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Cenni al sistema musicale greco

Il sistema musicale dell’antica Grecia, per lo meno com’è stato codificato nel
periodo pre-classico e classico, è basato su due strutture fondamentali: il
genere e il tono; quest’ultimo termine in latino è tradotto con modo.
I generi erano tre Diatonico, Cromatico, Enarmonico.
I tonos /modi erano otto: eolio, ionio o ipofrigio, ipolidio, dorico, frigio, lidio,
missolidio, ipodorico.
Nella trattatistica greca vi è sovrapposizione di significati fra i termini tonos e
genere e altri ancora, per cui la confusione fra i termini era inevitabile.
Su una questione non vi è alcuna confusione, ossia, che la base del sistema
fosse il tetracordo: successione di quattro suoni congiunti.
I generi si distinguevano per il tipo d’intervalli presenti all’interno del
tetracordo.
Nel diatonico troviamo 1/2t e T interi, mente nel cromatico la 3° min e il 1/2t,
nell’enarmonico la 3°M dei 1/4t
La sequenza di questi intervalli all’interno del tetracordo(ossia intervallo di
quarta giusta) davano origine ai diversi tonos/modi
Modo significa: sistema, maniera, misura, standard,taglia, limite della quantità.
Due tetracordi uguali formavano un intervallo di ottava o di settima: nella
teoria tutti i tetracordi erano considerati nella forma discendente.
Ogni tono poteva appartenere a uno dei tre generi, dipendeva dal tipo
d’intervalli che conteneva. La disposizione di questi intervalli all’interno del
tono decideva se era un lidio piuttosto che un frigio, etc. Ogni tono poteva
avere tre generi.
I tonos più usati nel periodo pre-classico sono Dorico Frigio e Lidio.
Nel sistema diatonico essi sono così rappresentati.

La-sol-fa-mi tono dorico


Sol-fa-mi-re tono Frigio
Fa-mi-re-do –> tono Lidio

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In diversi trattati il tono dorico fu inteso come modello di riferimento per il
genere diatonico. Nei tonos sopra descritti la differenza è data dalla posizione
del semitono.
Oltre a questo si deve dire che, molti studiosi ritengono che l’Estremo Oriente
abbia influenzato non poco il sistema musicale dell’antica Grecia, per lo meno
all’inizio.Essi ritengono che il tono frigio, quello lidio ed anche hypolidio
abbiano origine dal sistema pentafonico orientale.
I motivi per i quali gli studiosi pensano che le origini della musica greca
fossero di origine orientale vengono dal fatto che i principali strumenti della
tradizione greca, Kithara e Lira (in epoca omerica chiamate phormix e kitharis)
erano accordati secondo la scala pentatonica. Molte scale della tradizione
cinese e giapponese hanno molto in comune con l’evoluzione delle antiche
scale greche nella loro trasformazione in ottava completa: difatti i modi dorico
frigio e lidio e hypolidio si presentano come delle scale pentatoniche orientali
le cui terze vengono in un certo senso “ riempite “.

La modalità arcaica.
Il canto cristiano nasce in Medio Oriente.L’Editto di Costantino del 313 d. C
che sancisce la libertà di culto e la fine della persecuzione dei cristiani
permette una maggiore diffusione del canto sacro cristiano. La musica di
questa aerea medio-orientale si appoggia sul concetto di scala ove i criteri
fondamentali sono: pentatonica, naturale, asemitonale, modale ed influenzerà
anche i canti cristiani dell’Impero Occidentale. Questo tipo di organizzazione
appena descritta viene indicata con il termine- modalità arcaica- e caratterizza
i primi secoli della storia della musica occidentale

In questo tipo di modalità vi sono tre note cardine chiamate “ corde madri”
-C (do) D (re) E (mi)- attorno alle quali si genera la melodia; l’intervallo di terza
minore( tipico delle scale pentatoniche)ha la funzione che noi chiamiamo di “
sensibile modale”.
il canto sacro bizantino come quello siriano si impratichirono presto dell’uso di
semitoni, cromatismi, e si trasformeranno secondo criteri diversi da quelli che
troveremo nella musica europea occidentale.

Dalla corda madre nasce il concetto medievale e moderno di “ nota finale =


finalis” la quale permetterà ai teorici di inquadrare e catalogare la melodia.

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Modalità arcaica ---> scala pentatonica (la-do-re-mi-sol)

---> monopolarità (1 suono/polo di riferimento [ do- re- mi])

---> habitus ristretto: le melodie non si possono espandere molto. Questo


limite di estensione spinse i musicisti e i teorici a trovare qualche soluzione.

In seguito s’iniziò a riempire gli intervalli di terza creando i semitoni.

LA - DO RE MI - SOL
si/sib fa

segnando il passaggio della modalità arcaica a quella definita -Modalità


evoluta. Dall’introduzione dei semitoni nell’organizzazione della melodia
s’iniziano a creare melodie, dove i poli di attrazione diventano due-
bipolarismo.

/---- corda di recita (la nostra dominante)


a) C.madre --------------------------

b) C.madre diventa corda di recita---------------


\------------nuova finalis

O diventano tre: “ tripolarismo”

/-------corda di recita
C.madre----------------( diventa corda interna)----------
\-------finalis

Il canto cristiano occidentale nasce su questo sistema ,e sul suo passaggio da


scala pentatonica a scala diatonica , ma sempre con il riferimento ad una
corda di recita ed a una finalis( ex corda madre)

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I primi trattati di Teoria Musicale
La teoria musicale, dei primi secoli dopo Cristo, è di tipo speculativo ed anche
matematico; essa parla dei rapporti armonici fra i diversi intervalli e si
preoccupa dello studio delle lunghezze delle corde e delle canne, per intonare
gli strumenti, ovviamente secondo il sistema pitagorico. A questo proposito
non dobbiamo dimenticare l’esperienza di Tolomeo di Alessandria d’Egitto (II
d.C.) il quale apportò delle modifiche al sistema pitagorico, smussando
l’intervallo di terza: ma essendo il sistema pitagorico, soprattutto per questioni
filosofiche il preferito, questo rimase, sino al Rinascimento, come
temperamento di riferimento dei trattatisti.

Autori di riferimento sono soprattutto Severino Boezio (475/477-524/526 d. C)


con i cinque volumi del “De Instituzione Musica” (510 d. C, circa), ma anche
autori come Cassiodoro (485-580 d. C), e Isidoro da Siviglia (559-636 d. C).
Questi autori si preoccuparono di tradurre dal greco i testi dei filosofi e teorici
greci. Grazie a loro la tradizione musicale greca, assieme a quella bizantina
arrivò in Occidente.
.
Severino Boezio: dalla sua opera ricordiamo, in questo momento - le otto
specie d’ottava (sette sono quelle greche, lui ne aggiunge una, per questioni
meramente teorico-speculative) – che lui importa dai trattati greci dell’Epoca
Classica.
Nei trattatati dell’Epoca Classica il sistema di suoni, lo spazio sonoro a
disposizione, è disposto su una doppia ottava discendente: nello schema
parte dal suono – la- che era quello di partenza nel genere diatonico.
Fu Severino Boezio a tradurre il termine greco di tonos con –modo- che è
rimasto nel nostro glossario.

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Dalle specie di ottava hanno , secondo Boezio, origine i modi che, lui dice,
possono essere chiamati anche –tropi o toni.

Essi sono disposizioni fisse dello schema sonoro: ossia precise sequenze di
toni e semitoni.

L’opera di Severino Boezio influenzò tutta la teoria musicale europea


medievale e rinascimentale. Agli scritti di Boezio seguirono secoli di silenzio:
riguardo alla sua opera teorico-filosofica, è da trattati musicali redatti dal IX
sec in poi, che ne ritroviamo traccia. Nel IX sec, la sua opera è ampiamente
citata in trattati di teoria come, ad esempio, il trattato- De Harmonica
institutione-di Hucbald di Saint-Amand, o -Alias Musica- (di tre autori anonimi)
In particolare, in questi trattati, appena citati, troviamo l’origine dell’unione del
sistema musicale greco, così come modellato da S. Boezio, con quello
bizantino dell’ochoechos. I due sistemi vennero in qualche maniera posti in
comunicazione fra loro e incastrati.
Si ottenne uno schema ove alle specie di ottava fu attribuito un nome diverso
rispetto alla teoria greca e boeziana.

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La sequenza che nella teoria boeziana corrisponde a ipodorico ipofrigio
ipolidio fu fatta corrispondere a quella di protus deuterus tritus e tetrardus:
furono levati i suffissi – ipo -.

In età carolingia (IX sec), quindi dopo quasi tre secoli dall’opera di S. Boezio,
ritroviamo nuovamente libri che si occupano di teoria musicale, e soprattutto,
non solo da un punto di vista filosofico o musicale - aritmetico; appare l’analisi
delle scale ad esempio, ma anche la classificazione del repertorio dei secoli
precedenti e vi si trovano indicati metodi per classificare, analizzare e
comporre la Musica. Ovviamente anche parti di carattere filosofico - estetico
dedicate alla concezione della Musica. La trattatistica inizia nei monasteri:
l’Europa dell’alto M. Evo era illetterata e priva di documenti musicali.
Menestrelli e giocolieri non si curarono della notazione e trasmissione scritta
dei loro canti, mentre al contrario di quello che avvenne nei monasteri: venne
“notata”, trattata solo la musica sacra non essendo i monaci, se pur di
estrazione popolare, interessati alla conservazione della musica profana.

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Epoca carolingia IX secolo.
Octoechos bizantino

S’inizia a parlare e scrivere di Teoria Musicale e a fissare un sistema che


codifica un repertorio, quello gregoriano, creato almeno quattro secoli prima.

Attorno all’IX sec d. C sembra che il sistema di otto categorie, chiamate-toni-


sia stato imposto dai cantori francesi al repertorio gregoriano. Doveva essere
inizialmente un sistema classificatorio, per creare una lineare e morbida
connessione fra la fine di un tono salmodico (formula usata per intonare i versi
dei salmi) e la melodia gregoriana (antifona), quando essa ritornava alla fine
del tono salmodico. Con il sistema delle otto categorie si organizzavano,
catalogavano, le melodie gregoriane in maniera tale da sapere in ogni
occasione quali fossero quelle che meglio legavano con il tono salmodico.
Furono create delle formule cadenzali/finali chiamate – differentiae- da
applicare a certi toni salmodici in moda da collegarli meglio al “ modo” delle
antifone. I primi documenti che attestano quest’uso sono i Tonari, come quelli
di Metz del 825/855 circa d. C, e comunque non antecedenti l’800 d.C.

La presenza della terminologia greca nei primissimi documenti attesta che il


sistema carolingio dei toni fu adottato dal sistema bizantino dell’octoechos.
L’octoechos fu creato e usato dai cantori del clero bizantino almeno dal VII sec
d. C, per la classificazione delle loro melodie liturgiche in otto diverse
categorie, chiamate –echoi. Nel sistema bizantino l’octoechos serviva a
raccogliere i canti in base alle loro caratteristiche e soprattutto a dividerli fra le
otto domeniche che intercorrono fra la Pasqua e la Pentecoste.

Il sistema bizantino, chiamato octoechos, aveva quattro “categorie”. Ogni


categoria autentica aveva una relativa categoria plagale. I termini “ autentico”
e “ plagale” sono la traduzione latina delle parole greche “ authentes o
authentikos” e “ plagios”. Il primo termine significa: avere potere, autorità. Il
secondo termine significa: collaterale, derivato da, subordinato.
Ogni categoria, o echos, aveva un proprio nome in lingua greca.

Termine bizantino Termine bizantino Traduzione italiana Traduzione italiana

Echos protos echos plagios protos I modo autentico I modo plagale


Echos deuteros echos plagios deuteros II modo autentico II modo plagale
Echos tritos echos plagios tritos III modo autentico III modo plagale
Echos tetartos echos plagios tetartos IV modo autentico IV modo plagale

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Il termine echos, fu tradotto in latino con il termine “ modus”; questo termine
nella teoria orientale identifica un carattere (un ethos) ed anche una precisa
sequenza di altezze.
Ogni echos è anche un’organizzazione musicale che si appoggia su un suono
fondamentale e una serie di formule melodiche costruite attorno ad esso.
Dobbiamo ricordare che il canto sacro bizantino, e con esso il sistema
dell’octoechos, ha radici nel canto sacro delle sinagoghe e nella musica
siriana dunque su un mondo nato sul quella che in precedenza abbiamo
definito come – modalità arcaica [ pentatonica, asemitonale, corde madri] e
soprattutto, poi, come modalità evoluta [ introduzione dei semitoni, bipolarità].

L’octoechos gregoriano.

Il canto liturgico cristiano d’occidente fu ampiamente influenzato dalle strutture


e dalle forma del canto liturgico cristiano d’oriente. Non vi è nessuna
corrispondenza fra il sistema di melodie e formule bizantino e quello
gregoriano: la scala bizantina non è diatonica e usa intervalli che possono
variare da un sesto di tono, a due toni.Tuttavia i teorici carolingi riuscirono a
trovare punti di contatto.
I termini – protus, deuterus, tritus, tetrardus – sono latinizzazioni delle parole
greche- protos, deuteros,tritos, tetartos. Ma, nello stesso tempo, l’origine di
questo sistema ancora non è chiaro. Recenti studi hanno dimostrato che il
repertorio gregoriano non sempre rientra entro gli schemi dell’octoechoes :
non si vedono relazioni strette fra le regole di composizione dei canti ed il
sistema . I teorici carolingi vollero assolutamente inserire tutto il repertorio
all’interno dell’octoechos e trovare, poi, punti di contatto con i modi greci.
Dallo schema dell’Octoechos nasce la musica dell’alto Medio Evo sia
monodica che polifonica.
Questi modi medievali sono da intendersi come l’ambito, entro cui si muove
una linea melodica , quale è la sua finalis e qual è la sua repercussio.
L’ambito in cui si muove la voce determina se la melodia è plagale o
autentica. Hanno una precisa sequenza di toni e semitoni al loro interno.

Protus I autentico finalis re


II plagale finalis re
Deuterus III autentico finalis mi
IV plagale finalis mi
Tritus V autentico finalis mi
VI plagale finalis fa
Tetrardus VII autentico finalis sol
VIII plagale finalis sol

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Nei modi plagali l’ambito in cui si muove la linea melodica scende sotto la
relativa finalis di una quarta giusta; la repercussio diventa in genere la terza
della finalis.
La finalis è il suono sul quale il pezzo finisce, è il passaggio dal concetto di
corda madre a quello di tonica ( nella teoria barocco-classica-romantica )
La corda di recita,dei modi autentici, ora chiamata repercussio è normalmente
la 5° sopra la finalis.
Questo sistema è un sistema elastico, con la costante presenza di eccezioni :
il modo non è un sistema chiuso ma è il “modo di essere “ di una melodia

Fra i trattati di epoca carolingia fra il IX e X sec avviene una sorta di


sistemazione dell’eredità bizantina e di quella greca: quest’ultima giunta
attraverso la traduzione e mediazione di Severino Boezio.
In diversi trattati di fine IX sec ed inizio X sec, in virtù della riscoperta
carolingia della teoria musicale greca si inizia a dare vita ad un concetto
diverso di “ modalità”. La modalità inizia ad essere pensata come un sistema
predefinito: un “ modo” non è più un “ echos” ma è un sistema di altezze e
precise relazioni intervallari. Sono queste relazioni intervallari a determinare il
carattere di ogni intonazione melodica.Nasce una concezione “ teorica “ della
modalità che implica la creazione di un sistema astratto, fatto di intervalli, la
creazione di una “scala”, come noi moderni la intendiamo. Per la prima volta
ogni nota è una entità distinta “ come una rampa di scale”, in latino detta “
modum scalarum” ove le note salgono e scendono ed ogni nota è separata
dall’altra da un proprio intervallo. Nel “De institutione harmonica”(870/890 circa)
Hucbald di Saint-Amand propone un adattamento del genere diatonico
Teleion,il sistema greco classico. Egli decide che il sistema deve essere
organizzato partendo dal grave e salendo all’acuto ( mentre nei trattati teorici
greci il sistema dei suoni era organizzato in senso discendente)

Nel “De institutione harmonica” Hucbald di Saint-Amand l’indica quali sono i


suoni più adatti per essere le finalis delle quattro famiglie modali: re-mi-fa-sol.
Ad esse egli attribuì il nome di alcuni dei modi greci, rispettivamente: dorico,
frigio, lidio, misolidio. Per Hucbald queste note erano adatte al sistema della
quattro modalità dell’octoechos : “.. e lo sono in modo tale che ognuna di
queste note governa un coppia di modi…. Così ogni melodia è
necessariamente ricondotta a una di queste quattro note chiamate finalis,
poiché tutto ciò che è cantato trova la sua fine su ognuna di loro “

In un trattato anonimo sempre del IX sec chiamato” Alias musica” si trova altra
testimonianza dell’ integrazione fra l’eredita greca e quella bizantina:
integrazione fra le sette specie di ottava che Boezio reinterpreta dai trattati
greci, e gli otto modi eccleciastici dell’octoechos.

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I specie d’8° ( la-la) ! modo ipodorico ( ossia dorico plagale)
II specie d’8° ( si-si ) ! modo ipofrigio ( ossia il frigio plagale)
III specie d’8° ( do-do ) ! modo ipolidio ( ossia il lidio plagale)
IV specie d’8° ( re-re ) ! modo dorico
V specie d’8° ( mi-mi ) ! modo frigio
VI specie d’8° ( fa-fa ) ! modo lidio
VII specie d’8° ( sol-sol ) ! misolidio
VIII specie d’8° ( re-re) ! ipermisolidio ( ossia il misolidio plagale)

Quindi abbiamo una sorta di connessione fra il concetto ellenico di


tonos/genere con quello di modo ecclesiastico.

La specie d’ottava rappresenta i concetto di sequenza di toni e semitoni


diatonici entro un’ottava, il modo ossia il protus, deuterus, tritus e tetrardus , il
porta con esso il concetto di finalis e repercussio, che era estraneo alla cultura
greca.
.
L’ottava modale dei modi autentici si articola in una 5° G più una 4° G al di
sopra della finalis, mentre l’ottava modale dei modi plagali si articola in una 4°
sotto la finalis più una 5° sopra la finalis. Questo concetto verrà ripreso nelle
successive formulazioni teoriche. In virtù della fusione/commistione che nel IX
secolo troviamo documentata da trattati come il già citato -De Harmonica
institutione di Hucbald di Saint-Amand il sistema bizantino dell’octoechos si “
trasforma” in un sistema , sempre di 8 modi le cui finalis prendono il nome dai
modi greci così come tradotti ed introdotti da Severino Boezio. Questo
momento rappresenta il momento nel quale e per il quale il sistema teorico
bizantino-gregoriano incontra il sistema della Grecia antica ed i cui effetti si
sentiranno del corso del basso medioevo arrivando a destinazione nel corso
del XVI sec con la definitiva teorizzazione dei modi operata da Zarlino e
Glareano. In questo momento un sistema basato su un concetto di finalis e
repercussio ed ambito si incontra con un sistema teorico nel quale questi
concetti non esistono, ed è invece basato suli concetti di tetracordo,ottava e
ripetizioni di tetracordi formati da precise sequenze di toni e semitoni.

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All’inizio del XI sec troviamo due trattati di teoria del canto liturgico che ebbero
larga eco: Micrologus di Guido D’Arezzo 1026 e di un anonimo autore il
Dialogus de musica, scritto sempre negli anni del Micrologus.

Questi trattati hanno carattere molto più pratico che non speculativo;
scompaiono i riferimenti a Boezio ed altri autori antichi ed ai nomi greci delle
note vengono sostituite le oramai familiari lettere latine A-G , a-g aa-gg, ( per
indicare le tre ottave dell’ambito sonoro dell’epoca)

In questi due trattati la discussione riguardo i modi ecclesiastici ruota attorno


alla definizione delle cosidette funzioni modali : finalis, inizialis, tenor

Finalis : un tono o modo è la regola che distingue ogni canto in base alla sua
finalis.
Guido D’Arezzo dice che le note interne di una frase sono legate alla sua nota
conclusiva da rapporti intervallari quasi “ obbligati “( S, T 3°min o magg, 4° o
5° giusta) ed a loro volta queste note di fine frase sono legate alla finalis del
brano dagli stessi rapporti intervallari obbligati.

La finalis stabilisce anche l’ambitus in rapporto alla forma autentica o plagale: i


modi autentici scendono di uno o due gradi sotto la finalis, e superano l’8° sino
alla nona o decima.
Nei modi plagali l’ambito scende anche di una 5° sotto la finalis ma non
salgono che di una sesta o settima sopra di essa.

Forma autentica o plagale di un modo hanno un’identica finalis e si


diversificano solo per ampiezza e registro dell’ambitus

Tenor : ossia corda di recita.Ossia il perno attorno al quale ruotano le melodie


gregoriane. Viene dalla pratica della salmodia, e della cantillena, La cantillena
è di origine ebraica e prevede l’intonazione di un testo su un’unica corda di
recita, un unico suono, e leggere inflessioni per enfatizzare il testo o la
punteggiatura Il tono salmodico è un po pìù strutturato: ha dei passaggi
importanti che possiano sulla corda di recita,altri che ricamano,

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Nascita della Polifonia

Il primo trattato di cui si ha fonte è MUSICA ENCHIRIADIS del 850 d.C circa:
autore praticamente sconosciuto, scritto in aerea franco-occidentale è una
sorta di manuale di musica; tratta delle regole delle prime strutture polifoniche,
che noi faremmo meglio a chiamare polimelodiche. Contiene la descrizione
delle diverse forme di Orgamun.

Il termine viene dal verbo organizzare → ossia mettere a punto, combinare


l’aggiunta almeno di una voce alla melodia tratta dal repertorio gregoriano,
quindi anche come sovrapporre le diverse voci che cantano.

Nel trattato in oggetto si parla in generale di ORGANUM PARALLELO, ossia la


voce,-VOX ORGANALIS -che raddoppia la melodia tratta dal repertorio
gregoriano, detta VOX PRINCIPALIS, si muove principalmente per moto
parallelo ad essa con intervalli di 8° 5° 4° e si pone, in un canto a due voci,
inferiormente alla melodia gregoriana.
Intervalli accettati nella prima fase della nascita della polifonia e quindi
nell’organum parallelo sono: 1° 4° 5° 8°, mentre nel successivo organum
libero i moti obliquo e contrario e retto introdussero anche intervalli di 2° e 3°

Nel trattato si parla esplicitamente di 4 possibilità del movimento delle voci


rispetto alla vox principalis, riferendosi ad un tipo di orgamum che viene
chiamato ORGANUM LIBERO

1) moto parallelo: la voce organalis compie gli stessi movimenti melodici della
vox principalis
2) moto retto: la voce organalis si muove nella stessa direzione della vox
principalis ma con intervalli melodici diversi
3) moto obliquo: una voce rimane ferma ed una voce si muove
4) moto contrario: la voce organalis compie dei movimenti melodici contrari
alla direzione della voce principalis

Una forma particolare di organum parallello è quello definito COMPOSITO.


Destinato ad un canto solistico prevedeva 4 parti : la voce principalis veniva
raddoppiata all’ottava inferiore e quella organalis a quella superiore

B1 vox org ottava superiore


A vox principalis
B vox organalis
A1 vox principalis ottava inferiore

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Non si parla di polifonica ma di polimelodia

Lo stile di “ nota contro nota”( contrappunto) viene chiamato in questo tempo,


DISCANTO
Si parla di organum libero quando si incontrano brani ove all’iniziale
movimento parallelo si affianca, se pure con parsimonia ,nelle fonti del Musica
Enchiriadis ,il moto obliquo ed il moto retto e con maggiore parsimonia il moto
contrario
Il moto contrario prende definitivamente piede a partire dall’XI sec come
testimoniano i discantus dei Codici di Limonges, Milano, Compostela.
L’organum libero, più che a gruppi era destinato a voci soliste; la polifonia
nasce come canto solista e non come canto corale.

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Stadio avanzato di organum: questa è la sequenza Benedicta Tu che in
notazione originale è nell’immagine riportata qui sotto.

Questa risulta essere al momento la più antica composizione a due voci che è
rimasta: i gradi della scaladasiana sono segnati con circoletti o lineetrasversali
mentre le linee verticali o leggermente oblique collegano insieme suoni da
eseguirsi contemporaneamente

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In questo periodo il temperamento, per lo meno in ambito ecclesiastico è
quello pitagorico.

Sistema dasiano

Sistema Dasiano, imitazione medioevale dell’antica notazione greca. I suoni


del campo sonoro sistemati in verticale a sinistra, da essi parte un sistema di
righe orizzontali sopra le quali venivano poste le sillabe del testo.
Gli esempi sotto riportati sono i primi esempi di scrittura vocale a più voci.
Abbiamo notizia di questo particolare sistema di notazione solo nel Musica e
Scholia Enchiriadis, da cui provengono gli esempi sotto riportati.

trascrizione moderna dell’esempio a

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trascrizione moderna dell’esempio b

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Guido D’Arezzo XI secolo

Nella Storia della Teoria della Musica medievale occupa uno spazio
importante il trattato di Guido D’Arezzo chiamato Micrologus del 1026. In
questo trattato Guido monaco spazia in tutti i campi della teoria musicale del
suo tempo; parla delle forme dell’organizzazione dei canti gregoriani e della
individuazione del loro rispettivo modo ed inoltre parla della questione della
memorizzazione del repertorio ed anche della notazione musicale sul sistema
di righe e spazi. Significativa questa sua affermazione “ chi canta senza
sapere quello che canta- deficentur bestia- si deve definire bestia “ Il passo
alla definizione di due categorie di musicisti è breve:
a) cantori che eseguono a memoria b) musici che conoscono la musica e la
elaborano.

Creò il sistema degli esacordi nel quale incluse ogni melodia gregoriana. Dalle
sillabe inziali dell’inno “ Ut queant laxis” ricavò le sillabe da attribuire ai suoni
da C a A, ossia ut re mi fa sol la. Il sistema degli esacordi copre tutto il range
che poteva essere sfruttato dalla voce.
Gli esacordi sono tre
Naturale: nota di partenza do
Molle: nota di partenza fa
Duro: nota di partenza sol

Hanno tutti e tre la stessa sequenza di T e semitoni: TT S TT. Tutti e tre gli
esacordi sono in pratica delle scale che noi oggi definiremmo, maggiori, al
contrario della maggior parte dei modi dell’octoechos che rimandano al
moderno modo minore.L’estensione stessa delle melodie costringeva a
passare continuanmente da esacordo ad esacordo in maniera tale da fissare
con determinate sillabe determinati intervalli. Es mi-fa era il bisallabo che
permetteva facilmente di memorizzare il semitono.

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Es: Kyrie-tropo Cuncipotens genitor meus fu realizzato in discanto ( nota contro nota ).
Esso si trova in un trattato anonimo chiamato “ Ad organum faciuendum “ del XI conservato
nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, e per questo definito “ Trattato di Milano “

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Esempio dal Codex Calixtinus 1140 circa, conservato nella biblioteca della cattedrale di
Compostela.

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La Schola di Notre Dame, Parigi

Un gruppo di studenti e professori che gravitava attorno alla cattedrale di


Notre Dame in Parigi ( che si iniziò a erigere dopo il 1160 ) realizzò un’
importante opera nel campo della notazione musicale,o meglio, nel campo
della notazione ritmica.Portò alla sua compiuta realizzazione la forma
dell’Organum del Discanto e della Clausola e creò i primi Motetti polifonici.
Della Schola di Notre Dame si ricorda un importantissimo codice, compilato
verso la fine del 1100- il Magnus Liber Organa e due importanti “ compositori “
Magister Leoninus ed il suo successore Magister Perotinus; il primo venne
definito“ optimus organista” ossia esecutore di organa. Magister Leoninus è il
primo nome cui si affianca la qualifica di compositore: il primo compositore
professionista della Storia della musica occidentale, di cui si abbia ad ora,
notizia; il testo che ci riporta sue notizie è chiamato Anonimo IV. Il codice
originale è andato distrutto ma ci è pervenuto grazie a copie del XIII e XIV
secolo. In questo codice vi sono raccolti i documenti più antichi relativi alla
musica eseguita a Notre Dame.

Gli organa di Magister Leoninus sono tutti a due voci e sono organa
melismatici: tenor preso da una piccola porzione di melodia gregoriana
trascritta con durate ritmiche non quantificabili, al di sopra di essa, un duplum
organizzato in valori ritmici creati secondo lo schema dei cosidetti modi o piedi
ritmici.

E’ una scrittura polifonica che si può dividere in due stili


1) tenor a valori lunghi e duplum con almeno 10-15 note di fioritura ( melisma)
per sillaba. Stile melismatico

2) stile di discanto → tipico delle clausole ove il tenor accorcia la durata delle
singole note del canto gregoriano originale e la voce superiore, l’organum,
ricama con meno note che non nello stile fiorito, ogni sillaba del tenor.

In generale possiamo dire che non tutte le sezioni degli organa erano
polifoniche: esse prevedevano delle parti affidate alla schola e quindi
monodiche e delle parti affidate a solisti con scrittura polifonica

Il successore nella carica di maestro di cappella a Notre Dame ,Magister


Perotinus ( 1155-1225 circa ) che rielaborò il Magnus liber organa di Leoninus
componendo anche nuove clausole da inserire al posto di quelle del suo
predecessore. Con questo autore si amplia il numero delle voci nelle parti
polifoniche arrivando sino a 4 voci. All’inizio del 1200 la scrittura polifonica

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inizia ad arricchirsi e va perfezionandosi l’abilità dei solisti. Iniziano a nascere
vere e proprie composizioni: Viderunt Principes, Sederun Omnes

Nella produzione della S.Notre Dame si trovano tre stili ed ognuno ha un


ruolo definito
Lo stile sillabico diventa lo stile del Conductus
Il discantus è lo stile delle Clausole
Lo stile melismatico quello degli Organa

Conductus: forma che non ha rapporto con il canto gregoriano, ma è un


componimento libero su un testo latino di carattere religioso o edificante. Vi
sono conductus a una voce, come poi in stile polifonico. Nasce proprio nel
repertorio di Notre Dame.

Clausola: parti di “ricambio” di certe sezioni degli organa.Il tenor ( vox


principalis) è un melisma di un canto gregoriano. Sopra di questo una o in
seguito due o tre voci venivano sovrapposte in stile di discanto; il tenor
procede con movimento più continuo che non nello stile melismatico, ha valori
meno larghi e sopra di esseo vengono poste un numero contenuto di suoni-
cinque , sei .

Organa : prima forma di polifonia. In questa epoca questa forma oramai con
diversi secoli di storia alle spalle raggiung pieno sviluppo e definitiva
codificazione. In questo periodo gli organa sono scritti principalmente in stile
melismatico: su parti di melisimi gregoriani, e quindi suoni che sono
continuazione delle stesse sillabe, si sovrappongono due o anche più voci
che si muovono secondo la ritmica modale in lunghi passaggi melismatici. I
suoni del melisma gregoriano si trasformano in suoni tenuti e molto lunghi con
funzione di pedale.Esempio di questa forma è il Viderunt omnes di
M.Perotinus

21
a) clausola dal repertorio di Magister Leoninus a due voci
b) clausola dal repertorio di Magister Perotinus a tre voci. Versione a tre voci della
clausola più antica di Leoninus

22
Sistemi sonori di riferimento: la modalità medievale e rinascimentale
Alto Medioevo
Modo Categoria Tipo Estensione Repercussa Finalis
I Protus Autentico RE-RE LA RE
II Protus Plagale LA-LA FA RE
III Deuterus Autentico MI-MI DO (SI) MI
IV Deuterus Plagale SI-SI LA MI
V Tritus Autentico FA-FA DO FA
VI Tritus Plagale DO-DO LA FA
VII Tetrardus Autentico SOL-SOL RE SOL
VIII Tetrardus Plagale RE-RE DO SOL

Il primo è grave il secondo triste, il terzo mistico, il quarto armonioso, il quinto


allegro, il sesto devoto, il settimo angelico e l'ottavo perfetto(Guido d'Arezzo,
Micrologus 1026 circa..).

Nel XV sec con la piena affermazione della polifonia a quattro voci e della
tecnica contrappuntistica la giustificazione di “ modo” come di un “ ambito
melodico” diventa anacronistica.Visto l’uso contemporaneo di quattro voci
soliste, l’ambito melodico in cui si muove un brano è di certo maggiore che
non quello di un canto gregoriano. Contemporaneamente il rinnovato interesse
per le teorie platoniche, pitagoriche, ed in generale per la Grecia antica riporta
il primo piano la necessità di spiegare, giustificare anche nel sistema musicale
modale le relazioni matematiche che lo governano.

Rinascimento

I modi teorizzati nel Quattrocento sono ancora otto, di cui quattro autentici e
quattro plagali. Ciascuno caratterizzato da propri intervalli e clausole
cadenzali, come si è già detto.
Nel corso del Cinquecento si ha il passaggio ad un sistema costituito da 12
modi, 6 autentici e 6 plagali. I due pù importanti trattati rinascimentali a taò
riguardo, sono : le Istituzioni Armoniche di Gioseffo Zarlino -1558, prima
pubblicazione, ne seguiranno altre due sempre a Venezia- ed il
Dodecachordon di Glareano – 1547.
Ora i modi sono considerati come suddivisioni aritmetiche oppure armoniche
dell’intervallo di ottava.Nella organizzazione di Severino Boezio le otto specie
di ottava (di cui sette di origine greca e un’aggiunta da lui) erano disposizioni
fisse dello schema sonoro. Nella teoria dell’octoechos i modi non erano scale
ma ambiti in cui si muoveva una melodia che aveva due importanti riferimenti,
la finalis e la repercussio.Nella teoria rinascimentale questi due mondi sono
definitivamente uniti ed organizzati nel sistema dei dodici modi. Nella teoria

23
rinascimentale entra definitivamente in uso il suffisso- ipo- per indicare un
modo plagale .

Ogni modo autentico è giustificato, per i teorici del 1500, per essere una
sovrapposizione di un intervallo di quinta ascendente e di un intervallo di
quarta ascendente.La nota superiore della quinta coincide con la prima nota
della quarta. La nota più bassa della quinta è la “ finalis “ del modo mentre la
nota più acuta della quinta è la “ repercussio o tenor o corda di recita”;
l’eccezione è rappresentata dal III modo ove la repercussio è la prima nota
dell’intervallo di quarta.
I modi plagali sono invece determinati dalla sovrapposizione di un intervallo di
quarta e di uno di quinta. La finalis nei modi plagali è sempre la nota inferiore
dell’intervallo di quinta. La repercussio del modo plagale è in genere una terza
sopra la finalis con l’eccezione del IV ed VIII modo ove la repercussio è una
quarta al di sopra della finalis.
Diverse sequenze di toni e semitoni che formano gli intervalli di quinta o
quarta determinano la rispettiva specie di appartenenza per entrambi.
La teoria rinascimentale riconosce quattro tipi di quinta e tre tipi di quarta.
La differenza è nella posizione del semitono.

T s TT 1° specie

S TTT 2° specie

TT T s 3° specie

TTs T 4°specie

Riguardo l’intervallo di quarta le specie sono tre.

TsT

s TT

TT s

I modo ed il suo plagale hanno la prima specie di V e IV


III modo ed il suo plag hanno la seconda specie di V e IV
V modo ed il suo plag hanno la terza specie di V e IV
VII modo ed il suo plag hanno la quarta specie di V e la sec di IV

24
ET perche hò detto di sopra, che li Dodici Modi nascono dalla diuisione delle Sette
specie della Diapason, fatta hora harmonicamente, et hora arithmeticamente; però
auanti che si vada più oltra, voglio che vediamo in qual maniera s’intenda la
Diapason essere mediata, o diuisa all’ vno, et all’ altro modo.

Si debbe adunque auertire, che la Diapason, la quale è la Prima consonanza (come


altroue hò mostrato) si diuide primieramente per vna chorda mezana nelle sue
parti principali, che sono la Diapente, et la Diatessaron; le quali parti (perche spesse
volte si vniscono insieme, ponendosi hora la maggiore, et hora la minore nel graue)
ne danno due congiuntioni, ouero vnioni; delle quali l’ vna non essendo in tutto
buona, l’ altra viene ad essere molto sonora, et soaue.

Et tal soauità nasce, quando la Diapente si pone sotto la Diatessaron: percioche


essendo congiunte, et vnite in cotal maniera, gli estremi della Diapason viene ad
esser tramezati da vna chorda mezana, laquale è la estrema acuta della Diapente,
et la estrema graue della Diatessaron: onde tal diuisione, anzi congiuntione, si
chiama harmonica. Gioseffo Zarlino Istituzioni Armoniche 1558

I modi autentici vengono distinti dai plagali per il fatto che :

Modo autentico => divisione armonica del diapason: diapente + diatessaron

Modo plagale => divisione aritmetica del diapason : diatessaron+ diapente

La finalis di ogni modo è la nota inferiore della diapente.


I modi diventano 12 perché le specie di quinta e quarta possono partire dai suoni
re, mi, fa sol, la e do . Sulla nota si non può esservi alcuna specie di quinta giusta,
essendo la quinta si-fa una quinta diminuita e quindi un tiritono.Questo sistema
basato sulla scala naturale diatonica .
Anche la diapente può essere divisa armonicamente ed aritmeticamente. Le due
divisioni danno la terza maggiore e poi la terza minore.
Quindi l’intervallo di quinta inizia ad essere considerato una successione di intervalli
di terza.

Divisione armonica della quinta = 5/4 ossia terza M

Divisione aritmetica della quinta=6/5 ossia terza m

Esistono solo due possibilità di combinazione dei due intervalli : terza M + terza m
Oppure terza m + terza M.
Nel corso del Seicento nella pratica compositiva nasce la tendenza del voler
riassumere di dodici modi in due grandi categorie:
modi con l’intervallo di terza maggiore fra I e III grado
modi con l’intervallo di terza minore fra i e III grado

25
Gioseffo Zarlino, Istituzioni Harmoniche 1557/58

26
Dodecachordon, Glareano, 1547

Heinrich Loriti Glareano 1488-1563, umanista e professore svizzero.Non era un


prete, ma un professore, uno studioso che insegnò in collegi ed anche università di
area svizzero-tedesca. Glareano volge principalmente la sua attenzione di studioso
alla questione della organizzazione del sistema sonoro,del sistema modale. Propone
una riforma del sistema degli otto modi ecclesiastici.
Aveva studiato a fondo le fonti antiche e medievali e volle creare una sintesi fra
antichità e tradizione medievale e dare ordine ad un sistema , che oramai non
poteva più essere identificato solamente attraverso gli otto modi ecclesiastici.
Nel 1547, dieci anni prima delle Istituzioni Harmoniche di Gioseffo Zarlino, Glareano,
pubblica a Basilea il suo Dodecachordon; il libro era già pronto da una decina di
anni, ma non era ancora riuscito a pubblicarlo. Glareano aveva studiato a fondo il
repertorio delle epoche a lui precedenti. Nel suo trattato Glareano propone l’analisi
di moltissimi brani, vi sono almeno 200 esempi.
Negli autori antichi e medievali, aveva trovato testimonianza di un sistema di dodici
modi e ,del modo con cui costruire questo sistema: la divisione aritmetica o
armonica dell’ottava.
Vuole dimostrare la presenza di tutti e 12 i modi, nel repertorio sia gregoriano,
cantus planus, che nella polifonia. Negli autori antichi e medievali, elencati all’inizio
dell’opera, aveva trovato testimonianza di un sistema di dodici modi , e del modo
con cui costruire questo sistema: la divisione aritmetica o armonica dell’ottava.
Voleva dare ordine e coerenza ad un sistema nel quale non si riuscivano a
inquadrare razionalmente composizioni che concludevano su note che non erano
contemplate come finalis. Queste note erano Do e La.
Su questi presupposti fonda il suo sistema.

Fra tutte le combinazioni fra i diversi tipi di quarte e quinte, seleziona le sette
combinazioni che si addicono al genere diatonico dell’ottava : non meno di due e
non più di tre toni interi consecutivi all’interno di una quarta o di una quinta.

Osserva che cinque di queste ottave, quelle che partono da Re, Mi, Sol, La, Do,
possono essere suddivise sia come quinta+ quarta che come quarta+quinta, ossia
come i modi autentici e plagali.

Questo non può essere fatto sulle scale di Do e Fa, altrimenti emergono la quarta
aumentata e la quinta diminuita.
In questo modo ottiene 12 modi: otto appartengono al sistema medievale
dell’oktoechos, con finalis Re, Mi, Fa, Sol, mentre lui ne aggiunge 4 le cui finalis
sono La e Do
La-mi-La autentico eolio e mi-La-mi plagale eolio, rispettivamente 9° e 10° modo

Do-sol_do autentico ionio e Sol-do-Sol plagale ionio ossia 11° e 12° modo.

27
Glareano afferma la validità teorica del

SI autentico ossia Si-fa-Si e Fa plagale ossia Fa-si-Fa

dicendo che sicuramente i musicisti del futuro, sempre alla ricerca di novità, li
avrebbero un giorno usati ed inseriti nel sistema.

Glareano riteneva di aver razionalizzato un sistema moderno ma di averlo anche


ricondotto al sistema dell’antica Grecia, ove, come Platone e Aristotele affermavano,
la musica esercitava straordinari effetti sugli ascoltatori.

Osserva che di fatto i modo di Re corrisponde al nuovo modo di La, qualora vi fosse
un uso costante del sib, cosa assai comune, da sempre, in quel modo.
Inoltre osserva che il Fa, lidio, ed il Sol, misolidio, si presentano come trasposizioni
del nuovo modo ionio Do, visto il loro uso sistematico, rispettivamente, del sib e del
fa#

Le spiegazioni all’uso delle “ alterazioni” era sempre stato problematico nel sistema
medievale: erano usate allo scopo di creare delle clausole cadenzali, non andavano
ad intaccare l’impianto modale.Ma in alcuni modi, come il sib nel Re, era
sistematico.Invece Glareano afferma che l’uso sistematico di una alterazione
provoca la trasformazione di un modo in un altro.

28
Basso continuo

La sua pratica si fa risalire agli ultimi decenni del 1500: era diventata prassi
per gli organisti accompagnare, anche improvvisando l’accompagnamento,
composizioni vocali polifoniche. Adoperavano unicamente della linea del
basso vocale piuttosto che l’intavolatura con tutte le voci; sono rimaste delle
parti separate per organo, ove solo la linea del basso è presente, datate
almeno dal 1587.
La pratica veneziana dei cori spezzati, favorita dalla presenza di due organi in
San Marco e dalle opposte cantorie, prevedeva l’accompagnamento con
l’organo o anche con altri strumenti. Dalle cronache dell’epoca si evince che
solo in Vaticano si prevedevano esecuzioni solamente “ a cappella” .
Il basso continuo inizialmente consiste nel trasferimento su strumento a
tastiera, o su liuto o tiorba (rinforzati da viola da gamba, violoncello o violone)
della linea più grave della composizione polifonica. Soprattutto all’inizio di
questa pratica, la numerazione poteva mancare e l’esecutore doveva ricavarla
sia dai movimenti del basso medesimo sia dallo stile e andamento del brano.
Prese piedi la prassi di scrivere sopra la linea al basso delle numerazioni che
indicavano gli intervalli da costruire e suonare sopra questa linea.
Dall’affermazione del basso continuo gli intervalli furono sicuramente calcolati
partire dalla nota più grave.
Il numero d’intervalli simultanei in consonanza è molto limitato 3-5 3-6 4-6.
Con la tecnica del basso continuo s’iniziò a visualizzare e a pensare alla
sovrapposizione contemporanea d’intervalli.
Gli intervalli posti sopra la nota più bassa non erano intesi come accordi né
erano parti in vero e proprio contrappunto vocale: gli intervalli creavano
armonie sopra un suono posto al grave seguendo le regole di buona condotta
e collegamento del contrappunto dell’epoca.

Il moto delle parti veniva notato secondo la tecnica contrappuntistica 4-3 6-5
9-8 8-7

Certo, la cifratura del basso spinge nella direzione dell’acquisizione di una


mentalità compositiva che si organizza in verticale creando degli intervalli che
devono essere “ in accordo “ fra di loro. Inizialmente “ solo in accordo” poi nel
Classicismo diventeranno “ accordo “. Durante il 1600 l’accompagnamento al
basso continuo era in totale formato da quattro voci, secondo il modello
polifonico cinquecentesco; nel caso di repertorio per voce sola o concertante,
divenne sempre più indipendente dalla voce/voci che accompagnava
reclamando, dunque, una propria autonomia e un proprio ruolo meno
dipendente alle voci da accompagnare.
In generale nel 1700 il basso continuo costituì l’accompagnamento usuale di
ogni tipo di musica sia per grandi sia per piccoli organici. Per i grandi organici i

29
trattati dell’epoca suggerivano anche una realizzazione a più di quattro parti
sino a sei o sette e suggerivano che fossero solo le voci agli estremi a
rispettare le regole contrappuntistiche della concatenazione, mentre quelle
interne avevano meno vincoli.
I trattati di basso continuo nel corso del secondo Barocco e nel Classicismo si
preoccupano di insegnare al continuista come improvvisare la realizzazione
degli intervalli sopra “i gradi” della scala, proponendo, secondo i diversi
andamenti del basso, alcune realizzazioni e concatenazioni intervallari.

Indicazioni generali su principi armonizzazione del Basso Continuo

5
3 Indicava la terza e la quinta sopra la nota al grave

6
3 Indicava la terza e la sesta sopra la nota al basso ma a seconda del tipo di raddoppio veniva chiamata in
due modi

sesta semplice ove si raddoppia la nota al basso ( la terza dell’accordo )


sesta doppia ove si raddoppia la 6° o la 3° sopra al basso

Poi si trovano realizzazioni come

Petit sixte- sesta piccola- 6 ossia formato da 6°4°e 3° sopra la nota al basso
4
3
Fausse quinte – falsa quinta 5d 6° 3° sopra il basso

6 ove 4# indica il tritono sopra la nota al basso


4#
2

6# ove la sesta è resa maggiore sopra il basso, si trova su un VI ! V


3

6 Su un IV ! V . Detta da Rameau sesta aggiunta


5
3

Ogni grado della scala in relazione anche al movimento che doveva fare aveva una
realizzazione suggerita.
Sul III si faceva la sesta semplice
Sul II che scende al I la petite sixte ( 6/4/3)
Sul VII che scende al VI la sesta doppia
Sul IV che scende al III ( 6/4#/3)
Sul VI che scende al V la 6#/3
Sul IV che sale l V la 6 aggiunta ( 6/5/3

30
Nascita del concetto di accordo. Cadenze Basso Continuo armonie.

Per noi, abituati a ragionare in termini di accordi-rivolti-armonia-gradi della


scala-tonalità il concetto di cadenza è legato a un preciso movimento
armonico: D ! T

Nel Rinascimento, invece, la cadenza è definita come “ una combinazione di


più movimenti melodici caratteristici “ : nella teoria contrappuntistica la
cadenza consiste nell’organizzare, simultaneamente, nelle diverse voci, il
movimento cadenzale di appartenenza, detto genericamente “clausola”

Vox superiore ! clausola cantizans : la voce sale di un semitono


Vox contralto ! clausola altizans : la voce tiene la nota o scende di una terza
Vox di tenore ! clausola tenorizans : la voce scende di grado
Vox di basso ! clausola bassizans : la voce scende di quinta

Prende piede, gradatamente ,dalla fine del Cinquecento, una visione verticale
e quindi “armonica” della musica. Inizia un cambiamento di prospettiva: la
verticalità.L’armonia non è più la combinazione, il risultato di diversi
procedimenti melodici che si muovono parallelamente, ma un’idea musicale
vera e propria, un “suono” preciso e voluto.L’epoca bachiana è il momento di
passaggio fra una visione dell’armonia,creata da sovrapposizioni di intervalli
sopra i diversi gradi della scala e una visione, più Settecentesca,ove la
sovrapposizione d’intervalli crea un’accordo su un certo grado della scala(
accordo che può essere in stato fondamentale o in rivolto).
Iniziano a crearsi degli schemi di collegamento accordali (i giri armonici),
accordi di un grado della scala che “tendono” “risolvono” ad altri accordi situati
su altri gradi della scala.

Negli anni 1608-1612 in trattati di aerea tedesca si trovano le prime definizioni


di rivolto.Thomas Champion nel 1613 aggiunge alla nozione di rivolto e quindi
di accordo ,quella di “ basso fondamentale”. Egli afferma : basso (la nota più
grave) degli accordi di 3-6 non è il vero basso poiché “ ove si ha una sesta, il
vero basso si trova una terza sotto “
Questi trattatisti furono in gran parte ignorati ,ma il loro lavoro rimase, tuttavia,
presente, ed circolava all’interno delle scuole teoriche seicentesche. Rameau
li conosceva ed essi divennero la base del suo sistema musicale, basato,
appunto, sul rapporto fra i” bassi fondamentali “degli accordi

31
L’epoca classica l’armonia come scienza

Il periodo nel quale “l’armonia” prende la strada per diventare “scienza


armonica” è quello dei primi decenni del 1700.
Fondamentale lo opera di Jean-Philippe Rameau “Trattato di Armonia, ridotto
ai suoi principi fondamentali” del 1722. Inizialmente concepito come un trattato
per l’armonizzazione del basso continuo, esso raccoglie l’esperienza, e
l’eredità dei trattatisti 500eschi e 600eschi (Harnisch, Lippius, Campian) che
nei loro scritti avevano esposto i concetti di rivolto e di basso fondamentale.

Il Trattato di armonia ridotto ai suoi principi naturali è un’opera divisa in quattro


parti 1) gli accordi, i rapporti e proporzioni intervallari 2) il basso fondamentale
e la natura e proprietà degli accordi 3) principi di composizione 4) principi di
accompagnamento.

Con Jean-Philippe Rameau si arriva alla teorizzazione definitiva del "basso


fondamentale" come del suono generatore dell’accordo; l’accordo è una
sovrapposizione d’intervalli di terza. È quindi teorizzato il concetto che
l’accordo corrisponde a una “ triade”, di conseguenza in un insieme d’intervalli
sovrapposti si cerca il suono che sta alla base di una triade- ossia di un
insieme simultaneo d’intervalli di terza.
La nozione contrappuntistica di origine medioevale di consonanza “ a due a
due “ è sostituita da quella di accordo. L’accordo è generato da un unico
suono detto “ fondamentale o centro armonico “.

Il “movimento implicito” del basso fondamentale sta alla base della teoria
armonica di Rameau per il quale - la linea melodica dei bassi fondamentali si muove
secondo la clausola bassizans.
La successione degli accordi è regolata in base alle relazioni fra i bassi
fondamentali con relazioni di tipo D ! T oppure S ! T (ossia 5° discendente
e 5° ascendente) V –I oppure IV –I .
In questo tipo di “moti cadenzali”,i suoni che sono i bassi fondamentali si
muovono per 5° discendente a prescindere dal fatto che siano o no nella parte
più grave oppure. La successione dei bassi fondamentali da origine a una
linea immaginaria che è ben distinta da quella reale, ossia costituita dai suoni
del basso continuo.

Secondo Rameau l’accordo si trova “ in natura” come accordo perfetto :


accordo maggiore viene dalla divisione armonica della corda , mentre
l’accordo minore viene dalla divisione aritmetica della corda. Evidente il
riferimento all’opera teorica di Zarlino La dimostrazione di tutto questo,
Rameau lo compie attraverso dei calcoli piuttosto arbitrari e basati sul
monocordo e non usando la teoria della risonanza e dei suoni armonici,

32
scoperti da Sauver solo poco dopo e che comunque serviranno a sostenere la
scientificità e “ naturalità “ della sua impostazione teorica. Rameau si muove in
pieno Illuminismo e Naturalismo.

Per Rameau all’interno di una frase, di un periodo, di una composizione, tutto


nasce e si organizza in base alla catena di collegamento D-T; la catena
termina sul penultimo accordo che deve portare alla Dominate e Tonica del
tono di impianto del brano.
La tensione di questo movimento globale nasce dal carattere esplicitamente o
implicitamente dissonante che ciascuno degli accordi possiede, ad esclusione
dell’ultimo: tutti vanno intesi come accordi di settima con risoluzione obbligata,
anche se la dissonanza non è presente ma “ sottintesa”
Gli accordi sono riferiti gli uni agli altri mediante delle concatenazioni : le
successioni accordali sono delle successioni basate sul rapporto di 5°
ascendente o 5° discendente, ossia del tipo S ! T D ! T
Ogni accordo può essere una D un qualsiasi accordo che abbia al suo interno
una settima minore e non unicamente l’accordo costruito sul quinto grado di
una scala

Il nostro accordo di settima di dominante (o settima di prima specie) in epoca


bachiana non è sentito come accordo, come funzione di dominante; la settima
è trattata come un intervallo dissonante. Nella teorizzazione di Rameau
l’accordo maggiore con 7°min – ossia l’accordo di settima sul quinto grado di
una scala- è propriamente un accordo (la settima minore è la cosiddetta
settima naturale essendo presente nella sequenza dei suoni armonici, è il
settimo armonico della serie.)

All’interno di ogni scala Rameau vede una gerarchia accordale che riduce a
tre tipi di accordo: Tonica- accordo perfetto-
Dominante- triade perfetta con settima minore-
Sottodominante- accordo perfetto con sesta aggiunta .

La melodia è in relazione con gli accordi a loro volta in relazione con i bassi
fondamentali, la melodia è generata dall’armonia e non viceversa: totale
ribaltamento della visione del rapporto melodia-armonia.

Dopo la prima stesura del 1722 venne a conoscenza degli esperimenti di


Sauver sui suoni armonici e la risonanza e in questi trovò subito una
giustificazione acustica al suo sistema:
I suoni armonici 4,5,6 formano il modello dell’accordo perfetto maggiore.
Ovviamente con la serie armonica non può spiegare l’accordo perfetto minore.
Come detto in precedenza parte dalla divisione aritmetica della corda

33
Dalla teoria armonica di Rameau si svilupparono due diverse linee di pensiero
teorico

Teoria dei salti fondamentali


Teoria delle funzioni armoniche

All’inizio 1800 s’introdusse l’uso di indicare i gradi della scala diatonica con i
numeri romani I II ecc . e soprattutto a indicare con gli stessi numeri gli accordi
che sopra di essi erano formati.
Nei primi decenni del 1800 furono aggiunte lettere per indicare i diversi tipi di
accordo : m M E D ecc.
Attorno al 1850 le numeri romani furono affiancate dalla numerazione usata
nel basso continuo con lo scopo di fornire informazioni immediate sullo stato
dell’accordo o del rivolto in cui si trova l’accordo. Si ha un sistema che usa due
tipi di notazione: a lettere romane per indicare a quale grado della scala
appartiene l’accordo, a numeri arabi per indicare lo stato o rivolto dello stesso.

34
Epoca romantica e primo Novecento
Il grande periodo dell’armonia tonale, ossia quel periodo nel quale la tecnica
compositiva organizza le sue forme secondo un gioco di relazioni fra gli
accordi dei vari gradi della scala ed ha come punto di riferimento l’accordo di
tonica e di dominante, va dal Classicismo al Romanticismo.
Già nella seconda parte del Romanticismo vi è nei compositori la ricerca di
strade espressive che eludono il rapporto tonica-dominante e il suo
rassicurante succedersi. Nella seconda parte dell’Ottocento si entra in quella
fase nella quale il sistema di relazioni dell’armonia tonale si sfalda, la tonica
non è più l’orizzonte cui tendere. E’ il “gioco modulante”, la continua “tensione”
e “non risoluzione” degli accordi di tensione (dominante) che governa la
gestione del flusso formale. In alcuni autori quest’atteggiamento è portato ad
alti gradi di elaborazione e ne diventa il disegno stilistico peculiare (basti
pensare a Wagner e i suoi seguaci.)
Ai rapporti di quinta fra le fondamentali degli accordi sono preferiti movimenti
cromatici delle parti che portano a far si che tonalità lontane fra loro, e quindi
con diversi suoni di differenza, siano accostate con movimenti, accordali
rapidi. Questo scardina il concetto di tonica, di tonalità. Non avendo più un
centro tonale cui riferirsi l’atonalità diventa la caratteristica stilistica. In questa
fase è superata la dicotomia fra consonanza e dissonanza. Un aggregato
accordale esiste per se stesso, sia esso una semplice triade sia un accordo di
settima diminuita o una nona maggiore. Si elimina il tradizionale procedimento
di preparazione e risoluzione della dissonanza, non ha interesse in questo tipo
di scrittura, questo gioco di relazione.
Questa linea di pensiero porta, se pure con percorsi e risultati completamente
diversi alla realizzazione delle opere di Schoenberg e Berg ma anche di
Strawinsky o Debussy e Ravel, ma anche come Scriabin, o
Hindemith…etcetc…

Metodo di composizione con dodici suoni posti soltanto in relazione


l’uno con l’altro.

Nel saggio -Stile ed idea-pubblicato nel 1950 Arnold Schoenberg raccoglie


una serie di saggi e testi che aveva scritto per le numerose conferenze che
aveva tenuto nel corso della sua carriera: questi scritti riguardano la musica
del secondo Ottocento del Novecento.
Uno dei capitoli è dedicato alla “ Composizione con dodici note”: la cosidetta
Dodecafonia.

35
In questo capitolo si trovano descritti i motivi che hanno spinto il compositore
austriaco a creare questo nuovo metodo per comporre, per organizzare il
mondo sonoro, sia esso visto melodicamente sia armonicamente o
contrappuntisticamente, in maniera assolutamente diversa rispetto al
linguaggio tonale o modale.
Fondamento della sua speculazione è l’importante concetto che “ la forma
tende alla comprensibilità” Egli afferma: il senso di distensione e di
soddisfazione che un ascoltatore avverte quando riesce a seguire un’idea, il
suo sviluppo e le ragioni di quello sviluppo sono in stretta relazione psicologica
con un sentimento di bellezza. Il valore artistico implica la comprensibilità, e
ciò per soddisfare insieme l’intelletto e l’emozione.
Altro importante passaggio che si trova in questo saggio, recita:
“la composizione con dodici note non ha altro scopo che la comprensibilità: è
vero che le opere scritte in questo stile non sono state capite nonostante la
novità dei loro mezzi di organizzazione. Se questo metodo accresce le
difficoltà dell’ascoltatore, dall’altra parte questo metodo non è facile, ma anzi
dieci volte più difficile. Soltanto un compositore preparatissimo può comporre
per un ascoltatore che lo sia altrettanto”.

Il metodo per comporre con dodici note è nato da una necessità.

Questa necessità nasce dal percorso che i compositori, dalla seconda parte
del Ottocento.

1) Lo sviluppo del cromatismo ha trasformato il concetto di armonia.

L’armonia parte da alcuni presupposti


a) che, dato un suono fondamentale, esso domina la costruzione degli
accordi: gli accordi sono successioni di terze sovrapposte.
b) Le dissonanze di 7° min sono implicite negli accordi di dominante
c)Le dissonanze, devono essere preparate e vanno risolte assecondando la
loro tensione
d)I rapporti fra i suoni fondamentali dominano la successione degli accordi.
L’accordo perfetto sul primo grado di una scala, o della tonalità è il centro, il
punto di riferimento di ogni armonia o successione armonica.

2) Il concetto di tonalità estesa ha messo in dubbio l’unicità del sistema tonale


(Wagner, Liszt.) Anche l’adozione di scale pentafoniche, esatonali, ove le
strutture accordali create di volta in volta dal compositore non devono
rispondere alle regole di concatenazione dell’armonia tonale (Debussy,
Scriabin Strawinsky etc)

36
3) Emancipazione della dissonanza. L’orecchio prese confidenza con un gran
numero di dissonanze, non sentendole più come “ incoerenti”: non aspettava
più la loro preparazione e la loro risoluzione. Si abituò alle armonie non
funzionali di Debussy, ad esempio.
La distinzione fra consonanze e dissonanze è una questione di
comprensibilità. Le dissonanze non sono altro che consonanze remote (sono
comprese negli ultimi suoni armonici). Se in epoca classica si ebbe
l’emancipazione dell’accordo di settima di dominante e poi delle altre settime e
delle settime diminuite e delle quinte aumentate, ugualmente con Wagner
Strauss, Mussorsgki, Debussy Puccini ecc, si accrebbe la comprensibilità di
accordi come 9°, 13°, oppure accordi con tritoni, accordi per quarte, e altri
ancora.

4) Emancipazione della dissonanza significa che la comprensibilità di


dissonanza e consonanza è paritetica: uno stile che si basi su queste
premesse rinuncia al centro tonale. Rinunciando al centro tonale esclude il
concetto di modulazione.

5) Le prime composizioni scritte nel nuovo stile furono composte “ da me e i


miei allievi A. Webern e A. Berg “. Queste composizioni si distinguevano da
tutta la musica precedente non solo armonicamente ma anche sotto il profilo
melodico, tematico e motivico. Erano pezzi molto brevi ed espressivi: il senso
della forma ereditato “ ci portò a equilibrare un’espressione molto intensa con
una straordinaria brevità”.

6) L’armonia era il fondamento dell’articolazione formale. Le relazioni fra i


gradi della scala, le funzioni armoniche sono paragonabili a quelle della
punteggiatura in una frase.

Sempre nel capitolo di questo saggio vi sono le seguenti, importanti,


affermazioni.

“Dopo molti infruttuosi tentativi protrattasi per circa dodici anni, gettai le basi di
un nuovo procedimento di costruzione capace di sostituire le articolazioni
strutturali, un tempo garantite dall’armonia tonale”.

“Chiamai questo procedimento Metodi di composizione con dodici note poste


in relazione soltanto l’una con l’altra “.

“Il metodo consiste nell’uso costante ed esclusivo di una serie di dodici note
differenti. Si usano tutte le dodici note della scala cromatica che possono
essere lette per moto retto, contrario, inverso e retrogrado dell’inverso”.

37
“La serie non è una scala. La serie fondamentale funziona come se fosse un
motivo”.

“Dalla serie si deriva, con una logica e regolarità paragonabile a quella della
vecchia armonia: il raggruppamento di alcune note in armonie e la loro
successione sono regolati dall’ordine delle note della serie”.

38
La serie dell’esempio precedente è tratta dal quintetto per fiati op 26

In tutti i suoi esempi Schoenberg parla di –tema-armonia-ritmo. Parla di


costruzioni formali che si rifanno al Classicismo ed al Romanticismo. Usa la
serie per organizzare le altezze- dimensione orizzontale, e per organizzare gli
agglomerati armonici- dimensione verticale.La mentalità del compositore è di
tipo “costruttivo-formale” con radici nel pensiero classico e romantico.

Appunti sparsi per il corso di Teoria della Musica


Conservatorio Benedetto Marcello, Venezia
Anno Accademico 2017-2018

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