Sei sulla pagina 1di 4

La sagra della primavera

Un rito pagano russo compare a un certo punto come protagonista nella storia del balletto classico.
I suoi ideatori puntano ad un esito sensazionalistico e alla fine saranno soddisfatti: di fronte al
pubblico “per bene” di Parigi, capitale della modernità, quest’opera produsse uno scandalo tale da
scuotere ancora oggi la critica musicale.

Correva l’anno 1910 e Stravinsky in quegli anni era impegnato nella realizzazione del balletto
l’Uccello di Fuoco con la compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev. Tuttavia questo lavoro è
destinato ad interrompersi: un imprevisto porta il compositore a staccarsi dal senso musicale allora
vigente e a percorrere strade fino a quel momento inesplorate dalla musica moderna. Lo stesso
Stravinsky ci narra il fatto nelle Cronache della mia vita:

Un giorno - in modo assolutamente inatteso, perché il mio spirito era occupato allora in cose del
tutto differenti - intravidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano: i
vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi
sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera. Fu il tema del Sacre du Printemps. Confesso
che questa visione m'impressionò fortemente; tanto che ne parlai subito all'amico pittore Nikolaj
Roerich, specialista nell'evocazione del paganesimo. Egli accolse l'idea con entusiasmo e divenne
mio collaboratore in quest'opera. A Parigi ne parlai pure a Djagilev, che si entusiasmò subito di tale
progetto.

Così avvenne il concepimento della Sagra della Primavera, uno dei brani più rivoluzionari del XX
secolo. Già in partenza dimostrava di essere un progetto ambizioso che richiedeva uomini dalle alte
e diversificate competenze e il trio appena formato appariva decisamente valido per un tale progetto:
Stravinsky era un giovane e promettente compositore, Roerich un celebre pittore e un profondo
conoscitore delle religioni pagane russe mentre Djagilev un importante impresario. In due anni di
duro lavoro e di forte tormento interiore – in particolare per Stravinsky, il progetto giunse a termine,
pronto per la prima rappresentazione.

Figure 1 Un ritratto di Stravinsky realizzato da Picasso


Già il titolo, figlio di un’infelice traduzione in italiano, potrebbe trarre in inganno: non si tratta affatto
della sagra intesa come “festa di paese”, bensì come consacrazione. Quest’opera riprende in tutto e
per tutto i caratteri di un rito pagano russo tipico della Russia orientale: in quelle regioni – come del
resto in tutte le popolazioni primitive – l’arrivo della stagione primaverile ricopre un ruolo cruciale
all’interno delle società rurali, dal momento che una primavera troppo precoce o troppo tardiva
potrebbe mettere a repentaglio la vita stessa del villaggio. Ecco perché sono nati dei riti per propiziarsi
la primavera e questo balletto musicato da Stravinsky mira appunto a descriverne uno di questo tipo.
La composizione è suddivisa in due quadri: l’Adorazione della Terra e il Sacrificio. Il primo quadro
vede in scena un rito diurno, dominato principalmente dalla danza e in cui si prepara il terreno per
l’evento tragico. Questo avviene nel secondo quadro, che è certamente il fulcro della narrazione. Qua
esplode infatti la forza e la violenza del primitivo, dal momento che viene rappresentato il sacrificio
di una ragazza. Giovane che viene scelta mediante un lungo rito, che il trio di artisti si preoccupa di
far emergere in maniera preponderante.

Fiumi di parole si sono scritti in cerca di un’analisi definitiva di quest’opera. Essa infatti sfugge agli
schemi tradizionali sia in campo armonico che formale. Eppure un aspetto imprescindibile di
quest’opera è perfettamente distinguibile e innegabile: gli influssi con la corrente del primitivismo.
Le grandi scoperte geografiche ampliano gli orizzonti degli occidentali, che vengono a contatto con
popolazioni a loro prima totalmente sconosciute e il cui stile di vita – ignaro della cultura occidentale
e della tecnica – suscita a molti una forte attrazione. In alcuni l’attrazione divenne quasi amore
incondizionato, finendo perfino per descriverli come la vera e felice esistenza – esempio emblematico
è Rousseau con il mito del buon selvaggio.
E così non poteva certamente restare a lungo fuori dal campo artistico, nella quale entra in maniera
preponderante a partire dalla fine dell’Ottocento. Nell’arte figurativa il più celebre esponente di
questa corrente è Paul Gauguin, artista francese che avrà un rapporto privilegiato con il mondo di
Tahiti principale oggetto della sua esperienza artistica, sia nello stile e sia nei contenuti.

Figure 2 Paul Gauguin, due donne tahitiane

Nella musica, invece, è la Sagra ad essere capofila di questa corrente. E così, come Gauguin nei suoi
soggetti, gli indigeni tahitiani, cerca di creare un’armonia tra contenuto e stile, così anche Stravinsky
costruisce l’atmosfera di un villaggio disperso nella Russia Orientale attraverso specifiche tecniche,
tra cui quella principale consiste nel reimpiego di repertorio popolare. Da questo attinge per
riutilizzare melodie, particolari scale e ritmi di danza. E uno in particolare ricopre un ruolo
importante: il compositore riprende infatti un’antica danza millenaria – il chorovod, caratterizzata per
essere ballata in cerchio battendo i piedi a ritmo – che, protagonista di una delle prime sezioni del
primo quadro, viene sviluppata anche in seguito.

https://www.youtube.com/watch?v=PPSuYcDC3tI

Tuttavia questo interesse verso le popolazioni primitive, ed in particolare extraeuropee, non era per
niente dominante nel mondo della prima metà del Novecento. La società dell’epoca, al contrario, si
rispecchiava molto di più nella tendenza positivista di intendere il mondo, ossia intendendo la tecnica
come risolutrice infallibile dei problemi dell’uomo, e perciò considerando queste società
incontaminate come arretrate. Anzi, questa loro convinzione produsse la motivazione – o la
giustificazione – del colonialismo, in cui si vedevano le società europee esportare loro il progresso.
Così già il soggetto di questo balletto lo rendeva particolarmente ardito e rivoluzionario; in più si
aggiunsero altri elementi di rottura profonda. Innanzitutto mancava un protagonista definito,
fondamentale nella struttura del balletto come era inteso in quell’epoca e sostituito dalla collettività
del villaggio intero. Ma soprattutto, era la musica a renderlo ancor più scandaloso, con tecniche di
armonia e di strumentazione per l’epoca totalmente folli.
E infatti la prima esecuzione viene tuttora ricordata nella storia della musica come un fiasco totale.

Era il 29 maggio 1913 e quella sera al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi le Sacre du Printemps
– il titolo in francese rimase l’originale dell’opera – era inserita in programma come secondo brano.
Prima, giusto per preparare l’ascolto successivo, veniva eseguito Les Sylphildes, un balletto in
perfetto stile romantico musicato da Chopin. Quando così venne il turno della Sagra, già dopo le
prime battute il pubblico cominciò a borbottare in segno di perplessità; in poco tempo però, questo
divenne un vero e proprio scalpitare di proteste. A coloro che si accanivano contro una musica
secondo loro inestetica, primitiva e rozza, si aggiungevano gli estimatori che la difendevano con
interventi non meno vigorosi. Tra infinite difficoltà e un’enorme fatica da parte del direttore e dei
suoi collaboratori, il balletto arrivò alla conclusione lasciando così il pubblico profondamente diviso.
Tra il pubblico, molti erano i presenti illustri: l’esecuzione della Sagra della Primavera aveva attirato
l’attenzioni di musicisti, di artisti e di letterati – tra i moltissimi che meriterebbero una menzione, in
particolare va citato Gabriele D’Annunzio, che in una tale serata ha trovato certamente pane per i suoi
denti – e tra di questi nacque così la disputa tra sostenitori e detrattori della Sagra.
Tra i secondi possiamo enumerare certamente sia i critici musicali più conservatori, tra cui i più
perfidi che parlavano addirittura di massacre du printemps, sia anche qualche sperimentatore come
Skrjabin, che ne uscì orripilato; tra invece coloro che ne apprezzarono la fattura artistica furono
Prokofiev e Ravel, che ne rimasero perfino estasiati e con anche lo stesso D’Annunzio che ne
apprezzò la fattura artistica.

Ho sempre impresso nella memoria il ricordo di quando, a casa di Laloy, suonammo la vostra Sagra
della Primavera... Mi ossessiona come un magnifico incubo e cerco, invano, di rievocare
quell'impressione terrificante.
Claude Debussy

Così si scatenò dopo quella sera la grande questione della Sagra, che anima i compositori e la critica
musicale da allora fino ai giorni nostri. Tuttavia va ricordato a loro onore che Stravinskij e Diaghilev
non erano infatti solo artisti geniali, ma anche impresari di rara scaltrezza: lo scandalo avvenuto quella
sera del 1913 era volutamente ricercato e ciò fu ammesso senza problemi ("era esattamente ciò che
volevo" esclamò Diaghilev alla fine della serata); sapevano che grazie a ciò si sarebbe parlato a lungo
della Sagra e che questo avrebbe certificato il suo successo.
Così Stravinsky da questo brano così criticato e dibattuto, ottenne certamente il maggior successo
della sua carriera, segnando la storia della musica. E anzi, la musica è di tale pregio, che il balletto
risulta quasi di contorno e di distrazione, rendendo di diritto la sua esecuzione in forma di concerto
divenne il mezzo prediletto dai direttori artistici di mettere in programma quest’opera. Questo brano
si è conquistato il valore di una delle pietre miliari della musica del XX secolo e di cui si consiglia
un ascolto attento e vivo.

https://www.youtube.com/watch?v=EkwqPJZe8ms

Potrebbero piacerti anche