Sei sulla pagina 1di 4

Riforma Zeno e Metastasio

La crisi artistica di fine 600 intacca l’opera italiana, caratterizzata da trame molto complesse, talvolta
incomprensibili, che mirano a produrre effetti visivi spettacolari, diviene oggetto di preoccupazione e
dibattito tra gli intellettuali delle accademie romane.
Ci sono stati diversi tentativi di riforma letteraria da parte della generazione di librettisti del primo 700. Tale
generazione era capeggiata dall’intellettuale aristocratico Apostolo Zeno.

Apostolo Zeno non trae più i soggetti delle proprie opere dalla mitologia ma bensì dalla storia antica. Inoltre
cercò di costruire linee di svolgimento più lineare, senza situazioni esagerate e forzate, raccontando
sentimenti più razionali. Riducendo così la difficoltà delle trame delle opere, diminuisce anche il numero di
personaggi.

Il problema di questa generazione di librettisti fu una scarsa attenzione per quanto riguarda l’espressione
musicale nei propri scritti. Zeno infatti non è musicista e utilizza spesso la prosa, ad esempio i testi delle arie
vengono omessi.

Metastasio (pseudonimo di Pietro Trapasso, nato 1687 a Roma) al contrario ha una concezione dell’azione
drammatico musicale diversa e quindi, pur privilegiando il concetto letterario non sottovaluta mai l’aspetto
musicale. Essendo un musicista competente, non perse mai i contatti con i letterari patrizi, con i cantanti e
con i compositori. Nel comporre i propri versi teatrali, pone l’attenzione all’intrinseca musicalità di parola e
metrica ma anche al modo in cui i versi devono essere posti in musica.
Nel 1724 scrive il suo primo libretto d’opera, Didone abbandonata, con le musiche di Domenico Sarro. Tale
libretto riscuote molto successo e viene richiesta nei maggiori teatri italiani. Dal 1724 al 1729 gira l0italia
ma soggiorna principalmente a Roma e a Venezia, città in cui si hanno le cosiddette “prime metastasiane”.
Sempre negli stessi anni scrive sei libretti d’opera, elogiati in tutta europa.
Metastasio viene considerato il rinnovatore del teatro musicale italiano.
Nel 1730 si trasferisce a Vienna, dove Zeno lo indica come suo degno successore a poeta di corte. Il suo
compito era fornire testi per qualsiasi evento richiesto dalla corte, per cui la sua libertà di scelta viene
molto ridotta. I primi 10 anni a Vienna sono i più fecondi: scrive drammi per musica, feste teatrali, oratori e
serenate. Poi più nulla per 40 anni, ma è talmente grande la sua fama che rimane un vero e proprio punto
di riferimento artistico. Muore nel 1782.

De la Motte

Nell’opera la musica è solo una delle componenti dello spettacolo, perciò deve impiegare mezzi drastici per
attirare su di sé l’attenzione. Una forma musicale, che varia dalle due alle quattro ore, richiede una
disposizione più ampia di un pezzo di musica assoluta, che dura invece circa 20 minuti.

Paragona il linguaggio d’opera ad un grande pennello. Due esempi:

1) Carmen atto III: la scena di apre in un luogo sulle montagne. Due ottave vuote come accordi di
preparazione, poi una melodia A di quattro battute, che inizia in do minore, ma alla terza battuta
modula a mi bemolle maggiore. Ripetizione variata B della melodia A: alla quarta battuta essa
compie una modulazione di ritorno a do minore. Di nuovo la melodia A e la sua ripetizione variata
B, ma con una diversa orchestrazione. Variante di 10 battute della melodia e subito dopo ancora le
melodie A e B. Poi ingresso del Coro degli zingari: “Ascolta, compagno, ascolta!”, nel corso del quale
le melodie A e B ricompaiono altre due volte. Dunque per ben 5 volte vengono ripresentate le
stesse otto battute in un numero di breve durata: nessuna composizione da concerto
sopporterebbe tante ripetizioni. “Ma attento, lungo la strada, a non fare un passo falso” cantano gli
zingari mentre scendono lungo le pareti rocciose, e le difficoltà del percorso risuonano in maniera
energica ed efficace nell’armonizzazione di Bizet.
2) Il sentiero conduce un’ottava più in basso con passi malfermi, ad una triade eccedente dopo l’altra,
che per così dire costringe chi cammina ad aiutarsi con le mani, perché la fondamentale
dell’accordo impedisce di rimanere eretti. È un’idea geniale, un’invenzione tipicamente da opera.
Aida, atto IV, scena II: Radames apprende da Amneris che Aida vive e che solo suo padre è rimasto
ucciso. La descrizione di questo drammatico avvenimento è basata su un’idea motivica di una
battuta, costituita dalla successione di tre accordi collegati fra loro con un movimento cromatico
ascendente, tale da creare una situazione molto ambigua sul piano tonale.
3) Il senso di questo collegamento accordale è incorniciare fra due passaggi cromatici la 5° di mi
bemolle minore, oppure di creare una tensione verso l’accordo di sesta di Do bemolle maggiore?
Allora il mi b è fondamentale o 3°? Oppure è prima l’una e poi l’altra? Nel prosieguo del dialogo
non vi è una progressione che salga regolarmente: una volta quattro battute su un solo grado,
un’altra volta tre battute, molte volte una sola. A ciò si aggiunga che vi è anche un gruppo di triadi
irregolare rispetto al modello della progressione.

Amico Fritz

Pietro Mascagni, L'amico Fritz, 1891


commedia lirica in tre atti
libretto di Nicola Daspuro (sotto lo pseudonimo di P. Suardon)
VIDEO:
atto primo, Laceri, miseri (racconto di Beppe, un giovane zingaro che fu salvato un giorno
da Fritz e sul suo violino canta le lodi del giovane signore). Esempio di ruolo en travesti
(ruolo maschile affidato ad un mezzosoprano).

Cavatina

Giuseppe Verdi, Rigoletto, 1951


opera in tre atti
libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma di Victor Hugo Le roi s'amuse (Il re si diverte).
VIDEO:
Atto primo, Questa o quella per me pari son (Duca di Mantova). Esempio di cavatina.

Romano Emili

Fu un tenore italiano; nasce a Bologna nel 1937. Ha esordito nel 1965 con “Gazza Ladra” di Gioacchino
Rossini (opera semiseria del 1817).
In una registrazione audio di fortuna (a Firenze nel Teatro Comunale, 11/05/1965, dir. Bartoletti), viene
documentato l’inserimento di un’aria di baule, nel finale dell’opera. Si tratta di “Qui sul mio cor” tratto da
“La lontananza”, pezzo della raccolta “Peches de vieilesse” di Rossinin che contiene 150 pezzi vocali
accompagnati da pianoforte, che furono composti tra il 1857 e il 1868.

Marilyn Horne

Nasce nel 1934, fu un contralto/mezzosoprano. Utilizzò spesso l’aria di baule, della tradizione antica. In
molte recite del “Barbiere di Siviglia” (in cui interpretava Rosina, con cui scoprirà la sua natura di contralto
rossiniano e la vocalità settecentesca) aggiunse arie, prese in prestito da altre opere rossiniane, nella scena
della lezione di musica (inizio II atto).
Nel 1968 a Firenze, al teatro comunale, la Horne sostituì l’aria originale con “Ah? Quel giorno ognor
rammento”, aria e cabaletta tratta dall’opera rossiniana Semiramide (del 1823, dunque successiva al
Barbiere di Siviglia) (vedi da 1h36'30'' a 1h44'00'' dell'audio
https://www.youtube.com/watch?v=BmC9ndqxQp8 ).
A macerata, nell’arena sferisterio, nel 1980, dir Rescigno, la Horne sostituì l’originale con la cavatina “Di
tanti palpiti” dall’opera rossiniana Tancredi del 1813 (audio https://youtu.be/lBKyC-QjiFg ).
Nel 1982, Fonit Cetra (dir. Chailly), registra l’aria originale “Contro un cor”.

Arie di tempesta, caccia, guerra

Charles de Brosses (1709-1777), viaggiatore e intellettuale francese (fu anche un filosofo, linguista,
politico), scrisse in una lettera dall’Italia quanto lo colpirono le scene drammaturgicamente poco coerenti e
verosimili, che però si prestavano molto bene ad un rivestimento musicale squillante di grande effetto. Si
trattava di Arie quasi sempre agitate, che suscitavano con estrema efficacia scene di tempesta, di caccia, di
guerra di inseguimenti.

Testo delle “Lettere familiari scritte dall’Italia nel 1739 e 1740”:

“Gli italiani pretendono arie di qualsiasi genere, capaci di dar corpo alle diverse immagini che la musica è in
grado di rappresentare. Ogni tipologia riesce a risaltare le differenti qualità dei cantanti e della loro
recitazione. La musica è tanto bella, tanto straordinaria, illustra gli oggetti con tanta arte e verità, che
si riesce benissimo a perdonarle volentieri difetti anche molto più gravi, come quello di far
restare in scena un personaggio, per fargli cantare un'aria lunghissima, nel momento in cui
il pericolo dovrebbe spingerlo invece a fuggire”

Negli standard dell’opera del 600/700, era prassi inserire arie di caccia (corno), di guerra (tromba o oboe),
di tempesta (archi e fiati) dove i cantanti potevano esibire le proprie capacità tecniche.

- 1662 Giovanni Andrea Bontempi, “Il paride”, libretto con un soggetto mitologico. Prima
rappresentazione 3 novembre 1662 presso il Palazzo Reale di Dresda, alla cui corte Bontempi era
maestro di cappella (ascolto: aria “Alla caccia”).
- 1711 Georg Friedrich Haendel, “Rinaldo”, libretto di Giacomo Rossi dalla Gerusalemme liberata di
Torquato Tasso. 1° rappresentazione a Londra nel 1711 (ascolto: aria “Vo’ far guerra”).
- 1725 Nicola Porpora, “Didone abbandonata”. 1° rappresentazione nel teatro di Reggio Emilia nel
1725. Per tale rappresentazione vennero create scenografie di nuova invenzione, affidate
all’architetto Galli-Bibiena. (ascolto: aria “Già si desta la tempesta” nella versione allegata sono stati
aggiunti effetti rumoristici che non si esclude siano stati usati anche all'epoca per affascinare il
pubblico con effetti sonori “maravigliosi”).
Teoria delle figure

ANAPHORA Ripetizione di una parola, o di un'espressione, all'inizio di Ripetizione di una cellula all'inizio
frasi o di versi successivi, per sottolineare di frasi
un'immagine o un concetto. L'effetto è tanto maggiore musicali (o anche semplice
quanto più numerose sono le ripetizioni. successione di
Per me si va nella città dolente, cellule ripetute)
per me si va nell'eterno dolore
per me si va tra la perduta gente. (Dante Alighieri, Divina
Commedia, Inferno, III)
ANADIPLOSI Ripetizione dell'ultimo elemento di una proposizione Ripetizione della fine di un periodo
all'inizio della seguente, al fine di rimarcare il legame tra all'inizio del seguente
le due.
ma la gloria non vedo
non vedo il lauro e 'l ferro ond'eran carchi (Giacomo
Leopardi, Canti, «All'Italia»)
CLIMAX Detta anche gradazione ascendente, consiste nel disporre Graduale fase di accumulo di
frasi, sostantivi e aggettivi secondo un ordine basato energia che
sulla crescente intensità del loro significato per creare un sfocia in un punto culminante.
effetto di progressione che potenzia l'espressività del Se l'intensità è decrescente si parla
discorso. invece
Quivi sospiri, pianti ed alti guai (= lamenti) di anticlimax
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai… (Dante Alighieri, Divina
Commedia, Inferno, III)
APOSIOPE Chiamata anche reticenza o sospensione, è un'interruzione Pausa improvvisa spesso con uso
improvvisa del discorso, per dare l'impressione di di punto
non poter o non voler proseguire, ma lasciando intuire al coronato
lettore o all'ascoltatore la conclusione, che viene
taciuta deliberatamente per creare una particolare
impressione
ANABASI Letteralmente andare in salita, si riferisce ad una Esprime uno stato di esaltazione
spedizione effettuata a partire dalla costa verso l'interno di associando forti emozioni con
un territorio movimenti
verso l'acuto
CATABASI Si intende la discesa di una persona viva nel regno dei Rappresenta la malinconia
morti attraverso l'uso
di movimenti verso il grave
PARRESIA Nel significato proprio è non solo la libertà di parola ma Uso di dissonanze inusitate, spesso
anche la franchezza nell'esprimersi, un'incontrollata e della
smodata propensione a parlare quinta diminuita
PATHOPEIA Uso di cromatismi estranei alla
scala
armonica
PASSUS Uso di cromatismi discendenti o
DURIUSCULUS ascendenti per esprimere dolore
EXCLAMATIO Esclamazione enfatica
SUSPIRATIO Pausa improvvisa che rimanda al
riprendere fiato.
ABRUPTIO Interruzione improvvisa della
frase.

Potrebbero piacerti anche