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INTRODUZIONE GENERALE: “la stessa musica è un’organizzazione di toni, un atto di una mente umana”, e

Schopenhauer disse: i toni musicali abitano e formano insieme un universo tutto loro in cui la mente umana
ha creato i materiali e li ha poi ridotti all’ordine…una cosa davvero notevole.

Stravinskij (1882-1971), è stato un compositore geniale che ha attinto a un materiale immenso, ha quindi dal
folclore, all’Operaismo classico e alla dodecafonia, operandone una ricapitolazione critica e insieme una
ricreazione fantastica.
Nella sua produzione spiccavano i ritmi sincopati e ripetuti insistentemente per creare tensione, la nuova
sonorità dei pezzi orchestrali, e l’uso di materiali e tecniche del passato in brani sorretti da una logica musicale
decisamente moderna.
Nel corso della sua lunga carriera da compositore, Stravinskij era diventato famoso grazie alla sua capacità di
integrarsi nei mondi e negli ambienti più diversi: dalla Parigi della belle époque, quando i Ballets Russes fecero
conoscere in Occidente l’arte russa; nelle avanguardie tra le due guerre, quando sembrò che una sola
etichetta, quella del “neoclassicismo” , bastasse a racchiudere una nuova fase della creatività stravinskiana;
nell’eterogeneo ambiente musicale degli Stati Uniti, dove il compositore si era trasferito allo scoppio della
seconda guerra mondiale, adattandosi ai costumi americani e sperimentando il metodo dodecafonico di
composizione inventato da Schonberg e perfezionato da Webern.
Al momento della sua morte, Stravinskij era il musicista che aveva prodotto il maggior numero di capolavori
nella letteratura del Novecento e che più di ogni altro aveva disorientato la critica e il pubblico con i suoi
bruschi mutamenti stilistici.
La critica aveva tentato di individuare uno sviluppo logico nell’imprevedibile e in certi casi sconvolgente
itinerario artistico del compositore, suddividendolo in periodi.
Fu identificato così un primo periodo “russo” compreso fra l’esordio parigino con “Fuochi d’artificio” del 1908
e “La storia del soldato” del 1918, in cui si collocano i grandi balletti russi, ossia “L’uccello di fuoco” nel 1909-
1910, “Petruska” nel 1911, “la sagra della primavera” nel 1913 e “le nozze” nel 1917.
Il secondo periodo, quello cosiddetto “neoclassico”, si apre con un altro balletto, “Pulcinella” , nel 1920 e
culmina con l’opera-oratorio “Oedipus rex” nel 1927, con i balletti “Gioco di carte” nel 1936 e infine con
l’Opera “The Rake’s Progress” rappresentata a Venezia nel 1951.
È da sottolineare che tutta la produzione di Stravinskij è percorsa da una spiritualità in cui si manifesta
marcatamente la fedeltà al clima della liturgia bizantina, da cui discende la confessione ortodossa russa: “La
sinfonia dei salmi” del 1930 e “Threni” del 1958 ne sono testimonianze significative che non escludono
tuttavia analoghi lavori sulla tradizionale liturgia latina come ad esempio la Messa del 1948.
La terza e ultima fase creativa di Stravinskij segna il suo avvicinamento, tra lo stupore generale, al metodo
dodecafonico o, meglio, seriale.
Il compositore non esitò a dichiarare la sua incondizionata ammirazione per il più severo dei maestri della
serialità, A. Webern, e a mettere in pratica la tecnica con impeccabile osservanza delle regole.
Quest’ultima fase apparve come un’immoralità e aprì la discussione all’interno delle avanguardie
sull’autenticità dell’apparente conversione, senza tener conto che tutta questa tendenza al rigore aveva
radici lontane nella creatività del compositore russo; si ebbero allora altri capolavori: il già citato Threni e
numerose opere cameristiche e vocali come “In Memoriam Dylan Thomas” nel 1954, che ha per sottotitolo
Canoni funebri e Canto per voce di tenore, quartetto d’archi e quattro tromboni. Si tratta di un’opera molto
significativa e che mette in risalto un aspetto importante nella scelta compositiva del musicista.

L’INFLUENZA DELLA POESIA

Come per tantissimi altri artisti, la poesia ha ispirato capolavori di ogni tipo; vediamo proprio partendo da
una poesia di Dylan Thomas, “Do not ho gentle into that good night “ ( non andartene docile in quella buona
notte ),dove l’autore cerca di catturare gli ultimi istanti di una vita che sta per terminare, di motivare quella
persona a non andarsene in maniera così docile verso quella notte che, sebbene “buona”, inghiotte
inevitabilmente la luce vitale.
Venne composta da Thomas nel 1952, quando il padre stava per morire, proprio questo avvenimento così
doloroso, ma anche così profondamente umano, viene riconosciuta come una delle poesie romantiche più
importanti del XX secolo.
Stravinskij doveva incontrare Dylan thomas che stava andando da lui per sottoporgli il progetto di un libretto
d’opera, ma ricevette all’improvviso un telegramma che gli comunicava la sua improvvisa morte; gli si spezzò
il cuore, amava tantissimo l’essenza di quella persona e addirittura in un’intervista fece vedere che aveva con
se sempre il suo ritratto nello studio e disse:
“ Ero molto triste e non so se nella musica che ho composto per la sua memoria lo ha trasmesso, l’unica
certezza è che ho composto questo brano con uno stile specifico, non molto lontano dal principio del seriale
e da come scrivevo prima, anche se le persone pensavano che fosse troppo dissonante “.

Come dice il sottotitolo, il breve brano comprende due canoni funebri che inquadrano un canto su parole
tratte dai Collected Poems dello stesso Thomas.
Stravinskij si vale dei due gruppi di quattro strumenti in modo organistico, come di due registri i cui timbri si
alternano senza mescolarsi mai.
Dal punto di vista seriale la scrittura è anche più rigorosa che nei lavori precedenti.
Tutta la materia sonora dei canoni che fungono da Preludio, di quelli che costituiscono il Postludio e del
Canto, cioè la configurazione dell’intero lavoro in ogni suo minimo particolare, è dedotta senza eccezione
alcuna da una cellula cromatica di cinque note diverse: re- re#- do- do#- re e delle sue varianti seriali ( L’
inversione, il cammino a ritroso, inversione retrograda ).
In taluni passi le singole parti si concatenano in modo che, sommandosi, le serie arrivano ad abbracciare
l’intero spazio dei dodici suoni.
È questo dunque, il primo pezzo del tutto cromatico di Stravinskij; l’assenza di nessi diatonici e la tendenza
all’integrazione pancromatica fanno si che questo lavoro si presenti come l’ultimo passo che prelude al fatto
decisivo: l’adozione da parte di stravinskij di stilemi dodecafonici veri e propri.

Continuando a guardare in prospettiva della poesia e della letteratura, non si può evitare di citare un
personaggio che non ha ispirato solo il nostro Igor ma dapprima il suo maestro, l’avanguardia russa e quella
occidentalizzante(rimanendo strettamente legati al popolo russo): Aleksander Puskin.
Così nasce Mavra, messa in scena dai Ballets Russes il 3 giugno 1922 all'Opéra di Parigi, ispirata alla Kasetta
di Kolomna di Puskin, al quale dedica l’opera:

«A la mémoire de Pouchkine, Glinka et Tschaikovsky / Igor Strawinsky», reca il frontespizio della partitura dì
«Mavra»; e di questa dedica, parlando a nome proprio e di Djagilev, Strawinsky stesso spiega diffusamente
le motivazioni in un celebre passo delle «Chroniques de ma vie»: «Il genio di Puskin in tutta la sua diversità e
in tutta la sua universalità, ci era non solo particolarmente caro e prezioso, ma significava per noi tutto un
programma. Per il suo carattere, la sua mentalità, la sua ideologia, Puskin era il rappresentante più perfetto
di quella straordinaria discendenza che scaturisce da Pietro il Grande e che, in una felice congiunzione, ha
saputo fondere gli elementi più specificamente russi con le ricchezze spirituali del mondo occidentale.
Djagilev apparteneva incontestabilmente a questa discendenza e tutta la sua attività non ha fatto che
confermarci l'autenticità di quell'origine. Quanto a me, io avevo sempre avvertito i germi della medesima
mentalità che non chiedevano che di svilupparsi e che in seguito ho coltivato in modo più consapevole. La
differenza fra questa mentalità e quella del gruppo dei «Cinque» che si era trasformata in accademismo e si
era ridotta al circolo Beljaev dove dominavano Rimskij-Korsakov e Glazunov, non consisteva nel fatto che la
prima era per cosi dire cosmopolita e l'altra puramente nazionalista. Gli elementi nazionali occupano un
posto considerevole tanto in Puskin quanto in Glinka e Ciajkovskij. Soltanto in questi ultimi, essi sgorgano
spontaneamente dalla loro stessa natura, mentre presso gli altri la tendenza nazionalista era un estetismo
dottrinarlo che essi volevano imporre».

I tredici pezzi della breve opera rappresentano una raffinata rielaborazione dello stile operistico
ottocentesco, in cui si intrecciano inflessioni slave e schemi musicali all'italiana; la stessa vicenda di Paraša
che introduce in casa l'amato ussaro Basil travestito da cuoca e la successiva scoperta della tresca
corrispondono alle regole della librettistica comica tradizionale. Tutto ciò offese tanto le avanguardie, che
detestavano l'opera lirica, quanto i conservatori, che trovavano in Mavra un omaggio a modelli antiquati.
In riferimento a Puskin abbiamo anche uno dei primi lavori in assoluto composti da Stravinskij:
Favn i pastuška [Il fauno e la pastorella] e più avanti i primi accenni dell’impressionismo francese nella musica
del compositore, con “ Le faune et la bergère “ per mezzo soprano e orchestra su parole di Puskin, qui gli
influssi della nuova scuola francese di Dukas, Debussy e Ravel sono evidenti, come di fatti l’utilizzo di strutture
esatonali.

FRA INFANZIA, KORSAKOV E DJAGILEV

Igor S. nacque il 18 giugno 1882 e venne a contatto con la musica fin da piccolo; Il padre di Stravinskij era un
baritono-basso dell’Opera Imperiale di Pietroburgo e svolse una brillante carriera interpretando un
repertorio assai vasto, nel repertorio russo variava da Glinka a Korsakov e a Ciaikovski.
Le abitudini della famiglia erano quelle della buona borghesia russa e spesso andavano in vacanza nella
tenuta di una zia in Ucraina, dove Stravinskij conobbe la cugina Katerina Nosenko, destinata più tardi a
diventare sua moglie.
L’infanzia di Igor fu solitaria, tanto che fra i ricordi del musicista spicca una balia prussiana, Bertha, dalla quale
imparò a parlare il tedesco e che gli rimase accanto fino alla sua morte nel 1917: “mi addolorò più la sua
morte che quella di mia madre” .
Durante l’infanzia e l’adolescenza Stravinskij andava molto a teatro e ad una rappresentazione della Bella e
addormentata restò incantato dalla musica di Ciaikovski.
Una volta riuscì ad intravedere il grande musicista poco tempo prima della sua morte e raccontò: “vidi da
dietro un signore dai capelli bianchi, le spalle larghe, grosso e pesante, e la sua figura mi è rimasta impressa
per tutta la vita” .
Diventa poi allievo di Rimiskij-Korsakov, e dopo la morte del padre i rapporti diventano più stretti e le lezioni
si fecero più impegnative. Quando nel 1906 Igor e Katerina si sposarono, il maestro fu il primo a fargli visita
e a benedire la coppia.
Stravinskij aveva l'abitudine di discutere le sue composizioni con Rimskij-Korskov appena venivano impostate
e scritte, ed il maestro fece in modo che molte di esse fossero eseguite in concerti pubblici e privati a San
Pietroburgo.
L'ultima di queste composizioni fu Feu d'artifice (1908), un breve poema sinfonico che Stravinskij destinò
come regalo di nozze alla figlia del maestro, Nadezhda.
Ma Rimskij-korskov morì nell'estate del 1908, prima che la composizione potesse essere eseguita. Dopo la
sua morte l'allievo espresse il suo dolore con la composizione Chant funèbre (1908) in memoria del maestro,
eseguita a Pietroburgo nella stagione seguente: la partitura è andata perduta.
Il 6 febbraio del 1909 furono eseguiti a Pietroburgo, Feu d'artifice ed un brano per orchestra, Scherzo
fantastique, scritto precedentemente (1907-1908).
In quest'occasione il giovane compositore ebbe modo di conoscere un lontano cugino nonchè noto
impresario, S. de Djagilev. Questi si accingeva a organizzare una stagione di opere e balletti russi e pensò di
affidare a Stravinskij le musiche; gli commissionò prima l’orchestrazione di alcuni pezzi di un balletto per
Parigi: Les Sylphides da musiche di Chopin.
Per la stagione successiva gli affidò un intero balletto, l’uccello di fuoco, ricavato da una fiaba popolare russa;
ebbe un enorme successo, tanto che Debussy si presentò per porgergli i suoi complimenti.
Subito dopo Djagilev gli commissionò un altro balletto ricavato da Edgar All’anca Poe ma Stravinskij aveva a
mente un altro lavoro su un rito pagano (la sagra della primavera), siccome il progetto era complesso e
richiedeva tempo lo mise da parte per comporre un lavoro orchestrale con pianoforte solista al quale diede
infine il nome di Petruska, l’eterno eroe infelice di tutte le fiere e paesi; Djagilev entusiasta lo inserì nei balletti
russi nel 1911.

Lo scandalo della sagra della primavera


I quasi due anni che separano Petruška dalla Sagra della primavera furono piuttosto intensi per il
compositore:
impegnato in una partitura estremamente complessa, quella appunto della Sagra, di cui aveva scelto egli
stesso il soggetto (così come era accaduto per Petruška, e contrariamente alle consuetudini di Djagilev, che
era il dittatore dei Ballets Russes).
Costretto a non apparire nella stagione del 1912 a causa delle difficoltà in cui si trovavano i Ballets Russes
dopo l'incendio del Teatro di Pietroburgo dove si sarebbero dovuti esibire.
Prima che fosse terminata la composizione della Sagra della primavera Stravinskij, ebbe modo di ascoltare il
Pierrot lunaire di Schönberg nel dicembre 1912 a Berlino.
Restò molto impressionato dalla composizione schönberghiana, tanto da riprenderne alcuni elementi nelle
Tre poesie della lirica giapponese; si sa, inoltre, che qualche mese dopo, mentre stava lavorando insieme a
Ravel all'or chestrazione della Chovanščina di Musorgskij (un la voro commissionato da Djagilev), parlò al
musicista francese del Pierrot lunaire, suggestionandolo al punto che questi ne trasse ispirazione nei Tre
poemi su testi di Mallarmé. Tuttavia, Stravinskij restò estraneo per molto tempo ai principi rivoluzionari di
Schönberg e dei suoi allievi Alban Berg e Anton We bern, le cui innovazioni del linguaggio musicale na scevano
all'interno di un movimento artistico tipicamente tedesco, l'Espressionismo, che non poteva trovare alcuna
rispondenza in Stravinskij.
Soltanto nell'ultima fase della sua creatività, quando si era ormai avvicinato alla dodecafonia, Stravinskij si
decise a tributare un omaggio al nemico, ormai scomparso, affermando che era stato un artista
rappresentativo di un'intera epoca.
La sagra della primavera venne rappresentata infine nel 1913, suscitando stupore e indignazione allo stesso
tempo: “proprio quello che volevo” disse Djagilev.
La descrizione più precisa della Sagra è dovuta a un pittore, Roerich a cui era stata affidata la scenografia.
Stravinskij aveva parlato con Roerich del progetto non appena gli era venuto in mente, ancor prima di
comporre Petruška. Fu Roerich a inviare il 'canovaccio' a Djagilev, in questi termini: «<Scopo della Sagra della
primavera, cosi come l'abbiamo pensata Stravinskij ed io, è quello di presentare un certo numero di scene
destinate a mo strare la gioia terrena e il trionfo celestiale secondo la sensibilità slava.
A proposi to dell'argomento di questo balletto, molti anni dopo Stravinskij, ormai in tarda età, nel corso dei
suoi colloqui con Robert Craft, affermò che una delle sue impressioni giovanili più intense era stata «la
violenta primavera russa, che sembra cominciare nel giro di un'ora e fa come se la terra intera si rompesse.
E stato l'evento più straordinario in tutti gli anni della mia infanzia >>.

IN SVIZZERA: Le Nozze, La storia di un soldato, il teatro itinerante, Pulcinella

Dal 1913 al 1918, anno di esecuzione di “la storia di un soldato” , Stravinskij visse lontano dalla patria e
compose una serie di lavori ispirati alla favolistica russa: Il poema sinfonico “II canto dell'usignolo”, le 'scene
coreografiche' Le nozze, Il soggetto fu ricavato da Stravinskij dalla grande raccolta di poesie popolari russe di
Ki reevskij e non hanno particolari indicazioni; a questo proposito citiamo un passo delle Cronache della mia
vita: «Non avevo intenzione di riprodurre il rituale delle nozze contadine, poiché mi interessa poco
l'etnologia.
Mia intenzione era di comporre una specie di cerimonia teatrale adoperando a modo mio gli elementi rituali
forniti abbondantemente dalle consuetudini paesane russe formatesi durante secoli per celebrare le nozze.
Mi ispirai a queste consuetudini, ma mi riservai il diritto di adoperarle in tutta libertà [...]. Volevo che tutto
l'organico strumentale stesse a fianco degli attori o dei danzatori, rendendosi partecipe, per così dire,
dell'azione scenica.
Volevo per questo che l'orchestra fosse sistemata sulla scena, lasciando gli attori nello spazio rimanente.
Non era imbarazzante il fatto che gli attori in scena portassero tutti il costume russo, mentre i musicisti
avrebbero portato l'abito da sera; anzi, era una condizione perfetta per attuare la mia idea di un di
vertissement simile a una mascherata »>.

In quel periodo Stravinskij si stabilì definitivamente in Svizzera e vi rimase anche dopo lo scoppio della guerra;
la rivoluzione russa del 1917 rese poi definitivo il distacco dal Paese natale.
Inizialmente si era trattato di un esilio temporaneo, inframmezzato da qualche viaggio in patria; ma con
l'andar del tempo Stravinskij si era legato sempre più all'ambiente occidentale, in particolare a quello di Parigi
e di Londra (dove agivano spesso i Ballets Russes), anche grazie alla presenza di Djagilev, per il quale nutriva
un sentimento di profonda amicizia.
Nel corso di questi anni Stravinskij venne colpito da lutti particolarmente dolorosi: perse infatti un fratello e
l’amatissima Bertha.

La composizione conclusiva di questo periodo russo di Stravinskij fu La storia del soldato.


Come racconta l'autore nelle Cronache della mia vita, l'opera nacque dal proposito di guadagnare qualcosa
creando una sorta di teatrino ambulante facilmente trasportabile da una località all'altra della Svizzera.
Il progetto fu condiviso dall'amico Charles Ramuz, lo scrittore svizzero che aveva collaborato alla versione
francese di Volpe e delle Nozze, anch'egli in condizioni economiche precarie.
Lo spettacolo andò in scena il 29 settembre 1918 al Théâtre Municipal di Losanna, grazie all'intervento di un
mecenate, Werner Reinhart, il quale pagò l'allestimento e perfino la commissione della musica all'autore.
Alla prima rappresentazione Stravinskij era talmente contento dello spettacolo che provò a danzare egli
stesso la parte del Diavolo. Il vero proposito del compositore era quello di proseguire l'operazione
'antiteatrale' iniziata con Petruška, ossia di proporre un tipo di spettacolo profondamente diverso dall'opera
lirica e dal balletto tradizionali.
Si doveva trattare di uno spettacolo che poetesse essere rappresentato anche in spazi non teatrali e la cui
scena poteva accogliere, contemporaneamente e con pari rilievo, oggetti animati e inanimati, come gli
strumenti musicali e gli attori o i danzatori.

Per La storia del soldato esiste una precisa didascalia: «Un piccolo palco montato su una piattaforma.
Sgabelli o barili ai due lati. Su uno degli sgabelli siede il Narratore di fronte a un tavolino, sul quale ci sono
una caraffa di vino bianco e un bicchiere. L'orchestra è sul lato opposto del palcoscenico».
Ciò che viene definita orchestra è costituito da un complesso di pochi strumenti, ben identificabili nelle loro
caratteristiche individuali e d'insieme: clarinetto, fagotto, cornetta a pistoni, trombone, violino, contrabbasso
e percussione.
L'azione, ricavata da una delle grandi fonti favolistiche della cultura russa, la raccolta di Afanas'ev, procede
in parte con la narrazione, in parte con la danza, in parte con il mimo e in parte con la musica.
Insomma, dopo aver mostrato in Pe truška il teatro-baraccone (il tradizionale balagan russo), Stravinskij si
trasformò egli stesso in gestore di un balagan. La vicenda narra la storia di un soldato che cede il proprio
violino al diavolo in cambio di un libro magico. Il soldato trascorre tre giorni con il diavolo, ma in realtà sono
passati tre anni e, tornato al suo paese, non viene riconosciuto né dalla madre né dalla fidanzata.
La ricchezza che gli procura il libro magico non dà felicità al soldato, che straccia il libro rompendo così
l'incantesimo.
Ormai povero, il soldato si reca alla corte del re, la cui figlia è gravemente malata; chi riuscirà a guarirla avrà
la sua mano.
Sulla strada incontra il diavolo, che reca con sé il suo violino; i due giocano a carte e alla fine il soldato riesce
a recuperare il suo strumento. Col suono del violino il soldato guarisce la principessa e neutralizza il diavolo
costringendolo a ballare fino allo sfinimento. Ma il diavolo promette di vendicarsi non appena il soldato e la
sua sposa varcheranno i confini del regno. Spinto dalla nostalgia per il suo paese, il soldato si mette in viaggio
con la principessa, ma trova ad attenderlo il diavolo che se lo porta via per sempre.
La partitura della Storia del soldato è una delle più virtuosistiche composte da Stravinskij.
Si tratta di un virtuosismo 'metafisico' (per adoperare un termine riferito abitualmente alla pittura di De
Chirico, che riflette una sensibilità affine a quella di Stravinskij), in cui avviene la fusione diversi livelli stilistici,
dal corale nello stile di Bach alla marcia da music-hall, dal jazz alle citazioni della letteratura musicale
romantica tedesca; il tutto per brevi aforismi e in miniatura. L'influsso del jazz ispirò a Stravinskij alcune com
posizioni: Piano-Rag Music e i Tre pezzi per clarinetto solo, appartenenti entrambi al 1919, e soprat tutto il
Ragtime per cimbalom e nove strumenti con percussione composto nel 1918, uno dei capolavori cameristici
del maestro russo e del Novecento.
Con la fine della guerra riprese l'attività regolare dei Ballets Russes. Ma i rapporti di Stravinskij con Djagilev
si erano un po' guastati in occasione della rappresentazione della Storia del soldato.
Il celebre coreografo non approvava che il compositore svolgesse attività al di fuori della compagnia che lo
aveva lanciato e soprattutto non condivideva l'estetica della Storia del soldato, che anzi smentiva in buona
parte il gusto per il grande spettacolo di danza che rimaneva alla base dei Ballets Russes e che era stato il
fondamento delle prime grandi partiture stravinskiane.
Tuttavia Djagilev non voleva fare a meno di Stravinskij, un giorno quindi passeggiando, gli suggeri l'idea di un
nuovo balletto su musiche di Pergolesi e di orchestrale insomma.
Stravinskij accettò di buon grado la commissione e la trama stabilita: «< Tutte le ragazze del luogo sono
innamorate di Pulcinella e i loro fidanzati, pazzi di gelosia, cercano di ucciderlo.
Nel momento in cui credono di esserci riusciti, rivestono costumi simili a quelli di Pulcinella e si presentano,
così travestiti, alle ragazze. Ma l'astuto Pulcinella si è fatto sostituire da una contro figura, Furbo, il quale
finge di cadere sotto i colpi dei nemici di Pulcinella. L'autentico Pulcinella, traVestito da mago, resuscita la
sua controfigura.
Quando i giovanotti, che credevano di essersi liberati del rivale, vanno a prendere le loro fidanzate, riappare
Pulcinella e combina i matrimoni. Egli stesso sposa Pimpinella con la benedizione di Furbo che, a sua volta si
era travestito da mago”.
Come si vede, Stravinskij ritornò alla figura della maschera popolare già presente in Petruška, e anzi alle
origini di quella maschera, dato che nel burattino russo si erano innestati elementi della Commedia dell'Arte
italiana.
Quanto alla musica, si attenne alla trascrizione delle musiche settecentesche; ma, pur conservando le
melodie e la linea del basso, attuò un miracolo di invenzione nelle armonie e nei timbri, ossia reinventò ciò
che resta a discrezione del trascrittore.
Djagilev si trovò cosi davanti a un'operazione musicale ben più rilevante di quanto si fosse aspettato e
completamente diversa dal suo progetto originario; il colmo si ebbe quando Picasso, cui erano stati
commissionati costumi e scenografia, presentò bozzetti con personaggi alla Offenbach.
Djagilev gettò per terra i disegni, calpestandoli con rabbia. Finalmente fu deciso di creare una scenografia
unica, imperniata su una via di Napoli in una notte di luna, col Vesuvio sullo sfondo. Lo spettacolo fu
rappresentato all'Opéra di Parigi il 15 maggio 1920.
I cantanti, alla stregua di strumenti, stavano in orchestra, cosi come era già stato sperimentato in Volpe e
nelle Nozze. Pulcinella viene abitualmente considerato l'atto di nascita del 'neoclassicismo' di Stravinskij, e
l'etichetta non ha ancora finito di generare equivoci. Certo è che da quel momento l'avanguardia non ri
conobbe più Stravinskij tra i suoi membri, come era stato ai tempi di Petruška e soprattutto della Sagra della
primavera.
Pulcinella fu il punto di rottura an che con l'altra avanguardia europea, quella viennese formata da Schönberg
e dai suoi allievi. Sull'etichetta di 'neoclassicismo' attribuita dai critici ad alcuni suoi lavori, Stravinskij ebbe
occasione di esprimere un acuto e polemico giudizio nelle Crona che della mia vita: «Avevo previsto una
accoglienza ostile da parte di quelli che si ritenevano i custodi delle tradizioni accademiche.
Non restai sorpreso dalle loro critiche; ero ormai abituato a non contare su questo sottobosco musicale, la
cui competenza era più che dubbia. Il mio apprezzamento va giustamente a quelli che seppero riconoscere
nella mia musica qualcosa di più di un'imitazione più o meno fedele dello stile settecentesco >>
Dopo la composizione di Pulcinella Stravinskij si rese conto che il suo esilio dalla patria era diventato definitivo
e si trasferi in Francia. Nello scritto auto biografico il compositore rievoca l'emozione provata nel lasciare la
Svizzera: «Col cuore gonfio fui costretto a dire addio alla regione di Vaud, a quella regione che mi era
diventata cara grazie alle preziose amicizie cui dovevo un aiuto nel sopportare le difficili prove affrontate
negli anni della guerra.
Custodirò sempre nel mio cuore un affettuoso attaccamento per quella regione.

IN FRANCIA: Mavra, Oedipus rex, Sinfonia dei Salmi, morte di Djagilev, cittadinanza francese

«< In giugno lasciai Morges con la famiglia, per passare l'estate in Bretagna e per stabilirmi, poi,
definitivamente in Francia. Questo evento segnò una data fondamentale nella mia vita, dato che chiude tutto
un periodo della mia esistenza.
Negli anni successivi la mia attività fu più varia in confronto a quella degli anni precedenti, in quanto divenni
interprete della mia musica, oltre che il creatore di essa »>.
In Francia, dal 1920 al 1939 A partire dagli anni del primo dopoguerra, in Stravinskij venne attuandosi una
trasformazione densa di conseguenze sulla sua arte.
Anzitutto, si può affermare che era giunta a conclusione la fase 'russa', nel senso del riferimento alla
favolistica, alle consuetudini popolari.
In compenso, si fece strada un altro aspetto della cultura russa, quello occidentalizzante, che Stravinskij
esplicitò clamorosa mente tributando un pubblico omaggio alla musica di Ciaikovski sia col partecipare alla
realizzazione di un grande balletto ciaikovskiano, La bella addormentata, sia mediante una lettera aperta a
Djagilev, pubblicata sul "Times" del 18 ottobre 1921, «<La musica di Ciaikovski, anche se non sembra a tutti
proprio russa, è spesso più intimamente russa della musica che da tempo si è appropriata la facile
denominazione di folclore moscovita.
La musica di Ciaikovski è tanto russa quanto un verso di Puškin e una canzone di Glinka.
Quanto erano tipiche le sue predilezioni per la musica del passato e per quella del suo tempo!
Adorava Mozart, Couperin, Glinka, Bizet: non esiste alcun dubbio sul suo gusto.
Altre conseguenze della trasformazione di Stravinskij si manifestarono nel progressivo abbandono di
atteggiamenti d’avanguardia, comportamento che tese a relegare il musicista in una posizione di isolamento.
Inoltre, intorno alla metà degli Anni Venti, il musici sta venne colto da una profonda crisi religiosa che ful
all'origine della sua successiva produzione liturgica.
Ebbe svariate delusioni in questo periodo, una di queste gli venne riservata dalla criticata rappresentazione
della sua prima opera lirica, Mavra, messa in scena dai Ballets Russes il 3 giugno 1922 all'Opéra di Parigi.
Il fallimento colpì il compositore sotto due aspetti:
Stravinskij si trovava a riscuotere insuccessi quando era ormai viziato dall'esito trionfale dei suoi primi lavori,
pur se circondati da un'aura di scandalo; questa volta veniva peraltro disapprovato non so lo dai conservatori
e dal più vasto pubblico, ma an che dagli stessi rappresentanti dell'avanguardia che, un tempo, erano stati
dalla sua parte (perfino Djagi- lev, come si vedrà, non riusciva a comprendere l'e voluzione del suo
beniamino);
Inoltre, la critica colpiva Stravinskij nell'intimo di una convinzione artistica ben precisa, che faceva
riferimento, come si è detto, alla cultura russa occidentalizzante, a Glinka, a Puškin, a Ciaikovski.

Mavra, ispirata alla Casetta di Kolomna di Puškin, costituì infatti la prima manifestazione di questo apparente
voltafaccia di Stravinskij rispetto ai suoi lavori precedenti, che, facevano di lui un discendente dei musicisti
russi nazionalisti.

Toccato nel vivo, Stravinskij cercò di spiegare la sua posizione, In un articolo apparso su un periodico inglese
nel dicembre del 1927, il musicista si soffermò sul la definizione di 'neoclassicismo' coniata per indicare il
nuovo corso stravinskiano: «Si parla molto del ritorno al classicismo, nella nostra epoca, e nella rubrica
neoclassica vengono classificati i lavori scritti, si crede, sotto l'influsso di composizioni cosiddette classiche.
Mi è difficile dire se tale classificazione sia giusta o no.
In realtà, non si tratta piuttosto, di una ricerca più profonda della semplice imitazione del linguaggio
neoclassico?
Mi sembra che il vasto pubblico, e con esso la critica, si limiti a registrare impressioni superficiali generate da
alcuni schemi tecnici della cosiddetta musica classica; tutto ciò non costituisce ancora neoclassicismo».
Una dichiarazione di questo genere, in cui Stravin skij affermava che l'impiego di materiali musicali
preesistenti non implicava un puro e semplice calco della tradizione, contribuì ad aggravare il dissenso nei
suoi confronti.
Perfino Djagilev, a cui era dedicato Oedipus rex, se ne uscì con una punta di ingratitudine, affermando che si
trattava di 'un regalo ma cabro'. Il pubblico reagì abbastanza male al nuovo lavoro.
Tutto ciò non servi comunque a distogliere Stravinskij dalla sua esperienza 'neoclas sica', che, negli anni
successivi, prosegui arrivando a scrivere la “ Sinfonia di salmi “.

Nel progettare Oedipus rex, Stravinskij intendeva riferirsi a un mito classico, senza però voler ricavare dal
mito un 'dramma', bensi soltanto una rappresentazione oggettiva.
Per questo, come spesso accadde anche in seguito, partì da un elemento accessorio alla musica, vale a dire
dal testo: doveva essere scritto in una lingua morta anziché in una lingua viva.
Una lingua morta avrebbe conferito al testo una dimensione monumentale e, nello stesso tempo, oggettiva,
collocandolo in una prospettiva di lontananza rispetto al pubblico.
In seguito Stravinskij affermò: «Ho sempre pensato che per le cose che riguardano il sublime occorra un
linguaggio speciale e non quello usuale [...]. È per questo motivo che cercai di capire quale fosse la lingua più
appropriata al lavoro progettato e, finalmente, mi fermai sul latino.
La scelta presentava un ulteriore vantaggio: avevo a disposizione una materia non solo morta, ma addirittura
pietrificata, diventata monumentale e immunizzata contro ogni civilizzazione».
Il progetto si concretò nella scelta del mito di Edipo e Stravinskij concentra ogni sforzo sull’interiorizzazione
del dramma.
Egli mira a distaccarlo da ogni elemento esteriore spettacolare; i personaggi dovevano avere l’aspetto di
statue viventi.
Stravinskij commenta questa e un'altra grande composizione di quell'epoca, la Sinfonia di salmi: «Che gioia
comporre musica su un linguaggio convenzionale, quasi rituale, di elevato livello, destinato a imporsi per se
stesso!
Il testo diventa cosi, per il compositore, una materia esclusivamente fonetica. Potrà venir scomposto a
volontà e tutta l'attenzione potrà essere rivolta all'elemento primitivo che lo co stituisce, vale a dire la sillaba.
Questo modo di trattare il testo non era forse quello dei vecchi maestri dello stile severo? Tale fu anche, per
secoli, riguardo alla musica, l'atteggiamento della Chiesa, che con questo mezzo era trattenuta dal cadere nel
sentimen talismo e, di conseguenza, nell'individualismo >>.

L'ultimo colpo ai buoni rapporti fra Stravinskij e Djagilev fu dato dalla rappresentazione di un nuovo balletto,
Il bacio della fata, composto nel 1928 su commissione della danzatrice Ida Rubinstein.
La Rubinstein suggeri un 'omaggio a Ciaikovski', solle citando la simpatia di Stravinskij per l'autore della Bella
addormentata, e Djagilev ne fu professionalmente molto geloso.
A proposito di Ciaikovski e del Bacio della fata, Stravinskij scrisse nelle Cronache della mia vita: «La mia
simpatia per questo musici sta più il fatto che gli spettacoli previsti per il mese di novembre sarebbero coincisi
col trentacinquesimo anniversario della sua morte mi indussero ad accettare l'offerta. Ciò mi dava l'occasione
di rendere un sincero omaggio al mirabile talento di quell'uomo »>.
Dopo la rappresentazione del Bacio della fata, i rapporti tra stravinskij e Djagilev si fecero decisamente freddi:
il 23 febbraio 1929, su un treno diretto a Londra, i due si incontrarono ma evitarono di par larsi.
Nell'agosto successivo, Djagilev mori. Stravin skij annotò: «< Djagilev era diabetico. Non fu salvato
dall'insulina (aveva paura delle iniezioni e preferiva incorrere nei rischi della malattia). Ignoro la spiega zione
medica della sua morte, ma quel che so è che questo avvenimento mi colpisce profondamente, tanto più che
avevo litigato con lui a proposito del Bacio della fata [...] e, quando mori, non ci eravamo riconciliati >>
Fra il 1920 e il 1930, Stravinskij s'inventò anche una nuova professione musicale, quella di direttore
d’orchestra e, soprattutto, di pianista. L'autore colse l'occasione per professare ancora una volta la sua teoria
estetica 'neoclassica': «Questa specie di musica non ha altro scopo se non quello di bastare a se stessa.

Dalla metà degli Anni Trenta, Stravinskij assunse la cittadinanza francese e i suoi rapporti con l'Europa
artistica cominciarono ad allentarsi.
Sullo scorcio del decennio, vari lutti colpirono intanto Stravinskij: la morte della figlia maggiore nel 1938,
quelle della moglie e della madre nel 1939.
Il sorgere del nazionalsocialismo in Germania e del fascismo in Italia indussero poi probabilmente un nuovo
senso di insicurezza in un uomo che aveva sperimentato l'esito di regimi rivoluzionari e dittatoriali.
Infine, l'ostacolo ormai insormontabile venutosi creare fra Stravinskij e l'avanguardia europea persuasero il
compositore che avrebbe trovato una maggiore libertà e una maggiore comprensione negli Stati Uniti.

Il soggiorno americano: Gioco di carte, The Rake’s Progress


Il 25 settembre 1939, alla vigilia della guerra, il compositore si imbarcò a Bordeaux sulla nave Manhattan in
compagnia della futura moglie, Vera de Bosset, cui era legato fin dal 1920.
Stravinskij non poteva sapere che quel viaggio si sarebbe trasformato in un soggiorno definitivo.
Da tempo, i committenti delle sue nuove composizioni erano americani: il balletto Gioco di carte 1936,
nacque per l'American Ballet. Infine, l'Università di Harvard gli aveva proposto di tenere una serie di lezioni,
che Stravinskij pronunciò e pubblicò sotto il titolo di Poetica musicale .
C'era dunque motivo di credere che la sensibilità del pubblico americano, o almeno dei suoi più qualificati
rappresentanti, non fosse turbata dalla totale estraneità di Stravinskij all'avanguardia muscale europea e alle
aspettative dello stesso pubblico europeo. In un certo senso, gli Stati Uniti si offrivano come un territorio
vergine, in cui non esisteva condizionamento intellettualistico né pregiudizi nei riguardi dell'estetica
stravinskiana.
In un’intervista stravinskij formulò in breve i principi estetici già ripetutamente esposti: “per manifestare lo
spirito creativo, occorre avere i mezzi; si tratta di mezzi tecnici, intendendo tecnica nel senso più preciso del
termine.
La tecnica è dunque richiesta dal desiderio di creare e non è un valore inferiore, come spesso si crede.
Indubbiamente, questo atteggiamento contribuì a fare di stravinskij un isolato nell’ambiente della musica
contemporanea.
Nacque allora la convinzione che il compositore russo dopo la sagra della primavera, non avesse avuto molto
altro da dire e avesse intrapreso una via sostanzialmente ripetitiva, chiamata appunto neoclassicismo.
I principali fautori di questa prospettiva critica erano i maggiori esponenti dell’avanguardia russa, quali
Schonberg e Webern.
In musica, la ricerca dell’identità , aveva principalmente due aspetti: quello nazionalista del gruppo dei cinque
e quello occidentalizzante rappresentato da Ciaikovski.
Stravinskij che agli inizi della carriera poteva essere considerato un discendente dei Cinque, attraverso
l’insegnamento di Rimiski korsakov, dal 1920 in poi si riconobbe nella tendenza occidentalizzante.
Si potrebbe affermare che, se stravinskij operò intorno agli anni venti un cambiamento, questo si produsse
all’interno delle sue ascendenze culturali più che in relazione all’avanguardia europea.
Nel 1940 stravinskij sentì l’esigenza di tornare su questo problema che per la sua identità di russo in esilio
era fondamentale.
In un opuscolo stampato a New York e a Hollywood, intitolato Puskin: poesia e musica, Igor prese spunto dal
grande poeta russo per ribadire alcuni punti della propria estetica:” la mia opera, ricavata dalla casetta a
Kolomna di Puskin, è dedicata anche alla memoria di due grandi compositori del diciannovesimo secolo,
Glinka e Ciaikovski.
Il fatto che abbia posto questi tre nomi vicini dimostra quanto abbia apprezzato il genio di Puskin e quanto
abbia cercato di imparare dalla sua creatività e da quella che gloriosi musicisti mi hanno preceduto.
In realtà questi tre nomi sono in stretta relazione. L’influsso di Puskin su i due compositori è evidente: Glinka
ricavò “Ruslan e Ludmila” dal testo del poeta russo, mentre Ciaikovski si rivolse a “Eugenio Onegin” e a “la
dama di picche”.
Tutto ciò avrebbe potuto essere casuale, tipico di compositori alla ricerca di soggetti per i loro libretti, se
questa ipotesi non fosse categoricamente smentita dal carattere complessivo della creatività di questi
musicisti.
Per natura e per mentalità, essi rientrano nella categoria più straordinaria che si sia prodotta in Russia.
In Russia ci sonno sempre stati, e ci sono ancora oggi, rappresentanti di questa categoria straordinaria; io ne
subii il fascino appena mi capitò di incontrarne nella mia vita.
Questo spiega la mia grande amicizia con Djagilev che apparteneva di sicuro a questa categoria e i ricordi
molto felici della mia lunga collaborazione con lui.
Preso e coltivato i principi di quella mentalità all’inizio inconsapevolmente e poi sempre più
consapevolmente.
Quella categoria straordinaria ebbe un’origine in realtà in Pietro il grande, la cui personalità sugestionó così
profondamente Puskin ( il cavaliere di bronzo, pontava ,negro di Pietro il Grande e tanti altri lavori lo
testimoniano).
Il grande sovrano aveva concepito il progetto di fondere gli elementi più tipici della cultura russa con la
ricchezza intellettuale dell'Occidente. Al pari di Puškin nella poesia, Ciaikovski realizzò questa felice fusione
nella musica e portò l'arte russa ai livelli più alti dell'arte europea, pur lasciandole con servare le sue
caratteristiche nazionali.
La tradizione puškiniana si apre ai più rilevanti influssi del l'Occidente, e lascia intatto il fondamento russo
che predomina negli artisti russi »>.
Nel 1940 Stravinskij trovò la sua definitiva residenza nei pressi di Los Angeles, prima a Beverly Hills e poi a
Hollywood.
Il clima della California si addiceva particolarmente al compositore, che negli ultimi anni parigini aveva
sofferto di affezioni tuber colari. A Hollywood si era poi concentrata, durante la guerra, la grande emigrazione
di intellettuali europei.
Sullo scorcio del decennio nacque il progetto della “carriera del libertino” che venne rappresentata la prima
volta al teatro la Fenice di Venezia nel 1951 l’11 settembre.
L’idea di un tale soggetto innestatosi sulla decisione di scrivere un’opera di grandi dimensioni in lingua
inglese, nacque in Stravinskij durante una visita al Chicago art instituto nel maggio del 1947.
In quell’occasione il musicista si soffermò davanti alle incisioni di un celebre pittore inglese del 700, W.
Hogart; le incisioni intitolate appunto “la carriera del liberrtino”, riproducono 8 dipinti originali del pittore,
collocati nel Soane’s Museum di Londra e descrivono le varie tappe della vita di un giovane rovinato dalla
dissolutezza.

-La prima di queste incisioni intitolata “l’eredità”, si ambienta nella casa di un facoltoso signore appena
defunto, e mostra l’erede, il giovane Tom Rakwell nell’atto di offrire un po’ di denaro ereditato a titolo di
liquidazione, a Sara Young, la giovane che ha sedotto e che medita di abbandonare.
-Nella seconda incisione, “la leevè” si vede Tom circondato dai servitori e parassiti della sua nuova vita di
gentiluomo alla moda.
-La terza incisione è “la taverna”, ambientata in un bordello, dove il libertino si trova alle prime luci dell’alba,
the rose tavern.
-L’arresto, soggetto della quarta incisione, mostra Tom in procinto di essere arrestato per debiti ma salvato
all'ultimo da Sarah con i suoi risparmi.
-Le ultime quattro incisioni descrivono altrettanti episodi della rovina e della punizione del libertino: nel
“Matrimonio”, Tom sposa una vecchia ereditiera guercia, mentre Sarah, che porta in brac il figlio avuto da
Tom, cerca di impedire le nozze;
nella “Bisca”, si vede Tom perdere nuovamente una fortuna a un tavolo da gioco; nella “Prigione”, la moglie
rimprovera con violenza, Tom prigioniero per debiti, mentre Sarah, giunta per por tare conforto al recluso,
sviene; nel “Manicomio”, si vede infine Tom, in preda a una crisi, internato a Bedlam, dove la fedele Sarah si
reca a trovarlo.
Sulla base di tale sequenza, Stravinskij decise di far scrive re un libretto in inglese e chiese consiglio all'amico
Aldous Huxley; questi gli indicò il nome di Wystan H. Auden, uno dei maggiori poeti dell'epoca, e così
Stravinskij, invitò Auden nel la propria casa di Hollywood, sobbarcandosi le spe se di viaggio.
Sulle prime fasi del lavoro esiste un racconto di Stravinskij: « L'indomani mattina, rinvigoriti dal caffè e dal
whisky, ci met temmo al lavoro sulla Carriera del libertino. Partiti da due protagonisti, un maschio e una
femmina, e da un terzo personaggio di briccone, e avendo deciso che sarebbero stati un tenore, un soprano
e un basso, andammo avanti inventando una serie di scene che si concludevano con quella di Bedlam, già
fissata nella nostra testa. All'inizio seguimmo fedelmente Hogarth, fino a quando la nostra storia non
cominciò ad assumere una dimensione diversa».
-L'inserimento del personaggio di Nick Shadow, il servitore-padrone di Tom, arricchi notevolmente il tessuto
narrativo dell'opera, aggiungendovi una di mensione metafisica.
Nick è il diavolo in persona, e la vicenda tende cosi ad assumere contorni che si ri feriscono in parte al mito
letterario di Faust e in parte a quello di Don Giovanni. La trama venne suddi visa in tre atti, ciascuno formato
di tre scene.
Il lavoro di composizione fu svolto da Stravinskij con l'aiuto di un giovane musicista, Robert Craft, che aveva
conosciuto da poco e che sarebbe diventato il suo alter ego.
La carriera del libertino apparve come il punto d'ar rivo della tendenza 'neoclassica' stravinskiana, in quanto
vi si rispecchiava l'intera tradizione operisti ca sette-ottocentesca, dall'opera comica italiana del tardo
Settecento, ai prediletti archetipi di Glinka e di Ciaikovski. Nel 1964, Stravinskij chiari le proprie scelte formali,
dichiarando: «Invece di cercare forme musicali simbolicamente espressive del contenuto drammatico [...] ho
scelto di colare La carriera del libertino nello stampo di un'opera lirica 'a numeri' del Settecento, ove la
progressione drammatica dipende dalla successione dei singoli pezzi: recitativi e arie, duetti, terzetti, cori,
interludi strumentali. Nelle prime scene lo stampo è, in una certa misura, molto gluckiano, in quanto tende
a comprimere la vicenda nei recitativi secchi e riserva le arie alla poesia riflessiva; ma in seguito, via via che
l'opera si scalda, l'azione viene detta, fatta agire, contenuta quasi esclusivamente nel canto, in quanto
distinto dal canto parlato e dalla melodia infinita di Wagner che consiste infatti in un commento orchestrale
dove si sviluppa un recitativo continuo».

Gli ultimi anni e la conversione alla dodecafonia : Threni, serialità, ritorno in Russia

Gli ultimi due decenni della vita creativa di Stravinskij furono molto meno fecondi delle epoche precedenti.
Tuttavia, la qualità delle sue composizioni restò altissima come l’interesse per la sua “conversione”.
Secondo la critica, a partire dagli Anni Cinquanta, avrebbe iniziato una 'marcia di avvicinamento' verso la
dodecafonia, riconoscendo implicitamente la superiorità dei suoi antichi oppositori e, in primo luogo, di
Schönberg.
In realtà, l'e stetica di Stravinskij non era affatto cambiata. Il lin guaggio della dodecafonia, con la scomparsa
di Schönberg e di Webern, diventava un materiale ormai fissato nella storia della musica, con caratteristiche
precise; perciò, rappresentava per Stravinskij uno dei tanti linguaggi impiegabili nella dimensione che, tanto
per adottare una terminologia arbitraria, si può insistere a ritenere 'neoclassica'. Inoltre, l'autore al quale
Stravinskij guardava con maggior interesse non era Schönberg, ma Webern, ossia il musicista che non aveva
semplicemente applicato il metodo dodecafonico schönberghiano, ma ne aveva tratto spunto per una
scrittura elaborata e storicamente ricca che ha fatto capitolo a se nella seconda metà del nostro secolo sotto
l'etichetta di 'serialità'.
Insieme all'acquisizione della tecnica 'seriale', le composizioni dell'ultimo ventennio stravinskiano
manifestano un'altra tendenza: la vocazione religiosa, si direbbe liturgica, del maestro russo. Anche questa
tendenza non poteva dirsi nuova.
Nacque quindi “Threni”, 1957-58, il suo lavoro religioso di più vasta concezione, impegno costruttivo e la
prima opera interamente dodecafonica; “solo credendo fermamente in Dio si può comporre musica
religiosa”.
Gli ultimi anni di Stravinskij trascorsero tranquillamente nella casa di Hollywood, con momenti di frenesia
durante le tournées a cui il compositore non aveva rinunciato: inseparabile, al suo fianco, si trovava Robert
Craft, che si era trasferito nella casa di Hollywood e che aveva, a suo tempo, iniziato Stravinskij alla letteratura
musicale 'seriale'.

-L'evento forse più importante del periodo fu il ritorno del compositore in Russia, nel settembre del 1962,
grazie al 'disgelo' instauratosi all'epoca di Chruščev. A Stravinskij furono riservate accoglienze ufficiali solenni,
con l'esecuzione dei suoi balletti, con ricevimenti ministeriali e, in occasione di un banchetto con i
compositori sovietici, il musicista pronunciò un piccolo discorso: «L'uomo ha un solo luogo di nascita, una
patria, un paese non può che avere un paese e il luogo della sua nascita è l'elemento più importante della
sua vita. Rimpiango che le circostanze mi abbiano separato dalla mia patria e che non abbia saputo far
nascere qui le mie composizioni, ma, soprattutto, rimpiango di non essere stato qui per aiutare la nuova
Unione Sovietica a creare la sua musica nuova».
Certo, era passato qualche anno da quando Stravinskij aveva impietosamente bollato la musica sovietica nel
quinto capi- tolo della Poetica musicale (1945): « Quanto a me ho parlato e pensato in russo per tutta la mia
vita. Io ho uno stile russo; esiste allo stato latente nella mia musica, anche se non appare evidente nelle
composizioni.
In genere, è meglio che la produzione di un compositore sia giudicata nella prospettiva del tempo [...].
È necessario vedere da lontano, per vedere meglio».

Monumentum pro Gesualdo Da Venosa


-Carlo Gesualdo da Venosa era stato un vero e proprio musicista d'avanguardia del XVI secolo e Stravinskij
era rimasto affascinato dai suoi lavori al punto che l'idea di lavorare su alcune sue opere fu per lui una
tentazione irresistibile. Una volta trovati i tre madrigali i problemi principali stavano nello scegliere il registro
adatto degli strumenti e studiare la differenza dei timbri fra le voci e gli strumenti stessi; anche il particolare
ritmo era un problema da affrontare e Stravinskij decise di non modificarlo né di svilupparlo. Il timbro degli
strumenti a fiato, in particolare gli ottoni, hanno trasformato il carattere dei lavori di Gesualdo facendoli
diventare canzoni strumentali.
Come giustamente scrive Roman Vlad qui non abbiamo "una delle solite trascrizioni, ma una ricomposizione
nel senso che Stravinskij non si limitò ad operare una semplice trasposizione dei tre brani... ma immaginò ex
novo la sostanza musicale di questi brani".
-Nel febbraio 1960, Stravinskij cercò i brani adatti suonando e risuonando la musica sacra e i madrigali di
Gesualdo fino a che non trovò tre pezzi che potevano ritenersi adatti. La scelta cadde su Asciugati i begli
occhi, XIV madrigale dal Libro quinto, Ma tu cagion di quella, XVIII madrigale sempre dal Libro quinto e Beltà
poi che t'assenti, II madrigale dal Libro sesto. Stravinskij terminò l'opera nel mese di marzo e la prima
esecuzione avvenne a Venezia a Palazzo Ducale il 27 settembre 1960.

Organico:
Due oboi, due fagotti, quattro corni, tre trombe, tre tromboni, due violini, viola, violoncello

I funerali

La scomparsa di Stravinskij avvenne in seguito ad edema polmonare, nella notte tra il 6 e il 7 aprile 1971 a
New York, dove la moglie Vera aveva convinto il musicista trasferirsi per sottoporsi a cure più approfondite.
Il defunto fu onorato con due solenni cerimonie funebri. Alla prima, celebrata in una fu neral home di New
York, presero parte rappresentanti del governo americano e del governo sovietico, oltre a uno stuolo di
musicisti.
La seconda ebbe luo go il 15 aprile a Venezia, nella Chiesa dei Ss. Gio vanni e Paolo. Dopo una messa da
requiem di Alessandro Scarlatti, furono eseguiti i Requiem Canticles diretti da Robert Craft che accompagnò
il feretro fino alla se poltura nell'isola di San Michele, nel cimitero degli ortodossi, accanto, come si è detto,
alla tomba di Djagilev.
Sulla tomba di Djagilev si legge un'enfatica iscrizione in cui Venezia è definita 'ispiratrice eterna della nostra
quiete';
sulla tomba di Stravin skij vi è solo l'iscrizione del nome e di due date, con una croce d'oro, opera di Giacomo
Manzù.

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