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Carlotta Caruso

LA PROFESSIONE DI CANTANTE NEL MONDO ROMANO


La terminologia specifica attraverso le fonti
letterarie ed epigrafiche

Gli studi sulla musica nel mondo romano, anche i più recenti, hanno sempre privi-
legiato l’ambito strumentale per il quale è possibile servirsi anche di fonti iconografiche
che offrono preziosi elementi di confronto con altre tradizioni musicali; la musica vocale,
invece, è stata spesso trascurata, probabilmente a causa dell’esiguità delle fonti disponibi-
li, esclusivamente di carattere letterario ed epigrafico1. Eppure queste fonti, ben combinate
tra loro, riescono a fornire numerosi elementi utili che, attraverso un approccio di tipo
archeologico-musicale, permettono, talvolta, anche una diversa lettura di documenti già
noti2.
Il dato che emerge con maggiore chiarezza è la presenza nel mondo antico di di-
verse categorie di cantanti, ciascuna definita da un termine che sembra indicare una precisa
specialità, conformemente a quella ricchezza lessicale già evidenziata dalla Belis in fatto di
“termes des spécialités musicales”3; questi termini trovano riscontro generalmente sia nelle
fonti letterarie, sia in quelle epigrafiche.
In questa sede, dunque, intendo riferirmi esclusivamente ai termini “professionali”
quali emergono dalle diverse fonti: cantor, cantrix, monodiaria, odariarius, tralasciando
l’ampia diffusione, anche non professionale, della musica vocale.

*  Desidero esprimere la mia profonda gratitudine al Prof. Silvio Panciera che ha incoraggiato questa
mia ricerca, offrendomi sempre preziosi spunti critici. Sono grata alla Prof.ssa Silvia Orlandi per aver paziente-
mente riletto il testo.
1  Fa eccezione la categoria dei citharoedi, studiata approfonditamente in Vendries, Instruments, 1999.

2  Su questo tipo di indirizzo nell’ambito della musicologia del mondo antico, cfr. Meucci, Riflessioni,

1985, p. 383.
3  Cfr. Belis, Termes, 1988, p. 228.
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Per ciascuno di essi verranno esaminate dapprima le fonti letterarie, in seguito quelle
epigrafiche; si tenterà infine una ricostruzione della diversa specialità di ogni tipologia di
cantante.

Cantor

La categoria dei cantores è stata più volte studiata e un dibattito intenso si è aperto
sulla natura esatta della loro attività: lo stesso termine cantor è stato considerato, infatti,
come un termine non professionale4; va però evidenziato come la documentazione epigrafica
relativa non sia mai stata presa in esame ed integrata con le dibattute fonti letterarie.
Se tutti gli studiosi hanno sempre concordato sul fatto che i cantores operassero
esclusivamente nel mondo del teatro, il problema è stato definire esattamente il loro ruolo
rispetto a quello degli attori, chiamati, come è noto, histriones o actores. In realtà, il teatro
latino si componeva di brani recitati privi di musica, i diverbia, e di brani in metri lirici, che
venivano cantati con l’accompagnamento della tibia, i cantica: è dunque evidente che i can-
tores erano i cantanti interpreti dei cantica, mentre gli histriones o actores erano gli interpreti
dei diverbia5.
Da ciò che le fonti letterarie riportano, al momento dei cantica, il cantor entrava in
scena insieme al pythaules o tibicen e cantava il brano, mentre l’attore, in silenzio, lo inter-
pretava mimicamente e con passi di danza; dall’espressione di Cicerone “Transit idem iuris
consultus tibicinis Latini modo” si ricava inoltre che era considerata una consuetudine tipica-
mente latina il fatto che il pythaules o tibicen rimanesse in piedi accanto al cantante durante
tutta l’esecuzione dell’aria6.
L’assegnazione di parti cantate e recitate da due interpreti diversi ed, in particolare,
l’idea di un attore sostituito da un cantante e ridotto a dover eseguire una muta gesticolazione
è stata messa in discussione da numerosi studiosi7, ma essa è tuttavia inequivocabilmente
espressa in più occasioni dalle fonti letterarie, che ne precisano anche l’origine con un cele-
bre aneddoto eziologico, narrato non solo da Livio (come in genere si legge), ma anche da
Valerio Massimo: recitazione, canto e danza, originariamente svolte da un unico interprete,
sarebbero state separate in seguito ad un incidente occorso a Livio Andronico che, interpre-

4  Belis, Termes, 1988, p. 228: «le cantor ne correspond pas à une profession, mais à une activité déter-
minée… le latin … ne possède pas de terme générique pour le chanteur professionnel en tant que tel».
5  Cfr. Zucchelli, Denominazioni, 1964, pp. 67 ss.; Guidobaldi, Musica, 1992, pp. 23 ss.; Dupont, Tea-

tro, 1995, p. 72. La struttura del teatro romano, basato su diverbia e cantica, rivela dunque una suggestiva somi-
glianza con l’opera lirica; cfr. Baudot, Musiciens, 1973, p. 58 e Landels, Music, 1999, pp. 186 ss.; in particolare
Baudot si è chiesto se possa essere legittimo paragonare i diverbia al recitativo secco tipico dell’opera buffa
italiana del 700, il cui scopo è far sì che, anche durante i “dialoghi”, “il personaggio mantenga la “sua voce”, cioè
quella dell’emissione canora” (Maragliano Mori, Coscienza, 1970, p. 161).
6  Cic., pro Mur., 12, 26; cfr. Landels, Music, 1999, pp. 187 ss. Cfr. inoltre Diom., Gramm., 1, 491 K.

7  Le varie posizioni in Zucchelli, Denominazioni, 1964, pp. 64 ss. Un suggestivo confronto con le

moderne tecniche del doppiaggio o del play back in Taladoire, Essai, 1956, p. 300, nt. 418 e Dupont, Teatro,
1995, p. 73.
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tando un suo dramma (in qualità di actor, definizione usata da entrambi gli autori), finì col
trovarsi completamente senza voce a causa dei numerosi bis richiestigli. Sostituito ad ca-
nendum, egli poté eseguire la scena con una mimica molto più efficace, riscuotendo un tale
successo che questo stratagemma fu adottato come una consuetudine stabile8. Come è stato
notato da Zucchelli, indipendentemente dalla sua veridicità, il racconto dimostra che l’usan-
za di separare attori e cantanti è effettivamente stata praticata e che lo fosse ancora ai tempi
di Livio9 e, aggiungo, di Valerio Massimo; va infatti notato che l’ampio dibattito relativo
all’interpretazione dell’espressione liviana ad manum cantari (giustamente interpretata come
“cantare con accompagnamento di mimica-danza”10) trova facilmente una sicura conferma
nelle ben più esplicite parole di Valerio Massimo che, finora, nessuno studioso sembra aver
preso in considerazione e che invece mi sembrano chiudere definitivamente la questione pro-
prio con le parole gesticulationem tacitus peregit.
Per quanto possa ritenersi sorprendente, si deve dunque ammettere che, nel mondo
antico, fosse concepibile che un attore, rimanesse in silenzio e limitasse la sua interpretazione
al gesto; del resto le fonti letterarie accostano frequentemente il termine histrio (in genere
preferito ad actor) proprio all’azione e alla gesticolazione oltre che al modo di porgere la
voce11 e, come già evidenziato da Zucchelli, la sostituzione dell’attore da parte del cantor era
molto simile a ciò che avveniva nelle pubbliche letture quando alcuni autori si limitavano ad
accompagnare murmure, oculis, manu la lettura effettuata da abili interpreti12.
Il cantor era dunque uno specialista del canto, interprete di quei brani in cui la varietà
dei metri usati “può trovare la sola spiegazione nel fatto che le parole dovevano essere appli-
cate ad un disegno melodico prestabilito” (Lenchantin de Gubernatis)13; dalle testimonianze
letterarie, inoltre, si evince che le parti destinate al canto dovevano essere cantate da specia-

8  Cfr. Liv., 7, 2: Livius post aliquot annis… suorum carminum actor, dicitur, cum saepius revocatus vo-

cem obtudisset, venia petita puerum ad canendum ante tibicinem cum statuisset, canticum egisse aliquanto magis
vigente motu quia nihil vocis usus impediebat. Inde ad manum cantari histrionibus coeptum diverbiaque tantum
ipsorum voci relicta.; Val. Max., 2, 4, 4: primus omnium poeta Livius … isque sui operis actor, cum saepius a
populo revocatus vocem obtudisset, adhibito pueri ac tibicinis concentu gesticulationem tacitus peregit.
9  Cfr. Zucchelli, Denominazioni, 1964, p. 66.

10  Ciò in analogia all’uso di cantare ad seguito dall’accusativo di un termine che designa uno strumento

musicale, “cantare con l’accompagnamento di quello strumento”; cfr. Fabbri, Tito, 1956, pp. 91 ss.; Rotolo,
Cantare, 1960, p. 253.
11  Cic., de Orat., 1, 251 - Tamen nemo suaserit studiosis dicendi adulescentibus in gestu discendo hi-

strionum more elaborare; Cic., de Orat., 1, 18: Nam quid ego de actione ipsa plura dicam? quae motu corporis,
quae gestu, quae vultu, quae vocis conformatione ac varietate moderanda est; quae sola per se ipsa quanta sit,
histrionum levis ars et scaena declarat; in qua cum omnes in oris et vocis et motus moderatione laborent, quis
ignorat quam pauci sint fuerintque, quos animo aequo spectare possimus?; Cic., de Orat., 3, 214: Quae sic ab
illo esse acta constabat oculis, voce, gestu, inimici ut lacrimas tenere non possent. Haec ideo dico pluribus, quod
genus hoc totum oratores, qui sunt veritatis ipsius actores, reliquerunt; imitatores autem veritatis, histriones,
occupaverunt. Ac sine dubio in omni re vincit imitationem veritas, sed ea si satis in actione efficeret ipsa per sese,
arte profecto non egeremus; verum quia animi permotio, quae maxime aut declaranda aut imitanda est actione,
perturbata saepe ita est.
12  Plin., Ep., 9, 34. Il rapporto tra histrio-actor e cantor è ben espresso in Zucchelli, Denominazioni,

1964, pp. 29 ss., 63 ss.


13  Lenchantin De Gubernatis, Musica, 1913, p. 208.
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listi, essendo spesso brani d’effetto e con virtuosismi e, nei confronti dei quali, il pubblico
dimostrava grandissima attenzione14: il dissenso nei confronti di un cantante non apprezzato
poteva essere segnalato anche in modo piuttosto violento15.
In un passo Cicerone riporta, infine, come la maggior parte della gente comune amas-
se il teatro e che alcuni sapessero addirittura riconoscere i cantica fin dai primi suoni dell’ac-
compagnamento della tibia16: oltre a segnalare le buone qualità ricettive di questo pubblico,
queste testimonianze sembrano dimostrare come, già all’età di Cicerone, il teatro romano si
basasse essenzialmente su opere “di repertorio”.
Più scarna la documentazione epigrafica che si compone di quattro documenti:
1. - CIL, I2 2519 = ILLRP 77117.
Societatis cantor(um) Graeco[r]um et quei in / hac sunhodo sunt de pequnia (!) com-
munei. [- M]aecenas D(ecimi) f(ilius) Mae(cia tribu), desi/gnator, patronus sunhodi probavit.
M(arcus) Vac[ci]us M(arci) l(ibertus) Theophilus, / Q(uintus) Vibius Q(uinti) l(ibertus) Simus,
magistreis sunhodi d[ec]umianorum locu(m) / sepulchri emendo edificando cu[r]averunt. /
L(ucius) Aurelius L(uci) l(ibertus) Philo, magister septumo synhodi / societatis cantorum
Graecorum quiq[u]e in hac societate sunt, de sua pecunia reficiun[d]um / coeravit.

L’iscrizione attesta la proprietà di un edificio sepolcrale da parte degli associati can-


tores Graeci: l’epiteto Graeci è stato interpretato non solo come un riferimento alla lingua
dei loro drammi, ma anche correlato con la loro origine geografica18; in particolare, Jory
ritenne che essi fossero a section of a synod of Dionysiac artist which produced Greek plays
in Rome¸ da identificare come i “successori” degli artisti giunti a Roma nel 186 a.C. in occa-
sione del trionfo di M. Fulvio Nobiliore19.
Questa iscrizione risale però ad un’epoca molto più recente, l’età sillana20, e mi pare
difficile credere che, per tutto questo tempo, i Romani abbiano continuato a servirsi solo e
soltanto di artisti greci21; nello stesso periodo, inoltre, a Roma erano effettivamente attivi dei

14  Cic., Ep. Att., 19, 3: Populi sensus maxime theatro et spectaculis perspectus est; cfr. inoltre nt. seguente.
15  Cfr. Rhet. Ad Her., 4, 47: si, cum magnam populo commorit iis rebus expectationem, repente, silentio
facto, vocem mittat acerbissimam cum turpissimo corporis motu, quo melius ornatus et magis fuerit expectatus,
eo magis derisus et contemptus eicitur;… eo vehementius derisus et contemptus ex omni conventu bonorum
eicietur. D’altra parte vi era anche una claque organizzata capace di eseguire una serie di applausi codificati e
differenziati a seconda delle necessità: cfr. Dubourdieu - Moraeu, Imbrex, 1986, pp. 729 ss.; Pucci, Forme, 1992,
p. 240; Vendries, Instruments, 1999, pp. 366 ss.; cfr. inoltre infra, nt. 26.
16  Cfr. le numerose testimonianze letterarie raccolte da Dupont, Teatro, 1995, pp. 113 ss.

17  Grande parallelepipedo di peperino (157 x 56 x 32, lett. 5-2,6), rinvenuto nel 1925 all’angolo tra via

di Porta Maggiore e via Statilia; si conserva presso il Museo Nazionale Romano.


18  Diversamente Paribeni, Cantores, 1925, pp. 289 ss.

19  Cfr. Jory, Associations, 1970, pp. 242 ss.

20  Elementi linguistici, ortografici, paleografici e la scelta del peperino fanno risalire a quest’epoca;

Paribeni, Cantores, 1925, p. 288; Jory, Associations, 1970, pp. 242 ss.
21  Ricordo inoltre l’uso dell’espressione Latini modo, usata da Cicerone relativamente al teatro (cfr.

supra) e che mi sembra segnali una codificazione di norme proprie del mondo romano da contrapporsi a quello
greco ed italico.
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tecni'tai greci, autori delle cosiddette “didascalie del teatro attico”, iscrizioni greche con-
tenenti notizie sugli autori e gli attori delle rappresentazioni da loro messe in scena; queste
iscrizioni si datano in un arco di tempo che va dalla fine dell’età repubblicana alla seconda
metà del I secolo d.C. e provengono dalla cosiddetta zona dei teatri, l’attuale via Arenula22,
ben distante dal luogo in cui è stata rinvenuta l’iscrizione latina dei cantores Graeci. Nel
medesimo periodo, dunque, devono essere esistite associazioni distinte, quella dei tecni'tai,
effettivamente composta da artisti greci, e quella dei cantores Graeci, da considerarsi, a
mio avviso, come interpreti romani dell’arte drammaturgica greca: definendosi greci, essi
intendevano evidenziare non la loro origine geografia, quanto piuttosto un modo greco di
intendere e “fare” il teatro che avevano appreso proprio dagli artisti giunti dalla Grecia e di
cui dovevano sentirsi eredi. La finalità principale dell’associazione può essere stata proprio
di “romanizzare” la tradizione greca (canti tratti da drammi greci e magari anche particolari
tecniche esecutive, tipiche della drammaturgia greca) per adattarla alle nuove generazioni
romane23; in questo senso l’espressione quei in hac sunhodo sunt potrebbe indicare non dei
semplici dilettanti o degli appassionati finanziatori, come considerato dall’interpretazione di
Paribeni, ma degli “apprendisti” cantores da formare all’interno della societas24 in vista di
una loro futura sostituzione degli artisti più esperti e più anziani: essi potevano affiancare i
cantores durante le rappresentazioni sceniche, come membri del coro (essendo drammi greci,
la funzione del coro era necessaria e poteva essere una buona palestra per un futuro come
solisti)25 o essere incaricati di altre mansioni collegate alla messa in scena, o ancora respon-
sabili della claque26.
Lo statuto giuridico dei personaggi ricordati nel testo è di natura libertina come, deve
immaginarsi, quello dei restanti componenti della societas, cui faceva eccezione Maecenas,
il designator e patronus dell’associazione: egli non solo sembra essere l’unico di statuto
libero, ma ha un nome di origine etrusca, diversamente dai tre magistri caratterizzati da co-
gnomina grecanici27.

22  Cfr. Moretti, Didascalie, 1960, pp. 263 ss.


23  Il suo ruolo sarebbe comparabile a quello delle scuole musicali, ampiamente documentate nel mondo
antico; cfr. a riguardo Wilhelm, Beitrage, 1915, p. 54; Tarn, Civilizations, 1930, p. 100.
24  Paribeni, Cantores, 1925, pp. 288 ss.; Wille, Musica, 1967, p. 318, nt. 163 e p. 362. Un’espressione

analoga in CIL, XII 1929, iscrizione del collegium degli scaenici Asiaticiani et qui in eodem corpore sunt.
25  Diversamente dall’iscrizione seguente, l’idea che questi cantores fossero tutti dei chorus singers,

come ritiene probabile Jory, non mi sembra completamente soddisfacente; penso che si trattasse più in generale
di un’associazione di cantanti che, a seconda delle esigenze, potevano dedicarsi all’una o all’altra attività. Ciò
sarebbe in linea con l’idea di un’associazione con compiti anche formativi.
26  L’uso della claque è ricordato da varie fonti: la definizione più comune era quella di fautor: Tac.,

Hist., 2, 91; Plaut., Amph., 67; Hor., Ep., 18, 66. Nerone aveva addirittura un corpo scelto, quello degli Augu-
stiani: Suet., Nero, 20. Il tipo di organizzazione della claque neroniana lascia pensare che, oltre a speciali applausi
codificati, non fosse infrequente un’organizzazione con dei “capo-claque”; cfr. Dubourdieu - Moraeu, Imbrex,
1986, pp. 729 ss. Frequentemente nei teatri accadeva che tumulti e scontri violenti si generassero dalle fazioni di
spettatori stipendiati, capaci di ricorrere alla violenza pur di far tacere la fazione avversaria cfr. Tac., Ann., 1, 16.
Cfr. Dupont, Teatro, 1995, pp. 64; 115-116. Cfr. inoltre supra, nt. 15.
27  Theophilus, cognomen piuttosto frequente a Roma (cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, p. 207 e So-

lin, Personennamen, 2003, p. 85), mentre più rari sono Philo (cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, p. 415; Solin,
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2. - AE 1945, 118. Vd. inoltre Marchetti Longhi, Culto, 1943, pp. 27-29; Marchetti
Longhi, Scavi, 1943-45, pp. 80-81, nr. XIV; Kajanto - Nyberg - Steinby, Iscrizioni, 1981,
pp. 124-126, nr. 4028.
Deo sancto Apollini. / M(arcus) Plaetorius M(arci) l(ibertus) Nicon / parasitus Apol-
linis et / q(uin)q(uennalis) collegi can[t]orum / d(ono) d(edit).

Dedica ad Apollo realizzata dal quinquennale del collegium cantorum che, con la
qualifica di parasitus Apollinis lega il collegio stesso al mondo del mimo e del pantomimo;
la sodalitas dei parasiti Apollinis, nata intorno al I secolo a.C., accoglieva infatti prevalen-
temente pantomimi, ma anche archimimi e mimi29. In questo caso l’attività professionale
di Nicon non è specificata, anche se la presidenza quinquennale del collegium renderebbe
verosimile la professione di cantor e la qualifica di parasitus Apollinis quella di pantomimo:
la combinazione di entrambe le attività ha un solo confronto in un passo di Svetonio, in cui
Caligola è definito idem cantor atque saltator30.
Questo nesso con il mondo del pantomimo rende quasi certa la natura “corale” del
collegium; l’organico musicale degli spettacoli dei pantomimi, infatti, era solitamente com-
posto da grandi masse corali31, coordinate da un magister chori, che aveva il compito di dare
i segnali di attacco e ripresa e di coordinare la musica e la danza32, anche con l’aiuto dello
scabillarius33.
Del resto, nel mondo antico, non sembra essere esistita una terminolgia distinta per
indicare i componenti di un coro; tranne nel caso dell’aggettivo sostantivato choricus, usato

Personennamen, 2003, p. 800) e Simus (cfr. Solin, Personennamen, 2003, p. 746). Il designator era verosimil-
mente incaricato dell’assegnazione dei posti, mentre in qualità di patronus, Maecenas può aver rivestito il com-
pito di direttore di scena.
28  Base marmorea rettangolare (44 x 24 x 26,5; lett. 2-2,5), rinvenuta nello sterro del tempio rotondo di

largo Argentina, fra questo e il vicino tempio C. Si conserva presso i magazzini di L.go Argentina.
29  Cinque pantomimi (ILS 5186 = EphEp VIII, 369; ILS 5189 = CIL, X 3716; ILS 5193 = CIL, XIV

2113; ILS 5194 = CIL, XIV 2977; ILS 5201 = CIL, VI 10118), tre archimimi (CIL, II 7767; ILS 5196 = CIL, XIV
2408; ILS 5209 = CIL, XIV 2988), un solo mimus (CIL, XIV, 3683) tutti liberti (spesso imperiali); in due soli casi
l’attività artistica non è indicata (ILS 5200 = CIL, XIV 4198; ILS 5275 = CIL, XIV 4273). Cfr. RE 18, II, 3, 1949,
coll. 1376-77, s.v. Parasiti Apollinis; Cultrera, Sarcofago, 1915, pp. 158-165; Gagé, Apollon, 1955, p. 401; Zuc-
chelli, Denominazioni, 1964, p. 58; Jory, Associations, 1970, p. 237; Leppin, Histrionen, 1992, p. 265.
30  Cfr. Suet., Cal., 54. Cfr. inoltre Leppin, Histrionen, 1992, p. 265; il nome grecanico Nicon, presenta

numerose attestazioni in ambito urbano; un omonimo [- - -]s Q. l. Nico è magister quinquennalis del collegium dei
tibicines, CIL, VI 3696 = 30932 = 36756 = I2 988; cfr. Solin, Personennamen, 2003, p. 906.
31  Cfr. Guidobaldi, Musica, 1992, pp. 32 ss. Sull’associazione coro-cantores e pantomimi, cfr. Kajan-

to - Nyberg - Steinby, Iscrizioni, 1981, nr. 40.


32  Cfr. Apul., De mund., 35 Quod est in triremi gubernator, in curru rector, praecentor in choris.; Ce-

lentano, Musica, 1913, p. 265. Preziosa testimonianza è offerta inoltre dall’iscrizione del magister chori Aurelius
Nemesius, in cui si legge cum summa laude artis suae / musicae magister chori orchestopa/lae et pantomimorum
deserviit, cfr. Eck, Inschriften, 1986, p. 248, nr. 4 = AE 1987, 105.
33  Lo scabillum era uno strumento a percussione costituito da due tavolette di legno tra le quali si tro-

vava una castagnetta: esso era azionato dallo scabillarius che, indossandolo come un calzare, lo suonava con il
piede destro; cfr. Guidobaldi, Musica, 1992, p. 63.
la professione di cantante nel mondo romano 1413
solo da Firmico Materno , la forma più diffusa è composta dal sostantivo chorus seguito dal
34

genitivo35, anche se Seneca usa cantores proprio in riferimento ad un coro: De choro dico
quem veteres philosophi noverant: in commissionibus nostris plus cantorum est quam in
theatris olim spectatorum fuit36.
Datazione: II secolo d.C.

3. - CIL, VI 3342237.
L(ucius) Ennius / Artema, cant(or). / ((obiit)) Acilia Agathea, / uxor, / leiberteisque /
eorum. / In fronte p(edes) XII, / in agro [- - -].

L’iscrizione attesta che L. Ennius Artema fece realizzare un sepolcro per la moglie
morta e per i loro liberti: nel formulario, al nome segue la qualifica professionale di cantor;
l’onomastica grecanica, completa di praenomen e cognomen ma priva della formula di filia-
zione, fa ritenere che si tratti, in entrambi i casi, di due liberti38.
Datazione: fine I secolo a.C.-inizio I secolo d.C.39.

4. - ILS 9346 = CLE 1961, vd. inoltre Egbert, Inscriptions, 1908, pp. 270 ss.; Bruun,
Temple, 1996, pp. 219- 22340.
Delicius Matris Matutae / VI reg(ionis), Eucerus hic situs est. / Auletio cantor ubi-
que. / [Ti]tulum fecit Iulius / [- - -]ilius papati suo.

L’iscrizione metrica viene realizzata dal cantor Iulius [- - -]ilius per Eucaerus, defini-
to, dapprima, delizia della Mater Matuta della VI regione41, successivamente, auletius, ossia
suonatore di flauto (= tibia)42, ed infine papas del cantor autore del titulus43; la menzione
della Mater Matuta sembra doversi interpretare come una di quelle indicazioni di carattere

34  Firm. Mat., Math., 3, 12: facient enim musicos choricos et qui musicon modos faciant aut certe publi-

cos magistros aut oratores aut grammaticos aut legum inventores aunt qui in numero praestent.
35  Iuventutis: Cic., pro Mur., 49, 6; Musarum, sororum: Hyg., Fab., 192, 6; sacrificantium virginum:

Plin., N.H., 35, 96, 5, ed altri confronti.


36  Sen., Luc., 84, 9, 1.

37  Stele centinata di travertino (48 x 34 x 9), rinvenuta tra le vie Salaria e Pinciana; attualmente murata

in via Campania 10.


38  Il nome Agathea è attestato a Roma solo in un altro caso, per una donna di condizione libertina (CIL,

I 2527), mentre maggior numero di attestazioni hanno le forme più comuni Agathe e Agathia, cfr. Solin, Perso-
2

nennamen, 2003, pp. 771 ss. Cfr. anche Solin, Analecta, 1981, pp. 106 ss. Artema è invece un cognomen presente
a Roma 52 volte in ambito libertino e non, cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, II, p. 272; Solin, Personennamen,
2003, p. 308.
39  Elementi datanti: l’onomastica, la presenza del theta nigrum e soprattutto la paleografia; contra Wil-

le, Musica, 1967, p. 318, considera questa iscrizione di piena età repubblicana.
40  Tavoletta di marmo delle dimensioni di 30 x 18 x 3 (lett. 1,5), rinvenuta sulla via Salaria, presso

il mausoleo di Lucilio Peto e ora conservata presso il muro del cortile interno dell’Accademia Americana di
Roma.
41  La forma deliciae - delicius seguita dal genitivo (nella maggior parte dei casi essa è seguita dal geniti-

vo di populus) è frequentemente attestata per personaggi del mondo dello spettacolo, sia nelle fonti letterarie sia in
1414 c. caruso

topografico44 comunemente associate a denominazioni di tipo professionale45 e rende pertan-


to verosimile che il flautista operasse in ambito cultuale46. L’uso del termine papas, solenne
definizione di un pedagogo, di un tutore47 o di un maestro in genere, non può farci dubitare sul
coinvolgimento di Eucerus nell’educazione musicale di Iulius / [- - -]ilius, ma non chiarisce
però se questi fosse un semplice allievo o se, invece, non fosse anch’egli impiegato all’inter-
no del culto, cosa che amplierebbe notevolmente la valenza del termine cantor con un aspetto
che non sembra trovare riscontro nelle fonti letterarie48.
Datazione: intorno al II secolo d.C.

Sebbene molto ridotto rispetto alla cospicua documentazione letteraria, il materiale


epigrafico offre alcuni utili spunti di riflessione, anche se non permette di confermare pie-
namente gli elementi riportati nei testi letterari. I documenti esaminati, tutti di provenienza
urbana, sono databili in un arco cronologico che va dall’età sillana al II secolo d.C., e sono

quelle epigrafiche: Priap., 27, 1-2: Deliciae populi, magno notissimo circo…; Plaut., Most., 15: Tu urbanus
vero scurra, deliciae popli, / rus mihi tu obiectas? CIL, VI 10151, cfr. p. 3492 = ILS 5222; ILS 1936); partico-
larmenteinteressante il confronto con Panciera, Epigrafia, 1970, pp. 151-163, iscrizione di un auriga definito
dall’espressione delicius populi seguita da un’indicazione topografica che segnala la sede del collegio per il quale
l’auriga aveva gareggiato; la forma di questa iscrizione, associata al nome di una divinità, è invece un unicum.
42  Questo termine non presenta altre attestazioni né epigrafiche, né letterarie, ma sembra certamente

un equivalente di tibicen, ossia suonatore di aujlov", l’equivalente greco della tibia; la forma auletius sarebbe
forse stata scelta in onore alle origini di Eucaerus, cfr. nota seguente. Ritengo sia da scartare l’ipotesi proposta da
Dessau che vedeva in Auletius un agnomen guadagnato da Eucaerus, nel corso della sua vita, a causa della sua
professione.
43  Si noti la probabile identificazione del nostro personaggio con un Eucerus natione Alexandrinus

ricordato da Tacito come canere tibiis doctus (Tac., Ann., 14, 60): a favore di questa identificazione sono sia la
coincidenza delle attività musicali sia il cognomen piuttosto raro, attestato a Roma solo in nove casi (Solin, Skla-
vennamen, 1996, p. 463; Solin, Personennamen, 2003, p. 977); cfr. Egbert, Inscriptions, 1908, p. 270.
44  Con questo significato, l’iscrizione è l’unica testimonianza nota di un tempio situato nella VI regione

di Roma della quale è noto, invece, il tempio nell’area del Foro Boario (cfr. C. Bruun, in Lex. Top. Urb. Rom., III,
1996, s.v. Mater Matuta (Reg. VI)). Altre iscrizioni relative a questa divinità: CIL, VI 29726; CIL, X 4660; CIL,
X 6511; 8416; CIL, XI 6294; 6301; CIL, XIV 2997; 3006; CIL, IX 421.
45  Cfr. Panciera, Epigrafia, 1970, pp. 131-138. Si noti che, in due casi, tali indicazioni sono presenti in

iscrizioni di musicisti legati a divinità: CIL, VI 9475 (hymnologus de campo Caelemontano) o CIL, VI 10133=
ILS 5229 (magister odariarius / a Minerva / Medica); su quest’ultima iscrizione, cfr. infra.
46  In testi analoghi i musicisti addetti ai culti, infatti, sono designati dal proprio termine professionale

seguito dal nome della divinità in genitivo, cfr. infra nt. 133. Poiché, come si è detto, con questa interpretazione,
l’iscrizione sarebbe l’unica attestazione della presenza di un tempio alla Mater Matuta nella sesta regione (cfr.
supra), in passato sono state proposte altre ipotesi, che però, a mio avviso, sono meno convincenti: che la sesta
regione fosse la residenza di Eucerus, o che Eucaerus fosse il devoto preferito di Mater Matuta tra tutti gli abitanti
della sesta regione. Non risolve invece il problema topografico l’ulteriore proposta secondo la quale Eucaerus
non avrebbe svolto una professione ufficiale all’interno del tempio, ma come musicista di strada nei pressi del
medesimo tempio. Cfr. Benz, Menschen, 1961, p. 40, Wille, Musica, 1967, p. 125; Leppin, Histrionen, 1992, p.
316; Bruun, Temple, 1996, p. 220 e nt. 13.
47  In questo senso è attestato in Iuv., Sat., 6, 633, e analogamente dalle testimonianze epigrafiche: CIL,

V 7059 (et Septicio / adiutori papati / optimo); CIL, VI, 8972 (…Parthus paedagogus / [puero]rum imp(erialium)
et papas).
48  Per altre considerazioni sulla definizione dei cantanti all’interno dei culti, cfr. infra.
la professione di cantante nel mondo romano 1415
divisibili in due categorie: iscrizioni realizzate da un singolo cantor (una per la propria mo-
glie, l’altra per un tibicen) e iscrizioni realizzate da due distinte associazioni.
Il primo dato che emerge chiaramente da questi testi è che la denominazione di can-
tor non fosse un’indicazione generica, bensì un termine professionale vero e proprio49: come
tale, infatti, deve essere interpretato in tutte e quattro le iscrizioni, in particolare in quella
di L. Ennius Artema in cui, non solo esso non può avere altra interpretazione, ma la cui
posizione all’interno del formulario è anche pienamente compatibile con quella solitamente
destinata ai termini professionali.
Lo statuto giuridico libertino dei cantores è esplicitamente affermato solo nel caso
dei magistri della societas cantorum Graecorum e del parasitus Apollinis ma sembra pari-
menti verosimile nel caso di Artema, mentre è incerto per Iulius [- - -]ilius; in nessun caso
questi cantores sono caratterizzati da nomi d’arte, cosa che accadeva invece di frequente per
la categoria dei citharoedi50.
Come si è detto, le fonti letterarie indicano che in teatro i cantores fossero accompa-
gnati da un tibicen, mentre non sembra che essi si accompagnassero da soli con la cetra: la
loro specialità consisteva dunque esclusivamente nell’uso della voce. Il legame con un suo-
natore di strumento a fiato è confermato anche dall’iscrizione di Iulius [- - -]ilius, dedicata
come si è visto dal cantor al flautista definito con il termine papas.
L’esame dei testi ha permesso inoltre di affermare con certezza che cantor poteva
avere una duplice valenza, definendo sia un solista, come Artema, sia un corista, come i
membri delle varie associazioni.
Risulta in effetti che i cantores siano gli unici cantanti ad associarsi in due distinte as-
sociazioni, la societas cantorum Graecorum ed il collegium cantorum, ciò che trova confron-
to solo nel caso dei tibicines, il cui prestigioso e antico collegium tibicinum Romanorum51 fu
associato al preesistente collegium fidicinum Romanorum52 e trasformato così nel collegium
tibicinum et fidicinum Romanorum53; la loro categoria professionale era evidentemente quella
più ufficialmente riconosciuta (del resto, come si vedrà, i cantores sono gli unici cantanti le
cui esibizioni erano certamente di carattere pubblico). Le iscrizioni relative alle associazioni

49  Cfr. supra.


50  Cfr. a titolo di esempio: CIL, VI 10124: il citharoedus Amphion e suo fratello Zethes; IGUR, 1034,
Flavouio" Tevrpno".
51  Numerosissime sono le fonti sull’antico collegium tibicinum, creato da Numa (Plut., Numa, 17, 3),

autore anche del celebre “sciopero” che bloccò l’attività liturgica di Roma, cfr. Liv., 9, 30, 5-10; Val. Max., 2, 5,
4; Ov., Fast., 6, 663-667. Cfr. CIL, VI 3696 = 30932 = 36756; 3877 = 32448; S. Panciera, in AA.VV., Epigrafia,
1991, pp. 284-286, nr. 43; CIL, I2 2984 b; CIL, VI 240; 1054; 2584 = ILS 2049; 3877a = 32449.
52  Cfr. CIL, VI 2192 = ILS 4967; Paribeni, Iscrizioni, 1933, p. 432.

53  CIL, VI 2191 = ILS 4965; sulla fusione dei due collegia, cfr. Baudot, Musiciens, 1973, pp. 40 ss., Ven-

dries, Instruments, 1999, p. 203. Sulle fonti letterarie relative a questo collegium, cfr. supra. Si noti infine che, tra i
collegia di musicisti, il termine societas come alternativa a collegium compare solo in questo caso (ma è nota la synho-
dus magna psaltum di CIL, VI 33968 cfr. p. 3906 = ILS 5246). Gli altri collegia di musicisti sono anch’essi noti esclu-
sivamente dalla documentazione epigrafica: il collegium symphoniacorum (CIL, VI 2193 = ILS 4966) ed il collegium
scabillariorm (CIL, VI 6660; 10145; 10146; 10147; 10148; 32294 = ILS 1911; 33191; 33194 = ILS 7297; 37301).
Sulle associazioni di musicisti, cfr. Jory, Associations, 1970, pp. 250 ss.; Vendries, Instruments, 1999, pp. 321 ss.
1416 c. caruso

risultano di grande interesse proprio perché confermano il legame con il mondo dello spetta-
colo testimoniato dai testi letterari e perché documentano l’esistenza stessa di queste associa-
zioni di cui le fonti letterarie non fanno invece alcuna menzione.
Isolato è il caso dell’iscrizione di Iulius [- - -]ilius che sembra prospettare un uso del
termine cantor in ambito rituale mai attestato nelle fonti letterarie.
Il costante legame con il tibicen è uno dei due elementi che distinguono i cantores
dalle cantrices: come si vedrà, queste ultime sembrano essersi esibite senza l’accompagna-
mento di alcuno strumento ed esclusivamente in contesto conviviale54.

Cantrix

Nelle fonti letterarie, questo termine è attestato una sola volta nel Trinummus di Plau-
to55: in un lungo monologo, il personaggio di Lysiteles lamenta il comportamento delle donne
che esigono che i loro innamorati soddisfino qualunque capriccio, arrivando addirittura a
portare con sé, anche per una sola notte, tutti i componenti della propria familia: “nox datur:
ducitur familia tota / vestiplica, unctor, auri custos, flabelliferae, sandaligerulae, / cantrices,
cistellatrices, nuntii, renuntii, / raptores pani et peni”56.
Si noti come le professioni menzionate accanto a quella di cantrix siano di ben altra
natura, essendo in prevalenza riferite alla cura della padrona e, in qualche caso, a scopi di
natura pratica; il tono generale del discorso e l’espressione raptores pani et peni dimostra
comunque quanto questi personaggi siano considerati del tutto superflui, pur essendo men-
zionati come un insieme che è normale aspettarsi nella familia di una donna.

La documentazione epigrafica presenta cinque documenti:

1. - AE 1991, 12357.
Ossa / Sophe[s], / cantrici/s.

Nessun indicazione sul contesto di esibizione di Sophe, verosimilmente di condizio-


ne servile come indica la presenza dell’unico elemento onomastico: questo nome grecanico
presenta poche altre attestazioni a Roma, in prevalenza tra schiave e liberte58; la derivazione
dal termine greco sofiva, potrebbe forse considerarsi come un riferimento alla professione
artistica della donna59.

54  Cfr. infra.


55  Il termine è usato in realtà anche da Varrone, ma in modo non pertinente, è infatti attributo di aves,
cfr. Varro, Res Rusticae, 3, 5, 14.
56  Plaut., Trinumm., 251-254; una lista analoga di beni e servitori è elencata nella dote ideale di una

sposa da un altro personaggio plautino Megadorus, Aulul., 501-533.


57  Cippo centinato di travertino (58 x 29 x 20, lett. 2,5- 3,8). Ignoti sia il luogo sia la data del ritrova-

mento; si conserva presso il Museo Nazionale Romano.


58  Cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, II p. 404; Solin, Personennamen, 2003, p. 761.
la professione di cantante nel mondo romano 1417
Datazione: tra II e I secolo a.C. . 60

2. - CIL, VI 9230 = ICUR VII, 22393= ILCV2, 57961.


Cnismi sutoris et / Pelorinis cantricis. / Vix(erunt) ann(is) XXX.

L’iscrizione segnalava la sepoltura congiunta di una cantrix e di un sutor (calzolaio),


una coppia di schiavi, come indicato dall’onomastica formata da un unico nome grecanico62,
verosimilmente in servizio presso la stessa famiglia.
Datazione: prima età imperiale. A causa della scomparsa dell’iscrizione, l’unico inizio
datante è lo scarno formulario usato in cui spicca l’assenza dell’invocazione agli Dei Mani.

3. - CIL, VI 7285. Vd. inoltre Buonocore, Schiavi, 1984, p. 61, nr. 2, tav. XL, fig. 14063.
Chrysanthe, cantrici / Volusi Elaini (scil. servae), vixit ann(is) XX. / Philodespothus
conserus (!) / fecit.
La cantrix di questa iscrizione, rinvenuta nel colombario degli schiavi e liberti dei
Volusii Saturnini, era schiava di L. Volusius Elainus, potente liberto del console del 3 d.C. L.
Volusius Saturninus64; dal medesimo colombario proviene anche l’iscrizione di un citharoe-
dus65, appartenuto, questa volta, proprio allo stesso console L. Volusius Saturninus66.
Il nome Chrysanthe è un grecanico con poche attestazioni67; non indicata è la profes-
sione del conservus autore del sepolcro68.

59  Si noti che, nell’unico altro caso in cui la professione di una Sophe è specificata, il mestiere è di natura

artistica, connesso con la danza: CIL, VI 10128: Sophe / Theoroba / Thylliana / arbitrix / imbolia/rum.
60  Elementi datanti: la paleografia, il materiale stesso del supporto e il formulario usato, ossa seguito dal

genitivo frequente a partire dal II-I secolo a.C., scomparso dopo il I secolo d.C. (cfr. G. Vergantini, in AA.VV.,
Epigrafia, 1991, p. 300).
61  Tabella di colombario rinvenuta nel cimitero di S. Agnese sulla via Nomentana; oggi irreperibile.

62  Peloris, grecanico derivante da pelwriv", un genere di conchiglie, si trova in 15 iscrizioni, per lo più

di schiave o liberte (cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, II, p. 584; Solin, Personennamen, 2003, p. 1391). Singolare
invece il raro nome Cnismus, attestato a Roma solo 8 volte (cfr. Solin, Personennamen, 2003, p. 1332), traslit-
terazione del greco knivsmo", prurito, ma si noti che esso sia attestato anche tra i termini che designavano brani
da suonare con il flauto per accompagnare la danza: Athen., 618: “ ∆Onomasiw'n ai}de: kw'mo", boukolismov",
givgga", tetravkomo", ejpivfallo", corei'o", kallivniko", polemikovn, hJduvkwmo", Sikinnotuvrbh, quropikovn,
knivsmo", movqon: tauvta dev pavnta met∆ ojrchvsew" hujlei'to”. Cfr. inoltre Marek, Inscriptions, 1977, p. 53.
63  Tabella di colombario in marmo lunense, integra (13 x 24 x 4). Si conserva ai Musei Vaticani, Lapi-

dario profano ex Lateranense.


64  Tale liberto, apparitor di L. Volusius Saturninus e sacerdos del suo genius (CIL, VI 1967 = 7366 =

ILS 1954) compare in altre iscrizioni di schiavi rinvenute nel medesimo colombario (cfr. CIL, VI 7333 e CIL,
VI 7366. Cfr. inoltre Solin, Sklavennamen, 1996, II, p. 510; Solin, Personennamen, 2003, p. 1170; Manacorda,
Officina, 1979, p. 73; cfr. Manacorda, Volusio, 1978-80, p. 70 nr. 25; PIR V 660.
65  CIL, VI 7286: vd. inoltre Manacorda, Officina, 1979, p. 24 nr. 6 = Buonocore, Schiavi, 1984, p. 91

nr. 42 = Leppin, Histrionen, 1992, p. 256: Logo L(uci) Volu[si] (scil. servo) / citharoed[us] / vix(it) ann(is) XX[·], /
Cerialis fra[ter], / Agathopus vicariu[s - - -].
66  Su cui cfr. PIR V 663. A lui si riferiscono anche altre iscrizioni pertinenti al sepolcro della via Appia:

CIL, VI 7287, 7288, 7289, 7290, 7370, 7380, 7394, cui si aggiungano CIL, VI 7292, 7309, 7318, da riferire pro-
babilmente a suoi liberti.
1418 c. caruso

Datazione: tra la tarda età tiberiana e l’avanzata età giulio-claudia, in analogia con le
altre iscrizioni commemoranti L. Volusius Elainus.

4. - CIL, VI 33794, cfr. p. 3891 = ILS 1696 = Imagines, Roma, 1, 5969.


Maritimi / Antoniae Drusi (scil. uxoris) l(iberti), / rogatoris. / Quintiae, / Antoniae
Drusi (scil. uxoris) l(ibertae), / cantricis.

L’iscrizione, realizzata da una cantrix e da un rogator, entrambi liberti di Antonia


minore (figlia di Ottavia e Marco Antonio e moglie di Druso maggiore)70, è un’ulteriore te-
stimonianza del grande numero di personale alle sue dipendenze71 e delle varie mansioni cui
erano addetti i suoi schiavi e liberti, organizzati in decurie72. I due defunti, verosimilmente
marito e moglie, avevano dunque servito presso la medesima famiglia, anche se con funzioni
totalmente diverse: poco chiara la mansione del rogator in ambito domestico73.
Datazione: tra il 18 a.C., data delle nozze di Antonia con Druso (essa è infatti definita
Drusi (scil. uxor)), e il 37 d.C., data della sua morte.

5. - CIL, VI 37783 = ILS 9347. Vd. inoltre Bodel - Tracy, Inscriptions, 1997, p.
20574.
Thelxis Cottia. ³V(ivit)´ Chelys Cottiae (scil. serva). / Sorores gemellae amantissi-
mae / cantrices carae utraeque suei[s].

67  Cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, II, p. 236; Solin, Personennamen, 2003, p. 175.
68  Si tratta di un fatto inusuale: tra le iscrizioni dei 204 individui riconosciti nel sepolcro dei Volusii (129
uomini e 74 donne), la mansione svolta è solitamente specificata nelle iscrizioni maschili. Cfr. Treggiari, Jobs,
1975, p. 397, nt. 20.
69  Lastra marmorea di colombario (20 x 58 x 5,7), con due testi affiancati entro tabelle pseudo-ansate;

cornice incisa a foglioline in alto e in basso; fori per affissione a sinistra, a destra e al centro. Si conserva presso
i Musei Capitolini.
70  L’iscrizione è stata rinvenuta sulla via Tiburtina, fuori Porta S. Lorenzo (vicolo di Valle Cupa), insie-

me ad altre due relative a liberti e schiavi di Antonia (CIL, VI 33744; CIL, VI 33762). Cfr. Weaver, Nomenclature,
1963, p. 247, nt. 7.
71  Si confronti anche il grande numero di personale alle dipendenze di Livia (cfr. Treggiari, Jobs, 1975,

p. 70, nt. 115), tra cui non figura, però, alcun musicista. Cfr. inoltre Treggiari, Staff, 1973, pp. 241; Treggiari,
Jobs, 1976, pp. 75 ss.; Chantraine, Freigelassene, 1980, pp. 396-397; Segenni, Antonia, 1994, pp. 326 ss.
72  Le attività femminili erano prevalentemente rivolte alla cura della padrona, oltre che al suo diver-

timento: un’ornatrix (CIL, VI 33370 a), una sarcinatrix (CIL, VI 4434), un’untrix (CIL, VI 9097) ed una nutrix
(CIL, VI 12023); le attività maschili rivestivano invece vari campi della vita domestica: un ab admissione (CIL,
VI 33762), un lecticarius CIL, VI 33368), un glaber ab cyato (CIL, VI 8817), uno spatarius (CIL, VI 9043), un
topiarius (CIL, VI 4361).
73  Note invece le mansioni del rogator in ambito comiziale e legislativo (cfr. Forcellini, Lexicon, V, p.

252); cfr. P. Tassini, in AA.VV., Collezione, 1992, p. 223.


74  Tavoletta marmorea di colombario (37 x 115); rinvenuta nel 1906, fuori Porta Salaria, si trova ora

presso la New York University, Department of Classics (Bodel - Tracy, Inscriptions, 1997, p. 205).
la professione di cantante nel mondo romano 1419
Iscrizione realizzata da Chelys per sé e per la sorella gemella Thelxis, già morta75;
entrambe cantrices, esse avevano diverso status giuridico: Thelxis liberta, Chelys schiava
di Cottia76, cioè di Cottia Galla, figlia di A. Cottius, che fu proconsole in Spagna in epoca
augustea77.
Notevoli, in questo caso i nomi delle due donne: si tratta di due nomi di derivazione
greca, il primo non attestato altrimenti ma in evidente connessione con Qelxivnon una delle
Muse e Qelxievpeia, nome di una delle sirene78, mentre Chelys, talvolta attestato come nome
proprio79, derivava da cevlu", testuggine o tartaruga, ed era il termine con cui, per metonimia,
i Romani indicavano la lira80.
Singolare che le due donne non si siano definite semplicemente sorores, ma che ab-
biano aggiunto la precisazione gemellae, termine usato principalmente per indicare fratelli
nati da un solo parto81; si può forse ipotizzare che la loro somiglianza avesse avuto una certa
rilevanza nelle loro esibizioni che poteva giocarsi non solo sulla somiglianza fisica delle due
donne, ma anche su quella delle loro voci82.
Datazione: alla prima metà del I secolo d.C. come ricavabile dall’identificazione di
Cottia con la figlia del console di età augustea.

Le fonti epigrafiche sembrano confermare gli elementi contenuti nel passo plautino,
nel quale, come si è visto, le cantrices fanno parte di una nutrita schiera di schiavi apparte-
nenti ad una donna evidentemente benestante: delle sei cantrices ricordate nelle iscrizioni,
due sono schiave (Chrysanthe e Chelys), due liberte (Quintia e Thelxis), mentre per le altre

75  Si noti infatti la presenza della piccola V aggiunta davanti al nome Chelys, sopra la prima linea che la

qualifica come ancora vivente; cfr. Friggeri - Pelli, Vivo, 1980, p. 154.
76  Cfr. anche Treggiari, Jobs, 1976, p. 91; su Cottia Gallia vd. Raepsaet Charlier, Prosopographie,

1987, p. 266 nr. 298.


77  Cfr. PIR2 A 1549.

78  Cfr. Thes. Ling. Graec., IV col. 281, s.v. Qelxievpeia, Qelxivnon. Cfr. anche Wilson, Inscriptions,

1910, p. 32; Solin, Sklavennamen, 1996, p. 562; Solin, Personennamen, 2003, p. 1330.
79  Cfr. CIL, VI 5014: Rantia Chelys; CIL, VI 19365: Chelys Severi Imp(eratoris) Aug(usti) (scil. serva);

cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, II, p. 510; Solin, Personennamen, 2003, p. 1151.
80  La prima lira sarebbe infatti stata realizzata da Hermes dal guscio di una tartaruga morta, da cui l’uso

in greco di cevlu" o celwvna (cfr. Thes. Ling. Graec., VIII, col. 1439, s.v. Cevlu") o testudo, chelys o chelonna in
latino; cfr. Vendries, Instruments, 1999, pp. 50 ss.
81  Cfr. Forcellini, Lexicon, III, p. 190, s.v. gemelli; altri gemelli sono attestati in: CIL, VI 7426: Zetes et

Calais duo fratres gemelli; CIL, VI 38705: Ortygiae et Arethusae gemellabus; CIL, XIV 8838: Claudia Chreste…
Claudia Amabilis gemellae; CIL, IX 2877: Celeriae [- - -]dis et Athenaidis gemellar(um). Il medesimo termine si
usava per evidenziare la somiglianza tra due individui non imparentati, cfr. Hor., Epist., 1, 10, 3: Ego et Fuscus
hac in re…una dissimiles, at cetera paene gemelli; Catul., 57, 6: Mamurra et Caesar morbosi pariter, gemelli
utrique.
82  Il timbro vocale dipende in buona parte dalla struttura fisica dell’individuo: elementi fondamentali

sono la lunghezza, l’ampiezza e lo spessore delle corde vocali, nonché la struttura e il volume delle cavità di riso-
nanza; ogni individuo ha una voce diversa perché l’organo vocale varia a seconda del sesso, dell’età e dell’intero
organismo; è dunque evidente che due gemelli del tipo omozigote, proprio per la grande somiglianza del loro
aspetto fisico, possano avere una struttura dell’organo vocale del tutto analoga e quindi una voce dalle caratteri-
stiche timbriche molto simili. Cfr. Mari, Canto, 1975, passim.
1420 c. caruso

due (Peloris e Sophe) lo statuto schiavile o libertino risulta piuttosto verosimile, anche se non
indicato; in tre casi su cinque si apprende anche che esse erano legate a famiglie di un certo
peso politico, quale quella dei Volusii Saturnini e quella dei Cottii e, addirittura, la famiglia
imperiale: si noti inoltre che, in due casi, le cantanti erano a diretto servizio di una donna.
Da un punto di vista terminologico, le cantrices costituirebbero l’equivalente fem-
minile dei cantores, da cui si distinguono però per via della diversa natura delle esibizioni,
private e non teatrali; la loro specialità inoltre doveva consistere nell’esibirsi solo con la
loro voce, senza accompagnarsi con alcuno strumento (dato altrimenti indicato, come per i
citaredi).
A differenza dei cantores, che, come già evidenziato, in teatro erano accompagnati
da tibicines, nessun dato ci permette di sapere se le cantrices fossero accompagnate da qual-
che strumentista, anche se ritengo probabile di no, per analogia con la tecnica di esecuzione
dei carmina convivalia, i canti eroici celebranti le gesta dei clari viri che accompagnavano
tradizionalmente i banchetti83. Secondo la testimonianza di Varrone questi carmina antiqua,
cantati a turno dai vari convitati (i più anziani in età più antica, successivamente i più gio-
vani), erano intonati assa voce et cum tibicine84, ossia a voce sola insieme ad un tibicen: il
significato dell’aggettivo assa è infatti chiaramente espresso in un passo di Servio: ‘assae
tibiae’ dicuntur, quibus canitur sine chori voce85, quindi la voce cantava sola ed il tibicen
doveva semplicemente alternarsi ad essa86.
Nel periodo al quale risalgono tutte le testimonianze epigrafiche delle cantrices, cioè tra
la fine dell’età repubblicana e la prima età imperiale, erano ormai stati abbandonati illa carmina,
quae multis saeculis ante suam aetatem in epulis esse canticata a singulis conviviis de clarorum
virorum laudibus87 e si preferivano divertimenti di tutt’altro genere, offerti da un personale spe-
cializzato nell’intrattenimento di cui si fece ben presto un uso smodato88; in luogo dell’antica e
nobile tradizione dei carmina convivalia, era stato introdotto l’uso delle comisationes, una sorta di
appendice alla cena durante la quale ci si ungeva di profumi, ci si coronava di fiori e si nominava
un rex (o arbiter) bibendi che dava il via ad una serie di brindisi89. Inoltre l’organico del persona-
le poteva essere composto da suonatori di diversi strumenti, detti genericamente symphoniaci90,

83  Su cui, cfr. Guidobaldi, Musica, 1992, p. 15; Tintori, Musica, 1996, pp. 138 ss.
84  Varr., de Vita Populi Romani, f. 81.
85  Serv., In Verg. Georg., 2, 417, 9.

86  Superflua sarebbe, altrimenti, la presenza dell’aggettivo assa. Della stessa opinione anche Tintori,

Musica, 1996, pp. 139-140.


87  Cic., Brut., 75.

88  Cic., Sex. Rosci., 46, 134: cotidiano cantu vocum et nervorum et tibiarum nocturnisque conviviis tota

vicinitas personet.
89  Sull’origine di questo termine, cfr. Varr., Ling. Lat., 7, 89: origo Graeca kw'mo" unde comisatio

Latine dicta. Cic., pro Cel., 15, 35: accusatores quidem lubidines, amores adulteria, Baias actas convivia, comi-
sationes, cantus, symphonias, navigia iactant; cfr. inoltre Bonaria, Musica, 1983, pp. 130 ss.
90  I musicisti divennero presto l’incarnazione del clima corrotto dilagante, cfr. Cic., adv. Pis., 10, 22:

cum collegae tui domus cantu et cymbalis personaret, cumque ipse nudus in convivio saltaret.; cfr. inoltre Guido-
baldi, Musica, 1992, pp. 28 ss.
la professione di cantante nel mondo romano 1421
danzatori , commedianti , artisti “da circo” e persino nani e deformi, i cosiddetti pumiliones94.
91 92 93

Tra questi le fonti nominano spesso le donne, soprattutto in associazione al canto95, ma il termine
cantrices non è mai utilizzato.
Da un punto di vista onomastico, si osservi che le cantrices non hanno nomi d’arte,
tranne forse il caso di Thelxis e Chelys, diversamente da quanto avviene comunemente per i
citaredi96: la loro onomastica è sempre grecanica, tranne nell’unico caso della cantrix Quinta,
alle dipendenze di Antonia.

Monodiarius - monodiaria

Il legame del termine monodiarius/-a con il canto è indubbio data la derivazione da


monodia, a sua volta ricavato dal greco monw'/diva, formato evidentemente da movno" e w'/dhv:
questo termine indicava non solo un canto a solo, distinto da un canto a due (bicinium) o da
un coro97, ma anche un canto in lingua greca, diversamente da sicinium che indicava un canto
a solo in latino98; una glossa, inoltre, definisce la monodia come un longum carmen99.
Il termine monodiarius è attestato invece una sola volta nelle Notae Tironianae, in-
serito tra i vocaboli relativi al mondo della musica e del teatro100: in particolare esso è im-

91  Cic., Filip., 5, 15: saltatores, citharistas totum denique comissationis Antonianae chorus.
92  Ad esempio i celebri comoedi di Statilio, cfr. CIL, VI 6252, 6253.
93  Suet., Aug., 64: …acroamata et histriones aut etiam triviales ex circo ludios interponebat ac fre-

quentius aretalogos; la notizia si trova anche in Plut., Ant. 59; sempre Svetonio (Suet., Aug., 83) precisa che
Augusto non aveva invece simpatia per i nani: Nam pumilos atque distortos et omnis generis eiusdem ut ludibria
naturae malique omnis abhorrebat.
94  CIL, VI 9842; Fest., 117, 40: Appellantur inde nani pumiliones; Plin., Epist., 9, 17: Recepi litteras

tuas quibus quereris taedio tibi fuisse quamvis lautissimam cenam, quia scurrae cinaedi moriones mensis inerra-
bant.; SHA, Alex. Sev., 34, 2: numquam transit. nanos et nanas et moriones et vocales exsoletos et omnia acroa-
mata et pantomimos populo[s] donavit. Si tratta di nani o deformi detti anche moriones, vocabolo di derivazione
greca, da mwrov" che propriamente indica uno sciocco; erano schiavi ricercatissimi e pagati con cifre che potevano
essere molto alte, proprio perché assicuravano un crudele divertimento con le loro menomazioni fisiche o mentali.
È insomma un’anticipazione del giullare deforme, un Rigoletto ante litteram.
95  Cic., Verr., 2, 5, 13, 31: locum illum litoris percrepare totum mulierum vocibus cantuque symphoniae;

2, 5, 35, 92: mulieres cum cantu atque symphonia.


96  Cfr. supra.

97  Monw'/diva in opposizione a corwj/diva si trova attestato in Plat., Leg., 6, 764b.

98  Isid., Orig., 6, 19, 6: Cum unus canit, Graece monw'/diva, Latine sicinium dicitur; cum vero duo canunt,

bicinium appellatur; cum multi chorus. Ex his patet, utrumque vocem deducere a sin pro sine vel singulis, et cano,
quia erat cantus unius sine distinguendum videtur a sicinium. Si noti però la diversa interpretazione di Gellio:
Gell., Noct. Att., 20, 3, 3: Quos ‘sicinistas’ vulgus dicit, qui rectius locuti sunt, ‘sicinnistas’ ‘n’ littera gemina
dixerunt. Sicinnium enim genus veteris saltationis fuit. Saltabundi autem canebant, quae nunc stantes canunt.
99  Goetz, Gloss., 5, 118, 1; monodiam: longum carmen; 1, 303: monodia unius cantio id est sicinium

(con la variante solicinium).


100  Cfr. Not. Tir., p. 173. Cfr. inoltre Forcellini, Lexicon, IV, p. 168, s.v. monodiaria; Thes. Ling. Lat.,

VIII, col. 1424, lin. 59 ss. s.v. monodiaria; Belis, Terms, 1988, pp. 246-247.
1422 c. caruso

mediatamente preceduto da exodium, exodiarius, Atellae, Atellanus ed è seguito da metodus,


metodia, metodiarius.
Dal momento che, nelle Notae Tironianae, tutti i termini elencati si succedono secon-
do un criterio logico che li accomuna per genere, l’esame dei termini affiancati a monodiarius
può suggerire alcuni elementi utili:
exodium-exodiarius: l’exodiarius era l’interprete dell’exodium, una sorta di spettaco-
lo comico che veniva rappresentato dopo spettacoli tragici per rallegrare gli spettatori101;
atella-atellanus: l’antica farsa comica di matrice osca, l’Atellana, fu ben presto re-
legata al ruolo di exodium al punto che i due termini divennero praticamente sinonimi102; va
inoltre aggiunto che secondo Festo, questo genere di spettacolo, si serviva di attori senza
maschera, un elemento questo che, esteso anche ad altri tipi di intermezzi, è completamente
compatibile con spettacoli in cui alla recitazione si aggiungeva il canto103;
methodium-metodiarius: meno evidente è invece il senso di questi due termini: il
greco meqovdion, forma alternativa a meqovdo", da cui evidentemente derivano entrambi, non
sembra avere, in realtà, alcuna attinenza con il mondo dello spettacolo104, tranne per meqodiv­
th" attestato in Esichio come tecnivth"105; nelle fonti latine methodium è attestato una sola
volta in un passo di Petronio ed è stato interpretato, anche in questo caso, come uno spettaco-
lo analogo all’exodium106. Nessun’altra attestazione invece per metodiarius.
Sembra dunque evidente che tutti questi termini siano legati al teatro con un signifi-
cato analogo: se l’inserimento di monodiarius tra essi è effettivamente legato ad un criterio di

101  Schol. Ad Iuv., Sat., 3, 172: exodiarius apud veteres in fine ludorum intrabat, qui ridiculos foret, ut
quicquid lacrimarum atque tristitiae, quae exissent ex tra[g]icis affectibus, huiusque spectaculi risus detergeret.;
cfr. anche Amm. Marc., 28, 4: …Exodiario, venatori, aurigae et histrionum generi omni. Con queta accezione il
termine compare inoltre in CIL, VI 9797 = 33815a = CLE 29 = ILS 5173: …Nunc vero versu verba dicamus senes:
/ sum victus ipse, fateor, a ter consule, / Vero patrono, nec semel sed saepius, / cuius libenter dicor exodiarius.
Cfr. inoltre Diz. Epigr., II, 3, p. 2192 s.v. exodiarius e exodium; Forcellini, Lexicon, II, p. 958 s.v. exodiarius e
exodium. RE, VI, 2, col. 1689, s.v. exodiarius; Thes. Ling. Lat., V, 2, col. 1541, s.v. exodiarius; Zucchelli, Deno-
minazioni, 1964 pp. 92 ss.
102  Liv., 71, 2-3: postquam lege hac fabularum ab risu ac soluto ioco res avocabatur et ludus in artem

paulatim verterat, iuventus histrionibus fabellarum actu relicto ipsa inter se more antiquo ridicula intexta versi-
bus iactitare coepit; unde exodia postea appellata consertaque fabellis potissimum Atellanis sunt…; Iuv., 6, 71:
Urbicus exodio risum movet Atellanae / gestibus Autonoes, hunc diligit Aelia pauper. Giov. Lid., Mag., 1, 40:
aJtellavnh dev ejstin hJ tw'n legomevnwn ejxodiarivwn. Cfr. Zucchelli, Denominazioni, 1964, p. 90.
103  Fest., p. 217: Sed cum post multos annos comoedi et tragoedi personis uti coeperint, verisimilius est

eam fabulam propter inopiam comoedorum actam novam per Atellanos, qui proprie vocantur personati; quia ius
est is non cogi in scena ponere personam, quod ceteris histrionibus pati necesse est.
104  Cfr. Thes. Ling. Gr., V, col. 676.

105  Thes. Ling. Gr., V, col. 676.

106  Petr., Sat., 36: Damus omnes plausum a familia incoeptum et res electissimas ridentes aggredim-

mur. Non minus et Trimalchio eiusmodi methodio laetus ‘Carpe’ inquit. processit statim scissor et ad sympho-
niam gesticulatus ita laceravit obsonium, ut putares essedarium hydraule cantante pugnare…; cfr. Thes. Ling.
Lat., VIII, col. 880: methodium: ludificatio; … canticum interiectum: videtur enim fuisse genus quoddam ludi
theatralis quod ad oblectandos spectatores sub finem fabulae introducebatur in scenam, simile exodio. Diversa
l’interpretazione di Calonghi, Dizionario, 1950, col. 1369, s.v. methodium, che la considera, semplicemente una
nuova portata da tavola.
la professione di cantante nel mondo romano 1423
analogia, si potrebbe ipotizzare che la sua specialità professionale fosse di cantare dei brani
solistici inseriti in intermezzi comici a conclusione di altri spettacoli107.

Nelle fonti epigrafiche, invece, il termine è attestato due volte, esclusivamente nella
forma femminile monodiaria:

1. - CIL, VI 10120 = ILS 5232 = Imagines, Roma, 1, 118108.


Heriae Thisbe, / monodiariae, / Ti(beri) Claudi Glaphyri / choraulae, Actionic[ae] /
et Sebastonicáe. Terrenum / sacratum long(um) p(edes) X, lat(um) p(edes) X. / In quo condita
est; fodere nóli / ne sacrilegium committas.

Scarse le informazioni sulla defunta, di cui è riportato il nome grecanico109 ed il ti-


tolo professionale monodiaria; imprecisato è lo status giuridico ed il tipo di rapporto che la
legava all’uomo110, riguardo cui numerose sono, invece, le informazioni: si tratta del celebre
choraules111 Ti. Claudius Glaphyrus vincitore degli Actia e dei Sebasta112, menzionato più
volte nelle fonti letterarie113.
Datazione: I secolo d.C.114.

2. - CIL, VI 10132 = ILS 5231115.


Paezusae Caes(aris) / ser(vae), monodiar(iae). / Vixit ann(is) XVIII, m(enses) IIX;
Euchrestus con/iugi suae b(ene) m(erenti).

107  Ciò presenterebbe un’analogia con gli “intermezzi” buffi all’italiana del XVIII secolo: brevi opere

buffe inserite tra un atto e l’altro delle opere serie.


108  Ara marmorea (69 x 32 x 25; lett. 3- 1,5) proveniente da Villa Borghese, si conserva presso i Musei

Capitolini.
109  Da notare il gentilizio piuttosto raro (quattro attestazioni a Roma: CIL, VI 21382: Heria Q(uinti)

l(iberta); CIL, VI 39751: Heria Apricla e Heria Q(uinti) f(ilia) Celerina; CIL, VI 39752: Heria Arrylla; cfr.
Schulze, Eigennamen, 1933, p. 82; sul cognomen cfr. Solin, Personennamen, 2003, p. 596.
110  Ipotesi contrastanti tra gli studiosi: Belis, Termes, 1988, pp. 246-247 considera che si tratti di una coppia

di sposi, diversamente Leppin, Histrionen, 1992, p. 306 considera la donna schiava dell’uomo, cfr. pp. 245 e 306.
111  Questo termine indica il flautista che ha il compito di accompagnare un coro, è un termine adottato

in Grecia, a partire dal I secolo d.C., che venne mutuato dai Romani, anche con la variante femminile choraula.
cfr. Forcellini, Lexicon, II, p. 173, s.v. choraules; Diz. Epigr., II, 1, p. 220 s.v. choraules; RE, III, 2, col. 2408 s.v.
choraules; Thes. Ling. Lat., III, col. 1017, 10, s.v. choraules; Wille, Musica, 1967, p. 321; Belis, Termes, 1988,
pp. 230 ss. È attestato in varie iscrizioni (ILS 5232, 5234, 5235, 5236) e da numerose fonti letterarie.
112  Sulle gare panelleniche degli Actia e dei Sebasta, cfr. Caldelli, Agoni, 2003.

113  Anth. Graec. 9, 517 (Antipatro di Tessalonica); Mart., Ep., 4, 5, 8; Anth. Pal., 9, 266. Sull’identi-

ficazione di questo personaggio, cfr. Boschung, Grabältare, 1987, p. 94 nr. 561; p. 59 nr. I 20; Belis, Termes,
p. 247; Leppin, Histrionen, 1992, p. 245; PIR2 G 177. Stando alle fonti letterarie, il nome Glaphyrus fu portato
da molti flautisti nel corso del I secolo d.C., ma a Roma se ne conoscono solo sette altre attestazioni, cfr. Solin,
Sklavennamen, 1996, p. 404; Solin, Personennamen, 2003, p. 759.
114  Si noti l’intimazione a non commettere sacrilegio nei confronti della sepoltura, secondo un formula-

rio ricorrente, cfr. Papi, Intimazioni, 2004.


115  Iscrizione irreperibile; si ignora la tipologia del supporto; proveniente forse dall’inizio della via

Appia o Latina.
1424 c. caruso

La monodiaria Paezusa è una schiava imperiale; l’iscrizione è posta dal marito, Eu-
chrestus, anch’egli schiavo, ma non della famiglia imperiale116.
Datazione: tra I e II secolo d.C.

Dalle fonti epigrafiche si ricavano pochi dati: come si è visto, il termine è attestato
solo al femminile, in riferimento a due schiave vissute a Roma in età imperiale.
Se il termine va inteso come “interprete di intermezzi comici”, le monodiariae sa-
rebbero le uniche donne, finora note, ad esibirsi “in scena” cantando: solitamente, infatti,
esse si esibivano in teatro come mimae o emboliariae, due attività legate alla danza117. Ciò le
differenzierebbe quindi dalle cantrices la cui attività sembra invece limitata esclusivamente
alla sfera domestico-conviviale.
Degno di nota è il fatto che una delle due monodiariae sia una schiava imperiale, ele-
mento che rende incerto se tale professione si svolgesse esclusivamente in teatro, se non fa-
cesse quindi parte di uno di quei mestieri dell’intrattenimento già esaminati in precedenza.
Si noti infine che il legame tra Heria Thisbe ed il choraules rappresenta un’ulteriore
attestazione del legame cantante-flautista118.

Odariarius

Questo termine, attestato soltanto in due iscrizioni urbane e mai nelle fonti letterarie, de-
riva da odarium119 versione latina del greco wjd/ avrion, a sua volta diminutivo di wjd/ hv; si tratta in en-
trambi i casi di termini estremamente rari, dei quali vi è, rispettivamente, una sola attestazione.
wj/davrion compare, al plurale, in un passo dell’Anonimo del Sublime relativo agli
effetti negativi dell’eccesso di ritmo: come negli wj/davria il ritmo prevale sul senso, così può
avvenire nelle orazioni dal ritmo eccessivo: kai; e[ti touvtwn to; ceivriston, o{ti w}sper ta; wj/
davria tou'" ajkroatav" ajpo; tou' pravgmato" ajfevlkei kai; ejf∆ auJta; biavzetai, ou{tw" kai;
ta; katerruqmismevvna tw'n legomevnwn ouj to; tou' lovgou pavqo" ejndivdwsi toi'" ajkouvousi,
to; de; tou' rJuqmou', wJ" ejnivote proeidovta" ta;" ojfeilomevna" katalhvxei" aujtou;" uJpo­
krouvein toi'" levgousi kai; fqavnonta" wJ" ejn corw'/ tini parapodidovnai th;n bavsin120.

116  Per i comuni nomi grecanici di entrambi vd. Solin, Personennamen, 2003, pp. 830 (Paezusa) e 1011

(Euchrestus); cfr. inoltre Solin, Sklavennamen, 1996, p. 424. Cfr. Leppin, Histrionen, 1992, p. 268, per l’uso ille-
gittimo del termine coniunx da parte di una schiava.
117  Le donne si esibivano sulla scena già a partire dall’età di Catone, dando spesso scandalo: Val. Max.,

2, 10: Eodem [M. Porcio Catone] ludos Florales…spectante, populus ut mimae nudarentur postulare erubuit.;
Quint., Decl. min., 342, 8: Stola illa mimi erit, non hominis. At eadem si hoc habitu extra scaenam fuerit et in
civitate processerit, eadem illa quae solet mima esse nihilominus erit in iure libertatis. Ergo habitu satis testata
est libertatem. Alcune si esibivano in scaena anche in età avanzata: Plin., Nat. Hist., 7, 158: Lucceia mima C an-
nis in scaena pronuntiavit. Galeria Copiola emboliaria reducta est in scaenam… annum CIIII agens. Cfr. inoltre
Baudot, Musiciens, 1973, p. 59 sulla celebre archimima Cytheris.
118  Cfr. supra, nella sezione dedicata ai cantores.

119  Forcellini, Lexicon, IV, p. 388, s.v. odariarius; Thes. Ling. Lat., IX, col 452, s.v. odariarius; Diz.

Epigr., V, 8, p. 254, s.v. magister odariarius.


120  41, 2. Thes. Ling. Grec., IX, col. 1988.
la professione di cantante nel mondo romano 1425
Sempre al plurale il corrispondente latino odaria si trova in un brano di Petronio in
cui un acrobata particolarmente stupido (baro insulsissimus) ordina ad un puer di danzare
salendo in cima ad una scala, ballandoci sopra gradino per gradino e accompagnandosi con
degli odaria: Petauristarii autem tandem venerunt. Baro insulsissimus cum scalis constitit
puerumque iussit per gradus et in summa parte odaria saltare, circulos deinde ardentes
trans<il>ire et dentibus amphoram sustinere121.
Il brano dell’Anonimo del Sublime sembra dunque riferirsi a brani leggeri e piuttosto
ritmati che potevano prestarsi bene ad essere cantati e danzati, elemento questo che sembra con-
fermato anche da Petronio che usa, in effetti, l’espressione odaria saltare e non odaria canere.

Le due testimonianze epigrafiche sono le seguenti:

1. - CIL, VI 10134 = ILS 5230122.


C(aio) Iulio Cosco / odariario. / Peducaea Festa olla / emit de suo.

Il formulario essenziale riporta il nome del defunto, la qualifica di odariarius, seguita


dal nome della dedicante, senza l’indicazione del rapporto intercorrente tra i due, anche se
sembra verosimile che si tratti di una coppia di sposi; la mancanza della formula di filiazione,
rende probabile lo statuto giuridico libertino123. Verosimile una datazione al I secolo d.C.

2. - CIL, VI 10133 = ILS 5229124.


D(is) M(anibus). / Cn(eus) Vergilius / Epaphroditus, / magister odariarius / a Miner-
va / Medica vixit annos / septuaginta et [- - -].

La dizione a Minerva Medica, legata al termine odariarius è, anche in questo caso,


un’indicazione topografica associata ad un termine professionale con riferimento al luogo in
cui l’attività professionale era svolta125: essa sembra dunque inserire l’odariarius e gli odaria

121  Petr., Satyr., 53, 11,13.


122  Lastra marmorea, rinvenuta presso la vigna Casali sulla via Appia, oggi irreperibile; essa è riprodotta
in un acquarello di Labbruzzi. Cfr. Labbruzzi, Via Appia, 1789, tav. XIII.
123  Entrambi i personaggi sono caratterizzati da cognomina di origine latina: Festa presenta numersose

attestazioni, 188 casi, cfr. Kajanto, Cognomina, 1965, p. 125, diversamente da Cossus presente solo in 18 iscri-
zioni urbane, cfr. Kajanto, Cognomina, 1965, p. 178.
124  Tabula marmorea, proveniente dalla zona tra l’isola Tiberina e la via Arenula (25 x 25); si conserva

a Roma, Musei Vaticani, Galleria Lapidaria.


125  Sulle indicazioni topografiche legate alle professioni, cfr. supra. I musicisti erano particolarmente

presenti nel culto di Minerva, cui erano particolarmente devoti i tibicines (cfr. Fest., De Verb Sign., 149: Minuscu-
lae Quinquatrus appellantur Id. Iun., quod is dies festus est tibicinum, qui colunt Minervam, cuius deae proprie
festus dies est Quinquatrus mense Martio. Muli Mariani dici solent), e i cornicines (CIL, VI 524, cfr. inoltre
Girard, Place, 1981, pp. 208-211), ma anche altri strumentisti, come una cymbalistria (CIL, IX 1538) e una
tympanistria (CIL, IX 1542); non si hanno altre documentazioni, invece di cantanti legati a questo culto. Sul culto
di Minerva e sul ruolo dei musicisti, cfr. Wille, Musica, 1967, p. 319, nt. 169; Girard, Place, 1981, pp. 207 ss.;
Schurmann, Typologie, 1985, p. 96, nt. 99. Il tempio potrebbe essere quello citato dai Cataloghi Regionari, situato
nella regio V; cfr. C. Carlucci, in Lex. Top. Urb. Rom., III, 1996, s.v. Minerva Medica (tempio).
1426 c. caruso

in un contesto di tipo cultuale; si noti inoltre la definizione di magister odariarius126. Il nome


del personaggio, Epaphroditus, è un grecanico variamente attestato a Roma, molto comune
tra schiavi e liberti127; l’iscrizione può datarsi tra I e II secolo d.C.

Come è stato già osservato, dalle sole fonti letterarie gli odaria appaiono come brani
leggeri in cui la componente ritmica è talmente forte che si può cantarli danzando; va inoltre
rilevato che, nel testo di Petronio, non è un odariarius ad eseguire gli odaria, ma un puer, un
semplice schiavo, se non, addirittura, uno degli acrobati (petauristarii)128: per eseguire degli
odaria non era dunque necessario essere uno specialista.
Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe legittimo considerare l’odariarius
come un cantante di musica “leggera”, che poteva accompagnarsi con la danza, elemento che
creerebbe un fattore di distinzione tra i due termini cantor e odariarius. La differenza tra i
due professionisti poteva essere dovuta al tipo di repertorio e, forse, ad una diversa vocalità:
il cantor, interprete dei cantica le arie “liriche” del repertorio teatrale, poteva avere bisogno
di una vocalità che gli permettesse di esibirsi senza sforzo in teatri all’aperto, mentre gli oda-
ria, brani orecchiabili e ballabili, potevano essere vocalmente meno impegnativi e facilmente
interpretabili anche da un qualunque puer.
Tutto ciò sembra tuttavia messo in dubbio dall’iscrizione del magister odariarius a
Minerva Medica: la stessa definizione di odaria, ricostruita sulla base delle due testimonian-
ze letterarie, risulta del tutto incongrua in riferimento a dei canti liturgici, così come l’idea di
un odariarius operante in un tempio per di più con la qualifica di magister129; si deve inoltre
considerare che cantori incaricati di comporre ed eseguire inni religiosi esistevano ed aveva-
no ben altra definizione, quella di hymnologi130.
Sembra dunque opportuno riconsiderare il senso dell’indicazione topografica, in-
tendendo Epaphroditus non magister odariarius del tempio, bensì nei pressi di esso: le
indicazioni topografiche forniscono, in effetti, indicazioni talvolta piuttosto ampie131 e, nel
caso di personale addetto a lavorare all’interno di un tempio, prediligono l’uso del geniti-

126  Sulla quale, cfr. infra.


127  Cfr. Solin, Sklavennamen, 1996, p. 281; Solin, Personennamen, 2003, p. 343.
128  Cfr. Forcellini, Lexicon, IV, 1868, p. 984, s.v. puer (nr. 5). In effetti non è del tutto chiaro se il puer

sia parte dei petauristarii o meno.


129  Tale è, del resto, l’interpretazione corrente di questa iscrizione: cfr. Bruun, Temple, 1996, p. 221;

Gatti, Notizie, 1903, p. 156; Fridh Haneson, Manteau, 1983, p. 19 (secondo cui il ritrovamento di questa iscrizio-
ne permette di ipotizzare anche la presenza di un teatro); Schurmann, Typologie, 1985, p. 96.
130  Categoria studiata esaurientemente da Sabbatini Tumolesi, Gladiatorum, 1976, pp. 37-46.

131  Ad esempio: aurifex de Sacra via (AE 1971, 41, 43; 1991, 106); coactor de Subur(ra) (AE 1990, 74);

capsarius de Velabro (AE 1946, 128) e molti altri casi analoghi.


132  aedituus Veneris (AE 1958, 275); aedituus templi Serapei (AE 1977, 28) e simili.

133  Oltre alla già ricordata categoria degli hymnologi, tra cui Ti(berio) Claudio Veloci / hymnologo

primo M(atris) D(eum) I(deae) et Atti[n]is (CIL, VI 32444); M(arcus) Aurelius Secundinus [h]ymno[l]eg(us) /
M(atri) D(eae) Mag(nae) Ideae Palatine (AE 1976, 13), altri esempi: Sodales ballatore[s] Cybelae (CIL, VI
2265); tympanistria Matris deum (AE 2000, 370).
la professione di cantante nel mondo romano 1427
vo , anche nel caso di musicisti ; il confronto con l’iscrizione di un eborarius ab Hercule
132 133

Primog(enio)134 conferma tale interpretazione, essendo del tutto inverosimile che la profes-
sione di intagliatore di avorio venisse svolta all’interno di un tempio135. Deve analogamente
ritenersi che Epaphroditus abbia svolto la sua professione di magister odariarius nei pressi
del tempio di Minerva Medica e non all’interno di esso: data l’indicazione topografica, magi-
ster definisce verosimilmente non un “maestro d’arte”, ma un insegnante136. La sua specialità
sarà stata quella di insegnare l’arte di cantare gli odaria, probabilmente analoga all’insegna-
mento del canto “leggero” del mondo odierno e la precisazione topografica lo distingueva da
altri maestri della città.

Conclusione

In queste pagine si è tentato di fare il punto della situazione sulle testimonianze relati-
ve alla professione di cantante nel mondo romano. La preliminare individuazione dei termini
riconosciuti come caratterizzanti le diverse tipologie professionali ha confermato la ricchez-
za lessicale evidenziata dalla Belis riguardo alle specialità musicali strumentali137.
Come si è visto l’uso congiunto delle fonti letterarie ed epigrafiche ha permesso,
nella maggior parte dei casi, non solo di individuare nel modo più definito possibile le ca-
ratteristiche di ciascuna categoria professionale, ma anche di evidenziarne le differenze e di
comprendere, dunque, il senso di questa diversificazione terminologica.
Deve essere infine evidenziato che solo la città di Roma ha restituito materiale tale da
offrire una documentazione così esauriente relativa al canto esercitato in modo professionale:
la maggior parte dei documenti proveniente dal resto dell’impero riguarda la disciplina della
citarodia o, particolarmente, il canto praticato in modo non professionale, testimonianza del
ruolo di primo piano che questa arte occupò sempre nella vita dei Romani.

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134  M. Contio Antiocho Pa[- - -] / ab Hercule Primog(enio) (!) eborario (AE 1990, 76).
135  Sugli eborarii, cfr. P. Tassini, in AA.VV., Epigrafia della produzione, 1994, pp. 689 ss. Altre iscri-
zioni di eborarii: CIL, VI 7885, 33422, 37374, 37793; G. Vergantini, in AA.VV., Collezione Capitolini, 1987,
pp. 92-94, nr. 32.
136  Magister si trova frequentemente associato ad indicazioni di mestieri, arti e professioni; esso indi-

cava sia gli insegnanti delle varie professioni artigiane, sia, ovviamente, i magistri dei collegi che riunivano in
corporazione gli esercenti tali mestieri, sia i “singoli maestri d’arte”; cfr. Diz. Epigr., V, 8, pp. 238-255 s.v. magi­
ster, in part. pp. 252 ss.
137  Cfr. Belis, Termes, 1988, p. 249.
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