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C.

Debussy (1862-1918)
M. Ravel (1875-1937)

Lettera di Ravel al critico Pierre Lalo (1906):


“Voi vi diffondete su un tipo particolare di
scrittura pianistica la cui invenzione attribuite
a Debussy. Ma i miei Jeux d’eaux apparvero
all’inizio del 1902, quando le sole opere
pianistiche note di Debussy erano i tre pezzi
della suite Pour le piano (1901), che, non ho
bisogno di dirlo, ammiro profondamente ma
che, da un punto di vista esclusivamente
pianistico, non dicono niente di veramente
nuovo”.
Conferenza di Ravel a Houston (1928)
“Per Debussy musicista e uomo ho avuto una profonda ammirazione; ma per natura sono diverso da lui e
mentre ammetto che Debussy può non essere stato estraneo alla mia formazione, debbo anche ricordare
nelle primissime fasi della mia evoluzione l’influenza di Gabriel Fauré ed Erik Satie ed Emmanuel Chabrier
. L’estetica di Poe è stata per me di singolare importanza, così come l’immateriale poesia di Mallarmé –
visioni sconfinate ma di disegno preciso, racchiuse in un mistero di enigmatica astrazione, un’arte in cui
tutti gli elementi sono legati fra loro così intimamente che non è possibile analizzarne gli effetti ma
soltanto percepirli. Penso tuttavia di avere sempre seguito una direzione opposta a quella del simbolismo
di Debussy.
Si è affermato con una certa insistenza che i miei Jeux d’eau, apparsi prima (1902), abbiano potuto
influenzare Debussy nella composizione di Jardins sous la pluie (1903), mentre una coincidenza ancor più
impressionante (con La soirée dans Grenade, in Estampes, 1903) è stata suggerita nel caso della mia
Habanera (comparsa nel 1895 come primo brano di Sites Auriculares per 2 pianoforti, quindi orchestrata
ed inclusa, nel 1905, come terzo brano della Rhaspodie esagnole) [ma la Spagna era di moda: a Parigi, tra
1905 e 1908 Albéniz scriveva Iberia] . Può darsi benissimo, tuttavia, che concezioni di carattere
apparentemente simile maturino nella coscienza di due compositori diversi quasi nello stesso momento,
senza che ciò implichi un’influenza diretta dell’uno sull’altro”.

E. A. Poe, in Filosofia della composizione (uno scritto del 1848 in cui lo scrittore illustra la
nascita della sua poesia Il corvo), prende posizione contro la scrittura spontanea e
dichiara di comporre partendo da un effetto poi sviluppato con originalità. “Ed è mia
intenzione - scrive Poe - di rendere manifesto come nessuna parte di questa poesia sia
da riferire al caso o all'intuizione, e che l'opera procedette, passo dopo passo, verso il suo
compimento con la precisione e la rigorosa consequenzialità di un problema
matematico”.
In effetti Ravel non ha mai cessato di ammirare la musica di Debussy né ha
mai negato l’importanza che per la sua formazione ebbero alcuni lavori di
Debussy come il Prélude à l’après-midi d’une faune (nel 1909-10 trascrisse
il Prélude per due pianoforti, insieme ai 3 Notturni orchestrali del più
anziano collega). Ravel fu inoltre tra quei giovani musicisti che sostennero
con convinzione il Pelléas et Mélisande di Debussy dopo il quasi “fiasco”
della prima parigina il 30 aprile 1902, consentendo all’opera di riprendersi
nelle rappresentazioni seguenti.
Al contrario Debussy sembra abbia incoraggiato Ravel fino a quando
quest’ultimo non raggiunse il successo (intorno al 1905). Al critico Luis
Laloy, che aveva positivamente recensito le Histoires naturelles (per voce e
pianoforte, 1906) di Ravel, paragonandole alle liriche della raccolta La
camera dei bambini di Musorgskij, Debussy scrisse: “Sono stupito di
vedere che un uomo del vostro gusto sacrifica deliberatamente un
capolavoro puro ed istintivo come La camera dei bambini agli artificiosi
americanismi delle Histoires naturelles di M. Ravel. Nonostante
l’indiscussa abilità di Ravel, queste liriche consistono di una musica che
dobbiamo definire gratuita”.
All’inizio della sua carriera in effetti Ravel era individuato come un seguace di
Debussy. Ciò, oltre a limitare la percezione della sua originalità gli procurò
difficoltà, poiché Debussy era malvisto dalla maggioranza del pubblico
musicale (e in particolare di quello che controllava le leve del potere).
Nel 1905 gli viene per questo negato il Prix de Rome: da questo clamoroso
misconoscimento nacque uno scandalo, che portò alle dimissioni del
direttore del Conservatorio di Parigi T. Dubois e sostituzione di quest’ultimo
con G. Fauré (maestro di Ravel).
Le difficoltà con i gusti ormai tradizionalisti della Societé Nationale de Musique
fondata da Saint-Saens (nata per favorire le esecuzioni di musica francese) lo
spinse nel 1901 a fondare, insieme a un gruppo di allievi di Fauré la Société
Musicale Indipendénte, con scopi analoghi a di tendenze più avanzate).
Presidente fu nominato lo stesso Fauré.
Punti di contatto Debussy/Ravel

1. Stilemi desunti dalla musica orientale (scale modali e ritmi ripetitivi); titoli
allusivi ad un “oriente” più o meno vago.

Esempi
Debussy, Pagodes (primo brano da Estampes, 1903), in Si maggiore, usa 4 scale
pentatoniche (che evocano melodie orientali). E’ evidente la ricerca di un
effetto percussivo sul pianoforte coll’uso pedale (che vuole ricordare la
percussione gamelan giavanese) .Debussy prescrive che il brano sia eseguito
“presque sans nuance”, per evitare una esecuzione eccessivamente
espressiva e l’uso del rubato. La rigidità ritmica non significa rigidità del
tempo, che fluisce più o meno lento o veloce all’interno del brano.

Ravel, Laideronnette, impératrice des pagodes (terzo brano di Ma Mère l’Oye,


per due pianoforti, 1908, poi - 1920 - trascrizione orchestrale nell’omonimo
balletto): è una marcia veloce che alterna una sezione vivace, sviluppata nei
registri acuti, a una sezione più lenta e riflessiva, nei registri gravi, secondo lo
schema A-B-A1. L'utilizzo dell’armonia per quarte e della scala pentatonica le
donano una sonorità “orientaleggiante”.
2. Allusioni al clavicembalismo francese del XVIII sec, o comunque a
una stagione “classica” intesa come età di purezza non contaminata
da influssi romantico-tedeschi
Debussy:

Suite bergamasque per pianoforte (1890-1905) : Prélude, Menuet, Clair de lune,


Passepied
Pur le piano (1901), :Prelude, Sarabande, Toccata
Hommage à Haydn, per pf (1905)

Ravel:
Menuet antique (1895)
Tombeau de Couperin, 6 pezzi pianistici (1917) (dedicati a commilitoni morti in
guerra);
Sonatine (1905)
Pavane pour une infante defunte, per pianoforte (1899, poi orchestrata nel 1910);
Menuet sur le nome d’Haydn (1905)
Pavane de la Belle au bois dormant, nei pezzi pianistici a 4 mani Ma mère l’oye
(1910-balletto 1920).
3. Influsssi jazzistici
• In Debussy : Golliwog’s Cake-walk (sesto brano della suite pianistica
Children’s Corner , 1908) la vivace danza afroamericana Cake-walk che si
immagina ballata da un personaggio di libri per bambini con l’aspetto di
una bimba nera. La sezione centrale del brano contiene una citazione
ironica del Tristano, da eseguirsi “con grande emozione”, ed è intervallata
da una successione di accordi staccati quasi clowneschi. Il ragtime è usato
da Debussy per produrre un senso di irriverenza e leggerezza che intende
“smontare” la “pesante” opera d’arte totale Wagner.
• In Ravel: nel Concerto in sol per pf e orch (1928-31 scritto dopo il viaggio
negli Usa del 1927 )si avverte l’influsso del jazz, che Ravel conosceva da
molto tempo ma solo con il viaggio negli Stati Uniti aveva toccato con
mano (la cosiddetta “scala blues” " è utilizzata nel primo movimento); ma
ci sono anche melodie e i ritmi baschi.
4. Influsso di Musorgskij

In entrambi: interesse per la declamazione parlata e prosastica


del compositore russo autore del Boris Gopdunov: si vedano
ad esempio la vocalità in Pelléas et Mélisande di Debussy e
L’heure espagnole di Ravel

In Ravel spiccato interesse anche per la strumentazione di


Musorgskij (cfr. la trascrizione orchestrale di Quadri di
un’esposizione di Musorgskij)
Debussy, Pelléas et Mélisande.
Poco prima di scrivere il Pelléas, Debussy illustrò lucidamente il suo ideale di
teatro musicale, evidentemente legato alla poetica simbolista, in una
conversazione con Ernest Guiraud (il musicista amico di Bizet noto per avere
composto i recitativi di Carmen). Il librettista ideale, dichiara Debussy, è
“quello che, dicendo le cose a metà, mi permetterà di innestare il mio sogno
sul suo; che concepirà personaggi la cui storia e la cui dimora non saranno in
alcun tempo, d’alcun luogo; che non m’imporrà dispoticamente la scena da
fare e mi lascerà libero, qua e là, di avere più arte di lui e di compiere l’opera
sua.[…] Non seguirò gli sbandamenti del teatro lirico, dove la musica
predomina insolentemente; dove la poesia è relegata e passa in secondo
piano, soffocata dall’abbigliamento musicale troppo greve. Nel teatro
musicale si canta troppo. Bisogna cantare quando ne vale la pena e riservare
gli accenti patetici. Devono esserci differenze nell’energia dell’espressione. E’
necessario a tratti dipingere a chiaroscuro […]. Sogno poemi che non mi
condannino a perpetrare atti lunghi, pesanti; che mi forniscano scene
mobili, diverse per luogo e carattere; dove i personaggi non discutano, ma
subiscano la vita e la sorte”.
In Pelléas c’è una totale rinuncia alla caratterizzazione vocale: da cima a fondo
l’opera si fonda su un declamato capace di allargarsi fino all’arioso come di
rinsecchirsi in incisi anche minimi. L’esempio del gregoriano guida
l’invenzione vocale (esempio particolarmente chiaro nella lettura della
lettera, scena 2 atto I).Si procede per gradi minimi, seguendo le naturali
inflessioni della lingua parlata francese.. La tecnica del Leitmotiv, desunta
da Wagner, non ha mai funzione guida ma insinua reminiscenze e cose
non dette, mostrandosi idonea alla psicologia in gran parte inespressa di
diversi personaggi. Il decorso sinfonico è ripudiato anche dove l’orchestra
è sola. La musica si frantuma in blocchi armonici, in incisi tematici minimi (
spesso anche di due sole note), l’armonia è resa statica fermandosi su
accordi tradizionalmente “di moto”, o con l’uso della scala esafonica, che
non consente tensioni dialettiche. La tendenza alla liberazione da legami
sintattici spinge verso una potenziale amorfia, configurando le relazioni
degli avvenimenti, sia musicali sia drammatici, come l’interdipendenza di
singoli corpi entro una costellazione, o come interdipendenza delle singole
cellule in un organismo biologico. L’esperienza musicale si richiama al
modello dimenticato dell’armonia della natura. La vicenda di Maeterlinck,
grazie alla musica, diventa storia naturale, descrizione dell’estraneo,
dell’extra o del pre-umano.
L’heure espagnole di Ravel (1911) è una commedia musicale in un atto, con il
libretto dello stesso compositore, che si limitò ad alcuni tagli sul testo della
commedia di Franc-Nohain (andata in scena a Parigi nel 1904). Il testo,
intonato sillabicamente in un quasi recitativo, evidenzia le scansioni e gli
intervalli impliciti della lingua. A proposito di quest’opera Ravel ha fatto
riferimento all’opera buffa italiana e all’opéra comique. A differenza di
questi 2 generi, nel lavoro di Ravel non ci sono numeri chiusi collegati da
recitativi o da dialoghi. C’è una successione di piccole cantate sceniche che
si succedono interrompendosi. L’entrata in scena dei personaggi
interrompe sempre l’azione in corso, caricandola di tensione parodistica
ed aumentandone l’effetto comico. Le continue interruzioni generano
incomprensioni tra i personaggi. Questi ultimi si trasformano quasi in
marionette e automi, come quelle che compaiono sullo sfondo della
vicenda, e animano la musica di sottili giochi ritmici “meccanizzati”.
Questa meccanizzazione del ritmo è lontanissima dal Pelléas: il risultato è un
effetto antiromantico, ironico e disincantato (dunque nulla a che fare col
conturbante “mistero” che sempre aleggia nel Pellèas).

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