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L’opera impresariale a Venezia dal 1637

Il sistema impresariale veneziano: 1637: teatro di San Cassiano a Venezia. Da


lì inizio del teatro d’opera, apertura di altri teatri a Venezia e in tutta Italia e
all’estero. Regolarità delle produzioni. Stessa pompa scenica del teatro di
corte ma riduzione dei costi: musicisti e compositore pagati poco rispetto a
cantante e librettista, invenzione del sistema delle quinte scorrevoli di Torelli.
Il pubblico rimane di estrazione nobile: palchi riservati a famiglie ricche,
platea venduta al pubblico, sempre però molto facoltoso. Libretti su scene
storico-mitologiche: Achille, Ulisse, Scipione. I primi operisti si dedicarono
saltuariamente all’opera (Peri, Caccini, Monteverdi), la figura del musicista
d’opera arriverà più tardi. Compagnie itineranti: nei primi momenti i teatri
non hanno una troupe stabile ma ci sono compagnie itineranti come la
compagnia Ferrari-Manelli. Le opere sono in tre atti e non più in cinque,
lunghezza notevolmente ridotta. Momenti più drammatici in stile recitativo
fino a metà del secolo. I pezzi chiusi strofici sono utilizzati in momenti
narrativi. Più tardi nel secolo l’importanza crescente data al virtuosismo
solistico farà sì che il momento culminante sia l’aria.
L’opera di Monteverdi: Opere superstiti di Monteverdi: L’Euridice,
L’incoronazione di Poppea, Il ritorno di Ulisse. Con Il ritorno Monteverdi esce
del riserbo in cui era data la sua attività come musicista ecclesiastico e per
l’incarico di maestro di cappella a San Marco. Il ritorno e l’incoronazione sono
drammi in cui prevalgono le passioni umane rispetto alla narrazione
mitologica, uscendo dal mondo irreale delle “favole”. Non utilizza la
declamazione spedita ma scrive passi di espansione melodica per evidenziare
frasi e concetti. Lamento di Penelope nel Ritorno: tre sezioni, inflessioni
patetiche, motivi cromatici, intervalli melodici e diminuiti. Nelle due opere i
pezzi chiusi sono utilizzati nei passi gioiosi.
Cavalli: Situazioni topiche che favoriscono il canto di pezzi chiusi. Primo
operista a pieno titolo, che si dedica principalmente al teatro imprenditoriale.
Godette di una grande fama, le sue opere inaugurarono diversi teatri in tutta
Italia. Recitativo declamatorio, aria per graduale espansione (ancora non
esiste differenza netta fra aria e recitativo). Cavata o aria cavata: recitativi
interrotti o conclusi da segmenti melodici brevi con periodicità ritmica e
armonica. I recitativi sono accompagnati solo dal basso continuo. La funzione
dell’orchestra è quella di intermezzare le strofe delle arie e concluderle. Stile
sillabico, le poche fioriture sono di tipo virtuosistico e non danno espressività
al testo. Aria con basso discendente diatonico o cromatico che conferisce un
clima di tristezza.
Cesti: Contribuì a dare all’opera la sua forma definitiva, con le arie al primo
posto per importanza e i recitativi subordinati. Si giunge alla netta distinzione
fra recitativo e aria. Stessa opera rappresentata in diversi teatri: nascita della
consuetudine di modificare, sostituire parti di opere per l’adattamento al cast
e al gusto del pubblico. Fu uno dei primi ad emergere solo con la musica
teatrale. Grande varietà di forme nei pezzi chiusi, favorito il duetto: apertura
con lo stesso motivo scambiato fra le voci che poi procedono per terze e
seste. Arie su basso ostinato non cromatico frequenti per la sicura presa che
avevano sul pubblico. Struttura: a b b (due episodi e il secondo ripetuto)
oppure aria col da capo: ABA, ritornello strumentale fra le sezioni e alla fine.
Preludi e ritornelli strumentali (organico basso continuo e due violini)
presentano ricchezza espressiva inusuale per il teatro del tempo. Devisien-
arie: arie con motto in cui in aperura c’è una frase musicale (motto)
annunciata dal cantante che viene poi ripetuta da strumenti o solo da basso
continuo, per poi essere ricantata dal cantante. Questo tipo di aria avrà larga
diffusione fino a ‘700 inoltrato, ripresa anche da Bach ed Handel. Frequenti
passi spiccatamente virtuosistici (passi veloci e ampi intervalli melodici) ora
affidati anche a personaggi buffi. Questa tendenza si afferma nei drammi più
lunghi e dalle trame più complesse.
Tendenze di fine ‘600: Arie con strumento concertante: nascono con
l’istituzione di orchestre fisse nei teatri, strumento concertante, violino o
tromba, che ha una parte centrale nell’esecuzione dell’aria, pari o superiore
al cantante. Nell’ultimo ventennio del ‘600 l’opera si afferma come
successioni di arie (da 30 a 50) inframezzate da recitativi. L’aria diventa
l’entità fondamentale dell’opera. Lo spettatore si interessa solo al canto
virtuosistico delle arie.

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