Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Per i greci più antichi Musica erano tutte le arti protette dalle muse
(quelle trasmesse mediante la conservazione della loro memoria).
La parola musica aveva dunque un significato più ampio e più
generico di quello attuale.
Ad esempio Pitagora, matematico insigne, sosteneva che il
numero era il fondamento di tutte le cose (così ci è stato
tramandato dagli allievi della sua scuola). Alla base della sua
affermazione c’era l’osservazione che nella natura ogni fenomeno
si può ricondurre ad armonia e a rapporti tra numeri.
• Infatti stabilì per primo una relazione tra musica e
matematica. Infatti nel medioevo lo studio della musica si
inserì nel quadrivio insieme alle altre scienze (arit, geom e
astronomia) e non nel trivio con le materie letterarie.
• Fece studi sulla scala pitagorica
• Infine elaborò una dottrina: individuò l’esistenza di tre
musiche. La musica mundana (cioè quella del cosmo,
generata dalle sfere celesti, che non si sente con l’orecchio
ma comunque esiste). La musica humana (espressa
dall’anima dell’uomo, esprime armonia fra corpo e mente). E
infine la mudica instrumentalis (ovvero la musica come la
intendiamo noi: strumenti e voci).
Un altro studioso greco fu Platone. Lui di musica non era molto
esperto, però fece sue le idee di un certo Damone. Sosteneva che
ogni musica aveva un ethos (letteralmente significa costume,
ovvero un carattere espressivo che incide sui costumi delle
persone e può condizionare e modificare). Così quindi c’erano
musiche che lasciavano una impronta positiva sui costumi umani e
altre no. Perciò secondo Platone il filosofo che si occupa della
paideia (pedagogia), cioè dell’educazione dell’uomo e del
cittadino dovrebbe occuparsi anche di musica.
Platone individua un genere di musica che rafforzava la volontà,
un genere che calmava l’animo, un genere che esaltava i
sentimenti e cosi via.
Infine abbiamo anche Aristotele che sosteneva che
nell’educazione del nobile deve esserci anche una formazione
musicale per ingentilirne l’animo e il suo diletto. L’aristocratico
però deve restare un dilettante di musica, non diventare un
professionista, perché deve avere tempo per dedicarsi a una
formazione intellettuale più varia e completa.
Quindi perché la musica è stata così poco considerata nel corso del
tempo? La spiegazione è che la musica richiede un altissimo grado
di specializzazione tecnica al musicista e la compositore: per
comporre musica ci vuole un livello educativo e di
specializzazione altissimo, bisogna avere studiato tanti anni;
inoltre, ci vuole anche un interprete all’altezza, che abbia condotto
i medesimi studi elevatissimi e che abbia la delicatezza giusta per
portare in vita l’opera musicale e di farla vivere al pubblico. Per
quanto riguarda lo spettatore, infine, nonostante non ci sia un testo
da seguire ne uno spettacolo da poter osservare sulla scena, la
musica possiede un fortissimo impatto emotivo, anche per lo
spettatore più inesperto. La musica suscita emozioni forti. Ma
nonostante questo, a causa della competenza tecnica richiesta, la
musica è stata declassata ad arte inferiore, ed è stata considerata
per secoli da tutti diversa dalle altre arti. La musica è quindi
considerato un mestiere, e il far musica un’attività servile non
degna di un uomo colto e libero. Per questo, i musicisti più famosi
fino a Beethoven sono sempre stati legati ad un mecenate, il quale
si finanziava e manteneva e commissionava le opere musicali
(giudizio funzionale).
GIUDIZIO FUNZIONALE
con il giudizio funzionale si nota che l’obiettivo principale della
musica (non certo l’unico) era quello di soddisfare nel modo
migliore possibile lo scopo per cui era composta (o
commissionata). La celebrazione della liturgia, evento politico,
sovrano. In tutti questi casi, la musica non era vista come “bella”
in sé e per sé, ma in quanto capace di svolgere una data funzione
variabile a seconda del periodo storico e del contesto sociale.
Ad un giudizio funzionale si affiancava dunque un giudizio
tecnico: per risultare adatta al proprio contesto, la musica doveva
infatti rispondere a una serie di requisiti compositivi che potevano
riguardare la scelta del modo, l’organizzazione interna della frase,
la disposizione delle consonanze e delle dissonanze nel tessuto
polifonico.
GIUDIZIO ESTETICO
GIUDIZIO STORICIZZANTE
E’ un giudizio tecnico che non prende più in considerazione il
giudizio estetico e giustifica la musica delle avanguardie del
novecento. L’ultima categoria di giudizio individuata da Dahlhaus
e da questi assegnata al Novecento. Queste avanguardie non
piacciono al pubblico e all’ascoltatore poiché sono molto
dissonanti e difficili da ascoltare soprattutto se non si ha una
conoscenza tecnica e approfondita degli autori. Abbandono della
morfologia e della sintassi tonali, si libera di uno dei principi che,
spesso in modo implicito, aveva fatto da fondamento
all’espressione del giudizio musicale: il piacere.