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CIVILTA’ MUSICALE GRECA E ROMANA

PROGRAMMA
- Parte storico-musicale (forme e contesti): ripercorre lo sviluppo diacronico di tipi di forme musicali, poesia in musica,
musica strumentale, prima nel mondo greco e poi nel mondo romano, nei contesti in cui si faceva musica.
- Organologia (strumenti musicali): gli strumenti che conosciamo nel mondo greco e romano, approfondimento sul
loro uso pratico e funzionamento concreto, sia il loro contesto di utilizzo, legate a certe forme di poesie in musica, a
certi contesti culturali o non, associazioni simboliche con divinita’.
- Teoria musicale (soprattutto trattatistica, ma anche lo studio e la misurazione dei reperti materiali di strumenti
musicali): si intendono vari aspetti, sia quelli piu’ tecnici (la scienza armonica, ritmica.. ), ma anche la riflessione
teorica che oggi defineremmo di estetica o di etica, la valenza della musica nell’educazione, o legate all’uso della
musicoterapia, etc.. quindi le riflessioni teoriche che ritroviamo nei documenti scritti, e che a volte non sempre sono
di natura musicale.
- Notazione e frammenti: essendo che la musica era molto legata alla tradizione orale, i documenti musicali che
possediamo sono in un numero limitato, ma che grazie alla trattatistica abbiamo la possibilita’ di riuscire a trascriverli
con la notazione moderna
BIBLIOGRAFIA
- A.D. BARKER, Euterpe. Ricerche sulla musica greca e romana, a cura di F. Perusino e E. Rocconi, Pisa, ETS, 2002
- E. ROCCONI (cur.), I suoni perduti. Musica ed eventi sonori in Grecia e a Romana, Milano, Encyclomedia Publishers,
2013 (Ebook).
FONTI per lo studio della musica nelle civilta’ greca e romana
Le fonti, grazie alla quale oggi possiamo ricostruire il ruolo della musica nella cultura greco-romana e i suoi aspetti
piu’ tecnici, sono utili per procurare certe ipotesi, informazioni, e ci permettono di avere un quadro articolato di queste
due culture, e possono essere:
- Letterarie: fonti scritte. Sono in numero quantativamente maggiore, e si possono trovare in: citazionai occasionali
in poesia, come i poemi omerici che contengono informazioni musicali del tempo nonostante essi non siano incentrati
su fatti musicali, nelle fonti teoriche, in quelle storico musicali (testi che ricostruiscono la storia della musica antica),
e infine in fonti lessicografiche, cioe’ i lessici e le enciclopedie di eta’ tardo antica/bizantina.
- Iconografiche: immagini, rappresentazioni di strumenti e contesti musicali, persone che cantano e ballano. Sono
immagini che possono rappresentare momento concreti di performance musicali, ma anche momenti simbolici, come
una divinita’ che abbraccia uno strumento. Dal punto di vista iconografico di pittura parietale il mondo greco non ha
lasciato alcuna testimonianza se non in qualche fonte scritta. Abbiamo pero’ un maggior numero di pitture vascolari.
Nel mondo romano abbiamo invece un maggior quantitativo di scultura o bassi rilievi. Queste fonti possono non
essere del tutto veritiere o precise. Possono essere archeologiche, epigrafiche (iscrizioni, o documenti come inni
musicali scolpiti su pietra, etc.. ), papiracee (documenti musicali su papiri, soprattutto di provenienza dall’Egitto. Alcuni
dei papiri trovati presentano anche note musicali. Quelli trovati al di fuori dell’Egitto non sono di ambito musicale).
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L’ARTE DELLE MUSE: premesse
Geografia del mondo greco: i confini culturali ed etnici nel mondo antico erano piu’ grandi di quanto lo fossero oggi
nei confini della Grecia moderna. A partire dall’VII secolo, i Greci dalla zona Continentale cominciano a spostarsi e
cercano di fondare delle colonie sia ad Oriente sia ad Occidente, di cui troviamo molti resti della cultura greca nella
Magna Grecia del sud Italia e nelle coste orientali di quella che oggi e’ la Turchia. Queste colonie sono state molto
importanti per lo sviluppo del mondo greco grazie agli scambi culturali con le diverse popolazioni. Musicalmente
parlando alcuni elementi di contaminazione possono essere le scale diatoniche, di stampo tipicamente mesopotamico.
Cronologia del mondo greco: le prime testimonianze scritte le abbiamo dall’eta’ arcaica (VII-VI secolo a.C) con i poemi
omerici, eta’ classica (V-IV secolo a.C), eta’ ellenistica (III-I secolo a.C), eta’ imperiale (I-VI secolo d.C), eta’ bizantina da
Giustiniano (VI secolo d.C) fino alla caduta di Costantinopoli 1453.
L’ARTE DELLE MUSE, MOUSIKE’ TECHNE
Concetto di musica: in lingua greca il termine “musica” e’ considerato un aggettivo. Il termine indica alla lettera “l’arte
legata alle muse”, cioe’ quell’insieme di pratiche di cui si sopraintendevano queste figure divine. L’insieme di pratiche
musicali trovano nel tardo VI secolo un’etichetta sotto la digitura di musica, ma precedentemente venivano legate
alle muse, che simboleggiavano la pluralita’ delle pratiche musicali. A questa collettivita’ di divinita’ vengono attribuiti
dei nomi “parlanti”, ovvero che si rifanno ad un aspetto pratico della performance musicale.
Calliope: Bella voce; Clio: onorare, colei che rende famosi; Erato: L’amabile; Melpomene: Colei che canta; Tersicore: Colei
che si diletta nella danza; Polinnia: Dai molti inni; Euterpe: Colei che rallegra; Talia: La festiva; Ourania: La celeste.
Vengono quindi collegate le pratiche musicali alle forme divine. Cio’ ci fa capire come il termine “musica” abbia una
“polisemicita’”, e come essa fosse qualcosa di intrinseco alla concezione antica, permettendo alla parola musica di
avere un certo successo.

ESIODO TEOGONIA
E’ un poema didascalico che racconta l’origine degli dei, e comincia proprio parlando delle muse, ispiratrici della poesia
e figlie di Zeus. Si comincia a raccontare cosa facessero per celebrare la divinita’. Il fatto che le muse aprano la
Teogonia prima che fosse creata la parola musica indica poi la necessità’ culturale di creare questa etichetta che
raccolga tutte queste pratiche. L’autore esprime il bisogno di dover mantenere la memoria del passato, presente e
futuro, e riconosce nel canto delle muse questo compito. Il canto rende celebri e mantiene la memoria. Solo alla fine
l’autore dice esplicitamente il nome delle muse. In questa descrizione delle dee si sintetizzano i concetti principali di
quello che era la musica per gli antichi. Anni dopo infatti verrà’ coniato il termine che colleghi tutte le attività’ delle
muse nell’etichetta di “musica”.
MELOPOIOS, “Compositore di mele”
Mousiké’ è’ il primo aggettivo che indica un tipo di arte. Successivamente vengono indicati tutti gli ambiti di sapere
con la parola “techne’”. La musica nel mondo antico era soprattutto musica vocale, esisteva anche quella strumentale,
ma quella vocale era quella piu’ diffusa ed e’ quella di cui abbiamo piu’ tracce. Gli antichi poeti nell’eta’ arcaica si
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definivano “melopoios”, ed e’ legata alla parola “melos”, plurale “mele”. Melos e’ un termine polisemico che indica la
musica nei suoi elementi essenziali, di cui abbiamo una definizione nella Repubblica di Platone che ci aiuta a capire
come la riflessione sulla musica si sia ampliata sui tre elementi principali presi in analisi. Il Melos quindi e’ composto
di: Harmonia, Logos e Rhythmos.
- Logos: la parola, il contenuto narrativo di un componimento musicale.
- Harmonia e Rhythmos: elementi importanti che ci fanno capire come mai tutta la poesia veniva cantata. Gli aspetti
della poesia greca mostravano aspetti diversi dalla poesia moderna, e l’unione di poesia e canto era un qualcosa di
connaturato alla stessa lingua. Harmonia, che significa “accordatura”, implica in Platone gli andamenti melodici del
canto. La poesia era legata all’aspetto melodico poiche’ la lingua greca era una lingua ad accento musicale.
L’intonazione e’ elemento sostanziale per il significato della parola. Dove cade l’accento si aveva un elevamento della
voce di tipo melodico. La durata delle sillabe e vocali poteva essere breve o lunga.
L’idea del Melopoios e’ quindi l’idea del poeta che compone tutti gli aspetti legati a quella che poi e’ stata chiamata
musica.
MODALITA’ DI COMUNICAZIONE DELLA MOUSIKE’
Il poeta-musico componeva oralmente le sue melodie con l’improvvisazione. Vi sono vari gradi di oralita’:
Oralita’ della composizione (improvvisazione estemporanea):
Oralita’ della fruizione (performance): L’oralita’ viene trasmessa dalla fruizione degli ascoltatori
Oralita’ della trasmissione (tradizione affidata alla memoria)
Sicuramente si puo’ avere un’oralita’ della fruizione quando dal V secolo si compongono tragedie o commedie per il
teatro, di cui il pubblico le va a vedere e sentire (fruizione orale), ma essendo composizioni di ampio respiro, con
diverse interazioni, almeno il testo era messo per iscritto. L’oralita’ della trasmissione dipende anch’essa dai generi,
forme, periodi, di cui sicuramente la scrittura delle parole e’ codificata dall’eta’ arcaica, per quanto riguarda la musica
bisogna aspettare almeno fino al V secolo.

CONTESTI DELLA MOUSIKE’


- Semi-privati simposio o tiaso, case private con ospito circoscritto
- Pubblici: 1. Competizioni pubbliche nell’ambito di manifestazioni religiose; 2. Occasioni della vita sociale quali
matrimoni, funerali, festeggiamenti in onore di vincitore in gare sportive, etc..
Il primo spazio aperto creato per l’esibizione di musica e’ il teatro.
SPAZI DELLA MOUSIKE’: ALL’APERTO O AL CHIUSO
Anche dal punto di vista degli spazi bisogna fare delle considerazioni che evidenziano delle differenze tra il modo di
fare musica antico e moderno. Maggior parte delle volte i luoghi utilizzati per fare musica erano luoghi non adibiti
principalmente alla musica ed erano luoghi comuni, solo a partire dalla fine del quinto secolo si circoscrivono degli
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spazi adibiti principalmente alla musica. Essi potevano essere all’aperto o al chiuso, e la differenza tra i due ci fanno
capire diversi dettagli sulle funzionalita’ musicali, ma anche sul tipo di organico utilizzato e il contesto in cui quella
musica era suonato. Tutte le prime forme musicali erano in qualche modo collegate a un legame con divinità’ o a
elementi mitici che richiamano all’invenzione di qualche strumento. Per le ambientazioni al chiuso era più usuale
avere uno strumento a corda, per quelli aperti strumenti con risonanze forti, ad ancia.
Le testimonianze più’ antiche che abbiamo sulla musica antica:
Testimonianze letterarie: Abbiamo i testi Omerici, l’Illiade e l’Odissea. Questi ultimi erano il risultato della messa per
iscritto dei canti legati all’improvvisazione, che riflettono particolarmente la societa’ micenea, di cui abbiamo
testimonianze della sua poesia orale inserite nei poemi omerici e in qualche forte iconografica.
Nei testi dell’Odissea troviamo due figure di cantori: la prima e’ quella dell’Aedo Femio in cui esso allieta dei Proci
nella corte di Itaca. La scena si apre con i proci che banchettano e l’aedo che improvvisa dei canti che raccontano le
imprese della guerra di Troia, e Penelope sentendo i racconti chiede di non cantare quelle storie poiché’ le ricordano
della scomparsa del marito, e Telemaco le dice che il cantore deve scegliere il tema che è’ più’ consono rispetto
anche ai soggetti che presiedono al banchetto. Le tematiche scelte sono legate alla regalità’, all’ideale di virtu’,
battaglia, etc.
La seconda figura di Aedo e’ quella di Demodoco alla corte dei Feaci, chiamato per celebrare l’ospite in un contesto
ristretto del palazzo e nel contesto allargato cittadino, in cui vengono preparati dei giochi sportivi per accogliere
l’ospite, di cui Demodoco deve aprire i giochi suonando. Nel primo episodio Demodoco suona a corte con la sua
phormynx, mentre nel secondo episodio canta all’aperto poiche’ stanno celebrando l’inizio dei giochi in onore
dell’ospite. In questo contesto pubblico canta sempre accompagnato dalla phormynx, ma è’ anche accompagnato da
un coro: il luogo fisico porta alla modifica di alcuni elementi performativi. In uno spazio aperto in cui si deve stupire
il pubblico piu’ ampio bisogna usare anche tecniche visive, e quindi oltre al canto si ricorre all’uso della danza. La
presenza di un coro (che canta e danza), compie delle evoluzioni coreutiche che servono a stupire il pubblico. Anche
il tema nello spazio esterno cambia, e si cantano i “canti amorosi di Eros e Afrodite”, ovvero un tema più’ facilmente
godibile dal tipo di pubblico che negli spazi esterni è’ più’ differenziato.
Testimonianze iconografiche: L’affresco di Orfeo nel Palazzo di Nestore in Pilo; L’affresco di Orfeo presente nel
palazzo di Nestore è’ localizzato nella sala del re, e grazie alla sua posizione è’ un elemento molto importante,
facendo così’ della figura del cantore una figura esemplare.
 l’elemento di improvvisazione legato all’aedo cantore si basa su un sistema codificato di tipo formulare. La poesia
epica si basava sull’esametro. Nei poemi antichi si nota la ripetizione di alcune espressioni, che di solito sono
“nome+epiteto” (la Dea glaucopide Atena), a cui veniva aggiunta un’altra parte. In questo modo durante
l’improvvisazione si avevano queste frasi riciclate che davano anche una valenza creativa. Queste formule con la
prima o seconda parte del verso riciclata avevano una certa melodia e ritmo, occupavano o la prima o la seconda
parte del verso e veniva chiamato “emistacchio”.
FORME E CONTESTI: Il Simposio
 Poesia Lirica (Melopoiìa)

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Il termine “lirica” viene usata dall’era ellenica per indicare la poesia in musica e legata al canto. Esistono due tipologie
di poesia lirica:
 monodica: c’e’ un solo cantore, i contesti sono semi-privati, l’esecuzione è’ cantata oppure in forma di
“parakataloghé”, ovvero una sorta di recitativo accompagnato.
 corale: vi è’ il coro che canta e danza, i contesti sono pubblici e celebrativi. Le componenti del coro che cantava e
danzava non sempre si sommavano insieme.
Il simposio ateniese: L’occasione per cui il solista canta e’ il simposio. La parola simposio deriva da “bere insieme”,
ed è’ il momento che segue la cena esclusiva solo per gli uomini e che è’ scandito da diversi elementi rituali. Uno di
questi ad esempio è’ il rituale del vino, che è’ considerata come la rappresentazione del Dio Dioniso, concetto che
verrà’ poi ripreso anche nell’Ultima cena cristiana. In questi rituali la componente musicale accompagnava il rito ed
era di grande importanza. Perciò’, vino, musica e poesia musicale sono gli elementi fondamentali del simposio. I canti
improvvisati nei simposi rappresentavano spesso una sorta di gara musicale tra i vari partecipanti. Esso avveniva
con il “canto storto”, in cui ci si passava un ramoscello come una sorta di testimone, e in base a chi toccava cantare
doveva intonare un canto improvvisando.
Simposio divino: erano raffigurazioni di simposi in cui i protagonisti principali erano Dioniso, le menadi (adoratrici di
Dioniso) e i satiri (creature metà umane e metà animali).
Simposio femminile: iconografia: le figure femminili compaiono dalla fine del VI secolo nelle rappresentazioni
simposiche. Sono suonatrici di aulos, strumenti a corda o facenti parte del coro. Ci sono scene in cui queste donne
davano piacere agli uomini e in cui trattano il prezzo con il cliente maschile. Queste figure diventeranno poi molto
comuni nel teatro comico ellenistico.

I TEMI DELLA POESIA SIMPOSIALE


I temi della poesia simposiale sono pervenuti a noi in modo frammentario. Vari temi principali riguardavano quello
della figura del vino come elemento Dionisiaco: il vino serviva per dimenticare le pene. Altri temi erano quelli amorosi
e erotici, ma anche quello politico, in quanto i simposi erano tenuti da uomini aristocratici.
FORME E CONTESTI: Coralita’
La festa era un contesto fondamentale per l’esibizione musicale-coreutica delle muse in onore delle divinita’. Il
contesto della festa religiosa e’ fondamentale per capire tutti i momenti pubblici dedicati alla musica. I contesti piu’
frequenti diffusi in cui si fa musica nel mondo arcaico-classico e’ la festa religiosa, le “heorte’”. La festa e’ il “tempo
sacro secondo le leggi”, di cui la musica ha uno scopo fondamentale in esse. Le feste religiose nel mondo greco
erano tantissime e molte diverse da una citta’ all’altra. Ad esempio, ad Atene vi erano le feste Grandi/piccole
Panatenee in onore di Atena, le Grandi Dionisie, Lenee e Antesterie per Dionisio, etc.. la percentuale di giorni all’anno
dedicati alle feste religiose nella sola poleis di Atene era altissima. Durante queste feste si onorava la divinita’ con
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canti rituali, con i momenti dei sacrifici animali. La parte piu’ interessante di queste feste erano le gare che potevano
essere di due tipologie diverse: le gare sportive e gare musicali. L’idea della competizione per la vincita dell’eccellenza
era un modo stesso di onorare la divinita’. Durante le gare sportive partecipavano gli aristocratici, mentre per le gare
musicali gli artisti che aspiravano alla vincita del premio denaro o approfittavano della competizione per riuscire a
costruirsi una fama e quindi garantirsi piu’ commissioni da vendere.
 Iconografia: Musica e danza corale nelle festività’: cori femminili per le divinità’ femminili, maschili per celebrare
quelle maschili. I diversi cori nelle feste si articolano per generi e momenti precisi dell’eta’ dei singoli coristi. (cori
maschili adulti, cori maschili giovani-voci bianche ecc.. ). questo tipo di divisione ha un aspetto pratico per il tipo di
registro vocale e rappresentava l’elemento di ritualita’ del passaggio di una fase all’altra di un uomo/comunita’.
 Dialogo di platone: Magnesia aveva tre fasce di cori distinte in base all’eta’ dei coristi. Dopo i 50 anni non si
poteva più’ parteciparvi e l’anziano aveva piu’ accesso al vino.

GENERI E CONTESTI DELLA LIRICA CORALE


- Inno: celebrazione degli dei
- Peana e Ditirambo: celebrazione di un dio particolare
- Prosodio: Contesto processionale
- Partenio: cori cantati da vergini, celebrazione delle dee
- Iporchema: canto in cui la danza è preponderante
- Encomio: canto in onore di una persona
- Threnos: canto funebre
- Epinicio: canto per la celebrazione delle vittorie
- Imeneo e Ipatalamio: canti nuziali
Elementi comuni della lirica corale: Presenza di un coro che canta e balla, performance eseguita in spazi aperti con
pubblico intenso, si celebra qualcosa. Gli aspetti performativi si spiegano in base al contesto celebrativo. Questi canti
non hanno una forma privata, anche le forme dei canti di nozze, funebri o che esaltano una vittoria celebrano
sempre e comunque una divinità’ che rappresenta l’occasione in questione.
Dialogo di Platone: prima dichiarazione di classificazione in “generi” di varie musiche. Le differenze di queste poesie
in musica determinano la loro funzione. La dichiarazione di Platone fa in modo che questa riflessione dia inizio a una
teorizzazione della musica pratica prossimamente gli Alessandrini raccolgono le musiche antiche e per esigenza
di biblioteca vengono catalogate in generi. Il dialogo di Platone costituisce l’idea di quest ultimo dell’educazione del
popolo e dei cittadini, in cui all’interno di questa educazione vi e’ anche la Mousiké’. In questo passo Platone elenca

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dei canti articolati in base alla loro funzione, contesto e in base agli aspetti tecnici dei vari canti. Anche la musica
aveva degli idiomi, regole delle singole forme, dei veri e propri NOMOI.
Nomos  indicato per alcune forme solistiche vocali o strumentali, che poi assumono un aggettivo che indicano le
forme che usavano i musicisti nelle gare pubbliche, che potevano essere puramente strumentali o forme di melodia
accompagnata. Quello che differenzia tutti questi canti e’ che ogni canto ha un proprio tipo di ritmo e melodia e
organico specifico. Secondo Platone per chi era sprovvisto di educazione rispetto agli aspetti tecnici dei canti doveva
ascoltare in silenzio fino alla fine dell’esecuzione dei canti, e per bambini, pedagoghi e in genere la “folla vociante”
vi era in genere una verga per ammonirli.
-Ditirambo: Forma più’ diffusa. Era accompagnata dallo strumento a fiato, ovvero l’Aulos, poiché’ la lirica corale era
destinata all’aperto. Vi era un coro maschile che accompagnava l’animale all’altare, la danza veniva eseguita intorno
all’altare del sacrificio. E’ eseguito specificamente durante le feste dionisiache e nella prima giornata delle feste
primaverili di Atene in cui si ha un massiccio coro maschile (adulti o ragazzi) attorno a un’altare in cui si celebra il
dio Dioniso. Successivamente si possono narrare miti di altri dei, ma il contesto deve celebrare esclusivamente il dio
Dioniso. I canti di Ditirambo hanno una tessitura grave (voci maschili), oppure per voce bianca (ragazzi). La poesia
cantata racconta una storia.
-Peano: tendenzialmente il dio cantato è’ Apollo. Come canto viene eseguito da alcuni poeti in città’' focolai di peste,
di modo di portare la guarigione nella città’ infetta, infatti originariamente questo canto era legato al dio Paiàn, dio
della guarigione. Successivamente questo canto raffiguerà’ Apollo con la sua cetra, che accompagnava il canto.
Abbiamo molte fonti testuali, ma dei canti Delfici di Delfi abbiamo anche la notazione musicale scritta. Il testo in
questione racconta episodi dei miti di Apollo. La notazione musicale antica utilizzata usa le lettere dell’alfabeto scritto
sopra le parole del testo.
-Prosodio: canto processionale usato durante le processioni che si dirigevano verso l’altare in cui veniva sacrificato
l’animale in onore degli dei. Viene eseguito durante il rito di lavaggio delle mani prima del sacrificio, ma non durante
il sacrificio stesso dell’animale.
-Partenio: canto femminile, sono testimonianza degli Aulos Parteni, che avevano un registro più’ acuto rispetto
all’aulos standard, e presubilmente accompagnavano i canti parteni. Abbiamo molte testimonianze iconografiche di
questi cori femminili: come prima fase vediamo una parte in cui le coreute vengono chiamate una per una. In questa
coralità’ l’elemento del mito era legata alla performance specifica all’occasione. Il legame con l’occasione celebrata si
riflette nel testo stesso. Una donna che accompagna il coro è’ molto presente nelle testimonianze iconografiche,
ma non quelle testuali.
-Threnos: canto funebre. L’esempio di lamento funebre e nell’ultimo canto dell’Illiade nei funerali di Ettore, in cui vi
sono un coro maschile e uno femminile che si alternano. Successivamente i familiari del defunto intonano un coro
a cui risponde il coro femminile. Questi due elementi sembrano gli elementi più’ tipici di queste forme funebri.
Abbiamo molte testimonianze anche grazie alle scene funebri delle tragedie in cui si lamenta un personaggio che è’
“morto”.
-Imeneo: contesto matrimoniale, rituale in cui la donna passava dalla casa del padre a quella dello sposo. Abbiamo
testimonianze iconografiche su vasi che rappresentano cori sia maschili sia femminili che si contrappongono. Sono
canti che indicano un passaggio, come avviene in quelli funebri.
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-Epinicio: canti celebrativi per uomini che hanno vinto una gara sportiva. È’ formato da cori maschili. Molti sono
composti da Pindaro di cui i poeti alessandrini sono riusciti a raccogliere un vasto numero di sue composizioni, di tipo
prevalentemente epinicio. Sono divisi per celebrazioni delle varie feste olimpiche. Di questi hanno raccolto solo i testi.
Questi canti avevano una convocazione iniziale alle persona/dio, successivamente una parte più’ distesa in cui si
racconta un mito, poi la celebrazione della vittoria o da qualche elemento della gara che si ricollegava al mito
raccontato in precedenza, fino ad arrivare ad una sentenza finale morale in cui si dà’ spazio al fatto che gli dei
abbiano aiutato l’atleta a compiere la vittoria, e che quindi bisognasse non esultare troppo il proprio orgoglio, siccome
anche il vincitore stesso è’ solamente un uomo mortale e finito.
-La Gara musicale: l’atleta aveva i soldi per commissionare dei canti. L’epinicio della Pitica 12 di Pindaro è’ dedicato a
un vincitore di una gara musicale. È’ un epinicio un po’ corto (l’autore componeva in base a quanto veniva pagato).
Nell’epinicio vi e’ la celebrazione di un vincitore di una gara musicale per un suonatore di Aulos di Agrigento e la sua
famiglia. La musica è’ un fenomeno che gli uomini creano ma è’ nello stesso tempo qualcosa che esiste già’ in
natura e che è’ stata inizialmente riprodotta in forma di arte dalle divinità’ e successivamente dagli esseri umani.
CONCETTO DI MIMESI: è’ un concetto esplorato anche in filosofia, è’ l’imitazione in arte degli elementi della natura e
della realtà’. Per Platone se l’arte era l’imitazione della realta’, e la realtà’ era essa stessa imitazione di un’idea
iperuranica, l’arte era quindi un’ imitazione di “secondo grado”.
-Commenti antichi dell’epinicio: non sono commenti contemporanei all’epinicio scritto. Nel seguente commento si
dice che l’auleta Mida durante la sua esibizione con l’aulos policefano gli si ruppe l’ancia durante l’esibizione, ma
nonostante ciò’ continuò’ a suonarlo come se fosse un flauto, mostrando la sua grande abilità’. Non sappiamo se
questo commento sia inventato per spiegare le parole di Pindaro negli ultimi versi del testo, ma ci conferma come
la peculiarità’ di un epinicio per un musicista abbia scatenato la fantasia di un commentatore che ha ritrovato il
testo in questione secoli dopo.
Studiare i miti ci fa capire come i essi spiegavano certi concetti.
FORME E CONTESTI 3 - I NOMOI
Potevano essere:
- Auletici (aulos solista) e Aulodici (aulos e canto)
- Citaristici (kithara solista) e Citarodici (kithara e canto)
Le forme auletiche erano quelle più’ usate siccome è’ uno strumento più’ virtuosistico e soprattutto si trasforma
diventando uno strumento modulante, cioè’ che può’ passare da una scala all’altra, e permetteva una varieta’
maggiore di suoni rispetto agli strumenti a corde. La parola nòmos significa originariamente “idioma”, “costume”, e
nei contesti musicali assume un’accezione musicale. Il primo contesto musicale in cui compare il termine “nomos”
è’ il frammento di Alcmane che afferma “conosco i nòmoi di tutti gli uccelli”. A un certo punto il termine nomos
indica anche il costume, la pratica che viene accettata dalla comunità’ e che diventa legge. Le feste pitiche, che si
svolgevano tra agosto e settembre, comprendevano gare musicali con citarodia, citaristica e auletica, oppure vi erano
le gare atletiche o quelle ippiche.
Nomos Pitico: Forma auletica famosa che ci permette di fare un ragionamento su alcune caratteristiche della musica
strumentale greca, il genere meno testimoniato. Esistevano diversi nomoi auletici, e i loro nomi ci dicono qualcosa
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delle loro caratteristiche tecniche o dei loro collegamenti con un mito. L’unico di cui abbiamo descrizione e’ il Nomos
pitico che raccontava secondo le fonti la storia della lotta di Apollo con il pitone per la conquista del santuario di Delfi.
Nell’eta’ arcaica Delfi era già’ citato come luogo centrale per il culto di Apollo, ma molto probabilmente era già’ in
precedenza un luogo di culto. Il mito di Apollo che conquista Delfi in qualche modo fa trasparire un rito di passaggio
di una consegna. Da questo luogo di rito si celebreranno poi le feste pitiche, cioè’ le feste dedicate ad Apollo, e lo
stesso accade in musica con il NOMOS PITICO in cui viene celebrata la conquista di Delfi del dio. Il nomos auletico pitico
è’ suddiviso in più’ parti. Questo mito descrive perfettamente come anche la musica strumentale nel mondo greco
è’ legata anch’essa ad una narrazione.
PARTI DEL NOMOS PITICO:
- PEIRA: significa “prova”, in questa parte Apollo controlla il campo. KATAKELEUSMOS: significa “incitazione”, vi e’ il
momento della sfida IAMBIKON: momento del combattimento. Il termine deriva da “giambico”, che era un ritmo molto
incalzante e dà’ idea della battaglia. Il musicista imitava con il ritmo giambico la battaglia. Questa parte include sia
suoni che imitano quelli della salpinx che l’odontismos, cioe’ i suoni inclusi dall’auleta sono sia imitativi della “tromba”
(suoni che indicano la fase finale della battaglia quando apollo vince sul serpente), e dell’imitazione del digrignamento
dei denti del serpente che è colpito dalle frecce di apollo. SPONDEION: si ha la vittoria del dio sul serpente, e si riferisce
al ritmo di Spondaico, fatto di tempi lunghi. KATACHOREUSIS: è’ una parola che ha a che fare con una danza in cui si
imitava il dio che ballava la danza di vittoria.
Narrazione di Strabone: descrive il nomos tipico suddividendolo in 5 fasi:
-ANKROUSIS (preludio) AMPEIRA (prima carica del combattimento) KATAKELEUSMOS (combattimento vero e proprio)
RITMI DEL GIAMBO E DATTILO (vittoria e canto trionfale) SYRINGES: canto che indicava la morte dell’animale, significa
“fischio”, in questa fase si usava spesso questo termine o per indicare lo strumento del syrinx oppure un
meccanismo dell’aulos che permetteva di passare da un registro normale ad uno più’ acuto per poter imitare ad
esempio i sibili dell’animale che stava morendo. Ritenevano pero’ questa imitazione troppo facile e quindi sminuiva
le capacità’ dell’auleta, siccome questo effetto era creato meccanicamente.
IL TEATRO
Nel quinto secolo prendono piede delle forme di comunicazione musicale, ovvero le forme musicali teatrali. Nascono
alla fine del sesto secolo, e tra queste vi è’ la tragedia di cui Aristotele ci dice che essa derivi dal ditirambo. Le forme
musicali teatrali presentano sempre una compresenza di attori e di coro, mantenendo un legame con l’antica coralita’.
Queste forme probabilmente nascono da un solista che si separava dal coro e iniziava a dialogarci. Nel teatro la
narrazione diventa qualcosa di agito e non di raccontato. Nel teatro vi è’ un’interazione tra personaggi e il pubblico.
Le prime forme teatrali si eseguono nella piazza dell’Agora’ e costruite delle impalcature di legno per far sedere il
pubblico, ma a fine sesto secolo queste impalcature crollano e quindi si decide di spostare le rappresentazioni teatrali
sul pendio naturale dell’acropoli. Originariamente si usarono dei gradoni ricoperti di legno, e solo dal quarto secolo
diventano una struttura in muratura. Gli elementi fondamentali del teatro sono principalmente tre:
- theatron: zona in cui risiede il pubblico sul pendio naturale. Il termine “theatron” significa alla lettera “il luogo dal
quale si guarda”.

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- l’orchestra: è’ il terrazzamento sul quale si muove il coro. La parola orchestra deriva dal verbo “orcheomai”, che
significa “danzare”.
- skene: significa “tenda” e delimita lo spazio dell’azione. Originariamente la tenda ha la funzione di dividere tra la
scenografia e i camerini di modo che l’attore nell’azione scenica puo’ cambiare i costumi. Successivamente questa
tenda viene dipinta e rappresenta un edificio, che diventa parte integrante dell’azione, creando cosi’ la
“skenographia”. Gli attori possono creare un’interazione tra spazio scenico e spazio retroscenico.
-parodos: Corridoi laterali da cui provengono personaggi che vengono da posti lontani oppure il posto da cui entra il
coro.
Gli attori erano di numero non maggiore di 3, solamente maschi e potevano interpretare più ’ personaggi. Ciò’
avveniva grazie all’uso delle maschere, che insieme a una modulazione della voce permetteva agli attori di poter
interpretare anche personaggi femminili. Essi per poter essere attori dovevano soddisfare diverse qualità’:
- dovevano avere una bella voce e grande (Euphonia e Megalophonia)
- qualità’ della chiarezza, si devono capire le parole che si dicono (Lamprotes, chiarezza)
Non è’ vero che le maschere avevano una capacità’ di amplificazione del suono. Le maschere servivano per
identificare il personaggio ed erano legate ad una funzione rituale. Il coro originariamente realizza le parti musicali
vere e proprie della tragedia e della commedia, siccome in esse vi sono parti recitate dagli attori e parti danzate e
cantate da parte del coro. Il coro tragico esegue una “meleia”, una danza per file in cui ci sono 12-15 coristi, mentre
il comico realizza una danza più’ scomposta che è’ tipicamente chiamata “kòordax”. Sia la danza comica sia quella
tragica vengono accompagnate dall’aulos poiché’ si sentiva meglio a spazio aperto e perché’ rimandava al dio Dioniso.
Il primo canto corale esibito dal coro viene chiamato “parodo” che viene preceduto da un prologo iniziale. Il coro
rimane per tutto lo spettacolo e si alterna con gli “stasimi” degli attori.
COMMEDIE E TRAGEDIE GRECHE
Le forme teatrali antiche contengono nelle forme commediali e tragiche momenti musicali e corali esibite dal coro.
A partire dal quinto secolo anche gli attori solisti iniziano a cantare. Le forme teatrali di tragedia e commedia erano
alternate da parti recitate e da parti cantate, che erano cantate e danzate da un coro, che si muoveva nell’orchestra,
ovvero quella parte circolare (e poi semicircolare) del teatro. Il pubblico si siedeva nel Theatron, posto che poi darà’ il
nome a tutto l’edificio. Questa suddivisione per parti cantate e recitate le riconosciamo dal tipo di metro utilizzato
dei testi (non abbiamo le musiche). Le parti che erano affidate agli attori si usava il ritmo trimetrogiambico, ritmato
e cadenzato ma non cantato, mentre le parti cantate e danzate dal coro sono in versi lirici. Il testo ci dice quindi
quali parti venivano cantate e quali recitate. Il coro tragico esegue esibizioni più’ composte mentre quelli comici più’
scomposti. L’articolazione delle parti corali e’ strutturata secondo una forma triadica: si ha una serie di versi che si
chiamano “strofe” a cui rispondono altri versi chiamati “antistrofe”, che hanno stesso ritmo e melodia ma testo
diverso. I movimenti del coro erano nella strofe eseguiti da un lato e nell’antistrofe dall’altro lato. In conclusione
venivano eseguiti degli ultimi versi, la “chiusa”, con melodia e ritmo diverso. L’articolazione dei versi lirici per coppie,
seguite poi da una chiusa, serviva per articolare i passi della danza.
Struttura nei libretti delle tragedie:
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- Prologo
- attori si scambiano dialoghi, monologhi
- ingresso del coro (parodo)
- alternanza di Episodi e Stasimi. Negli episodi vengono utilizzati trimetri giambici (gli attori dialogano tra loro), il coro
negli stasimi canta e danza.
Nei libretti che abbiamo degli ultimi decenni del quinto secolo (soprattutto nelle ultime tragedie di Euripide) i versi
lirici sono affidati anche ai solisti, e anche gli attori incominciano a cantare. È’ una trasformazione importante nella
recitazione poetica poiché’ gli attori devono essere dei professionisti che devono saper cantare ed avere delle
specifiche qualità’ musicali. E’ un elemento che porta il teatro a sviluppare gli elementi relativi alla sua spettacolarità’:
quanto è’ più’ spettacolare una rappresentazione quanto più’ ha successo di pubblico, e in generale vi è’ un crescente
virtuisismo sia da parte dei canti degli attori sia per le parti strumentali eseguite dall’auleta accompagnatore.
L’aulos diventa uno strumento modulante con l’aggiunta di un sistema di chiavi con cui lo strumento puo’ modulare
e passare da una scala all’altra. La presenza di questi “auli polimodali” fa si’ che se lo strumento può’ modulare
anche il poeta componga delle melodie che possano anch’esse modulare, richiedendo cosi degli attori che sappiano
cantare.
Nel 450 viene istituito il primo premio per il miglior attore, prima venivano premiati solo scenografi e tragediografi,
e questo conferma che in questo periodo l’attore e’ diventata una figura professionista.
Di fianco al teatro, dalle fonte antiche, sappiamo che dall’eta’ di Pericle venne costruito l’”Odeion”, ovvero un primo
edificio che ospitava esibizioni musicali al chiuso. Le fonti dicono che assomigliava a una tenda tipica dei persiani.
Con la costruzione dei teatri e dell’odeion si definiscono dei posti adibiti e nati per fare principalmente musica.
ORGANOLOGIA
Gli strumenti a corda
I cordofoni sono gli strumenti che risultano essere più’ famosi. Le fonti antiche citano con parole positive gli
strumenti a corda. Sempre le fonti ci rendono evidente che i primi scopritori degli strumenti musicali erano raccontati
nei miti dei personaggi divini. Ad esempio l’Aulos fu inventato dalla dea Athena, la Lira da Eros, il flauto di pan (o
anche chiamato Syrinx) dal Dio Pan. Tanti strumenti sono legati ad una origine divina, e i miti antichi sono diversi
con molte variazioni. Ci sono diverse fonti scritte che attribuiscono l’invenzione degli strumenti a diversi dei.
Strumenti cordofoni
- Lire (lýra, chélys, bárbitos, phórminx, kithára:) i bracci sono attaccati ad una cassa armonica su cui si hanno diverse
corde di lunghezza uguale ma di tensione diversa
- Arpe (psaltérion, trígonon, pektís, sambýke): le corde sono perpendicolari alla cassa armonica e hanno lunghezze
diverse tra loro.
- Liuti (tríchordos, pandoúra): hanno una tastiera che permette la modifica della lunghezza delle corde, e quindi di
avere diverse note in base a dove si accorcia la corda.
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LE LIRE
- Chélys: è’ un nome parlante che significa “tartaruga”, e fa rimento alla cassa armonica dello strumento che è’
formata da un carapace di tartaruga. È’ uno strumento più’ comune e di uso domestico. Ha una cassa di risonanza
piccola su cui sono collegati due lunghi bracci. Ha un ponticello che permette di trasmette le vibrazioni alla cassa
armonica. È’ il tipo più’ comune di Lira. Le lire erano dette “kuomen organa”. I musicisti di questo strumento hanno
nella loro mano destra un plettro, mentre la mano sinistra pizzicava le corde. Due testimonianze scritte (Quantilliano
e Platone) descrivono il funzionamento delle mani percuotendo col plettro o del pizzicamento delle corde in questo
strumento.
Inno omerico di Ermes, creatore della Chélys: Ermes inventa lo strumento da bambino, trovando una tartaruga,
che sacrifica per realizzarne lo strumento. Essa diventerà’ poi merce di scambio per ottenere il perdono del fratello
Apollo, siccome gli rubò’ le mucche. Lo strumento servì’ subito per accompagnare il canto ed è’ dedito per
l’improvvisazione del musicista. L’origine divina del canto e dello strumento viene quindi da Ermes e viene poi passato
ad Apollo.
 L’insegnamento pratico-musicale per Aristotele: imparare a suonare serve per aiutare l’educazione del cittadino.
L’artistocratico che impara a suonare non deve arrivare al virtuosismo.
vaso del quinto secolo: vengono rese note le differenze tra insegnamento musicale e letterale. La pratica musicale
non avviene con lo spartito, ma avviene per imitazione in quanto a met0à’ del quinto secolo non vi è’ ancora un
metodo di notazione musicale. La figura di un uomo con bastone indica la figura di un maestro o di un giudice. Le
iconografie suggeriscono che uno degli scopi principali della Chélys è’ quello di accompagnare i canti in contesti come
quelli del simposio.
- Bàrbitos: l’inventore fu Terpandro di Lesbo. È’ un altro tipo di Lyra e presenta braccia più’ lunghe e quindi permette
di eseguire suoni più’ gravi. Viene collegata spesso alla poesia eolica. L’iconografia rappresenta spesso questo
strumento con le figure di Saffo e Alceo. Accompagna la melodia ed è’ l’unico strumento a comparire in contesti
dionisiaci.
- Phòrminx: la cassa armonica è lignea e i bracci sono un prolungamento di essa. È’ uno strumento interamente
ligneo e il numero di corde è’ variabile. Si usa il plettro e solitamente presenta minimo 7 corde, che sono però’
variabili in base all’esigenza esecutiva e all’ambiente geografico in cui si trovava. Le armonie (scale) prendevano il
nome e cambiavano in base alla geografia. Dal punto di vista della funzione è’ dedicato all’Aedo professionista.
- Kithàra: direttamente evoluzione della phòrminx è la cetra, e’ uno strumento grande, elaborato, decorato e di uso
professionale. Non sono rimasti resti di cetre. Il professionista suona su un podio. Solitamente vi era l’uso di una
fascia per sostenere lo strumento siccome era di uso comune suonarla solo in piedi. Inoltre si ipotizza la presenza
di una sorta di meccanismo che permetterebbe l’allungamento dei bracci e che permetterebbe di cambiare la tensione
delle corde e di avere delle modulazioni, anche se più’ ridotte rispetto a quelle degli auloi.
- Cetra “di Tamire”: cetra mitica
- Cetre squadrate: di uso e tipiche di epoca romana

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- Arpe: non esiste un termine che associ canto e arpe, quindi il loro utilizzo era più’ circoscritto, le corde erano
perpendicolari e di diversa lunghezza, non si usava il plettro ma si pizzicavano le corde. Nell’iconografia le arpe sono
in mano sempre a donne e i contesti sono sempre domestici o vi sono le rappresentazioni delle muse con lo
strumento. Le arpe potevano avere forme diverse: Psalterion, trigonon, pektis, sambyke…
- Liuti: hanno un numero di corde limitate (3/4 corde), ma grazie a una tastiera si potevano eseguire più’ suoni. Essi
non compaiono nel mondo greco fino all’eta’ ellenistica e i termini per indicare questi strumenti sono “Trikoton”
oppure “Panduro”.
Gli strumenti a fiato
- Aulòs: Il più’ celebre e sicuramente l’aulos, la cui traduzione “flauto” e’ impropria in quanto strumento ad ancia.
L’aulos viene spesso rappresentato con la doppia canna, essa serviva a rafforzare il suono o a permettere esecuzioni
polifoniche come l’utilizzo di una sola canna per il basso. Per suonare questo strumento si utilizzava la respirazione
circolare (inspirazione dal naso ed espirazione dalla bocca) che permetteva un’esecuzione continua, lo vediamo dalle
raffigurazioni delle guance gonfie (Atena nel mito getta lo strumento dopo essersi vista con le guance gonfie). Per
supportare la respirazione circolare, soprattutto per quanto riguarda il professionismo, ci si avvaleva della phorbeià,
un supporto che teneva i muscoli del viso. Sono stati trovati strumenti in osso, in legno o in osso ricoperto di metallo,
lo strumento in sé’ è’ composto di più’ elementi e il numero di fori corrispondeva al numero delle dita, nella parte
posteriore era posto un ulteriore foro per il pollice. Per quanto i fori potessero essere coperti interamente o
parzialmente, il loro numero permetteva un numero limitato di suoni. L’unica parte dell’aulos che non possediamo
fra i reperti archeologici è’ l’ancia, in quanto realizzata in canna. Per quanto le sia attribuita l’invenzione,
nell’iconografia e’ raro trovare Atena che suona l’aulo, e’ più’ probabile trovare rappresentazioni di Atena che lo sta
per buttare via, lo strumento verrà’ recuperato dal satiro Marsia, che in seguito alla raccolta dell’aulo sfida Apollo con
la lira, la sfida viene vinta da Apollo. L’aulos passa da essere uno strumento per accompagnare il canto ad essere il
vero e proprio protagonista di sé stesso, vediamo come alcuni compositori di ditirambi invece di mantenere
l’alternanza di parte strumentale e risposta cantata sostituiscono quest’ultima sezione a degli assoli strumentali.
L’aulos cambia notevolmente la sua struttura a partire da meta’ del V secolo, sono molte le fonti che testimoniano
i cambiamenti organolettici dello strumento grazie all’auleta Pronomo di Tebe. Esso inventò’ l’aulo panarmonico,
dunque uno strumento capace di modulare e passare da una scala all’altra, questo avviene tramite un sistema di
chiavi: delle fascette forate in grado di ruotare possono così’ aprire e chiudere i buchi dell’aulo, lo stesso meccanismo
si può’ ottenere tramite fascette forate e anziché’ ruotare scorrono lungo lo strumento. I generi che sono
maggiormente influenzati da questo tipo di cambiamento sono i generi che utilizzano il virtuosismo strumentale,
fra questi vediamo il teatro. Queste sezioni modulanti venivano affidate ai solisti in quanto professionisti. Questo
cambiamento fra V e IV secolo viene definito dagli studiosi come “nuova musica”, dovuto in parte proprio a
quest’innovazione dell’aulo polimodale. L’utilizzo dell’aulo con la syrinx aperta era invece destinato al nomos Pitico
per ricreare il suono del serpente sofferente in fin di vita. La syrinx permetteva di ottenere un suono più’ acuto
tramite un meccanismo che apriva i fori.
- Syrinx: È’ composto da un insieme di canne legate fra di loro e tappate con la cera. Esternamente le canne hanno
la medesima lunghezza, che è’ invece diversa internamente per permettere una molteplicità’ di suoni. Sulle origini
della syrinx ci sono due miti differenti, il primo fa risalire la sua invenzione ad Ermes e il secondo a Pan da cui
prende il nome. Ermes è’ considerato il dio dell’inventiva e dell’artigianalita’, tuttavia non viene quasi mai
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rappresentato con lo strumento in quando non è’ considerato musicista. Secondo il mito di Pan, Syrinx era una
fanciulla dalla voce melodiosa. Pan, si invaghisce di lei che lo rifiuta in quanto né’ interamente uomo, né’ interamente
capro, la fanciulla cerca di sfuggire a Pan nascondendosi fra le canne, esso in preda all’ira taglia le canne e
comprendendo la sua sconfitta decide di unire le canne con la cera e trasformarle in strumento musicale.
- Salpinx: È’ uno strumento da guerra di cui troviamo testimonianze anche nel nomos Pitico, essendo una tromba
permetteva allo strumento di risuonare con maggior volume.
- Keras (corno): L’aulos frigio permetteva di attaccare a una delle due canne un corno animale
Gli strumenti a percussione
- Tympanon: Strumento a percussione realizzato con la pelle dell’animale sacrificato, sono particolarmente ornati e
associati ai riti dionisiaci.
- Krotala: Come le nacchere, presentano due corpi di legno che si percuotono l’un l’altro.
- Seistron: Presenta una forma a ferro di cavallo e presenta delle barrette che percuotono lo strumento quando
questo viene scosso. È’ uno strumento di origine egiziana la cui invenzione viene attribuita alla dea Iside.
- Kymbala: Sono dei dischetti in metallo che si percuotono l’un l’altro come dei piccoli piatti, all’esterno presentano
un anello che permette di impugnarli.
- Kroupezion: È’ composto di due tavole in metallo che vengono percosse con il piede, aveva la funzione di dare il
tempo al gruppo di strumenti.
- Sistro àpulo: È’ uno strumento a forma di scala che normalmente viene sempre tenuto in mano da figure femminili.
Le iconografie non permettono di capire come venga suonato, viene spesso rappresentato in occasioni come feste
o funerali, quindi ha una forte valenza simbolica.
TEORIA MUSICALE 1
Parliamo di tutte quelle fonti che in qualche modo riflettono sulla musica da un punto di vista teorico o per tutto cio’
che riguarda gli aspetti tecnici, sia tutte quelle riflessioni sul valore etico e sulla sua valenza estetica.
Le discipline scientifiche vengono costruite dagli antichi come riflessioni teoriche, ovvero come “Episteme”, e sono:
- Harmonike’ episteme, scienza dell’armonia: quella disciplina che studia i suoni, gli intervalli e la loro associazione
nelle scale.
- Metrike’ episteme, scienza metrica: studia gli aspetti delle quantita’ sillabiche-prosodiche del testo
- Rythmike’ episteme, scienza ritmica: studia il ritmo e come le quantita’ sillabiche o i valori temporali dati alle note
si articolano in pattern e danno quindi un ritmo alle melodie.
Secondo le fonti, il primo autore di un testo scritto che parlava di musica dal punto di vista teorico fu un certo Lado
di Ermione, un poeta a cui viene associata una delle riforme del ditirambo. Il testo che ha scritto non e’ sopravvissuto
e le fonti che lo citano sono tarde. Gia’ alla fine del VI secolo abbiamo notizie di qualcuno che ragiona sugli aspetti
teorici musicali. Altri testi che abbiamo di questo tipo che possediamo sono diversi. Molti di questi argomenti erano
di origine e gesta orale, di ambito scolastico (maestro-allievo). Solo gradualmente questo tipo di indagine viene
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cristallizzato in testi scritti. Molti di questi testi testimoniano questo tipo di pratica orale, e molto spesso hanno una
valenza pratica orale.
Tipologie di trattati che possediamo:
-Stoicheia: “Harmonike’ stoicheia”,letteralmente “elementi di armonia”, testi che prevedevano gli elementi
fondamentali di una disciplina
- Peri’/de e genitivo (su, a proposito di): solitamente indicava il cosiddetto “trattato sistematico”, strumento che
trattava un argomento dividendolo in tutte le sue categorie.
- Akroasis = lett. “cosa ascoltata, racconto”, termine che indica l’aspetto aurale della pratica di insegnamento
- Encheiridion = lett. (da tenersi) “nella mano”, testi molto sintetici
- Mousika = lett. “cose musicali”, testi aperti a continue rielaborazioni di solito posseduti dagli insegnanti
- Eisagoge = lett. “introduzione”, testi introduttivi e sintetici.
Principali approcci alla teorizzazione musicale ricostruibili dalle fonti di V-IV sec. a.C.
Si incomincia a ragionare sui suoni a partire dal V secolo. Gli approcci fondamentali alla teorizzazione musicale in
campo armonico sono due:
- approccio pitagorico: i pitagorici erano quei filosofi che si rifacevano al filosofo Pitagora di Samo e originò’ un
movimento che ha tratti in cui la loro disciplina non si concentrava solo nel modo di pensare ma anche quello di
vivere. Il loro approccio nella speculazione musicale era quella quantitativa numerica in cui anche la musica può’
essere ridotta a rapporti tra numeri.
-approccio empirico: detti anche “armonici”, “harmonikoi”. Erano degli strumentisti che tentavano attraverso i loro
strumenti di indagare i rapporti dei suoni come se fossero delle distanze tra punti su un diagramma immaginario.
Le fonti più’ antiche che ci testimoniano questi due approcci sono due:
- Platone, Repubblica VII, 530.531c (su pitagorici ed empirici): Fonte occasionale, testo politico in cui Platone descrive
la sua citta’ ideale, in cui i suoi cittadini, prima guardiani e poi filosofi, seguano un percorso educativo. Al percorso dei
filosofi sono dedicati gli ultimi libri, e questo percorso doveva essere formato maggiormente da discipline teoriche
come matematica, geometria piana e solida, astronomia, e infine la scienza armonica. Le discipline che faranno parte
del quadrivio sono gia’ delineate da Platone nella Repubblica. Cita Pitagorici ed Empirici e su entrambi non ha
un’opinione positiva siccome nessuno dei due e’ attento a studiare i fenomeni astratti, ma studiano la musica come
cosa sensibile (ovvero e’ una copia imitativa della realta’, di cui a sua volta imita le idee iperuraniche, quindi lontana
due volte dalle idee).
- Aristotele, Analitici posteriori 79a (su harmonikè mathematikè e harmonike katatenakoen): La musica con approccio
matematico (pitagorico), e una basata sull’empiria, l’harmonica basata sull’udito. La prima si occupa di conoscere
“l’oggetto”, e l’altra si preoccupa di conoscere il “motivo”. Aristotele chiarisce che diversi tipi di approcci allo studio dei
suoni in realta’ possono considerarsi come complementari, e non antitetici.
LE TESTIMONIANZE SUGLI HARMONIKOI
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La scuola degli empirici: Abbiamo solo fonti indirette di autori più’ tardi che riferiscono il pensiero di altri senza
presentarlo con il discorso diretto. Una delle più’ antiche fonti e’ papiracea di una trascrizione di un oratore che critica
un gruppo di “harmonikoi“, quasi prendendoli in giro.
- Pap. Hiben: ci dà’ informazioni su questo gruppo di teorici-empirici. Essi sono musicisti che hanno velleità’ di teorici,
ma sono scarsi in entrambi i lati, non sanno cantare o suonare, da un’immagine negativa di questo gruppo di teorici.
- Aristosseno, elementi di armonia: è’ considerato uno dei migliori teorici e anch’esso li denomina Harmonikoi.
Aristosseno dà’ informazioni sulle “compressioni“. Aristosseno critica l’uso degli empirici del Diagramma: il diagramma
era una sorta di unità’ di misura con cui venivano misurati gli intervalli in quarti di tono. Il diagramma fa sì’ che i
quarti di tono formino insieme delle sorti caselline e vi sia una compressione di questi intervalli nel diagramma.
Aristosseno cita questo strumento e spiega che secondo lui la musica doveva essere spiegata in base alle regole
delle precise scale, gli Harmonikoi la spiegavano con la katapiknosis dei diagrammi, in cui mostravano le note lontane
tra loro nel piu’ piccolo intervallo. La grandezza del diagramma e’ di 28 dieseis (quarti di tono) e misuravano le
distanze tra i suoni, concepiti come punti su questa linea, e le distanze tra punti su questo diagramma.
- Platone: secondo lui le parole degli harmonikoi non erano comprensibili alle persone che non erano musiciste. Dà
un nome di un harmonikos e musicista, Stratonico di Atene che da un paio di fonti pare essere stato uno di questi
esponenti degli harmonikoi. Fu il primo che ebbe discepoli tra teorici e inventò’ il diagramma.
Testimonianze su Pitagorici
- Pitagora: abbiamo solo testimonianze indirette. La prima è’ nel “Filolao di Crotone“, frammento che appartiene a
un’opera che non è’ dedicata alla musica ed è’ un trattato sul cosmo e physys. Vi è’ la prima descrizione di una
scala, chiamata “harmonia“ e copre un’ottava. Abbiamo la descrizione degli intervalli consonanti e vengono espressi
i rapporti matematici di questi intervalli. La grandezza dell’ottava e’ formata da una quarta più’ una quinta e distano
un tono tra loro. Dalla corda piu’ alta a quella media c’e’ una quarta, tra la media e la piu’ bassa c’e una quinta. La
quarta e’ espressa dal rapporto epitrito (4:3), la quinta dall’emiolio (3:2), l’ottava dal doppio (2:1). La scala armonica
ha quindi cinque toni e due semitoni minori, la quinta ha tre toni e un semitono minore, la quarta due toni e un
semitono minore.
- Gaudenzio: questi rapporti matematici vengono successivamente discussi anche in epoche più’ tarde. Questo
episodio della vulgata racconta della scoperta di Pitagora, che avrebbe udito dai colpi dei martelli sull’incudine un
risuonare di consonanze e dissonanze e ne verificò’ la causa delle differenze dei due suoni. Pitagora prese una corda
e stabilì’ diverse consonanze in base a dove suonava la corda in base a certi rapporti: ottava (12:6), quarta (12:9),
quinta (12:8).
- Archita di Taranto: contemporaneo di Platone, abbiamo frammenti citati di Profirio che commenta il testo di Claudio
Tolemeo ma che riporta le parole esatte di Archita di Taranto. Non è’ un testo che parla principalmente di musica,
ma di scienze matematiche. L’harmonica e’ subordinata alla matematica. Si puo’ produrre un suono solo con un urto
di cose tra due corpi che si muovono in direzioni opposte. I suoni prodotti da urti rapidi e forti sono acuti, da quelli
lenti e deboli sono gravi.
I Pitagorici e le consonanze: 2:1 = ottava 3:2= quinta 4:3= quarta  rapporti su cui si divideva l’ottava, espressi
sui primi 4 numeri naturali. Formavano il tetrarktys, che i Pitagorici rappresentavano con la figura di una piramide
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equilibrata. Le consonanze sono espresse dall’equilibrio numerico. Approccio della conoscenza della musica attraverso
la matematica. Gli antichi pitagorici pensavano che la musica avesse anche un valore terapeutico perche’ formata
da questi rapporti e equilibri.
L’ARMONICA COME ‘SCIENZA’: Aristosseno di Taranto
Aristosseno e’ il primo teorico musicale che tratta nello specifico argomenti relativi all’harmonia in senso tecnico
senza ricorrere a principi estranei all’armonia, elabora l’harmonike’ come disciplina scientifica con delle sue proprie
regole che spiegano i fenomeni senza ricorrere altri principi esterni. Nato a Taranto intorno al IV sec. A.C da padre
pitagorico Spintaro. Ebbe un’educazione in giovane eta’ di stampo pitagorico, fece dei viaggi, andando prima a Corinto
e poi ad Atene, e fu allievo di Aristotele, e ispiro’ a diventare successore di quest’ultimo, ma invece venne preferito
Teofrasto. Cio’ provoco’ un leggero risentimento. Aristosseno e’ quello i cui interessi musicali sono i piu’ spiccati, tra
le fonti paripatetiche e’ definito come IL teorico musicale. Ha composto circa 450 opere di rotoli di papiri. Dedica piu’
di una di esse all’”harmonika stoicheia”, trattati che definivano le basi di una disciplina, e scrive anche i Rhytmika
stoicheia, ma anche trattati su storia della musica, strumenti musicali, etc, di cui di essi abbiamo solo dei frammenti.
Primo libro – Elementi di armonia
Questo primo libro spiega la composizione musicale e che discipline bisogna studiare per analizzare le varie
componenti di un brano musicale e le armonie. La prima fra le discipline che studiano la musica e’ la scienza armonica,
l’harmonike’, e concerne allo studio delle scale e delle tonalita’. Essa tratta da argomenti che vanno dai suoni fino
alle scale e alla loro dislocazione e il loro modo di modulare. La finalita’ della scienza armonica e’ studiare le
componenti costitutive: suoni, intervalli e scale e tutte le loro articolazioni. Per conoscere la musica non basta pero’
l’harmonica: se conosco le scale ma non so usare i ritmi, si analizza solo una parte del brano.
Altro elemento fondamentale, che Aristosseno chiarisce per primo, sono i criteri dell’indagine armonica: prende in
analisi il lavoro svolto precedentemente dai pitagorici e dagli empirici e ne da’ un’opinione negativa, poiche’ essi non
hanno cercato le regole che disciplinano l’assemblarsi dei suoni basandosi sulle leggi interne alla musica, siccome i
Pitagorici hanno usato le regole della matematica, gli empirici non hanno neanche cercato di dare delle regole vere
e proprie. La phonee, la voce melodica, segue una legge naturale nel suo movimento: i suoni, muovendosi, seguono
delle regole. Bisogna studiare le melodie che rispettano la legge naturale del movimento melodico.
Aristosseno rende la musica una scienza slegata dalla matematica e altre discipline. Essa va studiata come fenomeno
sensibile con l’uso dell’orecchio, per poi analizzarlo con l’uso della mente. Esiste anche il terzo criterio della memoria,
che ci aiuti a percepire il suono presente e ricordare il passato.
La natura melodica della voce
Il compito dell’harmonikos e’ quello di studiare solo quei suoni che vanno a formare una melodia, tutti quei suoni
che sono composti casualmente e non formano una melodia non possono essere oggetto di analisi. Si ha un
movimento melodico sia quando parliamo sia quanto cantiamo, e ne descrive la differenza tra le due. In entrambi i
movimenti ci sono l’acuto e il grave. Nel parlare la voce non si ferma nei punti specifici del suo percorso, ma prosegue
in un movimento continuo, la voce cantata ha un movimento diastematico, ovvero che va per movimenti intervallari.
Queste differenza portano ad avere delle melodie diverse: la voce parlata non fa sentire gli intervalli (diastema),
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esegue piu’ dei “glissandi”, a Aristosseno interessa di piu’ la melodia cantata in cui si ha la scansione dei vari intervalli.
Inoltre in essa si ha il “melos hermosmenon”, ovvero la melodia armonizzata, che rispetta tutte le regole della
musica, scale ed intervalli. Aristosseno e’ il primo che crea un tipo di studio musicale sistematico.
Scala: sostituisce il termine “harmonia” con il termine “systema”, parola piu’ tecnica e neutra.
Dopo aver chiarito il movimento del parlato e del cantato, descrive diversi aspetti del parlato come acutezza/gravita’,
tensione/allentamento.
La struttura della scala secondo Aristosseno
La scala di ottava, formata da una quarta piu’ una quinta, da Aristosseno in poi viene divisa in due “tetracordi”, in
cui il primo e ultimo suono sono a distanza di quarta giusta. Tra i due tetracordi vi e’ un tono di disgiunzione che li
separa. I suoni interni di un tetracordo possono variare in base al genere (gene). I generi sono probabilmente 3: il
tetracordo enarmonico, in cui si ha 1/4 tono, 1/4 tono e 2 toni, il tetracordo cromatico si ha 1/2 di tono, 1/2 di tono
e 1 tono e mezzo, nel tetracordo diatonico si ha 1/2 di tono, 1 tono, 1 tono. I tetracordi si possono associare tra loro
per formare scale piu’ ampie, e possono essere congiunti (hanno una nota in comune) o disgiunti (nessuna nota in
comune). Lo schema che Aristosseno da’ della scala e’ quello del “sistema perfetto non modulante”, uno schema
che copre due ottave, formato da due tetracordi, ognuno diviso con il tono di disgiunzione. Questo sistema serve per
avere una visione di quelle che possono essere le varie specie di ottava, le ottave che si trovano nelle scale si
diversificano in base a dove e’ disposto il tono di disgiunzione. Le specie d’ottava prendono il nome dalle antiche
harmonie (dorica, frigia, lidia, misolodia,etc.. ). Aristosseno introduce il concetto di tonalita’: il modo in cui traspongo
le scale per eseguirle, le tonalita’ prendono a loro volta i nomi etnici del sistema perfetto non modulante.
Le sette parti della scienza armonica secondo Aristosseno
Dall’elemento piu’ piccolo a quello piu’ grande:
- suoni (phthongoi)
- intervalli (diastemata)
- sistemi o scale (systemata)
- generi (gene) (il testo di Aristosseno arriva fino a qui)
- tonalita’ o scale di trasposizione (tonoi o tropoi)
- modulazioni (metabolai)
- composizione melodica (melopoiia)
TEORIA MUSICALE 2
Aristosseno dedica un trattato anche agli elementi della ritmica. Il ritmo e’ componente essenziale della musica.
Originariamente il termine “ritmo, rhytmos” significava “forma”. Le testimonianze su cosa fosse il ritmo e su come
esso sia diverso dal metro ce lo dicono fonti antecedenti ad Aristosseno, su cui poi ci dedichera’ un trattato intero.
La prima e vera definizione di ritmo che possediamo e’ in Platone, nelle Leggi. Il ritmo e’ la scansione ordinata del
movimento, articolazione di chronoi che si riproducono secondo un pattern e danno forma alla melodia. I trattatisti
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distinguono come nel parlato il ritmo sia determinato dalle sillabe, nella melodia invece e’ dato dalla ARSI e dalla TESI.
Il primo teorico che si dedica alla trattatistica e’ Aristosseno attraverso gli Elementi ritmici e altre citazioni di altri
teorici.
Aristosseno, Elementi di ritmo
Per Aristosseno ci sono due concetti differenti di ritmo, ovvero il ritmo stesso e cio’ a cui viene dato ritmo. Il ritmo
ha un certo ordine dato ai Chronoi, in cui vi e’ l’ordinamento dei movimenti, e si concentra sul ritmo applicato alla
melodia.
Aristide Quintiliano Sulla musica 1,13
Riporta la definizione di ritmo secondo Aristosseno: il termine rhytmos e’ usato in tre ambiti, per descrivere dei corpi
privi di movimento (statue), di tutto cio’ che si muove (le arti coreutiche) e specificatamente tutto cio’ che si muove
della voce. Il ritmo e’ quindi un sistema di durate (chronoi), articolate secondo un certo ordine (taxis). Quando si parla
di ritmo si devono includere anche le pause e i silenzi. L’arsi e la tesi sono il levare e il battere, che formano la
caratteristica di un brano. L’arsi e’ il movimento di una parte del corpo verso l’alto, mentre la tesi e’ il movimento di
una parte dello stesso verso il basso. La ritmica e’ quindi quella scienza che si occupa dell’insieme di tutti questi
elementi: essa deve essere applicata a un campo (la voce), deve avere un ordine ed e’ caratterizzato da arsi, tesi e
silenzio.
La scienza ritmica secondo Aristosseno
1. Tempo primo (protos chronos): si formula il principio di unita’ di misura ritmica che non coincida con la sillaba
del testo. E’ l’unita’ di misura di ogni esecuzione musicale, cambia in base al brano da eseguire.
2. Generi podici (gene podika): piu’ comunemente detti generi ritmici. Essi sono il pari (2:2, l’anapesto) il doppio
(2:1 giambo), e l’emiolio (3:2, cretico). Si distinguono dal rapporto tra i numeri di tempi in battere e quelli in
levare
3. Rhythmike’ agoge’ o “andamento ritmico”
4. Metabolai (modulazioni), mutamenti di ritmi o di andamento
5. Rhythmpoiia (ritmopea): consiste nella capacita’ costruttiva del ritmo
Generi podici:
- Genere ritmico doppio: il rapporto ritmico interno tra tempi in tesi e tempi in arsi e’ doppio (trocheo e giambo); -
U/u-
- Genere ritmico pari: il rapporto ritmico interno tra tempi in tesi e tempi in arsi e’ pari (dattilo e anapesto); -U U/U
U-
- Genere ritmico emiolio: il cui rapporto ritmico interno tra tempi in tesi e tempi in arsi e di 3:2 (cretico e peone); -
U-/UU U -; - U UU; UU U UU
La categoria del genere pari, dattilico, inizia da una agoge di 4 tempi, ed aumenta fino a 16 tempi, di modo che il
piede maggiore e’ quattro volte piu’ grande del piu’ piccolo

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Il genere doppio, giambico, parte da una agoge di 3 tempi, aumenta fino a 18 di modo che il piede piu’ grande e’ di
6 volte maggiore del piu’ piccolo
Il genere emiolio, peonico, inizia da una agoge di 5 tempi, aumenta fino a 25 di modo che il piede piu’ grande e’ 5
volte maggiore piu’ del piccolo.
Piede ritmico diverso da quello metrico, e’ il mezzo attraverso cui individuiamo il ritmo e lo rendiamo chiaro alla
percezione. Aristosseno insiste sulla teorizzazione del ritmo non sovrapponibile sulla sillaba come unita’ di misura.
TEORIA MUSICALE 3
I Pitagorici – Aristosseno
Aristosseno, essendo suo padre un pitagorico, conosce bene il mondo dei pitagorici, scrive dei testi che raccontano
dei pitagorismi durante il IV secolo. Un frammento testimonia come i pitagorici usassero la musica per trarne benefici
terapeutici. Una delle fonti piu’ importanti per quanto riguarda l’effetto terapeutico della musica e’ “la vita pitagorica”
di Giamblico. Con la musica si poteva procurare la “catarsi”, katharsis, termine che dava il nome alla cura operata per
il tramite della musica. Spiega le funzioni dei vari tipi di musica che effettua per la purificazione dell’anima. Questa
purificazione per i pitagorici avveniva in diversi modi:
- A primavera si metteva in mezzo un suonatore di lyra, quelli seduti cantavano i peani che procuravano gioia,
armonia, ordine interiore
- a seconda dell’effetto voluto vi erano diversi tipi di musica. Per ballare i pitagorici preferivano la musica della Lyra,
mentre l’aulos veniva considerato adatto alle feste popolari e “indegno di uomini di condizione libera”.
Viene raccontato un famoso episodio dell’effetto magico che puo’ avere la musica sulle emozioni: e’ spesso attribuito
a Pitagora ed e’ una storia che serve come paradigma. Si racconta come Pitagora fosse riuscito a placare, grazie a
un’aria solenne in uso in occasione delle libagioni eseguita da un auleta, la furia del giovane ubriaco Tauromenio. La
melodia frigia gli aveva tolto i freni inibitori, facendolo impazzire, rischiando di far appiccare fuoco alla porta di casa
di un rivale in amore. Pitagora ordina all’auleta di passare all’aria solenne di libagione, e Tauromenio si placo’
immediatamente. La musica ha quindi un effetto immediato e ha il potere di portare l’equilibrio all’interno della
psyche della persona, laddove precedentemente un’altra melodia di ritmo aveva portato il non-equilibrio.
L’intera scuola pitagorica usava quindi questa corrispondenza diretta tra certe forme di musica e i loro effetti per
preparare, armonizzare e correggere certi stati d’animo, per poi disciplinare il loro uso per uno scopo pratico preciso.
La forma di musicoterapia usata dai pitagorici sembra di essere di tipo “allopatico” e suscitasse “epoide”, un “canto
di guarigione”.
Platone Repubblica 3
Il passo piu’ famoso che spiega la funzione terapeutica sulle emozioni e sull’animo della musica e’ il passo della
Repubblica del terzo libro. In questo libro si parla della categorie di persone dei guardiani, i philakes, quella categoria
di cittadini che deve controllare che tutto avvenga nella maniera nello Stato ideale, e debbano avere una educazione
che permetta loro di capire cosa e’ buono da cosa e’ cattivo. Questa educazione non deve passare per vie troppo
teoriche, ma e’ un’educazione di tipo pratico che si basa sulla musica e sulla ginnastica. La musica per l’animo e la
ginnastica per il corpo. Parlando dell’educazione musicale si parla della funzione che la poesia deve avere nei cittadini.
20
La poesia e’ formata da logos, harmonie, e rhytmos. Lo spazio maggiore e’ dato al logos, al contenuto della poesia,
che deve essere narrativa e non imitativa. Platone fa una selezione delle armonie e ritmi da insegnare a questi
guardiani.
- Armonie Lidie (misolidia e sintonolodia): armonie “lamentose”, sono armonie che ammoliscono l’animo di chi le
ascolta, e quindi non bisogna usarle
- Armonie molli (malakai) e armonie conviviali (sympotikai): la ionica e la lidia, sono armonie “rilassate”, e neanche
queste non servono ai guardiani
- Armonia dorica e frigia: sono le uniche selezionate e conservano una mimemis, in cui la musica ha carattere
mimetico. Quella dorica imita un uomo coraggioso ed esprime le virtu’ di coraggio e fermezza, quella frigia invece
porta temperanza, equilibrio, bilanciamento.
Questa definizione ha suscitato dibattiti, Aristotele afferma che Platone sbaglia a tenere la frigia nell’educazione dei
guardiani. Per Platone la musica puo’ essere solo educativa ma puo’ anche purificare l’uomo portandolo alla
temperanza e ritrova queste caratteristiche nell’armonia frigia, nell’effetto a lungo termine. L’aulo va bandito dalla
repubblica ideale, per i cittadini si suona la lira e la cetra, per i pastori nei campi potrebbe esserci la syrinx. Lo stesso
discorso vale per i ritmi, bisogna cercare i ritmi che seguano una vita ordinata e coraggiosa. I generi ritmici da cui si
formano i metri sono tre, e spiega una corrispondenza tra i generi ritmici e il modo di vivere. Spiegare questa
funzione mimetica della musica e’ complesso. Viene quindi passata la parola a Damone, personaggio molto presente
nell’opera di Damone. Fu un personaggio che ebbe incarichi politici, vissuto nella meta’ del V secolo, una generazione
prima di Platone. Fu consigliere di Pericle e le fonti dicono che fu lui a consigliare a Pericle di costruire l’odeion, in
quanto esperto di musica. Il ritmo e l’armonia si regolano sulla parola (logos), non la parola su di loro. Il ritmo non
deve variare la metrica del testo e la melodia seguire l’andamento del testo.
Platone Repubblica quarto libro
Nel quarto libro da’ la sua definizione della tripartizione dell’animo. La capacita’ mimetica della musica ha delle funzioni
su queste divisioni dell’animo e come le immagini musicali siano efficaci nel descrivere il potere che ha la musica
sull’anima. La fusione di musica e ginnastica riesce a mettere d’accordo la parte razionale ed emozionale dell’anima
e crea un equilibrio tra le sue componenti. La molteplicita’ di questo anima viene armonizzata con le tre componenti
della harmonia musicale, la nete, hypate e la mese, e tutte le note ad esse intermedie, diventando un individuo unico
armonico.
Platone Leggi 2
Sono l’altro dialogo platonico in cui si parla di educazione musicale. Siamo nel secondo libro in cui si presenta un’ideale
di stato piu’ concreto rispetto a quello che c’e’ nella Repubblica. Anche la trattazione della musica e’ piu’ ridimensionata
e volta agli aspetti piu’ pratici, in cui si preoccupa della selezione dei generi che vanno suonati nello stato. Il bello in
musica lo si trova nel ti to kalon, termine che indica la bellezza a 360 gradi che contiene anche delle componenti
etiche, oltre che estetiche. La concezione della mimetica della musica e’ elemento fondamentale come virtu’. Il piacere
e’ importante solo se subordinato ad una funzione. Chi dovra’ essere un buon giudice delle arti imitative dovra’:
- saper riconoscere la natura dell’oggetto rappresentato, l’oggetto mimetico
21
- saper riconoscere quanto correttamente sia stata riprodotta una rappresentazione (correttezza rappresentazione)
- quanto bella e’ la rappresentazione eseguita tramite le parole, melodie e ritmi.
Un elemento fondamentale per produrre una rappresentazione musicale che sia bella e’ nel saper mettere insieme
le varie componenti mimetiche selezionandole in base a un unico oggetto di mimesi (il logos). Egli condanna la
rappresentazione citaristica-auletica perche’ senza il logos si rischirebbe di confondere l’oggetto mimetico.
Valutazione dell’arte per scopi educativi portano ad una valorizzazione delle armi mimetiche quando subordinate ad
una funzionalita’.
Aristotele Politica
Ha un interesse nei confronti della realta’ con l’uso dei nostri sensi con una visione piu’ ampia rispetto a Platone. La
valenza della musica nell’educazione e’ dichiarata in un suo passo della Politica, in cui nell’ottavo libro parla a riguardo
dell’educazione del cittadino. Egli inizia partendo da un presupposto molto simile a quello Platonico. Per egli
l’educazione puo’ avvenire attraverso un apprendimento e insegnamento per abitudine. Rispetto al modello platonico,
in cui alla base ci sono come discipline la ginnastica e la musica, Aristotele ne aggiunge delle altre come la grammatica
o il disegno. Si sofferma soprattutto sulla musica in quanto oggetto di dibattito sulla sua valenza educativa, e si
sente in dovere di difendere riconoscendone la sua validita’ educativa, concentrandosi agli aspetti piu’ tecnici, melodici
e ritmici, e delineandone altre funzioni diverse da quella educativa, e quindi, essendo la funzionalita’ diversa, si
possono usare altre harmonie e forme musicali. Ritiene importante l’educazione del cittadino alla musica perche’
liberale e bella. Essa ha tre funzioni: paideia, paidia, oiagobe (educazione, divertimento, intervallo intellettuale).
Aristotele rivendica la capacita’ mimetica della musica delle emozioni, anche grazie all’uso di vari tipi di scale. Il
cittadino deve essere educato alle virtu’ e al sapere, alle melodie e ritmi e quale tipo di strumento bisogna suonare
per compiere il proprio studio: l’aulo e la cetra sono esclusivi ai professionisti nelle gare musicali, e inoltre l’aulo non
permette l’uso della parola mentre si suona. Lo strumento ideale e’ la lira. Nelle arti visive abbiamo dei disegni che
ci rimandano ad una emozione: la musica invece e’ la piu’ mimetica di tutte perche’ riesce ad esprimere un carattere
(ethos) anche senza l’uso della parola (logos). E’ un’arte in divenire, che si svolge nel tempo, e quindi espressiva di
un ethos, ed imita caratteri (ethe), emozioni (pathe) e azioni (praxeis).
Aristotele Problemi
Registrazione dei vari discorsi formulati nella scuola aristotelica sotto forma di domanda-risposta di svariati
argomenti. Il libro 11 e 9 sono dedicati alla musica. Il primo sull’acustica e il secondo su trattazioni musicali di vario
tipo di stampo pratico. In un passo si chiedono come la musica, con l’uso esclusivo della melodia, ha lo stesso un
ethos. La musica e’ un’arte in divenire poiche’ ne percepiamo i movimenti, con note articolate nel tempo e in base a
un ritmo. L’andamento musicale diventa simile all’azione in quanto oggetto in movimento. I ritmi e le melodie hanno
un rapporto di somiglianze con le diverse disposizione dell’animo, in quanto implica un ethos.
Aristosseno e il giudizio musicale
Troviamo fonti sul suo giudizio dal trattato “Sulla musica” di Plutarco. Aristosseno non sembra interessarsi al
referente mimetico della musica, concentrandosi solamente sugli aspetti tecnici. L’ethos non e’ collegato a nessuna
emozione, ha delle caratteristiche tecniche: e’ un tipo di combinazione (synthesis) e mescolanza (mixis), o entrambi,
di alcuni elementi. Cambiando una di queste componenti cambio carattere musicale. Si concentra sugli aspetti tecnici
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anche nella riflessione del giudizio musicale. Anche la musica strumentale poteva avere un referente testuale o ad
una storia/contenuto. Nell’incipit del nomos di Atena c’era il genere enarmonico intonato nella tonalita’ frigia e
mescolato con il pleone epibato. Il peone epibato e’ una variante del peone che aveva i tempi raddoppiati, con una
diversa agoge’. Per ottenere il giudizio del carattere di un giudizio musicale bisogna mettere in campo le due proprieta’
principale su cui Aristosseno instiste: la percezione dell’orecchio (aisthesis) e il ragionamento (dianoia). Gli elementi
minimi che colpiscono sempre l’udito in modo contemporaneo (homou) sono la nota, la sua durata e la sillaba/suono
di una lettera. Bisogna imparare il concetto di continuita’-synecheia per poter acquisire una capacita’ critica di
carattere tecnico (kritike dynamis).
NOTAZIONE E FRAMMENTI 1
Nella civilta’ greca la composizione e trasmissione era originariamente messa a disposizione oralmente, solo dopo
si applica un principio di notazione. I primi documenti li abbiamo non prima del III secolo a.C, e sono spesso papiracei.
La scrittura musicale probabilmente nasce dal V secolo.
Aristosseno Elementi di armonia p. 49
La prima attestazione sulla notazione musicale la troviamo in un passo di Aristosseno. Cita la scrittura musicale
proprio per dire che non fa parte della scienza harmonica chiamandola parasemantike techne, ovvero “l’arte di porre
i simboli sopra/accanto”. Aristosseno da’ una descrizione di essa come un modo di segnare esclusivamente le
grandezze intervallari, un po’ come facevano gli harmonici sul loro diagramma.

Aristide Quintilliano Sulla musica 2


Si ha un’altra fonte di un sistema di notazione molto antico nel trattato Sulla musica di Quintilliano, del III-IV secolo
a.C. Aristide Quintilliano si assume possa essere un greco con accesso ad una biblioteca romana. Fa riferimento ad
un sistema di sillabe che serve ad identificare la funzione delle note nella scala e adatte per un uso della pronuncia
adeguato per la melodia. Sceglie quattro delle sette vocali greche che sono piu’ propense alla pronuncia della melodia,
quelle piu’ disposte al prolungamento da parte della voce melodica, e furono utilizzate per rappresentare le note. La
e breve indica la proslambanomenos, poi il tretacordo comincia con un suono fisso, due mobili e poi un altro fisso, e
infine ancora due mobili e l’ottava.

Documentazione iconografica

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Vaso che si “appoggiava” al ginocchio. Una donna sta suonando una salphinx e ci sono delle sillabe scritte. E’ stato
considerato come testimonianza di cio’ che ha spiegato Quintilliano secoli dopo.
I sistemi di notazione melodica nel mondo greco
La notazione musicale attestata nelle testimonianze e’ un sistema che usa lettere dell’alfabeto per indicare la
funzione delle note nell’ambito di un sistema. Le fonti che ci permettono di trascrivere frammenti musicali sono
fonti teoriche, cioe’ testi in cui si hano tavole di notazione divise per tonalita’ moltiplicate per i tre generi. La fonte
con cui siamo capaci di consocere la notazione melodica sono le tavole sinottiche di Alipio di Tagaste, teorico del tardo
IV-V secolo d.C. Ci sono due serie: una per la notazione vocale e una per quella strumentale. I brani in cui abbiamo
entrambi i simboli sono pochissimi. La maggior parte di queste testimonianze scritte sono papiracee e non di bella
copia, non pensate con la finalita’ di lasciarla ai posteri.
La notazione vocale consiste nelle lettere dell’alfabeto. L’alfabeto ionico copre il registro centrale, per le note piu’
acute ancora lo ionico con l’aggiunta di un “apice”, per il registro piu’ grave ancora l’alfabeto ionico ma con le lettere
modificate. La notazione strumentale consiste invece in lettere “distese” e “rovesciate”: i simboli sono quindi
organizzati in triade, che corrispondono al piknon, al tetracordo diatonico. La notazione e’ su base funzionale del
sistema di riferimento, lo stesso simbolo puo’ indicare altezze diverse.

La notazione ritmica
La notazione per lettere, a meno che abbia un testo, non da’ un’indicazione ritmica. Il sistema di notazione ritmica
e’ formato da delle “makrai”, delle linee e possono essere a 2,3,4,5 tempi.

Stile sillabico: per ogni lettera si ha un simbolo di una nota. Non ha valori ritmici poiche’ esso stesso prende il valore
della sillaba scritta
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Stile melismatico: si hanno piu’ note in una sillaba, si ha un trattino sopra al simbolo della nota per indicare di che
tempo e’ fatto.
Pause musicali: la musica è’ fatta anche di pause. C’e un simbolo anche per indicare le pause e si chiama “leimma”:
. Gli ultimi due simboli che possiamo trovare: stigme’, indicava le note in arsi, la hyphen serviva a
raggruppare piu’ note su una stessa sillaba.
La documentazione di musica scritta la si trova maggiormente in papiri egizi o in iscrizioni su pietra. Un caso in cui
troviamo un’iscrizione su pietra e’ l’Epitaffio di Sicilo (II sec. D.C.) e ci permettono di avere dei documenti piu’ integri
di quelli papiracei. Altre fonti a noi pervenute sono testimonianze scritte in manoscritti o in codici medievali-
rinascimentali. Fino alla fine del ‘500 non si conosceva una nota della musica greca. Le prime musiche scoperte sono
4 composizioni di Mesomede di Creta, un citareta di cui Vincenzo Galilei ne pubblico’ i 4 brani scoperti.
Epitaffio di Sicilo
Iscrizione su una pietra funebre trovata sulle coste della Turchia. E’ oggi conservata al museo di Copenhagen. Ci sono
una serie di versi iniziali che introducono quello che viene dopo, e la pietra si presenta. Poi ci sono una serie di versi
corredati di segni musicali, e a loro volta hanno o le stigme o le hypen. Si hanno simboli della tonalita’ ionica di
genere diatonico, ma specie d’ottava frigia: T S T T T S T. Ha una articolazione ritmica molto precisa e schematica,
con tre tempi in battere e tre in levare: e’ un genere ritmico pari con un andamento giambico: e’ un “dattilo di forma
giambica”. L’andamento melodico degli accenti non e’ rispettato completamente: ad esempio nell’attacco la seconda
sillaba dovrebbe essere eseguita al grave, mentre in realta’ viene eseguita in acuto.
Papiro di Vienna G 2315 (III-II sec. A.C.)
Papiro conservato a Vienna, datato tra III-II secolo a.C. Ci sono sia notazione strumentale sia vocale, quella strumentale
e’ al livello del testo. I versi di questo papiro sono i versi di Euripide, l’antistrofe del primo stasimo dell’Oreste. Il testo
e’ strutturato per essere strutturato in pattern ritmici. Il ritmo e’ un ritmo in docmi, spezzato dall’inserimento di
alcune note musicali, di cui secondo alcuni indica l’accompagnamento che il canto aveva, altri sostengono sia un
intermezzo musicale. Abbiamo per quanto riguarda la notazione vocale i simboli della tonalita’ lidia
enarmonica/cromatica, di cui abbiamo la sigma e due piknon. I simboli che troviamo in questo documento
corrispondono alle armonie frigia e dorica, citate da Aristide Quintilliano con una descrizione di struttura intervallare
piu’ antica.
Platone, Leggi 7
Parla di cosa gli strumentisti non dovrebbero fare secondo lui, tra queste critica il comportamento degli strumentisti
quando accompagnano la voce di aggiungere altre note non seguendo la melodia originale. La parola usata per
indicare cio’ e’ heterophonia (suonare ALTRO).
Pseudo-Aristotele, Problemi

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L’argomento non e’ come si esegue l’accompagnamento, ma il piacere musicale, delle consonanze, e del dispiacere
delle dissonanze, conferma la critica di Platone. Gli strumentisti accompagnatori devono iniziare e finire con la stessa
melodia del cantante, ma all’interno di essa puo’ essere variata a piacimento dello strumentista.
NOTAZIONE E FRAMMENTI 2
Uno dei documenti piu’ antichi trovati a fine Ottocento durante gli scavi nel santuario di Delfi, sono due iscrizioni che
riportano due inni religiosi in onore di Apollo. Furono eseguiti da un organico di 39 uomini. Gli inni erano sulle parete
laterali, sono frammentari ma comunque estesi per permettere un’iscrizione, in cui si ha il testo e i simboli delle
note musicali. Uno e’ di un autore ateneo e l’altro di un autore limenio.
Ateneo Peana
Abbiamo molte informazioni sul pellegrinaggio effettuato dagli ateniesi. I due inni delfici sono due brani vocali. Il
peana dell’ateneo usa la notazione vocale, quello limenio in notazione strumentale siccome era uno strumentista e
usava la scrittura che conosceva meglio. Per quello ateniese, la scrittura non presenta l’aggiunta di simboli di tipo
ritmici. Il valore ritmico e’ dato dal testo, e il ritmo e’ di cinque tempi, emiolio. Dal punto di vista melodico la tonalita’
usata e’ quella frigia, tetracordo sol-la-do e il secondo che va da re-mi-sol. L’andamento sembra pero’ piu’ tricordale
che tetracordale. Nella seconda parte si inseriscono tetracordi cromatici, con intervalli piu’ piccoli. Essendo un inno
religioso, porta l’ode al dio, con l’invocazione alle muse guidate da Apollo.
Venetus Marcianus
Documentazione musicale che ci e’ pervenuta tramite trattati di teoria musicale manoscritti. I trattati de musica
scripta Bellermanniana contiene degli esempi musicali quando si tratta l’argomento della ritmica. Questi esempi
musicali sono una testimonianza preziosa per quanto riguarda la notazione musicale e i diversi ritmi musicali.
Vincenzo Galilei – Dialogo della musica antica e della moderna
Importante perche’ raccoglie i primi brani musicali greci conosciuti in epoca moderna. Vincenzo Galilei ebbe questi
brani dal letterato Girolamo Mei, trovati insieme a dei trattati teorici. Galilei non conoscendo la lingua non trascrive i
brani e le musiche trovate. Questi documenti trovati sono stati attribuiti al compositore Mesomede di Creta, un
citarodo greco all’epoca di Adriano. Grazie all’identificazione si poterono unire queste musiche trovate alle sole poesie
e componimenti di essi trovati in precedenza. I quattro brani di cui abbiamo sono di natura diversa: due sono inni
religiosi, forse di eseguimento solista, gli altri sono inni ma sono in realtà invocazioni alle muse.
Inno a Calliope e Apollo: questi due inni hanno la funzione di invocazione alle muse che diano il canto al poeta. Questi
canti iniziali servivano forse per ottenere l’attenzione del pubblico per indicare che il compositore stava per
cominciare la sua performance, oppure per far intonare i vari coreti. Abbiamo il testo con le note, con una scrittura
e andamento melodico semplice.
Idem Inno alla Musa.
Mesomede, Inno al Sole: Inno dedicato al Sole, al Dio Apollo. Inizia con una invocazione alla divinita’ e successivamente
a elementi mitici. Il valore ritmico delle note equivale al valore prosodico delle parole. Non ci sono modulazioni e usa
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la tonalita’ lidia di genere diatonico. Ha un ritmo pari, anapestico. Contiene una scritta senza notazione musicale che
precede l’inno, sembra l’invocazione che prelude all’inno vero e proprio. E’ preceduto da un solo simbolo, “C”, stesso
simbolo con cui inizia l’inno, e si presume indichi che l’inno sia intonato da un capocoro su un’unica nota per preparare
l’epifania della divinita’ ma anche per dare la prima nota al coro.
Pap. Berlin 6870
Papiro che contiene un peana e un brano strumentale. Sono brani che hanno delle particolarita’ dal punto di vista
ritmico. Il peana e’ in onore di Apollo e ha dei gruppi di note posti sulla stessa sillaba, e’ stato ipotizzato da questi
melismi che sia stato eseguito solisticamente e non da un coro. Nel testo greco si hanno tutte sillabe lunghe, in
alcune si ha il trattino che le trasforma di due tempi, il simbolo di makra dikonos si e’ ipotizzato indicassero un
raddoppiamento doppio del suono. Pare che il raddoppio delle quantita’ sia testimoniato da questo papiro, si ipotizza
che i due tempi si trasformino in quattro tempi.
Il secondo documento e’ puramente strumentale, e il tipo di scrittura particolare ha fatto ipotizzare che ci possa
essere quel ritmo allungato che nelle fonti veniva chiamato peone epibato e che aveva tesi lunga, arsi lunga, tesi di
2 lunghe, arsi lunga, secondo Aristide Quintiliano. Aveva quindi un raddoppiamento di tesi.
L’ETA’ ELLENISTICA: L’ASCESA DEI VIRTUOSI
Il linguaggio musicale continua a svilupparsi e a farsi piu’ complesso con l’andare avanti nel tempo. Tra fine V e IV
secolo c’e’ una serie di nomi di compositori, musicisti, fonti sull’innovazione degli strumenti musicali, giudizi teorici,
e fonti diverse con scopi diversi indicano come il linguaggio musicale subisca una trasformazione importante. Nella
seconda parte dell’eta’ classica si inizia a preparare quello che nell’eta’ ellenistica diventera’ un fenomeno
inarrestabile, e cioe’ l’ascesa dei virtuosi, in cui gli strumentisti piu’ abili cominciano a possedere una grande fama
sia in campo teatrale sia strumentale, e si iniziano a creare delle corporazioni di artisti che devono rispondere alle
domande sempre piu’ frequenti di specialisti che aiutino a organizzare festival, etc.
Le innovazioni musicali tra V e IV sec. A.C.
Tra V e IV sec. la musica e il linguaggio musicale incominciano a cambiare. Uno dei documenti piu’ citati nella
manualistica e conosciuti si ha in un frammento comico (Ferecrate comico) in cui nella finzione scenica la musica e’
personificata da una donna che si lamenta delle violenze subite da alcuni musicisti. Ci da’ informazioni su chi era la
figura del musicista e su cosa si concentra la loro rivoluzione musicale.
Timoteo Persiani
Raccontava l’episodio delle guerre persiane. In un punto specifico di questo nomos c’e’ una dichiarazione da parte
del poeta del suo modo di fare poesia. Egli rivendica il suo nuovo modo di fare poesia, siglando la sua opera con lo
sphragis, “sigillo”. Nel momento in cui descrive il suo modo di fare musica egli cita metri e ritmi endecacordi.
Aristofane Rane

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Sulle caratteristiche in campo teatrale di altri poeti come Euripide, abbiamo la descrizione del suo modo di fare musica
nelle Rane di Aristofane. Qui viene criticato perche’ non rispetta piu’ l’antica tradizione ma incorpora in un linguaggio
musicale nuovo elementi che derivano anche da tradizioni diverse.
Le corporazioni di artisti, technitai, raccolgono insieme persone che fanno questo mestiere per rispondere alle
esigenze del mercato in modo piu’ evidente. Uso di contratti tra le poleis e le corporazioni di artisti per
l’organizzazione dei vari festival e gli agoni. Interessante come cambia dal punto di vista organizzativo la gestione
delle produzioni musicali.

Ateneo I sofisti a banchetto


Altra testimonianza che conferma la crescente fama dei diversi musicisti. Si racconta di un antico Amebeo, vissuto
nel III sec, durante la sua permanenza ad Atene, si presentava a cantare mostrasse il suo enorme talento. Viene
citato in un altro passo Stratonico, citarodo che si riferi’ a dei personaggi dello sfondo musicale.
FORME PRINCIPALI DI SPETTACOLO TEATRALE IN ETA’
ELLENISTICA E ROMANA
Le principali forme musicali in eta’ ellenistica e romana, oltre alle tragedie e commedie (nuove e di repertorio), vedono
la nascita del “teatro antologia”, ovvero quelle rappresentazioni dei virtuosi di cui non eseguono l’opera intera, ma
solo delle parti estrapolate. Di queste informazioni ne abbiamo fonti in quei documenti papiracei precedentemente
citati. Altre due forme sono il pantomimo e il mimo, forme di spettacolo teatrale diversi da quello che erano la
tragedia e la commedia. Abbiamo descrizioni su come funzionasse il genere del pantomimo
Pantomimo: ha origine nel mondo greco, nell’egitto elennizato di eta’ ellenistica, ma poi ha la sua piu’ larga diffusione
nel mondo romano nel I secolo grazie ai due pantomimi Pilade e Batillo. Diventera’ la forma di spettacolo piu’ famosa
nell’eta’ imperiale romana. Il pantomimo era un solista che realizzava da solo danzando tutte le parti di una storia,
indossando una maschera che aveva la bocca chiusa, in quanto il mimo non cantava, si esprimeva solamente
danzando. L’aspetto mimetico realizzato dal pantomimo era una mimesi costruita dai soli passi di danza. Vi era
un’orchestra che suonava e un coro che cantava, ma la storia era costruita solo dalle gestualita’. Il testo piu’ famoso
che ci parlava di pantomimo e’ il trattato “Sulla danza” di Luciano. Nel mondo romano il genere del pantomimo viene
chiamato anche “tragedia danzata”, siccome i temi erano quelli ricorrenti della tragedia. Demetrio accusava l’arte del
pantomimo sostenendo che esso fosse solo “una specie di appendice dell’aulos, delle syringes e delle percussioni”,
ovvero degli strumenti che lo accompagnavano. Oltre agli strumenti citati vi sono anche i kymbala e il “colpo di
piedi”, ovvero lo “scabellum”, che era una sorta di calzare con un intercapedine di metallo che serviva a battere il
tempo. Alcune fonti dicono che era di uso dell’auleta per dare il tempo ad altri strumenti.
Mimo: Termine che indica un tipo di spettacoli al cui interno si possono indivudare altre tipologie. L’elemento stesso
indica un processo mimetico con piu’ personaggi che interagivano, erano forme prevalentemente recitare dove la
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musica aveva un ruolo di accompagnamento. Le testimonianze piu’ interessanti sono quelle papiracee che
contengono una serie di simboli che indicano i diversi effetti sonori e strumenti utilizzati. Si ha quindi un uso della
musica come “effetto speciale” dello spettacolo e di intrattenimento.
LA MUSICA NEL MONDO ROMANO
I contesti in cui si fa musica in eta’ ellenistica e nel mondo romano sono i cosidetti “ludi”, una serie di spettacoli
legati a un contesto religioso di dimensione pubblica. Dall’eta’ ellenistica ha una connotazione religiosa minore e
meno sentita, in cui conta di piu’ l’elemento della propaganda e dell’offrire alla cittadinanza forme spettacolari. Una
delle feste piu’ importanti furono i Ludi Romani per Giove Capitolino, di cui Tito Livio racconta come vennero istituiti i
primi ludi scenici nel 364 a.C. I ludi romani venivano aperti dalla “pompa circense”, una sorta di processione che
avveniva solitamente nel circo e che permetteva un’ampia partecipazione del pubblico e che comprendevano gare
sportive e corse di carri e cavalli e che prevedevano un accompagnamento musicale. Dal 240 a.C. si aumenta lo
spazio dato alle forme di spettacolo con l’introduzione di commedie e tragedie alla greca.
Livio, Ab urbe condita (sull’istituzione scaenici)
Si parla dell’istituzione dei lidi scenici. Il motivo per cui vengono istituiti fu quello di placare l’ira di una divinita’, dando
anche una sacralita’ all’origine del teatro. Vengono citate due forme che non erano di origine romana, ovvero le
Fescennini, una forma improvvisata italica, che viene superata poi dalle satire (forma che aveva diversi metri e ritmi
musicali), in cui si aveva un maggiore elemento di codificazione rispetto alle Fescennini. Alcuni anni dopo vengono
importate le forme della tragedia e commedia dal mondo greco, in cui si ha il valore aggiunto di storie compiute.
Dopo questo incontro con il teatro greco la rappresentazione si sposto’ dalla comicita’ e dallo scherzo sfrenato e lo
spettacolo si trasformo’ a poco a poco in vera e propria arte.
La tragedia e commedia romana
Le forme che abbiamo conosciuto nel contesto greco (tragedia e commedia) le si trovano anche nel mondo romano.
Si hanno la tragedia/commedia “alla greca” e “alla romana”. Quelle alla greca sono traduzioni di testi adattati alla
lingua latina e modificati con qualche particolare romano, in cui la rappresentazione ha sfondi e particolari romani
(cothurnata per la tragedia e togata per la commedia). La praetexta (tragedia) e la togata (commedia) sono tragedie
e commedie romane, e che quindi raccontano trame legate al mondo romano. Le rappresentazioni riprese dal mondo
greco sono divisi in parti cantate (cantica in versi lirici) e recitate (deverbia in senari giambici). Nella commedia alla
greca non ci sono piu’ interventi corali. I teatri romani hanno una struttura circolare piu’ piccola e un palcoscenico
piu’ prolungato. Particolare e’ l’anfiteatro in cui si svolgevano gare sportive e combattimenti spesso accompagnati
musicalmente con uso della tuba, hydraulus (organo idraulico) e del cornu. Tra i vari spettacoli venivano eseguite
quelle che venivano chiamate le “venationes”, combattimenti contro gli animali che venivano importati dalle
conquiste delle province africane e venivano fatte combattere con altre persone. Oppure le naumachiae, i
combattimenti navali che avvenivano riempendo d’acqua la base dell’anfiteatro.
Vitruvio Architettura 5, paragrafi 3

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Scritto di Vitruvio che testimonia la trasformazione del teatro romano rispetto a quello greco. Si da’ particolare enfasi
agli aspetti dell’acustica del teatro, che deve favorire le rappresentazioni eseguite all’interno di esso. Tutte le regole
teoriche dell’harmonia sono applicate ad elementi pratici riguardante l’acustica.

Quintilliano, Istituzione oratoria 10


Uno degli aspetti piu’ interessanti della cultura romana in cui si parla di comunicazione nell’utilizzo della musica e’
l’oratoria, in cui il parlare in pubblico comportava una serie di regole che erano dedicate a disciplinare la tonalita’ della
voce, a disciplinare la gestualità’ e questi elementi erano elementi che nella riflessione teorica vengono dati una
serie di precetti per l’intonazione della voce e tutta quella serie di aspetti della retorica che si chiamava “pronutatio”,
la parte libera della performance. Aristotele nella sua Retorica aveva relegato la parte di quella che in greco si chiama
“hypocrisis” (recitazione) a un elemento che non era facile disciplinare, in cui si dice che la hypocrisis e’ un insieme
di precetti che l’oratoria condivide con la recitazione, e’ difficile da disciplinare, la voce deve essere forte/debole ma
deve avere anche un certo andamento melodico in cui deve regolare il volume, il ritmo e l’armonia. La musica e’
importante nell’uso della voce e nell’uso delle gestualita’, del corpo. Il tonarium era uno strumento a fiato che dava
l’intonazione durante l’oratoria dell’attore.
Quintilliano, Istituzione oratoria 11
Parla della parte della retorica che tratta della comunicazione. Nella tradizione romana gli aspetti legati alla
comunicazione, e quindi all’intonazione della voce e soprattutto alla gestualita’ diventano sempre piu’ disciplinati. La
recitazione e’ divisa in voce e gesto, la voce agisce sulle orecchie e il gesto sugli occhi. Il gesto si adatta alla voce e
deve coincidere ad essa per veicolare un’immagine mimetica. La natura della voce viene determinata dalla quantita’
e dalla qualita’. La quantita’ e’ la grandezza, grande o piccola, della voce. La qualita’ presenta piu’ variazioni e oltre
ad essere piu’ bassa o piu’ alta come nella quantita’ puo’ essere chiara e scura, piena e sottile, dolce e aspra, contratta
e aperta, dura e morbida, sonora e sorda.. nel mondo romano a differenza di quello greco c’e’ un’attenzione
all’affinamento ed esercizio delle qualita’ della voce di un individuo.
Dionigi di Alicarnasso Sulla composizione delle parole cap. 11
Altra fonte romana che si concentra sugli elementi melodici del linguaggio. Parla egualmente di melodia e ritmo, ma
anche di “convenienza”, ovvero l’adattare lo stile al contesto, al tipo di messaggio che si vuole veicolare.
Boezio, De institutione musica 4, 15
Testimonianza importante latina poiche’ svolge una funziona da tramite con la sapienza teorica antica in eta’
medievale. E’ un testo compilativo di harmonika di impostazione matematica. Si ha uni’idea della musica legata a un
ambito matematico. Boezio sposa la concezione pitagorica e cita Aristosseno solo per non dire che non vanno bene
le sue considerazioni, avendo cosi’ una musica sempre meno legata al lato pratico e piu’ all’aspetto matematico.
Inizia parlando le specie di ottava, e passa poi a parlare dei modi, e traduce questo concetto dalla parola “topos”. Le
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fonti quando devono spiegare i modi medievali li spiegano sovrapponendo quello dei modi greci, e si crea quello che
si chiama “l’imbroglio dei modi”.

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Manuela Calvetti

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