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Musicologia e didattica della musica (con laboratorio) (Università degli Studi di Udine)
La musica è un’arte dominata dal suono (così come il colore governa la pittura e il movimento la danza).
Definizione che pone al centro del discorso due termini: “ARTE” e “SUONO”. Parole su cui è doveroso porre
l’attenzione quando s’intraprende il difficile compito di cercare una descrizione sintetica e
contemporaneamente esaustiva di musica o si vuole parlare di educazione musicale nella scuola di base.
A seconda dell’ottica in cui si affrontano i concetti relativi all’arte e al suono la musica può diventare:
• un privilegio di una cerchia ristretta di uomini;
• patrimonio dell’umanità.
Nel primo caso la pedagogia ha il compito di trovare metodi capaci di esercitare e potenziare al meglio le doti
innate delle persone giudicate musicali per “addestrarle” alla professione del musicista.
ADDESTRAMENTO
ISTRUZIONISMO
Eventuali fallimenti sono da imputare all’allievo e non al metodo scelto dell’insegnante.
Nella visione “universale” la musica, espressione naturale e inarrestabile dell’essere umano (Orff), concorre
alla formazione generale dell’uomo (Willems, Kodály). La pedagogia della musica cambia atteggiamento
rispetto all’infanzia: il suo interesse non è più rivolto allo studio di tecniche per istruire “bambini prodigio”, ma a
formulare metodologie rivolte alla formazione del fanciullo in generale.
La musica concorre all’armonica crescita sociale, affettiva e cognitiva dell’educante. Solo in questi
termini la musica può entrare come disciplina nella scuola di base.
FORMAZIONE
METODOLOGIE
La didattica della musica abbandona il metodo rigido e direttivo uguale per tutti per favorire piuttosto quegli
approcci basati su metodologie flessibili che, sulla scia delle ricerche in ambito della psicologia della musica,
tengono conto dello sviluppo musicale naturale del bambino.
Nella scuola dell’infanzia la musica rappresenta «un’esperienza universale che si manifesta in modi e generi
diversi, tutti di pari dignità, carica di emozioni e ricca di tradizioni culturali». (Indicazioni nazionali per il curricolo
della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione).
Nella scuola del primo ciclo, grazie alla sua caratteristica di «componente fondamentale e universale
dell’esperienza umana», la musica è in grado di offrire «uno spazio simbolico e relazionale propizio
all’attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza, alla
valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità,
nonché all’interazione fra culture diverse». (Ibid.)
ARTE
l termine arte rimanda a colui che esercita un mestiere prettamente manuale, cioè l’artigiano, e a come questi
fino dai tempi più remoti insegnasse ai giovani apprendisti il “suo” mestiere attraverso un periodo più o meno
lungo di apprendistato. Se si accetta il fatto che la musica è un’arte, il musicista è dunque un artigiano e il fare
musicale diventa un elemento indiscutibile: si apprende la musica praticandola fin dall’inizio insieme a chi la
conosce. In questa prospettiva la teoria non è un prerequisito ma una conseguenza, una presa di
coscienza intellettiva del fare.
La musica per accedere alla scuola dell’infanzia e in quella primaria, deve essere un’arte praticabile da
subito e da tutti. La musica colta non lo è, come non lo sono la musica folkloristica occidentale e popolare, né
lo è il jazz “tradizionale”. In tutti questi generi, come in senso lato in tutta la musica cosiddetta tonale, la teoria
precede la pratica, la tecnica anticipa l’improvvisazione in una continua contrapposizione tra “giusto” e
“sbagliato”. Per fare musica tonale, storicamente codificata, è implicita la buona conoscenza della grammatica
altrimenti si fanno errori di armonia.
La teoria e la tecnica precede la pratica.
Pedagogia delle conoscenze e delle tecniche.
Allora quale musica?
Fino alla pubblicazione negli anni ottanta del Novecento delle ricerche di autori che si sono interessati in
maniera scientifica alla produzione musicale spontanea dei bambini si è ritenuto che le metodologie cosiddette
“attive” fossero la panacea a ogni male dell’educazione musicale infantile. L’obiettivo però che accomuna le
metodologie sviluppate da Martenot, Dalcroze, Willems, Orff, Rinderer, Kodály ecc. è sempre e soltanto
l’educazione alla musica tonale. Certamente tra queste tecniche ci sono quelle che, come nel caso
dell’Orffschulewerk, danno più spazio rispetto ad altre all’intuizione infantile, alla creatività e all’improvvisazione
ma di fatto già dal primo contatto con esse tutto è orientato verso l’acquisizione di competenze nella
percezione, comprensione e produzione di musica tonale, come se questa fosse l’unica “espressione sonora”
degna di essere chiamata Musica. Si tratta sempre di un ammaestramento precoce del bambino alla cultura
predominante degli adulti. I bambini invece sono molto più vicini alle produzioni musicali di quei compositori
che hanno rifiutato le “costrizioni” elaborate dalla musica classica.
Musica contemporanea
Musica atonale
Ciò non significa che la musica contemporanea sia migliore di altre musiche ma più semplicemente che è
realmente “a misura di bambino”. In certi autori contemporanei vi è un evidente ritorno alle origini della musica
più “reale” rispetto, per esempio, alla musica elementare di Orff e al sistema pentatonico. In altre parole il
suono, liberato da costrizioni storico- culturali, torna a essere protagonista del fatto musicale.
SUONO
Il suono è l’aspetto fisico della musica che dà la possibilità «di fare esperienza con un brano musicale». (D.
Barenboim). Il suono è «la parte materiale della musica; esso agisce primariamente sull’orecchio». (A.
Schoenberg). Nella musica tonale i suoni per essere considerati musicali devono avere un’altezza definita in
funzione al loro utilizzo melodico, cioè disposti in una sequenza di altezze e (generalmente) durate diverse
con un evidente senso di cantabilità, e armonico, ossia di muoversi in combinazioni simultanee (accordi)
governate dalle funzioni generate dai suoni che le compongono in relazione alla tonalità.
Definizione tradizionale
Il suono è il prodotto delle vibrazioni di un corpo elastico messo in movimento. A seconda del tipo di vibrazioni
può essere:
DETERMINATO, quando le vibrazioni che lo producono sono regolari;
INDETERMINATO, quando le vibrazioni che lo producono sono irregolari. In questo caso viene detto
anche semplicemente rumore.
È evidente che in questa prospettiva la maggior parte delle produzioni sonore dei bambini non sono
altro che “semplicemente” dei rumori.
EDGAR VARÈSE
https://www.youtube.com/watch?v=-PkWdY3cOTo
Per Varèse la musica deve liberarsi dalla tradizionale idea discorsiva per orientarsi piuttosto verso una
sequenza di immagini sonore non necessariamente collegate - il che condusse Varèse all’eliminazione di ogni
distinzione tra suono e rumore.
JOHN CAGE
https://www.youtube.com/watch?v=JTEFKFiXSx4
Per Cage «la musica degli uomini appare così povera e monotona» se confrontata con quella prodotta «dal
mondo che ci circonda». Includendo poi nel mondo circostante sia gli elementi naturali (il volo di un calabrone,
i propri passi...) sia quelli artificiali (la macchina da scrivere, il traffico urbano...), Cage dà alla noiosa “musica
umana” una chiara connotazione tonale.
https://www.youtube.com/watch?v=gXOIkT1-QWY&list=RDgXOIkT1-QWY&start_radio=1&t=118
A partire dall’ambiente sonoro che, a seconda di come uno si pone in ascolto, può diventare musica o rumore,
Cage arriva alla constatazione che nella composizione musicale i rumori sono utili né più né meno quanto le
tradizionali note, perché sono a tutti gli effetti suoni.
Il paesaggio sonoro
RAYMOND MURRAY SCHAFER
Il paesaggio sonoro è uno specifico ambiente acustico sia reale (naturale o antropico) sia astratto (una
composizione musicale o il montaggio- missaggio di un nastro magnetico) caratterizzato da specifici suoni che
diventano oggetto di studio, di ricerca e soprattutto d’ascolto estetico. Nel pensiero di Schafer la musica è
dovunque. Un qualunque ambiente può diventare (per chi è capace di attivare un ascolto estetico) un brano
musicale “completo” – vale a dire con componenti melodiche, ritmiche, armoniche e contrappuntistiche;
variazioni dinamiche e agogiche – in grado di trasmettere le stesse sensazioni ed emozioni, gli stessi significati
di un brano di musica classica ascrivibile a un noto autore.
https://www.youtube.com/watch?v=ViBbRM3gFnI
Soundscape ecology
BERNIE KRAUSE
https://www.youtube.com/watch?v=WkR_qTOR6qY
Un altro musicista che ha contribuito alla definizione della soundscape ecology è Bernie Krause. Con Krause i
paesaggi sonori naturali diventano parte integrante di una concertazione: l’interessante ricaduta didattica in
campo infantile di questo punto di vista non ha bisogno di commenti.
Una curiosità che aiuta a capire come la musica d’avanguardia nello scorso secolo fu trasversale ai generi
musicali riguarda Krause e quel grande fenomeno musicale e sociale che furono i Beatles. George Harrison
nel 1968 prese alcune lezioni in California da Krause sull’utilizzo dei sintetizzatore Moog; allora Krause,
insieme a Paul Beaver, era un pioniere dello strumento a tastiera creato da Robert Arthur Moog nel 1964. Nel
1969 Harrison acquistò un Moog e produsse Electronic Sound (https://www.youtube.com/watch?
v=HeNCbzCqF6Q), un album con due sole tracce, una per lato, edito dalla Zapple, una sottomarca della Apple
Records voluta dai Beatles per promuovere musica sperimentale. Nell’LP del beatle, Krause risulta accreditato
nelle note di copertina come “Assistant”. Il sintetizzatore Moog fu poi usato da John Lennon in I Want You
(She’s so Heavy) e da Harrison in Here Comes The Sun nell’album Abbey Road.
https://www.youtube.com/watch?v=HtUH9z_Oey8
Per quanto riguarda invece la musica concreta Revolution 9, brano accreditato Lennon- McCartney ma
registrato in più sedute nel 1968 da Lennon, Harrison e Yoko Ono e inserito nel doppio LP The Beatles
(https://www.youtube.com/watch?v=fnRo7xCpx4k), rappresenta un significativo esempio di musica
sperimentale indirizzata ad “accontentare” i gusti popolari non avvezzi alle composizioni “concrete” di Cage e
Stockhausen (https://www.youtube.com/watch?v=XgemIMu5Vcu).
Stratos prese spunto dall’osservazione della fase di lallazione tipica della prima infanzia per la sua ricerca
vocale.
Secondo Stratos il bambino attraverso il gioco esplora e sperimenta le sue possibilità vocalico-sonore,
ma la ricchezza d’emissione sonora acquisita si perde nel momento in cui egli incomincia a
organizzare il linguaggio verbale. Da questa osservazione Stratos sviluppò il suo percorso artistico
caratterizzato dalla supremazia del significante sul significato della parola e dallo stretto legame tra
voce e corpo anticipando, come vedremo, quello che oggi si pone alla base dell’educazione alla vocalità.
Gli effetti della musica d’avanguardia ha investirono poi anche un gran numero di gruppi pop, rock e
progressive rock che ebbero la loro fase di estensione negli anni sessanta e settanta e che applicarono al loro
genere l’idea di sperimentazione. I primi LP Pink Floyd con Syd Barrett ancora nell’organico del gruppo inglese
o l’album Atom Heart Mother (1970) dove nell’ultimo brano, Alan Psychedelic Breakfast
(https://www.youtube.com/watch?v=V9dK-r0htXI), sono utilizzati “rumori quotidiani”.
La sperimentazione è riconosciuta, oltre ai citati Beatles, anche in altri artisti come per es. Jimi Hendrix,
(https://www.youtube.com/watch?v=TKAwPA14Ni4) Keith Emerson, Frank Zappa e le Mothers of Inventions.
Fenomeno generale quello della “liberazione” del suono che ha interessato non soltanto la musica “colta”, il
pop e il rock ma anche il Jazz (Charlie Parker, Charlie Mingus, Ornette Coleman ...).
https://www.youtube.com/watch?v=8bRTFr0ytA8
IL CANTO CORALE
Sempre nel Novecento l’introduzione di fonemi e “rumori” nelle composizioni di canto corale hanno modificato
il rapporto tra il testo e la musica (basti pensare alla scuola compositiva scandinava della seconda metà del
Novecento): non è più la qualità poetica del testo a renderlo stimolante per la “messa in musica” quanto
piuttosto la forma e l’espressività che il compositore riesce a ricavare dalle parole scomposte in fonemi e dai
“rumori”.
Goffredo Petrassi nei 5 Nonsense per coro misto a cappella [https://www.youtube.com/watch?v=53tGixI4kAU]
(1954) introduce in maniera geniale i “rumori”: il sussurrato rapidissimo, il suono gutturale, la “r” tremolata con
la lingua senza il suono, la “n” come balbettio nasale staccato, nonché onomatopee descrittive. Alle volte basta
un’unica parola “smontata” in fonemi sia vocalici che consonantici a dare “poesia” al brano musicale come, per
esempio, nel caso di Epitaph for Moonligh, for youth choir with optional bells (1969) di Schaffer.
https://www.youtube.com/watch?v=dzUXzu7JYFc
La contrapposizione tra suono e rumore, dunque, va usata con estrema cautela sul piano scientifico,
limitandola, se proprio necessario, a quella distinzione dei suoni operata all’interno di una ben distinta cultura.
Due importanti conseguenze per l’educazione musicale e la musicologia:
In conclusione
«Cercare di definire la musica è un po’ come cercare di definire la poesia: si tratta cioè di un’operazione
felicemente impossibile. La musica è tutto quello che si ascolta con l’intenzione di ascoltare musica: la ricerca
di un confine che viene continuamente rimosso [...]. Ci sono tanti modi di intendere la musica quasi quanti
sono gli individui che le si avvicinano». (L. Berio https://www.youtube.com/watch?v=E0TTd2roL6s)
PRESUPPOSTI PEDAGOGICI
LE ORIGINI
Nei trattati di storia della musica è consuetudine individuare l’origine della musica europea nell’antica Grecia.
Se dal punto di vista storico questa opinione va presa con la dovuta prudenza perché la musica della
tradizione occidentale ha attinto anche ad altre culture e zone geografiche, per il concetto di musica come
strumento della formazione il discorso cambia. Musica e formazione: prima teorizzazione nella Grecia
classica.
Con la parola mousiké non ci si limitava a indicare unicamente la musica, bensì ci si riferiva anche alla poesia,
alla danza e, in parte, all’attività ginnica. Nel mondo classico il concetto di educazione musicale è stato così
fondamentale, che tutta la teoria e la filosofia musicale greca si focalizza «sul valore primario della musica
[...] nella formazione dell’uomo» (Fubini).
PITAGORA E I PITAGORICI
Musica: messaggio di alta spiritualità.
Musica instrumentalis, relativa alla pura pratica strumentale ed equilibrio di numeri e frequenze;
Musica humana, prodotta dall’organismo ed espressione etica;
Musica mundana, suonata dalle sfere celesti nel loro movimento e manifestazione estetica.
Secondo i pitagorici, la musica, intesa come armonia, da un lato permette di ricavare le leggi matematiche
regolatrici dell’universo (armonia delle sfere), dall’altro, essendo la causa dell’effetto emotivo prodotto per
risonanza, nell’uomo dalla melodia, usata opportunamente può curare l’anima. Da questo punto di vista nella
scuola pitagorica la musica acquista una carica etica e pedagogica.
DAMONE
I ritmi, il canto e i suoni prodotti dagli strumenti musicali si riflettono, nel bene come nel male, sull’organismo
umano. La musica è un mezzo per influenzare positivamente o negativamente il carattere dei giovani e
ha un ruolo di primo piano nella loro educazione.
PLATONE
Se nello stato ideale la «sdolcinata Musa lirica» va bandita perché sovvertitrice della legge e corruttrice dei
giovani (Repubblica), l’educazione musicale legata alla Musica tradizionale, rendendo i fanciulli euritmici
ARISTOTELE
La musica è una disciplina «nobile e liberale» che non va praticata per un unico beneficio, ma deve servire
per:
o educare i giovani;
o procurare la Katharsis, intesa come liberazione e guarigione dell’animo dall’oppressione e dagli
affanni (Poetica);
o riempire l’ozio degli adulti con «nozioni e pratiche» che hanno «come scopo solo se stesse» (Politica).
Aristotele oltre a riconoscere l’aspetto educativo e ricreativo della musica, pone l’attenzione sulle implicazioni
psicologiche e terapeutiche della fruizione musicale. ARISTOSSENO, discepolo di Aristotele, vede nella
musica uno strumento formativo della personalità e un mezzo per accrescere la conoscenza.
TEOFRASTO: successore di Aristotele come scolarca del Peripatos di Atene individua
• nel dolore,
• nel piacere,
• nell’estasi,le tre cause all’origine del canto:
• ciascuno di questi stati d’animo è in grado di alterare la voce modificandone l’intonazione naturale.
Nella sua riflessione filosofica, spetta all’anima indirizzare la voce verso i suoni più adatti a intonare melodie
capaci di esprimere precise emozioni e a liberare, se necessario, dai disturbi emozionali; analogamente, ma in
senso inverso, avviene con la musica pubblica che, stimolando emozioni, solleva gli ascoltatori dalle
sollecitazioni e dalle tensioni psichiche. Dal periodo alessandrino in poi la posizione influente sull’animo e sui
costumi della musica incominciò a perdere consistenza e l’addestramento strumentale venne
progressivamente a occupare il campo prima tenuto dalla formazione musicale.
Nei primi secoli del Cristianesimo, la musica venne considerata utile e praticabile solo se finalizzata a
promuovere i valori della fede. Il “canto nuovo” - espresso inizialmente nelle comunità cristiane di
Gerusalemme, della Siria e di Alessandria - prevalse sulla “pagana” musica strumentale perché... unica
espressione in grado di favorire in modo piacevole, e quindi durevole, l’apprendimento delle preghiere.
Durante il Medioevo nella liturgia cristiana il canto sacro acquistò maggiore centralità, assumendo una forma
sempre più complessa e istituzionalizzata, che portò a una contrazione dell’esecuzione di massa a vantaggio
del canto eseguito da una categoria di cantori appositamente addestrati. In epoca carolingia nei principali
conventi del Sacro Romano Impero furono costituite delle scuole di canto. Infine, con l’affermarsi in tutta
l’Europa dei Conservatori, sorti in Italia tra il XIV e il XV secolo per ospitare gli orfani e i bambini poveri con il
fine di avviarli alla professione di cantore nelle chiese, l’educazione musicale fu unicamente finalizzata alla
trasmissione del sapere teorico e tecnico mediante metodi rigorosi. Soltanto verso la fine del Settecento, sulla
scia della nuova visione dell’infanzia, si ritornò a parlare di educazione musicale come strumento per la
formazione del fanciullo.
Ciò avvenne grazie al grande processo di cambiamento e modernizzazione della pedagogia generale.
Il novecento
ROSA AGAZZI: la musica è scoperta dal bambino attraverso il canto. Questo, appreso spontaneamente come
avviene nella tradizione popolare, non solo è un’attività basilare per l’apprendimento delle nozioni
musicali, ma possiede anche una funzione liberatoria e la capacità di umanizzare e civilizzare l’uomo
attraverso l’arte. La musica in generale deve essere utilizzata come sfondo nelle diverse occasioni didattiche.
Pedagogia dell’attivismo
Autori come John Dewey negli Stati Uniti e Maria Montessori, Ovide Decroly, Edouard Claparède in Europa,
contribuirono con ricerche e scritti all’elaborazione dell’educazione attiva. L’attivismo - forse in maniera
inconsapevole - influenzò positivamente anche l’educazione musicale rivolta ai bambini.
JOHN DEWEY: nella pedagogia deweyana l’educazione diventa attiva ed efficace solo quando e in quanto
favorisce nell’educante il libero esercizio di tutte le sue inclinazioni naturali, garantisce a tutti le
medesime condizioni di partenza e assicura un progresso in conformità alle singole capacità naturali.
EDOUARD CLAPARÈDE: il gioco, inteso come momento naturale di massimo apprendimento, ha un posto
determinante nel processo educativo perché è «attività funzionale attraverso la quale si esprimono gli
interessi del bambino» (Diambrini).
Non più colui che applica gli impersonali programmi scolastici realizzati dagli adulti, ma un collaboratore
capace di stimolare gli interessi e promuovere i bisogni intellettuali e morali dei suoi allievi (Chiosso).
MARIA MONTESSORI: nell’Educazione per un mondo nuovo (1946) sostiene la «spontanea acquisizione della
cultura»: tutta la cultura è già presente nell’ambiente sotto forma di stimoli che il bambino deve identificare,
quando riesce, e accogliere. Fu la prima a mettere in evidenza l’importanza di predisporre un ambiente
capace di sviluppare sia il senso musicale sia l’intelligenza musicale del bambino. La proposta
montessoriana è prevalentemente centrata sullo sviluppo della sensorialità e dell’intelligenza musicale e ha
come obiettivo principale l’educazione dell’orecchio (Scurati).
OVIDE DECROLY: va il merito di avere applicato all’ambito educativo il concetto di globalizzazione relativo allo
sviluppo infantile. Il bambino è in grado di compiere operazioni analitiche (secondo stadio) e,
successivamente, di sintesi (terzo stadio) soltanto dopo aver compiuto una prima conoscenza di tipo
globalizzante e intuitivo (primo stadio).
La riflessione pedagogica dell’ultima parte del Novecento fu caratterizzata da un crescente riferimento ad altre
discipline come la psicologia, la sociologia, l’antropologia, ecc., in grado di concorrere all’allargamento dello
studio relativo dei processi educativi. In questo quadro si collocano gli studi di Jean Piaget e di Lev
Semenovic Vygotskij che hanno influenzato rispettivamente le teorie di François Delalande e Jon-Roar
Bjørkvold in ambito musicale.
JEROME BRUNER: individua, accanto all’intelligenza logica, localizzata nell’emisfero sinistro del cervello,
un’altra dimensione della conoscenza, basata sull’intuizione, sulla creatività e sull’arte, con sede nell’emisfero
destro. Secondo lo psicologo statunitense la razionalità non è in grado di completare da sola il sapere umano e
va, quindi, integrata con la dimensione intuitiva. (Chiosso)
HOWARD GARDNER: l’uomo non è dotato di un determinato grado di intelligenza generale quanto piuttosto di
un numero variabile di facoltà relativamente indipendenti tra loro. Partendo da questa ipotesi formula la teoria
delle intelligenze multiple. Intelligenza musicale: abilità che si rivela nella composizione e nell’analisi di brani
musicali, nonché nella capacità di discriminare con precisione altezza dei suoni, timbri e ritmi.
Gli studi di Gardner evidenziano come lo sviluppo del canto non solo segua un percorso stadiale - che vede
inizialmente il bambino impegnarsi nell’invenzione spontanea di canti difficilmente trascrivibili in notazione per
poi passare alla produzione di frammenti caratteristici di canzoni - ma pure come esso si svolga in parallelismo
con l’evoluzione del disegno.
In conclusione
Suonare musica è la forma più completa di esercizio, in quanto producendo musica, e non solo ascoltandola,
si attiva e si allena una gran parte del cervello. (P. P. Battaglini)
METODOLOGIE CLASSICHE
Metodologie caratterizzate da una forte flessibilità e quindi facilmente adattabili ai cambiamenti socio-culturali.
Principio cardine: musica patrimonio dell’umanità.
Attraverso l’educazione all’ascolto e alla vocalità si giunge alla coscienza del suono e a un orecchio ben
educato. Il corpo intero è lo strumento per percepire e riprodurre i diversi ritmi.
Attraverso il movimento si giunge alla coscienza del ritmo (capacità di rappresentare le successioni temporali)
Obiettivo: alfabetizzazione
Come:
EURITMIA (ginnastica ritmica)
SOLFEGGIO CANTATO
ASCOLTO
AFFINAMENTO DELL’ORECCHIO
IMPROVVISAZIONE (corporea e strumentale)
Conclusioni
Dalcroze è il primo didatta della musica a considerare: la musica patrimonio di tutti; l’educazione musicale
come armonioso sviluppo fisico e sociale del bambino; la pratica come mezzo per apprendere la teoria.
Dalcroze è associabile alla pedagogia «naturale» di Rousseau e di Pestalozzi e al funzionalismo di Claparède.
Criticità: si limita all’improvvisazione al pianoforte.
EDGAR WILLEMS (1890-1978)
Conclusioni
Willems propone un’educazione musicale possibile per tutti, basata sulla gradualità, che garantisce a tutti le
stesse condizioni di partenza e un’evoluzione sonoro-musicale secondo le proprie capacità. In Willems si
coglie sia un aspetto ricollegabile alla psicopedagogia di Claparède e Decroly sia un’evidente ispirazione
associabile all’attivismo di Dewey.
Conclusioni
La voce e – per la prima volta – gli strumenti musicali sono alla base di un itinerario educativo attivo che non
solo sviluppa il senso ritmico, melodico e armonico, ma anche le capacità di esecuzione e
improvvisazione musicale. Orff trova la sua giusta collocazione nel grande movimento dell’attivismo
pedagogico europeo accanto Cecil Reddie, Adolphe Ferrière e Gustav Wyneken.
Orff musicista
Compositore fra i più noti della sua generazione è autore di lavori teatrali, orchestrali, vocali- orchestrali, da
camera. Particolare successo hanno ottenuto i Carmina Burana (1937), composizione ispirata alla raccolta di
canti goliardici del 1200 ritrovati nell’abbazia di Bura (Bura Sancti Benedicti).
Goliardi o clerici vagantes: chierici e monaci, che lasciavano le loro sedi per frequentare le scuole dei grandi centri
cittadini, e quindi per far carriera alle corti dei principi o dei potenti ecclesiastici.
Canto corale
Aiuta a scoprire: se stessi, le proprie origini, la propria lingua materna musicale.
L’educazione musicale
Inizia già nel grembo materno, continua in famiglia, prosegue nella scuola materna recuperando giochi cantati
infantili. Nella scuola elementare come strumento per l’alfabetizzazione musicale.
Obiettivo: alfabetizzazione
Come: lettura ritmica, intonazione degli intervalli attraverso la chironomia, solmisazione relativa semplificata.
Conclusioni
Con Kodály si ha il riconoscimento e la valorizzazione del canto popolare come strumento didattico.
Il patrimonio etnofonico ungherese è riscoperto e raccolto da Kodály – insieme al compositore Béla Bartók – e
inserito in maniera uniforme e pianificata in tutte le scuole ungheresi dalle elementari all’università.
METODOLOGIE PARALLELE
Metodologie sviluppatesi nel Novecento e ascrivibili a uno dei tre filoni classici:
1. EDUCAZIONE ATTIVA DELL’ORECCHIO (DALCROZE, WILLEMS).
2. FARE MUSICA ATTIVO CON LO STRUMENTARIO DIDATTICO (ORFF).
3. FARE MUSICA ATTIVO ATTRAVERSO IL CANTO CORALE (KODÁLY).
Ginevra. I punti di riferimento possono essere da un lato la riforma Gentile nella quale la musica e il canto
vengono strutturati in maniera teorica e pratica dall’altro l’istituzione della scuola magistrale.
«RITMICA INTEGRALE»
Definizione di Lombardo Radice.
Area principale d’influenza: Italia.
Periodo: anni trenta e quaranta dello scorso secolo (il Metodo è riconosciuto ufficialmente nel 1938).
Bollettino del Centro Didattico dell’ordine Elementare, Regio Provveditorato agli Studi Di Parma, Parma, 31 maggio 1943,
XXI, p.2.
Obiettivo: sviluppo della personalità e delle capacità del bambino.
Come: movimento, parola, disegno, interpretazione grafica mediante i ritmogrammi.
MOVIMENTO DISEGNO
I valori musicali, oltre ai segni sulla lavagna, vengono associati a dei pupazzi e a dei passi.
PADRE TA = semiminima
BAMBINA TE = croma
CAGNOLINO TI = semicroma
NONNO BUM = minima
GRU GRU = semibreve
Conclusioni
Laura Bassi ha intuito: L’utilità di collegare la ritmica ad altre attività, la capacità del ritmo di sviluppare la
prontezza e il controllo di sé, la capacità della musica di educare alla socialità. A partire dalla Bassi si sentì il
bisogno di un rinnovamento nella tradizione pedagogico-musicale italiana legata al canto corale per imitazione.
Obiettivo: Alfabetizzazione
Come: prima si cammina una canzone, poi si passa alla lettura ritmica su una linea, infine si passa alla lettura
degli intervalli sul pentagramma.
Il Glockenturm
Rinderer escogitò delle fasce di cartoni e feltri con pezzi di pentagrammi da ricomporre logicamente come un
Lego, e note adesive da sistemate nel Glockenturm (piccolo campanile a percussione smontabile) per
visualizzare gli intervalli e la corrispondenza suono segno grafico.
Conclusioni
Con Rinderer Il bambino impara facendo un repertorio in tutti i suoi aspetti, che conosce esplorandoli e
padroneggiandoli separatamente. Smonta la struttura per capirla, cammina e gesticola seguendone il tessuto
ritmico, intona gli intervalli per imitazione, ma non tralascia il codice, che impara sin dalla prima esperienza.
Rinderer ha saputo creare una didattica della musica operativa che fonde criteri induttivi e globali.
Musicoterapia-orff
La musicoterapia-Orff e una terapia multisensoriale, può potenziare altre terapie.
È applicabile: nelle minorazioni psico-mentali, nelle minorazioni fisiche, nelle minorazioni dei sensi, nei disturbi
comportamentali, nei disturbi dello sviluppo.
Conclusioni
Mauro ha il grande merito di aver:
o dedicato la sua vita all’insegnamento della musica ai bambini utilizzando e adattando al contesto
italiano la metodologia Orff
o dato molto spazio alla formazione degli insegnanti in ambito musicale
o portato in Italia la musicoterapia-Orff in antitesi alla musicoterapia recettiva
o praticato la musicoterapia preventiva nel contesto scolastico ed extrascolastico
o formato molti insegnanti dando origine a un filone triestino di Musica Nuova
Interculturalità
Principio fondamentale: l’interculturalità è una funzione, oggi più che mai indispensabile nella scuola italiana,
alla quale la musica più di ogni altra pratica espressiva può assolvere.
L’Orff-Schulwerk si ritrova nelle esigenze multiculturali attraverso la riscoperta delle musiche etniche extra-
europee.
apertura a materiali d’uso di ogni tipo
il repertorio per un progetto didattico può avere qualsiasi provenienza
ciò che conta è l’elaborazione musicale e la socializzazione
I partecipanti, ognuno con il proprio apporto culturale, un proprio ruolo e un proprio livello di competenza
formano un gruppo coeso (principio d’inclusione).
Metodologia pratica
avviamento al canto: non occorre essere musicisti per insegnare una canzone...
emissione e registro vocale.
stonati: partire dal bambino.
impiego del registratore
respirazione
educazione alla memoria
educazione linguistica
educazione all’orecchio interno
modalità d’esecuzione: suscitare nel bambino la voglia di migliorare
avviamento alla lettura musicale e del simbolo (cantar leggendo)
ostinati melodici e ritmici
pedali
accompagnamento ritmico
CANTO
1. Accompagnare un canto con il battito delle mani.
2. Accompagnare un canto alternando il battito di mani a quello di piedi, di un banco...
3. Canto interrotto.
4. Un gruppo canta l’altro improvvisa l’accompagnamento ritmico.
5. I bambini cantano e improvvisano l’accompagnamento ritmico.
6. Un gruppo canta l’altro fa un ostinato o un pedale.
7. Alternare le strofe tra gruppi.
8. Inserire al punto 6 gli strumenti.
9. Sostituire alle parole del canto le note.
10. Disegnare i contenuti delle canzoni.
11. Drammatizzare i canti narrativi anche con marionette.
Conclusioni
Goitre ha il merito di aver intravvisto nell’educazione vocale e nel canto corale la possibilità di sviluppare nei
bambini non solo le competenze sociali ma anche – e soprattutto – le abilità musicali. Significativi i suoi libri
come Canti per giocare e Cantar leggendo. Come importante è stata la sua attività di divulgazione tramite La
Cartellina, rivista di didattica musicale e canto corale fondata nel 1977.
Consideriamo la musica non sotto l’aspetto sacrale di arte classica, ma come intimo processo individuale, nel
senso che in ognuno di noi esiste un certo grado di musicalità che ognuno elabora e di cui usufruisce in modo
proprio. (Luigi Mauro)
INVERTIRE IL PERCORSO
Dopo le esperienze storiche relative alla musica concreta e atonale, nella scuola di base non si tratta di
ripudiare le esperienze attive legate all’alfabetizzazione musicale posticipandole alla scuola secondaria di
primo grado ma semplicemente invertire il percorso. Bisogna partire dalle esperienze musicali naturali del
bambino vicine alla musica contemporanea per arrivare alla graduale scoperta della musica tonale seguendo
una metodologia ciclica che non tralasci mai l’importanza della pratica musicale e dell’ascolto delle proprie
produzioni come principali mezzi per favorire la motivazione degli apprendimenti. Solo seguendo questo
procedimento ogni alunno potrà, «attraverso l’esperienza del far musica insieme, […] cominciare a leggere e a
scrivere musica» senza cadere nell’istruzionismo e «produrla anche attraverso l’improvvisazione, intesa come
gesto e pensiero che si scopre nell’attimo in cui avviene: improvvisare vuol dire comporre nell’istante».
(Indicazioni nazionali)
Innanzitutto i principali elementi costitutivi della musica,
ritmo,
melodia,
armonia,
sono scissi dal contesto globale e affrontatati una alla volta.
Il ritmo
Nei tempi più remoti dell’evoluzione dell’uomo il ritmo – inteso come ordine nel movimento – ha originato la
parola, nella didattica musicale questa relazione si capovolge e la parola “restituisce” ora il ritmo. L’insegnante,
per sviluppare il senso ritmico misurato nei bambini, associa alle parole diverse durate e costruisce figurazioni
ritmiche elementari che il bambino impara gradualmente a riconoscere, leggere ed eseguire con la voce, con i
gesti-suono e con gli strumenti a percussione a suono indeterminato.
Le parole (e le relative figurazioni ritmiche) tenute fisse nel corso dell’insegnamento favoriscono nei bambini la
realizzazione cosciente di “elementari” ostinati ritmici nelle concertazioni. In questa fase sono utili, in
un’importante reciprocità tra linguaggio verbale e linguaggio musicale, le conte e le filastrocche parlate e
l’esperienza nel coro parlante.
Melodia
Limitata inizialmente al sistema modale pentatonico. Secondo il principio della gradualità si inizia con
cantilene, filastrocche, conte e ninne nanne su due sole note (sol - mi), poi di tre (sol - mi - la).
Successivamente, aggiungendo il do e il re, è la volta di melodie estese a tutta la scala pentatonale.
Questo tipo di lavoro risulta interessante:
1. NELL’ASPETTO DIDATTICO
• consolida l’intonazione vocale
• favorisce una tecnica elementare nell’uso degli strumenti
• incoraggia l’estro dell’improvvisazione strumentale
• permette da subito una musica pratica anche polifonica e concertata
• gratifica i piccoli esecutori
2. NELL’ASPETTO SOCIALE:
rafforza le proprie radici
rafforza il senso di appartenenza al gruppo
favorisce l’accettazione delle regole
3. NELL’ASPETTO AFFETTIVO:
o riconoscimento e controllo delle emozioni
L’indugiare a lungo da parte dell’insegnante su questo circoscritto spazio tonale permette inoltre d’incoraggiare
la creatività vocale e strumentale dei bambini attraverso l’improvvisazione melodica. Seppur nella limitatezza
dell’ambito, le melodie improvvisate si possono disporre in cinque Modi diversi. Prendendo come modello la
scala pentatonale di do avremo, oltre al Modo di do con un bordone do-sol,
il Modo di re con un bordone re-la,
il Modo mi con un bordone composto dal solo mi perché qui manca la quinta (si),
il Modo di sol con un bordone sol-re
Armonia
Il primo approccio all’armonia sarà estremamente elementare perché le melodie pentatonali, prive dei due
semitoni presenti nelle scale maggiori e minori, sono avulse dalle regole della musica tonale e dall’armonia
accademica e formale. Saranno “sorrette” dalle stesse note che compongono la scala pentatonale su cui sono
costruite e più precisamente dal bordone di tonica/quinta e dagli ostinati ricavati dall’ampliamento del bordone.
Anche per l’armonia, come per la melodia, solo dopo un periodo di tirocinio nell’ambito modale pentatonale si
passerà alle melodie in scala eptafonica e, di conseguenza, in ambito tonale. Armonia formale.
L’accompagnamento con più accordi, a partire dalle successioni di accordi di tonica e dominante (I - V grado),
passerà attraverso quello di tonica, dominante e sottodominante (I - V - IV grado), fino ad aggiungere anche gli
accordi costruiti sui gradi rimanenti della scala: II, III e VI grado.
Parallelamente al ritmo, alla melodia e all’armonia va posta l’attenzione:
al timbro che nella concertazione assume un ruolo importante: la vasta gamma di strumenti offre
all’insegnante e ai giovani esecutori possibilità d’impasti timbrici pari a quelli messi a disposizione del
maestro concertatore da un’orchestra. Ricchezza giustificata da un aspetto anche pratico: permettere
a tutti gli alunni di avere un ruolo attivo nella concertazione
alla dinamica per il raggiungimento di un giusto equilibrio tra la voce che parla o canta e gli strumenti
al movimento, parte integrante dell’evento sonoro-musicale per il bambino come per l’adulto, suggerito
dal ritmo e dalla melodia che potrà dare luogo a giochi cantati, pantomime o semplici coreografie.
Una volta presa dimestichezza dell’ambito pentatonico (voce intonata, buona pratica strumentale, capacità
d’improvvisare bordoni, ostinati e brevi melodie) i bambini dunque «hanno a portata di mano tutte le basi per
affrontare serenamente ogni altro stile musicale, da quello tradizionale bimodale a quelli delle moderne scuole
d’avanguardia» (L. Mauro).
MUSICOTERAPIA
Premessa
Il termine di musicoterapia deriva dal greco: mousikè (μουσική) «propria delle Muse» ovvero arte,
rappresentazione umana in parola, suono e movimento; therapeía (θεραπεία) assistere, prendersi cura.
La Musicoterapia è l’uso della musica e/o dei suoi elementi (suono, ritmo, melodia, armonia…) da parte di un
musicoterapeuta qualificato, con un paziente o un gruppo di persone, in un processo volto a facilitare e
promuovere la comunicazione, le relazioni, l’apprendimento, la mobilità, l’espressione, l’organizzazione e altri
rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare bisogni fisici, emotivi, mentali, sociali e cognitivi (World
Federation of Music Therapy, 1966). La Musicoterapia mira a sviluppare le potenzialità e/o ripristinare le
funzioni dei singoli in modo da ottenere una migliore integrazione intrapersonale e/o interpersonale e, di
conseguenza, una migliore qualità della vita, attraverso la prevenzione, la riabilitazione o il trattamento (World
Federation of Music Therapy, 1966).
https://www.youtube.com/watch?v=A_MjCqQoLLA
https://www.youtube.com/watch?v=68Pu0sdmBsM
Numerose ricerche hanno dimostrato l’effetto universale dei diversi stili di musica su pressione arteriosa,
frequenza cardiaca e conduttanza elettrica cutanea indipendentemente dal giudizio soggettivo delle persone
esaminate.
Definizione:
La Musicoterapia Psicopedagogica è una metodologia che integra la Didattica della musica con i principi e
le tecniche d’intervento della Psicologia, della Pedagogia e della Musicoterapia. La Musicoterapia
Psicopedagogica si applica esclusivamente in gruppo e utilizza il suono, il movimento e la musica per
promuovere una comunicazione non verbale attiva.
La pratica musicale
La pratica musicale si fonda sull’ascolto reciproco, sull’accettazione di regole condivise, sulle relazioni che
vengono a crearsi tra i vari strumenti e strumentisti coinvolti nell’improvvisazione sonora. Ognuno impara ad
assumersi le proprie responsabilità, ad accettare le specificità individuali, ma anche a superare le spinte
individualistiche.
l’iniziativa
la creatività
la gratificazione
la motivazione
il coinvolgimento.
La Didattica della musica, oltre allo sviluppo integrato dell’individuo (educare con la musica) punta
all’alfabetizzazione musicale (educare alla musica).
«Ogni bambino è un'artista.Il problema è poi come rimanere un'artista quando si cresce» (Pablo
Picasso)
IL CANTO E IL BAMBINO
Etnomusicologia comparata
Studi nell’ambito della etnomusicologia comparata dimostrano che i più antichi brani musicali furono solamente
vocali. Erano espressioni musicali, seppur primitive e elementari, con molte regole. Due i modelli generalizzati
a tutte le culture primitive: Melodie a picco - Melodie orizzontali o a intervallo unico.
Melodie a picco
dopo un primo passaggio da un suono grave a uno acuto simile a un urlo, la voce scende con dei
Melodie orizzontali
Altri due modi – raggruppati in unico modello – per eseguire il canto:
ripetendo costantemente un suono: forma più antica utilizzata in tutte le culture in ambito religioso;
alternando due suoni sempre uguali: l’intervallo varia in base alle diverse culture anche se si
segnala la presenza prevalente della terza minore; si presentano parallelamente alle melodie a picco.
Curt Sachs (1881- 1959) le considera «strutture vuote» che nel tempo si sono espanse adattandosi alla
metrica e al significato delle parole esaltandone l’aspetto realistico anche con l’utilizzo dei movimenti del corpo
e della gestualità. Agli inizi del NovecentoHeinz Werner (1890-1964) ha osservato la presenzadi melodie
orizzontalinei primissimi canti spontanei dei bambini occidentali.
PARALLELLISMO TRA EVOLUZIONE DELL’INDIVIDUO ED EVOLUZIONE DEL GENERE UMANO
Aspetto magico
MAGIA: «tecnica soprannaturale mediantela quale l’uomo presume di poter produrre tutto ciò che la sua
tecnica razionale non è ingrado di realizzare» (Malinowski).
ALLA MAGIA SONO CONNESSI IL SUONO E LA MUSICA
Nelle culture primitive ogni essere umano – vivente o morto – possiede uno specifico suono o un canto segreto
al quale deve rispondere, ciò lo rende vulnerabile alla magia (Benenzon). Lo sciamano, il guaritore, il mago
suonano e cantano tutte le melodie del repertorio medicinale fino a trovare quella giusta per imprigionare lo
spirito della malattia (Schneider).
«INCANTO», «INCANTESIMO», «INCANTEVOLE» ... derivano dalla funzione magica del cantare:
o ASPETTO ANCESTRALE DEL CANTO PRESENTE NELLA CULTURA POPOLARE
o ORIGINE DELLA MUSICOTERAPIA
Valenza emotiva
La capacità del canto di suscitare emozioni è nota fin dall’antica Grecia:
compare nella mitologia (Orfeo, Apollo, Chirone, Achille...);
nei banchetti dove gli aedi (cantori) cantano i miti accompagnandosi con la cetra;
nella tragedia greca dove il coro accompagna l’azione
Damone (V sec. a.C.) sostiene la corrispondenza tra i vari modi (harmoniai) e i diversi stati d’animo dell’uomo.
La musica è in grado di suscitare emozioni perché viene codificata culturalmente sulla base di un «parlare
alterato emotivamente» che nel corso della storia dell’uomo si è gradualmente sistematizzato e accentuato
diventando prima recitazione, poi poesia epica, lirica e infine canto vero e proprio (Spencer)
Spencer (1820-1923)
Ogni tipo di emozione eccita in modo spontaneo tanto la mente quanto il sistema motorio-muscolare che
l’esprime esternamente. La voce, prodotta da uno specifico apparato corporeo, è quindi un mezzo di
espressione emotiva e, come tale, viene alterata in vari modi a seconda dei diversi sentimenti e in modo
proporzionale alla loro intensità. Un enunciato emotivamente «caldo» si presenta con caratteristiche sonore
diverse rispetto a un enunciato «freddo» e ordinario, sia per quanto riguarda l’intensità sia il timbro, gli intervalli
di emissione, il tono e la sua velocità di variazione. Queste tipicità vocali, che indicano un sentire eccitato
derivato fisiologico di dolore o piacere, sono portate al massimo nel canto
Darwin (1809-1882)
La musicalità è strettamente legata alla competizione- selezione sessuale, ovvero alla possibilità dell’individuo
di essere scelto dal partner. La musica è presente anche nelle forme più remote di umanità. Negli antichi miti
mediterranei, africani, australiani e amerindi gli dei creano cantando e non parlando. Le emozioni che la
musica risveglia in noi sarebbero dunque un riflesso delle emozioni che agitavano i corteggiamenti dei nostri
antichi progenitori. Il cammino che da questo “primo canto” la musica ha svolto all’interno della società umana
è enorme ed è legato, oltre che alle emozioni, alla socialità e al linguaggio verbale.
Valenza sociale
Il canto esprime e favorisce un’attivazione dell’energia fisica, non solo individuale, ma anche collettiva tanto da
scandire da sempre le attività lavorative.
Mezzo d’incitamento all’azione
Mezzo per «diminuire» la fatica nel lavoro
Mezzo per favorire la creazione di un gruppo coeso
Ricerche di: MOOG, MICHEL, DAVIDSON, MCKERNON & GARDNER, BJØRKVOLD, DELALANDE,
IMBERTY, PORZIONATO.
Le ricerche successive sono orientate non sull’evoluzione delle capacità canore, ma piuttosto sullo sviluppo del
canto spontaneo (contesti, modalità d’uso, funzioni e formule).
Bjørkvold (1987) presupposti
La madrelingua musicale del bambino e un’attività prettamente socio-musicale. Il canto è una parte
indispensabile della vita del bambino. È un modo per collegarsi alla realtà
Nell’evoluzione del canto spontaneo nei bambini identifica tre stadi che spesso nella seconda infanzia si
sovrappongono:
PROTASSI, primo stadio caratterizzato dal canto fluido/amorfo
privo di struttura ritmico-melodica definita
melodia ricca di glissati e micro intervalli
senza base tonale
libero sfogo nei testi
In questo stadio l’esperienza del bambino rispetto al mondo che lo circonda è globale.
PARATASSI, secondo stadio caratterizzato dalle formule musicali utilizzate per connotare la realtà
circostante
presenza di semitoni, toni e intervalli di terza discendente
prevalenza netta della terza minore (sol-mi)
presenza di scansioni ritmiche;
SINTASSI, il terzo stadio è caratterizzato dai canti tradizionali composti dagli adulti o dai bambini su una
forma già esistente classificabili in relazione:
ai rapporti intervallari
alla melodia
al ritmo
alla forma
al testo.
Nei canti tradizionali il bambino libera la sua fantasia in ambito musicale e testuale.
Categorie d’uso
In base all’uso che il bambino fa del canto spontaneo Bjørkvold individua tre categorie:
1) CATEGORIA D’USO A – MUSICA E GESTUALITÀ: il canto spontaneo è parte integrante dell’attività
che il bambino sta svolgendo ed è legato all’oggetto con cui sta giocando
2) CATEGORIA D’USO B – COMUNICAZIONE: il canto spontaneo è collegato al solo messaggio
linguistico (canto di derisione, di narrazione di protesta, ...)
3) CATEGORIA D’USO C – COLONNA SONORA DI UNA ATTIVITÀ: il canto spontaneo non fa più parte
dell’attività del bambino ma l’accompagna in modo autonomo.
Conclusioni
esiste una cultura tipica dei bambini
non bisogna valutare la musicalità dei bambini in base ai valori estetici canonici dell’intonazione e del
«bel canto»
vi sono evidenti analogie tra il canto infantile e le forme della musica moderna e contemporanea.
Bjørkvold si colloca nettamente in una prospettiva che fa capo Vygotskij: il linguaggio (musicale) inizia con una
funzione sociale per poi arricchirsi e diventare una funzione a sostegno dell’intelletto.
Condotte e musica
Le pratiche musicali sono dominate da una commistione tra le tre condotte musicali. Così si trovano
strumentisti e direttori d’orchestra animati dal gesto, compositori attratti dall’effetto del suono, ecc. Anche i
diversi stili musicali risentono delle tre fasi delle condotte - per esempio musiche come il canto gregoriano, la
musica romantica e la musica contemporanea si basano principalmente sulle condotte espressive. Quanto alle
regole esse interessano tutte le «musiche di scrittura».
Conclusioni
La moderna educazione musicale deve far leva sul risveglio nel bambino delle condotte.
Pedagogia del risveglio:
in grado di agire sulle attitudini interiori
basata sull’affinamento della sensibilità e del gusto del suono
orientata verso una più libera e creativa concezione del linguaggio musicale (il bambino è più vicino alla
musica atonale che alla musica tonale).
Insegnante come osservatore:
• incoraggiare e rinforzare le condotte spontanee del bambino
• «guidare senza orientare [...] verso l'autonomia del bambino» (Delalande).
Imberty (1991)
Da prima della nascita il bambino è in grado di percepire, attraverso il liquido amniotico, suoni che in parte
influenzeranno il suo futuro sviluppo psichico. Dal settimo mese di gravidanza il feto risponde agli stimoli
sonori esterni purché siano di frequenza relativamente grave e d’intensità superiore al ritmo cardiaco e ai
rumori digestivi della madre. Nella stessa maniera il feto sente e riconosce la voce della madre grazie al ritmo
e all’intonazione. Al momento della nascita il neonato impara velocemente a distinguere anche il timbro della
voce materna
Nella prima produzione vocale del neonato si possono distinguere le manifestazioni di dispiacere non
intenzionale da quelle che diventeranno, intorno alla terza settimana le quattro grida fondamentali di
richiesta verso l’ambiente:
1. grido di fame
2. grido di collera
3. grido di dolore
4. grido di reazione
Più o meno nello stesso periodo si manifestano le prime vere produzioni vocali intenzionali che verso la quinta
settimana, diventano la base della piagetiana reazione circolare, reazione che si attua nel neonato come
risposta alla voce della madre in un esclusivo gioco di scambi.
Tra i 2 e 3 mesi il bambino produce con la voce diversi e numerosi suoni ed entra nella fase di
borbottamento o periodo esplorativo delle possibilità vocali. Non tutti i suoni prodotti in questo periodo
faranno parte della futura lingua madre. Verso i 3 mesi compaiono le grida contagiose, giochi vocali che
danno al bambino la possibilità di:
1. esercitare le attitudini uditive
2. sviluppare la percezione delle relazioni che passano tra le sensazioni fonatorie fisiologico- muscolari e i
parametri acustici dei suoni prodotti.
Sempre verso i 3 mesi si forma lo schema vocale, trasferimento percettivo-fonico dello schema corporale e, di
conseguenza, anche l’orecchio musicale. Dai 6 mesi accanto alle lallazioni si notano produzioni vocali con
un’ampia gamma di frequenze chiaramente indirizzate verso il canto. Verso la fine e non oltre il secondo anno
di vita compaiono i primi tentativi imprecisi e limitati d’imitazione del canto degli adulti.
Conclusioni
Per Imberty le esperienze musicali del bambino durante i primi due anni di vita sono essenziali:
1. per lo sviluppo del linguaggio musicale
2. per lo sviluppo globale del bambino perché favoriscono lo sviluppo dell’udito, capacità percettivo-
discriminatorie, il potenziamento delle coordinazioni motorie.
Porzionato (1988)
L’ontogenesi, lo sviluppo del canto del bambino, riassume la filogenesi, le modalità con cui il canto si è
evoluto nella storia delle civiltà occidentale. L’evoluzione strutturale del canto si è manifestata nella storia delle
diverse culture come una conquista di spazio sonoro e la melodia, nell’ampiezza e ricchezza intervallare che
conosciamo oggi, è una delle espressioni dirette di questo processo evolutivo.
Il babytalk*
La struttura e la sintassi sono semplici e favoriscono le ripetizioni e le regolarità. La prosodia – per la
presenza di accenti, di un marcato senso ritmico, di contorni melodici, d’intervalli e di contrasti – risulta
notevolmente marcata rendendo il babytalk un linguaggio molto musicale. La madre trasforma questa
musicalità in un gioco, emotivamente intenso, con lo scopo di attrarre l’attenzione del bambino o per calmarlo.
Ma soprattutto, il babytalk è un’attività a eco: la madre ripete fino a che il bambino la imita, a sua volta lei lo
imita, in una infinità di variazioni rendendo possibile così la prima esperienza musicale del bambino.
*Ci sono diverse versioni del babytalk a seconda della cultura d’appartenenza della madre, ma si sono accertati dei tratti
universali che costituiscono la base del «bagno sonoro» e linguistico del bambino in tenera età.
Conclusioni finali
Una corretta didattica della musica nella Scuola dell’Infanzia deve tenere conto che solo verso la fine del
quarto anno e all’inizio del quinto anno il bambino è in grado di riprodurre correttamente la maggior
parte delle canzoni, purché limitate nell’estensione alle sue possibilità fisiche, e filastrocche proposte
dall’ambiente familiare e dall’ambiente scolastico. Prima? «risvegliare» nel bambino il piacere
dell’esplorazione vocalico-sonora e renderlo gradualmente cosciente delle caratteristiche espressivo-
comunicative del linguaggio musicale.
IL CANTO POPOLARE
Anche se attualmente il canto popolare infantile è pressoché scomparso nelle pratiche infantili ciò non è
dovuto a una reale perdita d’interesse da parte dei bambini quanto piuttosto ai cambiamenti socio- ambientali
avvenuti in Italia a partire dallo scorso secolo.
Definizione
Con il termine canto popolare ci si può riferire a più generi e stili musicali: dai canti di lavoro, sociali e di guerra
alla canzonetta e alle arie operistiche, dal Jazz al Rhythm and blues, dal Rock’n’roll al Beat, fino a quei grandi
contenitori che sono la Pop music e la Musica leggera.
Funzione interculturale
Il canto popolare di tradizione orale è anche il risultato di innumerevoli apporti culturali che a partire dalla
primordiale matrice si sono stratificati nel tempo importante ruolo nell’educazione interculturale. La
consapevolezza dei successivi apporti culturali di cui il canto tradizionale è depositario favorisce l’educazione a
una open mind in grado di evitare nazionalismi e campanilismi.
Funzioni sociali
Funzioni legate a modelli relazionali e affettivi tipici del gruppo ristretto quali:
• riconoscimento dell’individuo
• accettazione dell’altro
• convivenza pacifica e non competitiva
• rotazione dei compiti
Funzioni individuali
scegliere ed essere scelto
mettersi in evidenza
compiere azioni mimiche
Forme e generi
DUE GRANDI FILONI:
CANTI DI CULLA il riposo, l’abbandono al sonno, l’immobilità sono evocati dal ritmo lento e oscillante, dalla
melodia con andamento definito ad arco e dall’intensità orientata verso il piano e il pianissimo.
GIOCHI CANTATI sono ritmati, con melodie semplici e ripetitive, generalmente in levare, per permettere
l’avvio immediato al gioco e in prevalenza in tonalità maggiore.
Per quanto riguarda l’estensione nei giochi cantati viene rispettata la gradualità così, a partire da una
estensione limitata dei giochi infantili si arriva a estensioni più ampie nei giochi/danza dei ragazzi
Il legame fra canto e gioco determina una situazione particolare nella quale i giocatori rimangono coinvolti non
solo nell’elemento fantastico contenuto nella narrazione cantata, non solo nella struttura coreutica e motoria,
ma anche in quella particolare atmosfera che consente di fissare nel ricordo situazioni, personaggi, compagni,
sensazioni, emozioni (Staccioli). In tutto il mondo esistono giochi che vengono accompagnati con il canto e che
presentano anche una grande varietà di forme coreutiche e tematiche. In una ricerca condotta dall’Università
di Firenze, si è riscontrato che esistono solo in Europa un migliaio di giochi cantati diversi per temi, struttura e
significato, giochi cantati adatti a bambini piccoli e a ragazzi grandi, giochi che vanno dai più semplici girotondi
alle più elevate danze cantate (Staccioli). Prevedono diversi modi d’esecuzione:
1) all’unisono
2) a rispetto o a battente, un gruppo canta una strofa e gli altri la seconda
3) a domanda e risposta, la prima affidata a un bambino e la seconda al gruppo.
Forma
La linea melodica piuttosto elementare è spesso formata da un numero limitato di note musicali, con variazioni
melodiche semplici e con molte ripetizioni per permettere un avvio immediato del gioco. Ogni gioco può essere
composto da una o più frasi musicali. A volte per tutta la durata del canto si ripete sempre la stessa azione
motoria, altre volte a ogni frase musicale corrisponde una diversa azione, altre volte ancora i movimenti
corrispondono a semifrasi o suddivisioni ancora più analitiche. L’estensione è abbastanza contenuta: lo
sviluppo più ricorrente è quello di ottava, considerato il più naturale e il più comune nella cultura occidentale.
Gli intervalli ricorrenti sono quelli della musica popolare, come l’intervallo di quarta ascendente e discendente,
comune a tutta la tradizione europea, e quello di ottava tipico della musica tradizionale inglese, altri intervalli
molto comuni sono quelli di terza maggiore o di terza minore e quelli corrispondenti ad accordi musicali.
Le conte
Hanno notoriamente la funzione di scegliere un bambino per svolgere un ruolo ben preciso in un gioco.
FINALITÀ EDUCATIVE:
o utili per avviare un primo discorso tattile di enumerazione
o possono essere utilizzate per correggere alcuni difetti di pronuncia
LE NINNE NANNE
Oltre alla funzione di far addormentare il bambino le ninne nanne offrono all’adulto (generalmente mamma o
nonna) un momento di sfogo in senso canoro e umano
Le strutture musicali generalmente non sono complesse anche se alle volte possono richiedere una vocalità
più evoluta
FINALITÀ EDUCATIVE:
possono essere utilizzate per un avvio a una emissione vocale espressiva
possibili riferimenti alla musica d’autore
Le filastrocche
Sono generalmente proposte dall’adulto che fa saltellare il bambino sulle ginocchia, oppure facendolo oscillare
avanti e indietro.
FINALITÀ EDUCATIVE:
sono costruite su semplici melodie che permettono di curare l’intonazione e l’emissione
basandosi su testi che contengono una successione logica di tempi, di eventi, di azioni possono essere
utilizzate per favorire lo sviluppo logico- mnemonico
possibili riferimenti alla musica d’autore
Canti narrativi
Si esprimono con la voce, il gesto, la pantomima e la danza.
FINALITÀ EDUCATIVE:
• pongono le prime basi operative del concetto di ritmo
• permettono ai bambini d’identificarsi con il personaggio
Canti iterativi
Si può definire anche memory musicale, è un canto in cui uno stesso motivo viene ripreso a distanze regolari e
ampliato, in eguale posizione spesso viene aggiunto un ritornello.
FINALITÀ EDUCATIVE:
favoriscono lo sviluppo mnemonico abbinato alle strutture logico narrative del testo
possibili riferimenti alla musica d’autore.
Una canzone può essere presentata inizialmente come un racconto e poi riproposta dimenticando alcune
parole chiave, poi cantata dall’insegnante e mimata insieme ai bambini, infine cantata coralmente.
Il canto in classe
Nel proporre in classe i vari canti popolari infantili l’insegnante dovrà curare la respirazione, l’emissione vocale.
la dizione delle vocali.
Da ricordare
NELLA SCUOLA D’INFANZIA E PRIMARIA:
L’insegnamento del canto si attua in modo diverso da quanto richiesto in un gruppo di bambini organizzato in
forma stabile per svolgere attività corale. Ci troviamo di fronte ad alunni più o meno motivati ad apprendere il
linguaggio musicale.
Il canto corale
Nei programmi scolastici il canto corale è stato un punto di riferimento per l’educazione musicale, ha risentito
dei vari periodi storici che la scuola italiana ha vissuto. Così volta per volta la pratica vocale in coro ha avuto
obiettivi:
igienici
disciplinari
estetici
ricreativi
Per risolvere questa confusione pedagogica ci sono voluti i Nuovi Programmi didattici del 1985 che, nella
parte relativa all’Educazione al suono e alla musica, collocano il canto corale - pur non citandolo
esplicitamente - tra le attività che concorrono a:
1. maturare, sviluppare e potenziare le capacità percettive
2. maturare, sviluppare e potenziare le capacità cognitive
3. maturare, sviluppare e potenziare la dimensione sociale.
Ilyna (1959)
Studio sulla riproduzione vocale di una melodia fatta da bambini in età prescolare. Due stadi:
1) i bambini non considerano l’esattezza degli intervalli ma s’interessano solamente alla riproduzione della
curva melodica
2) i bambini riproducono gli intervalli esatti tra i suoni all’interno della curva melodica
Indicazioni pratiche
Dal punto di vista metodologico è una perdita di tempo esercitarsi meccanicamente a cantare gli intervalli
dato che questa attività non potrà essere di grande aiuto nella lettura a prima vista.
ATTIVITÀ UTILI:
• svolgere attività che sviluppino il senso melodico;
• sviluppare e rafforzare, con attività di riproduzione, la capacità di avere immagini uditive chiare e forti;
• interiorizzare gli intervalli attraverso un graduale processo d’isolamento dalla melodia
Il principio fondamentale: «dal globale al particolare»
Tecniche:
canto interiore mimato
canto interrotto
canto con i nomi delle note al posto del testo
canti d’intervallo
chironomia
Chironomia
Tecnica nella quale a ogni nota corrisponde un gesto della mano il rapporto d’altezza tra le note è
evidenziato dagli spostamenti delle mani in senso verticale, la durata è data da un leggero movimento delle
mani in senso orizzontale.
VANTAGGI:
si attua un’analisi melodica concreta dei canti perché i bambini la possono «toccare con mano»
permette di presentare gli intervalli in modo graduale, d’interiorizzarli correttamente e, quindi, d’intonarli
con una relativa facilità
Gesti chironomici
Conclusioni
Il canto corale, presentato nella scuola primaria sempre in forma ludica:
sviluppa l’orecchio musicale
permette a ognuno di trovare il proprio spazio, prendendo coscienza dell’utilità di accordarsi con il
vicino
permette una progettazione educativa impostata sulla consapevolezza del contenuto espressivo-
comunicativo della musica e rivolta a una prima alfabetizzazione musicale.
Repertorio
Saranno sempre i canti popolari infantili di tradizione orale ad avviare il bambino all’attività corale vera e
propria, ma in seguito, si potrà affrontare anche altri generi e stili musicali purché si rispetti, nelle scelte, la
maturazione fonica, vocale e ritmica dei giovani coristi.
I canti che andranno a formare via via il repertorio è preferibile sceglierli nelle tonalità di fa, sol e re maggiore –
e relative minori re, mi, si – perché si sviluppano nella regione più adatta ai bambini.
MUSICA
«La scuola elementare promuove l’acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio» (NPSE, 1985).
L’orientamento cognitivo che caratterizza i NPSE si traduce nell’obiettivo generale di assunzione di un
atteggiamento analitico nei confronti degli eventi sonoro-musicali. L’interpretazione concreta di questa
analiticità pone un secondo obiettivo specifico: LA COMPETENZA MUSICALE.
Per competenza musicale s’intende: «la capacità di organizzazione consapevole degli eventi musicali, in
funzione della loro comprensione» (montiglio).
Si articola in acquisizione di:
ABILITÀ MENTALI (percettive, cognitive e rappresentative)
ABILITÀ ESECUTIVE (vocali, strumentali, grafico-simboliche).
Il cognitivismo (e la dimensione linguistica) dei NPSE non devo far dimenticare altri aspetti e obiettivi
fondamentali dell’educazione musicale come: AMBITO AFFETTIVO, AMBITO SOCIALE, AMBITO ESTETICO.
Il suono come presupposto di ogni educazione di base che punti a uno sviluppo della personalità del
bambino
La realtà acustica nella natura e nella cultura. «L’Educazione al suono e alla musica ha come obiettivi generali
la formazione attraverso, l’ascolto e la produzione, di capacità di percezione e comprensione della realtà
acustica e di fruizione dei diversi linguaggi sonori» (cit.).
1. FENOMENI ACUSTICI
~ della natura
~ della civiltà urbana e cittadina
2. PRODUZIONE MUSICALE DI POPOLI
- differenti paesi
- epoche storiche
I punti 1 e 2 sono i campi delle attività di: esplorazione, conoscenza, apprendimento.
Obiettivi e contenuti
FORMAZIONE E SVILUPPO DELLE CAPACITÀ
1) Percezione della realtà sonora nel suo complesso
2) Comprensione (conoscere e riconoscere i vari linguaggi sonori)
3) Produzione (uso dei diversi linguaggi sonori nelle componenti comunicative, ludiche e espressive)
PERCEZIONE E COMPRENSIONE
«L’ascolto e l’analisi guidata dei suoni […] sono due aspetti iniziali di una serie di attività rivolte a stimolare
l’attenzione sui fenomeni acustici, ad organizzare l’esperienza sensoriale uditiva e a preparare la capacità di
fruire la musica nelle sue varie forme» (cit.)
SUONO COME PROPEDEUTICA ALLA MUSICA
percezione di suoni e rumori ambientali in ordine alla fonte, lontananza, vicinanza, durata, intensità,
altezza, timbro
distinzione e selezione dei suoni e rumori prodotti dall’uomo, animali, eventi naturali e strumenti
musicali
ascolto di materiale musicale in grado di stimolare il riconoscimento formale e strutturale dei brani
proposti; riconoscimento della voce e degli strumenti musicali e delle loro caratteristiche timbriche
ascolto di brani di diversi popoli relativi alla loro vita; brani di diverse epoche e stili «anche in rapporto al
teatro, al cinema e alla danza (melodramma, spiritual, jazz, ecc.)» (cit.)
Il tutto nel rispetto «di criteri di opportuna gradualità» nei cinque anni in cui si articola la scuola elementare e
in relazione «alla maturazione psicologica e allo sviluppo cognitivo dei fanciulli» (cit.)
PRODUZIONE
«La voce in particolare e, in generale, tutto il corpo sono gli strumenti più naturali e immediati che gli uomini
hanno a disposizione per produrre suoni musicali o industriali e sequenze ritmiche» (cit.)
STIMOLARE IL BAMBINO A USARE E ANALIZZARE CIÒ CHE È GIÀ CAPACE DI PRODURRE CON LA
VOCE E CON IL CORPO
o la voce che parla: vocali, consonanti, modo di produrre i suoni (conoscenza dell’apparato fonatorio)
o giochi con la voce (parlare, leggere, ecc.)
o giochi con la voce che canta sia individuali che di gruppo; differenze tra voce che parla e voce che
canta
o canti legati alla gestualità, al ritmo, al movimento di tutto il corpo e parti di esso, ai diversi suoni che il
corpo può produrre (battere le mani, i piedi, ecc.)
o ricerca e esplorazione dei diversi timbri vocali: uso della voce in campo musicale e nelle diverse attività
umane
o ricerca e analisi dei diversi modelli espressivi spontanei (grido, pianto, riso, ecc.) o progettati
(canzonetta, opera lirica, ecc.) della voce
o organizzazione dei giochi vocali sull’imitazione di suoni e rumori, della realtà naturale degli strumenti
musicali e di altri oggetti
«L’educazione musicale di base non intende formare futuri musicisti, ma fornire un primo livello di
alfabetizzazione nel campo dei suoni» (cit.)
Attività:
sperimentare e analizzare diversi suoni e timbri ricavati dalla percussione di oggetti (metalli, legno,
pietre, ecc.)
analisi dei diversi modi di produrre suoni: strofinando, agitando oggetti, ecc.)
ricerca e analisi sui diversi modi di produrre suoni musicali (fiato, percussione, arco, pizzico, ecc.). «La
ricerca verrà condotta in modo operativo anche realizzando piccoli strumenti con materiali poveri» (cit.)
ricerca e analisi dei moderni sistemi per la produzione dei suoni e per la loro diffusione, amplificazione
e trasformazione
esecuzione di giochi musicali con strumenti musicali per riprodurre ritmi più facili anche in relazione alle
difficoltà dell’esecuzione concertata di brani musicali • Esecuzione di brani musicali, con strumenti di
facile uso, collegati alla gestualità, alla mimica, alla danza, a forme di teatro (marionette, burattini,
teatro delle ombre, realizzazione di audiovisivi, ecc.)
Indicazioni didattiche
«Nella elaborazione dei progetti didattici di educazione al suono e alla musica è necessario tener conto del
paesaggio fonico in cui è inserito il fanciullo, delle già acquisite capacità di comprensione ed espressione
musicale e del grado di codificazione da lui raggiunto in relazione alla propria esperienza sonora» (cit.).
tenere conto delle esperienze maturare nella scuola materna
raccordare le attività musicali ad altre esperienze. Perciò sono importanti i collegamenti con altre aree
educative quali lingua, espressione e analisi visuale, educazione motoria, ecc.
nella scuola elementare è importante attivare la capacità pratica di usare i suoni per comunicare ed
esprimersi. Quindi collegamenti alle diverse forme di linguaggio
ascoltare musica e manipolare strumenti e oggetti sonori
verificare le produzioni sonore tramite apparecchiature di registrazione e riproduzione
Novità assoluta
Al temine della sezione dedicata alla musica prima dell’Educazione motoria si legge: «nell’ambito delle attività
di educazione al suono e alla musica è da tener presente il valore che possono assumere eventuali interventi
specialistici di musicoterapia, rivolti a soggetti in situazione di handicap» (cit.)
Conclusioni
1) LAVORARE IN OGNI DIREZIONE
Leggere, scrivere, comporre, agire con la musica sono esperienze importanti a tutti i livelli di maturazione ed
evoluzione psicologica. La didattica della musica nella scuola di base deve muoversi in una visione
d’interdisciplinarità sia all’interno della musica – collegando il cantare, il suonare, l’animare, l’ascoltare, la
lettoscrittura, la composizione) sia esterna alla musica – in particolare risulta interessante il pensiero simbolico
e la linguistica applicata alla musica (Montiglio).
2) IMPARARE FACENDO
La definizione classica della musica intesa come «arte dei suoni» sottolinea la sua fondamentale dimensione
produttiva. INPSE evidenziano la centralità dell’«operatività degli alunni» e il bisogno di «concrete e autentiche
esperienze d’incontro con la musica».
3) ALFABETIZZAZIONE MUSICALE
Quanto indicato non esclude l’apprendimento di codici specifici della musica quali «strumenti fondamentali di
comprensione».
INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO DELLA SCUOLA DELL’INFANZIAE DEL PRIMO CICLO
D’ISTRUZIONE (2012)
Scuola dell’infanzia
«La scuola dell’infanzia, statale e paritaria, si rivolge a tutte le bambine e i bambini dai tre ai sei anni di età ed
è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura, in coerenza con i principi di pluralismo culturale ed
istituzionale presenti nella Costituzione della Repubblica, nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza e nei documenti dell’Unione europea». «Essa si pone la finalità di promuovere nei bambini lo
sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e li avvia alla cittadinanza». «L’apprendimento avviene
attraverso l’azione, l’esplorazione, il contatto con gli oggetti, la natura, l’arte, il territorio, in una
dimensione ludica, da intendersi come forma tipica di relazione e di conoscenza. Nel gioco, particolarmente in
quello simbolico, i bambini si esprimono, raccontano, rielaborano in modo creativo le esperienze personali e
sociali. Nella relazione educativa, gli insegnanti svolgono una funzione di mediazione e di facilitazione e, nel
fare propria la ricerca dei bambini, li aiutano a pensare e a riflettere meglio, sollecitandoli a osservare,
descrivere, narrare, fare ipotesi, dare e chiedere spiegazioni in contesti cooperativi e di confronto
diffuso».
Musica
«La musica è un’esperienza universale che si manifesta in modi e generi diversi, tutti di pari dignità, carica
di emozioni e ricca di tradizioni culturali. Il bambino, interagendo con il paesaggio sonoro, sviluppa le
proprie capacità cognitive e relazionali, impara a percepire, ascoltare, ricercare e discriminare i suoni
all’interno di contesti di apprendimento significativi. Esplora le proprie possibilità sonoro-espressive e
simbolico- rappresentative, accrescendo la fiducia nelle proprie potenzialità. L’ascolto delle produzioni
sonore personali lo apre al piacere di fare musica e alla condivisione di repertori appartenenti a vari generi
musicali»
La scuola primaria
«La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base, come primo esercizio dei diritti
costituzionali. Ai bambini e alle bambine che la frequentano offre l’opportunità di sviluppare le dimensioni
cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili». «Si
pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeti caratteristici di ciascuna disciplina, permette di
esercitare differenti stili cognitivi, ponendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico.
Per questa via si formano cittadini consapevoli e responsabili a tutti i livelli, da quello locale a quello
europeo»
Situazioni di svantaggio
«La padronanza degli strumenti culturali di base è ancor più importante per bambini che vivono in situazioni di
svantaggio: più solide saranno le capacità acquisite nella scuola primaria, maggiori saranno le probabilità di
inclusione sociale e culturale attraverso il sistema dell’istruzione».
L’ambiente d’apprendimento
«L’acquisizione dei saperi richiede un uso flessibile degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma
anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza per le scienze, la
tecnologia, le lingue comunitarie, la produzione musicale, il teatro, le attività pittoriche, la motricità».
Musica
«La musica, componente fondamentale e universale dell’esperienza umana, offre uno spazio simbolico e
relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di
strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del
senso di appartenenza a una comunità, nonché all’interazione fra culture diverse».
L’apprendimento musicale
«L’apprendimento della musica consta di pratiche e di conoscenze, e nella scuola si articola su due
dimensioni:
produzione, mediante l’azione diretta (esplorativa, compositiva, esecutiva) con e sui materiali sonori, in
particolare attraverso l’attività corale e di musica d’insieme;
fruizione consapevole, che implica la costruzione e l’elaborazione di significati personali, sociali e
culturali, relativamente a fatti, eventi, opere del presente e del passato».
Il canto, la pratica degli strumenti musicali, la produzione creativa, l’ascolto, la comprensione e la riflessione
critica
favoriscono lo sviluppo della musicalità che è in ciascuno