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Basilicata
PRESENTAZIONE
a Cantina di Venosa, in occasione dei cinquantanni dalla sua nascita, ha ritenuto pubblicare in questo volume la sua storia e gli
elementi distintivi che hanno contribuito sia alla nascita che allo
sviluppo dellazienda vinicola venosina.
Il comparto vitivinicolo costituisce una realt complessa ed eterogenea, in
cui numerose forze e meccanismi inuenzano e determinano comportamenti
e risultati.
La nascita della Cantina di Venosa da attribuire alle strategie di intervento
attuate negli anni del dopoguerra da parte dei soggetti pubblici chiamati a sostenere lo sviluppo delle imprese vitivinicole, tenendo conto delle loro singole
specicit dimensionali e di mercato.
I successi che la Cantina di Venosa ha registrato in questi anni sono il frutto di una politica strategica, programmata e attuata dai soci, che riuscita a
portare loro rosso del Vulture sui mercati di tutto il mondo come ricchezza e
patrimonio di una terra.
Il Volume evidenzia le peculiarit della viticoltura lucana: una tradizione storica dalle radici millenarie e la presenza di un patrimonio straordinario costituito da un vitigno dalle potenzialit produttive spesso inesplorate.
Attraverso il sapiente ricorso a strumenti multidisciplinari, la ricostruzione
storica ripercorre un itinerario riconducibile di volta in volta a fonti documentarie e storiche ma anche letterarie e archeologiche. Ne emerge, cos, una visione
dinsieme delle ricchezze regionali, dispiegata attraverso anni di storia in una
complessa straticazione di popoli e di culture materiali, il cui succedersi ha
lasciato tracce durevoli sullo stesso paesaggio agrario locale.
Il primo capitolo intende fare una panoramica sulle bellezze della Basilicata,
ponendo laccento sui paesi caratterizzati dalla produzione dellAglianico.
Il secondo capitolo pu essere denito il cuore del libro perch riferisce,
oltre la storia dellAglianico e della sua presenza nella terra lucana, il passato
della Cantina di Venosa.
Con la pubblicazione di questo volume si intende offrire un contributo,
certamente non esaustivo, alla conoscenza della realt vitivinicola regionale
e locale. Il volume destinato a tutti coloro che intendono disporre di uno
strumento conoscitivo che aiuti a leggere levoluzione della viticoltura in Basilicata, contribuendo a denire una comune identit culturale ed evidenziando,
inne, le potenzialit e le peculiarit di un patrimonio certamente di grande
interesse.
Il Presidente
Teodoro Palermo
1957~2007
quella dei Pipistrelli a Matera, nonch lungo il Bradano e negli stessi dintorni
di Matera, con ciottoli incisi a motivi geometrici. Si tratta di preistoria recente,
quando i neandertaliani si sono estinti (35 000 anni fa) e dal Medio Oriente arriva in Europa luomo di Cro-Magnon che aggiunge alla cultura materiale del
tagliare la pietra quella dellespressione artistica, come nel caso della grotta di
Tuppo Li Sassi a Filiano.
Qui, nel 1965, fu individuato un riparo sotto roccia con industrie mesolitiche e importanti pitture rupestri rafguranti scene di cattura o semplici cervi
tra la vegetazione in stretta analogia con quelle iberiche. Dopo le glaciazioni
le condizioni climatiche pi stabili hanno reso favorevole unorganizzazione
collettiva basata sullallevamento e sullagricoltura. Nel Neolitico nascono la
tessitura e la ceramica, soprattutto quella dipinta a 2 o 3 colori e quella incisa a
crudo, punzonata e dipinta nemente con bande a spirale di Serra dAlto.
Nel Neolitico, inoltre, si avuto il massimo sviluppo dei villaggi trincerati a
Serra dAlto, Tirlecchia, Murgecchia e Murgia Timone sulla Murgia materana, nel
Melfese a Rendina. Sono insediamenti di capanne protette da profondi fossati,
scavati nella roccia e prossimi a sorgenti dacqua; altri insediamenti neolitici
sono a Toppo dAguzzo, Gaudiano di Lavello e nel Metapontino.
Nel periodo dellEneolitico si riscontrano segni di civilt nel Gaudo nella
Grotta di Latronico dove si svilupparono nuove tecniche metallurgiche ad opera di gruppi egeo-anatolici.
DallEneolitico allEt del Bronzo la Basilicata divenne un importante centro di collegamento tra le popolazioni dello Jonio e del Tirreno.
La civilt appenninica nellEt del Bronzo caratterizzata dallagricoltura
e dalla pastorizia transumante; la regione presenta due aree culturali distinte
secondo i rituali funerari di inumazione supina (sepolture di Aliano e Chiaromonte) o rannicchiata (necropoli di Incoronata di Pisticci e S. Maria di Anglona).
Al tardo Bronzo risalgono i ritrovamenti di Timmari relativi a campi di urne cinerarie tipici di una cultura protovillanoviana pi nota al centro-nord dellItalia.
NellEt del Ferro arrivarono in Basilicata nuove popolazioni, tra le quali i
Liky che, intorno al 1300-1200 a.C., si spostarono dalle regioni anatoliche per
stanziarsi a sud dellOfanto, tra il Bradano e il Basento. , infatti, questo il momento in cui si assiste alla formazione di veri centri abitati su alture a dominio delle
valli come sul monte Torretta di Pietragalla, sul monte Croccia o a Serra di Vaglio.
Con lavvento di questa popolazione si denisce, in questarea, unorganizzazione di tipo democratico, dove non esiste divario sociale, costituita da liberi
individui dediti allartigianato, allallevamento, allagricoltura, che dividono
equamente la terra e la difesa della comunit.
Lungo le foci dei umi e nella pianura fertile i Greci, a partire dallVIII secolo
a.C., fondarono le polis coloniali della rafnata civilt della Magna Grecia. Spiccano per prestigio le colonie di Metaponto, Siris, Heraclea e Pandosia.
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(oggi Policoro). Intanto a nordest il dominio di Roma aumenta. Nasce Grumentum (oggi Grumento) e si costruisce la via Herculia che congiunge Grumentum a
Venusia. Il 280 a.C. vede la ne storica della civilt della Magna Grecia. Nel II secolo a.C. la Lucania sotto il dominio di Roma. Il popolo Lucano, ero e guerriero,
si ribell a Roma che impose il latifondo. A questo periodo (II sec. a.C.) risalgono i
resti di mosaici e il meraviglioso sarcofago di Rapolla che pu essere eletto simbolo del fenomeno di arte importata, in quanto proveniente dallAsia Minore.
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Risalgono allEt angioina gli affreschi della Trinit di Venosa e delle chiese
rupestri di S. Maria della Valle a Matera, di S. Antuono a Oppido Lucano, di S. Lucia
a Rapolla e di S. Margherita a Mel. Si continua a dipingere nelle chiese rupestri,
ma la diffusione, verso la ne del XIII sec., dei francescani e degli affreschi delle
loro chiese rappresenta una vena innovativa nella pittura lucana.
In Basilicata vi anche una forte testimonianza dellarte cinquecentesca e
delleco rinascimentale adriatica, riscontrabile nella Cattedrale di Matera con il
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Nel 1902 si ebbe a Potenza la prima riunione dei Socialisti lucani, evento
che d inizio al XX secolo. La gente, in questo periodo, vive in uno stato di povert ed inizia a lasciare la propria terra di origine per trovare fortuna altrove.
Incomincia cos il fenomeno dellemigrazione, che nel 1913 tocca la sua
punta massima.
Nel 1943 Matera la prima provincia del meridione a ribellarsi alloccupazione nazifascista. Finita la guerra diventa necessario affrontare il problema dei
Sassi di Matera che, a causa del sovrappopolamento, sono divenuti malsani. Nel
1952 una legge dello Stato decreta lo sfollamento dei rioni Sassi che dal 1994
lUNESCO denisce patrimonio dellumanit da tramandare alle generazioni
future e li annovera tra i territori posti sotto la sua tutela.
Agli inizi degli anni Cinquanta la Riforma Fondiaria trasforma il volto della
regione, mentre lemigrazione danneggia i comuni della regione provocando
un progressivo impoverimento demograco.
La Basilicata una terra che possiede un passato storico-artistico e una
natura generosa e stupefacente. Il suo territorio impreziosito da ambienti e
testimonianze che gli conferiscono unatmosfera ricca di memoria1.
Note
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Cfr. www.aptbasilicata.it./Basilicata-o-Lucania.53.0.html
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La Basilicata una vasta regione che si distingue per le sue naturali caratteristiche. Ancora oggi risulta essere una terra in gran parte sorprendentemente
da riscoprire.
In questa terra possibile ammirare tracce dei templi ellenici e di antiche
vie romane.
Regione di contadini, regione dagli aspetti magici.
Lespressione pi autentica della civilt contadina e pastorale si manifesta
nella celebrazione delle feste e delle sagre che ancora scandiscono i cicli stagionali, secondo rituali che si ripetono nei secoli e che alternano momenti di
intensa religiosit a sentite rappresentazioni di riti propiziatori.
La Basilicata la terra di un antico popolo italico. Linsediamento di questo
popolo favorito dalla ricchezza delle acque e dai luoghi ben difendibili.
Gli stanziamenti umani sono presenti sin dal Paleolitico. La scoperta di strumenti in pietra risalenti a 350 mila anni a.C. testimonia la presenza di comunit
umane in Basilicata n dagli albori della civilt.
Uno dei punti di riferimento della parte nord della Basilicata il monte Vulture ( vultur in latino signica avvoltoio).
Alla sommit delle sue pendici interamente ricoperto di boschi.
Il Vulture, grazie alla sua lava, ha dato origine a terreni di primo ordine,
abbastanza profondi, di medio impasto e fertilissimi, sui quali prosperano eccellentemente la vite, lolio, gli ortaggi, che contribuiscono con largo peso alla
composizione del valore della produzione agricola.
La natura dei terreni di origine vulcanica e la loro esposizione fanno di questa zona certamente la pi favorita e favorevole allo sviluppo della viticoltura.
I vini prodotti e pi rinomati sono lAglianico e la Malvasia.
LAglianico, che il vitigno pi diffuso della Lucania, corrisponde precisamente a quello che i Romani denominavano Hellenico appunto per la sua origine greca, la cui pianta, coltivata da tempi remotissimi, pass dallAsia Minore,
attraverso la Tracia e le Isole dellArcipelago, in Grecia e da questa, sette secoli
avanti Cristo, in Italia sulle colline del subappennino Lucano ove si stabilirono
alcune colonie greche.
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LAglianico del Vulture un superbo vino rosso che va annoverato sicuramente tra i migliori prodotti dItalia.
Ai sensi della legge sulla Denominazione di Origine Controllata (DPR 25
maggio 1971) lo si produce nel territorio dei comuni di Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Mel, Atella,
Venosa, Lavello, Palazzo S. Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania. Tutti in provincia
di Potenza.
Percorrendo la strada dellAglianico del Vulture come se scorressimo le
pagine di un libro ricco di storia e cultura. In un unico quadro possiamo notare
un paesaggio dai tratti simili ma con sfumature che determinano la singolarit
di ogni localit.
Transitando per i percorsi dellAglianico scorgiamo Rionero in Vulture,
una ridente cittadina posta ai piedi del Vulture, antico vulcano spento.
Labitato originario si sviluppa su due collinette a 656 metri slm, con i rioni
Costa e Piano delle Cantine o Calvario, insieme al primo nucleo abitato del rione
dei Morti. Il suo paesaggio vario e accogliente con una ricca vegetazione di
vigneti, oliveti e folti boschi.
Le prime notizie storiche sul casale medioevale di Santa Maria di Rivonigro
come feudo del Vescovo di Rapolla appaiono in uno scritto del 1152 di mons.
Alberto Mercanti. La citt, per, ha radici ancora pi antiche testimoniate dai reperti rinvenuti in localit S. Francesco, Cappella del Priore e Padulo. Trattasi di
tombe risalenti al IV secolo a. C., di una villa romana in localit Torre degli Embrici e di resti di un acquedotto romano sulla umara di Ripacandida nei pressi
dellabitato.
Abbandonata nel 1316 per effetto del bando angioino che accordava immunit scale a chi si trasferiva nella vicina citt di Atella, si ripopol solo due
secoli pi tardi, quando, nel 1533, arrivarono da Mel contadini Albanesi che
introdussero nel paese il rito greco ortodosso abolito, poi, nel 1627 dal vescovo
di Mel, Diodato Scaglia, che obblig losservanza del rito latino. Il paese gravemente danneggiato dal terremoto del 1694 venne ricostruito successivamente
dalla famiglia Caracciolo di Torella.
Nel 1811, per decreto di Gioacchino Murat, Rionero fu elevata a Comune
autonomo. Rionero in Vulture noto per essere stato il paese natio di Giustino
Fortunato, scrittore e parlamentare che si occup della questione meridionale e
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Laghi di Monticchio
e gli abitanti trovarono riparo presso il territorio su cui attualmente sorge Atella.
Lantico centro fu abbandonato a seguito delle guerre scoppiate dopo il 1268 e
ripopolato, nel 1330, da contadini rioneresi guidati dalla famiglia Durazzo.
La nuova cittadina di Atella presentava un insediamento cinto da muraglia, presidiato da un castello (parte di esso fu distrutto dal terremoto del 1964.
Oggi possibile ammirare solo la Torre Angioina) e articolato su un percorso
principale le cui testate erano munite di due porte e sul quale convergevano a
pettine percorsi minori.
Nel 1423 il territorio fu dominio di Giovanni Caracciolo, mentre nel 1496 la
cittadina fu occupata dalle armate francesi di Gilbert De Montepensier e conquistata, dopo un assedio durato 32 giorni, da Consalvo Cordova. La cittadina
resta per lungo tempo sotto il governo del Demanio.
Nella piazza del paese presente il Duomo di Santa Maria risalente al XVI
secolo, caratterizzato da un particolare portale sul quale sono impressi il sole e
la luna, gure che richiamano motivi islamici.
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Costeggiando il Vulture, si scorge la citt di Mel. Un centro di grande interesse per la sua ricca storia e per i monumenti che testimoniano il suo illustre
passato.
Fu abitata un tempo da Dauni e Lucani, i cui insediamenti sono testimoniati
dai reperti archeologici ritrovati nella zona e custoditi oggi nel Museo Nazionale.
Sub linuenza longobarda e bizantina e divenne un importante centro e
nodo commerciale in epoca medioevale.
Mel fu abitata sin dal neolitico e sub linuenza romana, come confermato dallesistenza di alcuni ruderi di una villa romana con mosaici. Successivamente al dominio di Roma, sub linuenza longobarda, poi quella bizantina, e
nel 1041 divenne la prima contea dei Normanni in Italia. Guglielmo dAltavilla vi
fece costruire un Castello, ampliato successivamente dagli Svevi e poi dagli Angioini, oggi sede del Museo Nazionale del Melfese, dove sono conservati numerosi reperti archeologici riguardanti le popolazioni indigene della preistoria, dei
periodi romano, bizantino e normanno. Nella torre ubicato il Sarcofago di Rapolla, meraviglioso lavoro creato da artisti dellAsia Minore.
Nel 1231 Federico II vi promulg le Costitutiones Augustales, il primo testo
organico di leggi scritte dellet medioevale e di contenuto sia penale che civile.
Il Castello dal XVI secolo divenne dimora della famiglia Doria no alla riforma
agraria e fu sede anche di vari Concilii.
Il primo Concilio, nel 1059, venne convocato dal Papa Nicol II, il secondo,
nel 1067, dal Papa Alessandro II, il terzo Concilio venne convocato dal Papa
Urbano II nel 1089, e in tale occasione il pontece band la prima crociata in
Terra Santa contro gli infedeli, istituendo lobbligo del celibato ai religiosi.
Di grande interesse artistico la Cattedrale, a tre navate con pianta a croce
latina, fatta edicare, nel 1076, da Roberto il Guiscardo. Ledicio fu quasi interamente rifatto dopo il terremoto del 1694. Al suo interno sono conservati
un crocisso ligneo del XV secolo, numerosi dipinti e una tavola del XII secolo
rafgurante la Madonna in trono.
Il campanile fu costruito da Ruggiero II per sostituire la torre campanaria.
Una leggenda racconta che, terminata la costruzione, re Ruggiero II (nonno per
parte materna di Federico II) fece precipitare dalla cima il costruttore perch
non potesse raccontare del tesoro nascosto nelle fondamenta.
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Castello di Mel
Accanto al Duomo sorge il Palazzo Vescovile al cui interno si trova una fontana in stile barocco.
Dalla Porta Venosina, unica delle quattro porte di Mel ancora esistenti,
possibile ammirare una piccola parte delle mura della citt6.
Unaltra citt di grande interesse storico Venosa. Situata sull appennino
lucano, fondata probabilmente dai Peuceti, divenuta Sannita, la citt, fu conquistata dai Romani guidati dal Console Lucio Postumi nel 292 a.C..
La citt, dal 268 a.C., grazie al prolungamento della via Appia da Benevento
a Venosa no a Taranto, conobbe un notevole sviluppo come centro commerciale e amministrativo. Venosa nota soprattutto per aver dato i natali a Quinto
Orazio Flacco nel 65 a.C..
Fu conquistata dai Longobardi nel 662 d.C. e nel 976 d.C. dai Bizantini e,
successivamente, dai Saraceni, che vi costruirono opere di difesa. Nel 1041 fu
occupata dai Normanni e contesa da Svevi e Angioini. Nel 1501 fu conquistata
dagli Aragonesi per poi divenire feudo dei Gesualdo, principi di Venosa, che ne
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fecero un centro culturale. La citt prese parte ai Moti Carbonari del 1820/21.
Dopo lUnit dItalia, nel 1861, appoggi come quasi tutta la Basilicata il brigantaggio del bandito Crocco, aderendo allinsurrezione lo-borbonica.
Nel 1298 il re Carlo I dAngi fece costruire la Fontana Angioina di cui ancora oggi si pu ammirare la bellezza artistica. I romani nella Valle edicarono
la fontana detta la Romanesca, ai cui lati sono presenti due bassorilievi rafguranti la testa di un leone e due gure umane. Di interesse anche la Fontana di
Messer Oto costruita nel 1313/14 su cui domina la mole di un leone in pietra di
stampo romano
Nel 1470 il duca Pirro del Balzo Orsini, sul luogo in cui preesisteva lantica
cattedrale, edic il castello mentre la cattedrale venne costruita dove sorgeva
la Chiesa di San Basilio. La facciata, molto semplice stata rifatta, insieme al
portale marmoreo, allinizio del 1500, dal maestro Cola da Conza.
Percorrendo le strade cittadine possibile ammirare i sontuosi palazzi come
Palazzo Calvini, oggi sede municipale, costruito nel Seicento e rifatto pi volte
nel corso del Settecento ed Ottocento. Interessanti sono anche il Palazzo Bal, costruito nel XV secolo e restaurato dal Bal dei Cavalieri di Malta, Palazzo Dardes del
XVIII secolo che conserva al suo interno lelemento architettonico del Telamone e Palazzo Veltri, di origine settecentesca, situato in piazza Ninni.
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In citt sono, inoltre, ubicati Palazzo Frusci, sede natale di Francesco Frusci
medico chirurgo, e Palazzo Rapolla, del XIX secolo, dove venne ospitato il brigante Crocco. Allingresso della citt sorge lAbbazia della SS. Trinit, costruita
nel 1406 dal conte Dragone DAltavilla. Accanto si pu ammirare lIncompiuta.
Il complesso fu iniziato tra lultimo quarto dellXI secolo e linizio del XII con
lintento di creare ununica immensa basilica con lantistante chiesa vecchia. Il
progetto non fu portato a termine perch il monastero decadde a seguito del
declino delle fortune della dinastia normanna degli Altavilla. Nello stesso sito
possibile ammirare il complesso termale e lanteatro.
Fuori dal centro abitato sono ubicate le Catacombe ebraiche che documentano la presenza, tra il III e il IV secolo, di una consistente comunit ebraica.
Le pareti conservano numerosi grafti ed epigra funerarie con iscrizione in
ebraico, in greco e in latino e incisioni di candelabri a sette braccia, corni, palme
e anfore. Vicino ad esse sorgono le Catacombe cristiane risalenti al IV secolo e
costruite da diversi ipogei. Nella localit Notarchirico situato il Parco Paleolitico nel quale possibile notare i vari periodi dellesistenza umana risalenti al
Paleolitico Inferiore-Acheuleiano Medi7.
Poco distante da Venosa sorge lantichissima Lavello. In latino labellum
indica abbeveratoio. La zona fu abitata gi nel periodo Neolitico ed ebbe il suo
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periodo di massimo splendore sotto i normanni, che vi edicarono la loro fortezza. Dopo la rivolta ghibellina, nel 1268, Lavello fu assegnata da Carlo I dAngi ai Galard dIvry. Nel 1298 venne quasi completamente distrutta da un violento incendio provocato da Carlo I dAngi. Levento ricordato dallo stemma
comunale, in cui rafgurata una torre a due piani invasa dalle amme. Nella
seconda met del XV secolo arrivarono i profughi albanesi.
Nel centro storico ubicato il Castello, di epoca Sveva, ricostruito nel 1600,
attualmente sede del Municipio8.
Di grande interesse la Chiesa di santAnna che conserva un dipinto su tela
del XVI secolo, attribuito al pittore lucano Antonio Stabile, rafgurante lAnnunciazione.
Nei dintorni del paese possibile vedere i resti di un antico stabilimento
termale di epoca romana facenti parte di una villa patrizia probabilmente della famiglia Seppia. Al rudere venne dato il nome di Casa del diavolo perch,
specie al tramonto, d limpressione di un volto diabolico. In contrada Pozzo
dAvila sono stati rinvenuti resti di un sepolcro paleocristiano.
Nei pressi della stazione di Rapolla- Lavello ubicata una lapide che ricorda
cinque soldati piemontesi che in questa localit furono trucidati dai briganti9.
La parte Nord della Basilicata rinomata per lesistenza di comunit albanofone che popolano, da oltre cinque secoli, i comuni di Barile, Maschito e
Ginestra. Ancora oggi la popolazione di albanesi conserva nelluso corrente la
lingua originaria e assieme la consapevolezza critica della propria identit etnica e culturale.
Barile una ridente cittadina che si eleva alle falde del Vulture sorto, probabilmente, ad opera di una colonia greca, che in seguito abbandon il luogo.
Il centro fu ripopolato, nel 1464, da una colonia di Albanesi di Scutari e di Croya,
che sfuggendo alle invasioni dei turchi, si stabil in questo territorio.
Barrale, barellium barragium: cos si chiamavano un tempo i dazi imposti sui greggi che da levante si dirigevano ai laghi di Monticchio e le sbarre
che venivano messe alle porte, ai ponti, alle vie per farli pagare. Da loro deriva il
nome di questo centro che intorno al 1300 fu casale di Rapolla.
Nellabitato, ancora oggi, si conservano tradizioni etniche e dialetto albanese, mentre il rito religioso greco-albanese venne usato no al 1627, anno in cui il
vescovo di Mel ne impose la soppressione e obblig quello latino.
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Nella chiesa Madre conservato un dipinto bizantino del XV secolo rafgurante la Madonna di Costantinopoli. Alla seconda met del XVII secolo risalirebbe il Santuario Madonna SS. di Costantinopoli nel cui interno conservato un
affresco murale in stile bizantino della Madonna.
Nel centro storico possibile ammirare i portali di antichi palazzi come Palazzo De Rosa e Palazzo Caracciolo, feudatario, antecedente a Caraffa, della citt. Di
particolare interesse risulta essere anche la Fontana dello Steccato, costruita nel
1713 in pietra, comprendente tre teste rafguranti immagini apotropaiche10.
Nel 1478 anche Ripacandida ospit una cinquantina di famiglie albanesi,
capeggiate da un loro cittadino Francesco Jura, provenienti dalla citt di Scutari famiglie che, durante linvasione turco musulmana diretta da Maometto II,
furono costrette a fuggire davanti alla furia musulmana.
La citt, situata su di un colle roccioso, sembra sia sorta in seguito allinvasione gotica di Candida Latinotum i cui abitanti, sfuggiti agli invasori, si rifugiarono sul territorio su cui sorge Ripacandida, il cui nome si suppone derivi
dal colore biancastro del colle su cui situato il paese. Il centro fu occupato dai
Longobardi che ne fecero una fortezza e nel 1268 fu incorporato dagli Angioini
nello stato di Mel. Il paese fu feudo alla famiglia Caracciolo e, successivamente,
pass ai Grimaldi11.
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Ripacandida
Allingresso del paese ubicata la Chiesa di San Donato, dedicata al giovane martire. Nellinterno della chiesa possibile ammirare, sul pilastro trionfale
risalente al XVI secolo, la gura del giovane martire. Inoltre, si possono apprezzare affreschi del XIV secolo rafguranti episodi del Vecchio Testamento, alcuni
pregevoli altari e un dipinto rafgurante la Madonna degli Angeli del XVIII secolo del pittore Giovanni De Gragorio detto il Pietrafesa. Accanto alla chiesa sorge
il monastero, del 1300, con un chiostro circondato da un deambulatorio. Del
1560 la Chiesa madre dedicata a Santa Maria del Sepolcro, di cui si apprezza il
maestoso portale del 1602 di gusto rinascimentale12.
Fino al 1965 il Comune di Ripacandida amministrava la comunit di Ginestra,
un paese che sorge nel bacino superiore della Forra di Arcidiaconata il cui nome
legato alla pianta della ginestra, che possibile trovare in tutta la zona.
Il paese fu ripopolato dai coloni albanesi immigrati in pi fasi dal 1482 al
1515. Le sue origini risalgono ai Longobardi a cui seguirono i Normanni. Ginestra conserva ancora oggi costumi e lingua albanese. Anche qui il rito grecoortodosso fu abolito nel 1627 dal vescovo di Mel. Nella Chiesa di Santa Maria di
Costantinopoli, risalente al 1588, sono conservati un coro ligneo del XVIII secolo
ed un affresco del 1500 rafgurante la Madonna. Nella Chiesa di San Nicola, costruita nel 1500, conservata una tela rafgurante la Piet13.
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A partire dal 1467 una comunit albanese si stabilizz nel territorio di Maschito. Il nome sembra aver avuto origini dal latino Masculus termine riferito
alla popolazione di prevalenza maschile. Antico castrum romano, il paese fu abbandonato nella met del XVI secolo, per cause ignote, e ripopolato nel 1534 da
coronei e maidesi, e a partire dal 1647 da albanesi. Feudo dei Carafa di Andria, il
centro conserva, ancora oggi, usi, riti e costumi albanesi.
Nel centro cittadino ubicata la Chiesa del Caroseino. Al suo interno possibile ammirare un affresco del 1558 rafgurante la Madonna col Bambino di
autore ignoto e due tele settecentesche di Nicola Federici di Forenza rafguranti la Pentecoste e la Presentazione di Ges al tempio. Nella Chiesa di SantElia sono conservate due tele del 1500, un coro ligneo intagliato del 1508, un
quadro rafgurante la Sacra Famiglia del Barberis ed un dipinto rafgurante la
Madonna dei Sette Veli ritenuto miracoloso dalla popolazione.
La chiesa di San Nicola risulta essere apprezzata soprattutto per le riproduzioni della Grande Cena di G. Tiepolo e per la Trasgurazione di Ges al Monte
Tabar di Raffaello Sanzio. Nel Palazzo Comunale, inoltre, custodita una colleVia Garibaldi, Venosa
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zione di quadri del pittore locale Mario Cangianelli. Al XVI secolo risale la fontana monumentale in pietra bianca dedicata alleroe albanese Scanderberg14.
Nel comprensorio del Vulture, a nord dellAppennino Lucano, incontriamo
Forenza, un piccolo borgo appartente alla Valle del Bradano.
Nel IX secolo Forenza fu congiunta alla Puglia. Durante la dominazione longobarda la citt fece parte del Gastaldato di Acerenza. Sotto la dominazione
Normanna fu feudo della famiglia dei Pagani. Successivamente gli Angioini la
afdarono ai Caracciolo, mentre gli Asburgo la concedettero alla famiglia Doria,
che hanno governato lo Stato di Mel sino alla caduta della feudalit. Lattuale
sito di Forenza non quello cui si riferiscono Livio, Diodoro Siculo, Plinio e soprattutto Orazio nei versi: arvum pingue tenent humilis Ferenti.
Il paese, quindi, ha ereditato il nome dellantica Forentum romana, ma non il
sito. La citt antica si pu dividere in tre parti: il pianoro, corrispondente longitudinalmente allattuale via San Nicola, con la supercie sommitale che delimita
il primo insediamento, risalente al periodo alto-medievale; la prima parte della
costa del colle sottostante il pianoro, sul versante ovest-sud-est, su cui si distende la citt medievale delimitata dalle mura; la mezzacosta, con gli insediamenti
sei-settecenteschi, fuori le mura. La trama urbana si compone di strade e rampe
irregolari ed anguste, spazi a scala ridotta, che testimoniano lorigine medioevale della citt.
possibile ammirare, inoltre, le mura angioine del XIII secolo15. Allontanandosi dal centro storico e scendendo pi a valle, si possono apprezzare le strutture religiose pi rappresentative del panorama storico di Forenza quali il rudere
suggestivo della Chiesa e i resti di quello che fu il Monastero di Santa Maria de
Armeniis, situato alle falde del monte che porta il suo nome, risalenti allinsediamento di nuclei armeni in Italia Meridionale tra lXI ed il XII secolo ed assunta
alle dipendenze dei Verginiani di Montevergine nel XIII secolo.
Proseguendo possiamo apprezzare il complesso conventuale di Santa Maria
della Stella edicato nel XVII secolo per ospitare i Frati Francescani Riformati di
Basilicata, sostituendo il vecchio convento di S. Caterina. Allinterno della Chiesa troviamo un quadro rafgurante la Vergine S. Maria della Stella, attribuito a
Nicola Federici da Forenza, incastonato in un prezioso altare di legno intagliato
e dorato. Nella parete della navata centrale, in pregevole barocco, racchiuso,
in una nicchia posta sullaltare maggiore tra le statue in legno policromo del-
Cattedrale di Acerenza
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alcuni studiosi, in Giuliano lApostata e da altri in Federico II. Nel 1203 Acerenza
fu unita alla Diocesi di Matera, dalla quale fu separata nel 1954.
Durante la dominazione degli Svevi, Acerenza si schier con i nuovi sovrani contro il papato, divenendo una roccaforte ghibellina alla cui testa fu posto
Galvano Lancia, zio del principe Manfredi.
Con il tramonto della potenza sveva, Acerenza fu tenuta in grande considerazione dagli Angioni che sognavano la costruzione di una nuova e pi bella
cattedrale, da erigersi fuori le mura. Il progetto, ideato dal Re Carlo dAngi, non
trov attuazione.
Dagli Angioini pass sotto il dominio degli Aragonesi e, successivamente
agli acheruntini che ricorsero direttamente al sovrano Ferdinando per liberarla
dal dominio baronale.
Nel XVII secolo Acerenza segu la sorte comune delle altre citt feudali del
regno, un continuo passaggio da una famiglia allaltra: dagli Orsini ai Pinelli, dai
Pignatelli-Belmonte ai Lancillotti, inne ai Panni che lacquistarono per 21.500
ducati. Nel periodo napoleonico sede del Giudicato di pace e capoluogo di
circondario. Dallunicazione dellItalia Acerenza fu sede degli ufci del Registro e delle Imposte dirette e del collegio elettorale.
Nel centro storico possibile ammirare Palazzi settecenteschi con portali
decorati, come Palazzo Ducale, risalente al XV secolo. In citt sono presenti antiche fontane come quella detta di San Marco, e la fontana La Pila, nota per le
propriet delle sue acque, indicate per le cure epatiche e gastroenteriche17.
Ci dirigiamo, ora, verso la citt di Banzi, centro di antichissime origini. Scavi
archeologici testimoniano lesistenza sul luogo di un insediamento sorto tra il VI e
IV secolo a.C. I romani, qui, fondarono la famosa Bantia ricordata anche da Livio.
Lantica tradizione storica di Banzi testimoniata dalla Tavola Bantina, importante documento risalente al I sec. a.C. che riporta lo statuto del paese in
lingua osca, oggi conservato nel Museo Nazionale di Napoli.
Sul territorio sono stati inoltre ritrovati resti di una necropoli del VII-IV sec.
a.C. e di un antico nucleo abitativo romano.
Nel Medioevo il centro fu noto per la Badia benedettina di Santa Maria, edicata, nell806, da Grimaldo IV di Benevento e consacrata nel 1089 da Papa Urbano II. La Badia raggiunse il suo massimo splendore nellet normanna-sveva.
Nel 1301 la comunit monastica venne soppressa ed il monastero pass ai
38
francescani. Allarrivo dei francescani connessa la costruzione della nuova chiesa, iniziata nel 1773 sulla precedente. Nel 1807 il patrimonio dellabbazia pass
sotto il dominio di Genzano. Successivamente il feudo venne smantellato a favore dei ricchi che conquistarono i lotti derivanti dalla suddivisione del latifondo
ecclesiastico. La stessa Badia venne in parte venduta a privati e trasformata in
abitazione. Il centro di Banzi si svilupp attorno al monastero e divenne comune
autonomo nel 1904. A circa 2 chilometri dal centro situata Fonte Nocella, identicata con la Fons Bandusiale citata da Orazio nel III libro delle Odi18.
Ci spostiamo nella zona dellAlto Bradano dove sorge Palatium Sancti
Gervasii, il cui nome deriva dal palazzo fatto costruire da Federico II. Il Palazzo
dal 1507 appartenne a molte famiglie tra cui i Caracciolo, i Grimaldi, i De Marinis
di Genzano. un edicio a tre piani con cortile centrale; la facciata con torri
quadrangolari caratterizzata da quattro bifore e una trifora centrale.
Visitando il paese grande interesse suscita il Palazzo DErrico del 1800 che
ospitava la ricca Quadreria DErrico19.
Concludiamo il nostro viaggio nella citt di Genzano.
Le sue origini risalgono al VII-VI sec. a.C., quando gli abitanti del Pagus Gentianum, insediamento romano, stanchi delle continue invasioni e per sconggere la malaria, si trasferirono nellattuale territorio.
NellXI sec., il centro fu sotto il controllo normanno di Roberto il Guiscardo
e in seguito fu assegnato come feudo a diverse famiglie no al 1806, anno in
cui il re di Napoli, Giuseppe Bonaparte, eman la legge sulla abrogazione della
feudalit.
Nella parte antica del paese possibile ammirare la chiesa di Santa Maria
della Platea, che conserva unimmagine dipinta su pietra del XVII sec..
In citt ubicato lantico Convento delle Clarisse, fondato dai Sancia nel
1300 ed abitato dalle suore no al 1905.
possibile ammirare, fuori dal centro abitato, il complesso architettonico
Fontana Cavallina di stile neoclassico e a forma di anteatro20.
Note
Cfr. www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=60
Cfr. www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=108
3
Cfr.www.aptbasilicata.it/Atella.306.0.html
4
Cfr.www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=60
5
Cfr. www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=140
6
www.aptbasilicata.it/Mel.273.0.html
7
Cfr. www.comune.venosa.pz.it//struttura_ita/storia/cenni.htm
8
Cfr. www.comune.lavello.pz.it/Lavello.268.0.html
9
Cfr.www.comune.lavello.pz.it/phpws/index.php?module=pagemaster&PAGE_user_
op=view_page&PAGE_id=56&MMN_position=50:4
10
Cfr. www.comune.barile.pz.it/ReadContents.do?id_root=18&command=1
11
Cfr.www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=60
12
Cfr. www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=86
13
Cfr. www.aptbasilicata.it /Ginestra.276.0.html
14
Cfr.www. aptbasilicata.it/Maschito.272.0.html
15
Cfr.www.comune.forenza.pz.it/Storia.php
16
Cfr. www.comune.forenza.pz.it/Culto.php
17
Cfr.www. acerenza.com
18
Cfr. www.comune.banzi.pz.it /Storia.php
19
Cfr.www.aptbasilicata.it/Palazzo-San-Gervasio.328.0.html
20
Cfr.www.aptbasilicta.it/Genzano-di-Lucania.277.0.html
1
2
39
1957~2007
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In principio fu Venusia
In principio fu Venusia
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Diverse sono le teorie legate al nome dellantica Venusia. La pi accreditata quella che ritiene la citt fondata in onore della dea dellamore, Venere. Secondo alcuni, Venus deriverebbe da Benoth, il nome fenicio di Venere.
Per altri, lorigine del nome legato allabbondanza e bont dei suoi vini (vinosa), oppure alle vene dacqua di cui ricca o, ancora, al clima ventilato (ventosa).
Il nome glielo diedero i Romani nel 291 a.C., quando, strappata ai Sanniti,
ne fecero una colonia1.
Dionigi di Alicarnasso riferisce che Venosa aveva un proprio Senato, proprie
leggi, cinta muraria, proprio esercito, propria moneta. La sua importanza strategica tale da imporre a Roma non solo la semplice occupazione, ma il trasferimento in questo sito di ben 20.000 coloni.
Divenuta colonia romana la citt consolida i suoi conni geograci, aumenta la sua popolazione, partecipa alla guerra civile (90-88 a.C. Roma le conferisce
il titolo di Municipium, ossia citt romana, estendendo il diritto di voto e di cittadinanza ai suoi abitanti).
Dall89 a.C. al 43 a.C. Venosa rafforza la sua condizione di appartenenza
a Roma. Nel 65 a.C., nasce in Venosa Quinto Orazio Flacco, glio di un esattore di vendite allasta. Il grande poeta latino vive a Venosa la sua fanciullezza e inizia gli studi di grammatica nella scuola locale. Porter il ricordo della
sua fanciullezza trascorsa tra la Fons Bandusiae ed il Monte Vulture in tutte
le sue opere.
Ragazzo, sar mandato a Roma per completare il proprio cursus studiorum.
La fortuna di Venosa proviene in larga parte dalla sua posizione geograca. Fu,
infatti, una delle principali stazioni della Via Appia, la pi importante arteria di
comunicazione dellantichit, strada che congiungeva Roma con Brindisi, vettore e canale obbligato degli scambi tra il Mondo Occidentale e quello Orientale.
Dal 70 d.C. la citt si popola di una colonia Ebraica, probabilmente la pi
antica dItalia.
La citt, ancora oggi, testimone di una convivenza pacica tra etnie mai
realizzata. Fuori dal centro abitato, sulla collina della Maddalena, possibile ammirare le catacombe ebree e quelle cristiane.
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In principio fu Venusia
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LIncompiuta, Venosa
Contemporanea alla venuta dellOrdine Agostiniano attestata la presenza di monache del monastero di San Benedetto, in localit Montalbo dal 1177.
In questo periodo fu eretto il complesso della S.S. Trinit.
Sorta su di un insediamento paleocristiano del V - VI secolo d. C., a sua volta edicato sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Imene, divinit delle
Nozze, di cui lattuale impianto porta ricordo nella colonna popolarmente detta
della Sposa o dellAmicizia.
Il Tempio fu ampliato a partire dallultimo quarto dellXI secolo con la chiesa nuova, restata poi incompiuta.
Lattuale facciata, la quarta che nel corso dei secoli stata anteposta luna
allaltra, consente laccesso alla chiesa mediante una porta di stile romanico,
con ai lati due sculture rafguranti leoni2.
Sulla destra del prospetto sporge il corpo di fabbrica parallelepipedo del
monastero, collegato con latrio della chiesa.
Al piano terra situata la foresteria, luogo un tempo riservato ad accogliere i pellegrini. Sotto le volte e gli arconi sostenuti da pilastri cruciformi di epoca
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In principio fu Venusia
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monastero della SS. Trinit di Venosa divent, anche per essere stato prescelto
come sepolcro della famiglia degli Altavilla, un centro religioso di grande rilevanza.
Il monastero perse di importanza quando il centro del potere normanno
nel Mezzogiorno si trasfer, alla ne del sec. XI e nella prima met del sec. XII, dal
Mezzogiorno continentale alla Sicilia.
Nel 1096 perde la sua autonomia, passando prima alle dipendenze dellAbate di Cava, e poi al Cenobio di Montecassino. Tra le molte donazioni spicca
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quella di Roberto il Guiscardo del 1074, che concede alla Trinit medietatem
civitatis Venusii.
Alla ne del 1200 comincia la decadenza economica dellAbbazia. Papa
Bonifacio VIII, nel 1297, dopo aver soppresso il monastero nel 1292, assegna il
complesso e la chiesa al Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano dei Templari,
poi Cavalieri di Malta, i quali si stabilirono allinterno della citt (Palazzo Bal),
non curandosi dellimpianto monastico della nuova chiesa.
Con labbandono della citt da parte dei Benedettini la costruzione della nuova chiesa fu interrotta. Gli Angioini reinfeuderanno Venosa agli Orsini,
e con il matrimonio di Maria Donata, essa diverr dote per Pirro del Balzo nel
1443. Questi dar nuovo impulso allurbanistica di Venosa, edicher il Castello
ove si ergeva la cattedrale di San Felice.
Dal 1460 al 1470 vengono costruiti il Castello e la Nuova Cattedrale che sar
intitolata a SantAndrea , terminata nel 1502 e consacrata nel 1531.
Nel Regno delle Due Sicilie seguono agli Angioini gli Aragonesi, ed a Venosa ai Del Balzo i Gesualdo, signori dei paesi dellIrpinia che nel 1561 vennero nominati feudatari e Principi di Venosa.
Dal 1582 al 1612 nascono, grazie al mecenatismo, lAccademia dei Piacevoli
e dei Soavi, la Scuola di Diritto, e lAccademia dei Rinascenti. Figli di questo clima culturale sono il poeta Luigi Tansillo (1510 - 1580), il giurista Giovanni Battista De Luca (1614 1683) e la controversa gura di Carlo Gesualdo principe di
Venosa, (1560-1613) eccelso musicologo et prencipe de musicii, come lo den
lamico Torquato Tasso, madrigalista sommo. Una leggenda vuole che Carlo Gesualdo abbia ucciso, nel castello di Venosa, la propria sposa, Maria dAvalos, sua
cugina, colpevole di tradimento consumato con Fabrizio Carafa duca di Andria,
omicidio che le fonti storiche riportano sia stato compiuto a Napoli, nel Palazzo S. Severo.
In questo periodo Venosa vive momenti di grandi fermenti culturali.
Dopo la morte di Gesualdo la citt passa di mano in mano come feudo, dai
Ludovisi ai Caracciolo, i quali la tengono no alleversione della feudalit.
Nel 1700 i Rapolla, insieme ad altri galantuomini venosini, promuovono la
costituzione della municipalit repubblicana, della quale poi perdono il controllo ad opera di rivolte capeggiate da popolani. Nel 1808 Venosa la terza citt della provincia di Basilicata dopo Mel e Matera, per il numero di possedi-
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In principio fu Venusia
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Il settore orientale dellisolato era occupato da un altro complesso, anchesso di uso abitativo, la cui prima fase da collocarsi in et tardo-repubblicana.
Lultimo momento di utilizzo, che comport una riorganizzazione degli spazi,
con linserimento di una fornace e di alcuni focolari, inquadrabile tra il IV e il
VI sec. d.C. Larea, dopo un completo abbandono, fu adibita a necropoli in et altomedievale, anche con la realizzazione di fosse comuni, di cui visibile il taglio
operato nelle murature sottostanti5.
Dal Parco Archeologico si ha accesso alle terme romane, alle domus private
e allanteatro. II monumento fu realizzato in parte su terrapieno articiale, in
parte adagiato sul pendio collinare. Lellisse, scavata solo parzialmente, era costituita da un anello esterno pilastrato e da un corpo centrale su tre livelli, occupati dalle gradinate della Ima, Media e Summa Cavea. I settori erano sostenuti
da tre corridoi anulari e da ambienti delimitati da muri. Il passaggio alle gradinate avveniva attraverso lambulacro.
Al centro dellarena alcuni ambienti sotterranei con funzione di servizio
(magazzino per le attrezzature, ricoveri per le bestie da combattimento, ecc.)
sono scavati nella roccia e foderati in opera mista. Lanteatro, costruito in opera reticolata nel corso del I sec. d.C., ebbe grossi interventi di consolidamento
strutturale durante il II sec. d.C., mediante muri di rinforzo in opera mista, fase in
cui sono da ricondursi anche i sotterranei. Ledicio venne realizzato in unarena (cos chiamata poich ricoperta da un sottile strato di rena che impediva ai
gladiatori di scivolare) gi edicata, saldando e perimetrando, con un muro in
opera reticolata, due isolati dellestrema periferia cittadina ed una strada6.
Al centro di Venosa sorge il grandioso castello fatto costruire dagli Aragonesi nel 1470. La costruzione, che ricorda il Maschio Angioino di Napoli, ha un
aspetto regolare, con pianta quadrata, torri cilindriche angolari e circondato da
un ampio fossato.
Nella prima met del secolo XV, Pirro del Balzo, a causa delle disastrose e
frequenti incursioni dei nemici, fu costretto a costruire, per la sicurezza dei cittadini, una roccaforte. Per fare ci ebbe necessit di demolire la vecchia Cattedrale di San Felice.
Le caratteristiche torri angolari, che presentano la tradizionale merlatura
superiore, custodiscono le armerie mentre nei sotterranei, quasi a segnare il distacco dalla vita e dalla luce, sono ubicate le prigioni7.
In principio fu Venusia
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Nelle segrete della torre Ovest del Castello possibile, ancora oggi, leggere
i grafti incisi dai prigionieri che vi erano rinchiusi. Uno di questi, datato 8 aprile
1543, riporta queste testuali parole: Io che gi mai in prigione era stato/ ognun
di voi ascolta il mio consiglio/ e ne ricordi come il patre al glio/ che mai di donna non vi date./ Questo lo diquo e sode in gran spavento/ perch nce so incappato a tradimento8.
Pirro del Balzo promise, al vescovo Nicola Pordo, che avrebbe costruito
una nuova Cattedrale allinterno della citt.
Il Tempio, infatti, sorge sul luogo dellantica parrocchia di San Basilio e fu
consacrato il 12 marzo del 1531 da Monsignor Ferdinando Serone.
La chiesa divisa in tre navate, con cappelle laterali. Tra le navate e il presbiterio si erge un maestoso arco gotico. La Chiesa conserva la tomba di Maria
Donata Orsini, reliquie e dipinti. annesso il campanile di 42 metri la cui costruzione dur 125 anni9.
Proseguendo per via Frusci si giunge in un violetto tra il n. 12 e il n. 14 dove
da tempo in tempo-scriveva un cronista del 500- e dalli nostri avi e bisavis
detto e si dice che sono le case dOrazio Venosano. Pare che qui sia nato il poeta Quinto Orazio Flacco.
Si tratta di un edicio romano, nel quale in realt sono stati individuati ambienti termali di una casa patrizia, composti da una sala rotonda che costituiva il
calidario (la stanza per i bagni dacqua calda) e di un attiguo vano rettangolare.
La facciata mostra visibili tratti di strutture romane rivestite di mattoni a legatura reticolata, mentre a sinistra dellingresso murato un bassorilievo10 .
Fuori dal centro abitato nella zona di Notarchirico situato il Sito del Paleolitico inferiore, datato a circa 359.000 anni fa e situato nelle vicinanze di Venosa.
Limportanza del parco data dal fatto che uno tra i siti europei sul Pleistocene Medio meglio conservati e ricchi di materiali.
Nel giacimento, scoperto nel 1979 in seguito ad una ricognizione effettuata
dallIstituto Italiano di Paleontologia Umana, sono stati effettuati numerosi scavi, condotti dal 1980 al 1985 e diretti dalla Soprintendenza Archeologica della
Basilicata, che hanno portato alla luce diversi strati abitativi molto estesi con
la presenza di manufatti associati a resti di elefanti, bovidi e cervidi. Un cranio
di Elefante stato rinvenuto in posizione capovolta, con entrambe le zanne in
connessione anatomica e con la mandibola, priva di entrambi i rami ascendenti,
54
dislocata in prossimit dellestremit anteriore della zanna destra. Oltre a questo ritrovamento, di notevole interesse anche la presenza nel sito di Palaeoloxodon antiquus, di Bovidi (Bos primigenius e Bison schoetensacki) e di Cervidi
(Dama clactoniana, Cervus elaphus e Megaceros solilhacus) insieme a pi rari
resti di rinoceronte, lepre, tartaruga e qualche uccello11.
Visitare Venosa, ha scritto un poeta locale, come incontrare una bella, ricca signora avvolta nel suo scialle di ricordi.
Peregrinare nei suoi incantati viuzzoli, tra le sue architetture memorabili,
come compiere un viaggio a ritroso nei secoli antichi.
Un viaggiatore inglese (Edeard Lear, Viaggio in Basilicata, 1847) ricorda: Venosa, paesaggio pittoresco e suggestivo quantaltri mai, malinconicamente incantevole. Tante delicate bellezze, e antiche vestigia in uno spazio cos limitato,
non si vedono spesso.
Note
Cfr. I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione
art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pag. 349
2
Cfr. Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pp. 38-40
3
Cfr. Hubert Houben, Il Libro del Capitolo del monastero della S.S. Trinit di Venosa, (Cod.,
Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno Normanno, Galatina, Congedo, 1994,
pp. 21-52
4
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/storia/cenni.htm
5
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/parco_archeo.htm
6
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/anteatro.htm
7
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/castello.htm
8
Cfr. I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione
art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pag. 350
9
Cfr.www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/cattedrale.htm
10
Cfr. Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pag.34
11
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/sito.htm
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Il vino di Orazio
Il vino di Orazio
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Il poeta Orazio, nativo di Venosa (Pz), lod le uve, i vini, le olive e i cereali della sua terra. Oltre al poeta latino anche limperatore Federico II non era immune
allessenza profumata, alla rafnatezza e al sapore dellAglianico.
Plinio ricorda la fama dei vini di Thurium (Colli di Sibari) e Buxentum (Policastro). Il Lagaria serv per far guarire Messala, uomo politico fra i sostenitori di
Augusto. Queste alcune informazioni sul vino della Basilicata dellepoca romana.
Probabilmente i primi magliuoli di vite furono portati in questarea dai coloni greci sbarcati a Eraclea (Policoro), come testimoniano epigra ritrovate sui
resti archeologici del Tempio di Dionisio. Il vitigno principale della regione
lAglianico, noto come Gesualdo, ma comunemente chiamato Ellenico per il
riferimento alla sua antichissima origine. Si pensa, infatti, che sia stato introdotto, in Italia, dai Greci intorno al VII-VI secolo a.C. allepoca della fondazione di
Cuma.
Alcuni storici fanno risalire la sua coltivazione ad una data ancora precedente e cio addirittura al V-VI secolo avanti Cristo.
I Romani ne diffusero la coltivazione soprattutto in Campania, ribattezzandolo Vitis Ellenica e concessero alla colonia di Venosa di coniare una moneta in
bronzo rafgurante Dioniso, divinit fortemente legata alla terra e alla vite, poi
assorbita dal culto di Bacco.
Il nome Aglianico ha origini incerte. Potrebbe derivare dal nome dellantica
citt di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Oppure da progenitori greci che
presero il nome di Hellenici e che potrebbero essere sbarcati sullo Jonio lucano
addirittura 17 generazioni prima che cominciasse la guerra di Troia o essere pi
semplicemente una storpiatura della parola Ellenico. A sostegno di questa tesi
si ipotizza che, in origine, il nome dellAglianico fosse Hellenico, oppure Eleanico, o ancora Ellanico.
Il nome originario (Elleanico o Ellenico) divenne Aglianico durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia pronunciata
gli nelluso fonetico spagnolo.
Da Ellenico o Ellanico ad Aglianico il passo potrebbe essere stato abbastanza
breve, visto che la doppia L di tali denominazioni in lingua spagnola ha lo stesso
58
suono del gruppo GLI di Aglianico, in quella italiana. Proprio in questo periodo
lAglianico avrebbe conosciuto grandissima fortuna presso le corti dellepoca.
Sante Lancerio ne tramanda un giudizio lusinghiero: et dicevali bevanda delle
vecchi, rispetto alla pienezza. Carlo dAngi ordinava per la mensa propria e dei
dignitari di corte quattrocento some del buon vino del Vulture, mentre Andrea
Bacci cita lAglianico pi volte dicendo che era tratto da uve non tanto nere,
piene di succo rubicondo, e duna sostanza mediocremente grassa, densa, pingue; e alcolico quando le vendemmie corrono asciutte.
Il vino di Orazio
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Note
1
2
Cfr.www.taccuini.storici.it
Cfr. www.consorzioaglianicodelvulture.it
Il vino di Orazio
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La Cantina di Venosa
La Cantina di Venosa
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Dalle terre vulcaniche del Vulture nasce il primo e pi famoso vino Doc lucano, lAglianico.
Ottenuto dal vitigno omonimo, uno dei vitigni autoctoni italiani pi importanti, lAglianico del Vulture un nobile vino rosso che ha avuto negli ultimi
anni una grande crescita qualitativa.
Secondo il disciplinare, questo vino nasce dalla vinicazione in purezza di
uve Aglianico.
Le viti erano coltivate soprattutto nella tradizionale forma ad alberello.
LAglianico del Vulture non pu essere messo in commercio senza almeno un anno di invecchiamento, per essere qualicato Vecchio necessita di tre
anni di afnamento, mentre ci vogliono cinque anni per fregiarsi della qualica
di Riserva. La gradazione minima deve essere di 11,5 gradi. un grande rosso,
dal colore rubino che tende con il tempo al granato: il profumo ampio e delicato migliora con linvecchiamento. In bocca equilibrato e giustamente tannico:
tende al vellutato con let.
LAglianico occupa un posto di rilievo nella viticoltura lucana1.
Attorno a questo vino nata nel 1957 la Cooperativa a responsabilit limitata per azioni denominata Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di
Venosa, costituita da 29 soci promotori.
Nel cuore della Basilicata, tra le colline vulcaniche del Monte Vulture, tra terre di origine molto antiche, si trova, infatti, la Cantina di Venosa, che si estende
su una supercie di 900 ettari di terreni coltivati a vigneti ad una altitudine di
400/600 metri sul livello del mare.
La volont, la costanza, la capacit di aggregazione di questo gruppo di
viticoltori hanno fatto s che oggi la Cantina annoveri 500 soci che con passione e grande impegno ottengono il massimo rendimento producendo uve
di grande qualit.
Lobiettivo della Cantina quello di ottenere dalla antica cultura e tradizione vitivinicola, che i Greci e Romani diffusero in Basilicata, un vino dalle caratteristiche inconfondibili come lAglianico del Vulture DOC, uno dei vini rossi pi
prestigiosi del panorama enologico italiano.
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La sua istituzione fu sostenuta dallEnte della Riforma Fondiaria. Allindomani dell 8 settembre del 1943, nel cuore del Marchesato di Crotone, i braccianti
agricoli, spinti dalla fame e in agitazione per le terre comuni usurpate dai grandi
proprietari terrieri, invasero e occuparono spontaneamente le terre dei latifondi.
La rivolta si estese subito dalla Calabria a tutto il Mezzogiorno, soprattutto nelle
tradizionali aree latifondistiche di Lazio, Puglia, Lucania e Sicilia.
Questi movimenti per la rivendicazione delle terre, portati avanti dai contadini meridionali nella primavera e nellautunno del 44, portarono il ministro
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La Cantina di Venosa
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Lobiettivo era quello di fare in modo che gli individui potessero liberarsi
dallo stato di servit, e che potessero crescere come persone che lavoravano
per s e per la propria famiglia in maniera collettiva, non come fatto dimpegno
diretto, ma come solidariet tra le persone.
Un altro compito della Riforma era quello di dare non solo la propriet delle
terre, ma anche una casa decente ai contadini.
La Riforma agraria (fondiaria nella fase applicativa) si articol, perci, in
unopera di espropriazione, trasformazione ed assegnazione delle terre (con
68
La Cantina di Venosa
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I terreni interessati alla produzione del Vino sono ubicati nella zona di Pianoreggio, San Francesco, Piano di Camera I e Iatta, area che sub il processo di
lottizzazione in quote da Ha 2,00.00 circa.
La zona di Iatta, area di demanio Comunale, fu quotizzata alla ne dell800.
Le altre zone espropriate (Boreano, Shegapede, Grottapiana, Matinella)
vennero lottizzate in appezzamenti di Ha 6.50,00 circa , in ogni podere vennero
impiantati vigneti dallestensione di Ha 0,30 o di Ha 1,00.
La zona nota con il nome Notarchirico (chiamata cos perch fu donata al
Comune di Venosa dal Notaio Chirico) durante lassegnazione dei terreni da
parte dellEnte Riforma, fu quotizzata a seminativo. Le quote, per, risultarono
insufcienti per il fabbisogno famigliare, molti contadini furono costretti a emigrare, in cerca di lavoro, nelle zone del nord Italia e allestero, restituendo gli
appezzamenti al Comune. Questultimo ridistribu le quote alle famiglie rimaste
in loco, che con lacquisizione dei nuovi terreni, in aggiunta a quelli gi in loro
possesso, divennero viticoltori nel 1978, anno in cui questarea fu trasformata
da seminativo a vigneto secondo un progetto realizzato dalla Comunit Montana e dal Comune di Venosa.
La Cantina di Venosa
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promotori, i quali divennero, dopo un anno, 100 per arrivare, ai giorni nostri, a
contare un numero consistente: pi di 500 soci.
La Cantina venne realizzata non solo per contenere le enormi quantit di
uve che venivano prodotte, ma soprattutto per rimuovere la piaga dello sfruttamento da parte delle aziende vinicole del Nord.
risaputo il fatto che aziende delle regioni settentrionali, aiutate da intermediari del luogo, giungevano, durante il periodo della vendemmia, nelle
nostre zone per acquistare, a poco prezzo, le uve del vitigno dellAglianico, che
ben si sposa con uve piemontesi e toscane, incrementando i loro prodotti e il
loro guadagno.
La prima Cantina sorta nella cittadina oraziana, infatti, era gestita da imprenditori provenienti dallAstigiano, successivamente venne presa in tto
dallEnte Riforma. La Cantina era ubicata presso lo Scalo Ferroviario di Venosa,
dove attualmente sorge il laboratorio di ceramica di Muscatiello. Oltre a questo
impianto, sempre nei pressi dello Scalo Ferroviario, era ubicato un altro stabilimento appartenente ai signori De Camillo (attualmente di propriet di una famiglia venosina) utilizzato dalla Cantina di Venosa per il deposito delle uve.
Con il passare degli anni, e dunque con laumento della produzione, si usufru anche dei locali del Frantoio di Picece, sito in via Roma.
Nellanno 1958 venne redatto il primo verbale, dove possibile leggere che
i soci della cantina di Venosa, non avendo ancora una sede propria, si riunirono
presso i locali del Comune di Venosa, ubicato in Vico San Domenico 1, in assemblea ordinaria dei soci. Erano presenti 41 soci su 100, le Sezioni Speciali per la
Riforma Fondiaria, il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Societ,
Francesco Perillo, e il segretario Rocco Iurino (che rimarr in carica no al 1983.
Dal 1978 stato afancato dallattuale ragioniere Francesco Siviglia e da Sacco
Michele, dipendente dellESAB no al 1991).
LEnte Riforma si fece carico, come ulteriore contributo alla Cantina venosina, di due gure professionali: il Ragioniere e lEnologo.
Sia il ragioniere Iurino che lenologo Palladino, infatti, erano due impiegati
dellEnte Riforma. Entrambi, pur rimanendo stipendiati dello Stato, dopo la costituzione della Cantina, prestarono il loro servizio allinterno di essa.
Nei primi anni di vita la Cantina di Venosa ader alla 3C (Centrale Cantina Cooperativa) della Riforma Fondiaria di Bari, per la commercializzazione del vino.
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Il team aziendale. Al centro il Presidente Teodoro Palermo, sulla destra Francesco Sivilia, a seguire Antonio Teora e
Franco Calviello. Sulla sinistra della foto Angela Pellegrino, Filomena Luciano, Mariantonietta Tauriello; alle spalle Angelo Giordano, Rocco Manieri, Rocco Sileo, Tommaso Briscese, Giuseppe Pietrafesa, Emilio Sileno; in terza la Mario
Evangelista, Alberto DErrico, Rocco Pellegrino, Francesco Perillo; in quarta la Alfredo Pellegrino, Nicola DErrico, Antonio Digrisolo, Antonio Visaggia, Armando Liberatore, Mauro Palermo, Claudio Monaco; in ultima la Martino Briscese,
Nicola Lapolla, Vincenzo Lisanti.
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che riuscirono ad impiantare, nel 1978, ulteriori 100 ettari di vigneti nella localit
di Notarchirico, raggiungendo cos circa 900 ettari di vigneti, ed essendo la capienza dellallora attuale cantina non pi adeguata alla lavorazione delle uve prodotte dai soci, presentarono un Progetto, approvato e nanziato per il 70% dalla
Cassa del Mezzogiorno e per il 30% a carico della Cooperativa, attraverso il quale
si potevano reperire fondi per la costruzione del nuovo stabilimento vinicolo.
Il terremoto del 1980, che ha colpito la zona dellAppennino CampanoLucano, provoc non pochi danni anche alla Cantina di Venosa. Utilizzando i
nanziamenti elargiti dallo Stato per la ricostruzione post terremoto delle zone
disastrate, la nuova Cantina venne adeguata alle nuove norme antisismiche.
Nella realt venosina, come in tutto il territorio italiano, in questi anni si stava
attraversando un periodo di forte inazione.
La ducia degli operatori in questo prodotto ha portato ai soci della Cooperativa di Venosa di trovare soluzioni ottimali alternative al contenimento degli interessi passivi nel bilancio sociale.
Tutti i soci avanzarono la proposta di autolimitazione alle richieste di anticipazione, ove queste fossero rimaste improduttive di nuovi investimenti,
pensando nello stesso tempo a nuove forme di autonanziamento, fuori dal
circuito esterno, mediante listituzione di un fondo interno di depositi e prestiti
a tassi bassi, a favore di coloro che avessero pi bisogno di mezzi di nanzia-
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Luva raccolta e portata presso la Cantina di Venosa per mezzo di casse forate viene immediatamente pigiata per salvaguardare le caratteristiche di pregio.
Dal prodotto ottenuto, dopo la pigiatura e la raspatura, si avvia la fermentazione
che in presenza di bucce consente al vino di ottenere un ricco colore e tannini,
elementi atti ad un lungo invecchiamento. Si ha, cos, la vinicazione in rosso.
Allinizio del mese di settembre, lo staff tecnico della Cantina effettua la
campionatura di uva da sottoporre ad una sequenza di analisi (maturazione
fenolica, PH, AT, grado Babo) per seguire landamento della maturazione. Nel
momento in cui viene individuata una zona pronta per la raccolta si procede
alla vendemmia redigendo un calendario di raccolta.
Quando luva arriva in Cantina, dopo averla pesata, si esegue un esame visivo. Successivamente viene prelevato, in pi punti, con lausilio di una sonda, un
campione di uva per pigiarlo, estrarre il succo e inserirlo in una stazione rifrattometrica per stabilire un parametro molto importante: il Grado Zuccherino.
Dopo la campionatura, luva viene pigiata con lausilio delle pigia-diraspatrici di ultima generazione in modo da staccare il raspo integro per ottenere una
pigiatura sofce degli acini e non pregiudicare la qualit del prodotto nito.
La fermentazione del pigiato avviene allinterno di fermentini, tecnologicamente avanzati, del tipo roto-maceratore a temperatura controllata coordinati
da un computer.
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membri, anche non soci della Cooperativa. Qualora fra i soci dovessero esserci
Enti Pubblici Regionali o Nazionali potr essere loro riservata la nomina di un
Amministratore.
Il Consiglio di Amministrazione nella sua prima riunione elegge, scegliendoli tra i propri membri, il Presidente e il Vice Presidente.
Qualora la Cooperativa abbia provveduto alla nomina di un segretario, ovvero di un Direttore Generale, essi partecipano alla riunione del Consiglio, con
voto consuntivo ed il segretario assumer le funzioni di segretario del Consiglio
di Amministrazione.
Gli amministratori durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
Il Collegio Sindacale si compone di tre membri effettivi e due supplementari nominati dallAssemblea. Al Collegio Sindacale afdato il controllo
contabile della Cooperativa. Ha poteri di controllo sulla amministrazione della
Cooperativa, sul controllo delle delibere e sullosservanza delle disposizioni di
legge e dellatto costitutivo, controlla la corrispondenza delle scritture contabili
ai libri e alla contabilit sociale.
Il Collegio dei Probiviri composto da tre membri scelti fra i soci della
Cooperativa nominati dallAssemblea. Il Collegio Sindacale elegge, nel proprio
seno, il Presidente, i Probiviri che restano in carica tre anni e sono sempre rieleggibili.
La Cantina di Venosa risulta essere, oggi, una tra le pi rinomate aziende
vinicole del Mezzogiorno ed una delle poche realt cooperative nel SudItalia.
Nata agli inizi degli anni 50, riuscita a sopravvivere alle varie avversit incontrate nel corso degli anni. Il risultato ottenuto va attribuito al lavoro meticoloso dei soci e allo spirito associativo di ogni singolo membro della Cantina di
Venosa.
Il grande risultato che la cantina venosina sta registrando negli ultimi anni
dovuto al lavoro di un gruppo di giovani di larghe vedute, i quali, con grande
tenacia e determinazione, sono riusciti negli ultimi anni a circondarsi di persone esperte e collaboratori che provenissero dal cuore della vinicultura italiana
capaci di portare, allinterno della cantina, una maggiore preparazione e competenza. anche grazie a questa nuova organizzazione aziendale, voluta dal
Presidente e dal Consiglio di Amministrazione, che sempre pi intenditori e appassionati apprezzano il profumo delicato, il colore rosso rubino dellAglianico.
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Lattivit promozionale e un sistema di canalizzazione commerciale competente, oltre alleccellente qualit del prodotto, hanno consentito alla Cantina
di Venosa di portare lAglianico non solo sulle tavole italiane ma anche estere
(America, Inghilterra, Olanda, Belgio, Giappone, Germania, Cina, Svizzera).
La Cantina di Venosa ha partecipato con successo alle principali kermesse
di settore, come il Vinitaly di Verona, ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti
per le peculiarit del vino prodotto, che rappresenta un grande patrimonio culturale ed economico per la zona del Vulture.
La Cantina ha ricevuto anche menzioni di notevole interesse sulla rivista di
settore il Gambero Rosso per lottimo rapporto qualit-prezzo dei suoi vini.
LAglianico denito, dai maggiori esperti del settore vinicolo, il nobile del
Sud.
Note
Cfr. www.alsia.it , LAglianico del Vulture Doc
Cfr. www.alsia.it, Il Tramanto del latifondo e la Riforma Fondiaria
3
Cfr. Riforma agraria, Basilicata, Riforma agraria in Pugli, Lucania e Molise, Molise-Bari, G.
Laterza, 1963, p.81
4
Cfr. Rassegna dellEconomia a cura della Camera di Commercio industria artigianato e
agricoltura di Potenza, anno IX- n.3, maggio-giugno 1971, Notiziario Economico,pp.7080
5
Cfr. www.regione.puglia.it/porpugliandex_it.php?id=0%7c=%7c0%7c2&id_news=187
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Attualmente, verso la ne di
settembre, i cittadini partecipano alla
festa della vendemmia organizzata
dalla Cantina e dal Comune di Venosa.
Le vetrine dei negozi sono ornati da
grappoli duva.
Nelle stradine del centro storico,
il giorno della festa, vengono allestiti
stand in cui assaporare un bicchiere di
vino e degustare i prodotti tipici locali.
La serata allietata da gruppi musicali
che intonano canzoni che richiamano
alla memoria antiche tradizioni e la
vita campestre di un tempo.
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Cfr. www.amordivino.htm
Cfr. Alimentazione Equilibrata e Salute: Il Ruolo del Vino, Fonte: M. Ticca - la Rivista Italiana di
Scienza dellAlimentazione, Anno 24 n. 3, pagg 323-342; 1995
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CARATO VENUSIO
Lo chef consiglia
Costolette di agnello dorate
alla scottadito, con patate duchesse, rucola e melograno
Chef: Enrico MACERATESI
Ristorante Al Frantoio
Venosa, tel. 0972 36925
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MADRIGALE DI GESUALDO
Lo chef consiglia
Agnello con patate al forno e
funghi cardoncelli
Chef: Vincenzo CALDARONE
Ristorante Il Grifo
Venosa, tel. 0972 35188
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DAVALOS DI GESUALDO
Lo chef consiglia
Ravioli di baccal con pachino
e peperoni cruschi
Chef: Mauro ROSCO
Agriturismo La Maddalena
Venosa, tel. 0972 32735
Alla bellissima Maria DAvalos, moglie del principe madrigalista Carlo Gesualdo da Venosa, considerata ai suoi tempi la pi bella donna del Sud, stato dedicato lultimo nato nella grande famiglia della
Cantina di Venosa.
Il DAvalos di Gesualdo un vino prodotto dalla
Malvasia, un vitigno storico del Vulture, ricco di personalit, dal bouquet fruttato e intenso, gusto fresco,
armonico e personale, capace di esprimere al meglio
il nostro territorio vulcanico.
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Lo chef consiglia
Cavatelli con cicerchie
e peperone crusco
Chef: Antonio SPADONE
Ristorante Amarcord
presso lHotel del Sorriso
Venosa, tel. 0972 35975
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Lo chef consiglia
Tagliolini allastice
Chef: Rocco MALTEMPO
Hotel Ristorante
Il Guiscardo
Venosa, tel. 0972 32916
IL VINO BIANCO
Il vino bianco viene prodotto con un procedimento diverso rispetto a quello usato per la realizzazione del rosso. Il Bianco viene preparato pressando
luva, pigiata e diraspata con una pressa sofce, ottenendo subito il mosto e facendolo fermentare, senza le bucce, ad una temperatura attorno ai 15 gradi,
dopo aver effettuato un avviamento con lieviti selezionati e una aggiunta di anidride solforosa.
A ne fermentazione alcolica viene chiaricato,
stabilizzato e preparato per limbottigliamento.
Il moscato, probabilmente tra i vini pi antichi,
spesso utilizzato per produrre vini dolci ed anche
spumanti.
Il Terre di Orazio Dry Muscat Basilicata I.G.T.
invece prodotto con uno stile completamente diverso ed assai unico dalla inconfondibile personalit,
presenta un colore bianco paglierino brillante con
leggeri riessi dorati. Un bouquet aromatico tipico,
intenso ed avvolgente. Possiede un sapore pieno, fresco e persistente con una gradevole vena acida.
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VIGNALI
Dalla met degli anni 60 la Cantina di Venosa produce i suoi gioielli nello
stabilimento ubicato in localit Vignali, luogo in cui, narra una leggenda popolare, avvenne il martirio di San Felice (Patrono di Venosa) e dei suoi 30 compagni, che invece subirono il martirio in Africa.
Altre leggende indicavano il Castello come luogo del martirio. Dal ciglio del
fossato del maniero, con il calare delle tenebre, pare si udissero rumori e che la
notte del 24 ottobre si potesse osservare una lunga processione di santi martiri
cristiani guidati da S. Felice, con una croce di legno fra le mani.
Il Vignali Aglianico del Vulture D.O.C. frutto di unaccurata selezione di
uve Aglianico proveniente da vigneti coltivati tra i 400 e i 550 metri di altitudine
e vinicate in piccoli fermentini con macerazione di circa 8 giorni.
Lafnamento avviene in piccole botti di rovere francese da 500 litri ed in
grandi botti di rovere di slovenia per almeno 12 mesi riuscendo cos ad acquisire un carattere di eleganza e rotondit e un colore rosso rubino intenso. Ha un
bouquet vinoso con chiari sentori di ribes, lampone e ciliegia, da sapore sapido
e persistente, molto gradevole nella sua armonia.
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Lo chef consiglia
Torta di ricotta
Dolci tipici
Pasticciere: Roberto IOVANNI
Pasticceria Taverna Ducale
Venosa, tel. 0972 37100
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Felice Summa
Giuseppe Latorraca
Donato Di Nardo
Emanuele Talucci
Tommaso Capossele
Raffaele Sciascia
Giuseppe Giaculli
Teodoro Azzella
Luigi Bruno
Luigi Giannini
Francesco Perillo
Donato Caputo
Carmine Maino
Zaccaria Garripoli
Giuseppe Spinoso
Vincenzo Suscetta
Emanuele Talucci
Vincenzo Capaldo
Giuseppe Capossele
Domenico Cavallo
Principio Bergamasco
Biagio Cavallo
Alfonso Miranda
Antonio Leggieri
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Presidenti:
Dal 1957 al 1969
Dal 1970 al 1971
Dal 1971 al 1972
Dal 1973 al 1993
Dal 1994 al 1999
Dal 1998
Francesco Perillo
Rocco Garzia
Savino Laganara
Pasquale Pellegrino
Antonio DErrico
Teodoro Palermo
Nella foto:
il Presidente Antonio
DErrico e Rocco Monterale, primo importatore
dei vini della Cantina
di Venosa sul territorio
svizzero.
Consiglieri:
Raffaele Sciascia
Teodoro Azzella
Luigi Giannini
Vincenzo Capaldo
Pietro Cappiello
Andrea Di Giacomo
Gerardo Diasilla
Raffaele Lavorano
Canio Talucci
Giuseppe Russo
Dott. Ettore Santangelo
Donato Teora fu Tommaso
Vincenzo Pellegrino (13-01-1909)
Matteo Soldo
Michele DAmato
Michele Pietrafesa
Alfredo Orlando
Michele Monaco
Raffaele Caggiano
Donato Antonio Martino
Luigi Murante
Rocco Malagnino
Francesco Savino
Lorenzo Giaculli
Luigi Pugliese
Paolo Sciascia
Teodosio Generoso
Giuseppe Leggieri
Angelo Giaculli
Antonio Minutiello
Alfonso Gammone
Mauro Martino
Michele Di Grisolo
Emilio Sileno
Emanuele Russino
Federico Summa
Tommaso Briscese
Dott. Rocco Manieri
Michele Santoliquido
Rocco Pellegrino
Francesco Perillo
Rocco Antonio Sileo
Alberto DErrico
Giuseppe Pietrafesa
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1957~2007
109
Bibliograa
I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pp.349-350
Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pp. 38-40
Hubert Houben, Il Libro del Capitolo del monastero della S.S. Trinit di Venosa,
(Cod., Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno Normanno, Galatina,
Congedo, 1994, pp. 21-52
Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pag.34
Riforma agraria, Basilicata, Riforma agraria in Puglia, Lucania e Molise, MoliseBari, G. Laterza, 1963, p.81
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110
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www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=60
www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=86
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www.regione.puglia.it/porpugliafindex_it.php?id=0%7c=%7c0%7c2&id_
news=187
www.amordivino.htm
INDICE
Presentazione
17
In principio fu Venusia
41
Il vino di Orazio
55
La Cantina di Venosa
61
85
91
93
103
Bibliograa
109
S.c.ar.l.
: : -- : :
Finito di stampare nel mese di novembre 2007
presso Grache Zaccara - Lagonegro (Pz)