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Appunti riassuntivi a uso degli studenti

del corso di Storia della musica

ANTICHITÀ CLASSICA E MEDIOEVO

prof.ssa Laura Och


Il lascito della cultura musicale greca

Deriva dalla lingua greca l’etimologia di alcuni termini tuttora in uso nel lessico musicale. Es.: musica: dal
greco mousiké techne = arte delle Muse, cioè unione di melodia, parola e gesto (espressione musicale
strettamente unita a quella verbale); diapason: da dia-pason (sott. phonon) = attraverso tutti (sott. i suoni),
ecc.

Musica e mitologia

A partire dall’epoca rinascimentale ricompaiono e permangono a lungo, nella letteratura e nell’iconografia,


molti temi e figure riconducibili alla cultura greca. Le Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine, sono nove figure
femminili che abitano sui monti Elicona e Parnaso; ognuna di esse è preposta a una specifica espressione
artistica (Calliope poesia, Euterpe musica e flauto ecc.).

Opposte e complementari fra loro le figure di Diòniso e di Orfeo: Dioniso, dio dell’ebbrezza, al suono
dell’aulòs guida i cori delle Baccanti (riti orgiastici) e impersona la frenesia dei sensi e lo scatenamento delle
forze naturali più oscure. Orfeo, legato al culto di Apollo, esprime il potere magico e incantatorio della
musica, capace di commuovere anche le creature non umane (divinità degli Inferi); i legami con gli aspetti
razionali della musica sono simboleggiati dallo strumento che lo caratterizza, la lira; anche nell’età moderna
la figura di Orfeo rimarrà simbolo di una concezione “positiva” e razionale della musica.

Strumenti musicali

Strumenti a corde: lira, cetra, phorminx. Strumenti a fiato: aulòs, flauto di Pan. Strumenti a percussione:
crotali, cimbali, sistri ecc. Gli strumenti potevano raddoppiare la linea melodica vocale (eterofonia), ma non
esistono documenti che attestino una tradizione strumentale autonoma.

Documenti e trasmissione della cultura musicale

Scarsissimi e tutti risalenti al periodo ellenistico i documenti diretti, fra cui l’epitafio di Sicilo (I sec. d.C.), i
tre inni di Mesomede (II sec.) pubblicati da V. Galilei nel 1581 (Dialogo della musica antica e della
moderna), l’inno paleocristiano di Ossirinco (III/IV sec.), un frammento della tragedia Ifigenia in Aulide di
Euripide (III sec. d.C.).

Più numerosi i documenti indiretti che attestano l’importanza della musica nella cultura classica: trattati
teorici, scritti letterari e filosofici, documenti iconografici (soprattutto pittura vascolare).

Notazione

Scarso impiego della notazione musicale, essendo per lo più la musica trasmessa oralmente. Quando si
desiderava scrivere l’altezza dei suoni, questi erano indicati con lettere dell’alfabeto poste sopra le righe
del testo letterario.
La notazione musicale

Antichità classica

Per gli antichi Greci la modalità di trasmissione della musica più comune era quella orale; soltanto in casi
particolari, per l’aspetto diastematico (altezza dei suoni, da diàstema = intervallo), si faceva uso di un
sistema di notazione alfabetica.

Per l’aspetto ritmico, vincolato alla ritmica testuale, si usavano segni indicanti la “quantità” delle sillabe,
che potevano essere brevi ( ◡ ) o lunghe ( ─ ) ed erano ordinate in “moduli” ritmici chiamati piedi
(giambo, trocheo, spondeo, dattilo, anapesto ecc.).

Medioevo

I trattatisti apprendono dai Greci la notazione alfabetica, ma la usano soltanto nei testi teorici; ora
l’alfabeto è quello latino. Con qualche eccezione, la musica è trasmessa oralmente fino al sec. IX.

Notazione neumatica: alla metà del sec. IX compaiono i primi codici liturgici con segni musicali (neumi, dal
greco nèuo = indico) posti sopra i testi, probabilmente derivati dagli accenti grammaticali del greco e del
latino. Necessità della notazione: crescente complessità melodica del repertorio liturgico; difficoltà per i
cantori di memorizzare i nuovi canti imposti a tutto l’impero carolingio (repertorio franco-romano, detto
gregoriano perché erroneamente attribuito a papa Gregorio Magno).

I neumi possono indicare una sola nota (virga, punctum) oppure 2 o 3 note (pes, clivis, scandicus, climacus,
torcolus, porrectus). La loro funzione è quella di indicare approssimativamente l’andamento melodico
(utilità soltanto per chi già conosce il repertorio).

I primi neumi sono “in campo aperto” (non indicano l’ampiezza degli intervalli; notazione adiastematica).

Successivamente i neumi assumono forme e disposizioni diverse a seconda del monastero da cui il
manoscritto proviene. Alcune notazioni conoscono la diastemazia, altre rimangono adiastematiche
(pluralismo culturale del medioevo, difficoltà nelle comunicazioni fra i diversi centri di scrittura, ecc.)

Principali notazioni:

 sangallese (monasteri di S. Gallo e Einsiedeln; uso di litterae significativae; grande interesse


ritmico)

 metense (Metz e Laon; diastemazia imperfetta)

 aquitana (monastero di S. Marziale, Limoges; diastemazia perfetta; scarso interesse ritmico)

 beneventana (Puglia; diastemazia più o meno perfetta)

 nonantolese (monastero di Nonantola, Modena; uso di particolari aste che partono dal testo)

Verso la diastemazia: nella notazione aquitana, incisione di una linea a secco, sopra e sotto la quale si
dispongono i neumi, più o meno lontani a seconda dell’altezza delle note; nella notazione beneventana,
due linee ad inchiostro, rossa per il fa, gialla o verde per il do.

In seguito uso di litterae claves (c = do; f = fa), destinate a trasformarsi nelle moderne chiavi. L’acquisizione
della diastemazia coincide con la perdita di interesse ritmico della scrittura musicale.
Diffusione di neumi quadrati disposti su tetragramma: notazione gregoriana tutt’ora in uso; v. Liber
Usualis, edito nel 1896 dai monaci benedettini di Solesmes; più aggiornato il Graduale Triplex, in cui i canti
sono trascritti anche in notazione sangallese e metense.

A seguito della diffusione della polifonia, si rende necessario indicare anche la durata delle note.
Inizialmente si fa ricorso a successioni di durate riprese dalla metrica greca: virga= longa; punctum= brevis.

Umanesimo e rinascimento

Fra il XIII e il XVI secolo si sviluppa il mensuralismo, ossia un sistema di segni grafici che, oltre a indicare
l'altezza dei suoni, ne rappresentano anche la durata. Il sistema mensurale inizialmente è a suddivisione sia
ternaria sia binaria; in seguito si stabilizzerà la suddivisione binaria.

Accanto all'uso della notazione su pentagramma per la polifonia vocale, si diffondono anche le intavolature
destinate alla notazione della musica strumentale (liuto, organo, viola da gamba ecc).

Le intavolature più caratteristiche sono quelle per liuto, in cui vengono riprodotte graficamente le sei corde
dello strumento; su di esse sono posti numeri (o lettere) che indicano quale corda premere e in quale punto
essa deve essere premuta. Le durate sono di solito indicate da simboli grafici ripresi da quelli della
notazione vocale.
Polifonia e contrappunto

Premessa

La polifonia è pratica antichissima. Si conoscono pratiche polifoniche, tutt’ora in uso, anche nella musica
popolare di alcune regioni (es. Sardegna, tenores).
Nessun documento scritto fino al periodo carolingio (sec. IX), quando esempi di musica polifonica
compaiono in alcuni trattati teorici.
Anche in seguito la polifonia rimane pratica in gran parte improvvisata e fenomeno musicale
d’avanguardia, diffuso soltanto nei centri culturalmente più avanzati.
Soltanto dal sec. XIV (Ars nova) la polifonia diviene modalità di espressione generalmente adottata dalla
musica colta europea; in ambito liturgico persiste a lungo il anche repertorio monodico, accanto a quello
polifonico.

L’organum: primi documenti

Esempi di musica polifonica, definiti organa (dal mediolatino organizare = disporre sistematicamente,
coordinare), compaiono per la prima volta in alcuni trattati teorici:

 Musica enchiriadis (trattato di autore anonimo, sec. IX, Francia settentrionale);


 Micrologus (trattato di Guido d’Arezzo , ca. 1030);
 Ad organum faciendum (detto Trattato di Milano, anonimo, ca. 1100).

Essi impiegano per lo più il moto parallelo, con successioni di intervalli di quarta e di quinta.

Fra il sec. XII e il XIII si diffonde un nuovo tipo di organum detto melismatico; le due voci non procedono
più nota contro nota (“contrappunto” da punctum contra punctum), ma in modo più libero: vox principalis a
valori lunghi (tenor) al grave, vox organalis melismatica all’acuto.
Molti codici, provenienti soprattutto da San Marziale di Limoges e da Santiago de Compostela,
testimoniano il passaggio da una polifonia improvvisata a una polifonia scritta.
A Santiago si sviluppa anche il conductus (canto processionale a due parti entrambe di nuova invenzione,
con andamento omoritmico).

La scuola di Notre-Dame (ca. 1150-1250)

Ambiente: Parigi, capitale e principale centro urbano del regno di Francia; grande importanza culturale
dalla seconda metà del sec. XII (università). Costruzione di numerose chiese gotiche, tra cui Notre-Dame
(1163-1250), con conseguente afflusso di architetti e personale specializzato (circolazione di tecniche,
cultura, ecc.). Uso sistematico del contrappunto nel servizio liturgico della cattedrale parigina attestato e
descritto dall’Anonimo IV.

Principali figure di compositori (i primi della storia):


Magister Leoninus (ca. 1135 - ca. 1201): secondo l’Anonimo IV è “optimus organista” (“ottimo compositore
di organa”) ; compone il Magnus liber organi de Graduali et Antiphonario (Grande libro dell’organum per il
graduale e l’antifonario), contenente organa a 2 o 3 parti.
Magister Perotinus (ca. 1190 – ca. 1230): secondo l’Anonimo IV è “optimus discantor” (“ottimo
compositore di musica in stile di discanto” = nota contro nota); rielabora e amplia con sezioni sostitutive
(clausolae) il Magnus liber organi di Leoninus; compone normalmente a 3 parti e in alcuni casi a 4 parti
(Graduali Viderunt omnes e Sederunt principes).
Modalità esecutive del servizio liturgico a Notre-Dame: brani polifonici, eseguiti da solisti, alternati a quelli
monodici, eseguiti dal coro.

Dalla clausola al mottetto

Dalla clausola (sezione dell’organum che presenta al tenor un melisma) si sviluppa il motetus (diminutivo
latinizzato del francese mot = parola).
Nel Trecento il mottetto è politestuale: di norma quello del duplum/motetus è differente da quello del
triplum; spesso l’uno è in francese, l’altro in latino. Frequenti le relazioni allusive fra i due testi (predilezione
della cultura tardomedioevale per l’analogia; progressivo passaggio del mottetto dal contesto liturgico ad
ambienti più ristretti e sua destinazione a conoscitori preparati). Almeno una delle due voci impiega la
tecnica della isoritmia.
Nei secoli successivi (compositori franco-fiamminghi, Palestrina ecc.) il mottetto diverrà una forma vocale
destinata a lungo e ininterrotto sviluppo.
Il Trecento in Francia e in Italia

Situazione storico-culturale

Sec. XIV: conclude convenzionalmente il medioevo; importanti segnali di apertura verso l’età moderna.
 Forte conflittualità fra la Chiesa e i regni nazionali (1305-77: cattività avignonese).
 Ulteriore perdita di prestigio della cultura ecclesiastica forte incremento della cultura e della
musica profane.
 Sviluppo delle università nei maggiori centri urbani (Parigi, Bologna, Padova).
 Ars musica compresa fra le discipline del quadrivium (matematica, geometria, astronomia, musica);
sviluppo del mensuralismo.

Francia Italia
Consolidamento della monarchia nazionale francese Passaggio dai Comuni alle Signorie
(ultimi re capetingi e i primi re della dinastia dei (Bologna: Pépoli; Verona: Scaligeri; Milano:
Valois): Visconti):

accentramento della vita culturale intorno alla sede pluralità di centri culturalmente attivi.
regale. Mecenatismo: generale incremento della creatività
artistica.

Primi capolavori letterari in lingua volgare: Dante


Prosegue lo sviluppo dello stile gotico (costruzione (1265-1321), Petrarca (1304-1374, modello anche
di importanti cattedrali decorate da immense nel Cinquecento), Boccaccio (1313-1375).
vetrate).
Arti figurative: Giotto (ca. 1267-1337).
Musica: sviluppo della musica profana; importante
produzione di mottetti isoritmici. Principale
Musica: prevalenza quasi assoluta di forme profane.
compositore: Guillaume de Machaut
Il madrigale e la musica italiana del Trecento

► Ca. 1330: la polifonia profana si diffonde nell’ambiente delle corti lombardo-venete (Verona, Padova,
Milano).
Scarse notizie sui compositori: Jacopo da Bologna, Giovanni da Firenze, Maestro Piero.
Forme polifoniche coltivate: madrigale, caccia.
Documenti: codice Rossi (Roma, Bibl. Vaticana).

MADRIGALE
Etimologia: incerta: da matricalis (canto nella lingua materna = italiano); da
mandrialis (canto “delle mandrie”, di ambientazione agreste)
Argomenti: naturalistici; ambienti agresti; a volte uso di riferimenti simbolici
(senhal) di derivazione trobadorica
Testi: da 2 a 4 terzine (strofe di 3 versi ), con distico (strofa di 2 versi)
finale
Musica:  quasi sempre a 2 parti; quella inferiore assume funzione di
sostegno armonico, quella superiore presenta spesso ampi
melismi;
 2 sezioni: A per ogni terzina, B per il distico (A A A B)
 interesse melodico

Altre forme musicali: caccia (due voci superiori si muovono a canone, sopra una parte di registro più grave);
ballata (argomenti amorosi, raffinata struttura poetica)

► Dopo il 1350: tramonta la fortuna delle signorie lombardo-venete.


Importante sviluppo della polifonia profana a Firenze.
Principali compositori: Gherardello, Francesco Landini (ca. 1325-97), organista cieco di alta e raffinata
cultura, autore di madrigali e di molte ballate, assai apprezzato dalla committenza aristocratica fiorentina.
Forme polifoniche coltivate: madrigale, caccia, ballata.
Documenti: codice Squarcialupi (Firenze, Bibl. Laurenziana), riccamente miniato anche con i ritratti di alcuni
compositori.

Bibliografia:

M. Carrozzo, C. Cimagalli, Storia della musica occidentale, Roma, Armando Editore, 1997 (o ed. succ.), vol. I

Cultura e musica nella Grecia classica. Elementi di notazione, documenti e trasmissione della
musica. La componente musicale nel teatro greco (pp. 13-16; 18-22; 28-29)

La notazione neumatica e la teoria musicale nel Medioevo (pp. 31-40; 49-52; 67-72)

I primi organa e l’attività di Leoninus e di Perotinus a Notre-Dame de Paris. Clausole e mottetti (pp.
105-109).

Il Trecento in Francia e in Italia. La musica nelle corti dell’Italia settentrionale (pp. 144-148).

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