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Opus 94
Sergei Prokofiev
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INDICE
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1) Biografia dell’Autore
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2) Stile Compositivo
“Non voglio niente di meglio, di più flessibile o più completo della forma sonata, che
contiene tutto il necessario per i miei propositi strutturali” (Sergej Prokofiev)
5 Marzo 1953. Una data che tutto il mondo ricorda. Una data che ha chiuso un’epoca
definitivamente, spaccando nel mezzo il Novecento e le sue contraddizioni. Alle ore
21.30 di quella giornata, divenuta inevitabilmente simbolica, la radio nazionale russa
dava l’annuncio della morte di Stalin, ”l’uomo d’acciaio”. Una notizia accolta da
tutto il mondo con un sospiro di sollievo, ma anche con la paura dell’ignoto futuro
che attendeva le sorti del mondo e che, calamitò l’interesse di tutti. Difficile
ricordare, dunque, che appena mezz’ora prima dell’annuncio, il cuore di Prokofiev, si
fermava definitivamente. Poche righe di commiato, un trafiletto pubblicato sulla
Pravda solo una settimana dopo (l’11 marzo) e qualche saluto sentito ma passato
inosservato, hanno salutato uno dei più grandi compositori del Novecento. Poi il
silenzio, prima che la giusta ricompensa della storia potesse premiare e collocare
nella posizione che gli spettava, il musicista che maggiormente è riuscito ad
avvicinare l’Urss all’Europa, senza dover emigrare definitivamente, come decise di
fare Stravinskij. La figura di Prokofiev, è tanto ambigua quanto affascinante e si
stacca da quella tipica del musicista del Novecento, pur esprimendo in pieno tutti gli
aspetti del secolo. Qualcuno lo ha accostato a Mozart. Un paragone scomodo e un po’
forzato, ma che trova le sue ragioni in alcune caratteristiche della personalità artistica
di Prokofiev, vicine al genio salisburghese. Innanzitutto la precoce manifestazione
delle qualità musicali: il piccolo Sergej comincia a comporre all’età di sei anni (a
nove scrive la sua prima Opera, Il Gigante, della quale rimangono solo frammenti per
pianoforte), sotto l’ala protettrice della madre, che presto deciderà di scommettere sul
talento del figlio, accompagnandolo a San Pietroburgo (a 1000 km di distanza da
casa) per provare a farlo entrare al conservatorio della città, il più rinomato della
Russia, insieme a quello di Mosca. Il piccolo Prokofiev non fa fatica ad entrare nelle
grazie di Glazunov e Rimskij-Korsakov, personaggi preminenti all’interno della
struttura, oltreché compositori di spicco della generazione di passaggio tra i due
secoli. A San Pietroburgo, Sergej studia armonia, composizione, direzione
d’orchestra, ma sarà il pianofortem, lo strumento espressivo che sentirà più consono
alla sua esperienza di musicista e compositore. Anche quando la partitura diventerà il
suo pane quotidiano, il pianoforte resterà sempre un importante punto di riferimento
per la sua arte. Carattere un po’ schivo, tenace ma anche poco ligio alla regola,
Prokofiev ebbe qualche problema a piegarsi alle rigide regole del conservatorio,
perdendo presto la stima di chi lo aveva lodato in quanto bambino prodigio. Troppo
arditi, per compositori ancora legati allo stile tardo romantico, come Glazunov, i
tentativi di modellare il proprio stile partendo dalle arditezze armoniche di Skrijabin.
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Le composizioni di questo periodo (la Sinfonia In Mi Minore, la Toccata Op.11 e
il Concerto Per Pianoforte e orchestra n.1 op.10) già racchiudono il pensiero
musicale del compositore ucraino: particolare attenzione al timbro, impulsi ritmici
incisivi e vivaci, spiccata sensibilità melodica nei temi, brusche modulazioni e
violente variazioni di tempo. Il primo contatto con il mondo occidentale (per quanto
San Pietroburgo fosse la città culturalmente più vicina all’Europa di tutta la Russia) è
fondamentale al consolidamento di queste idee musicali. I viaggi a Londra, l’incontro
con Ravel e Strauss, il forte impatto con le idee di Marinetti e del movimento
futurista in Italia. Tutto ciò contribuì a stimolare la componente avanguardista di
Prokofiev, che con la Suite Scita si abbandona agli ideali del primitivismo, che
avevano nel Le Sacre Du Printemps di Stravinskij, il loro manifesto: la ricostruzione
di un passato ancestrale attraverso la riscoperta di musiche pre-tonali, soggetti
fantastici e riferimenti magici. Al di là dei giudizi di merito riguardo al paragone tra
le due opere (di cui è piena la critica musicale e che attribuiscono una netta “vittoria”
a Stravinskij), alcune differenze sono evidenti e confermano una caratteristica della
musica di Prokofiev, che rimane legato alla tonalità anche nei passaggi più arditi e
sperimentali, mantenendo un legame con la tradizione insolito in Europa, negli anni
in cui, prima attraverso il linguaggio atonale e successivamente con l’invenzione
della dodecafonia, Schoenberg si apprestava a dare una spallata definitiva al
diatonismo. Anche Il Giocatore, un’ Opera su soggetto di Dostojevskij e scritta
durante la guerra, riflette questo atteggiamento di apertura verso i precetti delle
avanguardie, senza tuttavia abbandonare la base del linguaggio musicale tradizionale,
fatto di melodie lineari e cadenze regolari. A conferma di questa ambivalenza (altro
aspetto che potrebbe avvicinarlo a Mozart, abilissimo nel saper esprimere più o meno
velatamente le sue esigenze progressiste pur rimanendo uno stimato e rispettato
conservatore) Prokofiev non si avvicinò mai, neanche per curiosità ai linguaggi
radicali, preferendo a Schoenberg e il più anziano Richard Strauss. Non è un caso
che, ancora nel 1917, nel suo periodo più avanguardista, il Nostro, decida di scrivere
una sinfonia nello stile di Haydn chiamandola “classica”. I pareri alterni cui fu
soggetto in patria Prokofiev, riguardano la sua adesione mai convinta ai dettami del
“realismo socialista”, ossia all’espressione artistica del regime staliniano. Una sorta
di verismo ottimista, un iperrealismo al quale proprio non riuscì ad abbandonarsi.
Nonostante i tentativi patriottici di esaltazione della Rivoluzione (l’oratorio A
Guardia Della Pace e la Cantata Per Il XX Anniversario Della Rivoluzione Di
Ottobre), le sue opere migliori rimangono quelle che sfuggono all’argomento sociale,
per tuffarsi nel fantastico e nel fiabesco. Ne è un esempio la splendida favola Pierino
E Il Lupo, per orchestra e voce recitante. Scritta nel 1936 e concepita come esempio
didattico di riconoscimento dei timbri strumentali per i bambini, la partitura è
costruita su una serie di leitmotiv che caratterizzano i vari personaggi. Moltissimi si
sono cimentati nel ruolo di voce recitante, dando vita ad alcune memorabili versioni,
tra le quali, in italiano, quelle di Roberto Benigni (diretta da Abbado), di Dario Fo e
di Eduardo De Filippo. C’è da ricordare che anche Mozart aveva dato il meglio di sé
componendo una fiaba, Il Flauto Magico, che si rivelò di gran lunga migliore del suo
repertorio operistico “serio”.
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3) La Sonata op. 94 per flauto e pianoforte
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4) Analisi Armonico-Melodica della Composizione
Primo movimento
Il gioco.
Il secondo periodo presenta l’elemento del gioco, della tenerezza in cui un ricco
arabesco, prima eseguito dal flauto e poi concertante, e un pressante crescendo
ritmico dato dall’inciso croma puntata + semicroma.
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Questi frammenti introducono il secondo tema (in la maggiore) proposto in
successione sia dal flauto sia dal pianoforte, poi in forma di canone ed infine insieme
(per seste e per ottave).
Seguono quattro battute di coda con ritornello. All’ascolto di tale esposizione cosi
dolce e serena nulla fa supporre che siamo in piena seconda guerra mondiale.
L’esplosione fonica.
E questo diminuendo senza ritenuto è il segno della modernità, dando una spinta a
proiettarsi sempre in avanti.
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La cantabilità.
Ed eccola, la cantabilità di Prokofiev; un tema dal sapore popolare, molto russo nel
ritmo croma puntata-semicroma, non stucchevole né intimo, ma piuttosto sano e
anche un po’ grottesco.
L’incisività ritmica.
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Dalla modulazione a si b maggiore fino al termine è con carosello di intrecci tra parti
tematiche,
Elementi del ponte e della coda attraverso un comparire via via più serrato delle
terzine di semicrome che portano pianoforte e flauto ad una vera e propria
competizione virtuosistica sul registro acuto (il flauto ripete ossessivamente per ben
cinque volte un arpeggio culminante sul re4), mentre le quattro battute conclusive del
pianoforte solo preparano il clima disteso e quasi sognante della ripresa.
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L’elemento di coda del pianoforte è sviluppato dal flauto che lo arricchisce in
maniera virtuosistica (ottave e arpeggi) trovando infine ancora l’energia (sull’armonia
di sesto grado abbassato creata dal pianoforte mediante una scansione percussiva,
secca, ma sottovoce di crome raggruppate a due e poi a tre) per riprendere il primo
tema in Si bemolle maggiore in terza ottava (va notata la dinamica sempre
decrescente richiesta all’esecutore: mf nell'esposizione, p nella ripresa e ora pp),
mentre le ultime due battute hanno il compito di definire, chiudendo il movimento, la
tonalità d’impianto di Re maggiore.
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Lo Scherzo
Incisività (più che leggerezza), stabilità ritmica, estrema precisione tecnica. In questo
frangente Prokofiev esalta la meccanicità intesa come movimenti sincronizzati e
proposti in modelli estetici. Questo si presenta nella canonica forma tripartita.
A (batt. 1-16)
L’ esaltazione della velocità ad opera dei futuristi del primo novecento è ora
affiancata, nella parte centrale del movimento, da un episodio cantabile. Per
dovere di analisi è da precisare un errore esecutivo purtroppo molto
frequente: Prokofiev scrive “poco più mosso” ma, nella realtà, si finisce con eseguire
questa parte “molto più lento”. E’ importante invece, seguire le indicazioni
di Prokofiev. In effetti, se eseguita correttamente è intrisa di spirito russo, popolare,
risulta viva, autentica, convincente.
A (batt. 228-370).
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L’Andante
Il terzo movimento è molto narrativo, con l’inizio in levare. E in forma di Lied quindi
tripartito:
A (batt. 1-34)
B (34-65)
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A (65-94).
Esposizione:
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B - secondo tema (Poco meno mosso) batt. 30 e seguenti.
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B'- secondo tema (Poco meno mosso) batt. 67 e seguenti.
SVILUPPO:
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RIPRESA:
Coda (Allegro con brio) batt. 160 e segg.: festosa apoteosi basata sul materiale del
primo tema (per la prima e unica volta esposto anche dal pianoforte).