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Volume realizzato dalla Cantina di Venosa con il contributo di:

Basilicata

Testi: Angela De Sario


Fotograe: Pino Digrisolo
Fotograe piatti tipici e interni Cantina: Massimo Lovisco
Per le fotograe si ringraziano inoltre:
APT Basilicata [282, 291, 351-2, 36, 461-2]; Ottavio Chiaradia [23, 27, 442, 60];
Maria Antonietta Chieppa [40, 863, 882-4]; Gianfranco Botte [311-2, 321-2];
Palmarosa Fuccella [281, 292, 441, 47, 48, 51]; Pescuma; Archivio Cantina di Venosa.
Progetto graco e impaginazione: Palmarosa Fuccella
Stampa: Grache Zaccara
Un ringraziamento particolare va al dott. Ettore Santangelo, al rag. Rocco Iurino,
allenologo Giuseppe Palladino e al rag. Francesco Sivilia.

PRESENTAZIONE

a Cantina di Venosa, in occasione dei cinquantanni dalla sua nascita, ha ritenuto pubblicare in questo volume la sua storia e gli
elementi distintivi che hanno contribuito sia alla nascita che allo
sviluppo dellazienda vinicola venosina.
Il comparto vitivinicolo costituisce una realt complessa ed eterogenea, in
cui numerose forze e meccanismi inuenzano e determinano comportamenti
e risultati.
La nascita della Cantina di Venosa da attribuire alle strategie di intervento
attuate negli anni del dopoguerra da parte dei soggetti pubblici chiamati a sostenere lo sviluppo delle imprese vitivinicole, tenendo conto delle loro singole
specicit dimensionali e di mercato.
I successi che la Cantina di Venosa ha registrato in questi anni sono il frutto di una politica strategica, programmata e attuata dai soci, che riuscita a
portare loro rosso del Vulture sui mercati di tutto il mondo come ricchezza e
patrimonio di una terra.
Il Volume evidenzia le peculiarit della viticoltura lucana: una tradizione storica dalle radici millenarie e la presenza di un patrimonio straordinario costituito da un vitigno dalle potenzialit produttive spesso inesplorate.
Attraverso il sapiente ricorso a strumenti multidisciplinari, la ricostruzione
storica ripercorre un itinerario riconducibile di volta in volta a fonti documentarie e storiche ma anche letterarie e archeologiche. Ne emerge, cos, una visione
dinsieme delle ricchezze regionali, dispiegata attraverso anni di storia in una
complessa straticazione di popoli e di culture materiali, il cui succedersi ha
lasciato tracce durevoli sullo stesso paesaggio agrario locale.

Il primo capitolo intende fare una panoramica sulle bellezze della Basilicata,
ponendo laccento sui paesi caratterizzati dalla produzione dellAglianico.
Il secondo capitolo pu essere denito il cuore del libro perch riferisce,
oltre la storia dellAglianico e della sua presenza nella terra lucana, il passato
della Cantina di Venosa.
Con la pubblicazione di questo volume si intende offrire un contributo,
certamente non esaustivo, alla conoscenza della realt vitivinicola regionale
e locale. Il volume destinato a tutti coloro che intendono disporre di uno
strumento conoscitivo che aiuti a leggere levoluzione della viticoltura in Basilicata, contribuendo a denire una comune identit culturale ed evidenziando,
inne, le potenzialit e le peculiarit di un patrimonio certamente di grande
interesse.

Il Presidente
Teodoro Palermo

1957~2007

Storia e cultura della Basilicata

Storia e cultura della Basilicata

1.1. Storia e Cultura della Basilicata

La Basilicata lunica regione dItalia a doppia denominazione: Lucania e


Basilicata. Questultima la denominazione ufcialmente riconosciuta.
Anticamente denominata Lucania, dal latino lucus, perch terra di boschi
o perch popolata dai Liky, antico popolo proveniente dallAnatolia, o ancora
perch fu abitata da un popolo guerriero che seguiva la luce del sole, anticamente luc.
Il nome Basilicata compare per la prima volta in un documento del 1175
traendo probabilmente il nome da Basiliskos, amministratore bizantino.
Nel periodo fascista fu ripristinato il nome Lucania no al 27 dicembre 1947,
data in cui la Costituzione sanciva ufcialmente il toponimo Basilicata.
Bagnata da due mari, lo Jonio a sudest e il Tirreno a sudovest, montuosa
allinterno con vette che superano i 2000 m di quota, collinare a est e pianeggiante per un breve tratto a sudest, la Basilicata regala il fascino della scoperta
delle sue bellezze naturali, della preistoria e della storia, delle tradizioni che in
alcune zone hanno conservato ancestrali ricordi delle origini delluomo, di una
gastronomia semplice e genuina.
Terra antichissima, la Basilicata fu abitata gi in epoca preistorica.
Al Paleolitico risalgono gli insediamenti di Venosa e della Valle del Bradano, mentre nel Neolitico sorsero i villaggi agricoli organizzati nel Materano e
nel Melfese.
Tracce di Homo Abilis e della sua cultura materiale (civilt della Pietra)
sono state scoperte nellimportante giacimento di fossili risalente al Paleolitico inferiore presso Venosa, dove uno studio stratigraco ha evidenziato, resti di rinoceronti, orsi, cervi, elefanti, bovidi ed equidi, industrie litiche del tipo
clactoniano evoluto del tipo di Venosa. Altre testimonianze del Paleolitico inferiore sono presenti in Basilicata, come i bifacciali della Valle del Bradano e
della Grotta dei Pipistrelli presso Matera, quelli delle Valli di Vitalba e di Atella e
ancora presso Accettura, Tricarico e Muro Lucano.
La Grotta dei Pipistrelli e quelle di Fiumicello lungo la costa tirrenica hanno fornito tracce del Paleolitico medio presenti anche nel Metapontino. Industrie litiche del Paleolitico superiore sono presenti nella Grotta Funeraria e in

quella dei Pipistrelli a Matera, nonch lungo il Bradano e negli stessi dintorni
di Matera, con ciottoli incisi a motivi geometrici. Si tratta di preistoria recente,
quando i neandertaliani si sono estinti (35 000 anni fa) e dal Medio Oriente arriva in Europa luomo di Cro-Magnon che aggiunge alla cultura materiale del
tagliare la pietra quella dellespressione artistica, come nel caso della grotta di
Tuppo Li Sassi a Filiano.
Qui, nel 1965, fu individuato un riparo sotto roccia con industrie mesolitiche e importanti pitture rupestri rafguranti scene di cattura o semplici cervi
tra la vegetazione in stretta analogia con quelle iberiche. Dopo le glaciazioni
le condizioni climatiche pi stabili hanno reso favorevole unorganizzazione
collettiva basata sullallevamento e sullagricoltura. Nel Neolitico nascono la
tessitura e la ceramica, soprattutto quella dipinta a 2 o 3 colori e quella incisa a
crudo, punzonata e dipinta nemente con bande a spirale di Serra dAlto.
Nel Neolitico, inoltre, si avuto il massimo sviluppo dei villaggi trincerati a
Serra dAlto, Tirlecchia, Murgecchia e Murgia Timone sulla Murgia materana, nel
Melfese a Rendina. Sono insediamenti di capanne protette da profondi fossati,
scavati nella roccia e prossimi a sorgenti dacqua; altri insediamenti neolitici
sono a Toppo dAguzzo, Gaudiano di Lavello e nel Metapontino.
Nel periodo dellEneolitico si riscontrano segni di civilt nel Gaudo nella
Grotta di Latronico dove si svilupparono nuove tecniche metallurgiche ad opera di gruppi egeo-anatolici.
DallEneolitico allEt del Bronzo la Basilicata divenne un importante centro di collegamento tra le popolazioni dello Jonio e del Tirreno.
La civilt appenninica nellEt del Bronzo caratterizzata dallagricoltura
e dalla pastorizia transumante; la regione presenta due aree culturali distinte
secondo i rituali funerari di inumazione supina (sepolture di Aliano e Chiaromonte) o rannicchiata (necropoli di Incoronata di Pisticci e S. Maria di Anglona).
Al tardo Bronzo risalgono i ritrovamenti di Timmari relativi a campi di urne cinerarie tipici di una cultura protovillanoviana pi nota al centro-nord dellItalia.
NellEt del Ferro arrivarono in Basilicata nuove popolazioni, tra le quali i
Liky che, intorno al 1300-1200 a.C., si spostarono dalle regioni anatoliche per
stanziarsi a sud dellOfanto, tra il Bradano e il Basento. , infatti, questo il momento in cui si assiste alla formazione di veri centri abitati su alture a dominio delle
valli come sul monte Torretta di Pietragalla, sul monte Croccia o a Serra di Vaglio.

Storia e cultura della Basilicata

Vico SantAnna, Venosa

Con lavvento di questa popolazione si denisce, in questarea, unorganizzazione di tipo democratico, dove non esiste divario sociale, costituita da liberi
individui dediti allartigianato, allallevamento, allagricoltura, che dividono
equamente la terra e la difesa della comunit.
Lungo le foci dei umi e nella pianura fertile i Greci, a partire dallVIII secolo
a.C., fondarono le polis coloniali della rafnata civilt della Magna Grecia. Spiccano per prestigio le colonie di Metaponto, Siris, Heraclea e Pandosia.

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La loro economia agricola a prevalenza di frumento ricca e orente, tanto


che la spiga sulla moneta di Metaponto. La capacit di organizzazione delle attivit agricole testimoniata dalle Tavole di Heraclea, esposte nel Museo
archeologico nazionale di Napoli. Limportanza dei reperti custoditi nei musei
di Metaponto e Policoro confermata dai relativi Parchi Archeologici. Nel Metaponto possibile visitare le quindici colonne superstiti dellantico tempio
di Mera a guardia sul Bradano, mentre si distinguono, oltre limpianto urbano,
larea sacra ad Apollo Licio e la cavea del Teatro.
Il fenomeno di ellenizzazione dei centri interni della Lucania avviene lungo
le naturali vie dacqua: Bradano, Basento, Gavone, Agri e Sinni. Molti centri dominano le valli, ma sopra tutti vanno citati Mel quale punto di incontro delle
civilt daune ed enotrie (candelabro di Mel), Serra di Vaglio, acropoli in posizione strategica lungo le valli dei umi Basento, Ofanto, e Sele, tra lo Jonio e il
Tirreno. La sua importanza confermata dalla presenza del vicino Santuario
Italico dedicato alla dea Mephitis (IV sec. a.C.) rinvenuto a Macchia di Possano.
Sul monte Moltone di Tolve si trovano i resti della pi antica villa rustica, con
impianto a corte centrale diffuso nel Mediterraneo e presso i Romani, risalente al periodo ellenistico (IV-III sec. a.C.).
Lassetto di questi centri ellenizzati sconvolto dallarrivo degli Osco-Sanniti di ceppo Sabellico. Questi popoli guerrieri erano alla ricerca di pascoli e
terre fertili e avanzano dove era minore linuenza politico-culturale e militare
degli stati italioti. La nuova entit territoriale che si determina dal Sele al Lao,
sul Tirreno, e dal Grati al Bradano, sullo Jonio, denominata Lucania.
Tra il VI e il V secolo a.C. dallIrpinia scendono alcune trib osco sabelliche.
I Lucani intanto si insediano nelle zone pi interne e, nel V e IV secolo a.C.,
spinti dalla ricerca di nuove terre da coltivare, attaccano le colonie greche della
costa ionica.
Nel frattempo tra il IV e III secolo a.C., i Romani in continua espansione si
spingono in Lucania. Dapprima alleati dei Romani contro i Sanniti, i Lucani non
volendosi sottomettere al dominio romano si alleano con i Sanniti e la colonia
greca di Taranto contro i Romani. Intanto nel 291 a.C. Venusia (oggi Venosa) diventa la prima colonia romana in terra lucana. I Romani si battono contro Pirro
accorso in aiuto delle colonie greche e perdono una battaglia divenuta famosa
per le ingenti perdite riportate da entrambe le parti, tra Metaponto ed Heraclea

Storia e cultura della Basilicata

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(oggi Policoro). Intanto a nordest il dominio di Roma aumenta. Nasce Grumentum (oggi Grumento) e si costruisce la via Herculia che congiunge Grumentum a
Venusia. Il 280 a.C. vede la ne storica della civilt della Magna Grecia. Nel II secolo a.C. la Lucania sotto il dominio di Roma. Il popolo Lucano, ero e guerriero,
si ribell a Roma che impose il latifondo. A questo periodo (II sec. a.C.) risalgono i
resti di mosaici e il meraviglioso sarcofago di Rapolla che pu essere eletto simbolo del fenomeno di arte importata, in quanto proveniente dallAsia Minore.

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Dal 27 a.C. al 14 d.C., sotto lImpero di Augusto, la Lucania viene divisa in


due e accorpata allApulia, Regio II, e al Brutium, Regio III. Alla ne del III secolo
Diocleziano la riunisce accorpandola al solo Brutium. Con la decadenza dellImpero Romano dOccidente la regione torna nel pi profondo isolamento.
Tra il VI e il IX secolo i Longobardi annettono la Lucania al Ducato di Benevento, escludendo i possedimenti bizantini del Materano. I Bizantini, giunti
in Lucania per sfuggire alle persecuzioni della religione iconoclasta in Oriente,
diedero vita al fenomeno delle chiese rupestri che sulla Murgia di Matera trovarono la loro massima espressione.
Le incursioni dei Saraceni costrinsero le popolazioni lucane ad arroccarsi
sulle montagne e sulle colline.
Con il diffondersi del monachesimo greco-orientale, dal VII sec. e nel corso di tutto il Medioevo, la Lucania vive momenti di nuovi impulsi culturali. In
questo periodo, infatti, arrivano nel territorio i monaci che seguono la regola di S. Basilio che, in fuga dalle persecuzioni Iconoclaste e dal dilagare delle
popolazioni arabe, animati dal bisogno di vita contemplativa, costruiscono numerosi eremi, laure e cenobi soprattutto sulla Murgia di Matera e allinterno
della stessa citt. Larchitettura scolpita in negativo e la pittura parietale a fresco
inuiscono non poco sulle vicende artistiche del Materano, in cui vi la pi alta
concentrazione di chiese rupestri (155 a oggi accertate), del Pollino, della Valle
dellAgri e del Sinni, dove ancora rimangono i ruderi affrescati del monastero
di S. Angelo al monte Raparo fondato da S. Vitale. dagli affreschi della Cripta
del Peccato Originale a Matera che si soliti fare iniziare la storia dellarte in
Basilicata.
Nel corso degli anni approdarono in Lucania altri ordini religiosi, lasciando
segni tangibili di vivacit artistica.
Ricordiamo gli insediamenti benedettini, quelli ascrivibili al romanico, con inussi di diverse regioni italiane nonch di gotico cluniacense, come
labbazia della SS. Trinit di Venosa, la Cattedrale di Acerenza, il campanile della Cattedrale di Mel, S. Maria di Anglona, la Cattedrale di Matera e quella di
Rapolla, il Santuario di S. Maria di Pierno, lAbbazia di S. Michele Arcangelo a
Montescaglioso, S. Michele a Potenza, la chiesetta di S. Maria delle Grazie in
Capodigiano a Muro Lucano, S. Giovanni Battista e S. Domenico a Matera e il
Duomo di Atella.

Storia e cultura della Basilicata

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Chiesa di S. Nicola, Via Roma, Venosa

Risalgono allEt angioina gli affreschi della Trinit di Venosa e delle chiese
rupestri di S. Maria della Valle a Matera, di S. Antuono a Oppido Lucano, di S. Lucia
a Rapolla e di S. Margherita a Mel. Si continua a dipingere nelle chiese rupestri,
ma la diffusione, verso la ne del XIII sec., dei francescani e degli affreschi delle
loro chiese rappresenta una vena innovativa nella pittura lucana.
In Basilicata vi anche una forte testimonianza dellarte cinquecentesca e
delleco rinascimentale adriatica, riscontrabile nella Cattedrale di Matera con il

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Presepe in pietra di Altobello Persio (1534) e con la cappella dellAnnunciazione


del glio Giulio, anche essa in pietra.
Al Rinascimento risalgono lAbbazia di S. Michele Arcangelo a Montescaglioso e i pilastri affrescati di S. Donato a Ripacandida.
Rappresentativo il Polittico di Cima da Conegliano conservato nella chiesa
di S. Francesco a Miglionico che evidenzia il fenomeno dellarte di importazione
e di imitazione.
Tra lVIII e il IX secolo Matera viene annessa al Ducato di Benevento mentre
il resto della regione passa sotto il dominio bizantino.
Tra lXI e il XII secolo i Normanni conquistano la Lucania facendone il centro della vita politica italiana. Mel nel 1059 capitale del Regno normanno.
Con il Medioevo normanno-svevo si hanno imponenti opere di forticazione
soprattutto in Basilicata. Conti e baroni ampliano fortilizi longobardi e bizantini
preesistenti o edicano nuove roccaforti e castelli. Fondamentali sono quelli
federiciani di Mel, Lagopesole e Palazzo S. Gervasio.
Finito il dominio normanno, Svevi e Angioini si contendono la Lucania e
lItalia meridionale. Nel 1231 Federico II di Svevia emana, a Mel, le Constitutiones Utriusque Regni Siciliae. Alla ne del XIII secolo gli Angioini hanno potere
sul Regno di Napoli e sulle Due Sicilie.
Durante il federalismo nascono in Lucania molte signorie che gli Aragonesi
cercano di contrastare. Nel 1441 nel castello di Miglionico si ordisce la Congiura
dei baroni nella quale gli Angioini tentavano di rovesciare il Regno aragonese.
Tra il XVI e il XVIII secolo si consolida il potere borbonico. In questo stesso
periodo nella regione entrano alcune comunit albanesi che si insediano alle
pendici del Vulture e nel massiccio del Pollino.
Nel 1663 Matera capitale della Provincia Lucana del Regno di Napoli. I
dominatori sfruttarono le terre costringendo alla fame il popolo e fu questo il
motivo per il quale i contadini si ribellarono contro i borboni.
Nel 1707 lesercito austrosabaudo occupa la Lucania che, con i trattati di
Utrecht e Rastadt, passa a Carlo VI di Austria. Con la pace di Aquisgrana il potere
ritorna ai Borboni.
Durante i moti del 1799 le numerose rivolte che agitarono la regione furono sedate dalla violenta repressione delle truppe borboniche.
Dal 1806 al 1815 il governo passa ai Francesi che, prima del ritorno dei Bor-

Storia e cultura della Basilicata

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Largo Masaniello, Venosa

boni determinato dal Congresso di Vienna, avviarono il processo di erosione


della feudalit e trasferirono, inoltre, a Potenza il centro delle attivit amministrative.
Tra il 1861 e il 1868 tutta la regione interessata al fenomeno del brigantaggio. La popolazione versava in una estrema indigenza e fra spinte reazionarie
e pene non amnistiate dal neonato governo italiano, molti scelsero la via della
macchia, rifugiandosi in montagna in segno di ribellione.

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Nel 1902 si ebbe a Potenza la prima riunione dei Socialisti lucani, evento
che d inizio al XX secolo. La gente, in questo periodo, vive in uno stato di povert ed inizia a lasciare la propria terra di origine per trovare fortuna altrove.
Incomincia cos il fenomeno dellemigrazione, che nel 1913 tocca la sua
punta massima.
Nel 1943 Matera la prima provincia del meridione a ribellarsi alloccupazione nazifascista. Finita la guerra diventa necessario affrontare il problema dei
Sassi di Matera che, a causa del sovrappopolamento, sono divenuti malsani. Nel
1952 una legge dello Stato decreta lo sfollamento dei rioni Sassi che dal 1994
lUNESCO denisce patrimonio dellumanit da tramandare alle generazioni
future e li annovera tra i territori posti sotto la sua tutela.
Agli inizi degli anni Cinquanta la Riforma Fondiaria trasforma il volto della
regione, mentre lemigrazione danneggia i comuni della regione provocando
un progressivo impoverimento demograco.
La Basilicata una terra che possiede un passato storico-artistico e una
natura generosa e stupefacente. Il suo territorio impreziosito da ambienti e
testimonianze che gli conferiscono unatmosfera ricca di memoria1.

Note
1

Cfr. www.aptbasilicata.it./Basilicata-o-Lucania.53.0.html

Storia e cultura della Basilicata

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Viaggio tra i luoghi dellAglianico

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

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1.2. Viaggio tra i luoghi dellAglianico

La Basilicata una vasta regione che si distingue per le sue naturali caratteristiche. Ancora oggi risulta essere una terra in gran parte sorprendentemente
da riscoprire.
In questa terra possibile ammirare tracce dei templi ellenici e di antiche
vie romane.
Regione di contadini, regione dagli aspetti magici.
Lespressione pi autentica della civilt contadina e pastorale si manifesta
nella celebrazione delle feste e delle sagre che ancora scandiscono i cicli stagionali, secondo rituali che si ripetono nei secoli e che alternano momenti di
intensa religiosit a sentite rappresentazioni di riti propiziatori.
La Basilicata la terra di un antico popolo italico. Linsediamento di questo
popolo favorito dalla ricchezza delle acque e dai luoghi ben difendibili.
Gli stanziamenti umani sono presenti sin dal Paleolitico. La scoperta di strumenti in pietra risalenti a 350 mila anni a.C. testimonia la presenza di comunit
umane in Basilicata n dagli albori della civilt.
Uno dei punti di riferimento della parte nord della Basilicata il monte Vulture ( vultur in latino signica avvoltoio).
Alla sommit delle sue pendici interamente ricoperto di boschi.
Il Vulture, grazie alla sua lava, ha dato origine a terreni di primo ordine,
abbastanza profondi, di medio impasto e fertilissimi, sui quali prosperano eccellentemente la vite, lolio, gli ortaggi, che contribuiscono con largo peso alla
composizione del valore della produzione agricola.
La natura dei terreni di origine vulcanica e la loro esposizione fanno di questa zona certamente la pi favorita e favorevole allo sviluppo della viticoltura.
I vini prodotti e pi rinomati sono lAglianico e la Malvasia.
LAglianico, che il vitigno pi diffuso della Lucania, corrisponde precisamente a quello che i Romani denominavano Hellenico appunto per la sua origine greca, la cui pianta, coltivata da tempi remotissimi, pass dallAsia Minore,
attraverso la Tracia e le Isole dellArcipelago, in Grecia e da questa, sette secoli
avanti Cristo, in Italia sulle colline del subappennino Lucano ove si stabilirono
alcune colonie greche.

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LAglianico del Vulture un superbo vino rosso che va annoverato sicuramente tra i migliori prodotti dItalia.
Ai sensi della legge sulla Denominazione di Origine Controllata (DPR 25
maggio 1971) lo si produce nel territorio dei comuni di Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Mel, Atella,
Venosa, Lavello, Palazzo S. Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania. Tutti in provincia
di Potenza.
Percorrendo la strada dellAglianico del Vulture come se scorressimo le
pagine di un libro ricco di storia e cultura. In un unico quadro possiamo notare
un paesaggio dai tratti simili ma con sfumature che determinano la singolarit
di ogni localit.
Transitando per i percorsi dellAglianico scorgiamo Rionero in Vulture,
una ridente cittadina posta ai piedi del Vulture, antico vulcano spento.
Labitato originario si sviluppa su due collinette a 656 metri slm, con i rioni
Costa e Piano delle Cantine o Calvario, insieme al primo nucleo abitato del rione
dei Morti. Il suo paesaggio vario e accogliente con una ricca vegetazione di
vigneti, oliveti e folti boschi.
Le prime notizie storiche sul casale medioevale di Santa Maria di Rivonigro
come feudo del Vescovo di Rapolla appaiono in uno scritto del 1152 di mons.
Alberto Mercanti. La citt, per, ha radici ancora pi antiche testimoniate dai reperti rinvenuti in localit S. Francesco, Cappella del Priore e Padulo. Trattasi di
tombe risalenti al IV secolo a. C., di una villa romana in localit Torre degli Embrici e di resti di un acquedotto romano sulla umara di Ripacandida nei pressi
dellabitato.
Abbandonata nel 1316 per effetto del bando angioino che accordava immunit scale a chi si trasferiva nella vicina citt di Atella, si ripopol solo due
secoli pi tardi, quando, nel 1533, arrivarono da Mel contadini Albanesi che
introdussero nel paese il rito greco ortodosso abolito, poi, nel 1627 dal vescovo
di Mel, Diodato Scaglia, che obblig losservanza del rito latino. Il paese gravemente danneggiato dal terremoto del 1694 venne ricostruito successivamente
dalla famiglia Caracciolo di Torella.
Nel 1811, per decreto di Gioacchino Murat, Rionero fu elevata a Comune
autonomo. Rionero in Vulture noto per essere stato il paese natio di Giustino
Fortunato, scrittore e parlamentare che si occup della questione meridionale e

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

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Chiesa di S. Giovanni, Venosa

si prodig per la costruzione del tronco ferroviario Rocchetta-Rionero. Il 20 luglio


1888, infatti, in seguito a numerose discussioni promosse n dal 1876 dal deputato Floriano Del Zio, il disegno di legge per la costruzione delle Ferrovie Ofantine
divenne nalmente esecutivo. Tra le linee da costruire c anche il tronco Rocchetta-Potenza, passante per Rionero, grazie alla tenacia di Giustino Fortunato, che
della strada ferrante dellOfanto ne ha fatto una questione di giustizia distribuita
e di decoro nazionale. Il 9 agosto del 1892 viene inaugurato il tronco da Rocchetta a Rionero, cui segue, il 21 settembre 1897, quello da Rionero a Potenza.
La citt nota anche per la presenza di Carmine Donatelli, detto Crocco, che
dopo aver disertato la leva borbonico, ricercato dal governo, divenne il capo di
un esercito di briganti1.
Il torrente la Levata (la Forra dAtella), che discende dal Vulture e termina
nellOfanto, e il torrente la Forra lArcidiaconata, bagnano il territorio di Rionero.
In questa zona, infatti, sono presenti sorgenti di acqua minerale.

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A ovest di Rionero in Vulture si estende la Riserva naturale orientata delle


Grotticelle, dove vive il primo, e per ora lunico, esempio, in tutta Europa di una
specie di insetto diffuso in Asia Minore, la Acanthobrahmaea europea o Bramea
Europea, una farfalla notturna ( 7 cm di apertura alare).
Inoltrandoci nel paradiso naturale di questi luoghi giungiamo nellincantevole zona turistica su cui si trovano i Laghi di Monticchio.
I due laghi sono le bocche dellantico vulcano, esploso 500mila anni fa, del
monte Vulture. I due bacini sono il lago Grande ed il lago Piccolo, comunicanti
fra loro per mezzo di un ruscello, circondati da una tta vegetazione di faggi,
abete bianco, castagni, cerri e pini. Sul lago Piccolo si specchia labbazia di San
Michele, sorta intorno ad alcune grotte abitate dai Basiliani del X secolo. Nel secolo successivo labbazia fu gestita dai benedettini. Dopo un abbandono protrattosi dalla ne del 500 no alla ne del 700, arrivarono i cappuccini, ai quali
si deve la congurazione attuale del complesso. Nel 1782 labbazia fu afdata
allordine militare Costantiniano no al 1866. Oltrepassato lingresso si sale per
la Scala Santa e superati gli ambienti scavati dai monaci del X secolo e le loro
tombe, si accede alla chiesa, risalente a ne XVIII secolo dove possibile ammirare lambiente rupestre sul quale fu costruito il complesso monastico e dove
presente lEdicola di San Michele.
La statua di San Michele risale al XVII secolo. Poco rimane delle decorazioni
dei gradini che portano alledicola, opera di maestranze campane dellXI secolo,
mentre pi consistenti sono, allinterno delle stessa gli affreschi del 1059 che
ritraggono Cristo tra la Vergine e San Giovanni, due gruppi di apostoli e laquila
nimbata.
Presso il lago Grande, invece, sono situati i ruderi della Badia di SantIppolito dell XI secolo, dietro cui situata la grotta dove il brigante Carmine Donatelli
detto Crocco, e la sua banda spesso si rifugiavano. Nei pressi del laghi di Monticchio sorge la localit di Monticchio Bagni, piccolo borgo sviluppatosi attorno
al palazzo Lanari, una famiglia di origine marchigiana, che tra ne dell800 e gli
inizi del 900, sfruttando le acque produssero lenergia elettrica per illuminare
linsediamento rurale di Monticchio e la vicina Mel2.
Su di un lembo del Monte Vulture, in posizione dominante sulla valle di
Vitalba, situata Atella. Le origini del centro risalgono, probabilmente, al III secolo a.C. quando labitato di Vitalba, alleato di Annibale, fu distrutto dai romani

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

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Laghi di Monticchio

e gli abitanti trovarono riparo presso il territorio su cui attualmente sorge Atella.
Lantico centro fu abbandonato a seguito delle guerre scoppiate dopo il 1268 e
ripopolato, nel 1330, da contadini rioneresi guidati dalla famiglia Durazzo.
La nuova cittadina di Atella presentava un insediamento cinto da muraglia, presidiato da un castello (parte di esso fu distrutto dal terremoto del 1964.
Oggi possibile ammirare solo la Torre Angioina) e articolato su un percorso
principale le cui testate erano munite di due porte e sul quale convergevano a
pettine percorsi minori.
Nel 1423 il territorio fu dominio di Giovanni Caracciolo, mentre nel 1496 la
cittadina fu occupata dalle armate francesi di Gilbert De Montepensier e conquistata, dopo un assedio durato 32 giorni, da Consalvo Cordova. La cittadina
resta per lungo tempo sotto il governo del Demanio.
Nella piazza del paese presente il Duomo di Santa Maria risalente al XVI
secolo, caratterizzato da un particolare portale sul quale sono impressi il sole e
la luna, gure che richiamano motivi islamici.

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Nella chiesa di Santa Lucia, costruita nel 1389, si pu ammirare un affresco


rafgurante la Madonna delle Grazie, detta anche Madonna Riparatrice, eseguito probabilmente dopo il terremoto del 1156 da un pittore ignoto, di ispirazione napoletana, con esperienze veneto-marchigiane ltrate dalla bottega
pugliese di Giovanni Di Francia3.
Nel versante nord-orientale del monte Vulture sorge Rapolla il cui nome
discende dallappellativo lucano rappa, localit coltivata a vigneto, molto usato nelleconomia del territorio. Alcuni studiosi assegnano allo stesso termine
un signicato diverso, proponendo laccezione di luogo pieno di spine. Altri
derivano la forma dal latino rapula, ravanello. Lorigine di rappa, tuttavia, da
confrontarsi con litaliano rappa, che vuol dire raspo, ciocca.
La sua origine dovrebbe risalire al tempo delle guerre di Roma e di Annibale. Si narra, infatti, che il condottiero africano si sarebbe accampato sulla collina
chiamata, appunto, Cerz dAnnibal (quercia di Annibale), prima della battaglia
contro il console Marcello, nel 210 a.C.
Nel 984 giunge nel territorio del monte Vulture il monaco siciliano Vitale da
Castronuovo importante personaggio della comunit monastica di rito greco
che avrebbe edicato, tra la data del suo arrivo e quella della sua morte (994),
un monastero di rito greco.
La citt conobbe il suo massimo splendore nel Medioevo, dapprima come
caposaldo del ducato longobardo di Benevento e poi, verso la ne del X secolo,
come sede di una orente comunit basiliana.
Dal 1025-35 fu sede episcopale e dal 1042 un centro normanno-svevo. Nella parte alta della citt sorge la cattedrale, iniziata nel 1206 da Maestro Sarolo e
terminata nel 1253 da Melchiorre di Montalbano. La Chiesa era il segno del potere religioso che govern in parte le sorti dellabitato a partire dal 1225 quando la citt si schier con il pontece e contro lo svevo. Rapolla fu saccheggiata
dalle truppe di Lotario III, distrutta nel 1187 dai Meltani e ricostruita subito
dopo da Guglielmo Buono4.
NellXI secolo i Normanni edicarono la chiesa di Santa Lucia, la prima chiesa
Madre di Rapolla. Nella chiesa di San Biagio custodita una statua lignea della
Madonna del XIII secolo. Rapolla caratteristica per le Tre Croci piantate su Tre
Colonne di pietra. Queste Croci ricordano tre episodi diversi. La prima La Croce
del Convento ricorda lanno in cui furono inaugurati il Convento di San Francesco

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

25

Via S. Biagio, Venosa

e la chiesa di Santa Maria della Provvidenza. La Croce sotto la Tiglia ricorda la


visita a Rapolla di re Roberto dAngi di Napoli, nellanno 1315, in occasione della
Dedizione della Chiesa e del convento di San Francesco, che avvenne nella Domenica dopo Pasqua. La terza,la Croce di San Biagio, stata innalzata a ricordo di un
miracolo avvenuto nel 1321 durante la processione di penitenza. Rapolla anche
conosciuta per le sorgenti di acque minerali acidulo-ferruginose sfruttate per cure
termali, fanghi e bagni nelle terme che sorgono nel pieno centro della citt5.

26

Costeggiando il Vulture, si scorge la citt di Mel. Un centro di grande interesse per la sua ricca storia e per i monumenti che testimoniano il suo illustre
passato.
Fu abitata un tempo da Dauni e Lucani, i cui insediamenti sono testimoniati
dai reperti archeologici ritrovati nella zona e custoditi oggi nel Museo Nazionale.
Sub linuenza longobarda e bizantina e divenne un importante centro e
nodo commerciale in epoca medioevale.
Mel fu abitata sin dal neolitico e sub linuenza romana, come confermato dallesistenza di alcuni ruderi di una villa romana con mosaici. Successivamente al dominio di Roma, sub linuenza longobarda, poi quella bizantina, e
nel 1041 divenne la prima contea dei Normanni in Italia. Guglielmo dAltavilla vi
fece costruire un Castello, ampliato successivamente dagli Svevi e poi dagli Angioini, oggi sede del Museo Nazionale del Melfese, dove sono conservati numerosi reperti archeologici riguardanti le popolazioni indigene della preistoria, dei
periodi romano, bizantino e normanno. Nella torre ubicato il Sarcofago di Rapolla, meraviglioso lavoro creato da artisti dellAsia Minore.
Nel 1231 Federico II vi promulg le Costitutiones Augustales, il primo testo
organico di leggi scritte dellet medioevale e di contenuto sia penale che civile.
Il Castello dal XVI secolo divenne dimora della famiglia Doria no alla riforma
agraria e fu sede anche di vari Concilii.
Il primo Concilio, nel 1059, venne convocato dal Papa Nicol II, il secondo,
nel 1067, dal Papa Alessandro II, il terzo Concilio venne convocato dal Papa
Urbano II nel 1089, e in tale occasione il pontece band la prima crociata in
Terra Santa contro gli infedeli, istituendo lobbligo del celibato ai religiosi.
Di grande interesse artistico la Cattedrale, a tre navate con pianta a croce
latina, fatta edicare, nel 1076, da Roberto il Guiscardo. Ledicio fu quasi interamente rifatto dopo il terremoto del 1694. Al suo interno sono conservati
un crocisso ligneo del XV secolo, numerosi dipinti e una tavola del XII secolo
rafgurante la Madonna in trono.
Il campanile fu costruito da Ruggiero II per sostituire la torre campanaria.
Una leggenda racconta che, terminata la costruzione, re Ruggiero II (nonno per
parte materna di Federico II) fece precipitare dalla cima il costruttore perch
non potesse raccontare del tesoro nascosto nelle fondamenta.

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

27

Castello di Mel

Accanto al Duomo sorge il Palazzo Vescovile al cui interno si trova una fontana in stile barocco.
Dalla Porta Venosina, unica delle quattro porte di Mel ancora esistenti,
possibile ammirare una piccola parte delle mura della citt6.
Unaltra citt di grande interesse storico Venosa. Situata sull appennino
lucano, fondata probabilmente dai Peuceti, divenuta Sannita, la citt, fu conquistata dai Romani guidati dal Console Lucio Postumi nel 292 a.C..
La citt, dal 268 a.C., grazie al prolungamento della via Appia da Benevento
a Venosa no a Taranto, conobbe un notevole sviluppo come centro commerciale e amministrativo. Venosa nota soprattutto per aver dato i natali a Quinto
Orazio Flacco nel 65 a.C..
Fu conquistata dai Longobardi nel 662 d.C. e nel 976 d.C. dai Bizantini e,
successivamente, dai Saraceni, che vi costruirono opere di difesa. Nel 1041 fu
occupata dai Normanni e contesa da Svevi e Angioini. Nel 1501 fu conquistata
dagli Aragonesi per poi divenire feudo dei Gesualdo, principi di Venosa, che ne

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Castello di Venosa, cortile

Parco Archeologico, Venosa

fecero un centro culturale. La citt prese parte ai Moti Carbonari del 1820/21.
Dopo lUnit dItalia, nel 1861, appoggi come quasi tutta la Basilicata il brigantaggio del bandito Crocco, aderendo allinsurrezione lo-borbonica.
Nel 1298 il re Carlo I dAngi fece costruire la Fontana Angioina di cui ancora oggi si pu ammirare la bellezza artistica. I romani nella Valle edicarono
la fontana detta la Romanesca, ai cui lati sono presenti due bassorilievi rafguranti la testa di un leone e due gure umane. Di interesse anche la Fontana di
Messer Oto costruita nel 1313/14 su cui domina la mole di un leone in pietra di
stampo romano
Nel 1470 il duca Pirro del Balzo Orsini, sul luogo in cui preesisteva lantica
cattedrale, edic il castello mentre la cattedrale venne costruita dove sorgeva
la Chiesa di San Basilio. La facciata, molto semplice stata rifatta, insieme al
portale marmoreo, allinizio del 1500, dal maestro Cola da Conza.
Percorrendo le strade cittadine possibile ammirare i sontuosi palazzi come
Palazzo Calvini, oggi sede municipale, costruito nel Seicento e rifatto pi volte
nel corso del Settecento ed Ottocento. Interessanti sono anche il Palazzo Bal, costruito nel XV secolo e restaurato dal Bal dei Cavalieri di Malta, Palazzo Dardes del
XVIII secolo che conserva al suo interno lelemento architettonico del Telamone e Palazzo Veltri, di origine settecentesca, situato in piazza Ninni.

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

Parco Archeologico, Venosa

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Piazza Orazio, Venosa

In citt sono, inoltre, ubicati Palazzo Frusci, sede natale di Francesco Frusci
medico chirurgo, e Palazzo Rapolla, del XIX secolo, dove venne ospitato il brigante Crocco. Allingresso della citt sorge lAbbazia della SS. Trinit, costruita
nel 1406 dal conte Dragone DAltavilla. Accanto si pu ammirare lIncompiuta.
Il complesso fu iniziato tra lultimo quarto dellXI secolo e linizio del XII con
lintento di creare ununica immensa basilica con lantistante chiesa vecchia. Il
progetto non fu portato a termine perch il monastero decadde a seguito del
declino delle fortune della dinastia normanna degli Altavilla. Nello stesso sito
possibile ammirare il complesso termale e lanteatro.
Fuori dal centro abitato sono ubicate le Catacombe ebraiche che documentano la presenza, tra il III e il IV secolo, di una consistente comunit ebraica.
Le pareti conservano numerosi grafti ed epigra funerarie con iscrizione in
ebraico, in greco e in latino e incisioni di candelabri a sette braccia, corni, palme
e anfore. Vicino ad esse sorgono le Catacombe cristiane risalenti al IV secolo e
costruite da diversi ipogei. Nella localit Notarchirico situato il Parco Paleolitico nel quale possibile notare i vari periodi dellesistenza umana risalenti al
Paleolitico Inferiore-Acheuleiano Medi7.
Poco distante da Venosa sorge lantichissima Lavello. In latino labellum
indica abbeveratoio. La zona fu abitata gi nel periodo Neolitico ed ebbe il suo

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periodo di massimo splendore sotto i normanni, che vi edicarono la loro fortezza. Dopo la rivolta ghibellina, nel 1268, Lavello fu assegnata da Carlo I dAngi ai Galard dIvry. Nel 1298 venne quasi completamente distrutta da un violento incendio provocato da Carlo I dAngi. Levento ricordato dallo stemma
comunale, in cui rafgurata una torre a due piani invasa dalle amme. Nella
seconda met del XV secolo arrivarono i profughi albanesi.
Nel centro storico ubicato il Castello, di epoca Sveva, ricostruito nel 1600,
attualmente sede del Municipio8.
Di grande interesse la Chiesa di santAnna che conserva un dipinto su tela
del XVI secolo, attribuito al pittore lucano Antonio Stabile, rafgurante lAnnunciazione.
Nei dintorni del paese possibile vedere i resti di un antico stabilimento
termale di epoca romana facenti parte di una villa patrizia probabilmente della famiglia Seppia. Al rudere venne dato il nome di Casa del diavolo perch,
specie al tramonto, d limpressione di un volto diabolico. In contrada Pozzo
dAvila sono stati rinvenuti resti di un sepolcro paleocristiano.
Nei pressi della stazione di Rapolla- Lavello ubicata una lapide che ricorda
cinque soldati piemontesi che in questa localit furono trucidati dai briganti9.
La parte Nord della Basilicata rinomata per lesistenza di comunit albanofone che popolano, da oltre cinque secoli, i comuni di Barile, Maschito e
Ginestra. Ancora oggi la popolazione di albanesi conserva nelluso corrente la
lingua originaria e assieme la consapevolezza critica della propria identit etnica e culturale.
Barile una ridente cittadina che si eleva alle falde del Vulture sorto, probabilmente, ad opera di una colonia greca, che in seguito abbandon il luogo.
Il centro fu ripopolato, nel 1464, da una colonia di Albanesi di Scutari e di Croya,
che sfuggendo alle invasioni dei turchi, si stabil in questo territorio.
Barrale, barellium barragium: cos si chiamavano un tempo i dazi imposti sui greggi che da levante si dirigevano ai laghi di Monticchio e le sbarre
che venivano messe alle porte, ai ponti, alle vie per farli pagare. Da loro deriva il
nome di questo centro che intorno al 1300 fu casale di Rapolla.
Nellabitato, ancora oggi, si conservano tradizioni etniche e dialetto albanese, mentre il rito religioso greco-albanese venne usato no al 1627, anno in cui il
vescovo di Mel ne impose la soppressione e obblig quello latino.

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

Fontana dello Steccato, Barile

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Le cantine dello Scescio, Barile

Nella chiesa Madre conservato un dipinto bizantino del XV secolo rafgurante la Madonna di Costantinopoli. Alla seconda met del XVII secolo risalirebbe il Santuario Madonna SS. di Costantinopoli nel cui interno conservato un
affresco murale in stile bizantino della Madonna.
Nel centro storico possibile ammirare i portali di antichi palazzi come Palazzo De Rosa e Palazzo Caracciolo, feudatario, antecedente a Caraffa, della citt. Di
particolare interesse risulta essere anche la Fontana dello Steccato, costruita nel
1713 in pietra, comprendente tre teste rafguranti immagini apotropaiche10.
Nel 1478 anche Ripacandida ospit una cinquantina di famiglie albanesi,
capeggiate da un loro cittadino Francesco Jura, provenienti dalla citt di Scutari famiglie che, durante linvasione turco musulmana diretta da Maometto II,
furono costrette a fuggire davanti alla furia musulmana.
La citt, situata su di un colle roccioso, sembra sia sorta in seguito allinvasione gotica di Candida Latinotum i cui abitanti, sfuggiti agli invasori, si rifugiarono sul territorio su cui sorge Ripacandida, il cui nome si suppone derivi
dal colore biancastro del colle su cui situato il paese. Il centro fu occupato dai
Longobardi che ne fecero una fortezza e nel 1268 fu incorporato dagli Angioini
nello stato di Mel. Il paese fu feudo alla famiglia Caracciolo e, successivamente,
pass ai Grimaldi11.

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Ripacandida

Chiesa di S. Donato, part. affrschi, Ripacandida

Allingresso del paese ubicata la Chiesa di San Donato, dedicata al giovane martire. Nellinterno della chiesa possibile ammirare, sul pilastro trionfale
risalente al XVI secolo, la gura del giovane martire. Inoltre, si possono apprezzare affreschi del XIV secolo rafguranti episodi del Vecchio Testamento, alcuni
pregevoli altari e un dipinto rafgurante la Madonna degli Angeli del XVIII secolo del pittore Giovanni De Gragorio detto il Pietrafesa. Accanto alla chiesa sorge
il monastero, del 1300, con un chiostro circondato da un deambulatorio. Del
1560 la Chiesa madre dedicata a Santa Maria del Sepolcro, di cui si apprezza il
maestoso portale del 1602 di gusto rinascimentale12.
Fino al 1965 il Comune di Ripacandida amministrava la comunit di Ginestra,
un paese che sorge nel bacino superiore della Forra di Arcidiaconata il cui nome
legato alla pianta della ginestra, che possibile trovare in tutta la zona.
Il paese fu ripopolato dai coloni albanesi immigrati in pi fasi dal 1482 al
1515. Le sue origini risalgono ai Longobardi a cui seguirono i Normanni. Ginestra conserva ancora oggi costumi e lingua albanese. Anche qui il rito grecoortodosso fu abolito nel 1627 dal vescovo di Mel. Nella Chiesa di Santa Maria di
Costantinopoli, risalente al 1588, sono conservati un coro ligneo del XVIII secolo
ed un affresco del 1500 rafgurante la Madonna. Nella Chiesa di San Nicola, costruita nel 1500, conservata una tela rafgurante la Piet13.

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

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A partire dal 1467 una comunit albanese si stabilizz nel territorio di Maschito. Il nome sembra aver avuto origini dal latino Masculus termine riferito
alla popolazione di prevalenza maschile. Antico castrum romano, il paese fu abbandonato nella met del XVI secolo, per cause ignote, e ripopolato nel 1534 da
coronei e maidesi, e a partire dal 1647 da albanesi. Feudo dei Carafa di Andria, il
centro conserva, ancora oggi, usi, riti e costumi albanesi.
Nel centro cittadino ubicata la Chiesa del Caroseino. Al suo interno possibile ammirare un affresco del 1558 rafgurante la Madonna col Bambino di
autore ignoto e due tele settecentesche di Nicola Federici di Forenza rafguranti la Pentecoste e la Presentazione di Ges al tempio. Nella Chiesa di SantElia sono conservate due tele del 1500, un coro ligneo intagliato del 1508, un
quadro rafgurante la Sacra Famiglia del Barberis ed un dipinto rafgurante la
Madonna dei Sette Veli ritenuto miracoloso dalla popolazione.
La chiesa di San Nicola risulta essere apprezzata soprattutto per le riproduzioni della Grande Cena di G. Tiepolo e per la Trasgurazione di Ges al Monte
Tabar di Raffaello Sanzio. Nel Palazzo Comunale, inoltre, custodita una colleVia Garibaldi, Venosa

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zione di quadri del pittore locale Mario Cangianelli. Al XVI secolo risale la fontana monumentale in pietra bianca dedicata alleroe albanese Scanderberg14.
Nel comprensorio del Vulture, a nord dellAppennino Lucano, incontriamo
Forenza, un piccolo borgo appartente alla Valle del Bradano.
Nel IX secolo Forenza fu congiunta alla Puglia. Durante la dominazione longobarda la citt fece parte del Gastaldato di Acerenza. Sotto la dominazione
Normanna fu feudo della famiglia dei Pagani. Successivamente gli Angioini la
afdarono ai Caracciolo, mentre gli Asburgo la concedettero alla famiglia Doria,
che hanno governato lo Stato di Mel sino alla caduta della feudalit. Lattuale
sito di Forenza non quello cui si riferiscono Livio, Diodoro Siculo, Plinio e soprattutto Orazio nei versi: arvum pingue tenent humilis Ferenti.
Il paese, quindi, ha ereditato il nome dellantica Forentum romana, ma non il
sito. La citt antica si pu dividere in tre parti: il pianoro, corrispondente longitudinalmente allattuale via San Nicola, con la supercie sommitale che delimita
il primo insediamento, risalente al periodo alto-medievale; la prima parte della
costa del colle sottostante il pianoro, sul versante ovest-sud-est, su cui si distende la citt medievale delimitata dalle mura; la mezzacosta, con gli insediamenti
sei-settecenteschi, fuori le mura. La trama urbana si compone di strade e rampe
irregolari ed anguste, spazi a scala ridotta, che testimoniano lorigine medioevale della citt.
possibile ammirare, inoltre, le mura angioine del XIII secolo15. Allontanandosi dal centro storico e scendendo pi a valle, si possono apprezzare le strutture religiose pi rappresentative del panorama storico di Forenza quali il rudere
suggestivo della Chiesa e i resti di quello che fu il Monastero di Santa Maria de
Armeniis, situato alle falde del monte che porta il suo nome, risalenti allinsediamento di nuclei armeni in Italia Meridionale tra lXI ed il XII secolo ed assunta
alle dipendenze dei Verginiani di Montevergine nel XIII secolo.
Proseguendo possiamo apprezzare il complesso conventuale di Santa Maria
della Stella edicato nel XVII secolo per ospitare i Frati Francescani Riformati di
Basilicata, sostituendo il vecchio convento di S. Caterina. Allinterno della Chiesa troviamo un quadro rafgurante la Vergine S. Maria della Stella, attribuito a
Nicola Federici da Forenza, incastonato in un prezioso altare di legno intagliato
e dorato. Nella parete della navata centrale, in pregevole barocco, racchiuso,
in una nicchia posta sullaltare maggiore tra le statue in legno policromo del-

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

Cattedrale di Acerenza

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Cripta, Cattedrale di Acerenza

lAddolorata e di S. Francesco, un prezioso Crocisso in rovere attribuito a Fra


Angelo da Pietratta, lopera forse pi bella ed intensamente espressiva della
produzione lignea, caratterizzata da un toccante verismo dei Crocissisti francescani di scuola calabro-sicula del Seicento16.
Sul versante settentrionale della valle del Fiume Bradano ubicata Acerenza. La citt fu conquistata dai romani nel 318 a.C.. Nel 280 a.C. vi si rifugi il
console Publio Valerio Levino, in seguito alla scontta subita da questultimo ad
opera di Pirro ad Eraclea.
Nel periodo della guerra gotica la citt sub attacchi da parte dei Bizantini,
che la contesero ai Longobardi. Carlo Magno, imprigionato Desiderio, impose
di raderla al suolo.
Dopo la sua distruzione Acerenza fu ricostruita e fu al servizio dei Gastaldi.
Nel 1041 la citt cadde sotto il dominio dei Normanni e Roberto il Guiscardo la
fortic con nuove costruzioni. Sul nire del XIV secolo hanno termine i privilegi di citt demaniale e fu legata alle famiglie feudatarie. A partire dal 1477, per
un secolo, fu sotto il regno dei Ferrillo, i mecenati dellomonima cappella nella
Cattedrale.
Acerenza fu sede vescovile sin dal IV secolo. Allepoca dei Bizantini il suo
vescovo fu suffraganeo della metropoli della pugliese Otranto divenendo diocesi metropolitana nellXI secolo per volere di papa Niccol II.

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Cattedrale di Acerenza, Cripta, part. affreschi

Durante il Concilio, tenutosi a Mel nel 1059, il vescovo di Acerenza Godano,


monaco Clunyacense, ottenne il titolo di Arcivescovo con giurisdizione ecclesiastica sulle sedi vescovili di Potenza, Tricarico, Tursi, Venosa e Gravina.
Fu allora che lArcivescovo, con i generosi nanziamenti di Roberto inizi la
costruzione di una nuova ed imponente Cattedrale a forma di croce latina.
Nella parte alta della facciata si pu ammirare un enorme rosone. Allinterno
sono conservate opere di grande valore come un trittico, del XV secolo, rafgurante Cristo in trono, una Piet del 1500 ed un busto marmoreo identicato, da

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

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alcuni studiosi, in Giuliano lApostata e da altri in Federico II. Nel 1203 Acerenza
fu unita alla Diocesi di Matera, dalla quale fu separata nel 1954.
Durante la dominazione degli Svevi, Acerenza si schier con i nuovi sovrani contro il papato, divenendo una roccaforte ghibellina alla cui testa fu posto
Galvano Lancia, zio del principe Manfredi.
Con il tramonto della potenza sveva, Acerenza fu tenuta in grande considerazione dagli Angioni che sognavano la costruzione di una nuova e pi bella
cattedrale, da erigersi fuori le mura. Il progetto, ideato dal Re Carlo dAngi, non
trov attuazione.
Dagli Angioini pass sotto il dominio degli Aragonesi e, successivamente
agli acheruntini che ricorsero direttamente al sovrano Ferdinando per liberarla
dal dominio baronale.
Nel XVII secolo Acerenza segu la sorte comune delle altre citt feudali del
regno, un continuo passaggio da una famiglia allaltra: dagli Orsini ai Pinelli, dai
Pignatelli-Belmonte ai Lancillotti, inne ai Panni che lacquistarono per 21.500
ducati. Nel periodo napoleonico sede del Giudicato di pace e capoluogo di
circondario. Dallunicazione dellItalia Acerenza fu sede degli ufci del Registro e delle Imposte dirette e del collegio elettorale.
Nel centro storico possibile ammirare Palazzi settecenteschi con portali
decorati, come Palazzo Ducale, risalente al XV secolo. In citt sono presenti antiche fontane come quella detta di San Marco, e la fontana La Pila, nota per le
propriet delle sue acque, indicate per le cure epatiche e gastroenteriche17.
Ci dirigiamo, ora, verso la citt di Banzi, centro di antichissime origini. Scavi
archeologici testimoniano lesistenza sul luogo di un insediamento sorto tra il VI e
IV secolo a.C. I romani, qui, fondarono la famosa Bantia ricordata anche da Livio.
Lantica tradizione storica di Banzi testimoniata dalla Tavola Bantina, importante documento risalente al I sec. a.C. che riporta lo statuto del paese in
lingua osca, oggi conservato nel Museo Nazionale di Napoli.
Sul territorio sono stati inoltre ritrovati resti di una necropoli del VII-IV sec.
a.C. e di un antico nucleo abitativo romano.
Nel Medioevo il centro fu noto per la Badia benedettina di Santa Maria, edicata, nell806, da Grimaldo IV di Benevento e consacrata nel 1089 da Papa Urbano II. La Badia raggiunse il suo massimo splendore nellet normanna-sveva.
Nel 1301 la comunit monastica venne soppressa ed il monastero pass ai

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francescani. Allarrivo dei francescani connessa la costruzione della nuova chiesa, iniziata nel 1773 sulla precedente. Nel 1807 il patrimonio dellabbazia pass
sotto il dominio di Genzano. Successivamente il feudo venne smantellato a favore dei ricchi che conquistarono i lotti derivanti dalla suddivisione del latifondo
ecclesiastico. La stessa Badia venne in parte venduta a privati e trasformata in
abitazione. Il centro di Banzi si svilupp attorno al monastero e divenne comune
autonomo nel 1904. A circa 2 chilometri dal centro situata Fonte Nocella, identicata con la Fons Bandusiale citata da Orazio nel III libro delle Odi18.
Ci spostiamo nella zona dellAlto Bradano dove sorge Palatium Sancti
Gervasii, il cui nome deriva dal palazzo fatto costruire da Federico II. Il Palazzo
dal 1507 appartenne a molte famiglie tra cui i Caracciolo, i Grimaldi, i De Marinis
di Genzano. un edicio a tre piani con cortile centrale; la facciata con torri
quadrangolari caratterizzata da quattro bifore e una trifora centrale.
Visitando il paese grande interesse suscita il Palazzo DErrico del 1800 che
ospitava la ricca Quadreria DErrico19.
Concludiamo il nostro viaggio nella citt di Genzano.
Le sue origini risalgono al VII-VI sec. a.C., quando gli abitanti del Pagus Gentianum, insediamento romano, stanchi delle continue invasioni e per sconggere la malaria, si trasferirono nellattuale territorio.
NellXI sec., il centro fu sotto il controllo normanno di Roberto il Guiscardo
e in seguito fu assegnato come feudo a diverse famiglie no al 1806, anno in
cui il re di Napoli, Giuseppe Bonaparte, eman la legge sulla abrogazione della
feudalit.
Nella parte antica del paese possibile ammirare la chiesa di Santa Maria
della Platea, che conserva unimmagine dipinta su pietra del XVII sec..
In citt ubicato lantico Convento delle Clarisse, fondato dai Sancia nel
1300 ed abitato dalle suore no al 1905.
possibile ammirare, fuori dal centro abitato, il complesso architettonico
Fontana Cavallina di stile neoclassico e a forma di anteatro20.

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

Note
Cfr. www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=60
Cfr. www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=108
3
Cfr.www.aptbasilicata.it/Atella.306.0.html
4
Cfr.www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=60
5
Cfr. www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=140
6
www.aptbasilicata.it/Mel.273.0.html
7
Cfr. www.comune.venosa.pz.it//struttura_ita/storia/cenni.htm
8
Cfr. www.comune.lavello.pz.it/Lavello.268.0.html
9
Cfr.www.comune.lavello.pz.it/phpws/index.php?module=pagemaster&PAGE_user_
op=view_page&PAGE_id=56&MMN_position=50:4
10
Cfr. www.comune.barile.pz.it/ReadContents.do?id_root=18&command=1
11
Cfr.www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=60
12
Cfr. www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=86
13
Cfr. www.aptbasilicata.it /Ginestra.276.0.html
14
Cfr.www. aptbasilicata.it/Maschito.272.0.html
15
Cfr.www.comune.forenza.pz.it/Storia.php
16
Cfr. www.comune.forenza.pz.it/Culto.php
17
Cfr.www. acerenza.com
18
Cfr. www.comune.banzi.pz.it /Storia.php
19
Cfr.www.aptbasilicata.it/Palazzo-San-Gervasio.328.0.html
20
Cfr.www.aptbasilicta.it/Genzano-di-Lucania.277.0.html
1
2

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1957~2007

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In principio fu Venusia

In principio fu Venusia

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1.3. In principio fu Venusia

Diverse sono le teorie legate al nome dellantica Venusia. La pi accreditata quella che ritiene la citt fondata in onore della dea dellamore, Venere. Secondo alcuni, Venus deriverebbe da Benoth, il nome fenicio di Venere.
Per altri, lorigine del nome legato allabbondanza e bont dei suoi vini (vinosa), oppure alle vene dacqua di cui ricca o, ancora, al clima ventilato (ventosa).
Il nome glielo diedero i Romani nel 291 a.C., quando, strappata ai Sanniti,
ne fecero una colonia1.
Dionigi di Alicarnasso riferisce che Venosa aveva un proprio Senato, proprie
leggi, cinta muraria, proprio esercito, propria moneta. La sua importanza strategica tale da imporre a Roma non solo la semplice occupazione, ma il trasferimento in questo sito di ben 20.000 coloni.
Divenuta colonia romana la citt consolida i suoi conni geograci, aumenta la sua popolazione, partecipa alla guerra civile (90-88 a.C. Roma le conferisce
il titolo di Municipium, ossia citt romana, estendendo il diritto di voto e di cittadinanza ai suoi abitanti).
Dall89 a.C. al 43 a.C. Venosa rafforza la sua condizione di appartenenza
a Roma. Nel 65 a.C., nasce in Venosa Quinto Orazio Flacco, glio di un esattore di vendite allasta. Il grande poeta latino vive a Venosa la sua fanciullezza e inizia gli studi di grammatica nella scuola locale. Porter il ricordo della
sua fanciullezza trascorsa tra la Fons Bandusiae ed il Monte Vulture in tutte
le sue opere.
Ragazzo, sar mandato a Roma per completare il proprio cursus studiorum.
La fortuna di Venosa proviene in larga parte dalla sua posizione geograca. Fu,
infatti, una delle principali stazioni della Via Appia, la pi importante arteria di
comunicazione dellantichit, strada che congiungeva Roma con Brindisi, vettore e canale obbligato degli scambi tra il Mondo Occidentale e quello Orientale.
Dal 70 d.C. la citt si popola di una colonia Ebraica, probabilmente la pi
antica dItalia.
La citt, ancora oggi, testimone di una convivenza pacica tra etnie mai
realizzata. Fuori dal centro abitato, sulla collina della Maddalena, possibile ammirare le catacombe ebree e quelle cristiane.

44

In seguito Federico II stupor mundi la rende importante mercato cerealicolo.


I Goti prima di porre denitivamente il proprio centro amministrativo, economico e politico nella vicina
Acerenza , nel 493 d.C. lo avevano infatti spostato dalla Val dAgri a Venosa.
Odoacre nel 476 d.C. e nel 570590 d.C. i Longobardi la eleggono Gastaldato. Nell842 e nel 985 i Saraceni la saccheggiano. Seguono i Bizantini che, succeduti ai Longobardi, dopo
la epica battaglia del ume Olivento,
scontti dalle truppe Normanne di Arduino nel 1041, sono costretti ad abbandonarla in favore dei nuovi signori
dellItalia Meridionale.
Nella spartizione normanna Venosa viene assegnata a Drogone
di Altavilla. Federico II (1194-1250)
la infeuder nei possessi demaniali, appannaggio esclusivo della corona. di questo periodo ledicazione di un Castello , sorto in luogo di
un preesistente fortilizio Longobardo dellXI secolo, a cui lo stesso Federico assegner la funzione di Tesoro
del Regno (Ministero delle Finanze).
Dal 1200 tale costruzione diverr convento dei Frati Agostiniani e poi passer ai Salesiani ed inne ai Padri Trinitari, che ancora oggi operano in questa struttura.

In principio fu Venusia

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LIncompiuta, Venosa

Contemporanea alla venuta dellOrdine Agostiniano attestata la presenza di monache del monastero di San Benedetto, in localit Montalbo dal 1177.
In questo periodo fu eretto il complesso della S.S. Trinit.
Sorta su di un insediamento paleocristiano del V - VI secolo d. C., a sua volta edicato sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Imene, divinit delle
Nozze, di cui lattuale impianto porta ricordo nella colonna popolarmente detta
della Sposa o dellAmicizia.
Il Tempio fu ampliato a partire dallultimo quarto dellXI secolo con la chiesa nuova, restata poi incompiuta.
Lattuale facciata, la quarta che nel corso dei secoli stata anteposta luna
allaltra, consente laccesso alla chiesa mediante una porta di stile romanico,
con ai lati due sculture rafguranti leoni2.
Sulla destra del prospetto sporge il corpo di fabbrica parallelepipedo del
monastero, collegato con latrio della chiesa.
Al piano terra situata la foresteria, luogo un tempo riservato ad accogliere i pellegrini. Sotto le volte e gli arconi sostenuti da pilastri cruciformi di epoca

46

longobarda sono stati collocati due


pannelli affrescati (S. Vito e S. Antonio) del XV secolo. La chiesa incompiuta, annessa alla chiesa vecchia,
costituita da un corpo longitudinale, previsto a tre navate, con un ampio transetto sporgente ed absidato
ed un coro molto profondo, circondato da un deambulatorio con cappelle
radiali. In corrispondenza dellattacco del transetto con il deambulatorio sono inserite due torrette scalari. Il
corpo longitudinale presenta cinque
colonne con grandi capitelli corinzi ed un pilastro polistilo allincrocio
con il transetto solo sul lato destro,
mentre sul sinistro non furono realizzate neppure le fondazioni del colonnato settentrionale. Non fu mai realizzata la copertura. LIncompiuta resta
lunico caso visibile di un fenomeno
che normalmente si vericava, ossia,
quando si costruiva una chiesa nuova
su una pi antica. Questultima veniva lasciata in piedi no al momento
in cui la nuova non fosse in grado di
funzionare pienamente3.
La sua origine ancora oggi oggetto di dibattito e di confronto. Alcuni studiosi, tra cui Tommaso Pedo,
affermano che sia stato edicato dai
Longobardi nel 942 a seguito della
conversione e della scelta di vita benedettina fatta da Iudulfo, altri , tra cui

In principio fu Venusia

47

Lavatoio pubblico, part., Largo Piazzetta, Venosa

Giustino Fortunato, annoverano il complesso tra le costruzioni volute da Drogone dAltavilla.


Il conte Dragone ha fatto costruire il monastero venosino dallabate Ingelberto (1046/51- 1066), per lanima di suo fratello Guglielmo Braccio-di-ferro.
Sotto il governo di Dragone le funzioni di Cattedrale vennero trasferite ad una
altra chiesa dedicata a San Felice ed ubicata dove attualmente sorge il Castello
di Pirro del Balzo.
Successivamente, durante il sinodo di Mel (agosto 1059), il papa Nicol
II legittimava, con il riconoscimento del titolo ducale a Roberto il Guiscardo,
le conquiste normanne nel Meridione, mentre i normanni giuravano fedelt al
papa. Lalleanza con i normanni permetteva ai ponteci di avviare il recupero
delle Chiese dellItalia meridionale cadute in gran parte nellepoca del dominio
bizantino sotto linusso della Chiesa greca. In questo contesto storico si colloca la consacrazione della chiesa della SS. Trinit per la quale il papa Niccol II si
rec il 17 agosto 1059 personalmente a Venosa.
Sotto labate normanno Berengario (dopo il 1066- dicembre 1094 quando
venne consacrato dal papa Urbano II vescovo di Venosa) il monastero della SS.
Trinit di Venosa raggiunse un ruolo di primo piano nellItalia normanna. Per la
prima generazione normanna nel Mezzogiorno dItalia, infatti, la citt di Mel
divent, a causa della sua posizione strategica, il centro politico, mentre il vicino

48

Castello, cortile interno, Venosa

monastero della SS. Trinit di Venosa divent, anche per essere stato prescelto
come sepolcro della famiglia degli Altavilla, un centro religioso di grande rilevanza.
Il monastero perse di importanza quando il centro del potere normanno
nel Mezzogiorno si trasfer, alla ne del sec. XI e nella prima met del sec. XII, dal
Mezzogiorno continentale alla Sicilia.
Nel 1096 perde la sua autonomia, passando prima alle dipendenze dellAbate di Cava, e poi al Cenobio di Montecassino. Tra le molte donazioni spicca

In principio fu Venusia

49

quella di Roberto il Guiscardo del 1074, che concede alla Trinit medietatem
civitatis Venusii.
Alla ne del 1200 comincia la decadenza economica dellAbbazia. Papa
Bonifacio VIII, nel 1297, dopo aver soppresso il monastero nel 1292, assegna il
complesso e la chiesa al Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano dei Templari,
poi Cavalieri di Malta, i quali si stabilirono allinterno della citt (Palazzo Bal),
non curandosi dellimpianto monastico della nuova chiesa.
Con labbandono della citt da parte dei Benedettini la costruzione della nuova chiesa fu interrotta. Gli Angioini reinfeuderanno Venosa agli Orsini,
e con il matrimonio di Maria Donata, essa diverr dote per Pirro del Balzo nel
1443. Questi dar nuovo impulso allurbanistica di Venosa, edicher il Castello
ove si ergeva la cattedrale di San Felice.
Dal 1460 al 1470 vengono costruiti il Castello e la Nuova Cattedrale che sar
intitolata a SantAndrea , terminata nel 1502 e consacrata nel 1531.
Nel Regno delle Due Sicilie seguono agli Angioini gli Aragonesi, ed a Venosa ai Del Balzo i Gesualdo, signori dei paesi dellIrpinia che nel 1561 vennero nominati feudatari e Principi di Venosa.
Dal 1582 al 1612 nascono, grazie al mecenatismo, lAccademia dei Piacevoli
e dei Soavi, la Scuola di Diritto, e lAccademia dei Rinascenti. Figli di questo clima culturale sono il poeta Luigi Tansillo (1510 - 1580), il giurista Giovanni Battista De Luca (1614 1683) e la controversa gura di Carlo Gesualdo principe di
Venosa, (1560-1613) eccelso musicologo et prencipe de musicii, come lo den
lamico Torquato Tasso, madrigalista sommo. Una leggenda vuole che Carlo Gesualdo abbia ucciso, nel castello di Venosa, la propria sposa, Maria dAvalos, sua
cugina, colpevole di tradimento consumato con Fabrizio Carafa duca di Andria,
omicidio che le fonti storiche riportano sia stato compiuto a Napoli, nel Palazzo S. Severo.
In questo periodo Venosa vive momenti di grandi fermenti culturali.
Dopo la morte di Gesualdo la citt passa di mano in mano come feudo, dai
Ludovisi ai Caracciolo, i quali la tengono no alleversione della feudalit.
Nel 1700 i Rapolla, insieme ad altri galantuomini venosini, promuovono la
costituzione della municipalit repubblicana, della quale poi perdono il controllo ad opera di rivolte capeggiate da popolani. Nel 1808 Venosa la terza citt della provincia di Basilicata dopo Mel e Matera, per il numero di possedi-

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menti, ad avere diritto attivo e passivo nel Parlamento Nazionale Napoleonico.


Nel 1820 anche Venosa esprime una cospicua rappresentanza nella carboneria,
tanto che nel 1848 uno studente venosino, Luigi La Vista, rimane ucciso a Napoli
dalla guardia svizzera durante i moti rivoluzionari.
La citt di Venosa, in seguito, pur avendo partecipato al fenomeno del brigantaggio, ne risulta appena coinvolta tuttavia nel 1861 si ha testimonianza di
una rivolta tra liberali e reazionari cui presero parte bande legate al brigante
Crocco che ebbero il sostegno di alcune famiglie venosine.4
Nellesplorazione dellantica Venosa non si pu non restare affascinati dal
sito nei pressi del Tempio della Trinit che rappresenta unaltra interessante
tappa nel viaggio attraverso larea archeologica di Venosa. Vero e proprio centro di benessere, le terme erano il luogo in cui ci si poteva dedicare alla cura
del corpo con la possibilit di scegliere tra esercizi ginnici e bagni rilassanti. La
struttura era infatti dotata di una palestra e di vari ambienti diversamente riscaldati che consentivano di optare per diverse tipologie di bagno: il frigidarium per il bagno freddo, il tepidarium per il bagno caldo e il laconicum, piccola stanza in cui era possibile fare la sauna.
II complesso costituito da una serie di ambienti allineati lungo la strada basolata. Dallingresso a sud-ovest si accede attraverso lambiente probabilmente adibito a spogliatoio, al vano per i bagni freddi decorato con mosaico ad
animali marini e provvisto di vasca semicircolare. Un passaggio (oggi non pi
visibile) metteva in comunicazione con i vani riscaldati.
Il primo era originariamente pavimentato in marmo. Ancora oggi possibile
ammirare le parete in terracotta per il riscaldamento mediante aria calda, che vi
afuiva da unintercapedine sottostante il pavimento e comunicante con i forni.
Nei due vani seguenti, realizzati con lo stesso sistema, si trovavano il Tepidarium o ambiente per la sauna (Laconicum) e la stanza per i bagni caldi provvista
di vasca in muratura. Il complesso comprendeva ambienti di servizio alle spalle
del Calidarium e un cortile porticato sul lato sud-ovest , forse adibito a palestra.
Alcuni ambienti realizzati in blocchi di tufo, nellarea sottostante il mosaico del
Frigidarium, oggi ricoperti, sembrerebbero relativi ad un edifcio pubblico di
notevole mole di et repubblicana (II-I sec.a.C.).
Al I sec. d.C. riconducibile la prima realizzazione sicuramente termale. Dallingresso sulla via basolata un breve corridoio immette nellatrio con Implu-

In principio fu Venusia

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Castello, ingresso su Piazza Umberto I, Venosa

vium o vasca al centro e pavimento a mosaico a motivi vegetali con tessere


bianche e azzurre. Dei due vani laterali, forse aperti sulla strada, quello orientale
conservava tracce dellalloggiamento di grossi contenitori per derrate alimentari (Dolia). Affacciano sullatrio quattro stanze o Cubicula, mentre sul lato di
fondo si apre il vano principale, anchesso mosaicato, da identicare con il Tablinum ancheggiato dalle Alae.
Gli ambienti adiacenti alla strada meridionale sembrerebbero adibiti, almeno in parte, a funzione commerciale come Tabernae.
Sulla stessa via ubicata una domus, con pavimento a mosaici attribuibili al II sec. d.C., estesa no al limite opposto dellisolato. Latrio era provvisto di
una vasca con cornice modanata per la raccolta dellacqua piovana, poi conservata in una cisterna sottostante di cui visibile limboccatura del pozzo. Ai lati
si aprivano alcune stanze, mentre sul fondo cera la sala principale, uno stretto
corridoio immetteva in un cortile porticato o Peristiylium.

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Il settore orientale dellisolato era occupato da un altro complesso, anchesso di uso abitativo, la cui prima fase da collocarsi in et tardo-repubblicana.
Lultimo momento di utilizzo, che comport una riorganizzazione degli spazi,
con linserimento di una fornace e di alcuni focolari, inquadrabile tra il IV e il
VI sec. d.C. Larea, dopo un completo abbandono, fu adibita a necropoli in et altomedievale, anche con la realizzazione di fosse comuni, di cui visibile il taglio
operato nelle murature sottostanti5.
Dal Parco Archeologico si ha accesso alle terme romane, alle domus private
e allanteatro. II monumento fu realizzato in parte su terrapieno articiale, in
parte adagiato sul pendio collinare. Lellisse, scavata solo parzialmente, era costituita da un anello esterno pilastrato e da un corpo centrale su tre livelli, occupati dalle gradinate della Ima, Media e Summa Cavea. I settori erano sostenuti
da tre corridoi anulari e da ambienti delimitati da muri. Il passaggio alle gradinate avveniva attraverso lambulacro.
Al centro dellarena alcuni ambienti sotterranei con funzione di servizio
(magazzino per le attrezzature, ricoveri per le bestie da combattimento, ecc.)
sono scavati nella roccia e foderati in opera mista. Lanteatro, costruito in opera reticolata nel corso del I sec. d.C., ebbe grossi interventi di consolidamento
strutturale durante il II sec. d.C., mediante muri di rinforzo in opera mista, fase in
cui sono da ricondursi anche i sotterranei. Ledicio venne realizzato in unarena (cos chiamata poich ricoperta da un sottile strato di rena che impediva ai
gladiatori di scivolare) gi edicata, saldando e perimetrando, con un muro in
opera reticolata, due isolati dellestrema periferia cittadina ed una strada6.
Al centro di Venosa sorge il grandioso castello fatto costruire dagli Aragonesi nel 1470. La costruzione, che ricorda il Maschio Angioino di Napoli, ha un
aspetto regolare, con pianta quadrata, torri cilindriche angolari e circondato da
un ampio fossato.
Nella prima met del secolo XV, Pirro del Balzo, a causa delle disastrose e
frequenti incursioni dei nemici, fu costretto a costruire, per la sicurezza dei cittadini, una roccaforte. Per fare ci ebbe necessit di demolire la vecchia Cattedrale di San Felice.
Le caratteristiche torri angolari, che presentano la tradizionale merlatura
superiore, custodiscono le armerie mentre nei sotterranei, quasi a segnare il distacco dalla vita e dalla luce, sono ubicate le prigioni7.

In principio fu Venusia

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Nelle segrete della torre Ovest del Castello possibile, ancora oggi, leggere
i grafti incisi dai prigionieri che vi erano rinchiusi. Uno di questi, datato 8 aprile
1543, riporta queste testuali parole: Io che gi mai in prigione era stato/ ognun
di voi ascolta il mio consiglio/ e ne ricordi come il patre al glio/ che mai di donna non vi date./ Questo lo diquo e sode in gran spavento/ perch nce so incappato a tradimento8.
Pirro del Balzo promise, al vescovo Nicola Pordo, che avrebbe costruito
una nuova Cattedrale allinterno della citt.
Il Tempio, infatti, sorge sul luogo dellantica parrocchia di San Basilio e fu
consacrato il 12 marzo del 1531 da Monsignor Ferdinando Serone.
La chiesa divisa in tre navate, con cappelle laterali. Tra le navate e il presbiterio si erge un maestoso arco gotico. La Chiesa conserva la tomba di Maria
Donata Orsini, reliquie e dipinti. annesso il campanile di 42 metri la cui costruzione dur 125 anni9.
Proseguendo per via Frusci si giunge in un violetto tra il n. 12 e il n. 14 dove
da tempo in tempo-scriveva un cronista del 500- e dalli nostri avi e bisavis
detto e si dice che sono le case dOrazio Venosano. Pare che qui sia nato il poeta Quinto Orazio Flacco.
Si tratta di un edicio romano, nel quale in realt sono stati individuati ambienti termali di una casa patrizia, composti da una sala rotonda che costituiva il
calidario (la stanza per i bagni dacqua calda) e di un attiguo vano rettangolare.
La facciata mostra visibili tratti di strutture romane rivestite di mattoni a legatura reticolata, mentre a sinistra dellingresso murato un bassorilievo10 .
Fuori dal centro abitato nella zona di Notarchirico situato il Sito del Paleolitico inferiore, datato a circa 359.000 anni fa e situato nelle vicinanze di Venosa.
Limportanza del parco data dal fatto che uno tra i siti europei sul Pleistocene Medio meglio conservati e ricchi di materiali.
Nel giacimento, scoperto nel 1979 in seguito ad una ricognizione effettuata
dallIstituto Italiano di Paleontologia Umana, sono stati effettuati numerosi scavi, condotti dal 1980 al 1985 e diretti dalla Soprintendenza Archeologica della
Basilicata, che hanno portato alla luce diversi strati abitativi molto estesi con
la presenza di manufatti associati a resti di elefanti, bovidi e cervidi. Un cranio
di Elefante stato rinvenuto in posizione capovolta, con entrambe le zanne in
connessione anatomica e con la mandibola, priva di entrambi i rami ascendenti,

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dislocata in prossimit dellestremit anteriore della zanna destra. Oltre a questo ritrovamento, di notevole interesse anche la presenza nel sito di Palaeoloxodon antiquus, di Bovidi (Bos primigenius e Bison schoetensacki) e di Cervidi
(Dama clactoniana, Cervus elaphus e Megaceros solilhacus) insieme a pi rari
resti di rinoceronte, lepre, tartaruga e qualche uccello11.
Visitare Venosa, ha scritto un poeta locale, come incontrare una bella, ricca signora avvolta nel suo scialle di ricordi.
Peregrinare nei suoi incantati viuzzoli, tra le sue architetture memorabili,
come compiere un viaggio a ritroso nei secoli antichi.
Un viaggiatore inglese (Edeard Lear, Viaggio in Basilicata, 1847) ricorda: Venosa, paesaggio pittoresco e suggestivo quantaltri mai, malinconicamente incantevole. Tante delicate bellezze, e antiche vestigia in uno spazio cos limitato,
non si vedono spesso.

Note
Cfr. I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione
art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pag. 349
2
Cfr. Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pp. 38-40
3
Cfr. Hubert Houben, Il Libro del Capitolo del monastero della S.S. Trinit di Venosa, (Cod.,
Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno Normanno, Galatina, Congedo, 1994,
pp. 21-52
4
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/storia/cenni.htm
5
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/parco_archeo.htm
6
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/anteatro.htm
7
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/castello.htm
8
Cfr. I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione
art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pag. 350
9
Cfr.www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/cattedrale.htm
10
Cfr. Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pag.34
11
Cfr. www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/sito.htm
1

In principio fu Venusia

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Il vino di Orazio

Il vino di Orazio

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2.1. Il Vino di Orazio

Il poeta Orazio, nativo di Venosa (Pz), lod le uve, i vini, le olive e i cereali della sua terra. Oltre al poeta latino anche limperatore Federico II non era immune
allessenza profumata, alla rafnatezza e al sapore dellAglianico.
Plinio ricorda la fama dei vini di Thurium (Colli di Sibari) e Buxentum (Policastro). Il Lagaria serv per far guarire Messala, uomo politico fra i sostenitori di
Augusto. Queste alcune informazioni sul vino della Basilicata dellepoca romana.
Probabilmente i primi magliuoli di vite furono portati in questarea dai coloni greci sbarcati a Eraclea (Policoro), come testimoniano epigra ritrovate sui
resti archeologici del Tempio di Dionisio. Il vitigno principale della regione
lAglianico, noto come Gesualdo, ma comunemente chiamato Ellenico per il
riferimento alla sua antichissima origine. Si pensa, infatti, che sia stato introdotto, in Italia, dai Greci intorno al VII-VI secolo a.C. allepoca della fondazione di
Cuma.
Alcuni storici fanno risalire la sua coltivazione ad una data ancora precedente e cio addirittura al V-VI secolo avanti Cristo.
I Romani ne diffusero la coltivazione soprattutto in Campania, ribattezzandolo Vitis Ellenica e concessero alla colonia di Venosa di coniare una moneta in
bronzo rafgurante Dioniso, divinit fortemente legata alla terra e alla vite, poi
assorbita dal culto di Bacco.
Il nome Aglianico ha origini incerte. Potrebbe derivare dal nome dellantica
citt di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Oppure da progenitori greci che
presero il nome di Hellenici e che potrebbero essere sbarcati sullo Jonio lucano
addirittura 17 generazioni prima che cominciasse la guerra di Troia o essere pi
semplicemente una storpiatura della parola Ellenico. A sostegno di questa tesi
si ipotizza che, in origine, il nome dellAglianico fosse Hellenico, oppure Eleanico, o ancora Ellanico.
Il nome originario (Elleanico o Ellenico) divenne Aglianico durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia pronunciata
gli nelluso fonetico spagnolo.
Da Ellenico o Ellanico ad Aglianico il passo potrebbe essere stato abbastanza
breve, visto che la doppia L di tali denominazioni in lingua spagnola ha lo stesso

58

suono del gruppo GLI di Aglianico, in quella italiana. Proprio in questo periodo
lAglianico avrebbe conosciuto grandissima fortuna presso le corti dellepoca.
Sante Lancerio ne tramanda un giudizio lusinghiero: et dicevali bevanda delle
vecchi, rispetto alla pienezza. Carlo dAngi ordinava per la mensa propria e dei
dignitari di corte quattrocento some del buon vino del Vulture, mentre Andrea
Bacci cita lAglianico pi volte dicendo che era tratto da uve non tanto nere,
piene di succo rubicondo, e duna sostanza mediocremente grassa, densa, pingue; e alcolico quando le vendemmie corrono asciutte.

Il vino di Orazio

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Nel 1629 Prospero Rendella, nel suo TRACTATUS DE VINEA VINDEMIA ET


VINO, descrivendo i vini delle Due Sicilie accenna anche al Melaco (Mel)
come vino fragrante, dorato e dolcissimo, per nulla inferiore ai vini di Cipro e
Creta. A ne 800 in una monograa di Bianchi sui vini della Basilicata, la migliore area per produrre vini di qualit venne giudicata quella del Vulture (Pz),
tuttoggi zona deccellente produzione, identicata nel vulcano spento ubicato
sul versante adriatico dellAppennino con allinterno due splendidi laghi1.
Nel 1909 il Carlucci affermava che nella Basilicata era degna di menzione la
zona del Vulture, ove i fertili versanti, orientale e di Mezzogiorno, erano coperti
da orenti vigneti costituiti quasi esclusivamente da Aglianico. Questo vitigno
non era solo coltivato sui declivi di questo vulcano spento, ma pure in tutta la
provincia: su 124 Comuni, costituenti la Basilicata, veniva coltivato in 104, ed in
40 di questi gli erano destinate rilevanti estensioni. Nel 1971 lAglianco ottenne la denominazione di origine controllata (DOC) e si avvia splendidamente a
conseguire la DOCG e che rappresenta un sicuro riferimento per i prodotti tipici
lucani e per la Dieta Mediterranea.
LAglianico vitigno di buona produttivit. Il grappolo, di media grandezza
ed abbastanza compatto, conico o cilindrico, presenta acini con buccia molto
resistente dal colore blu intenso e ricoperta di pruina. La vendemmia dellAglianico avviene solitamente tra la seconda met di ottobre e la prima met di novembre.
un vino coltivato in tutto il meridione ma ha trovato la sua zona ideale ai
piedi del vulcano Vulture. Questo terreno fertile d vita ad un vino meraviglioso, dal colore rosso rubino vivo, a volte impenetrabile. Tali qualit hanno valso
allAglianico il soprannome di barolo del sud2.

Note
1
2

Cfr.www.taccuini.storici.it
Cfr. www.consorzioaglianicodelvulture.it

Il vino di Orazio

61

La Cantina di Venosa

La Cantina di Venosa

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2.2. La Cantina di Venosa

Dalle terre vulcaniche del Vulture nasce il primo e pi famoso vino Doc lucano, lAglianico.
Ottenuto dal vitigno omonimo, uno dei vitigni autoctoni italiani pi importanti, lAglianico del Vulture un nobile vino rosso che ha avuto negli ultimi
anni una grande crescita qualitativa.
Secondo il disciplinare, questo vino nasce dalla vinicazione in purezza di
uve Aglianico.
Le viti erano coltivate soprattutto nella tradizionale forma ad alberello.
LAglianico del Vulture non pu essere messo in commercio senza almeno un anno di invecchiamento, per essere qualicato Vecchio necessita di tre
anni di afnamento, mentre ci vogliono cinque anni per fregiarsi della qualica
di Riserva. La gradazione minima deve essere di 11,5 gradi. un grande rosso,
dal colore rubino che tende con il tempo al granato: il profumo ampio e delicato migliora con linvecchiamento. In bocca equilibrato e giustamente tannico:
tende al vellutato con let.
LAglianico occupa un posto di rilievo nella viticoltura lucana1.
Attorno a questo vino nata nel 1957 la Cooperativa a responsabilit limitata per azioni denominata Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di
Venosa, costituita da 29 soci promotori.
Nel cuore della Basilicata, tra le colline vulcaniche del Monte Vulture, tra terre di origine molto antiche, si trova, infatti, la Cantina di Venosa, che si estende
su una supercie di 900 ettari di terreni coltivati a vigneti ad una altitudine di
400/600 metri sul livello del mare.
La volont, la costanza, la capacit di aggregazione di questo gruppo di
viticoltori hanno fatto s che oggi la Cantina annoveri 500 soci che con passione e grande impegno ottengono il massimo rendimento producendo uve
di grande qualit.
Lobiettivo della Cantina quello di ottenere dalla antica cultura e tradizione vitivinicola, che i Greci e Romani diffusero in Basilicata, un vino dalle caratteristiche inconfondibili come lAglianico del Vulture DOC, uno dei vini rossi pi
prestigiosi del panorama enologico italiano.

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La sua istituzione fu sostenuta dallEnte della Riforma Fondiaria. Allindomani dell 8 settembre del 1943, nel cuore del Marchesato di Crotone, i braccianti
agricoli, spinti dalla fame e in agitazione per le terre comuni usurpate dai grandi
proprietari terrieri, invasero e occuparono spontaneamente le terre dei latifondi.
La rivolta si estese subito dalla Calabria a tutto il Mezzogiorno, soprattutto nelle
tradizionali aree latifondistiche di Lazio, Puglia, Lucania e Sicilia.
Questi movimenti per la rivendicazione delle terre, portati avanti dai contadini meridionali nella primavera e nellautunno del 44, portarono il ministro

La Cantina di Venosa

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dellAgricoltura e Foreste, il comunista Fausto Gullo, ad emanare il 19 ottobre


del 1944, per legittimare le avvenute occupazioni, un decreto per la concessione a cooperative di contadini delle terre incolte o mal coltivate, di propriet
privata o di Enti pubblici.
Nellottobre 1949 si veric un grande movimento di occupazione delle
terre, guidato dal partito comunista.
Lotte, occupazioni e ripartizioni delle terre nei territori latifondisti si imposero allattenzione di tutta Italia, forzando cos il Governo italiano a riprendere il

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progetto di Riforma agraria propagandato dai democristiani e a promulgare


dei provvedimenti legislativi straordinari.
Lobiettivo principale della Riforma, era quello di distribuire la terra ai contadini, che si trovavano ad essere scarsamente occupati dopo la guerra.
Si pens di dar vita ad ampi poderi. Dopo vennero, invece, create tante piccole aziende date in propriet alla singola persona, in modo che fosse il singolo
uomo a poterle gestire, a poter decidere quello che doveva fare e crescere in
maniera individuale ed espansiva.

La Cantina di Venosa

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Lobiettivo era quello di fare in modo che gli individui potessero liberarsi
dallo stato di servit, e che potessero crescere come persone che lavoravano
per s e per la propria famiglia in maniera collettiva, non come fatto dimpegno
diretto, ma come solidariet tra le persone.
Un altro compito della Riforma era quello di dare non solo la propriet delle
terre, ma anche una casa decente ai contadini.
La Riforma agraria (fondiaria nella fase applicativa) si articol, perci, in
unopera di espropriazione, trasformazione ed assegnazione delle terre (con

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Fase di costruzione della sala stoccaggio, 1981

La Cantina di Venosa

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riservato dominio da parte degli istituendi Enti di Riforma zonali e di territorio:


Ente Sila, Ente Delta, Ente Fucino etc.) al ne di ridistribuire la propriet, promuovere lo sviluppo, superare larretratezza, sollevare la pressione sul bracciantato agricolo.
Alla fase di espropriazione seguirono il compimento delle opere di bonica
e di trasformazione fondiaria pi urgenti ed inne lassegnazione, da parte degli
Enti di Riforma regionali, delle terre espropriate alle famiglie contadine, mediante
un contratto di vendita, con clausola di pagamento rateale del prezzo in 30 annualit, con la riserva del dominio dellEnte no al completo pagamento2.
Le leggi di riforma miravano a costruire imprese contadine autosufcienti,
considerando la cooperazione quale strumento indispensabile per agevolare e
garantire il processo produttivo delle terre. Essa, infatti, puntava alla riduzione
dei costi di produzione e ad una maggiore remunerazione del lavoro attraverso
un pi conveniente collocamento dei prodotti sui mercati.
La legge del 12 maggio del 1950 obbliga gli assegnatari, per la durata di 20
anni dalla stipula del contratto di vendita, di far parte delle cooperative e consorzi che saranno creati dagli Enti di Riforma per garantire alle nuove propriet
coltivatrici la necessaria assistenza tecnica ed economica-nanziaria ed assicurare cos il migliore consolidamento dellimpresa agricola3.
Le unit produttive costituite erano di due tipi: Poderi e Quote.
Il primo era riferito alla costituzione di aziende famigliari agricole autonome, cio in s capaci di assicurare quel complesso di redditi che necessario
alla famiglia coltivatrice.
Il secondo tipo, vale a dire la quota, riferito alla creazione di unit produttive in s non autonome, ma capaci di reddito tale da integrare gi accertati esistenti redditi, prima dellintegrazione in s insufcienti allautonomia familiare.
I terreni, espropriati dallEnte Riforma ai latifondisti, vennero distribuiti ai
braccianti. Non tutti furono soddisfatti, da un punto di vista economico, della
ripartizione delle terre fatta dallEnte. Questultimo, allora, oltre ad assegnare i
poderi agli assegnatari attu, anche, una distribuzione dei latifondi ai quotasti.
I poderi attribuiti agli assegnatari furono bonicati e dedicati alla coltivazione di grano e frutteti.
Nei terreni divisi in quote venne impiantato il vitigno dellAglianico, adatto
al terreno prettamente vulcanico tipico della zona.

70

I terreni interessati alla produzione del Vino sono ubicati nella zona di Pianoreggio, San Francesco, Piano di Camera I e Iatta, area che sub il processo di
lottizzazione in quote da Ha 2,00.00 circa.
La zona di Iatta, area di demanio Comunale, fu quotizzata alla ne dell800.
Le altre zone espropriate (Boreano, Shegapede, Grottapiana, Matinella)
vennero lottizzate in appezzamenti di Ha 6.50,00 circa , in ogni podere vennero
impiantati vigneti dallestensione di Ha 0,30 o di Ha 1,00.
La zona nota con il nome Notarchirico (chiamata cos perch fu donata al
Comune di Venosa dal Notaio Chirico) durante lassegnazione dei terreni da
parte dellEnte Riforma, fu quotizzata a seminativo. Le quote, per, risultarono
insufcienti per il fabbisogno famigliare, molti contadini furono costretti a emigrare, in cerca di lavoro, nelle zone del nord Italia e allestero, restituendo gli
appezzamenti al Comune. Questultimo ridistribu le quote alle famiglie rimaste
in loco, che con lacquisizione dei nuovi terreni, in aggiunta a quelli gi in loro
possesso, divennero viticoltori nel 1978, anno in cui questarea fu trasformata
da seminativo a vigneto secondo un progetto realizzato dalla Comunit Montana e dal Comune di Venosa.

Inaugurazione del nuovo stabilimento enologico, 1984

La Cantina di Venosa

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I tecnici dellEnte Riforma modicarono il sesto dimpianto (da mt 1x1 a mt


2,14x1,07) con portamento della vite alla Gajuot, coltivati a spalliera bassa.
I vigneti, ancora oggi, vengono monitorati e controllati dagli agronomi
della Cantina per individuare il momento propizio nel quale intervenire per il
trattamento antiparassitario e per garantire il tempo di carenza (vale a dire il
tempo che intercorre tra lultimo trattamento e la raccolta) afnch non si trovino residui di tosanitari nei vini.
Gli agronomi controllano, anche, la produzione per Ha che non deve superare i 100 quintali per ettaro, come enuncia il disciplinare dellAglianico del
Vulture DOC.
La produzione di uve, prima della distribuzione delle quote da parte dellEnte
Riforma, si aggirava attorno a 15-20 mila quintali. Con lassegnazione delle quote
ai podisti la produzione aument no a raggiungere i 60-70 mila quintali.
Con lincremento della produzione lEnte Riforma, inoltre, sostenne le opere di bonica e di miglioramento degli impianti realizzati dai quotasti.
Con laumento della produzione delle uve si avverte la necessit di costruire una cantina nella citt di Venosa.
Fra la ne dellOttocento e linizio del Novecento, nella valle di Venosa predominavano i vasti campi a seminativo intervallati da vigneti. Allindomani della
Riforma Agraria nel Mezzogiorno Venosa, malgrado gli sforzi che doveva affrontare, partecip attivamente allo spirito associativo che la Riforma introduceva.
La Cooperativa, che fu interamente realizzata a carico dello Stato ( 50% dellEnte Riforma; 50% Cassa del Mezzogiorno), nel primo anno, contava 29 soci

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promotori, i quali divennero, dopo un anno, 100 per arrivare, ai giorni nostri, a
contare un numero consistente: pi di 500 soci.
La Cantina venne realizzata non solo per contenere le enormi quantit di
uve che venivano prodotte, ma soprattutto per rimuovere la piaga dello sfruttamento da parte delle aziende vinicole del Nord.
risaputo il fatto che aziende delle regioni settentrionali, aiutate da intermediari del luogo, giungevano, durante il periodo della vendemmia, nelle
nostre zone per acquistare, a poco prezzo, le uve del vitigno dellAglianico, che
ben si sposa con uve piemontesi e toscane, incrementando i loro prodotti e il
loro guadagno.
La prima Cantina sorta nella cittadina oraziana, infatti, era gestita da imprenditori provenienti dallAstigiano, successivamente venne presa in tto
dallEnte Riforma. La Cantina era ubicata presso lo Scalo Ferroviario di Venosa,
dove attualmente sorge il laboratorio di ceramica di Muscatiello. Oltre a questo
impianto, sempre nei pressi dello Scalo Ferroviario, era ubicato un altro stabilimento appartenente ai signori De Camillo (attualmente di propriet di una famiglia venosina) utilizzato dalla Cantina di Venosa per il deposito delle uve.
Con il passare degli anni, e dunque con laumento della produzione, si usufru anche dei locali del Frantoio di Picece, sito in via Roma.
Nellanno 1958 venne redatto il primo verbale, dove possibile leggere che
i soci della cantina di Venosa, non avendo ancora una sede propria, si riunirono
presso i locali del Comune di Venosa, ubicato in Vico San Domenico 1, in assemblea ordinaria dei soci. Erano presenti 41 soci su 100, le Sezioni Speciali per la
Riforma Fondiaria, il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Societ,
Francesco Perillo, e il segretario Rocco Iurino (che rimarr in carica no al 1983.
Dal 1978 stato afancato dallattuale ragioniere Francesco Siviglia e da Sacco
Michele, dipendente dellESAB no al 1991).
LEnte Riforma si fece carico, come ulteriore contributo alla Cantina venosina, di due gure professionali: il Ragioniere e lEnologo.
Sia il ragioniere Iurino che lenologo Palladino, infatti, erano due impiegati
dellEnte Riforma. Entrambi, pur rimanendo stipendiati dello Stato, dopo la costituzione della Cantina, prestarono il loro servizio allinterno di essa.
Nei primi anni di vita la Cantina di Venosa ader alla 3C (Centrale Cantina Cooperativa) della Riforma Fondiaria di Bari, per la commercializzazione del vino.

La Cantina di Venosa

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Con laumento della produzione dellAglianico, la 3C realizz un organismo


di secondo grado Lucano, per linglobalizzazione e la distribuzione, in tutto il
territorio italiano, del vitigno lucano.
Agli inizi degli anni 70, inoltre, fu istituito il Consorzio Viticoltori Associazione del Vulture, creato con il contributo economico (50 milioni di lire) della
Comunit Montana, con sede sociale a Rionero e struttura operativa a Barile.
Lo stabilimento era utilizzato per la spumantizzazione, la conservazione e
linvecchiamento in botte di rovere dellAglianico Doc.

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Al Consorzio aderirono, oltre alla Cantina


di Venosa, anche la Cantina Sociale di Rionero,
la Cantina del Vulture, la Cantina Sociale di Barile e la Cantina Sociale di Acerenza.
Nel periodo antecedente la Riforma Fondiaria la vite veniva coltivata con il Metodo alla
Latinao Capannella. Limpianto si sviluppava
un metro per un metro, la vite veniva potata a
due o tre branche e tagliata a due cornetti.
Successivamente, quando la zappa venne
smessa per fare posto alle nuove tecnologie,
venne introdotto il Metodo di lavorazione
a impianti sviluppatosi secondo la tecnica
che prevede un tralcio a frutto e potato a due
gemme, questo per consentire ai trattori di
transitare attraverso le piante vinicole. Il disciplinare non consente grossi stravolgimenti agli
impianti e prevede una produzione massima
per Ha di q.li 100 di uva. Con laumento della
produzione del vino e con la trasformazione,
da parte del Comune di Venosa dei terreni di
sua propriet ubicati in localit Notarchirico,
le cantine, situate in agro di Venosa, risultarono insufcienti. Il Comune di Venosa, pertanto,
concesse allEnte Riforma, per la costruzione
del Primo Stabilimento Vinicolo, cinque mila
metri quadrati di terreno in localit Vignali
S. Felice al prezzo simbolico di 100 al metro
quadrato, per un totale di 500 mila lire.
La nuova Cantina realizzata interamente
a carico dello Stato. Infatti, il 50% delle spese
sono a carico dallEnte di Riforma, il restante
della Cassa del Mezzogiorno. Lo stabilimento
entrer in funzione nel 1966.

La Cantina di Venosa

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Nel verbale dellAssemblea ordinaria dei


Soci del 21/12/1966 leggiamo che lassemblea
riunita presso lo stabilimento vinicolo della
Cooperativa sito in localit Vignali S. Felice di
Venosa, per discutere degli interessi relativi alla
vita della cooperativa. Allassemblea parteciparono, oltre ai soci, il Presidente della Cantina, il
signor Francesco Perillo. La Cantina aveva una
capienza di circa ventimila quintali. Gli ambienti destinati alla cantina presentavano delle
caratteristiche costruttive tali da consentire il
buon svolgimento delle operazioni di vinicazione e di stoccaggio.
I locali furono realizzati con le caratteristiche giuste tali da consentire una variazione minima della temperatura, essere ventilati e arieggiati afnch, nel periodo della fermentazione
tumultuosa quando si sviluppa una notevole
produzione di anidride carbonica, il luogo risultasse ossigenato e quindi non pericoloso per la
vita delle persone. Allinterno dello stabilimento
erano presenti vasche e fermentino in cemento
e per linvecchiamento venivano utilizzate botti
di rovere.
I vasi di cemento hanno la caratteristica di
non essere porosi come il legno, e quindi non
permettono gli scambi gassosi con lesterno
che sono allorigine dei processi di invecchiamento del vino. Le vasche di cemento, usate
sia per la fermentazione che per la conservazione del vino, venivano lavate accuratamente
e lasciate asciugare per evitare contaminazioni
batteriche al vino. I vini rossi di pregio venivano
invecchiati in botti di legno.

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Il team aziendale. Al centro il Presidente Teodoro Palermo, sulla destra Francesco Sivilia, a seguire Antonio Teora e
Franco Calviello. Sulla sinistra della foto Angela Pellegrino, Filomena Luciano, Mariantonietta Tauriello; alle spalle Angelo Giordano, Rocco Manieri, Rocco Sileo, Tommaso Briscese, Giuseppe Pietrafesa, Emilio Sileno; in terza la Mario
Evangelista, Alberto DErrico, Rocco Pellegrino, Francesco Perillo; in quarta la Alfredo Pellegrino, Nicola DErrico, Antonio Digrisolo, Antonio Visaggia, Armando Liberatore, Mauro Palermo, Claudio Monaco; in ultima la Martino Briscese,
Nicola Lapolla, Vincenzo Lisanti.

Nel 1971 lAglianico del Vulture ottiene la DOC (Denominazione di Origine


Controllata). La Gazzetta Ufciale del 22 maggio del 1971 pubblica il decreto
del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1971 contenente le norme per il
riconoscimento della denominazione di origine controllata del vino Aglianico
del Vulture e approvazione del relativo disciplinare di produzione.
Ai sensi dellArt. 3 del predetto decreto la zona di produzione dellAglianico
del Vulture comprende lintero territorio dei seguenti comuni:

La Cantina di Venosa

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Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza,


Acerenza, Mel, Venosa, Lavello, Palazzo S. Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania e
Atella; dal Comune di Atella sono eslcuse le tre isole amministrative di SantIlario, Riparossa e Macchia.
I produttori che intendono iscrivere i rispettivi terreni vitati nellAlbo dei vigneti del vino Aglianico del Vulture sono tenuti a presentare la denuncia degli
stessi al Comune nella cui circoscrizione territoriale rientrano i terreni vitati.
Nel caso di aziende viticole, i cui vigneti ricadono nel territorio di due o pi
Comuni, la denuncia deve essere presentata al Comune in cui si trova il centro
aziendale, a condizione che detto Comune sia compreso nella zona delimitata per la produzione delle uve. In mancanza di detto centro, la denuncia deve
essere presentata al Comune nel cui territorio rientra la maggior parte della
supercie dei vigneti da iscrivere nellAlbo.
Tutti i produttori di uve Aglianico hanno iscritto i loro vigneti allAlbo DOC e
allAlbo IGT tenuto presso le Camere di Commercio preoccupandosi, a ne vendemmia, di denunciare la produzione di uva soggetta alla certicazione per la
successiva dichiarazione di uva da vino Aglianico del Vulture o IGT Basilicata.
La concreta attuazione delle norme sui vini DOC, presso le aziende viticole,
stato il primo grande passo per tenere sul mercato nazionale ed estero una
solida piattaforma di contrattazione del prodotto che avrebbe garantito uno
sviluppo del settore, favorito un ampliamento della supercie vitata con la messa a punto di nuovi impianti e con la ricerca di moderne forme di conduzione
adeguata e vicine alle esigenze di una gestione di tipo industriale4.
Lo stabilimento, proprio per la nuova linea di operazioni commerciali e per
lo sviluppo produttivo che si stava intraprendendo, riusc a soddisfare il quantitativo di uva prodotta per circa quindici anni. Successivamente, infatti, si dovette provvedere ad un ampliamento della struttura con la costruzione di un
nuovo stabilimento.
Negli anni 76-77, utilizzando le risorse nanziarie erogate attraverso il FEOGA
(Fondo Europea agricolo di orientamento e garanzia), si potuto procedere alla
realizzazione dellingrandimento della Cantina Cooperativa Fondiaria di Venosa.
Il FEOGA il fondo comunitario creato nel 1962 per nanziare la politica agricola
comune (PAC) e denisce il quadro del sostegno comunitario per lo sviluppo rurale sostenibile5. I soci della Cantina della cittadina oraziana, essendo stati gli unici

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che riuscirono ad impiantare, nel 1978, ulteriori 100 ettari di vigneti nella localit
di Notarchirico, raggiungendo cos circa 900 ettari di vigneti, ed essendo la capienza dellallora attuale cantina non pi adeguata alla lavorazione delle uve prodotte dai soci, presentarono un Progetto, approvato e nanziato per il 70% dalla
Cassa del Mezzogiorno e per il 30% a carico della Cooperativa, attraverso il quale
si potevano reperire fondi per la costruzione del nuovo stabilimento vinicolo.
Il terremoto del 1980, che ha colpito la zona dellAppennino CampanoLucano, provoc non pochi danni anche alla Cantina di Venosa. Utilizzando i
nanziamenti elargiti dallo Stato per la ricostruzione post terremoto delle zone
disastrate, la nuova Cantina venne adeguata alle nuove norme antisismiche.
Nella realt venosina, come in tutto il territorio italiano, in questi anni si stava
attraversando un periodo di forte inazione.
La ducia degli operatori in questo prodotto ha portato ai soci della Cooperativa di Venosa di trovare soluzioni ottimali alternative al contenimento degli interessi passivi nel bilancio sociale.
Tutti i soci avanzarono la proposta di autolimitazione alle richieste di anticipazione, ove queste fossero rimaste improduttive di nuovi investimenti,
pensando nello stesso tempo a nuove forme di autonanziamento, fuori dal
circuito esterno, mediante listituzione di un fondo interno di depositi e prestiti
a tassi bassi, a favore di coloro che avessero pi bisogno di mezzi di nanzia-

La Cantina di Venosa

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mento (per trasformazione fondi, ammodernamento dei vigneti, miglioramenti


delle infrastrutture dei fondi).
Nel 1983 venne inaugurato il nuovo stabilimento con impianti allavanguardia, nel rispetto della tradizione in quanto ad amore, tecnica e cura: attenta
gestione dei soci nelle operazioni di vendemmia, selezione delle uve migliori,
attenzione nelle fasi di macerazione e fermentazione, meticolosit nelle fasi di
afnamento, in cui lAglianico viene trasferito in carati di rovere francese e di
Slovenia, per ottenere la qualit superiore per cui eccelle.
La considerevole volont e capacit di saper adoperarsi sui mercati nazionali ed esteri ha consentito, alla Cantina di Venosa, il passaggio dalla fase della
vendita dello sfuso alla fase di imbottigliamento e delletichettamento dellAglianico del Vulture.
La prima bottiglia viene realizzata nel 1985 con Aglianico prodotto nellannata del 1982.
La Cantina di Venosa si dotata di attrezzature allavanguardia (dalle cisterne di conservazione del prodotto alle attrezzature per limbottigliamento
e il trasporto) al ne di rendere la cooperativa competitiva sul mercato con un
prodotto qualitativamente superiore alle aspettative dei consumatori.
La passione per il proprio lavoro e la cura nella scelta delle uve rimane, per,
sempre quella di un tempo.

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Luva raccolta e portata presso la Cantina di Venosa per mezzo di casse forate viene immediatamente pigiata per salvaguardare le caratteristiche di pregio.
Dal prodotto ottenuto, dopo la pigiatura e la raspatura, si avvia la fermentazione
che in presenza di bucce consente al vino di ottenere un ricco colore e tannini,
elementi atti ad un lungo invecchiamento. Si ha, cos, la vinicazione in rosso.
Allinizio del mese di settembre, lo staff tecnico della Cantina effettua la
campionatura di uva da sottoporre ad una sequenza di analisi (maturazione
fenolica, PH, AT, grado Babo) per seguire landamento della maturazione. Nel
momento in cui viene individuata una zona pronta per la raccolta si procede
alla vendemmia redigendo un calendario di raccolta.
Quando luva arriva in Cantina, dopo averla pesata, si esegue un esame visivo. Successivamente viene prelevato, in pi punti, con lausilio di una sonda, un
campione di uva per pigiarlo, estrarre il succo e inserirlo in una stazione rifrattometrica per stabilire un parametro molto importante: il Grado Zuccherino.
Dopo la campionatura, luva viene pigiata con lausilio delle pigia-diraspatrici di ultima generazione in modo da staccare il raspo integro per ottenere una
pigiatura sofce degli acini e non pregiudicare la qualit del prodotto nito.
La fermentazione del pigiato avviene allinterno di fermentini, tecnologicamente avanzati, del tipo roto-maceratore a temperatura controllata coordinati
da un computer.

La Cantina di Venosa

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Il periodo cosiddetto di Tempi di Contatto, ossia il tempo in cui la buccia


rimane a contatto con il liquido, varia in virt della qualit del vino che si vuole produrre, a discrezione dellEnologo. (In media, i Tempi di Contatto variano
dagli otto ai venti giorni, durante i quali vengono effettuate le follature per
bagnare le bucce con il mosto consentendo lestrazione di preziosi profumi e
tannini dalle bucce). Si prosegue alla svinatura con lausilio di pompe e di uno
sgrondatore che consente di separare il liquido dalla vinaccia, la quale viene,
successivamente, esaurita per mezzo di presse sofci.
Il Vino Fiore, dopo essere stato svinato, collocato in serbatoi in acciaio
inox per essere stoccato. Allinterno di tali serbatoi il vino porta a temine la fase
di fermentazione alcolica. A conclusione di siffatto periodo si procede al primo travaso, che consiste nella separazione delle parti solide (feccia) dal liquido.
Successivamente si avvia la fermentazione malolattica.
Con questultima si ha trasformazione dellacido malico (gusto mela verde)
in acido lattico (morbidezza, la prima fase della stabilit del vino).
Dopo la fermentazione malolattica il vino risulta essere biologicamente stabile, successivamente viene avviato allafnamento. Il vino stoccato viene analizzato
mensilmente. LAglianico, essendo ricco di tannico, necessita, prima della commercializzazione, di un periodo di afnamento di almeno un anno, come da disciplinare.

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I vini che vengono venduti in bottiglia richiedono un afnamento in botti


che, a seconda della qualit del legno impiegato, esaltano gli aromi e trasformano i tannini da astringenti in morbidi e vellutati. Il tempo di afnamento in botte varia a seconda del tipo di botte usata, della sua capacit e della tipologia di
vino che si intende produrre, e viene stabilito, volta per volta, con analisi chimiche e sensoriali.
Nel corso della preparazione del vino, i tecnici della Cantina seguono, scrupolosamente, le uve dal vigneto no alla vinicazione ultimata.
La Cantina di Venosa adotta un sistema di tracciabilit, ossia attraverso lo
studio delle bottiglie si pu risalire al vigneto che ha generato quel determinato vino. Dopo quarantasei anni, precisamente il sei giugno del 2003, la Cantina
di Venosa cambia la sua denominazione da Cantina della Riforma Fondiaria di
Venosa a Societ Cooperativa Cantina di Venosa a.r.l..
Il 17 dicembre del 2004 dinanzi al notaio Antonio Di Lizia la Cantina di Venosa dispone la variazione dello Statuto Sociale della Cooperativa.
La Cooperativa, come si legge nel verbale, aderisce alla Conferenza Nazionale Cooperative Italiane e potr aderire ad altri Enti Nazionali per la Cooperativa agricola. La durata della Cooperativa ssata al 31 dicembre 2050 e potr
essere prorogata una o pi volte per decisione dei soci.
La Cooperativa, senza scopo di lucro, ed in conformit ai principi generali
della mutualit, si propone di incrementare, valorizzare e tutelare la produzione
di uve, olive, cereali e qualsiasi altro prodotto agricolo delle aziende dei singoli
soci, nel quadro dei generali orientamenti delleconomia nazionale e regionale
e degli obiettivi della politica agricola dellUnione Europea, anche mediante la
regolamentazione delle produzioni, la concentrazione delle offerte e la regolamentazione dei prezzi.
Il numero dei soci illimitato, ma non inferiore al numero previsto dalla legge. Possono essere soci agricoltori, singoli o in forma di associazione, persone
siche o giuridiche e comunque qualsiasi tipologia di imprenditore agricolo o
coltivatore.
Possono essere soci Enti Pubblici e nanziarie di promozione che operino
nellarea meridionale e non.
LAssemblea dei soci convocata dal Presidente o da chi ne esercita le funzioni. La Cooperativa amministrata da un Consiglio composto da tre a nove

La Cantina di Venosa

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membri, anche non soci della Cooperativa. Qualora fra i soci dovessero esserci
Enti Pubblici Regionali o Nazionali potr essere loro riservata la nomina di un
Amministratore.
Il Consiglio di Amministrazione nella sua prima riunione elegge, scegliendoli tra i propri membri, il Presidente e il Vice Presidente.
Qualora la Cooperativa abbia provveduto alla nomina di un segretario, ovvero di un Direttore Generale, essi partecipano alla riunione del Consiglio, con
voto consuntivo ed il segretario assumer le funzioni di segretario del Consiglio
di Amministrazione.
Gli amministratori durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
Il Collegio Sindacale si compone di tre membri effettivi e due supplementari nominati dallAssemblea. Al Collegio Sindacale afdato il controllo
contabile della Cooperativa. Ha poteri di controllo sulla amministrazione della
Cooperativa, sul controllo delle delibere e sullosservanza delle disposizioni di
legge e dellatto costitutivo, controlla la corrispondenza delle scritture contabili
ai libri e alla contabilit sociale.
Il Collegio dei Probiviri composto da tre membri scelti fra i soci della
Cooperativa nominati dallAssemblea. Il Collegio Sindacale elegge, nel proprio
seno, il Presidente, i Probiviri che restano in carica tre anni e sono sempre rieleggibili.
La Cantina di Venosa risulta essere, oggi, una tra le pi rinomate aziende
vinicole del Mezzogiorno ed una delle poche realt cooperative nel SudItalia.
Nata agli inizi degli anni 50, riuscita a sopravvivere alle varie avversit incontrate nel corso degli anni. Il risultato ottenuto va attribuito al lavoro meticoloso dei soci e allo spirito associativo di ogni singolo membro della Cantina di
Venosa.
Il grande risultato che la cantina venosina sta registrando negli ultimi anni
dovuto al lavoro di un gruppo di giovani di larghe vedute, i quali, con grande
tenacia e determinazione, sono riusciti negli ultimi anni a circondarsi di persone esperte e collaboratori che provenissero dal cuore della vinicultura italiana
capaci di portare, allinterno della cantina, una maggiore preparazione e competenza. anche grazie a questa nuova organizzazione aziendale, voluta dal
Presidente e dal Consiglio di Amministrazione, che sempre pi intenditori e appassionati apprezzano il profumo delicato, il colore rosso rubino dellAglianico.

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Lattivit promozionale e un sistema di canalizzazione commerciale competente, oltre alleccellente qualit del prodotto, hanno consentito alla Cantina
di Venosa di portare lAglianico non solo sulle tavole italiane ma anche estere
(America, Inghilterra, Olanda, Belgio, Giappone, Germania, Cina, Svizzera).
La Cantina di Venosa ha partecipato con successo alle principali kermesse
di settore, come il Vinitaly di Verona, ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti
per le peculiarit del vino prodotto, che rappresenta un grande patrimonio culturale ed economico per la zona del Vulture.
La Cantina ha ricevuto anche menzioni di notevole interesse sulla rivista di
settore il Gambero Rosso per lottimo rapporto qualit-prezzo dei suoi vini.
LAglianico denito, dai maggiori esperti del settore vinicolo, il nobile del
Sud.

Note
Cfr. www.alsia.it , LAglianico del Vulture Doc
Cfr. www.alsia.it, Il Tramanto del latifondo e la Riforma Fondiaria
3
Cfr. Riforma agraria, Basilicata, Riforma agraria in Pugli, Lucania e Molise, Molise-Bari, G.
Laterza, 1963, p.81
4
Cfr. Rassegna dellEconomia a cura della Camera di Commercio industria artigianato e
agricoltura di Potenza, anno IX- n.3, maggio-giugno 1971, Notiziario Economico,pp.7080
5
Cfr. www.regione.puglia.it/porpugliandex_it.php?id=0%7c=%7c0%7c2&id_news=187
1
2

La Cantina di Venosa

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Festa della vendemmia

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Festa della vendemmia

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3.1. Festa della vendemmia

A conclusione del periodo della vendemmia si svolgeva a Venosa la festa


del vino. Nellarco della giornata venivano allestiti dei carri, con tralci e grappoli
di uva, che slavano per le stradine della citt. Sui carri allegorici vi erano gruppi
di ragazzi in costume depoca che offrivano, ai passanti, cestini pieni di grappoli
duva e cantavano, al suon di sarmonica, le canzoni popolari di un tempo, che
elogiavano e rimembravano la vita campestre.
Durante il periodo della vendemmia gruppi di giovani, si recavano nelle
cantine, spesso divisi in fazioni contendenti per la passerella, ossia il gioco del
vino realizzato con le carte da gioco. A volte, i partecipanti si accordavano per
schernire un avversario o un novellino con lintesa di non fargli assaggiare
nemmeno mezzo bicchiere di vino. Ogni anno, inoltre, nel tardo autunno
venivano aperte le vecchie cantine per la vendita alla minuta del vino da bersi
anche seduti intorno ad un tavolo. Ancora oggi gli anziani ricordano lantica
cantina du prut Albane e quella d Sarachell. Al tempo della vendemmia girava
per le strade un banditore che annunciava linizio della festa e lapertura delle
cantine, avendo tra le mani un orciuolo pieno di vino e un bicchiere per evitare
lassaggio. Il banditore percorrere i vicoli del paese gridando: Currete! Currete a
la candene du Furnaridd, ca dteie la polvra bone (Correte! Correte alla cantina di
Fornariddo che tiene il vino buono).

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Attualmente, verso la ne di
settembre, i cittadini partecipano alla
festa della vendemmia organizzata
dalla Cantina e dal Comune di Venosa.
Le vetrine dei negozi sono ornati da
grappoli duva.
Nelle stradine del centro storico,
il giorno della festa, vengono allestiti
stand in cui assaporare un bicchiere di
vino e degustare i prodotti tipici locali.
La serata allietata da gruppi musicali
che intonano canzoni che richiamano
alla memoria antiche tradizioni e la
vita campestre di un tempo.

Festa della vendemmia

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I beneci del vino

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I beneci del vino

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3.2. I Beneci del vino


La capacit del nettare di Bacco di prevenire alcune diffuse e pericolose malattie scienticamente provata. Un moderato consumo di vino pu ridurre,
grazie allinterazione tra i vari componenti (almeno 400 quelli presenti, anche se
in minima quantit), il rischio di malattie cardiovascolari, oltre a svolgere un effetto positivo sulla prevenzione dellarteriosclerosi e delle patologie coronariche.
Oggi, lattenzione rivolta in particolare ad alcuni antiossidanti, come antociani,
fenoli, avonoidi, polifenoli; tra questi ultimi, svolgerebbero unazione particolarmente positiva, sostanze come catechine, gallati, resveratrolo, quercetina.
Il vino, soprattutto quello rosso, attraverso questi elementi in grado di esercitare azioni favorevoli non solo sulla riduzione di rischi cardiovascolari ma anche del
miglioramento del quadro lipido, del bilancio emostatico, della pressione arteriosa,
della sensibilit insulinica, del livello di colesterolo Hdl. ovvio che il vino non sia
da considerare un medicinale, ma sarebbe altrettanto pericoloso indurre chi beve
correttamente a rinunciarvi del tutto: il vino deve essere considerato un importante
complemento per una alimentazione sana e per un salutare stile di vita1.
La nutrizione ha assunto negli ultimi decenni un ruolo sempre pi importante nella prevenzione dei problemi sanitari e nella riduzione del rischio di malattie
croniche. Si ormai stabilita una correlazione molto chiara fra certe abitudini alimentari, tipiche dei Paesi avanzati, e almeno cinque delle dieci pi importanti cause
di mortalit precoce. Infatti, numerosi studi ci hanno fornito la dimostrazione che
nelle malattie cardiache, in alcuni tipi di tumore, negli accidenti cerebro-vascolari,
nellarteriosclerosi e nel diabete gioca un ruolo chiave una nutrizione squilibrata,
ossia tale da determinare una introduzione abituale troppo abbondante o troppo
scarsa di uno o pi costituenti della dieta, di uno o pi principi nutritivi.
Dunque, si potrebbe affermare che nessun alimento indispensabile ma nessuno va escluso a priori, in quanto esistono concrete possibilit di un uso sapiente
e ragionato di tutti i cibi di cui disponiamo. La chiave consiste in un equilibrato e
moderato impiego delle varie categorie di alimenti a nostra disposizione.
in questa ottica che va presa in esame anche la posizione del vino nellalimentazione umana. Come noto, il vino non pu essere considerato semplicemente
come una soluzione di alcool in acqua, ma piuttosto come una soluzione idroalcolica di numerose sostanze (se ne conoscono pi di 250), responsabili dellaroma e del

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sapore di questa bevanda. Si tratta quindi di un prodotto complesso, contenente


numerosi composti, molti dei quali vantano particolari funzioni siologiche, talora
anche in sinergismo con altri.
Sotto laspetto del valore nutritivo, lapporto in sostanze nutritive del vino
trascurabile, dato che i pi importanti principi vi sono contenuti solo in tracce. Il
valore nutritivo del vino legato soprattutto al contenuto in alcool etilico, il quale
sviluppa nellorganismo una quantit di energia pari a circa 7 calorie per grammo.
Tale apporto calorico non utilizzabile direttamente dallorganismo per il lavoro
muscolare ma lo invece per il metabolismo di base e svolge pertanto unazione di
risparmio nei confronti della utilizzazione, a ni energetici, di altri principi nutritivi
quali grassi e zuccheri. Si pu concludere che un consumo moderato di vino rosso
ha certamente propriet salutistiche. Per quanto concerne la questione del consumo moderato bisogna sottolineare che non esiste una quantit valida per tutti,
oltre la quale i beneci del vino si vanichino no a trasformarsi in rischi.
Fra le enucleate virt del vino rosso vi la riduzione delle percentuali di rischio
di sviluppare il diabete (no al 56%). I polifenoli e lalcool del vino inuiscono in
positivo sul metabolismo del glucosio e sulla sensibilit allinsulina. Chi beve moderatamente abbassa il rischio di sviluppare demenze senili2.
Non si pu affermare con certezza che il vino salute. Dagli studi in vitro sono
state scoperte delle propriet beneche, come quelle antinammatorie, antiallegetiche, anticancirogesi e antivirali, legate ai Flavonoidi. Questi ultimi risultano essere
antiossidanti ed, inoltre, i avonoidi stabilizzano ed eliminano i radicali liberi. Gli effetti benevoli del vino sono stati osservati attraverso studi epidemiologici e non
dimostrabili in vivo. Non sar, per ora, possibile questo tipo di sperimentazione per
ragioni economiche, commerciali ed aziendali. Nel frattempo, in modo moderato,
continuiamo a cedere ai piaceri del palato con un buon bicchiere di Aglianico.ve
essere considerato un importante complemento di unalimentazione sana e di un salutare s
Note
1
2

Cfr. www.amordivino.htm
Cfr. Alimentazione Equilibrata e Salute: Il Ruolo del Vino, Fonte: M. Ticca - la Rivista Italiana di
Scienza dellAlimentazione, Anno 24 n. 3, pagg 323-342; 1995

I beneci del vino

93

Nunc est Bibendum

94

NUNC EST BIBENDUM


Il momento in cui porti il calice
alla bocca ed il palato incontra
il sapore sapido ed armonico di
un rosso caldo e nobile, dal profumo
delicato di frutti neri maturi e dal
coloro rosso rubino intenso
con lievi riessi granati
lAGLIANICO DEL VULTURE.

Nunc est bibendum

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CARATO VENUSIO

Lo chef consiglia
Costolette di agnello dorate
alla scottadito, con patate duchesse, rucola e melograno
Chef: Enrico MACERATESI
Ristorante Al Frantoio
Venosa, tel. 0972 36925

Un vino dedicato alla citt che lo ha generato.


Tra diverse teorie legate al nome dellantica Venusta,
la pi accreditata quella che ritiene la citt fondata
in onore della dea dellamore, Venere.
Il CARATO o Caratella era una piccola botte in cui,
in passato, veniva conservato il vino.
Il Carato Venusio viene afnato, per 12 e 24 mesi,
in piccole botti di rovere francese e di slovenia ed in
bottiglia per almeno 9 mesi.
Viene prodotto solo nelle migliori annate dopo
breve surmaturazione delle pregiate uve Aglianico
maturate al sole dei migliori vigneti, quelli di almeno
30 anni di vita.
Presenta un colore rosso rubino intenso tendente al granato; bouquet vinoso con profumo delicato
di frutti di bosco, caratteristico e speziato, dal sapore
pieno e consistente, minerale, gradevolmente tannico e vellutato.

96

MADRIGALE DI GESUALDO

Lo chef consiglia
Agnello con patate al forno e
funghi cardoncelli
Chef: Vincenzo CALDARONE
Ristorante Il Grifo
Venosa, tel. 0972 35188

Venosa diede i natali al grande madrigalista Carlo Gesualdo, Principe di Venosa.


A lui dedicato il Madrigale di Gesualdo.
Un Aglianico del Vulture D.O.C. ottenuto da una
attenta selezione delle migliori uve Aglianico. Questo vino, di alta qualit, viene afnato in piccole botti
di rovere francese per almeno 9 mesi evidenziando
sensazioni estreme.
caratterizzato da grande equilibrio ed eleganza. Di un colore rosso porpora profondo ed impenetrabile. Ha un bouquet vinoso ed inebriante con
chiari sentori di frutti neri maturi e spezie. Dal sapore
asciutto, pieno e sensoriale di natura vulcanica, appena tannico, denso e vellutato.

Nunc est bibendum

97

DAVALOS DI GESUALDO

Lo chef consiglia
Ravioli di baccal con pachino
e peperoni cruschi
Chef: Mauro ROSCO
Agriturismo La Maddalena
Venosa, tel. 0972 32735

Alla bellissima Maria DAvalos, moglie del principe madrigalista Carlo Gesualdo da Venosa, considerata ai suoi tempi la pi bella donna del Sud, stato dedicato lultimo nato nella grande famiglia della
Cantina di Venosa.
Il DAvalos di Gesualdo un vino prodotto dalla
Malvasia, un vitigno storico del Vulture, ricco di personalit, dal bouquet fruttato e intenso, gusto fresco,
armonico e personale, capace di esprimere al meglio
il nostro territorio vulcanico.

98

TERRE DI ORAZIO Rosso

Lo chef consiglia
Cavatelli con cicerchie
e peperone crusco
Chef: Antonio SPADONE
Ristorante Amarcord
presso lHotel del Sorriso
Venosa, tel. 0972 35975

Non poteva mancare tra i rinomati ed eccellenti


vini della Cantina di Venosa una categoria dedicata
al sommo poeta latino Quinto Orazio Flacco nato a
Venosa nel 65 a.C. e morto a Roma l8 a.C.
Le Terre diOrazio Aglianico del Vulture D.O.C.
un vino di alta qualit ottenuto selezionando le migliori uve Aglianico provenienti per lo pi da vecchi
vigneti coltivati in agro di Venosa.
Lafnamento avviene in piccole botti di rovere
francese e di slovenia per almeno 12 mesi.
Presenta un colore rosso rubino intenso con lievi
riessi granati, un bouquet vinoso e personale con
profumo delicato di viola e ribes, speziato. Dal sapore
pieno e sensoriale, piacevolmente tannico.

Nunc est bibendum

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TERRE DI ORAZIO DRY MUSCAT


Basilicata IGT

Lo chef consiglia
Tagliolini allastice
Chef: Rocco MALTEMPO
Hotel Ristorante
Il Guiscardo
Venosa, tel. 0972 32916

IL VINO BIANCO
Il vino bianco viene prodotto con un procedimento diverso rispetto a quello usato per la realizzazione del rosso. Il Bianco viene preparato pressando
luva, pigiata e diraspata con una pressa sofce, ottenendo subito il mosto e facendolo fermentare, senza le bucce, ad una temperatura attorno ai 15 gradi,
dopo aver effettuato un avviamento con lieviti selezionati e una aggiunta di anidride solforosa.
A ne fermentazione alcolica viene chiaricato,
stabilizzato e preparato per limbottigliamento.
Il moscato, probabilmente tra i vini pi antichi,
spesso utilizzato per produrre vini dolci ed anche
spumanti.
Il Terre di Orazio Dry Muscat Basilicata I.G.T.
invece prodotto con uno stile completamente diverso ed assai unico dalla inconfondibile personalit,
presenta un colore bianco paglierino brillante con
leggeri riessi dorati. Un bouquet aromatico tipico,
intenso ed avvolgente. Possiede un sapore pieno, fresco e persistente con una gradevole vena acida.

100

Nella linea Terre di Orazio entra a far parte un


altro capolavoro generato dalla bravura e professionalit dei soci della Cantina di Venosa: il Terre di
Orazio Ros.
un vino elegante, moderno e pieno di grande
qualit. Dal colore rosa cerasuolo vivo con intriganti
sfumature bluastre, dal buoquet fruttato intenso con
chiari sentori di ciliegia, fragola e lampone, dal sapore fresco e di grande equilibrio, dalla netta evoluzione e grande bra.

Nunc est bibendum

101

VIGNALI
Dalla met degli anni 60 la Cantina di Venosa produce i suoi gioielli nello
stabilimento ubicato in localit Vignali, luogo in cui, narra una leggenda popolare, avvenne il martirio di San Felice (Patrono di Venosa) e dei suoi 30 compagni, che invece subirono il martirio in Africa.
Altre leggende indicavano il Castello come luogo del martirio. Dal ciglio del
fossato del maniero, con il calare delle tenebre, pare si udissero rumori e che la
notte del 24 ottobre si potesse osservare una lunga processione di santi martiri
cristiani guidati da S. Felice, con una croce di legno fra le mani.
Il Vignali Aglianico del Vulture D.O.C. frutto di unaccurata selezione di
uve Aglianico proveniente da vigneti coltivati tra i 400 e i 550 metri di altitudine
e vinicate in piccoli fermentini con macerazione di circa 8 giorni.
Lafnamento avviene in piccole botti di rovere francese da 500 litri ed in
grandi botti di rovere di slovenia per almeno 12 mesi riuscendo cos ad acquisire un carattere di eleganza e rotondit e un colore rosso rubino intenso. Ha un
bouquet vinoso con chiari sentori di ribes, lampone e ciliegia, da sapore sapido
e persistente, molto gradevole nella sua armonia.

102

Il Vignali Basilicata I.G.T. Rosso lespressione molto fresca ed immediata


di questo vino prodotto con uve Aglianico vinicate in piccoli fermentini con
macerazione medio lunga, che consente di estrarre al meglio i caratteri varietali
ottenendo un vino di alta qualit che presenta un colore rosso rubino intenso
con sfumature di giovent. Un bouquet vinoso ed avvolgente con un profumo
delicato di ciliegia e lampone, dal sapore sapido.
Il Vignali Basilicata I.G.T. Rosato ottenuto da uve Aglianico dopo una
breve macerazione a contatto con le bucce e fermentazione a temperatura
controllata.
Ha un colore rosa cerasuolo vivo, intriganti sfumature bluastre, un bouquet
fruttato intenso con chiari sentori di ciliegia, fragola e lampone, dal sapore fresco ed equilibrato.
Il Vignali Basilicata I.T.G. Bianco ottenuto con uve Malvasia, Greco e
Chardonnay con separazione immediata del mosto dalle bucce in seguito a
pressatura sofce e fermentazione a temperatura controllata.
un vino particolarmente fresco che presenta un colore bianco paglierino
chiaro, un bouquet fruttato, intenso ed equilibrato, dal sapore fresco, morbido e
delicato con una leggera vena acida.

Lo chef consiglia
Torta di ricotta
Dolci tipici
Pasticciere: Roberto IOVANNI
Pasticceria Taverna Ducale
Venosa, tel. 0972 37100

Nunc est bibendum

103

I soci della Cantina di Venosa

104

Nella pagina precedente:


Cerimonia inaugurale I stabilimento
enologico, 1967.
Fra i partecipanti: lOn. Emilio Colombo,
il Presidente della Cantina Francesco Perillo,
il senatore Vincenzo Leggieri.

I soci della Cantina di Venosa

105

Soci Fondatori, Presidenti e Amministratori della Cantina


Un ringraziamento particolare va rivolto ai Soci, ai Presidenti e gli Amministratori che ci hanno preceduto perch con il loro lavoro ed impegno hanno favorito la nascita e la crescita della Cantina di Venosa e della realt vinicola del
nostro territorio.
Presidente della Cantina di Venosa
Teodoro Palermo
I Soci Fondatori:
Rocco Di Vietri

Felice Summa

Giuseppe Latorraca

Donato Di Nardo

Emanuele Talucci

Tommaso Capossele

Raffaele Sciascia

Giuseppe Giaculli

Teodoro Azzella

Luigi Bruno

Luigi Giannini

Francesco Perillo

Donato Caputo

Carmine Maino

Zaccaria Garripoli

Giuseppe Spinoso

Vincenzo Suscetta

Emanuele Talucci

Vincenzo Capaldo

Giuseppe Capossele

Domenico Cavallo

Principio Bergamasco

Biagio Cavallo

Alfonso Miranda

Antonio Leggieri

106

Presidenti:
Dal 1957 al 1969
Dal 1970 al 1971
Dal 1971 al 1972
Dal 1973 al 1993
Dal 1994 al 1999
Dal 1998

Francesco Perillo
Rocco Garzia
Savino Laganara
Pasquale Pellegrino
Antonio DErrico
Teodoro Palermo

Nella foto:
il Presidente Antonio
DErrico e Rocco Monterale, primo importatore
dei vini della Cantina
di Venosa sul territorio
svizzero.

Consiglieri:
Raffaele Sciascia
Teodoro Azzella
Luigi Giannini
Vincenzo Capaldo
Pietro Cappiello
Andrea Di Giacomo
Gerardo Diasilla
Raffaele Lavorano
Canio Talucci
Giuseppe Russo
Dott. Ettore Santangelo
Donato Teora fu Tommaso
Vincenzo Pellegrino (13-01-1909)
Matteo Soldo
Michele DAmato
Michele Pietrafesa
Alfredo Orlando
Michele Monaco
Raffaele Caggiano
Donato Antonio Martino
Luigi Murante
Rocco Malagnino

Francesco Savino
Lorenzo Giaculli
Luigi Pugliese
Paolo Sciascia
Teodosio Generoso
Giuseppe Leggieri
Angelo Giaculli
Antonio Minutiello
Alfonso Gammone
Mauro Martino
Michele Di Grisolo
Emilio Sileno
Emanuele Russino
Federico Summa
Tommaso Briscese
Dott. Rocco Manieri
Michele Santoliquido
Rocco Pellegrino
Francesco Perillo
Rocco Antonio Sileo
Alberto DErrico
Giuseppe Pietrafesa

I soci della Cantina di Venosa

107

108

1957~2007

109

Bibliograa
I Borghi pi belli dItalia, Il fascino dellItalia nascosta, Guida 2004, Club di produzione art.23 Statuto ANCI, SER (Societ Editrice Romana), pp.349-350
Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pp. 38-40
Hubert Houben, Il Libro del Capitolo del monastero della S.S. Trinit di Venosa,
(Cod., Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno Normanno, Galatina,
Congedo, 1994, pp. 21-52
Antonio Vaccaro, Venosa ieri oggi,Venosa, Edizione Osanna, 1983, pag.34
Riforma agraria, Basilicata, Riforma agraria in Puglia, Lucania e Molise, MoliseBari, G. Laterza, 1963, p.81
Rassegna dellEconomia a cura della Camera di Commercio industria artigianato e agricoltura di Potenza, anno IX- n.3, maggio-giugno 1971, Notiziario
Economico,pp.70-80
Alimentazione Equilibrata e Salute: il ruolo del vino, Fonte: M. Ticca - La Rivista
Italiana di Scienza dellAlimentazione, Anno 24 n. 3, pagg 323-342, 1995

Sitograa
www.aptbasilicata.it./Basilicata-o-Lucania.53.0.html
www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=60
www.comune.rioneroinvulture.pz.it/articles.asp?id=108
www.aptbasilicata.it/Atella.306.0.html
www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=60
www.comune.rapolla.pz.it/articles.asp?id=140
www.aptbasilicata.it/Mel.273.0.html

110

www.comune.venosa.pz.it//struttura_ita/storia/cenni.htm
www.comune.lavello.pz.it/Lavello.268.0.html
www.comune.lavello.pz.it/phpws/index.php?module=pagemaster&PAGE_
user_op=view_page&PAGE_id=56&MMN_position=50:4
www.comune.barile.pz.it/ReadContents.do?id_root=18&command=1
www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=60
www.comune.ripacandida.pz.it/articles.asp?id=86
www.aptbasilicata.it /Ginestra.276.0.html
www. aptbasilicata.it/Maschito.272.0.html
www.comune.forenza.pz.it/Storia.php
www.comune.forenza.pz.it/Culto.php
www. acerenza.com
www.comune.banzi.pz.it /Storia.php
www.aptbasilicata.it/Palazzo-San-Gervasio.328.0.html
www.aptbasilicta.it/Genoano-di-Lacania.277.0.html
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/storia/cenni.htm
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/parco_archeo.htm
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/anteatro.htm
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/castello.htm
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/cattedrale.htm
www.comune.venosa.pz.it/struttura_ita/monumenti/sito.htm
www.taccuini.storici.it
www. consorzioaglianicodelvulture.it
www.alsia.it , LAglianico del Vulture Doc
www.alsia.it, Il Tramanto del latifondo e la Riforma Fondiaria
www.regione.puglia.it/porpugliafindex_it.php?id=0%7c=%7c0%7c2&id_
news=187
www.amordivino.htm

INDICE

Presentazione

Storia e cultura della Basilicata

Viaggio tra i luoghi dellAglianico

17

In principio fu Venusia

41

Il vino di Orazio

55

La Cantina di Venosa

61

Festa della vendemmia

85

I beneci del vino

91

Nunc est bibendum

93

I Soci della Cantina di Venosa

103

Bibliograa

109

S.c.ar.l.

Via Appia - C.da Vignali - 85029 Venosa (Pz)


Tel. 0972 36702 - Fax 0972 35891
www.cantinadivenosa.it

: : -- : :
Finito di stampare nel mese di novembre 2007
presso Grache Zaccara - Lagonegro (Pz)

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