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Tesina letteratura dello strumento

Bach-Sonata per flauto traverso e clavicembalo

Serena D’Amico
Indice
Pagine

Breve biografia di Johan Sebastian Bach……… 2-3


Le sonate per flauto e clavicembalo.................... 4
Sonata BWV 1033……………………………... 5
Contesto culturale………………………………

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Johann Sebastian Bach

Johan Sebastian Bach nacque nel 1685 a Eisenach, cittadina della


Turingia situata nella Germania del nord. Egli apparteneva a una
famiglia di musicisti e, fedele alla tradizione, iniziò i propri studi
musicali in casa. A soli 10 anni rimase orfano e venne educato dal
fratello maggiore che gli impartì lezioni di clavicembalo e, soprattutto,
di organo.

Nel 1703 egli ricevette il primo importante incarico musicale ad


Arnstadt, come strumentista e collaudatore della chiesa di S.Bonifacio e
qui iniziò a scrivere le prime composizioni libere per organo, tra cui
preludi, toccate e fantasie. Nel 1707 Bach sposò la cugina Maria
Barbara dalla quale ebbe sette figli di cui ricordiamo Wilhelm
Friedemann e Carl Philipp Emanuel che sono a loro volta divenuti
musicisti molto importanti. L’anno successivo divenne musicista da
camera di corte del duca Wilhem Ernst di Sassonia Weimar. Nel 1717
divenne maestro di cappella del principe Leopold di Anhalt Köthen per
cui scrisse le sonate, le suite orchestrali e per violino solo, le partite per
violino solo e i concerti brandeburghesi. Nel 1733 divenne compositore

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di corte reale per Augusto III, re di Polonia, granduca di Lituania ed
elettore di Sassonia.

Alla sua morte, avvenuta nel 1750, la sua musica non fu più eseguita e
il compositore venne quasi dimenticato. Essa (pubblicata in 59 volumi)
venne riscoperta solo nel 1829, grazie ad un’esecuzione di Mendelssohn
della “Passione secondo Matteo”. Il successivo interesse romantico per
il compositore portò musicisti del calibro di Robert Schumann a fondare
nel 1850 la Società Bach, la quale portò non solo a facilitare
l’esecuzione delle sue musiche, ma anche alla pubblicazione dell’intera
opera.

Ciò che nel tempo ha portato a considerare Bach come un “genio” è


stata la portata innovativa della sua musica: egli, infatti, pur essendo
contemporaneo di Handel, Vivaldi e Telemann , utilizza, rispetto ad
essi, cadenze di accordi molto più evolute e dissonanti che, ancora oggi,
ci stupiscono per la loro modernità rispetto ai tempi. Le sue
progressioni armoniche, ricche di modulazioni, si avvalgono del
contrappunto, l’intreccio tipico delle fughe, e sono puntellate da una
struttura di note e ornamenti estremamente eleganti che le rendono
spesso anche virtuose nell’esecuzione strumentale.

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Sonate per flauto e clavicembalo
Si è soliti suddividere le Sonate di Bach per flauto solista giunte a noi in
due gruppi: per flauto e cembalo obbligato (BWV 1030-1032) e per
flauto e basso continuo ( BWV 1033-1035). La pratica del basso
continuo consiste nella realizzazione da parte del cembalo di un
accompagnamento accordale indicato sotto alla linea di basso mediante
dei numeri arabi. Questa pratica, che percorre tutta la prima metà del
Settecento a cui, in un secondo momento verrà aggiunta una parte di
basso realizzata da uno strumento grave, di solito una viola da gamba o
un violoncello.

Bach compone gran parte delle sue opere a Köthen quando era al
servizio del principe Leopold e, proprio per questo motivo, si è sempre
pensato che queste Sonate fossero state composte nell’arco di tempo tra
il 1718 e il 1722. L’orchestra di corte, infatti, essendo dotata di un
notevole numero di musicisti tra cui buoni solisti, avrebbe potuto
ispirare Bach per la composizione delle Sonate. Recenti studi hanno
però dimostrato che nel 1724 quando Bach era già da due anni cantore
alla Thomasschule di Lipsia, scrisse una dozzina di cantate da chiesa
contenenti soli per flauto traverso che dimostrano il suo grande
interesse verso questo strumento. A sostegno di questa tesi vi è
l’affermazione di Quantz secondo cui il nuovo modello di strumento in
quattro pezzi, dotato di un’estensione che poteva spingersi anche nella
zona sovracuta con maggiore capacità di brillantezza, sarebbe stato
costruito intorno al 1720-1722. L’interesse di Bach coinciderebbe così
con il periodo di tempo di diffusione del nuovo strumento  in
considerazione anche del cambiamento della vecchia tecnica e della
scrittura flautistica (vedi pag..  Ciò creerebbe un rapporto non
contraddittorio fra tipo di scrittura strumentale e sua realizzazione
pratica. Si tratta di considerazioni che portano a rivedere la data di
composizione delle Sonate per flauto in un’epoca posteriore a quella di
Köthen e cioè dopo il 1723.

Le caratteristiche bachiane delle lunghe frasi senza soluzione di


continuità, le repentine modulazioni, le successioni di arpeggi e le scale
portano anche sul flauto una tecnica che andava dallo strumento a
tastiera al violino e poi al flauto e all’oboe. Il cembalo obbligato,

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inoltre, accentua strutturalmente il gioco delle parti tra i due strumenti
che realmente dialogano tra loro come in forma di concerto.

Dubbia paternità delle opere


Sebbene si è soliti attribuire queste sonate a Johan Sebastian Bach,
molti studiosi, sulla base di un’analisi stilistica hanno portato avanti
l’idea secondo la quale esse possano non essere state scritte da Bach.
Tuttavia, vi è spesso una visibile affinità tra alcune di queste sonate, che
potrebbe portare alla supposizione, che entrambe siano state composte
dallo stesso uomo. E’ il caso, ad esempio, delle Sonate in mi bemolle e
sol minore, BWV 1031 e 1020. Sembra anche ovvio che la Sonata 1020
sia stata composta per flauto, sebbene le copie sopravvissute la
forniscano come opera per violino. Ernst Fritz Schmid attribuisce la
sonata in so minore a Carl Philip Emanuel per “ragioni stilistiche molto
dubbiose” ma fornisce una spiegazione non approfondita per questa sua
convinzione, come fa Friedrich Blume, che descrive BWV 1031 come
“certamente non di Bach”, BWV 1020 come “non di Bach” ecc...
Soltanto mediante un’analisi stilistica precisa si potrà giungere ad avere
la certezza sulla paternità di queste sonate, ma si può già oggi ritenere
certo che Johan Sebastian Bach non è l’unico compositore di BWV
1031 e BWV 1020.

Sonata BWV 1033

La sonata in do maggiore BWV 1033 sembra però essere al di sopra di


ogni dubbio; lo stesso Carl Philipp Emanuel Bach testimoniò la
paternità di suo padre mentre viveva ancora nella casa di famiglia nel
1731. Ciononostante, dubbi sulla sua autenticità, che possono quindi
essere motivati solo da una critica stilistica, sono stati prima di tutto
espressi da Friedrich Blume (Die Musik in Geschichte und Gegenwart
I, col 1013) e recentemente affermati da Han-Epp stein (Bach-
Jahrubuch 1972, pag. 12 segg.). Anche Eppstein ammette che questo
possa essere il lavoro di uno studente, in cui Bach aveva inserito le sue
correzioni, e un’alterazione apportata da Carl Philipp Emanuel Bach
nell’ottava battuta del 3o movimento indica questa possibilità. Forse
durante la stesura della bella copia sono state apportate delle modifiche

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e si è portati a cercare di identificare il compositore con l’autore della
copia. Ciò implicherebbe, come affermano studi più recenti, che
potremmo considerare questa sonata come una sorta di rielaborazione,
commissionata da Bach stesso al figlio, di un’originaria composizione
per flauto solista, quasi come un esercizio di armonizzazione (Carl
Philipp Emanuel avrebbe quindi aggiunto il basso continuo).

La Sonata BWV 1033 è la prima della raccolta delle Sonate per flauto e
Basso continuo, essa è giunta a noi attraverso sei manoscritti, uno dei
quali risulta di mano del secondo figlio Carl Philipp Emanuel. Il
manoscritto reca l’indicazione “Sonata a traversa e continuo da Joh.
Seb. Bach” e, a giudicare dalla scrittura e dalla filigrana delle carte
utilizzate, fu compilato intorno al 1730.
All’interno della Sonata accanto ad elementi sperimentali come
l’intervento concertante del cembalo nel minuetto, non mancano
caratteristiche proprie dello stile più arcaico, che mettono in evidenza,
come anche la coppia conclusiva di minuetti, la discendenza della
composizione dalla suite.

Dopo un breve Adagio che


serve da introduzione, il
Presto e l’Allegro seguente
danno modo al flauto di
mostrare tutte le sue
possibilità virtuosistiche;
addirittura l’Allegro sembra
parafrasare il virtuosismo
violinistico.

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Il valore musicale della
composizione sembra più
comparire nel breve ma
intenso Adagio e nei due
Minuetti finali che, pur
dando agio al flauto di
mostrare le sue possibilità,
sono costruiti con
eleganza e il primo con
una cantabilità che
potrebbe costituire una
sigla per un’epoca.

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Contesto culturale: profonda trasformazione della tecnica
del flauto traverso e contemporanea costruzione del
nuovo modello di strumento
La sonata è stata scritta negli anni compresi fra la fine della seconda
decade del Settecento e la prima metà della terza, anni che
rappresentano un momento critico di profonda trasformazione nella
tecnica del flauto traverso, documentato con precisione in Francia, in
virtù della moltitudine di opere pubblicate, ma che con il tempo si
manifestò in modo simile anche in Germania dove la flûte traversiere
era stata introdotta dalla Francia. Proprio in quel periodo avviene infatti
il passaggio dal gout ancien * a un nuovo stile moderno che compare
parzialmente anche in alcune opere dei vecchi virtuosi, ma trova piena
realizzazione in quelle dei nuovi compositori. La caratteristica di questo
nuovo stile flautistico è quella di inglobare, insieme a alcuni schemi
costruttivi della sonata italiana, anche aspetti della specifica tecnica
violinistica italiana, passando così da un linguaggio strumentale
caratterizzato da una cantabilità tenera, da un’eccezionale raffinatezza
di fraseggio, a un virtuosismo brillante, dove prevalgono accordi
spezzati, scale e rapide successioni di arpeggi. Questo processo, che
può essere considerato una vera e propria “violinizzazione” della
tecnica flautistica e ha inizio in Francia nel 1710, molto probabilmente
è dovuta all’abitudine del tempo di eseguire con il flauto traverso delle
sonate per violino.
In Germania, lo stretto legame fra tecnica flautistica e violinistica e
l’interscambiabilità fra i due strumenti sono evidenti nella raccolta
“Sonaten auf der Flute Traversiere, der Violine und dem Klaviere”
composta da Johannes Mattheson. Fra la raccolta di Mattheson e il Solo
bachiano sono evidenti molti punti di contatto, soprattutto nelle
difficoltà tecniche che, in entrambi i casi, derivano dalle frequenti
modulazioni, dalle scale, dalle successioni di arpeggi e dalle lunghe
frasi senza soluzione di continuità.

Flauto barocco
Per “flauto barocco” o “flauto traversiere” o anche “flauto a una chiave”
si intende oggi lo strumento comparso intorno al 1680 e utilizzato
professionalmente fino alla fine del Settecento e dai dilettanti fino a
Ottocento inoltrato. La sua influenza storica si protrae però oltre il

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Barocco musicale, il cui fine viene identificato con la morte di Johan
Sebastian Bach. Il termine “traversiere” viene utilizzato nell’Italia del
Settecento e proviene dalla contemporanea denominazione francese di
flute traversière: si tratta di un dato che ci permette di comprendere che
questo tipo di flauto a una chiave ebbe origine francese e una diffusione
che che si irraggiò dalla Francia verso gli altri paesi europei. Il termine
“flauto” indicava, invece, il flauto dolce e solo dalla fine del Settecento,
quando era ormai tramontato l’uso del flauto dolce, si perse anche la
necessità di distinguere i due diversi strumenti. Necessità che oggi, con
il ritorno del flauto dolce, ricompare con anche alcune varianti che
servono a distinguere lo strumenti moderno dal flauto traverso del
Settecento.
Le principali caratteristiche dello strumento a una chiave sono:
 Divisione in più pezzi, ossia testata, corpo (in origine in un solo
pezzo e dal 1722 circa, in due pezzi) e piede;
 cameratura cilindrica nella testata e conica a restringersi nel corpo e
nel piede; il piede può essere cilindrico o conico in senso inerso al
corpo;
 È tagliato in re3, come il flauo tenore rinascimentale da cui deriva;
 Ha sette fori per le dita, di cui uno, quello del semitono re diesis- mi
bemolle, è controllato da una chiave chiusa;
 nelle opere composte in questo periodo l’estensione più utilizzata va
dal re3 al mi5, eccezionalmente scende al do diesis 3 e sale al sol5,
giungendo molto raramente al la:
 Il foro di imboccatura è di solito rotondo e relativamente piccolo (ca
8,5 mm di diametro).
Anche mantenendo costanti queste caratteristiche, nel corso di un
secolo, in stretta relazione con precise stagioni stilistiche del repertorio
e della scrittura flautistica, il flauto barocco ha subito alcune modifiche.
La storia del flauto barocco è quindi suddivisa in tre fasi:
1. dal flauto rinascimentale al flauto “Hotteterre”: l’air e la suite (ca
1680-1710);
2. le influenze dello stile italiano e del repertorio violinistico: la sonata
e la trio-sonata (ca 1710-1725/30);
3. il periodo di massima diffusione e produzione musicale: il concerto
(ca 1725/30-1760).
1. Flauto Hotteterre
Verso la metà del Seicento si ha un notevole calo di testimonianze sul
flauto traverso. Nelle arti figurative la presenza di questo strumento è

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scarsa o addirittura assente, gli inventari di corte segnalano un aumento
degli archi e un sensibile calo dei fiati. Si deve comunque presumere
che il flauto fosse coltivato ancora a lungo tra i dilettanti o in circoli
musicali, dato che i costruttori che rimodellarono il flauto
rinascimentale nel flauto barocco a una chiave, lavorarono su uno
strumento ancora in vita. La sperimentazione inizia al tempo di
Marsenne, il flauto ritratto nella sua “Harmonnie universelle, presenta
un piede abbellito secondo un gusto lontano dalla tradizione
rinascimentale.

Il flauto “Hotteterre” (n.3) ha tutte le caratteristiche del flauto barocco


elencate all’inizio del capitolo. Tra le particolarit

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