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IGOR STRAVINSKIJ E IL PERIODO RUSSO

La vita: Fu igor il figlio terzogenito di Anna e Fedor, primo basso dell’opera imperiale di Pietroburgo.
Nell’infanzia e nell’adolescenza non trovò particolare affetto nei genitori e nei fratelli, salvo in Gurij il
secondogenito, cosicché visse in famiglia come una convivenza coatta. Igor però ebbe occasione sin da
ragazzo di seguire e appassionarsi al teatro musicale, e quando ne fu capace, di leggere gli spartiti della
biblioteca paterna. Se i suoi più intensi ricordi musicali dell’infanzia erano legati all’ascolto dei canti dei
contadini durante la stagione estiva in campagna, quelli della prima giovinezza riflettono lo stupore di
ascoltatore della sua prima opera, Una vita per lo zar di Glinka, legata anche alla scoperta del suono
dell’orchestra. Fu solo durante la giovinezza che la musica cominciò ad occupare un posto prevalente nella
vita e negli interessi di Stravinskij. Contemporaneamente agli studi ginnasiali condotti svogliatamente, il
giovano Igor aveva cominciato a prendere lezioni private di pianoforte (con Mlle. Kasperova), di armonia
(con Akimnenko) e di contrappunto (con Kalafatij). Si iscrisse poi alla facoltà di diritto, assecondando il
volere dei genitori. Nel 1902, lo stesso anno in cui morì il padre, si fece presentare dal figlio più giovane di
Rimskij-Korsakov, Andreij, suo compagno di studi all’università, al compositore ormai sessantenne. Dopo
aver esaminato alcune prove del giovane igor, egli consigliò al giovane di proseguire gli studi privatamente.
L’anno successivo divenne suo allievo privato e lo rimase fino alla morte del compositore, avvenuta 5 anni
dopo, nel 1908, approfondendo con lui soprattutto lo studio delle forme musicali e dell’orchestrazione.
Furono questi degli studi molto importanti per Stravinskij, che forgiò in quegli anni la sua straordinaria
capacità di orchestratore, che gli rimase per tutta la vita e che caratterizza gran parte della sua opera. In
quegli anni il giovane compositore, dopo averi iniziato autonomamente, quindi sotto la guida del suo
illustre maestro, una propria attività compositiva, fu attratto anche nell’orbita dei circoli di avanguardia
artistica che si proponevano di rinnovare la cultura russa aprendola agli stimoli modernistici dell’Europa
occidentale: la rivista “Il mondo dell’arte” fondata nel 1898 da Diaghilew, e il gruppo di artisti che attorno
ad essa si venne formando, e le “Serate di musica contemporanea” organizzate da varie personalità
dell’intellighenzia russa durante le quali erano eseguiti, oltre ai lavori di giovani compositori russi, anche
lavori dei compositori europei delle ultime generazioni: Dukas, Strauss, Franck, Debussy, Ravel, Reger.

Sul piano privato, l’avvenimento più importante fu il matrimonio di Igor con Caterina Nossenko, sua cugina
di primo grado, che ebbe luogo nel 1906, seguito dalla nascita dei primi due dei 4 figli, Teodor(1907) e
Ljudimila (1908).

Così come sul piano della formazione musicale fu importante l’incontro con Rimiskij. Korsakov, sul piano
della carriera fu determinante l’interesse mostrato da Diaghilew per la sua musica, dopo l’ascolto di alcuni
suoi lavori (Scherzo fantastique e Feu d’artifice) eseguiti in un concerto a S. Pietroburgo nel 1909. Con la
commissione dell’orchestrazione di due brani di Chopin per il balletto Les Sylphides, quindi della
composizione del balletto L’oiseau de feu (Parigi, 25/6/1910) inizia il periodo di più intensa collaborazione
con i Ballets Russes, che frutterà sul piano musicale la composizione di capolavori come Petruska (Parigi,
1911) e Le sacre du printemps (Parigi, 1913), che con la loro aggressività fonica e ritmica, la loro originalità
stilistica, scossero violentemente la coscienza estetica dell’epoca, provocando nel caso del Sacre, uno degli
scandali più famosi della storia della musica del ‘900. Inoltre se nell’Uccello di fuoco aveva in pratica
approvato un soggetto già esistente di Fokin, con Petruska e il Sacre gli era riuscito di esercitare un
controllo quasi completo su tutte le fasi preparatorie dei balletti, cosi da poter approvare senza riserve il
prodotto finale. Inoltre se ne L’oiseau egli cerca di battere Rimskij sul suo stesso terreno di colorismo
orchestrale e
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di virtuosismo dell’orchestrazione, nei balletti successivi supera quest’atteggiamento per pervenire ad un


linguaggio anche strumentale del tutto personale.

Se le ricerca di un’”opera d’arte totale” di stampo modernistico promossa nell’ambito dei “Ballets russes”
assieme ai colleghi delle altre discipline artistiche (pittori scenografi come Bakst e Benois,
danzatori-coreografi come Fokine, Massine, Lifar, Nijinsky) aveva stimolato in Stravinskij la coscienza
creativa e una poetica del tutto nuove e personali, la frequentazione con la capitale francese lo pose a
contatto con alcuni dei più importanti rappresentanti dell’avanguardia artistica e culturale: strinse rapporti
di reciproca stima con Ravel (assieme al quale allestì una rappresentazione di Chovanscina per Diaghilew),
Debussy (che gli dedicò uno dei brani della raccolta pianistica En blanc et noir e cui S. dedicò la cantata Le
roi des étoiles), Satie, De Falla, Casella, e conobbe il fior fiore dell’intellighenzia culturale parigina (Proust,
Claudel) Gide, Cocteau). Inoltre in quegli anni in altri ambiti culturali compì esperienze d’ascolto
importantissime che determinarono sia rifiuti definitivi, quello del dramma wagneriano, fruito direttamente
a Bayreuth in occasione di una rappresentazione del Parsifal nel 1912, sia entusiasmo e ammirazione con
l’ascolto del Pierrot lunaire di Schoemberg nello stesso anno.

La guerra rappresentò un grave ostacolo all’attività dei “Ballets russes” e all’attività musicale e teatrale in
genere. Stravinskij, che negli anni precedenti aveva sistemato la famiglia in Svizzera dove anche egli viveva
in periodi liberi da altri impegni, nei successivi 5 anni dallo scoppio della guerra vi stabilì fissa dimora. Il
reagito isolamento di quegli anni lo portò a consolidare legami di amicizia e di stringerne di nuovi con
personalità artistiche svizzere: con Ernest Ansermet, direttore d’orchestra, che divenne un sostenitore della
sua arte, con Cingria, che S. descrive come “autore di rara sagacia e di originalità fuori classe”; con Ramuz,
che collaborò con S. alla versione francese di diverse composizioni concepite originariamente su teso russo
(Pribautki, Berceuse du chat, Renard, Les noces) oltreché al testo originale de L’histoire du soldat.

Tutti i lavori del periodo svizzero menzionati erano stati ispirati da una serie di poesie e favole popolari
russe che S. aveva portato con sé dal suo ultimo soggiorno estivo in patria. La cantata sulle nozze contadine,
che lo aveva in particolar modo spinto alla ricerca di quelle fonti e che avrebbe dato origine alle “scene
coreografiche russe”, intitolate Les noces, ebbe una gestazione particolarmente laboriosa; lo spartito, finito
già nel 1917, dovette attendere ancora sei anni prima di giungere alla definitiva veste strumentale (fu
rappresentata nel 1923 nell’ambito dei “Ballets russes”). Renard era invece stato commissionato, a
composizione già avviata, dalla principessa Edmond De Polignac, che dopo la guerra si interessò affinché
venisse rappresentato all’Opéra di Parigi (nel 1922 assieme all’operina Mavra).

La commissione del balletto Pulcinella di musiche di Pergolesi da parte di Diaghilew soddisfatto dai
precedenti successi di balletti parodistici (Le donne di buon umore di Tommasini, La boutique fantasque di
Respighi) rappresentò al tempo stesso la ripresa della collaborazione artistica del musicista con i “Ballets
russes”, dopo l’interruzione del periodo bellico, e l’inizio di una nuova stagione della sua vita e della sua
arte.
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OPERE (PERIODO 1905-1920)

Sinfonia in miB maggiore Op.1

Composta a Ustilug nel 1905-7, dedicata “al mio caro maestro Rimskij-Korsakov”. Il manoscritto fu donato a
Rimskij e presumibilmente è ancora in possesso della famiglia.

Tempi: 1) Allegro moderato ; 2) Scherzo- Allegretto ; 3) Largo ; 4) Finale- Allegro molto

Pubblicata da Jurgenson nel 1914. La prima esecuzione privata avvenne ad opera dell’Orchestra di corte di
Pietroburgo, diretta da H. Warlich, il 27 aprile 1907. Prima esecuzione pubblica, Stagione di concerti
sinfonici di Pietroburgo, direttore Felix Blumenfeld, 22 gennaio 1908. Come dice Stravinskij stesso, “questa
sinfonia forse non ha personalità, ma almeno mostra una precisa abilità tecnica. Fu scritta con la stretta
supervisione di Rimskij-Korsakov” (Chroniques de ma vie). Non appena una parte del movimento era finita,
Stravinskij la mostrava al suo maestro: così l’intera composizione avvenne sotto il suo controllo. Nella
partitura si avvertono tracce dell’influenza di Ciaikovskij, Wagner e Rimskij; i debiti maggiori sono però nei
confronti di Glazunov compositore sinfonico. Nelle Chroniques, il compositore ammette che da giovane
ammirava molto Glazunov per la perfezione della sua forma, la purezza del contrappunto, la facilità e la
sicurezza della scrittura. Presto l’ammirazione divenne antipatia. Nelle Memoires, lo definisce uno degli
uomini più sgradevoli che avesse mai incontrato; diceva inoltre che l’unico pronostico negativo alla sua
Sinfonia era venuto proprio da Glazunov, che era presente alla prima esecuzione, e venne verso di lui alla
fine dicendo “molto carina, veramente”. In seguito, S. modificò quel ricordo: Glazunov lo raggiunse nei
corridoi del teatro dopo l’esecuzione e commentò: “La strumentazione è piuttosto pesante per una musica
simile”.

Il primo movimento è un’esercitazione accademica di scrittura di un Allegro di sonata. Una certa monotonia
deriva dal modo in cui il membro di apertura del tema centrale è sovraccaricato di ripetizioni, imitazioni,
modulazioni. Nello Scherzo, la Sinfonia cambia clima. Il movimento è allegro, vivace e veloce, dà
l’impressione che il compositore abbia trovato qualcosa che è ansioso di dire. Un episodio segnato poco
meno mosso introduce una canzone folclorica russa, molto simile a quella che l’autore utilizzò in seguito
come primo tema della “Danza delle bambinaie” in Petruska. Questo scherzo veniva usato talvolta fuori dal
contesto della sinfonia e suonato da solo come interludio alle esecuzioni dei “Ballets russes”. L’ultimo
movimento contiene un altro interessante passaggio. Verso la fine di un episodio in sol diesis minore,
sopraggiunge una modulazione a si maggiore e gli strumenti a fiato assumono un tono popolaresco. Nella
partitura sotto le note è stampato il testo di una poesia non sense, di cui parole e musica sono identici alla
terza delle tre piccole canzoni scritte nel 1913. Questo era probabilmente uno dei temi che S. usava come
base per lì improvvisazione quando era giovane, e l’inserimento nella sinfonia si può considerare una sorta
di divertimento privato.
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SCHERZO FANTASTIQUE OP.3

Composto a Ustilug, dal giugno 1907 al marzo 1908. Dedicato ad Alexander Siloti. Pubblicato da
Jurgenson.Prima esecuzione ai Concerti Siloti, 6 febbraio 1909, Pietroburgo, direttore d’orchestra
Alexander Siloti.

Questo Scherzo fu scritto come pezzo di pura musica sinfonica (Conversations). Il manoscritto fu visto da
Rimskij. Korsakov prima di morire e il maestro ne parlò positivamente ad alcuni amici. Benché si tratti di
uno dei primi lavori di apprendistato, è efficace e promettente. 50 anni dopo la composizione, l’autore ne
diresse tre esecuzioni e fu sorpreso di notare che la musica non lo metteva a disagio. “L’orchestra “suona”,
la musica è aerea” scrive (Conversations) “in un modo raro nelle composizioni di quel periodo e ci sono una
o due idee veramente buone, come la musica del flauto e del violino al n.63 e il movimento cromatico
dell’ultima pagina. Naturalmente le frasi sono tutte 4 più 4, e questo è monotono; inoltre, ascoltandolo
ancora, mi dispiacque di non aver sfruttato di più il flauto contralto. Ora vedo che presi qualcosa dal
calabrone di Rimskij, ma lo scherzo deve molto di più a Mendelssohn, filtrato attraverso Ciaikovskij, che a
Rimskij.” Anche a Dukas, Wagner e Debussy. L’elemento fantastico dello scherzo è rappresentato da
un’esplorazione delle potenzialità del cromatismo molto più profonda di quanto il compositore non avesse
fatto fino a quel momento. Infatti l’intera parte con moto dello scherzo è cromatica e le sole varianti
diatoniche sono fornite dall’episodio centrale (moderato assai) con il tema rapsodico che richiama Wagner.

Allestimento in forma di balletto : Il 17 gennaio 1917 lo Scherzo fu eseguito come balletto intitolato Les
Abeilles all’Opéra di Parigi, con la coreografia di Leo Staats. A questo scopo era stato ideato un soggetto
basato su un episodio da La vie des abeilles di Maeterlinck. L’adattamento non fu autorizzato da S. e
Maeterlinck protestò.

FEU D’ARTIFICE – FUOCHI D’ARTIFICIO – OP.4

Fantasia per grande orchestra, composta a Ustilug maggio giugno 1908. Pubblicata da Schott 1910. Prima
esecuzione 6 febbraio 1909 Pietroburgo direttore Alexandr Siloti.

Nelle Chroniques Stravinskij racconta come durante la sua ultima visita a Rimskij-Korsakov (aprile 1908) gli
disse della fantasia orchestrale che aveva intenzione di scrivere. “Sembrava interessato e mi disse di
mandargliela non appena fosse pronta. La finii in sei settimane e la speddi dove soggiornava in estate.
Alcuni giorni dopo, un telegramma mi informò della sua morte e subito dopo il mio pacchetto tornò
indietro. “non consegnato per la morte del destinatario”. Questo pezzo breve, virtualmente un altro
Scherzo fantastique, è notevole per la sua forza compatta, esplosiva. Una vorticosa figura cromatica di
semicrome denominata Con fuoco accompagna un semplice tema diatonico. Questo all’inizio è presentato
frammentariamente dagli ottoni, mentre le trombe fanno eco ai corni battuta per battuta, per arrivare alla
prima piena affermazione del tema di 4 battute in canone. Una nuova ripresa in fortissimo in forma di
fugato contiene sei diverse entrate di una parte del tema nel corso di sole tre battute. Il movimento
vorticoso è interrotto da due episodi collegati: uno lento dove una pungente frase del corno inglese è
chiamata lamentoso; l’altra allegretto dove un ritmo fluente d’arpeggio per archi accompagna un tema
cantabile. Il ritorno del tempo primo, segnato da una serie di esplosioni strumentali, fa ricomparire il tema
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originale, dapprima in moto retrogrado e poi senza pausa nella sua forma diretta. In questa composizione S.
rompe con il ritmo di 4 + 4 + 4 battute un po’ monotono dei precedenti lavori, e per la prima volta
raggiunge un grado soddisfacente di asimmetria.

Pierre suvcinskij, presente assieme a Glazunov alla prima esecuzione, ricorda che vi furono chiamate
all’autore dopo l’esecuzione, e che S. comparve camminando molto rapidamente e tenendo il cappello di
pelo in mano. Ascoltò l’esecuzione anche Diaghilew e rimase così impressionato che decise di invitare il
compositore a lavorare per la compagnia dei ballets russes.

Versione in forma di balletto: nel 1917 i Ballets Russes presentarono a Roma una versione di fuochi
d’artificio per la quale Diaghilew aveva incaricato il pittore futurista Giacomo balla di preparare uno
scenario speciale ed effetti di luce. Non si trattava di danza nel senso solito del termine: L’allestimento di
Balla era composto da varie figure geometriche fatte di materiali trasparenti illuminati dall’interno.

L’OISEAU DE FEU – L’UCCELLO DI FUOCO

Balletto fantastico in due quadri, dalla favola russa nazionale di M.Fokin. Composto a petroburgo dal
novembre 1909 al 18 maggio 1910. Dedicato al “mio caro amico Andrej Rimskij-Korsakov”: Pubblicato da
Jurgenson nel 1910. Prima esecuzione da parte dei Ballets russes, Opéra di Parigi, 25 giugno 1910, diretto
da Gabriel Pierné.

L’idea di aggiungere al repertorio dei ballets Russes un nuovo balletto basato sulla leggenda dell’uccello di
fuoco era stata avanzata da Diaghilew e i suoi collaboratori all’inizio del 1909. La sceneggiatura fu affidata a
Fokin, che doveva essere responsabile della coreografia, ma la scelta del compositore non era facile: Fu
fatto il nome di Nikolaj Cerepnin, ma Diaghilew voleva il suo vecchio professore di armonia, Liadov. Dopo
aver fatto qualche sondaggio, sembrò improbabile che Liadov potesse consegnare in tempo la partitura:
così Diaghilew decise di rivolgersi a Stravinski, che aveva già nusicato due dei numeri delle Sylphides. S. fu
lusingato dall’invito e disse chiaramente che era pronto ad abbandonare la sua opera, Le rossigonl, della
quale aveva appena completato il primo atto, per affrontare la nuova partitura, e cominciò subito a
novembre la composizione presso una dacia vicino S. Pietroburgo. Tornato in città a dicembre, lavorò
rapidamente: a marzo la composizione era finita. La partitura per orchestra era pronta un mese dopo e fu
spedita a Parigi verso metà aprile.

Si nota che il soggetto dell’uccello di fuoco suggeriva quel tipo di musica descrittiva che S. non aveva alcuna
intenzione di scrivere. Nonostante ciò egli si gettò sul compito con ardore, ansioso di mostrare che la
fiducia riposta in lui era giustificata. E riuscì non solo ad inventare alcuni scintillanti numeri di danza, ma
anche a sviluppare un tipo di recitativo muto, ingenuo ma efficace,, da adattarsi ai diversi passaggi di mimo.
S. era presente ad ogni prova del balletto a Pietroburgo e la Karsavina, scelta per il ruolo principale al posto
della Pavlova, che aveva rifiutato perché pensa che la musica fosse complicata e priva di significato, ha
lasciato un elogio della gentilezza e della pazienza che il compositore mostrava in questa occasione,
suonandole più volte i passaggi più difficili al pianoforte. “era interessante osservarlo al pianoforte. Il suo
corpo sembrava vibrare per un ritmo interiore; sottolineava gli “staccato” con la testa, con energia rendeva
i caratteri della sua musica chiari per me, più così che contando le battute.”

Lo svolgimento drammatico e la musica


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Dice Benois che i collaboratori di Diaghilew desideravano creare un balletto elaborando materiali derivanti
dalle antiche leggende russe e da racconti di fiabe per bambini in un tipo di favole più sottile, più
significativo, che piacesse ad un pubblico di adulti. Evidentemente anche S. adottò questo punto di vista,
poiché edwin evans cita le parole del compositore. “Le leggende russe hanno come eroi dei personaggi
semplici, ingenui, talora anche francamente stupidi, privi di ogni malizia, e sono loro che vincono sempre
contro personaggi furbi, bravi, complessi, crudeli e potenti.” Lo Zarevic ivan ha la meglio su Kascej “poiché
cede alla pietà, un sentimento tipicamente cristiano che domina l’immaginazione e le idee del popolo
russo. Attraverso la pietà ha acquistato potere per liberare il mondo dalla malvagità di Kascej.” Ciò in teoria
è molto bello, ma il balletto è costruito in modo che lo Zarevic Ivan emerga solo come spettatore passivo,
nonostante sia presente sulla scena dall’inizio alla fine, Mentre Kascej è un personaggio più consistente,
benché abbia poco tempo a disposizione per rivelare le sue qualità a confronto dell’eroe.

La composizione dell’Uccello di fuoco pose un problema interessante, come differenziare in termini


musicali elementi naturali e soprannaturali nel corso dell’azione. Un indizio della soluzione trovata da S. si
deve trovare nel gallo d’oro di Rimskij.Korsakov del 1907. Lì le parti umane sono associate a temi diatonici e
l’elemento magico con arabeschi cromatici di tipo orientale. S. colse il suggerimento. La musica dello
Zarevic Ivan, della Principessa e l’inno di ringraziamento finale hanno tutti un carattere fortemente
diatonico, laddove tutti gli elementi magici, compresa la musica dell’Uccello di fuoco e di Kascej sono
derivati da un intervallo cromatico, la quarta eccedente. La battuta di apertura dell’Introduzione mostra
come una terza ora maggiore ora minore si inserisca entro un intervallo di quarta eccedente (o una quinta
diminuita). Le terze maggiori e minori si associano quando sono sviluppate in progressione con Kascej e i
suoi incantesimi. Nella decima e nell’undicesima battuta dell’Introduzione, l’alternanza di terze maggiori e
minori si dispiega su due ottave, finché le due terze maggiori si dispiegano in un tremolo accordale che
risulta, all’analisi, precursore della combinazione politonale do magg.-fa diesis magg che doveva poi
divenire il tema base di Petruska.

Per l’Uccello di fuoco, le prime 4 battute della figura iniziale dell’introduzione formano un embrione
motivico insieme con il rovescio del motivo e entrambe le inversioni. L’uso di questa figurazione cromatica
conferisce alla musica associata all’uccello di fuoco una sorta di splendore iridescente. Il motivo embrionale
è sottoposto a tante variazioni ingegnose e a tanti sviluppi, ed è utilizzato con tale economia e logica, che la
partitura rimane saldata in un tutto realmente omogeneo. E’ notevole anche l’aspetto ritmico, soprattutto
l’uso sottile della sincope nel basso della Danza dell’uccello di fuoco, per suggerire il suo svolazzare, lo
strano carattere matematico del carillon magico con il diffuso mormorio di suoni, e la splendida veemenza
ritmica della Danza infernale con la sua insistenza su un ritmo sempre sostenuto, che non devia mai.
Bisogna notare comunque che le sincopi e altre ingegnosità ritmiche sono tutte inserite all’interno di una
cornice di battute regolari, e la maggior parte dell’articolazione in frasi è per 4 battute.

L’orchestra per la quale S. scrisse è grande – “rovinosamente grande” com’ebbe a dire nelle Expositions –
ma ciò gli rese possibile indulgere a ogni tipo di effetto orchestrale, rendendo la strumentazione
particolarmente brillante. In questa partitura egli mostra di essere perlomeno pari al suo vecchio maestro.
L’uccello di fuoco è il primo lavoro della maturità artistica di S:. Per quanto efficace sia dal punto di vista
descrittivo la musica, talora essa pecca per eccesso di espressione. La riduzione per pianoforte contiene
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alcune indicazioni piuttosto infiammate – passionale, con tenerezza, timidamente, lamentoso, ecc. Queste
note sono abolite nella partitura mentre altre sono modificate, per es. Con maligna gioia diventa Poco
meno mosso, e Sostenuto mystico diventa Adagio. Questo sentimentalismo sarebbe stato per l’autore
sempre più imbarazzante mano mano che il tempo passava. Pure, fin dall’inizio il pubblico fu attratto
dall’elemento fantastico nella trama del balletto e nell’idioma musicale, e L’uccello di fuoco è restato il suo
lavoro più popolare, benché uno dei meno caratteristici del compositore, per oltre mezzo secolo.

PETRUSKA

Burlesque in quattro scene di Igor Stravinskij e Alexandre Benois. Composta a


Losanna-Clarens-Beaulieu-Roma agosto 1910-maggio 1911. Pubblicata dall’Edition russe de musique 1912.
Prima esecuzione Ballets Russes théatre du Chatelet, Parigi 13 giugno 1911, diretta da Charles Monteux.

Composizione

La composizione di Petruska è molto ben documentata. Nelle Chronique S. ricorda che dopo l’uccello di
fuoco voleva ristorarsi componendo “un pezzo orchestrale in cui il pianoforte avesse la parte principale-una
sorta di konzertstuck”. Continua. “Componendo la musica, avevo in mente l’immagine precisa di una
marionetta, improvvisamente dotata di vita, che faceva esasperare la pazienza dell’orchestra con cascate
diaboliche di arpeggi. L’orchestra, a sua volta, fa rappresaglia con minacciosi squilli di tromba. Il risultato è
un tremendo rumore che raggiunge l’acme e si termina bella dolorosa e querula caduta della povera
marionetta”. Dopo averi finito questo movimento, cercò un titolo adatto. “Un giorno” continua” saltai di
gioia. Infatti avevo trovato il mio titolo – Petruska, l’immortale ed infelice eroe delle fiere di ogni paese”.
Verso la fine dell’estate, Djaghilev andò da S. a Losanna e si aspettava di trovare il compositore intento ad
abbozzare parti della Sagra della primavera: rimase molto stupito di avere di fronte una parte notevole di
un lavoro totalmente diverso, che per giunta sembrava destinato a un concerto, non a una messa in scena.
Quabndo S. gli suonò i primi due movimenti – il primo chiamato “il grido di Petruska” e il secondo “danza
russa”- comprese immediatamente la possibilità di realizzazione teatrale del soggetto, e iniziò a persuadere
il compositore ad ampliarlo in un balletto sviluppando il tema delle sofferenze della marionetta. Insieme i
due concordarono la scena dell’azione – la Fiera di Srovetide a Pietroburgo – “con la folla, le bancarelle, il
piccolo teatro, la figura del prestigiatore, e la nascita delle marionette – Petruska, il suo rivale e la ballerina
– e la loro tragedia d’amore, che si termina con la morte di Petruska”.

Fu a questo punto che Djaghilev suggerì che il soggetto e i costumi fossero ideati nei particolari con
Alexandre Benois, che fina dalla giovinezza era appassionato di teatro delle marionette russo.. S. fu
d’accordo e djaghilev scrisse a Benois che si trovava a Pietroburgo e gli spiegò la faccenda. Benois accettò, e
i due si incontrarono spesso a Pietroburgo in autunno, mentre S. li raggiunse alla fine di dicembre, portando
con sé la musica delle prime due scene e l’inizio della terza. Benois apprezzò molto le parti che sentì, e
quando S. ritornò nel sud della Francia, la collaborazione continuò per corrispondenza, fino a quando
Benois raggiunse il compositore e Djaghilev a Monte Carlo nella prima vera 1911.

Il movimento che in origine si chiamava “Grido di Petruska” era diventato la seconda scena del balletto; la
“danza russa” era stata adattate alla fine della prima scena; la terza scena era stata composta e la quarta
iniziata, quando S. si ammalò di avvelenamento da nicotina. Questo significò che l’ultima parte non fu
terminata fino a maggio, quando i Ballets russes si esibivano a Roma.
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La musica

L’idea che dominava il primo movimento dell’originario konzerstuck è l’effetto bitonale e le implicazioni
dei sovrapposti comuni accordi di Do maggiore e Fa diesis maggiore. Questo si ascolta inizialmente sotto la
forma di un lento, espressivo arpeggio suonato dai due clarinetti. Questa combinazione, con tutti i suoi urti
e le ambiguità, fornisce la chiave dei due elementi conflittuali nel personaggio di Petruska – quello umano e
la marionetta. E’ vero che le sei note di questa triade fanno parte di una scala di otto note differenti ( le
seconde minori che si alternano con le seconde maggiori), ma considerando la nota abitudine di S. di
comporre al pianoforte e il fatto che nella partitura originariamente il piano doveva avere il ruolo
concertante, la combinazione di un accordo di tasti bianchi e di tasti neri deriva chiaramente dal desiderio
di bitonalità del compositore. Lo sfruttamento di questo elemento accompagna Petruska in tutti i suoi guizzi
e parossismi. Per l’agitarsi della folla nella scena della Fiera, S. prese un motivo di organetto che nella sua
forma più semplice si basa sull’alternanza di quinte e terze. Il carattere è interamente diatonico e produce
un effetto di bordone di Re minore nella prima scena e Rre maggiore nella quarta, dove gli accordi che si
alternano si espandono e si completano. Essi forniscono così un sottofondo per numerosi episodi di
carattere popolare: S. non ebbe esitazioni nell’usare materiale di canzoni popolari quando rispondevano
alle sue esigenze.

Quando si alza il sipario all’inizio del balletto, si sente quello che S. chiama un tema “mezzo pagano, mezzo
liturgico”- un canto pasquale conosciuto come “Canto di Volocebniki” proveniente dalla regione di
Smolensk, che ricompare in seguito nella scena quarta. Il secondo tema della “Danza russa” è la “canzone
della vigilia di San Giovanni” che fu notata nel 1886 nel villaggio di Basevskaja. Il primo tema della “danza
delle nutrici” è una notissima melodia da ballo, per la quale esistono due differenti testi. Sono temi popolari
anche il secondo tema della “Danza delle nutrici” e della “Danza dei vetturini”. Inoltre S. usò una canzone
popolare russa per la melodia dell’organetto nella scena prima, mentre la seconda aria dell’organetto è una
nota canzoncina da musica-hall “Elle avait una jambe de bois”. S. riferisce che questa melodia veniva
suonata da un organetto ogni pomeriggio, davanti alle finestre della stanza dell’albergo Beaulieu dove si
trovava in quel periodo; dato che lo colpì come una buona melodia, la trascrisse. Ci sono anche prestiti da
Joseph Lanner, il primo tema della scena del Valzer deriva dalle Steyrische Tanze e il secondo da Die
Schonbrunner. L’utilizzazione di questi materiali lo aiutò a creare l’atmosfera popolare delle scene della
Fiera senza in nessun modo venir meno all’originalità del complesso. La “Danza russa” ha un ritmo
inesorabilmente regolare, come un pezzo del meccanismo di un orologio, ed è vivace come una molla. Tutta
la seconda scena è un brillante mosaico di episodi efficaci, ciascuno perfettamente caratterizzato e adattato
precisamente al suo posto. La scena della morte di Petruska, con le sue brevi frasi veementi, è un sunto di
tutto ciò che è venuto prima. Benché di solito il ritmo rimanga costante nei vari numeri di danza,
l’indicazione dei tempi mostra una considerevole irregolarità e il raggruppamento dei metri ritmici è molto
variato. La vecchia formula simmetrica 4 più 4 non appare quasi, salvo dove si citano melodie folcloriche o
musica popolare. L’orchestrazione è brillante ma contenuta. L’unica debolezza della partitura originale è il
modo casuale in cui il pianoforte, che giocava un ruolo predominante nella concezione originale e che si
lega indissolubilmente con la descrizione di Petruska nella “danza russa” e durante la scena nella casa di
Petruska, viene meno nel resto del balletto.
Versione riveduta (1947)

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Nel 1946 S. rivide la partitura per un’orchestra ridotta. Questa partitura, che porta la data dell’ottobre
1946, Hollywood, fu pubblicata l’anno seguente e normalmente si fa ad essa riferimento come alla versione
del 1947. La musica è sostanzialmente la stessa, ma la strumentazione è stata completamente alterata e
modificata. Ci sono numerosi cambiamenti nell’indicazione dei tempi, nelle battute, le istruzioni per
l’esecuzione, ecc. Maggior considerazione è rivolta alle figurazioni e alla parte suonata da ogni strumento, e
la parte del pianoforte è stata estesa nelle scene terza e quarta. Figurazioni che in origine erano armoniche
sono ora riconcepite come linee contrappuntistiche. Mentre la versione originale era stata scritta da un
compositore che pensava soprattutto ad una partitura di balletto, quella del 1947 sembra composta
principalmente per un’esecuzione concertistica.

LE SACRE DU PRINTEMPS – LA SAGRA DELLA PRIMAVERA

Quadri della russia pagana in due parti di igor Stravinskij e Nicolaj Roerich. Composta a Ustilug - Clarens,
1911.13. Pubblicata dall’Edition russe de musique. Prima esecuzione a opera dei Ballets Russes, Théatre des
Champs Elysées, Parigi, 29 marzo 1913, direttore Pierre Monteux.

Composizione

Lo stimolo iniziale che condusse alla creazione della Sagra della primavera derivò da una fugace visione
che S. ebbe a Pietroburgo durante la primavera del 1910, quando terminava le ultima pagine dell’Uccello di
fuoco. Nelle Chroniques dice: “Vidi con la mia immaginazione un solenne rito pagano: vecchi saggi, seduti in
circolo, osservano una giovane che danza fino alla morte. La sacrificano per propiziarsi il dio della
primavera”. La visione ancora non era accompagnata da idee musicali. Prima di partire da Pietroburgo,
descrisse il sogno all’amico Nikolaj Roerich, poiché pensava che potesse interessarlo dal punto di vista
archeologico; giunto a Parigi, ne parlò anche a Diaghilev, che immediatamente vide le potenzialità per un
balletto. Si aspettava che S. iniziasse subito a comporre la nuova musica, e invece rimase stupito quando
nell’estate gli presentò gli abbozzi di un nuovo konzertstuck per piano e orchestra. Solo dopo che Petruska
era stato lanciato con successo, nell’estate successiva, il compositore ebbe il tempo di abbozzare il nuovo
lavoro. Roerich, che aveva scelto come collaboratore, non era soltanto un pittore di notevole talento, ma
anche un archeologo che aveva viaggiato molto ed era diventato una delle maggiori autorità sugli antichi
Slavi. Sembra che il soggetto originario sia stato abbozzato da S. nel 1910, mentre una seconda versione fu
elaborata con Fokin durante l’estate. Nel luglio 1911 Roerich si trovava a Talaskino con la principessa
Teniseva, e S. fu invitato a raggiungerli. Non appena giunse, si mise al lavoro con Roerich e in alcuni giorni
fu elaborato un soggetto riveduto e furono concordati i titoli e l’ordine dei diversi episodi: Roerich abbozzò
anche le scene di fondo e disegnò alcuni costumi per i danzatori ricavandoli dalla collezione di arte popolare
della principessa. Al suo ritorno a Ustilug, S. principiò a comporre gli “Auguri primaverili” della parte prima,
ed era giunto al “Khorovod della primavera” quando partì per Clarens nell’autunno 1911. Nella primavera
era arrivato alla “Glorificazione dell’eletta”. A questo punto la sua velocità di composizione rallentò, per cui
Djaghilev decise di posporre l’allestimento della Sagra al 1913. S. continuò a lavorare allo spartito quando
tornò a Ustilug e la “danza sacrificale” fu terminata il 17 novembre. L’introduzione alla parte seconda fu
l’ultimo movimento che S. scrisse. Lo spartito completo porta la data 8 marzo 1913.
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Ci sono stati parecchi tentativi di spiegare l’impulso che portò la Sagra, compreso l’articolo firmato da S. nel
1913 ma in seguito rinnegato, che si basava su un’intervista. Si disse che in questa partitura S. volesse
esprimere la rinascita della natura dopo la pausa dell’inverno, la vittoria del sole con il suo rinnovato calore
e luce, la rigenerazione della vita umana attraverso il sacrificio di un individuo, ecc. In realtà la Sagra è nata
da una delle più profonde emozioni della vita del compositore. Quando molti anni dopo Robert Craft gli
chiese cosa avesse amato di più in Russia, S. rispose: “La violenta primavera russa, che sembra iniziare in
un’ora ed è come se la terra intera si spezzasse. Quello è stato l’avvenimento più straordinario di ogni anno
della mia infanzia.” (Memories.)

La musica

Benché nella partitura S. si è tuffato in un passato quasi preistorico, non utilizzò consapevolmente
canzoni popolari russe, ad eccezione della melodia d’esordio del fagotto, che prese a prestito da una
collezione di musica popolare lituana. Tuttavia il melos della Sagra (come quello di molte sue opere “russe”)
ha un carattere popolare e mostra che, mentre componeva, egli era capace di “attingere ad una memoria
popolare inconscia” (Memories). I temi sono semplici e diatonici, spesso non contengono più di quattro
note differenti. Parlando in generale, egli li sviluppa ripetendo e disponendo nuovamente le note, alterando
i loro valori di durata, cosi da evitare la minima ripetizione o imitazione letterale per raggiungere la
simmetria formale. Questo significa che i modelli del suo melos sono irregolari, che mutano continuamente,
e sono sempre rinnovati, di certo calcolato per esasperare gli ascoltatori abituati alla musica regolare del
18° e 19° secolo, rispettosa delle forme. La gamma ristretta dei materiali tematici lascia poco spazio al
contrappunto, ma a volte una frase semplice è trattata in canone, oppure due o più temi vengono
sovrapposti o dispiegati contemporaneamente. Dal punto di vista dell’armonia, gran parte della Sagra
deriva da un’aggregazione di note formate di due accordi con la fondamentale a un semitono di distanza, e
uno di questi spesso comporta una settima minore. Per esempio, l’accordo ripetuto all’inizio degli “Auguri
primaverili” consiste nell’accordo di Mi Maggiore e dell’accordo di MiB maggiore con l’aggiunta della
settima minore. Considerando l’abitudine di S. di comporre al piano, sembra probabile che sia nato
dall’aggregazione di due accordi separati che si adattavano alle sue mani, ma si può anche spiegare come
un rivolto dell’accordo di 13°. La spiegazione si adatta anche allo strano accordo ppp nell’”Adorazione della
terra” che precede la frenetica “Danza della terra”, che si può spiegare anche come l’aggregazione delle
triadi di Do min, Lab Magg e Si min. Si vedrà che gli accordi che costituiscono queste aggregazioni politonali
sono spesso maggiori (con un carattere ascendente) e talvolta minori (con un carattere discendente) come
all’inizio della parte seconda Questa ambivalenza maggiore-minore è caratteristica della partitura. A volte
una melodia sembra non decidere se è maggiore o minore, e ci sono casi in cui un accompagnamento
ostinato oppure un passaggio armonizzato comprende contemporaneamente le terze maggiori e minori.

Desta particolare interesse l’aspetto metrico della partitura. Sia che S. scelga un modulo metrico regolare e
tenti di sovvertirlo con accenti sincopati, come nel caso degli “Auguri primaverili” (2/4) e della “Danza della
terra (3/4); sia invece che permetta alla metrica di seguire le interruzioni del melos, nel qual caso essa cade
in moduli irregolari che richiedono numerosi cambiamenti tipo “La glorificazione dell’eletta”, “Adunata
degli anziani” e la “Danza sacrificale”. I cambiamenti di tempo possono apparire sconcertanti, ma in realtà il
compositore si è limitato ad utilizzare ogni possibile espediente del metro composto, utilizzando il due e il
tre in vari raggruppamenti irregolari.
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Nella partitura nasce una tremenda tensione interna tra la semplicità del materiale tematico e la
discordante complessità della tessitura armonica. Questa è acuita dalla strumentazione, poiché mezzi
estremamente sofisticati vengono utilizzati per ottenere un effetto volutamente primitivo. Gli strumenti a
percussione raggiungono l’importanza di una quarta sezione strumentale. Si tratta poi dell’orchestra più
estesa per la quale S: abbia mai scritto., ma il volume del suono che assale l’orecchio, nonostante sia grande
e talvolta debordante, non sfugge mai al controllo. I soli momenti di respiro sono determinati dalle
tranquille introduzioni alle due parti, con la loro scrittura impressionista. Il compositore dichiara
(Expositions) che l’idea sottesa alla prima Introduzione è che “rappresenti il risveglio della natura, lo stridio,
il rodio, i movimenti di uccelli e bestie”.

Allestimento del balletto

La creazione della coreografia si rivelò un compito difficile ed esasperante. Djaghilev aveva deciso di
affidare la coreografia Nijinskij, che era uno dei più grandi ballerini di tutti i tempi ma fino a quel momento
aveva mostrato scarsa attitudine come coreografo. Per la Sagra egli chiese un gran numero di prove – si
dice che non fossero meno di 120 – e creò parecchia difficoltà la sua insistenza su una sincronizzazione
metrica tra i passi di danza e la musica. Questo condusse a un numero assurdo di calcoli e le prove, poco e
niente gradite ai ballerini, erano chiamate “classi di aritmetica”. S. che era allarmato dall’ignoranza di
Nijinskij anche dei rudimenti musicali, non si fidava molto di questo metodo di lavoro. “Non riusciva a
capire che, nonostante potessimo terminare nello stesso punto, non significava necessariamente che
avessimo percorso la strada insieme”.(Expositions)

Fa ora parte della storia del teatro lo scandalo che suscitò la prima esecuzione a Parigi al Théatre des
Champs Elysées il 29 maggio 1913. Esso fu inaspettato, poiché la prova generale si era svolta senza
incidenti. Ma la sera della “prima” durante l’introduzione orchestrale si cominciò a ridere e si poterono
sentire lievi proteste: non appena si alzò il sipario su un gruppo di fanciulle dalle gambe incrociate e dalle
lunghe trecce che saltavano su e giù, scoppiò la tempesta. Nelle Expositions, S: ricorda di aver sentito gridi
di “ta gueule” dietro di lui, e Florent Schmitt che urlava “State zitte donnette benpensanti”. Allora lasciò
infuriato la platea e andò dietro le quinte. La scandalosa scena avvenuta in teatro è stata descritta da vari
testimoni oculari. Secondo Carl van Vochten “una certa parte dell’uditorio era turbata per quello che
considerava un tentativo blasfemo di distruggere la musica come arte, e travolta dall’ira, iniziò a fischiare
appena dopo che si alzò il sipario. Era impossibile udire l’orchestra tranne in pochi punti, quando le acque si
calmavano un po’. Il giovane che era seduto dietro di me nel palco si alzò per vedere meglio, e l’eccitazione
che lo travagliava si tradì quando cominciò a battermi ritmicamente i pugni in testa. La mia emozione era
così grande che per un certo tempo non sentii i colpi.” Jean Cocteau vide la vecchia contessa de Pourtalès in
piedi nel suo palco col viso in fiamme e la coroncina storta che gridava mentre brandiva il suo ventaglio:
“Questa è la prima volta in sessant’anni che qualcuno osa prendermi in giro”. Nel frattempo ci fu dietro il
palcoscenico una scena di grande confusione. Djaghilev continuava ad ordinare agli elettricisti di accendere
e spegnere le luci in sala, sperando così di placare il pubblico (Chroniques). Nizinskij, con S. dietro di lui,
stava in piedi su una sedia nelle quinte, battendo il ritmo con i pugni e “gridando numeri ai ballerini, come
un nostromo” (Expositions). Alla fine dell’esecuzione tutti erano completamente esausti. Ci furono tre
esecuzioni del balletto durante la stagione a Parigi e tre a Londra durante l’estate. Dopo, non si vide mai più
la versione di Nizinskij.

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LES NOCES – LE NOZZE

Scene coreografiche russe con canto e musica. Scritte per coro a 4 parti e 4 solisti, e con un’orchestra di 4
pianoforti, xilofono, timpani, 2 crotali, campane, 2 piccoli tamburi, tamburello, piatti e triangolo. Testo
adattato da Stravinskij sulla base di testi popolari russi. Pubblicato da J. E W. Chester, 1922. Prima
esecuzione dei Ballets Russes, Théatre de la Gaieté Lyrique, Parigi, 13 giugno 1923, dirette da Ernest
Ansermet.La Cantata è costruita in due parti, e le scene si susseguono senza pause.

Composizione e strumentazione

Dice S. che l’idea di una Cantata-balletto basata sulle nozze contadine russe gli era venuta fin dal 1912
(Expositions). In quel periodo egli era completamente impegnato nella Sagra e soltanto nel 1914 il lavoro
raggiunse una formulazione definita nella sua mente. Dopo essersi recato a Londra per la prima esecuzione
del Rossignol, decise di ritornare in Russia per raccogliere il materiale necessario per il libretto: così giunse a
Ustilug in luglio e andò a Kiev dove trovò una copia della grande raccolta di poesie popolari russe di
Kireevskij. La raccolta comprendeva un vasto gruppo di canti nuziali, che egli utilizzò per il suo testo. Come
egli dice, Les noces “è un susseguirsi di tipici episodi nuziali raccontati mediante la citazione di discorsi
tipici. Come raccolta di momenti caratteristici e citazioni delle parole che si scambiano sempre nei
matrimoni può essere paragonata a una delle scene dell’Ulysses nelle quali il lettore ha l’impressione di
udire brandelli di conversazione senza il filo del discorso”. (Expositions). La maggior parte di questi modi di
dire e frammenti di conversazione è probabilmente basata su materiale popolare, con qualche inserzione di
versi di Puskin. Nella parte prima vi sono elementi di lamento rituale e di preghiera rituale; la seconda parte
in vece contiene il divertimento un po’ grossolano degli ospiti della festa nuziale, seguito dalla
consumazione del matrimonio dei due sposi. Benché dal libretto risultino vari personaggi – la sposa
Nastasja e lo sposo Fetis, i genitori, il sensale, il testimone, le damigelle, gli amici – S. continua sulla strada
già tracciata con Renard e rifiuta di identificare un particolare personaggio con un cantante. S non si limita a
legare fra loro frammenti e detti popolari per formare un libretto unitario, ma elabora anche il dialogo,
soprattutto nella seconda parte, in modo che ogni tanto ci sia una sovrapposizione dei piani di
conversazione in una sorta di contrappunto verbale. La composizione della musica fu iniziata a Clarens
nell’autunno 1914, e proseguì l’inverno seguente a Chateau d’Oex. Nel periodo in cui Djaghilev e la
Compagnia vennero in Svizzera nella primavera 1915, le prime due scene delle Noces erano pronte in
abbozzo: quando S. le suonò per la prima volta, l’impresario fu cosi commosso che scoppiò in lacrime,
dicendo che sarebbero state certo “la più bella e la più pura creazione russa.” (Expositions). Il compositore
decise così di dedicare la partitura all’amico, che fu terminata nell’aprile 1917. All’inizio il lavoro era stato
concepito come una Cantata: così ebbe la precedenza la scrittura per le voci. Il canto comincia senza
preliminari all’inizio della parete prima e prosegue fino alla fine della parte seconda, dove c’è unna breve
coda strumentale di 21 battute. Non ci sono interludi strumentali o ritornelli.

La strumentazione delle Noces pose un problema di difficile soluzione. All’inizio S. scrisse la prima scena per
un’orchestra enorme. La sua idea era “stabilire due serie di suoni: fiati (comprese le voci) e percussioni: i
primi sarebbero stati prodotti dal coro, dagli strumenti a fiato e dagli ottoni, i secondi da due orchestre di
archi. Sono state scritte solo alcune pagine di una partitura che richiedeva circa 150 esecutori, fatto che
rendeva il lavoro irrealizzabile”. Lo studio successivo fu la decisione “di dividere i vari elementi strumentali
– archi, fiati, ottoni, percussioni – in gruppi e tenerli separati sul palcoscenico” (Expositions). Questa

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versione era praticamente completa nell’autunno 1917, ma poi il compositore pensò una soluzione più
semplice, che consisteva in “un pianoforte e un armonium azionati meccanicamente, un ensemble di
percussioni e due cimbalom” (Chroniques) . S. strumentò nel 1919 le prime due scene, ma le difficoltà di
trovare due validi esecutori di cimbalom si rivelarono troppo grandi cosi come la sincronizzazione degli
elementi meccanici con le voci appariva impossibile, cosi anche questo progetto fu abbandonato. Nel 1921
infine S. escogitò la soluzione definitiva con le voci accompagnate dai 4 pianoforti e dall’orchestra di
percussioni. La maggior parte della strumentazione fu elaborata a Biarritz nel 1922, e la partitura fu
terminata a Monte Carlo il 6 aprile 1923.

La musica

Il melos della scrittura vocale nelle Noces è modale e per la maggior parte non cromatico, e i metri musicali
seguono da vicino i modelli variati e spesso irregolari della metrica dei testi popolari russi. Il materiale
melodico è totalmente originale, ad eccezione di due o tre arie riprese una da una raccolta di canti
cerimoniali, un’altra è una melodia dei lavoratori, e un’altra ancora un ricordo del canto ebbro di due
valdesi che erano nello stesso treno in un viaggio di S. in Svizzera. E’ tipico del suo modo di comporre che il
tema delle trecce con il quale inizia la cantata debba essere modificato per adeguarsi alle sincopi
caratteristiche del tema dell’ebbrezza, diventando in questo modo il motivo principale dell’ultima sezione
della parte seconda. La maggior parte del materiale melodico delle Noces si sviluppa da una sola cellula,
con un intervallo di quarta diviso in una seconda maggiore e una terza minore. Tutte le successive
permutazioni di questo tema di tre note si possono trovare in vari luoghi della partitura. Dal fatto che
questa cellula pervada l’intera partitura, deriva che una gran parte del materiale melodico è dorico o eolico,
a seconda che la scala sia composta di quarte congiuntive o disgiuntive. Non si deve pensare che i temi
delle Noces siano brevi come la cellula di tre note. Alcuni sono brevi e ripetuti in vari schemi, spesso dopo
un’intensa ascesa e o un cambiamento di scena; altri sono fluenti e durano quanto una frase o un periodo. I
temi di frequente si combinano e collegano con abile contrappunto, soprattutto nella parte seconda, e
talora sono sottoposti ad un semplice processo di sviluppo tramite modulazione. Poiché le sillabe del testo
sono musicate più o meno secondo il metodo favorito da S., prevalgono i metri irregolari, ma non appena
viene alla ribalta l’elemento comico nella Festa nuziale, sorge la necessità di sincopi, e questa presuppone
l’esistenza di metri regolari. L’orchestra ha un ruolo subalterno, il suo primo dovere è di accompagnare le
voci. Gli strumenti a diapason sostengono la parte vocale, talora muovendo su linee parallele, talvolta
producendo armonie a blocco, talora originando un contrappunto contrastante, talora semplicemente
costruendo un ostinato di accompagnamento. Gli strumenti senza diapason palesano ed accentuano
l’intelaiatura metrica. Alla fine, però è l’orchestra che porta il lavoro alla gloriosa conclusione.

Allestimento

Non c’è sceneggiatura per Les noces, e neppure esistono indicazioni scritte sulla messa in scena e sulle
esecuzioni come nel caso di Renard; la partitura, oltre ad identificare i vari personaggi, porta alcune
indicazioni sceniche che meritano attenzione, poiché forse rappresentano alcuni desideri di S. per
l’allestimento dell’opera. Per esempio nella terza scena c’è l’indicazione: “Partenza della sposa; tutti
lasciano il palcoscenico e la accompagnano. Le madri della sposa e dello sposo entrano dai lati opposti della
scena.” Poi, dopo i loro lamenti “Entrambe le madri escono, il palcoscenico è vuoto”. E così via anche nella
seconda parte.

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L’idea originale di S. era che Les noces dovesse essere una specie di divertissement. Nelle Chroniques
scrive: “non era mia intenzione riprodurre il rituale delle nozze contadine, e bado poco a considerazioni
etnologiche. Avevo intenzione di comporre una specie di cerimonia scenica, usando come volevo quegli
elementi rituali che forniscono i costumi di paese per la celebrazione delle nozze. Presi ispirazione da
queste abitudini, ma mi riservai il diritto di utilizzarle con assoluta libertà. Volevo che tutto l’apparato
strumentale fosse fianco a fianco dell’azione scenica. Perciò volevo sistemare l’orchestra sul palcoscenico,
facendo muovere gli attori nello spazio rimanente. Il fatto che gli attori sulla scena portassero dei costumi
tutti uguali in stile russo mentre i musicisti sarebbero stati in abito da sera non mi creava imbarazzo, anzi
ciò era perfetto per portare avanti la mia idea di un divertissement simile a una mascherata.” In
quell’occasione la messa in scena dei Ballets Russes fu un compromesso. I danzatori e i 4 pianoforti erano
sul palcoscenico, mentre gli altri strumentisti e i cantanti erano nella buca dell’orchestra. Natalja Goncarova
fornì scene sobrie e costumi semplificati, mentre una coreografia altrettanto austera ma bella fu realizzata
da Bronislava Nizinska. Nelle Chroniques S. manifesta la sua profonda insoddisfazione per l’allestimento di
Djaghilev, benché lodi la scenografia e dica di apprezzare la coreografia. Nelle Memories è più esplicito e
dice che la coreografia della Nizinska gli sembrò il miglior allestimento realizzato da per i Ballets Russes e
loda soprattutto “la sua concezione delle Noces per blocchi e masse”.

L’HISTOIRE DU SOLDAT – LA STORIA DEL SOLDATO

Per recitante, musica e danza in due parti. Libretto francese di C.F. Ramuz. Orchestra da camera che
consiste di clarinetto, fagotto, cornetta a pistoni, trombone, violino, contrabbasso e percussione soli.
Composta a Morges 1918. Pubblicata da J. E W. Chester, 1924. Prima esecuzione, Théatre municipal di
Lausanne, 28 settembre 1918, diretta da Ernest Ansermet.

Genesi dell’opera

S. e Ramuz si conobbero in Svizzera nell’autunno 1915. La conoscenza divenne amicizia, e alcune settimane
dopo si iniziò una stretta collaborazione. S. che a quel tempo viveva a Morges, invitò Ramuz a tradurre il
testo russo di Renard, a cui seguì la traduzione di vari gruppi di canzoni, seguito nel 1917 da un intenso
lavoro per la versione francese delle Noces. Ramuz non conosceva il russo, e quindi si doveva basare sulla
versione letterale che ne faceva S., con un grado di collaborazione molto stretto. Quando la partitura dele
Noces fu terimnata, ci fu il problema di che fare dopo. In quel periodo entrambi gli artisti risentivano degli
effetti della grande guerra. S. era stato privato delle sue proprietà terriere in Russia, e non riceveva diritti
d’autore dai suoi editori. Ramuz pure viveva di diritti d’autore dei suoi romanzi in Francia che erano molto
calati. In questo situazione i due pensarono di risolvere i loro problemi economici scrivendo un nuovo
lavoro che fosse il più possibile semplice da allestire, che non avesse bisogno di un grande teatro o di una
grande orchestra, ma che potesse essere allestito in ogni tipo di sala o di teatro, perfino all’aria aperta.
Avrebbero avuto una sorta di teatro mobile per una tournée in Svizzera; immaginavano che sarebbe stato
facile ingaggiare una piccola compagnia di attori e non molti strumentisti, e che non sarebbe costato molto
mantenerli. Ramuz, che era romanziere e non uomo di teatro, suggerì che avrebbe potuto scrivere una
storia e l’avrebbe poi adattata per la messa in scena come una specie di narrazione recitata. Si concordò
che la musica di S. avrebbe dovuto essere indipendente dal testo per poter essere eseguita anche in
concerto. Quando passarono al possibile argomento, S. ricordò che nella primavera 1917 aveva avuto l’idea

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di utilizzare alcuni racconti della raccolta di Afanaseev che trattavano dell’arruolamento forzato durante le
guerre russo-turche sotto Nicola I. Lo aveva attratto soprattutto una storia in cui “il soldato giuoca il Diavolo
facendogli bere troppa vodka. Dà poi al Diavolo una manciata di pallini di piombo da mangiare garante dogli
che è caviale, così questi muore sul colpo.” (Expositions). Dopo aver mostrato a Ramuz l’abbozzo della
trama, gli fece conoscere alcuni episodi dalla raccolta di Afanaseev che rappresentavano “il soldato che
diserta e l’astuto diavolo che viene a reclamare la sua anima” (Chroniques). L’immaginazione di Ramuz si
infiammò a questi materiali e il romanziere si mise al lavorare al libretto.

All’inizio c’era l’idea che il Narratore fosse il personaggio principale sulla scena. I vari episodi del Diavolo e
del Soldato dovevano essere presentati in forma di scene drammatiche: Così il Diavolo e il Soldato
sarebbero stati attori, a volte pronunciando un dialogo recitato, a volte agendo mimicamente. In seguito si
pensò che il Narratore dovesse intervenire occasionalmente nell’azione, un’idea che Ramuz prese da
Pitoeff, a sua volta mutuata da Pirandello. Si decise inoltre di introdurre una suite di danze per una
ballerina, la Principessa, come divertissement verso la fine della seconda parte. La parte del re suo padre
alla fine venne soppressa. Benché all’origine la storia fosse russa, i collaboratori decisero di estendere e
rendere più umano il suo ambito, così da renderlo interessante su un piano internazionale. Nella sua forma
finale, è una specie di versione in miniatura della leggenda di Faust.

La musica

Per comprendere come la musica si adatti alla narrazione, occorre rendersi con che in quattro delle sei
scene il sipario è alzato e abbassato due volte. In due casi, scene 2 e 4, l’effetto ottenuto è di mostrare
prima una scena statica seguita poi da una di azione. Ecco la successione dei principali brani:

Parte prima “la marcia del soldato” – scena I “Presso il ruscello”- Interludio – “la marcia del soldato” – scena
II “Pastorale”, ripetuta – Interludio – “Presso il ruscello” – scena III

Parte seconda “La marcia del soldato” “Marcia reale” – scena IV “Piccolo concerto” – scena V “Tre danze”
tango, valzer, ragtime “Danza del Diavolo” “Breve corale” “Canzone del Diavolo” “Grande corale” – scena VI
“Marcia trionfale del Diavolo”.

I singoli brani si alternano o si incastrano nella narrazione, dando luogo in certi tratti passaggi di
“melodramma” in cui il Narratore o il Diavolo parlano liberamente o secondo un ritmo, sovrapponendosi
alla musica o intervallandola. Si nota anche come nella prima parte sono utilizzati solo tre numeri musicali e
ciasuno di essi è ripetuto più di una volta, mentre nella parte seconda dopo la ripresa iniziale della Marcia
del soldato non ci sono ripetizioni ulteriori. Il risultato è che quando la vicenda raggiunge il suo acme, la
musica, che fino a quel momento era stata musica di scena, prevale e impone i suoi valori e i suoi ritmi
all’opera, e in questo modo la innalza e le conferisce più potere di quanto ne abbia la somma delle singole
parti. I 19 numeri musicali seguono quella direzione già intrapresa da S. nelle opere non appartenenti al
ciclo russo dei 4 anni precedenti e consolidano quel terreno che già aveva percorso. Fra le varie marche, la
Marcia del soldato colpì Ramuz poiché aveva un carattere piuttosto “federale” data la parte dominante del
cornetto a pistoni e del trombone, mentre S. ammette che nel comporla fu forse influenzato dalla canzone
popolare francese Marietta. La Marcia reale, nello stile del paso-doble spagnolo, gli fu suggerita da un
episodio di cui era stato testimone a Siviglia nel 1916. Fra le varie danze, il Tango era in quel periodo molto
popolare nelle sale da ballo europee, mentre un novità ancor maggiore eri il Ragtime americano. Ansermet

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era tornato di recente da una serie di concerti in America e aveva portato con sé una scelta di materiale jazz
che S. studiò con interesse. Come lui stesso afferma “ la mia conoscenza del jazz derivava solo da copie di
fogli di musica e poiché non avevo mai sentito eseguire nessun brano, presi a prestito il suo stile ritmico
così come si scriveva. Io potevo immaginare il suono del jazz, comunque, o così mi piaceva pensare. Jazz
significava in ogni modo un suono totalmente nuovo nella mia musica, e l’histoire segna la mia rottura
definitiva con la scuola orchestrale russa nella quale ero stato allevato” (Expositions). I due corali sono
basati strettamente su Corali luterani della chiesa protestante tedesca. Considerando l’importanza
attribuita al violino del Soldato nella vicenda, non stupisce notare come questo strumento abbia una
funzione concertante nell’orchestra da camera. Il recente entusiasmo del compositore per io jazz condusse
poi all’accentuazione del ruolo degli strumenti a percussione. Egli aveva comprato una serie di strumenti di
questo tipo in un negozio di Losanna e aveva imparato a suonarli. Per tutta la partitura gli strumenti a
percussione hanno una parte di grande virtuosismo. Nella Marcia trionfale del Diavolo cominciano con il
sottolineare il tema del violino, ma gradualmente sviluppano un’esistenza più o meno indipendente, cosi
che quando gli atri strumenti smettono di suonare, terminano il lavoro in modo strano e memorabile. Nelle
Chroniques S. espone le ragioni che lo condussero alla scelta degli strumenti. “Quel che sapevo solo è che
avrei dovuto utilizzare non più di un piccolo numero di strumentisti. La soluzione più facile sarebbe stata di
ricorrere a uno strumento polifonico come l’harmonium o il pianoforte. Ma erano tutti e due da scartare,
per la sua povertà timbrica il primo, e il secondo perché la partitura sarebbe sembrata un arrangiamento
per piano solo. Così l’unica soluzione possibile era decidere un gruppo di strumenti che comprendesse i tipi
più rappresentativi, nell’acuto e il grave, delle diverse famiglie strumentali. Per gli archi, violino e
contrabbasso, per i fiati clarinetto e fagotto, per gli ottoni cornetta e trombone. Infine gli strumenti a
percussione suonati da un solo musicista; il tutto sotto un direttore d’orchestra.”

La maggior parte del materiale musicale è diatonica e chiaramente basata su modi maggiori e minori, ma in
certi punti una delle parti viene cromaticamente costretta. Solo due degli undici numeri portano l’armatura
di chiave, ma di solito è molto facile determinare la tonalità di ogni movimento o frase. Si trova spesso un
uso ambiguo delle terze maggiori e minori, soprattutto nella parte del violino. Le fanfare di cornetta e
clarinetto apportano cozzi tonali, e ci sono parecchi passaggi politonali equilibrati con una cera delicatezza
nella Pastorale, di gusto squisito. S. utilizza poi nella maniera più completa tutti i mezzi di prolungamento
ed elisione per spezzare la simmetria dell’articolazione in frasi, e il lavoro è particolarmente ricco per
quanto riguarda il contrappunto metrico. Una caratteristica insolita è il modo in cui i temi sono adattati per
emigrare da un numero all’altro. Per esempio il Piccolo concerto che si trova al centro del lavoro, è come il
nido di una gazza: la maggior parte dei suoi temi è presa a prestito da altri lavori eppure riesce a mantenere
una forma distinta, un timbro e un carattere tutti suoi. Il carattere più notevole della partitura è il modo
brillante con cui è trattata l’orchestra da camera. Gli strumenti sono messi a contrasto fra loro ed equilibrati
con un’audacia e un’abilità superbe.

L’allestimento

L’allestimento del 1918 dell’Histoire du soldat ebbe luogo grazie alla generosità di Werner Reinhart di
Winterthur. Come dice S. “pagò tutti e tutto ciò che era necessario, e persino commissionò la mia musica”
(Expositions). Ramuz e S. si occuparono della scelta degli attori e delle prove preliminari, l’allestimento
definitivo invece fu affidato a Georges Pitoeff, mentre Ansermet dirigeva una banda di esecutori scelti
principalmente da Ginevra e Zurigo.

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La prima esecuzione al Théatre Municipal di Losanna, il 28 settembre 1918, ebbe un grande successo.
“Allora si colse veramente nel segno” dice S. nelle Chroniques “ma purtroppo da quel momento non ho più
assistito ad una rappresentazione che fosse così soddisfacente”. Le esecuzioni successive, programmate per
Ginevra e altre città svizzere, non avvennero mai per un’epidemia di influenza che circolava in Svizzera e in
Europa. Uno dopo l’altro, musicisti, attori e tutto il personale di scena si ammalarono e alla tournée
dell’Histoire si dovette rinunciare. In seguito l’opera rimase dimenticata per alcuni anni.

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