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Approfondimento.

Simone Guaragna

“Le sacre du Printemps” tra Nijinsky e Bausch

Il debutto de “Le sacre du Printemps” (con sottotitolo “quadri di una Russia pagana”) avvenne il 29
maggio 1913 al Theatre des Champs-Elisées di Parigi, su musica di Igor Stravinsky, coreografia
di Vaslav Nijinsky e scenografie di Nikolaj Roerich. La composizione venne commissionata da
Sergej Djaghilev a Stravinsky nel tardo autunno del 1912, ma l’idea di mettere in piedi uno
spettacolo di un grande rito sacro pagano viene a Stravinsky già nel 1910 mentre stava lavorando
al balletto “L’Oiseau de feu”. Va subito detto che il significato del termine “sacre” è rituale, quindi
la traduzione più corretta sarebbe “il rituale della primavera” o “il rito della primavera”: il balletto
infatti inscena proprio un rito sacrificale pagano nella Russia antica all’inizio della primavera, nel
quale un’adolescente veniva scelta per ballare fino alla morte con lo scopo di propiziare la
benevolenza degli dei in vista della nuova stagione. Stravinskij si avvalse di svariati temi popolari
russi per creare il tessuto musicale dell’opera, senza alcuno scrupolo riguardo l’armonia, la
melodia e la metrica (per questo motivo in musica il capolavoro di Stravinskij è considerato come
l’inizio del movimento modernista), approntando il libretto insieme al pittore Roerich, il quale
attinse alle vaste conoscenze etnologiche per veicolare l’atmosfera di un’età arcaica. Gli accenni
melodici sono frammentati da suoni assordanti e striduli, ad evocare i sussulti biologici della
natura al suo risveglio. Nijinsky, consapevole che il soggetto sarebbe stato il sanguinario culto
pagano, con i suoi sacrifici umani e passioni brutali, convenne che non avrebbe avuto senso
rappresentarlo attraverso il linguaggio aereo del balletto classico, pertanto adottò un altro codice
di movimento: l’Euritmica di Emile Jaques-Dalcroze (attraverso lo stretto rapportò di lavoro che si
creò tra l’allieva dalcroziana Marie Rambert e Nijinsky appunto). Questo portò ad una scelta di
postura chiusa e rattrappita, cosa che conferiva ai movimenti un atteggiamento goffo e
animalesco. La gestualità è quindi brusca, con le mani serrate a pugno, il corpo spesso scosso da
tremolii, i salti senza plié. Addirittura spesso la parte inferiore del corpo teneva un ritmo differente
rispetto a quella superiore. Anche i costumi erano di una flanella poco eterea e poco svolazzante,
costumi primitivi, dai colori netti e violenti. Ne nacque così una coreografia troppo nuova e
sconvolgente per il pubblico di allora, che non riusciva a sopportare né i suoni spregiudicati di
Stravinsky né i movimenti pesanti, ancorati a terra, dei ballerini. Inoltre da parte di Nijinsky c’è la
volontà di mettere al centro del balletto l’intero corpo di ballo, e non solamente il solista come da
tradizione (tranne nell’ultima parte quando l’Eletta esegua la danza sacra circondata dalle altre
fanciulle), volontà che si traduce nell’obbiettivo di mostrare la collettività indistinta che si identifica
con la natura. Nijinsky costrinse così a pensare in termini nuovi al problema del movimento
unitario con cui riempire l’intero spazio scenico: costruì un insieme e al tempo stesso lo divise in
una molteplicità di ritmi e flussi e movimenti differenti, come una serie di danze di cellule
all’interno dei movimenti di un unico corpo. La prima del balletto generò una vera e propria rivolta
all’interno del teatro, tanto che sarà ricordato come uno dei più famosi scandali della storia del
balletto del primo novecento. Le note del programma che gli spettatori avevano in mano erano le
seguenti: Primo quadro: L’adorazione della terra. Primavera. La terra è ricoperta di fiori. La terra è
ricoperta di erba. Una grande gioia regna sulla terra. Gli uomini si abbandonano alla danza e,
secondo il rituale, interrogano l’avvenire. L’avo di tutti i saggi prende personalmente parte alla
glorificazione della primavera. Viene guidato a unirsi alla terra rigogliosa e orgogliosa. Tutti
danzano come in estasi. Secondo quadro: Il sacrificio. Trascorso è il giorno, trascorsa è la
mezzanotte. Sulle colline stanno le pietre consacrate. Gli adolescenti compiono i loro mitici giochi e
cercano la grande via. Si rende gloria e si acclama Colei che fu designata per essere accompagnata
agli Dei. Si chiamano gli avi venerabili e testimoni. E i saggi antenati degli uomini completano il
sacrificio. Così si sacrifica a Iarilo, il magnifico, il fiammeggiante. Ognuno dei due grandi quadri
iniziava con una introduzione e comprendeva un certo numero di danze che portano alla “danza
della terra” alla fine della prima parte e alla “danza sacrificale” alla fine della seconda: in entrambe
la musica è lenta e calma mentre finisce con un’esplosione. Una delle poche recensioni positive
dello spettacolo fu scritta da Jacques Rivière, che con le sue puntuali parole riesce a riassumere
l’anima dell’intero balletto: “Aspra e dura, se si vuole. Non un’opera “d’arte”, con tutti i suoi
consueti piccoli trucchi. Nulla di sfumato; nessun velo poetico; nessuna traccia di atmosfera.
L’opera è intera e bruta. Tutto è sincero, intatto, limpido e crudo”. Dopo i tentativi di riprende
questo balletto ad opera di Leonide Massine (nel 1920 e poi nel 1948) e Maurice Bejart (nel 1959),
il 3 dicembre 1975 al Teatro dell'Opera di Wuppertal la coreografa tedesca Pina Bausch creò una
sua personalissima visione de “Le Sacre”. Fa parte della sua trilogia “Fruhlingsopfer”, che
comprende anche “Wind von West” e “Der Zweite Fruhling”. La sua versione de “Le Sacre” sembra
essere la versione più radicale. Il sacrificio dei danzattori avviene a piedi nudi, sporchi di polvere
terrosa che ricopre tutta la scena. I costumi consistono in leggere vesti color carne, per le donne, e
calzamaglia nere per gli uomini. L’azione drammatica sembra essere in atto da sempre dal
momento che, entrando in sala, il pubblico vede, a sipario aperto, alcuni ballerini già in azione.
All’inizio, l’eletta giace a terra stesa su un vestito rosso, l’abito sacrificale, che viene raccolto più
volte durante il balletto e passato di mano in mano, alle danzatrici, tutte potenzialmente elette. I
due gruppi, uomini e donne, restano quasi sempre divisi, in una lotta tra sessi. Ogni donna
potrebbe essere la prescelta e tutte si sentono parte di un sacrificio simile ad una imposizione
maschile. La coreografia è una dettagliata composizione geometrica che, con una struttura che
alterna assoli, corse furiose e violente danze corali, imprigiona gruppi di vergini terrorizzate, che
fuggendo da ogni parte, cercano di evitare il rito immutabile dell’accoppiamento consumato per
marcare il ritorno della primavera. In lunghe tuniche chiare le fanciulle si lanciano l’un l’altra con
orrore l’abito rosso che designerà l’Eletta, di fronte ai maschi a torace nudo, in pantaloni neri,
impassibili nell’attesa che l’inevitabile si compia. Si raggruppano per darsi conforto, si separano
lanciandosi in scorribande piene di terrore, finché l’implacabile sciamano non imporrà l’abito rosso
a una di esse, che, sull’accordo finale, cade rigida sul terreno. La versione della Bausch rispetta la
concezione originaria del balletto, ma nello stesso tempo elimina qualsiasi aspetto folclorico e di
riferimento alla Russia pagana. Ciò che balza subito agli occhi infatti è la scelta della Bausch di
eliminare tutto l’assortimento scenografico russo originale, così da collocare il rituale in un
ambiente minimalista e spoglio, senza riferimenti geografici o culturali. Questo perché la Bausch
rivede questi riti di primavera in chiave universale, non legati a un popolo e a una terra e ne mette
in luce lʼestrema ed eterna drammaticità. Torna a questo punto il tema ricorrente in tutta la
produzione della Bausch: l’eterna difficile condizione femminile. La storia del sacrificio mortale di
una donna eletta passa da una visione nijinskiana fondamentalmente vitalistica e inneggiante a
una felice congiunzione dei sessi, allʼemblema bauschiano di una lotta mortale senza speranza e
senza pace in cui il gruppo sociale impone il sacrificio, seppur la donna si ribella con una forza
disperata. Questo spostamento di senso da una società androgina che accompagna e sostiene, ad
una società maschilista che invece costringe con la violenza, mette in evidenza tutta l’ambizione
politica di un artista come la Bausch. D’altronde questa convinzione per lei è insita nella stessa
musica di Stravinsky. Dirà infatti la coreografa tedesca in un’intervista: “Il sacre è un pezzo di
Stravinskij e per me la cosa più importante era cercare di capire perché Stravinskij aveva fatto il
sacre. Nel sacre non avevo da aggiungere altro, perché era già tutto lì, era tutto dentro la musica.
Cʼè una fanciulla, lʼEletta, e questa fanciulla deve danzare da sola, per morire”. Il coro degli uomini
è consapevole di questa posizione di forza e la rende evidente con una danza di muscoli e tendini
tesi come corde di violino, accompagnata da espressioni maschie feroci. Il gruppo femminile
scappa, si dispera, ma in alcuni momenti si schiera compatto e fiero di fronte agli uomini: le donne
non si arrendono alla legge del sacrificio fino quando il capo isola la sua preda consegnandole una
simbolica veste rossa. A questo punto i due gruppi perdono la loro identità in una esplosione di
disperazioni: le donne mulinano le braccia con gli occhi socchiusi mentre gli uomini saltano come
pazzi, forti ma spaventati dalla crudeltà del sacrificio, accecati forse dalla rabbia della
consapevolezza del proprio gruppo sociale. Per esaltare la drammaticità di questa disparità socio-
sessuale è interessante vedere come la coreografia della Bausch abbia grande vigore e grande
tecnica, nella quale il guizzare dei muscoli dà ampiezza ai movimenti e morbidezza alle pose.
Esattamente il contrario del disegno nijinskiano in cui i corpi dei membri delle tribù erano curvi e
bloccati su se stessi, come se fossero uomini prima dell’umanità, al limite tra bestialità e ragione. Il
rito pagano dell’arcaico mondo slavo per propiziare l’arrivo della bella stagione si muta in
drammatico rito sociale nel quale l’accoppiamento amoroso si fonde con una primordiale tensione
di morte. Ciò che comunque viene mantenuto dalla Bausch è il rituale primitivo e selvaggio fino a
giungere alla paura e all’estasi della vergine prescelta per il sacrificio, e questa ambizione viene
raggiunta da entrambi i coreografi attraverso lo stesso mezzo, quello del corpo. Sia per Nijinski che
per la Bausch il corpo non è soltanto il materiale delle loro coreografie, ma anche il loro
argomento: da una parte si parla di corpi antichi, animaleschi, legati alla terra, dall’altra di corpi
solitari e uniti, forti e disperati, vivi e morti. Ma lo studio per arrivarci è comune: tutti e due
studiano il corpo fino al suo limite di una perdita di controllo, così che il danzatore possa disegnare
il suo dramma esistenziale. Dopotutto si può dire che “Le Sacre”, nonostante le sue innumerevoli
rivisitazioni, sia una sola e unica incarnazione di quella che è la vita: l’eterna lotta tra fissità e
moto, tra caos e tranquillità, elementi innati nella natura del mondo e che risvegliano nell’Uomo-
Donna sensazioni primordiali. Ecco che allora danzatori e spettatori diventano un'unica grande
tribù, un unico gruppo sociale, nel quale corpo e spirito si fanno un tutt’uno con l’Universo.

Fonti:

- Schino, Mirella, L’età dei maestri- Appia, Craig, Stanislavskij, Mejerchol’d, Copeau, Artaud e altri, Viella, Roma, 2017
- Lampugnani, Giovanni, Le poetiche teatrali del novecento: Pina Bausch, Tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro
Cuore, Milano, 1990
- La Sagra della Primavera, (6 novembre 2017), Balletto Classico, estratto il 12 aprile 2020, da
https://ballettoclassicoblog.wordpress.com/2017/11/06/la-sagra-della-primavera/
- Le sacre du printemps (La sagra della primavera), (6 febbraio 2020), L’Orchestra virtuale del Flaminio, estratto il 12 aprile
2020, da https://www.flaminioonline.it/Guide/Stravinskij/Stravinskij-Primavera.html
- Igor Stravinskij: Le sacre du printemps (La sagra della primavera) – Introduzione, Guida all’ascolto della musica classica,
estratto il 12 aprile 2020, da https://www.guidaallascolto.it/igor-stravinskij-le-sacre-du-printemps-la-sagra-della-
primavera.html
- La sagra della primavera, estratto il 12 aprile 2020, da https://it.wikipedia.org/wiki/La_sagra_della_primavera
- https://www.youtube.com/watch?v=EvVKWapctX4
- https://www.youtube.com/watch?v=IlB1EpEhj4s
- https://www.youtube.com/watch?v=yJd05A297us

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