Sei sulla pagina 1di 5

Elgar: Concerto per Violoncello, Op.

85

Corso di Composizione
Esame di Musicologia Sistematica
28 febbraio 2019

Elgar: Concerto per Violoncello in mi minore


Op. 85

Qualche cenno storico e biografico intorno alla composizione del Concerto


-Il Concerto per Violoncello in mi minore, op. 85, è oggi considerato uno dei maggio-
ri capolavori del repertorio violoncellistico di tutti i tempi, insieme ai suoi omologhi
di Haydn, Boccherini, Schumann e Dvorak.
-Fu composto tra marzo 1918 e agosto 1919, Elgar aveva allora 61 anni ed entrava
nella sua “stagione d’oro” - la sua ultima fase creativa.
-Il concerto fu il suo ultimo capolavoro e uno dei suoi ultimi lavori in generale, per
via della morte della moglie nel 1920 (seguiranno soltanto apparizioni come direttore d’or-
chestra).
-Il concerto è in un certo senso la sintesi della sua poetica, che si è progressivamente al-
lontanata dal presente di allora a partire da quel radicale cambiamento culturale il cui inizio
era segnato dalla morte di Re Edoardo VII (1910).
-La fine della Edwardian Era rappresenta in un certo senso anche la fine del mon-
do estetico in cui Elgar si riconobbe maggiormente: un’estetica che rispecchiava la
flemma dell’impero britannico, legata alla gloria, al decoro, alla compostezza degni di uno
stile classico e solare.
-Sebbene Elgar godesse già di una considerevole fama, tanto da esser definito dopo la
prima esecuzione delle Enigma Variations (1899) il massimo esponente della musica
inglese, e dopo la seconda esecuzione di The Dream Of Gerontius (1900) il primo inglese “pro-
gressivo” - da parte di R. Strauss a Düsseldorf, i radicali cambiamenti culturali che pre-
cedettero ed accompagnarono gli anni della Grande Guerra contribuirono a render-
lo in qualche modo protagonista di un mondo legato oramai più al passato che al presente.
-In Europa continentale, già le sale da concerto tremavano per le esecuzioni di
capolavori “scandalosi” e rivoluzionari come Salomè ed Elektra di R. Strauss (1905,
1909) o Le Sacre du Printemps di I. Stravinskij (1913); Schoenberg aveva già composto la

Alessandro Bono !1
Elgar: Concerto per Violoncello, Op. 85

prima Sinfonia da camera (1906) e Pierrot Lunaire (1916) e Anton Webern aveva già
sondato la scrittura dodecafonica con i Cinque pezzi per orchestra op.10 (1913).
-Così, la sensibilità di Elgar, che pure risentiva della formazione autodidatta sui
modelli classici mozartiani e beethoveniani, sembra prendere con il Concerto per Violon-
cello una direzione di “eroico decadentismo”, profondamente lontano dall’estetica simboli-
sta preraffaellita, bensì nostalgicamente legato ad un mondo classico-romantico ormai
sepolto, tanto da farne quasi un fantasioso compendio.
-Se ad Elgar erano riconosciute molte doti acquisite dagli stessi modelli a cui egli attin-
geva - “l’orchestrazione ti un Berlioz, la grandiosità beethoveniana, la aloofness
brahmsiana e il melodismo degno di un Tchaikovsky”1, nel Concerto tutte queste qualità
sono celate sotto il velo di una elegia profondamente intimista e introspettiva (il MI
minore è la tonalità elegiaca per eccellenza).
-Durante il 1918, Elgar si dedica intensamente alla scrittura cameristica:
compone una sonata per violino, un quartetto d’archi e un quintetto per pianoforte.
-Il tema principale del primo movimento del concerto viene steso una notte
del Marzo 1918 in cui E. fa ritorno dall’ospedale a seguito di un’infezione alle tonsille. Il
concerto viene ripreso e finito circa un anno dopo, anche grazie alla frequentazione
con il violoncellista Felix Salmond*, interprete delle composizioni cameristiche prodotte
durante lo stesso anno.
-La prima esecuzione è datata 27 Ottobre 1919 presso la Queen’s Hall di Londra,
con l’orchestra London Symphony sotto la direzione di E. stesso e con Salmond solista. La gran-
dezza di questo concerto non fu immediatamente riconosciuta, poiché la prima esecuzione fu
in qualche modo oscurata dall’attesissima esecuzione del Poema dell’Estasi di Scriabin, la stessa
sera, sotto la direzione di albert coates. Ciò compromise le prove con l’orchestra e l’esecu-
zione del concerto fu mediocre. Soltanto dagli anni ’60 in poi, con leggendari inter-
preti quali Rostropovic, Tortelier e Du Pré (della quale si concorda sull’interpretazione “defi-
nitiva”) il concerto ha acquisito la massima fama possibile.

Breve analisi
-Il concerto è scritto in quattro movimenti, tre dei quali legati da un filo rosso, il leit-
motiv che apre e chiude l’intera composizione.

1 Eric Bloom - Edward Elgar, p.230 (1922)

Alessandro Bono !2
Elgar: Concerto per Violoncello, Op. 85

-spiccata teatralità: cadenze si mischiano a recitativi, interventi del violoncello solista


sembrano richiamare gli “ariosi”.

I movimento (Adagio-Moderato)
-Il primo movimento è scritto in forma ternaria (ABA’) con un’introduzione lenta.
-Oltre al leitmoriv sono presentati due temi di carattere contrastante: il primo (fig.1)
inizialmente incerto e drammatico, basato su un ritmo in stile di pastorale all’italiana
(vedi corelli op.6n8) il secondo (fig.8) solare e sognante.
-Successivamente alle sezioni in cui vengono esposti i temi, sono presenti due transi-
zioni, in cui vi sono elementi di ricapitolazione di ciò che è “già accaduto”, fusi con delle
anticipazioni del materiale presentato successivamente (es. fig.7 e fig.13) [vedi
confronto con secondo movimento-incipit!].
-In queste, il violoncello assume un momentaneo ruolo di secondo piano, ese-
guendo un controcanto all’orchestra che, ridotta a clarinetti, fagotti e archi, costruisce una
“dissolvenza” di forma e contenuti.
-In generale, come sottolinea Martha McCrory nella sua analisi, la caratteristica più
evidente ed affascinante di questo concerto è che ogni figurazione strumentale
significativa tende a terminare con una perdita di intensità rispetto al suo ini-
zio: il gesto tende a disperdersi nel vuoto, come per una sorta di entropia.
-Anche dal punto di vista strettamente melodico (quindi non solo dinamico), si può no-
tare come ogni figurazione (nel leitmotiv, come nei due temi principali) inizi con
uno slancio ascendente poi “vanificato” da una lenta e drammatica discesa.

Orchestrazione
-La scrittura orchestrale, sebbene Elgar faccia uso di un organico assai esteso (non infe-
riore a quello del suo concerto per violino), qui tende più al camerismo.
-Non si hanno tipiche esposizioni orchestrali o passaggi grandiosamente sinfonici fino al
quarto movimento: l’orchestra è per lo più frammentata e in diretto rapporto con il solista.
-Non si ha quindi un rapporto antitetico tra solista e orchestra che ritrovia-
mo in Beethoven, ma nemmeno omotetico(/simbiotico), come lo ritroviamo in Mozart.
-L’orchestra si limita a punteggiare, anticipare o riverberare le mosse di un vio-
loncello assai teatrale ed onnipresente, alla stregua di un coro.

Alessandro Bono !3
Elgar: Concerto per Violoncello, Op. 85

-Il lirismo fortemente elegiaco crea uno spettro dinamico notevolmente ampio:
solamente nelle prime 5 figure (inizio-b.39) si passa da un declamato tragico a un recitativo a
tratti introspettivo, a un tema principale complessivamente ripreso cinque volte con sfumature
diverse, tra il drammatico e l’eroico.
-Lo stesso eroismo romantico è sottolineato dall’indicazione nobilmente che ac-
compagna il leimotiv, successivamente ripresa nel movimento conclusivo, accentuando la ten-
sione alla ciclicità dell’opera.

II movimento (Lento-Allegro Molto)


Il secondo movimento è di per sé una particolarità rispetto alla maggior parte
del repertorio concertistico precedente e contemporaneo: esso riprende lo scherzo
sinfonico, da molti ignorato a favore di una forma a tre movimenti (debitrice della antica
codificazione vivaldiana), poiché il carattere leggero dello scherzo è considerato es-
sere di difficile orchestrazione laddove sia presente un solista (il problema è non
coprire le figurazioni agili).
-Segue il primo senza soluzione di continuità: la sua posizione, il carattere delle prime
battute e soprattutto la grande libertà agogica sembrano quasi voler lasciarci immaginare le
prime 15 battute come un sostituto della tradizionale cadenza conclusiva al
primo movimento.
-Come per il primo movimento, l’Allegro Molto è preceduto da un’introduzione tea-
trale, sottolineata dall’indicazione RECITANDO sopra i pizzicati che riprendono il leitmo-
tiv iniziale, insieme ad accenni di quello che sarà il moto perpetuo di semicrome caratte-
rizzante l’intero movimento.
-Nelle 15 battute iniziali ancora una volta l’orchestra amplifica i gesti di
grande potenza drammatica del solista.
-Ancora una volta, l’apice dinamico è immediatamente seguito da una di-
scesa che conferisce un certo senso di rassegnazione o “tiredness”: la cadenza consiste in una
melodia cromatica “a picco” in rallentando e diminuendo, come un arioso tragico
all’interno di un recitativo (il contorno melodico lascia immaginare una certa affinità
con il madrigalismo).
-L’aspetto predominante di questo secondo movimento è il carattere instabile del solista
nei confronti dell’orchestra. Questo è evidente innanzitutto dal moto perpetuo del violoncello,
“sfasato” di un sedicesimo e dai vertiginosi cambi di registro e di dinamica.

Alessandro Bono !4
Elgar: Concerto per Violoncello, Op. 85

III movimento (Adagio)


-brevissimo, solo 60 bb. Cuore intimista del concerto.
-scritto in stile di bel canto haendeliano o italiano, romanza senza parole
-monotematico, due frasi
-uso frequente di progressioni ed evasioni cadenzali (es. schumann
sinf.n1/2mov)
-accentuazione dell’uso degli intervalli ampi
-uso del solismo nel registro medio-grave - tutt’uno con l’orchestra

IV movimento (Allegro-Moderato-Allegro, ma non troppo-Adagio-Allegro mol-


to)
-forma-sonata estesa con introduzione(+cadenza) e coda
-esteso quasi come gli altri 3 messi assieme: li ripercorre tutti in maniera
variata
-tecnicamente, il più impegnativo del concerto
-ripercorre tutti i movimenti precedenti in ordine (=idea ciclica/nostalgi-
ca):
-PRIMO-leitmotiv iniziale variato “nobilmente”(fig.42 + cadenza che riprende
transizione a primo tema mvmt 1), ripresa alla fine del concerto;
-SECONDO: moto perpetuo fig.50, orchestrazione puntillistica;
-TERZO coda (poco più lento) fig.66, melodia corale, ampi salti.

-orchestrazione assai più elaborata, anche per lasciare probabilmente più tempo
al solista dopo passaggi particolarmente difficili/fornire un appoggio più solido.
-scrittura più sinfonica: l’orchestra ha una maggior indipendenza rispetto al solista.
tuttavia le sezioni sono sempre ben separate dall’attacco del solista.

Alessandro Bono !5

Potrebbero piacerti anche