meno complicato. L'esempio 1.1 presenta
sette linee eli basso di altrettanti incipit tratti dalle sonate per flauto op. 2 (1732)
di Pietro Locatelli (1695-1764), tutti trasposti in tonalità di Do maggiore per
semplificarne la comparazione. Anche se presi da movimenti in quattro diver-
se tonalità e cinque diverse indicazioni di tempo, questi bassi presentano evi-
denti sotniglianze. Per esempio, per ogni basso ho contrassegnato con un qua-
drato il primo quarto, con un cerchio il terzo e di nuovo con un quadrato il
settimo, per mostrare che tutti hanno in comune un do iniziale, un passaggio al
la e un ritorno sul do. Su scala più ridotta, ho contrassegnato con degli asteri-
Pulsazioni l 2 3 4 5 6 7 8
Andante
I, 1, b. l , D o mag. :>= ~ ì -
-- -- * =j * ì
- * * - ·-
1
-
--
Largo
II, 1, b. l , Re mag. ~: ~.===~=r
* * *~
- li
Adagio
IV, 1, b. l , Sol mag. :(;\: 4; *
--::!4
Allegro
V, rv, b. l , Re mag . .;>: i r l * * *
Largo
l
~
Vili, 1, b. l , Fa mag. ~: ~
- 4 -~- --~=- '-- = - ~
Vivace
- * *·~-=
VIli, n , b. l, Famag. :2_~ ~ l
Allegro * * * ,..........
VIII , IV, b. l , Fa mag. ?= ~ - ______.....__ -
'
schi il passaggio discendente per gradi/a-mi-re-do. E da notare che nella sona-
ta n. 8, Largo, non vi sono asterischi, segno che questo passaggio discendente
per grado costituiva una continuazione molto comune, ma comunque facolta-
tiva, della prima metà di questo tipo di basso. Per voler cercare altri n1otivi più
piccoli, si può notare che Locatelli impiega salti ascendenti di ottava sul setti-
mo quarto, che spesso aggiunge rapidi passaggi ascendenti di tre note nella se-
conda metà del settimo quarto e che spesso include rapidi passaggi discenden-
ti nella seconda metà del terzo.
I bassi di Locatelli presentano molte altre somiglianze e differenze; tuttavia,
è necessario tenere in considerazione altri fattori prima di com prendere come
questi singoli bassi traggano origine dalle "figure obbligatorie" note a Locatel-
li e ad altri compositori galanti. Per Locatelli e i suoi colleghi, il campo d'inda-
gine era l'esperienza musicale della loro vita intera, non soltanto le sonate del-
l' op. 2. Oltre alle considerazioni sulla melodia, sull'armonia, sul ritmo, sul me-
tro e sulla forma, per comprendere come questi passaggi venissero percepiti è
necessario esaminare le tradizioni dei diversi generi, le preferenze degli stili na-
zionali, e i particolari repertori musicali allora conosciuti ed eseguiti. Ho espo-
sto i dettagli di questa sorta di inchiesta in un mio precedente libro, A Classic
Turn o/ Phrase, in cui studiavo nel dettaglio lo schema di una comune frase
musicale.39 Nel presente libro ho sintetizzato i risultati di diverse indagini di
questo tipo in modo che il lettore possa farsi un'idea generale sul repertorio di
importanti schemi di frase galante. Molti dei prossimi capitoli sono dedicati a
singoli schemi. Essi presentano numerosi esen1pi musicali - o esemplari - che
consentono al lettore di esplorare varianti e differenze stilistiche tipiche di de-
cenni e corti diverse. Altri capitoli illustrano interi movimenti di grandi com-
positori dello stile galante dando così alletto re l'opportunità di verificare gli
schemi di frase nel loro vero contesto. Nei primi capitoli compaiono piccoli e
semplici movimenti; in seguito vi saranno movimenti più lunghi e più comples-
si. La teoria che presiede alla mia presentazione di questi schemi è che essi co-
stituissero uno dei nuclei dello zibaldone di un musicista galante; cioè il suo re-
pertorio di materiale musicale, frutto del suo duro lavoro, e che nel milieu so-
ciale della corte galante questi schemi formassero un mezzo di comunicazione
uditiva tra i mecenati aristocratici e i loro artigiani musicali.
li secondo capitolo chiarirà che i bassi di Locatelli iniziano tutti con la varia-
zione di uno schema d'apertura noto fin dal sedicesimo secolo come 'Romane-
sca', e il terzo capitolo dimostrerà che gli asterischi contrassegnano il basso di
uno schema usato come risposta standard a una Romanesca iniziale. Queste re-
lazioni non erano una (( segreta arte di schemi", per parafrasare Edward Lo-
winsky.40 Piuttosto, questi schemi erano concepiti per essere riconosciuti da
39 Gjerclingen, R. 0., A Classic Turrt o/ Phrase: Music and the Psychology o/ Convention,
University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1988.
40 Lowinsky, E. E., Secret Chromatic Art in tbe Netherlands Motet, Columbia University
Press, N ew Y ork 1946.
l. l ntroduz·ion e 3.3
I docum·e nti originali del Settecento non sono in grado di fornirci diretta ..
mente le risposte a queste domande. Allora, come oggi, la maggior parte delle
persone dava per scontato che gli altri sentissero la musica nel modo in cui
loro stessi la sentivano. La musica influisce sugli ascoltatori in modo così
diretto, così viscerale, che la si può facilmente confondere con un fenomeno
naturale i cui significati dovrebbero essere ovvi, chiari e lampanti a ogni esse-
re senziente. li barone von Grimm asserì senza riserve che la musica è ''un lin-
guaggio universale, dal momento che colpisce immediatamente i nostri orga-
ni e la nostra immaginazione [. .. ] Le sue espressioni [. .. ] [arrivano] diretta-
mente al cuore, senza passare per così dire attraverso lo spirito" .43 I significa-
ti della musica, in effetti, sembrano essere comuni all'interno di gruppi socia-
li affini per età, istruzione, etnia e classe; tuttavia, con l'aumentare della
distanza sociale tra le persone, aumenta anche la distanza tra le loro modalità
di ascolto. Un 'linguaggio' musicale distante potrebbe richiedere l'ausilio
della traduzione.
Per gran parte del ventesimo secolo era normale considerare l' auton1obile,
l'aeroplano, il cinema e la radio come segni di un brave new world, un "mirabi-
le nuovo mondo ", per usare l'espressione shakespeariana da cui deriva il titolo
inglese del romanzo di Aldous Huxley del 1932 sul modernisn1o selvaggio e in-
controllato.44 Molti compositori contribuirono a questa rottura con il passato,
e un effetto collaterale del loro modernismo fu che venne creata a posteriori la
nozione, per il periodo precedente, di una 'prassi musicale comune'. In parti-
colare, la musica del Sette e Ottocento fu inserita tutta insieme nel calderone
dello stile pre-moderno, con tre gusti standard: quello romantico, quello clas-
sico, e quello barocco. La semplicità e il fascino di questa costruzione storia-
grafica, con la sua grandiosa storia di crescita e progresso musicale alimentata
dalla mano invisibile della tonalità e dagli sviluppi nella 'scienza' dell'armonia,
senza dubbio portò alla sua ampia diffusione. Eppure, in quanto esen1pio prin-
cipe di evoluzionismo storiografico, tale costruzione nasconde proprio quelle
discontinuità e fratture che, se ben conosciute, ne minerebbero la legittimità.
In pratica, l'autorevolezza di questa costruzione storiografico-musicale domi-
nante ha seriamente ostacolato il cammino di un'accurata 'archeologia' dell' ar-
tigianato della composizione musicale. 45
Non è stato il ventesimo secolo a inventare il senso d'inquietudine e aliena-
zione in risposta ai rapidi cambiamenti sociali e tecnologici; anche coloro che
vissero il passaggio da una cultura musicale di corte a una cultura musicale
43 Grimm, F. M. von, "Poème lyrique", in Fubini, E., Musica e cultura nel Settecento euro-
peo, pp. 120-r.
44 Huxley, A., Brave New W orld, Chatto and Windus, London 1932. Il titolo è preso da La
ternpesta, atto v, scena r, tirata di Miranda.
45· Foucault, M. , L'archeologtà del sapere: Una metodologia per la storia della cultura, trad.
it. di Giovanni Bogliolo, Bur, Milano 1997 (orig. L)archéologie du savoir, Gallimard, Paris
1969).
t Introduzione 35
commerciale erano più inclini a notare le fratture che una continuità implicita
in una 'prassi musicale comune'. Lo scrittore e storico Henry Adams (1838-
1918) descrisse in terza persona come il mondo in cui era nato fosse stato aggre-
dito dalle nuove tecnologie:
53 Leopold von Ranke (1795-1886) fu sotto molti aspetti il primo storico conten1poraneo.
Egli non considerava affidabile la grande narrativa e attingeva direttamente alle fonti prima-
rie, le quali erano in grado di rivelare il passato ((com'era per dawero" ("wie es eigentlich
gewesen ist''). Vedi la prefazione al suo Geschichten der romantischen und germanischen
Volker von 1494 bis 1535, G. Reimer Leipzig 1824.
54 Kenyon, N. (a cura di), Authenticity and Early Music, Oxford Uruversity Press, Oxford
1988; e Taruskin, R. , Text and Act: Essays on Must"c and Performance, Oxford University
Press, N ew York 1995.
55 Phleps, H., Die Farbzge Architektur bei den Romern und im Mittelalter, Ernst Wasmuth,
Berlin 1930.
56 Ad ogni modo, val la pena notare che, negli standard del cinema distribuito internazio-
nalmente, di recente i templi antichi sono diventati più colorati. Si confronti, ad esempio il
film Cleopatra del1963 con la serie televisiva Rome del 2005.
38 La musica nello stile galante
appieno nella moderna visione del mondo come simboli di svariate istituzio-
ni solenni Le mie ricerche, e quelle di altri studiosi, mostrano che le ultime
composizioni di Mozart erano difficili da comprendere per il pubblico galan-
te; ciò nonostante non mi aspetto che Mozart venga all'improvviso detroniz-
zato dalla sua attuale posizione di divin fanciullo, portatore di purezza, chia-
rezza e razionalita, per manierate e stravaganti che fossero le sue manipola -
zioni dello stile galante. Ciò che può essere fatto è dare al pubblico moderno
una possibilità, un metodo per sviluppare un modo storicamente informato
di ascoltare la musica galante. Questo nuovo modo, in verità, è solo conget-
turale e non necessariamente migliore di altri. Come l'esecuzione 'filologica,,
si tratta eli una moderna ricostruzione di un passato solo immaginato. Pur
essendo congetturale, questo modo di ascoltare la musica galante è comun-
que affascinante e ben sorretto dagli scritti e dalla prassi dei musicisti del
Settecento. Esso sarà di aiuto nel ridare un po' di colore alla fruizione della
musica galante.
Arnold Dolmetsch, pioniere della rinascita della musica antica, intitolò la
sua monumentale opera del 1915 L )interpretazione della musica del XVII e del
XVIII secolo basata su testimonianze dell' epoca.57 La sua interpretazione pun-
tava a un risultato concreto: la ricostruzione di strumenti d'epoca e l' esecuzio-
ne delle ornamentazioni melodiche. La mia interpretazione della musica del
diciottesimo secolo si concentra sull'impalpabile: sui costrutti mentali usati dai
musicisti di corte per creare e praticare la loro arte. Le mie 'testimonianze del-
l' epoca' non si baseranno solo su artefatti costituiti da frasi musicali, tna anche
sulle tracce di come i musicisti professionisti apprendevano la loro arte.
Benché oggi Haydn e Mozart siano tanto distanti nel tempo quanto Purcell e
Corelli lo erano da Dolmetsch, credo che sia ancora possibile recuperare qual-
cosa della mentalité musicale galante attraverso un'attenta analisi e compara-
zione dei gesti musicali galanti. I seguenti capitoli sono dedicati allo studio det-
tagliato di tali gesti.
A chi è destinato. Sebbene a volte il discorso possa vertere piuttosto sul tec-
nico, ho evitato di nascondermi dietro tecnicismi. Chiunque abbia amore per
la musica classica e sia capace di leggere la notazione musicale non avrà diffi-
coltà a leggere la maggior parte di questo tomo.
Limiti. Dai tempi di Mozart a oggi abbiamo avuto più di duecento anni di
critica e di studio accademico. Durante questo lungo periodo la musica del-
l' epoca galante ha significato molte cose diverse per molti dpi diversi di per-
sone. La reinterpretazione romantico-modernista della musica galante è essa
57Dolmetsch, A. , The Interpretation o/ the Music o/ the XVIIth and XVIIIth Centuries
Revealed by Contemporary Evidence, Novello, London 1915.
l.lntroduzz'one 39
stessa diventata una grande tradizione musicale con una propria autenticità.
Non posso permettermi di trattare o passare in rassegna tale importante let-
teratura in quest'unico volume. Cercherò piuttosto, per quanto mi sarà possi-
bile, di coinvolgere scrittori e musicisti del diciottesimo secolo attraverso le
loro stesse parole, concetti e gesti. Ovviamente potrà risultare difficile inter-
pretare gli scritti dell'epoca senza ambiguità. Con1e ha osservato il dottor
Johnson nel 1773, ((sessanta o settant'anni dopo che sono state scritte, tutte le
opere che descrivono le maniere abbisognano di note esplicative" .5 8 Oggi, a
una distanza storica molto maggiore, i commenti settecenteschi sulle maniere
musicali galanti potranno aver bisogno di un bel po' di <note esplicative', che
io traggo in parte dai miei studi sulla regolarità di comportamenti della musi-
ca galante.
I nomi di quasi tutti i musicisti del diciottesimo secolo, salvo alcuni, sono
ormai, ahinoi, scivolati nell'ombra; perciò cercherò di spendere per ogntmo
una frase o due che mettano in luce la posizione del musicista all'interno della
societa galante. Queste poche righe, scritte con il solo scopo di evidenziare per
il lettore non specialista la rete di conoscenze personali e professionali che
mettevano in contatto musicisti di diverse corti, cappelle e città, sono un inde-
gno sostituto di una vera biografia.
Nomi degli schemi. Nel dare un nome a diversi importanti schemi musica-
li ho seguito le ortne di J oseph Riepel, teorico settecentesco e maestro di cap-
pella a Ratisbona, che ha dato nomi a svariati importanti schemi musicali. Ove
possibile ho utilizzato i nomi impiegati da Riepel e altri diffusi nel diciottesi-
ma secolo, ma non ho esitato a inserirne di nuovi nella lista. Per alcuni sche-
mi ho scelto una parola, spesso italiana, che catturasse un aspetto della loro
funzione - questo era anche il metodo di Rlepel negli anni '50 del Settecento
- mentre per aJ.tri schemi ho scelto un nome in omaggio a un illustre studio-
so o maestro. E possibile, ovviatnente, conoscere qualcosa di musicale senza
per questo sapergli dare un nome; la competenza musicale del normale pub-
blico è di questo tipo. Ma, così come è impossibile immaginare una seria
ricerca sulle caratteristiche e le abitudini di diverse specie di uccelli senza
usare i nomi degli uccelli, è altrettanto difficile tnettere a confronto le specie
di frasi musicali galanti senza la possibilità di nominarli. Ovviamente, inven -
tar nomi si può fare in molti modi. Ho evitato i toni 'scientifici' di un certo
stile teorico-musicale, preferendo piuttosto l'approccio diretto e disimpegna-
to degli stessi compositori galanti. Nell'appendice A è possibile trovare un rie-
pilogo di tutti gli schemi.
58 Boswell, J., Esq., Tbe lzfe o/ Samuel ]ohnsonJ LL. D. : comprehending an account o/ bis
studies and numerous works, in chronological order/ :A series o/ bis epistolary correspondence
and conversations with many e1ninent persons; : and various origina! pieces o/ his composition,
never be/ore published. : The whole exhibiting a view o/ literature and literary rnen in Great
Britain, /or near half a century, during which he fiourlshed. : In two volumes, Henry Baldwin,
London 1791, 8 aprile 1773.
40 La musica nello stile galante
N orni delle note. Per indicare una specifica nota ho utilizzato gli standard
della Acoustical Society of America. li do centrale del pianoforte è quindi il
do 4 , il diapason standard a 440Hz è illa4, il la un'ottava sopra è i1la5, un' otta-
va sotto il la 3 , e così via.
N orni dei gradi della scala. Per indicare i gradi della scala o delle tonalità
quando compaiono in uno schema ho usato numeri racchiusi in cerchietti. Se
compaiono nella melodia, i cerchi sono neri (0-@-@), se compaiono nel
basso i cerchi sono bianchi (CD -(J) - CD). Nei passaggi che modulano fra diver-
se tonalità , tali indicazioni fisse per i gradi della scala non consentono di rap-
presentare adeguatamente la trasposizione delle altezze. Ammetto che in tali
casi le vecchie forme di denominazione delle note possono essere più conve-
• •
n tenti.
Nomi degli accordi. Nella descrizione degli accordi utilizzati dai composito-
ri galanti, in genere ho evitato il sistema di numeri romani del diciannovesimo
e ventesimo secolo (I, VI, V, eccetera), preferendo la comune numerazione del
basso del diciottesimo secolo (6, 6/5, 7, eccetera). Laddove ho usato i numeri
romani, questi sono in maiuscolo, e indicano i gradi della scala trattati come
punti di riferimento accordali (Stu/en in tedesco) o centri tonali.
Centro ton.ale - tonalità globale. Nella musica galante, la relazione tra signi-
ficato locale e globale degli accordi e delle tonalità era fluida. Molti dei meto-
di di analisi musicale in voga oggi sopravvalutano spesso la capacita di distin-
guere chiaramente tra significato locale e globale. In realta, l'arte del composi-
tore galante dipendeva molto dalla sua capacità di modulare tra una percezio-
ne di certezza e una di incertezza, ossia tra, da una parte, dare al pubblico di
corte un senso di sicurezza e stabilità, e, dall'altra, condurre gli ascoltatori
lungo sentieri oscuri fatti di strani accordi e tonalità remote dove costoro si
sentissero del tutto sperduti. La stella polare della musica galante non era un
accordo di tonica, ma piuttosto l'esperienza dell'ascoltatore, che i maestri di
quest'arte sapevano indirizzare con arte consumata. n termine ottocentesco
tonalità, che mai fu usato dai compositori galanti, era estraneo alle loro preoc-
cupazioni, che erano di natura più locale: io stesso l'ho evitato nel corso di
questo libro, direi senza rimetterei nulla.
Forma. Di alcune figure musicali si può dire che presentino una forma chia-
ramente definita ma un contenuto vago (per esempio, un "tema di quattro bat-
tute"); altre possono invece presentare una forma vaga ma un contenuto chia-
ramente definito (ad esempio, un "pedale di dominante") . Altre ancora si tro-
vano a meta strada tra questi due estremi. Per gli schemi di medie dimensioni,
che sono argomento di gran parte di questo libro, questo genere di relazione
forma/ contenuto è catturato mediante i termini 'evento' e 'stadio'. Prendiamo,
ad esempio, uno schema musicale immaginario con tre eventi disposti in un
ordine prevedibile, dician1o A-B-C (v. figura r.I). In una presentazione sempli-
ce dello schema ogni evento può costituire un singolo stadio, come quando, ad
esempio, A, B e C siano ognuno un singolo accordo.
1. Introduzione 41
i\ 13 c
Gli schemi presentati nel libro saranno definiti in termini dei loro eventi, e i
possibili, importanti parallelismi o divaricazioni tra gli stadi di un certo sche-
ma emergeranno dai numerosi esempi musicali forniti per quello schema.
Queste e altre questioni di forma saranno riviste e trattate appieno nel capito-
lo 29, dove vedremo che un altro termine raramente usato dai compositori
galanti, (forn1a sonata', è più di ostacolo che di aiuto per comprendere come le
cotnposizioni galanti fossero concepite e comprese all'epoca. A giudicare dal
notevole corpus di scritti novecenteschi sullo stile musicale del Settecento, si
potrebbe dedurre che la tonalità e la forn1a sonata fossero quasi gli unici argo-
menti degni di interesse. Se dichiarassi questi argomenti anacronistici prima
ancora di iniziare a trattare questa musica, e se rifiutassi di collocare ogni
pezzo su un asse barocco/ classico, rimarrebbe ancora qualcosa da dire? Spero
che il lettore ammetterà, almeno per il momento, che anche se si mettono da
parte i pilastri dell'approccio romantico-modernista a un'arte antiromantica
rimanga ancora qualcosa di cui valga la pena discutere.
Repertorio. Quest~ vol urne esamina la musica scritta per il mondo delle
corti settecentesche. E ovvio che la cultura di corte si estendeva oltre la cer-
chia della nobiltà ereditaria fino al mondo dell'alta borghesia delle città in
espansione, che a sua volta aspirava a emulare la nobiltà. Secondo Nolivos de
42 La musica nello stzle galante
Saint-Cyr (1759), "la città, come si suoi dire, scimmiotta la corte" ,59 e molti
facoltosi finanzieri e commercianti misero su intere maisons complete di ver-
sioni minori degli in trattenimenti di corte. Anche gli alti prelati avevano corti
con istituzioni musicali (l'espressione 'principe della Chiesa' era più che un
modo di dire, e la protezione di ricchi uon1ini di chiesa era vitale per n1olti
compositori galanti). Sono escluse da questo volume quelle musiche intese
unicamente per l'uso domestico della classe media, per le congregazioni delle
chiese protestanti, per (pubblici' concerti a pagamento e per il teatro popola-
re, anche se queste musiche erano parte integrante della vita nel diciottesimo
secolo. Mozart, ad esem.pio, iniziò la sua carriera dedicandosi quasi esclusiva-
mente alla musica di corte; eppure da adulto si avventurò nei campi del tea-
tro popolare (Il flauto magico), dei concerti pubblici a pagamento (molti dei
suoi concerti per pianoforte), e della n1usica per la n1assoneria (inni secolari),
un'associazione che la maggior parte delle corti europee considerava sedizio-
sa. n suo graduale spostamento verso tradizioni piu urbane e commerciali fu
comune a molti musicisti nella seconda metà del Settecento. Perciò per diver-
sa musica posteriore all'incirca al176o la categoria di musica di corte va inte-
sa come indicazione di un orientamento o retaggio stilistico, più che in senso
letterale.
Del vero e proprio stile galante di corte ho fornito centinaia di esempi
musicali di circa ottanta compositori. Perciò, con1e disse Samuel Johnson
(1709-1784) a proposito dei lemmi nel suo dizionario (1755), gli schemi sono
stati "dedotti dai loro originali, e illustrati nei loro vari significati, da esempi
dei migliori scrittori" .60 Nondimeno, molte aree della musica galante sono
state inevitabilmente neglette. La centralità dell'opera nella cultura galante
non può certo essere negata; tuttavia, la maggior parte degli esem.pi che ho
scelto proviene da piccole composizioni strumentali. Ciò è particolarmente
evidente nei primi capitoli, dove semplicità e comprensibilità sono elementi
essenziali. Piu avanti nel libro dopo aver presentato un numero sufficiente di
schemi, ho incluso intere arie di alcuni dei tnigliori n1aestri italiani. N ella mia
trattazione lo stile chiassoso e in qualche modo diverso delle sinfonie d' ope-
ra è stato ingorato. Non ho esaminato il recitativo o il melodran1ma, né mi è
stato possibile includere un'adeguata rassegna di schemi prediletti dalla tra-
dizione straordinariamente ricca della musica sacra galante. In particolare, ho
evitato il dolente inventario delle rappresentazioni cromatiche del dolore,
della dannazione e delle pene dell'inferno. Gli schemi forniti sono stati scelti
sulla base della loro importanza e prevalenza nei repertori centrali della Olusi-
ca per le sale di corte, per i teatri di corte e per le cappelle più progressiste.
Poiché la musica scritta nel modo maggiore ha finito per predominare in que-
59 N oJivos de Saint-Cyr, P . A., Tableau du siècle, Genève 1759, p. 132: "La Ville est, dit-on,
le singe de la Cour".
60 J ohnson , S., Dictionary o/ the English Language, London 1755, p. del titolo.
l. lntroduzz'one 43
una gran farragine di cose") tra le quali gli schemi galanti. n lettore interessa-
to agli aspetti esecutivi dei partlmenti, o a imparare a realizzare un partimen-
to, ne troverà una breve introduzione nell'appendice B.
2
La Romanesca
•
Per i mecenati della musica galante, dare un giudizio critico sulle composizioni
e sulla loro esecuzione richiedeva familiarità con i più importanti schemi dello
stile; per i compositori, realizzare opere degne di encomio richiedeva la capaci-
tà di produrre esemplari di ogni schema corretti in ogni dettaglio. La conoscen-
za più passiva dei mecenati poteva derivare dal frequente ascolto delle tipiche
frasi della musica galante; quella attiva e operativa dei compositori era acquisita
grazie agli accurati insegnamenti degli insegnanti di musica: i maestri. I più
grandi maestri dell'epoca operavano in Italia, e avevano sviluppato un metodo
d'insegnamento unico, incentrato sul partimento, cioè il basso con funzione di-
dattica. Un partitnento assomigliava alla linea del basso che nel Settecento si af-
fidava agli accompagnatori, con la differenza che non vi erano altri esecutori a
suonare le altre parti: il partimento era il basso di un ensem ble virtuale che esi-
steva solo nella mente dello studente, e che diventava suono attraverso la sua
realizzazione alla tastiera. In termini comportamentali, il partimento, che spes-
so cambiava temporaneamente chiave diventando una qualunque delle voci
dell' ensemble virtuale, forniva una serie di stimoli per una serie di schemi, e le
"risposte apprese" dello studente davano come risultato una serie di frasi e ca-
denze realizzate in una trama a più voci. Dall'osservazione di una sola caratte-
ristica di un particolare schema, una qualunque delle sue parti caratteristiche,
lo studente imparava a completare l'intero schema, e facendo ciò ne imparava
a memoria ogni aspetto. Ne risultavano scorrevolezza nello stile e abilità nel
"parlare" questo linguaggio di corte.
Come i comici dell'arte memorizzavano tutte le scene e i 'lazzi' presenti nel-
lo zibaldone della loro compagnia, così i giovani compositori memorizzavano
tutti gli schemi presenti nei partimenti dei loro maestri. Nel sistema corporati-
vo dei musicisti di corte, gli studenti, in quanto apprendisti, non apprendeva-
no gli schemi attraverso descrizioni verbali o teorie speculative, ma piuttosto li
imparavano a memoria, realizzandoli in ogni possibile tono, metro, tempo e
stile. Questo rnodus operandi calcolato e concentrato, guidato da ciò che Gio-
vanni Maria Bononcini (1642-1678) chiamò la "viva voce di ben fondato mae-
stro", 1 consentiva agli studenti di costruirsi una robusta conoscenza circa qua-
li variazioni ed eccezioni fossero consentite e quali no. Tre di questi 'ben fon-
1 Bononcini, G. M. , Musica prattico che breventente dintostra il1nodo di giungere alla per-
l etta cognizione di tutte quelle cose, che concorrono alla composizione de i cantz~ e di ciò ch'al-
l)arte del contrapunto si ricerca, opus 8, Bologna 1673, prefazione.
46 La must·ca nello stile galante
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Es. 2.2- Mattei, d a un partimento in Do maggiore (c. 1780)
'
E da notare che, sull'ultimo quarto della pri1na battuta (es. 2.2), Mattei aggiun-
ge il nutnero 5 per correggere la tendenza dell'allievo a suonare un '6' in questo
punto (do 5 invece di si4 ), come invece suggeriva l'esempio di Tritto.
Anche il basso di Paisiello è simile agli altri due, e presenta di nuovo l'indi-
2 Tritto) G., Scuola di contrappunto) ossia Teorica Musicale, Ferd. Artaria, Milano [I8r6] ,
p. 21, n . 8.
Mattei, S., Piccolo basso: In tutti li toni per introduzione alli bassi numerati 6 sia1~o
3
Partimenti, MS Od.2.r8, I-Ne, Napoli, fol. 12r, "Sol terza maggiore n. 1. "
2. La Romanesca 47
cazione delle dissonanze. Mentre, però, Mattei prescrive un urto fra le due
voci superiori, Paisiello le fa muovere parallelamente per creare le dissonanze
con il basso: 4
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Es. 2.3- Paisiello, passaggio in Mib maggiore da un partimento
in Do minore, Andante (r782)
Ognuno di questi partimenti è unico, eppure i tre brani hanno molte caratteri-
stiche comuni~ Le prime cinque note del basso hanno la stessa relazione inter-
vallare rispetto alla tonica; le prime tre sonorità accordali sono le stesse, sem-
pre rispetto alla tonica; le parti superiori sottintese iniziano con una discesa
per terze parallele, siano esse implicite (Tritto), chiaramente indicate (Paisiel-
lo) , o risultanti del ritardo di una parte di contralto, che di norma sta una terza
sotto al soprano (Mattei). Ogni esempio rappresenta poi, in un contesto più
ampio, l'ingresso di un nuovo importante tema o soggetto musicale; tutti e tre,
infatti, sono varianti comuni di uno schema noto come la Romanesca.
Come suggerisce il nome, la Romanesca è di provenienza italiana (così come
la maggior parte degli schemi galanti) .5 In principio, essa era ampiam ente cita-
ta e nominata dai musicisti d el sedicesimo secolo, e durante il diciassettesimo
secolo essa regno come una delle linee di basso più comuni. In tempi più re-
5
o
reale diede come compito dei partimenti fioriti, e alcuni di questi esercizi sono
stati conservati. Verosimilmente, Handel intendeva che il seguente brano fosse
realizzato come una Romanesca:
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Figura 2.1 - Schema della Romanesca con il basso che procede per salti
50 La musica nello stile galante
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Es. 2.6- Cimarosa, dal quaderno (zibaldone) dipartimenti (Napoli, 1762)
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Queste forme di Romanesca e di Follia, parte del patrimonio dei musicisti del-
l'ultimo Settecento e del primo Ottocento, col passare del tempo furono di fre-
quente modificate. Per la Romanesca, il problema compositivo menzionato
sopra, cioè "in che modo aggiungere una terza voce, senza incorrere in ottave
o quinte parallele, a una coppia di voci che si muovono per terze parallele
discendenti ', ha anche un'altra soluzione nel caso in cui la voce aggiunta sia
quella superiore. La "soluzione della voce superiore" può somigliare a questo
passaggio cantato dalle Tre Dame ne Il f lauto magico di Mozart (K 62o) , in cui
le terze parallele sono cantate dalle due voci inferiori:
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Johann Schobert (c. I735-1767) era un celebre cembalista attivo a Parigi; la sua
musica fu oggetto di assiduo studio da parte del giovane Mozart, a cui fornì un
esempio più fiorito di questa variante della Romanesca all'inizio del suo trio in
Fa maggiore:
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Es. 2 .9 - Schobert, op. 6, n. I, mov. I, Andante, batt. I (Parigi, c. I76I-63)
•
Forte Debol.e Fott e Debole Fotte Debole
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musicisti galanti sembra non avesse particolari preferenze per un tipo o per
l'altro.
Il musicista ceco Wenceslaus Wodiczka (c. I715/2o-1774), primo violino
dell'orchestra del duca di Baviera, dedicò a quest'ultimo le sue sonate per vio-
lino op. 1 (Parigi, 1739); nella dedica, Wodiczka ringrazia con grande effusio-
ne il duca per averlo scelto come membro della propria cappella musicale, i
Filarmonici, e per aver provveduto alla sua istruzione in Italia, sotto la guida
di '< un sapientissimo maestro". In Italia, un giovane musicista del nord del-
l'Europa aveva la possibilita di apprendere da uno dei grandi maestri dello
stile galante, e l'allievo diligente poteva mandare a memoria l'intero reperto-
rio di schemi in voga in quel momento. Un esame delle composizioni di Wo-
diczka suggerisce che egli fosse proprio quel tipo di allievo, e io considero il
suo opus n. r una presentazione al pubblico dei frutti dei suoi studi in Italia.
Ogni pagina mostra, con insolita chiarezza, le "figure obbligatorie" dello stile
galante italiano.
n movimento lento della terza sonata inizia con un buon esempio della
Romanesca preferita dallo stile galante (vedi es. 2.10). Le linee tratteggiate a
destra delle parentesi orizzontali indicano che questo tipo di Ron1anesca sfo-
ciava quasi sempre in uno schema successivo, spesso una cadenza. La melodia
di Wodiczka presenta la tonica e la quinta del tono, con il movimento melodi-
co discendente tipico delle antiche Romanesche affidato a una voce interna. li
profilo della melodia (che O venisse prima di 0 o viceversa) non era un fatto-
re importante nella Romanesca galante. Le prime quattro sonorità di
Wodiczka alternano accordi di 5/3 e 6/3, più o meno come nella variante di
salto (le cifre fra i pentagrammi sono originali).
VERSIONE GALANTE ~
Figura 2.3 - li basso ibrido di Romanesca galante
Le prime tre note del basso galante corrispondono alla versione per grado,
mentre le note dalla terza alla quinta corrispondono a quella per salto, ma con
una sonorità leggermente diversa: invece della sonorità di 5/3 al quarto evento,
la Romanesca galante di solito ha una sonorità di 6/3 . Sarebbe a dire che, per
il basso mostrato sopra (in Do maggiore), la versione galante farebbe sentire
un accordo di Do maggiore nel punto in cui le versioni per grado o per salto
farebbero sentire un accordo di Mi minore. Perché?
Quando ho posto questa domanda a studenti e colleghi, le risposte che ho
ottenuto avrebbero lasciato interdetti i musicisti che concepirono questa musi-
ca. Le nozioni di "grammatica degli accordi" apprese dai miei studenti dei pri-
mi anni non li aiutano a spiegare perché, in Sol n1aggiore, Wodiczka farebbe
seguire a un accordo di Mi minore un accordo di Sol maggiore in primo rivol-
to . Persino uno studente più avanzato, che invoca le "teorie e fantasie ~' di
Heinrich Schenker (!868-1935) scritte nel prin1o dopoguerra, con suoi pesanti
riferimenti alla ''volontà dei suoni" e allo "spirito della condotta delle parti",
non sa bene se sparare su una farfalla galante con l'artiglieria pesante renda
meno giustizia all'artiglieria o alla farfalla. 8 La particolare scelta musicale de-
scritta sopra non era basata sulla "gramn1atica degli accordi", la unascita della
tonalità" , lo "spirito della condotta delle parti" , o altre grandiose astrazioni: la
causa piu diretta di quella sonorità di 6/3 va cercata nell'interazione tra la pra-
tica del solfeggio e la realizzazione del basso non numerato (il tipo più avanza-
to dipartimenti), entrambe un tempo molto comuni, che altro non erano se
non codificazioni di una viva prassi musicale.
8 Schenker, H., Neue rrzusikalùche Theorien und PhantasienJ i: Hannonielehre, Stuttgart
1906; it/ 1: Konttapunkt: Cantu~firmus und zzueistimnziger Satz, Wien 1910; ii/2: Kontrapunkt:
drei- und Jnehrstinzntiger atz, Ubergiinge zu1n /reien Satz, Wien 1922; iii: De,..freie Satz, Wien,
1935; ed. riv. 1956, a cura di Oswald Jonas.
2. La Romanesca 55
Che si trattino queste sillabe come nonli di note, nomi che persistono indi pen-
dentemente dalla scala o dal modo in uso (do fisso, la prassi parigina più recen-
te) , o come etichette per una posizione che si muove contestualmente al cen-
tro ton al e (do mobile), esse forniscono una corrispondenza biunivoca tra una
sillaba e la sua collocazione musicale.
Anche il più antico solfeggio a sei sillabe, introdotto nell'undicesimo secolo
da Guido d'Arezzo, associava sillabe a note: 10
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Es. 2.12- Un solfeggio a sei sillabe
9
Saint Lambert, Monsieur de, Nouveau traité de l'accompagnement du clavecin, de l'orgue
et des autres instruments, Paris 1707, trad. ingl. e cura di John S. Powell con il nuovo titolo
A Neto Treatise on Accompaniment with the Harpsichor~ the Organ, and with Other
lnsrurnents, Indiana University Press, Bloomington 1991, p. 45·
10 Guido d'Arezzo, Micrologus, c. ro26.
56 La tnusica nello stile galante
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o tre contesti locali avrebbe fornito la posizione globale. Il moderno la3 quin-
di diventava A lamire in virtù della sua collocazione in tre esacordi cardinali
(vedi es. 2.13) . I musicisti italiani mantennero questi nomi triadici per specifi-
care le altezze delle note fino a Ottocento inoltrato.
Es. 2.13 -Tre esacordi usati per definire una collocazione
Da qualche parte a metà tra questi due sistemi - tra la generalita globale del
solfeggio a sette sillabe e la particolarità locale degli esacordi - risiede la pras-
si comune del diciottesimo secolo; ciò che il violinista padovano Giuseppe
Tartini (r692-1770) chiamò ((il comune solfeggio italiano" non è completamen-
te locale né completamente globale:ll
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Es. 2.14 - TI ''comune solfeggio italiano"
Gli intervalli importanti come i semitoni sono trattati localmente, cosicché sia
mi4-/a 4 sia si4 -do5 diventano mi-/a, benché essi risiedano in esacordi separati.
11 Tartini, G. , De) principi dell'armonia musicale contenuta nel diatonico genere, Padova
1767, in Fubini, E., Musica e cultura nel Settecento europeo EDT, Torino 1986 p. 144.
2. La Romanesca 57
Eppure, come vedremo, quando la scala si estende oltre i limiti di una singola
ottava, la sequenza che viene a formarsi è costituita da un modulo di sette sil-
labe che si ripete.
La prassi del diciottesimo secolo era tutt'altro che uniforme: in alcuni testi
tedeschi si trovano solo le lettere dell'alfabeto per i nomi delle note (A, B, C,
D, E, F e G): il trattato di violino (1756) di Leopold Mozart (r7I9-1787) rientra
in questa categoria. 12 Molti musicisti francesi furono tra i prin1i ad adottare le
sette sillabe: il trattato di armonia (1722) di Jean-Philippe Ram.eau (r683-1764),
per esempio, usa il si per il settimo grado, così come Saint Lambert prima di
lui.l 3 li teorico italiano Fausto Fritelli osservò (1744) come il vecchio sistema
del solfeggio esacordale potesse creare confusione con melodie caratterizzate
da cromatismi e frequenti salti; 14 non a caso, verso la metà del secolo alcuni
teorici più giovani come Joseph Riepel e Johann F riedrich Daube iniziarono a
ridicolizzare tutti i sistemi di solfeggio in quanto imposizioni di inutile com-.
plessità. 15 Ciò nonostante, il "comune solfeggio italiano" era ampiamente dif-
fuso ovunque lo stile musicale italiano fosse coltivato, e nel diciottesimo seco-
lo lo era quasi ovunque.
Un'esposizione più dettagliata della prassi italiana, così com'era recepita
all'estero nell'ultima parte del diciassettesimo secolo, può essere trovata nel
Musicalischer Schlissl [La chiave musicale] (1677) di Johann Jacob Prinner
16
(r624-1694) . Prinner comincia con l'esacordo, ascendente e discendente:
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Es. 2.15- Prinner, Musicalischer Schlissl: esacordo a due collocazioni
L'uso di due chiavi indica che la sequenza di sillabe è la stessa per l'esacordo
naturale che inizia dal do 4 (in chiave di soprano) e per l'esacordo duro che ini-
zia dal sol2 (in chiave eli basso)· tali esacordi hanno dunque in comune le stesse
sillabe e quindi anche la stessa disposizione di intervalli. Dunque il soggetto e la
risposta 'reale' di una fuga, o un tema di sonata e la sua trasposizione una quin-
ta sopra o sotto sono gli 'stessi' in quanto richiedono le stesse sillabe.
12 Mozart, L ., Versuch einer griindlichen Violt'nschule, Augsburg 1756.
13 Rameau, J.-Ph., Traité de l'hannonie reduite à ses principes naturels, Paris 1722.
14 Fritelli, F., Ll modo di solfeggiare all'uso Francese, Siena 1744.
15
Riepel, ]. , An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Nicht zwar nach alt-mathemati-
scher Einbildungs-Art der Zirkel-Harmonisten sondern durchgehends mit sichtbaren
Exempeln abge/asset, ii: Grundregeln zur Tonordnung insgemein, Frankfurt und Leipzig I755,
pp. 10-5. Daube, ]. F., General-Bass in drey Accorden, gegrundet in den Regeln der alt- und
neuen Autoren, Leipzig 1756.
16
Prinner, J. ]. , Musicalh:cher Schlissl, 1677, manoscritto autografo, ML 95 P 79, Library
of Congress, Washington D .C.
58 La musica nello stile galante
e- •
ut re mi fa sol re mi fa re mt ...
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Es. 2.16- Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza ascendente di sillabe
&
sol fa mi /la sol fa la sol fa ...
Jf
Es. 2.17 - Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza
discendente di sillabe
ut re mi
fa sol re mi fa re mi ...
Es. 2.18 - Prinner, Musicalischer Schlissl, sequenza di sillabe
nel sistema "molle"
n "comune solfeggio italiano"' perciò, era un "do mobile"' almeno sotto certi
aspetti; anche se, come vedremo, modi diversi richiedevano diverse sequenze
di sillabe. Secondo Prinner, lo si potrebbe anche chiatnare "ut mobile", ma per
molti italiani la sillaba do aveva gia sostituito l' ut; Giovanni Maria Bononcini,
nel Musico Prattico (1673) attribuisce il can1biamento alle difficoltà di cantare
la sillaba antica. 17 Probabilmente Tartini si rifaceva alla prassi scolastica utiliz-
zando ancora ut quasi un secolo dopo.
l 7 Bononcini,G. M., Musica prattico, p. 35: "In vece della sillaba Ut i moderni si servono
di questa Do, per essere più risuonante".
2. La Romanesca 59
•
/a
o
re mt fa sol re mt sol
Es. 2.19 -Prinner, Musicalischer Schlissl, il modo di re
con i semitoni mi-/a marcati a note nere
- Bisogna considerare tutti i semi toni come mi-/a quando si sale e come /a-mi
o /a-la quando si scende, indipendentemente dal modo.
- Bisogna cambiare esacordo su un nuovo re se si sale e su un nuovo la se si
scende, quando un passaggio si estende oltre i limiti di un singolo esacordo.
- Bisogna trattare un'alterazione come un cambio di sillaba; perciò Dsignifica
"trattare come fa" e # significa ('trattare come rni".
-Un breve frammento di solfeggio- re, 1ni, /a ad esempio- può essere inse-
rito in molteplici contesti tonali anche con un unico sisten1a diatonico: (r)
come 0 -8 -@) dei modi di re o di la, (2) come 8 -@)-0 dei modj di do o di
sol, (3) come @)-0 -0 del modo di /a, (4) come 0 -0 -0 dei modi di mi o di
la, (5) come 0 -0 -8 dei modi di re o di sol, (6) come 0 -8 -0 dei modi di/a
o di do , (7) come 8 -0 -8 del modo di mi. Dodici possibilità in tutto.
Per un "musico prattico" come Prinner, la legge di Saint Lan1bert su '(un si,
un mi, & un diesis" sarebbe stata una regola su ''un mi, un mi, & un mi", giac-
ché si era soltanto un altro nome per un grado mi della scala, e un diesis era
un'indicazione di trattare una nota come mi. Questi gradi mi, quando al basso
erano seguiti da un /a, corrispondevano a contesti n1usicali in cui un evento
localmente instabile era seguito da un evento localmente stabile. Poiché gli
eventi più stabili tendevano ad avere accordi di 5/ 3, i gradi mi, per evitare quin-
te parallele, non dovevano avere accordi di 5/ 3 (6/3 o 6/ 5/ 3 funzionavano
meglio) . Da qui derivano la regola del mi e un'importante ragione per cui,
quando la quarta nota del basso d ella Romanesca precedeva una nota a distan-
za di semitono superiore (mi seguito da /a ), i musicisti galanti rispondevano
con un accordo di 6/3 sul mi e con un accordo di 5/ 3 sul /a; procedere altri-
menti sarebbe stato un passo falso.
60 La musica nello stile galante
6
Es. 2.20- Durante, Regole, per un semitono ascendente
nel partimento (c. 1740-50)
In questo modo uno schema musicale può essere considerato come un colla-
ge: il risultato de.lle interazioni tra numerose abitudini locali e altre di mag-
gior respiro derivanti da precedenti storici e da mode correnti. I musicisti che
svilupparono la Romanesca galante conservarono un certo numero di ele-
menti provenienti da suoi venerabili antenati cinque e seicenteschi; ma
aggiunsero di loro anche la maggior importanza melodica attribuita ai gradi
O e 0 , ne accorciarono la lunghezza da sei a quattro eventi, e fusero insieme
il basso per salti con il basso per gradi, attribuendo al quarto evento una
sonorita di 6/ 3 in modo da aprire la strada, senza sforzi, a una successiva
cadenza o a un altro schema:
5 6 5 6
3 3 3 3
Figura 2.4 - Uno schema della Romanesca preferita dallo stile galante
l 8 Durante, F., Partimenti numeratz· e diminuiti e fughe del maestro France.rco Durante, s.d.,
MS 24.2.4, I-Ne, Napoli, fol. 8r..
2. La Romanesca 61
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Es. 2.21- Hasse, 12 Sol/eggi, n. 2, Allegro (c. 1730-40)
però l'armonia del primo stadio per tutto il secondo stadio, in modo da crea-
re una piacevole dissonanza con il basso quando questo passa da CD a (j), scen-
dendo a®:
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Es. 2 .22 - Sammartinl, Salmo (J-C 105), mov. 6, Gloria Patri,
Andante (c. 175o-6o)
Sotto molti aspetti, la frase di Sammartini è una diversa esecuzione della stes-
sa "scena" di Hasse: ogni compositore opera scelte leggermente diverse trat-
te da un campionario di alternative condivise. Lo schema in comune a
entrambi non era ((essenzialmente" né grammatica degli accordi né condotta
delle parti, ''fondamentalmente" né armonia né melodia; piuttosto, ogni ese-
cuzione trascritta era un riuscito compromesso entro una selezione di schemi
musicali ben appresi, nel rispetto dei vincoli tanto delle esigenze pratiche di
particolari soluzioni musicali quanto del retro terra e dell'esperienza di eia-
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scun compositore.
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Es. 2.24- Jommelli, Domus mea, batt. 1 (Roma, 1750) •
V arie erano le possibili scelte per il secondo accordo ((J) al basso) , tre delle
quali sono mostrate nell'esempio 2.25. L 'organista ha suonato la versione (a),
che non e piaciuta alla nostra nobile amica: essa parla della sua "crudezza", e
dopo l'uscita dei musicisti noi le raccomandiamo o il normale modello di
Basse (cfr. es. 2.21, adattato n ell'es. 2.25b) o il più pungente modello di
Sammartini (cfr. es. 2.22, adattato nell'es. 2.25c). Lei è ammirata dalla nostra
dimostrazione di competenza, e si complimenta con noi per il nostro gusto.
64 La musica nello stile galante
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Es. 2.25- Tre armonizzazioni dell'es. 2.24:
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Es. 3.1 - Prinner, Musicalischer Schlissl, fol. 58 (1677)
La sua intenzione può essere stata quella d i mostrare che due diverse disposi-
zioni delle voci (batt. I, 2) in due diversi toni (do e sib) hanno in comune lo stes-
so modello di basso numerato posto sotto la dicitura di "Partitura" (batt. 3, 4) .
Le sue due disposizioni, però, rappresentano anche il vecchio e il nuovo: la
disposizione nella prin1a battuta era per lungo tempo servita cotne forma del-
l' antica clausula vera (vedi cap. II), mentre la disposizione nella seconda battu-
ta - quella che io chiamo il Prinner - sarebbe diventata una delle risposte pre-
dilette dal nascente stile galante.
La Ron1anesca di Wodiczka mostrata nel capitolo 2 era il tipo di mossa di
apertura che richiedeva una risposta appropriata:
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Es. 3.2- Wodiczka, op. 1, n. 3, mov. 1, Adagio (I739)
Wodlczka aveva scelto una popolare variante del Prinner che presentava un
terzo stadio prolungato; sarebbe a dire che mentre ognuno dei primi due stadi
del Prinner di W odiczka dura soltanto una croma, il terzo stadio, con il suo
trillo sul O alla melodia, dura per una senuminima e consente l'interpolazione
del ® tra il ® e l'CD al basso. Questo adattamento pone il quarto evento del
68 La musica nello stz'le galante
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Es. 3·4- Marcello, op. I, n. I, mov. I, Largo (Amsterdam, I732)
Wocliczka avrebbe anche potuto studiare lavori come le sonate op. 2 di
Pietro Castrucci (r679-I752). Allievo di violino di Corelli a Roma, Castrucci fu
chiamato a lavorare al nord, così come molti altri di una lunga serie di musici-
sti italiani di nascita e di formazione; 4 nel suo caso si trattò dell'Inghilterra, do-
ve riscosse un considerevole successo come direttore delle orchestre d'opera di
Handel a Londra. Castrucci lasciò l'Italia nel 1715 e quindi non avrebbe potuto
essere un diretto insegnante di Wocliczka; ciò nonostante, i loro stili sono simi-
li: si noti come, nella quarta di queste sonate per violino e basso continuo, Ca-
strucci presenti una risposta di Prinner che adotta un basso cadenzale al posto
dell'usuale @-®-®-CD:
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Es. 3· 5 - Castrucci, op. 2, n. 4, mov. r, Andante (Londra, 1734)
4Strohm, R. , a cura di Th e Eigbteenth-Century Diaspora o/ Italian Must"c and Musicùzns,
1
Woeliczka avrebb e anche potuto studiare e imitare le sonate op. 6 eli Pietro
Locatelli (r695-1764). Di nuovo, una diretta conoscenza dei due sembra impro-
babile, giacché pare che il grande violinista della scuola eli Corelli non abbia
preso allievi: alla fine degli anni '20 aveva già lasciato l'Italia per lavorare al
nord, andando a stare ad Amsterdam:
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L'esempio precedente è in verità una ripresa del più giocoso tema iniziale (vedi
es. 3.7); Locatelli comincia il suo Prinner, poi lo interrompe, poi lo comincia di
nuovo. Anche se qui è solo accennato, nei decenni successivi divenne comune
separare 0 -0 da 0 -fD:
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Quali che fossero i pezzi studiati da W ocliczka, e chiunque abbia avuto il ruolo
di suo "ben fondato maestro", egli chiaramente assorbì le tendenze musicali
italiane degli anni '30 del Settecento. Se questi esempi suonano in modo vaga-
mente familiare, probabilmente è perché molti ascoltatori moderni hanno
ascoltato le opere del contemporaneo di W odiczka, Domenico G allo (attivo
nel 1750-6o), nella famosa rielaborazione eli Stravinskij per i Ballets Russes
(Pulcinella, ouverture, batt. 1-2):
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Es. 3·9 - Gallo, Trio in Sol maggiore, mov. I, A llegro (c. 1750-60)
72 La musica nello stile galante
Il brano di Gallo, spesso ancora attribuito a Pergolesi, inizia con una Romane-
sca il cui basso evita il solito salto discendente da ® a ®. li Prinner di rispo-
sta, invece, non potrebbe essere piu convenzionale.
Gli esempi di Wocliczka, Marcello, Castrucci, Locatelli, Leo e Gallo incarna-
no tutti un'importante tradizione: quella di accoppiare una Romanesca a un
Prinner. Prendendo in prestito i termini usati nei partimenti fugati, quest'unio-
ne di una "proposta" di Romanesca con una "risposta" di Prinner era un ele-
mento importante dell'istruzione di ogni studente. Paisiello incluse in uno dei
suoi partimenti un chiaro esempio eli questa accoppiata, e una qualsiasi delle due
versioni di melodia di Wodiczka potrebbe essere posta sopra il basso di Paisiello
senza alcuna modifica, salvo per l'aggiustamento della lunghezza delle note
richiesto dal cambio di metro; nell'esempio successivo il basso di Paisiello si
trova accoppiato con la seconda melodia di Wodiczka. Benché scritti a distanza
di quattro decenni, i due frammenti combaciano perfettamente in quanto
entrambi i musicisti avevano appreso le stesse "figure obbligatorie":
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Es. 3.10 - Basso di un partimento di Paisiello (1782)
con una melodia per violino di Wodiczka (1739)
La velocità e la sicurezza con cui molti dei migliori compositori del diciottesi-
mo secolo scrivevano opere a più voci sono state a lungo oggetto di meraviglia
per i musicisti moderni. Premesso che l'abilita e l'inventiva di quei composito-
ri rimangono impressionanti comunque si cerchi dispiegarle, un assortimento
di "parti intercambiabili" può dare ovvi vantaggi per una rapida e sicura costru-
zione di composizioni complesse. Chiunque conoscesse la citata tradizione di
una Romanesca che conduce a un Prinner poteva attingere a un certo numero
di melodie, bassi e armonizzazioni di repertorio, e ogni cosa avrebbe combacia-
to con un'altra. Oggi tendiamo ad associare "composizione'' a '(invenzione",
ma il significato antico e letterale di ''porre insieme' (cum + ponere) ci dà un'im-
magine migliore del modus operandi galante.
C'erano anche altre tradizioni per collegare una Rom an esca a un Prinner.
Fra i primi esponenti dello stile galante vi fu Giovanni Bononcini (!670-1747,
figlio di Giovanni Maria). Nell'esempio 3.11 tratto dall'opera Il trionfo di
Camilla (1696), Bononcini incorpora la Rom an esca in un'altra mossa d' apertu-
ra cui, per ovvie ragioni, ho attribuito il termine di ''Do-Re-Mi" (vedi cap. 6).
3. Il Prinner 73
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Es. 3.12 - li nucleo della melodia del Prinner in due diversi esacordi
Ciò significa che la-sol-fa-mi nell'esacordo molle (in chiave di sol con un
bemolle) "equivale" a la-sol-/a-mi nell'esacordo naturale (in chiave di baritono
senza alterazioni).
Un Prinner che termina nella tonalità della dominante, ciò che chiamo
''Prinner modulante", era tnolto con1une nella musica galante; forniva un mez-
zo eccellente per muovere rapidamente alla dominante, soddisfacendo allo
stesso tempo l'attesa di una risposta. Tra i maestri dei conservatori napoletani
il suo uso era considerato una prassi comune. Saverio Valente, che vi insegnò
74 La musica nello stile galante
dal 1767 al primo Ottocento, raccomandava il seguente esempio, quasi una co-
pia esatta della parti tura dal trattato di Prinner, ''per uscire alla quinta del to-
no in terza maggiore" :5
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Es. 3.15- Handel, Suite in Sol maggiore, Courante (prima del 1720)
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Es. 3.16- Aprile, Solfeggi per voce di soprano, fol. 4v, batt. r (Parigi, 1763)
76 La musica nello stile galante
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Mi aspetto che un ascoltatore che abbia una discreta familiarità con le Roma-
nesche e i Prinner trovi questo passaggio chiaro nella sua struttura nonostante
3. Il Prinner 77
la sua melodia ornata. Un cortigiano del Settecento che amava la musica avrà
probabilmente ascoltato migliaia di volte l'accoppiata Romanesca-Prinner, e
possiamo immaginare che per lui il riconoscimento di questi o altri schemi fos-
se una cosa naturale e scontata. I sentieri della musica di corte erano assai bat-
tuti, e non appena si riconosceva il percorso scelto, ci si poteva concentrare
sulle sfumature della sua realizzazione. Un Prinner come risposta a una Roma-
nesca non sorprendeva più di una riverenza in risposta a un inchino. Era il mo-
do o lo stile della p resentazione ch e contava in quanto reale oggetto di atten-
• •
ztone estetica.
Isabelle de Charrière, come abbiamo già visto prima, era una donna di corte
che sapeva come giudicare una risposta. Come compositrice dilettante di sona-
te per tastiera, ella scrisse un'apertura cui fece seguire un 'enfatica risposta di
due Prinner: 7
(MOSSA D'APERTURA)
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Es. 3.18 - De Charrière, Sonata in Re maggiore,
mov. 1, Allegro (L'Aia, c. I790-18oo)
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Es. 3.19- Zingarelli, da un partimento in Do maggiore (c. 1790-I8oo)
La de Charrière studiava con Zingarelli circa negli stessi anni in cui un'altra
donna di talento, Barbara Ployer (r765-18Ir), studiava con Mozart a Vienna. Mo-
zart e Zingarelli erano conten1poranei, e anche se i loro contatti furono scarsi o
inesistenti (Mozart visitò Napoli per un breve periodo nell'estate del 1770,
quando Zingarelli era ancora uno studente anziano ìn uno dei conservatori cit-
tadini), la somiglianza nel loro approccio didattico può riscontrarsi nelle lezioni
8. Riemann, H., V erloren gegangene Selbstverstiindlz'chkeiten in der Musik des 15.-16.
Jahrhunderts, Langensalza 1907.
9 Zingarelli, N. , Partintenti del Signor Maestro Don Nicolò Zingare/li, Ricordi, Milano post
1838, p. 31.
3. Il Prinner 79
che hanno scritto. Cominciamo da Zingarelli: il suo secondo basso (es. 3.20) ini-
zia con un breve Do-Re-Mi come mossa d'apertura (la 'melodia' di Do-Re-Mi è
al basso, e il normale basso è alla melodia; vedi cap. 6 per dettagli); la risposta è
ovviamente un Prinner, con un'estensione del terzo stadio (batt. 3): 10
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Es. 3.20- Zingarelli, da un altro partimento in Do n1aggiore (c. 1790-r8oo)
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Es. 3 .21 - Mozart, dai suoi esercizi per Barbara Ployer (K 453b, c. 1785)
Infine, in un terzo esempio di Zingarelli (es. 3.22), 11 vediamo come egli ricorra
a un Prinner modulante tra un tema iniziale in Do maggiore e la sua riesposi-
zione nella tonalità della dominante di Sol maggiore. Egli ha aggiunto la nume-
razione solo per la prima cadenza, e ha scritto (C sec: pos:" (''seconda posizio-
ne") all'inizio del Prinner modulante per mettere in guardia lo studente che la
terza dell'accordo (mi5 ) dovrebbe andare alla melodia. Tutto il resto era dato
per scontato ed evidente.
10 _ _ , Partimenti, p. 36.
11 , Partimenti, p. 1.
80 La musica nello stile galante
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Come vedremo nel capitolo r6, questo tema, con il suo canone tra melodia e
basso, era uno schema galante molto apprezzato. Io l'ho chiamato ''Fenaroli",
come il compositore i cui partimenti divennero i più famosi dell'Ottocento, e
che, guarda caso, fu anche maestro di Zingarelli. Così come la Romanesca e il
Prinner, anch'esso fu replicato più e più volte nel circoscritto mondo di inse-
gnanti e allievi.
Come siruno diventati sordi al Prinner? La risposta a questa domanda ci
porterebbe oltre le intenzioni di questo volume e dentro la storia della teoria
musicale dell'Ottocento, e in particolare nella nascita di un' 'armonia' imn1a-
ginata come una forza naturale. Eppure, la consapevolezza del Prinner e di
altri modelli sitnili non è necessariamente perduta: possiamo ancora, attraver-
so un'archeologia delle espressioni musicali, togliere la polvere dagli schemi
galanti e ascoltare ciò che hanno da dirci a proposito del pensiero musicale di
corte.
In archeologia si possono teorizzare centri di influenza e stile basandosi
sulla distribuzione e la disseminazione di cocci e altri frammenti di cultura
materiale. Quando, come in questo capitolo, si incontrano esempi su esempi
di accoppiate simili di Romanesca e Prinner, e quando questi (cocci' sono spar-
si tra le opere di violinisti come Castrucci a Londra, Locatelli ad Amsterdam e
L'Ab bé Fils a Parigi, la cui linea diretta di maestri puo essere fatta risalire ad
Arcangelo Corelli (r653-1713) a Roma, ci si aspetta di trovare lo stesso modello
o uno simile nei lavori di questo capostipite; ed e proprio questo il caso. La
frase di Castrucci mostrata sopra nell'esempio 3.5, ad esempio, è una riedizio-
3. Il Prinner 81
ne quasi nota per nota di una delle diverse accoppiate Romanesca-Prinner pre-
senti nel famoso ciclo di sonate per violino di Corelli.
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Es. 3.23 - Corelli, op. 5, n. 10, mov. 2, Allemanda, batt. I (r7oo)
Quasi ogni tipo di Romanesca e Prinner che abbiamo visto finora può essere
trovato nell'op. 5 di Corelli. Castrucci ebbe modo di studiarla dal maestro stes-
so; ma migliaia di altri violinisti si familiarizzarono col repertorio di schemi
galanti dj Corelli grazie allo studio e alla frequente esecuzione di questa molto
lodata raccolta. Sebbene l'assenza di Corelli dal campo delle composizioni
operistiche abbia limitato la sua influenza sul principale genere di musica
galante, e anche se Corelli non inventò lo stile galante, egli giocò un ruolo
importante nella sua diffusione.
4
La Fonte
Joseph Riepel (1709-1782>, di sicuro uno degli scrittori di musica più coloriti,
prolissi e rivelatori del diciottesimo secolo, fu maestro di cappella del facolto-
so principe di Thurn un d T axis a Ratisbona. 1 Per Riepel, alcuni schemi galanti
erano una presenza tanto palpabile da avere un nome proprio. Nei suoi dialo-
ghi didattici tra i due personaggi immaginari di maestro e allievo (1752-1765),
Riepel fa presentare dal maestro tre schemi: la Fonte, il Monte e il Ponte; que-
sti sono così importanti che egli implora l'allievo di "tenere a mente questo tri-
plice esempio fintanto che vivrete e sarete in salute!" .2 In questo capitolo spie-
gherò che cosa intendesse con il termine di 'Fonte', lasciando il (Monte' al ca-
pitolo 7 e il più problematico 'Ponte' al capitolo 14.
li personaggio del maestro mostra allo studente diverse versioni della Fonte,
ogni volta scrivendo solo la melodia; ecco la versione citata oggi più di fre-
quente:3
• •
Invece di definire la Fonte in ogni sua caratteristica, Riepel, come detto, for-
nisce molti esemplari della melodia facendoli commentare di volta in volta
all'allievo o al maestro, quasi come in una degustazione di vini. Già soltanto
dall'esempio precedente si può dedurre che una Fonte è composta di due
sezioni principali: la prima metà (batt. 1-2) appare in modo minore (Re mino-
re) mentre la seconda metà (batt. 3-4), un tono sotto, appare in modo maggio-
re (Do maggiore) . Se si analizzassero i partimenti italiani alla ricerca di model-
li simili probabilmente si troverebbero centinaia di esen1pi. Ecco un tipico
framm ento dipartimento di Tritto, trasposto per metterlo a confronto con la
Fon te di Riepel:4
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Nel basso di Tritto la sensibile di ognuna delle due metà, (J), appare prima sul
battere e poi sale alla tonica, CD, in un collegamento diretto per grado a caval-
lo di battuta. In un trattato successivo (es. 4.3) , Riepel inserisce un basso sotto
la sua Fonte, e tale basso, benché più semplice, ha molte caratteristiche in
comune con quello di Tritto.5 Al movimento ascendente 0 -CD al basso corri-
sponde un movimento discendente 0 -@ alla melodia, la quale spesso termina
con una più ampia discesa 0 -fi:t -0 -@ che la Fonte ha in comune con il Prinner.
Questa coordinazione di movimenti tra melodia e basso a cavallo di un confi-
ne metrico è sottolineato nell'esempio dalle parentesi angolari sovrapposte alla
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Es. 4·3 - Riepel, una Fonte con melodia e basso (1765)
4 T ritto, G., Scuola di contrappunto, ossia T eorica Musicale, Ferd. Artaria, Milano [r8r6],
p. 25, n. 3, batt. 52. L 'originale è in Sol n1aggiore.
5 Riepel, }., An/angsgrunde, cap. 4, p. 2.
84 La musica nello stile galante
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Figura 4.1 - Uno schema della Fonte suddiviso in due coppie di eventi
Non ho alcuna prova diretta che spieghi come Riepel abbia appreso il termine
'fonte'; sebbene non abbia mai viaggiato in Italia, il modo scontato con cui fa
riferimento a una presunta terminologia italiana suggerisce con quanta forza la
musica e i musicisti italiani influenzassero le corti cattoliche di lingua tedesca.
Jan Zelenka (r679-1745), maestro dello stesso Riepel a Dresda, potrebbe aver
stucliato a Venezia al tempo in cui Antonio Lotti (r666-1740) e Francesco
Gasparini (r661-1727) vi erano attivi come insegnanti. Lotti e Gasparini ebbe-
ro come allievi molti musicisti degni di nota, inclusi Domenico Scarlatti,
Galoppi, Benedetto Marcello e Quantz. Poiché in seguito Zelenka fu maestro
anche di Quantz, esiste la possibilità che la terminologia eli Riepel e le sue
descrizioni di norme cotnpositive affondino le loro radici nella prassi venezia-
na del primo quarto del diciottesimo secolo. Se così fosse, si dovrebbero poter
ritrovare delle Fonti nei lavori di Gasparini.
In effetti, le Fonti abbondano nei suoi lavori. Un uso caratteristico di que-
4. La Fonte 85
sto schema subito dopo una doppia barra può essere trovato nell'opera comi-
ca di Gasparini Il Bajazet (Venezia, 1719): Gasparini usa un basso ®-CD, dando
quindi le sensibili della Fonte, di solito al basso, ai violini (il pentagramma
superiore nell'es. 4.4); la parte vocale (il pentagramma centrale) conclude ogni
metà della Fonte con la tipica discesa <D-0 -0 -el evidenziata nei prototipi
melodici di Riepel (vedi es. 4.1, 4. 3):
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Es. 4·4- Gasparini, Il Bajazet, atto 2, scena 4, aria di Tamerlano
(Venezia, 1719)
Una successiva influenza su Riepel può essere stata quella del grande didatta
Nicola Porpora (1686-1768), uno dei più importanti maestri di canto napoleta-
ni, e maestro di cappella dell'elettore di Sassonia a Dresda (17 48-52) durante il
periodo in cui Riepel iniziò a scrivere i suoi primi trattati. Porpora aveva pre-
parato i maggiori castrati d'Europa, tra cui Caffarelli e Farinelli, e negli anni
'5o accettò con1e allievo Haydn, impartendo a questo giovane e talentuoso stu-
dente i precetti dei conservatori napoletani. Un a peculiarità d eli' arte del
castrato erano sempre stati i passaggi melodici ornati e di bravura. La corte di
86 La musica nello stile galante
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31
Si noti cotne, nella precedente Fonte, il basso di Porpora inizi con una folata
di terzine di sedicesimi, che sono poi riprese dalla melodia. Molti schemi
galanti potrebbero essere descritti come un pas de deux con la parte della bal-
lerina di solito affidata alla melodia e quella del ballerino al basso. Nella Fonte,
il normale ruolo del basso era di supporto: condurre chiaramente dalla sensi-
bile alla tonica di ogni metà. n ruolo della melodia era invece più decorativo:
doveva tracciare una linea che concludesse scendendo per gradi la scala 0 -@.
Eppure questi ruoli potevano a volte essere invertiti. Niccolò Pasquali (c. 1718-
1757), un violinista italiano che divenne famoso suonando nei teatri di Londra
e di Edimburgo, scrisse il seguente minuetto in cui il basso presenta il prototi-
po di (melodia' della Fonte, e la melodia, dopo gli abbellimenti iniziali, ne pre-
senta il prototipo di <basso' (es. 4.6).
4. La Fonte 87
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* = nota ermafrodita
Es. 4.8 - Riepel, la Fonte ermafrodita (1755)
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* = nota ermafrodita
Es. 4·9- Gluck, Sonate a tre, n. 5, mov. 1, Andante, batt. 9 (Londra, 1746)
da metà stia ''un tono sotto" rispetto alla prima. Può essere però molto più dif-
ficile indovinare come gli ascoltatori del Settecento interpretassero il significa-
to musicale di un singolo schema. n significato non è facile da individuare
oggettivamente. Si potrebbe sperare che la musica vocale possa fornire degli
indizi, giacché i testi poetici hanno chiaramente un significato; i compositori
del Settecento, però, tendevano a collegare il significato di un testo poetico, da
un lato, con brevi motivi melodici o ritmici oppure, dall'altro, col carattere di
un'intera sezione o movimento musicale. Puo essere perciò difficile collegare
la Fonte con un particolare topos o procedimento poetico.
Un interessante indizio su come la Fonte fosse recepita dalla società galan-
te ci è dato da un balletto in pantomima del maestro di balletto francese
Auguste Joseph Frederick Ferrère (attivo intorno al 1782). In questo balletto,
Le peintre amoureux de son modèle [Il pittore innamorato della sua modella],
troviamo un Largo in cui l'artista è presso il cavalletto, intento a lavorare a un
dipinto di una giovane donna bellissima. Alla doppia barra in partitura comin-
cia una Fonte (esempio 4.10), e i movimenti di scena (riportati sotto fra virgo-
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Es. 4.10 - Ferrère, Le peintre amoureux de son modèle,
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le melodie sovrapposte a tale basso (si prega di notare che le melodie sono ese-
guite in sequenza e non simultaneamente, nell'ordine Tema, Var. I, Var. 2, Var.
3). Una linea tratteggiata indica i limiti metrici che separano le diadi della
Fonte; nella maggior parte delle precedenti istanze all'interno del capitolo, tali
limiti coincidevano con la linea di battuta, ma in questo caso, e in molti altri
minuetti, il limite cade tra il secondo e il terzo tactus della battuta.
La Variazione 3 mostra che, nel contesto appropriato, nessuna delle singole
caratteristiche è necessaria in senso assoluto per un particolare schema. li pas-
saggio melodico 8 -tl, ad esempio, è un punto centrale della Fonte; ma dopo
aver ascoltato il tema e le prime due variazioni, la sostituzione di 0 -fD con <D-
0 nella terza variazione non impone improvvisamente di ricollocare la frase in
una categoria diversa: rimane una Fonte, ma di un tipo meno comune. In tutti
i molti esempi di Riepel di diversi tipi di Fonte, questa versione (( <D-0 " com-
pare solo una volta. 11 Perciò, una diade 0 -fD è da ritenersi un prototipo di
Fonte statisticamente preciso, anche se tale diade non è una condicio sine qua
non dello schema in ogni possibile contesto.
Come detto sopra, la Fonte nei minuetti ha una scansione che senza dubbio
era influenzata dai passi di tale danza di corte. Vi erano di certo molte varianti
della danza, ma il tipo più comune richiedeva un modello di sei movimenti con
una cadenza sul sesto. Come disse il maestro di ballo della regina di Spagna nel
1720, al sesto movimento il ballerino deve assicurarsi di ''lasciar poggiare il tacco
affinché il piede che poggia interamente a terra sia più fermo per il plìé, inizian-
n
do un altro passo" .12 prin1o Jnovimento di ogni modulo di sei (la prima semi-
minima di ogni unità di due battute) serviva da appoggio per lo slancio, e la
Fonte di Wodiczka rispetta altrettanto questa dinamica.
In un racconto breve di Guy de Maupassant (r85o-r893), un giovane incon-
tra un uomo molto anziano che era stato maestro di ballo durante il regno di
Luigi xv. Il giovane del nuovo secolo chiede al vecchio del Settecento: "Dite
un po' [. ..] che cos'era il minuetto?". n vecchio, preso di sorpresa, risponde:
"TI minuetto, signore, è la regina delle danze e la danza delle regine, mi capi-
te? Da quando non c'è più re, non c'è più minuetto" _13 I minuetti scomparve-
ro insieme agli aristocratici che li ballavano. La Fonte, però, così utile per spo-
starsi con grazia da e verso la tonalità d'impianto, è sopravvissuta in varie
danze di gruppo e canzoni dell'Ottocento. Persino negli anni '30 del
Novecento, i compositori popolari della Tin Pan Alley di New York impiega-
vano la Fonte nelle sezioni ponte delle loro canzoni, le quali sono diventate
degli standard ascoltati ancora oggi.
11 Riepel, J.,
An/angsgrunde, cap. 2, p. 102.
12 Rameau, P. , Le maitre à danser, Paris 1725,
p. 78: "il faut laisser poser le talon afin que le
pied posant entièrement a terre on soit plus ferme pour plier; en recommançant un autre
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13 Maupassant, G. de, Menuet (I882). Trad it. in Racconti di vita parzg,ina, Einaudi, Torino
1996, pp. 156-7.
5
Un Minuetto
di Giovanni Battista Somis
Op. 6, n. 4, mov. 3, Parigi, 1734
Riepel sosteneva che le opere più ampie nello stile galante (movimenti di sona-
te, sinfonie, concerti) non erano altro che minuetti allargati. 1 In questa affer-
mazione c'era una certa esagerazione retorica, ma anche una grande fetta di
verita. Molte delle capacità tecniche per scrivere un buon minuetto possono
essere adattate alle esigenze di pezzi più ampi. La stessa sequenza generale di
schemi usata in un minuetto può essere usata in un movimento più ampio, seb-
bene con l'aggiunta o l'interpolazione di altri schemi. E se non si era capaci di
scrivere un buon minuetto, non aveva senso citnentarsi con un genere più
ampio. L 'argomento di Riepel è ulteriormente confortato dalle testimonianze
che ci restano di lezioni di composizione nella Germania del Settecento. Le
lezioni di Thomas Attwood con Mozart, ad esempio, mostrano che un insegna-
mento sistematico si concludeva con il compito di scrivere minuetti. 2 Una volta
che gli studenti fossero stati in grado di cavarsela con successo con i minuetti,
avrebbero potuto scrivere per proprio conto emulando le composizioni più
ampie dei grandi compositori.
Solo pochi schemi sono n ecessari per form.are un minuetto, giacché le sue
dimensioni ridotte non consentono che una manciata di frasi musicali. Un mi-
nuetto di Giovanni Battista Somis (I686-1763), grande violinista la cui famiglia
a lungo aveva prestato servizio alla corte dei Savoia a Torino, comprende poco
più di una Romanesca, un Prinner e una Fonte, e per questo ci tornerà utile
come introduzione a questi schemi n el loro habitat naturale. N ella pagina se-
guente si può trovare una tabella con i dettagli dell'organizzazione del minuet-
to di Somis: nelle tre colonne sono elencati risp ettivamente le due sezioni del
minuetto (i termini 'prima metà' e (seconda metà' sono usati approssimativa-
mente), i vari schemi e cadenze in ordine di apparizione, e la serie di tonalità
toccate attraverso le modulazioni L'abbreviazione "Do q Sol" indica un pas-
saggio da Do maggiore a Sol maggiore. Poiché le due metà di un minuetto so-
no ripetute, 'forma a doppia ripresa' sarebbe forse la miglior etichetta moder-
na per rappresentate la struttura generale del minuetto.
1 Riepel, J., An/angsgrunde zur nzusicalischen Setzkunst: Sà'mtliche Schrt/ten zur Musiktheo-
n·e, a cura di Thomas Emmerig, 2 voli. , Bohlau, Wien 1996, cap. r, p. r.
2 Lo dimostrano i quaderni di Attwood e della Ployer, allievi di Mozart. Vedi "Mozart"
nell'indice delle fonti n1usicali alla fine di questo volume; vedi inoltre Lach, R., W. A. Mozart
als Theoretiker, Kaiserliche Akademie der Wissenschaften in Wien, Philosophisch-histori-
sche Klasse 6r/r, Wien 1918.
94 La musica nello sttle galante
TI seguente esempio musicale- uno dei più frequenti cliché melodici nello stile
galante - si trova nelle battute 7-8 del minuetto di Somis:
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Questa figura, che ho chiamato 'la Caduta dal@ Acuto' a causa del suo carat-
teristico contorno, melodico, serviva da segno convenzionale per un'imminen-
te conclusione. E stata utilizzata in diversi Prinner già presentati nel capitolo 3
e si troverà in numerosi esempi nei capitoli successivi.
Tra gli altri luoghi comuni del minuetto vi sono: (r) la connessione di una
Romanesca di due battute con una risposta di Prinner di due battute e (2) la
comparsa di una Fonte immediatamente dopo la doppia barra. Meno comuni
sono l'uso di un Prinner modulante alla fine della prima metà (un Prinner da
solo raramente determina una cadenza forte) e l'uso di figure ascendenti nella
melodia della Fonte (presumibilmente un'imitazione della melodia iniziale del
minuetto). Poiché i minuetti ballabili avevano bisogno di mantenere un nume-
ro complessivo pari di battute (come abbiamo visto nel capitolo 4, per comple-
tare la sequenza di passi base erano necessari sei movimenti), la battuta isola-
ta 'dispari' usata per la temporanea modulazione aFa maggiore (batt. 13) è resa
'pari' dall'emiolia di tre battute della cadenza finale (batt. r8-2o). A volte è
stato fatto notare che, poiché nessuno ballava sopra un minuetto inserito in
una serie composta da altri movimenti non di danza, non fa alcuna differenza
se vi sia un numero di battute pari o dispari. Riepel, però, insisteva che com-
porre un minuetto con un numero dispari di battute era un errore; osservava
5. Un Minuetto di Giovanni Battista Sonzis 95
che un numero pari di battute era più gradevole in generale, ma era "espressa-
mente richiesto per un minuetto" .3 Il lettore noterà che la battuta 'dispari'
numero 13 non è assegnata ad alcuno schema. ll nostro obiettivo, qui, non è di
costringere ogni nota all'interno di una rigida struttura di schemi; la battuta r3
chiaramente conduce alla battuta 14, ma tale collegamento è basato su fattori
diversi e localizzati.
Somis, come Wodiczka, ha corredato il suo minuetto di una serie di varia-
zioni melodiche. Su internet è reperibile una versione digitale,4 ispirata alla
registrazione di un'esecuzione di Enrico Gatti, in cui si possono ascoltare
tutte le variazioni; la partitura delle variazioni, invece, non è disponibile.
Siccome però in ogni variazione ricorrono lo stesso basso e gli stessi schemi,
dovrebbe essere possibile seguire il corso delle variazioni con la stessa sicu-
rezza e soddisfazione che erano tanto importanti nell'esperienza d'ascolto di
un mecenate galante. Come in molte serie di variazioni galanti, il basso gioca
un ruolo di sostegno mentre la melodia aggiunge nuove 'diminuzioni' a ogni
variazione. Le semin1inime del tem.a sono prima <diminuite' a ottavi, poi a ter-
zine di ottavi, e infine a sedicesimi. Alla fine, il tema ritorna 'non diminuito'
per essere leggermente abbellito a piacere dell'esecutore. Questo piano gene-
rale di crescente virtuosismo d 'esecuzione, seguito da un ritorno alla quiete,
era facile da comprendere e rimase pressoché inalterato per l'intero secolo.
Non solo forniva all 'esecutore un modo per dimostrare la sua bravura in una
serie di diversi tableau, ma conduceva l'ascoltatore in un viaggio che iniziava
con una semplice melodia e, attraverso schemi sempre più astratti, tornava
alla stessa melodia, ora intesa come l'epicentro di una gamma di potenzialità
decorative.
Al pari di Wodiczka, Somis iniziò la sua carriera come violinista in un'or-
chestra ducale, per essere poi anch'egli mandato dal suo mecenate a perfezio-
nare la sua arte con un maestro italiano. Per Somis, il maestro fu Corelli a
Roma. Ritornando da Roma alla fine del 1706, Somis intraprese una carriera
che non solo gli fece conquistare la supremazia musicale alla corte dei Savoia
a Torino, ma lo portò anche a Parigi a tenere importanti concerti. La sua prima
pubblicazione comparve in questa citta nel 1717, con dedica alla duchessa
Maria di Savoia. Per necessità, i cortigiani dovevano scrivere dediche servili e
lusinghiere ai loro protettori, e Somis non faceva eccezione. Ometterò i pas-
saggi più ossequiosi rivolti "a quell'Augusto Nome, che acclamato in tutte le
Corti... "; ma vale la pena di citare gli encomjabili attributi elencati da So mis,
data la sua affermazione che attraverso la notazione musicale avrebbe potuto
in queste mie Note alte, e basse, e in questi tuoni acuti, e gravi dalla loro con-
trarieta, e opposizione ridotte con arte ad armonie, e consonanza riscontreni
ogn'una Somma Maesta congiunta ad una Somma dolcezza, un contegno
affabile, una gravita lieta, e Serena, insomma un concerto d'altura e dimesti-
chezza, di moderazione e di splendore, d' autorita e condiscendenza.5
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5 Somis, G . B., Sonate da camera [op. I], J. Roger, Paris 1717.
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Come suggerisce l'esempio qui sopra, il primo e l'ultimo stadio dello schema
presentano accordi di tonica stabili, mentre lo stadio centrale, con un grado mi
(vedi cap. 2) di 0 al basso, suona come un meno stabile 6/3 o 6/ 5/ 3. In forma
astratta, lo schema potrebbe essere rappresentato come nella figura 6.1 (vedi
pagina a fronte).
Con1e la Romanesca, il Do-Re-Mi era una tipica formula d'apertura dello
stile galante. Di fatto , entrambi i modelli possono essere utilizzati simultanea-
mente se l'O nella melodia è tenuto, esplicitamente o implicitamente, per
tutto l'inizio della Romanesca. Nel capitolo 3 abbiamo visto esempi di questa
combinazione tratti da Bononcini, Han del, Aprile e L'Ab bé le Fils (Leclair fu
maestro di L'Abbé). Si potrebbe immaginare un giovane L'Abbé intento a
imparare come combinare il Do-Re-Mi e la Romanesca attraverso lo studio
1 Ho scelto il nome di questo schema in base alle note-perno della sua melodia. ll profes-
sor Elwood Derr insegnava questo modello, con questo nome, ai suoi studenti di fuga
all'università del Michigan negli anni '8o, e di certo altri hanno fatto lo stesso collegamento.
6. Il Do-Re-Mi 99
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di alcuni dei lavori più semplici di Leclair, come questo esempio in tempo di
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Es. 6.2- Leclair, op. I, n. 3, mov. 4, Allegro ma non troppo, batt. r (1723)
Raramente, però, lo stile usuale di Leclair è così semplice o diretto. Per aiuta-
re il lettore a districarsi nella scrittura a volte molto densa delle sue partiture,
sarà utile, anzitutto, spiegare l'uso del ritardo "2-3" nel Do-Re-Mi. Nella for-
mula standard del Do-Re-Mi, 8 -8} nella melodia e 0-CD al basso salgono per
l 00 La musica nello stile galante
terze (o decime) parallele. Se, però, il basso rimane sull'G) iniziale mentre la
melodia sale al e, il risultato è una dissonanza molto apprezzata dalla scuola
di Corelli ed è segnata nella numerazione del basso con (2', a indicare l'urto di
seconda tra i simtùtanei e e CD. Quando poi il basso prosegue la sua discesa
'ritardata' al (j), la dissonanza di seconda risolve su un intervallo consonante
di terza, da cui '2-3' . La spiegazione è più complessa dell'effetto, che dovreb-
be essere chiaro nell'esempio 6.3:
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= dissonanza
( ) = consonanza
N el suo studio delle tradizioni orali nella poesia epica dei Balcani, Albert Lord
ha individuato nell' enjambement un segno di stile colto e letterario. 2 Si parla di
enjambement quando un singolo verso poetico non rappresenta un'unità auto-
noma e compiuta, ma la sua sintassi o il suo significato si completano nel verso
o nei versi successivi. Al contrario delle tradizioni poetiche letterarie, le tradi-
zioni orali spesso evitano l' enjambement perché nella sua improvvisazione un
bardo ha molta più libertà di combinare e collegare dei buoni versi se essi sono
autonomi e intercambiabili. I ritardi ovviamente creano delle piccole forme di
enjambement musicale, giacché essi costringono un evento n1usicale a sovrap-
porsi a un altro. Leclair, però, prediligeva anche forme di enjambement più am-
pie, in cui uno schema si sovrappone o si trasforma in un altro. I due seguenti
esempi musicali sono perciò in un certo senso (letterari', in quanto ognuno (I)
include elementi della Romanesca in un'apertura Do-Re-Mi, (2) sovrappone la
fine del Do-Re-Mi con l'inizio di ciò che potremmo chiamare un (falso' Prinner
che porta a una cadenza, e infine (3) presenta il 'vero' Prinner con grande chia-
rezza. Vediamo quindi come Leclair dia due (letture' abbastanza diverse dello
stesso copione galante, la prima più affermativa e ostentata:
2 Lord, A. B., The Singer o/ Tales, Harvard University Press, Cambridge 1960, p. 54·
6. Il Do-Re-Mi 101
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Es. 6.4- Leclair, op. r, n. 8, mov. 2, Vivace (1723)
la seconda più riflessiva e riservata (vedi es. 6.5 a pagina seguente). Un contem-
poraneo di Leclair definì la sua op. I con1e "una specie di algebra capace di
spaventare i musicisti più coraggiosi" .3 gusto generalizzato per le complessi- n
tà predilette dalla generazione dello stesso Leclair U. S. Bach, Handel,
Domenico Scarlatti, Rameau, Marcello, Porpora e Somis) tramontò rapida-
mente dopo gli anni '2o del secolo. Alla fine degli anni '3o, i compositori più
3Zaslaw, N., "Leclair, Jean-Marie,, in Th e New Grove Dlctionary o/Music and Musicians,
3
2 ed. a cura di Stanley Sadie e John Tyrell, Macmillan, London 2001, vol. 14, pp. 45-8.
l 02 La musica nello stile galante
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(Segue)
l 04 La musica nello sttle galante
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Es. 6.7- Wocliczka, op. 1, n. r, mov. 2, Allegro ma non troppo (Parigi, 1739)
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Es. 6.8- Cimarosa, Sonata C 48, Allegro (c. 1780-90)
6. Il Do-Re-Mi l 05
Nel secondo esempio tratto dalla stessa serie di opere per tastiera, Cimarosa
estende a cinque battute il suo Do-Re-Mi e lo fa seguire da una risposta di
Prinner di quattro battute, sempre mantenendo un certo equilibrio tra i due.
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Alla fine degli anni '70 dello scorso secolo, Leonard B. Meyer notò che molte
frasi del Settecento assotnigliavano all'inizio dell'inno natalizio Adeste fideles. 4
La sua melodia, che si fa risalire all'inizio del '7oo, inizia con una variante del
Do-Re-Mi che presenta salti melodici al 0 verso il basso e dal 0 verso l'alto:
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Si noti come qui (come nell'esempio eli Ci1narosa) le note di passaggio alterate
determinino l'arrivo posticipato prima del @ e poi del fD- ciò che François-Jo-
seph Fétis chiamava prolongations (1844) .6 Il tipo di Do-Re-Mi bipartito propu-
gnato da Mozart e Cimarosa negli anni '8o del Settecento era ancora in vita tre
decenni dopo; Gioacchino Rossini (1792-1868), che aveva studiato con il mae-
stro del partimento Stanislao Mattei a Bologna, ne concepì una grande versio-
ne a otto battute per la sua sinfonia del Barbiere di Siviglia:
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7 Nel dettato melodico gli studenti a volte confondono do-re-mz' con do-mi-sol, dando un
po' ru credito alla nozione che l'errore sia "alfabetico" (triadico jnvece di diatonico). Vedi
Deutsch, D., e Feroe, J., "The Internai Representation of Pitch Sequences in Tonal Music",
in Psychologz'cal Revz'ew, n . 88, 1981, pp. 503-22.
8 Dal verso della canzone ('Do-Re-Mi" can tata dal personaggio di Maria nel film Th e
Sound o/ Music [Tutti insierne appassionatamente], N ew York 1959. Nella versione italiana
del filn1, la canzone è tradotta come ((Se nel primo di giorno di scuola, l a leggere vuoi pro-
var, l tu dovrai cominciar l con A-B-C, l per cantare le note l Do-Re-Mi".
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Clen1enti, che apprese le tradizioni galanti a Roma dal suo maestro Antonio
Baroni (1738-1792) , il quale a sua volta aveva studiato a Napoli, effettua i dovu-
ti passaggi armonici, il primo alla sottodominante (Lab) e il secondo, salendo
di un tono, alla don1inante (Sib). La melodia di Clementi, però, è ornata e rag-
giunge il do 6 , ~ della sottodominante (L ab) , sia da sotto (si q5 ) che da sopra
(re q6), mantenendo così le note principali della melodia dello schema all' inter-
no della scala diatonica di Mi maggiore. Per facilitare il confronto con il proto-
tipo di Monte, ho indicato 0-0-~ sopra le due n1età della melodia di Clemen-
ti. Si tratta, però, di un'estrema semplificazione: piuttosto che adattare la tona-
lità della sua melodia a ogni tonica temporanea, egli ha mantenuto una mag-
giore aderenza melodica generale alla scala di Mib maggiore. Perciò, 0 -fì-0
nella prima metà e @-0 -fì nella seconda rispecchierebbero meglio la natura
diatonica della sua melodia. Ulteriori differenze tra le varianti diatonica e cro-
matica del Monte saranno discusse più avanti nel capitolo.
Nei suoi copiosi scritti, Riepel ha illustrato un'ampia gamma di possibilità
per il musicista desideroso di utilizzare un Monte. Per esempio, è possibile un
Monte suddiviso in tre parti. Poiché la norma prevede un Monte suddiviso in
due parti a distanza di tono l'una dall'altra, Riepel osserva che un ascoltatore,
udendo il Monte salire di tono una seconda volta, potrebbe sentirsi "inganna-
7. Il Monte 113
to", anche se ciò non sarebbe necessariamente un male.4 Non a caso il quarto
'capitolo', o meglio trattato, di Riepel si concentra espressamente sugli effetti
artistici disattesi; il suo esempio di questa tecnica sale da un temporaneo Fa
maggiore a Sol maggiore, come prima, e poi prosegue a La minore:5
li Monte suddiviso in tre parti p uò presentarsi sia in modo cromatico sia dia-
tonico: altri due esempi di Clementi potranno aiutare a chiarire le differenze
tra i due casi. In un esempio cromatico (si veda l'es. 7.6, qui sotto), che si trova
nella tipica posizione immediatamente dopo la doppia barra, Clementi guida
il suo Monte prima alla tonalità della sottodominante (IV) , poi alla tonalità
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4 An/angsgrunde, cap. 4 , p. 22: ''Er findet sich aber betrogen".
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114 La musica nello stile galante
3. sottomediante (VI)
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Es. 7.6 - Clementi, op. 4, n. 2, mov. 2, Presto (Londra, 1780)
della dominante (V) , e infine alla tonalità della mediante inferiore (VI) , sotto-
lineando enfaticamente la conclusione tonale di ciascuna parte con una Caduta
dal 8 Acuto. Si noti che ogni nuova parte è la trasposizione della precedente
in una nuova tonalità, con le alterazioni adattate per un'in1plicita successione
accordale II-V-I in ogni nuovo contesto tonale.
Nella prima metà dello stesso movimento (es. 7.7) , Clementi aveva scritto
un Monte diatonico tripartito; a differenza dell'esempio cromatico 7.6, con il
suo continuo spostamento del centro tonale, il Monte dell'esempio 7·7 resta
all'interno dell'orbita tonaie di Si~ maggiore, con la sua terza parte che sfocia
in una clausula vera (vedi cap. n) cadenzando a Fa maggiore, dominante di Si~
maggiore. Eccetto le note alterate cromaticamente (ad es., il si~ a batt. 4), le
note appartengono tutte alla scala di Sib maggiore fino al leggero spostamento
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Es. 7.8- L'accompagnamento dell'es. 7·7 semplificato
Come con la Fonte, le diverse sezioni di un Monte creano una mediazione tra
significati locali e globali, che sembrano incompatibili se espressi in un qualun-
que sistema di simboli isolato. Si potrebbe tentare di definire il Monte come
puro contrappunto, ma ciò offuscherebbe i caratteristici gradi della scala e le
tipiche funzioni ton ali i vi impiegate: in fin dei conti, c'è una differenza udibile
se una sezione di un Monte si conclude su un accordo minore oppure su uno
maggiore, o quando la scala impiegata catnbia anche di poco per ogni nuova
parte. D 'altra parte, definire il Monte sol amen te in termini di gradi della scala e
centri tonali oscurerebbe la stretta relazione tra le sue varianti cromatiche e dia-
toniche. Q uesto dilemma era evidente già nel diciottesimo secolo. A un certo
punto del dialogo di Riepel tra i due personaggi immaginari di maestro e allie-
vo, quest'ultimo fa notare che una sequenza diatonica ascendente di 5-6 '' dav-
116 La musica nello stile galante
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1. alla mediante (III)
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118 La musica nello stile galante
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o, per dirla in altro modo, il Monte diatonico in Sol maggiore presente nelle
tre voci superiori è accompagnato dalle fondamentali degli accordi al basso, in
quello che i napoletani chiamavano 'movimento principale', da cui il mio ter-
mine 'Monte Principale'.
Fenaroli descrive un altro modello, con il basso che "sale di quinta e scen-
de di quarta" e che di nuovo presenta una serie di accordi in stato fondamen-
tale. Ecco una realizzazione in 'seconda posizione' (con la terza dell'accordo
alla voce superiore):
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Poiché questo modello inizia come una Romanesca ma poi sale laddove invece
la Romanesca scenderebbe, l'ho chiamato "Monte Romanesca". Potrebbe be-
nissimo essere trattato come uno schema a sé, date le diverse successioni ac-
cordali, o anche come una variante della Romanesca. L'affinità con quest'ulti-
ma sembra essere stata notata da C. P. E. Bach (r?I4-I788), che ha utilizzato
una Romanesca tradizionale nella prima metà di uno dei suoi movimenti per
tastiera più elaborati, e poi l'ha sostituita con un Monte Romanesca nell' analo-
ga posizione all'interno della seconda metà. (Si veda l'esempio 7.13, a pagina
seguente, dove i due passaggi sono posti l'uno sopra all'altro per facilitare il
confronto).
'Manierismo galante' potrebbe essere un'utile descrizione delle lussureg-
gianti e deliberate manipolazioni delle convenzioni galanti da parte di C. Ph.
E. Bach. 8 In molti casi, le sue manipolazioni sarebbero difficili da spiegare se
non si avesse una conoscenza preliminare e piuttosto sofisticata degli schemi
galanti di base. Riepel attribuiva l'intercambiabilità dei modelli musicali a ciò
che i filosofi allora chiamavano ars combinatoria.9 Nello stesso movimento,
Bach esplora ulteriormente questa 'arte delle combinazioni' sostituendo una
Fonte 'da manuale' a un Monte in quella che doveva essere la sua ripresa. (Si
veda l'es. 7.14, a pagina seguente).
Durante rietnpì le sue cotnposizioni con tutti i tipi di Monte, i quali poi
venivano trasmessi ai suoi allievi attraverso i loro partimenti. N el suo libro di
8 Berg, D . M., "The Keyboard Sonatas of C. P. E. Bach: An Expression of the Mannerist
Principle", tesi di dottorato, State University of New York, Buffalo !975·
9 Riepel, J., An/angsgrunde, cap. 2, pp. 25-31.
120 La musica nello stile galante
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sei sonate per tastiera della fine degli anni '40, ognuna delle quali abbina uno
'studio' e un 'divertimento', si possono trovare tutti e tre i 'generi' di Monte
descritti sopra: il Monte galante con il modello 5-6, sia cromatico sia diatoni-
n
co, il Monte Principale e il Monte Romanesca. Monte galante di base con il
basso cromatico è presente all'inizio dell'Adagio del sesto 'studio'. Data la
posizione centrale di Durante nella tradizione napoletana, può essere utile
riportare l'intera prima sezione (vedi es. 7·15). La Romanesca di Durante invi-
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Fa maggiore sembra transitoria, giacché il passaggio alle b attute 4-5 (che Riepel
chiama Ponte) pare estendersi a /a in quanto dominante di SiD maggiore, la
tonica originale. La permanenza su SiD è rinforzata dal successivo Monte, che
evidenzia il IV e poi il V grado in Si D.
li Monte Principale è palese nel tema del secondo studio di D urante (vedi
es. 7 .I6). Con la dovuta trasposizione, il basso di Durante presenta le stesse no-
te del partimento del suo allievo Fenaroli mostrato prima in questo capitolo
(es. 7.II). In effetti, quasi ogni raccolta dipartimenti presenta almeno un basso
simile come mossa di apertura. Osservandolo più da vicino, il Monte Principa-
le di Durante rivela un canone tra la melodia e il basso (quest'ultimo sfasato di
un ottavo rispetto alla melodia). Questa particolare disposizione di due voci a
canone, ognuna con un movimento ch e sale di quarta e scende di terza, era
molto apprezzato e utilizzato a N apoli.
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Es. 7.16 - D urante, Studio n. 2, Allegro (N apoli, I747)
Qui gli accordi sui tempi forti del Monte Romanesca saranno del modo appro-
priato alla loro posizione nell'esacordo corrente, mentre gli accordi sui tempi
deboli saranno altrettanto diatonici, oppure dominanti degli accordi prece-
denti (come nell'es. 7.I7). Quando il b asso tocca i gradi@, ®e@ della tona-
7. Il Monte 123
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Es. 7.18- Quantz, Saggio di un metodo per suonare
il flauto traverso, fig. 4, Tavola 21 (1752)
li Monte Romanesca era una parte importante dello stile 'severo' o ecclesiasti-
co insegnato in molti partimenti. Come nell'esempio di Quantz, vi era spesso
una serie di ritardi 4-3: un elemento è evidente in un partimento dato da Mo-
zart al suo allievo Thomas Attwood (il basso e la numerazione sono originali,
la realizzazione è mia; si veda l'esempio 7 .19, alla pagina seguente).
Attwood si era rivolto a Mozart dopo aver completato due anni di studio a
Napoli con alcuni maestri tradizionalisti; forse è proprio per questo che
Mozart gli ha assegnato un compito che termina con un marchio di fabbrica
del partimento italiano, la 'cadenza doppia' . Al tempo di Mozart tale cadenza,
residuo di una prassi seicentesca, era diventata rara al di fuori dei partimenti.
La numerazione specifica di Mozart di tutti i ritardi 4-3 era insolita per la pras-
si italiana; per i napoletani, i ritardi 4-3 erano impliciti nello schema.
lO Furno, G., Metodo facile, breve e chiaro delle prime ed essenzialr: regole per accompagna-
re i partimenti senza numeri, Napoli c. 18ro, p. 12: "Quando il Partimento sale di 5a e cala di
4a si accornpagna con 4a 5a e 8a e detta 4a viene preparata dalla 8a e se risolve sempre a 3a
minore sopra la stessa nota" . ·
11 Quantz,]. ]. , Versuch einer Anweisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 1752, p. ro6.
Trad. it. Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti, Milano 1992, p . 214.
124 La musica nello stile galante
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Es. 7.19 - Mozart, Studi per Attwood (r785-86)
TI seguente partimento non numerato del maestro napoletano Giacomo T ritto
presenta una versione appena meno severa di molti degli stessi schemi che Mo-
zart aveva assegnato ad Attwood (il basso è originale, la realizzazione è mia) .12
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Uno dei molti modelli di Monte di Riepel, trasposto in SiD maggiore per con-
frontarlo col Monte di Wodiczka) mostra come la sua sintesi dello stile galan -
te corrispondesse alla prassi corrente della sua generazione e dei suoi colleghi
più giovani: 14
l .
Si noti però come Riepel vada leggermente oltre Wodiczka aggiungendo una
piccola variazione alla seconda metà del suo Monte (batt. 4 rispetto a batt. 2).
Quando l'allievo protagonista dei suoi trattati scriveva due metà di un Monte
identiche, come Wodiczka, il maestro lo rimbrottava con una sentenza che, in
un mondo governato da idee sul buon gusto, lo studente poteva difficilmente
controbattere: c< due frasi identiche una dopo l'altra suonano male" .15 Poiché
esistono davvero tanti Monti con le due metà scritte uguali, resta non chiarito
se la voce autorevole di Riepel stesse esprimendo un punto di vista personale,
oppure se gli esecutori aggiungessero sempre variazioni durante le esecuzioni,
oppure ancora se vi fossero preferenze locali pro o contro ((l'elegante variazio-
ne" , e così via. In ogni caso, comprendere il problema vuol dire essere già
diventati una sorta di esperti. I trattati di Riepel si rivolgevano a un pubblico
di dilettanti colti, e questioni come quella in causa erano ricamate apposta per
stimolare discussioni sul gusto, lo stile e le norme di espressione musicale
galante.
I quartetti per archi di Cari Ditters von Dittersdorf (1739-1799), benché con-
temporanei allo scoppio della rivoluzione francese, suggeriscono comunque la
continuita con la tradizione, la stabilità dell'ancien régime e l'accurata raffina-
tezza di decenni di esperienza pratica di musica galante. Dittersdorf era ben al
passo con gli stili in rapido sviluppo della scrittura quartettistica a Vienna.
Dopo tutto, aveva suonato in un quartetto d 'archi i cui membri includevano
Haydn, Mozart e Jo ha nn Baptist Vanhal (1739- r8r3), con Dittersdorf verosimil-
mente al primo violino. Eppure aveva uno spirito conservatore; erano passati
più di cinquant'anni dalla pubblicazione del minuetto eli Somis discusso nel
capitolo 5, ma l'organizzazione del tema del movimento con le variazioni del
secondo quartetto di Dittersdorf è pienamente paragonabile al modello stabi-
lito dal vecchio maestro italiano.
Lo schema che segue mostra che Dittersdorf, come Somis, costruisce il suo
movimento in due metà ripetute, creando così una forma con doppia ripresa.
In entrambe le opere, la prima metà presenta una mossa d'apertura seguita da
una risposta di Prinner mentre la seconda metà presenta una Fonte che con-
duce a una cadenza finale. Somis aveva accoppiato una Romanesca di due bat-
tute con una risposta di Prinner di due battute; Dittersdorf invece accoppia un
Do-Re-Mi di quattro battute con la combinazione di un Prinner di due battu-
te e una cadenza di due battute.
Tutto ciò è in linea con la chiara tendenza dei compositori a scrivere versioni
più estese degli schemi di repertorio con l'avanzare del secolo. 1 So mis e
Dittersdorf hanno scritto solo otto battute di musica per la prima metà dei loro
rispettivi minuetti, ma la frase d 'apertura di Dittersdorf sembra nettamente
più ampia. Il Do-Re-Mi bipartito con cui inizia la prima metà del movimento
usa i salti alla Adeste fideles e le note di passaggio crotnatiche già incontrate in
opere di Cimarosa e Mozart (es. 6.14-15). La Fonte con cui inizia la seconda
metà, invece, rappresenta per noi qualcosa di nuovo.
Nel suo libro sui metodi compositivi "ingannevoli", Riepel presenta al suo
allievo immaginario la seguente frase musicale, facendogli dire al maestro che
"sembra una Fonte normale":2
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ll maestro non dice né sì né no, ma nota che '' alcuni compositori la ornano
come segue" :3
Riepel sembra qui esplorare diversi aspetti della Fonte che si sovrappongo-
no con altri elementi, come il Sol-Fa-Mi (vedi cap. r8) e il circolo delle quin-
te. Come Riepel, per il momento sorvolerò sui dettagli su come questi sche-
mi si interconnettono. Con la sua introduzione del fa# a battuta 2, però,
seguito dal /a ~ a battuta 3 (il bequadro è mio), egli suggerisce effettivamen-
te di essere consapevole di ciò che io chiamo la Fonte 'cromatica' . Per que-
sto schema, la discesa cromatica lungo i gradi fit -#0- q0 -@ è più un fenome-
no melodico che armonico, un 'ornamento' o una decorazione, per usare le
parole di Riepel. Mentre la Fonte cromatica compare in ogni variazione di
questo particolare movimento, essa era soltanto una delle diverse possibili
1 Schwartz, J. L., "Phrase Morphology in the Early Classic Symphony (c. 172o-c. 1765)",
tesi di dottorato, New York University, New York I973·
2 Riepel, J., An/angsgrunde zur musicalischen Setzkunst: Siimtliche Schrt/ten zur Musik-
theorie, a cura di Tbomas Emmerig, 2 voli., Boblau, Wien 1996, cap. 4, p. 29.
3 , An/angsgrunde, cap. 4, p . 29.
8. Un Tema e variaziont· di C. D. von Dittersdorf 129
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Altri addetti ai lavori avrebbero riconosciuto il riferimento come segnale del ti-
po di frase d'apertura mostrata nell'esempio 9.2 (il basso è originale, le parti
superiori sono mie). Ho raccontato la storia di quella piccola, ma molto carat-
teristica tradizione in A Classic Turn o/ Phrase, 3 uno studio ispirato da uno dei
miei ''rinomati maestri,, Leonard B. Meyer (19I8-2oo7) . Egli aveva identificato
un "archetipo" musicale che presentava un contorno melodico simile al simbo-
lo musicale del gruppetto, ~, e che chiamò '<archetipo della nota cambiata". 4
1È una pratica che dura tutt'oggi; ad esempio, una violinista potrebbe descriversi come
allieva eli Galarn.ian, o un chitarrista come allievo di Gh.iglia (che è stato allievo eli Segovia, e
così via).
2 T ritto, G., Scuola di contrappunto, Ferd. Artaria, Milano [r8r6], p. 21, n . 13; vedi anche p.
20, n. 5·
3 Gjerclingen, R. 0., A Classic Turn o/ Pbrase: Music and the Psychology o/ Convention,
University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1988.
4 Meyer, L. B., e Rosner, B. S., ('Melodie Processes and the Perception of Music,, in The
Psychology o/ Music, a cura di Diana Deutsch , Academic Press, New York 1982, pp. 317-41.
Nelle successive pubblicazioni Meyer ha sostituito il termine ''archetipo" con il termine
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132 La musica nello stile galante
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Il partimento di T ritto presenta questa forma nel basso e, in senso astratto, il di-
segno inverso nelle battute pari della mia realizzazione (do5 -st"q 4 e/a4 -mi'D4 scen-
dono così come do 3-re3 e siq 2-do3 salgono al basso).
In riferimento agli schemi discussi nei capitoli precedenti, i movimenti coor-
dinati delle diadi alla melodia e al basso avvicinano il modello di Tritto agli
schemi della Fonte e del Monte. Mentre però questi sono tonalmente mobili,
quello è tonalmente stabile; il che può spiegare perché era scelto di preferenza
per temi importanti. li nome che ho scelto per questo schema, 'Meyer', è un
omaggio allo studioso che per primo ne ha colto l'importanza.5 Nella figura
qui sotto, le parole 'chiuso' e 'aperto' si riferiscono agli antichi termini ancora
in uso nel diciottesimo secolo per la fine delle frasi musicali che, rispettivamen-
te, possedevano o no un senso di fine o conclusione.
aperta chiusa
Figura 9.1 - Schema del Meyer con una coppia di eventi aperta o chiusa
5 Meyer, L. B., The Spheres o/ Music: A Gathering o/ Essays, University of Chicago Press,
Chicago 2000, pp. 189-225; ristampa di "Exploiting Limits: Creation, Archetypes, and Style
Change", in Daedalus, n. 109, 1980, pp. 177-205.
9. Il Meyer 13 3
Esempi di questo schema si trovano facilmente in lavori degli anni '50 e '6o del
secolo; eccone uno da una sinfonia di Haydn scritta nel 1767:
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Haydn, che all'epoca era stato da poco promosso da assistente maestro di cap-
pella a maestro di cappella dal principe Esterhazy, utilizza qui un tema vivace
sebbene convenzionale, il cui basso percussivo era molto in voga. Dittersdorf,
il quale poco tempo prima era succeduto al fratello di Haydn, Michael, come
maestro di cappella del vescovo di Grosswardein, aveva scritto un tema molto
simile l'anno precedente:
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Es. 9·4- Dittersdorf, Sinfonia in Do (K 1),
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N el tema di Haydn il 0 -6} della melodia alle battute 19-20 si trova una quinta
sotto l'iniziale 0 -8 delle battute 17-18, mentre nel tema di Dittersdorf si trova
una quarta sopra. La scarsa attenzione nei confronti del registro del 0 -8) è una
caratteristica comune di questo schema: la sua seconda metà (risponde' alla
prima, ma l'esatto registro della melodia è di poco significato.
Questa semplice, solida impalcatura può reggere un certo numero di model-
li accessori; ad esempio, Cari Heinrich Graun (I703/4-1759), maestro di cappel-
134 La musica nello stile galante
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Es. 9·5 - C. Graun, Sonata a tre, mov. 2, Adagio, batt. I (c. 1750)
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servò che essi credevano che "le parole siano [ ... ] costituzione e n1anifestazio-
ne evidente dell'ordine delle cose" 7 . Per Riepel, tern1ini come Fonte, Monte e
Ponte sembrano aver significato tre unità che non potevano essere confuse tra
loro, così cotne non lo potevano essere le tre parole stesse. La posizione di Rie-
pel non è isolata. Tuttora la maggior parte delle persone non percepisce la pa-
rola 'odi' come parte integrante della parola 'lodi', e quest'ultima della parola
'melodia'; i significati sono troppo divergenti. Ma, per certo, molti riconoscono
che "lodi" e parte costituente di parole come ((lodigiano", e gli scrittori di mu-
sica del diciottesimo secolo erano certo in grado di descrivere modelli con pre-
fissi, suffissi o altre modifiche musicali. L'incapacità, però, di Riepel e di altri di
separare l'essenza immaginaria di uno schema dalla sua costruzione composita,
o dalla sua disposizione sovrapposta a un altro, significava che un Monte sareb-
be sempre stato uno schema unitario, e mai qualcosa che fosse contenuto da, o
contenesse, qualcos'altro. In tal modo, la ricca e articolata ars combinatoria del-
la prassi compositiva professionale trovava la sua unica spiegazione verbale nel-
la descrizione di semplici sequenze di figure indipendenti. Invece di descrivere
un' ars combinatoria che includesse gerarchie, commistioni, riferimenti e allusio-
ni, gli autori del diciottesimo secolo descrivevano un gioco da tavolo in cui i
frammenti musicali di un set prefissato potevano essere disposti in una sempli-
ce sequenza governata dalle leggi del caso. 8 La dimostrazione delle ricche pos-
sibilità dell'arte era lasciata alle tradizioni non verbali dei partimenti, dei solfeg-
gi e dell'effettiva composizione.
Lo Jupiter
Mozart fa iniziare l'ultimo movimento della sua ultima sinfonia, nota alle gene-
razioni successive come "Jupiter", con un motto melodico di quattro semibre-
vi: do5 -re5 -/a5 -mi . Dopodiché fa seguire a questa mossa d'apertura una cano-
nica risposta di Frinner (si veda l'es. 9.8, a pagina seguente). Questo tnotto, che
io e molti altri chiamiamo "Jupiter", e che vanta una lunga storia precedente
all'impiego che ne ha fatto Mozart, 9 si adatta molto bene a diverse combina-
zioni contrappuntistiche. Nell 'esempio precedente Mozart lo unisce al basso
di una cadenza d'inganno. Nell'esempio 9.9, che è la continuazione dell'esem-
7 Foucault, M. , Le parole e le cose: Un 'archeologia delle scienze umane, trad. it. di Emilio
Panaitescu, Bur, Milano 1998, p. 223 (orig. Les mots et les choses: Un e archéologie des sciences
hurltaines, Gallimard, Paris 1966).
8 Ratner, L. G ., "Ars Combinatoria: Chance and Choice in Eighteenth-Century Music",
in Studies in Eighteenth-Century Music: A Tribute to Karl Geiringer on His Seventieth Birth-
day, a cura di H. C. Robbins Landon e Roger E. Chapman, Allen and Unwin, New York
1970, pp. 343-63.
9 Brown, A. P., ''Eighteenth-Century Traditions and Mozart's 'Jupiter' Symphony K.
551 ", in ]ournal o/ Musicology, n. 20, University of California Press, Berkeley 2003 pp. 157-
95. Brown tratta nel dettaglio la storiografia del (( motto Jupiter".
9. Il Meyer 13 7
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Es. 9·9 - Mozart, Sinfonia in Do maggiore K 551, "Jupiter",
mov. 4, Molto allegro, (1788)
La Pastorella
Nel musical Camelot del 1960, scritto da Lerner e Loewe, l'attore Richard Bur-
ton , nel ruolo di re Artù, si domandava in una canzone "Cosa fa la gente co-
mune?". Tra i veri re e cortigiani d'Europa la domanda sembra aver sempre
suscitato un vivo interesse. Le risposte del diciottesimo secolo, così con1e risul-
tano dai dipinti, dai balletti e dalle opere, appaiono sotto ogni aspetto tanto
forzate quanto la scena in Camelot. I pastori e le pastorelle della comune vita
campestre furono identificati con le rnitiche figure arcadiche diPano di Or-
feo, a rappresentare un eterno tipo di uomo 'di natura', al riparo dallo stress e
dalle tentazioni della corte o della vita di citta. Forse il caso più estremo di
ideale pastorale fu la realizzazione di una /erme ornée ('fattoria ornamentale')
per Maria Antonietta, nota come lo Hameau de la Rein e (1783), un villaggio
completamente ricostruito in cui la regina potesse recitare nei panni di una lat-
taia. -On trattato dell'epoca sui giardini (1776) prescrive che una fattoria orna-
mentale dovrebbe "presentarsi con la sua aria di campagna, con semplicità e
senza pretenziosità; cotne un'ingenua e innocente pastorella il cui solo orna-
mento sia la semplicità" .10
La descrizione musicale della vita pastorale aveva già una ricca tradizione
che andava oltre il rustico tout court. Tra i molti modi di dipingere coi suoni
un n1ondo "il cui solo ornamento sia la semplicità" c'era uno schema che pre-
sentava una melodia, spesso raddoppiata alla terza, dolcemente oscillante at-
torno alle note della triade di tonica. Quasi alla fine della Missa pro defunctis di
François-Joseph Gossec (1734-1829), superato il terrore del famoso Tuba mirum
per contemplare la resurrezione in un paradiso innocente, due soprani intona-
no un'istanza di ciò che io chiamo la 'Pastorella':
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Es. 9.10- Gossec, Missa pro defunctis, mov. 15, Andante (r76o)
10 Morel, J. -M. ,
Th éorie des jardins, Paris 1776, p. 37; citato in Casid, ]. H ., "Queer(y)ing
Georgic: Utility, Pleasure, an d Marie-Antoinette's Ornatnented Farn1 ", in Eighteenth-
Century Studies, n. 30, 1997, pp. 304-18.
9. Il Meyer 139
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Es. 9.11- Hasse, Artaserse, '(Per questo dolce amplesso", batt. 1 (Londra, 1734)
11 Winkelmann, J. }., Gedanken uber die Nachahmung der Griechischen Werke in der Mah-
lerey und Bildhauer-Kunst, 1755.
140 La musica nello stile galante
Le prime due battute presentano le terze parallele della Pastorella alle voci
superiori e il tipico modello CD-®-®-CD al basso. Una risposta di Prinner con-
duce poi a una cadenza sospesa. Si noti che la melodia di Basse presenta anche
la variante Adeste fideles nel Do-Re-Mi bipartito, ossia Do-Re (batt. 1) .. . Re-
Mi (batt. 2). I tempi forti delle prime due battute mettono in risalto il Do-Re-
Mi, mentre i tempi deboli delle stesse battute mettono in risalto la Pastorella
(se la seconda battuta avesse iniziato con un evidente la5 avremmo parlato di
uno Jupiter). Questi schemi erano tutti distinti con una certa sottigliezza nello
stile galante; soltanto molto dopo, quando le distinzioni ebbero perduto ogni
forza, furono tutti assimilati nella categoria ''frase con antecedente e conse-
guente " , o, peggio,
. ''I -V-V-I" .
Uno dei molti concerti scritti dal grande musicista veneziano Antonio Vivai-
di (1678-1741) aveva per l'appunto come titolo "La pastorella" :
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Es. 9.12 - Vivaldi, Concerto in Re, "La pastorella" (Rv 95),
mov. 2, Largo (Venezia, c. 1710)
Il movimento lento presenta molti dei segni distintivi dello stile pastorale -
scrittura semplice, dolce oscillare di note di volta in metro ternario, incedere
pacato del basso, sonorità di flauti di pan (la melodia è suonata da un flauto
dolce) - eppure è costituito da due schemi molto generici: una Ron1anesca e
una risposta di Prinner. Per questa ragione, non voglio suggerire l'esistenza di
un legame troppo forte tra uno schema astratto e lo stile o topos pastorale, per
usare un tern1ine di Leonard Ratner. 12 La maggior parte degli schen1i galanti
poteva adattarsi a qualunque topos, così come un particolare modello di vesti-
to può essere realizzato in un numero indefinito di stoffe.
Ciò nonostante, lo schema della Pastorella sembra effettivamente aver avuto
una certa affinità con il topos pastorale. In un movimento lento altrettanto
bucolico, scritto per lo stesso organico (es. 9.13), Vivaldi sceglie di presentare
la Pastorella insieme allo Jupiter. Si noti il basso caratteristico della Pastorella,
12 Ratner, L. G., Classic Music: Expression, Form, and Style, Schirmer, New York r98o;
dello stesso autore vedi anche "Topical Content in Mozart's Keyboard Sonatas", in Early
Music, n . 19, 1991, pp. 615-9.
9. Il Meyer 141
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I salti melodici alla Adeste / ideles che scendono e salgono dal 0 sono un'ulterio-
re indicazione che lo Jupiter e la P astorella hanno una stretta affinità con il Do-
Re-Mi. Leonard Meyer ha raggruppato la Pastorella e il Meyer (secondo la mia
terminologia) sotto la stessa categoria di "archetipo della nota cambiata" .13
Mentre tali schemi hanno effettivamente in comune un profilo melodico a grup-
petto, la Pastorella ha più tratti in comune con lo Jupiter e il Do-Re-Mi biparti-
to. Ad esempio, laddove il secondo evento del Meyer presenta un 8 melodico
b en in rilievo, al suo posto questi altri schemi richiedono tutti un @ : Do-Re-Mi
bipartito (0 -@-... ), Jupiter (0 -@-... ), Pastorella (~-@- ... ). Dal punto di vista
del compositore galante, la questione psicologica della somiglianza o della deri-
vazione degli schemi uno dall'altro era meno importru1te della questione prag-
matica di quali schemi potessero essere sovrapposti se si desiderava ottenere al
tempo stesso- per citare ancora Leonard Meyer- "semplicità grammaticale e
ricchezza di relazioni" .14
Tre temi di apertura dai solfeggi di Giacomo Insanguine (r728-1795) pos-
sono dimostrare come, ad esem pio, un giovane musicista p otesse imparare a
distinguere la P astorella d al Meyer. Una raccolta nap oletan a di solfeggi p er
voce di basso e partimenti del maestro Insanguine è conservata n el Fondo
N osed a della biblioteca del conservatorio di Milan o. Il primo degli esempi
segu enti, il numero ro della raccolta , presenta il M eyer con il suo canonico
CD--@-0 -CD (o ® -@-CV-CD) al b asso. La melodia scende di grado in corri-
sp ondenza della prima diade 0 -fì , p er poi continuare a scendere con una
melodia di Prinner:
13 Meyer, L . B., Sphe1·es o/ Music, p . 197, n. r6.
14 , Spheres o/ Music, p p. 55-125; una ristampa di ''Grammatica! Simplicity and
Relational Richness: The Trio of Mozart's G -Minor Symph ony", in Critical Inquiry, n . 2,
1976, pp. 693-761.
142 La musica nello stile galante
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Es. 9.14- Insanguine, solfeggi nn. 10-12,
tutti a partire da batt. 1 (Napoli, c. 1770-80)
L'Aprile
Giuseppe Aprile (1732-1813) fu un cantante dalla brillante carriera; dopo gli studi
a Napoli, dove divenne maestro, fu il primo interprete di molti ruoli operistici di
prima scelta, tra cui quello di Timante nella prin1a di Stoccarda del Demo/oonte
diJommelli (1764; vedi cap. 24). I solfeggi, o esercizi vocali, che egli, Durante,
Leo, David Perez (1711-1778), Porpora, Insanguine, Nicola Sala (I713-r8or), Pa-
squale Cafaro (r7I5/16-r787), e altri scrissero per gli studenti napoletani non era-
no le aride scale e arpeggi che il nome può suggerire oggi. Al contrario, erano
melodie spesso artisticamente concepite, unite a bassi non numerati nello stile
del partimento. In tal modo gli studenti si esercitavano e assimilavano una strut-
tura completa di basso e melodia. Gli amabili gesti vocali delle opere di Cimaro-
sa devono probabiln1ente molto al tempo da lui trascorso come allievo di Apri-
le. I castrati, tra cui Aprile era uno dei più insignì, non sono stati molto conside-
rati per le loro composizioni vuoi per la pruderz'e dell'era vittoriana, vuoi per
l'ignoranza nei confronti della ricca tradizione dei solfeggi del Settecento; eppu-
re, essi sono stati determinanti per la disseminazione delle tradizioni galanti, e la
loro maestria nello scrivere melodie commoventi, appresa grazie agli anni tra-
scorsi sulle scene dei teatri, era uguagliata da pochi.
Lo schema dell'Aprile, che ho chian1ato così in suo onore, è strettamente
connesso al Meyer: entrambi hanno in comune la stessa coppia di eventi ini-
ziali; ma mentre il Meyer termina con una diade 0 - ~ , l'Aprile termina una
terza sotto con @-0. L'esempio 9.15, tratto da uno dei solfeggi per soprano
scritti a Napoli da Aprile (a uso dei fanciulli o dei castrati del mondo esclusi-
vamente maschile dei conservatori), inizia con la metà 'aperta' di un tipico
Meyer (batt. 1-2):
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Es. 9.15- Aprile, solfeggio, MS fol. 4ov, Larghetto, batt. I (c. 178o?)
144 La 1nusica nello stile galante
La metà 'chiusa' (batt. 3-4), con le sue diadi 8 -0 , e ciò che lo distingue dal
Meyer. Questa mossa d'apertura dell'Aprile di quattro battute conduce a
una risposta di Prinner di quattro battute, con l'abbellimento la-sol propo-
sto due volte (batt. 5-6). Il normale tenore del Prinner è posto al basso.
Anche se il solfeggio sembra molto esile con il suo basso quasi immobile, dal
continuista ci si aspettava che aggiungesse, laddove appropriate, delle terze
o seste parallele sotto la melodia, in tal modo arricchendo considerevolmen-
te la trama sonora. Un a trama di questo tipo è piuttosto comune nelle arie di
Cimarosa, Paisiello, Piccinni e Mozart. La scala ascendente a battuta 8 'fug-
ge' dalla chiusura del Prinner, salendo per iniziare a battuta 9 una seconda
discesa verso uno speciale tipo di cadenza sospesa galante. La trattazione di
questa e molte altre varietà di 'chiusure' galanti o clausulae sarà l'argomento
del capitolo IL
Come già mostrato nell'esempio 9·9 dalla sinfonia "Jupiter" di Mozart, il
motivo Jupiter può formare un basso alternativo per una melodia dell'Aprile.
Mozart ha sfruttato appieno questa ars combinatoria nel movimento lento della
sua famosa sinfonia in Sol minore scritta insieme alla ccJ upiter" nell'arco della
stessa estate. Gli esempi dal9.16 al9.20 tratteggiano melodia e basso di alcune
combinazioni e trasformazioni di cui abbonda questo movimento, concentran-
dosi su quelle che fanno riferin1ento agli schemi introdotti poc' anzi. A inter-
connettere la serie di schemi di Mozart vi è una varietà di clausulae dalla diver-
sa forza e funzione.
Mozart ha scelto un'esposizione dello schema dello Jupiter di quattro bat-
tute (vedi es. 9.16) per l'apertura del suo Andante. La 'melodia'- ossia ciò cui
lo spettatore assiste man mano che il tema si dipana- e1nerge dall'effetto com-
posito delle tre successive entrate di viole, violini secondi e violini primi. Le
viole e i secondi violini compiono un salto ascendente dal0 in un modo carat-
teristico del Do-Re-Mi alla Adeste fideles (vedi cap. 6); questi compiono una
variante della 'cavallina' di Corelli (cfr. es. B.7 nell'appendice B). All'inizio, le
viole saltano sul mib ~; mentre queste ribattono la nota in una serie di ottavi
eguali, i secondi violini saltano al /a una seconda sopra. Il risultante e reitera-
vendo solo a attuta 3 quando il mib4 scende a re4 . TI basso che sostiene lo
J upiter è una variante della canonica clausola del basso (®-@ -® -CD; vedi cap.
II). A battuta 2 (in corrispondenza dell'asterisco), sotto il '2' del ritardo 2-3,
Mozart abbellisce cromaticamente il @ e il suo spostamento al ®. ll suo
Jupiter e seguito dalla tradizionale risposta di Prinner: nella prima metà
Mozart fa precedere ogni nota principale della melodia da un'appoggiatura
cromatica inferiore (evidenziata con una stella nell'es. 9.16); per la seconda
metà del Prinner Mozart accelera la pulsazione, inserendo a battuta 7 due
istanze della diade 8- ~ (con la Caduta dal @ Acuto) . La discesa generale della
melodia del Prinner si spinge q·u indi oltre il @ di battuta 8, terminando con
u11a scivolata cron1atica su una cadenza sospesa.
9. Il Meyer 145
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146 La musica nello stile galante
Nella sua prima trasformazione (es. 9.I7, a pagina precedente), Mozart ha affi-
dato la 'melodia' agli archi più gravi e il basso ai primi violini, scambiando così
i registri di melodia e basso. Successivamente semplifica ed estende l' abbelli-
mento cromatico (vedi il doppio asterisco, batt. ro- II) apparso inizialmente al
basso a battuta 2. Per quanto riguarda il Prinner, con la sua 'melodia' al basso,
la chiusa e -6} funge da preparazione convenzionale a una cadenza forte, prima
evitata e poi completata.
Dopo una cadenza completa nella tonalità d'impianto (non riportata nel-
l'esempio), Mozart introduce un nuovo tema in Sib maggiore. Esso presenta la
melodia dello J upiter al basso e una melodia dell'Aprile ai primi violini (cfr. es.
9·9 dalla sinfonia "Jupiter") . Al posto del ritardo 2-3 del tema iniziale (batt. 2),
questo nuovo tema presenta dei ritardi 7-6 (batt. 2I , 23). Segue una piccola
Fonte, seguita a sua volta da una clausula vera (vedi cap. II) che termina su un
fa sia al basso sia alla melodia. Ciò significa che la musica emerge dalla digres-
sione della Fonte per concentrarsi sul fa in quanto O e CD di un temporaneo
ma relativamente stabile contesto di Fa maggiore:
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9. Il Meyer 149
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li procedimento di Haydn non era insolito; come vedremo nel capitolo rr, sulle
clausole, le prime due note del basso del Prinner- /a-mi o @-@ -costituiva-
no spesso un segnale per iniziare una cadenza, e molti compositori galanti
coglievano tale segnale. Gli schemi delle frasi galanti non erano oggetti immu-
tabili del n1ondo reale che potevano essere tenuti insieme solo in un determi-
152 La musica nello stile galante
nato modo; essi si fondevano tra loro, sfumavano e mutavano a seconda di una
varietà di segnali che potevano agevoln1ente condurre lungo percorsi divergen-
ti. Un maestro di cappella di successo doveva necessariamente riconoscere e
sfruttare questi segnali, ma aveva una grande libertà di scegliere il particolare
percorso lungo cui avrebbe condotto i suoi ascoltatori.
Haydn era un maestro nel riconoscere le possibilità di percorsi alternativi,
e ogni nuova variazione sul tema gli offre nuove opportunità di dimostrare ta-
le maestria.! Ad esempio, l'ultima variazione di bravura (var. rv) dà a Haydn
il modo di trasformare i gradi finali discendenti di un (normale' Prinner mo-
dulante (ossia 0 - 8-~) in una rapida scala discendente di sedicesimi con fun-
zione cadenzale, in cui ogni nuova nota principale si trova un'ottava sotto al-
la precedente:
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Es. 10.2- Haydn, Variazione xv, batt. 5
Haydn aveva già trasformato i gracli melodici del Meyer in scale discendenti
nella Variazione II, in cui aveva anche messo in evidenza le affinità tra i primi
due stadi del Prinner e della Fonte del suo ten1a, prima alterando il Prinner
modulante per assimilarlo a un insolito tipo di Fonte, e poi dando alla succes-
siva Fonte la stessa figurazione del Prinner-Fonte, come a rinforzare la loro
associazione (vedi es. 10.3).
Alcune delle alterazioni di Haydn sono motivate da limiti di ordine pratico:
nella Variazione III, che modula al modo minore, e stato necessario sostituire
la Fonte principale con un Monte poiché il cambio di modo (' minore-maggio-
re" della Fonte non si adatta faciln1ente alla tonalità minore. 2 La maggior parte
delle tnolte alterazioni di Haydn rappresentano la sua grande capacità di
'invenzione', termine settecentesco che indicava la capacità di realizzare inge-
gnose combinazioni: in altre parole, l' ars cornbz'natoria.3 Ogni pagina di questo
movimento tecnicamente facile ma musicalmente ricco (es. ro.4) è un piccolo
manuale di questa arte.
1 Le variazioni avevano grande importanza per I-Iaydn. Vedi Sisman, E. Haydn and the
Classica! Variation, Harvard University Press, Crunbridge 1993.
2 In una tonalità maggio re, le triadi consecutive, di cui quella superio re minore e quella
inferiore m aggiore, possono trovarsi su ® -CD e ® -®. In una scala minore ciò non è possi-
bile a causa dell'abbassan1ento del terzo e del sesto grado e l'jnnalzamento del settimo .
3 Riepel, J., An/angsgrunde, cap. 2, pp. 25 -31.
10. Un Tema e variazioni di]oseph Haydn 153
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con una Fonte secondo Haydn
154 La musz'ca nello stile galante
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10. Un Tema e variazioni di]oseph Haydn 155
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10. Un Te1na e variazioni di ]oseph Haydn 159
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Es. 10.4- Haydn, Sonata (Hob. XVl, n . 27) , mov. 3, Presto (1774-76)
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Clausulae
n termine latino usato dagli autori medievali per descrivere il senso eli chiusura
e di conclusione che si percepisce ascoltando determinate figure melodiche era
clausula (chiusura, conclusione o fine). Col tempo, questo senso fu trasferito a
formule contrappuntistiche a due voci, e solo molto tempo dopo a determinate
successioni di accordi a più parti. L'esempio seguente mostra una formula a
quattro voci che Johann Gottfried Walther (1684-1748), organista a Weimar,
maestro del giovane principe Johann Ernst e amico di J. S. Bach, descrisse nel
1708 come clausula /ormalis per/ectissima; 1 si tratta di quella che oggi è comune-
mente chiamata 'cadenza autentica perfetta'. L'aggettivo per/ectissima non va
inteso come ((la più perfetta", bensì come "la più completa"; intendendo con
questo la gradazione di chiusura che essa produce. n titolo dell'esempio si può
quindi rendere con "chiusura del tipo più completo".
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prano eseguiva la clausola del canto, il contralto la clausola del contralto, il te-
nore la clausola del tenore e il basso la clausola del basso: 3
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be essere descritta come un pas de deux tra basso e melodia. n capitolo è orga-
nizzato in base ai diversi movimenti del basso. Comincerò con la clausula per-
/ectissima (®-CD al basso) e poi procederò con la clausula cantizans (un semito-
no ascendente al basso, 0 -CD), la clausula tenorizans (un tono discendente al
basso, @-CD), e la clausula altizans: un semitono discendente al basso(@)-@, un
tono nel modo minore). All'interno di ogni sezione le distinzioni più sottili
riguardano i diversi movimenti della melodia. Alcune combinazioni di basso e
melodia possedevano nomi comunemente usati prima o durante il Settecento,
mentre ad altre il nome è stato attribuito successivamente, da studiosi o musi-
cisti. Io ho dato un nome ad altri tipi ancora i quali, forse perché da sempre pre-
senti nella musica galante, non erano considerati degni di nota all'epoca, ma che
sono comunque essenziali per la comprensione del discorso musicale galante.
Benché io non abbia esaurito le possibilità di questa ars combinatoria, il risul-
tante bestiario di clausole, ognuna leggermente diversa dalle altre, può comun-
que mettere a dura prova la pazienza di qualche lettore. I capitoli successivi
saranno comprensibili anche senza una conoscenza di queste sottili distinzioni,
ma non bisogna mai sottovalutare l'importanza di riconoscere le molte sfuma-
ture di articolazione nella musica galante.
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nomeno per colpa delle parole che solo in apparenza ci fanno cogliere al me-
glio la sua essenza" .5 Una parola del genere è 'cadenza'. A partire da metà Ot-
tocento ogni cadenza che fosse in qualche modo codificata è stata insegnata
come una 'successione di accordi' e descritta da un titolo inteso a 'coglierne
l'essenza' (ad esempio, 'perfetta', 'imperfetta', 'd'inganno', 'plagale', 'frigia, e
cosi via). Le delicate interazioni tra basso e melodie galanti, però, non erano
codificate, e andavano ben oltre la semplice attribuzione di una 'essenza'. Nel
resto del capitolo, per 'cadenza' va intesa più propriamente una combinazione
di basso e melodia; e se, come abbiamo visto, tale combinazione può intender-
si come un pas de deux musicale, vale la pena notare che il ballerino del basso
e la ballerina della melodia possono accoppiarsi altrettanto bene con altri part-
ner. In altre parole: quella loro specifica combinazione non è essenziale, e ogni
singola parte ha un suo particolare significato. Al posto di più precise, ma in-
gombranti e tediose locuzioni, continuerò ad usare la parola 'cadenza', che pe-
rò va intesa con le precisazioni suddette.
Nella musica galante, le clausole standard del basso erano impiegate innu-
merevoli volte in ogni possibile tnetro, tempo, stile e genere. Esse erano com-
binate, come detto, con melodie le quali, per quanto diverse in struttura e
complessità, dovevano comunque concludersi sulla tonica O. Una classe
importante di melodie cadenzali presentava una discesa 8)-@-0 o mi-re-do. Un
esempio tipico compare in un breve brano per tastiera di Cimarosa:
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Es. 11.4- Cimarosa, Sonata c 30, Allegretto, batt. 1 (c. 1780-90)
Qui un tema Do-Re-Mi con un ritmo di due movimenti per stadio conclude a
un ritmo più serrato con una melodia di Mi-Re-Do disposta su un basso (sem-
plice'. Muovendo per semiminime, la conclusione @-8 -0 è ovvia. Tra i model-
li secondari che muovono per ottavi vi sono le terze discendenti, @}-0 e @-8 , e
le seconde ascendenti, 0 -@ e 8 -0 : tutti questi costituiscono significativi gesti
melodici. Si noti anche l'inizio di una rapida scala discendente in sedicesimi che
5 Pietropaolo, D., "Improvisation in the Arts", in Improvisatz'on in the Arts o/ the Mz'ddle
Ages and R enaissance, a cura di Timothy J. McGee, Medieval Institute Publications, Kalama-
zoo (Michigan) 2003, p. 4·
164 La musica nello Jtile galante
parte da una. nota dissonante (il /a#5 eli appoggiatura, eseguito come un sedice-
simo) sopra il@ del basso, su cui ritorneremo più avanti.
Per confronto, l'esempio II. 5 mostra la primissima cadenza scritta da Mozart
a soli cinque anni così com'è stata trascritta da suo padre Leopold (si veda
l'esempio 25.1 per l'intero brano). Se consideriamo i sedicesimi di Cimarosa 8)_
8 -0 -fì come un abbellimento, o per usare il tennine galante, una 'diminuzio-
ne' degli ottavi @-fì, allora vedremo che Mozart ha applicato la stessa diminu-
zione ai due ottavi precedenti, 8}-0. Per il suo basso, al posto della 'cadenza
semplice' di Citnarosa, Mozart ha preferito impiegare ciò che il maestro napo-
letano Nicola Sala chiamava 'cadenza lunga' (si veda l'es. 11.50 per una più am-
pia trattazione). Lo scopo di questo confronto è di dimostrare che nella prassi
galante il compositore e l'esecutore avevano un certo grado di liberta nello sce-
gliere e combinare bassi, melodie e diminuzioni di repertorio, anche nel caso
di clausole fortemente stereotipate.
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Si noti che in Schobert, come in Gaviniés, il passaggio cadenzale inizia con una
cesura più debole eli quella che segue (indicata sotto una parentesi tratteggiata).
Vedremo queste clausole 'di soprano' da (J) a <D più avanti nel capitolo; a que-
sto proposito, proporrò una connessione tra l'antica 'cadenza doppia' e questa
nuova con1binazione di una clausola di soprano seguita da una clausola di basso.
Le discese melodiche erano chiaramente la norma sopra il basso standard,
e la conclusione ~- @- 0 era spesso soltanto la fine di una lunga discesa.
Un'aria giustamente popolare di Antonio Salieri (1750-r825; vedj es. ri.8) , in
seguito scelta da Mozart con1e tema per una serie di variazioni per tastiera
(1773), tern1ina con un Prinner che Salieri incorpora nella cadenza finale: la
discesa melodica si dilata così da <D a O. Quest'ampia discesa, tuttavia, non
era rigidamente accoppiata a uno specifico basso. Nell'ultima variazione eli
Mozart sul tema di Salieri (vedi es. rr.9) , egli mantiene l'ampia diade <D-0 del
Prinner ma accelera la restante discesa cosicché la variazione raggiunge l'O e
prosegue con 0 -8 -0 laddove il tema eli Salieri faceva sentire e}-@-0. Alla
fine, si aggiungono una parte di contralto tipo Prinner e un @-@ -G) alla
parte del tenore a presentare tutte e quattro le clausole di W alther, benché le
voci superiori ritardino eli un ottavo il loro arrivo a destinazione.
166 La musica nello stile galante
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Es. 11.12 - La cadence galante di Cudworth (1949)
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Es. 11.13 - Tartini, op. 6, n. 4, mov. 1, Adagio (Parigi, c. 1748)
11. Clausulae 169
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In questo caso la cesura iniziale più debole indicata dalla parentesi tratteggia-
ta è una clausula tenorizans o clausola del tenore (trattata più avanti in questo
capitolo).
Due ulteriori varianti della cadenza Cudworth dipendono dalla prassi ese-
cutiva e sono perciò difficili da individuare con sicurezza in ogni singolo pas-
saggio. La prima di solito è presente nei movimenti in modo maggiore dopo
una modulazione al tono della dominante. Come mostra l'esempio 11.15 di Ci-
marosa, una cadenza Cudworth nella temporanea tonalità di Si b emolle tnag-
giore impiega il settimo grado abbassato (lab5 ) al posto dell'atteso la q5:
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I manoscritti del Settecento erano spesso buttati giù in gran fretta e di conse-
guenza abbondavano di errori di ogni tipo; è quindi possibile che i musicisti
17 O La musica nello stile galante
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Es. 11.16- Cimarosa, Sonata c 5, Allegretto (c. 1780-90?)
Carlo Cotumacci (c. 1709-1785) 8 e Nicola Sala9 mostrano che lo stesso basso e
la stessa numerazione erano essenzialmente usati sia nel modo maggiore che
nel modo minore:
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Es. r1.r8- Sala, da un partimento in Re maggiore (Napoli)
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Es. 11.19- Cotumacci, da un partimento in Mi minore (Napoli)
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172 La must·ca nello stile galante
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Nel corso del secolo, con l'aumento della lunghezza dei movimenti aumentò
anche la lunghezza delle cadenze; mentre la cadenza Cudworth rimase una pre-
rogativa dei movimenti più brevi, non potendo essere facilmente ampliata. La
sua caratteristica cascata di note avrebbe perso molto del suo impatto se la ca-
denza fosse stata dilatata e quindi rallentata. Ciò che la sostituì nei movimenti
piu lunghi- quella che io chia1no ''la cadenza Grande"- prende in prestito dal-
la cadenza Cudworth il suo punto di inizio sull'O acuto e la discesa generale
verso l'O finale, ma sotto altri aspetti costituisce un tipo diverso di cadenza. So-
pra il ®-0 -® del normale basso (sia 'semplice' sia 'con1posto'), la cadenza
Grande pone una discesa 0- <3-~ della tnelodia, come si può vedere nel seguen-
te esempio di Clementi, che conclude un episodio in Mi bemolle maggiore:
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Es. 11.23- Clementi, op. 4, n. 5, mov. 2, Allegretto (178o)
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Levy, ]. M ., ''Texture as a Sign in Classlc and Early Romantic Music", in Journal o/ the
American Musicological Society, n. 35, 1982, pp. 482-531.
174 La musica nello stile galante
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Es. 11.25 - Pasquali, op. I, n. 2, mov. 2, Menu et (Londra, 1744)
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Es. 11.26- Narelini, op. 5, n. 4, mov. 3, Allegro (c. 1769)
L'ultima delle clausulae per/ectissimae che resta da vedere (la più italiana eli
tutte), presenta il consueto basso sotto un ostinato e immutabile O e ~ alla
melodia o nelle parti interne. Questa cadenza era spessissimo eseguita due
volte, con un inganno la prima volta e la regolare conclusione la seconda.
L'esempio seguente del compositore napoletano Emanuele Barbella (1718-1777)
apparve in un'edizione a stampa londinese eli sei sonate per violino (1765), delle
quali cinque movimenti finali portano sottotitoli quali "All'Italiana'', "Alla
Venetiana", "Alla Napolitana" , "All'Inglese" e "Alla Francese"; sottotitoli che
suggeriscono un 'grand tour' tra gli stili musicali europei. n movimento conte-
nente la cadenza in questione è quello che descrive la sua citta natale, Napoli,
e Barbella ne da l'ulteriore descrizione (( Sul fare di Pulcinella" ('(alla maniera
di Pulcinella"). Benché il 'Pulcinella' non si riferisca esclusivamente alla caden-
za, il collegatnento con questo personaggio comico tradizionale della comme-
dia dell'arte sembra adattarvisi bene. La cadenza Pulcinella ignora le rigidità
del contrappunto convenzionale e al contrario si bea della libera interazione tra
un basso movimentato e parti superiori statiche:
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Es. 11.28- Nardini, op. 5, n. 4, mov. 3, Allegro (1769)
Nel 1797 Vincenzo Manfredini (1737-1799) scriveva che "cadenza significa fine,
o riposo; [ ... ] Dessa poi non serve solamente per terminare un intero
Componin1ento, ma eziandio per finire una frase, o un periodo musicale; stan-
teché anche la musica, come il discorso, ha le sue frasi, i suoi periodi, i suoi
11 . Clausulae 177
punti di ogni sorte, digressioni, eccetera" .12 Manfredini esprimeva un' opinio--
ne abbastanza diffusa. Alexander Malcom (1687-1763) qualche anno prima
aveva fatto le stesse considerazioni dichiarando che cc con cadenza s'intende
concludere o portare una Melodia a un Punto fermo o Pausa, dopodiché essa
riprende nuovamente, il che è simile alla fine di una Proposizione distinta in
un Orazione" .13 Nello spirito di queste similitudini si potrebbero associare la
cadenza completa al punto alla fine di una frase e la cadenza sospesa ai due
punti o al punto interrogativo. Cotne esempio per una cesura ancor meno
netta, una virgola, propongo la conclusione debole in questo breve esempio di
Mozart (vedi cap. 16 per l'intero movimento):
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Una Virgola spesso può precedere una cadenza più forte. N ell'Adagio che apre
la quinta sonata per violino dell'op. 5 di Nardini, una Virgola (con la Caduta
del @ Acuto) si trova esattamente prima della cadenza finale:
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Es. rr.3r- Nardini, op. 5, n. 5, mov. r, Adagio (c. 1769)
Questa era una prassi molto comune, e diversi esempi di Virgole che precedo-
no cadenze più forti sono già comparsi nel corso di questo capitolo (es. 6, 7, 13
e 14; per gli es. 7, 13 e r4la Virgola è indicata da una parentesi orizzontale trat-
teggiata). Una caratteristica degna di nota nel trattamento della cadenza Mi-
Re-Do di Nardini è la scelta di far precedere il® dal® . Nardini era un devo-
to allievo di T artini e quel basso in qualche modo insolito era un cliché nei
lavori di T artini e della sua scuola a Padova.
Nel movimento di apertura della quarta sonata della sua raccolta, Nardini,
prima della cadenza finale, inserisce due volte una variante della Virgola: io
chiamo questa variante, che presenta un basso ascendente ® -CV -CD a cui cor-
risponde una melodia discendente ..,_() _8), 'Virgola Lunga':
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Es. 11.34 - Jommelli, Demo/oonte, atto 2, scena 10, batt. 31 (Stoccarda, 1764)
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Es. 11.36- Gluck, ((Che farò senza Euridice?", batt. r (1762)
lo spiazzante urto di ottava diminuita tra basso e soprano (la mia realizzazione
è in note piccole) :
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Es. 11.38- ]. C. Bach, op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)
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Es. 11.39- Cimarosa, Sonata in Do (c 56), Allegro (c. 1780-90)
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Es. 11.40- Clementi, op. 5, n. 2 , mov. 2, Presto, batt. 118 (c. 1780-90)
Johann Joachim Quantz (1697-1773), nel suo trattato sul flauto (1752; vedi cap.
28) , accenna a questo modello discendente da <D a O con1e a qualcosa che cc ca-
pita frequentemente prima delle cesure" .17 Riguardo alla cadenza Convergen-
te, i due esempi precedenti rispettano quasi interamente le istruzioni di
Quantz per abbellire una Caduta del (i) Acuto <pura'. La cadenza di Cirnarosa,
esempio 11.39, aderisce alla regola di Quantz secondo cui "sei note discendenti
16 Daube, ]. F., General-Bass, cap. 6, p. 13.
17 Quantz, J. J., Versuch einer Anu;eisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 1752, pp.
127-28. Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti, Milano 1992, p. 171.
184 LA musica nello stile galante
per gradi congiunti possono essere impiegate per riempire questo intervallo", l 8
dove (intervallo' indica il salto da 0 a O . Un'altra delle raccomandazioni di
Quantz per abbellire la Caduta del @ Acuto - un intervallo di terza discenden-
tie19- descrive l'esempio 11.40 di Clementi.
L'ultima specie di clausula cantizans era impiegata per introdurre una
cadenza solistica. La forma più comune pone un O tenuto alla melodia contro
una scala ascendente con il quarto grado aumentato al basso. Quando il basso
raggiunge il®, la scansione metrica s'interrompe e il solista inizia a improvvi-
sare. Alla fine, con un trillo sul @ , il solista da il segnale per tornare alla scan-
sione metrica e l'accompagnamento riprende come per concludere una norma-
le cadenza. In un esempio del 1737 di Locatelli, virtuoso del violino, la caden-
za solistica per violino è scritta. Io ho posto fra parentesi l'accordo obbligato-
rio di 6/ 4, cosa che all'epoca veniva da sé: •
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20 D termineclausula vera compare di frequente nei manuali per gli studenti di contrap-
punto delrOttocento e primo Novecento, ma non di frequente nelle fonti storiche. W . S.
Rockstro (1823-1895) scrisse la voce ' Cadenza" per la seconda edizione del dizionario G rave
originario. La sua enfati ca affermazione, ce la più importante chiusa impjegata nella musica
poillonica è la Clausula vera, o Cadenza autentica, terminante sulla /inalis del modo,, può
aver elevato il termine a un uso generale. Vedi Grove's Dictionary o/ Music and Musicians, a
cura di J. A. Fuller Maitland, London 1908-Io, vol. r, pp. 434·
186 La musica nello stile galante
Galuppi era incaricato di tutta la musica nella basilica di san Marco a Venezia,
e i suoi predecessori in quell'illustre posizione includevano maestri del con-
trappunto rinascimentale come Willaert, Rare e Zarlino. Per costoro, la caden-
za dell'esempio precedente sarebbe stata una cadenza in Do come indicano i
gradi della scala; ma al tempo di Galuppi il significato della cadenza era cam-
biato, ed era usata per concludere su un accordo di dominante all'interno di
un contesto tonale più ampio. Perciò, da una parte la precedente Clausula Ve-
ra rappresenta una pausa e una momentanea accentuazione dell'accordo di Do
maggiore, dall'altra ha in comune con la cadenza sospesa e la cadenza Conver-
gente l'equilibrio tra due esacordi o toni vicini: tra tonica e dominante, o tra
esacordo <naturale' e 'duro'. Dunque, un basso da @ a CD secondo il significa-
to locale e più antico, un basso da ® a ® secondo il significato globale e più
moderno.
L'altro tipo di cadenza tenor-cantus si ha quando il tenor scende di semito-
no e il cantus sale di un tono. li risultato è una forma della Clausula Vera
meglio conosciuta oggi come cadenza frigia, in riferimento all'antico tipo di
scala con un intervallo di semi tono tra @ e CD. Come la normale Clausula
Vera, la cadenza frigia ha un doppio significato: localmente sull'ottava su cui
divergono le due voci e globalmente sul tono di cui tale ottava è la dominante..
Tanto la Clausula Vera quanto la sua variante frigia si trovano nel brano
seguente di Durante (es. 11.44). Per l'orecchio moderno è molto difficile inten-
dere l'accordo di Do alla fine dell'esempio di Durante come tonica, perciò ho
contrassegnato i gradi della scala della cadenza frigia come appartenenti al
tono d'impianto di Fa minore evidenziando in particolare le due note più gravi
del tetracordo frigio.
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TETRACORDO FRIGIO
Es. 11.44- Durante, Studio n. 5 (Napoli, 1747)
n basso discendente di grado lungo il tetracordo frigio, insieme alla voce supe-
riore in moto parallelo una decima sopra, era spesso usato come analogo in
11. Clausulae 187
minore del Prinner modulante. Nel caso del passaggio di Durante, benché la
cadenza frigia termini su un accordo di Do maggiore (che l'orecchio moderno
tende a sentire come accordo di dominante nella tonalità di Fa minore), le frasi
successive attaccano in Do minore. Ancora una volta grande era la versatilità
tonale degli schemi galanti, specialmente nei primi anni del secolo.
Se il cantus della cadenza frigia, appena prima di salire all'ottava, è alterato
cromaticamente di mezzo tono, la sua distanza dal basso diventa una sesta
aumentata, che e appunto il nome del terzo tipo di clausula tenorizans. Un par-
timento di Fedele Fenaroli (173o-r8r8), allievo di Durante, fornisce un buon
paragone tra la variante Sesta Aumentata della cadenza frigia e, nella tonalità
relativa maggiore (Si P), la normale Clausula Vera.
6a AUMENTATA INCOMPLETA
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I riferimenti a gradi eli scale diverse utilizzati per la Sesta Aumentata e la Clau-
sula Vera sono il risultato di una prospettiva moderna basata su un unico cen-
tro tonale. N el diciottesimo secolo queste due cadenze erano identiche in tut-
to tranne che per la qualità dell'intervallo di sesta e per la scelta di quale voce
dovesse procedere di semi tono espandendosi nell'ottava. Tutte le clausole di
tenore - Clausola Vera, cadenza frigia e Sesta Aun1entata - avevano funzioni
simili e, come testimoniano i precedenti esempi di Durante e Fenaroli, erano
trattate tutte come analoghe.
TI basso di F enaroli indica anche una cadenza standard alla fine eli ogni riga.
188 L4 musica nello stile galante
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INDIETRO INDIETRO INDIETRO
Es. 11.46- Quantz, Sonata a tre in Sol minore, mov. 3, Siciliana (c. 1750-6o)
Dal punto di vista di W alther, alla fine di questo passaggio la trama basso-
melodia fornisce la "chiusa più completa" o clausula per/ectissima, mentre la
11. Clausulae 189
trama tenor-cantus (in questo caso flauto-violino) fornisce allo stesso tempo
una Clausula Vera o clausula tenorizans.
Altre clausole
TI minuetto di Somis (es. 5.2) impiega come cadenza finale una variazione rit-
mica della normale cadenza: al posto di due battute con normale scansione
lr23l123 l Somis scrive un passaggio con scansione lr2II2Ir2l, un effetto noto
come hemiola (dal greco hemi6lios, il rapporto J:2). Le cadenze con l'emiola
compaiono solo nei metri tripli e più di frequente nella prima metà del secolo.
Solo la normale cadenza sembra essere stata oggetto della scansione emiolia.
Con il costante approfondirsi della ricerca di tecniche per estendere, evade-
re, evitare, eludere e in genere procrastinare il senso di conclusione di una ca-
denza forte alla fine di un'importante sezione musicale, i compositori rischia-
vano di confondere i loro ascoltatori. La cadenza Cudworth era un segnale af-
fidabile per la fine di un'ampia sezione, ma l'aggiunta di piccole code ed echi
cadenzali potevano minare la sua finitezza . Per un motivo o per l'altro, i com-
positori galanti ricorrevano invece a una caduta melodica disadorna con fun-
zione di 'segnale di arresto' musicale. Le conclusioni della prima e della secon-
da metà di una fatnosa sonata per tastiera di Mozart presenta le due varianti
più comuni della Caduta Finale (es. 11.47; vedi cap. 26 per l'intero movimento).
La prima e piu galante, e impiega un salto discendente da 6) a O (in Sol mag-
giore, la tonalità tetnporanea). La seconda, che conclude la seconda metà del
CADUTA FINALE
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Es. 11.47- Mozart, Sonata K 545, mov. I, Allegro, batt. 27-28 e 72-73 (1788)
190 La musica nello stile galante
Storicamente, questa cadenza già era antiquata nel diciottesimo secolo, ed era
tenuta in vita principalmente grazie alle opere didattiche e sacre. General-
mente riservata per la cadenza finale, la Cadenza Doppia faceva la sua com-
parsa alla fine di quasi tutti i partimenti. Ciò significava che, studiando
un'ampia raccolta dipartimenti, lo studente avrebbe suonato e risuonato la
Cadenza Doppia. Per mezzo della ripetizione, ognuna delle sue voci divenne
emblematica della cadenza, e tracce di tali voci possono essere trovate in mol-
te delle clausole galanti più deboli. Se si prendono le voci di soprano e con-
tralto da una versione della Cadenza Doppia con la settima di dominante e si
toglie il pedale del basso, si può replicare la combinazione soprano-basso di
una Virgola seguita da una cadenza Mi-Re-Do con il normale basso (es. 11.49,
a pagina seguente) . Alcuni procedimenti di questo tipo sono stati mostrati so-
pra negli esen1pi 11.6, 11.7 e 11.13.
Le quattro categorie di clausole di W alther, nell'identificare i significati
relativamente indipendenti e le storie delle singole voci, si differenziavano solo
21 La Cadenza Doppia è chiamata anche cadenza di "quarta consonante". TI riferimento è al
secondo tactus, in corrispondenza del quale la quarta (dissonante) tra basso e voce interna sem-
bra essere la preparazione (consonante) per la dissonanza sul terzo tactu.s. Poiché il contrap-
punto principale si ha tra le due voci superiori, r attenzione su tale particolare intervallo col
basso è in qualche modo distratta. Ciò nonostante, negli approcci pedanti al contrapptmto, la
legittimazione di questa configurazione in relazione al basso era un espediente necessario.
11. Clausulae 191
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nelle ultime due note del basso. Le sottocategorie mostrate in questo capitolo
si differenziano talvolta dal modo in cui i1 basso arriva alle due note finali. La
Virgola e la Virgola Lunga, ad esempio, differiscono per i rispettivi bassi 0-
CD e ®-0-CD. Sala distingueva tra i comuni tipi eli cadenze normali e ciò che
egli chiamava 'cadenza lunga'. 22
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Es. 11.50- Sala, la cadenza Lunga (c. I790-18oo)
La cadenza Lunga eli Sala presenta due salti discendenti eli terza al basso, CD-
® -@, che precedono la clausula per/ectissùna. Le cadenze che seguono una
Romanesca avranno un basso le cui note in battere saranno CD-®-@ prima del
penultimo accordo sulla dominante. Infatti, il modo in cui sono ordinati i par-
timenti di Paisiello nella prima edizione a stampa23 del 1782 suggerisce che il
maestro prendesse la Romanesca come punto di partenza per frasi più moder-
ne che sottolineassero il basso discendente per terze:
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22"Cadence longue" è attribuito a Sala in Choron, A. E., Principes de composition des
écoles d)Italie, Paris 18o8, vol. 2 , p. 1.
23 Paisiello, G., Regole per bene accompagnare il partimento, Sankt-Peterburg 1782.
192 La musica nello stile galante
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Es. II. 53 - Manfredini, Regole armoniche (Venezia, 1797)
a confronto con le norme galanti
Per quanto in buona fede, nel rappresentare la prassi compositiva del diciotte-
simo secolo Manfredini e Daube erano guidati dalla teoria, e preannunciarono
ciò che sarebbe avvenuto nei secoli successivi, con il risultato finale di una com-
pleta reinterpretazione borghese di un'arte esoterica di corte. In termini di teo-
ria della comunicazione, ciò che questi documenti rivelano è l'inizio di uno slit-
tamento da una modalità 'rituale', con i suoi necessari anni di pratica con par-
timenti e solfeggi inculcati nella mente, a una modalità 'trasmissiva', con il
manuale di armonia quale vettore di grossolane generalizzazioni. 28 La versione
di 'armonia semplificata'2 9 di Daube-Manfredini divenne norma comune alla
fine del diciannovesimo secolo, al punto che 'armonia' e 'cadenza' diventarono
quasi sinonimi. A ogni modo, non si dovrebbe scambiare un trionfo nella popo-
larità con un avanzamento nella comprensione. Attraverso la nuova lente del-
l' artnonia, gran parte delle distinzioni una volta importanti per le clausole
galanti divenne confusa e irriconoscibile.
Avevo iniziato a parlare delle cadenze con i Salti di Terza e delle teorie del-
l'armonia troppo radicali a proposito di una cadenza di Sala (es. 11.50); vorrei
ora dare a Sala anche l'ultima parola (o l'ultima nota) . Sala arrivò a Napoli nel
1732 (l'anno di nascita di Haydn) ed entrò al conservatorio di Santa Maria della
Pietà dei Turchini, dove rimase con vari incarichi fino al 1799, ritirandosi infi-
ne come 'primo maestro'. Come allievo di Nicola Fago (1677-1745) e Leonardo
Leo, fra i suoi compagni di studi vi furono Jommelli e Gregorio Sciroli (1722-
1781, maestro di Aprile). Sala fu insegnante di generazioni di studenti, tra cui,
all'inizio della sua carriera, il cantante Farinelli e in prossimità del suo pensio-
namento l'operista Gaspare Spontini (1774-185I). Quello che segue è il passag-
gio cadenzale finale di un ampio partimento fugato (es. 11.54, che inizia con la
Carey, J. W., Communication as Culture: Essays on Media and Society, Unwin Hyman,
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E una ricostruzione verosimile? Certo, la numerazione del passaggio dei
Salti di Terza è sufficientemente esplicita da costituire una descrizione quasi
completa del contrappunto voluto; la serie di cadenze seguenti (batt. 167-72),
però, potrebbe essere realizzata in modi molto diversi tra loro, anche se lo stes-
so Sala sembra aver preferito simili cadenze appariscenti e ornate. Uno di que-
sti solfeggi, mostrato nell'es. II. 55 (a pagina seguente) inizia quasi con le stesse
note con cui comincia l'esempio di Galeazzi in cui le cadenze sono associate ai
segni d'interpunzione (es. II.3o); per facilitarne il confronto, sulla musica di
Sala sono poste le lettere di Galeazzi (A, B, C, D).
Il solfeggio di Sala inizia presentando, come detto, il Do-Mi-Sol di Galeazzi
in stile di bravura. La risposta di Prinner alle battute 3-4, e specialmente il
Prinner modulante alle battute 5-6, sembrano attenuare l'energia dell'inizio, e
il movimento melodico si arresta dopo la cadenza Convergente a battuta 7· La
battuta 8 inizia il percorso che porterà alla cadenza finale con una Virgola
Lunga, uno schema preparatorio molto comune; esso conduce a ciò che è
indicato come "Cudworth Modificato". Sarebbe a dire che molte delle carat-
teristiche distintive del Cudworth sono presenti, ma Sala ha rielaborato la sua
melodia per salire con <D-fì-0 in risposta al precedente ®-0-<D del basso
della Virgola Lunga. Dopodiché Sala ripete la Virgola Lunga e il Cudworth
Modificato. Quasi nel punto esatto in cui il Cudworth Modificato avrebbe
concluso (batt. rr), Sala sposta un'ottava sopra l'atteso O per iniziare la defi-
nitiva discesa alla cadenza Mi-Re-Do finale. Questo gesto teatrale travolge e
calpesta i dettagli della cadenza Grande (si notino le dissonanze tra il canto e
il basso nella seconda metà di battuta II) ma riesce a concludere con il neces-
sario 49-8 -0 e l'eloquente trillo sul 8. Questa clausula per/ectissima conclude
la prima metà del solfeggio di Sala (segue una Fonte, come ci si potrebbe
aspettare).
Le lettere di Galeazzi (A-D), che rappresentano gli analoghi segni d'inter-
punzione, sono state applicate al passaggio di Sala sulla base del comporta-
mento della melodia. n comportamento del basso, però, può minare il senso
di conclusione n1elodica. Le clausole di tipo D alle battute 2 e 12, ad esempio,
sono rinforzate dal forte senso di conclusione dell' <D al basso, lad dove le stes-
se clausole melodiche alle battute 4 e 9 sono indebolite dal basso che si sposta
velocemente a un vistoso @. Spesso la musica galante, con il suo pas de deux
tra basso e melodia, puo frustrare ogni tentativo di attribuirle delle clausole
unitarie; bisogna valutare l'effetto combinato delle singole clausole nel conte-
sto dei comportamenti coordinati canto-basso che costituiscono il repertorio
di conclusioni tipiche.
Esempi come il solfeggio di Sala, i quali erano intesi per inculcare delle
norme, dimostrano la sensibilità dei compositori galanti verso le sottili distin-
zioni tra le diverse clausole. Esattamente come inchini e riverenze ben eseguiti
articolavano il discorso sociale e allo stesso tempo incarnavano un'accettazione
dell'ordine sociale, così le gradazioni delle clausole convenzionali articolavano
198 La musica nello stile galante
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Una raccolta di sonate a tre del primo Gluck (1714-I787), scritte forse a Milano
ma pubblicate a Londra, fornisce una buona dimostrazione della sua eccellen-
te preparazione nello stile galante italiano. Nell'Andante della sua quinta sona-
ta, presentato in questo capitolo, dal punto di vista dell'armonia avviene poco,
a parte l'uso isolato di una Fonte ermafrodita. La fluida successione degli sche-
mi, però, i disinvolti scatnbi di n1elodia tra primo. e secondo violino e il sottile
uso di piccole clausole di forza variabile rivelano un compositore tecnicamen-
te completo e musicalmente sensibile. Rispetto alle opere liriche del Gluck ma-
turo, le quali ottennero un grande successo a P arigi e Vienna, questo Andante
può sembrare quasi un'inezia. Eppure molte delle arie famose di quelle opere
conservano lo stesso discorso galante.
Gluck ha scritto le parti del primo e del secondo violino in modo che si
scambino fra loro i motivi, in genere con il secondo a fare da eco al primo; il
basso continuo li sostiene con discrezione. Tutte e tre le parti mantengono un
disegno ritmico pervasivo di tre o più crome con l'inizio a cavallo dei tempi
forti. A partire da battuta 5 fino alla fine della prima sezione, Gluck ha inseri-
to una serie di clausole di forza crescente; la serie inizia con una cadenza sospe-
sa seguita da una Virgola. La prima cadenza completa presenta la debole melo-
dia 0 -8 -0 ; la sua ripetizione termina con un inganno e conduce a un breve
Prinner. TI secondo violino effettua poi il secondo tentativo con t}-@ -0 , una
cadenza Mi-Re-Do, utilizzando solo la (cadenza semplice'. n primo violino,
con la sua consueta autorevolezza musicale, ripete la cadenza per chiudere la
prima sezione. Per la conclusione della seconda sezione, Gluck comincia con
0 -8 -0 , una 'cadenza semplice' Do-Si-Do; continua poi con un piu forte@-@-
0 , una (cadenza composta' Mi-Re-Do. Questa potrebbe essere la fine della
sezione se la melodia non evitasse la conclusione 'sfuggendo' con una catena
di semicrome verso un altro Prinner. Infine dei floridi arpeggi conducono alla
definitiva <cadenza composta' Mi-Re-Do, in cui il primo violino esegue il con-
sueto trillo sul @.
N ella seguente lista, il bis si riferisce a un 'immediata ripetizione, spesso con
le parti dei violini scambiate. n secondo schema della prima metà, contrasse-
gnato con '[Rornanesca] ', si riferisce al n1odo di G luck di riutilizzare elen1enti
del tema iniziale di Romanesca, ma senza lo schema della Romanesca.
12. Un Andante di Christoph Willibald Gluck 201
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La seconda regola, o meglio consiglio, recita: "Si puo dar parimenti la settima
minore come si andasse nella natura della quarta del tuono" .2 Di nuovo, il par-
timento che segue questa indicazione ne chiarisce il significato:
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Es. 13.4- D. Scarlatti, Sonata K 250 (c. 1740-50)
una ragione sembra essere che questi partimenti avevano delle loro conclusio-
ni fortemente stereotipate, che favorivano il pedale di dominante sul penulti-
mo®, come la Cadenza Doppia. I commenti di Zingarelli sui pedali di tonica
sono un'aggiunta posteriore a quella tradizione, per colmare una lacuna.
Intorno alla metà del secolo questo insieme di tratti - una melodia bfì-<D-
qfì-0 , un pedale di tonica, le relative sonorità e una doppia esposizione- si
era stabilizzato in uno schema di repertorio impiegato per i passaggi conclusi-
vi piuttosto che d'apertura. Io l'ho chiamato 'Quiescenza' (uno stato di riposo
o inattività) per analogia con la cadenza di bravura. Come la cadenza sfrutta
una pausa all'interno di un importante passaggio cadenzale per mettere in
mostra il gusto, l'invenzione e il virtuosismo dell'esecutore, interrompendo
temporaneamente, come risultato, il procedere del movimento, così una
Quiescenza sfrutta un momento di riposo successivo a un passaggio cadenzale,
trattenendo allo stesso modo il procedere del movimento o ritardando la sua
chiusa finale.
La funzione conclusiva della Quiescenza è stata chiarita dal figlio di Bach,
Carl Philipp Emmanuel (1714-1788), nel suo libro sul vero modo di suonare uno
strumento a tastiera. Presso la fine del secondo volume (1762), C. P . E. Bach
ha incluso un suo partimento su cui il lettore può improvvisare una fantasia.
Immediatamente dopo la cadenza finale, Bach indica la numerazione standard
del basso della Quiescenza:
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Es. 13.5- C. P . E . Bach, Versuch uber die wahre Art das Clavier zu spielen,
vol. 2, p. 123 (Berlino, 1762)
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Es. 13.8 - Gaviniés, op. 3, n. 5, mov. 3, Tempo di Menuetto (Parigi, 1764)
I violinisti francesi galanti produssero molti dei loro lavori migliori in forma di
'sonata a solo', una dicitura fuorviante per descrivere sonate per violino e bas-
so continuo. La parte del basso era spesso priva di numerazione, e perciò l' ac-
compagnatore era tenuto a intuire dal contesto la giusta armonizzazione. Ciò
non era sempre facile. L' CD ripetuto o tenuto al basso della Quiescenza, ad
esempio, non forniva indicazioni sugli accordi richiesti. Quando, come nel-
l'esetnpio 13.8 di Gaviniés, il violino eseguiva dei bicordi che rendevano chiaro
ogni accordo, il suonato re alla tastiera avrebbe potuto leggere l'armonia dalla
parte del violino. In molti altri casi, però, ciò non era possibile. Ad esempio,
una delle ultime sonate a solo di Gaviniés include una Quiescenza che, se si
considerano i quattro stadi lunghi presumibilmente una semiminitna ciascuno,
impone al continuista di inserire il b8 e il q8 in anticipo rispetto al violinista.
In altre parole, l' accon1pagnatore doveva già conoscere questa 'solita scena'
per poter anticipare le armonie. La versione mostrata eli seguito è una possibi-
le realizzazione con l'aggiunta di una voce di tenore. L'indicazione di tempo
completa -Allegro con /uogo ma non troppo presto - suggerisce che gli schemi
13. La Quiescenza 209
galanti del pezzo siano stati piegati al servizio di un'estetica musicale più dina-
mica legata all'era napoleonica.
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Es. 13.9 - Gaviniés, Trois sonates pour le violon,
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anni '7o e '8o del secolo. In questo secondo decennio) l'uso di una Quiescenza
per aprire un movin1ento sembra essere associato alle esposizioni di movimen-
ti pastorali di ampio respiro, e forse le indicazioni di esecuzione di Leduc come
dolce e cantabile confermano questo collegamento.
Fu a Vienna che la Quiescenza divenne così comune da sembrare quasi un
cliché. I quartetti d'archi di Johann Vanhal, ad esempio, mostrano una rapida
evoluzione verso la forma stereotipata di questo schema. Durante la sua assen-
za da Vienna per un tour in Italia dal 1769 al 1771, V anhal scrisse una serie di
sei quartetti che furono pubblicati a Parigi nel 1771, lo stesso anno del prece-
dente esempio di Leduc. Le battute conclusive del primo e dell'ultimo movi-
mento del suo quartetto in Fa maggiore (F6 nel catalogo Bryan) contengono
due Quiescenze all' antica:3
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Es. 13.12- Vanhal, Quartetto in Fa maggiore (F6),
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basso segnalano l'inizio delle Quiescenze all'antica di Vanhal. L 'esempio 13.11
3Bryan , P. , ]ohann W anhal, Viennese Symphonist: His Lz/e, H is Symphonies, and His
Musical Environment, Pendragon, Stuyvesant (New York) I997·
13. La Quiescenza 211
presenta la cliade b8-<D alla voce di contralto invece che alla melodia, e tanto
questo quanto il passaggio molto simile mostrato nell'esempio 13.12 sono inso-
liti nel far precedere il b8 dal q8. Si potrebbe dire che Vanhal comprendesse
la funzione e il posizionamento dello schema ma che fosse insicuro o che stes-
se sperimentando con i dettagli della norma.
Nel corso dei due anni successivi, Vanhal sembra aver raggiunto una matu-
ra comprensione della Quiescenza, attraverso un reale studio o semplicemen-
te grazie alla maggiore esperienza e ai viaggi. N el 1773 com pose quello che
divenne uno dei suoi quartetti più famosi (c r), nel quale, alla fine del primo
movimento, inserisce un 'ampia, fluida Quiescenza, che assomiglia agli esem-
plari diatonici di L 'Abbé le Fils e Gaviniés:
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Es. 13.14- V anhal, Quartetto in Do maggiore (c r), mov. 3, Adagio (1773)
212 La musica nello stile galante
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Es. 13.15- Vanhal, Quartetto in Sol maggiore (G 8), mov. 4, Adagio (1780)
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Es. 13.16- Salieri, Concerto doppio in Do maggiore, mov. 2, Andante (1774)
13. La Quiescenza 213
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Es. 13.17 - Mozart, Sonata K 8, mov. I, Allegro (1763)
D piccolo Mozart aveva già scritto molti brevi pezzi, ma le sue sonate parigine
op. 2, scritte per tastiera con una parte per violino non obbligato, furono le sue
prime composizioni abbastanza lunghe da consentire la funzione di coda della
Quiescenza. Vi è tutto ciò che ci si può aspettare da una Quiescenza: la melo-
dia bfì-0 - qfì-0 , un pedale di tonica, le sonorità necessarie, una doppia pre-
sentazione e il suo posizionamento dopo una cadenza principale. La figura di
suo padre, Leopold, aleggia abbondantemente in questi lavori, ma altri mano-
scritti del figlio dello stesso periodo suggeriscono che il giovane Mozart com-
prendesse gia da solo la Quiescenza.
Mozart adottò la Quiescenza per i suoi lavori successivi, di cui sono rappre-
sentative le sue sonate per tastiera più mature. Una serie di sei sonate fu scrit-·
ta a Monaco di Baviera alJ>inizio del 1775, forse con l'intento di fare colpo sul
primo violino Christian Cannabich (173I-1798), che era stato allievo diJommelli
a Roma. n rondò finale della sua sonata in Sib maggiore (K I89f; es. 13.!8) pre-
senta due Quiescenze, con il trillo sul 8 che annuncia la fine del primo episo-
dio contrastante del rondò. Lo stesso tipo di Quiescenza semplice e diretta
conclude anche la prima metà del movimento iniziale della sua sonata in Sol
maggiore della stessa serie (K 189h; es. 13.19):
214 La musica nello stile galante
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Es. 13.18 - Mozart, Sonata K 189f, mov. 3, Allegro (1775)
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Es. 13.19 - Mozart, Sonata K 189h, mov. r, Allegro (1775)
Tornato a Parigi nel 1778, Mozart scrisse una sonata in La minore, K 3ood. La
prin1a metà del movimento centrale, in Fa maggiore, termina con una coppia
di Quiescenze in cui, come in altri lavori viennesi coevi, la diade b& -0 è pre-
sente in una voce interna e la risposta q8 -0 è affidata alla melodia. Queste
Quiescenze sono tra le prime che Mozart ha scritto sopra un basso statico.
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Es. 13.20- Mozart, Sonata K 3ood, mov. 2, Andante cantabile (1778)
13. La Quiescenza 215
Buoni esempi dello stile maturo di Mozart possono trovarsi in una sonata in
Sib maggiore scritta tra il 1783 e il 1784 (K 315c). Tutti e tre i movimenti termi-
nano con lo schema in questione. Nella prima Quiescenza alla fine del primo,
solare movimento, Mozart introduce una nota di oscurità con una breve escur-
sione a Sib minore (da notare il reb e il solb contrassegnati con una stella nel-
l' esempio seguente), oscurità, però, dissipata nella seconda Quiescenza, che
abbandona il pedale di tonica e lo sostituisce con un basso cadenzale:
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Es. 13.21- Mozart, Sonata K 315c, mov. 1, Allegro (1783-84)
Questa versione più scura della Quiescenza era insegnata apertamente dal mae-
stro del partimento Stanislao Mattei, contemporaneo di Mozart, con cui proba-
bilmente ebbe contatti a Bologna. 4 TI passo qui citato chiude una sezione salda-
mente in Do maggiore, nonostante l'armatura in chiave di Fa maggiore:
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Padre Mattei, allievo e stretto collaboratore del grande maestro Giovanni Bat-
tista Mattini (r7o6-1784), avrebbe poi avuto come allievi Donizetti e Rossini
nei primi anni del diciannovesimo secolo. Si tratta della stessa epoca della
composizione della sonata "La primavera" per violino e pianoforte di Beetho-
ven (vedi es. 13.23) . Entrambe le sezioni del movimento di Beethoven si con-
cludono con la doppia presentazione di una Quiescen za, preceduta dal segna-
le di un tri1lo sul @ (al pianoforte), in cui si trova l'esatto modello accordale
del partimento di padre Mattei, combinato con la tradizione viennese del
commento melodico fiorito. Ciò che allontana la prima d elle Quiescenze di
Beethoven da quelle dei suoi predecessori è la sua apparente violazione di un
precetto di base della sintassi galante: si deve evitare di far sentire simultanea-
mente entran1be le note di un'importante diade. A battuta 196, ad esempio, il
b8 al pianoforte (mzb 5 ) ancora suona quando il 0 entra sul battere nella parte
del violino (re4 ). Certo, il volume di suono che poteva essere sostenuto sui pia-
noforti antichi era scarso, percio le note del pianoforte si sarebbero quasi
estinte nel momento in cui il violino cambia la nota cruciale dello schema. Il
decadimento del suono sarà stato anche più rapido sugli strumenti suonati da
Mozart e Haydn, eppure è difficile immaginarli comn1ettere una violazione
così palese di una norma musicale galante. Per Beethoven le parti del piano-
forte e del violi11o erano ognuna singolarmente corrette; esse sen1plicen1ente
articolano lo spostamento al secondo evento della Quiescenza (0 ) in momenti
appena differenti.
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Es. 14.3 - Prima variante di Ponte dello studente
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Sono però cambiate due importanti caratteristiche. Una è la forma: le due metà
del Ponte ora si assomigliano, come indicato dalle due parentesi orizzontali.
L'altra è il ritmo arn1onico: è più lento, con intere battute deboli sulla tonica
al posto di tempi deboli sulla tonica. Inoltre, queste due modifiche permetto-
no a una voce interna di ripetere il ® come pedale interno, il che avvicina
molto il quarto Ponte dello studente allo schema detto F enaroli (vedi cap. r6).
Senza entrare ora nei dettagli del Fenaroli, l'effetto generale di tale schema è
quello di un'ascesa sequenziale, di solito in imitazione a canone. Lo studente
di Riepel sembra aver in mente queUa tradizione quando procede nel compor-
re il suo quinto e sesto Ponte.
Nel quinto Ponte la seconda metà della melodia è un'esatta trasposizione
della prima metà, il che consentirebbe di formare un canone tra le voci di
soprano e contralto. Di nuovo, nel trattato è fornita solo la melodia; le parti di
basso e contralto sono mie ricostruzioni di una tipica scrittura galante:
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te. Ossia, il @ deUa melodia a battuta 9 (letto in Do maggiore) porta al O di
battuta II, che implica decisamenrte un CD a battuta 13. n proseguimento dello
studente (es. 14.8) conferma quella implicazione e sale fino al do 6 un'ottava
sopra prima di scendere alla cadenza finale in Do maggiore del minuetto:
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14 .8 - Continuazione melodica della quinta variante di Ponte dello studente
14. Il Ponte 223
Il sesto Ponte dello studente, con la sua serie di tre note legate, ha un aspetto
piuttosto diverso dalle due varianti precedenti. Ciò nonostante è costruito
sullo stesso modello:
Il sesto Ponte conduce esattamente alla stessa continuazione e alla stessa ca-
denza mostrata prima per il quinto Ponte. Mentre, però, il quinto Ponte del-
lo studente aveva una sequenza ascendente di moduli di due battute, il sesto
ha una sequenza di n1oduli di una battuta. L'esplicito ritardo delle note lega--
te e l'ancora più ovvia e concreta sequenza ascendente suggeriscono una sor-
ta di stile musicale ecclesiastico.
Riepel, cotne autore, fa proporre al suo studente immaginario sempre
nuovi esempi di Ponte. Immaginando tali nuovi stili, è possibile che Riepel
avesse bisogno di pensare oltre lo stile cameristico dei suoi minuetti. Se alla
precedente melodia si aggiungono un basso simile a quelli utilizzati per il
quarto e il quinto Ponte, un esplicito pedale interno sul ® alla voce di teno-
re e una serie di ritardi 2-3 determinati da una voce di contralto ascendente
in sequenza (un passaggio corelliano a "salto della rana") , la risultante scrit-
tura a quattro parti non sarebbe fuori luogo in una messa o un mottetto di
un qualsiasi maestro di cappella galante (es. 14.10):
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14.13 - Nona variante di Ponte dello studente
14. Il Ponte 225
n pedale sul ® sottinteso al basso del prototipo (es. 14.2) potrebbe essere im-
piegato altrettanto bene per il nono Ponte, rafforzando ulteriormente la stretta
relazione dell'esempio con il modello del maestro.
Lo studente interviene poi dicendo di poter variare il precedente Ponte in
modo da concludere con una cadenza sospesa, ''a seconda che provochi piace-
n
re o dispiacere all'orecchio" .7 risultato è il suo decimo Ponte:
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Es. 14.15 - Undicesima variante di Ponte dello studente
TI dodicesimo Ponte dello studente inizia ancora più in alto, sul si5 , mantenen-
do gli echi di un Do-Re-Mi d'apertura, ma anticipa a battuta ro la Caduta del
@ Acuto e termina con un Prinner:
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A questo punto il maestro grida "Basta! ("Hore doch auf! ") .8 Lo studente, im-
passibile, si offre di scrivere alcuni cattivi esempi in modo da dimostrare la sua
abilità nel distinguere il buono dal cattivo. Prima compaiono cattivi Monti e
cattive Fonti, segue poi un cattivo Ponte. Gli esempi sembrano essere giudica-
ti principalmente in base alla ripetizione, a battuta 12, della cadenza in Sol che
concludeva la prima metà del minuetto, che secondo Riepel è un errore. Ecco
il 'cattivo' Ponte, il cui inizio è preso dal nono Ponte dello studente e la cui fi-
ne è presa dal primo:
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Es. 14.17 - li 'cattivo' Ponte dello studente
reggesse lo studente. Ho pensato che avrebbe detto allo studente: "Il tuo
esempio inizia nella tonalita d'impianto ma prosegue presentando una perfetta
Fonte". Riepel invece non interviene. Al contrario, all'allievo è permesso di
rinforzare la sua asserzione mostrando come i tre modelli cardinali del maestro
dovrebbero dare propriamente inizio alla seconda metà di un minuetto. Si no-
ti che, per un Ponte appropriato, lo studente ritorna all'ascesa del prototipo
attraverso le note della triade di dominante:
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Alle battute 10 e 11 questo Ponte ha in comune con molti esempi di "Fenaroli ''
dello studente un'alternanza tra accordi forti di dominante e accordi deboli di
tonica. Quegli esempi precedenti, però, non includevano un/a# melodico, e le
loro frasi, non esplicitamente in' Sol, al contrario erano forse (sul sol'. Sarebbe
228 La musica nello stile galante
a dire che essi iniziavano con un accordo sul sol in ciò che poi diventava velo-
cemente il contesto della tonalita di Do maggiore, mentre il nostro esempio
rinforza il senso della tonalità di Sol maggiore. Ci si domanda che cosa ne è
stato della funzione di 'ponte'.
In una successiva sezione sull'espansione delle frasi, lo studente ritorna an-
cora una volta quasi a una copia del prototipo del suo maestro come punto di
partenza:
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Riepel, purtroppo, non chiarisce come egli o i personaggi del suo dialogo in-
tendessero questo passaggio. Se non avesse inteso alcuna modulazione, allora
sarebbe in dubbio ancora una volta la funzione del Ponte come collegamento
tra tonalità.
Considerati in gruppo, i numerosi esempi del Ponte di Riepel sembrano
rappresentare due principi, a volte in conflitto l'uno con l'altro. Da una
parte, egli presenta l'idea astratta di un ponte che collega due tonalità. La
prima tonalita si ha appena prima la doppia barra (effettivamente presente o
sottintesa), e la seconda tonalità ritorna a un certo punto durante o immedia-
tamente dopo il Ponte. In questo senso il Ponte di per sé non possiede alcu-
na tonalità, o struttura, intrinseca e non ha necessariamente una struttura.
Che un dato Ponte si trovi nella o sulla dominante è una questione irrilevan-
te purché sia conservata la sua funzione di collegan1ento. D 'altra parte, la
grande maggioranza degli esempi di Ponte di Riepel accentua fortemente la
triade o l'accordo di settima di dominante della tonalità d'impianto, spesso
con un movimento ascendente. Ciò è vero in particolar modo nelle battute
iniziali.
Quando, nel trattato successivo della serie, Riepel inizia ricordando allo
10 _ _ , An/angsgrunde, cap. 2, p. 123: "Aus der Tonart C entlehnet".
23 O La must"ca nello sttle galante
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Due repertori
Adottiamoli dunque come campione statistico per la fine degli anni '30 del
secolo.
TI primo minuetto si apre nella tonalità di Do maggiore, poi modula a Sol
maggiore giungendovi a battuta 8, esattamente come nel modello di minuetto
di Riepel. A battuta 9, dopo la doppia barra, Wodiczka inserisce una chiara
Fonte di quattro battute:
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Si noti che questo Monte, con i due centri tonali temporanei su Do maggiore
e Re maggiore, sta evidenziando il IV e V grado della tonalità d'impianto Sol
maggiore, e non di quella immediatamente precedente, il Re.
23 2 La musica nello stile galante
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Wodiczka, op. I, n. 3, mov. 3, Menuetto II (I739)
I due centri tonali, prima minore poi maggiore, della Fonte sono in relazione
con la 'seconda' tonalità di Sol maggiore, non con quella d'impianto di Mi
minore; o come direbbe lo studente di Riepel, la Fonte è "presa in prestito"
dal modo maggiore. t-
Nella quinta sonata di Wodiczka, un minuetto comincia in La 1naggiore e
poi modula a Mi maggiore giungendovi a battuta 8. A battuta 9, dopo la dop-
pia barra, Wodiczka inserisce una chiara Fonte di quattro battute che ritorna
a La maggiore:
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La melodia dell'esempio 14.31 comincia facendo sentire tutte le note della triade
di dominante, presenta due battute con un'armonia principalmente di domi-
nante seguite da due battute con un'armonia principalmente di tonica, e forma
un ponte tra la tonalita precedente di Do maggiore e la successiva tonalità d 'im-
pianto di Fa maggiore. Benché vi sia un po' di distanza dal prototipo di Riepel,
questo Ponte sembrerebbe attenersi alle prescrizioni generali di Riepel; perciò
le scelte operate da Wodiczka confermano l'utilità del 'triplice esempio' di Rie-
pel. Inoltre, l'uso che ne fa Wodiczka fornisce una statistica generale accettabile
della relativa frequenza di questi schemi in quel particolare contesto: vi sono tre
Fonti, un Monte e un Ponte. Le frasi di W odiczka confermano anche la regola
di Riepel per cui un Monte, una Fonte o un Ponte, in un movimento in modo
minore che tnodula al relativo maggiore prima della doppia barra, debbano fa-
re riferimento al centro tonale della tonalità relativa maggiore. Ciò è in contra-
sto con quanto accade nei movimenti in modo maggiore, dove questi schemi si
riferiscono al centro tonale d 'impianto del movimento. Nella musica galante, il
modo 'maggiore' divenne la norma e il punto di riferin1ento.
Per valutare la situazione nella seconda metà del diciottesimo secolo dovrem-
ll10 forse prendere in considerazione la produzione di un compositore più ma-
turo e cosn1opolita. In una lettera al barone d'Hern1enches, Isabelle de Charriè-
re domandava al suo segreto corrispondente maschile di procurarle un po' di
musjca: "Ciò che amo specialmente sono i raffinati trii e quartetti nello stile di
Campioni e Pugnani" .12 Perfino oggi questi lavori possono essere difficili da
trovare. Gaetano Pugnani (1731-1798) però, importante allievo di Somis che di-
venne famoso sia a Parigi sia a Londra scrisse in effetti una serie di sonate per
violino tra la fine degli anni '6o e i primi anni '7o del secolo che sono state ri-
stan1pate· esse contengono un certo numero di movimenti che hanno forma e
stile di minuetto (anche se intitolati Amoroso o Andante esprezzo).
12 Charrière, I. de, Une Liaison dangereuse: Correspondance avec Constant d'Hermenches)
1760-1776, a cura di Isabelle Vissière eJean-Louis Vissière, Éditions de la Différence, P aris
1991, dalia lettera del 9-10 luglio 1764: ''Ce que j'aime surtout ce sont les beaux trios ou quar-
tetti dans le gout de Campioni et de Pugnani,.
234 La musica nello sttle galante
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Es. 14.32- Pugnani, op. 8, n. 2, mov. 3, Amoroso (Amsterdam, c. 1771-74)
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Es. 14.34- Pugnani, op. 8, n . 4, mov. 3, Amoroso (c. 1771-74)
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Es. 14.35 - Pugnani, op. 8, n . 5, mov. 3, Andante esprezzo (c. 1771-74)
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Es. 14.36- Pugnani, op. 8, n . 6, mov. 3, A1noroso (c. 1771-74)
23 6 La musica nello stile galante
In questo piccolo repertorio Pugnani non impiega il Monte. In effetti, verso gli
anni '70 del secolo il Monte iniziava a mostrare la sua età, con Riepel e altri che
ne citavano il soprannome forse peggiorativo di (( toppa del calzolaio " (Schu-
ster/leck).14 Pugnani, però, impiega la Fonte nelle sue n1aniere più colorite e
impiega anche il Ponte, almeno una volta. Tuttavia, che si possano o no consi-
derare considerare i Prinner modulanti di Pugnani come Ponti dipende da co-
me si interpreta Riepel. Se si preferisce la nozione di Riepel più astratta di un
ponte, allora questi Prinner hanno effettivamente funzione di ponti tra le tona-
lità; se si preferisce considerare il prototipo di Riepel come la sua vera inten-
zione, allora un Prinner è solo un Prinner e non un Ponte.
Ho deciso di inserire un gran numero di esempi del Ponte non tanto per la
sua importanza intrinseca -normalmente esso ha un ruolo sussidiario - ma
perché mette in luce, nel discorso di Riepel, l incongruenza tra considerare una
frase in termini di ciò che fa, o considerarla in tern1ini di ciò che è, quale che
sia la sua definizione. Come osservavo prima, Riepel- come altri teorici del di-
ciottesimo secolo- aveva difficoltà a concepire le frasi come composte da altri
moduli. Preferiva, poniamo, descrivere una frase come un unico Ponte piutto-
sto che come ((un'ascesa melodica sulle note della triade di dominante seguita
da un riferimento al Fenaroli, e una conclusione con una cadenza alla tonica
tramite una Caduta del @ Acuto". Ciò nonostante, gli esempi di W odiczka e
Pugnani mostrano che, per gran parte del diciottesimo secolo, il triplice esem-
pio di Monte, Fonte e Ponte fornito da Riepel era molto adatto a descrivere la
prassi generale all'interno di uno specifico contesto musicale. Poiché le espe-
rienze di Riepel si concentrarono nella prima parte del diciottesimo secolo,
non sorprende che questi schemi- la sua astrazione di quelle esperienze -si
adattino in qualche modo meglio al precedente Wodiczka che al successivo
Pugnani. Se per il Monte e la Fonte funzione e struttura sono strettamente uni-
te, il Ponte, così come viene descritto dalle voci del maestro e dell' allievo im-
maginari di Riepel, mostra che diverse strutture possono ricoprire lo stesso
ruolo. In linea con lo spirito che informa questo libro io darò la preferenza al-
la struttura, definendo come 'Ponte' quelle frasi che hanno in evidenza un pe-
dale di dominante e le note della triade o dell'accordo di settima di don1inan-
te. Eppure, come vedremo nel prossimo capitolo, in cui Galuppi introduce un
Ponte di tonica, l'accento sulla struttura può a volte semplificare troppo la
14 William Drabkin definisce lo "Schusterfleck" e il suo equivalente italiano, la ((Rosalia",
come '' un nome dispregiativo, preso da un'antica canzone popolare italiana, Rosalia) mia ca-
ra , p er indicare l'identica ripetizione di una melodia un tono sopra, spesso con trasposizio-
ne". Vedi "Rosalia" in The New Grave Dictionary o/ M usic and Musicians, 2 a ed ., a cura di
Stanley adie e J ohn T yrrell, Macmillan , London 2001, vol. 2 1, pp. 681-2. Thomas Chris-
tensen ha fatto notare ch e H. F. M. Langlé (I?4J-I8o?), scrivendo il suo T1'aité de la basse sous
le chant, précédé de toutes les règles de la compositz'on (Madennan, P aris 1799), cita la rosalie
come una musica caratteristica italiana (p. 214). Al posto del movimento ton ale IV-V del
Monte) la Rosalia è caratterizzata da un movin1ento I-II maggiore-minore nelle frasi parallele
iniziali di un tema.
14. Il Ponte 23 7
rende molto lungo all'ascolto anche senza la ripetizione di ogni metà, benché
l'ordine degli schemi sia conforme a quello che si può trovare in un brano bi-
partito. Se si dovesse ripetere ogni metà, la doppia barra andrebbe posta in
prossitnità di battuta 31. li disegno tonale de} ll10Vimento e abbastanza flessibile
e a1lineato con l'antica prassi di toccare la maggior parte dei "tuoni" di un esa-
cordo. Per questa ragione, nella terza colonna della tabella si troveranno i nomi
di tutte e sei le note dell'esacordo di sib: sz'b, do, re, mz'b, fa e sol.
Anche se nel suo insieme questo movimento contiene i più comuni schemi
dello stile galante presentati quasi in modo prototipico, alcuni passaggi sono
,, cuciti su misura ". n fatto che io non abbia posto parentesi o etichette sopra
una battuta o due non significa che quel passaggio sia di valore inferiore; signi-
fica solamente che per una o due battute Galuppi è andato oltre i tipi piu sem-
240 La musica nello stile galante
2 Galu.ppi, B., Concerti a quattro 4 due violint~ viola e basso obbligati, Straclivarius, Milano
1993, STR 33316, registrato dal Quartetto Aglàia il 18 maggio, il 24-25 maggio e il 6 giugno I993
presso la Chiesa di S. Maria del Popolo, Vigevano.
15. Un Grave sostenuto di Baldassare Galuppi 241
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voci estreme si combinano in un modello che si era affermato come uno sche-
ma molto conosciuto. La scala ascendente CV -CD -@-@ al basso è una caratteri-
stica fondamentale, ma anche la discesa 0-0 -~-0-8-0 della melodia è impor-
tante come controcanto. Degni di nota sono anche (r) il senso d'inseguimento
tra le voci, garantito dal canone, e (2) l' àncora fornita dalla ripetizione del ®.
L'importanza di Durante come fonte della tradizione galante nasce in parte
dai suoi lavori sacri ammirati ovunque, in parte dai suoi molti partimenti, e in
parte dali' enorme reputazione di didatta del suo allievo F edele F enaroli (1730-
r818) . Fenaroli scrisse la famosa raccolta di partimenti che, circa dopo il 1790,
fu impiegata da generazioni di musicisti italiani e francesi. Ancora nel 1871, i
partimenti di Fenaroli ricevevano l'apprezzamento di un personaggio della sta-
tura di Giuseppe Verdi. 3 In tal modo Fenaroli ha rappresentato un ponte tra
il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, consegnando ai posteri il repertorio
napoletano di schemi galanti. In omaggio al suo ruolo nell'insegnamento e
nella trasmissione di questa importante tradizione, chiameremo lo schema di
cui sopra 'Fenaroli'.
TI numero ventotto dei cinquantasette Partimenti numerati di Durante si
apre con una duplice presentazione di questo Fenaroli (es. 16.2). Il pentagram-
ma inferiore mostra il partitnento di Durante e il pentagramma superiore, con
note più piccole, mostra la mia realizzazione. La ripetizione del ® dell' esem-
pio r6.r e sostituita nell'esempio r6.2 da un pedale al soprano (/a 5 ). Il contro-
canto di Durante dell'esen1pio 16.r è sostituito da un controcanto a canone che
segue il basso a distanza di due note:
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Es. r6.2- Durante, Partz'menti numerati, n . 28,
batt. 1 (Napoli, c. 1730-50)
dalle semicrome che si alternano tra i registri di tenore e contralto. n salto di-
scendente dal @ al 0 -8} è la sempre apprezzata Caduta del @ Acuto.
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4 Un 'introduzione alla regola d ell 'ottava si trova nell'appendice n. P er una trattazione sto-
rica vedi Christensen, T., "The R ègle de l'Octave in Thorough -Bass Theory and Practice'',
in Acta Musicologica, n. 63, 1991, pp. 91-Ir7 .
5 Vecli Karnien , R,., ((StyJe Chan ge in the Mid-r8th-Century Keyboard Sonata ,, rn]ournal
o/ the American Musicological Society, n. 19, 1966, pp. 37-58, e The Opening Sonata-Allegro
Movcments in a Rando1nly Selected Sarnple o/ Solo Keyboard Sonatas Published in the Y ears
1742-1744 (Inclusive), 2 voli. , tesi di dottorato , Princeton University, 1964.
16.11 Fenaroli 249
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Es. r6.4- Fenaroli, Partimenti, libro 2, n. 12 (c. 177o-8o?)
Come avrebbe indovinato Riepel, la seconda metà del movimento inizia con
una Fonte, seguita da un Monte a battuta 17 che sale fino al tono d'impianto
di Mi minore. A battuta 20 comincia il primo dei due Fenaroli in Mi minore.
Questi conducono alla cadenza e al mz~ finale di battuta 25, concludendo così
la seconda metà del movimento. Nella teoria ottocentesca della forma-sonata,
il Fenaroli sarebbe il (secondo tema', che con1pare dapprima nel (tono subor-
dinato' e poi è trasposto nel tono d'impianto. Ciò che Joel Lester ha descritto
come la qualità ciclica dei (secondi temi' ,6 con la loro regolare alternanza tra
accordi di tonica e dominante, è forse dovuta, almeno in parte, all'eredità
lasciata dai molti Fenaroli impiegati in tale posizione.
6 Lester, J., The Rhythms o/ Tona! Must'c, Southern illinois University Press, Carbondale
1986, pp. 229 sgg.
250 La musica nello stile galante
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La reputazione di Fenaroli come didatta era consacrata dal successo dei suoi
16. Il Fenaroli 251
allievi, tra cui Domenico Cimarosa e Niccolò Zingarelli, citato nel capitolo 3
come maestro di Isabelle de Charrière e di Bellini. Cimarosa lavorò in ambien-
ti illustri; compose per alti dignitari di corte molti piccoli pezzi per tastiera che
sono realizzazioni quasi ideali degli schemi tratteggiati nei partimenti di Du-
rante e Fenaroli. Cimarosa setnbra aver preferito porre il controcanto discen-
dente di Durante al basso quando usava lo schema del Fenaroli:
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Es. 16.7 - Cimarosa, Sonata c 24 (c. 1780-90)
Si noti la doppia presentazione del Fenaroli, le prime due volte in minore e poi
252 La musica nello stile galante
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Es. 16.9 - Cimarosa, Sonata c 31, Allegro (c. 1780-90)
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Es. r6.ro - Cimarosa, Sonata c 57, Allegro (c. 1780-90)
16. Il Fenaroli 25 3
Giovanni Paisiello studiò con Durante nel 1755, l'anno prima della morte del
maestro. Molti anni dopo, durante la sua permanenza alla corte di Caterina n
di Russia, Paisiello pubblicò una raccolta di partimenti (1782) dedicati alla
futura zarina Maria Fedorovna, all'epoca Granduchessa di tutte le Russie.7
L 'esempio r6.rr è un ampio estratto dalla parte centrale di uno dei partimenti
più avanzati di Paisiello. Esso presenta il Fenaroli sei volte di seguito: le prime
tre in una serie di terze discendenti e le ultime tre in una serie di quinte discen-
denti. Ho contrassegnato la probabile entrata di ognuno dei sei Fenaroli e ho
indicato i gradi della scala rilevanti. Fatti salvi un "#4" e "Imitazione" a battu-
ta 26, il partimento originale era privo di numerazione o indicazioni:
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mente il pedale del ®. Con questi indizi, e una conoscenza dello schema del Fe-
naroli, diventa possibile una realizzazione a tre voci del partimento:
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per il pedale e il controcanto di ogni F enaroli. Vale la pena notare il modo ele-
gante in cui Paisiello riesce a incorporare tanto il controcanto di Durante
quanto un canone in ogni esposizione dei sei F enaroli.
Paisiello sem.bra essere stato più a suo agio di Cimarosa nel lasciare il basso
del Fenaroli alla voce del basso. Una delle ipotesi circa le differenze tecniche
tra durantisti e leisti riguarda il fatto se si debba o no trattare l'intervallo di
quarta sopra il secondo grado della scala come una consonanza. 8 Nella tonali-
tà di Do maggiore, ciò significa consentire un sol sopra un re al basso, come
quando ad esempio i continuisti aggiungevano liberamente un sol a un accor-
do semplice di terza e sesta sopra il @. Per lo schema del Fenaroli questo tipo
di quarta si puo trovare al terzo stadio se al basso compare il@ mentre in una
voce interna o superiore compare il pedale del®. Forse un compositore come
Cimarosa rappresentava una fazione che preferiva evitare l'intervallo di quarta
spostando il 'basso' nel registro di tenore, mentre Paisiello rappresentava l'al-
tra fazione sentendosi libero di trattare tale quarta come un tipo di consonan-
za. L'idea che queste due preferenze potessero non dipendere solo dal maestro
con cui si aveva studiato potrebbe aiutare a spiegare perché si siano rivelati
difficili i tentativi di collegare diverse tradizioni scolastiche a diversi stili. Con-
frontare due prassi diverse nell'ambito di un solo schema può aiutare a mettere
in risalto le differenze tra due stili che, a distanza di due secoli e mezzo, appa-
iono molto simili tra loro. Come la settecentesca descrizione di Jonathan Swift
dello <scisma' tra lillipuziani e blefuschiani in merito all'etichetta da mantenere
a tavola,9 le distinzioni tecniche tra le supposte prassi durantista e leista posso-
no ridursi a poche piccolezze. Eppure, le piccole cose contano. Quando Rie-
pel, scrivendo nella città bavarese di Ratisbona, volle fare il punto su un uso
accettabile della quarta, un uso consacrato da ''diversi famosi maestri", presen-
tò un Fenaroli canonico (ripetuto) e contrassegnò con una croce di Malta pro-
prio quell'intervallo che fa parte di ciò che i testi di armonia chiamano una
"quarta e sesta di passaggio": lO
o
l
ffi
Per un durantista come per un leista, o anche per qualsiasi musicista galante
lontanissimo dalla scena italiana, uno schen1a come il Fenaroli era talmente
diffuso e stranoto che ognuna delle sue voci estreme poteva fungere da richia-
mo per l'altra. In uno dei molti esercizi compositivi scritti nello zibaldone per
la sua allieva Barbara Ployer, Mozart fornisce il seguente segnale melodico:
6 , ~
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:J
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t-
:J (Y :J
~ ..
~
La Ployer, che era una degli allievi più dotati di Mozart, sembra aver ricono-
sciuto una comune variante del basso del Fenaroli, 0 -CD -0 -® , n elle prime
quattro minime del suo compito. n suo svolgimento consiste nell'aggiunta di
un impeccabile controcanto alla Durante che conduce fluidamente a una ca-
denza Convergente:
1)
~--- CONVERGENTE--
- - - - FENA R LI-- ---- 8 0 8
® @
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r- :J
nel registro grave, (2) il controcanto di Durante eseguito dal violoncello nel re-
gistro acuto (per chiarezza grafica è stato scritto un'ottava sopra quella reale) e
(3) una vivace parte interna in staccato, eseguita dal primo violino, che fornisce
tanto il pedale sul ® quanto la figura ad accordi spezzati o tren1olo ti piea del
Fenaroli. Abbiamo già incontrato lo schema del Fenaroli inserito all'interno di
una Fonte nell'esempio r6.8 di Cimarosa: lo stesso Fenaroli insegnava questa
con1binazione di schemi (cfr. es. r6.6), e la stessa combinazione si ritrova nella
famosa opera La buona figliuola (r76o) dell'allievo prediletto di Durante, Nic-
colò Piccin.ni (r728-r8oo) (vedi es. 25.9). La prassi di Mozart è dunque quasi in-
distinguibile da quella dei più noti rappresentanti dei conservatori napoletani.
Riguardo alla piccola tna decisiva questione su come trattare la quarta sopra il
@-considerata la discriminante tra durantisti e leisti- Mozart evita destra-
mente il problen1a sostituendo @ con 0.
Non è mai stato difficile immaginare Mozart- che firmava i suoi primi la-
vori come ((Signore Wolfgango Mozart", che indossava con orgoglio l'onorifi-
cenza pontificia di ((Cavaliere dello Speron d 'Oro ", che era membro dell'Ac-
cademia Filarmonica di Bologna e che eccelleva tanto nell'opera seria quanto
nell'opera buffa- come un compositore della (scuola italiana' . Lo stesso non
può dirsi di Beethoven. Generazioni di biografi lo hanno dipinto come il mu-
sicista tedesco per antonomasia, tanto che le sue profonde radici nello stile
galante italiano sono state facilmente trascurate. Una descrizione, anche som-
n1aria, del suo complesso sviluppo come compositore andrebbe ben oltre lo
scopo di questo libro. Forse però un esempio da una delle pritne sonate per
pianoforte può dare l'idea di come egli avesse fedelmente assorbito le tradi-
zioni degli schemi galanti, benché le dilatasse e le rendesse drammatiche in
modi inaspettati.
Prima di guardare l'esempio proviamo a immaginare le opzioni che un com-
positore galante avrebbe potuto prendere in considerazione per una transizio-
ne al 'secondo tono' di un adagio in modo maggiore. Se il movimento doveva
essere di ampio respiro, una modulazione diretta tramite un Prinner modulan-
te sarebbe stata troppo repentina. Si sarebbe potuta approntare, invece, una
digressione per mezzo di una Fonte. Dopodiché una cadenza alla dominante
della nuova tonalità avrebbe potuto essere rimandata e fatta desiderare per
mezzo di un Ponte. Infine, per il 'secondo tema', due esposizioni del Fenaroli
sarebbero bastate se concepìte in modo sufficientemente ampio da controbi-
lanciare un ampio primo tema. La seconda esposizione avrebbe poi potuto
avere le solite aggiunte di abbellimenti melodici. Il nostro commento descrive
in effetti il movimento lento della sonata per pianoforte op. ro n. 1 di Beetho-
ven (vedi es. 16.17). Per come viene eseguita comunemente oggi l'esempio du-
ra quasi un minuto intero, con circa sette o otto secondi tra gli stadi della Fon-
te (avvicinandosi ai limiti fisiologici della memoria a breve termine). Si potreb-
bero quasi immaginare i personaggi della commedia dell'arte rallentati al pun-
to di diventare statue viventi.
16. Il Fenaroli 259
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Es. I6.I7- Beethoven, op. IO, n. I, mov. 2, Molto adagio (Vienna, c. 1795-97)
una parte significativa del loro bagaglio culturale. Le prassi galanti rimasero in
vita per parecchio tempo in Italia, Francia ed Europa dell'est (nel Settecento i
maestri italiani erano stati invitati a San Pietroburgo e altre capitali orientali, e
la carriera dei loro allievi arrivava fino a Ottocento inoltrato). Nell'opera domi-
navano la scena i compositori che avevano studiato i partimenti, come Bellini,
Donizetti, Rossini e Spontini. La loro influenza sullo stile melodico di un per-
sonaggio come Fryderyk Chopin (r8Io-1849) era lampante all'epoca. Franz
Liszt (o la sua consorte, la principessa Caroline von Sayn-Wittgenstein), com-
mentando le fonti operistiche delle melodie altamente decorative di Chopin,
scrisse che "egli diede a questo genere di ornamento, nato soltanto nelle 'fio-
riture' dell'antica e venerata scuola di canto italiano, un i1nprevisto e una varie-
tà che superavano la capacità della voce umana, fino allora servilmente copia-
ta dal pianoforte in abbellimenti stereotipati e monotoni" .13 L'impiego della
parola 'stereotipato' da parte di Liszt è caratteristico di un retorico disprezzo
romantico per i formalismi del passato. Eppure si consideri quest'esempio dal-
l' arciromantico Scherzo n. 2 di Chopin (es. 16.18, nella pagina a fronte).
E chiaro che i compromessi e gli adattamenti della generazione di Liszt nei
confronti della tradizione galante potevano essere più stretti di quanto possa
suggerire la loro retorica. L'esempio seguente dal secondo Scherzo di Chopin
presenta il Fenaroli galante fin nel più piccolo dettaglio. Vi troviamo il canone
tra basso e tenore (0-CD -@-@), elementi del controcanto di Durante al sopra-
no (0 -0 -fD), un articolato pedale del ® al contralto e la doppia esposizione
così caratteristiche di questo schema. Esposto prima nella tonalità di Do#
minore, lo schema poi si sposta a Fa# minore per una seconda doppia esposi-
zione. L'effetto appassionato di questo intero passaggio è interamente roman-
tico; lo schema su cui è costruito, a ogni modo, è senza dubbio galante.
13 Liszt, F., Vita di Chopin, trad. it. di M. Tibaldi Chiesa, Passigli, Firenze 2010, pp. 37-8
[con piccole modifiche]; l'edizione originale fu pubblicata a Parigi nel r852.
16. Il Fenaroli 261
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Per dimensioni e proporzioni l'Allegro dal sesto quintetto per archi di Ditter-
sdorf supera di gran lunga i movimenti presentati nei capitoli precedenti. Ci
sono più note nelle sue prime otto battute che in tutto il n1inuetto di Somis nel
capitolo 5· Eppure la scrittura di Dittersdorf è ancora profondamente ancora-
ta allo stile galante italiano; era la sua 'lingua madre' , appresa da quando aveva
circa dodici anni da Giuseppe Bonno (r?II-1788), che era stato inviato da Carlo
vr a Napoli per studiare con Durante e Leo. Così Dittersdorf, come Haydn,
era un prodotto diretto di ciò che i francesi finirono per chiamare l'école d'Ita-
lie, 1 la scuola italiana.
Nel movimento iniziale di questo quintetto, Dittersdorf sceglie tutti i più
comuni schemi galanti. TI primo gruppo di temi è composto di Do-Re-Mi
seguito da una risposta di Prinner (vedi la lista seguente). Una Fonte poi si
allontana dalla tonalità originale di Sol maggiore e conduce alla nuova tonali-
tà di Re maggiore. A questo punto un an1pio Fenaroli contribuisce a montare
la tensione per arrivare alla cadenza principale. Fin qui, chiunque abbia fami-
liarità con lo stile galante dovrebbe sentirsi pienamente a casa. E dopo questa
cadenza principale, dove la tradizione galante individuerebbe il completamen-
to della prima metà del movimento, che Dittersdorf modifica leggermente il
suo stile. Ho indicato questa nuova sezione come 'coda' (batt. 31 -46), usando
una terminologia ottocentesca solo per denotare ''qualcosa di aggiunto alla
fine ". Potrei anche osservare che la prominenza melodica del primo violoncel-
lo in questa coda può aver a che fare, piu che con l'arte della composizione,
con l'arte eli Dittersdorf di accattivarsi il favore a corte. La parte del primo vio-
loncello era probabiln1ente destinata a un regale appassionato di violoncello, il
re Federico Guglielmo II di Prussia (regnante dal 1786 al 1797). Considerato
che Dittersdorf si recò alla corte del re nel 1789 con la speranza (delusa) di tro-
vare impiego, omaggiare il nuovo re con musica che incontrasse i suoi gusti e
i suoi interessi particolari era solo un fatto pragmatico.
Dittersdorf scrisse questa coda con una linea di basso che sembra racchiu-
sa in una lunga serie di alternanze tra note di tonica e di dominante. La m.elo-
dla ripete la sua frase iniziale quattro volte, con le cellule 0 -~ e @-0 a dlstin-
1 Titoli come i Principes de conzposùion des écoles d'ltalie, Paris 1808, di Choron e il suo
precedente Principes d'accompagnement des écoles d'ltalz'e, Paris 1804 , contribuirono a ren-
dere "la scuola italiana " un tern1ine con1une.
17. Un Allegro di C. D. von Dittersdor/ 263
2 Vedi Dudeque, N . E., "Musìc Theory and Analysis in the Wr.itin gs of Amold Schoen-
berg (1874-1951)", tesi di dottorato, Università di Reading, 2002, sez. 4.3.1.
264 La musica nello stile galante
A battuta 96, dopo il ritorno del tema principale nella tonalità d'impianto, Dit-
tersdorf fa seguire a una cadenza Grande nella tonalità della tonica di Sol mag-
giore la stessa cadenza in Do maggiore (l'asterisco nella tabella precedente) . An-
che gli specialisti di musica del diciottesimo secolo avevano già da tempo osser-
vato questa prassi,-3 che desta ancora sorpresa in studiosi e in osservatori occa-
sionali. In questo movimento, come in molti altri, la modulazione alla sottodo-
minante ha uno scopo decisamente pratico. Se ci si sposta cinque gradi sotto la
tonica, si può semplicemente copiare dalla prima metà del movimento r analo-
go passaggio successivo. I passaggi che nella prima metà del n1ovimento modu-
lavano alla quinta superiore, dalla tonica alla dominante, ora moduleranno dalla
sottodominante alla tonica. Spostarsi alla sottodominante ovvia in questo modo
alla necessità di ricomporre il precedente materiale. compositore poteva spo- n
starsi alla sottodominante e poi lasciare al copista il compito di finire il resto del
movimento tramite una semplice trasposizione.
Come già detto, il Prinner di Dittersdorf alle battute 11-14 (vedi es. 17.2) fun-
ziona come una tradizionale risposta ai Do-Re-Mi iniziali. Dittersdorf, però,
stava di,m ostrando qualcosa di più che un semplice modo di disporre il Prin-
ner: stava anche presentando una versione napoletana particolarmente ricca e
complessa del Prinner in cui figurano (r) una catena di ritardi 2-3 tra voci eli so-
prano e contralto e (2) uno speciale basso che sostiene delle progressioni 6/ 5-
5/3. Debitamente trasposta, la versione di Dittersdorf è una copia fedele di un
esercizio eli duetto vocale che Porpora aveva scritto per i suoi allievi a N a poli
circa sessant'anni prima (es. 17.1). n maestro di Dittersdorf, Bonno, aveva egli
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Es. 17.1- Porpora, Sol/eggi, n. r8, Allegro moderato (Napoli, c. 1730-40)
stesso studiato canto a Napoli alla fine degli anni '20, e avrebbe potuto cono-
scere i solfeggi di Porpora. A prescindere dell'esistenza di un collegamento
tanto diretto, è comunque chiaro che questo intricato modello fu esplicitamen-
te insegnato, trasmesso e riprodotto tante volte e da tanti musicisti (cfr. es. 6.5
di Leclair). Esan1ineremo una variante ancora piu complessa del modello di
Porpora nel capitolo 30, in cui la discussione si concentrerà sul suo uso da par-
te di Leo, Pergolesi, J. C. Bach, Haydn e Mozart.
3 Vedi, ad esen1pio, Hill, G. R., "The Concert Symphonies of Florian Leopold
Gassmann,, tesi di dottorato, New York University, 1975.
17. Un Allegro di C. D. von Dittersdor/ 265
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Es. r8, r-2- Galuppi, Con/itebor tibi Domine, mov. I , (c. I740-50)
1 Citato
nelle note alla registrazione Galuppi: Motets l Con/itebor l Arripe alpestri ad val-
lem, eseguito da G érard Lesoe, Véronique Gens, Peter Harvey e Il Seminario n1usicale,
Virgin Veritas 45030.
274 La musica nello stzle galante
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I tre numeri dei gradi della scala disposti a triangolo alla battuta 108 del
brano di Salieri vogliono mettere in evidenza la sovrapposizione di contesti
diversi che influiscono sul sz~ . Nello spirito del 'comune solfeggio italiano' di
Tartini, tale nota sarebbe un B-la-mi-re: la in relazione alla tonalità generale
di Re maggiore, mi in relazione al centro di Sol maggiore appena raggiunto
dalla prima parte del Monte e re o 8 Acuto in relazione all'imminente cen-
tro di La maggiore della seconda parte del Monte. Poiché la linea del basso
alle battute 105-11 forma una linea cromatica ascendente- /a# 3 , sol3 , sol#3 , la3
-il si5 a battuta 108 funge non solo da 8 Acuto per spostarsi al successivo
accordo di dominante (La maggiore) , ma anche come 0 Acuto di una caden-
za Convergente. La prassi di Salieri è tipica di una crescente riluttanza degli
anni '70 e '8o del secolo a scrivere dei Monti del tutto regolari e prevedibili.
Come già detto, l'uso sempre più frequente del termine Schusterfleck (in ita-
liano, ''Rosalia" )3 per indicare tali sequenze è un altro segno del declino del
Monte.
Alla fine dell'Ottocento, i fondatori delle moderne olimpiadi formularo-
no un motto - citius, altius, /ortius (in latino, "più veloce, più in alto, più
forte ") - che quasi incapsula una nozione romantica di eccellenza. Gli
esperti di musica galante non erano in.d ifferenti al fascino di esecuzioni
ostentatamente veloci e appariscenti, e il pubblico borghese le trovava irre-
sistibili. In effetti, la. velocità e lo slancio del passaggio di Salieri preannun-
ciano molte tendenze che giunsero a dominare la musica nei decenni succes-
sivi alla Rivoluzione Francese. Per una corte settecentesca dell' ancien régi-
me, però, l'eccellenza in musica voleva dire qualcosa di più; spesso voleva
dire 'finezza', un tratto tenuto in grande considerazione dalla società gal an-
te. La finezza poteva essere dimostrata musicalmente attraverso eleganti
dettagli piuttosto che attraverso la m era velocità, l'estensione del registro o
la dinamica.
La decorazione cromatica era uno dei più scontati segnali musicali di finez-
za. Come già osservato nel capitolo 8, il personaggio riepeliano dello studente
aveva detto che la seguente melodia "sembra una Fonte ordinaria": 4
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3 Drabkin~ W ., "Rosalia", in The New Grave Dictionary o/ Musz'c and Musicians 2 a ed., a
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cura di Stanley Saclie e John Tyrrell, Macmillan, London 2 0 0 1, vol. 21 ) pp. 6 81-2.
4 Riepel, J., An/angsgrunde zur musz·calischen Setzkunst: Sà'mtliche Schrz/ten zur Musz'ktheo-
rz'e, a cura di Thotnas E mmerig, 2 voll. , Bohlau, Wien 1996, cap. 4, p. 29: "Sieht aus, wie ein
alitagli ehes Fonte".
18. Il Sol-Fa-Mi 279
Il personaggio del n1aestro non gli dà ragione né torto, ma fa notare che '' alcu-
ni com posi tori la abbelliscono in questo modo" :5
Riepel sembra riconoscere, senza descriverlo come tale, il nesso tra le versioni
diatonica e cromatica della Fonte e del Sol-Fa-Mi, le quali hanno tutte in
comune una melodia centrale generale 0 -0 ... 0 - ~ .
n tipo di ornamentazione suggerito da Riepel può vedersi chiaramente nei
due seguenti Sol-Fa-Mi di Leduc. Le prime quattro battute presentano il tema
diatonico di Leduc, un Sol-Fa-Mi diviso in due; dopo un interludio di qu attro
battute (non riportato), il ten1a torna poi con l'aggiunta di un' ornamentazione
cromatica e un carattere leggermente diverso, avendo perso le sue giocose
'note sfuggite' a ottavi (cfr. batt. 47, 49):
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Appena pochi anni dopo, in uno dei suoi movimenti intitolati Amoroso (si pre-
sw11e che una musica caratterizzata da un 'affetto' del genere debba esibire
5 _ _, Anfangsgrunde, cap. 4, p . 29: "Zieren ihn einige Componisten auf diese Art".
280 La musica nello stile galante
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Giovanni Battista Viotti (1755-1824), l'allievo piu famoso di Pugnani (che a sua
volta fu allievo di Somis), spesso esprimeva finezza attraverso appoggiature
cromatiche inferiori di una nota dell'accordo. Tali note e le dissonanze diato-
niche similmente aspre sono contrassegnate con una stella nell'esempio r8.r2,
preso da una delle sonate per violino e basso continuo di Viotti. Egli impiega
abbondantemente r abbellimento cromatico nella prima cadenza, la quale è un
adattamento relativamente abbreviato della cadenza Grande. Poi inserisce la
Fonte e ritorna a una cadenza Do-Re-Mi più ampia e conclusiva, che evita in
gran parte il cromatismo favorendo rapidi passaggi scalari. La Fonte di Viotti,
che a sua volta può essere considerata come una variante cromatica del suo
Sol-Fa-Mi, presenta una melodia tma terza sopra il normale e generale 0 -0 ...
0-~, incoraggiando in tal modo le sonorità degli accordi dissonanti di settima,
piu salienti per espressivita, nel primo e nel terzo stadio dello schema (ogni
metà della sua Fonte cornbacia con la variante della Virgola di Jommelli; cfr.
es. 11.34). Questo estratto melodico, benché non si avventuri oltre la prima po-
sizione sulla prima corda del violino, rappresenta l' apice dell'espressività nella
tarda musica strumentale galante.
18. Il Sol-Fa-Mi 281
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CADENZA
Es. 18.12- Viotti, op. 4, n. r, mov. 3, Adagio (c. 1785)
Si trovano anche molti esempi di Sol-Fa-Mi in minore. Quasi sempre le modifi-
che allo schema di base erano minime, anche se al secondo stadio compare una
triade dissonante (poniamo, in La minore, st', re,/a). Anzi, si preferiva un tipo di
Sol-Fa-Mi in minore con al secondo stadio una dissonanza persino più aspra: un
accordo 6/ ~2 e il risultante ritardo 2-3. Un esempio è nella sezione 'minore' di
un minuetto di Gaviniés (vedi es. I8.I3). n basso tiene l'CD per i primi due stadi
dello schema, poi risolve scendendo al (j) nel terzo stadio. Si noti il salto carico
di tensione al @ Acuto nella seconda battuta, dopo le sincopi agitate della prima
battuta. Benché l'effetto sia abbastanza diverso nel modo minore, le sincopi in
Gaviniés sono quasi esattamente le stesse che in Boccherini (dr. es. r8.5) .
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Es. 18.13- Gaviniés, op. 3, n. 5, mov. 3b, Tempo dz· minuetto (1764)
Leduc, allievo di Gaviniés, produsse un Adagio altrettanto espressivo sul mede-
simo modello. La voce di tenore aggiunta nell'edizione a stampa originale sug-
282 La musica nello stile galante
gerisce che Leduc o il suo editore decisero di esplicitare il ritardo 2-3, che pote-
va facilmente non essere colto dal continuista in quei bassi senza numerazione.
L'indicazione rinforzando all'inizio della melodia del Prinner a battuta 3 confer-
ma l'impressione che si tratti di un'intensificazione dell" affetto' (es. r8.14).
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Es. 18.14 - Leduc, op. 4, n. 3, mov. 2, Adagio (1771)
Es. r8.r5 - Mozart, Sinfonia in Sol minore K 550, mov. r, Allegro (1788)
19
Un Andante
di Johann Christian Bach
•
Op. 12, n. 6, mov. 2, Andante,
Parigi, 1773-74
Volendo dare dei consigli paterni sull'arte della composizione, Leopold Mo-
zart scrisse a suo figlio W olfgang:
Leopold stava cercando di influenzare suo figlio invocando un nome che il gio-
vane Mozart aveva in grande stima. ((Bach,, a ogni modo, stava per Johann
Christian Bach (1735-1782), di formazione italiana, cattolico come i Mozart e
maestro di musica della regina Carlotta d 'Inghilterra. E anche se in seguito
Mozart si avvicinò anche alla musica del n1eno famoso fratello maggiore di
Christian (Cari Philipp Emanuel) e del suo defunto padre (J. S.), egli conside-
rò sempre il Bach che aveva scritto opere per Napoli come il suo grande
modello, l'uomo il cui stile si impegnò assiduamente a ernulare nel corso dei
suoi anni giovanili.
Cercando di spiegare come si possa distinguere, dagli indizi contenuti nei
testi, tra quelli prodotti in seno a una tradizione orale da quelli prodotti in seno
a una tradizione letteraria, Albert Lord ha scritto:
Questo capitolo presenta l'Andante della sonata in Sib maggiore di Bach, dalla
sua matura raccolta eli pezzi per tastiera, l'op. 12 (Parigi). Se Galuppi o Ditter-
sdorf rappresentano un tipo di tradizione orale caratterizzata dalla concatena-
zione di materiale di repertorio e da una minima sovrapposizione tra le figure
(enjambement o 'inarcatura'), Bach rappresenta uno stile più letterario. Si esita
a segnalare indizi di calcolo o di progettazione consapevole in un movimento
che riesce così bene a conciliare 'nobile semplicità' e naturalezza, un esplicito
traguardo estetico alla fine degli anni '70 del Settecento. Eppure la naturalezza
è un'impressione artificiale e non necessariamente indicativa del modus operan-
dz'. Bach sembra aver considerato persino il materiale musicale più banale co-
me adatto a una manipolazione arbitraria. Ad esempio, la figura di accompa-
gnamento nel basso di battuta 1 presenta una nota di volta inferiore accentata,
seguita da un arpeggio ascendente della triade (vedi es. 19.1). Egli utilizza que-
sta figura tre vo] te di seguito (batt. 1-3). A partire da battuta 7 modifica legger-
mente il contorno di questa figura per altre tre volte e poi, a partire da battuta
13, Bach sembra riecheggiare questo modello in semicrome per la duplice
esposizione di una figura melodica decorativa.
13
Si potrebbe far notare che il motivo con nota di volta e arpeggio dell'esempio
19.r faceva parte del tema principale di Bach e perciò era logico pensare che sa-
rebbe stato impiegato ripetutamente nel corso del movimento. Lo stesso, però,
non può dirsi del piccolo Eingang (una breve introduzione in levare) a battuta
11 che introduce un nuovo tema nella tonalità di Sib maggiore (vedi es. 19.2).
Dieci battute dopo, questo stesso piccolo modello generico è riproposto per
moto contrario e retrogrado in modo da introdurre un tema diverso. Una va-
riazione recherchée di questo tipo, più caratteristica della poetica di corte del
diciassettesimo secolo che delle leggere sonate galanti, sarebbe stata più ap-
prezzata da Mozart figlio che non da Mozart padre.
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Es. 19.3- ] . C. Bach, op. 12, n. 6, mov. 2, Andante (Parigi, 1773-74)
20
L'Indugio
I musicisti di corte dell'Europa centrale scrissero diversi importanti trattati tra
gli anni ' 50 e i primi anni '6o del Settecento. Quelli di Riepel (1752, 1755, 1757,
1765) sono tutt'oggi significativi per la loro descrizione della prassi compositi-
va.1 Il trattato di Quantz sul flauto (1752), i trattati di C. P. E. Bach sulla tastie-
ra (1753, 1762) e il trattato di Leopold Mozart sul violino (1756) sono importanti
per i dettagli sulla prassi esecutiva.2 Infine, il trattato di Johann F riedrich Dau-
be sul basso continuo (1756) è prezioso in quanto mostra come le semplifica-
zioni galanti della sintassi musicale avessero iniziato a influenzare le concezio-
ni del sistema tonale.3 Nel General-Bass in drey A ccorden [Basso continuo in tre
accordi] Daube, come in precedenza Rameau in Francia (1722), sposta l' atten-
zio ne al ruolo centrale di tre distinte sonorità: un accordo 6/ 5 sopra il @ al
basso, un accordo di settima sopra il® e un semplice triade sopra l' G) . Ben-
ché Daube semplificasse troppo la prassi galante per il suo pubblico di musici-
sti dilettanti, come abbiamo visto nel capitolo II, è comunque vero che si può
produrre una tipica cadenza galante utilizzando soltanto queste tre sonorità:
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Tra gli schemi introdotti nei capitoli precedenti, il Ponte potrebbe essere ca-
ratterizzato come un ampliamento del secondo tipo di sonorità (un accordo di
1 Riepel, ]. , A n/ angsgrunde
zur musicalischen Setzkunst: Siimtliche Schrz/ten zur Musiktheo-
rie, a cura eli Thomas Emmerig, 2 voll., Bohlau, Wien 1996.
2 Quantz, J. ]. , Versuch einer A nweisung die Flote traversiere zu spielen , Berlin 1752; Bach,
C. P. E., V ersuch iiber die wahre Art das Clavier zu spielen, 2 voli. , Berlin 17 53 , 17 62; Mozart,
L., Versuch einer grundlichen Violinschule, Augsburg 1756.
3 Daube, F. , G eneral-Bass in drey A ccorden, gegrundet in den Regeln der alt- und neuen
Autoren , Leipzig 1756.
20. L'Indugio 293
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Es. 20.2- Cimarosa, Sonata c 78, Allegro brioso (c. 1780-90)
tamente la battuta 25, la prima metà di battuta 27 ripete la prima metà di battu-
ta 26 e la seconda metà di battuta 27 ripete la prima meta della stessa battuta. In
breve, l'ascoltatore e obbligato a indugiare su un'inquieta stasi fino a che la ca-
denza Convergente non ristabilisce un senso di moto verso una meta.
Gaviniés, benché maggiore di Cimarosa di vent'anni, condivide tuttavia
molte delle sue strategie per impiegare l'Indugio. L 'esempio 20.3 è preso dal
movimento lento della sua sonata per violino in Sol maggiore. Come il movi-
mento di Cimarosa, quest'altro modula alla tonalita della dominante, Re mag-
giore, e poi riparte con un Fenaroli. Cimarosa collega l'Indugio direttamente al
Fenaroli; Gaviniés prende una strada più comoda. li Fenaroli è seguito da una
cadenza completa (batt. 15-16) che conclude la prima metà del movimento. La
seconda metà inizia con una Fonte cromatica (batt. 17-20); la discesa melodica
re5-do#5 -do q5-si4 della Fonte conduce alla4 (8 ) di battuta 21, dove Gaviniés in-
comincia l'Indugio.
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Es. 20.3- Gaviniés, op. 3, n . 3, mov. 2, Adagio cantabile (1764)
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4 T rittoG., Partimenti regole generali: Per conoscere qual numerica dar sì deve a vari movi-
menti del basso, Ferd. Artaria, Milano [t8r6], p. 7, lezione 3·
20. L'Indugio 297
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Come per la maggior parte degli schemi galanti, l'Indugio aveva una serie di
varianti secondarie, dovute magari a tradizioni locali e preferenze personali. A
Vienna, ad esempio, V anhal disponeva frequentemente il basso della cadenza
Convergente, 0 -#0-®, alla voce di tenore. Due esempi ad hoc dai suoi quar-
tetti d'archi presentano un Prinner modulante che precede l'Indugio. TI primo,
esen1pio 20.8, aggiunge un Ponte e una corona dopo l'Indugio per ritardare
ulteriormente il Mi maggiore, la nuova armonia di tonica.
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(Segue)
298 La musica nello stile galante
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Es. 20.8 - V anhal, Quartetto in La maggiore (A4), mov. 1, Allegro mod. (1784)
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Es. 20.10 - Vanhal, Quartetto in Do minore (C2),
mov. 1, Allegro mod. (1768-69)
3 00 La musica nello s#le galante
Nel secondo esempio, dal suo quartetto in Sol maggiore datato intorno alr78o
(vedi es. 2o.rr), la prima frase accenna a un Indugjo a battuta 143; la seconda
frase poi ne sviluppa il potenziale aggiungendo due battute in più, con diver-
se pause alloro interno (batt. 143 diventa batt. 147-49).
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Es. 20.11- Vanhal, Quartetto in Sol maggiore (G8),
mov. r, Allegro moLto moderato (c. 1780)
n terzo e ultimo passaggio (es. 20.12, a pagina seguente) proviene dal quartet-
to in Mi!J maggio re della metà degli anni '8o (1785-86). Come nei precedenti
due esen1pi, Vanhal fornisce un modello di frase seguito da una sua copia
modificata. n modello di frase presenta una chiara quadratura di quattro bat-
tute: niente appoggiature, niente Prinner, niente cadenza d 'inganno. Soltanto
l'accenno di Indugio al @ della m elodia a battuta 7 (si notino le relative sinco-
pi) aiuta a ritardare la cadenza co1npleta fino alla metà di b attuta 8. La secon -
da frase è una copia ampliata della prima. L 'ampliamento inizia al e della
melodia a battuta II e diventa un ampio Indugio, co1npleto dell'inserimento di
un Fenaroli a canone in Fa minore. Quando la cadenza completa arriva a bat-
tuta 14, sul battere si ritorna alla quadratura iniziale.
N ei tre estratti degli es. 20.10, 20. 11, 20.12 si può vedere un 'evoluzione stili-
stica in cui il significato musicale viene sempre più incorporato n el singolo
p ezzo. Cioè, m entre ci si poteva aspettare ch e un pubblico di corte con1pren-
desse sempre e cotnunque un Indugio qua11do compariva, si h a la sensazione
che Vanhal, nella musica stessa, stesse suggerendo al suo pubblico, p er lo più
b orgh ese, il significato d ello sch ema. Egli, in parte, lo stava edu cando. Ogni
estratto presenta un modello (la prima frase),. a cui segue una sua replica am-
20. L'Indugio 301
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Es. 20.13 - Beethoven, op. 3I, n. 3, mov. I, Allegro, batt. I (Vienna, I8o2)
andai con il duca d'Orléans, il principe Louis D ' Aremberg e altri i cui nomi
non rarrunento, a pescare e pranzare al castello del duca a Raincy, nella
foresta di Bondy, presso Parigi. Ritornammo a Parigi in serata, con l'inten-
zione di andare alla Comédie Italienne. Avevamo lasciato Parigi alle undici
6 Note a un programma presentato dilla BBC3, Londra, 2003, <http:/ / www.bbc.eo.uk/
raclio3/ classicaVpizarro/ sonatai8.shtml>.
20. L 'Indugio 303
in perfetta tranquillità; ma al nostro ritorno alle otto eli seta alla porta Saint
Martin (dove la carrozza da città del duca lo stava attendendo, e me la mia),
il mio servitore mi disse che non avrei potuto andare allo spettacolo, giac-
ché i teatri erano tutti chiusi per ordine della polizia, e che Parigi era tutta
in confusione e tumulto.7
N el corso della sua /et e galante tutto era cambiato. La storia ci dice che in se-
guito il granduca fu giustiziato e che la bella cortigiana fu arrestata, riuscendo
solo per miracolo a evitare la ghigliottina. E poi non dovremmo dimenticarci
della trentina circa di musicisti che lavoravano alla Comédie Italienne: persero
tutti il lavoro.
Allievo di spicco di Gaviniés, Simon Leduc (1742-i777) era già diventato uno
dei principali musicisti di Parigi quando Mozart, ancora bambino, vi compì il
pritno tour nel I763-64. li padre di Mozart, un'indiscussa autorità della tecni-
ca violinistica, scrisse parole di approvazione sulle esecuzioni di Leduc e, con-
siderato lo stile delle composizioni di Leduc, sarebbe difficile credere che
Wolfgang non abbia trovato anch'egli molto da ammirare ed emulare nelle ele-
ganti melodie del compositore francese.
Leduc scrisse della musica altamente raffinata per piccoli ricevimenti aristo-
cratici in camere e saloni. La fluidità e la perfezione del suo stile erano egua-
gliate da pochi altri, e quasi ognuna delle sue frasi presenta uno schema galan-
te esposto in modo da sfruttarne le tradizioni e le opportunità espressive. Si
prenda, ad esempio, l'Indugio. Egli include tre diversi Indugi nella sonata per
violino, oggetto di questo capitolo. Il primo consiste in una tipica combinazio-
ne dell'Indugio con la cadenza Convergente:
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Con le sue Notices sur Corellt~ Tartinz~ Gaviniés, Pugnani et Viotti (Parigi,
r8ro), François Fayolle chiariva come la '(corrente musicale predominante"
(per usare un termine un tempo famoso di Donald Francis Tovey) fluisse dal-
l'Italia verso la Francia. La "corrente musicale predominante" individuata da
Tovey, che potrebbe intitolarsi Notices sur Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert
et Brahms, fluiva in terre germanofone e, a giudicare dall'opinione comune dei
musicofili, il suo influsso ha surclassato la genealogia di Fayolle. La corrente
Tovey, però, è come un enorme canale scavato con determinazione da una
squadra di ingegneri della storia, allo scopo di rincanalare quello che era il
flusso naturale della corrente. I compositori come Cimarosa e Leduc viaggia-
vano sul canale principale, non per qualche oscuro affluente. Nel Cantabile di
Leduc si potrà trovare musica galante di vera qualita, che possiede, per usare
l'espressione del conte di Chesterfield, "una grazia superiore" ottenuta attra-
verso maniere musicali "accattivanti, sottili, brillanti".
21 . Un Cantabile di St'mon Leduc 309
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310 La musica nello stile galante
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Un Larghetto
di Leonardo Leo,
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• da L olimpiade (libretto di Pietro Metastasio)
N a poli, 19 dicembre 1737
Atto 3, scena 6, aria di Clistene, re di Sicione
Nell'opera galante le parole venivano prima della musica. Ciò è ovvio per un
esperto di musica del primo Settecento. Giacché, però, relativamente pochi
lettori di questo volume potrebbero avere questa competenza, mi si permetta
di continuare a dare una serie di informazioni che, sebbene ovvie per pochi,
vale la pena ripetere dato il lungo regno dell'opera seria come dominatrice
assoluta del mondo della musica galante. Leonardo Leo (1694-1744), assistente
maestro di cappella a Napoli, avrebbe ricevuto le seguenti due strofe di sena-
ri dal poeta di corte Metastasio da mettere in musica per l'aria del re Clistene:
B 7 N el seno a destarmi
8 Sì fieri contrasti,
9 Non parmi che basti
IO La sola pietà.
Si può capire molto delle arie serie italiane da un qualunque altro testo simile.
n contenuto riguarda ovvian1ente le emozioni interiori del personaggio; ossia,
il testo non narra una storia precedente né spiega la trama. Le due strofe con-
trastanti - chiamiamole A e B - descrivono diversi affetti e verosimilmente
saranno musicate in modo contrastante. Le ultime due sillabe accentata-non
accentata del regolare versificare a versi piani (nn. 1-5, 7-9) saranno probabil-
mente musica te come un'appoggiatura melodica e le sillabe accentate finali dei
due versi tronchi (nn. 6 e 10) cadranno probabilmente su un forte battere senza
appoggiatura. Una ripresa della prima strofa (fiorita a discrezione del cantan-
te) completerà la forma globale ABA. Leo ha onorato tutte queste convenzio-
316 La musica nello stile galante
ni e ha assegnato i vari versi a una serie di schemi galanti, ognuno dei quali
dovrebbe adesso essere familiare.
La seguente lista espone nel dettaglio le corrispondenze tra versi e schemi.
Le prime due esposizioni della strofa A formano il cuore dell'aria, e ho posto i
segni di ritornello fra parentesi per sottolineare la somiglianza con le due metà
di un minuetto o di una sonata. Didatticamente, può essere utile mettere a
confronto arie e concerti con minuetti, come ha fatto Riepel. 1 Storicamente,
però, era l'aria la forma musicale più rispettata e più ampiamente sviluppata. n
minuetto di Somis del 1734 (vedi cap. 5) sembra quasi un gioco da ragazzi da-
vanti all'aria di Leo di solo tre anni posteriore. Scrivere minuetti o sonate era
spesso un'attività accessoria per un compositore galante; il lavoro veramente
importante riguardava la composizione di musica vocale per la chiesa e per il
teatro di corte. Dopo quello che abbiamo visto nei capitoli precedenti, la rea-
zione iniziale alla lista degli schemi di Leo potrebbe essere di sbalordimento
per la sua lunghezza e complessità. A un più attento esame, tuttavia, si può os-
servare la concatenazione di un certo numero di sezioni più brevi e setnplici.
Ogni comparsa del 'ritornello', ad esempio, funge da interludio strumentale
indipendente tra le parti cantate dell'aria.
Dal Segno
Leo divenne una figura centrale nella vita musicale di N apoli. Ricoprì impor-
tanti incarichi nei conservatori fino a diventare maestro di cappella della corte
reale, e all'inizio della sua carriera contese con J. A. Hasse (1699 -1783) e
Leonardo Vinci (c. 1696-1730) il primato come operista della città. Ebbe doz-
zine di studenti che avrebbero in seguito avuto prestigiose carriere presso le
corti di tutta Europa. Ai fini di questo libro è importante il suo allievo
Jommelli, il cui duetto dall'opera Demo/oonte sarà presentato nel capitolo 24.
318 La musica nello stile galante
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23
Un Andantino
di Baldassare Galuppi
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da La diavolessa (libretto di Carlo Goldoni)
Venezia, 15 novembre I755
Atto 2, scena ro, aria di Dorina, ingenua
Nel gergo della critica cinematografica moderna, Goldoni rende questa canzo-
ne 'diegetica', ossia parte della storia stessa. Sarebbe a dire che l'ingenua prima
parla di questa '' canzonetta" e poi la canta per Don Poppone, creando quel
tipo di recita dentro la recita così caratteristico della commedia musicale. A
differenza dell'aria dall'opera seria di Leo (cap. 22), quest'aria dall'opera buffa
di Galuppi manda effettivamente avanti la trama.
La musica di questa canzone è considerevolmente più semplice se si prende
come termine eli paragone il modello delle vere e p roprie arie dell'opera seria.
G aluppi utilizza comunque gli schemi di repertorio dello stile di corte, ma li
328 La musica nello stile galante
presenta come brevi unità a sé stanti. Non vi sono più le molte battute di meli-
smi su un'unica sillaba, sostituite da una declamazione relativamente rapida
degli arguti versi del testo. E non vi è più il contrasto di affetti con una sezio-
ne B separata; al contrario, le due strofe del testo sono assegnate a quelle che
potrebbero essere la prima e la seconda metà di un tempo di sonata (vedi i
segni di ripetizione fra pare n tesi). Al pari della canzone popolare, questa can-
zonetta presenta più strofe. Quando Dorina termina la prima strofa, compare
il ritornello per consentire l'intonazione della seconda strofa (non riportata); e
quando la seconda strofa è conclusa, alcune battute di cadenza servono a con-
cludere il numero musicale (sempre non riportate). I personaggi di Goldoni
erano palesi adattamenti dei classici ruoli della commedia dell'arte; la musica
di Galuppi era un adattamento dello stile galante di corte. Goldoni adattava
dal basso per nobilitare, e Galuppi dall'alto per rendere popolare, con il risul-
tato di un estremo divertimento.
Come dimostra la seguente lista, la sequenza normale di schemi è molto in
evidenza. Un accoppiamento di Romanesca e Prinner recita la 'scena solita'
come tema dell'aria. La Fonte gioca il suo normale ruolo di digressione all'ini-
zio della seconda parte della forma. li comico scilinguagnolo dei versi 9- IO
("Tegnivelo, godevelo, l Salvevelo, pettevelo"), forse il punto teatralmente cul-
minante dell'aria, è musicato con una progressione ascendente atipica dello
stile di corte, ma comunque tipica dell'opera comica. Quando la cantante rag-
giunge l'apice melodico (re 5) , si lancia in una serie di cadenze Cudworth di
nuovo saldamente ancorate allo stile di corte.
Ritornello R Romanesca Re
Risposta di Prinner Re
Passo Indietro? Re c::> La
Cadenza Completa La
Strofa A I Romanesca Re
2 Risposta di Prinner Re
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8 Cadenza Convergente Re
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II Prinner Re
II Cudworth, evasione, bis Re
II Cudworth, completa Re
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33O La musica nello stile galante
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344 La musica nello stzle galante
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Es. 25.1- Mozart, K ra (r761; 5 anni)
Questo spostamento tnetrico, che sembra così sicuro e pianificato sulla carta,
era probabilmente il risultato dello sforzo di Leopold di trascrivere la peculia-
re esecuzione di Wolfgang. TI bambino forse non aveva ancora acquisito quel-
la che uno specialista dell'evoluzione infantile chiamerebbe 'costanza metrica',
la consapevolezza che una struttura metrica stabile dovrebbe persistere per
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tutto un movimento. E anche possibile che questo pezzo rappresenti delle imi-
tazioni abbastanza letterali di esen1pi diversi . Uno, in 3/ 4, è richiamato da bre-
vi frammenti balbettanti basati sullo schema del Sol-Fa-Mi. Da una prospetti-
va tecnica le prime due iterazioni (batt. 1-2) mostrano il ~ della melodia come
una stabile consonanza che diviene instabile e scende al O dopo che il basso è
salito da CD a @. Nelle due seconde iterazioni (batt. 3-4) il ~ della melodia è
raggiunto dal basso, il che creerebbe un cattivo contrappunto se il basso salis-
se di nuovo da CD a@; perciò Mozart cambia il basso e scende da CD a (J), mo-
352 La musica nello stile galante
strando forse una certa sensibilità per le varianti di questo schema oppure l' ap-
prendimento dei primi rudimenti di contrappunto. Altri esempi, in 2/4, sono
richiamati da due cadenze standard, una cadenza Lunga (batt. 5-6) e una Cud-
worth (batt. 8-ro). Il breve passaggio tra queste cadenze e sgrammaticato, im-
possibile da ricollegare facilmente a un qualunque schema galante e include
una combinazione di infelici scelte contrappuntistiche (batt. 7) tipiche del
principiante. Sembrerebbe che il bambino conoscesse bene le cadenze ma fos-
se incapace di collegarle efficacemente. n suo impiego dell'antica forma 'miso-
lidia' della cadenza Cudworth (batt. 8; si noti il8 abbassato) potrebbe riflette-
re, da quanto traspare dal quaderno musicale di sua sorella, lo stile molto con-
servatore dei pezzi che erano insegnati in casa Mozart.
Nella sua seconda composizione, K rb, la costanza metrica non è più un pro-
blema. Le curiose iterazioni balbettanti dello schema d'apertura viste nel K ra
sono ora sostituite da un discorso più ampio e in qualche modo più coerente)
e l'inserimento di una cadenza d'inganno seguita da una cadenza completa
mostra un riconoscimento dell'appropriato collegamento degli schemi:
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l'interno di una Quiescenza (vedi es. 13.24), ma il collegamento a incastro di
una Quiescenza con un successivo Fenaroli viola le normali funzioni di en-
trambi gli schemi. Anche se il discorso musicale del bambino è ora molto più
chiaro che nel K ra, le proporzioni di questo minuscolo pezzo sono poco mi-
gliorate. Buoni tre quarti del movimento sono occupati da un unico esteso at-
to cadenzale. Le battute 4-6 presentano la cadenza iniziale, che termina con un
inganno. Le battute 7-9 ripetono la cadenza un'ottava sotto con l'attesa caden-
za completa. Le battute 9-12 costituiscono una breve coda con Cadute Finali e
iterazioni conclusive dell'accordo di tonica. In un normale movimento galante,
queste nove battute cadenzali avrebbero concluso un pezzo lungo circa dalle
ottanta alle cento battute. Così, benché il Mozart bambino non potesse ancora
costruire un movimento di quella portata, sembrerebbe che egli stesse ascol-
tando pezzi di ampie dimensioni e che stesse imparando a replicare parti im-
portanti di essi.
Essere in grado di controllare vari modelli di ripetizione era un'abilita ne-
cessaria per scrivere musica galante. Nel K ra Mozart ripete il Sol-Fa-Mi, ma
non in uno dei modi consentiti. Nel K 1b maneggia bene la ripetizione della ca-
denza, ma l'intensa presenza di cadenze accoppiate d'inganno-autentica e tale
da far pensare che il bambino abbia potuto meramente replicare un passaggio
appreso come singola entità. Solo nel K IC, la cui data dell'II dicembre 1761 può
aiutarci a collocarlo circa otto mesi dopo le due precedenti composizioni, ve-
diamo il modello di ripetizione della forma a doppia ripresa che definiva la
norma adulta per i brevi movimenti strumentali:
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Es. 25.5 - Mozart, K 2 (r762; 6 anni)
n 4 marzo 1762, il bambino di sei anni eseguì, e il padre trascrisse, le trenta bat-
tute del K 3 (vedi es. 25.6). Il breve Do-Re-Mi iniziale non è particolarmente in-
teressante, anche se è insolito farlo seguire da una doppia esposizione della
Quiescenza diatonica (senza pedale). In questo pezzo il Prinner e correttamente
posto prima della doppia barra e la sua modulazione è resa esplicita (si noti il
mi q della melodia a batt. 7). Esplicita è anche la stretta connessione tra il Fena-
roli, il Do-Re-Mi e le due metà della Fonte. Vi erano, come detto, accenni di
questa relazione nella Fonte del K 2, ma nel K 3 si possono sentire la salita melo-
25. Mozart bambino 357
dica <V -CD-@ -® del (basso' del Fenaroli (batt. 14-16), l' CD-@ -® del Do-Re-Mi
(batt. 15-16) e una copia esatta del controcanto di Durante (t-0 -6)-8 -0 (batt.
14-16) . La pausa di croma che nel Fenaroli separa il <V dall'CD-@-® e di nuovo
dovuta probabilinente all'accostamento dei motivi della Fonte a quelli del tema
iniziale. Poiché il tema presenta un motivo discendente di terze, una pausa di
croma e poi una linea ascendente di grado (batt. 1-4), Mozart assegna lo stesso
profilo generale alle due meta della Fonte (batt. 13-16, 19-20) .
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La seconda metà del movimento (batt. II) inizia con il motivo iniziale eli questo
minuetto e continua, a battuta I2, con le esatte note del Do-Re-Mi con cui ini-
ziava il K 3· L'accenno a un Fenaroli all'interno del Monte, ossia la debole con-
nessione tra il (J) del basso a battuta II e l'CD -®-@ a battuta 12, sarà rielabora-
to in un chiaro Fenaroli nel K 5, descritto sotto. Questo primo Monte termina
a battuta I4 del K 4 ed è seguito dal Do-Re-Mi di due battute dell'inizio. Mo-
zart ripete questo passaggio un'ottava sotto, una procedura sperin1entata origi-
nariamente nel K Ib, e poi varia la ripetizione del Passo Indietro (batt. 2I -22),
anch'essa trasposta di ottava (un'ottava sopra però). Da qui Mozart replica la
stessa cadenza che conclude la prima metà del movimento, ovviamente traspo-
sta alla tonalità d'impianto di Fa maggiore. A mio parere, il modo in cui egli
reimpiega citazioni letterali dei suoi precedenti lavori è indicativo del fascino
delle possibilità combinatorie di questi schemi galanti e delle loro parti costi tu-
tive. Il suo amore per la combinazione dei suoi 'giocattoli' in ogni possibile
modo è comune a molti bambini piccoli, anche se nel ventesimo secolo l'atten-
zione si e spostata sulle costruzioni - il Meccano e il Lego - piuttosto che ver-
so i Monti, le Fonti e i Ponti.
Per il suo quarto minuetto, il K 5 (es. 25.8), Mozart ha utilizzato quasi gli
stessi schemi impiegati nel K 4, ma ne ha variato i motivi n1elodici e le figure in
modo tale che la sostanziale affinità dei due movimenti non e subito palese.
Ciò nonostante, una semplice correlazione degli schemi coi numeri di battuta
rivela che questi pezzi sono quasi identici: Do-Re-Mi (batt. 1-2), cadenza Cud-
worth (batt. 3-4) , Passo Indietro o Fenaroli ripetuti (batt. 5-6, 7-8), cadenza di
terze discendenti a terzine (batt. 9-Io). n Passo Indietro del K 4 e il Fenaroli del
K 5 (batt. 5-6) hanno in comune lo stesso basso discendente sol -/a -mi e la
stessa melodia si~ 4-do5 , così Mozart ha potuto sostituire l'uno con l' Juo. For-
3 3
se è stata la prominenza del Fenaroli delle battute 5-8 a suggerire l' accentuazio-
ne del Fenaroli inserito ap'interno del Monte nel K 5, quando il primo era sol-
tanto accennato nel K 4· E nel K 5 che il Fenaroli emerge come entità indipen-
dente nel vocabolario di Mozart. La doppia esposizione di questo schema co-
rne prima istanza nella tonalità della dominante è ulteriore prova di un' accura-
ta emulazione di norme galanti adulte.
360 La musica nello stile galante
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Es. 25.8 - Mozart, K 5 (1762; 6 anni)
In fin dei conti, forse è meglio considerare questi due minuetti come trascri-
zioni che, a distanza di settimane, hanno fotografato due immagini legger-
25. Mozart bambino 361
Nei primi anni '6o del secolo uno dei 'più consumati' direttori musicali era
Niccolò Piccinni (1728-18oo). La sua opera La buona figliuola, un'opera comica
basata sull'adattamento di Goldoni del romanzo inglese Pamela, a partire dal-
l'enorm.e successo della sua prima romana (1760) si diffuse nei teatri di tutta
Europa. Le sue arie ricche di delicato fascino e buoni sentimenti divennero tra
le più famose del decennio e, come il rotnanzo ]ulie) ou la nouvelle Héloise
(r76r ) di Jean-Jacques Rousseau, contribuì ad alimentare la voga per le cose
'sentimentali' . I due Fenaroli del K 5, ad esen1pio, hanno in comune molti trat-
ti con i Fenaroli dell'aria "Una povera ragazza" di Piccinni. Essi, cioè, indugia-
no tutti a lungo sui (J) alla voce superiore prima di salire con l'G) -@-@ su
quarti consecutivi (es. 25.9). Entrambi gli autori presentano anche una versio-
ne del controcanto di Durante nella voce inferiore. Certamente le frasi di Mo-
zart sono brevi e relativarnente sen1plici laddove quelle di Piccinni hanno un
vero respiro, una voce interna ornata e una presentazione più complessa come
Parte di una Fonte più ampia (cfr. es. 16.6 e r6.14) .
1
F. M. barone von Grimm, Correspondance littéraire, philosophique, et critique adressée à
~~z souverain d'A llenzagne, depuis 175 3 j usqu ien 1769, Paris 1813, pp. 528-9, lettera del 1°
lcem bre 1763.
362 La nzusica nello stile galante
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Es. 25.9 - Piccinni, La buona figliuola, atto I, scena 12, Andantino (Roma, 1760)
Le osservazioni del barone von Grimm, anche ammessa l'iperbole, indicano che
il bambino all'età di sette o otto anni padroneggiava un fluente stile galante. La
sua prima pubblicazione, nota allora con1e op. I ( = K 6 e K 7), contiene due so-
nate per tastiera a pìù movimenti con accotnpagnamento di violino ad libitum.
Questi lavori benché non eguaglino l'arte di un Piccinni, un Galuppi o uno J.
C. Bach, sono comunque paragonabili a composizioni, ad esempio, di un assi-
stente maestro di cappella presso una piccola corte. Qui, Mozart continuava a
mostrare crescita musicale e a raffinare la sua tecnica. Nel movimento lento del
K 6, ad esempio, egli inserisce il suo primo tentativo di Quiescenza nella sua
normale posizione dopo una cadenza principale, basandola sul Prinner:
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Intanto che Mozart imparava dove non si dovesse inserire un Prinner, impa-
rava anche che un Prinner, nella sua corretta posizione, andava espanso e
ornato. Si ricorderà che i suoi primissimi Prinner, nei K re e K 3, constavano
di sole quattro battute (escluse le ripetizioni); cio andava b ene per pezzi così
brevi, ma non per i movimenti più ampi presenti nel K 6 e seguenti. N el movi-
tnento iniziale del K 6, Mozart si spinge a scrivere un Prinner completo (es.
2 5.12): egli incorpora n ella melodia una versione semplificata della fioritura la-
s?! Oa salita dal ~ alla tonica e poi la discesa al 0 ) e impiega un basso alber-
tino co1ne accompagnamento. Dal mo1nento che il tema di apertura del movi-
mento era lungo quattro battute con unità di due battute, questo Prinner di
due battute non era ancora lungo abbastanza. Mozart perciò lo ripete (batt.
364 La musica nello stile galante
7-8, non riportate) per raggiungere all'incirca una parità tra la mossa d' aper-
tura e la risposta.
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La prima meta del Prinner, in cui il 0 -@ del basso è affidato alla voce inter-
na di tenore, potrebbe essere un'imitazione del virtuoso di tastiera parigino
Johann Gottfried Eckard (r735-18o9; vedi cap. 26, es. 26.1). La seconda n1età del
suo Prinner regge il confronto con un passaggio leggermente più compatto di
uno dei pezzi per tastiera di Cimarosa (es. 25.14). Non sto suggerendo alcuna
diretta influenza o copiatura tra Mozart e Cimarosa - nel 1764 erano entratnbi
ancora bambini, Mozart eli otto anni e Cimarosa di quindici, molto lontani
l'uno dall'altro. Inoltre, Cimarosa verosimilmente scrisse la sua sonata molto
tempo dopo. I due passaggi, però, mostrano come due musicisti della stessa
25. Mozart bambino 365
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Es. 25.14- Cimarosa, Sonata c 48, Allegro (c. 1780-90)
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Simili cost ruzioni di Prinner a quattro b attute possono trovarsi nei solfeggi di
Sala, un allievo di Nicola Fago (1677-1745) e Leo, e nei solfeggi di Aprile (cfr.
es. 9.15), che fu allievo di Gregorio Sciroli (1722-c. 1781), a sua volta allievo di
Pago e Leo. Questi leisti insegnavano all'incirca le stessi varianti di un duran-
tista come Insanguine, il che fa pensare a una radice comune. A sua volta
Aprile fu il maestro di Cimarosa, così la tradizione del Prinner di Cimarosa
può essere fatta risalire con una qualche certezza. Lo stesso non si può dire di
Mozart. Resta incerto se egli abbia appreso gli schemi galanti solo ascoltando
altre composizioni o se, a un certo punto, sia entrato in contatto con le opere
didattiche ampiamente diffuse provenienti da Napoli e da altri centri di istru-
zione musicale.
TI mondo musicale di Mozart si allargò enormemente con il tour eu ropeo
della famiglia. Egli poté ascoltare un repertorio più vasto e più alla moda di
quello disponibile a Salisburgo, incontrando personalmente musicisti di ben
maggior talento ed esperienza di quelli che aveva conosciuto a casa. Fu duran-
te questo periodo, specialmente nel biennio 1764-65, che il suo vocabolario di
schemi divenne pienamente conforme alla prassi dei musicisti galanti nel loro
complesso. La Romanesca, ad esempio, un caposaldo dei maestri italiani, era
assente dai primissimi pezzi di Mozart. Il primo tentativo mozartiano con ciò
che sembra una Romanesca compare nel piccolo minuetto del K 8:
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Leopold è vero, può aver messo mano nei pezzi di Mozart destinati al pub-
blico, come l'op. 1 e l'op. 2 (= K 6-7 e K 8-9). Il quaderno di appunti !ondine-
se di Wolfgang datato 1765, però, mostra poca o nessuna traccia dell'influen-
za editoriale di Leopold. Esso fu riempito in p arte mentre Leopold era mala-
to a Londra e Wolfgang rimase più o meno confinato nella loro stanza d'al-
b.ergo per settimane. Questi 'scarabocchi' musicali, personali e privi di corre-
Zioni, rivelano che il giovane Mozart aveva pienamente assimilato la n ormale
apertura di Romanesca (vedi es. 25.18) . La collocazione della cadenza d 'ingan -
368 La tnusica nello stile galante
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37O La musica nello stzle galante
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Es. 25.19 - Eckard, op. I, n. 6, mov. r, Con discretione (Parigi, 1763)
L'effetto sul giovane Mozart dev'essere stato notevole, giacché i suoi lavori
successivi iniziarono rapidamente a mostrare una varietà di tratti parigini.
Dopo aver lasciato Parigi, il viaggio dei Mozart continuò alla volta di Lon-
dra, dove W olfgang, come si è detto, compilò il suo quaderno. Egli compose
anche altre sei sonate per violino e tastiera che furono poi pubblicate come
op. 3· Furono dedicate alla giovane regina Carlotta, che aveva incontrato i
Mozart e aveva ascoltato suonare entrambi i bambini. Era la stessa Carlotta
Sofia le cui 'qualità' musicali contribuirono a concludere il matrimonio con
Giorgio III nel I761 (vedi cap. r). Il maestro di musica della regina, ovviamen-
te, era J. C. Bach.
Una di queste sonate, la K 12, documenta un primo stadio nell'assimilazione
dello stile di Eckard da parte di Mozart. Nel primo movimento (esempio 25.20,
a pagina seguente) possiamo confrontare lo Jupiter iniziale e la risposta di
Prinner con gli stessi schen1i del precedente esen1pio di Eckard. Il bambino ha
adottato appoggiature cromatiche nella melodia e una figurazione di biscrome,
ma l'effetto globale è in qualche modo ancora meccanico e squadrato. Il Prin-
ner che inizia a battuta 5 contiene la normale fioritura la-sol tra gli stadi uno e
due dello schema. In retrospettiva, la sua prima metà, con 0 -@ al basso, fun-
ge come una forma delicata di Passo Indietro (cfr. batt. 5-6 del tema di Haydn
del cap. ro). La seconda metà del Prinner è quindi rimpiazzata da una caden-
za, in questo caso Convergente. Tipica della precocità di Mozart nel compren--
dere come questi schemi potessero essere scambiati e ricotnbinati tra loro, la
cadenza Convergente ha la stessa melodia di un Prinner modulante. Le note,
cioè, do#5 -si4 -la4 -sol#4 (batt. 6-8) possono essere intese sia co1ne ~ -@ -0 - 8 in
La maggiore (come mostrato) sia come 0 - 0 - 0 - ~ in Mi maggiore. Nessuna
delle due descrizioni da sola rende giustizia al significato composito che a mio
parere esse avevano al tempo di Mozart.
Dopo aver trascorso più di un anno a Londra, i Mozart intrapresero il loro
viaggio di ritorno passando per L'Aia, la corte più illustre dei Paesi Bassi. Qui
furono pubblicate altre sei sonate nel 1766, l'op. 4 di Wolfgang, e nel movi-
mento iniziale della K 27 (es. 25.21, a pagina seguente) egli mostra di padroneg-
giare e forse anche di superare l'arte di Eckard. Un Meyer funge da n1ossa
372 La must·ca nello stile galante
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Es. 25.21 - Mozart, K 27, mov. I, Andante poco adagio (r766; ro anni)
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Es. 26.I - Eckard, op. I, n. 2, mov. I,
Allegro con spirito, batt. 25 (Parigi, I763)
poco noto padre Fulgentius Peroti (attivo intorno al I750) impiegavano le stes-
se scale nelle loro risposte di Prinner. Il passaggio di Cafaro, successivo a una
Romanesca, proviene da una raccolta dei suoi solfeggi, ed era perciò effettiva-
mente concepito a scopo didattico:
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Es. 26.2- Cafaro, solfeggio in Do maggiore, Allegro (c. I77o-8o)
Si noti come alle battute 3-4, in cui tlna voce interna sottintesa, percorrendo le
note mi-fa-sol, potrebbe con1pletare una Clausula Vera, la melodia fa sentire la
diade 0 -8 di un Meyer, cui risponde la conclusione 0 -fD del successivo Prinner.
La composizione di Peroti fu pubblicata nel I756 dalliutista di Norimberga
Johann Ulrich Haffner (r7II-1767). Le pubblicazioni di Haffner erano ampia-
mente diffuse, e Leopold Mozart si era impegnato a spedire a Haffner alcuni
dei primi pezzi di Wolfgang. Si noti come, alle battute 3-6, Perori faccia prece-
26. Un Allegro di W . A . Mozart 377
dere il suo esteso Prinner (batt. 7-10) da due ripetizioni dello stesso tipo di
breve e sem,plice Prinner in1piegato da Mozart nella posizione analoga (es.
26.6, batt. 3):
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o un Aprile (cfr. es. 26.2 di Cafaro); e, come nel passaggio di Cafaro, la conclu-
sione 0 -40 del successivo Prinner di quattro battute serve a realizzare e com-
pletarne le implicazioni. li terzo Prinner di Mozart riecheggia una tecnica uti-
lizzata da Dittersdorf in uno dei suoi concerti per tastiera, in cui ogni stadio
del Prinner è preceduto da un meno stabile accordo 6/ 3 (vedi l'esempio 26.4, a
pagina seguente). Mozart e Dittersdorf avranno potuto avere in mente dei mo-
delli italiani, come il brano di una sonata di Galuppi (c. 1750-60) riportato nel-
l' esempio 26.5 (a pagina seguente). Il suo modello ha in comune con i passaggi
di Mozart e Dittersdorf l'alternanza di accordi 6/3 e 5/3 e le discese melodiche
di sesta dagli accordi 6/3 agli accordi 5/3. L'uJtima di queste discese coincide
con le versioni ornate della normale Caduta del @ Acuto.
378 La musica nello stile.galante
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Es. 26.4 - Dittersdorf, Concerto in La maggiore (la32) (1779)
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26. Un Allegro di W. A. Mozart 379
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Mozart scrive il suo quarto Prinner, battute 37-40, nel modo minore (La n1ino-
re) e dispone le due consuete voci parallele in un canone alla quinta inferiore.
I lunghi Prinner precedenti erano stati ampliati tutti in modo da consentire al-
le loro melodie eli discendere fino al @ . In questo caso si sarebbe trattato del
si q4 a battuta 41. Con un'abile mossa di destrezza armonico-melodica, Mozart
abbassa il@, accennando all'oscura sonorità della sesta napoletana, per poi
reinterpretare subito il sib come O in Fa maggiore.
Il suo quinto e uJtitno nuovo Prinner, battute 50-53 (vedi il Prinner con aste-
risco nell'elenco degli schemi, p. 380), non era tecnicamente necessario. Egli
aveva già impostato la ripresa del tema iniziale (batt. 42 segg.) nella tonalità di
Fa maggiore, la sottodominante. Avrebbe dunque potuto lasciare che il movi-
mento 'proseguisse da solo' nel senso che l'Indugio delle battute 54-56 avreb-
be potuto rimodulare a Do maggiore, giacché esso aveva facilitato una modu-
lazione alla quinta superiore nella prima metà del movimento (batt. 9-rr).
Mozart, invece, fa seguire alla ripetizione del suo secondo tipo eli Prinner (batt.
46-49) un Prinner modulante ottenuto scambiando le parti: il precedente
basso, cioè, diventa la n1elodia e la precedente melodia diventa il basso.
Questo scambio di voci, però, è effettuato senza invertire lo schema: le note
tnelodiche chiave del Prinner restano alla melodia e le note chiave del basso
restano al basso. Mozart, per giunta, adotta la convenzione di iniziare un
Prinner modulante spostando il m'i un'ottava sopra (il precedente @ diventa
un nuovo 0 ), con1e già visto in Leo (es. 22.1 , batt. 22- 23), Eckard (es. 25.19, batt.
3-4) e in uno dei primi pezzi dello stesso Mozart (es. 25.21, batt. 6-7) . Per un
ammiratore dello stile galante, l'aggiunta di questo Prinner si sarebbe potuta
intendere come un gesto manieristico che richiama l'attenzione al suo virtuo-
sismo compositivo. In effetti, l'intero movimento è una dimostrazione di quel-
lo che si potrebbe chiamare uno stile galante alto, ma nell'ambito di un pezzo
di modeste dimensioni e di n1odesto impegno per l'esecutore.
Di tutti i movimenti completi presentati in questo volume, questo è l'unico
progettato in modo che il materiale successivo alla doppia barra rientri agevol-
tnente nel concetto ottocentesco di 'sezione di sviluppo'. Per una sonata
ampia, all'opposto di un piccolo minuetto, la norma galante prevedeva che il
materiale imn1ediatamente seguente la doppia barra riesponesse il primo tema,
380 La musica nello stile galante
ma nella tonalità della dominante. Dalla fine degli anni '40 in poi, Leonard
Ratner aveva cominciato a richiamare l'attenzione su questo in una serie di
pubblicazioni che hanno avuto ampia circolazione; 1 ciò nonostante la realtà
delle norme galanti non è mai riuscita a incrinare l'ideale romantico di una
sonata t ripartita fatta di '(esposizione, sviluppo e ripresa" . Per Mozart, le sona-
te come questa erano in un certo senso un atto di distacco dal suo apprendi-
stato e dalla sua lunga esperienza. Queste nuove procedure iniziarono a esse-
re ampiamente adottate e infine andarono a costituire una norma; eppure, dif-
ficilmente si può parlare di una (prassi comune'.
Sezione Schema Tonalità
ra meta' Mossa d'apertura Do
Risposta di Prinner Do
Prinner Do
Indugio Do ~ Sol
Ponte Sol
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Prinner Sol
Indugio Sol
Cadenza Mi-Re-Do Sol
• Coda, bis Sol
Caduta Finale Sol
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2a meta' Coda, bis Solrnm .
Meyer Reffill1.
Coda, bis Remm .
Meyer Lamm.
Prinner Lamtn.
(modulazione) Lamm. ~ Fa
Mossa c 'apertura Fa
Risposta di Prinner Fa
Prlnner Fa
Prinner * Fa q Do
Indugio Do ~ Sol
Ponte Do
?, bis Do
Prinner Do
Indugio Do
Cadenza Mi-Re-Do Do
Coda, bis Do
Caduta Finale Do
=Il
1 Vedi
ad esempio Ratner, L. G., "Harmonic Aspects of Classic Form" , in Journal o/ the
American Musicological Society, anno 2, 1949, pp. 159-68.
26. Un Allegro di W. A Mozart 381
MOSSA D'APERTURA
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384 La tnusica nello stile galante
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FINALE
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Miei cari, fate cosl, perché così va fatto. Dev'essere così, perch é il vero ed
il b ello è uno , e non m 'inganno. Io non so dirvi le ragioni che mi dimanda-
te; ma siate pur certi che i maestri che verranno dopo di me le troveranno,
e dei precetti che ora vi do, essi faranno tanti assiomi che diverranno rego-
le infallibili.5
Versailles o Londra non appaiono così diversi dai musicisti del Settecento delle
corti di Teheran, Delhi, Y ogyakarta e Seui. Tutti questi artigiani operavano in
culture preindustriali in cui musicisti altamente preparati, spesso per via eredi-
taria, cercavano di soddisfare al meglio i raffinati gusti dei loro nobili protetto-
ri. La preparazione in una qualsiasi di queste tradizioni impiegava anni e richie-
deva la memorizzazione di un'enorme mole di repertorio e vocabolatio musi-
cale. Gli apprendisti imparavano come le figure e i motivi melodici tradiziona-
li potessero essere inseriti in una tratna di scale e tnetri e quale musica dovesse
essere scelta per vari affetti, occasioni e cerimonie. N egli stili che favorivano
l'improvvisazione, i giovani musicisti si esercitavano a selezionare sequenze di
figurazioni che aiutassero a realizzare strutture formali o narrative piu ampie:
ti dai repertori dei singoli attori e armonizzati in una strategia atta a creare
una trama. In altre parole, si tratta di un processo di composizione, ossia un
processo che mira alla formazione di unità composite dall'aggiunta di parti
discrete. [ ... ] Dato lo stimolo prodotto da un personaggio, il processo di
improvvisazione deve determinare la risposta testualmente appropriata del
suo interlocutore, la quale è poi presa come un altro stimolo, a sua volta in
attesa di una risposta nel copione in evoluzione. [ ... ] Una compagnia per-
fettamente coordinata[. .. ] può essere descritta come un sistema di parti in-
terrelate il quale, da uno stato iniziale di quiete all'inizio di una scena, attra-
versa una serie di trasformazioni per cui, da uno stato in cui la scena è domi-
nata da un attore impegnato con un segmento del suo repertorio, passa a un
altro in cui la scena viene 'rubata' da un secondo attore, e così via, finché
uno di essi ne provoca l'arresto attraverso un'espressione verbale o gestuale
che non può essere ulteriormente elaborata. [ ... ] Poiché in ogni momento i
possibili stati che il sistema puo assumere sono tutti elementi di repertori ef-
fettivi , essi devono essere com parsi in varie combinazioni nella tradizione
teatrale precedente alla rappresentazione in questione, e ciò significa che la
loro storia forn1ale di secondi elementi di un'unità composita di comunica-
zione può essere espressa in termini della frequenza relativa con cui quel-
l'unità ricorre nel linguaggio verbale e gestuale della commedia dell'arte. Ma
la frequenza relativa è solo un sinonimo di probabilità. 10
Oggi sappiamo che l'apprendimento tramite l'ascolto dipende molto dalle di-
stribuzioni di probabilità dei suoni che udiamo. Che un bambino impari, dicia-
mo, i suoni vocali ci dell'olandese piuttosto che quelli del tedesco dipende dalla
probabilità di ricorrenza delle esatte vocali udite, non da qualche principio uni-
versale. Allo stesso modo, il ''così va fatto" di Durante esprime la probabilità
che nello stile galante a uno schema ne segua un altro. Se prendiamo i movi-
menti completi presentati in questo volume come un campione piccolo ma rap-
presentativo della musica galante, 11 possiamo calcolare la probabilità che uno
schema qualunque conduca a un altro. Vi sono oltre trecento possibilità di col-
legamento tra gli schemi presenti in questo piccolo campione, e sono rappre-
sentate nel grafico alla fig. 27.1, dove, più il colore delle caselle è scuro, maggio-
re è la probabilità che lo schema della riga conduca allo schema corrispondente
della colonna. In questo ristretto repertorio, ad esempio, lo Jupiter ha una per-
centuale del 100 o/o di condurre a un Prinner, come mostrato, nella tabella, dalla
casella nera in cui la riga Jupiter si incrocia con la colonna Prinner. Analoga-
mente, la cadenza d'inganno conduce con certezza a una cadenza completa. La
lO Pietropaolo, D., "Improvisation as a Stochastic Composition Process", in The Scz"ence o/
Buffoonery: Theory and Hùtory o/ the Commedia delfArte, a cura di Domenico Pietropaolo,
Dovehouse Editions, Toronto 1989, pp. 167-76.
11 Il campione di repertorio include i movimenti presentati nei capitoli 5, 8, ro, 12, 15, 17,
19, 21-24, 26 e 28 -29. Poiché la versione del movimento di quartetto di Haydn fornita in que-
sto capitolo differisce dalla versione a stampa, non è stata inclusa nella statistica.
27. "Il/ilo". Un Poco adagio di]. Haydn 389
linea tratteggiata sulla diagonale indica uno schema seguito da una sua ripeti-
zione. P er il Fenaroli e la Quiescenza la ripetizione immediata e la formula più
probabile. Anche se non è facile assimilarlo visivamente, un grafico come que-
sto contiene una grande quantità eli informazioni. Si possono scoprire impor-
tanti asimmetrie che aiutano a rivelare la funzione di uno schema. La colonna
verticale del Prinner, ad esempio, mostra che questo schema segue più frequen-
temente temi cotne la Romanesca, il Do-Re-Mi o lo Jupiter, mentre la riga oriz-
zontale del Prinner mostra che questo puo condurre a più di una dozzina di al-
tri schemi, lasciando solo pochissime possibilità a una successiva cadenza. Dun-
que la comparsa di un Prinner spesso è fortemente condizionata, ma eli per sé il
Prinner fornisce indizi scarsi su quale schema lo seguirà. Analogamente, l'Indu-
gio è più probabile che conduca a una cadenza Convergente e una cadenza
Cudworth a una Quiescenza, ma non il contrario.
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combinate in uno schema A
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Sol minore
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Una serie di schemi potrebbe essere immaginata come delle perle infilate in
una stringa mentale o un 'filo' cognitivo (vedi fig. 27.4). Questo filo rappresen-
ta un'impressione di continuità, che può nascere da semplici successioni, da
diversi tipi di schemi di livello superiore o dagli effetti di livello inferiore, ma
27. ((Il/t'lo". Un Poco adagio di]. Haydn 393
comunque significativi, del n1etro musicale e dei movimenti di grado delle par-
ti. Alcuni modi semplicistici di pensare che potrebbero essere fallaci per la lo-
gica formale - ad esempio; credere che, se due eventi capitano in successione,
il primo abbia causato il secondo - possono avere una forte influenza sulfuma-
na interpretazione della logica e della continuità musicale. Come ha osservato
Carl Dahlhaus, può essere tnolto difficile far credere che due passaggi suonati
in successione non siano correlati. 13
c·
Nella figura 27.5, lo schema A non solo è annidato all'interno dello schema C
ma contiene anche lo schema B. Quando uno schema è interamente contenu-
to da, o contiene interan1ente, un altro schema si hanno esempi astratti di anni-
damenti completi. Sono possibili anche sovrapposizioni semplici, come quan-
do lo schema D inizia in corrispondenza della fine dello schema C.
Pezzi altamente contrappuntistici come le fughe spesso presentano schemi
sovrapposti. Una nuova entrata del soggetto della fuga, ad esempio, potrebbe
13Dahlha us, C. , "Some Models of Unity in Musical Form~', in ]ournal o/ Music Th eory,
anno 19, 1975, nn. 2-30, specialmente il n. 14.
394 La musica nello stile galante
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Es. 27 .2- TI primo schema dell'esempio 27 .1 inserito
in una Fonte e un Monte
Tale schetna 6/5-5/3 in Fa n1inore (mostrato sopra nel rettangolo)- ciò che ho
chiamato Virgola nel capitolo sulle clausole (cap. I I ) - può annidarsi comoda-
mente all'interno tanto di una Fonte quanto di un Monte. TI contesto dello
schen1a più ampio altera retrospettivamente il significato dei gradi della scala
e delle armonie dello schema 6/ 5-5/ 3 annidato, così come lo schen1a 6/ 5-5/ 3
stesso aiutava a stabilire un'interpretazione dell'accordo 6/ 5. Così la tonalità
globale della Fonte è percepita meglio come Mib maggiore e quella del Monte
come Do minore, anche se entrambe hanno come inizio uno schema più pic-
colo che, udito da solo, sarebbe percepito in Fa minore.
Poiché è basata sulle statistiche della musica ascoltata e sull' apprendimen-
to, sulla memoria e su altre abilità cognitive umane, la teoria degli schemi non
insiste né su un insien1e canonico di schemi (alcuni modelli sì e altri no) né su
un insieme canonico di relazioni. Essa è descrittiva piuttosto che prescrittiva.
Essa accetta che gli esperti possano essere in grado di riconoscere un elevato
numero di schemi altamente differenziati, con implicazioni piuttosto specifi-
che, e che i neofiti possano applicare un insieme più essenziale e grossolano
27. ('Il filo". Un Poco adagio di]. flaydn 395
Come già detto, ogni studio delle implicazioni e delle realizzazioni dovrà indi-
care, anche solo in senso generale, la probabilità che un'implicazione I sia
seguita da una realizzazione R. Alcune combinazioni sono molto probabili,
alcune molto improbabili e altre si trovano a metà strada. Per ogni schema
dato vi sono anche certe combinazioni di caratteristiche che più o n1eno pro-
babilmente andranno a forn1are le sue parti costitutive. Allo stesso modo vi
14 Lord, A B., The Singer o/ Tales, Harvard University Press, Cambridge 1960, pp. 130- 1.
396 La musica nello stile galante
L'immagine delle "idee ... disposte una dopo l'altra'' si collega bene all'imma-
gine del filo cognitivo che collega una serie eli schemi. La metafora, però, dei
"sentieri meno conosciuti" suggerisce l'esistenza di più di un filo: non vi e solo
il filo intessuto lungo il percorso effettivamente intrapreso ma anche altri fili
che sarepbero potuti esistere se la musica avesse proceduto lungo percorsi
diversi. E per questo che vi sono i bivi lungo il cammino:
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Il percorso, o il filo, è il risultato di scelte operate ai vari bivi. Nella figura 27.7,
i percorsi M, N, O e P rappresentano le scelte che non sono state fatte.l6 L' ap-
porto musicale di queste scelte può variare considerevolmente da ascoltatore
ad ascoltatore. Qualcuno nuovo allo stile galante difficilmente sarà cosciente di
uno qualunque dei percorsi non intrapresi. Un compositore galante, per con-
tro, sarebbe stato a conoscenza di diverse alternative a ogni bivio e avrebbe
compreso le loro implicazioni. Imboccare un percorso tortuoso all'inizio di un
movin1ento, ad esempio, potrebbe essere un segnale che le dimensioni di tutte
le sezioni successive saranno ampliate. Prendere una scorciatoia nella seconda
metà di un movimento potrebbe essere visto come un ragionevole scrupolo
per evitare la noia all'ascolto.
Compositori erano quei musicisti talmente esperti nel trovare percorsi e in-
tessere fili che potevano mettere per iscritto le loro escursioni creative. Parlan-
do con disapprovazione di uno strumentista inesperto che si provasse a scrive-
re una sonata a due (solista e basso continuo) , Quantz commentò: ((Se non co-
nosce le regole della composizione, si fa scrivere il basso da qualcun altro" .17 n
senso che un basso contenesse la traccia essenziale del percorso m usi cale era
comune in ogni luogo e spiega in parte perché i partimenti fossero così comuni
nell'istruzione dei futuri compositori.
Leggere ed eseguire i partimenti richiedeva di saper riconoscere in ogni
momento un percorso adeguato. I partimenti elementari contenevano abbon-
danti indicazioni stradali in forma di numeri del basso continuo. I partimenti
più avanzati raramente davano allo studente una numerazione definita ma for-
nivano altri indizi sul percorso sottinteso. In un partimento fugato di Durante
(esempio 27.3), 18 ho contrassegnato le entrate della '(proposta" (P) e della
''risposta" (R). Si noti che, a partire da battuta 4, ogni nuova entrata è prece-
duta da un cambio di chiave:
1 p p R
R
6 p
---(materiale nuovo) - - -
Es. 27.3- Durante, un partimento fugato in La maggiore
16 Sia Meyer ch e Narmour trattano a lungo le impli cazioni non realizzate. Vedi , ad esem-
piot Narmour, E. , Beyond Schenkerisrn: Th e Need /or Alternatt'ves in Music Analysis,
University of Chicago Press Chicago 1977.
17 Quantz, J. J., Versucb einer Arzweisung die Flote traversiere zu spielen, Berlin 17 52. Saggio
di un . .rnetodo per suonare il flauto traverso, Rugginenti) Milano 1992, p. 358. ..
18
E una fuga di partimento txatta da Fellerer, K. G. , Der Partimento-spieler: Ubungen im
Generalbass-spiel und in gebundener l mprovisation, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1940, p . 19.
398 La musica nello stile galante
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Es. 27.4 - Leopold Mozart, copia dell'Hosanna di Eberlin (1769)
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Do maggiore
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La n1inore Proposta
li giovane Mozart divenne piuttosto esperto nel metodo del partimento di in-
capsulare una composizione polifonica in tm'unica parte di basso. Da adulto,
spesso abbozzava i pezzi su un unico pentagramma, usando di frequente cam-
bi eli chiave per indicare le entrate di nuove voci o per adattarlo ai diversi regi-
stri strumentali o vocali. Mozart non limjtava questa tecnica ai lavori contrap-
puntistici o sacri, e nean che Durante, che di frequente usava rapidi cambi di
chiave per indicare lo scan1bio tra basso e soprano in un immaginario dialogo
in stile concertante. L'esetnpio 27.6 è tratto dall'opera comica incompleta di
Mozart L'oca del Cairo; il brano comincia in chiave di soprano (batt. 22) con la
seconda parte di una coppia di cadenze, evasa e poi completa. La chiave di
400 La musz:ca nello stile galante
COMPLETA
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22
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28
7T -
La chiave di violino segnala gli eventi principali dello schema (le (chiamate')
mentre le incursioni del picchiettato comico sono segnalate dalla chiave di
basso (le (risposte'). Poiché stava prendendo appunti per se stesso, Mozart ha
notato solo alcuni dei cambi di chiave, il che ha reso ardua la lettura di questi
schizzi prima della loro decifrazione in un'edizione moderna. 19
ll resto di questo capitolo è dedicato agli appunti di Haydn per un movi-
mento lento del terzo quartetto per archi op. 20 del 1772. Come si vedra, but-
tando giù questi appunti anche Haydn sembra aver conservato molte delle
prassi di notazione insegnate nei partimenti avanzati, apprese forse dal suo
maestro napoletano Porpora.
Una trascrizione diplomatica degli schizzi si trova nell'edizione moderna
delle opere complete di Haydn. 20 Egli ha abbozzato la prima metà del movi-
mento su un grande foglio di carta pentagrammata, e la seconda meta su un
altro foglio simile. Questi abbozzi mostrano una corrispondenza più o meno
regolare rispetto alla successione destra-sinistra e alto-basso della notazione
tipica di una partitura finita, anche se alcune varianti di passaggi sono scritte
accanto ai loro modelli invece che là dove andrebbero inserite nel quartetto
completo. La lettura di questi schizzi può essere difficile. Non solo bisogna sal-
tare in continuazione dal quartetto allo schizzo e viceversa, ma si incontrano
anche vari percorsi n1usicali che non sono stati adottati nel quartetto definiti-
vo. Anche se un accurato confronto di ogni dettaglio delle bozze con la parte
o le parti corrispondenti del quartetto è inevitabile, credo che sia possibile
l'indice delle fonti musicali alla voce "Mozart,, Skizzen .
l 9 Vedi
20 Streichquartette) '(Opus 20)) und ((Opus 33" , a cura eli G eorg Feder e Sonja Gerlach in
]oseph I-laydn: Werke, a cura del]. Haydn-Institut, Koln, serie 12 , vol. 3, G . H enle, Mi.inchen
1958, p. I91.
27. ((Il filo". Un Poco adagio di]. Haydn 401
ottenere una visuale più ampia del modus operandi di Haydn integrando le
bozze e il quartetto in un 'unica partitura.
Se il filo può essere paragonato a una collana di perle, allora le bozze di
Haydn somiglieranno alla collana riposta in un piccolo portagioie: per meglio
osservare la collana si dovrebbe prima estrarla dal portagioie e dispiegarla com-
pletamente. Questo e ciò che ho fatto con le bozze di Haydn: ho preso i quattro
pentagrammi di parti frammentarie e li ho allineati, dove possibile su un unico
sistem.a, nell'ordine disposto da Haydn. Per gran parte del movimento abbozza-
to, Haydn ha scritto un solo pentagramma e non si è curato di abbozzare com-
pletamente alcune ripetizioni e riprese di materiale precedente. Per le battute
iniziali ha scritto tutte e quattro le parti, per le combinazioni di voci più compli-
cate ha scritto due parti e per l'apice di complessità del movimento - un in1pe-
gnativo Monte in modo minate - ha scritto di nuovo tutte e quattro le parti. Lo
spostamento dell'attenzione tra le voci naturalmente comporta dei cambi di
chiave, cosicché il risultato finale del n1io adattamento assomiglia molto a un
partimento avanzato. Un giovane compositore che abbia studiato i partimenti
avanzati avrà imparato tutto il necessario per creare una bozza o un progetto di
continuità, ed è probabile che questi due ambiti di attività si siano influenzati a
vicenda. Qualcuno a cui è stato insegnato a immaginare un tessuto a più voci
basandosi sugli indizi contenuti in una sola voce, quando avra bisogno di anno-
tare le sue idee, lo potra fare ancora usando una sola voce.
Una volta modificata la forma di notazione degli abbozzi, ho fatto altrettanto
per la notazione del quartetto, riducendo i quattro pentagrammi originali a due.
N on poteva essere conservata ogni nota di ogni parte senza creare un intrico di
note, ma spero che la perdita di alcuni insignificanti raddoppi e parti di ripieno
sarà compensata da un incremento della leggibilità del risultato. Dopodiché ho
posizionato gli schizzi tnodificati direttamente sopra ogni battuta del quartetto.
Le battute vuote negli schizzi indicano generalmente materiale ripetitivo che
Haydn non si è sprecato a tracciare e le battute vuote nel quartetto indicano del
materiale abbozzato che egli ha on1esso dalla versione finale.
Gli abbozzi, come mostra l'esempio 27.7, presentano quasi tutto il materia-
le contenuto nel movin1ento finito. Solamente alcuni passaggi indicano diver-
genze importanti dalla forma finale del movimento. La prima di queste inizia
a battuta 19, in cui Haydn ha tracciato un Monte (ho aggiunto fra parente~i un
accenno di seconda voce per rendere piu udibile il Monte Principale). E già
stato detto nei capitoli precedenti che con l'avanzare del secolo il Monte diven-
ne sempre meno frequente nella prima metà di un movimento. Per qualche
ragione Haydn ha scelto di espungere questo Monte dalla versione finale e vi
ha tracciato sopra una grossa X negli abbozzi. Ciò che mi sembra itnportante
ai fini di questo capitolo e che la scelta compositiva di Haydn era se aggiunge-
re o no al/ilo l'intero schema- in altri termini, se aggiungere un'intera perla
alla sua collana 1nusicale. Queste quattro battute (batt. 19-22) erano chiaramen-
te trattate come un'unità concettuale.
402 La musica nello stile galante
batt. I Haydn inizia abbozzando tutte e quattro le voci. C'è una consi-
derevole sovrapposizione di schemi (tessitura chiara ma relazio-
ni complesse) . Tutto il materiale ripetuto è appuntato in una sola
voce.
batt. 3 La risposta di Prinner di Haydn fa venire in mente le parole di
Leonard Meyer "semplicità gramn1aticale e ricchezza di relazio-
ni" .22 Per la sua successiva ricomparsa indico semplicemente
"Prinner"; eppure tale frase è anche una rete di riferimenti ad al-
tri importanti schemi. Le quattro note del basso, 0-@ -0-G),
sostengono il controcanto ridotto di un Fenaroli. La prima metà
della frase, con @ -@ al basso e una sonorità di # 4/2 sul secondo
quarto, coincide con un Passo Indietro e la seconda metà (batt.
4) con una Virgola.
batt. 13 Un Prinner modulante inizia un'ampia sezione ornata (trama
complessa ma relazioni semplici) abbozzata a due voci.
batt. 19 Come già detto, si tratta di un Monte Principale espunto dalla
versione finale.
batt. 2 7 Haydn escogita percorsi divergenti per arrivare alla cadenza (ve-
di oltre).
batt. 74 La grande complessità richiedeva che si schizzassero tutte e
quattro le voci.
batt. 8I n basso abbozzato mostra la struttura di Salti di T erza l Roma-
nesca in modo piu chiaro che non nella versione finale.
batt. 85 Ho cerchiato "et." ("eccetera'') di Haydn che rimanda all'ovvia,
ma non annotata nell'abbozzo, seconda metà della Fonte. Ha
senso che una struttura cosi comune co1ne quella d ella Fonte
non avesse bisogno di essere scritta per intero. Una linea curva
conduce a una bozza della battuta 88.
21 A causa dell'inclusione della bozza del M onte, i miei numeri di battuta clifferiscono da
quelli del lavoro finito di Haydn.
22 Meyer, L. B., "G·rammatical SimpUcity and Relational Richness: The Trio of M ozares
G -minor Symphony", in Critical l nquiry, anno 2, 1976, pp. 693-761.
27. {Ilfilo'j. Un Poco adagio di]. Haydn 403
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27. ((Il filo". Un Poco adagio di]. Haydn 413
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È nelle cadenze estese che i percorsi alternativi del filo sembrano diramarsi per
Haydn nel modo più lussureggiante. L 'esempio 27.8 mostra gli schizzi di Haydn
per quattro possibili percorsi cadenzali. n primo percorso, che è il più diretto
sfociando semplicemente nella cadenza, è stato escluso e depennato. Subito
sotto è stato abbozzato il secondo percorso, il quale prima devia verso un Passo
Indietro e poi vira repentinamente da una conclusione completa tanto con un
inganno quanto con un'evasione. Questo è stato il percorso scelto per conclu-
dere la prima n1età del movimento del quartetto. N el terzo percorso, destinato
alla seconda metà del movimento, Haydn espande il disegno del secondo per-
corso raddoppiando la lunghezza della fioritura sopra il @ del basso. n quarto
e ultimo percorso, che non è stato incorporato nel quartetto finito, aggiunge
l'ulteriore deviazione dell'Indugio. Si noti che nella seconda battuta di questo
quarto percorso, Haydn esagera con la fioritura ascendente, sicché cancella l' er-
rore e riprende il corso normale. Escludendo questo quarto percorso, con il suo
Indugio cromatico e alquanto frenetico, Haydn può aver avuto l'impressione
che anch'esso fosse esagerato dato il carattere dell'intero movimento.
Non deve sorprendere che Haydn, allievo di m1 celebre n1aestro napoletano,
abbia creato un abbozzo in stile di partimento, e neppure che, dopo aver rag-
giunto da giovane la padronanza dello stile galante italiano, abbia utilizzato
quasi l'intero repertorio di schen1i presentati in questo volume. Quel che trovo
sorprendente è che a due secoli di distanza temporale e culturale si sian potute
ritrovare intatte le tracce di un particolare tipo di pensiero musicale-compositi-
vo basato sugli schemi. Sembra chiaro che Haydn avesse l'equivalente di un
portagioie mentale pieno di p erle musicali, gli schemi galanti. Poteva scegliere
di aggiungere una perla al filo o poteva cambiare idea e toglieme una. Sembra
quasi di sentirlo pensare "un Monte funziona b ene qui, però ... forse è meglio
toglierlo", oppure ''la Fonte inizia qui", oppure "il Fenaroli va bene qui ... b asta
scrivere il p.rin1o". Quando visualizzava i percorsi dira1narsi in diverse direzio-
ni anche le sue bozze si diramavano, come se stesse valutando ogni alternativa:
"il solito basso ... troppo semplice. Un Passo Indietro seguito dal solito basso .. .
buono prima della doppia barra. Un Passo Indietro con un'estensione fiorita
che porta a un Cudworth ... buono p er la fine. Passo Indietro, estensione fiori-
ta, Indugio, cadenza Convergente ... troppo! ". Naturalmente non c'è prova che
Haydn usasse particolari nomi per gli schemi, o perfino che pensasse musical-
mente in termini verbali. Ma satebbe difficile spiegare i suoi con1portamenti se
non avesse appreso i concetti e le categorie galanti corrispondenti. La sua mae-
stria compositiva, di cui andava giustamente fiero e di cui riconosceva il merito
a Porpora, sembra chiaramente ancorata alla conoscenza delle caratteristiche
proprie di ogni schema galante, e dimostra ciò che Leopold Mozart avrebbe
definito der gute Satz ("la buona composizione"). Saper come legare insieme gli
schemi e come valutame gli effetti richiedeva una conoscenza da manuale della
Ordnung, del (filo' C'l'ordine" del materiale musicale), e ciò è dovuto al gusto
musicale altamente sviluppato di Haydn.
27. ''Il filo". Un Poco adagtò di]. Haydn 415
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(Abbozzato ma non usato; basso aggiunto)
CONVERGENTE
Johann Joachim Quantz (1697-1773) possedeva tre chiavi del successo in una
corte settecentesca. Era un interprete di talento (principalmente al flauto),
componeva musica che deliziava il pubblico aristocratico (prima a Dresda e
poi a Berlino) e sapeva come assecondare i potenti principi (l'elettore di Sas-
sonia e, soprattutto, Federico il Grande, re di Prussia). Essendo simtÙtanea-
mente <<compositore per la corte reale", ''compositore per la camera reale" e
"professore di flauto per il re di Prussia", Quantz riceveva dieci volte la paga
del clavicembalista del re, Carl Philipp Emanuel Bach (I7I4-I?88) , anche se
Bach era un musicista di straordinarie abilità. La n1usica di successo a corte
non era "arte per l'arte", per usare l'espressione romantica. Christian Gott-
fried Krause (I?I9-I7?0), un illustre avvocato di Berlino e appassionato di mu-
sica alla corte del re, descrisse Cari Philipp Emanuel come un Milton della
musica le cui melodie richiedevano "approfondita conoscenza prelitninare"
prima che potessero dilettare. 1 Non tutti i cortigiani avevano il tempo o l'incli-
nazione per un'" approfondita conoscenza prelin1inare". Una strategia vincen-
te per un compositore di corte era quindi di creare della musica che potesse
essere compresa e apprezzata al primo ascolto, e Quantz interpretava questo
ruolo alla perfezione.
A Vienna Quantz studio contrappunto con Jan Zelenka, il quale sarebbe
stato poi maestro dello stesso Riepel. In seguito, dopo essersi assicurato un im-
piego da oboista a Dresda e Varsavia, ebbe la possibilità di trascorrere circa
due anni di studio in Italia, a partire dal 1724. Qui incontro i più grandi can-
tanti dell'epoca, incluso il castrato Farinelli, e ascolto la musica di molti dei
compositori trattati nei precedenti capitoli: Somis, Leclair, Domenico Scarlat-
ti, Leo, Hasse, Marcello, Porpora e Gasparini. Come W odiczka, che studierà
anch'egli a Vienna dieci anni dopo, Quantz imparò a replicare tutti gli schemi
in auge. Le esposizioni 'da manuale' del Romanesca-Prinner nella sua siciliana
da una sonata a tre in Sol minore attestano la padronanza di Quantz dello stile
galante italiano (es. 28.1).
1 Una lettera di Krause al poeta Johann WilheLn Ludwig G leim, 20 dicembre 1747, citato
in Mallard, J . H ., ''A Translation of Christian Gottfried Krause's Von der musikalischen
Poesie ... ", tesi di dottorato University of Texas, Austin r978, p. 205: ''Bach ist ein Milton ...
Man muB mit seinen Melodien vorher recht bekannt werden, ehe sie gefallen".
28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 417
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tera gamma dei temi che avevano occupato i pensieri di questo famoso musi-
cista durante la sua lunga e folgorante carriera, e fornisce una guida in quelle
aree che probabilmente trascendevano la comprensione del suo pubblico, for-
mato in gran parte da musicisti amatoriali.
Quantz si sofferma a lungo sull'arte di abbellire un"' aria semplice". n pro-
blema dell'interprete inesperto era che un manoscritto o una stampa settecen-
tesca di un movimento lento in genere forniva soltanto l'ossatura della melo-
dia. Alcuni piccoli abbelli1nenti potevano essere aggiunti quasi meccanicamen-
te. Ad esempio, un intervallo di terza discendente invitava a riempirlo con una
nota di passaggio. Ecco tre dei diciassette suggerin1enti di Quantz su come
abbellire l'intervallo da mz~ a do 5 , in ordine crescente di complessità:
a) b) c)
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tati in questo libro. Quando però si esaminano le "variazioni" che Quantz forni-
sce per tale '' aria semplice", diventa chiaro che la terza conclusiva era destinata
a essere riempita. Egli scrive trentotto variazioni intercambiabili per gli esempi
di figura 8, quasi tutte con la conclusione melodica /a5 -mi .5 Nell'esempio 28.4
ho inserito le sei che egli ritiene speciahnente pertinenti ill'
esen1pio finale della
sua figura 8 (le indicazioni dei gradi della scala sono mie, le lettere che indicano
le variazioni sono di Quantz). Tutte le variazioni tranne la q terminano con un
diade 0-~ (e ho il sospetto che lo stampatore, nella versione q) si sia dimentica-
to un/a5 di abbellimento che era implicito); le variazioni o, q e r presentano una
Caduta del @ Acuto, e la variazione n presenta una breve melodia di Prinner (il
tempo è adagio). Perciò, benché quest'aria semplièe finale fornita nella figura 8
di Quantz sembri sulla carta atipica per gli schemi galanti, le variazioni proposte
rivelano che in fase di esecuzione era destinata a sembrare tipica all)ascolto. Inol-
tre, egli fornisce i contesti melodici di repertorio appropriati in cui gli schemi di
questo blocco potrebbero essere facilmente inseriti. Se il teorico Quantz a volte
si esprime in n1aniera singolare (si tratta della prima pubblicazione di un autore
non avvezzo a scrivere), il musicista Quantz rappresentava infallibilmente la
prassi musicale dominante. Le prolisse variazioni del musicista aiutano a spiega-
re ciò che il laconico teorico aveva in mente. Per le figure 3 e ro, tali variazioni
sono state cruciali per capire che Quantz intendeva queste arie semplici rispetti-
vamente nei contesti di Sol maggiore e Fa maggiore (le alterazioni tra parentesi
nella tavola di Quantz sono mie).
m) Oo n) o) 8
p) q) r)
3
3
Es. 28.4 - Quantz, Versuch, dai suoi trentotto modi
di abbellire la figura 8 (1752)
Un esame delle centinaia di variazioni che Quantz fornisce per le molte figure
musicali nel suo trattato ci porterebbe ben oltre lo scopo di questo libro.
Quantz stesso si dev'esser reso conto di quanto poteva essere difficile assimila-
re una tale mole di frammenti melodici sconnessi e intricati, infatti nel seguito
5 , Versuch (Saggio) , Tav. xrr, fig. 8.
28. Un Adagio esemplare di]. ]. Quantz 421
del trattato egli tenta di fornire una summa dell'arte delle "variazioni estempo-
ranee" nella forma di un Adagio completo per flauto e basso continuo. Questo
Adagio include non solo l'aria semplice e il suo abbellimento consigliato, ma
anche numerosi rimandi alla tabella delle figure (Tavola VIII) e alle centinaia di
abbellimenti suggeriti per le sue melodie semplici. Questo Adagio è senza dub-
bio il grande tour de force di questo trattato. Ma è da notare che l' ordi11e delle
figure nella tabella di Quantz segue strettamente l'ordine in cui esse compaio-
no nell'Adagio, che poche configurazioni musicali dell'Adagio non compaiono
nella tabella, e che configurazioni importanti assenti nell'Adagio sono assenti
anche nella tabella. Suppongo quindi che Quantz abbia usato un Adagio pree-
sistente e abbia costruito la tabella basandosi su di esso, oppure che abbia
scritto l'Adagio e la tabella insieme di pari passo. In ogni caso, i precisi rimandi
ai "tipi comuni" di accoppiamento basso-melodia nell'Adagio di Quantz forni-
scono dei validi termini di paragone con gli schemi descritti in questo libro.
Andare a ritrovare nella tavola delle figure o nelle molte pagine di abbelli-
menti gli oltre 140 singoli rin1andi presenti nell'Adagio può stancare persino il
lettore più diligente. Per ovviare al problema presenterò questo Adagio frase
per frase, sostituendo i rimandi di Quantz alle figure con la riproduzione degli
accoppiamenti basso-melodia (ossia l'aria semplice più il basso) corrisponden-
ti. I rimandi agli abbellimenti sono già inseriti nella voce abbellita disposta
sotto l'aria semplice. Ecco la frase iniziale:
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Come abbiamo già visto in molti, moltissimi esempi precedenti, questa rispo-
sta non potrebbe essere più normale e scontata. Eppure essa presentava una
sfida per il Quantz teorico: un Prinner modulante inizia in una tonalità e ter-
mina in un'altra. Egli ignora la parte in Do n1aggiore del primo Prinner e ri-
manda invece alla figura 3, un Sol-Fa-Mi in Sol maggiore. Come già detto, l'-
ho scritta con un diesis in chiave (fra parentesi) poiché la tabella delle varia-
zioni della figura 3 di Quantz ha una chiara armatura di Sol maggiore, anche
se la figura 3 originale ha un 'armatura di Do maggiore con il fa# inserito nel
basso continuo.6 Si noti che nell'aria abbellita del primo Prinner, il/a q5 di
appoggiatura dà un leggero sapore misolidio alla frase, laddove nel secondo
Prinner compaiono ornamentazioni più tradizionali, inclusa la Caduta del 8
Acuto. La ripetizione del Prinner potrebbe essere concepita interamente in
Sol maggiore, così ora Quantz riconosce che l'inizio del Prinner, figura 7,
conduce alla figura 3· Questa figura 7 potrebbe essere una sorta di espedien-
te per calzare con il Prinner modulante, a patto che essa non compaia più
nella sua analisi dell'Adagio. La Tavola VIII di Quantz contiene chiari Prinner
6 _ _, Versuch (Saggio), Tav. VIU, fig. 3·
28. Un Adagz"o esemplare di].]. Quantz 423
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fetti poi segue (batt. 6-7 dell' es. 28.8).
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Poiché il suo fraseggio è sfasato rispetto alla risoluzione armonica (ogni semi-
frase termina 'aperta'), il personaggio dello studente di Riepe1 avrebbe potuto
dire nuovamente che essa "non appartenga né al Monte, né alla Fonte, né al
Ponte" (cfr. es. 14.I8). L'armonia di tonica di Do maggiore ritorna solamente
all'inizio di una nuova frase a battuta II (es. 28.ro, a pagina seguente). Eppure,
nonostante l ' insolita scansione, sono presenti tutte le caratteristiche della
"
Fonte, inclusa la sua funzione di digressione tonale. E abbastanza curioso che
Quantz rimandi alla sua figura 8a per la fine della metà minore della Fonte (la
fine di batt. 9 e l'inizio di batt. ro), ma che non rimandi alla stessa figura per
l'analoga fine della meta maggiore (cfr. es. 28.ro, batt. ro-II, a pagina seguen-
te). Poiché questi rimandi avevano lo scopo di fornire dei contesti per guida-
re gli abbellimenti, e poich é la fine della seconda metà d ella Fonte è solo in
minima parte abbellita, Quantz può aver ritenuto superflua una tale conte-
stualizzazione.
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Dopo la digressione e il ritorno procurati dalla Fonte, Quantz dispone una se-
rie di brevi cadenze a facilitare uno spostan1ento alla tonalità di La minore
(vedi es. 28.10, qui sop ra). La sua figura 5 rimanda a un Prinner esteso a una
cadenza sospesa, la qu ale nell'Adagio sembra presente soltanto nel senso piu
astratto. Ciò significa che si possono identificare delle note che scendono lun-
go un esacordo da /a 5 a la 4, ma il basso e l'armonizzazione della figura 5 non
sono affatto evidenti. Il basso dell'Adagio è più tipico della cadenza Conver-
gente; inoltre le sue figure non mostrano eco del forte parallelismo del model-
lo Virgola-Cadenza sospesa prima in maggiore e poi in minore una terza tni-
nore sotto.
La risposta alla cadenza sosp esa in La minore (batt. 12 dell'esempio 28.11, a
pagina seguente) arriva molto dopo, come da una seconda metà di un Meyer,
con la prima di due ampie Virgole (batt. 13-14): La versione fiorita di queste
Virgole m ostra che Quantz tratta la prima esposizione in modo più debole e
ordinario, la seconda in modo più forte e più enfatico (si noti la Caduta del 8
426 La musica nello stile galante
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Es. 28.11- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
Acuto). Le Virgole in genere precedono una forte cadenza, ed è questo il caso,
in cui esse conducono all'intricata conclusione di questa sezione in La minore.
Si noti in particolare come Quantz coordini la discesa melodica esacordale con
vari schemi eli forza conclusiva crescente:
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Es. 28 .14- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
428 La musica nello stile galante
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Al posto dei due Prinner modulanti delle battute 3-4, Quantz inserisce un
Prinner non modulante che appare come un ibrido tra i suoi due tipi ideali, le
figure 15a e 15b. Ciò vuoi dire che la sua prima metà presenta il basso discen-
dente di grado e i ritardi 7-6 della figura 15a, mentre la sua seconda metà pre-
senta il basso per salti sul circolo delle quinte di figura 15b:
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Es. 28.16- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
28. Un Adagio esemplare di].]. Quantz 429
Quantz collega la fine del Prinner all'inizio di un complesso di schemi che po-
trebbe facilmente rappresen tare la cadenza finale se esso non concludesse un
po' troppo 'facilmente', mancando dell'enfasi di una cadenza Cudworth o del-
l'estensione delia cadenza Lunga e della cadenza Grande:
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compositore galante posteriore potrebbe inserire due Quiescenze:
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Es. 28.18- Quantz, Versuch, Adagio (1752)
430 La musica nello stile galante
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Data la sua lunga esperienza prima a Dresda e poi a Berlino, dove prevaleva-
no gusti conservatori, è ragionevole che Quantz abbia selezionato o composto
un Adagio che può sembrare fuori moda e pedante per l'epoca del suo tratta-
to, gli anni '50 del secolo. Gli schemi presentati in questo libro sono generaliz-
zazioni della prassi galante nel suo complesso, con speciale attenzione alla
prassi italiana più in voga. Non ci si può aspettare che la prassi italiana rical-
chi sotto ogni aspetto le abitudini musicali di un musicista più anziano in una
corte tedesca. Eppure c'è davvero un alto grado di corrispondenza tra le figu-
re di Quantz e gli schemi galanti. La prassi galante era così ampiamente diffu-
sa, e insegnata con così tanta cura, attraverso partimenti, solfeggi e altri ritua-
li, che si può facilmente parlare di uno stile musicale internazionale. Quantz,
come Jommelli o Mozart, utilizza uno Jupiter come tema, un Prinner come
risposta, una Fonte per una digressione, un Monte per aumentare la tensione,
una Virgola o un Passo Indietro per preparare a una cadenza più forte, e così
via. Questi erano i percorsi lungo cui scorreva la musica galante, e i musicisti
eli corte in ogni luogo sembrano essersi sentiti a casa in questa ambientazione.
Uno degli scopi di Quantz nel presentare questo Adagio modello era di dare
agli interpreti un contesto per le scelte che essi dovevano affrontare per abbel-
lire un'"aria semplice". Egli ha fondato la sua nozione di contesto sugli "inter-
valli più comuni". Il musicista moderno interessato alla prassi esecutiva stori-
ca dovrebbe tener presente che mentre diversi ''intervalli" possono essere
impiegati in contesti diversi, gli intervalli da soli non sono sufficienti a deter-
minare il loro contesto di appartenenza. L'Indugio, ad esempio, è un contesto
con una tradizione di abbellimenti caratteristici (vedi cap. 20). Tali abbelli-
menti compaiono nella musica di Quantz ma si allontanano dal suo concetto
di ''intervallo". Riesaminare le sue tecniche di abbellimento alla luce dei con-
testi specifici degli scherni galanti può dunque suggerire le norme di abbelli-
mento più appropriate. Gli schemi suppliscono alle omissioni nel primo tenta-
tivo (Versuch) di Quantz di formulare una teoria, rinforzando la ricca vena
della sua prassi giustamente lodata.
29
Un Allegro esemplare
di Francesco Galeazzi
dai suoi Elementi teorico-pratici
di musica ... , Roma, 1796
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Una Fonte era quasi sempre una buona scelta per un'inserzione parentetica,
giacché essa può allontanarsi per poi ritornare alla stessa tonalità. La scelta di
Koch mostra pero anche sensibilità per una coerenza melodica su larga scala.
La discesa 0 -0 ... 0 -~ delle note principali della melodia del Sol-Fa-Mi po-
trebbe essere estesa fino a raggiungere un @ a battuta 6. Quest'ultimo sarebbe
il re5 , l' G) della metà in minore della Fonte, la quale, continuando la progres-
sione, conduce a un G) globale (( un tono sotto" nella metà in n1aggiore (batt.
8). Così !"'esatta condotta" è una combinazione di un'appropriata sequenza di
schemi con un'attenzione per la fluida realizzazione delle implicazioni melodi-
che che possano emergere.
La seconda scelta di Koch, un 'ulteriore "espansione" della precedente inser-
zione parentetica coinvolge l'inserimento di Fenaroli completi all'interno di
ogni metà della Fonte. Questa "parte" di otto battute viene poi estesa ulterior-
mente da una cadenza Convergente (es. 29.2). Di nuovo il @ globale, il re5 , è
7
Koch , H. C., Versuch einer Anleitung zur Co1nposition, vol. 3, Leipzig 1793, pp. 2 sgg.:
"Von der Verbindung der melodischen Theile, oder von dem Baue der P erioden".
8 Versuch, vol. 3 p. 2 18, sez. 70: <' die Parenthese, oder clie Einschaltung'' . G li esem-
pi musicali sono le sue figu re 5 e 6, pp. 221-2.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 43 7
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Sebbene Koch scrivesse delle ovvie Fonti e riconoscesse l'influenza di Riepel,
non usava i termini "fonte", "monte" o ' ponte". Curiosamente, a parte le indi-
cazioni di tempo, Koch non impiegava quasi nessun termine italiano, evitando
persino le sillabe del solfeggio. Forse, come maestro di cappella della piccola
corte protestante di Rudolstadt in Turingia, voleva evitare l'impressione di
descrivere una pratica cattolica. Gli esempi n1usicali di Koch, però, sono sem-
pre e comunque concordi con le prassi italiane descritte nel "triplice esempio"
di Riepel. La chiara comprensione di Koch dei dettagli normativi degli schemi
standard può essere osservata nella sua trattazione delle cc progressioni ". 9 Egli
ini zia descrivendo le progressive ripetizioni di un breve motivo discendente
lungo i gradi della scala e fornisce la seguente frase come esempio:
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Nella tonalita di Sol maggiore, le note che cadono sui tempi forti (mi5 , re5 , do
st~) fanno sentire la melodia del Prinner. Koch sembra aver fatto la stessa ass6~
ciazione: fa notare che a causa della ''armonia sottintesa" potrebbe essere ne~
cessario aggiustare qualche intervallo. Per illustrare la sua tesi presenta un
esempio piu galante, in cui marca due intervalli ((modificati" con la croce di
Malta. Come mostrato sotto, la frase da lui fornita, ora in Re maggiore, presen~
ta un'istanza prototipica del Prinner galante di quattro battute, completo con
la Caduta del @ Acuto e una cadenza sospesa conclusiva:
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Koch era nato e lavorava a Rudolsta.dt, una. piccola corte protestante alquanto distante
dai grandi centri dello stile gaJante. n re al basso a battuta 4 n elresempio 29·5, seppur rispet-
tando t> armonia di Prinner, non era esattamente appropriato. Un /a# 4 sarebbe stata una scel-
ta fjù galan te.
2 , Versuch, vol. 3, p. 365.
440 La tnusica nello stile galante
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Galeazzi incontra una situazione simile dopo la conclusione del primo "perio-
do" della sua melodia, e l'affronta scegliendo le stesse parti di base con quasi le
stesse procedure (vedi es. 29.9). 15 Dopo una cadenza completa nella tonalità
della tonica, Do maggiore, un Prinner modulante si estende fino a una caden-
za completa sulla dominante della nuova tonalità di Sol maggiore (V del V), se-
guito poi da due esposizioni di un Fenaroli (la normale voce con 0-CD-0 -®
dovrebbe essere al basso).
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442 La musica nello stile galante
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Mentre le scelte di Koch sono state fatte nella 'forma di concerto' o nella
'forma di aria', quelle di Galeazzi sono operate nella 'forma sonata'. Giacché
in entrambi i casi si sono fatte le stesse scelte generali, è ragionevole dedurre
che la 'forma' aveva relativamente poca influenza sulla 'connessione delle
parti'. Altro che non comprendere la forma ed essere incapaci di articolare i
suoi segreti 'più profondi'; i compositori galanti e gli autori di trattati musica-
li la forma la comprendevano molto bene: comprendevano le abilità pratiche
degli ascoltatori di seguire gli schemi di ripetizione, digressione o ripresa, di
seguire la salita o la discesa di successioni nella melodia o nel basso, e com-
prendevano anche che la vera arte della composizione risiede nel guidare istan-
te per istante le esperienze del loro mecenate e del loro pubblico. I composi-
tori galanti descrivevano in modo succinto la forma generale dei movimenti nei
diversi generi musicali perché la tecnica di gestire il 'filo' dipendeva pochissi-
mo dai diversi schemi formali. Bisognava soltanto essere cç_:>nsapevoli di poche
importanti diramazioni possibili nel corso del cammino. E vero che Galeazzi
trasforma il carattere del F enaroli, e il suo trattato descrive questo "passo cara t-
teristico" come "dolce, espressivo, e tenero" 16 in un modo che ricorda molto
le definizioni romantiche di un secondo tema lirico. Tuttavia navigare seguen-
do la percezione dei contrasti di carattere, che divenne un'importante strate-
gia di ascolto man mano che le composizioni dell'Ottocento crebbero tanto in
lunghezza quanto in complessità, è un procedimento del tutto estraneo a un
concetto galante di 'forma'.
Come già detto, per molti studiosi l'analisi formale di un movimento del
diciottesimo secolo comporta ancora la ricerca dello sviluppo, del secondo te-
ma e di altri segni ottocenteschi della forma sonata. li ventesimo secolo ha ul-
teriormente aggiunto un livello professionale di analisi in cui lo scopo è di as-
16 _ _, Elementi, vol. 2, p. 256.
29. Un Allegro esemplare di F. Galeazzi 443
segnare a ogni suono il suo posto in una vasta 'gerarchia tonale'. Ci si potreb-
be chiedere il perché di ciò. La risposta tipica è che la gerarchia tonale dimo-
stra l'unità organica delle opere d'arte musicali prodotte da un ristretto grup-
po di grandi musicisti. Questa è sicuramente una soluzione metafisica a pro-
blemi autoinflitti. Poiché la musica, nel vero senso della parola, si produce
nella mente utnana piuttosto che in un mondo metafisica di 'spiriti' o 'volon-
tà' tonali, quel che dovrebbe interessarci è una gerarchia cognitiva, la quale è
tipicamente una struttura mentale che delinea livelli di astrazione. Si prenda,
ad esempio, il romanzo diJane Austen Orgoglio e pregiudizio.17 Un lettore o
un ascoltatore (in passato i romanzi erano spesso letti in pubblico) sente dei
suoni (fonemi) che insieme vanno a costituire parole; le parole vanno a costi-
tuire proposizioni, le quali, coordinandosi, vanno a costituire enunciati, i qua-
li nei testi scritti vanno a costituire capoversi, poi capitoli e infine il libro nella
sua interezza. A ogni livello di questa gerarchia cognitiva gli elementi che si
generano sono di tipo abbastanza diverso fra loro. La sostanza di un capitolo,
ad esempio, non è il testo di ogni singolo paragrafo, né la sostanza di un ro-
manzo nel suo complesso è il testo di ognuno dei suoi capitoli. In una gerar-
chia tonale, per contro, sembrerebbe che gli elementi di ogni livello siano
esattamente gli stessi elementi del livello superiore o inferiore. p,e r fare un
esempio assurdo ma concreto, si potrebbe sostenere che la sostanza del finale
della nona sinfonia di Beethoven sia la nota re che conclude il pezzo. Analo-
gamente si potrebbe sostenere che la sostanza di Orgoglio e pregiudizio sia
l'ultima parola scritta: them.
Più si studiano attentamente l'arte e la tecnica della musica di corte del
diciottesimo secolo, meno l' 'unità organica' dell'opera d'arte musicale appare
(per citare l'inizio del romanzo di J an e Austen) "una verità universalmente
riconosciuta". Sicuramente esisteva una gerarchia nella musica galante: le note
andavano a costituire figure, le quali andavano a costituire frasi, le quali nella
musica strumentale si combinavano in sezioni, movimenti, brani e infine in
raccolte pubblicate. All'interno di ogni ben distinto livello della gerarchia,
però, c'era una considerevole libertà e flessibilità. Sostituire un re con un do#
in un piccola figura melodica non avrebbe causato il collasso dell'intero edifi-
cio musicale, né lo avrebbe causato la sostituzione di un Sol-Fa-Mi con una
Romanesca. Come ha illustrato lo psicologo cognitivo Herbert Simon più di
trent'anni fa,l8 le gerarchie dei sistemi complessi sono di solito ((parzialmente
scomponibili", il che significa che ogni livello della gerarchia ha una certa
misura di indipendenza. Ciò che egli ha chiamato "legame debole" [loose cou-
pling] è la relativa debolezza delle interazioni tra livelli e la relativa forza delle
interazioni all'interno di un dato livello. L' 'esatta condotta' del 'filo' era cru-
17 Austen,J., Pride and Prejudice) a Novel, T. Egerton, London 1813.
18 Simon , H ., "The Organization of Complex Systems", in Hierarchy Th eory: The Chal-
lenge o/ Complex Systems, a cura di Howard H. Pattee, G eorge Braziller, New York 1973,
pp. 1-28.
444 La musica nello stile galante
Nel complesso [ ... ] sono abbastanza soddisfatta. TI libro è fin troppo leg-
gero, e brillante, e frizzante; richiede ombra; richiede di essere allungato
qua e là con un lungo capitolo pieno di significato, se ne potesse avere;
altritnenti, di solenne e speciosa sciocchezza, su qualcosa di scollegato
rispetto alla storia: un saggio sulla scrittura, una critica a W alter Scott, o la
storia di Buonaparté [sic] , o una qualunque cosa che crei un contrasto e
porti il lettore con crescente diletto verso la giocosità e l'arguzia generale
dello stile generale.19
sità" dello stile di Beethoven. Marx non consigliava uno stile mozartiano ai
suoi contemporanei, e negli anni '2o del Novecento Heinrich Schenker lo at-
taccò violentemente ("gli errori sguazzano come ratti nelle chiaviche del-
l'ignoranza") per non aver compreso l'organica (( sintesi di sonata" di Mo-
zart.23 Perciò, riguardo la "sprezzatura " galante nel collegamento di ''piccole
strutture", si può individuare una graduale evo] uzione da una descrizione po-
sitiva (Koch, Galeazzi, Austen) a un ricordo neutrale (Marx) al rifiuto e alla
condanna (Schenker).
Nella tabella precedente in cui la melodia di Galeazzi è scomposta in base
a diverse tassonomie, una differenza vistosa tra le prime due colonne è che la
colonna degli schemi è molto più dettagliata. Galeazzi era consapevole delle
omissioni nella sua descrizione e accenna al fatto che la sua ''piccola, sempli-
cissima" esemplificazione non contiene ogni possibile d ettaglio. C'è però
un'altra ragione di tale differenza: il pubblico per cui scrive. N"ella pagina del
titolo è esplicita la destinazione a ''principianti, dilettanti, e professori di vio-
lino". In altre parole, più che una spiegazione tecnica della melodia per l' eser-
citazione degli aspiranti compositori, i termini di Galeazzi sono una serie di
impressioni o caratteristiche che possono essere riconosciute da lettori senza
una preparazione professionale (sono convinto che parlasse ai 'professori di
violino' per suggerirgli come rivolgersi ai loro acerbi studenti) . Cotne Riepel e
Koch, egli utilizza per la maggior parte esempi descritti in termini generici e
funzionali. Come già accennato, la vasta conoscenza non verbale che i musici-
sti professionisti acquisivano attraverso gli anni di studio dei partimenti, dei
solfeggi e delle partiture famose sotto la guida di un maestro è nettamente in
contrasto con ciò che può essere trasmesso con le parole a dei musicisti ama-
toriali. Potrebbe non essere un'interpretazione esagerata descrivere questi
trattati di musica ampiamente diffusi nel Settecento come 'traduzioni' da una
cultura ritualizzata, preindustriale e non verbale a una cultura commerciale,
moderna e verbale.
Forse l'aspetto più moderno della melodia di Galeazzi era, come accenna-
to, il suo trattamento del tema iniziale:
DO-MI-SOL EVASIONE VIRGOLA LUNGA
1 3
@ (Segue)
23 Schenker, H., Die Tonwille, trad. ingl., vol. 1, p. 66.
446 La musica nello stile galante
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Es. 29.11 - Carulli, solfège (r838), ristampato in
Danhauser, vol. 3, n. 1, Andantino
25
Danhauser, A., Solfège des sol/èges, Schirmer, New York 1891; Lemoine, H., Carulli, G.,
Danhauser, A., Lavignac, A., e Lemoine, L., Sol/ège des sol/èges, H. Lemoine, Paris 1910.
448 La musica nello stile galante
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Es. 29.12 - La sonata modello di Galeazzi con un basso
aggiunto per rendere chiari gli schemi
30. Riepilogo e cadenza 453
Un uomo nella posizione di Rudolph non poteva trovare una risposta ade-
guata a una tale accusa, lanciata per così dire a distanza di mezzo secolo. Le
rigide formule dell'uomo dell'Ottocento - "la forma segue la funzione", la
celebre frase "Less is more" , "l'ornamento è un crimine", "una casa è una
n1acchina in cui vivere" - non possono essere confutate, non più dei resti
della statua gigante di Ozymandias ridicolizzata nel fan1oso sonetto di Shel-
ley. Gli scritti e le opere dei grandi pionieri sembrano effettivamente delle
''enormi gambe di pietra senza tronco'' , ma ai loro altisonanti pronuncia-
menti gli uomini della generazione di Rudolph possono solo replicare con
la con1plessità, con precisazioni, correzioni, spiegazioni. 2
Come tutti gli schemi galanti, il Prinner era saturo di associazioni e di prassi di
una tradizione vivente. Non era né essenzialmente una successione di accordi
né fondamentaln1ente una discesa parallela delle voci estreme, anche se era cor-
3 Bourdieu, P., Il senJO pratz'co, trad. it. di Mauro Piras, Armando, Roma 2005, pp. 86-7
(orig. Le sens pratique, Editions de Minuit, Paris 1980).
456 La musica nello stile galante
relato a tali modelli. Quando nel Romanticismo la teoria della musica rese l' ar-
monia l'elemento essenziale della musica, il Prinner, nelle sue due forme armo~
nicamente incompatibili (la variante modulante e quella non modulante), di-
ventò sempre più invisibile, sempre più inaudibile. Come un frammento di va-
so antico, è rimasto sepolto fra i detriti musicali dell' ancien régime per quasi
due secoli. Pero, ogni assiduo lettore di questo libro inizierà ora a riconoscere i
Prinner ascoltando la musica del diciottesimo secolo. I Prinner erano onnipre-
senti nello stile galante perché costituivano utili risposte, e i dettagli delia loro
costruzione operavano all'interno di modelli di pensiero armonico-contrappun-
tistico che erano stati condizionati da un apprendistato ritualizzato sul basso
nwnerato, sui partimenti e sui solfeggi. Per chi fosse all'interno di questa cultu-
ra musicale di corte il Prinner aveva bisogno di essere presentato, non spiegato.
li Mozart bambino, ad esempio, imparò a presentare il Prinner di base quando
aveva solo cinque anni (K xc; vedi es. 25.3), e senza dubbio egli ne scrisse centi-
naia di versioni nel corso dei successivi trent'anni. Ognuna di esse era inserita in
una rete di stili, riferimenti, tecniche compositive e prassi retoriche.
Quello di Mozart è un caso speciale perché spesso si spingeva fino ai mar-
gini di ciò che era considerato un'espressione musicale accettabile: per questo
i suoi lavori potevano deliziare o ripugnare a seconda dell'ascoltatore o del-
l' esecutore. Dittersdorf, un compositore affidabile e moderato, con un grande
successo a corte, ricordava un ministro imperiale paragonare la sua musica a
''una tavola ben fornita e deliziosamente apparecchiata. I piatti sono ben pre-
sentati. Se ne può gustare un bel po' da tutti quanti senza rischio di indigestio-
ne" .4 Lo stile maturo di Mozart, per contro, doveva dar l'impressione di un
gusto piuttosto artefatto. Dittersdorf e Mozart si conoscevano bene: suonava-
no persino insieme, accanto a Haydn e Vanhal, in un quartetto d'archi di
amici. Verso la fine degli anni '8o del Settecento, però, Dittersdorf aveva ini-
ziato a esprimere riserve sullo stile manierista ed esoterico di Mozart. In una
lettera all'editore Artaria dell'agosto 1788, con cui gli offriva in vendita j suoi
recenti quartetti per archi, scrisse, ''sono sicuro che Lei venderà i miei meglio
di quelli di Mozart (i quali, tanto secondo il mio giudizio quanto secondo quel-
lo di grandi teorici, sono degni del più alto apprezzamento, ma che, però, a
causa della loro ininterrotta ed estrema artificiosità non sono adatti a tutti) '' .5
Dittersdorf ritornò sulla stessa critica quando, nella sua autobiografia, riferisce
una conversazione con l'imperatore austriaco. L'imperatore gli aveva chiesto
cosa pensasse della musica di Mozart, e Dittersdorf rispose:
Egli è senza dubbio uno dei geni più grandi e originali, e io non ho ancora
mai incontrato un compositore che avesse una tale straordinaria ricchezza
4 Ditters von Dittersdorf, K. , The Autobt'ography o/ Karl von Dittersdorf trad. ingl. di A.
D . Coleridge, R. Bentley, London 1896, pp. 249-50 (orig. Lebenbeschreibung, Leipzig r8or).
5 , lettera all'editore Artaria, 18 agosto 1788, I.N. 69578 , Stadt-und-Landesbibli.othek,
Vienna, trad. ingl. Leo. F. Balk.
30. Riepilogo e cadenza 457
di idee; avrei quasi sperato che non fosse stato così prodigo nel loro impie-
go. Egli lascia il suo ascoltatore senza fiato; a malapena ha afferrato un bel
pensiero, che un altro di maggior fascino dilegua il prin1o, e ciò va avanti
senza sosta, sicché alla fine e itnpossibile ritenere una qualunque di queste
meravigliose melodie. 6
Ciò che il barone von Grimm lodava nel Mozart di sette anni come ('una vasti-
tà di idee incantevoli, idee che egli sa comunque come disporre una dopo l'al-
tra con gusto e senza confusione "7 divenne per Dittersdorf, la "straordinaria
ricchezza di idee" che il Mozart adulto sembra accatastare una sull'altra col
risultato di confusione e frustrazione per 1'ascoltatore.
Nell'estate del 1788 poco prima che Dittersdorf scrivesse ad Art aria dei re-
lativi meriti dei quartetti suoi e di Mozart, quest'ultimo era in1n1erso nel lavo-
ro per finire la sua famosa sinfonia in Sol minore. Nel Trio del terzo movi-
mento egli dispose quella che avrebbe potuto essere una successione di sche-
mi molto semplice: (r) Do-Re-Mi, (2) cadenza, (3) Prinner e (4) cadenza. In
realtà il movimento, per quanto grazioso, è tutt'altro che semplice: non a ca-
so Leonard Meyer ha dedicato sessantanove pagine di testo rigorosamente ar-
gomentato, e doviziosamente annotato, alla trattazione delle sole quaranta-
due battute del Trio di Mozart. 8 Come mostra l'esempio 30.1 (a pagina se-
guente) la sua mossa d'apertura (batt. 1-4) fonde insieme un Do-Re-Mi e una
Pastorella (si notino le terze parallele) , il che sembra appropriato al carattere
generale del minuetto. Una piccola cadenza (batt. 4-6) conclude la prima se-
zione. Dopodiché gli oboi iniziano un Prinner modulante (batt. 7- 12). Prima
che abbiano completato appena due battute, un flauto esegue lo stesso moti-
vo e rapidamente si colloca al di sopra di essi. Un fagotto poi entra al disotto
degli oboi con lo stesso motivo e aiuta a condurre il passaggio a una cadenza
d'inganno (batt. 12), seguita immediatamente dalla necessaria cadenza cotn-
pleta (batt. 13-14) e da echi della stessa cadenza che fungono da coda (batt. I4-
r8 ). Se noi, come ascoltatori, ci concentrassimo sull'ascolto degli oboi che
concludono il loro Prinner, potremmo convenire con Dittersdorf che cc a ma-
lapena [abbiamo] afferrato un bel pensiero, che un altro di 1naggior fascino
dilegua il primo" .
Ma arriveremmo, con Dittersdorf, a concludere che "alla fine è impossibile
ritenere una qualunque di queste meravigliose melodie"? Qualcuno potrebbe
obiettare che i commenti di Dittersdorf erano sarcasmi meschini dettati da
gelosia professionale. Eppure due anni prin1a (1786), quando il Don Giovanni
6 , AutobiographJ), pp. 251-2.
7 Grimm, F. M. von ) Correspondance littéraire~ philosophique, et critique, adressée à un sou-
verain d' Allemagne, depuis 1753 jusqu ~ en 1769, Paris 1813, p. 528, lettera del I cUcembre 1763:
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(( une foule d 'idées ravissantes qu 'il sait encore faire succéder les unes aux autres avec goùt
et sans confusion ,, .
8 M eyer, L. B., The Spheres o/ Music: A Gathering o/ Essays, University of Chicago Press,
Chicago 2ooo, pp. 55-125.
458 La musica nello stile galante
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e una frase molto simile presente in uno dei quintetti per archi di Dittersdorf
(es. 17.2). Mentre entrambi questi esempi hanno molto in con1une con l'elabo-
rato Prinner del quintetto di Mozart (es. 30.2), quello di Porpora e completa-
mente diatonico e quello eli Dittersdorf similmente diatonico salvo che per al-
cune rapide appoggiature cromatiche negli abbellimenti del primo violino.
Nessuno dei due presenta le inflessioni cromatiche tipiche della Fonte del-
l' esempio di Mozart e, più importante, nessuno dei due è disposto sopra un
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pedale di dominante. E quel® tenuto dal corno e rinforzato ogni battuta dal-
la tastiera che aiuta a dare all'esempio di Mozart la sua armonia pungente.
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Es. 30.2- Mozart, Quintetto K 452, mov. 2, Larghetto (r784)
30. Riepilogo e cadenza 461
In un precedente pezzo per tastiera (K 205b, 1775) Mozart aveva già trattato
questo tipo di Prinner contrappuntistico insieme a una versione normale, per
quanto ornata con la fioritura la-sol. La versione contrappuntistica, con tutte
e quattro le voci compresse in poco più di un'ottava, precede la versione fio-
rita, con il doppio uso della fioritura la-sol nello stile di Aprile (es. 9.15) o •
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462 La musz·ca nello stt'le galante
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Es. 30.4- Haydn, Concerto in Re (Hob . xvrri/ rr), mov. 2, Larghetto (c. 1784)
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Es. 30.6 - Paisiello, R egole, p. 34 (r782)
Si noti che la numerazione del basso di Paisiello non specifica una voce di
tenore (la parte del fagotto nel quintetto di Mozart). Anche Alfred Einstein,
nella sua edizione Urtext dello Stabat M ater di Pergolesi, non fornl una parte
di tenore per il Prinner di Pergolesi perché non c'è n'era una esplicita nel
manoscritto antico:12 per questo molte incisioni moderne non hanno la parte
di tenore. Essa, però, era esplicita nelle tradizioni esecutive napoletane e nelle
tradizioni del Settecento in generale. La parte di tenore mostrata nel preceden-
te estratto di Pergolesi è presa da una pubblicazione di Schirmer datata intor-
no al 1900. 13 Anche se non aveva la pretesa di edizione critica, essa trasmette
un'autentica tradizione esecutiva dell'Ottocento basata su reali norme galanti.
La fama dello Stabat Mater giunse persino in ambito luterano. Nell'ultima
parte della sua vita J. S. Bach ne fece un arrangiamento ad uso personale: 14
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Si tratta del Prinner Stabat Mater a cui è stato tagliato il pedale, il che rende
quindi il passaggio più simile al tipo Bonno-Dittersdorf. Oppure, in alternati-
va, lo si potrebbe considerare completo di un pedale in style brisé, la maniera
in cui i liutisti e i clavicembalisti spesso davano l'illusione di una trama a più
voci di quante ve ne fossero realmente in gioco. Il la2 grave a battuta 71 potreb-
be rimanere impresso nella memoria per collegarsi a un'altra nota grave nello
stesso registro (re2 ) alla fine del passaggio.
Come mostrano gli esempi di Mozart, Haydn eJ. S. Bach, una evidente par-
te di tenore era chiaramente incorporata nei tradizionale Prinner Stabat Mater,
ed era assolutamente necessaria nel tipo Bonno-Dittersdorf. Anche i modelli
italiani che precedono il lavoro di P ergolesi confermano la presenza di una
parte di tenore separata, per esempio in un elegante passaggio da un concerto
per flauto di Leo (si noti come la cadenza d'inganno e la sesta aumentata ritar-
dino di una battuta l'attesa conclusione 0 -@ del Prinner):
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468 La 1nusica nello stile galante
di maggior fascino dilegua il primo, e cio va avanti senza sosta'' . L'apice della
complessità (batt. 114-15) è seguito da una serie di schemi completamente rego-
lari: due Prinner Stabat Mater con la voce di tenore attiva diJ. S. Bach affida-
ta al fagotto, un ampio Monte con un basso cromatico e una grandiosa versio-
ne della Romanesca a salti con una brillante figurazione della tastiera. Una pro-
gressione armonica lungo il circolo delle quinte collega poi tre esposizioni di
bravura della Caduta del @ Acuto e della Virgola affidate all'oboe, al clarinet-
to e poi di nuovo all'oboe. La terza di queste esposizioni è seguita da un enor-
me Indugio col 6/4 di passaggio, il quale rimanda diverse volte l'arrivo della
cadenza finale. Tale cadenza è una forma allungata e decorata della Cadenza
Doppia.
Gli esecutori del quintetto di Mozart avrebbero trovato tutti questi schemi
immediatamente riconoscibili. Se uno, o più d ' uno, eli loro avesse voluto orna-
re ulteriormente la propria parte, il piano fortemente schematizzato della
"cadenza in tempo" gliel'avrebbe concesso senza creare urti involontari con gli
altri esecutori. Un a libertà d 'improvvisazione c'era, ma limitata dai vincoli
mutuamente accettati di questi schemi galanti.
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30. Riepilogo e cadenza 471
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472 La musica nello stile galante
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tema del rondò
Molte sono le osservazioni valide che si potrebbero fare sulla cadenza di Mo-
zart. Nei termini di un piano armonico generale, è chiaro che la cadenza funge
da gigantesco abbellimento della forma "composta" della cadenza completa.
In termini di piano melodico su larga scala, la tendenza generale è una rapida
salita fino a un apice alle battute 113-14 e poi una graduale discesa fino al trillo
finale sul @, interrotta ovviamente da diverse risalite e discese intermedie. Ma
queste osservazioni potrebbero senz'altro descrivere anche una cadenza di
Brahtns o di Prokof'ev. La cadenza di Mozart era una presentazione tnolto
specifica di schemi galanti - le 'figure obbligatorie' - da parte di un artista
somman1ente completo. Conosceva tutte le tecniche fondamentali, ma aveva
un talento e un'inventiva che andavano molto al di là della mera correttezza.
Viene in mente una sentenza dell'altezzosa Miss Bingley in Orgoglio e pregiu-
dzzio di J an e Austen: spiegando nel dettaglio cosa significhi "completezza",
ella dichiara "per meritare questo attributo una donna deve avere una cono-
scenza totale della musica, del canto, del disegno, della danza e delle lingue
moderne; e oltre a tutto ciò, ella deve possedere un certo non so che nella sua
aria e nel n1odo di camminare, nel tono della voce, nelle espressioni e nel rivol-
gersi agli altri, o l'attributo sarà meritato solo a metà" .19 Ogni dettaglio del
comportamento a corte era importante, e l'espressione musicale non faceva
differenza. n lungo e assiduo esercizio sui partimenti e sui solfeggi poteva for-
mare molti musicisti, ma Galuppi, Jommelli, Piccinni, Mozart, Haydn e altri
veri maestri dello stile galante possedevano "un certo non so che" che trascen-
deva la m era abilità. Essi avevano raggiunto l'ideale di ''grazia superiore" del
conte di Chesterfield.20
Scavando attraverso i molti strati di reinterpretazione che si sono stratifica-
19 Austen, ].,
Pride and Prejudice, a Novel, T. Egerton, London 1813, cap. 8.
20 Chesterfield, D. S. P. conte di, Letters to His Son on the Art o/ Becoming a Man o/ the
World and a Gentleman, Chesterfield Press, New York 1917, n. 68, 19 aprile 1749.
30. Riepilogo e cadenza 473
ti dal diciannovesimo secolo, spero di aver riportato alla luce autentici reperti
della musica galante. Quando vediamo e ascoltiamo tutti i pezzi ricomposti
insieme, sia in un capolavoro come la "cadenza in tempo" di Mozart o in un
umile lezione di T ritto, io credo che abbiamo ricostruito un pezzo di quel
mondo musicale. Gli schemi nella cadenza di Mozart, e quindi il suo intero
quintetto, erano la moneta corrente della musica galante. Queste "tirate di
repertorio'' del linguaggio musicale eli corte possono essere tutte ritrovate nei
partimenti e nei solfeggi insegnati a generazioni di musicisti galanti, e l'anni-
presenza di queste esposizioni ritualizzate contribuì a modellare le reazioni del
pubblico aristocratico. C'era una potenziale rigidita in tutta questa schematiz-
zazione, ma poteva esserci anche arte autenticamente profonda e significativa.
Parlando del proprio quintetto, Mozart scrisse a suo padre che il pezzo "fu
straordinariamente applaudito; io stesso lo considero il lavoro migliore che
abbia composto nella mia vita. [ ... ] Se solo tu avessi potuto sentirlo! ". 21
Sentire questa musica più come Mozart l'avrebbe sentita; immaginare compor-
tamenti musicali più consoni con le premesse e gli scopi di coloro che viveva. .
no nelle corti galanti; cercare una descrizione più realistica di come gli artigia-
ni musicali galanti modellassero le note grezze in opere d'arte finite; tutto que-
sto ha costituito lo scopo di questo libro. L'arte della musica di corte del diciot-
tesimo secolo va ben al di là della conoscenza di tutti gli schemi, questo è certo.
Bisognava acquisire esperienza nella scrittura di fughe, nel mettere in musica
testi liturgici o operistici, e nel costruire un'appropriata sequenza di schemi per
ogni occasione e genere musicale. Queste però erano capacità acquisite. Per
'parlare' a corte era prima necessario imparare il vocabolario e il frasario di
corte, per i quali gli schemi musicali galanti erano di centrale importanza.
21 Mozart al padre Leopold , to aprile 17 84: << und dann ein Quintett, welches ausseror-
dentlichen beyfall erhalten; ich selbst halte es fiir das beste was ich noch in meinem Le-
ben geschrieben habe. es besteht aus l oboe, l Clarinetto, 1 Corno, l fagotto, und das Pia-
no forte; I eh wollte wiinschen sie hatten es horen konnen l''.
Appendice A
Prototipi degli schemi
La comodità di rappresentare prototipi tnusicali nella notazione musicale stan-
dard ha contribuito senz' altro a render comune la prassi. Tuttavia, la notazio-
ne musicale standard tende a specificare troppo le caratteristiche costitutive di
un prototipo. La Romanesca è un esempio lampante. Lo schema Romanesca,
rappresentazione mentale di una categoria di espressioni musicali galanti, non
è in nessuna tonalità in particolare, può avere o no un particolare metro, pro-
babilmente non include figurazioni o articolazioni specifiche, può in genere
adattarsi abbastanza alla spaziatura delle voci, alloro timbro, e così via. Tutta
questa utile indeterminatezza svanisce se lo schema viene rappresentato come
un piccolo corale a semibrevi, magari in Do maggiore e con un metro di 4/4·
Per evitare questo tipo eli falsa specificità, rappresenterò i prototipi degli sche-
mi in una forma più astratta. Nelle pagine successive si troveranno i prototipi
degli schemi presentati nei precedenti capitoli. Ogni singolo evento di uno
schema è rappresentato con un ovale grigio contenente un insieme di caratte~
ristiche. Per fare un esempio, si imtnagini un evento iniziale in cui la nota chia-
ve compare tipicamente sia nella melodia sia al basso:
La Romanesca
... #~ e --
0 .. -
-~ ~--# ------ ~ ~
"""'
o ----·------- o
5 6 5 6
3 3 3 3
Caratteristiche principali
- Quattro eventi equamente spaziati, il primo in una posizione metricamente
forte, di solito un battere.
- Nella melodia, evidenziati l'O e il 0 (il particolare profilo e l'ordine sono
variabili).
- Nel basso, un'iniziale discesa per grado a partire da <D, con le note dispari
a sostegno di una sonorità 5/ 3 e le note pari di una sonorità 6/ 3.
- Sequenza di quattro triadi con basso (e modo) CD (maggiore), CD (maggio-
re) , ® (minore) e @ (minore).
Varianti
- Un tipo per salti, in cui il basso alterna salti discendenti di quarta a movi-
menti di grado ascendenti, tutti con sonorità 5/ 3 (la quarta delle quali è
minore). Questa era la norma del diciassettesimo secolo.
- Un tipo per gradi, in cui il basso scende interamente di grado, alternando
sonorità 5/3 e 6/3.
476 LA musica nello stile galante
Il Prinner
li Prinner (vecli cap. 3) era spesso usato come risposta a una mossa d'apertura.
n suo periodo di massimo splendore fu dagli anni ' 20 agli anni '70 del
Settecento, anche se è rimasto in uso per tutto il secolo. La presenza di una
risposta di Prinner è uno dei n1igliori indizi di uno stile musicale basato sul
galante italiano.
5 6 7-6 5
3 3 3 3
@ ----------- ® --------
---- @ ------------CD
Caratteristiche principali
- Quattro eventi presentati o con egual spaziatura, con un terzo stadio esteso,
•
o a copp1e.
- Nella melodia, si evidenzia la discesa per gradi 0 -0 -8 -8} (per ottenere l'ef-
fetto di una cadenza più forte, spesso un @ acuto è inserito prima del fD
finale).
- Nel basso, si evidenzia la discesa per gradi 0 -@ -@ -CD (per ottenere l'effet-
to di una cadenza più forte, spesso un ® è inserito prima dell'CD finale).
- Sequenza di accordi s/ 3, 6/3, 6/ 3 e 5/3. li terzo stadio è spesso dissonante,
mentre gli stadi uno, due e quattro sono consonanti e dello stesso modo.
Varianti
La Fonte
La Fonte (vedi cap. 4) serviva ad allontanarsi dalla tonalità principale per poi
tornarvi. Fu usata per tutto il diciottesimo secolo, essendo comune special-
mente subito dopo la doppia barra nei minuetti o in altri brevi movimenti. Nei
concerti, nelle arie e in altri lavori più ampi, le lunghe Fonti spesso fungono da
episodi di digressione.
Minore
Maggiore
D ebole Forte
D ebole Forte
o ----------~ C) A - --- -- - - --- ~
v ~
6 5
3 3 6 5
Un tono 3 3
____(D sotto
(V --- --- ----CD
(J) ----- --
Caratteristiche princjpali
- Quattro eventi presentati come due coppie o diadi. La prima metà della
Fonte è in modo minore, la seconda metà è in maggiore, un tono sotto.
- N ella melodia, una breve discesa per gradi che termina con 0 -@, spesso <D-
6)-0 -fD. In qualche caso la melodia arpeggia l'accordo di dominante locale.
- Nel basso, salita dalla sensibile alla tonica della tonalità locale, ossia 0-G).
Altri bassi possibili comprendono formule cadenzali tipiche come ®-G) o
@-G).
- Due coppie di sonorità: ogni coppia termina con un 5/3 relativamente stabi-
le preceduto da un più instabile o dissonante 6/3, 6/ 5/ 3 o 7/s/3.
Varianti
- Un tipo con la normale melodia al basso e ciò che sarebbe il normale basso
alla melodia.
- Un raro tipo a tre parti con le prime due parti nel modo minore e la terza
nel modo maggiore.
478 La musica nello stz"le galante
Il Do-Re-Mi
TI Do-Re-Mi (vedi cap. 6) era una delle mosse d'apertura più frequenti nella
musica galante. Fu impiegato in ogni decennio e in ogni genere. Spesso pre-
sentava la sua normale parte di basso alla voce superiore e la sua 'melodia' al
basso. La facilità con cui poteva essere invertito in tal modo ne fece uno sche-
ma preferito per i movimenti in cui il basso inizia con un'imitazione della
melodia, una procedura molto comune all'inizio del diciottesimo secolo.
o ------ ---- ~
u ------------ ~
5 6 5
3 3 3
CD ----------- cv ____________ CD
Caratteristiche principali
Varianti
Il Monte
li Monte (vedi cap. 7) era lo schema preferito per le progressioni ascendenti.
All'inizio del diciottesimo secolo, i Monti di tre o più sezioni potevano coin-
volgere modulazioni a tonalità relativamente lontane. Più avanti nel secolo, i
Monti di solito avevano solo due sezioni che tonicizzavano la sottodominante
e la dominante, spesso prima di una cadenza importante.
Debole Forte
Debole Forte
8 o -------- @)
e o ------- Cl
6 5
6 5 Un tono 5 3
5 3 sopra
A\
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1"
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(J) ----------CD
Caratteristiche principali
- Due o più sezioni principali, ognuna un tono sopra alla precedente.
- Nella melodia, un'ascesa generale, con discese locali che compensano le sen-
sibili ascendenti al basso.
- Nel basso, ascese cromatiche consecutive dalla sensibile alla tonica locale.
Nella variante diatonica, il basso sale ma senza i semitoni cromatici.
- Progressione di due o più coppie di sonorità in cui un 6/5/3 precede un 5/3.
n modo della sonorità stabile 5/3 spesso non è prevedibile.
Varianti
- Estensioni della sequenza ascendente IV-V al VI o anche al VII e al I.
- Tipi diatonici caratterizzati da modelli intervallati 6-5-6-5...
- Un tipo Principale con tutte sonorità 5/3 e un basso che alterna salti ascen-
denti di quarta e discendenti di terza.
- Un tipo Romanesca con un basso che sale di quinta e scende di quarta e
ritardi 4-3 caratteristici.
480 La musica nello stile galante
Il Meyer
D Meyer (vedi cap. 9) era spesso impiegato per i temi importanti. TI massimo
fulgore fu tra gli anni '6o e gli anni '8o del Settecento. Nei primi, brevi esempi,
le note principali della melodia costituiscono gran parte della melodia percepi-
ta. Negli esempi posteriori, piu lunghi, le due coppie di eventi diventano brevi
momenti eli interpunzione tra una profusione di figure melodiche decorative.
Aperto Chiuso
O --- ------- uo
5 6 6 5
3 3 5 3
CD ----------@
Caratteristiche principali
- Quattro eventi presentati a coppie in posizioni analoghe rispetto al metro
(ad es., a cavallo o a metà di battuta, con 1, 2 o 4 battute tra le due coppie).
- Nella melodia, al semitono discendente 0 -fì risponde una conseguente
discesa 0 -@ (nel 'comune solfeggio italiano' entrambe le diadi si leggono fa-
mi in maggiore).
- Nel basso, al tono ascendente CD-@ risponde una salita 0 -<D (o ®-<D).
- Successione di quattro sonorita, di solito 5/3, 6/ 3, 6/ 5/3 e 5/ 3. La prima e l'ul-
tima sembrano stabili mentre le due centrali sembrano instabili.
Varianti
- L'O-fì puo essere più acuto o più grave del 0- ~.
- Lo schema associato dello Jupiter ha una melodia 0 -8 -0 -8), con la diade
iniziale in comune con il Do-Re-Mi e la diade finale in comune con il Meyer.
- Lo schema associato della Pastorella ha una melodia fD-8 -0 -fD, anch'esso
con la diade finale in comune con il Meyer.
- Lo schema associato dell'Aprile ha una melodia 0 -fì-@-0 , con la diade ini-
ziale in comune con il Meyer.
App.A . Prototipt' degli schemt· 481
La Quiescenza
La Quiescenza (vedi cap. 13) segna un breve periodo di riposo dopo un'impor-
tante cadenza alla fine eli un'importante sezione. Fungendo da cornice, essa
compare anche come mossa d' apertura (di solito non ripetuta) , anche se tale
uso era meno comune. n periodo di maggior splendore della Quiescenza fu tra
gli anni '6o e gli anni '90 del Settecento, ed era specialmente preferita nella
musica scritta per Vienna o Parigi.
Caratteristiche principali
- Quattro eventi con l'intero schema di solito eseguito due volte in successione.
- N ella melodia, al semitono discendente b8 -0 risponde il semitono ascen-
dente q8 -0 (nel 'comune solfeggio italiano' al fa-mi risponde un mi-/a).
- Nel basso, un pedale sull' CD o una figurazione che ripete l'CD.
- Successione eli quattro sonorità, di solito b7/3, 6/ 4, q7/4f2 e 5/3. La prima
sembra instabile in relazione alla seconda, mentre la terza sembra altamen-
te instabile in relazione all'ultima sonorità di tonica.
Varianti
- Un tipo diatonico con una meloclia ascendente @-0 -8 -0 .
- Un raro tipo che presenta due Prinner su un pedale di tonica.
482 La musica nello stile galante
Il Ponte
Questo schema costituiva un 'ponte' (vedi cap. 14) costruito sulla ripetizione o
l'estensione della triade o della settima di dominante. Nei minuetti, questo
ponte era posto subito dopo la doppia barra e collegava la tonalita secondaria
appena confermata dalla cadenza a un ritorno sulla tonica di partenza. Più in
generale, nella seconda metà del Settecento il Ponte faceva parte delle varie
tattiche di sospensione impiegate per aumentare l'attesa prima di un'entrata o
• •
una r1presa unportante.
Forte
7 7
5 5 5 eccetera
3 3 3
Caratteristiche principaJi
- Diversi eventi che possono essere estesi finché un ritorno stabile all'armonia
della tonica non offre un certo grado di conclusione.
- Nella melodia, scale e arpeggi costruiti sulle note dell'accordo di settima di
dominante: ~ ' 8 , @ e O. ll profilo è in genere ascendente.
- Nel basso, ripetizioni del ® o anche un pedale sul ®.
- Sequenza di sonorità che evidenziano la triade o la settima di dominante, a
volte in alternanza con forme di accordi di tonica in posizioni metricamen-
te più deboli.
Varianti
- Un tipo con una melodia discendente per gradi ~- 0-el-@.
App.A . Prototipi degli schemi 483
Il Fenaroli
Il Fenaroli (vedi cap. 16), di solito ripetuto, era quasi sempre introdotto dopo
una modulazione alla dominante. In termini ottocenteschi era uno dei primi
tipi di 'secondo tema', anche se era troppo dinamico per soddisfare i requisiti
romantici di un 'vero' tema. Un Fenaroli poteva iniziare sia con il primo even-
to sia con il secondo, cosicché un dato evento poteva essere metricamente
debole o forte a seconda del punto di partenza scelto.
• 6 5 6 6 •
• 5 3 3 3 •
(V ~-- ------- CD
------------ ~ ____
_. ,. _
__,_®
Caratteristiche principali
Varianti
- TI controcanto completo di Durante è 0 -0 -@-0 -8 -0 -0 -fD, con due note
per ognuna delle quattro 0-CD-@-@. Tutte e due le voci possono stare al
basso.
- Il modello 0 -CD -@-@ può essere sostituito da 0 -CD-0 -@, evidenziando
quindi i semitoni nel modo maggiore e dando adito a un canone con il con-
trocanto 0 -fD-fì-0.
484 La musica nello stile galante
Il Sol-Fa-Mi
Il Sol-Fa-Mi (vedi cap. r8) era spesso scelto per temi importanti. TI suo perio-
do di maggior splendore fu dagli anni '50 agli anni '90 del Settecento. Con la
sua melodia discendente percepita in modo forse meno assertivo di quella,
diciamo, di un Do-Re-Mi, il Sol-Fa-Mi era piu comune nei movimenti lenti o
moderati, o come 'secondo tema' nei movimenti veloci. Era uno schema pre-
ferito per gli Adagio in modo minore.
Aperto Chiuso
A\ __ fì'
\L) - --- --- - \Y
Caratteristiche principali
Varianti
- Il secondo evento può avere la sonorità, più vicina al maggiore, di 7 l 5I3 sul
® ,o di 6l3 sul @.
App.A. Prototipi degli schemi 485
L'indugio
Forte
Forte
''~o ~---------- &
6 6 6 6 5
5 ••• 5 5 5 3
Caratteristiche principali
- Diversi eventi che nella maggior parte dei casi conducono a una cadenza
Convergente. La precedente coppia di ovali aperti, con i puntini di ellissi,
indica una ripetizione aperta della sonorità o della figurazione iniziale.
- n basso presenta iterazioni del@ che conduce al ®,spesso con un'infles-
sione al#@ appena prima del®.
- La melodia di solito evidenzia il@, il O e il0, con frequenti approcci a que-
ste note da sotto per mezzo di sensibili cromatiche.
- Prolungamento della sonorità 6/ 5/3 sul @ al basso e conclusione con una
sonorità 5/ 3 sul® che può essere al caso la dominante del tono d'impianto
o la n uova tonica.
Varianti
- Un tipo più diatonico senza il #@ al basso.
- Un tipo col 6/4 di passaggio con un basso più attivo che si muove di grado
su e giù tra il @ e il ®. Quando passa per il ® , una sonorità 6/ 4 aiuta a
mantenere le iterazioni dell'CD, che può comportarsi da pedale interno.
Appendice B
Partimenti
Cimarosa, facoltoso maestro di cappella delle corti imperiali, iniziò la sua car-
riera musicale come fanciullo indigente presso il conservatorio di Santa Maria
di Loreto a Napoli. lvi, come già accennato nel capitolo 2, studiò per un de-
cennio sotto la guida di diversi grandi maestri. Una componente importante
dei suoi studi prevedeva la risoluzione di problemi di crescente difficoltà nella
realizzazione dipartimenti, come si evince dal suo 'zibaldone' (quaderno di
appunti) giunto fino a noi. Un partimento, ovviamente, era un basso didattico,
ossia un basso scritto con intento pedagogico. Dato un particolare partimento
da eseguire alla tastiera con la mano sinistra, uno studente poteva arrivare alla
sua soluzione e realizzazione provando ad aggiungere con la mano destra vari
accordi o voci in contrappunto. Lo studente dimostrava di aver appreso la le-
zione quando era in grado di eseguire a mani unite una serie di comportamen-
ti musicali stilisticamente appropriati dall'inizio alla fine del partimento.
Come potevano gli studenti degli anni '6o del Settecento come Cimarosa svi-
luppare delle capacità che oggi metterebbero in difficoltà persino musicisti
adulti? In parte la risposta sembra risiedere nella memorizzazione da parte de-
gli studenti di un ricco repertorio di piccoli modelli musicali cui si poteva attin-
gere per stabilire dei collegamenti possibili nella topografia locale di un dato
passaggio di un partimento. Parlando della commedia dell'arte, Pier Maria Cec-
chini (1563-c. r63o) evidenziava che "debbe insieme chi legge operar, che l'intel-
letto comandi alla metnoria che dispensa il Tesoro de premeditati concetti nel-
lo spazioso campo delle continue occasioni, che la Comedia porge" .1 Un giova-
ne musicista con una mente allenata a padroneggiare un 'Tesoro de premeditati
concetti', alcuni dei quali imparati cantando e suonando i solfeggi, poteva ap-
plicarli con prontezza alle 'continue occasioni' in un partimento. In fin dei con-
ti, la mente umana eccelle nel collegare i ricordi agli stimoli com p lessi, ad esem-
pio quando riconosciamo immediatamente un viso o una voce familiare.
I più piccoli contesti da imparare erano le singole note, gli intervalli e le
combinazioni di intervalli che formavano gli accordi. Inclusa in questa cono~
scenza era una comprensione della notazione musicale di base, delle sillabe
dell'esacordo che individuavano altezze specifiche e contesti intervallati locali
(do, re, mi, eccetera) , dei gradi della scala (c primo di tono', 'secondo di tono',
eccetera) e delle abbreviazioni del basso numerato (7 = 7/5/3, 6/5 = 6l5l3, ecce-
tera). Come suggerito nel capitolo 2, questi stretti ambiti di conoscenze erano
interconnessi più strettamente di quanto non lo siano ora. Si prendano ad
1 Cecchini, Pier Maria, Frutti delle moderne comedie et avisi a chi le recita, G. Guareschi,
Padova 1628, p. 19.
App. B. Partùnenti 487
esempio i simboli per la notazione dei diesis e dei bemolle. Gli studenti moder-
ni li apprendono come istruzioni per alterare una nota, mentre all'epoca di
Cimarosa essi ancora fungevano da segni per il cambio delle sillabe dell' esacor-
do e del contesto locale. Il simbolo del bemolle posto davanti a una nota vole-
va dire: "trattare questa nota come fa cosi che vi sia un intervallo di tono con
la nota su periore e di semitono con la nota inferiore"; il simbolo del diesis,
invece, voleva dire: "trattare questa nota come mi così che vi sia un intervallo
di semitono con la nota superiore e di tono con la nota inferiore" . n contesto
locale era quindi inserito persino in questi rudunenti di musica galante.
Spesso subito dopo venivano le cadenze. N el capitolo rr ho portato dozzine
di esempi di cadenze note ai musicisti adulti. Per i giovani studenti il mondo
delle cadenze si riduceva a tre possibilità: semplice, composta e doppia. n
ritmo e il contorno del basso determinavano quale cadenza dovesse essere
impiegata. Di seguito sono mostrati questi tre tipi di cadenza nella particolare
veste di Do maggiore e in tempo di 4-f4 (es. B.I) . La caratteristica distintiva di
come il ® si sposti all'CD e indicata con una parentesi:
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~ ~
....::J
~
t.
cadellzn se1 ,pl ice
~ J ~
_/ _C.
Per il principiante era utile memorizzare prima i modelli e poi impiegare quel-
lo che meglio si adattava al partimento posto come obiettivo. Nell'esempio B.2
ho fornito le ultime battute di tre partin1enti di Fenaroli, uno dei maestri di
Cimarosa. Di nuovo, le parentesi abbracciano il movimento finale da ® a CD:
~ •
A ~: 1lf &l
Libro 4, no 37
~
l l
Sol maggiore
~ •
- .
B ,4:·= .. .. Libro 4, n o 38
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• ' •
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:9 :9 Mi maggiore
t:\
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c ~=,.
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J • ~
1
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1.~
Do minore
Presto: Q)
Largo: Q) Q) ® Q) ® ®@®
(?) CD (?) ® CD
Es. B.3- Presto~ cadenza semplice; Largo~ regola dell'ottava
Come la regola di san Benedetto per un monaco novizio, così per un giovane
musicista la regola dell'ottava era in realtà una raccolta di regole intrecciate in
un codice di condotta. Le molte parti costitutive della regola dell'ottava ave-
vano diverse storie, e Heinichen (I?II), come già accennato nel capitolo r, trat-
tava ciò che egli chiamava (schema' per i modi maggiori e minori come una
combinazione di diversi contesti fatti di due note. La regola stessa poteva
variare se insegnata da diversi maestri in diverse città e tempi cliversi.
Evitando quindi di entrare troppo nel dettaglio, lasciando questo compito agli
studi specialistici,2 esporrò adesso una versione sincronica, sistematizzata e
leggermente idealizzata della regola, conformandomi nel complesso a ciò che
2 Christensen, T., "The Règle de l'Octave in Thorough-Bass Theory and Practice'', in Acta
Musicologica, n. 63, 1991, pp. 91-117; Cafiero, R., ((La didattica del partimento a Napoli fra
Settecento e Ottocento: Note sulla fortuna delle Regole di Carlo Cotumacci" , in Gli affetti
convenz·entz· all'idee: Studz· sulla musica vocale italiana, Archivio del teatro e dello spettacolo, n.
3, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1993.
App. B. Partimenti 489
gli studenti nei conservatori napoletani avrebbero assorbito dai loro insegnanti.
Il seguente diagramma (fig. B.r) mostra un'astrazione di come i musicisti del
diciottesimo secolo avrebbero potuto concettualizzare la relativa stabilità o
instabilità dei diversi gradi della scala lungo tutta un'ottava al basso. I riquadri
neri rappresentano le posizioni considerate stabili punti di arrivo e i cerchi
grigi indicano le posizioni percepite come instabili e più mobili. Come preli-
minare generalizzazione della regola dell'ottava, possiamo assegnare ai gradi
stabili della scala degli accordi 5/3 (ossia delle semplici triadi sull'CD e sul ®) e
ai gradi instabili qualche forma di accordo con 6, ad esempio 6/3. Questa ver-
sione setnplificata mette in luce la grande continuità nelle tradizioni della
musica polifonica dell'Europa occidentale, considerato che l'associazione di
una sesta 'imperfetta" con l'instabilità e di una quinta 'perfetta' con la stabili-
tà era una caratteristica principale delle tradizioni quattrocentesche del /aux-
bourdon improvvisato eseguito nelle cattedrali, una tradizione, pare, sopravvis-
suta almeno fino al diciassettesimo secolo.
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Fig. B.r- Una prima approssimazione della regola dell'ottava
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3 3
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Fig. B.2- Una seconda approssimazione- regola ascendente
®è alzata di un sen1itono per renderla sensibile della stabile ottava sopra il®
(/a# in un contesto di Do maggiore), dando quindi ai gradi della scala 0 e ®
la stessa sonorità.
5 6 6 5 6 5
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3 3
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C'è ancora un'altra complicazione. TI terzo grado della scala era considerato in
parte stabile e in parte mobile. Seguendo il principio della dissonanza che pre-
cede la stabiUtà, i musicisti spesso aggiungevano una dissonanza '4l3' su un 0
che saliva e quasi sempre una dissonanza 41 2' su un @ eli passaggio nella disce-
sa da ® a @ (vedi fig. B.4). La regola dell'ottava non è dunque un insieme eli
accordi fissi, ma piuttosto una sintesi delle tendenze principali nelle fluide e
altamente mutevoli prassi dei musicisti del diciottesimo secolo.
6 6 6
# 34 3
® (J) @
Fig. B.4- Una terza approssimazione- avvicinamento al ®
con la 'cadenza finta' (ossia d'inganno). Nel suo trattato Furno non menziona
mai questi contesti più ampi, benché i suoi partimenti suggeriscano che la loro
conoscenza sia data per scontata. Nell'esempio B.5 ho presentato una delle
molte possibili realizzazioni di questo piccolo partimento.
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Es. B.5 - Realizzazione dell'autore dell'es. B.4, usando solo
cadenze elementari e la regola dell'ottava
TI Metodo facile breve e chiaro delle prime ed essenziali regole per accompagnare i
partimenti senza numeri di Furno (Napoli, r817),4 da cui e tratto l'esempio B.4, fu
pubblicato in un periodo di riorganizzazione e riforma dei consetvatori, e il suo
titolo rivela la crescente influenza dei (metodi facili' ottocenteschi. La tradizio-
nale istruzione nei partimenti era tutt'altro che breve o facile co1ne Furno aveva
ben appreso dal suo maestro Cotumacci. Le cadenze e le regole dell'ottava da
sole non costituiscono un vocabolario abbastanza ricco per la prassi galante.
L'istruzione nei partimenti includeva anche i bassi numerati, che sviluppa-
4 , Metodo, p. 7·
4 92 La musica nello stile galante
vano l'abilità degli studenti nella lettura a prima vista degli accompagnamenti
del basso continuo, aiutavano i principianti a imparare quali armonie suonare
e potevano fornire suggerimenti per la realizzazione di combinazioni contrap-
puntistiche di repertorio. Un breve basso numerato (es. B.6) del maestro bolo-
gnese Stanislao Mattei (1750-1825), allievo e successore di padre Martini (I7o6-
1784), a un primo sguardo non sembra avere alcuna chiara organizzazione:
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L'intero esercizio di Mattei dimostra ciò che il libro di testo di Cimarosa avreb-
be intitolato "Caminare [sic] di 2a e 33 ", ossia ((procedere per ritardi 2-3".
Molte di tali comuni successioni si erano da lungo tempo cristallizzate in
schemi di repertorio. Furno, come il più anziano maestro Fedele Fenaroli nella
sua raccolta pubblicata di Regole (Napoli, 1775), descrive un grande numero di
tali successioni come ((moti del basso". Se, per analogia con il gioco degli scac-
chi, la regola dell'ottava descrive il semplice movimento in avanti dei pedoni,
i moti del basso descrivono tutte le sequenze di salti e/ o di passi consentiti al
re o alla regina. Tra gli schemi illustrati nei precedenti capitoli, il basso di
Romanesca per salti, il Monte, il Monte Principale, il Monte Romanesca e
l'ampio Prinner a circolo delle quinte compaiono tutti in varie regole come
moti del basso. Per gli studenti, dunque, queste sequenze imparate a n1en1oria
e gli altri schemi delle dimensioni di frasi facevano da com.plemento all'inizia-
le affidamento alla regola dell'ottava, e li aiutavano ad aggiungere altri gioielli
al proprio "Tesoro de premeditati concetti" .5
I moti del basso erano descritti in base alla condotta del basso all'interno di
ogni modulo di una sequenza. Tra i primi a essere impartiti vi era quello del
basso che "scende di terza e sale di grado" .6 La regola era che la nota più grave
della terza discendente dovesse avere un accordo 6/3 o 6/ 5/ 3, e la nota seguen-
te (un tono sopra) dovesse avere un accordo 5/ 3. "E cosi - come scrive F enaroli
- successivamente si alterneranno gli accompagnamenti fino alla terminazione
del movimento'"J
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moto del basso compare quattro volte in due tonalità e la cadenza semplice (con
il basso com.p leto @-@ -® -CD) compare sei volte in cinque tonalità. In due
punti una ripetizione un tono sotto della combinazione Virgola-semplice forma
il modello piu ampio di una Fonte; e l'ancora più ampio complesso "Frigio-Do-
Re-Mi-Fonte" compare prima in Mi minore e poi in Si minore, dando al parti-
mento un tipo comune di esposizione. Dopo la parte contrastante del/auxbour-
don, Durante termina ripresentando il moto del basso e il Do-Re-Mi nella tona-
lità d'impianto. La Fonte non trova spazio nella sezione finale perché non vi è
più bisogno di modulare. N ell'esempio B.9 ho fornito una delle diverse possibi-
li realizzazioni del partimento di Durante. Poiché il precedente partimento for-
nisce già indicazioni complete degli schemi, in quest'esempio sono annotati
solo gli schemi più importanti. Si noti che, nel moto del basso d'apertura, la suc-
cessione è compatibile con il "caminare di 2 3 e 33 " . Sarebbe a dire che uno stu-
dente in grado di associare questo moto del basso con una catena di ritardi 2-3
ha essenzialmente risolto il problema musicale posto dal partimento.
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Es. B.9 - Realizzazione dell'autore dell'es. B.8
496 La musica nello stile galante
ritardi 2-3, come dimostrato dal ritorno della Romanesca (batt. 40-45), anche se
tale scelta implica l'abbandono del Prinner. Lo stesso tipo di invito si applica
alle scale discendenti che iniziano a battuta 8. Si potrebbe disporre la melodia
in imitazione alla terza o alla sesta. Scegliendo l'imitazione alla sesta si realizza
una forma inversa del Prinner, la quale arriverà 'giusto in tempo' sulla triade
di tonica a battuta 15. Una scala ascendente (batt. 28) e un'altra scala discen-
dente (batt. 35) consentono trattamenti analoghi. Ciò vale anche per i modelli
a Salti di Terza (batt. 47-50 e 56-59) . Forse l'imitazione più caratteristica si ha
nei passaggi indicati come Monte Principale (batt. 50-53, 59-62 e 75-77). Per
quanto non immediatamente lampanti, tali passaggi sono realizzati in imitazio-
ne alla quinta, con l'accompagnamento che precede il basso di una selnimini-
ma. n modello per questa realizzazione proviene da un grande numero di
copie di partimenti e,. in particolare, dallo Studio n. 2 dello stesso Durante
(vedi es. 7.16) .
Per il Monte alle battute 15-19 l'accompagnamento funziona bene sia in
modo diatonico sia in modo cromatico. Con i partimenti senza numeri tali
scelte sono a carico dell'esecutore, non del compositore. Si noti anche che,
sebbene il Monte cromatico crei una serie di sensibili che focalizzano i gradi
V, VI e I, non fornisce alcuna sensibile per il VII (un /ax4 prima del sol#4 a
batt. 17). Sia per affinita con la Virgola Lunga, sia per evitare meramente un
doppio diesis, la conclusione diatonica di un esteso Monte cromatico era
parte della tradizione galante. La cadenza finale, battute 8o-8r, con i valori
delle note raddoppiati, invita alla cadenza composta. Ciò nonostante ho scel-
to di utilizzare una versione più lenta della cadenza semplice per consentire
un ultimo ritorno del motivo d 'apertura, la risoluzione ornamentale di un
ritardo 2-3.
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I lettori interessati alle sfide ancora più difficili dei partimenti diminuiti di
Durante e dei partimenti fugati possono consultare il sito internet dell'autore,
11
Monuments o/ Partimenti. Vi si possono anche trovare i testi completi dei
trattati di Furno e Fenaroli in inglese e in italiano, le Regole di Durante, centi-
naia di partimenti, tavole dei maestri dei grandi conservatori del diciottesimo
secolo, modelli per l'emulazione dello stile musicale galante e indici degli inci-
pit dei partimenti.
I maestri dei giovani studenti a N apoli avevano bisogno, per insegnare, di
materiale pratico e musicalmente valido, che avrebbe lentamente ma sicura-
mente trasformato i fanciulli in musicisti professionisti. Le lezioni apprese
dovevano essere ricordate per tutta la vita, e la cotnbinazione di sensazioni visi-
ve, acustiche e tattili dei partimenti e dei solfeggi sembrano aver creato delle
esperienze particolarmente vivide e ben impresse nella memoria. I ragazzi
arricchivano gradualmente la loro conoscenza non verbale di come integrare
melodia, armonia, contrappunto, gesti e trame caratteristiche, improvvisazio-
ne, macroforma e coerenza motivica. E, casuale o no che sia il collegamento, è
comunque un fatto storicamente assodato che il periodo di massimo splendo-
re dell'insegnamento dei partimenti e dei solfeggi a due parti coincise con il
periodo di predominanza in Europa dei musicisti formati nei conservatori ita-
liani. Perciò, il partimento può essere stato una tecnologia preindustriale ma
cognitivamente avanzata che si era adattata particolarmente bene al compito di
formare i giovani musicisti per il successivo servizio presso le corti, i teatri e le
cappelle galanti.
Quando la società galante iniziò a disgregarsi alla fine del diciottesimo seco-
lo, lo studio dei partimenti lentamente si trasformò da un addestramento del-
l'in1maginazione musicale a un insegnamento di esercizi canonici o prefissati. I
cambiamenti derivanti da tale trasformazione coincidono con il passaggio da
una cultura aurale a una letteraria, e il chiaro segnale di tale cambiamento fu la
pubblicazione, a partire dagli anni '2o dell'Ottocento, delle realizzazioni dei
partimenti di Fenaroli. Ciò significa che i bassi ideati per l'esercizio dell'imma-
ginazione musicale divennero le parti della mano sinistra di 'pezzi per piano-
forte' da leggere alla tastiera. Mentre la transizione dalla cotnmedia dell'arte
improvvisata alle pièces letterarie di Pierre de Marivaux (1688-1763), Goldoni e
Charles Simon Favart (I710-r792) trasformò un'arte in un'altra, la trasformazio-
ne dei partimenti in aridi esercizi estinse nella sostanza il loro vantaggio rispet-
to ai più n1odesti esercizi di armonia o di contrappunto semplice. Alcuni parti-
menti cristallizzati continuarono a essere impartiti come parte di una tradizio-
ne tenuta in grande considerazione. Nadia Boulanger (1887-1979), ad esempio,
fu una degli ultimi insegnanti francesi appartenenti a un'ininterrotta tradizione
del partimento, di cui facevano parte anche suo padre e suo nonno , che si
estendeva fino agli anni '90 del Settecento, quando nacque il Conservatorio di
11 L)uRL è <http:// faculty-web.at.northwestern.edu/ music/ gjerdingen/ partimenti/index.
htm>. Può essere trovato anche cercando insieme c'gjerdingen " e upartimentin.
502 La musica nello stile galante
•
•
12
Gli allievi della Boulanger spesso studiavano dal libro di armonia di Théodore Dubois
(Traité d'harmonie théorique et pratique [Paris 1921]), il quale contiene una piccola raccolta
di bassi intitolata "partimenti''. Ella conservò una composizione di uno dei suoi allievi,
W alter Piston, intitolata Fugue pour quatuor à cordes sur un sujet de Fenaroli, MS Mus 245,
c. 1924-26, Houghton Library, Harvard University.
13 Vedi De Nardis, C., Partimenti dei maestri C. Cotumacet~ F. Durante) ... , Ricordi, Mila-
no c. I900 -I910; Napoli, J., Bassi della scuola napoletana) con esempi realizzati, Ricordi, Mila-
no 1959·
14 Fellerer, K. G., Der Partimento-Spieler: Obungen im Generalbass-Spiel und in Gebunde-
ner Improvisation , Breitkopf & Hartel, Leipzig 1940 . Fellerer ha scritto un 'introduzione ai
partimenti e poi ha fornito una selezione di partimenti dal fondo Santini di Miinster. Vedi
anche il suo precedente "Le Partimento et l'organiste au xvn1e siede", in Musica Sacra, n. 41,
1934, pp. 251-4.
Indice delle fonti musicali
Di seguito sono elencati in ordine alfabetico tutti i compositori le cui
opere con1paiono come esempi musicali. Per ogni compositore sono
, forniti i riferimenti alle edizioni moderne ampiamente diffuse (se ve
ne sono), ai manoscritti o alle registrazioni, e sono forniti rimandi
precisi ai singoli esempi. Le didascalie degli esempi forniscono il nu-
mero dtopera, il movimento, rindicazione di tetnpo, il numero di bat-
tuta (nel caso non sia indicato sul pentagramma) e, se possono essere
determinati, luogo della composizione e data della pubblicazione
o della prima esecuzione.
- Klaviersonaten, a cura di Hans Schmidt, serie 7, voll. 2-3, 1976, in Neue Ausgabe.
Ess. 16.17; 20-13.
BoccHERINI, LuiGI (1743-18os)
-Sei quintetti per 2 violini~ viola) 2 violoncellr: op. u, vol. 2, 1970, in Le opere com-
plete di Luigi Boccherini, a cura di Pina Carmirelli, Roma, Istituto italiano per
la storia della musica, 1970-85. Ess. ILio; 18.5.
BoNONCINI, GIOVANNI (1670-1747)
- The Triumph o/ Camilla, in Italian Opera} 1640-1770, a cura di Howard Mayer
Brown, New York, Garland, 1978. Es. 3.u.
CAPARO, PASQUALE h7151I6-t787)
- Solfeggi, MS D.17, f47r, Fondo Noseda, Biblioteca del conservatorio di Milano,
Milano, c. 177o-8o. Es. 26.2.
CARULLI, GUSTAVO (I80I-I876)
- Méthode de chant, Parigi, 1838. Es. 29.11.
CASTRUCCI, PIETRO (1679-1752)
- Frencb and Italia n Innovators: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane Adas,
New York, Garland, 1991. Ess. 3.5; II.33·
CHARRIÈRB, ISABELLE DE (1740-1805)
- Essais, vers, musique, vol. 10, in Oeuvres co1nplètes /Isabelle de Charrière (Belle
de Zuylen), ed. critica a cura di Jean-Daniel Candaux et al., Amsterdam, van
Oorschot, 1979-84). Es. 3.18.
CHOPIN, FRYDERYK (I8IO-I849)
-Scherzi l Frédéric Chopin, a cura di Jan Ekier, Vienna, Wiener Urtext Edition,
c. 1979. Es. 16.18.
CIMAROSA, DoMENICO (1749-1801)
-Domenico Cimarosa: Sonate per clavicembalo o /ortepiano, a cura di Andrea
Coen, 2 voll., Padova, G. Zanibon, 1989-92.. Ess. 6.8-9, 14; 11.4, 15-16, 21-22, 39;
I6.7~1o; 20.2, 4-5; 25.14.
- Quarte/ no. 1 in D /or Flute, Violin, Viola and Celio, a cura di Karl Lenski,
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COTUMACCI, CARLO (c. 1709-1785)
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DAUBE, }OHANN fRIEDRICH (c. 1730-1797)
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Indice delle fonti musicali 505
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- Die Notenbiicher, a cura di Wolfgang Plath, serie 9, gruppo 27, vol. 1, 1982, in
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-Quarte/te und Quinte/te mit Klavier und mit Glasharmonika, a cura di Hellmut
Federhofer, serie 8, gruppo 22, volume 1, 1957, in Neue Ausgabe. Ess. 30.2, n.
- Sin/onien, a cura di H. C. Robbins Landon, serie 4, gruppo 11, vol. 9, 1957, in
Neue Ausgabe. Ess. 9.8-9, r6-2o; 18.15; 30.1.
- Skizzen, a cura di Ulrich Konrad, serie 10, gruppo 30, vol. 3, 1998, in Neue
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- Sonaten und Variationen /iir Klavier und Violine, a cura di Eduard Reeser, serie
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- Streichquartette, a cura di Ludwig Finscher, serie 8, gruppo 20, vol. 1, parte 3,
1964, in Neue Ausgabe. Es. 16.16.
- Thomas Attwoods Theorie- und Kompositionsstudien bei Mozart, a cura di Erich
Hertzmann e Cecil B. Oldman, completato da Daniel Heartz e Alfred Mann,
serie 10, supplemento, gruppo 30, vol. 1, 1965, in Neue Ausgabe. Es. 7.19.
- Variationen /iir Klavier, a cura di Kun von Fischer, serie 9, gruppo 2.6, 1961, in
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- Die Zauber/lote, a cura di Gemot Gruber e Alfred Orel, serie 2, gruppo 5, vol.
19, 1970, in Neue Ausgabe. Es. 2.8.
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-Late Eighteenth-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 11.26, 28, 31·32.
p ACHELBEL, }OHANN (t653·1706)
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p AISIELLO, GtOVANNI (1740- 1816)
-Regole per bene accompagnare il partimento, San Pietroburgo, 1782. Ess. 2.3; }.Io;
11.51; t6.Il·I2; 30.6.
PASQUALI, NICCOLÒ (c. 1718-I757)
- Mtd Eightee11th-Century Masters: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Ess. 4.6; 11.25.
PERGOLESI, GIOVANNI BATTISTA (1710-1736)
- Stabat Mater: For Soprano, Alto and String Orchestra, a cura di Alfred Einstein,
Londra, Eulenburg, c. 1927. Es. 30.5.
PEROTJ, PADRE fULGENTIUS (attivo negli anni 1750-60)
- Raccolta Musicale contenente VI sonate per il cembalo solo, Norimberga,
Haffner, 1756. Es. 26.3.
PICCINNI, NICCOLO (I728-I8oo)
-LA Cecchina, ossia La buona figliuola, intr. di Eric Weimer, New York, Garland,
1983. Ess. 25.9, 22.
PLOYER,BARBARA (I765-18II)
-Vedi Mozart. Ess. 16.14-15.
PORPORA, NICOLA (1686-1768)
- 25 vocalizzi ad una voce e a due voci fugate, a cura di Paolo Mirko Bononi,
Milano, 1957. Es. 17.1.
- Veracini and His Contemporaries: Continuo Sonatas /or Violin, a cura di Jane
Adas, New York, Garland, 1991. Es. 4.5.
Indice delle fonti musicali 509
•
•
passo carattensttco, 442 quarta e sesta eli cadenza, 162, 168
Passo Indietro, 188, 196, 358·9, 423 ' Quartetto Aglàia, 240
Pastorella, 138-42, 206, 421, 428, 457, 480 Quiescenza, 204-18, 286, 352-3, 362, 453,
Pastore/la, La, 140 455, 481
pedale, 204-5, 222
percorso, 396-7, 414 Radice, Mark A., 21n
Perez, David, 143 Radz/ persiano, 387
Pergolesi, Giovanni Battista, 462-3 Rameau, Jean-Philippe, 57, 101, 292
Peroti, Fulgentius, 367, 376-7 Rameau, Pierre, 92n
Piccioni, Niccolò, 144, 258, 302, 361-2, Ranke, Leopold von, 37n
373-4 Ratisbona, 82, 255
Pietrapaola, Domenico, 162, 163n, 387 Ratner, Leonard, 140, 380
Pizarro, Artur, 301 Ravel, Maurice, 27
Platone, 26 realizzazione, 391-2
Ployer, Barbara, 78-9, 256-7 regol~e
Polonia, re di, v. Elettore di Sassonia del mi, 55, 59
Ponte, 82, 219-37, 363, 482 dell'ottava, 248, 367, 488-91, 493
Porpora, Nicola, 36, 85-6, IOI, 139, 143, 150, allegate ai partimenti, 48
•
264,416,460 repertono, 41-3
• • •
pOSIZIOne requtem, 138, 206
prima, 106 Riemann, Hugo, 78, 386
seconda, 79 Riepel, Joseph, 57, 83-5. 93, uo-3, 125-6, 128,
Posner, Michael, 26 135·6, 178, 219-30, 249, 255, 278-9, 316,
prassi comune, 34, 364 355. 416, 418, 445
pre-classico, 21 Rimskij-Korsakov, Nicolaj, 160
Predota, Georg A., 47n risposta, 66, 72, 397
Prinner, Johann Jacob, 57-9, 66-7, 73 ritardo 2-3, 99-103, 146
basso, 151 ritardo 7-6, 137
melodia, 141-2, 146 ritornello, 316
modulante, 73-4, 79, 150-1, 181, 194, 197, rituale, 195
234, 440-1 rivoluzione francese, 127, 278, 302, 433
risposta, 136, 140, 144, 147, 192, 197, 287, Rockstro, W. S., 185n
..
328, 422 rococo, 21
schema, 66-81, 134-6, 274, 362-7, 375-80, Roma, So, 95, 434
388-9, 422, 428, 438, 455-6, 476 Rom anesca
Stabat Mater, 462-6 basso, 49, 52-5, 172
probabilità, 388-90, 395, 453 schema, 32, 45-65, 67-72, 140, 179, 191,
transizionali, 390 196, 200, 274, 286, 328, 334, }66-8, 417,
progressione di settime, 438 455, 474-5
Prokof ev, Sergej, 472 Rore, Cipriano de, 186
prolungamento, 108 Rosalia, v. Schusterfleck
proposta, 72, 397 Rosch, Eleanor, 26
•
prototipo, 390 Rosenberg, Jesse, 246n
Pugnani, Gaetano, 233-6, 280, 432, 435 Rossini, Gioachino, 46, 108, 216, 260, 386,
punto, 177-8 468
Putnam, Hilary, 26 Rubinstein, Anton, 375
Quantz, Johann Joachim, 123, 183-4, 188, Rudolph, Paul, 454
196, 292, 397, 416-}1, 468 Rudolstadt, 437
Indice analitico .517