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- LA PREISTORIA
- I ROMANI
- IL CINQUECENTO
• Il contesto e il ruolo della musica (cap. 11-12; cap. 14 par.3)
• Musica sacra della riforma e della controriforma (cap. 12)
• Musica vocale profana (cap. 11)
• La teoria musicale (pp. 82-85; cap.13)
• Musica per il teatro (cap.14 par.1)
• Approfondimento: gli intermedi del 1589 a Firenze
- IL SEICENTO
• La nascita dell’opera (cap. 15 par. 1)
• L’oratorio (cap. 16)
• Claudio Monteverdi (cap. 15 par. 2 e 3)
LA PREISTORIA
Gli Strumenti musicali sono: sonagli di osso, fibbie, flauto senza fori, rombo sonoro, buca
battuta
Un grande studioso di strumenti musicali è stato CURT SACHS (XX sec.), Storia degli
strumenti musicali
Alcuni etnomusicologi famosi furono: Curt Sachs, Marius Schneider, Ivan Vandor
Alcuni musicisti odierni riscoprono i suoni della preistoria per creare musiche originali.
Questi luoghi, pur molto lontani fra loro, hanno molti aspetti in comune per quanto riguarda
la musica:
- la musica ha GRANDE IMPORTANZA NELLA SOCIETA’ed è presente in ogni
situazione (matrimoni, funerali, riti civili, nelle case, ecc.)
- LA MUSICA HA UN RUOLO IMPORTANTISSIMO NEL RITO RELIGIOSO. Si crede
che la musica sia stata inventata dagli dei/dio
- NASCONO MOLTI STUDI SULLA MUSICA: si cerca di capire “come è fatta” la musica
perché essa fa parte dell’universo e riflette l’ordine che gli dei/dio hanno dato alle cose.
Studiare la musica significa capire come funziona l’universo
- LA MUSICA INFLUENZA L’ANIMO UMANO in modo molto forte, quasi come una
medicina. Le si attribuisce un potere MAGICO
- A causa della sua importanza I GOVERNANTI SI OCCUPANO DI MUSICA
IL POPOLO EBRAICO
La maggiore FONTE DI INFORMAZIONE è LA BIBBIA. Da essa possiamo ricavare
queste informazioni:
- la Bibbia era un testo da tramandare oralmente con il canto (come l’Iliade, ad esempio)
La parola musica nasce dal greco mousikè (arte delle muse), per i Greci si tratta di un’arte che
unisce più aspetti: danza e poesia. La musica:
- è sempre legata ad altre arti
- è sempre inserita nella vita del popolo greco (ad esempio, giochi olimpici, guerra, tragedia).
FASE EPICA: I poemi omerici (IX sec a.C.) danno molte informazioni sulla musica
• non sono poemi da leggere, ma un aedo li canta accompagnato dalla forminx (una sorta di lira
o cetra);
• si racconta che la musica veniva usata come intrattenimento alle feste, nei banchetti (vedi
Odisseo alla reggia di Alcinoo);
• la musica è legata al divino (l’aedo riceve il dono del canto ma la dea gli toglie quello della
vista);
• la musica influenza l’animo umano (vedi Achille che per placare la sua ira suona uno
strumento).
FASE LIRICA: VII sec. a.C., la musica è raccontata dalla poesia-lirica (vedi Alceo e Saffo):
• la poesia viene comunicata attraverso la musica;
• si parla dell’influenza della musica sull’animo (nei banchetti attenua l’abuso di vino).
FASE CLASSICA, V-IV sec. a.C. periodo classico (esplosione dell’arte greca)
La concezione sulla musica rimane la stessa, però vengono effettuati studi scientifici sul
perché e come la musica influenzi l’animo umano.
- Vengono ripresi gli studi di Pitagora (VI sec. a.C.), attraverso il monocordo egli aveva iniziato
a studiare i diversi suoni che vengono prodotti facendo suonare porzioni della corda. Pitagora
scoprì così la stretta relazione tra musica e matematica (se si fa suonare 2/3 della corda si
ottiene la quinta del fondamentale, es. ). Egli chiama diatessaron il rapporto che produce la
IV; diapente il rapporto che produce la quinta, ecc. Secondo Pitagora, l’universo è ordinato
ed in armonia e tutto può essere spiegare attraverso i numeri: il numero è l’archè.
- L’anima, il corpo, la musica possono essere spiegati attraverso i numeri, per questo motivo si
possono influenzare vicendevolmente: i numeri della musica creano una reazione con i numeri
del corpo e dell’anima. La musica è quindi una medicina e da qui la teoria dell’ethos
(comportamento)
- Platone e Aristotele scrivono e si occupano di musica nei loro testi, rispettivamente “La
Repubblica” e “La Politica”. La musica influenza l’uomo, di conseguenza tutta la società ed è
quindi una questione politica: la scuola si deve occupare di musica per formare adeguatamente
i cittadini.
- Platone afferma però che l’uomo non può capire se una musica fa del bene o meno attraverso
i propri sensi perché i sensi non portano alla conoscenza della verità (vedi il mito della
caverna). Solo attraverso lo studio di come una musica è fatta, ossia dei rapporti numerici che
la compongono, si può comprendere se fa bene o no.
- Aristotele al contrario afferma che pur ascoltando musica negativa l’uomo si può purificare
(catarsi) perché si libera dalla negatività (Aristotele fa l’esempio della tragedia).
- Viene elaborato un sistema teorico di organizzazione dei suoni che viene definito PERFETTO
E IMMUTABILE perché basato sulla verità ed immutabilità dei numeri. Il sistema musicale
greco era basato su una scala di quattro suoni (tetracordo). La scala era intesa in senso
discendente. Il primo tetracordo è MI RE DO SI (tetracordo dorico). Tetracordo frigio: RE
DO SI LA. Tetracordo lidio: DO SI LA SOL. Tutti hanno un unico semitono. Ogni tetracordo
può essere di tre tipi (esempio con t. dorico):
1. naturale/diatonico MI RE DO SI;
2. cromatico MI DO# DO SI (intervallo MI-DO# di un tono e mezzo);
3. enarmonico MI DO DO SI (secondo do calante).
Vale lo stesso per gli altri due tipi di tetracordo.
Due tetracordi possono essere uniti tra loro per formare una scala di otto suoni, ossia un modo.
MI RE DO SI/ LA SOL FA MI → modo dorico perché costituito da due tetracordi dorici.
LA SOL FA MI RE DO SI LA → modo ipodorico. Il MI è la nota in comune ai due tetracordi,
il LA è una nota finale, detta proslambanomene, aggiunta per creare una scala di otto note,
come la precedente.
LA NOTAZIONE
I Greci avevano un sistema di notazione musicale in cui l’altezza delle note corrispondeva alle
lettere dell’alfabeto e per indicare il ritmo venivano utilizzati dei segni posti sopra le lettere.
Ci sono pervenuti pochi frammenti di lirica e solo due brani sono rimasti interi:
- I sec. d.C.: Epitaffio di Seikilos (Sicilo), poesia cantata sulla fugacità della vita;
- III sec. d.C.: Papiro di Ossirinco, inno cristiano alla trinità.
Dedica: Sicilo a Euterpe opp. Sicilo, figlio
di Euterpe
I TIPI DI BRANO
Venivano realizzati diversi tipi di brani in base alla loro funzione: canto ad Apollo – Peana;
canto dedicato a Dioniso – Ditirambo (dal quale si dice sia nata la tragedia); epitalamio/imeneo
– canti di nozze; prosodi – canti processionali; trenos (trenoi) – canti funebri.
Per scrivere i brani, i compositori si rifacevano a dei modelli che servivano da base. Infatti, in
base alla teoria dell’ethos, ad ogni situazione corrispondeva una determinata melodia e un tipo
di ritmo. Tali brani-modello sono chiamati Nomos (singolare), nomoi (plurale), termine che
significa “legge”.
I MONACI
Un ruolo importante è svolto dai monaci che nelle loro biblioteca si occupano di:
conservazione dei libri, traduzione, commento e studio, copiatura, ornamento dei testi stessi.
Essi vivono secondo la regola “Ora et labora” data da San Benedetto che prevede la scansione
della giornata in momenti di preghiera (ufficio delle ore) e di lavoro.
Le preghiere sono tutte cantate:
• il mattutino (3)
• le lodi (5)
• l’ora prima (6)
• l’ora terza (9)
• l’ora sesta (12)
• l’ora nona (15) (la più importante perché orario della morte di Gesù)
• i vespri (17) potevano partecipare anche esterni all’abbazia (Mozart, Monteverdi)
• compieta (19) preghiera prima di andare a dormire. I monaci si concentrano sulla propria vita
spirituale.
In ognuno di questi momenti è fortemente presente il canto dei salmi.
La messa, che apparteneva invece alla vita di tutti i fedeli, era (ed è tutt’oggi) così strutturata:
• Proprium (preghiere con testo sempre diverso a seconda delle festività): introito, graduale,
alleluia/tractus, offertorio, communio.
• Ordinarium (preghiere con testo sempre uguale in ogni festività): kyrie, gloria (solo in parte
dell’anno), credo, sanctus, agnus dei.
• interventi del celebrante e letture
IL CANTO GREGORIANO
Secondo una leggenda, il canto gregoriano fu inventato da Gregorio Magno che aveva tratto
ispirazione da una colomba, che rappresentava lo Spirito Santo.
In realtà nasce per motivi religiosi e politici.
La notazione
Nel IX sec. inizia la notazione musicale che veniva usata per scrivere i canti gregoriani. Si
scrivevano le parole e sopra di esse dei segni (neumi) in campo aperto: tale notazione è detta
anche
- alineare
- adiastematica (senza indicazione dell’intervallo). Vedi pagg. 28 e 30 del libro
Caratteristiche:
- La notazione servì soprattutto per ‘conservare’ i canti, che venivano tramandati oralmente
- La notazione ci rivela che i brani, pur non avendo un ritmo misurabile, avevano un’agogica
molto raffinata in funzione di dare importanza alle parole importanti
I manoscritti risalgono per lo più all’abbazia di San Gallo e di Laon venivano copiati ma
venivano fatti errori e modificazioni. Nel Medioevo infatti copiare voleva dire anche
interpretare quindi le copie non potevano mai essere uguali. Libro che racchiude i canti della
messa: graduale. Libro che racchiude i canti dell’ufficio: antifonale.
I TROPI E LE SEQUENZE
Tropare = inserire all’interno. Il canto gregoriano era sacro e intoccabile, ma i monaci
sentivano l’esigenza di scrivere altro, perciò iniziarono a tropare i canti cioè ad inserire della
aggiunte melodiche, testuali o tutte e due le cose, all’interno dei canti stessi. Ad esempio, il
kyrie veniva tropato tra una e l’altra invocazione.
Inizialmente tropi e sequenze furono tollerati dalla Chiesa poi iniziarono ad essere mal visti
perché i commenti sfuggivano al controllo dell’autorità centrale e gli abbellimenti melodici
erano visti come eccessivi ornamenti. Dopo la riforma di Lutero alla fine del ‘500 la Chiesa
ordinò di eliminare tutti i tropi e le sequenze, tranne 5 sequenze che furono considerate
particolarmente ispirate, tra cui Dies irae.
LA POLIFONIA
La polifonia, sempre esistita, comincia ad essere scritta nel IX secolo nei manuali scolastici
carolingi Musica enchiriadis e Scolica enchiriadis.
Viene chiamata:
- organum, ovvero qualcosa di disposto in modo organizzato, coordinato
- contrappunto, dal latino punctum contra punctum, nota contro nota
- discanto, dal latino dis-canere, cantare in modo divergente
Struttura:
- vox principalis, linea di canto liturgico di base, in seguito chiamata tenor
- vox organalis, la voce aggiunta
Tipologie di polifonia
- organum parallelo
- organum libero
- organum melismatico (testimoniato nel XII sec. a Santiago de Compostela e San Martiale di
Limoges)
La polifonia viene usata principalmente per ornamento alla liturgia (i canti più ornati: l'alleluia,
il tractus e responsori della messa e dell'ufficio). Durante la messa si sente dunque l'alternatim
tra parti monodiche e polifoniche.
Per la notazione vedi pag. 101 del libro
LA POLIFONIA A PARIGI
A Notre Dame, nel XIII secolo, si affronta il problema della ritmica: vengono introdotte la
longa e la brevis. Inoltre vengono aggiunte le ligaturae, ovvero note raffigurate in modo
raggruppato per individuare facilmente la ritmica.
I ritmi dei brani utilizzano 6 schemi ritmici detti modi. Tali modi hanno sempre suddivisione
ternaria poiché 3 è simbolo della Trinità. All’interno di essi la Longa può valere 2 o 3 brevi.
Ufficio drammatico
Durante l'Ufficio alcuni testi in prosa vengono trasformati in versi poetici da recitare e i monaci
eseguono solisticamente le preghiere cantate relative al loro personaggio indossando anche
abiti relativi al loro ruolo (con il tempo vengono aggiunte le varie indicazioni scenografiche,
rubriche).
Dramma liturgico
Dall'ampliamento dell'Ufficio drammatico con elementi testuali, musicali, scenici ulteriori a
quelli previsti dalla Liturgia nasce il dramma liturgico. Il primo risale al 920, riportato nel
Tropario di Winchester. Esso consiste nello sviluppo di un tropo presente nell'ufficio mattutino
di Pasqua nel quale si narra lo stupore delle donne che giunte al sepolcro non trovano il corpo
di Gesù.
Un famoso dramma liturgico è il Ludus Danielis del 1140 che narra la vicenda del profeta
Daniele gettato nella fossa dei leoni.
Dunque nasce un nuova forma musicale, la lauda: essa è un canto di lode a Dio in volgare; una
delle prime è il cantico delle creature di San Francesco, esso ha un testo poetico; è anche un
primo esempio di poesia in volgare.
TROVATORI E TROVIERI
Sono poeti-musicisti.
La loro musica rappresenta il primo grande esempio di musica profana scritta nel Medioevo.
Esistono dal 1000 ma le musiche vengono messe per iscritto solo nel XIII sec.
Cantavano accompagnandosi con una viella.
TROVATORI TROVIERI
Luogo Provenza Nord della Francia
Lingua d’oc Lingua d’oil
Sono gli iniziatori Riprendono l’arte trovadorica
Sono prevalentemente nobili ma anche Sono quasi esclusivamente nobili
giullari
Sono itineranti di castello in castello
Argomento principale: amor cortese Argomento principale: l’epica
Forme: cansò, pastorella, alba, jeux parti, Forme: chanson,
lai, planh
Nomi: Bernard de Ventadorn, Jaufrè Nomi: Chretien de Troyes, Adam de la
Rudel, Arnaud Daniel, Bertran de Born, Halle, Percival le Gallois
Guglielmo IX
L’arte dei trovatori e trovieri si diffonde in Italia (Sordello da Goito, citato nel VI canto del
Purgatorio), sia nelle regioni del nord sia nel sud (corte di Federico di Svevia) e in Germania.
I trovatori tedeschi sono chiamati Minnesinger (cantori d’amore). Quando termina l’epoca
feudale l’arte dei Trovatori tedeschi viene insegnata nelle scuole delle città; i poeti compositori
si chiameranno quindi Meistersinger, maestri cantori (Wagner realizzò su di essi un’opera).
LA NOTAZIONE MUSICALE
Dopo la notazione neumatica e quella per la prima polifonia inizia una fase di sperimentazione
che si completa con Guido d’Arezzo nel XI sec. Nel libro vedi pagg. 26-27, 88-89, 91 ma
anche 30 e 66
Guido d’Arezzo è un monaco e maestro di musica a Pomposa. Si dice che fosse un ottimo
insegnante, ma troppo innovativo, per questo fu cacciato dal monastero e per continuare il suo
metodo andò ad Arezzo.
A lui si attribuisce la stabilizzazione di:
- un sistema di 4 righe (tetragramma)
- l’uso della chiave di do e di fa che possono essere messe sui vari righi
- le note di forma quadrata
Punto di forza di questa notazione è la chiara indicazione delle altezze
Punto di debolezza: non vi sono indicazioni ritmiche né agogiche.
Inoltre Guido:
- attribuisce alle note un nome diverso dalle lettere dell’alfabeto fino a quel momento usate.
Questo permettere ai monaci di effettuare meglio il solfeggio cantato.
- Crea il metodo didattico della solmisazione per facilitare l’intonazione corretta dei semitoni.
Individua in primo luogo un’unità di misura all’interno del sistema di suoni, l’esacordo (ut re
mi fa sol la). Questa scala corrisponde all’ambito di buona parte dei canti liturgici. Esacordi
di identica struttura si possono formare partendo dal do (esacordo naturale), fa con l’aggiunta
del sib (esacordo molle) e sol con si bequadro (esacordo duro). Tutte le note del sistema
potevano essere cantate passando da un esacordo all’altro con un meccanismo chiamato
mutazione che avveniva, di solito, quando arrivati alla nota sol di un esacordo si passava alla
nota mi di un altro. Con questo metodo ogni intervallo di semitono viene a chiamarsi mi-fa.
Un sistema simile è utilizzato ancora oggi (il sistema del do mobile).
Nel XIII sec. , a Notre Dame, come abbiamo visto, si aggiungono al sistema guidoniano la
longa e la brevis. A fine Duecento vengono inserite anche al semibreve e la minima. Vedi pag.
107
I MODI MEDIEVALI
F = finalis
D = dominante, corda di recita, repercussio
IL TRECENTO (l’Ars nova)
In effetti sono molti gli elementi di novità sia storici sia culturali sia di mentalità:
- consolidamento della società comunale nella quale il ruolo dei musicisti cambia molto rispetto
a quello della società feudale: nasce la figura del musicista ‘artigiano’
- cambiamento filosofico-culturale: apertura verso il pensiero di Aristotele. Secondo Platone il
valore della musica non sta nel piacere che provoca, ma nella struttura numerica che è alla sua
base (svalutazione dei sensi). Secondo Aristotele, invece, attraverso i sensi si prova
un’emozione che ci purifica. Conseguentemente il piacere che la musica provoca diventa
argomento di discussione e contenuto di molti scritti come nel Decameron di Giovanni
Boccaccio o nei testi del letterato e musicista francese Machaut. Nel suo trattato simile al
Galateo egli afferma che la musica è una pratica giornaliera che ingentilisce l’animo. Ha
inoltre un grande sviluppo la musica profana, che viene recuperata per la sua capacità di
‘incantamento’.
- cambiamenti sul piano teorico musicale. Il teorico francese Philippe De Vitry intitola il suo
trattato “Ars nova” (1320). Egli accetta sia il ternario sia quello binario (al contrario di Notre
Dame dove era ammesso solo quello ternario) anche se il ritmo binario viene pur sempre
considerato imperfetto rispetto a quello ternario perfetto.
L’Ars Nova italiana è tramandata in particolare grazie allo straordinario Codice “Squarcialupi”
che fu compilato a Firenze nel ‘400 per evitare che la musica del ‘300 andasse perduta. Fu
realizzato dall’organista dei Medici Antonio Squarcialupi.
Nomi di musicisti: Francesco Landini, Gherardello da Firenze, Giovanni da Cascia, ecc.
In Francia abbiamo le forme di: ballata francese, rondeaux e mottetto isoritmico (sia sacro che
profano).
Il mottetto isoritmico è una forma di grande complessità compositiva, vuole dimostrare come
la complessità possa basarsi solo sulla matematica e non sulla simbologia religiosa.
LO STILE MUSICALE
• Stile europeo: musicisti itineranti che passano tra le varie corti.
• Fiamminghi: esplorano tutte le possibilità del linguaggio polifonico (ossia le possibilità di
combinazione tra le voci) come
- il Canone
- l’imitazione retrograda e inversa
- Costruiscono intere composizioni a partire da un breve motto dal quale fanno derivare tutte le
voci. Il motto può essere desunto dal nome di una persona secondo la notazione letterale greca.
- A volte non scrivevano tutta la combinazione ma lasciavano che l’esecutore ricavasse da solo
la propria linea melodica risolvendo degli enigmi musicali.
- Un caso eccezionale, la messa Cuiusvis toni di Ockeghem:: cambiando la posizione delle
chiavi delle varie voci la messa può essere eseguita in 4 modi diversi.
• Vi è una differenza significativa sul piano polifonico tra musica sacra e profana. La musica
sacra ha delle complessità che l’ascoltatore non comprende. La musica profana, invece, è
sempre più semplice, le voci procedono in maniera omoritmica e sorge un nuovo gusto
armonico Negli ultimi decenni del Quattrocento anche nella musica sacra si ha una
semplificazione generale.
• Nel quattrocento erano molto frequenti le feste cittadine. Il genere profano e colto spesso
venivano confusi. Anche il genere popolare e colto si confondono. Ne sono testimonianza i
travestimenti.
Forme profane
Chanson: forma internazionale profana.
Canti carnascialeschi: brani scritti da musicisti colti fiamminghi con testi di poeti grandi, fatti
per il carnevale fiorentino (alcuni testi furono scritti anche da Lorenzo il Magnifico). Canti
ricchi di doppi sensi.
Frottola: forma italiana, prevalentemente omoritmia
Villanelle, Canzonette, Villotte, ecc.
Nasce la stampa musicale: grazie al veneziano Ottaviano Petrucci (stampatore) vengono creati
due metodi di stampa: a triplice impressione (vengono create tre lastre di rame. La 1° per i
righi, la 2° con il testo, le note, la 3° ci sono le parole incise), a tasselli mobili.
Il madrigale
- Il madrigale è una forma poetico-musicale.
- Non ha una forma fissa ma libera per adattarsi al testo: è durchkomponiert.
- È un genere alto.
- In esso si ricercano formule musicali ricorrenti per permettere agli ascoltatori di associare bene
musica e affetti; si tratta di figure retorico-musicali dette “madrigalismi”. Esse permangono
nella tradizione musicale fino ad oggi e hanno un grande utilizzo nella musica di Bach.
A fine secolo nella musica profana vocale viene riscoperta anche la monodia:
- I brani monodici non hanno una precisa denominazione
- sono costituiti da una linea vocale molto libera e duttile all’interpretazione del testo e un basso
di sostegno dove comincia ad avere un peso determinante il senso dell’armonia.
Dal libro di testo, Volume B per il biennio
MUSICA STRUMENTALE SACRA E PROFANA
- In tutto il ‘500 la musica strumentale si è sviluppata anche grazie alla stampa.
- Essa non ha forme autonome, riprende invece le forme delle musiche vocali, come
testimoniano anche le scritte sugli spartiti “da cantare o suonare per ogni sorta di strumento”
Presso la basilica di San Marco a Venezia ci fu un grande sviluppo della musica strumentale
in queste forme:
- canzona e sonata: versione strumentale del madrigale e della chanson vocale (polifonico in
sezioni);
- ricercare: trasposizione per strumenti del mottetto (polifonico con molta imitazione);
- preludio, toccata, fantasia: forme che si staccano di più da quelle vocali per il carattere
improvvisativo. Usate spesso durante la liturgia per accompagnare gli spostamenti del
celebrante;
A Venezia si è sviluppata tanta musica strumentale perché era ammessa in Chiesa, grazie al
desiderio di autonomia dei dogi rispetto a Roma. Si sfruttano le possibilità acustiche della
basilica. Nella basilica vi erano infatti due cantorie sopra l’altare, dove stavano una piccola
orchestra, il coro e un organo. Si poteva quindi creare un effetto stereofonico. Viene inoltre
sfruttato l’eco. In funzione dello sfruttamento di questi effetti acustici la musica polifonica
veneziana è molto semplice, spesso veniva usata l’omoritmia e l’alternatim (ossia l’alternanza
tra esecutori).
- Maestri veneziani:
- 1) fiammingo Willaert;
- 2) Andrea e Giovanni Gabrieli;
- 3) Zarlino (teorico della musica);
- 4) Claudio Monteverdi (ultimo).
Altre forme strumentali rinascimentali sono le forme di danze: hanno forma diversa dai brani
vocali e vengono eseguite di solito accoppiate, come nel caso di pavana e gagliarda, in ritmo
binario e ternario
LA TEORIA MUSICALE
Lo sviluppo della musica strumentale porta ad affrontare il problema della scala e il problema
dell’accordatura.
- Zarlino, maestro veneziano, si pone il problema di giustificare sul piano teorico la diffusa
prevalenza della triade nella polifonia: la considera un fenomeno naturale poiché formata da
un suono fondamentale e dai suoi primi armonici.
- Zarlino crea inoltre una nuova scala rispetto a quella pitagorica ancora in uso, proprio
attraverso la sovrapposizioni di triadi: fa la do, do mi sol, sol si re. Arriva così ad una scala
che ha comunque dei problemi: ha 22 note e presenta tre tipi di intervallo, semitono, tono
grande, tono piccolo. La scala zarliniana era quindi problematica per gli strumenti ad
intonazione fissa.
- A Ferrara il teorico Nicola Vicentino propugna invece il ritorno agli antichi modi greci e
costruisce due strumenti a tastiera con un doppio tasto nero, l’archicembalo e l’archiorgano.
LA NASCITA DELL’OPERA
Fine del ‘500 a Firenze, luogo importante di incontro fra artisti, vengono fatte varie
sperimentazioni. L’opera nasce stimolata dalle riflessioni elaborate da un gruppo di
intellettuali “La camerata de’ Bardi” che si ritrovava nel palazzo del conte Bardi in via de’
Benci. Si rifletteva sulla tragedia greca, che era tutta cantata, per capire come fosse fatta.
Vincenzo Galilei approfondisce l’argomento e scopre degli antichi frammenti. L’intento è di
riproporre nuovamente la tragedia greca, così il 6 ottobre del 1600 per il matrimonio di
Maria de’ Medici e Enrico IV di Francia venne messa in scena la prima opera in musica
“Euridice” con testo di Ottavio Rinuccini e musiche di Jacopo Peri, con qualche aggiunta di
Giulio Caccini.
Euridice narra la storia mitologica di Orfeo ed Euridice ma con un’importante modifica nel
finale che è lieto, inaugurando così un espediente spesso presente nella storia dell’opera: la
modifica delle fonti.
Viene scelto quel mito perché la storia di Orfeo rappresenta l’apoteosi della musica; il fatto
che in una rappresentazione i personaggi cantino è inverosimile, perciò se un personaggio
mitologico canta, è meno inverosimile.
Non sapendo come fosse stato il canto della tragedia Peri inventa un suo stile, il recitar-
cantando: “una cosa mezzana fra in cantare e il recitare”. È un metodo per far risaltare la
parola che deve essere al centro di tutto.
Questo tipo di spettacolo, di corte e sorto dopo un lungo percorso intellettuale, non è fatto
per essere replicato. Altre corti però tentarono di imitarlo, come la corte di Mantova dove nel
1607 il compositore di corte Claudio Monteverdi realizzò il suo Orfeo. Egli non si limitò al
recitar cantando ma utilizzò tutti gli stili dell’epoca e moltissimi strumenti, indicando sulla
partitura (cosa unica per l’epoca) quali strumenti dovessero intervenire in ogni scena.
Conferì quindi un carattere ‘affettivo’ ai timbri dei veri strumenti.
Tra gli anni ’30 e ’40 a Roma nel palazzo de’ Barberini vennero realizzate opere organizzate
dai cardinali Giulio Rospigliosi e Urbano Barberini. Questa nuova forma musicale piaceva
molto al pubblico quindi venne usata anche per trasmettere contenuti religiosi, come le vite
dei santi. Con l’intento di essere apprezzate e ricordate dal pubblico venivano inserite scene
comiche, veniva fatta una bella scenografia e venivano chiamati bravi musicisti. Fino a
questo momento però non esisteva un vero e proprio teatro, infatti le opere venivano
rappresentate in sale private.
Nel 1637 a Venezia venne aperto il primo teatro pubblico a pagamento, il “San Cassiano”.
L’opera si diffuse quindi anche per un pubblico borghese. L’impresario gestisce l’impresa,
investe in essa mettendo in gioco un capitale molto alto. Cerca di fare un’opera che piaccia
al pubblico in modo da poterla replicare. Cerca di risparmiare il più possibile implicando
quindi un abbassamento della qualità. L’opera acquista una struttura idonea a gratificare le
attese del pubblico:
- mette al centro la musica vocale: più voci, meno strumenti;
- si concentra in brani cantati liberi, le arie, dove il personaggio esprime un affetto che lo
contraddistingue. A fine Seicento l’aria si presenta nella forma col da capo: ABA 1 A1: è
uguale ad A ma con l’aggiunta di abbellimenti fatti estemporaneamente.
- Scene ricorrenti come la tempesta marina, il riconoscimento, il personaggio incatenato, il
sonno… in questo modo il pubblico recepiva più facilmente senza fare sforzi per capire. Alla
fine del Seicento si realizzarono anche opere pasticcio, un collage di pezzi presi da varie
opere.
- recitativi: canto quasi parlato per raccontare l’azione, spesso accompagnato dal clavicembalo
solo.
È quindi necessario trovare un posto fisso per le rappresentazioni operistiche. I teatri vennero
costruiti prima in legno e poi in muratura. Il modello di teatro con palchetti creato in Italia
viene esportato in tutta Europa, poi nel mondo.
ORATORIO
Agli inizi del ‘600, l’opera si diffonde in certa misura nelle corti e nei palazzi signorili.
Risponde ai gusti e alle esigenze del momento, alle aspettative di uno spettacolo
‘meraviglioso’. A Roma nell’ambiente dei gesuiti venne l’idea di utilizzare l’opera
(‘strumenti del diavolo’ per certi versi) a fin di bene, così nacque l’oratorio: un’opera di
argomento religioso ma senza scenografia e movimento degli attori. Veniva svolto negli
oratori, luoghi di preghiera vicini alle chiese, sorti ai tempi dei francescani. Nel ‘500 a Roma
c’erano due Oratori importanti: quello di San Filippo Neri, dove venivano cantate le laudi e
fu realizzato un oratorio in volgare; l’Oratorio del crocifisso, dove venivano fatti mottetti in
latino, per persone più aristocratiche e si sviluppò quindi l’oratorio in latino. Autori:
Giacomo Carissimi (latino); Alessandro Stradella (volgare).
Parallelamente all’oratorio nasce la cantata, una specie di opera in miniatura ma sennza la
presenza del coro e con pochi personaggi. Può essere sacra o profana. In Italia è più
importante quella profana, mentre in Germania quella sacra che viene fatta nelle chiese
luterane.
Opere
1607 Orfeo, testo di Alessandro Striggio, Mantova
1608 Arianna, testo di Ottavio Rinuccini, Mantova. Andata perduta
1640 Il ritorno di Ulisse in patria, testo di Giacomo Badoaro, Venezia
1643 L’incoronazione di Poppea, testo di Giovanni Francesco Busenello,Venezia