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Sonata n. 2 in mi b maggiore per clarinetto e pianoforte, op. 120 n.

Musica: Johannes Brahms

1. Allegro amabile (mi bemolle maggiore)

2. Allegro appassionato (mi bemolle maggiore). Trio: Sostenuto (si maggiore)

3. Andante con moto (mi bemolle maggiore). Tema con variazioni. Allegro (mi bemolle minore)

Organico: clarinetto (o viola), pianoforte


Composizione: Ischl, estate 1894
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 12 Novembre 1894
Edizione: Simrock, Berlino 1895

Guida all'ascolto
La musica da camera occupa un posto di rilievo nell'arco dell'intera produzione artistica brahmsiana, non
solo per il numero e la varietà delle composizioni, quanto per la qualità di certi lavori, che esternano i tratti
della personalità dell'autore del Requiem tedesco.

Quel senso struggente di malinconia e di poesia, il quale viene sottolineato spesso a proposito dell'arte di
Brahms, si ritrova in maniera così chiara e precisa in alcuni dei tre Quartetti per archi e dei sei Trii per
pianoforte, violino e violoncello, per non parlare delle stupende tre Sonate per violino e pianoforte, un
insieme di opere che maggiormente testimoniano delle vigorose facoltà inventive e costruttive del
compositore.

Nella sua musica si avverte un romanticismo intimo e riflessivo, caratterizzato da una tenera nostalgia per
i sentimenti più semplici e delicati, espressi con naturalezza e freschezza di immagini, non privi di certi
accenti scherzosi e popolareschi, tipici della musica cameristica schubertiana.

Infatti qualche studioso ritiene che Brahms sia non solo il continuatore, ma l'ultimo epigono di
Beethoven, in quanto nella sua arte sentimentalmente borghese non c'è più l'esaltazione della volontà di
lotta nella vita, intesa come elemento dialettico e drammatico, che sta alla base invece dell'estetica del
musicista di Bonn; ciò non toglie che Brahms resta una delle componenti più valide del romanticismo tedesco
e proprio i più zelanti esaltatori del pensiero germanico lo innalzarono, lui vivente, a contraltare del cenacolo
di Weimar che aveva Liszt a sommo pontefice e adunava sotto il suo vessillo avvenirista i wagneriani più
esagitati e intransigenti.

E' noto che con il Quintetto in sol maggiore op. 111, composto nell'estate del 1890, Brahms pensava di
porre fine alla sua attività creatrice, che aveva toccato tutti i generi musicali, esclusa l'opera lirica. C'è una
lettera dell'editore Simrock che testimonia con un tono di amarezza questo stato d'animo del compositore.
Tuttavia per una pura coincidenza l'anno seguente Brahms conobbe a Meiningen il famoso clarinettista
Richard Mühfeld, che lo spinse a scrivere delle musiche per il suo strumento, il più dolce e malinconico degli
strumenti a fiato, che rispondeva molto alla particolare «stimmung» brahmsiana. Nacquero allora quattro
lavori cameristici di notevole significato tecnico ed estetico: il Quintetto in si minore per clarinetto e
quartetto d'archi op. 115, che è un autentico capolavoro, il Trio in la minore per clarinetto, violoncello e
pianoforte op. 114 e le due Sonate in fa minore e in mi bemolle maggiore per clarinetto e pianoforte op. 120.
Queste ultime furono scritte nell'estate del 1894 e fu lo stesso Brahms ad indicare indifferentemente la parte
sia per il clarinetto come per la viola, sottolineando in tal modo la particolare tessitura timbrica abbastanza
omogenea dei due strumenti, i quali non escono mai dai confini del registro medio-grave.

L'elemento cantabile e delicatamente intimistico della Sonata op. 120 n. 2 viene fuori sin dal tema iniziale
dell'Allegro amabile, così morbido e tenero nella sua sinuosità melodica. Da esso si sviluppa quel gioco delle
variazioni in cui Brahms era maestro, fedele ad uno stile compositivo che può definirsi in questo modo: l'idea
resta la stessa, ma cambiano le forme e gli atteggiamenti espressivi. Non per nulla Schoenberg e Webern
parlarono di un Brahms progressista e anticipatore, in nuce naturalmente, di procedimenti tecnici e creativi
assurti a regola fondamentale presso la scuola dodecafonica viennese. L'Allegro del secondo movimento,
impostato come uno Scherzo vivace e impetuoso tra momenti di sospensioni liriche, si richiama
maggiormente ad una linea tradizionale, mentre nell'ultimo tempo e specialmente nel pensoso Andante con
variazioni si ritrova il Brahms più autentico e coerente con se stesso, capace di scomporre e di valorizzare
nelle combinazioni armoniche più diverse la stessa cellula sonora. Tutto ritorna luminosamente
classicheggiante nell'Allegro conclusivo, prima che la Sonata torni ad immergersi nello stesso clima iniziale di
austera malinconia.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 5 dicembre 1980

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