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STORIA DELLA

     
MUSICA
 
 

   Per gli studenti dei


 

Conservatori di Musica italiani

A cura di
SALVATORE IVAN EMMA
Rev. 2006
OBIETTIVITA’
Nella nostra società, tutta l’Europa colta in genere, da quasi mille anni a questa parte il fenomeno musica è sinonimo di
arte; arte espressa con i suoni, suoni intesi come mezzo più efficace della parola per esprimere / Esprimere a 360° / Obiet-
LE “ORIGINI” DELLA MUSICA tività: bisogna spogliarsi da un backgrond sonoro acquisito, nostro; è necessario immaginare (virtualmente) di uscire da
questo contesto, per carpire il fenomeno sonoro delle società diverse dalla nostra senza farlo filtrare, ossia senza sentirlo
così come siamo abituati a sentire.

ANTROPOLOGIA DELLA MUSICA ETNOMUSICOLOGIA M. COMPARATA


Dalla metà del XIX secolo si fece molto intensa la curiosità conoscitiva nei confronti sia dei fenomeni storico-socio-musicali non appartenenti all’Europa colta (popoli primitivi, civilta’
orientali) e sia nei confronti delle tradizioni musicali popolari europee. Questo era un ambito di esclusiva tradizione orale / Difficoltà reali, oggettive, nel poter condurre qualunque
analisi si ebbero fin quando non vennero i mezzi di registrazione / I resoconti sulle prime analisi erano intrise di una componente discriminatoria razzista (oggi patetica) , perché
“primitivo” era sinonimo di “inferiore” o “selvaggio”, e solo ciò che era europeo era “superiore”; mancava lo spogliamento oggettivo / Curth Sachs > scuola etnomusicologica di
Berlino > obbiettività, diplomazia: fu il primo studioso che propose di sostituire i termini-etichetta “selvaggio” e “primitivo” con i termini “arcaico” e “cosiddetta primitivo” / L’Occi-
dente cominciò a manifestare interesse nei confronti delle culture extraeuropee nella seconda metà del 700: > Jean Jacques Rousseau dedusse una comune origine della musica e
del linguaggio in quanto codici comunicativi di passioni ed emozioni in genere dell’uomo / Importanza fondamentale, nel condurre le indagini sonore, ebbe l’invenzione del Fono-
grafo di Edison (1878), che permise di attuare le indagini “sul campo”, permise cioè la registrazione dei documenti sonori di qualsivoglia specie e tipologia / Thomas Ellis con il suo
metodo dei cents (per misurare l’altezza dei suoni che spiegò nel suo saggio “Tonometrical Observation” 1884) divise il semitono, della nostra scala, in cento parti.
ETNOMUSICOLOGIA > si preoccupa della considerazione di tutto un insieme complesso di attività, idee, oggetti, che originano suoni culturalmente significati-
vi, in quanto i suoni Comunicano, e ad un diverso livello rispetto alla normale comunicazione. Ha la finalità di scoprire QUAL’E’ IL RAPPORTO UOMO ~ SUONO
nelle varie società. Qual è, in che cosa consiste, a che cosa servono e come vengono prodotti i suoni / L’etnomusicologia ricorre parallelamente alle scienze sociali e agli studi umani-
stici, con finalità più scientifiche che umanistiche, mentre l’oggetto di studio ha una natura più umanistica che scientifica / Scoprire uso e funzione della musica è l’obiettivo finale
degli studi etnomusicologica; la musica nelle società incolte è usata per una maggiore varietà di situazioni / Bartòk e Kodàly furono i più illustri nomi della musica colta europea
che dedicarono gran parte della loro vita artistica al recupero, catalogazione valorizzazione, del repertorio folcloristico ungherese e dell’Europa orientale in genere.

ORIGINE DELLA MUSICA


MUSICA E MITOLOGIA
I sei storici riscontri etnomusicologici:
Nei diversi popoli extraeuropei si evince la funzione simbolico - magica della mu- Spencer “Origine e funzione della musica”, 1857;
sica / Esempi: dio indiano Prajàpati; anche la cristianità non ne è scevra > Bibbia,
Darwin “L’origine dell’uomo e la selezione in relazione al sesso”, 1871;
mura di Gerico abbattute dagli squilli di tromba israeliane. La musica rappre-
Wallaschek “La musica primitiva” 1893;
senta / Per gli indiani testapiatta (riserva statunitense) esiste solo la concezione
Bücher “Lavoro e ritmo”, 1896;
che i canti sono creati dall’uomo nel momento stesso in cui si rivolge alla divinità >
Torrefranca “Origini della musica”, 1907;
trance (improvvisazione diremmo noi); essi non attribuiscono nessuna idea di bel-
lezza alla musica / Anche presso gli indiani Navaho la musica assume la medesima Stumpf “Le origini della musica”, 1911,
valenza, essa serve per avvicinarsi (realmente) alla divinità / Nessun ideale di frutto del pensiero positivista, delineano il rapporto a 360° uomo-suono delle varie cul-
ture che, singolarmente, essi hanno preso in esame. Come si evince ogni cultura ha un
bello, solo puro “servizio” / Per i Suyà del Mato grosso le donne sono più importan-
rapporto simbiotico con il fenomeno suono una diversa da un’altra, per cui le origini non
ti degli uomini > procreazione > gli uomini hanno solo il canto akia per celebrare sono monogenetiche, e le sei teorie non sono molto attendibili / C. Sachs > non è possi-
(non corteggiare) le donne; è solo tramite il canto che un Suyà esprime la propria bile stabilire quando sia nata la musica > studio rivolto “allo stadio più antico ed embrio-
individualità / Per la tribù Khàhass (sud-ovest della Siberia) la loro religione sha- nale che sia possibile individuare” > Sachs, Hornbostel, Schneider, (scuola tedesca) /
mana pone i rituali ritmico - musicali quale ponte reale di collegamento fra l’u- Musica - linguaggio > linguaggio-suono / B.Bartòk, Z.Kodàly L.Janacèk> influenza-
mano ed il non umano > grandissima funzione simbolica dello shamano con il
rono la loro opera musicale “colta” con le tradizioni musicali popolari dell’Europa orien-
tamburo tur / Cinesi, Indiani > suono strettamente connesso alle loro concezione di
tale.
ordine cosmogonico > regolarità di stagioni, fenomeni naturali, ecc.
I
1
STRUMENTI MUSICALI NELLE SOCIETA’ PRIMITIVE
Non bisogna pensare a “strumento musicale” come una “categoria” di oggetti; > spogliamento> nessuno strumento musicale viene “inventato”; lo stesso corpo umano è uno strumen-
to musicale: solo l’uomo possiede coscienza ritmica (battito del cuore, battito delle mani, piedi > età paleolitica). Gli stessi utensili di lavoro (poi modificati) sono i mezzi per esprimere
il linguaggio-suono. A partire dall’homo sapiens si possono attribuire tutte le sopradette teorie.

CLASSIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI MUSICALI


Un grande musicologo francese Andrè Schaeffner compì una catalogazione degli strumenti musicali in base alle loro caratteristiche morfologiche, ossia secondo i materiali
usati per essere costruiti (Origines des instrumentes de musique 1931). Egli operò la seguente classificazione:

A) STRUMENTI A CORPO SOLIDO VIBRANTE


1 CORPO SOLIDO VIBRANTE (legno pieno, legno cavo metallo pieno, metallo svasato o a tubo, pietra, osso, conchiglia, guscio)
2 CORPO SOLIDO FLESSIBILE (legno metallo osso pieno, legno metallo osso cavo)
3 CORPO SOLIDO SUSCETTIBILE DI TENSIONE (a strumenti a corda b strumenti a membrana)
B) STRUMENTI A VIBRAZIONE D’ARIA
1 ARIA AMBIENTE (rombo, sirena, fisarmonica)
2 CAVITA’ LIBERA (tamburo di terra)
3 STRUMENTI A FIATO (tutti)
Maggiore risonanza ebbe la sistematica catalogazione di tutti gli strumenti musicali compiuta da Curt Sachs > “Real lexikon der musik-instrumente”, 1913, ove vengono
elencati e classificati più di 10.00 strumenti, e non solo quelli primitivi, antichi, ed extraeuropei, ma anche quelli odierni. Questa classificazione è basata più su criteri acustici che
morfologici. Sachs formulò quattro categorie: IDIOFONI, AEROFONI, MEMBRANOFONI, CORDOFONI. Ma la nostra classificazione degli strumenti si basa sulla fusione degli studi
compiuti da quattro studiosi SACHS, MAHILLON, HORNBOSTEL, GALPIN, che aggiunsero alle quattro categorie gli ELETTROFONI. AEROFONI, detti anche strumenti ad aria,
sono strumenti a fiato (tutti i flauti, strumenti ad ancia, oboi ecc.); aerofoni liberi sono quegli strumenti che non hanno una colonna d’aria racchiusa in un tubo, ma agiscono
direttamente sull’aria esterna > il rombo o bastone sibilante o diavolo / I Risuonatori nacquero per la necessità di amplificare il suono.

Il fonografo a cilindro, costruito da Edison nel 1877. Fu il primo


strumento atto alla registrazione del suono.

I
2
2
Flauto a Naso (Isole Tromba di scorza d’albero
Figi, Oceania) (Amazzonia, Brasile)

Flauto di Pan
(Nuova Guinea)

Arco musicale
(Brasile) Corno di conchiglia (Hawaii)

I
3
3 4
Sonagli di gusci di noce (Isole
Tamburo di Legno a Fessu- della Nuova Britannia)
ra (Messico, età precortezia-
na)

Tamburo di argilla (Nuovo


Messico USA)

Kora (Cordofono africano)

Xilofono «pende» (Repubblica


del Congo)

Tamburo messicano

I
4
7

Prototipo di tamburo a fessura, Ulioto (Foto tessmann.) 5

Tamburo a fessura gigante nel suo alloggiamento, Ao - Naga, Assam (Foto Rev. Stegmiller)

I
5
AFRICA SUB - SAHARIANA:
1 Camerun Corni
2 Camerun Tromba rituale d’argento
3 Mali grande arpa - liuto a 6 corde
4 Africa occidentale arpa - liuto a cassa
quadrata

Danza tradizionale, Zambia


In Africa la danza rappresenta uno dei più importanti veicoli di comunicazione, e prende forme molto varie a seconda della
collocazione geografica. I danzatori esprimono le proprie tradizioni culturali e storiche mediante vestiti, maschere e schemi di
movimento. Questo danzatore dello Zambia indossa abiti cerimoniali ed è accompagnato dal ritmo dei tamburi.

I
6
11 Kalengo
Il kalengo è un tamburo
a cassa biconica, origi-
nario della Nigeria. È
conosciuto anche come
"tamburo parlante"
perché i suoni che pro-
duce ricordano le qualità
tonali di alcune lingue
dell'Africa occidentale.
Viene percosso con un
martelletto curvo, men-
tre le corde possono
essere premute per
mutare la tensione della
membrana.

Tamburi a impugnatura
I tamburi raffigurati
AFRICA SUB - SAHARIANA: sono sostanzialmente
tamburi a cornice dotati
1 Africa di impugnatura. La
occidentale Bala (marimba con risuonatori di versione indiana presen-
zucca) della popolazione dei ta un'unica membrana di
Mandingo
pelle che viene colpita
2 Zambia Marimba della tribù ba Tonga da due sferette quando si
scuote l'impugnatura. Il
3 Mali Campane di legno e tamburi per la danza metodo di percussione è
il medesimo dell'antico
4 Kenya Danze tribali Meru tamburo cinese t'ao-ku,
5 Repubblica che risale a circa 3000
Centraficana Tamburi pigmei anni fa.

12

10

I
7
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,
1996
Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©
1993 - 2001 Microsoft Corporation

I
8
LA MUSICA NEI PRIMI POPOLI STORICI:
MEDITERRANEO ED ASIA
MEDITERRANEO

EGITTO
Gli antichi egiziani identificarono la musica con la gioia (era chiamata hy) ed era rivolta alla divinità / La dea Hathòr era la dea della musica, danza, poesia e amore. Ha-
thòr significava "tempio di Horo", colei che racchiude in se Horo, il protettore del faraone. La dea era venerata in tutto l'Egitto; a Dèndera è tuttora visibile un tempio a lei
dedicato / I Sacerdoti egizi erano conservatori: vietarono alle donne fino al 1500 a.c. la pratica della musica; solo successivamente si ebbe lo sviluppo del professionismo musi-
cale femminile / La tromba era utilizzata per il culto della dea Osiride, il sistro per il culto della dea Hathòr e Iside / Notevole sviluppo musicale: gli egizi conoscevano la
scala cromatica, ed erano giunti a mettere in relazione la teoria musicale con l’ordine dell’universo e con l’osservazione degli astri; essi associavano le note in uso con i sette
pianeti allora conosciuti / Strumenti: arpe (molto diffuse: arcuate, angolari, a spalla; C. Sachs dedusse che dovevano avere un’accordatura pentafonica discendente), flauti,
sistri, successivamente cimbali e castagnette, poi ancora tamburello a cornice, lira e soprattutto il liuto: era suonato esclusivamente dalle donne. Legato alle divinità era anche
il crotalo, strumento a percussione consistente in un risonatore acustico di forma cubica e in due lunghi bracci che terminano in spirali laterali / L’Oboe ad ancia doppia ma.t
con legaccio di sostegno delle imboccature era uno degli strumenti più importanti; gli studiosi ritengono che uno dei due tubi produceva una sola nota (bordone) / Agevole è

stata la ricerca delle loro tradizioni strumentali per due fattori:


1 a) l’estrema aridità del terreno desertico ha preservato centinaia di strumenti musicali da
decomposizione;
b) la loro concezione religiosa voleva che raffigurare scene di vita quotidiana assicurasse
una buona qualità di vita nell’aldilà.
Pittura vascolare molto florida raffigurazioni varie / III sec. A.C. Ctesibio da alessandria
inventò l’organo ad aria Hydraulos / Presunto sviluppo di una notazione chironomica,
ipotizzata da Sachs; egli, dal movimento delle braccia e delle mani verso l’alto o verso il bas-
so, dedusse un andamento della melodia ascendente o discendente; ciò appare raffigurato
su papiri ed icone. Una testimonianza musicale di notevolissima importanza in merito pro-
viene dalla famosa mastaba di Ptah - hotep di Saqqara; qui il chironomo raffigurato ese-
gue due movimenti diversi contemporaneamente: la mano sinistra, che ha il pollice e l’indice
che si toccano, indica la fondamentale, e la mano destra, con le dita tese, la quinta.
Avevano una chiara conoscenza dell’armonia dei suoni, della loro natura, e ciò era frutto
della loro ineguagliata conoscenza della disposizione delle stelle (pensate alla disposizione
delle piramidi della piana di Giza), ragion per cui la musica era soggetta alle leggi della logi-
ca, del calcolo e della misura / Pitagora apprese in Egitto le proprie concezioni matematico-
musicali / Le modalità esecutive della musica egiziana si possono raggruppare in tre tipolo-
gie divise fra vocali e strumentali, ove vi è sempre la presenza di un solista, o di un piccolo
gruppo, contrapposto ad un gruppo più numeroso; le tipologie sono:

a) cantore solista <> coro


b) strumento solista <> gruppi strumentali
c) voci accompagnate da strumenti

II
1
6

Egitto: Suonatore di Lira


(fotografia della fine del 1800)

Crotalo egizio antico.


[New York,
Metropolitan museum]

Dea Hathòr.
2 4

La dea Hanài suona il sistro. Papiro.

Raffigurazioni
vascolari egiziane
interpretate come
gesti chironomici.
5

II
2
POPOLI MESOPOTAMICI
A differenza della civiltà egiziana le civiltà mesopotarmiche non ebbero un carat-
tere unitario; essi condensarono nelle proprie le culture di popoli diversi / Le tappe
storiche più importanti delle civiltà mesopotarmiche vanno dal 3500 al 64 avanti
Cristo (Sumeri, Accadi, Babilonesi, Assiri, Persiani, Seleucidi) / La musica aveva un
ruolo determinante nelle cerimonie religiose / E’ emerso che compirono importanti
ed itineranti studi di matematica e di astronomia, e che, anch’essi, li riversarono
nella musica / Strumenti musicali: arpa (la più diffusa e perfezionata: arcuata -
verticale ed orizzontale, angolare) cetra, flauti, castagnette, sistri, piatti, Liuto
sumerico pan-tur, cioè piccolo arco > dipinti, graffiti, bassorilievi / Studio musico-
logico sulle arpe > C. Sachs: accordatura pentafonica; F.W. Galpin: eptafonica /
Anche per i popoli mesopotamici la Bibbia rappresenta una autorevole fonte di
studio anche per la conoscenza dei loro strumenti musicali. Dalle pitture vascolari,
e dai bassorilievi, è si è potuta evincere una orchestra del Re Nabucodonosor:
Tromba: qarnâ 10
Oboe doppio: masroqítâ
Chitarra (arcaica): qatros
Arpa angolare verticale: psantrín
Arpa anglare orizzontale: sabka.

11

12 Il poeta Abu
- al - Faraj
circondato da
danzatori e
suonatrici.
Miniatura
mesopotami-
ca , 1219 (Il
Cairo, Biblio-
teca Naziona-
le).

II
3
Re David 15
suona l’Ar-
ISRAELE: CANTILLAZIONE, JUBILUS, SALMI pa attorniato
da musicisti:
Unico popolo dell’antichità, gli ebrei, con religione rigorosamente monoteista, miniatura
che non ricorse alle raffigurazioni iconografiche della propria divinità / La d e l l a
maggior parte della loro storia musicale è desunta dalla Bibbia: canti di giu- «Bibbia di Sciofàr, strumento aerofono del rito religioso
bilo e di tristezza / Quasi nessun “libro”, nella storia dell’umanità, ha avuto Carlo il ebraico.
Calvo» (IX
più importanza della Bibbia per la storia della musica; da millenni tutti i sal- sec. Parigi,
mi e i cantici che essa contiene sono stati intonati da tutta la cristianità / La Bibliotèque Davide suona la fidula: scultura
storia della civiltà ebraica (e quindi anche quella della sua musica) si estende Nationale) dalla facciata della Cattedrale di
in un arco di tempo che inizia verso il 1900 circa A.C. Re David (1004 - 966 Santiago de Campostela (1120 ca.).
A.C.), provetto arpista, fu lo storico creatore dei salmi (ne compose più di
150); egli diede un contributo determinante allo sviluppo della cultura musi-
cale ebraica, che continuò con suo figlio Re Salomone, sensibile all’organizza-
zione professionale dei cantori; questo è il periodo di massimo sviluppo della
civiltà ebraica. Il culto ebraico si svolgeva nella sinagoghe / I più importanti
strumenti furono:
Kinnor : lira a 10 corde pizzicate;
Ugab: zampogna o flauto diritto;
Sciofar : corno di capra, evolutosi e tutt’ora in uso nelle sinagoghe.
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La musica ebraica influenzò profondamente la nascita del canto cristiano:
matrice del canto cristiano riconoscibile in tre forme proprie della tradizione
14 Re David
ebraica: suona la
crotta tra i
CANTILLAZIONE: suoi musici:
assunto più importante della musica religiosa ebraica; è la miniatura dal
«salterio di
recitazione intonata: la parola di Dio era quanto di più
C a n t e r -
prezioso, in termini di fede, il popolo ebraico potesse avere, bury» (VIII
al punto che la semplice lettura parlata non era soddi- sec. D.c.
sfacente, per cui le conferirono sacralità, la “rimarcarono” Londra Bri-
tish Mu-
con il canto, con la cantillazione / I cantori si chiamavano
seum).
Hazàm, e le formule recitative Tacàm; tradizione esclusi-
vamente orale. Era già praticato il canto melismatico. Le
musiche avevano intervalli inferiori al semitono.
JUBILUS:
vocalizzo eseguito sulle sillabe di alcune parole rituali
(alleluja).
16
SALMODIA:
esecuzione dei salmi guidata da un cantore-solista e dall’as-
semblea dei fedeli; praticarono nove diverse tipologie di
partecipazione ed interazione fra solista ed assemblea.

II
4
Il seguente schema riproduce la serie delle corrispondenze chiamata Pa Yin, il più 20
ASIA importante sistema di classificazione degli strumenti musicali della Cina, e distingue
otto timbri, sulla base dei differenti materiali di costruzione: argilla, zucca, pietra,
metalli, pelle, legno, bambù, seta. Questo sistema è più speculativo che pratico.
CINA
La storia della civiltà cinese antica comprende un arco di
tempo che va dal 2700 (circa) A.C. al 223 D.C.; in questo arco
di tempo si succedettero quattro dinastie. La musica era con-
siderata principalmente come espressione dell’ordine del co-
smo, dell’universo / Confucio (551 - 479 A.C.) decretò che la
musica deve suscitare sentimenti di serenità, dolcezza e gra-
zia / La musica aveva più funzioni oltre a quella religiosa:
influire sui costumi / Wu Ti organizzò l’ufficio imperiale della
musica / Usarono la scala pentafonica (do-re-mi-sol-la) /
Studi musicologici sul 300 a.c. cinese dedussero l’elaborazione
di una scala musicale derivante da un suono base chiamato
hoang cong, dal quale deriverebbero i dodici suoni della
scala musicale cinese chiamati liuh: 6 liuh femminili più 6
liuh maschili, ottenuti tagliando delle canne di bambù ad
altezze calcolate; ciò corrisponde simbolicamente alla disposi-
19
zione ordinata di tutte le note del firmamento musicale / Gli
strumenti musicali principali furono:
King: 18

litofono formato da una serie di lastre di pietra a for-


ma di L appese ad un telaio e percosse con mazzuolo;
Ch’in:
salterio con cassa a semitubo e 7 corde;
shê:
simile al ch’in ma con molte più corde; 22

Cheng:
organo a bocca > recipiente di zucca o legno con im-
boccature e 13 sottili e lunghe canne di bambù;
P’i’p’a:
piccolo liuto dal manico corto.

17

21

II
5
GIAVA E BALI
La Cina ha influenzato musicalmente tutti gli altri popoli dell’Asia orientale: Indocina, Siam, Tibet, 24
Mongolia, Corea, Giappone, Giava, Bali / Molto singolare è l’orchestra Balinese: è composta tutta
da idiofoni (metallofoni, xilofoni, gong), ed esegue una scala di 7 suoni / A Giava la musica popo-
lare e tradizionale è suonata dalle orchestre gamelan. Il gamelan è una formazione orchestrale
composta di un massimo di 40 musicisti che suonano gong, xilofoni e strumenti a percussione, si esi-
bisce nel corso di cerimonie e festività tradizionali. Le esecuzioni avvengono generalmente durante
le cerimonie particolarmente importanti per la famiglia reale o per la vita della comunità. I game-
lan di Giava sono composti da strumenti a percussione (gong, xilofoni), a pizzico e ad arco / L'isola
di Bali vanta un antico e ricco repertorio di musica per orchestre gamelan / Ancora oggi questa
musica viene eseguita dall'orchestra gamelan del tempio di Tampaksiring, ed è esguita secondo i
dettami dell'antico stile gong gede, o "grande gamelan".
Claude Debussy rimase profondamente colpito da questo mondo musicale a tal punto da assimilar-
lo nel proprio stile.

Gamelan, Giava
Una delle 18 orchestre gamelan attive alla corte del gran sultano, che risiede nel palazzo di Yogya-
karta.

25

Nome e notazione dei sette suoni della scala musicale balinese


23

Grande Gamelan balinese

II
6
INDIA 27

Unico popolo ad essere poco influenzato dalla cultura


musicale cinese, e che sviluppò proprie originali espres-
sioni musicali / Libri di canti > Veda / Musica presente
in più situazioni sociali > religiose, a corte, trattenimenti
privati, harem, ecc. / Grandissimo numero di scale >
ottava > 7 fra toni e semitoni > intervalli suddivisi in
srutis (da Re a Re: 3-2-4-4-3-2-4 srutis, tot. 22 srutis) >
scale modali > râgas: colore, stato d’animo / Strumenti:
tamburi ma soprattutto cordofoni, i più importanti:
Vina:
in più tipologie a seconda della regione india-
na; la più ornata ed elaborata era quella me-
ridionale attribuita alla dea della sapienza
Sarasvati. È costituita da un bastone cavo di
bambù, all’estremità due zucche, quella sotto
la paletta è più piccola di quella che ha fun-
zione di cassa, ha 7 corde parallele > plettro
Sitar:
moderna chitarra indiana a corde pizzicate e
corde di risonanza (vibrano per simpatia)
Sarangi :
tozzo e rettangolare, 4 corde ed, internamen-
te, molte che vibrano per simpatia.

II
7 26
28 1 Sur - vina ad arco
2 Sarinda a 4 corde
3 Ektara
4 Sarangi e armonio portatile

Suonatore di flauto doppio.

29

II
8
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II
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L’IMPRONTA DELLA CIVILTA’
IL MONDO CLASSICO E I ROMANI
La Grecia antica è la culla della civiltà europea per tutte le espressioni di pensiero ed artistiche. La musica greca, però,
ha un ambito poverissimo di documentazione rispetto ad altre forme di espressione / Modello teorico musicale greco >
I GRECI base per i romani e per tutto il medioevo cristiano / I greci furono influenzati nelle loro idee sulla musica dai popoli
dell’area mediterranea, specialmente (come loro stessi affermavano) dagli egiziani.

FONTI MUSICALI LA MUSICA NELLA GRECIA ANTICA


Nell’era più antica e fino al IV secolo A.C. non esisteva la concezione che la parola scritta fosse La mitologia dell’età degli eroi è l’unica fonte che documenta l’origine della
qualcosa di fissato per sempre, lo “scrivere” serviva solo per aiutare la memoria; erano considerati musica greca (1400 A.C.); secondo la leggenda la lira, il flauto e di flauto ad
più importanti dello scritto i rapporti fra discepolo e maestro, fra filosofo e filosofo. La musica, insie- ancia (aulòs) furono inventati da Ermes, Iagnis e Marsia, mentre il padre
me ai testi, veniva trasmessa oralmente / Le principali fonti musicali consistono nelle descrizioni e del canto fu Orfeo. Il flautista Olimpo fu riconosciuto come colui che intro-
documentazioni varie presenti nei testi letterari, storici, filosofici; nelle iconografie; pochissimi sono i dusse le melodie tradizionali (nomoi). Tra l’VIII ed il IX secolo la tradizione più
trattati musicali, e quasi nessuna musica / Le fonti letterarie hanno importanza di prim’ordine per
importante fu quella degli aedi o rapsodi; musicisti professionisti che canta-
comprendere il fenomeno musica nella vita quotidiana dei greci antichi; da qui si è evinto l’uso per
vano le gesta degli eroi e degli Dei accompagnandosi con il Kitharis, una lira
la religione, le feste, i giochi agonistici, l’insegnamento, i banchetti, i momenti privati. Importanti
sono anche le iconografie: anfore, piatti, vasi. di grandi dimensioni, usata come modello anche per fissare la denominazione
TRATTATI delle note. Il termine “lirica” deriva proprio dallo strumento usato dagli aedi;
sui loro canti è bastata tuttavia l’Iliade (850 A.C.).
Dopo il IV secolo A.C. la Grecia cominciò a conservare il proprio sapere tramite la scrittura; i primi
trattati che si occupano del fatto musicale sono imperniati sulla problematica della suddivisione Gli studi in varie discipline volti al recupero della tradizione ellenica, hanno
matematica dell’ottava e degli intervalli; non hanno fini esecutivi ma si preoccupano esclusivamen- messo in luce come erano conosciute sia pratiche musicali vocali sia strumen-
te dell’aspetto speculativo, teorico, acustico e matematico / Pitagora (500 A.C.) con il suo mono- tali; le musiche erano eseguite in molte occasioni a cadenza regolare, molto
cordo, spiega, mediante suddivisione della corda, i rapporti degli intervalli consonanti; è indiretta- spesso festive / La città di Atene aveva quattro importanti feste incentrate
mente da noi conosciuto tramite trattati, soprattutto il De institutione Musica in 5 libri (505 - 507 sulla figura di Dioniso, e venivano chiamate dionisiache:
D.C.) di Severino Boezio. Boezio definì gli elementi musicali basandosi sulla tradizione greca pita- 1) Dionisie rurali;
gorica, ed interpretò la teoria greca degli 8 modi basandosi sul trattato Introduzione alla musica di si celebravano le fallofòrie (> riti di fecondità che
Alipio (300 D.C.) / La testimonianza di Aristosseno di Taranto (354-300 A.C.) ci è direttamen- saranno determinanti per la nascita della comme-
te pervenuta, ed è storicamente la più autorevole, il nostro principale riferimento per la conoscenza dia) e si rappresentavano tragedie e commedie.
della musica greca; i suoi Elementa Harmonica ed Elementa Rhytmica. 2) Lenee
Gli Elementa Harmonica sono in due libri; egli sottolinea l’importanza delle sensazioni uditive, oltre 3) Antesterie
che i calcoli numerici, per la comprensione più completa dei fenomeni musicali. 4) Grandi Dionisie (o Dionisie cittadine);
Degli Elementa Rhytmica ci sono pervenute solo alcune parti / I seguaci di Aristosseno si chiamaro-
Venivano celebrate all’inizio della primavera, e duravano sei giorni. In questo
no “armonisti”, ed i più autorevoli furono: Euclide; Plutarco (l’autore del De Musica); Aristide Quin- periodo si svolgevano dei concorsi che vedevano impegnati tre poeti, ognuno
tiliano (anch’egli autore di un De Musica). Importanza a parte ha Alipio; nel suo trattato dei quali presentava una trilogia di tragedie (tutte e tre su un unico tema) ed
“Introduzione alla Musica” scritto nel ‘300 D.C. ma diffuso nel 1616, egli descrive in una serie di ta- un dramma satiresco. Una qualificata giuria, insieme al popolo, era preposta
vole i segni della notazione greca. alla valutazione dei lavori presentati. Si eseguivano dei canti in onore di Dio-
MUSICHE nisio (chiamati ditirambi).
Scarsissima è la documentazione in merito. Si contano circa venti frammenti di brani (da papiri o
pietra), databili tutti dopo il III sec. A.C. Fra i più importanti documenti abbiamo: Durante i giochi atletici gli atleti vincitori erano dedicatari di alcuni canti cele-
brativi chiamati epinìkia (epinici) / Le melodie tradizionali erano modelli
L’Epitaffio di Sìcilo (I sec A.C.); tramandati mnemonicamente che includevano norme ritmiche, sistema mo-
Due Inni delfici in onore di Apollo (150 A.C.); dale, uso di strumenti, rapporto con le parole: nomoi citarodici (canto accom-
Peana sul suicidio di Aiace; pagnato dalla cetra), nomoi aulodici (aulos). Durante il V secolo si ha una
Tre inni: alla musa Calliope, al Sole, a Nemesi (II sec. D.C.). Vincenzo Galilei, nel 1581, pubblicò una fervida produzione di canti corali ad opera di Simonie, Bacchilide e Pin-
sua trascrizione di questi Inni, che si rivelò molto imprecisa, nel suo Dialogo della musica antica e daro, i quali composero soprattutto epinici .
moderna.
III
1
CONCEZIONE E FORME MUSICALI
Altro significato del termine musica rispetto a quello da noi conosciuto; in Grecia era un aggettivo derivato dal termine Muse (musica, poesia, danza unificate): Mousikè, arte delle
muse / Abbondanti sono le testimonianze di Miti legati alla musica; soprattutto il mito di Orfeo (ripreso dall’Europa colta dal Rinascimento in poi),
“Il poeta-musico Orfeo con le sue composizioni musicali e la sua lira a 3 o 4 corde (phorminx) riusciva ad ammansire le belve e..a far danzare gli alberi”; “Arione, che si salvò la vita
dai pirati invocando con il canto i delfini”; “Anfione che costruì le mura di Tebe con la potenza della musica”.
Il Canto poteva essere: corale > si cantava all’unisono (VII-V sec. a.c., in seguito solo per cerimonie religiose o celebrazioni ), e monodico (solista).
FORME DEI CANTI
Lirica Corale:
PEANA, PROSODII dedicati al Dio Apollo (composti in prevalenza con ritmo emiolio (cretico − ∪ − e peone − ∪ ∪ ∪, ∪ ∪ ∪ −, con probabile armonia dorica);
DITIRAMBO dedicati a Dionisio; HIMÈNAIOS, EPITHALÀMOIOS > canto di nozze; THRENOS > canto funebre; PARTENIO > canto corale eseguito da ragazze;
PROSO’DIA > melodie processionali; SKOLIA > canti eseguiti durante i banchetti;
Vi era la possibilità di variare la melodia da parte di alcuni musicisti, mentre contemporaneamente gli altri musicisti la eseguivano secondo lo schema tradizionale > Eterofonia
Lirica Monodica: racchiude tutti i tipi di canti con cui si declamavano i poemi di Omero, e quelli successivi sino all’epoca romana.

STRUTTURA DELLA MUSICA GRECA


RITMICA
Differente concezione metrica delle civiltà greche e latine rispetto alla nostra; la loro era una metrica quantitativa (nelle civiltà greca e latina> successione di sillabe lunghe e sillabe
brevi > ritmo); metrica accentuativa (numero delle sillabe per verso e disposizione di accenti tonici) / Gli stessi principi ritmici erano adottati sia dalla poesia che dalla musica. Sillaba
breve > tempo primo, l’elemento fondamentale della metrica greca; breve > croma > ∪; lunga > due brevi > − / Piedi ritmici > l’unione di due o più sillabe o note; si avevano più di 25
piedi ritmici differenti:
Da 2 tempi primi (PIRRICHIO: ∪∪).
Da 3 tempi primi, che comportavano il genere doppio (GIAMBO: ∪− ; TROCHEO: −∪; TRIBACO: ∪∪∪).
Da 4 tempi primi (DATTILO: −∪∪; ANAPESTO: ∪∪−; SPONDEO: − −).
I piedi ritmici venivano anche associati fra di loro per formare delle unità più lunghe che venivano definite metri o versi; molto comuni furono l’esametro dattilico
( −∪∪, −∪∪,−∪∪,−∪∪,−∪∪,− ∪∪) ed il trimetro giambico (∪−∪−,∪−∪−,∪−∪−).
LA SCALA MUSICALE GRECA
La figura di Pitagora di Samo (VI secolo A.C.) è determinante per lo studio della scala musicale greca, tant’è che la scala greca è chiamata anche scala pitagorica. La scala è costruita
sulla base dei rapporti di ottava (2/1 > diapason) e di quinta (3/2 > diapente), mentre gli intervalli cromatici sono ottenuti con la progressione, ascendente e discendente, delle quin-
te.
GENERI, MODI, ARMONIE
Base della scala greca è il Tetracordo > 4 suoni discendenti nell’ambito di una 4° giusta. Aveva estremi fissi ed interni mobili, ed era di tre generi: diatonico > il più importante,
(dorico, MI-RE-DO-SI, frigio, RE-DO-SI-LA, lidio, DO-SI-LA-SOL) cromatico, enarmonico. La musica greca conosceva intervalli di quarto di tono (corrispondenti a 50 cents) / I tetracordi si
accoppiavano a due a due, e formavano un’armonia / Diazeusi era detto il punto di distacco fra due tetracordi disgiunti; Sinafè, invece, il punto di congiunzione fra due tetracordi
congiunti / Ogni tetracordo aveva un nome specifico: dal più grave (hypaton) al medio (mèson) al disgiunto (diezeugmènon) (l’unico tetracordo disgiunto, gli altri tre erano congiun-
ti) al più acuto (hyperbolaion). I tetracordi potevano essere abbassati d’ottava; Ipomodi erano denominati se si abbassavano di un’ottava, e Ipermodi se si innalzavano di un’ottava
del tetracordo inferiore. Armonia dorica disgiunta + tetracordo congiunto all’acuto + tetracordo congiunto al grave + ultima nota grave (proslambanòmenos) davano il sistema tè-
leion o sistema perfetto, considerato l’estensione intera della voce umana e, successivamente, degli strumenti. La teoria del sistema Teleion fu elaborata da Aristosseno nel IV sec. A.C.
e successivamente perfezionata da Claudio Tolomeo / Le note dei tetracordi (così come nominati da noi) non rappresentano l’altezza assoluta dei suoni, ma i rapporti fra i loro inter-
valli; questi venivano trasportati su altri suoni di partenza, così come illustra Alipio. I nomi delle note corrispondevano a quelli delle corde del Kìtharis, che prima furono 4, e dopo,
ad opera di Terprando divennero sette.
III
2
DOTTRINA DELL’ETHOS. EDUCAZIONE
Gli antichi greci ritenevano che la musica avesse il potere di influenzare la morale umana; concezione questa comune a molte civiltà dell’antichità / La Grecia classica ela-
borò una concezione psicologica sul fenomeno musica definibile come dottrina dell’ethos e dell’educazione. ll potere emotivo attribuito alle armonie di influenzare la
psiche e l’animo umano venne sempre spiegato da autorevoli personaggi; per Pitagora la musica era un elemento che insieme alla matematica coinvolgeva tutto il co-
smo; similmente si pronunciarono Damone, Platone, (che però fondò una linea filosofica contrapposta ad Aristotele). Secondo la dottrina dell’ethos ogni armonia com-
portava un proprio carattere, un proprio sentimento. Secondo Platone l’armonia dorica era virile; quella frigia era dolce; quella lidia molle / Damone, nel V sec. A.C.
compì una distinzione fra ritmi buoni e meno buoni, in un’ottica di educazione dei giovani finalizzata alla virtù e al coraggio. Questa concezione di Damone fu sostenuta
da Platone in un ambito sociale più vasto, che documentò nei suoi dialoghi Repubblica e Leggi. Aristotele attribuiva alla musica un potere terapeutico denominato Ka-
tharsis (catarsi), ossia la guarigione della mente mediante la purificazione dell’animo.

NOTAZIONE STRUMENTI MUSICALI


Non intesa nel senso di mezzo di divulgazione delle musica, che si affidava alla Si ha un’ampia documentazione dai vasi, anfore, e dipinti vari; gli strumenti più in uso si pos-
tradizione orale; serviva solo ai musicisti per il loro personale uso / Due sono i tipi sono raggruppare in tre categorie principali: strumenti a corda, a fiato, a percussione / Nell’-
di notazione: VOCALE: si usavano le 24 lettere maiuscole dell’alfabeto ionico classi- antica civiltà i cordofoni sono sicuramente gli strumenti più importanti. Le principali tipologie
co, e STRUMENTALE: si usavano i segni di altri alfabeti (fenicio, orientale) diritti, sono quattro:
inclinati, capovolti. 1) il Monocordo (che aveva più finalità di studio > acustica musicale)
2) la Lira e la Cetera
3) Il Liuto
4) L’arpa
La Lira aveva un numero variabile di corde, da 4 a 7, e la mitologia voleva che l’inventore
fosse stato il Dio Apollo. Fra gli aerofoni, l’Aulos era il più diffuso; era formato da due canne
con imboccatura allungata ed ancia doppia (> culto di Dionisòs). Kìthara, Siringa (che gros-
1 somodo corrisponde al nostro flauto / Cimbali, sistri, crotali / Flauto di Pan serie di 7 cannuc-
ce digradanti l’una accanto all’altra, attribuito al dio Pan.

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Le principali scale tipo furono: DORICA, FRIGIA, LIDIA. A queste ne fu successi-
Nel sistema teorico-musicale SCHEMA DEL SISTEMA TELEION vamente aggiunta un’altra, la MISOLIDIA. Il sistema viene completato con tre
dell’antica Grecia, i nomi del- 6 ipomodi che si trovano una quinta sotto i tre modi fondamentali.
le note corrispondevano a
quelli delle corde della Ki-
thàra a 7-8 corde. Esse si
chiamavano, dal basso all’a-
cuto:

HYPATE
PARHYPATE
LICHANOS
MESE
PARAMESE
TRITE
PARANETE
NETE

Dioniso
Particolare di un mosaico rinvenuto
in una villa romana. Conosciuto a
Roma con il nome di Bacco, nella
mitologia greca era il dio del vino e
della vegetazione.

5 8

Suonatore di Kitara.
III
4
SVILUPPO STORICO DEL TEATRO GRECO
A partire dal V secolo Atene conoscerà un grande sviluppo per quanto concerne il teatro musicale, e in special modo per la tragedia. La tragedia nasce in forma di canto e di danza
corali; all’inizio vi era solo un attore che nasce enucleato dal Coro e con esso dialoga. Con Eschilo (V sec. a.C.) appaiono il II e III attore. Con Sofocle, il III attore è già ben insediato e
compare anche un quarto attore / I testi della tragedia erano imparati a memoria dagli attori (e dal pubblico). Licurgo (390 – 325 A.C., statista Ateniese) fu il primo che fece scrive-
re i testi delle tragedie, e fece sì che gli attori si organizzassero in “associazioni”, girando per le colonie e facendo conoscere le loro rappresentazioni (> incertezza delle fonti).
Si è soliti identificare la preistoria della tragedia (la proto-tragedia) in ambiente dorico, nelle feste che si svolgevano in campagna (dionisie rurali o lènee). Aristotele informa che il
nome “drama” deriva dal dorico “dran” “fare/agire”, mentre gli Ateniesi dicevano “pràttein”. Ma gli Ateniesi rivendicano la paternità assoluta della tragedia, anche se la lingua in
cui parla il Coro è la lingua dorica. La prima parte del nome va messo in rapporto con “tràgos” “capro”, quindi si possono accettare tre identificazioni:
1) ‘Canto sul capro’; animale-totem a cui è assimilato Dioniso.
2) ‘Canto per il capro’; come premio per un componimento poetico.
3) ‘Canto dei coreuti mascherati da capri’; questa terza interpretazione ci riporta al dramma satiresco.
E’ molto difficile poter tracciare un profilo storico sull’origine della tragedia:
Secondo alcune fonti Tespi (524 A.C.) avrebbe rappresentato la prima tragedia ad Atene, ed avrebbe introdotto il primo attore, chiamato ipocrita (“risponditore”), il quale oppo-
neva le parole di Dionisio ai Canti del coro, che celebravano le gesta del Dio.
Secondo Aristotele la tragedia nasce nel ditirambo, sostenendo che fu Arione di Metimma ad inventare la tragedia ed a comporre ditirambi, i quali prendevano nome dal Coro.
Lo stesso Arione, sempre secondo Aristotele, introdusse i satiri, i quali recitavano in metro ditirambo. L’esecuzione dei ditirambi sarebbe l’occasione per la nascita della tragedia e così
si confermerebbe il dato storico secondo il quale la tragedia si sviluppa nell’ambito del culto dionisiaco.
Un’altra teoria corroborata da un significativo scritto di Erodoto, parla di Cori tragici per celebrare i patimenti (pàthea) di un eroe; nella tragedia ha un ruolo fondamentale il lamen-
to sull’eroe morto / Nel teatro greco del V sec. A.C. la storia narrata doveva in qualche modo coinvolgere il pubblico e, per di più, nella dimensione del “suo personale”; ma al con-
tempo i contenuti non dovevano avere nulla a che fare con la realtà socio - politica ateniese contemporanea (nella Commedia ciò era consentito, perché la “situazione contempora-
nea’” veniva ‘esorcizzata’ attraverso la rappresentazione posta sotto forma di “smaccata ridicolizzazione”). Per queste ragioni si ricorre alla narrazione del mito, il quale poteva inse-
gnare, ammonire e spaventare, nella giusta misura, pur rimanendo al di fuori del quotidiano / Aristotele mette in connessione, in modo poco chiaro, tragedia e dramma satiresco,
asserendo che la prima discende dal secondo. Il Dramma satiresco è uno spettacolo più primitivo rispetto alla tragedia e alla commedia; la rappresentazione è a carattere pastorale
con maschere di origine antichissima (la nascita viene attribuita a Pratina - inizi V sec. a.C). In origine si avevano gruppi di satiri (metà uomini, metà capri) insieme al padre Sileno,
che ballavano e cantavano in onore di Dionisio (> forse riti di iniziazione legati alla fertilità, vi era infatti la presenza del fallo). Successivamente nascerà la figura del corifèo, il quale,
staccandosi dal Coro, spiega agli astanti cosa viene detto e cosa viene fatto. A questo punto, con la presenza del corifèo, il quale, verosimilmente, inizia un dialogo con un attore, o
con il Coro stesso, nasce il dramma satiresco / In un primo tempo gli argomenti del dramma satiresco erano solo i culti dionisiaci, in un secondo tempo furono introdotti temi epici, per
cui la presenza dei satiri strideva con il tema trattato. A questo punto nasce il personaggio del Papposileno (padre dei satiri) che in un certo modo giustificava le ‘azioni stonate’ dei
satiri / Nel momento in cui la tragedia conoscerà più attori l’importanza del coro andrà a diminuire, in quanto da protagonista iniziale diventa entità antagonista; si farà soltanto
espressione dei sentimenti del pubblico. Con questa nuova tipologia di tragedia nei concorsi ateniesi non si sentì più la necessità di far rappresentare una trilogia, in quanto adesso
ogni tragedia espletava ed ultimava l’excursus drammatico.

STRUTTURA DEL TEATRO GRECO


Morfologicamente il teatro greco era diviso in tre parti:
a) SCENA:
qui si esibivano gli attori; vi era una parete di legno decorata chiamata schenè che circondava il loghèion, ossia l’area dove venivano svolti i dialoghi.
b) ORCHESTRA:
Spazio semicircolare adibito alle danze posto fra il loghèion e alla gradinata degli spettatori. Al centro dell’orchestra vi era un’altare dedicato a Dionisio chiama-
to timèle.
3) GRADINATA:
I teatri greci sono l’esempio più mirabile di architettura millenaria; in Grecia la gradinata si chiamava kòloion (i romani la chiameranno cavèa).

III
5
9

STRUTTURA DELLA TRAGEDIA


Inizialmente l’attore ha un ruolo subordinato al Coro e interloquisce con
esso, anziché con un altro attore; in questo si vede riflessa la tipologia socio-
psicologica della struttura connettiva della Comunità, ove il singolo non ha
importanza individuale; è infatti il gruppo che ha maggiore rilievo, mentre
l’individuo si caratterizza solo ed esclusivamente al suo interno / In seguito,
con il passare del tempo e mutando la realtà socio-culturale del “gruppo-
struttura”, acquisterà più importanza l’attore; infatti ve ne saranno tre e
non più uno solo, mentre il Coro tende a diventare quasi uno sfondo scenico.
Gli attori interloquiscono fra loro ed il Coro fa da struttura coreografica (di
qui anche l’etimologia della parola ‘coreografìa’).
La differenza fra Coro e attori viene accentuata anche dall’uso della metri-
ca che è diversa per l’uno, e per gli altri. Gli attori parlano in trimetri
giambici, metro che produce una cadenza molto vicina al parlato, e non
sono accompagnati dalla musica, mentre il Coro è sempre accompagnato
dal suono dell’aulòs. La funzione del Coro è anche quella di spiegare al pub-
blico azioni e reazioni che avvengono sulla scena, le quali, per motivi vari,
non sono di facile e immediata comprensione. il Coro è neutrale rispetto agli
attori e alle loro azioni / Struttura interna della tragedia:

1) Prologo. Si ha prima che entri il Coro.


A partire da Eschilo e Sofocle, il prologo è un dialogo fra
due personaggi che spiegano la trama del dramma.
2) Pàrodos - Πάροδος.
È il canto dei due semicori che entrano nell’orchestra dai
due passaggi laterali fra scena e orchestra, appunto i πάρο-
δοι “ingressi”. La Πάροδος continua l’esposizione del dram-
ma iniziata nel Prologo.
3) Koro.
Dopo il suo ingresso rimane fermo e ogni suo canto successi-
vo si chiama Στάσιµον – Stàsimon – “fermo”.

4) Atti (da 3 a 7).


Si hanno tra la Πάροδος ed il primo Στάσιµον, e poi fra
quelli successivi; sono la recitazione vera e propria degli
attori.

5) Èxodos - Έξοδος – “uscita”.


E’ la parte finale del dramma e si ha dopo l’ultimo Στά-
σιµον. Il Coro conclude con un breve canto l’ultima scena.

III
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10 12

Suonatrice di Arpa (Grecia) Suonatore di


Corno (Grecia)

Suonatrice di Cetra (Grecia)

Suonatore di Aulos Doppio


(Grecia)

Suonatore di monocordo: particolare da una miniatura del «Codex


Monacensis». [Monaco, Staatsbibliothek].

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Musici greci; raffigurazione vascolare. 13


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Severino Boezio: illustrazione inerente la scala greca, con i generi diatonico, cromatico, enarmonico, Pagina a stampa della «Introduzione alla musica» del teorico alessandrino Alipio (IV. Sec.) nella edizio-
tratta dal «DE ISTITUIONE MUSICÆ» (500 - 507). [Monaco, Bayerische Staatsbibliothek]. ne moderna curata da K.van Jan, Leipzig, 1895.

14 15

III
8
I ROMANI

Non sappiamo se nell’antica Roma la musica abbia avuto caratteri originali nonostante importanti testimonianze storiche (Sant’Agostino, Quintiliano, Cicerone); ciò a causa della
scarsezza delle fonti / Diversamente da ciò che accadeva in Grecia, presso i romani alla musica non veniva attribuito un valore formativo. Nell’età regia (750 - 500 a.c.) e al tempo
della prima repubblica la regione del Lazio vide proliferare alcune forme di canto monodico e corale; questi canti si distinguono in:
carmi sacrali ad es. Carmen Fratrum Arvalium, Carmen Saliare) ;
canti conviviali con argomento epico - storico (chiamati carmina convivalia), canti in onore dei generali valorosi (detti carmina triumphalia);
lamentazioni funebri chiamate nenie, ove una lamentatrice (chiamata prefica) iniziava il rito, ad essa seguivano le esecuzioni strumentali (tibie).
Di grande rilevanza era il ruolo delle trombe e dei corni usati in ambito militare esclusivamente a scopo di segnalazione. Importanti erano i canti monodici e corali per usi rituali,
solennità pubbliche (trionfi, giochi, feste religiose) / Fra gli strumenti musicali più in uso vi era la Buccina, aerofono di metallo dal tubo sottile e ricurvo terminante con un padiglio-
ne, o campana, era usata per segnalazioni a distanza; la Tuba, il Lituus (tromba tipica romana), la Tibia (simile all’aulòs greco) / Si espletavano delle gare citaristiche; Nerone
suonava la cetra / Larga eco ebbero le teorie greche circa la musica in generale presso i romani.
TEATRO ROMANO
L’influenza greca dopo la conquista da parte romana fu molto notevole: si ebbe una maggiore importanza reputata al fare musica nelle situazioni sociali di divertimento. Il teatro
greco venne fruito dalla civiltà romana, anche se con un livello generale di gran lunga più inferiore rispetto a quello greco. L’influsso del teatro greco bloccò l’evolversi di alcune for-
me drammatiche proprie della civiltà italica; le forme “indigene” della cultura italiana antecedente all’influsso greco erano tre:
Fescennini:
Termine derivato forse dal nome di una città etrusca, fescennium, o forse dal latino fascinum (> malocchio), erano una sorta di farse improvvisate da contadini, i quali
si esibivano con rudimentali maschere. L’argomento era sempre burloso e satireggiante nei confronti della morale e della politica; si espletavano con un latino prelette-
rario.
Sature:
Erano delle rappresentazioni dal carattere multiforme, comprendevano buffi dialoghi, danze e canti accompagnati dal flauto. Alcuni studiosi sostengono che sia un’evolu-
zione dei fescennini. Caio Lucillio diede una svolta al genere della satira, indirizzando la tensione verso il mondo politico. Si sa che scrisse più di trenta libri di satire ma ci
sono pervenuti non più di 1300 versi. Egli fu maestro di Orazio a Petronio.
Atellane (fabulæ):
Altra forma di farsa popolare. Il termine deriva alla città campana di Atella. Anche i cittadini romani si dilettarono nel prendervi parte. La lingua impiegata era il lati-
no. Questa forma riveste un’importanza maggiore rispetto alle altre due in quanto può essere considerata un’antenata della Commedia dell’Arte, non foss’altro perché
vi erano dei personaggi “fissi” molto facilmente considerabili gli antenati delle maschere della commedia dell’arte: Pappo (il vecchio avaro e rimbambito che viene
costantemente schernito), Macco (lo zotico bastonato, sciocco e balordo), Bucco (mangione dai modi rozzi, maleducato), Dosseno (il falso, scansafatiche, gobbo, perfi-
do e astuto), Manduco (il mangiatore del gallo, Kikirro).

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Antichissime statuette di pietra raffiguranti i personaggi delle Atellane: i
(da sinistra verso destra) Pappus, Bucco, Dossenus, Manduco, Maccus. n
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BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Seconda edizione, 1992 Seconda edizione, 1992
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Comotti, Giovanni, La Musica nella cultura greca e romana, Storia della Musica 4 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©
volume primo parte prima, Torino, EDT, 1979 1993 - 2001 Microsoft Corporation
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III
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IL PRIMO MILLENNIO DELL’ERA VOLGARE
Tutto il primo millennio dopo Cristo vedrà una povertà di vicende musicali notevole, in rapporto agli eventi storici
IL CANTO DEL CRISTIANESIMO IN succedutisi / Tre principali caratteri distintivi identificano la produzione musicale in questo primo millennio:
A) Non è considerata con la valenza artistica propria delle epoche successive; > mezzo, ausilio liturgico cristiano.
OCCIDENTE B) E’ quasi esclusivamente vocale, corale, solistica.
C) Viene tramandata oralmente > mnemonismo / Verso la fine del millennio (859 ca.) si compirono le prime spe-
rimentazioni di notazione > melodie sacre “codificate” sui libri liturgici > un primo esempio di segni grafici che
rimandavano alla musica del canto fu la notazione detta Ecfonetica (IX sec. ) o declamatoria, basata cioè
sugli accenti grammaticali del testo.

IL CANTO CRISTANO IN OCCIDENTE


Cristianesimo > Cristo, i suoi insegnamenti e la sua predicazione > rinnovo della dottrina ebraica > un solo Dio / Ebraismo giudaico matrice del cristianesimo, specialmente nella conce-
zione sacrale della parola: la “parola” liturgica per gli ebraici non va semplicemente detta, letta, ma va proclamata > cantillazione > tramite la musica che, quindi, diventa essa stes-
sa preghiera / Il bagaglio musicale dei primi secoli dell’era cristiana non è constatabile su fonti dirette, ma esclusivamente su fonti indirette > testi liturgici > Nuovo Testamento,
Atti degli Apostoli.
PRIMA DIVULGAZIONE
Diaspora > dispersione del popolo dopo la distruzione di Gerusalemme da parte dei romani (Tito, 70 d.c.) > formazione di comunità cristiane in tutto il bacino mediterraneo > Efeso,
Antiochia, Alessandria d’Egitto, Costantinopoli (lingua greca) Roma, Spagna > formazione di differenti repertori locali / Importante divenne la chiesa di Costantinopoli >
Bisanzio > canto liturgico bizantino da cui si sviluppò il rito greco-ortodosso ed il rito russo / Il monastero di Grottaferrata è il più importante centro per lo studio dell’antico canto
Bizantino / 313 D.C. > editto di Milano > fine delle persecuzioni dei cristiani da parte dei romani > espansione libera del cristianesimo > venne organizzato sia il rito eucaristico (la Mes-
sa) e sia l’Ufficio delle ore / 391 D.C. l’Imperatore Teodosio vieta il culto del paganesimo > maggiore diffusione del culto cristiano > lingua ufficiale: latino.
PRIME FORME
Il culto cristiano è derivato direttamente dal culto giudaico (> nessuna influenza greco-romana) per tre principali tipologie:
CANTILLAZIONE:
Con questo termine si vuole intendere una sorta di amplificazione della parola > lettura intonata su di un piccolo numero di suoni. Si eseguivano infatti così le lettu-
re del celebrante e del lettore, ossia l’Epistola (le lettere degli apostoli contenute nel Nuovo Testamento) il Vangelo e le Lamentazioni. Questa tradizione si è pro-
tratta così a lungo nei secoli da conoscere anche delle forme scritte.
JUBILUS:
La conoscenza di questa antichissima tipologia esecutiva dell’Alleluia non è documentata direttamente > non è stata coltivata fino all’epoca della scrittura musicale.
Sono quasi esclusivamente le testimonianze scritte di Sant’Ambrogio e Sant’Agostino che ci informano su di essa: era un lungo melisma privo di testo “riservato” alla parola
di letizia sacra: Alleluia.
CANTO DEI SALMI:
Dal greco psalmós, "canto", libro dell'Antico Testamento che consiste in una raccolta di 150 canti nota anche come "Salterio", dal nome dello strumento a corde
che accompagnava il canto. È il primo degli Scritti, la terza parte del canone ebraico, mentre nel canone cristiano si colloca tra i libri di Giobbe e dei Proverbi; è diviso
in cinque sezioni. Il titolo del libro in ebraico è Tehillim "Lodi o Canti di lode"; questi divennero il fulcro della liturgia cristiana, e conobbero un’ampia trascrizione. La
salmodia è il canto declamato dei salmi e dei cantici della Bibbia (sia nella Messa che nell’Ufficio delle ore) / Formalmente constava di una semplice formula melodi-
ca iniziale, intonatio, volta al raggiungimento della cosiddetta “corda di recita”, ossia la nota ribattuta sulla quale gravavano la maggior parte delle parole del ver-
setto / Il rito ebraico conosceva circa una ventina di modalità esecutive della salmodia; tre di queste si sono trasferite direttamente nel culto cristiano:
Salmodia Alleluiatica: dopo ogni versetto che è intonato dal solista l’assemblea risponde con “alleluia”.
Salmodia Responsoriale: vede l’alternanza dei versetti eseguiti dal solista con l’intonazione del ritornello, responsorio, recitato dall’assemblea.
Salmodia Direttaneo - solistica: quando è eseguita solo dal solista senza ritornelli.

IV
1
Grazie all’affermazione degli ordini monastici e quindi alla costruzione di grandi e celebri abbazie, come ad e- 1
sempio quella di Montecassino (nel 529) e quella di Bobbio (612), la liturgia si poté organizzare in maniera
completa > evoluzione del canto sacro. I monasteri erano dei veri e propri centri di produzione, conservazione e
studio del canto; in ognuno di questi vi era una schola cantorum ove i fanciulli venivano educati al canto, e
almeno uno scriptoria, le antiche “copisterie”, che nel corso dei secoli produrranno splendidi codici liturgici ricca-
mente miniati e decorati; fra i più antichi codici della cristianità rivestono un valore inestimabile i quattro codici
irlandesi denominati “Book of Kells” custoditi presso il Trinity college di Dublino, risalenti al VII - VIII secolo D.C.).
A partire dal IX secolo glii splendidi codici includeranno anche melodie codificate con una notazione che variava
da monastero a monastero / Dal IV secolo si sente l’esigenza di raccogliere in volumi i riti liturgici; così nella litur-
gia romana i più importanti libri sono:
Il Liber Sacramentorum: ove sono raccolte le preghiera del celebrante;
Il Legionario: ove sono raccolte tutte le letture; essa poteva essere suddiviso in due
raccolte separate chiamate Epistolario ed Evangelario.
L’Antiphonarium Missarum : ove venivano raccolti i testi dei canti della messa. Uno dei quattro Book of Kells custodito presso il Trinity College di Dublino.
L’Antiphonarium Offici: ove vengono raccolti i testi per l’Ufficio.
Fino al IX secolo questi testi non comprenderanno forme di notazione musicale.
IL CANTO CRISTIANO IN ORIENTE
ED IN OCCIDENTE
IL RITO AMBROSIANO L’INNODIA Ben presto si venne a creare una profonda differenziazione fra
“Inno” è un termine antichissimo: genericamente la civiltà pagana prima e cristiana poi lo usò per indicare un civiltà cristiana del bacino mediorientale, alla quale faceva
canto con il quale si lodava la divinità. In Grecia gli inni avevano una costruzione formale ben precisa nella me- capo Bisanzio, ove aveva sede l’impero romano d’oriente, e
trica e nel ritmo, mentre gli inni della prima cristianità non lo erano; la mancanza di una scrittura musicale ha quella europea. In oriente i principali centri erano guidati dai
impedito un organico e corposo sviluppo, sicché si sono tramandati fino a noi solo alcuni esempi di grandissima patriarchi, ed erano Alessandria, Antiochia, e Bisanzio (che in
diffusione antica, come il Te Deum ed il Gloria della Messa / La chiesa cristiana d’oriente identifica in Sant’E- seguito si chiamerà Costantinopoli). Da questi centri si dipanerà
frem (siriano, 303 - 373) la principale figura per quanto concerne la produzione innodica; gli inni di Sant’Efrem un repertorio liturgico regionale, originale anche nella lingua. I
avevano un testo desunto dai salmi della Bibbia ed una struttura definita, strofica e con ritornello / Fra i repertori principali riti che si ebbero nel bacino mediorientale furono:
meglio conservati vi è il canto ambrosiano di Milano. Determinante è qui la figura di S. Ambrogio (340 - 397),
vescovo di Milano, per lo sviluppo degli Inni. Con Sant’Ambrogio l’inno latino, nella cristianità occidentale, ha Rito Copto: in Egitto
una sua precisa configurazione formale che verrà tramandata per secoli: è un componimento in più strofe ove i Rito Siriano, Armeno, Bizantino: bacino mediterraneo
versi sono composti da dimetri giambici (ogni verso il formato da 4 giambi). Con l’Inno Ambrosiano, al contra- e Bisanzio
rio della salmodia, inizia nell’era cristiana il predominio della musica sulla parola. Il principale informatore dell’o-
pera di Sant’Ambrogio fu Sant’Agostino. La prima raccolta di inni cristiani furono le Odi di Salomone; qui S. Nella chiesa cristiana d’Occidente, anche se la presenza di Ro-
Agostino è indicato come importante divulgatore dell’inno; nella sua concezione l’inno è “canto, lode, lode a Dio”, ma e dunque del pontificato aveva un peso notevole, si venne
ed egli identifica in S. Ambrogio il diffusore del repertorio innodica. Il suo canto è un canto salmodico, e l’esecuzio- a creare comunque una diversificazione dei riti e dei canti ri-
ne è antifonica: il salmo viene eseguito a cori alternati, ma dopo il IV sec. diventerà un breve canto in stile silla- spetto a Roma. Anche se l’Occidente cristiano si esprimeva in
bico che si alterna ai versetti del salmo. S. Ambrogio compose i seguenti quatto inni: latino (a differenza dell’oriente cristiano che era plurilingue) si
vennero comunque a formare diversi repertori, che includeva-
DEUS CREATOR OMNIUM (il più famoso). no molti canti e riti; i più importanti furono:
AETERNE RERUM CONDITOR.
IAM SURGIT ORA TERMIA. Romano, Ambrosiano, Aquileiese (friulano, detto anche
INTENDE QUI REGIS ISRAEL. patriarchino, derivante dalla patriarcato di Aquileia), Bene-
Anche per la produzione innodica precedente il IX secolo, in mancanza di una notazione musicale scritta, risulta ventano.
molto difficile poter ricostruire verosimilmente la storia di questo repertorio; la musicologia quindi si è basata
principalmente sulle testimonianze popolari tramandatesi per secoli, considerato l’eco popolare che queste com- Fuori dall’Italia si formarono i seguenti stabili repertori:
posizioni hanno sempre mantenuto costante nel tempo, arrivando a supporre che le formule più antiche non do- Celtico (in Bretagna), Gallicano, Ispano - mozarabico.
vevano essere molto dissimili da quelle più recenti.
IV
2
2

Lo splen-
d i d o
codice
miniato
“Codec
123” del
Duomo di
Cremona
risalente
al X
secolo.E’
adottata
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riportati.

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IV
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GREGORIO MAGNO
Attorno alla figura di papa Gregorio magno (540-604) la storia della musica, e la storia in genere, hanno reso una
giustizia che è andata oltre i suoi reali meriti. A lui si deve la ri-organizzazione delle liturgie occidentali nel suo periodo
di pontificato che va dal 590 alla sua morte, e proprio per questo, in seguito, il canto cristiano venne denominato
“canto gregoriano”. Ma l’attribuzione a lui dell’intera paternità del canto liturgico cristiano è da considerarsi una
sorta di “leggenda”. Dopo la caduta dell’impero romano la Chiesa ha senz’altro acquisito un grande potere in tutti
territori dell’ex impero > unificazione > anche sotto l’aspetto liturgico: riti, preghiere, canti; ma non esiste nessun docu-
mento che possa attestare l’impegno in prima persona di papa Gregorio Magno in ambito musicale, soprattutto per-
ché la scrittura musicale, in quel periodo, non si era ancora nel sviluppata; anche se a lui la storia ha attribuito la com-
pilazione di un Sacramentarlo e di un Antifonario (il libro contenente i testi letterari dei canti della messa) / Il
principale “fomentatore” della “leggenda” secondo la quale papa Gregorio magno sarebbe stato l’unico e solo autore
di melodie fu Giovanni Diacono, che scrisse, tre secoli dopo la morte del pontefice, Vita di San Gregorio Magno.
Il peso che ebbe questa biografia fu enorme, motivato anche dal fatto che si diffuse in un momento storico in cui si
ebbe l’alleanza fra il papato ed i Carolingi > Sacro Romano Impero / L’influenza in ambito musicale - liturgico fu tale
che il mondo liturgico dei secoli successivi adotterà un terrore reverenziale al sol pensiero di modificare quei canti attri-
3
buiti al pontefice Gregorio Magno; ne varietur sarà l’imperativo categorico imposto ai melologhi ed ai cantores. Per
Iniziale miniata con effigie di San Gregorio Magno, cod. secoli tutto il repertorio dei canti veniva affidato alla memoria dei cantori (> recordatio), da ciò si è dedotto che nes-
Plut. 18.3, c.13r., Biblioteca Medicea Laurenziana,
Firenze.
sun canto poteva essere una novità assoluta, anche perché, come spiegato sopra, il cantore non si “abbandonava”
mai alla propria ispirazione personale, anche perché il canto era legato a determinate formule melodiche che si com-
binavano fra loro secondo regole precise. La nascita delle grandi Scholæ (ROMA e METZ) fu un punto di luce: esse detenevano il segreto della creazione perfetta, e
della ricomposizione continua dei brani / La schola cantorum da Roma, ove nacque, si sviluppò anche nelle altre chiese in Italia e fuori: Bobbio, Nonatola, Monte-
cassino, Tours, San Gallo, Reichenau, Metz / Solo recentemente, dalla fine dell’800 a tutt’oggi, attenti studi musicologici condotti da gregorianisti e vaticanisti come
Dom Mocquereau e soprattutto Bruno Stäblen hanno fatto chiarezza sulla reale successione degli eventi, che non hanno comunque negato il giusto tributo a
papa Gregorio Magno.

SVILUPPO UNITARIO DEL CANTO CRISTIANO


Dal 481 al 751 la Francia fu governata dai Merovingi; la Chiesa merovingica adottava il rito gallicano. In quegli anni la Chiesa romana era tormentata dalla pres-
sione dei longobardi; papa Stefano III giunse così a stipulare una storica alleanza nel in 753 con Pipino il Breve > al monarca venne tributato il merito di aver
salvato la cristianità, ed il papa impose al monarca di trapiantare il rito romano nelle regioni franche. Partì così un’opera di unificazione liturgica di tutto l’Occiden-
te; Crodegango (vescovo di Metz) iniziò all’opera di riforma liturgica che fu poi completata dal figlio di Pipino Carlo Magno > imposizione dei libri liturgici roma-
ni nelle gallie / Il trapianto ex novo di un repertorio di testi e canti in terra “straniera” suscitò non poche difficoltà ai cantori che avevano imparato a memoria il
loro repertorio con considerevole sforzo > mancanza di notazione musicale scritta / Si suppone che queste circostanze verso la fine dell’VIII secolo abbiano indotto i
cantori ad “appuntare” alcune sillabe particolarmente importanti o accentate del canto nei loro personali libretti > segni ecfonetici, che ben presto si trasformaro-
no in segni simili ad accenti grammaticali posti al disopra delle parole del testo, in campo aperto, e stampate “ufficialmente” su alcuni libri liturgici / Dopo una pri-
ma fase di difficile innesto la riforma carolingia risultò essere, da un punto di vista liturgico-musicale, una fusione delle componenti musicali gallicane e romane, im-
poste come opera ispirata di Papa S. Gregorio Magno; in questo contesto si capisce, dunque, come l’apparizione della biografia redatta da Giovanni Diacono, che
comparve in quegli anni, rappresentò la ciliegina sulla torta.

Alla luce di questi fatti si può evincere dunque che per “canto gregoriano” deve intendersi il canto monodico liturgico cristiano in lingua latina, derivato
dalla fusione del canto paleoromano con il canto gallicano. Quando la scrittura musicale neumatica venne ufficializzata dalla Chiesa di Roma, il suddetto reperto-
rio, “etichettato” come opera creata da San Gregorio Magno, venne diffuso in tutta Europa. Solo il repertorio Ambrosiano sopravvisse.

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I MODI ECCLESIASTICI
Per volere di Carlo Magno a cavallo tra VIII e IX secolo, mosso dal desiderio di
una più logica organizzazione, tutto repertorio gregoriano venne “codificato”
sulla base del sistema dei modi ecclesiastici. Questo sistema venne importato in
Occidente dal monaco bretone Flacco Alcuino (735 - 804), che lo espose nel suo
trattato DE MUSICA; qui egli riportò la trascrizione degli antichi oktoechoi bi-
zantini, ossia un sistema di scale diatoniche ascendenti composte da otto suoni. In
ogni scala è diversa la posizione dei toni e dei semitoni; ognuna di essa gravita
intorno a un suono fondamentale chiamato finalis (nota sulla quale general-
mente termina il canto, che rappresenta una sorta di tonica) e ad un altro suono
molto importante sul quale gravita tutta la melodia, chiamato repercussio (che
rappresenta una sorta di dominante, e che nelle formule salmodiche coincide con
la nota di recita) / Le scale sono formate da quattro modi autentici e quattro
modi plagali. Plagali > una quarta sotto i modi autentici; nota in comune finalis .
La repercussio si trova una terza sopra la finalis del plagale, ed una quinta sopra
la finalis nell’autentico (ad eccezione del III, IV, VIII) / Questi modi ecclesiastici
hanno conosciuto nel tempo tre diverse tipologie di denominazioni; per rigore
filologico si è preferito adottare la denominazione derivante dai numeri ordinali
greci latinizzati:

PROTUS (Autentico RE, Plagale LA)


DEUTERIUS (Autentico MI, Plagale SI)
TRITUS (Autentico FA, Plagale DO)
TETRARDUS (Autentico SOL, Plagale RE)

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LITURGIA E CANTO CRISTIANO
Il repertorio gregoriano si formò lentamente, a partire dal III sec., e solo nell’età carolingia (dal VII al X sec. > Carlo Magno) si arrivò al compimento dell’unità di culto, che si attuò in
funzione dei testi liturgici, accuratamente organizzati per tutto l’anno liturgico (> il ciclo completo delle celebrazioni misteriche cristiane) / Queste celebrazioni sono distribuite per
tutto l’arco dell’anno liturgico, dal ciclo di Natale, preparato dalle quattro settimane dell’Avvento, fino al ciclo di Pasqua che è preceduto dalla Quaresima e dalla Passione, e della
Pentecoste, 50 giorni dopo Pasqua (> discesa dello Spirito Santo). Il periodo di tempo che intercorre fra la Pentecoste e l’inizio del nuovo anno liturgico (Avvento) viene definito
“tempo ordinario fra l’anno”, e corrisponde all’estate. Temporale è definito il ciclo che celebra la vita di Cristo, mentre Santorale è il ciclo che celebra le feste dei Santi e della Ma-
donna / La “giornata liturgica” è costituita dalla liturgia delle ore, che rappresenta la preghiera ufficiale della Chiesa romana distribuita durante tutto il giorno (Ufficio, e rappre-
senta anche simbolicamente la presenza di Dio in ogni ora del giorno), e la Liturgia eucaristica > Messa. I testi dell’ufficio delle ore includono:
a) 150 salmi e relative antifone;
b) cantici: Magnificat, Benedictus, Hunc dimissis;
c) Inni;
d) Litanie;
e) Orazioni;
f) Letture (tratte prevalentemente dalla Bibbia);
g) Responsori, Invocazioni.
A) Liturgia Eucaristica:
si rievoca l’Ultima cena di Gesù; la Messa è costituita da: introduzione, liturgia della parola, liturgia sacrificale; ogni parte ha numerose raccolte di
canti variabili a secondo il calendario liturgico. Le parti della Messa si dividono in Ordinarium e Propium Missæ; il proprium missæ ingloba i can-
ti che variano il proprio testo a seconda del calendario liturgico, mentre quelli dal testo immutabile, cantati sempre, sono cinque e costituiscono l’or-
dinarium missæ (vedi fig. prossima pagina).
B) Liturgia delle ore:
Che sono otto divise in ore maggiori e ore minori.
ORE MAGGIORI ORE MINORI

Mattutino (cantato alle due di notte)


Laudi (preghiera del mattino)
Prima (oggi abolita)
Tertia
Sexta
Nona
Vespri (preghiera della sera)
Compieta (preghiera personale della sera)

I testi e i canti dell’Ufficio delle ore sono raccolti in due libri:


il Breviarium, che custodisce solo i testi per i vari periodi dell’anno liturgico;
l’Antiphonarium offici, che raccoglie i tanti.
Per quanto riguarda la messa, i principali libri liturgici che raccolgono testi e canti sono:
l’Antipfonale missarum, detto anche Liber Gradualis, o Graduale, che contiene i canti del Proprio della messa, e in appendice quelli dell’Ordinario (i quali potevano anche
essere raggruppati in un altro libro, detto Kyriale);
il Messale, o Missale plenarium, il libro liturgico che dai secoli X - XI contiene le preghiere, i canti e letture per la messa.
Oggi fra le raccolte storicamente più importanti dei canti della messa e dei principali uffici liturgici si annovera il Liber Usualis Missæ et Officii.

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STILI MODI D’ESECUZIONE FORME MUSICALI GREGORIANI
Il repertorio dei canti gregoriani a noi pervenuti oggi dal IX secolo, ossia da quando si cominciò a sviluppare
la scrittura musicale, si possono distinguere in quattro principali categorie:
A) a seconda della “destinazione” liturgica: canti dell’Ufficio o canti della Messa.
B) a seconda dello stile; per stile s’intende in ambito gregoriano il rapporto fra note e sillabe, per cui si
distinguono tra principali stili:
Sillabico quando ad ogni sillaba corrisponde una sola nota da cantare;
Neumatico o semisillabico quando ad ogni sillaba corrispondono poche note a cantare;
Melismatico quando su una sillaba si cantano molte note, che negli alleluia prolixa potevano essere
anche 40. Questi canti erano esclusiva priorità della Schola cantorum.
Questi tre stili derivano dal repertorio bizantino, ove si distinguevano:
STILE HIRMOLOGICO: l’hirmologion è il libro liturgico ove vi sono le ode, ognuna di esse va cantata su una
strofa modello detta hirmos: una breve melodia sillabica con al massimo 2 note per sillabe;
STILE STICHERARIO: sticherion è il libro liturgico e i versetti cantati in questo stile si chiamano stichi: sono più
ornati rispetto al primo stile, cioè compaiono i primi melismi (moderati).
STILE ASMATICO O MELISMATICO: vi sono gli alleluja prolixa, lo stile più complesso, comprende canti riccamen-
te “ornati”, lunghi e di difficile esecuzione .
C) a seconda della loro forma e del modo di esecuzione, per cui si distinguono tre tipologie:
Canti antifonali:
sono quei canti che alternano due cori, e si hanno nell’Introito, Offertorio e Com-
munio; sono i momenti dinamici del Proprium della Messa, e i canti eseguiti sono
affidati alla schola .
Canti responsoriali:
sono quei canti che alternano un solista e un coro, Graduale, Alleluja, Tractus;
sono i più complessi, perché melismatici, eseguiti da un cantore professionista;
sono i momenti più statici della Messa. Il tractus è un canto eseguito dopo il
Graduale (il più antico canto di meditazione, chiamato così perché eseguito sui
gradi del presbiterio), e sostituisce l’Alleluia durante la Quaresima; è un canto
fittamente melismatico.
Canti diretti:
quei canti eseguiti da un solista senza la partecipazione di un coro.
D) a seconda del tipo di testo, il quale può essere biblico (con testo in versi o in prosa) e non (anch’essi con
testo in versi o in prosa).
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Il ruolo della musica all’interno del canto gregoriano nei secoli ha trovato una doppia distinzione, ove prati-
camente si distingue fra una musica declamata e una musica più elaborata consistente in vera e propria
melodia. I canti della prima categoria si raggruppano nello Stile Accentus, che è derivato dalla cantillazio-
ne ebraica, ed è la lettura sillabica intonata su di una sola nota (recto tono) con inflessioni melodiche lievi sia
ascendenti che discendenti. Più elaborato era invece lo Stile Concentus, quasi il contrario dello stile accen-
tus, ed era il canto spiegato sillabico o semisillabico. Sono cantati in Stile Accentus:
I recitativi del celebrante
Le formule per l’intonazione dei salmi (initium, repercussio, terminatio).

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BREVE CRONOLOGIA DEL CANTO GREGORIANO ATMOSFERA NEL CANTO GREGORIANO

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INNOVAZIONI LITURGICO - MUSICALI DEI SECOLI IX - X
Le grandi abbazie benedettine ed i grandi monasteri in genere, fra il IX nel XII secolo furono importanti centri promulgatori e diffusori di cultura in generale, e in particola-
re di cultura musicale liturgica. È in questo periodo che nascono le prime sperimentazioni polifoniche; ma il processo che “concettualmente” comporterà anche la nascita
della polifonia fu la creazione e la diffusione di nuovi canti inseriti sia all’interno che all’estero della liturgia, scaturiti dalla nuova “libertà” che la notazione musicale confe-
riva: le sequenze ed i tropi.
Sequenza:
con questo termine, apparso nella prima metà del IX secolo, si indicava all’inizio un testo con il quale cantare i melismi dell’Alleluja; la melodia - melisma dell’-
Alleluia poteva essere cantata pronunciando un testo originale; in questo modo l’Alleluja da canto melismatico diventava, contemporaneamente, canto silla-
bico. La sequenza divenne così una forma sia musicale che poetica. È un monaco di San gallo, Notker Balbeo, che redasse per primo una testimonianza sulla
nascita della sequenza nel suo Liber Hymnorum, e spiega come la sequenza sia nata come un “nuovo procedimento” atto ad aiutare la memoria dei cantori
nell’apprendimento delle difficili melodie del’Alleluja. I Testi poetici raccolti da Notker erano una serie di frasi libere da schemi; questi testi furono chiamati
prosæ, in quanto erano in prosa / Nella maggior parte dei casi si presentavano due linee di testo consecutive che cantavano la stessa frase musicale; queste
due linee di testo vennero chiamate copulæ, appunto coppie di versi. La struttura testuale più tipica era la seguente:
A BB CC DD / La forma più compiuta di sequenza si deve ad Adamo di San Vittore; le strofe delle sue sequenze sono costituite da due versi ottonari seguiti
da un senario (con l’ultima parola sdrucciola) chiamato coda (cauda) / La Sequenza ebbe nel corso dei secoli una grandissima diffusione; si composero decine
e decine di sequenze per tutti i giorni dell’anno liturgico; vennero redatti molti manoscritti liturgici chiamati Sequenziari; col tempo i modelli si staccarono sem-
pre di più dalle formule gregoriane, inglobando intonazioni originali; i testi, contemporaneamente, acquisirono una fisionomia che si distaccava dalla liturgia
tradizionale / L’importanza storica della sequenza risiede nel fatto che contribuì in maniera determinante al definitivo passaggio dalla metrica quantitativa
greca alla moderna metrica accentuativa e rimata, in quanto gradatamente i due versi di ogni copula divennero sempre più simili fra di loro, venendo così a
formare la rima / Nel corso dei secoli la sequenza si è sviluppata a dismisura, tant’è che il Concilio di Trento (1545-63) le abolì tutte, insieme a tutti i tropi, la-
sciando che ne venissero eseguite soltanto quattro:

VICTIMAE PASCHALI LAUDES (per la Pasqua)


VENI SANCTE SPIRITUS (per la Pentecoste)
LAUDA SION SALVATOREM (per il Corpus Domini)
DIES IRAE (per la Messa dei Defunti)
Nel XVIII secolo a queste quattro fu aggiunta un’altra sequenza: STABAT MATER DOLOROSA.

Tropi:
I Tropi sono quasi la stessa cosa delle sequenze, infatti consistono nell’applicazione di un testo alle parti melismatiche di tutti gli altri canti liturgici (tranne l’Alle-
luja). Viene attribuita ad un monaco di San gallo morto nel 915, Tutilione, la creazione del primo vero tropo / A differenza delle sequenze, nei tropi i testi
erano in prosa / Similmente al processo evolutivo della sequenza, anche per il tropo col tempo si aggiunsero nuove melodie che comportarono la “tropatura”
di tutti, o quasi, i canti; grazia questo nuovo procedimento della “tropatura” tutte le antiche forme liturgiche vennero riviste, interpolate o commentate dalle
nuove composizioni trovate / L’Alleluja può essere considerato un procedimento di tropatura di un solo canto, appunto, l’Alleluja.

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7 VICTIMAE PASCHALI LAUDES
E’ la sequenza per il giorno di pasqua, composta forse dal sacerdote tedesco Wipo (X sec.), è una fra
le più famose testimonianze musicali del Medioevo. E’ composta da quattro frasi musicali con ritor-
nello alla seconda e terza frase mentre la quarta è simile alla seconda, struttura del testo di 8 strofe.
Fra la quarta e la settima strofa la sequenza acquista notevole vivacità drammatica data dal dialogo
fra Maria ed i fedeli. Tutta la melodia copre un ambito di undicesima (LA3 RE4). Di seguito viene
riportata la notazione neumatica quadrata dell’alleluia e della sequenza e la trascrizione in notazione
moderna.

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I Tropi erano più fre-
quenti nei canti della
Messa (Proprio e Ordi-
nario) che in quelli
dell’Officio, e si esegui-
vano durante le celebra-
zioni solenni e le feste. I
testi letterati inseriti
avevano molteplici
funzioni, principalmente
quella di spiegare, ap-
profondire, il senso del
testo liturgico originale.
Nell’esempio seguente è
illustrato, trascritto
come possibile nella
nostra notazione, tale
procedimento ad un
Kyrie in due tropature 9
che si susseguono.

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13
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Seconda edizione, 1992
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1991. I Vol.
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Torino, EDT, 1979 2a, 2b, 4, 6
Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999

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1996
Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©
1993 - 2001 Microsoft Corporation 5 Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda,
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IV
14
LA NASCITA DELLA POLIFONIA E
L’ARS ANTIQUA

Il desiderio di rinnovamento del canto liturgico ha accompagnato per secoli il mondo della chiesa; quando le limitazioni etiche proprie del mondo chiesastico “figlio” di papa
Gregorio Magno cominciarono a soggiogare sempre meno, ecco che il cristianesimo occidentale si librò nella sperimentazione di nuove forme di “miglioramento” del canto
liturgico / Il canto gregoriano era sempre stato omofonico (emissione della medesima nota da parte di suoni o strumenti, ed anche tecnica di composizione a più voci ove
coincidono in senso verticale le sillabe del canto) ed omoritmico; verso l’850 D.C. si assiste alla nascita della polifonia in ambito cristiano occidentale. È polifonico un canto
con due o più voci diverse insieme, che possono avere uguale o diverso ritmo. Adesso il canto sacro, cantus firmus, sarà “ornato” da altre melodie parallele, per cui si andrà
affinando una tecnica compositiva capace di fondere insieme melodie diverse, sia omoritmiche sia poliritrmiche > punctum contra punctum > CONTAPPUNTO / La musicolo-
gia riconoscerà a posteriori il fatto che la nascita e l’evoluzione della polifonia comportò una generale perdita dell’antica ricchezza ritmica del canto gregoriano, in quanto la
trasformazione da monodia a polifonia impose la rinuncia all’articolato ritmo della monodia in favore di un ritmo uniforme per tutte le voci / La storia del contrappunto e
della polifonia vocale avrà un excursus che partirà dal IX secolo per terminare nel XVI secolo; questa evoluzione può essere agilmente suddivisa in sei periodi:
ALBORI 850 - 1100 ca
ARS ANTIQUA O ARS VETUS 1150 - 1290 ca
ARS NOVA 1300
I MAESTRI FIAMMINGHI (5 generazioni) 1400 - 1590 ca
POLIFONIA RINASCIMENTALE 1500 - 1580 ca
MONTEVERDI: LA POLIFONIA FRA RINASCIMENTO E BAROCCO

ALBORI
Con l’avvento della pratica detta “tropatura” le menti musicali del canto gregoriano avevano in sostan- 1
za già aperto la via verso il processo che condurrà alla polifonia; la polifonia può essere infatti considera-
ta una sorta di tropatura musicale / Ciò che sappiamo delle primissime forme di polifonia è dedotto da
un trattato anonimo molto diffuso nel Medioevo, del quale oggi si conservano 40 copie manoscritte, de-
nominato Musica Enchiriadis cioè manuale di musica; questo fu diffuso in alcune cattedrali della Fran-
cia settentrionale già nel X sec. Nel Musica Enchiriadis compaiono le prime forme polifoniche > organum:
melodia gregoriana (> vox principalis) accompagnata nota contro nota da una seconda melodia che
fungeva da “ripieno” sonoro (> vox organalis) posta ad una distanza intervallare reputata consonante
per quei tempi, ossia una quarta, o una quinta più in basso, parallela; le due voci potevano essere rad-
doppiate all’ottava; questo tipo di organum si chiamava parallelo. Quarta, quinta e ottava erano le
uniche consonanze scaturite dalla tradizione speculativa dei teorici greci / Nello stesso periodo si sviluppa
in Inghilterra un tipo di organum ove la seconda voce si trova a distanza di una TERZA più in basso ri-
spetto al cantus firmus; questo tipo di organum si chiamava Gymel. Le prime forme di Gymel risalgono
al 1100, e presentavano una terza parte aggiuntiva al basso / L’esperienza degli organum paralleli ave- Organum parallelo con raddoppio delle voci
va col tempo fatto sorgere la necessità di evitare di intonare simultaneamente ciò che fu definito dai
cantori e teorici medievali il diabolus in musica ossia l’intervallo di tritono, la quarta eccedente FA - SI.
Nel Musica Enchiriadis viene suggerito di evitare l’intonazione di detto intervallo ricorrendo alle
“consonanze imperfette”, ossia seconda e terza e, simultaneamente, attuando un procedimento delle
voci non più parallelo ma contrario ed obliquo; questa successiva evoluzione dell’organum, con le due 2

voci che procedevano secondo la tecnica chiamata del discanto, prese il nome di organum libero. Inno a San Magno: esempio di gymel tratto dal manoscritto di Upsala.
E’ l’esempio più antico di polifonia a due parti per terze parallele.
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Tutte queste testimonianze ci sono pervenute tramite i trattati di uso monastico;
ad esempio nella raccolta in due volumi denominata Tropario di Winchester
(la più antica importante raccolta di fonti musicali a proposito della pratica
polifonica), si trovano circa 150 tropi in forma di organa a due voci che testimo-
niano la predilezione dei monaci benedettini inglesi rivolta ad arricchire, con gli
organa appunto, i brani solistici dell’Alleluja (53 organa) e dei Responsori (59
organa) rispetto ai Tractus (19 organa) / Agli albori della polifonia venivano
tropati polifonicamente soprattutto i canti del Proprio della Messa, e solamente
le parti che erano destinate ai solisti, cosicché nel canto venivano ad alternarsi
parti monodiche, cantate dal coro, con parti polifoniche cantate dai solisti. Le
prime forme di polifonia eseguite dai solisti erano di carattere improvvisato / A
3
partire dal 1100 nelle cattedrali della Francia settentrionale, ed in special modo
Organum libero applicato alla sequenza Rex Coeli Domine. S. Marziale a Limoges e nella Spagna nord-occidentale (Santiago de Campostel-
la) si diffuse l’organum melismatico; qui il cantus firmus (ossia il canto grego-
riano sacro) era affidato al basso ed era eseguito con larghi valori, e siccome
4
“teneva” le voci superiori fu chiamato TENOR. Sopra la vox organalis non proce-
deva più punctum contra punctum, ma creava melodie molto ricche di fioriture
di modo che su ogni nota del tenor potevano corrispondere da 1 a più di 20
note / L’avvento dell’organum melismatico fu quasi una diretta conseguenza
dell’avvento della scrittura musicale, e parallelamente comportò la fine dell’im-
provvisazione polifonica da parte dei solisti.

Codice di Montpellier, foglio XXIV. Contenente circa 300 Mottetti di


ogni tipo, di cui ben 86 sono dedicati alla madonna, questo codice è uno
dei più importanti nell’illustrare la proliferazione dei Mottetti nel XIII V
2 secolo.
Viderunt Hemanuel, graduale tropato cantato per la terza Messa del giorno di Natale nella cattedrale di S.Marziale di Limoges; è uno dei primi esempi di organum melismatico. L’entità dei melismi della vox organalis è relativamente contenuta, e nella parte
finale, prima del coro, le due voci procedono in stile di discantus ossia nota contro nota

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3
Esempio di organum melismatico della cattedrale di Santiago de Campostella, il Kyrie tropato; nei
primi tre righi è riportata la melodia monodica gregoriana antica, a seguire detto cantus firmus viene L’ARS ANTIQUA
tropato e diventa tenor di una vox organalis riccamente melismatica Nel momento in cui le pratiche polifoniche d’ambito sacro liturgico passano dall’essere delle
sporadiche e anonime sperimentazioni ad un fatto concreto, compiuto ed accettato, nasce
6
l’Ars Antiqua. Questo è il momento di piena affermazione della polifonia sacra medievale dal
1170 al 1320, ove riveste una grande importanza la cattedrale di Notre - Dame di Parigi / L’-
Ars Antiqua annovera due importanti traguardi raggiunti dalla polifonia sacra:
1) Lo sviluppo della notazione
2) La cifratura della durata delle note

LA SCUOLA DI NOTRE DAME


Il più importante centro europeo di musica polifonica dal 1150 al 1350 > magistrale fu qui l’im-
pronta lasciata dai Maestri LEONIN e PEROTIN. La scuola di Notre - Dame si caratterizzerà per
la produzione degli organa, ma questi sono molto diversi rispetto ai modelli precedenti. La più
importante fonte che ci documenta circa l’attività della prestigiosa cattedrale parigina è un
trattato anonimo intitolato “De mensuris et discantus”; a metà dell’800 il musicologo fran-
cese Charles Coussemaker identificò questo trattato anonimo come “Anonimo IV” nella sua
ampia raccolta di antichi scritti teorici musicali intitolato “SCRIPTORUM DE MUSICA MEDII ÆVI NOVA
SERIES” in 4 voll., 1864 - 76 / Importante momento per la storia della musica: il fatto che si possa-
no adesso individuare le personalità che hanno comportato lo sviluppo delle pratiche polifoni-
che pervenuteci testimonia la maggiore attenzione che viene rivolta alla musica (sacra), e ciò
fa dedurre che il musicista di questo periodo non è più vincolato nella creazione della musica,
come in precedenza, ma ha acquisito maggiore “indipendenza”.

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4
LEONIN
Operò tra il 1160 ed il 1190. Definito optimus organista , compose il Magnus Liberi Organi de Gradali et Antiphonario, una raccolta di Graduali, Responso-
rii, Alleluja a due voci per l’intero anno liturgico; questa raccolta fu in seguito ampliata dal suo successore Perotin, il quale inserì le clausolæ. La raccolta redatta
da Leonin conteneva 13 brani per l’Officio e 33 per la Messa, tutti a due voci. Dette composizioni venivano eseguite alternando coro (che cantava il canto piano
gregoriano) e solisti (che cantavano le “nuove” parti polifoniche). Un Graduale di Leonin veniva eseguito secondo lo schema mostrato di seguito. La trascrizione
musicale delle parti polifoniche di questi canti veniva effettuata secondo due diverse tipologie:
In stile melismatico:
7
Qui le note della melodia gregoriana sono posti al basso con valori lunghissimi;
sopra di essa si svolge il lungo fiorire melismatico della seconda voce, chiamata
duplum. Questa è stata considerata una prima forma di organum.
In Stile Discantus
Qui il duplum procede nota contro nota con la melodia gregoriana (tenor), che
adesso è molto più dinamica rispetto allo stile melismatico. Le due voci corrono
quasi insieme.
Le sezioni sillabiche del canto gregoriano originario venivano elaborate polifonicamente in
stile melismatico, mentre le sezioni melismatiche del canto gregoriano originario veniva-
8 no elaborate polifonicamente nello stile di discantus, allo scopo di non allungare eccessi-

vamente l’intero nuovo costrutto. Qui il tenor procedeva per valori molto più stretti.
Queste sezioni costruite sulle parti melismatiche del canto gregoriano, realizzate nello
stile discanto, vennero definite clausulæ. La clausula veniva costruita su una sola paro-
la del testo liturgico (di solito Dominus), e più in particolare la si costruiva su una sola
sillaba di una parola (Do di Dominus, ad es.). L’organa a
9 due voci sull’acclamazione Benedicamus Domino di Leonin
mostra la clausola sulla parola Domino. La Clausula era
musicalmente autonoma / La scuola parigina mise a pun-
to un sistema ritmico fondato su due elementi: la longa e
la brevis. Il teorico Johannes de Garlandia per primo
ne espose le varie combinazioni nel trattato De Mensurabili
Musica (1240); potevano esserci sei diversi gruppi. Questi sei
modi servivano solo come modelli di partenza per successi-
ve elaborazioni; palese è l’equiparazione agli antichi modi
della metrica quantitativa greca classica. Negli organa a
due voci del primo periodo della scuola parigina si nota
una prevalenza del I modo, seguito successivamente dal IV
e dal V / Adesso i simboli grafici non sono più considerati
alla stregua dei neumi quadrati, ma semplicemente ven-
gono intesi come delle note isolate, o meglio, come gruppi
di note legate. L’importanza attribuita a questi gruppi
legati è di fondamentale importanza per lo sviluppo della
misurazione del tempo; i gruppi vennero chiamati ligatu-
ræ e potevano essere costituiti da 2, 3 o più suoni. A se-
conda di come vengono raggruppate le ligaturæ e le note
isolate si riconosce se una composizione appartiene a uno
dei sei modi ritmici.

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Trascrizione in dotazione moderna della parte iniziale del discantus a due voci di Leonin, Viderunt Omnes. E’
scritto nello stile melismatico.

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Esempio tratto dalla prima sezione del Sederunt Principes di Perotin: rispetto al tono d’inizio Perotin
PEROTIN ha già “portato” le voci nel tono di Fa (Tritus), da notare la vastissima fioritura del duplum, triplum e
Successore di Leonin, Perotin ebbe il merito di aver ampliato gli organa di Leonin quadruplum sulla nota del tenor (Se, di Sederunt, appunto) e la simmetria fraseologica di discendenza
profana.
passando dal tenor con l’aggiunta di una sola vox organalis a due e tre, quindi da un
solo duplum si passò ad avere triplum e quadruplum; egli fece perdurare l’alter-
nanza fra sezioni di canto monodico e sezioni polifoniche, ove l’andamento ritmico
sarà sempre più preciso. Perotin fu definito da Coussemaker come optimus discan-
tor, ossia ottimo autore di musiche in stile di discanto / Gli organum quadruplum di
Perotin rappresentano la più alta vetta di sviluppo della polifonia sacra medievale,
essi piacquero così tanto al vescovo di Parigi del tempo, Oddone di Sully, che ne ordi-
nò la riesecuzione ogni anno (fatto stranissimo per l’epoca!), anche se comunque il
Vescovo non fece mai citare pubblicamente il nome dei due maestri. Gli studi musi-
cologici condotti su queste antiche partiture anche se notarono l’evidenza del fatto
che non veniva mai citato il nome del maestro creatore (sia Leonin che Perotin),
hanno comunque appurato che senza dubbio quegli organum erano attribuibili ai
due grandi magistri parigini.

La riesecuzione annua degli stessi organum determinò un fatto eclatante e di impor- 12


tanza epocale per la storia della musica: le composizioni di Perotin furono ele-
vate ad opera d’arte, tanto che dovevano essere ripetute annualmente >
erano degne di sopravvivenza > la musica, e specialmente la musica li-
turgica comincia ad essere considerata Opera d’Arte / Gli organa a 4 parti
erano composti solamente per voci maschili nei registri di tenore e contralto, e
l’estensione delle voci complessiva era quella indicata di seguito. Il capolavoro di Pe-
rotin è l’organum quadruplum SEDERUNT PRINCEPES, realiz-
zato sul primo tono ecclesiastico (Protus); presenta, come
uniche alterazioni previste il si bem al posto del si nat., ed il
mi bem. al posto del mi nat. Non esistono, ancora, regole che
disciplinano il moto delle parti.

Simili agli organa ma differenti solo perché non erano esclusivamente liturgici, e po-
tevano avere testo sacro o profano erano i Conductus; qui il tenor non proveniva
dal gregoriano antico ma era inventato ad hoc, e le altre voci cantavano simultane-
amente le stesse parole; la scrittura era sillabica con frequenti incroci di voci.

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IL MOTTETTO NEL 1200
Dalla pratica polifonica molto fiorita di Perotin, il quale compose un alto numero di clausulæ, si venne a creare la prassi di eseguire soltanto le clausolæ in luogo dei
lunghi e complessi organa fuori dal momento liturgico; però senza un testo liturgico ad eccezione di quello del tenor, queste clausole isolate non avevano quasi significato,
così, similmente al processo della tropatura, si risolse il problema applicando ai melismi del duplum dei testi latini affini al significato del testo del tenor; il duplum così con il
testo cambiato venne chiamato MOTETUS (da mot, parola); non molto più tardi questa clausola trasformata venne chiamata soltanto Mottetto / Se la clausola originaria
aveva anche un triplum, nel “nuovo” mottetto sopra la voce del motetus si affiancava la linea melodica del triplum che intonava un altro testo ancora sviluppante ulte-
riormente il senso del tenor / Dopo il 1220 il Mottetto è considerato una composizione autonoma ove le due voci superiori hanno due differenti testi, simultaneamente in
15 francese ed in latino, anche di derivazione profana / La scrittura del mottetto a tre voci non è più in partitura, ma per ragioni di spazio
e di economia, venne notato per esteso su colonne: una a destra per il motetus, una a sinistra per il triplum ed in basso il Tenor . La
maggior parte dei mottetti di questo periodo sono composti in lode alla Madonna / Dopo Perotin il Mottetto si distanzierà sempre di
più dal contesto liturgico per abbracciare i testi profani in lingua francese di argomento amoroso, satirico, celebrativo diventando e-
spressione dei ceti cortesi e borghesi / Verso la fine del XIII secolo il mottetto conobbe una nuova caratterizzazione su due filoni: si aveva
una tipologia che esternava una maggiore omogeneità dell’intero costrutto, ed un’altra che tendeva alla differenziazione fra le voci,
con triplum vivace e ritmo declamatorio, motetus non molto mosso e tenor basato su di un rigido schema ritmico; quest’ultima tipolo-
gia venne definito “Mottetto Petroniano”, in quanto fu caratteristico della produzione del compositore Petrus de Cruce.

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Mottetto dedicato alla vergine Maria [trascritto in notazione moderna]. I due diversi testi della voce superiore sono attinenti alla parola Domino sviluppata dal Tenor.

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L’HOQUETUS
Dal francese hoquet cioè singhiozzo; il teroico Johannes de Grocheo ne fu
il principale descrittore. Nel mottetto del 1200 fu escogitato un artificio con-
trappuntistico applicato alle due voci superiori; si faceva corrispondere, rapi-
damente alternata, una pausa in una voce ed una nota nell’altra voce in
modo da creare un andamento melodico a singhiozzo che venne anche
definito cantus abscissus.

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Riproduzione di due pagine di un antico codice ove le varie voci della composizione polifonica sono disposte in parti diverse della pagina.

20

Pagina tratta da un’opera di Perotin.

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17
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. 1, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 15, 16
Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore,
Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol
1991. I Vol. 2, 18 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,
Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, 1996
Torino, EDT, 1979 4 Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS
Gallo, F. Alberto, Il Medioevo II, Storia della Musica volume secondo, Torino, Editori
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De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, EDT, 1979
Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, 11, 17 Dispensa di Storia della Musca, Biblioteca DAMS Bologna, A. A. 1997 - 98
Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) 12 De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel,
Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il
1996 Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991)
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18
LE ORIGINI DELLA NOTAZIONE MODERNA
LA NOTAZIONE MEDIEVALE La nascita della notazione musicale si ebbe in forte ritardo rispetto allo sviluppo dei canti; solo quando ci si accorse che il repertorio
diventava troppo vasto e che diventava sempre più difficile ricordare, la cristianità si trovò quasi costretta ad elaborare un sistema
grafico / In ogni angolo della terra è certo che ogni società che abbia prodotto una quantità di materiale musicale o sonoro in genere
relativamente considerevole, si sia applicata alla formulazione di sistemi semiografici convenzionali atti a conservarle per poi rievo-
carle con facilità; noi, in questa sede, prenderemo in considerazione lo sviluppo storico della nostra notazione, ossia quella europea,
iniziato verso l’880 d.c.

DAGLI ALBORI ALLA NOTAZIONE NEUMATICA


Fino alla metà del 750 D.C. tutto il repertorio liturgico gregoriano fu tramandato oralmente; “La musica non si può scrivere” aveva affermato Isidoro di Siviglia nel VI sec. Per lungo
tempo tutto il repertorio venne tramandato oralmente > dieci anni non bastavano ai peueri cantores per diventare Magistri / La prima embrionale forma di notazione, riferita
però solo agli accenti delle parole, che indicava il tono di lettura del testo liturgico (fra il cantato ed il parlato) compare forse verso il IV secolo presso i bizantini, derivata direttamente
dall’antica prosodia, ed è nominata ECFONETICA / Al IX secolo si fa risalire anche l’inizio dello sviluppo della notazione NEUMATICA > sistema di segni che indicava la sillaba cantata
(leggi: nota) o il gruppo di suoni con cui si cantavano una o più sillabe (note) / Neuma > segno > la nota o le note cantate sulla stessa sillaba. Ripercorrendo a ritroso la storia della ro-
tazione si evince che i neumi derivavano graficamente dagli accenti grammaticali greci e latini, segni che erano usati per distinguere le sillabe toniche (quelle che si pronunciavano con
voce acuta) dalle sillabe atone (quelle che si pronunciava con voce più grave); dai due accenti, acuto e grave, si presuppone siano derivati la virga (che indica un suono più acuto),
ed il punctum (che indica un suono più grave). Fu solo con Guido d’Arezzo, con l’adozione del rigo formato da quattro linee, che la notazione, che sarà chiamata quadrata, divenne
un pieno mezzo di comunicazione e non più solo un accorgimento mnemonico di accenti ad uso privato dei cantori per aiutarli nella recordatio / Un secolo dopo si svilupparono
segni grafici che stabilivano anche la durata dei suoni > notazione modale; questa usava la notazione neumatica quadrata (di discendenza aquitana); successivamente si sviluppò la
notazione mensurale / Tre fasi principali interessano lo sviluppo della notazione neumatica: chironomica, adiastematica e diastematica, quadrata.
SCRITTURA CHIRONOMICA
(Cheir = mano; nòmos = legge) > segni convenzionali posti dal direttore del coro, præcentor, sulla pergamena, sopra il testo liturgico: verso l’alto indicava che la melodia saliva, verso il
basso indicava che la melodia scendeva; così egli li comunicava mediante il gesto della mano al coro dei cantori di fronte a lui / Dagli accenti grammaticali, derivati dalla pratica ecfo-
netica dei bizantini, uniti all’esperienza della “direzione” chironomica, si concepì di continuare ad elaborare segni più eloquenti, più precisi e funzionali / Un monaco benedettino, Dom
Gregoire Suñol, in uno studio paleografico del 1929, definì tutte le tradizioni europee della notazione neumatica, individuandone 15, che si definirono pienamente intorno al X secolo; le
più importanti furono quattro, perché da esse storicamente si sviluppò la notazione neumatica quadrata che fu usata universalmente nei secoli successivi fino ad oggi; queste era-
no: la notazione di San Gallo (Svizzera) di Metz (Francia del nord) di Benevento (Italia del sud) Aquitana (Francia del sud) (vedi pag, 3).
I NEUMI
Due fasi di sviluppo interessano i neumi:
notazione Adiastematica:
neumi in campo aperto, posti sopra il testo da cantare; in questa fase essi sono da considerare soltanto un ausilio mnemonico solo del cantore. Infatti po-
ca è la precisione nell’indicazione degli intervalli; questa non è ancora una notazione “funzionale”, sono solo accenti;
notazione Diastematica (XI secolo):
compaiono le linee (prima una, poi due, poi quattro) sopra il testo; ogni linea indicava un’altezza precisa di un suono; le linee erano colorate:
rossa era la linea per la nota che con Guido d’Arezzo fu convenzionalmente detta fa, e gialla era quella per la nota che con Guido d’Arezzo fu
convenzionalmente detta ut (che nel 1600 l’abate Giovan Battista Doni rinominò più musicalmente DO). Adesso i neumi hanno un loro preciso
significato.
Con l’introduzione delle chiavi la precisione nel rappresentare graficamente le note si fece completa; le due chiavi indicavano la posizione del UT e del Fa / Nel momento in cui il te-
tragramma si instaura definitivamente, l’antica grafia dei neumi dovette subire una storpiatura grafica per potersi adattare fra le righe e gli spazi; in questo modo l’originale grafia di
neumi - accenti si vide completamente disgregata e trasformata nella cosiddetta notazione quadrata. Anche se la notazione quadrata risolse definitivamente il problema dell’altezza
dei suoni, si rivelerà assolutamente insufficiente nell’esprimere la varietà ritmica e la ricchezza espressiva dei canti gregoriani.

VI
1
CRONOLOGIA DELLA NOTAZIONE NEUMATICA

SENZA LINEE Bretone

Ispanica Francese del Insulare Italiana Tedesca


centro

Famiglie dell’
Europa centrale
O DIASTEMAZIA
CON LINEE
PIÙ ESATTA

Notazione quadrata all’Ovest e al Sud Processo di goticizzazione all’Est


SCRITTURA CALLIGRAFICA

Derivazione
della notazione
mensurale per la
musica polifonica e
ulteriore sviluppo fino
alla grafia
musicale del secolo
XX

VI
2
GEOGRAFIA DELLE
NOTAZIONI NEUMATICHE

1 Italia settentrionale
(2. Nonantola; 3
Novalesa; 4. Milano)
5 Italia centrale
6 Benevento
7 Anglo-sassone
8 San Gallo
9 Germania
10 Metz
11 Francia (Normandia)
12 Chartres
13 Aquilana
14 Visigotica o mozarabica
15 Catalana

LA NOTAZIONE QUADRATA.
SOLESMES
La ricostruzione storica della notazio-
ne quadrata fu (ed è) un campo di
studio che ha visto impegnati i mo-
naci benedettini del monastero di
Saint Pierre de Solesmes in Fran-
cia. I monaci di Solesmes asseriscono
che vi sia un unico valore base nel
canto gregoriano; la loro concezione
interpretativa si basa sull’equivalenza
ritmica delle note. L’importanza dei
loro studi sta nel fatto che la Chiesa
romana adottò ufficialmente il loro
metodo, e a partire dal 1906 i libri
liturgici della Editio Vaticana furo-
no curati dagli stessi monaci benedet-
tini. Storicamente importanti sono il
Liber Usualis (1896, e numerose
edizioni successive; contiene i canti
della Messa e dell’Ufficio). Nel 1979 i
monaci curarono e pubblicarono una
ulteriore silloge di canti per la Messa
intitolata Graduale Triplex.

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3
2 GRAMMATICA DELLA NOTAZIONE QUADRATA

VI
4
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5
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6
IN SINTESI:

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7
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3

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9
VI
10
IL NOME DELLE NOTE E LA NOTAZIONE ALFABETICA
Severino Boezio fu il primo trattatista del Medioevo ad impiegare le lettere dell’-
alfabeto latino per segnare i punti in cui il monocordo veniva suddiviso. Ma già a
partire dalla fine del IX secolo vediamo che accanto alla notazione neumatica si
impiegarono alcuni tipi di notazione. Nel trattato De Institutione Harmonica,
880 circa, Hucbald di Saint - Amand espose le prime fasi del contrappunto
medievale, e per ovviare alle carenze della notazione adiastematica, fece la pro-
posta di usare le lettere (dalla A alla P; A= Do, la J non c’era) da intonare in una
griglia di righe, ove all’inizio era specificata con appositi segni l’ampiezza degli
intervalli. Con il trattato Dialogus de Musica che erroneamente è stato attribui-
to ad Oddone da Cluny, X sec., si ebbe la notazione alfabetica con lettere dalla
A alla G, che venne applicata al sistema Teleyòn dei Greci, iniziando dalla lettera
gamma; le ottave vennero differenziate tramite l’uso di lettere maiuscole, minu-
scole. Guido d’Arezzo si basò su questo tipo di notazione per la sua teoria dell’E-
sacordo, ed aggiunse le lettere doppiamente minuscole ai suoni successivi della
scala.

LA NOTAZIONE DASIANA
Sempre allo stesso periodo, IX secolo, appartiene un altro tipo di notazione costi-
tuita da segni dell’alfabeto che trova più ampio spazio nei trattati e nei manuali
didattici ad uso dei monaci e cantori (come ancora oggi si usa in Germania ed in
Inghilterra).
Nel Musica Enchiriadis compare un tipo di notazione che segna con precisione
l’andamento della melodia; le lettere (dalla A alla H) sono segnate su di un
sistema di linee (da 4 a 18) e vennero denominate DASIANE perché derivate dall’-
antica prosodia daseia della poesia greca antica. Vengono usati quattro segni
fondamentali per le note del tetracordo RE-MI-FA-SOL; a seconda del modo con
cui vengono girati detti segni indicano l’altezza dei tetracordi.
La notazione Dasiana era molto efficace per le melodie dal carattere sillabico o
per le melodie a due voci nota contro nota. I segni sono scritti sul lato sinistro, e le
sillabe del testo sono notate nei corrispondenti spazi tra le linee che stanno ad indi-
care i successivi gradi della scala. La si può considerare una sorta di “intavolatura”
per la voce.

VI
11
5 NOTAZIONE MENSURALE
Il sistema alfabetico adoperato per indicare l’altezza dei suoni era efficace unicamente per
la polifonia in stile non melismatico; ma già nei secoli XI-XII tre grandi abbazie, Winchester
(Inghilterra), San Marziale e Campostela (il Codex Calixtinus) testimoniavano l’uso di
brani polifonici in stile melismatico nella parte organale superiore; queste erano scritte in
notazione adiastematica, per cui ci si rese conto che l’allineamento delle due voci l’una so-
pra l’altra era assolutamente approssimativa: mancavano dei segni che risolvessero il pro-
blema di indicare i valori ritmici delle note (> difficoltà oggi nell’identificare una precisa in-
terpretazione di quel repertorio).
Fu a Notre - Dame che venne perfezionato teoricamente dalla fine del XII secolo un siste-
ma di notazione basato su figure musicali atto a precisare il valore e la durata dei suoni;
questa notazione parigina venne definita modale e si basava su due principali valori di
tempo, uno lungo e uno
1° breve, che si combinavano
insieme in sei modi diversi.
E’ adesso che i simboli gra-
fici non vengono più consi-
derati alla stregua degli
antichi neumi quadrati, ma
cominciano ad essere com-
presi e riconosciuti nella loro
individualità grazie all’av-
vento del procedimento
delle ligaturæ.
Lo sviluppo del contrap-
punto fu diret-
tamente pro-
porzionale allo
sviluppo della
notazione, ossia
all’invenzione di
segni grafici atti
6
a “codificare”
con più precisio-
ne le “trame”
conrappuntisti-
che via via svi-
luppate.

VI
12
.SUPERAMENTO DELLE LIGATURÆ. FRANCONE DA COLONIA
Con l’Ars Cantus Mensurabilis di Francone da Colonia (1260) la notazione modale, con i suoi sei modi di
combinazione ritmica, venne aggiornata; egli chiarì definitivamente il significato delle ligaturæ e lo superò: egli
definì il principio in base al quale tutta la musica occidentale si è successivamente basato; i valori di durata delle
note vanno fissati con simboli ben distinti univocamente, piuttosto che determinati in maniera non precisa da
una serie di raggruppamenti (le ligaturæ). Nel suo sistema oltre alla longa e alla brevis egli introdusse la duplex
longa e la semibrevis. La longa poteva essere perfecta (divisa in 3 tempi cioè 3 breves) o imperfecta (divisa
in 2 tempi cioè 2 breves); analogamente per la divisione della Brevis. L’unità di misura, il tempus, divenne la
breve; una longa poteva essere perfetta (cioè di tre tempora > tre brevis) o imperfetta (due tempora > due bre-
vis) / Tre > perfezione > piena influenza teologica derivante dalla Santissima Trinità / La suddivisione ternaria
dei valori fu la cifra ritmica più importante di tutta l’Ars Antiqua; verso il 1310, con l’avvento dell’Ars Nova (sia
francese e sia italiana) questo principio si modificherà.

LA NOTAZIONE MENSURALE DELL’ARS NOVA FRANCESE


Fra il 1300 ed il 1310 venne introdotto in Francia un nuovo valore, una nuova
figura ritmica più piccola della Semibrevis, la Minima, della quale si trova
traccia nel trattato Speculum Musicæ di Jacobus da Liegi / Fu il mate-
matico ed astronomo Jehan de Murs, nel trattato Notitia Artis Musicæ
(1321) che affiancò alla “sacralità” delle divisioni ternarie (frutto delle specula- 7
zioni teologiche) le divisioni binarie, ed introdusse la sopra citata nuova figura
musicale, invitando i musicisti del tempo a mettere in pratica tali nuove concezioni ritmiche. Il musicista che
accolse le nuove teorie del De Murs fu il teorico musicale e compositore Philippe de Vitry (1291 - 1361), la per-
sonalità più importante dell’Ars Nova francese, il quale nel trattato di storica importanza ARS NOVA del
1320 espose i nuovi principi metrico - compositivi in aggiunta ed opposizione a quelli esclusivamente ternari
dell’Ars Antiqua. Le divisioni teorizzate da Vitry furono:
MAXIMODO
che concerne la divisione della maxima > perfecta se vale tre longæ, imperfecta se ne vale due;

MODUS
che concerne la divisione della longa;
TEMPUS
che concerne la divisione della brevis;
PROLATIO
che concerne la divisione della semibrevis.
Divisione perfecta o maggiore era quella ternaria, mentre divisione imperfecta o minore era quella binaria / Le
note perfette ed imperfette si scrivevano tutte nello stesso modo, per cui Philippe de Vitry suggerì l’uso di spe-
ciali segni da disegnare subito dopo la chiave / L’avvento dell’Ars Nova non fu accolto benevolmente dalla
Chiesa; papa Giovanni XXII con la bolla del 1325, Docta Santorum condannanò esplicitamente le nuove tecni-
che musicali moderniste. Il Papa sosteneva che la suadenza di questi nuovi ritmi troppo piccoli applicati alle
antiche melodie o, peggio ancora, usati per creare nuovi canti, andava a discapito della sacralità degli antichi
canti; queste nuove note quasi inafferrabili offendevano l’orecchio (degli uomini di Chiesa) e distoglievano i fe-
deli dall’attenzione principale alla sacralità del canto. Ma le condanne del Papa non vennero ascoltate dal 8
mondo musicale che era già tutto proteso verso il progresso; vent’anni più tardi il successore, papa Clemente VI,
confuterà le tesi del suo predecessore ed inviterà i maggiori esponenti dell’Ars nova nella sua Cappella musicale. Pagina tratta da un’opera di Philippe de Vitry.

VI
13
LA NOTAZIONE DELL’ARS NOVA ITALIANA LA NOTAZIONE POLIFONICA BIANCA E NERA
A differenza della tradizione francese, per quanto riguar- Le fasi più importanti dello sviluppo storico delle tecniche di notazione musicale circa la musica polifonica, si ebbero tra
da lo sviluppo della notazione italiana del 1300 incerte la fine del XII e la fine del XIV secolo. Fra il 1190 ed il 1300 si ebbe lo sviluppo della notazione nera (su carta e non più
sono le fonti che hanno comportato l’avvento delle divi- sulla costosa pergamena); si diffuse l’uso di scrivere la forma delle note con valori più lunghi soltanto nel contorno,
sioni e suddivisioni binarie proprie del periodo. Le regole mantenendo il nero per le altre più brevi figure / Alla metà del XV secolo si diffuse con maggiore intensità la carta,
del sistema mensurale italiano del XIV secolo si caratteriz- ove si potevano scrivere con più efficacia e rapidità le note bianche; queste erano scritte limitate soltanto nei contorni
zano per una maggiore complessità, ma nello stesso tem- della nota, e comportavano un notevole risparmio di inchiostro. La notazione bianca ebbe fortuna dalla metà del XV
po sono di più facile applicazione pratica; sono in con- fino alla fine del XVII secolo.
trapposizione a quelle francesi. La figura di maggior spic-
co è Marchetto da Padova, che redasse il Pomerium
in arte musicæ mensuratæ, ove descriveva il sistema
di notazioni italiana / Marchetto si incentrò direttamente
sul rapporto fra brevis e minima, articolandolo in varie
divisiones, ove ognuna corrispondeva al numero di mini-
me in cui una breve era divisa. Originale assunto della
mensuralità italiana erano le divisioni octonaria e duode-
naria .

Verso il 1450 i maggiori centri produttori di musica notata attuarono uno


sconvolgimento della scrittura musicale; le note di valore più lungo venne-
ro disegnate bianche .

Nota Disegno Pausa

VI
14
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. 1 Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda,
Seconda edizione, 1992 Torino, EDT, 1979
Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 2 www.cantoambrosiano.com
1991. I Vol. 3 dispensa di Storia della Musica, prof. R. Di Benedetto, DAMS, Bologna, A.A. 1997 - 98
Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, 4, 6, 9 Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989.
Torino, EDT, 1979 Seconda edizione, 1992
5, 7 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore,
Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 1991. I Vol
8 www.loc.govexhibits
P. D. Anselmo della Susca, Conoscere il canto Gregoriano, Milano, Zanibon, 1993

www.cantoambrosiano.com
www.loc.govexhibits

De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel,


Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il
Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991)
Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,
1996
Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©
1993 - 2001 Microsoft Corporation

Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS


Editori

VI
15
LA TEORIA DELLA MUSICA NEL I TRATTATISTI MEDIEVALI
MEDIOEVO. GUIDO D’AREZZO Dopo Sant’Agostino i teorici medievali più illustri si avranno fra il VI ed il IX secolo; Cassiodoro 485 - 580; Isidoro
vescovo di Siviglia 570 - 636. Queste tre importanti personalità della teoretica medievale ripresero semplicemen-
te i temi speculativi dell’antica teoria classica, e non si occuparono mai pragmaticamente della musica liturgica
OPERE TEORICHE E PRATICHE NEL MEDIOEVO coltivata a loro tempo. Accanto a questi tre grandi nomi della trattatistica musicale medievale, se ne collocano
Le testimonianze medioevali dei codici e trattati vari in ma- altri che si rifanno ad essi; importanti da citare sono Aureliano di Rèomè IX sec. autore del Musica Disciplina; U-
teria di musica, si imperniano molto generalmente su due
tipologie:
baldo (monaco di Sant’Aimand) 840 - 930, a cui si ritiene attribuibile il Musica Enchiriadis, che scrisse un De Har-
TEORICHE: monica Instituione. Oddone (vescovo di Cluny) m. 942 autore del Dialogus de musica. Notker Labeo, Johannes
opere che affrontano problematiche filosofiche, de Grocheo, 1300, egli fu l’unico “Musicus” che si interessò di divulgare la prassi della vita musicale del suo tempo,
estetiche, ed in generale non legate all’esecuzione descrivendole nel trattato Ars Musicæ.
e destinate alle Università. La prima opera im-
portante della cristianità fu compiuta da Sant’- ANICIO MANLIO TORQUATO SEVERINO BOEZIO
Agostino; egli concepì due trattati musicali, ma 2 Nobile patrizio romano, 480 - 524, storico mediatore fra il mondo medievale e la
civiltà musicale greca classica che ebbe modo di fruire grazie al contatto diretto
ebbe modo di completarne solo uno, il De musi-
con i neopitagorici ed i neoplatonici; è l’autore del trattato in cinque tomi De
ca, libri sex; specialmente nel libro sesto Sant’A-
institutione musica, ove egli riassume la filosofia degli antichi. L’opera di Boe-
gostino chiarisce la natura demiurgica del nume-
ro, al quale è strettamente legata la musica nella zio venne diffusa in tutte le Università (chiamate, nel medioevo, studia) ove la
sua natura più profonda; il numero rappresenta musica veniva considerata ad un livello più alto rispetto a quella insegnata nelle
un riflesso della scienza divina. scholæ, ed era posta in seno al Quadrivium. Boezio separa gli uomini che si
PRATICHE: occupano di musica in due opposte categorie: musicus e cantores. Musicus non
Aventi come oggetto l’esecuzione; produzione era il cantore formatosi nelle scholæ monastiche (chiamato, appunto, Canto-
molto scarsa: la formazione pratica avveniva nel- res), bensì il filosofo universitario che aveva un rapporto intellettuale con la mu-
le scholæ cantorum delle cattedrali e monasteri. sica, e che ne conosceva le basi matematiche insieme a tutte le nozioni dell’Ars
Musica. La distanza tra musicus e cantores nel Medioevo era incolmabile: il mu-
L’Ars Musica fu la più alta concezione filosofica della musica sicus era la mente, colui che possedeva gli strumenti intellettuali per poter giudi-
che il mondo ecclesiastico del Medioevo potesse concepire; qui care modi, ritmi e generi; il cantores era soltanto una “macchina esecutiva”. Fu
l’aspetto teorico è privilegiato rispetto all’aspetto pratico; gli Boezio ad elaborare la divisione filosofica della musica in tre ordini, identificati
argomenti filosofici (natura della musica), psicologici (effetti come espressione dei principi di ordine ed armonia dell’intero universo:
della musica), matematico - acustici (consonanze, dissonanze, MUSICA INSTRUMENTALIS
proporzioni degl’intervalli) trovano una diretta discendenza Questa è per Boezio la categoria più “bassa”, egli identificò con questo termine la musica “pratica”, ossia quella
dalla teoria greca. pitagorica, realizzata cioè dai suoni degli strumenti, e dai cantores, intesi come semplici “operai”;
MUSICA HUMANA
Concettualmente ad uno stadio metafisico superiore rispetto alla instrumentalis, è nella concezione di Boezio la
“musica” che congiunge armoniosamente anima a corpo; questa può essere udita soltanto da chi è capace di guar-
dare introspettivamente se stesso; la si può considerare alla stregua di una armonia psichica;
MUSICA MUNDANA
Questa rappresenta la concessione di “musica” più alta concepita da Boezio; è la massima perfezione, quella attri-
buita al movimento dei pianeti; non è assolutamente udibile dall’orecchio umano. Questa filosofia si rifà intera-
mente all’antico concetto di armonia delle sfere, e non è solo Boezio che ne parla: uno dei quattro magistri artium
che operarono in Francia nel 1200, Vincenzo Beauvais, rifacendosi alle tesi filosofiche di Bacone, teorizzò anch’e-
1 gli che la musica mundana sarebbe quella prodotta dalle sfere celesti nel loro movimento, la massima perfezione,
che non è più percepibile all’orecchio umano.

VII
1
CASSIODORO ISIDORO DI SIVIGLIA
Ebbe un ruolo centrale nella Egli ebbe il merito di aver convertito al cristianesimo i Visigoti. Nelle sue Etimologiæ,
4
3 politica dell’impero romano un’opera monumentale in venti libri nei quali cercò di racchiudere tutto lo scibile
del suo tempo; visse ed operò umano dell’epoca, tant’è che è considerata la prima enciclopedia della storia, mani-
in Calabria presso il monaste- festa anch’egli la discendenza delle sue teorie dai modelli greci classici; ciò si può
ro di Vivario (squillace). Nelle esplicitamente constatare nella sua concezione delle sette arti liberali, suddivise fra:
sue Istituiones, Cassiodoro Quadrivium geometria, astronomia, aritmetica, musica;
anche se riprende la teoria Trivium grammatica, retorica, didattica;
greca, propone di considerare
una divisione della musica in Isidoro teorizza a proposito degli strumenti musicali con un interesse assolutamente
tre parti, che egli definisce blando. La storia attribuisce a San Isidoro la paternità del termine libro; la voce
Harmonica , Rhytmica , "libro" proviene filologicamente da liber, che il santo definisce (Etym. VI, XIII, 3)
Metrica. "Interior tunica corticis ligno sohaeret" , alludendo alla parte interna della corteccia
dell'albero, chiara e liscia , sulla quale ab antiquo si usava scrivere quando si inten-
deva tramandare.

GUIDO D’AREZZO (995 - 1050)


Il più importante trattatista del Medioevo, la storia gli ha attribuito molte innovazioni, fu per lungo
tempo considerato “l’inventore” della musica / Fu il primo trattatista ad occuparsi del dato esecutivo
6 della musica > DIDATTICA, non legata alle filosofie Universitarie / Quattro sue opere sono di epocale im-
portanza per lo sviluppo della musica in generale:
MICROLOGUS DE MUSICA: ove sono trattate, in 20 capitoli, le sue “nuove” concezioni, e dove illustra una
notazione alfabetica concepita per l’insegnamento in seno ai musicus, quindi per la sola Ars Musica .
PROLOGUS IN ANTIPHONARIUM: ove espone il suo sistema di notazione pratica formato dal tetragram-
ma e dalle chiavi, ed i neumi, già divenuti quadrati, sono disegnati all’interno; contiene l’Antifonario
trascritto nella sua nuova notazione.
REGULÆ RHYTMICÆ: trascrizione versificata del Micrologus a scopi didattici per i “parvulis” ed i cantores.
EPISTOLA AD MICHÆLEM MONACUM DE IGNOTO CANTU: ove è spiegato pedagogicamente il suo metodo
della solmisazione e dell’esacordo, e comprende anche notizie autobiografiche.

L’ESACORDO
Una delle più importanti innovazioni in campo musicale, elaborato da Guido per facilitare ai monaci
l’apprendimento dei canti scritti sul rigo fu la cosiddetta SOLMISAZIONE, storicamente il primo efficace
“metodo” di solfeggio cantato della storia, che faceva agilmente superare ai cantori il problema dell’intonazione delle note / Il suo
esacordo, derivato dall’antico tetracordo greco, con l’aggiunta di due suoni (uno grave, ed uno acuto) è una serie di sei suoni ove al
centro si trova il semitono, e rappresenta la successione naturale dei sei suoni costituenti la scala diatonica, che ingloba 5 intervalli,
5 quattro di tono T, ed uno di semitono S, per cui TTSTT; per individuare efficacemente le altezze di ognuno dei sei suoni, Guido appose
le sillabe iniziali di ognuno dei sei emistichi tratti dalla prima strofa di uno fra i più noti ed eseguiti inni del repertorio gregoriano del
Allegoria della musica «mundana, humana et tempo, l’Inno di San Giovanni Battista, che era il santo protettore dei cantori. Si evince la posizione centrale del semitono indicato
instrumentalis» nell’Antiphonarium Mediceum
(XIII sec.). dalle sillabe mi - fa. Non bisogna intendere questa successione di “sillabe intonate” con la valenza di note (come si userà in seguito e
fino ad oggi), l’esacordo “nominato” veniva spostato sui diversi suoni della scala, cosicché le note da intonare venissero sempre deno-
minate ut - re - mi - fa - sol - la - in modo che i semitoni risultassero sempre mi - fa / Do > sostituzione più eufonica adottata dall’a-
bate italiano Giovan Battista Doni nel XVII secolo; Si > introdotto dal teorico Ramis de Pareja nel 1482, desunto dal verso ado-
nio che conclude la prima strofa dell’inno.

VII
2
LA SOLMISAZIONE
Gli altri due semitoni che esistevano nella pratica musicale (cioè la - sib e si - do) venivano
indicati sempre con le sillabe mi - fa, e ciò era ottenuto spostando la serie dei sei suoni,
l’esacordo, su tutta l’estensione della scala diatonica usata. Così tre furono gli esacordi duri
> ut = sol, 2 esacordi molli > ut = fa, 2 esacordi naturali > ut = ut (do) / La solmisazione age-
volò i cantori nell’intonazione di canti sconosciuti; procedura (per i canti compresi nell’e-
stensione di un esacordo): 1) esecuzione del canto con pronuncia delle sillabe dell’esacordo;
2) dopo la memorizzazione musicale, sostituzione delle sillabe dell’esacordo con le parole
del testo liturgico.

LA MUTAZIONE
Quando la melodia superava l’estensione di un esacordo, questo veniva mutato, cioè si
passava ad un altro esacordo nei punti estremi sostituendo la sillaba finale di uno con la
sillaba iniziale del prossimo esacordo; così tutti i semitoni venivano “etichettati” con le silla-
be mi - fa.

VII
3
8

Esempio di mutazione realizzata per una melodia estesa circa tre esacordi
9

LA MANO “GUIDONIANA”
10
La difficoltà data dall’esercizio
della mutazione, proprio a
causa della parziale sovrappo-
sizione degli esacordi su uno
stesso suono, portò all’elabora-
zione postuma di una mappa
musicale simbolica per facilitar-
ne il procedimento. Nella mano
armonica o guidoniana (che
erroneamente è stata a lui at-
tribuita), l’intera gamma dei
suoni viene identificata con
tutte le falangi delle dita: si 11
parte dal pollice in senso antio-
rario. Il sistema dei Sette Esacordi: veniva così “coperta” tutta l’estensione dei suoni della scala adoperata nell’uso pratico.
D.=durum; M.= molle; N.= naturale.

VII
4
MUSICA FICTA
Nell’evoluzione musicale, già a partire dal XII sec., crebbero i suoni alterati che com-
portarono l’uso di cromatismi estranei alla scala diatonica (base dell’esacordo guido-
niano, ove l’unico suono alterato era il si bemolle al posto del si naturale, indicato
con b), così si ebbero più semitoni. Queste note estranee alla scala diatonica vennero
indicate con i segni di alterazione bemolle, bequadro, e diesis; questo sistema di alte-
razioni cromatiche fu denominato dai teorici del tempo musica ficta, o falsa mu-
tatione, o falsa musica / Il teorico Magister Lambertus nel suo “Tractatus de
Musica” accostò la semantica di falsa musica alla pratica delle mutazioni consuete
effettuate con bemolle e/o bequadro per trasformare il tono in semitono e viceversa;
ciò egli lo giustifica per la necessità di evitare il Tritono “causa necessitatis”. Furono
introdotti così più esacordi. Inoltre il procedimento della musica ficta venne impiega-
to anche per ragioni di carattere estetico - espressivo, come l’innalzamento di un
semitono nei passi cadenzali. Questi furono i nuovi esacordi che si ebbero:

sib do re-mib fa sol


mib fa sol-lab sib do
ut re mi-fa sol la
re mi fa#-sol la si
la si do#-re mi fa#

12

La mano guidoniana

VII
5
VII
6
15

T a v o l a
tratta dalla
“Musurgia
Universa-
lis„ di A.
Kircher,
libro deci-
m o ,
“Decachor
don Natu-
ræ”: corre-
lazione fra
gli interval-
li musicali
ed il moto
diurno dei
pianeti.

13

Raffigurazioni concernenti le innovazioni guidoniane.


S.Boezio:
p a g i n a
tratta da
una codice
del «De
Institutione
Musicæ».
[Monaco,
Bayerische
Staatsbi-
bliothek]

14

VII
7
L’ARMONIA DELLE SFERE
(Voce dall’enciclopedia Le garzantine)

VII
8
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

1 Gallo, F. Alberto, Il Medioevo II, Storia della Musica volume secondo, Torino,
Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. EDT, 1979
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EDT, 1979 7 www.cantoambrosiano.it
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1996 8, 9, 11
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1993 - 2001 Microsoft Corporation 1991. I Vol

www.delfo.forlì-cesena.it 10 Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda,
Torino, EDT, 1979
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12, 13 Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori

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VII
9
MUSICA POPOLARE E TEATRO
NEL MEDIOEVO. TROVATORI E
MENESTRELLI

Per tutto il primo millennio D.C. lo sviluppo “ufficiale” della musica, nelle sue sempre più complesse articolazioni polifoniche, oltre che nella sempre più attenta messa a punto di
un sistema di notazione, fu riservato quasi esclusivamente all’ambito sacro, alla liturgia; il canto sacro in latino venne concepito soltanto per la funzione liturgica: la chiesa stabili-
va le modalità d’impiego della musica, quindi era praticata soltanto da uomini di chiesa. Con la rinascita carolingia, verso il X secolo, parallelamente si cominciarono ad afferma-
re anche altre forme varie di monodie sacre (sempre in latino) paraliturgiche, ossia eseguite in Chiesa; queste furono gli uffici drammatici, i drammi liturgici, ed anche, con
le lingue volgari, extraliturgiche, le laudi, e le cantigas.
Al contrario della musica sacra la musica monodica profana, sia in latino e sia nelle lingue volgari, era appannaggio di una grande varietà di strati sociali: dai principi al Re, ai
membri dell’alta aristocrazia, all’ambiente ecclesiastico, e soprattutto alla piccola nobiltà per arrivare ai ceti più bassi / L’urbanesimo ed il potenziamento commerciale su larga
scala che scaturì a partire dall’XI secolo, comportarono anche l’accrescimento della fiducia nelle espressioni artistiche di stampo laico e profano. Si ha così un affievolimento della
funzione guida da parte della cultura monastica che era perdurata per quasi un millennio; in ogni grande città si assiste al potenziamento delle scuole laiche rispetto alle scuole
ecclesiastiche. E’ a partire dal X secolo, circa, che si assiste anche al primo sviluppo storico della lirica profana, con lingue nazionali, circoscritte, specialmente nella Francia: in
Provenza, ove era in uso la lingua d’oc (trovatori), e nella parte settentrionale, ove si parlava la lingua d’oil (trovieri). In Germania si sviluppò la lirica alto - tedesca
(Minnesänger).

Questo “ritardo d’ attenzione” che il mondo europeo medievale ebbe nei confronti della musica profana è chiaramente manifestato dal fatto che la cultura della conservazione
scritta della musica, fino alle soglie del XV secolo, fu riservata esclusivamente alla musica sacra, liturgica. In ambito extra liturgico fino al XV secolo la disparità fra fonti letterarie e
fonti musicali fu enorme: si conservano migliaia di testi poetici, ma soltanto più di un centinaio di fonti musicali scritte; predominava un po’ ovunque la prassi di trasmettere le
melodie che accompagnavano un testo oralmente; tutto ciò fu conseguenza anche del fatto che il repertorio profano per la maggior parte era praticato da un ceto sociale basso,
che non conosceva la scrittura musicale (all’inizio esclusivo appannaggio dell’ambiente ecclesiastico). Le primissime fonti di melodie profane redatte prima del XII secolo, adottano
il sistema di scrittura adiastematica, presentando, dunque, non poche difficoltà di lettura.

MONODIA PROFANA IN LATINO


Volendo tracciare un profilo storico generale circa l’evoluzione della poesia profana in latino, partiamo col denominare “mediolatina” tutta la produzione letteraria medievale in
latino. All’interno di questa assume un significato di grande rilevanza quella minuscola fetta che ha anche la notazione musicale, in quanto è da considerare il più diretto antece-
dente della prima produzione monodica in lingua volgare, chiamata neolatina.
Le fonti più antiche sono quelle del IX secolo; sono canti profani in latino scritti in notazione neumatica su testi classici (Orazio, Virgilio, Ovidio, Severino Boezio), come il Canto delle
scolte modenesi, o il O Roma Nobilis. In questi canti vi fu aggiunta la notazione nel X secolo, ma è ancora un sistema arcaico, molto impreciso, per cui non è facile procedere alla
ricostruzione più o meno attendibile delle melodie. L’esame dei più autorevoli studiosi ha comunque palesato una grande affinità con le melodie del canto gregoriano.
Appartiene a questa raccolta il famoso Planctus Caroli: un componimento che commemora la morte di Carlo Magno, a quel tempo molto conosciuto.
Dell’XI secolo è una raccolta di liriche profane provenienti dalla Renania denominate Carmina Cantabrigentia; sono composizioni nate sul modello della sequenza (quindi sono
formate da coppie strofiche) che trattano temi giocosi, amorosi e politici.
Nello stesso periodo si diffusero anche i canti dei goliardi: studenti nomadi della Francia, Inghilterra e, soprattutto, della Germania, che esaltano l’amore, il vino, la natura. La più
nota raccolta sono i circa 50 canti goliardici del XIII secolo raccolti nel Codex Latinus Monacensis (Clm. 4660 e Clm. 4660a “fragmenta burana”. Staatsbibl, Monaco. XIII sec.),
meglio conosciuto come Carmina Burana, dalla località di provenienza, ossia il monastero di Benediktbeuren, l’antica “Bura Sancti Benedicti”. Il codice comprende una vastissi-
ma produzione mediolatina: 315 testi poetici distribuiti in 112 fogli di pergamena riccamente decorati con otto miniature; solo 47 di questi sono interpretabili musicalmente, in
quanto si possono confrontare con gli stessi canti riportati su codici coevi scritti in notazione adiastematica.
La produzione profana successiva a questa importante raccolta di canti non sarà generalmente più in latino ma avrà lingue nazionali.

VIII
1
MONODIA NELLE LINGUE NAZIONALI:
Trovatori, Trovieri e Minnesänger
Già dall’anno mille si diffusero in Europa le nuove lingue nazionali che sostituirono il latino nell’uso quotidiano; su queste nuove lingue
si imperniarono le prime testimonianze di grande rilievo circa la lirica profana non in latino con musica; si ebbero in Francia e quasi
contemporaneamente anche in Germania / A differenza delle forme musicali usate in ambito sacro, ove Dio è una meta uguale per
tutti, e la soggettività creatrice umana non ha alcun valore, quelle profane ostentano una grande individualità artistica; in questi
componimenti poetici cantati si può ravvisare l’archetipo della poesia moderna (da cui il romanticismo attingerà a piene mani). Si
canta e si esalta l’amore, gli ideali cavallereschi, ed il corteggiamento; la donna è posta al centro dell’interesse. Le prime testimonianze
europee della poesia profana e dell’estetica cavalleresca - cortese segnarono quella che viene definita come la SECONDA ETÀ FEU-
DALE. La produzione dei Trovatori, Trovieri e Minnesänger è lo specchio più fedele della società cortese del tempo.
Storicamente il primo nucleo fu quello dei Trovatori che adottavano la lingua d’oc o provenzale, considerabile la prima lingua
letteraria europea dopo Greco e Latino, derivata dall’insieme dei dialetti antichi della Francia del sud, e si sviluppò nella Francia meri-
dionale. Subito dopo emerse il nucleo dei Trovieri, che adottarono la lingua d’oïl (derivata, a sua volta, da una sintesi dei dialetti
della Francia del Nord; questa lingua è considerata il francese antico); tutti e due le denominazioni dei nuclei derivano dal termine
tropare, ossia comporre tropi, e designavano l’affermazione si. In seguito (fine del XII secolo) si consolidò in Germania anche il gruppo
dei Minnesänger, i quali adottarono la lingua mittelho-
chdeutsch (la lingua alto - tedesca della Germania meridionale).
Nei componimenti poetici di questi gruppi si sviluppavano soprat-
tutto argomenti amorosi e si esaltava la natura; musica e versi
erano in simbiosi, ma la musica non era subordinata ai versi (>
nuovi testi venivano apposti a melodie preesistenti) / Le fonti per-
1 venuteci circa questo repertorio sono notevoli; oggi si conservano
circa 5000 testi poetici trobadorici e trovierici, ma soltanto un
terzo di melodie scritte rispetto a quel numero. Anche se la poesia
provenzale si è evoluta a partire dalla fine dell’XI secolo, non si
possiede nessuna fonte manoscritta contenente melodie che sia
anteriore alla metà del XIII.
Gli Chansonniers sono i codici manoscritti riccamente decorati,
ove le melodie sono scritte sopra il testo della prima strofa in nota-
zione quadrata su tetralineo o più.
Tra il X e la fine dell’XI secolo nelle corti europee si assiste all’ingen-
tilimento dei costumi da parte dei signori feudali, e la cavalleria
sancirà il culmine di tale processo. Da questo momento si realizze-
ranno componimenti poetici musicali per cerimonie, investiture,
regole morali, ecc., ove verrà decantato il coraggio, la lealtà, la
difesa dei deboli / Il castello da semplice luogo di difesa diventa la
confortevole e sontuosa dimora del signore e del suo seguito; inizia
così il processo di formazione delle corti, ove dimorano i nobili,
chierici e cavalieri, i quali prestavano obbedienza al castellano ed
alla castellana. Si sviluppano e si decantano le attività sportive, la
caccia (a cavallo con il falcone) ed i tornei. Nascono i romanzi
Riproduzione della prima pagina e di una pagina interna cavallereschi che decantano le gesta del Cavaliere, e comportaro-
del codice Carmina Burana. no la nascita della poesia cavalleresco - cortese.

VIII
2
I TROVATORI
Ci sono pervenuti i nomi di circa 450 trovatori, e di circa 100 se ne conosce anche la vita; questo centinaio rappresentano i trovatori più noti, e i loro brevi profili biografici si trovano
nelle vidas, ossia delle brevi biografie redatte fra il XIII ed il XIV secolo. Circa una cinquantina di questi trovatori avevano origini nobili; ma nella Francia del tempo ogni trovatore, a
prescindere dalle proprie origini, era considerato un personaggio importante / Dai canzonieri pervenutici si evincono 2542 testi poetici ma solo 264 melodie. Non è possibile determi-
nare quali siano stati i trovatori-poeti che abbiano scritto anche la melodia dei loro testi; l’impossibilità, oltre al dato oggettivo della inesistenza di fonti in merito, è resa ancora più
ardua dal fatto che i trovatori non devono essere confusi con un’altra categoria di esecutori (sia di poesie che di musiche) allora numerosi, i cosiddetti jongleurs (menestrelli), che
cantavano, suonarono e danzavano; molto spesso erano nomadi. Gli strumenti musicali con cui questi canti erano accompagnati erano maggiormente la viella, l’arpa, la ghiron-
da.
Guglielmo IX d’Aquitania fu il primo potente signore della Francia meridionale che incentivò lo sviluppo della lirica trovatorica, e fu il primo dei trovatori, nonché il più presti-
gioso. Di Guglielmo IX ci è pervenuto soltanto un unico frammento musicato denominato vers, che ebbe grande diffusione in Aquitania.
L’amor cortese, espresso dal poeta - musicista nei confronti della donna amata era il tema principale, ed era svolto con modi ed atteggiamenti tipici del mondo cavalleresco. È’ ipo-
tizzabile un’origine spirituale dell’amor cortese nella cristianità, anche perché il culto della Madonna, nello stesso periodo, aveva assunto dei tratti di grande similitudine con la poeti-
ca cavalleresca; si realizzava così un interscambio fra il sacro ed il profano; questo assunto caratterizza anche la cultura medievale. Il primo nucleo cavalleresco si sviluppò nei castelli
della Francia meridionale.
L’amor cortese veniva espresso in una forma poetica solenne, denominata cansò, composta da varie strofe (o stanze) dette coblas, ognuna delle quali era composta da sei o sette
versi intonanti tutti la stessa melodia. È molto probabile che il termine cobla possa derivare da copula, ossia la coppia strofica delle sequenze. La struttura dei versi era simile a quel-
la degli inni. Una cansò tipica del repertorio trobadorico vuole la seguente struttura:

VERSI POETICI: 12 34 5 6 (7)


FRASI MUSICALI: A A B

I primi quattro versi poetici sono denominati pedes, mentre i rimanenti due o tre versi sono denominati cauda.
Nel complesso oltre al vers di Guglielmo IX d’Aquitania e alla cansò vi furono altre forme di poesia trobadorica. Le più importanti furono:
SIRVENTÉS che aveva contenuto politico e morale;
ENUÈG che aveva argomento satirico, ed esprimeva ciò che più annoiava il suo creatore;
PLANH ove si piangeva la morte di un personaggio illustre;
TENSO o JOC PARTI dialogo amoroso fra un uomo ed una donna;
ALBA dialogo mattutino fra due innamorati;
PASTORELA cavaliere che corteggia una pastorella;
DUCTIA ed ESTAMPIDA forme da ballo strumentali.
Similmente alle forme musicali varie, si usavano diversi stili poetici che venivano oculatamente adoperati a seconda del concetto da esprimere; gli stili poetici più in voga erano:
Trobar plan detto anche Trobar len; era molto facile, diretto e chiaro; i principali fautori furono Jaufrè Rudel, e Giraut de Borneilh;
Trobar ric più complesso, con, incluse, delle allusioni misteriose; questo stile lo adoperò maggiormente Raimbaut de Vesqueiras;
Trobar clus caratterizzato da metafore frequenti ed oscure espressioni; i maggiori esponenti furono Marcabruno, Arnaut Daniel.
Fra tutte queste forme trobadoriche una delle più antiche è il lai, che deriva dal repertorio liturgico; questo presentava le frasi melodiche ripetute a coppie come nella Sequenza
liturgica; queste coppie potevano essere ripetute la prima volta con una cadenza aperta (denominata ouvert), e la seconda volta con una cadenza chiusa (denominata clos). Più
generalmente recenti studi musicologici hanno raggruppato in quattro principali forme le tipologie della lirica trobadorica e trovierica, ossia:
la Litania ripetizione di una melodia continua, con frequente alternanza fra solista e coro: AAAAA…;
il Lai - Sequenza ove ogni stanza è ripetuta prima di passare alla seguente: AA BB CC;
l’Inno le stanze hanno uguale struttura metrica e melodica;
il Rondeau vi è un ritornello breve ripetuto dal coro fra le stanze.

VIII
3
Riproduzione del manoscritto contenente
2
la cansò (riquadro a destra). Trascrizione
in tretralineo fedele al manoscritto (a
sinistra) ed in notazione moderna con
traduzione in italiano dell’antico testo in
lingua d’oc (in basso).

VIII
4
Kalenda Maya, celebre canzone di Raimbaut de Vesqueiras. Questo brano è un esempio
storico di testo composto sulla base del procedimento strutturale della estampie strumentale.
L’Estampia era formata da diverse sezioni musicali, da 4 a 7, chiamate puncta, ed ognuna
delle quali veniva ripetuta in modo che concludessero in due modi diversi.
5

Pagina miniata tratta da un manoscritto di Marcabruno. VIII


5
Cansò di Bernart de Ventadorn (fra i più celebri trovatori). Si evince lo schema melo- Esempio di un vers di Marcabruno (viene riportata la prima e la quinta delle otto
dico composto da due frasi musicali (a b) ove la prima è ripetuta, per cui: a a b strofe); qui il poeta - musicista lamenta la morte del suo signore (Guglielmo X d’A-
quitania). Questa melodia non è soggetta a ripetizioni, come per la cansò.
8
7

Pagina tratta dal Remede de Fortune di Machaut, del XIV


secolo.

Il più difficile problema riscontrato dalla musicologia, nello studio del repertorio dei Trovatori, Trovieri e Minnesänger, è sempre stato quello di ricostruire quale fosse la giusta inter-
pretazione ritmica dei brani, visto che la notazione quadrata su tetralineo (ossia il modo con cui detto repertorio è stato conservato nei codici) non dà indicazioni circa la durata dei
suoni.
Varie sono state le ipotesi interpretative e le procedure impiegate, fra le più convincenti, agli occhi della moderna musicologia, si colloca quella dell’olandese Van der Werf, il quale
ritiene che i canti dei trovatori, trovieri e Minnesänger erano “cantati o recitati nel ritmo in cui si potrebbe declamare la poesia senza la musica„.

VIII
6
I TROVIERI Esempio di un Rondeau; il testo poetico è formato da una strofa di sei/otto versi con struttura metri-
I poeti - musicisti in lingua d’oïl della Francia settentrionale operarono soprattutto nelle città di ca variabile; le due frasi si alternano secondo lo schema A B a A a b A B. Le lettere maiuscole
uguali indicano la ripetizione di frasi melodiche e di versi identici, mentre le lettere minuscole uguali
Arras, Troyes, e Reims; furono stimolati da Eleonora, nipote di Guglielmo IX d’Aquitania, an- indicano la stessa frase melodica ripetuta però con versi diversi.
data in sposa prima al Re di Francia Luigi VII ed in seguito ad Enrico II d’Inghilterra. Dalla sua
corte in Normandia e da quelle francesi di Champagne e di Blois, si diffuse la lirica dei trovieri. 811

Molto fedele alla lirica provenzale è la lirica dei trovieri, trouvères, che si espletò nella Francia del
Nord a partire dalla seconda metà del XII secolo, ed ebbe fortuna per oltre un secolo; anche que-
sta si basa su una tipologia particolare denominata chanson, identificabile come la forma poetica
derivata dalla cansò provenzale. Nella chanson trovierica con struttura musicale A A B le due
sezioni A terminano la prima con una cadenza aperta (denominata ouvert ) che permette così il
ritornello della stessa sezione, e la seconda con una cadenza chiusa (denominata clos).
Oltre alla forma comune del lai, presso i trovieri la forma prediletta fu quella del JEU - PARTI: un
dialogo bipartito fra due amanti che intonano la stessa melodia su diverse strofe. Il loro repertorio
si arricchisce agli inizi del XIII secolo di alcune forme fisse denominate chansons à refrain (canzoni
con ripresa). Le più importanti furono:
RONDEAU VIRELAI BALLADE
Questi brani sono strofici, e dal punto di vista musicale sono formati da due nuclei melodici (ab),
ed una di essere è ripetuta (il refrain).
I circa 2100 componimenti poetici del repertorio trovierico delineano una scarsa originalità, e ci
sono pervenuti in poco più di 20 raccolte, denominati canzonieri, risalenti dal XIII al XIV secolo; i
due terzi circa di queste 20 raccolte (poco meno di 1400 brani) riportano anche la melodia in
notazione quadrata. Da questo punto di vista il repertorio dei trovieri è più ricco musicalmente di
quello dei trovatori.
Il più importante troviere (che fu anche il primo) fu Chrétien de Troyes (1160 - 1190, contempo-
raneo di Leonin), che svolse la maggior parte della sua attività alla corte di Maria de Champagne
(Troyes); egli compose 5 romanzi cavallereschi fra cui Lancelot e Perceval, opera per la quale
egli fu indicato dalla storia come il maggior poeta medievale prima di Dante Alighieri / Successi-
vamente la personalità maggiore della lirica trovierica fu Adam de la Halle.

ADAM DE LA HALLE (Arras 1238 ca. - 1288 ca.)


Conosciuto anche con il soprannome di Le Bossu, “il gobbo”, Adam fu un prolifico compositore di
10
Jeu - parti (ne compose 18). Egli si spostò dalla ricca città mercantile di Arras a Parigi, e quindi,
dopo il 1282, al seguito del suo signore, Roberto II d’Artois, si trasferì presso la corte angioina di
Napoli, al cui sovrano dedicò un incompiuto poema encomiastico, il Dit du Roi de Sezile
(Detto del re di Sicilia). Autore prolifico di versi (mottetti, rondò e chansons a più voci), divenne
famoso per due composizioni dall’ampio respiro assai significative nel panorama della storia del
teatro medievale ossia: il dramma in prosa Jeu de Adam ou de la Feuillée (1262 ca.), fanta-
sia satirica che viene generalmente considerata la più antica commedia francese, e Jeu de Ro-
bin et Marion (1283 circa), una pastorela drammatica nella forma del Jeu - parti, di cui com-
pose sia il testo sia la musica, ove si fondevano dialoghi, canti e danze; è ritenuta un importante
precedente dell'opèra - comique francese, una sorta di “grand - opèra” del medioevo.
Compose inoltre 53 Chansons e 15 Rondeaux polifonici; egli fu l’unico esponente a coltivare lo
stile polifonico.
VIII
7
Esempio di Virelai; la struttura poetica è A b b a A. Il Virelai è una canzone da ballo (forse di origine araba),
infatti il termine viene dal francese virer (girare); la sua struttura è molto simile a quella della ballata italiana.

13

Ballade dedicata a Riccardo Cuor di leone; è composta di solito da tre o da cinque strofe ciascuna
di sette o otto versi, ove l’ultimo, o gli ultimi due, costituiscono il refrain che viene ripetuto
uguale per ogni stanza. Ogni strofa ha il seguente schema musicale: a a b, che è analogo alla
cansò trobadorica.

Chanson
scritta su
un codice
a forma
di cuore:
miniature
di J. De
12 M o n -
tcheu,
sec. XV
[Parigi,
Biblio-
thèque
Nationa-
le].

14

VIII
8
I MINNESÄNGER
15 16 17
Storicamente importante fu il matrimonio fra Federico Barbarossa e Beatrice di
Borgogna (1157); questo evento, insieme alle Crociate, comportò l’assimilazione
della cultura cavalleresca trobadorica anche nelle corti bavaresi, tirolesi e della
bassa renania / I Minnesänger (minne > amor cortese, sang > canto) operarono fra
la seconda metà del XII e la prima metà del XIV secolo, e furono influenzati dai
modelli francesi precedenti. A differenza della lirica profana francese la produzio-
ne tedesca decanta sempre l’amor cortese, ma con un tono più idealistico e spiri-
tuale in merito ai rapporti amorosi, e riversa una particolare descrizione alla bel-
lezza della natura.
Lo stampo di provenienza francese lo si evince maggiormente nei generi letterari
impiegati, che furono:

Il Lied che equivaleva alla cansò ed alla chanson;


Il Tagelied molto simile all’Alba;
Il Leich derivato dal Lai;
Lo Spruch
molto simile al Sirventes; era la forma più semplice composta da una Miniatura raffigurante il minnesänger
sola strofa. Miniatura raffigurante il minne- Miniatura raffigurante il minnesänger
sänger Wolfram von Eschembach. Tannhäuser. (The Manesse Codex). Gottfried von Strassburg (The Manesse
Codex, foglio 364).
Da un punto di vista poetico - musicale la forma più in uso presso i Minnesänger (The Manesse Codex).
fu la Barform; questa è formata da uno schema tripartito A A B, ove in ognuna
delle tre parti si articolano diversamente le Stolle (piedi) e le Abgesang (chiuse). Grande
simboli-
Nella prima A vi sono due Stollen (a,b); la seconda A è la ripetizione della prima; s m o
la sezione B poteva avere molte Stollen, e di solito l’ultimo era uguale al b della ostenta la
prima A. presente
m i ni a t u-
Il codice tedesco che racchiude la testimonianza più importante del repertorio dei r a; il
Minnesänger è il Grosse Heidelberger Liederhandschrift, meglio conosciuto sovrano è
con il nome inglese di The Manesse Codex, (Heidelberg, University of Heidelberg Library, Cod. decantato
Pal. germ. 848). Il volume è stato redatto fra il 1305 e il 1340 a Zurigo e contiene can- dai suoi
Minne-
zoni amorose dei più importanti Minnesänger, oltre a 137 miniature iconografiche sänger.
raffiguranti gli autori delle liriche riportate. Molto spesso i colori con cui questi 18 ( T h e
autori sono raffigurati hanno un significato riccamente simbolico. Manesse
Le principali fonti, oltre al MS di Manesse, che tramandano l’intero repertorio dei Codex).
Minnesänger sono:
Il MS di Colmar (XV sec.) che contiene 105 melodie;
Il MS di Donaueschingen (XV sec.) che contiene 21 melodie;
Il MS di Jena (XIV sec.) che contiene 91 melodie;
Il MS di Vienna (fine XIV sec.);
Il MS di Mondsee (1400 circa) che contiene 83 melodie.
Fra i più importanti Minnesänger si ricordano: Miniatura raffigurante il minnesänger Walther
von der Vogelweide.(The Manesse Codex,
Walter von der Vogelweide (1170-1230); foglio 180).
Wolfram von Eschembach;
18 a
Gottfried von Strassburg
Tannhäuser Il più famoso minnesäng del periodo (1220 - 1266).

VIII
9
LE CANTIGAS
SPAGNOLE
Uno dei territori limitrofi alla Francia
dove il repertorio lirico profano ven-
ne assorbito facilmente, e quasi con-
temporaneamente, fu la Spagna.
Peire Vidal, (1183 - 1204), il più
“nomade” dei trovatori, ebbe modo
di operare nelle corti di Catalogna,
Cantiga 100. “Vihuela Media” o Cantiga 140. “Vihuelas de Cantiga 290.”Cítara” o “cedra”. Cantiga 150. “Guitarra latina” e
Castiglia e Aragona. Le Cantìgas de “Vihuela de arco pequeña”. “guitarra morisca”.
péñola”.
Santa Maria rappresentano il reper- Cantiga 380”Arpas góticas”
torio spagnolo più autorevole; furo-
no contemporanee alle Laude um-
bro - toscane, e furono raccolte dal
Re Alfonso X detto “El sabio„ fra il
1252 ed il 1284. La raccolta conta più
di 400 componimenti che esaltano i
miracoli compiuti dalla Vergine.
La lingua adottata è il volgare gali-
ziano (> gallego); i brani hanno una
forma poetica simile a quella del
virelai francese (> strofe e ritornello, Cantiga 200. “Órgano portati- Cantiga 50. “Trapecio”. Cantiga 40. Rota Cantiga 270. “Cornetas medieva-
Cantiga 340. “Caramillo”.
denominate strofas e estribillo). vo”. Miniatura di Re Alfonso X. les”.
Quattro sono i codici spagnoli che
rappresentano il monumento più
importante della lirica profana ispa-
nica religiosa fra il XIII ed il XIV seco-
lo; due di essi sono conservati presso
la Biblioteca di Escorial, il terzo pres-
so la Biblioteca nazionale di Madrid,
ed il quarto presso la biblioteca na-
zionale di Florencia (quest’ultimo
non presenta notazione musicale) /
Uno dei due codici conservato presso Cantiga 360. “Trompas doppias”.
Cantiga 60; Suonatori di Cantiga 160. “Cinfonías” o
Cantiga 320. “Trompas”. “Launeddas”. “Zanfoñas”.
la Biblioteca dell’Escorial, denomina-
to Codice Princeps, è considerato Cantiga 240. “Sabebas mori-
scas”. Miniature tratte
uno dei più grandi capolavori di
dal Codice
iconografia strumentale dell’alto Priceps.
medioevo. Il codice è riccamente 19
ornato da splendide miniature ed
iconografie, che per la loro precisione
nel dettaglio costituiscono una fonte
preziosa per lo studio organologico
degli strumenti medievali nonché
della loro prassi esecutiva.
“Flautas” e “Tambores”.

VIII
10 Cantiga 260. “Odrecillo”.
LA MONODIA CORTESE LA LAUDA
ITALIANA S. Francesco d’Assisi e l’ordine francescano da lui fondato ebbero un ruolo molto importante nel fondere insieme l’ambito delle feste
Il repertorio della Francia provenzale popolari profane con quello delle feste religiose. Essi utilizzarono nella musica un linguaggio popolare molto efficace per esprimere
ebbe notevoli influssi anche in Italia; il sentimento religioso; l’esempio più mirabile è il famoso Laudes Creaturarum, meglio conosciuto come Cantico delle creatu-
“l’ambasciatore” dei trovatori Peire Vi- re di S. Francesco (1224), in volgare umbro, considerato un atto d’amore universale ove la semantica dei versi rimanda quasi ad
dal compì alcuni viaggi nelle corti italia- immagini di visiva evidenza. Dall’esame del manoscritto di Assisi si evince che questo cantico doveva essere accompagnato dalla
ne. L’influsso principale che la lirica pro- musica (> vi sono dei righi per la notazione quadrata disegnati sopra le parole, rimasti però in bianco).
venzale francese ebbe in Italia la si può S. Francesco d’Assisi e S. Domenico di Guzmàn diedero vita rispettivamente agli ordini monastici francescani e domenicani; essi co-
riscontrare nelle prime forme della lette- stituirono, nell’Italia medievale del periodo, gli ordini monastici “mendicanti”, i quali, insieme all’operato su larga scala dei papi del
ratura italiana; lo dimostra già il fatto XIII secolo (Innocenzo III e successori) rivoluzionarono la religiosità del tempo, infondendo un nuovo modello aggiornato di carità e
che la denominazione di alcune nostre penitenza, e comportando l’incremento dell’intensità religiosa della popolazione europea ed italiana, in tutti i ceti sociali. Questi
forme poetiche deriva da forme francesi, principi vedono una perfetta realizzazione in poesia (grazie alla lingua volgare italica) e in musica con la Lauda.
come ad esempio la ballata, la tenzo-
La Lauda fu un nuovo genere di canto religioso non liturgico che utilizzava la lingua volgare invece dal latino; era destinato alle
ne, il sirventese. Anche in Italia, come
confraternite laiche che andavano prendendo corpo in quel periodo. Ben presto queste confraternite vennero denominate com-
nel caso della Francia, vi è una grande
pagnie dei laudesi. La prima di queste confraternite nacque a Siena nel 1267. A Perugia si sviluppò la confraternita dei
sproporzione fra le testimonianze lettera-
rie pervenuteci e quelle musicali: sono “Disciplinati”; questi crearono la Lauda drammatica, una tipologia di Lauda che ebbe un ruolo determinante nella formazione
pressoché nulle le testimonianze musicali delle “rappresentazioni”, una forma di teatro religioso che si sviluppò nel XIV secolo.
che attestino un accompagnamento mu- Le compagnie dei laudesi presero molto a cura l’aspetto esecutivo dei canti, e provvedettero alla compilazione di codici notati
sicale per la poesia di corte italiana. chiamati Laudari. Oggi si conservano due preziosi codici che racchiudono il repertorio delle laude: il Laudario 91 di Cortona, ed un
Una particolarità italiana del tempo con- codice della Biblioteca Magliabechiana di Firenze; questi due preziosi codici sono meglio conosciuti come Codice Cortonese e Co-
siste nella voluta separazione delle figure dice Magliabechiano / Il Laudario Cortonese risale al 1270 circa, e fu rinvenuto nel disordine di una soffitta nel 1876. Contiene 46
del letterato e del musicista; il musicista laude in lingua volgare scritte in notazione quadrata, ed era usato dalla Confraternita di Santa Maria delle Laude di Cortona. I
(musico) aveva il compito di musicare un primi 16 brani hanno soggetto mariano, gli altri svolgono approssimativamente gli eventi del calendario liturgico; molte di queste
testo poetico che gli veniva affidato. laude sono di autore anonimo.

Il Laudario Magliabechiano è più giovane di quello cortonese, è stato


Altissima Luce, infatti redatto nei primi decenni del XIV secolo, e fu posseduto dapprima
melodia di una dalla Confraternita di Santa Maria che si riuniva a Firenze presso gli ago-
lauda (che si trova
stiniani, e successivamente fu posseduto dalla Confraternita degli Umiliati
sia nel Laudario di
Cortona e sia nel d’Ognissanti. Il Codice Magliabechiano (conosciuto anche come “Laudario
codice della biblio- Fiorentino”) è più ampio di quello di Cortona; vi sono infatti 97 laude, 20
teca magliabechiana delle quali sono in comune con quelle cortonesi. Sono presenti 88 testi
di Firenze). Le musicati, dei quali 10 sono molto simili, nella melodia, con quelli di Corto-
strutture musicali na. Le melodie cortonesi sono sillabiche, quelle fiorentine più melismati-
delle laude attinge-
che.
vano da un’ampia
gamma di schemi
melodici (> dalle
La forma poetica impiegata nella Lauda è simile a quella della Ballata;
Sequenze, dalle vi è l’alternanza fra solista (che esegue la ripresa e la volta) ed il coro
forme strofiche (che esegue le mutazioni). Le melodie delle laude sono semplici, ed han-
dell’Innodia, dalla no un andamento sillabico che procede per gradi congiunti e solo di rado
ballata profana). In supera l’intervallo di terza.
quest’esempio la
melodia della ripre-
sa è collegata con
l’ultima frase della
20 stanza.

VIII
11
LA LAUDA DRAMMATICA
L’accrescimento di intensità religiosa che si ebbe
in Italia nel XIII secolo vide una esplicita mate-
rializzazione in quelle confraternite di monaci
che prendevano il nome di “Disciplinati” o
“Flagellanti”. Fra le “regole” che questi monaci
dovevano osservare vi era la pratica della pub-
blica flagellazione dei loro corpi allo scopo di
espiare i peccati; durante questa dolorosa prati-
ca i monaci cantavano le laude; questi canti si
trasformarono ben presto da contemplativi e
pacifici (> il modello francescano) esplicitamente
tragiche. In questa lauda ben presto comparve
un altro solista che rispondeva al primo
“intonatore”; questo “risponditore” impersonava
simbolicamente una figura storica. Questa tipo-
logia di lauda, che prese le mosse da Perugia,
venne chiamata Lauda drammatica.
La lauda drammatica venne ben presto perfe-
zionata con l’adozione di costumi, venne deno-
minata “rappresentazione” e venne eseguita
pubblicamente.
Nella concezione dei laudesi non era importante
ricordare il nome di chi creava le laudi; solo Ja-
copone da Todi è il nome associato alle laudi
che ci è oggi pervenuto. Il suo capolavoro è la
Lauda VII donna del Paradiso, meglio conosciu-
ta come Pianto della Madonna.

LE DEVOZIONI
Molto spesso le laude drammatiche venivano
rappresentate in chiesa allo scopo di illustrare
alcuni brani evangelici che erano in sintonia con
determinati momenti liturgici; questa lauda
drammatica era eseguita da personaggi che si
esibivano in costume.
Grazie alle didascalie che furono accuratamente
20 a
notate nei lati dei testi a noi pervenuti, è oggi
Ave Donna Santissima. Questa Lauda, trascritta, è comune sia al Codice Cortonese sia a quello Magliabechiano. Nel Magliabechiano sono possibile risalire con sufficiente completezza alle
presenti degli abbellimenti intesi come “fioriture”, che ornano la melodia principale. modalità esecutive nonché sceniche; vi era un
predicatore, preposto alla direzione dei movi-
menti e alla spiegazione dell’azione ai fedeli.
Questa tipologia di spettacolo, più evoluta della
lauda drammatica, era chiamato “DEVOZIONE”.
VIII
12
21
GLI UFFICI METRICI E GLI UFFICI DRAMMATICI
La chiesa aveva vietato per secoli tutti gli spettacoli teatrali che animavano il popolo
del Basso Impero, per cui rimasero in uso solo le esibizioni di giocolieri e mimi. Ma
verso il IX secolo, con la rinascita Carolingia, l’occidente cristiano assistette alla rinasci-
ta del teatro; i Carolingi incentivarono la rivalutazione culturale. Grazia quest’opera
di rivalutazione della cultura si ebbero gli uffici metrici e gli uffici drammatici.
Gli UFFICI METRICI
Erano costituiti da testi usati per gli uffici delle feste dei santi, ed
erano scritti in versi (di solito esametri). Questi testi avevano fun-
zione narrativa, non lirico-contemplativa; ogni testo narrava una
storia completa ragion per cui questi uffici metrici vennero presto
chiamati Historiæ. Similmente alle sequenze c’era una maggiore
alternanza di testi nuovi rispetto a melodie: stesse melodie erano
impiegate per testi diversi. L’Historia più importante fu quella
relativa alla passione e morte di Gesù Cristo; il testo veniva tratto
direttamente dal Vangelo. I Vangeli erano scritti in una forma
narrativa tale da inglobare già gli spunti principali necessari ad
uno sviluppo teatrale. Una delle prime forme di
«teatralizzazione» del testo evangelico fu la resa dialogica del
testo evangelico, realizzata con la narrazione e/o canto fra due o
più diaconi (o cantori) che, quindi, assumevano il ruolo di attori.
Gli UFFICI DRAMMATICI
A partire dal VII secolo l’Occidente cristiano cominciò a dramma-
tizzare alcuni riti dell’anno liturgico, specialmente quelli che ben si
prestavano ad una rappresentazione scenica, e precisamente le
funzioni della Settimana Santa culminante nella Pasqua. Questo
processo di drammatizzazione conobbe un’evoluzione costante,
tant’è che se all’inizio gli attori erano gli stessi celebranti senza
costumi specifici, e nel componimento non vi erano parti dialogi-
che, molto presto questi attori perfezionarono costumi e sviluppa-
rono parti dialogiche; inoltre furono drammatizzati anche i riti di
Natale, Annunciazione, nonché Ascensione. Solo per necessità mu-
sicologiche di catalogazione nel secolo scorso questi cicli di riti
drammatizzati vennero etichettati con il nome di uffici dramma-
tici, infatti nel periodo in questione erano semplicemente denomi-
nati officia.

VIII
13
IL DRAMMA LITURGICO
Alla caduta dell’Impero Romano seguì un processo di decadenza culturale; la Chiesa, dal IV secolo, vie-
tò tutti gli spettacoli teatrali che animavano il popolo del Basso Impero, a causa della loro crudezza
(molto spesso erano spettacoli sanguinari, eco dei “circhi” romani) / Verso il IX secolo (periodo Carolin-
gio) l’occidente cristiano mostrò di desiderare la rinascita del teatro, grazie al clima di rivalutazione
culturale voluta dai Carolingi. Adesso la lingua latina aveva ceduto il proprio predominio alle lingue
“romanze” o “neolatine”, che erano largamente usate dal popolo, così in chiesa i sacerdoti incontrarono
via via non poche difficoltà nel celebrare la liturgia in latino visto che il popolo, che si andava
“volgarizzando” nella lingua, lo intendeva sempre meno. Queste circostanze, unite all’evidente caratte-
re dialogico e d’azione che hanno molti passi della liturgia (quindi che li rendevano scenicamente ese-
guibili), comportarono la nascita di un’ibrida forma teatrale a posteriori denominata Dramma Liturgi-
co. Se il Vangelo era già scritto in una forma dialogica, le imponenti chiese romaniche avevano tutti i
connotati architettonici per fungere da teatro: l’altare fungeva da palcoscenico, le navate fungevano
da quinte e la cripta da retropalco. Vennero così eseguiti in chiesa davanti all’altare con apparato sce-
nico e costumi.
Il Dramma liturgico, evolutosi a partire dal canto liturgico responsoriale, ai tropi in forma dialogica, agli
Uffici Drammatici, conobbe il proprio splendore dall’XI al XIII secolo; con esso si passò dalle ufficiature
drammatizzate al vero e proprio spettacolo teatrale, ossia ad una forma di teatro con musica. Il testo,
nelle successive evoluzioni, fu sia in latino, sia in prosa e sia in versi (liberamente mischiati insieme); gli
esecutori erano i diaconi, chierici o cantori, i quali rappresentavano un personaggio dell’episodio sacro
drammatizzato.
I canti del dramma liturgico erano desunti dal vasto repertorio gregoriano, dalle sequenze e dai tropi
ed, in seguito, anche dal repertorio dei trovieri. Furono scritti con notazione quadrata, ed in più vi sono
le descrizioni parasceniche.
Il VISITATIO SEPULCRI è il primo importante dramma liturgico che la storia ci ha documentato, era can-
tato nell’Abbazia di San Benedetto, nonché nel monastero di Fleury - sur - Loire in Francia, e ben pre-
sto divenne il più eseguito in tutta Europa. Deriva da un famoso tropo reso dialogico dal breve testo
“Chi cercate nel sepolcro, o seguaci di Cristo?”, eseguito nell’Introito della Messa di Pasqua. Il dram-
ma consisteva in un’unica scena che presentava il dialogo fra l’angelo e le pie donne; l’angelo iniziava
proprio con il tropo.
La maggior parte dei drammi liturgici sono anonimi; i più diffusi, che conobbero anche in Francia, Ba-
viera, nonché in Italia, furono:
il LUDUS PASCHALIS, elaborazione dell’ufficio drammatico Visitatio Sepulchri; si eseguiva il Venerdì San-
to;
il PLANCTUS MARIÆ, che rappresenta il momento doloroso delle tre Marie con Giovanni ai Piedi della
Croce; nella copia conservata a Cividale del XIII sec. compaiono minuziose didascalie sceniche;
il PEREGRINUS rievocazione dell’incontro di Cristo risorto con due discepoli sulla strada di Emmaus, ese-
guito il Lunedì dopo Pasqua nell’abbazia di Fleury;
lo SPONSUS che rappresenta la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte; una delle prime testi-
monianze di alternanza fra dialoghi in latino ed in volgare.
Il Più ampio dramma liturgico del XII sec. fu il LUDUS DANIELIS, 1140, tratto dal libro di Daniele; esso
rappresenta le gesta del profeta Daniele. Fu concepito e realizzato dai giovani scholares della cattedra-
le di Beauvais; ostenta una grande varietà melodica, ed è costituito da cinquantadue melodie di varia
provenienza (liturgiche e non).

VIII
14
IL TEATRO SACRO MEDIEVALE
Nella successiva evoluzione del dramma liturgico, si vennero delineando sempre più net-
tamente da un lato il dramma liturgico vero e proprio, e dall’altro il teatro medievale.
Quando al volgare si accostò anche il latino, quando i personaggi meno nobili furono evi-
tati dal clero e rappresentati dai fedeli che si riunirono in confraternite guidate sempre
dal clero, e pian piano l’esecuzione di questi passò dalla chiesa al sagrato, si giunse dal
dramma liturgico al cosiddetto “teatro medievale”. Adesso lo spettacolo teatrale medie-
vale anche se d’argomento sacro, non sarà più connesso con il rito, e sarà eseguito fuori
dalla chiesa. E’ adesso possibile distinguere le caratteristiche ben delineate sia del dramma
liturgico, e sia del successivo teatro sacro medievale:

DRAMMA LITURGICO TEATRO SACRO MEDIEVALE


E’ eseguito solo in alcuni “momenti” Si poteva eseguire in ogni momento
dell’anno liturgico dell’anno liturgico
Era eseguito solamente in chiesa Era eseguito fuori dalla chiesa
Solo il clero lo poteva rappresentare Era rappresentato dai fedeli
Il testo era in lingua latina Il testo era in lingua volgare
Tutto il dramma presenta parti cantate I brani che lo compongono sono
sia parlati sia cantati
Fuori dall’Italia, nell’Europa unificata dal cristianesimo, gli spettacoli sacri medievali veni-
vano denominati Mistero. Il primo Mistero si ebbe in Francia nel 1374, e con questo nome
si vennero gradatamente sostituendo i termini usati in precedenza, specie il “ludus”. Nelle
forme più evolute i Misteri avevano una grande durata, a tal punto che le divisioni inter-
ne non erano chiamate atti, ma giornate; un Mistero terminava solitamente con un Te
Deum corale.

22

Riproduzione del foglio 95 relativo al Ludus Danielis.

VIII
15
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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VIII
16
IL TRECENTO: L’ARS NOVA

SOCIETA’ E CULTURA.
L’EMANCIPAZIONE DELLA MUSICA PROFANA
Fino alla fine del 1200 la concezione trascendentale dell’aldilà era il solo principale interesse, anche quo-
tidiano; in ogni espressione umana la meta unica e sovrana dell’impegno (specie artistico) doveva essere
Dio. Poca “dignità” spirituale veniva di conseguenza reputata alla vita terrena, e a tutto ciò che riman-
dava alla vita terrena; Dio era più importante del mondo reale. Questa filosofia ebbe una influenza
totale su tutte le espressioni di pensiero e sull’estetica della musica, e vide il periodo di massimo fulgore
nella seconda metà del XIII secolo, con i francescani e domenicani .
In seguito si avviò una progressiva laicizzazione; dalla concezione della separazione fra Chiesa e Stato
iniziò un processo di emancipazione delle realtà terrene. In campo artistico questo cambiamento fu an-
cora più evidente: l’ispirazione profana venne “coraggiosamente” presa sempre più in considerazione,
e pian piano arrivò ad imporsi su quella sacra, che aveva forgiato tutti le manifestazioni poetiche e let-
terarie; la Divina Commedia, il Decameron di G. Boccaccia, possono essere a riguardo considerati i più
eclatanti e magnifici esempi. Ad esempio in ambito architettonico alle cattedrali (la più importante ma-
nifestazione architettonica fino al 1200) si affiancarono i grandi palazzi; ai crocifissi dal perfetto formali-
smo bizantino del Cimabue si affiancarono le colorate e naturalistiche opere del pennello di Giotto.
In ambito musicale il rinnovamento fu altrettanto imponente; nella civiltà europea che si affaccia al XIV
secolo la produzione musicale sacra fu più inferiore rispetto a quella profana, anche in termini di impor-
tanza stilistica e formale. Determinante per il succedersi di detti eventi fu la crisi politica e religiosa che si
registrò dopo il trasferimento della curia papale da Roma alla città francese di Avignone. Inoltre all’in-
terno della chiesa stessa cominciava a gonfiarsi il malcontento generale nei confronti della complessità
contrappuntistica che caratterizzava la produzione musicale sacra ad opera dei maestri fiamminghi. Le
alte sfere della chiesa temevano che la seduzione contrappuntistica potesse distrarre i suoi adepti dalla
semplicità della preghiera cantata; inoltre la complessità polifonica allontanava i fedeli dalla partecipa-
zione al culto, e determinava la poca comprensibilità del testo sacro e dell’antica melodia gregoriana.

La vecchia “autorità” data dalla concezione della musica di Boezio stava già cominciando a vacillare;
nel XIII sec. Il teorico Johannes de Garlandia affrancava già l’interesse verso la mera speculazione
nelle sue argomentazioni inerenti la musica. Nel suo trattato intitolato Introductio Musicæ Garlandia
aggiorna la concezione Boeziana della suddivisione della musica in tre settori, dando le seguenti defini-
zioni:
Musica Piana: la musica divulgata per la prima volta da papa Gregorio Magno per rendere lode a
Dio, ed in seguito ricomposta ed ordinata da Guido D’Arezzo.
Musica Misurabile: la musica prodotta secondo le proporzioni (alludendo anche alle nuove divisioni
dell’Ars Nova), e dunque misurabile grazie alle attente osservazioni.
Musica Strumentale: quella musica prodotta dagli strumenti, ma senza nessuna accezione negativa,
così come testimonia l’esempio del (p)salmista Davide.

IX
1
L’ARS NOVA FRANCESE 1

Nel medioevo ars era un termine usato come sinonimo di tecnica, sistema / Le nuove concezioni inerenti le
pratiche musicali formulate dal musicus Johannes de Muris, che convogliò nel suo trattato Ars Nova Mu-
sicæ, 1319, furono accolte e spiegate, un anno dopo, da Philippe de Vitry in un trattato che portò lo stesso
titolo. Queste due opere rappresentano l’atto di nascita dell’ARS NOVA FRANCESE che si sviluppò a Pari-
gi / Due furono le più importanti innovazioni che l’Ars nova francese diede alla musica europea:
1) l’importanza paritaria assegnata alla suddivisione ritmica binaria (imperfetta) rispetto alla divisione
ritmica ternaria (perfetta);
2) L’importanza data alla scrittura musicale come unico mezzo per la conservazione della musica.

In Francia si registrò l’aggiunta di una nuova figura musicale, la minima, ad opera di J. De Muris, accanto
alle quattro figure conosciute (maxima, longa, brevis, semibrevis ); in Italia si aggiungerà anche la semimini-
ma.

Il Mottetto fu ancora una delle forme più importanti del tempo; nel 1300 divenne più elaborato secondo le
prassi contrappuntistiche, ed ebbe funzioni celebrative; era eseguito in cerimonie importanti. Con la bolla
papale Docta Sanctorum del 1325, Papa Giovanni XXII aveva proibito l’introduzione nel servizio liturgico
delle forme polifoniche del tempo, giudicate tecnicamente complesse. Per questa ragione il mottetto si rivol-
gerà, ora, all’ambito profano. Adesso il testo è uno solo e non si ha più la politestualità del secolo preceden-
te; il suo carattere è più solenne, e per questo al francese si andrà sostituendo il latino. L’argomento dei mot-
tetti non fu più solo sacro: i testi esprimevano elogi o deplorazioni nei confronti di determinati personaggi,
questioni morali, politiche. Erano principalmente a 3 voci (tenor, motetus, triplum; così come ereditato
dalla scuola sacra del 1200) ma anche a 4 voci (+ contratenor).

Nacque il procedimento dell’ISORITMIA (termine introdotto nel 1904 dal musicologo Friedrich Ludwig), che
caratterizzò i mottetti del 1300. Isoritmia: tecnica di costruzione musicale (dal greco, "stesso ritmo") usata
nella polifonia sacra tardomedievale, in particolare nella messa e nel mottetto, a partire 1280. Qui il tenor
(che con questa nuova tecnica assicurava unità e coesione al tessuto polifonico) eseguiva una melodia gre-
goriana in valori molto lunghi. Mentre in origine queste note avevano tutte la stessa durata, a partire dalla
metà del Duecento si iniziò a dare loro valori ritmici diversi. L'isoritmia è una tecnica di organizzazione di
questi valori ritmici che consiste nel dividere l’intera successione di note (la melodia gregoriana, il cantus fir-
mus, affidata al tenor, chiamata color), in frammenti ritmici più piccoli tutti uguali, chiamati talee, sulle Miniatura tratta dal Roman de Fauvel. Questo storico trattato fu denominato in
quali si applica lo stesso schema ritmico. L'isoritmia è applicabile anche su colores molto lunghi, grazie a ripe- francese accostando le prime lettere di sei vizi:” Flatterie, Avarice, Vilenie, Variètè,
tizioni e varianti, e può venire estesa anche a più di una voce con risultati di notevole complessità. L'isorit- Envie, Làchetè”. Tutto il testo del trattato ha un forte accento satirico; fu composto
mia presenta forti affinità con la metrica quantitativa classica, nella quale ogni verso, pur essendo formato intorno al 1316 dai membri della cancelleria royale francese.
da parole diverse (equivalenti alle note) è scandito dalla stessa alternanza "ritmica" di sillabe lunghe e brevi. In questa miniatura viene raffigurato Filippo IV il bello con una testa d’asino.

Con l’isoritmia comincia a diffondersi una pratica compositiva che man mano non terrà più conto della per-
cezione dell’ascoltatore; questo procedimento (come altri che si delineeranno nel secolo a seguire) è uno di
quegli artifizi per cui il teorico-fiammingo Johannes Boes aveva scritto che “sono oggetto più della vista che
dell’udito”.
Storicamente importanti furono le 160 composizioni dell’inizio del 1300 (anonimi la maggior parte) facenti
parte del Roman de Fauvel, un poema allegorico - satirico contro i vizi dei potenti contenente 33 Mottetti
a 3 voci.

IX
2
GUILLAUME DE MACHAUT (Reims 1300 ca. - 1377) {si pronuncia Ghiyòm de Masciò}

Uno dei maggiori esponenti dell’Ars nova francese. Fu cappellano e segreta-


rio di Giovanni di Boemia (1323 - 1346) e, in seguito, della figlia di questi,
Bona, moglie del futuro re di Francia Giovanni II il Buono, e infine di Carlo
IV di Navarra / Nel 1337 fu nominato canonico della cattedrale di Reims,
città nella quale si stabilì. Le sue opere poetiche di più ampio respiro, sia
narrative sia didattiche, riflettono i temi cari alla retorica e all'ambiente di
corte del tempo. Di grande importanza sono il Remede de Fortune, il
Roman de la Rose, ed il Voir Dir. Nel suo Remede Machaut inserì sette
brani modello a scopo di illustrare i più importanti generi poetico - musicali
da lui trattati; questi sono:
lai, complainte, chanson royal, baladele, ballade, virelai, rondeau.
In particolare, i suoi rondò e le sue baladele a due e a tre voci costituirono il
Guillame de Machaut in una miniatura
tratta da un suo codice.
modello della polifonia profana in Europa per tutto il secolo successivo. Egli
2
mentre era in vita fece compilare manoscritti che contenevano tutte le sue
opere sia letterarie sia musicali.
I 25 Virerai di Machaut osservano il seguente schema poetico - musicale:
Refrain I Str. Ref. II Str. Ref. III STr. Ref.
Testo: A B A C A D A
Musica: a bba a bba a bba a
Per quanto riguarda la produzione sacra, solo 6 dei suoi 23 mottetti sono su testo liturgico latino, mentre i re-
stanti recano testi profani in francese; a essi si aggiungono la Messe de Notre - Dame a quattro voci, compo-
sta nel 1364 ed un Hoquetus David / La Messe de Notre - Dame, composta in occasione dell'incoronazione di
Carlo V il Saggio, è la prima trasposizione polifonica della messa scritta da un unico compositore. Si
sviluppa su di un cantus firmus gregoriano, con piccole parti melodiche ricorrenti che collegano i vari movi-
menti. Il Kyrie, Sanctus, Agnus Dei, Amen e Ite Missa est si basano sul metodo del mottetto isoritmico, men-
tre il Gloria ed il Credo su quello sillabico ed omoritmico del conductus.

IX
3
IX
4
L’ARS NOVA ITALIANA
La polifonia si sviluppò principalmente in Francia dalle origini al 1300; nello stesso periodo in Italia non fu molto fiorente perché il grado di sviluppo del contrappunto era più elemen-
tare. Nelle cattedrali italiane si praticava il cantus planus binatum ossia cantus firmus accompagnato da un altro simile; le due voci procedevano nota contro nota in ritmo libero /
L’Italia settentrionale assorbì l’influsso polifonico francese del 1200 e specie del 1300; si ebbe così in Italia lo sviluppo delle prime forme polifoniche. Alla fine del 1200 Marchetto da
Padova stilò un trattato di notazione mensurale, il Pomerium in arte musicæ mensuratæ (1321 - 1326). Fra i primi importanti esempi di polifonia si denotano quelli che fiorirono
nell’area veronese, padovana, ma soprattutto nella basilica di S. Marco (Venezia); erano mottetti latini con funzione celebrativa di chiara ascendenza francese, e rimasero nella
“produzione” veneziana fino al 1500 / Scarsa fu la produzione di musica sacra in Italia all’interno del periodo dell’Ars nova; maggior peso e consistenza ebbe invece la produzione
profana. La prima fase di polifonia profana italiana vede prevalere la forma del madrigale. Non è facile riuscire a ricostruire l’etimologia della parola; probabilmente deriva da
materialis, in quanto indicava un testo poetico privo di regole formali, oppure da matricalis, ossia un poema in lingua madre.
Le principali fonti musicali dell’Ars Nova italiana, dove si riscontrano i primi madrigali (anonimi) sono rappresentati da sei codici:
* VATICANO ROSSI 215 (il più antico trattato italiano contenente madrigali e composizioni profane)
* 29987 DEL BRITISH MUSEUM DI LONDRA (appartenuto alla famiglia Medici)
* 568 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI PARIGI (appartenuto alla casa reale di Francia)
* PANCIATICHIANO 26 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE
* REINA 6771 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI PARIGI
Il più significativo e ricco di contenuti è un MS Mediceo Palatino conosciuto col nome di CODICE SQUAR-
CIALUPI (Biblioteca mediceo - Laurenziana di Firenze, 87) del 1420; riccamente miniato e contenente circa 350
4
composizioni a 2 ed a 3 voci appartenenti ai 14 più insigni musicisti del tempo. È raffinatamente cura-
to nel dettaglio, anche il più minuzioso, e ancora oggi mantiene integra l’elegante legatura in cuoio
marrone su assi di legno. E’ così denominato in quanto il suo primo possessore fu Antonio Squarcia-
lupi (1416 - 1480), organista presso la corte di Lorenzo il Magnifico. L’Opera è la più ampia e raffinata
fra tutte le antologie manoscritte della musica italiana, realizzate a Firenze fra i primi vent’anni del
1400; il possesso di Antonio Squarcialupi è attestata dall’iscrizione che è apposta sulla prima carta:
“Questo libro è di Antonio Bartolomeo Schuarcialupi, organista in Sancta Maria del Fiore”. In
seguito appartenne a Giuliano de’ Medici, e venne collocato presso la Biblioteca Palatina; alla fine del
XVIII secolo venne trasferito, insieme ad altri volumi, presso al Biblioteca Laurenziana ove è conserva-
to oggi. L’opera riflette lo spirito prettamente umanistico riguardante l’attitudine alla raccolta e con-
servazione delle opere del passato; vi sono anche raffigurati i ritratti miniati di ciascuno dei 14 musicisti
dei quali l’opera riporta le composizioni.
L’AMBIENTE CULTURALE ITALIANO
In Italia l’Ars Nova non crebbe nelle cattedrali o nelle istituzioni religiose come in Francia ma nelle
corti settentrionali (Scaligeri a Verona e Padova, Visconti a Milano, Carraresi a Padova, circoli di
cultura laica di Bologna, ma soprattutto i Medici a Firenze) / L’Ars Nova italiana crebbe nell’ambien-
te della cultura volgare, del dolce stil novo. Il DECAMERONE di G. Boccaccia fu la più importante fonte
Questa foto del codice squarcialupi mostra la grande preziosità decorativa che esso incorpora; l’ope- letteraria per l’ars nova italiana; la poesia per musica è il più importante assunto che rispettarono i
ra è illuminata da preziosi colori e da oro zecchino e rappresenta una preziosissima fonte per la poeti del Trecento. Le poesie erano composte per essere intonate in musica, e le forme principe furo-
cultura musicale italiana del XIV secolo. no; CACCE, MADRIGALI, BALLATE / Il più importante poeta per musica fu Franco Sacchetti (1332 -
1400).
Lo stile arsnovistico italiano fu diametralmente diverso da quello coevo francese; negli esempi francesi si evince sempre un disegno costruttivo che disciplina tutti gli elementi, in Italia
vige maggior libertà formale, melodica, ritmica / L’Ars nova si sviluppò inizialmente nell’Italia settentrionale, i maggiori musicisti furono Jacopo da Bologna e Giovanni da Firen-
ze; in seguito, con il fiorire della corte medicea a Firenze, acquisirono fama anche Gherardello da Firenze, Donato Cascia, ma soprattutto Francesco Landino / A seguito del
ritorno del papato a Roma dopo la cattività avignonese, l’Italia conobbe l’influsso dell’Ars nova francese; queste influenze determinarono l’avvio verso la decadenza dell’Ars nova ita-
liana. Con la presenza a Padova del musicista vallone Johannes Ciconia (1335 - 1411) si chiuse la “stagione” dell’Ars nova italiana.

IX
5
IL MADRIGALE DEL 1300 FRANCESCO LANDINO Francesco Landino raffigurato mentre suona l’organo portativo;
(Fiesole, 1325 o 1335 - Firenze 1397) miniatura tratta dal codice Squarcialupi.
Giovanni da Firenze fu il primo musicista che stabilì i caratteri
stilistico - formali del madrigale: L’inizio e la fine di ogni verso Detto Francesco Cieco o Francesco degli Organi. Figlio
5
erano caratterizzati da uno stile melismatico, mentre la parte del pittore Jacopo del Casentino, Francesco non poté
centrale ha uno stile sillabico; la voce superiore è in genere mag- seguire la carriera del padre a causa di una malattia che
giormente melismatica rispetto a quella inferiore.Il madrigale fu da bambino lo privò della vista. Dopo aver imparato a
molto coltivato specie durante il primo periodo dell’Ars Nova, La suonare numerosi strumenti, soprattutto l'organo, in età
sua struttura poetica era la seguente: avanzata si dedicò alla liuteria. Da giovane trascorse
2 o 3 terzine di endecasillabi con lo stesso ordine di rime, se- probabilmente alcuni anni a Venezia e in altre città del-
guite da un ritornello di 2 endecasillabi a rima baciata / I l'Italia del Nord; nel 1361 ebbe l'incarico di organista pres-
so la Santa Trinità di Firenze, e poi nel 1365 a San Loren-
madrigali erano soprattutto a 2 voci > cantus (superiore) e te- zo, dove rimase fino alla morte.
nor (inferiore); ma in seguito si aggiunse una terza voce. La strut-
tura musicale era: A A B; la parte B era per il ritornello. L’esem- Landino compose in un'ampia varietà di stili; dalle sem-
plici canzoni da ballo a pezzi più complessi con l'impiego
pio seguente è tratto dal madrigale «Non al suo amante» di
del canone e dell'isoritmia. La sua opera consta di:
F.Petrarca, musicato da Jacopo da Bologna):
Frasi musicali 12 madrigali a 3 voci;
140 ballate a 2-3 voci;
Non al suo amante più Diana piac-
quando per tal ventura tutta ignuda } que
A
una caccia.
la vide in mezzo de le gelide acque, Fu probabilmente un pioniere nel campo della ballata
polifonica, a due o tre voci; le sue composizioni a due voci
ch’a me la pastorella alpestra e cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo, } A
seguono la forma del madrigale, con il testo distribuito su
entrambe le voci, mentre delle ballate a tre voci più del-
la metà presentano il testo solo nella voce superiore; as-
ch’a l’aura il vago e biondo capel chiu- de;
sunto questo di chiara derivazione dalla contemporanea
chanson francese.
tal che mi fece, or quand’egli arde il
tutto tremar d’un amoroso gelo.
} cielo,
B
Raggiunse un mirabile equilibrio tra la tecnica polifonica
e la libera espressività melodica, riuscendo ad infondere
alla scrittura musicale lo spirito del nascente umanesimo
Gli argomenti trattati nei madrigali trecenteschi sono in prevalen-
italiano.
za di carattere pastorale - amoroso, o agreste, ma anche vicende
biografiche dei signori di corte settentrionali (ad esempio gli Scali-
geri e i Visconti).

LA CACCIA
E’ un tipo particolare di madrigale meno complesso ed imperniato sull’artificio contrap-
puntistico del canone; le voci procedono all’unisono sostenute da un tenor strumentale.
Da cacciare, ovvero rincorrere; le voci si rincorrono l’un l’altra. La caccia getta le basi
della futura fuga. Poeticamente non ebbe una forma metrica prestabilita; non ha uno
schema strofico. Gli argomenti erano attinenti le battute di caccia, di pesca, le scene di
mercato e di gioco. Molti “effetti” vocali definiti onomatopee erano usati nelle cacce per
descrivere musicalmente la semantica del testo.

IX
6
6 7

Giovanni da Firenze, Madrigale «Agnel son bianco» su testo di F. Sacchetti

Jacopo da Bologna, Madrigale «Non al suo amante» di F. Petrarca. Riproduzione della pagina
del codice squarcialupi contenente il madrigale.

IX
7
Jacopo da Bologna, Madrigale
«Non al suo amante» di F. Petrarca

8
IX
8
9

Gherardello da Firenze, Caccia «Tosto che l’alba». E’ una delle cacce più famose su testo poetico anonimo; descrive il dialogo animato fra due cacciatori; l’irregolarità del metro poetico contribuisce IX
9 all’effetto onomatopeico dell’animazione concitata.
10
LA BALLATA
La forma più evoluta dell’Ars nova italiana. La struttura poetica è formata da una ripresa
di 2 versi endecasillabi; 2 piedi di 2 versi endecasillabi con identica rima; una volta
di due versi (identica alla ripresa) ove il primo verso presenta la stessa rima del’ultimo ver-
so del II piede, ed il secondo verso presenta la stessa rima del I verso della ripresa; gli episodi
musicali sono due: A e B ; l’episodio B è solo per i piedi; la ripresa si ripete un’altra volta
alla fine / Le ballate potevano essere eseguite a 2 o 3 voci, ossia cantus, tenor, contrate-
nor; l’esecuzione era prettamente vocale con interventi di strumenti per rinforzo. Molto pre-
sto gli strumenti vennero impiegati anche in funzione di sostituzione delle linee vocali inferio-
ri / Esempio poetico della ballata «Benché ora piova» di F.Landino:
Frasi musicali

Benchè ora piova, pur buon tempo aspetto


al mio cammin, e perciò non m’affretto
} RIPRESA A

Ogni cosa per ordin’ha suo tempo


ma pur un tempo non ha ogni cosa:
} PIEDE I B
Incoronazione della Vergine: tavola centrale del Polittico di Santa Chiara e San Francesco, di Paolo Venezia-
no (sec. XIV) [Venezia, gallerie dell’Accademia]. Da sinistra in alto: liuto, tipo di cetra, tromba, mandola, arpa,
salterio, viella, organo portativo.

donna leggiadra nel suo giovin tempo


agli occhi di ciascuno per graziosa, } PIEDE II B Pagina tratta
dal Codice di
Faenza.
così vecchiezza la rende noiosa
al guardo di chi più n’avea diletto
} VOLTA A 10 a

Benchè ora piova, pur buon tempo aspetto


al mio cammin, e perciò non m’affretto } RIPRESA A

Soltanto dopo il 1360 comparvero le prime ballate polifoniche non associate alla danza; in-
fatti la ballata era nata monodica, di matrice popolare, ed era intesa come un canto che
accompagnava un “ballo in tondo”; nel canto era tipica l’alternanza del solista con il coro /
Le ballate polifoniche trecentesche trattano temi amorosi. Con F.Landino la ballata tre-
centesca raggiunse il livello artistico più alto.

IX
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11

Francesco Landino, Ballata «Questa fanciulla, amor»

IX
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LA MUSICA STRUMENTALE E GLI STRUMENTI NEL MEDIOEVO
Numerose furono le testimonianze relative agli strumenti musicali ed al loro impiego nel periodo arsnovistico italiano: dalle pitture, dalle sculture, nonché dalle testimonianze lettera-
rie in prosa e poesia; inoltre dalle descrizioni, raffigurazioni, miniature ed incisioni su preziosi volumi manoscritti. Molto diffuso era l’utilizzo degli strumenti nelle musiche vocali; questi
venivano adoperati per due principali scopi:
1) raddoppiare le voci di una composizione vocale (a volte anche sostituirle);
2) eseguire il tenor o contratenor (specie quelli che presentavano una scrittura a valori lunghi).
Gli strumenti musicali non godevano di piena autonomia musicale, la cominceranno ad avere non prima del 1530. Nel medioevo una composizione era concepita per l’unico vero
strumento musicale “riconosciuto”, ossia la voce, che era in rapporto con il testo poetico da cantare; ciò era una prassi, anche se poi questa composizione veniva eseguita diversamen-
te o non solamente mediante la voce. Questa concezione spiega la motivazione della grande scarsezza, fino a tutto il XV secolo, di manoscritti inerenti musiche destinate all’esecuzio-
ne strumentale. Infatti fino a tutto il 1400 sono molto poche le fonti inerenti musiche destinate specificamente all’esecuzione strumentale; fra le fonti più autorevoli si ricordano:
* codice inglese (conservato al British Museum) del 1300. Contiene una ventina di danze monodiche (estampies francesi e saltarelli)
* ROBERTSBRIDGE
il più antico manoscritto inglese del 1300 contenente musiche per strumenti da tasto (> estampies); vi sono presenti anche due trascrizioni di due mottetti del
Roman de Fauvel.
* CODICE BONADIES
Codice del 1400 conservato presso la Biblioteca di Faenza. Contiene composizioni per strumenti da tasto dell’Ars nova francese ed italiana trascritte a due par-
ti.
Ma le più importanti fonti per la conoscenza della musica strumentale e degli strumenti del Medioevo sono due:
DE MUSICA di Johannes de Grocheo. E’ una chiara testimonianza della pratica strumentale parigina del 1300
TRACTATUS DE MUSICA di Hieronymus dei Moravia. E’ un compendio di quattro trattati dei secoli XII e XIII.
Importante per l’Italia fu il Codice di Faenza. Questo è il più antico codice per tastiera italiano; l’intavolatura riportata era stata pensata molto probabilmente per l’organo.
Fra gli autori che vi compaiono risaltano Landino, Jacopo da Bologna nonché il grande Guillame de Machaut.
Lo strumento più importante del periodo fu l’ORGANO, che divenne lo strumento liturgico per eccellenza. Machaut considerava l’organo come il re di tutti gli strumenti. I padri della
chiesa avevano, per lungo tempo, proibito l’infiltrazione di strumenti profani nella liturgia; l’organo stesso fu consentito a partire dal XIII secolo. Vi furono due tipologie principali di
organo:
il Portativo piccolo, si teneva sulle ginocchia, con un numero esiguo di canne; veniva suonato con la mano destra, mentre la sinistra azionava il mantice;
il Positivo più grande, senza pedaliera, era usato in casa ed in chiesa, si suonava con ambo le mani (un’altra persona azionava il mantice).
Gli strumenti precursori del clavicordo furono lo SCACCHIERE, o eshiquier, che aveva corde percosse, ed il SALTERIO (a corde pizzicate); da questi derivò il clavicembalo.
STRUMENTI A CORDA
Uno dei più antichi strumenti a corda fu la CROTTA o ROTTA: era uno strumento ad arco con forma simile alla lira, profilo squadrato e poteva anche avere una tastiera. Più diffusa
era la VIELLA, antenata del violino, che non durò oltre il XIV secolo; montava cinque corde con accordatura variabile, ed era suonata con un arco ricurvo che sfregava le corde; fu lo
strumento più usato dai trovatori / Molto diffuse erano le arpe.
STRUMENTI A FIATO
Molto usata era la TROMBA che realizzava la serie naturale dei suoni: era usata per conferire solennità a certe cerimonie religiose, insieme a cornetti e bombarde, come all’inizio della
Messa, nelle processioni, per sottolineare la presenza della famiglia reale, o per accompagnare il movimento delle truppe. Diffuso era anche il CORNETTO IN LEGNO che, con i suoi fori,
permetteva l’esecuzione della scala cromatica. Importanti erano anche i FLAUTI DIRITTI e TRAVERSI.

Per l’accompagnamento ritmico si usavano varie specie e forme di membranofoni (tamburi, tamburelli) e idiofoni (nacchere, campanelli, triangoli).

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«Il Giardino delle delizie»: pannello del «Trittico delle deli-
zie» di Hieronymus Bosch (1485 - 1505), particolare [Madrid,
12 Prado]. Strumenti: Liuto, Arpa, Ghironda

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« Angeli musicanti » dipinto di Hans Memling (1490 ca. particolare). [Anversa, Konin-
klijk Museum]. Salterio, tromba marina, liuto, tromba a tiro ritorta, cennamella, tromba a
«Allegoria della musica»: miniatura da un codice contenente il «De
tiro diritta, altra tromba ritorta, organo portativo, arpa, viella
Musica ex Etymologiis S. Isidori» di S. Boezio (sec. XIV).
[Napoli, Biblioteca Nazionale]. Dall’alto: viella, salterio, liuto,
tamburello, organo portativo, castagnette, zampogna e bombarda,
naqqara, trombe.

IX
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BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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IX
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Il XV secolo vede in ambito musicale l’evoluzione di due importanti filoni:
IL QUATTROCENTO: LA POLIFONIA
INGLESI, BORGOGNONI, Coltivata sia in ambito sacro che profano sarà esteticamente incentrata
FIAMMINGHI sul dominio della parola rispetto alla musica; le Fiandre e il territorio
franco - fiammingo saranno il centro di produzione più rinomato; in-
fatti la scuola polifonica del secolo sarà denominata scuola franco-
LA NUOVA CONDIZIONE ECONOMICA: IL MECENATISMO fiamminga.
LA MONODIA
L’Italia del XV secolo vede una rinascita economica dovuta alla nuova fiducia che
viene assegnata agli scambi commerciali e ad una migliore organizzazione del lavoro L’ambito di espressione musicale privilegiato dall’umanesimo, si svilup-
in generale. Dappertutto in Italia e a seguire anche in Europa si consolidò una tran- pa principalmente in Italia, ove è ancora forte l’eco dell’Ars nova tre-
quillità economica e politica tale da indurre prelati e signori delle corti a coltivare centesca; anche in quest’ambito la parola primeggerà rispetto alla mu-
cultura e arte; l’ostentazione delle velleità culturali ed artistiche divenne un principio sica, e a Dio verranno sostituiti argomenti terreni resi con grande cura
di esaltazione che ogni corte perseguiva febbrilmente allo scopo di competere con le espressiva piuttosto che formale; primeggeranno le corti di Firenze Mi-
altre corti. E’ già iniziato un processo di emancipazione artistica che vedrà riempire le lano e Verona.
corti (italiane prima ed europee poi) di artisti, musicisti e letterati umanisti / L’ambi- Considerando l’intero ambito europeo sarà la polifonia a prevalere sulla monodia non
to musicale risentì positivamente di queste nuove condizioni di vita; il signore di corte foss’altro perché la monodia avrà una grande fioritura solamente in ambito italiano,
provvedeva egli stesso a far arrivare nella propria corte i migliori musicisti della piaz- mentre la polifonia dal territorio delle Fiandre si estenderà in tutta Europa.
za offrendo loro una paga fissa, l’alloggio, occasionali doni (oltre ad una rendita fissa
da poter utilizzare nel periodo della vecchiaia), in cambio dei loro servigi musicali. Il periodo storico che va dal 1380 al 1420 rappresenta un ibrido sotto diversi punti di
Ma queste concessioni che il signore della corte offriva al musicista erano da egli stes- vista; in questo quarantennio l’Europa abbandona la mentalità medievale per entra-
so revocabili. re in quella umanistica; l’Europa così si prepara ad una società formata dal ceto e-
mergente della borghesia ove spiccano le figure dei mercanti, degli intellettuali e degli
Con Filippo il Buono (1419 - 1467) il ducato di Borgogna divenne ricco e potente, e scienziati.
conobbe una notevole fioritura artistica invidiata da tutta Europa; egli fu il primo
grande mecenate che diede l’esempio per lo sviluppo del mecenatismo. La corte di
Borgogna aveva una superiorità numerica di cantori rispetto a tutta l’Europa; tutti i CAPPELLE MUSICALI E CANTORI
cantori erano ben salariati, e si formavano presso le cattedrali di Notre - Dame e di
Cambrai: le più importanti ed evolute cappelle musicali didattiche di tutta la Fran- Nel 1400 l’evoluzione della tecnica contrappuntistica aveva raggiunto un grado di
cia; qui il livello raggiunto dalla polifonia sacra a cappella era ineguagliato. complessità tale da richiedere l’impiego di cantori professionisti per le esecuzioni; così si
svilupparono le cappelle musicali: nelle basiliche, nelle cattedrali e nelle corti. Quella del
A differenza della Francia, l’Italia del secolo non conobbe una così grande fioritura cantore professionista fu la prima importante “professione musicale”, la prima atti-
polifonica; i più grandi nomi della polifonia del tempo non erano italiani, ma borgo- vità di musicista a tempo pieno. I Cantori erano diretti da un maestro di cappella (di
gnoni. In Italia era stabilmente radicata la prassi della musica profana, più semplice solito era un compositore, anch’esso formatosi nelle cappelle musicali). Una cappella
e più comunicativa; questa non veniva mai scritta, e veniva improvvisata dai musici- musicale annoverava da un minimo di 10 e fino ad un massimo di 20 cantori / Una
sti-cantori profondamente radicati nella tradizione popolare. Questo principale ge- delle prime importanti cappelle musicali fu quella di Avignone (1350) per il servizio di
nere di espressione musicale italiana vedeva il pieno appoggio degli umanisti eruditi
dell’epoca, quindi mentre la polifonia artistica e complessa era considerata un’espres- culto del pontefice, durante il periodo della cattività avignonese. Con il rientro a Roma
sione artificiosa e innaturale, le forme più popolari, ossia quelle capaci di muovere gli del papa la cappella musicale di stampo avignonese venne anch’essa trasferita a Ro-
“affetti”, di stimolare le passioni umane, erano preferite in Italia. ma; al 1420 risalgono le prime notevoli manifestazioni musicali della cappella romana
aggiornata sull’esempio avignonese.
Così nell’Italia umanista del tempo emerge il nome del patrizio veneziano Leonardo Le cappelle musicali crebbero in tutta Europa a partire dal XV secolo in numero e livel-
Giustinian (1381 - 1388); egli inaugura la stagione dei poeti-cantori italiani i quali lo artistico. Prelati e principi curarono in prima persona lo splendore artistico delle cap-
cantavano i propri componimenti in lingua volgare affidandosi ad un’esecuzione pelle musicali, unitamente alle Chiese, ai Palazzi e a tutta la produzione artistica; tutto
musicale improvvisata. Quando queste forme improvvisate cominciarono a diventa- ciò fu lo specchio della loro magnificenza / Molto rinomate furono le cappelle musicali
re più complesse (ciò coincide con la formazione del repertorio delle frottole), allora si borgognone e delle Fiandre per l’alto livello artistico raggiunto; i cantori fiamminghi
comincerà affermare la tradizione scritta. furono apprezzati e voluti in tutta Europa (specialmente in Italia) fino al 1600.

X
1
SVILUPPO DEL CONTRAPPUNTO
La guerra dei cent’anni in Francia (1339 - 1453) influì negativamente su tutte le espressioni artistiche, musi-
ca inclusa. Ciò comportò l’emersione di un altro importante focolaio musicale più a Nord, in Borgogna in
Inghilterra e, in seguito, nelle Fiandre. In queste regioni venne coltivata la crescita della produzione mu-
sicale sacra; adesso si procederà allo sviluppo storico del cantus firmus e delle tecniche contrappuntistiche
per tutto il XV secolo nelle chiese e cattedrali nonché nelle corti delle maggiori città del Nord Europa; queste
realtà comportarono la nascita delle CAPPELLE MUSICALI che sostituirono le antiche scholæ cantorum.
A partire da questo periodo si assiste alla nascita della figura professionale del musicista, del cantore,
del compositore / In Borgogna, in Inghilterra e nelle Fiandre si impiantò una tipologia di tecnica compo-
sitiva unitaria, omogenea che comportò, nel giro di un secolo, lo storico sviluppo della tecnica contrappunti-
stica franco - fiamminga / Nel XV secolo, per queste ragioni, la produzione musicale sacra si fece più corpo-
sa: messe, mottetti; nel genere della chanson confluirono la maggior parte dei generi musicali profani /
La scrittura contrappuntistica si venne assestando nella disposizione a quattro parti vocali:

CANTUS(o discantus, oppure superius, da queste


tipologie derivò, in seguito, il soprano);
CONTRATENOR ALTUS (che in seguito venne nominato
semplicemente contralto);
TENOR (da cui > tenore);
CONTRATENOR BASSUS (da cui > basso);

questo schema polifonico vocale è adottato ancora oggi.

LA POLIFONIA SACRA IN ITALIA NEL XV SECOLO


Al giorno d’oggi la musicologia non è riuscita ancora a ultimare il pro-
cesso conoscitivo circa la situazione polifonica italiana nel periodo in
questione. È risaputo che in Italia, come del resto in Europa, era in uso
un certo cantus planus binatum, consistente nella pratica dell’improv-
visazione su un canto gregoriano; questo procedimento veniva deno-
minato fauxbourdon e consisteva nell’aggiunta improvvisata di due
voci sottoposte alla voce principale che cantava la melodia gregoria-
na, e rispetto a questa le due voci erano collocate rispettivamente ad
una distanza di quarta e di sesta, e procedevano per modo parallelo;
in tutto si avevano tre voci / Diffusosi all’inizio nella cappella papale
(aggiornata dall’esempio avignonese, e che continuava ad attingere 1
ai propri cantori da Cambrai), il fauxbourdon di derivazione francese
stimolò la nascita del falsobordone italiano che rispetto a quello Esempio di contrappunto imitato.
francese ha un carattere più declamatorio, e aggiungeva una quarta
voce, a distanza di terza o di quinta inferiore, al tenor.

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2
NASCITA DEL CONTRAPPUNTO IMITATO
Nel XV secolo si delinearono compiutamente le tecniche contrappuntistiche al punto tale da rimanere in uso presso i più importanti maestri della polifonia rinascimentale, barocca e,
non ultimi, del novecento / Il principio su cui si basa la tecnica contrappuntistica è quello dell’Imitazione; questa può essere più o meno libera o rigorosa. Il contrappunto imitato
si fonda sull’alternanza di due modelli melodici, dux (antecedente) e comes (conseguente); dux e comes compaiono in parti (o voci) diverse.
Sul principio imitativo si basa tutta la tecnica contrappuntistica, e tutte le diverse tipologie; le principali tipologie di contrappunto sono:
ANDAMENTI per moto retto, per moto contrario, retrogrado per moto retto, retrogrado per moto contrario;
AUMENTAZIONI;
DIMINUZIONI
Nel XV secolo il CANONE era la principale tipologia di imitazione; questo canone poteva essere:
mensurale, quando diverse parti eseguivano una stessa melodia ma con ritmi e durate differenti precisati dai segni mensurali;
enigmatico, quando il comes che seguiva un dux non era esplicito ma celato dietro un enigma o un indovinello da risolvere.
Nel XVIII sec. padre G.B.Martini, il più grande teorico musicale del secolo, nel suo trattato di contrappunto Esemplare ossia Saggio fondamentale pratico di contrappunto elencò i più
importanti canoni enigmatici riportati nelle composizioni del 1500 e 1600 / Canone, nel 1400, aveva un significato ben più vasto di quello che ebbe in seguito; la fuga, nel XV secolo,
veniva chiamata canone.
2 3 Tema originale
e, a seguire,
per aumenta-
zione.
(J.S.Bach:
«L’arte della
Fuga», contra-
punctus V e
VII).

MESSE MOTTETTI CHANSON


Con G. Dufay la Messa divenne il genere vocale polifonico più importante in ambito sacro / Nella
Messa polifonica i compositori franco - fiamminghi diedero organicità e coerenza formale alle cinque
parti dell’Ordinarium missæ adoperando generalmente uno stesso cantus firmus per tutte e cinque
le parti; questo cantus firmus fungeva da tenor, aveva inizialmente valori larghi e denominava la stessa
Messa. Il cantus firmus poteva essere di matrice liturgica (di solito tratto da una melodia del Graduale,
come ad es. per le Messe “Caput”, “Ecce ancilla Domini” e “Ave Regina Coelorum” di G.Dufay), o pro-
fana. In seguito i cantus firmus furono di libera invenzione.
Il Mottetto nel XV secolo era una composizione sia sacra che profana, avrà 3 o 4 voci, ma già alla fine
del 1400 diventerà una composizione polifonica esclusivamente sacra, ed eseguita durante le cerimonie
di culto; dopo G. de Machaut venne scomparendo il procedimento dell’isoritmia / In questo periodo il
Mottetto vede l’abbandono della prassi politestuale a favore di un solo testo, che è in latino ed è desun-
to dai testi liturgici / Formalmente il Mottetto era costituito da una serie organizzata di più brani uniti
insieme, ove in ognuno veniva sviluppata una frase del testo.
La Chanson vide condensare in sé le antiche forme profane dal contenuto amoroso aventi testo in lin-
gua francese, ossia il rondeau, il virelai, e la ballade / Abituale era l’impiego di vari strumenti musi-
cali (specie per le forme profane) specialmente come rinforzo o sostituzione delle voci.

X
3
Esempio che illustra come viene realizzato un componimento polifonico partendo dalla base di
un cantus firmus in forma abbreviata presentato insieme ad un motto o enigma dal sapore quasi
“sibillino” che prescrive ai cantori come realizzare il soggetto. La frase che accompagna l’Agnus
III della messa “L’Homme armé” di G.Dufay è un canone enigmatico a tre voci; il motto in
latino recita “Cancer eat plenus sed redeat medius” (“Il granchio (canone) va per intero e ritorna
mezzo”). Nella realizzazione del motto si deve far procedere il tema in forma retrograda, e per
valori interi per poi riprendere a valori dimezzati con l’ordine rovesciato degli intervalli. Nell’e-
sempio qui riportato è presente il motto “Ex una voce tres”, ossia “ricavare tre voci da una”; le
tre voci in canone mensurale devono essere estrapolate dall’unica voce scritta, leggendo ogni
voce con diversa mensurazione.

Canone enigmatico (XIV sec.) di B.Cordier. Chantilly, Musèe Condè

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4
LA SCUOLA POLIFONICA INGLESE JOHN DUNSTABLE (? 1380 ca. - Londra 1453) {si pronuncia John Dànstbol}
Nel quarantennio di transizione fra il 1380 del 1420 rispetto Fu il compositore, matematico ed astronomo, inglese più famoso del periodo. Le sue opere, circa 60, sono preva-
all’Europa l’Inghilterra sarà la regione che coltiverà una scuola lentemente liturgiche, per tre o quattro voci, e comprendono mottetti, parti di messe e forse due delle prime mes-
polifonica ancora legata all’impegno liturgico. Sin dal 1100 in se cicliche, ove ogni movimento è basato sullo stesso materiale musicale, ossia “Rex saeculorum” e “Da gaudio-
Inghilterra si sviluppò una scuola contrappuntistica che non rum premia”; entrambe le opere rispondono alla tecnica dell'isoritmia.
risentì dell’influsso europeo; gli inglesi furono i primi ad impie-
gare parallelismi vocali di terze e seste. I teorici inglesi del Molto nota fu la sua chanson “O rosa bella” su testo di Leonardo Giustinian / La musica di Dunstable è un otti-
1300 furono i primi a riconoscere consonanti gli intervalli di mo esempio dello stile consonante eufonico celebrato dal teorico Tinctoris. Questo stile, che caratterizza buona
terza e sesta, come si evince dall’Inno a San Magno (un parte della musica tratta dal manoscritto di Old Hall (la principale fonte di conoscenza dell’opera del musicista
inglese) presenta un'enfasi di derivazione organistica sul movimento parallelo nelle terze e nelle seste.
gymel, ossia uno dei più antichi e preziosi documenti della
polifonia inglese) / I conductus, i mottetti ed i canoni Le sue opere furono molto celebri ed ebbero una profonda influenza su alcuni compositori degli inizi della scuola
(chiamati in Inghilterra rota) del XIV secolo presentano una borgognona, ossia G. Dufay e G. Binchois / Agli inizi del 1400 John Dunstable e Leonel Power introdussero nella
scrittura a 3 parti densa di intervalli di terza e sesta con rad- musica inglese il concetto di consonanza armonica, espresso con efficacia nel mottetto «Speciosa Facta Est». L’im-
doppi di ottava. portanza data alle triadi rispetto alle composizioni del secolo precedente e lo stile innovativo, detto "contenance
Nei primi decenni del 1400 i modelli inglesi furono esportati al angloise" (sonorità inglese), esercitarono un grande influsso sui compositori dell'Europa continentale contempora-
di qua della manica, ed il discantus per terze e seste ebbe un nea e del secolo successivo.
grande seguito: venne adottato con il cantus firmus alla voce
superiore e diede vita al fauxbourdon / I polifonisti inglesi Esempio di un fauxbourdon di Dufay, tratto dal canto di comunione Vos qui secuti, dalla Missa Sancti Jacobi.
chiamavano la voce più grave bordone; quando i loro modelli
furono esportati oltre manica, il cantus firmus venne traspo-
sto dalla base (ove gli inglesi lo intonavano originariamente)
all’acuto; questo nuovo bordone fu chiamato falso. Il primo
ad usare questa espressione in francese (faux - bourdon) fu G.
Dufay, in una sua messa del 1430.

Frammento del gymel Inno a San Magno.

X
5
Trascri- 8 L’esempio mostra uno dei più importanti assunti contrappuntistici di Jo-
zione in squin des Prèz, la formazione della cadenza. Dall’analisi delle sue opere
notazione sono state individuate sei diverse tipologie:
moderna 9
di un
discantus 1) Ritardo della sensibile
inglese (rappresenta l’antica «clausola
del XV di discanto»).
secolo di
J o h n 2) anticipazione della finalis
Dunsta- seguita, come nel 1°caso, dal
ble. ritardo.

3) ritardo come nel 1° esempio,


ma con fioritura della sensibile
mediante nota di volta inferiore.

4) sensibile con nota di volta


superiore lunga e dissonante.

5) semiminima dissonante sul


tempo forte, che conduce alla
finalis con movimento discen-
dente di grado e successivo
ritardo come nel 1° es.

6) ritardo come il 1° es., con


fioritura della sensibile median-
te suo ribattimento e successiva
nota di sfuggita discendente e

ascendente. Questa particolare cadenza chiamata “clausola di terza inferio-


re” (in quanto la finalis viene raggiunta dal basso con salto di terza), era quel-
la preferita nell’epoca precedente a Josquin, ed era chiamata “CADENZA DI
LANDINO”.

X
6
G. Dufay con G. Binchois in una miniatura tratta da un
codice del XV secolo. LA SCUOLA BORGOGNONA
10
Verso la metà del 1400 divennero rilevanti i nomi di alcuni compositori appartenenti alla scuola della Borgogna. La
presenza di Filippo il Buono con il suo mecenatismo, fu determinante per lo splendore della cappella musicale borgo-
gnona, ove operarono G. Dufay, G. Binchois, A. Busnois.

GUILLAME DUFAY (? 1400 - Cambrai 1474) {si pronuncia Ghiyòm Diufaì}


Uno dei primi maestri nel contrappunto franco - fiammingo, esercitò una grande influenza
sulla nascita del tessuto armonico (di matrice inglese) che in seguito sarà proprio della com-
posizione rinascimentale / Dufay fu il primo compositore a realizzare le proprie creazioni poli-
I GEN.
foniche contrappuntistiche su cantus firmi secolari (come le Messe “L'homme armé”, “Ave
Primi 2/3 del Regina coelorum”, “Ecce ancilla Domini”, “Se la face ay pale”), una pratica che sarebbe di-
1400 ventata usuale per tutto il secolo successivo.
Compose 9 Messe a 3 - 4 voci, 19 Mottetti (il mottetto “Nuper rosarum flores”, scritto per la
consacrazione del Duomo di Firenze nel 1436, presenta la struttura isoritmica del tenor I e del
Tenor II direttamente legata alle proporzioni della cupola appena portata a termine da Bru-
nelleschi); un corposo numero di composizioni liturgiche varie (antifone, inni, sequenze, re-
sponsori) e, in numero maggiore, di chansons profane a 3 voci (su testi francesi, in latino, ed
in italiano).
Operò una sintesi degli elementi dell’Ars Nova francese e italiana, sviluppò storicamente lo
stile a cappella ed introdusse nella Messa il tenor profano; la sua grandezza sta nelle sue
GILLES BINCHOIS (1400 - 1460) {si pronuncia Ghill Binsciuà} Messe: fra le importanti innovazioni stilistico-formali egli elaborò:
la MESSA CICLICA:
Insieme a John Dunstable e Guillaume Dufay, è considera-
11
to uno dei compositori più significativi della prima metà in 4 parti con lo stesso cantus firmus per tutte le parti della messa, la più
del Quattrocento. L'influenza esercitata da Binchois sui famosa è “Ave Regina Coelorum” basata sull’antifona mariana con
compositori del XV secolo risulta evidente dal numero di testo liberamente farcito da Tropi; nel tessuto polifonico della messa è
trascrizioni e rimandi alle sue composizioni / Alla fine del presente una delle prime storiche “apparizioni” dell’accordo minore.
terzo decennio del Quattrocento entrò a far parte della la MESSA PARODIA:
cappella della corte borgognona del duca Filippo il Buono. adattamento di un testo letterario ad una composizione strumentale,
Alla sua morte, la fama di cui godeva fu attestata dal oppure sostituzione di un testo con un altro in una composizione vocale;
numero di brani dei suoi due grandi contemporanei a lui
dedicati: “Mort tu as Navré de ton Dart”, “Déploration sur L’influenza esercitata su di lui da J. Dunstable fu molto evidente: usò sistematicamente l’ ar-
la mort de Binchois” di Johannes Ockeghem, e “En Trium- monia triadica, che evidenziava gli intervalli di terza e sesta rispetto alle “consuete” conso-
phant de Cruel Deuil” di Dufay. nanze di quarta e quinta prevalse fino ad allora.
Come compositore non ebbe una vivace inventiva, come si evince dalla scarsa va-
rietà di temi nella sua produzione / Per trent'anni operò alla corte di Borgogna, a
tal punto che la sua opera corrisponde quasi esattamente a ciò che si intende per
"scuola borgognona".
Il catalogo delle opere di Binchois non brilla per le composizioni sacre: scrisse poche
parti dell'ordinario della messa, salmi, cantici, inni e antifone, ed un unico mottetto
isoritmico. Il suo nome, e dunque la sua importanza storica, è maggiormente lega-
ta alle musiche profane; compose oltre cinquanta rondò e diverse ballate e
chanson.
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Gli esempi seguenti, trascritti in notazione moderna, presentano il tema della chanson Se la
face ay pale sulla base della quale Dufay poi compose una MESSA CICLICA (1450) attin-
gendone il materiale melodico. Infatti dalla melodia della chanson sono state ricavate tre frasi,
A-B-C. Nel Kyrie seguente si evince al Tenor la frase A.

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Inizio della celebre Messa di Dufay.

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LA SCUOLA FRANCO - FIAMMINGA:
PRIME TRE GENERAZIONI
Nella storia della musica europea determinante è stata l’impronta lasciata dalle cin-
que generazioni, nell’arco di quasi due secoli, dei maestri fiamminghi,
“oltremontani”. Loro crearono una civiltà musicale che dominò l’orizzonte della polifo-
nia vocale sacra e profana sviluppando in modo incomparabile il contrappunto imi-
tativo a due voci; i principali centri furono le cattedrali delle città di Utrecht, An-
versa, Cambrai, Tournai, Bruges, Liegi. Le cappelle musicali di queste città di-
vennero la culla ed il “vivaio” dei più ricercati cantori, e dei più acclamati composito-
ri / Nelle corti veniva coltivata la chanson profana, che comportò lo sviluppo del ca-
none, basilare forma musicale che porterà l’arte del contrappunto, subito dopo, alla
sua espressione più complessa e magnifica: la fuga.

JOHANNES OCKEGHEM (1425 - 1497)


Primo importante compositore dopo G.Dufay. Sviluppò in am-
II GEN. piezza e profondità i modelli precedenti. Compose 10 Messe la
metà delle quali su cantus firmus, mentre l’altra metà sono libe-
Secondi 2/3 del
1400
re, ossia senza cantus firmus. Usò in modo sistematico l’imitazione
ed il canone, e portò tutte le voci ad un piano di assoluta parità.
La sua importanza risiede nel’adozione delle forme libere; egli Riproduzione del MS della Missa Ancilla Domini di J. Ockeghem; le quattro voci sono scritte, due
fu il primo dei fiamminghi che si cimentò nei più arditi e sottili per pagina, in modo da ottimizzare lo spazio.
15
artifici della scrittura contrappuntistica; ogni sua opera evidenzia
un raffinato uso del contrappunto basato sull'imitazione melodica,
tecnica che in alcuni casi ha raggiunto vertici difficilmente egua-
gliabili. Esempi eclatanti sono la Missa Cuiusvis Toni eseguibile
su qualunque tono di partenza; fu concepita in modo che cam-
biando la combinazione delle chiavi di armatura, potesse venir
cantata in ognuno dei 4 modi medievali; la Missa prolationum,
ove ognuna delle quattro voci presenta una suddivisione ritmica
differente / La sua Missa pro defunctis è storicamente il primo
esempio di messa funebre polifonica giunto fino a noi.

ANTOINE BUSNOIS (1430 - 1492)


Fu uno dei più celebrati musicisti della corte di Borgogna verso la fine del XV secolo; allievo di Ocke-
ghem. Compose tre messe a quattro voci, due magnificat, diversi mottetti, ma soprattutto 70 chanson
a tre e quattro voci, considerate più importanti della sua coeva produzione sacra / Le caratteristiche
contrappuntistiche delle sue composizioni rispecchiano le indicazioni delle migliori figure della scuola
fiamminga, ovvero la limpidezza della struttura polifonica e la ricchezza ritmica delle parti. L’imitazio-
ne tra le voci presente in alcune sue opere anticipò i lavori di compositori successivi come Josquin De-
sprez / Fu particolarmente incline al gusto del tempo elegante di corte.
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Esempio di virtuosismo ritmico-compositivo di J. Ockeghem. Nella Messa Prolationum egli adotta una suc-
cessione continua di doppi canoni formati dalla simultanea combinazione di due coppie di voci; ogni coppia è
un canone indipendente. Le quattro specie di prolatio sono adottate dalle rispettive quattro voci (S. A. T. B.); le
due voci superiori usano una prolatione minore, le due inferiori una prolatione maggiore.

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Riproduzione grafica del Kyrie tratto dalla Missa Cuiuvis toni di Ockeghem.

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HEINRICH ISAAC (1450 - 1517 ) JOSQUIN DES PRÉZ (Piccardia 1440 - 1521) {si pronuncia Gioschèn Deprè}
Compagno e musico di Lorenzo il Ma- Allievo di Ockeghem divenne il principe musicale del secolo, il più importante com-
18
gnifico a Firenze. La sua importanza positore fiammingo, definito da Martin Lutero (che era suo amico) “il principe dei
risiede nell’aver composto una epocale e suoni”; nessun compositore come Desprez ha mai lasciato un’impronta così netta sul
grandiosa opera musicale: il Choralis linguaggio musicale della propria epoca. La sua grandezza si accosta felicemente a
III GEN. Costantinus (commissionato dalla dio- quella dei grandi artisti del rinascimento italiano suoi contemporanei, ossia Raffael-
cesi di costanza) che contiene più di 300 lo (1483 - 1520), Michelangelo (1475 - 1564), nonché di Leonardo da Vinci (1475 -
Secondi 2/3 del elaborazioni polifoniche del propium 1564).
1400 Missæ delle domeniche e delle maggio- La sua musica rappresenta il fondamento sul quale si è sviluppata tutta la
ri feste del calendario liturgico. Questa successiva tecnica contrappuntistica imitativa a due voci / L’opera di Jo-
fu un’opera colossale per l’epoca, che squin fu determinante per l’affermazione del Mottetto; egli compose circa 80
data la vastità del progetto fu comple- Mottetti nel periodo che fu a Roma e, nell’anno dal 1503 al 1504, a Ferrara a servi-
tata da un suo allievo in tre volumi fra il zio di Ercole I d’Este. Al Duca di Ferrara dedicò la Missa Hercules Dux Ferrariæ. Tratto stilistico principale è
1550 ed il 1555 / Importante fu la sua la ricercata difficoltà imitativa delle voci. Nei suoi mottetti, la tecnica prevalente è quella dell'imitazione melo-
produzione di canti carnascialeschi dica; soprattutto i mottetti mostrano un trattamento del testo fortemente espressivo, in contrasto con la prati-
per la corte dei Medici. ca precedente che tendeva a ignorare il significato delle singole parole. Grande libertà ebbe nella scelta dei
testi da mettere in musica. Fu uno dei primi compositori ad adottare il metodo della composizione simultanea
delle voci / Compose circa 17 Messe ove si evincono tre tecniche compositive principali (oltre ad esempi di
composizioni sacre su soggetto cavato, cioè con il tenor estrapolato da parole o da particolari lettere di una
JACOB OBRECHT (1450 - 1505) frase); le tre tecniche sono:
Grande viaggiatore musicale, fu alla corte di Ferrara nel 1487. 1) POLIFONIA COSTRUITA ATTORNO AD UN CANTUS FIRMUS
Compose circa 25 Messe, 20 Mottetti e 30 brani profani / La sua esempio ne sono le Messe “Orbis factor”, “De Beata Virgine”, “Pange Lingua”;
musica compendia i caratteri della scuola fiamminga del Quat- 2) PARAFRASI DI MELODIE PREESISTENTI
trocento. Nella sua produzione musicale l'attenzione al testo è come la Messa “Missa Malheur me bat” (derivata da una chanson di Ockeghem);
scarsa, poiché le parole sono utilizzate come puro supporto delle 3) CICLI DI CANONI
note. Josquin continua e perfeziona l’antica prassi cabalistica relativa al simbolismo numerico fonte e matrice degli
archetipi per la costruzione musicale. In Josquin l’espressione simbolica era importantissima: riuscire a cogliere
La genialità del compositore emerge non nell'invenzione di temi
l’emergere del simbolo significava aver concluso un difficile cammino di conoscenza, ed era ragione di grande
ma nella complessità dell'elaborazione contrappuntistica: costrui-
valore secondo l’estetica del tempo; per questo il simbolo è sempre celato, riservato. Un magnifico esempio si
te generalmente su cantus firmus, le sue composizioni sono gran-
trova nel mottetto Salve Regina; qui il cantus firmus che è eseguito dal tenor è formato da 100 semibrevi: que-
diose architetture musicali in cui tutte le voci hanno pari dignità e
sto numero rappresenta simbolicamente Gesù (la cifra X del nome di Cristo in greco, elevata al quadrato), ed è
si imitano l'un l'altra, spesso nella forma rigorosa del canone, uti-
anche il numero che si ottiene sommando le lettere che formano il nome Josquin secondo la gematria (tecnica
lizzando raffinati artifici tecnici come l’avanzato senso armonico,
il terso contrappunto, e la grandissima varietà di trattamenti del cabalistica che riconosce a una lettera a un valore numerico; A=1, B=2 ecc.) / L’esempio artistico delle sue messe
cantus firmus / Nella sua Messa Sub tuum præsidium, il nu- ricapitola tutte le tecniche del suo tempo, dallo stile quadripartito, rigoroso e strutturalmente ingegnoso dei
mero complessivo dei Tactus (l’unità di misura del tempo che primi compositori della scuola franco-fiamminga come Ockeghem, alle successive tecniche rinascimentali di
grossomodo corrisponde alla nostra battuta) è 888; questa cifra è imitazione melodica e libera variazione di materiale preso a prestito da altre composizioni (prassi molto diffusa
l’equivalente della somma dei valori numerici che la cabala presso i fiamminghi, intesa perlopiù come testimonianza di rispetto nei confronti della scuola, e dei Maestri anti-
(disciplina che affonda le sue remote radici nel simbolismo nu- chi); questa tecnica si ritroverà anche nelle composizioni di Palestrina e Orlando di Lasso.
merico di stampo pitagorico) attribuiva alle singole lettere del Nelle composizioni profane, soprattutto chansons francesi polifoniche, applicò una grande varietà di tecniche,
nome “Gesù” (nell’alfabeto greco: 10+8+200+70+400+200=888). dalla più semplice armonizzazione alle più complesse forme di imitazione / Il merito storico di Desprez consiste
in ciò che il teorico Coclico definì con l’affermazione “musica reservata” esternando un giudizio sul suo stile,
Le composizioni profane mostrano la stessa tendenza alla com- ossia la sensibile coerenza fra suono e parola, storicamente la prima manifestazione di attenzione verso il rap-
plessità polifonica; una voce espone la melodia di una canzone porto fra testo poetico ed invenzione musicale / Josquin carpì e per primo rese palese il senso di VOLUMETRICA
già nota, mentre le altre contrappongono a essa altre linee melo-
VERTICALE della composizione polifonica a voci simultanee rispetto all’antico metodo lineare orizzontale.
diche in uno stile ricco e fiorito.
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IL LA POLIFONIA 1
RINASCIMENTO VOCALE
1430 ~ 1600

LA SOCIETA’
Nacque prima in Italia (FI) poi si diffuse sia in Italia che in Europa. Rinascita dal buio del Medioevo /
Riscoperta del mondo classico greco nelle arti (Architettura, Scultura) / Il pensiero umanista pose i testi
filosofici classici antichi come “base” del nuovo sapere, contrapponendo ciò alla dottrina scolastica e
metafisica del medioevo.

Stemma delle
LA MUSICA
stampe di O.
Termine esteso anche alla Musica: la musica nella con- Petrucci.
cezione umanistica aveva il potere di muovere gli
affetti dell’animo grazie alla sua espressività / La
musica è adesso presente in tutte le azioni quotidiane.
In ambito polifonico (sacro e profano) dominano i
maestri della IV e della V generazione di fiamminga,
che apporteranno maggiore magnificenza ai riti sa- Frontespizio della prima edizione della raccolta «Harmonice
cri / In ambito profano la musica acquisterà un’im- Musices Odhecaton», pubblicata da Petrucci nel 1501.
portanza ancora maggiore; si sviluppa la danza /
Adesso le corti sentono quasi come una necessità l’o- 1a Riproduzione di
stentazione del loro sfarzo, della loro potenza anche in una pagina
ambito musicale; fare musica diventa un costume, stampata da O.
una necessità culturale, a tal punto da convogliare Petrucci.
nell’ideologia di una coscienza educativa; il trattato
intitolato Il Cortegiano del nobile Benedetto Casti-
glione, del 1528, già palesava la necessità per un uomo
di corte di acculturarsi sulla musica del suo tempo.
L’Italia del periodo vede la nascita della STAMPA
MUSICALE; questa innovazione fu causa di maggior
diffusione della Musica. OTTAVIANO PETRUCCI da Fos-
sombrone fu in Italia la prima storica figura della
stampa musicale. Il suo procedimento di stampa, che
si espletava in una triplice impressione (rigo, note e
testo), fece scuola in Italia; egli stampò lo storico Har-
monice Musices Odecaton, contenente 96 Chanson
a 3 - 4- voci, 1501, Venezia. Il francese PIERRE ATTAI-
GNANT superò presto la tecnica di stampa italiana
con un procedimento ad unica impressione, 1523, che
ebbe più fortuna.

1 XI
ADRIAN WILLAERT (Bruges 1490—1562 Venezia)
2 SI formò a Parigi. Venne presto in Italia,
dove, sino al 1525 fu al servizio degli Estensi
IV GEN. a Ferrara. Dal 1527 sino alla sua morte, fu
maestro di cappella nella basilica di S.
A cavallo fra Marco a Venezia. Qui conferì un grandissi-
1400 e 1540 mo prestigio alla sua carica, e fece scuola
sia nell’ambito polifonico e sia in quello
dell’emancipazione strumentale. Ebbe fra i
suoi allievi Andrea Gabrieli, Cipriane de
Rore, Nicolò Vicentino ecc. Egli fu l’iniziato-
re della grandezza musicale sacra cattolica
veneziana.
JACQUES ARCADELT (1504 - 1568 ) Fu attivo in molti campi della composizio-
ne musicale, ma è nel campo madrigalisti-
Allievo di J. Desprèz visse co che il suo contributo fu più importante:
a Venezia nel periodo di fu uno fra i primi musicisti (come in seguito
massima affermazione di riconoscerà Monteverdi) a porre in primo
A. Willaert / Il suo catalo- piano l’importanza del senso artistico - poetico del testo poetico del ma-
go conta libri di madrigali drigale sulla musica; partendo da una stretta aderenza formale e conte-
a 4 voci ed un libro a 3 nutistica della musica al testo egli tracciò la strada, con l’impiego di de-
voci, pubblicati a Vene- sueti cromatismi, insieme a C. de Rore, verso quello stile compositivo che
zia / E’ ricordato per la in seguito Monteverdi chiamerà “seconda prattica”.
sua produzione madrigali-
stica affine alla semplicità La sua più imponente produzione madrigalistica fu la raccolta Musica
del primo madrigale ita- Nova: 27 Mottetti e 25 Madrigali a 5 e a 6 voci tutti su testi del Petrar-
liano, stile al quale si rifan- ca / Fra le composizioni sacre spiccano le 9 Messe, 1536, che delineano la
no anche le sue composi- tipologia della Messa parodia; egli normalizzò la prassi dei cori spezzati.
zioni sacre del periodo
francese. Importanti furono le sue Canzoni villanesche alla napoletana, 1545,
che si affiancano alla sua corposa produzione madrigalistica / Il suo gran-
de contributo allo sviluppo della musica strumentale fu la raccolta FAN-
TASIE, RECERCARI, CONTRAPUNCTI a 3 voci PER CANTARE E SONARE OGNI
SORTA DI STROMENTI, 1551.

2 XI
3

3 XI
4

4 XI
ORLANDO DI LASSO conosciuto anche come Roland de Lassus (1532—1594 Monaco di Baviera)
Fu uno dei più grandi maestri del secondo cinquecento, sia nello stile polifonico proprio della musica sacra europea del tempo
V GEN. (che cominciava a presentare tratti del cromatismo espressivo tipico del madrigale), sia nelle più nuove scuole di musica profana
che stavano nascendo in Germania, Francia e Italia / La sua vastissima produzione musicale (più di 2000 composizioni) venne
Seconda metà stampata e diffusa notevolmente mentre era ancora in vita / Nei dieci anni che trascorse in Italia visitò Napoli, Roma e Milano
del 1500 prima di ritornare nelle Fiandre, ad Anversa, nel 1554. Dal 1556 fu al servizio del duca Alberto V di Baviera, a Monaco / La sua
produzione sacra in latino comprende messe, nelle quali è molto forte l'impronta di Dufay, e mottetti. I mottetti in particolare
(550 a 4, 4 e 6 voci) si annoverano tra le sue opere migliori e illustrano una vasta gamma di colori espressivi nel trattamento del
testo. Tra le raccolte più note i sette “Psalmi Davidis poenitentiales”, 1584, e le dodici “Prophetiae Sibyllarum”(postume
del 1600) / La musica profana di Lasso comprende molte chansons, tra le quali si ricorda “Susanne un jour”, e infine canti poli-
fonici in italiano: i madrigali, nei quali egli eccelleva. La sua ultima opera, “Lagrime di San Pietro“, 1594, fu proprio una rac-
colta di madrigali, questa volta di argomento spirituale
5
Grandezza compositiva: la sua è una sintesi d’esperienza appresa dai contemporanei. Egli adoperò e personalizzò la forma della
messa parodia ove infuse un palese senso della verticalità armonica; nella sua opera già si intravedono le “maglie” tonali.
Fu così acclamato da essere uno dei pochi a poter scegliere i suoi poeti, “adeguandoli” alla propria opera, rovesciando così la consolidata gerarchia che vole-
va i poeti primi rispetto ai musicisti.

GIACHES DE WERT (Weert 1535 - Mantova 1596)


Gran parte della sua vita si svolse in Italia presso varie corti,
specialmente Ferrara e Mantova / Importante è la sua opera
madrigalistica (11 libri a 5 voci) insieme alle villanelle a 5
voci, ove il modello cromatico è sempre usato in favore della
volontà, già iniziata da Willaert, di evidenziare al massimo il
significato del testo / Compose anche 2 libri di Mottetti a 5
voci.

CIPRIANO DE RORE (1516—1565 Parma)


Discepolo di Willaert anche lui si for-
6 mò ed operò in Italia divenendo Mae-
stro di cappella a Ferrara, Parma e
nella prestigiosissima Venezia / Le sue
raccolte più importanti sono i cinque
libri di Madrigali a 5 voci e i due
libri di Madrigali a 4 voci, pubblicati
tra il 1542 e il 1577.
Egli proseguì l'opera di Willaert, indi-
cando una via per il madrigale. L'im-
pianto musicale che adottò è con-
trappuntistico e risente dell'elaborato stile imitativo fiammin-
go, ben visibile anche nella sua musica sacra. Il rigore polifoni-
co è però sviluppato non come una costruzione autosufficien- 7
te, ma come risorsa per dare il massimo rilievo al signi-
ficato del testo, evidenziando così una tendenza che Mon-
teverdi prenderà a modello per perfezionare la su “seconda
5 prattica”. XI
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6 XI
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8 XI
Giovanni Della Casa C. De Rore
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9 XI
LA RIFORMA PROTESTANTE
Martin Lutero (1483 - 1546) fu indotto a rifiutare nel 1519 il primato del papa e l’autorità della
Chiesa, non accettando principalmente:
L’ABUSO DATO DALLA VENDITA PUBBLICA DELLE INDULGENZE;
L’AVIDITÀ IN GENERE DI TUTTO IL CLERO;
IL CULTO DEI SANTI.
Affiggendo nel 1517 le sue 95 Tesi nel portone della cattedrale di Wüttemberg, egli, in cuor
suo, aveva agito solo per “suggerire” alla chiesa romana; storicamente e socialmente egli fu,
suo malgrado, la giusta scintilla che provocò la rottura con l’unità religiosa cattolica romana:
dal movente religioso ne nacque una scissione che spezzò il potere temporale del papato nel-
le terre in questione, e di li a poco anche in Europa. La Chiesa “riformata” di Lutero adoperò
una difformità di interpretazione della dottrina cristiana.
Similmente, anche altri paesi europei trassero “spunto” per rinnegare l’oppressione temporale
del papa; a Ginevra CALVINO creerà il movimento degli Ugonotti, ed ENRICO VIII sancirà la sua
“supremazia” in Inghilterra e non quella del papa. Adesso il latino viene sostituito, nella litur-
gia, con le lingue nazionali.

MARTIN LUTERO: IL CORALE


Martin Lutero era un musicista (suonava il liuto ed il flauto; era un grande ammiratore ed ami-
co di Josquin); egli intuì la difficoltà che aveva la grande massa, l’assemblea, nel partecipare
musicalmente alla liturgia, ove il canto era divenutocosì fittamente polifonico. Con la sua rifor-
ma egli rivoluzionò il concetto stesso di musica sacra; si preoccupò di far partecipare attivamen-
te al culto tutti i fedeli, annullando il divario incolmabile fra testo in latino e popolazione igno-
rante, fra fittezza contrappuntistica (appannaggio esclusivo dei musicisti professionisti ed ora
della altissima scuola franco - fiamminga) e fruibilità melodica generale per il grosso dei fedeli (i
quali per la stragrande maggior parte non conoscevano una nota di musica).
Nelle Messe luterane si impiegò una tipologia di canto che di per se stessa andava contro i cano-
ni del cattolicesimo: il canto corale (subito chiamato semplicemente corale). La Chiesa romana
delegava l’esercizio della musica soltanto ai musicisti professionisti ed agli ecclesiastici: Lutero
rese partecipe al canto i fedeli riducendo al minimo la complessità della polifonia. Egli si preoc-
cupò di diffondere l’istruzione musicale a tutti, ed insegnò il canto corale a tutti i fedeli. In que-
sta riforma musicale sacra Lutero creò un canto aggiornato: la semplicità fu il suo ideale. Il Co-
rale luterano è facile, sillabico, ha struttura strofica, è omofonico ed omoritmico, e consente ai
fedeli di impararlo ad orecchio. Ciò comportò un contatto più diretto con il popolo
Una tipologia di Corale luterano molto impiegato sin dall’inizio fu il CONTRAFACTA: una tipologia
di corale nato dalla sostituzione di un testo profano popolare con uno sacro in una preesistente
melodia molto nota; una sorta di “travestimento spirituale” di note melodie popolari. Molti can-
ti in lingua volgare, da quelli dei Minnesänger a quelli penitenziali ed anche quelli militari, di-
vennero corali.
Le tipologie di corale furono varie, dal semplice monofonico dell’inizio divenne in seguito polifo-
nico ed in stile mottettistico / In breve tempo PRAETORIUS, LECHNER, SCHUTZ divennero le perso-
nalità musicali storicamente importanti della Germania luterana. J. S. Bach sarà il più alto rap-
presentante, anche, del Corale.

10 XI
GLI UGONOTTI
Giovanni Calvino fu il portavoce degli Ugonotti. La sua linea di condotta riformatrice fu più estremista rispetto a quella luterana;
egli si propose di distruggere qualunque forma di inquinamento del canto sacro, per cui propose di abolire ogni forma di musica
strumentale all’interno delle chiese allo scopo di infondere più severità nel culto. Nell’estremismo della proposta fu progettato di
distruggere tutti gli organi delle chiese, ma, fortunatamente, in pratica venne condotta una severa limitazione degli artifici polifoni-
11
ci per la musica dei canti sacri; venne ammesso solo il canto dei salmi da parte dei fedeli.
Clèment Marot fu la personalità legata alla traduzione, che risultò assai problematica, di 50 salmi nella nuova direttiva sacra di
Calvino.

LA CHIESA ANGLICANA: GLI ANTHEMS


L’Inghilterra musicale della riforma ostentò una maggiore moderatezza nell’intensità. Nel PRAYER BOOK vennero scritti i nuovi canti in
lingua inglese. L’equivalente inglese del corale, nel senso di prodotto della riforma, fu l’Anthem (sinonimo di Antifona), e risultò essere
una composizione corale in inglese scritta su un testo religioso non liturgico che sarà la principale forma di musica della Chiesa Anglicana
in opposizione al mottetto a tre voci. Si distinsero presto il Full e Verse Anthem. Il Full Anthem era solitamente accompagnato dall’or-
gano ma poteva anche essere a cappella. Nel Verse Anthem si alterna il solista al coro; anche in questa tipologia è presente un accom-
Pagina tratta dall’Innario di Wüttemberg del 1522 pagnamento strumentale. William Byrd compose molti Full Anthem, mentre i più grandi Purcell ed Haendel coltivarono il Verse An-
curato da Lutero. them. Con Hendel l’Anthem venne ampliato nella struttura e divenne una vera e propria cantata in più movimenti.

LA CONTRORIFORMA CATTOLICA LA SCUOLA ROMANA


PAOLO III: IL CONCILIO DI TRENTO 1545-63 Sin dal XIII secolo i papi incentivarono il grande prestigio musicale della Cappella
La chiesa non poteva certo rimanere a guardare che la “propria” Europa rinnegasse il Sistina. Questa fu la più antica cappella musicale romana, voluta da papa Sisto IV
potere politico-religioso-sociale temporale del Papa; ne nacque così la Controriforma nella seconda metà del XV secolo. Le donne furono vietate nelle scholæ fra i cantori,
cattolica. Il Concilio di Trento fu solo l’inizio del processo di controriforma; in seguito il potevano accedervi solo voci bianche.
Tribunale del l’Inquisizione, la messa al bando dei libri proibiti e i roghi per gli eretici La Chiesa cattolica si è macchiata di una delle peggiori azioni mutilanti che uomo
(Savonarola, Giordano Bruno. ecc.) ne continueranno ad assicurare l’efficacia. potesse mai compiere: la mutazione degli organi genitali ai fanciulli pueri cantores
Da un punto di vista prettamente musicale dal concilio di Trento scaturirono tre impor- che si apprestavano all’adolescenza, al solo unico scopo di poterne conservare la
tanti direttive, che furono plasmate sulla base delle nuove circostanze maturate negli voce bianca, e di possedere così un’estensione vocale ampissima. Già dalla metà del
ambienti della riforma; questi rinnovamenti furono: 500 questa pratica, efferata, era ampiamente in uso, allo scopo di creare i castrati, i
a) abolizione di tutti i tropi e di tutte le antiche sequenze tranne 4 quali non molto tempo più tardi primeggeranno da padroni assoluti nel melodram-
ma.
VICTIMAE PASCHALI LAUDES (per la Pasqua)
Uno dei tratti stilistici notevoli fu l’impiego di una policoralità che Palestrina seppe
VENI SANCTE SPIRITUS (per la Pentecoste)
sfruttare con grande pienezza sonora.
LAUDA SION SALVATOREM (per il Corpus Domini)
DIES IRAE (per la Messa dei Defunti)
Nel XVIII secolo a queste quattro fu aggiunta un’altra sequenza: STILE A CAPPELLA
STABAT MATER DOLOROSA. Nello stile a cappella si attuò la semplificazione del contrappunto vocale imposto dalla
controriforma cattolica. Si ebbero così soltanto voci di pari importanza che furono
b) sacralità dei cantus firmus: non furono più ammessi nel rito liturgico cactus firmus di quattro:
dubbia provenienza o, ancora peggio, di provenienza profana. cantus,
c) chiarezza ed intelligibilità delle parole. altus,
tenor,
Bassus
A Roma Palestrina, attinse a piene mani dal repertorio polifonico franco-fiammingo
che per primo aveva sviluppato lo stile a cappella, e in special modo il grande Josquin
Des Prez. Lo stile a cappella fu il culmine della polifonia vocale sacra cinquecentesca.

11 XI
GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA (1525 –1594 Roma) Estrato iniziale dell’Agnus Dei tratto dalla “Missa Aeterna Christi munera” di Giovanni
Pierluigi da Palestrina. Mirabile è lo stile composto, severo, la voluta non accentuazione
Egli fu la personificazione della controriforma cattolica in ambito simultanea delle varie voci, unita all’autonoma condotta delle voci; questi assunti sono i
12
musicale sacro. Il suo nome è legato alla proliferazione, italiana pri- tratti più distintivi della polifonia sacra palestriniana.
ma e poi anche in Europa, dello stile a cappella, a tal punto da essere
tacciato come l’inventore di tale stile. Senza dubbio egli fu uno dei
più grandi compositori del Rinascimento.
Si occupò quasi esclusivamente di musica vocale sacra; egli fu al servi-
zio di 13 papi.
Vastissima fu la sua produzione sacra in latino / Circa un terzo delle
sue Messe sono composte secondo la tecnica «a parafrasi», ossia
sviluppando il costrutto musicale da una fonte gregoriana, come ad
esempio la Messa Aeterne Christi Munera. Solo una Messa è co- 13

struita sulla base di una melodia profana (ossia la famosa canzone


popolare “L’Homme armè”) / Molto importante e famosa fu la Messa
Papæ Marcelli, composta in memoria del papa Marcello II, morto
dodici anni prima, che fu un esempio eclatante di semplicità e purez-
za. Molto ricca fu la sua produzione di mottetti. Celeberrimi i suoi 2
G.P. da Palestrina, in un ritratto con lo spartito STABAT MATER, uno a 8 e l’altro a 12 voci.
della «MissaPapæ Marcelli II» (1567 ca)
Napoli, Museo del Conservatorio. Egli fu l’espressione del più puro ed armonioso canto sacro cattolico:
spiritualità musicale ed intimismo, compostezza, pace, sobrietà sono i
suoi caratteri distintivi. Nella sua musica non vi è nessun eccesso; egli adopera un attento rifiuto del cromati-
smo / Con Palestrina si compie una evoluzione compositiva: egli attua una accurata preparazione e risolu-
zione delle dissonanze verticali; cura con attenzione l’accentuazione non simultanea delle varie voci tenen-
do sempre ben presente la percettibilità delle parole / La sua musica deve trasmettere pietà e devozione.
Il catalogo palestriniano comprende 102 messe, 250 mottetti, 35 magnificat, 68 offertori, 45 inni e altre
composizioni. Appartengono alle composizioni profane oltre 91 madrigali profani e 42 madrigali spirituali.
L’eco del suo operato, e del suo insegnamento contrappuntistico, durò per secoli; ad esempio di grande im-
portanza fu l’opera “Gradus ad Parmassum” del 1725 di J.J.Fux, un compositore e didatta austriaco che i-
dentificò nell’esempio paletriniano il principale modello da seguire per la composizione della musica sacra.

LA LAUDA POLIFONICA
Le Laude polifoniche che si svilupparono nella seconda metà del 500, traendo le mosse dalle antiche laude
monodiche furono adesso a tre o quattro voci; questi canti segnarono in seguito il passaggio dallo stile poli-
fonico al monodico. Furono delle liriche italiane d’ispirazione religiosa, ma non liturgica / Le raccolte più
importanti di Laude polifoniche sono le “Laude Spirituali” di G. Animuccia, 1563, Il Tempio armonico
della Beatissima Vergine di G. Ancina, 1599, ed il Teatro armonico spirituale di F. Anerio, 1619;
questa raccolta contiene madrigali spirituali e dialoghi in stile recitativo. La scrittura corale è semplice, omo-
ritmica. Serafino Strozzi raccolse la prima collana manoscritta di Laude polifoniche a Firenze nel 1563, e
forono stampate da Petrucci.

12 XI
LA SCUOLA VENEZIANA 15

Solo qui non filtrò il modello romano / A Venezia vigeva una tradizione unica: la policoralità. Questa tradizione nacque quasi per una
“necessità architettonica”: riempire la Basilica di San Marco; questa aveva una pianta particolare, ossia poteva ospitare due agglomerati
coristici. Si creò così una duratura tradizione che voleva due cori battenti e due organi all’interno della Basilica. Sfruttando la particolare
struttura della basilica di San Marco, si poterono disporre le voci del coro in punti lontani fra di loro, venendo a formare così dei suggestivi
giochi d’eco, con alternanze e sovrapposizioni di grandiosa solennità polifonica / Venezia è la città che fece partire l’emancipazione stru-
mentale in abito sacro; nello stile veneziano sacro si mischiano voci e strumenti, e questi ultimi acquisteranno quasi pari importanza ri-
spetto alle voci / Più magnificenza ostentò la musica veneziana: l’interesse alla floridezza della musica sacra era qui voluta anche dal
doge. A Venezia la musica acquista anche delle funzioni politiche, e conosce il protezionismo dei dogi.

ANDREA GABRIELI (Venezia 1518 - 1586)


Da fanciullo fece parte del coro della basilica di San Marco, dove studiò con il fiammingo Adrian Willaert / Fu Maestro di cappella in San
Marco ed uno fra i più celebri musicisti di tutta Europa grazie ai suoi madrigali e alla musica per organo, nonché per l'uso dello stile, tipi-
camente veneziano, dei cori spezzati. Questi due cori potevano inoltre essere differenziati in termini di funzione e materiale musicale,
oltre che acusticamente. I Cori battenti furono impiegati da A. Gabrieli non solo nelle messe e nei mottetti, ma anche in composizioni pro-
fane, ed esercitarono una profonda influenza sulle procedure formali della musica liturgica successiva.
Nella sua produzione sacra spiccano i 110 mottetti (policorali) da 4 a 12 voci, la serie dei 7 Psalmi davidici a 6 voci, e le 4 Messe a 6
voci, con impiego di voci e strumenti / Trattò tutti i generi musicali: egli fu il massimo esponente dello stile veneziano / Corposa fu anche
la sua produzione madrigalistica: circa 250 madrigali da 3 a 12 voci; Mascherate (3-5 voci) Grechesche et Justiniane (che mischiano il
greco al dialetto veneziano; i personaggi sono tratti dalla commedia dell’Arte).
Poco cromatismo si evince dalle sue opere in favore dello sviluppo contrappuntistico affine alla tecnica imitativa / Importante fu il suo
contributo allo sviluppo dell’opera organistica: egli è l’iniziatore insieme a Claudio Merulo e G. Diruta della tecnica strumentale. In questo
periodo si assiste alla nascita dei primi trattati di didattica per strumenti da tasto. Interno della Basilica di S. Marco, Venezia.
A. Gabrieli fu tra i primi compositori a intendere la musica puramente strumentale come genere autonomo; molto corposa fu la sua pro-
duzione strumentale: ricercari, canzoni, intonazioni (per strumenti a tastiera e “per ogni sorta di stromenti”) / Grandezza delle sue
composizioni policorali: ebbe un ruolo di rilievo nella fase di transizione dalla musica rinascimentale a quella barocca.

GIOVANNI GABRIELI (Venezia 1557 - 1612)

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Studiò nella città natale con lo zio, Andrea Gabrieli, e lavorò a Monaco dal 1574 al 1579. Dal 1586 fu primo organista a San Marco, succedendo ad
Andrea. Le sue formazioni miste di solisti, cori e strumentisti, con la loro grande varietà di combinazioni timbriche, contribuirono a fissare il contrasto,
principio che avrebbe permeato la musica del XVII e XVIII secolo. Nella medesima direzione va il suo uso dell'armonia che anticipò, prefigurandola,
la pratica della musica barocca.
Con lui si attuò l’apoteosi dello stile policorale / La sua produzione fu più scarsa rispetto a quella dello zio, ma ebbe grande favore in Germania / G.
Gabrieli portò ad una maggiore evoluzione il modello imparato dalla lezione dello zio, infondendo grandiosa sonorità strumentale, e perfezionando
lo stile concertante / La sua Sonata pian e forte a otto voci (1597) contenuta nel primo dei due volumi di raccolte delle Sacrae Symphoniae, fu
tra le prime composizioni a stampa a specificare l'intensità del suono richiesta e l'esatta strumentazione da impiegare nell'esecuzione di un brano.
Nel 1615 furono pubblicate postume le Symphonie Sacræ e le Canzoni et Sonate per sonar ogni sorta de istrumenti, una raccolta di 17 can-
zoni strumentali da 5 a 12 voci, tre sonate a 14 e più voci, e la sonata a tre violini (storicamente importante per l’affermazione formale del genere
sonatistico che sarà del successivo periodo barocco) / Giovanni Gabrieli fu anche celebre per i mottetti e la musica per organo. Diventato insieme
allo zio famosissimo nel mondo musicale di tutta Europa, ed ebbe alla sua scuola numerosi musicisti, il più celebre dei quali fu il tedesco Heinrich
Schütz, il quale si fece portavoce in Germania della scuola veneziana.

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Esempio tratto dal mottetto “O Magnum mysterium”


dalla raccolta dei Concerti del 1587 di Giovanni Ga-
brieli. Da notare l’alternanza fra i due cori battenti.
Giovanni fa un uso audace dei cromatismi, sia armonici
che melodici. Molto interessante, armonicamente, è la
falsa relazione (> ossia la successione di due note di
egual nome, una naturale e l’altra alterata, scritte in di
parti diverse) che compare alla quinta misura fra SI b e
SI naturale. Questo artificio compositivo è voluto da
Gabrieli per esprimere il senso estatico del testo, il
sentimento mistico di raccoglimento che l’autore sugge-
risce di provare di fronte al mistero dell’Incarnazione.

19 XI
LA POLIFONIA PROFANA
Molti assunti musicali, storici e sociali, convogliarono nel genere polifonico profano in tal modo da determinare la creazione di un repertorio incentrato molto sulle caratteristiche
nazionali. L’esempio polifonico della scuola contrappuntistica franco - fiamminga sarà universalmente adottato, anche se in Italia incontrò parecchi ostacoli all'inizio, ma già a parti-
re dal terzo decennio del 1500 l’influsso degli oltremontani fu palese. Adesso la situazione è notevolmente cambiata rispetto a due secoli prima; la diffusione della stampa musicale
assicurerà una grande circolazione, nonché conservazione, di tutto un repertorio profano appannaggio delle corti. L’Italia del ‘500 e di buona parte del ‘600 primeggerà in quanto
a mole ed importanza raggiunta nel campo della polifonia profana.

ITALIA
I CANTI CARNASCIALESCHI
Lorenzo de’ Medici e la corte fiorentina sono il fiore all’occhiello per quanto concerne la produzione artistica in Italia. A Firenze si eseguono canti in Italiano, e i particolari Canti Car-
nascialeschi tipicamente fiorentini. Questi facevano da cornice musicale ai festeggiamenti del carnevale. Gli argomenti erano variamente scherzosi, e venivano “presi in giro” tipi po-
polari; la forma più tipica era a tre o quattro voci / Rimasero in voga più a lungo delle frottole; la loro diffusione era legata soltanto al periodo di carnevale / Purtroppo molto si è
perduto a causa dei bruciamenti savonaroliani. La più importante raccolta è quella di Antonfrancesco Grazzini che li distinse in tre tipi:
a) carnasciale del popolo;
b) carnasciale del crocefisso;
c) carnasciale di corte.

IL MADRIGALE DEL XVI SECOLO


La più alta espressione polifonica profana del ‘500 è rappresentata dal madrigale; esso però non ha niente in comune con il madrigale del ‘300. Adesso è più grande, ha più voci,
presenta il raddoppio delle voci con gli strumenti, e non sta più attento al rigore strofico dei versi. E’ molto voluto nelle corti / Si fa più stretto il legame fra poesia e musica: grazie
alla tenace azione fautrice di Pietro Bembo nasce in Italia il “nuovo petrarchismo”; F. Petrarca è indicato come il modello esclusivo di poesia da seguire (e musicare). Insieme a Pe-
trarca furono visitati Ariosto, Tasso, e Boccaccio, spesso musicato per la prosa, insieme al Guarini / Il madrigale cinquecentesco è di derivazione frottolesca, ma rispetto alla frottola
ha una forma aperta, ed è astrofico. Dall’omoritmia dei primi esempi si passò allo stile contrappuntistico fitto. Presenta una compagine vocale che da cinque voci puo’ arrivare fino
a otto / Nel madrigale il termine cromatismo è considerato su due livelli: a) uso di valori piccoli b) uso di intervalli di semitono. Il madrigale è musicato frase per frase, e ogni
frase ha senso compiuto / Nasce la prassi di Interpretare musicale la parola; Madrigalismi sono chiamati quegli effetti musicali evocanti il senso dei versi; questi madrigalismi si incon-
trano nei cosiddetti madrigali Ariosi / E’ una musica più per coloro che la eseguivano, i ceti più abbienti organizzati in accademie, che per gli uditori; ecco perché furono così tanto
stampati e determinarono anche il successo dell’editoria musicale. A Venezia ne furono stampate decine e decine di raccolte.
LE FROTTOLE
Nacquero a Ferrara nel periodo 1480-1520 e furono contrapposte alla chanson fiamminga; la frottola fu una delle più importanti forme profane italiane. Isabella d’Este a Ferrara ne
fu la principale fautrice. Isabella d’Este è storicamente importante per l’emancipazione femminile in ambito musicale; da Ferrara la frottola si estese in quasi tutta la penisola / Pre-
senta una struttura strofica con metrica ottonaria, e sei o otto versi / Dalla frottola derivarono: Strambotto, Ode, Capitolo, Sonetto / I musicisti più famosi furono: Marchetto
Cara, Bartolomeo Trombicino / Ottaviano Petrucci stampo’ e diffuse una grande quantità di frottole.
VILLANELLE MORESCHE BALLETTI GIUSTINIANE
A Napoli si sviluppa principalmente la forma della Villanella. Le villanelle erano eseguite a Napoli già praticate dal 1440; sono composizioni profane che mischiano il dialetto all’i-
taliano; sono in versi endecasillabi e di solito hanno una compagine vocale di tre voci: due soprani e un basso. Sono delle divertenti composizioni ove non mancano dei procedimenti
musicali volutamente sbagliati allo scopo di prendere in giro la “musica seria”. Napoli coltiva anche la forma di danza con voci e strumenti del Balletto, ove lo stile vocale è omofo-
nico ed è formato da cinque voci. Giovanni Giacomo Gastaldi fu la figura di rilievo per lo sviluppo dei Balletti / La Moresca, che riceve anche gli influssi veneziani, è una sorta di
canto carnascialesco che prende in giro gli schiavi negri.
A Venezia viene rispolverata la Giustiniana; fu una parodia dell’antica forma quattrocentesca non più praticata. Adesso però ha un carattere burlesco e satirico. Andrea Gabrieli
ne produsse mirabili esempi.

20 XI
Frottola di Bartolomeo Trombicino “Chi se fide
de fortuna”. Evidente è il ritmo vivace di danza,
in misura ternaria, che genera l’effetto hemiolia,
ossi l’alternanza di uguali unità ritmiche binarie
con le ternarie. Il testo della frottola è quasi
simile a quello della ballata del ‘300: la ripresa
ha 4 versi, e le strofe 6 o 8 versi, tutti, in genere,
ottonari. Gli episodi musicali sono due ciascuno
diviso in due frasi. La struttura più frequente è la
seguente:
RIPRESA STROFA
Rime dei versi: a b b a c d c d d a
Musica: A B A A B
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21 XI
Esempio di “Madrigalismo”: tratto dal Quarto libro di Madrigali di Luca Marenzio il Madrigale
LUCA MARENZIO (Brescia 1553 - 1599 Roma) Giunto alla tomba si basa sul testo della “Gerusalemme Liberata” di T.Tasso e nel presente esem-
Uno dei più importanti autori italiani di madrigali della fine del pio (XII, 96-99) Marenzio mette in luce la sua capacità di raffigurare quasi “pittoricamente” le
21
Rinascimento / Operò a Roma; fu Maestro di cappella presso la immagini poetiche suggerite dal senso della poesia: qui il tema a note lunghe del Soprano e del
Quinto si impernia su scale discendenti che descrivono la discesa di Tancredi alla cripta di Clo-
corte del cardinale Luigi d’Este, ma non eccelse nel campo sacro / rinda
Enorme è il catalogo delle sue opere: 400 madrigali in 16 libri
(perlopiù a 5 voci); 5 libri di villanelle a 3 voci.
Celebri per la loro resa virtuosistica ed espressiva dei testi, questi
madrigali fanno uso di vivide descrizioni e armonie cromatiche
che rivelano l'influenza di Cipriano de Rore e Giaches de Wert e
anticipano lo sviluppo del madrigale barocco compiuto da Mon-
teverdi.

Nel 1589 insieme ad altri insigni musicisti suoi contemporanei par-


tecipò alla composizione di sei grandiosi intermedi per le nozze
del duca fiorentino Ferdinando de' Medici con Cristina di Lorena.
Gli Intermedi denominati Intermedi de la Pellegrina erano su
testi di Ottavio Rinuccini e musiche, oltre alle sue, di Malvezzi, E.
De Cavalieri, J. Peri, G. Caccini. Svolgevano temi allegorico - mi-
tologici ed avevano i seguenti titoli:
1) L’Armonia delle sfere; 2) La gara fra Muse e Peridi; 3) Il combattimento pitico di Apollo; 4) La
regione de’ demoni; 5) Il canto d’Arione; 6) La discesa d’Apollo e Bacco col Ritmo e l’Armonia.
Grande fama ebbero le sue composizioni, si contarono parecchie ristampe dei suoi madrigali già
mentre era in vita. La loro inclusione nell'antologia Musica Transalpina (2 volumi, 1588, 1597) ebbe
una profonda influenza sul madrigale inglese dell'era elisabettiana / Compose anche 75 mottetti
sacri dalla commovente musicalità.
Il suo stile manifesta una grandiosa capacità di sintesi di tutti i procedimenti compositivi conosciuti /
Fu il più alto rappresentante del “Petrarchismo musicale”; eleganza, espressività soave, e serenità
sono altamente palesi nella sua musica. Venne definito “il più dolce cigno d’Italia”.

Esempio tratto dal madrigale Solo e pensoso di L.Marenzio su testo del celebre sonetto del Petrarca.
Marenzio fu il più famoso madrigalista del suo tempo (il suo Primo libro di Madrigali, Venezia
1580, venne stampato almeno nove volte). Egli seppe sfruttare tutte le possibilità della scrittura
madrigalistica. Nel presente esempio è riportato un “madrigalismo” molto sottile: il carattere mesto
e sconsolato che i primi due versi del testo esprime, vengono realizzati musicalmente tramite una
esplicita linea melodica cromatica del Soprano, che ascende, a note lunghe, per un’ampiezza com-
plessiva di una nona (semitono per semitono) per poi ritornare a scendere di una quinta.

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22 XI
CARLO GESUALDO principe di VENOSA (Venosa 1560 - 1613 Napoli)
Moro Lasso: uno dei 25
24 Figlio dell’altissima aristocrazia napoletana; più singolari ed
fu uno dei più grandi e arditi rappresentanti affascinanti madriga-
del madrigale, oltre che provetto suonatore li di Carlo Gesualdo
di Venosa su testo
di arciliuto, ed oltre che un feroce assassino poetico del Tasso.
storicamente documentato. Formatosi musi- Straordinario uso dei
calmente con Pompinio Nenna, subì il fascino cromatis mi (per
delle teorie sul cromatismo di Nicoló Vicenti- l’epoca), Gesualdo è
no e Marcantonio Ingegneri. Fu per un lungo rimasto insuperato
periodo grande amico di Torquato Tasso di nell’arditezza com-
positiva dai suoi
cui musicó molti versi. contemporanei;
Carlo Gesualdo e Torquato Tasso si erano evidente la sua predi-
lezione per le emo-
conosciuti a Napoli, durante uno dei tanti zioni forti espresse in
incontri tra poeti suonatori e cantori dell'e- inaudite stravaganze
poca. Gesualdo musicò, nel primo Libro dei armoniche, melodi-
Madrigali, vari testi del Tasso. L'amicizia fra i che e ritmiche. Il
due terminò quando Gesualdo dopo aver serratissimo cromati-
ucciso la moglie Maria D'Avalos, sorpresa con smo di questo capo-
lavoro vuole esaltare
il suo amante Fabrizio Carafa, seppe che il il sentimento di
Tasso, che era mantenuto presso il castello di Gesualdo, aveva scritto irrequietezza e di
quattro sonetti sull'amore dei due amanti. angoscia proprio del
senso poetico del
Insuperato artefice di spregiudicati cromatismi al tal punto da stupire testo, a cui seguono
anche i suoi contemporanei. La sua attitudine all’ardito cromatismo in maniera impreve-
nasceva anche per gioco: egli amava alterare di un semitono gli inter- dibile episodi di
valli melodici dopo averli scritti, creando così nelle armonie degli squili- estrema semplicità e
bri originali nelle tonalità (ciò la dice lunga sul suo carattere bizzarro). ritmi veloci.

Compose 6 libri di Madrigali, in tutto 110 a 5 voci. Tra i sei libri di ma-
drigali da lui composti, soprattutto gli ultimi due rivelano uno stile ar-
monico drammatico e fortemente innovativo che tende all'espressione
delle emozioni tramite l'uso di potenti dissonanze e di salti imprevisti
tra tonalità molto distanti.
Nel 1594 sposò Eleonora d'Este ed entrò in contatto con il cuore del
mondo musicale e letterario ferrarese. Nel suo stile musicale si riscontra-
no le influenze musicali di J. de Wert e di L. Luzzaschi.
Rifiutò il concetto di madrigalismo; i contrasti venivano fatti scaturire
solo dal senso delle parole. Egli persegu’ una esplicita ricerca di evidenti
provocazioni comunicative / Nelle sue composizioni si evincono situa-
zioni sempre drammaticamente tese.

23 XI
24 XI
IL MADRIGALE DRAMMATICO
Fu opposto al precedente: si realizzò una inversione di tendenza. Il madrigale drammatico,
detto anche “rappresentativo” era di genere comico, burlesco, realistico, caricaturale. Pre-
sentava rime dirette, e mirava all’umor comico. Uno dei primi esempi fu quello di Ales-
sandro Striggio: “Il cicalamento delle donne al bucato”. Questi madrigali erano ispirati
alla commedia dell’Arte. Di solito erano a 5 voci (3 voci per le canzonette). Massimi espo-
nenti del genere furono Adriano Banchieri ed Orazio Vecchi.

ADRIANO BANCHIERI (Bologna 1567—1634)

26 Monaco dell’ordine degli olivetani bolognesi, ebbe molta


influenza nella vita musicale bolognese e fondò, nel 1615,
l'Accademia dei Floridi / La sua produzione musicale co-
pre un amplissimo raggio di generi, sacri e profani, vocali
e strumentali; fondamentale fu il suo contributo allo svi-
luppo del madrigale drammatico, per il quale si rifece
con grande fantasia non solo ai musicisti suoi contempo-
ranei, come Orazio Vecchi, ma anche alla Commedia
dell'Arte / Con lo pseudonimo di Camillo Scaligeri della
Fratta fu autore anche dei testi di vivaci "commedie ma-
drigalesche" che furono molto celebri, come La pazzia
senile, 1598, Il zabaione musicale, 1604, La saviezza
giovanile, 1607, Il festino nella sera di giovedì grasso, 1608; sono opere ricche
di toni comici e miscelate al dialetto, con la comparsa, a volte, di versi e voci di ani-
mali / Tratti stilistici importanti sono gli equivoci, le gags, le burle.
Banchieri fu un importante innovatore: egli adottò l'uso sistematico delle stanghette
di battuta e degli accidenti in chiave, nonché l'utilizzo delle indicazioni dinamiche di
piano e di forte, e la numerazione per il basso continuo. Queste epocali innovazioni
musicali saranno, a partire dal suo esempio, sistematicamente adottate.
Importanza storica rivestono inoltre i suoi trattati teorici sul canto gregoriano e sulla
pratica organistica (L'organo suonarino, 1605). Scrisse anche delle novelle, la più
nota è “Il Cacasenno” (1620), continuazione del Bertoldo e del Bertoldino di Giulio
Cesare Croce.

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Brano tratto dalla raccolta intitolata “La Pazzia Senile” di A. Banchieri.

27 XI
ORAZIO VECCHI (Modena 1550 - 1605) 30

Maestro di cappella del Duomo di


29
Salò dal 1581 al 1584, dal 1583 di-
resse anche la cappella del Duo-
mo di Modena, incarico da cui fu
sospeso nel 1604 per aver ignorato
il divieto del vescovo continuando
a insegnare musica alle suore /
Benché fosse sacerdote e avesse
svolta tutta la sua carriera nel-
l'ambito di istituzioni religiose, le
sue composizioni sacre (perlopiù
messe, tra cui “In Resurrectione
Domini”, e mottetti) sono di im-
portanza secondaria rispetto alla
produzione profana / Coltivò varie tipologie formali fra
quelle della musica vocale in uso nel Cinquecento, ossia can-
zonette, villotte, madrigali ecc., portando ad insuperato
livello una nuova forma: il madrigale drammatico, for-
ma impiegata dal suo contemporaneo bolognese A. Ban-
chieri. Il suo capolavoro, L'Amfiparnaso, "comedia har-
monica" per cinque voci, 1597, adotta lo stile, i personag-
gi e gli ambienti della Commedia dell'Arte; infatti i perso-
naggi sono maschere: Pantalone, Graziano, I tre zanni ecc.,
e impiega parallelamente dialetto e lingua. E’ costituito da
una serie di brani divisi in tre atti, ove si mescola commedia
e musica; come egli stesso precisò nella prefazione “...si mira
con le orecchie e non con gli occhi..” / Molto importante
fu un’altra sua opera profana, la “Selva di varie ricrea-
tioni” (1590), insieme ad altre opere simili, come il Convito
musicale, 1597, Veglie di Siena, 1604. Nella sua produzio-
ne emerge la tendenza alla semplificazione popolareggian-
te della polifonia unito al tentativo, come dichiarò egli stes-
so, di unire «lo stil serio col famigliare, il grave col faceto e
col danzevole».
Fronte-
spizio
d el l a
«Comm
e d i a
Harmo-
nica» a
5 voci
L’Amfi-
parnaso
(1597)

28 XI
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29 XI
INGHILTERRA 32

L’esempio madrigalistico italiano ebbe


una larga eco in Inghilterra; vennero imi-
tati i madrigali italiani e vennero scritti
con testo inglese. Una raccolta storica fu
l’Italian Madrigalls Englished. Il mo-
dello principale che si seguì fu L. Maren-
zio .

FRANCIA
Anche qui la Chanson parigina del ’500,
come per l’Italia, ebbe molto poco in co-
mune con le omonime composizioni del
‘300; adesso sono a 4 voci. Queste Chan-
son non raggiunsero la complessità delle
composizioni degli italiani illustri (Venosa,
ad es.) erano più semplici, simili alle frot-
tole. Clement Marot, Clement Jane-
quin sono le figure di maggior rilievo /
Una forma diffusa fu “La Guerra”, proto-
tipo delle battaglie musicali (voci, gruppi
strumentali, clavicembalo).
Anche in Francia si sentì l’influenza del
madrigale italiano del ’500.

SPAGNA
Forme affini alla frottola italiana si ebbe-
ro in Spagna; la più importante fu il Vil-
lancicos, che trattava argomento amo-
roso, idilliaco. Sono formati da coplas
(strofe) ed estribillo (ritornelli), e solita-
mente avevano tre o quattro voci.
Juan del Encina fu il più importante
compositore di villancicos.

GERMANIA
Determinante fu la presenza dei Maistersinger, gli eredi dei trecenteschi Minnesänger. Essi
esprimevano forme più autonome, ed operavano all’interno di corporazioni di mestieri / Si
disputavano gare pubbliche di poesia e musica improvvisate basate su regole stabilite da
codici Tabulaturen / La loro produzione si espresse con i Lieder a 3-4 voci; qui il trattamen-
to delle voci è più elaborato che in altre parti d’Europa. La tipologia più diffusa fu voce
acuta e strumento. Molto celebre fu il Lied di Isaac “Insbruck, devo lasciarti” / Furono an-
ch’essi influenzati dal madrigale italiano della seconda metà del ‘500.

30 XI
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31 XI
PRINCIPALI FORME DI MUSICA VOCALE
DEL MEDIOEVO E DEL RINASCIMENTO

Sguardo riassuntivo circa le forme di musica polifonica del cinquecento.

Musica sacra: mottetti, messe, salmi, improperi.

Musica profana: frottole, villanelle, canzonette, madrigali, balletti, madrigali drammatici, inter-
mezzi.

XII
IL I TEORICI
RINASCIMENTO GLI STRUMENTI PRINCIPALI DIRETTIVE DI INNOVAZIONE MUSICALE
1430 ~ 1600 Si assiste ad una mutazione radicale della musica nel periodo compreso tra il 1550 ed il 1650 sintetizzabile in questi termini:
a) La MONODIA acquista sempre più importanza rispetto alla polifonia;
b) L’ARMONIA, nuova scienza, si impone sul contrappunto, e si afferma con gli strumenti musicali polivoci: LIUTO,
ORGANO, CLAVICORDO-SPINETTA, CLAVICEMBALO. Il termine “armonia” verrà sempre più aggiornato nella semantica
dai trattatisti indirizzandolo verso la designazione di tutto ciò che riguarda la pragmatica concatenazione si-
multanea dei suoni, abbandonando quindi, via via sempre più, la designazione delle antiche speculazioni teori-
che riguardanti il cosmo del passato. La nascita dell’armonia è direttamente proporzionale allo sviluppo di una
concezione verticale, e non più orizzontale, dei suoni, dello svolgimento sonoro; alla nascita dunque di una
nuova entità musicale: l’ACCORDO;
c) La TONALITA’ M e m gradatamente si impone sui modi ecclesiastici;
d) La Musica strumentale si è emancipata fino a raggiungere pari e poi maggiore importanza rispetto alla musica
vocale.

I TRATTATI SULLA MUSICA


Le prime grandi espressioni di Spirito Critico concernente il fenomeno musicale allora conosciuto, sono rappresentate dai trattati del tempo con cui si affronta la materia Musi-
ca. Riveste un’importanza fondamentale l’opera teorica del fiammingo Johannes Tinctotis (1435 - 1511) Terminorum musicae diffinitiorum, 1472, considerabile come il
primo “nostro” lessico musicale. Fra i più importanti trattati del tempo si collocano Theorica Musicæ, 1492, e Pratica musicæ, 1496, di Franchino Gaffurio, che ebbero
una vastissima risonanza; Zarlino partirà dalle sue deduzioni. Gaffurio investiga il fenomeno musicale puntando all’emancipazione dell’aspetto armonico.
Tinctoris, Glareanus, e Franchino Gafurio furono le personalità della trattatistica musicale chiave del rinascimento; loro “portarono l’alta concezione della musica sulla
terra”: affrancarono completamente il pensiero estetico della musica di matrice boeziana, ossia speculativo, ed imperniarono l’armonia sulla considerazione alla verticalità dei
suoni. Tinctoris, soprattutto, è il “responsabile” dell’affrancamento delle concezioni boeziane, che definisce come una “favola oscura”. Altrettanto importante fu il trattato dello
spagnolo Ramos de Pareja Musica Pratica, 1482, ove egli criticava l’esacordo guidoniano.
I trattatisti italiani del Rinascimento hanno un posto di primo piano, insieme ad alcune figure europee, nel contribuire allo sviluppo degli studi teorici sulla musica. Accanto alla
secolare figura di Gioseffo Zarlino, uno studioso che ampliò il raggio d’azione conoscitivo sul fenomeno musica, stavolta compiendo una prima indagine circa il lato “fisico” del
suono, fu l’erudito gesuita Daniello Bartoli (Ferrara 1608 - Roma 1685), il quale realizzò quattro celebri trattati denominati Del suono de’ tremori armonici e dell’udi-
to, 1679, ove nel primo studiò la propagazione delle onde circolari sulla superficie dell’acqua; nel secondo descrisse le principali questioni sulla natura e propagazione del suono;
nel terzo raccolse le osservazioni sulla risonanza negli strumenti musicali e in altri corpi; nel quarto discusse il problema della consonanza e quello dei suoni di altezze multiple
rispetto ad un suono dato, descrivendo anche, infine, l’anatomia e la fisiologia dell’udito.
Con il trattato di Nicolò Vicentino, L’antica musica ridotta alla moderna prattica, e di Vincenzo Galilei, Dialogo della musica antica e moderna, 1581, si com-
piono dei tentativi per riportare in auge l’antica musica greca, cioè puntando al dato esecutivo, ma senza duraturi risultati. Il trattato di Galilei è notevole per ciò che scaturi-
rà dalla camerata bardi.
Ludovico Grossi da Viadana ebbe un’importanza storica per l’affermazione del basso continuo; con i suoi Cento concerti ecclesiastici a 1, 2, 3, 4 voci con il basso
continuo per suonar l’organo, 1602, egli fu uno degli iniziatori della pratica del b.c. Adesso si avrà solo una melodia vocale acuta ove si concentra tutta l’espressività, pri-
ma divisa fra le diverse voci, sostenuta dal basso, affidato ad uno strumento polivoco che realizza gli accordi; questi accordi sono il riassunto, il condensato delle precedenti
parti vocali centrali. Sulla partitura vengono scritte delle cifre sopra o sotto le note del basso per indicare quali accordi eseguire. Due strumenti, principalmente, eseguivano il
b.c., uno melodico ad arco per il basso (violone, viola da gamba, violoncello), l’altro o a tastiera (clavicembalo, organo) o a corde con manico (Liuto, chitarrone, tiorba) per gli
accordi improvvisati; il barocco musicale sarà contrassegnato anche come età del basso continuo. Le prime espressioni del basso continuo cinquecentesco presentano valori
lunghi ed una relativa stasi rispetto al vero e proprio basso continuo, che si avrà nel periodo barocco, questo sarà molto più dinamico e vivace.
Agostino Agazzari da Siena nel suo trattato Del sonar sopra il basso con tutti gli strumenti e del loro uso nel conserto, 1607, sottolinea la grande importanza del
basso continuo.

1 XIII
5

Pagina tratta dall’Explanatio musicalis di Johannes Tincto-


ris, sec. XV.

3
Tavola tratta dal Practica Musicæ di Franchino Gaffurio, 1496.

Pietro Aaron: tavola delle consonanze perfette, dal Thoscanello de la


musica, 1523.

2 XIII
DALLA MODALITA’ ALLA TONALITA’ (sintesi)
Uno fra i trattati concernenti lo studio della musica sicuramente più importanti del Rinascimento fu Dodekachordon, Basilea 1547, di Heinrich Loris Glarea-
nus. Da più parti in Europa si sono già manifestate delle evoluzioni musicali anche onestamente spontanee che facevano intravedere i primi virgulti delle ma-
glie tonali; adesso siamo nel periodo in cui si avvia quasi spontaneamente un processo che lentamente porterà dalla modalità alla tonalità. L’evoluzione della
pratica polifonica indusse Glareanus a cercare un perfezionamento alle scale modali (antiche) adoperate, scaturito dalla pratica dello spostamento dei semitoni;
egli volle apportare un contributo che conferisse maggiori possibilità ai secolari otto modi ecclesiastici, alla polifonia; così arrivò ad identificare altri quattro nuovi
modi, per cui se ne ebbero adesso dodici. I quattro modi da lui apportati furono:
l’EOLIO (autentico e plagale); lo IONICO (autentico e plagale).
A posteriori, l’uso sistematico dei nuovi quattro modi messi a punto da Glareanus indusse i suoi successori a considerarli come la sintesi di tutti gli altri otto modi;
così vennero usati solo questi che comporteranno la formazione dei moderni modi maggiore e minore.
Pietra miliare nel cammino verso la tonalità è rappresentata dalla figura di Gioseffo Zarlino, attivo a Venezia; egli fu uno dei primi a sentire la necessità di
una “scienza armonica”. Nei suoi storici trattati Istitutioni harmoniche, 1558, e Dimostrazioni harmoniche, 1571, Zarlino codifica e giustifica le trasposizioni
“estranee” al sistema modale, cioè tutte quelle costruzioni polifoniche - accordali costruite con intervalli diversi dalla IV, dalla V e dall’VIII. Egli giustifica questo
fenomeno asserendo che è necessario poter adoperare scale ad altezze diverse a seconda delle possibilità delle voci che si devono accompagnare. Zarlino realizza
una lunga trattazione sugli intervalli di III e di VI, ponendo così le basi per la teoria dei rivolti; riflettendo su questi due intervalli, egli divide le musiche in base
alla natura di questi intervalli, riecheggiando così l’antico principio dell’Ethos greco; per cui: saranno “vivi e pieni di allegrezza” quelle musiche costruite preva-
lentemente da 3° e 6° maggiori, mentre saranno “alquanto meste, ovver languide” le melodie basate su intervalli di 3° e di 6° minori. Così facendo egli intuì
l’importanza di dare un suono fondamentale dal quale costruire l’accordo, che giustificò come naturale. La scala così creata, detta naturale o zarliniana, sostituì
quella pitagorica; egli giustificò matematicamente gli intervalli di terza e sesta estendendoli al circolo delle consonanze tradizionali (4°-5°-8°). L’accordo perfetto
maggiore fu quindi per Zarlino quello costruito dalla fondamentale e dai suoi primi sei armonici; per giustificare anche l’accordo perfetto minore egli realizzò un
“rivolto grafico” della scala maggiore (non naturale).
Un’importante passo verso la codifica dei rivolti nella direzione tonale venne compiuta da Francisco de Salinas col suo De musica libri VII, Salamanca, 1577.
Egli dimostrò che un intervallo di 8° si può sempre dividere in due “consonanze” disposte in questo modo:
se una è una 3° M, l’altra sarà una 6° m;
se una è una 3°m, l’altra sarà una 6° M;
se da un lato vi è una 4°, dall’altro deve esserci una 5°.
Un contributo molto importante alla formulazione della teoria tonale viene dai musicisti inglesi. Il primo trattato importante in merito è quello di Thomas Mor-
ley (1557-1602) A Plaine and Easie Introduction to Practicall Musicke, Londra 1597. In questo trattato emerge esplicitamente il bipolarismo Maggiore
minore, e viene rapportato tutto al basso e non al tenore, vengono addirittura consentiti accordi “dissonanti” contenenti il 4° e il 7° grado nelle cadenze.
Joachim Burmeister, nel suo Hypomnematum musicae poeticae, Rostock 1599, codifica ed esemplifica un gran numero di accordi a quattro parti. In que-
ste “tavole” sono presenti accordi di "triade" sia accordi di 3° e 6°, anche se non vengono riconosciuti come rivolti di triade (in senso tonale).
Un itinerante trattato che realizza un connubio tra teoria e “prattica” è rappresentato da L’organo suonarino,Venezia 1638, di Adriano Banchieri. Ban-
chieri divide le scale non più in base al loro genere modale ma in base alle altezze assolute dei suoni che le compongono. Anche lui apporta una giustificazione
essenzialmente pratica, ossia quella dell’accompagnare le diverse voci. Per ricollegare queste scale ad altezza assoluta alle classiche scale modali, Banchieri pre-
vede delle armature di chiave fisse.
La svolta decisiva per il passaggio dalla modalità alla tonalità sia negli anni compresi fra il 1608 ed il 1613. Il teorico Otto Siegfried Harnish nel suo Artis mu-
sicae, 1608, codifica per la prima volta in modo esplicito la triade sia nella sua forma fondamentale sia nei suoi rivolti. Prosecutore del lavoro di Harnish fu Jo-
hannes Lippius; egli nelle sue due opere Disputatio musica tertia, Wittemberg 1610, e Synopsis musicae novae, Strasburgo 1612, riconosce tutti i rapporti
di inversione degli intervalli, quelli di 3° e di 6° ma anche quelli 2° e 7°, e definisce il concetto di rivolto. Lippius fu uno dei primi ad asserire che la trattazione dei

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modi non deve essere più fatta in chiave melodica, cioè in base alla posizione dei semitoni all’interno di essi, ma in chiave armonica, ossia in rapporto al tipo di triade
che si trova sulla finalis. In questo modo divide le vecchie scale modali in due soli gruppi, per l’appunto il Maggiore e il minore.
Thomas Campion nel trattato A new Way of Making Foure Parts in Counterpoint , Londra, 1613 circa, individua all’interno dei due nuovi modi (M. e m.) i
punti cadenzali, asserendo che i punti fondamentali su cui cadenzare sono innanzitutto la prima nota, in secondo luogo quella posta cinque note sopra, infine quella
posta tre note sopra rispetto alla prima.
Ma fin quando esisteranno delle differenze di grandezza fra gli intervalli che compongono la scala, non si potrà attuare il passaggio pieno alla tonalità. Sarà solo con
il sistema temperato equabile, concepito da Andreas Werkmeister, 1645 - 1706, nel 1691 e perfezionato da Giorgio Neidhart nel 1706 che, dividendo l'ottava in
dodici semitoni equidistanti, inizierà il cammino della tonalità. Questo sistema, pur presentando qualche imperfezione di carattere fisico - matematico, rispose me-
glio alle esigenze pratiche della musica. Il “sigillo secolare” all’efficacia del nuovo sistema lo apporrà J. S. Bach con le due monumentali raccolte Das Wolthèmpe-
rate Klavier, 1722 e 1744.

I TRATTATI SULLA MUSICA STRUMENTALE


Nel Rinascimento l’uso degli strumenti musicali si fece maggiore rispetto al periodo precedente; la grande diffusione di strumenti musicali comportò la nascita di tante
forme strumentali, nonché di altrettanti trattati maggiormente incentrati sulle modalità esecutive / Ancora la musica strumentale non ha un proprio repertorio scrit-
to, ed era suddivisa in musiche di danza e adattamenti di composizioni vocali / I trattati strumentali del rinascimento non si devono intendere alla stregua
dei moderni trattati didattici di strumento; siamo agli albori della riflessione strumentale didattica scritta. Questi si prefiggevano di insegnare a trasporre su più stru-
menti musiche di origine vocale; queste trascrizioni strumentali erano dense di coloriture e diminuzioni.
Non sarebbe in questa sede possibile realizzare anche solo una citazione della trattatistica strumentale riferita al periodo rinascimentale oggi conosciuta. Fra i trattati
storicamente più significativi si citano:

PERIODO 1400-1500
Fundamentum Organisandi, 1452, di Conrad Pauman.

PERIODO 1500-1600
Il Transilvano ovvero dialogo sopra il vero modo di suonar organi et istromenti da penna, 1593 - 1610, di Girolamo Diruta, diviso in due parti; questo
storico trattato fu uno dei primi cimenti di didattica esecutiva alla tastiera: Diruta realizza una spiegazione che generalmente assomiglia ad una semplice descrizione
incentrata sul più naturale ed istintivo modo di suonare, e si prefigge di usare solamente il secondo ed il terzo dito; egli precisava inoltre che il pollice sulla tastiera era
bandito. Nella sua deduzione l’indice (che egli chiama il primo dito) “faceva” la nota buona, il secondo dito la nota cattiva, ed il terzo dito era da usare soltanto alle
estremità.
Il Syntagma Musicum, 1618, di Michæl Prætorius rappresenta una fra le prime panoramiche storicamente importanti sulle forme musicali e gli strumenti d’epoca.
In Italia importante contributo liutistico diede Vincenzo Galilei con Il Fronimo, 1568; è un’antologia-trattato in forma dialogata concernente il Liuto e la musica
per Liuto. I flauti furono oggetto d’attenzione di Stefano Granassi Fontego nel trattato La Fontegara, 1535; egli si occupò anche della viola e del violone nel
trattato Regula Rubertina, 1543.

4 XIII
GLI STRUMENTI MUSICALI
Dalla floridissima pittura del tempo si è evinto come fosse esplicitamente intensa la volontà
del pittore di raffigurare sia determinati strumenti musicali, e sia le tipologie esecutive.
Questo cultura del “segno” pittorico la dice lunga sull’importanza che gli strumenti musicali
andavano assumendo quale nuovo veicolo sonoro. Le tipologie strumentali più importanti
del tempo sono principalmente cordofoni ed aerofoni.
ARPA Durante il Rinascimento, l'arpa, ebbe un’accordatura diatonica e si distinse
così dalla piccola arpa gallese, che era cromatica già dal medioevo. L'arpa europea nel XVI
secolo si arricchisce di numerose corde.
6
CETRA Strumento a corde pizzicate che fu molto in voga tra l'alta borghesia. Era
formata da un fondo piatto e da un manico allungato con corde metalliche doppie
7
(cetera) che avevano la caratteristica di essere legate nella parte inferiore non su una bar-
ra fissata alla tavola, ma sulla fascia inferiore. In seguito, forse per alleggerire lo strumento,
vennero assottigliate le fasce fino alla base mentre, per ristabilire l'equilibrio rotto da que-
sto assottigliamento, generalmente si rende meno pesante il manico con un intaglio che lo
percorre dall'alto al basso, nel lato dove è sostenuto dal pollice.
CHITARRA Già conosciuta in Europa fin dal IX secolo, nel Rinascimento vide cre-
scere notevolmente il suo prestigio, affermandosi definitivamente come strumento "colto" e
andando a sostituirsi in Spagna, verso il 1580, alla vihuela, fino ad allora considerata stru-
mento nazionale spagnolo. Fu appunto in Spagna che la "guitarra española" (la chitarra
spagnola, ossia la versione più recente a cinque corde, da non confondere con la chitarra a
4 corde diffusa all'inizio del XVI secolo) ebbe un successo tale da venire usata a scapito del
liuto, strumento allora diffusissimo in tutto il resto del continente europeo. Il primo trattato
sulla chitarra spagnola, qualificata nel titolo come Guitarra Castellana y Catalana risale al
1586 e fu pubblicato a Barcellona da Juan Carlos Amat, tra l'altro tra i primi virtuosi di
questo strumento. Questo trattato parla inoltre della tramontante chitarra a 4 corde e di
un altro strumento a 6 corde, chiamato vandola.
GIGA Strumento di origine medioevale a 3 o 4 corde. Nel XVI secolo la giga si sud-
dividerà in 4 strumenti di diverso registro, rappresentati dal soprano, il contralto, il tenore e
Regola Rubertina che insegna sonar de viola d’archo tastada, di S. Granassi dal Fontego, 1542. il basso. Ciò permetterà a questi strumenti l'esecuzione, in un quartetto omogeneo, di tra-
scrizioni di brani polifonici.
LIRA La tipologia “da Braccio” era uno strumento a corde raschiate in uso parti-
colarmente in Italia tra il XIV e il XVI secolo. Può essere considerata un antenato del violino.
La lira da braccio aveva conservato la cavigliera diritta dell'antica viella; essa era a forma
di cuore ed era forata dai piroli. La tipologia dal registro basso era detta “lira da gamba”
o “lirone”. In Europa si trovano lire da gamba con diverso numero di corde: In Germania,
per esempio, si trova un lirone da 16 corde, mentre in Italia il numero di corde massimo
ammonta a 15, di cui tre doppie di basso. Lo strumento era destinato all'esecuzione di ac-
cordi d'accompagnamento.
LIUTO E' sicuramente lo strumento a corde pizzicate più diffuso nel Rinascimento.
E’di origine araba, e più esattamente deriva dall' ud, introdotto in Europa nel X secolo. Il

5 XIII
8
liuto propriamente detto possiede una cassa a forma di mezza pera
da dove si prolunga un manico che termina con una cavigliera ad
angolo retto. La forma dello strumento si stabilizzerà verso il XIV
secolo; il numero delle corde sarà variabile nel corso del tempo, e
vedrà anche crescere il manico per poter reggere bene la loro ten-
sione. In origine il liuto possedeva 4 corde accordate per successione
di una quarta, una terza ed una quarta. Verso il 1350 ogni corda
verrà raddoppiata per rinforzare la sonorità. Nel 1400 circa verrà
aggiunta una quinta corda semplice, aggiunta nel registro acuto Cetra.
con la funzione di cantino. Poco prima del 1500 verrà effettuata
l'ultima modifica, consistente nell'aggiunta di una sesta corda dop- 10 a
pia. Ora le corde sono accordate per successione di due quarte, una
terza e ancora due quarte. Questa accordatura è la più usata e
verrà chiamata dai liutisti delle generazioni successive "vieil ton".
Undici corde ha così il liuto nel Rinascimento. Anche il liuto, come
moltissimi altri strumenti in questo periodo, si differenzia in strumen-
ti di diversa taglia; si avrà, dal più acuto al più grave, il liuto nor-
male, il liuto attiorbato, la tiorba, il chitarrone e l'arciliuto / E'
in Italia che, fin dai primi anni del '500, furono stampate le prime
raccolte di intavolature per liuto; vennero perfezionati dei modelli
grafici di scrittura esecutiva per gli strumenti che vengono chiamati
INTAVOLATURE, e rappresentano la tastiera dello strumento; vi si
scriveva sopra dove e cosa suonare, sia usando solamente cifre
(specie per le intavolature italiane e spagnole) e sia usando lettere e
cifre (come nelle intavolature tedesche), oltre ad altri segni che sta-
bilivano la durata. Per avere un’idea dell'importanza del liuto ba-
9
sta sapere che, verso il 1546, soltanto a Venezia, furono pubblicati
una quarantina di libri per questo strumento e che, poichè il reper- Lira da Braccio.
torio per liuto era diventato internazionale. Fra gli editori per liuto
più famosi, sono da ricordare Pierre Phalese che, solo nel 1545, 10

pubblicò 5 libri di Chansons reduictz en tabulature de loc e il


liutista francese Jean-Baptiste Besard, che nel 1603 pubblica a
Colonia il suo Tesaurus Harmonicus, vasto compendio di più di
400 composizioni per liuto in parte dovute allo stesso Besard. Le
restanti composizioni offrono una scelta molto varia in merito a ciò
che veniva suonato in Europa alla fine del XVI secolo.

Esecuzione di una musica rinascimentale su Liuto.

Lirone.
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11 13

15

Viola da braccio.

16

1 Arciliuto di Vuendello Venere da Padova [Vienna, Kunsthistorisches Museum] 2 Chitarrone del sec. XVI
[L’Aja, Gemeentemuseum]. 3 Tiorba, particolare del manico con doppio cavigliere. 4 «Damon, joüant de l’Angèli-
que», incisione di N. Bonnart, 1687

Allegoria 14
della Musi-
ca: dipinto
di Laurent
de la Hyre
(1648). New
York , Me-
tropolitan
Museum of
Art.
[Arciliuto]

Viola da gamba.
12
Moderna riproduzione di un Chitarrone.

7 XIII
19
17 ORGANO Nel Rinascimento fu ampliato rispetto all’organo positivo
medievale; quando trovò la piena accoglienza da parte della chiesa ebbe di-
mensioni sempre più grandi e maggiori registri; la Germania sarà la patria del-
l’organo, qui si svilupperà la tecnica della pedaliera.

TROMBA MARINA Questo strumento rimasto quasi immutato dal


Medioevo, intorno al 1500 adotterà il pirolo laterale in luogo di quello frontale;
nei decenni successivi, esso sarà dotato di un ponticello sempre più asimmetrico
in luogo di quello a piedi uguali.
VIELLA antico strumento ad arco tanto caro alla produzione trecente-
sca, fu il più importante strumento ad arco del medioevo, e godette dell’ammi-
razione di letterati, teorici e musicisti. Poteva avere da tre a cinque corde ac-
cordate differentemente. Da questo strumento nasceranno le LIRE.
VIOLA DA BRACCIO Questo strumento deriva direttamente dalla viella
e, come la viola da gamba, adotterà degli incavi a semicerchio e la cavigliera
piegata all'indietro. Il manico non è provvisto di tasti e le corde sono sei intona-
te per quarte. Inoltre vi sono delle aperture nella tavola armonica a forma di
C, eredità della lira da braccio. In seguito la famiglia delle viole da braccio con-
globerà gli strumenti a quattro corde, e da questa sintesi nasceranno il violino
e la viola. Le corde nelle viole da braccio erano meno numerose che nelle vio-
le da gamba e fu quindi necessario, per percorrere un registro abbastanza este-
so, accordare lo strumento per quinte.
Tromba marina.
VIOLA DA GAMBA era una grande viola con sei o sette corde ed il ma-
20
nico tastato; le sue dimensioni potevano variare. Da essa scaturì il violone ed
in seguito il violoncello. Andrea Amati sarà il primo grande costruttore di
violoncelli. Lo strumento che manterrà una forma più simile alle antiche viole
Tastiere inventate prima dell’avvento del temperamento sarà il Contrabbasso.
equabile, riproducenti i generi diatonico, cromatico ed enar-
monico. Gli strumenti a fiato più importanti furono i CORNETTI, la TROMBA, i
FLAUTI e FAGOTTI, ma questi erano molto diversi dagli omonimi conosciuti
oggi. I Fagotti derivarono dalla Bombarda, che generò anche gli oboi.

Il CEMBALO, in forme e dimensioni diverse aveva almeno due “cugini”, il Cla-


vicembalo (più grande e con due tastiere) e la Spinetta. Il CLAVICORDO dif-
ferisce da questi perché presenta una tangente per le corde e non un saltarello
che le pizzica.

18

8 XIII
21

9 XIII
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www.mdw.ac.at

10 XIII
LA MUSICA STRUMENTALE LE FORME STRUMENTALI
NEL RINASCIMENTO E Numerose e varie furono le forme strumentali, con tante tipologie di denominazione che determi-
nano (a posteriori) un’incertezza terminologica; una stessa forma veniva designata con più nomi
NEL PRIMO BAROCCO diversi, o uno stesso nome indicava forme diverse / Le principali forme di musiche distinguibili stili-
sticamente nel periodo in esame sono quattro, così come delineate dalle musicologo Willi Apel:
> DERIVATE DAI MODELLI VOCALI, E IN CONTRAPPUNTO IMITATO:
GLI STRUMENTI E LA MUSICA STRUMENTALE
Ricercare, Canzona, Fantasia, Fuga
Solo a partire dal Rinascimento la musica strumentale intesa come creazio-
ne musicale ~ artistica autonoma cominciò ad avere importanza storica; nei > IN STILE IMPROVVISATO: Toccate e Ricercari per liuto
secoli precedenti la musica strumentale era sempre subordinata a quella > COMPOSIZIONI PER BALLO
vocale, e sono nelle forme di danza, o nelle musiche l’accompagnamento > IN STILE DI VARIAZIONI SU CANTO DATO O SU UN BASSO:
per le solennità regali o religiose gli strumenti potevano avere maggiore Partite, Passacaglie, Ciaccone, Versetti, Corali.
eco / Dalla pratica antica di impiegare più strumenti nelle esecuzioni vocali
polifoniche (raddoppio, sostituzione delle voci) si venne creando man mano
una coscienza strumentale.
Sin dall’inizio dell’”emancipazione” strumentale si usarono abbellimenti
1
riempitivi per le linee melodiche eseguite dagli strumenti soprattutto a cor-
da, che creavano suoni esili e brevi, per cui si sentì sin da subito la necessità
di allungare, potenziare il suono degli strumenti; nacquero così quasi spon-
taneamente gli abbellimenti, e all’inizio i più frequenti furono: coloriture,
passaggi, e diminuzioni
Le prime composizioni strumentali autonome furono tutte quelle legate
all’improvvisazione, e furono anche anteriori alle sedicesimo secolo. Nel ‘500
oltre alle forme legate all’improvvisazione cominciarono a nascere le prime
semplici trascrizioni per strumento delle musiche vocali; l’illustre modello di
partenza fu stampato da Ottaviano Petrucci. Successivamente si crearo-
no forme strumentali ricavate dai modelli vocali, quindi non più trascrizioni,
ossia:
canzoni: simili alle chanson profane;
ricercari: ove si imitava il contrappunto imitato di stampo vocale di
scuola fiamminga.
Le prime forme veramente autonome furono, sin dagli inizi, tutte quelle
forme legate all’improvvisazione, come la toccata e le musiche per dan-
za / Il Liuto è il principale strumento del Rinascimento e del primo Barocco;
con il liuto si animavano gli intrattenimenti della società rinascimentale /
L’Organo fu largamente usato nella musica liturgica sin dall’inizio. Meno
florida era la musica per clavicembalo e per insiemi strumentali. Intavolatura italiana per Liuto. F. Bossinensis: Tenori e contrabbassi intabulati col soprano in canto figurato per cantar e
I primi strumenti musicali che ebbero modo di sviluppare una grafia propria suonar col lauto” (Fossombrone, Petrucci, 1511).
(autonoma cioè dalla grafia vocale) furono gli strumenti a tastiera e a piz-
zico; per loro furono “escogitati” dei disegni particolari che ne rappresenta-
vano la morfologia. Questo sistema di scrittura si chiamò “intavolatura”; in
una intavolatura viene disegnata la posizione delle dita sullo strumento e
anche la durata di ogni suono / Le più antiche intavolature per strumento a
tastiera si hanno a partire dagli inizi del 1500.

1 XIV
2 3

Pagina musicale del ‘600 scritta in modo che i tre esecutori (Altus, Tenor e Bassus) potessero legger-
la seduti intorno a un tavolo.

2 XIV
4

Ambrosius Dalza Ricercare III. Intavolatura per Liuto. 5

3 XIV
CONTRAPPUNTO IMITATO
Le più importanti forme di questa tipologia sono:
RICERCARE
Fu la forma più severa di contrappunto strumentale. La supposta derivazione dal Mottetto è stata confutata. Ricercare e canzona furono molto in voga dal 1550 al
1650, mentre la fuga (derivata dal canone) si diffuse dopo il 1650 / Vari soggetti musicali venivano svolti nelle diverse sezioni dei ricercari; si impiegavano le scale mo-
dali (> il temperamento equabile venne solo alla metà del 1600, ad opera di Werkmeister). Lo strumento principale per il quale si scriveva il ricercare era l’organo, ed
anche il clavicembalo, Fra i maggiori compositori di ricercari si ricordano Andrea Gabrieli, A. Padovano, Claudio Merulo e soprattutto Girolamo Frescobaldi,
il quale fu autore dei ricercari più elaborati e più fittamente contrappuntistici. L’influenza di Frescobaldi influì sui maestri tedeschi ed austriaci come Hassler, Frober-
ger, Kerll / In Spagna il ricercare, chiamato tiento, si diffuse ad opera di Antonio de Cabezòn (1510 - 1566), che compose prevalentemente per strumenti a tastiera;
i suoi Tientos per organo, mottetti strumentali basati sull'imitazione, si distinguono da composizioni analoghe di altri autori dell'Europa settentrionale per la loro straor-
dinaria leggerezza.
CANZONA STRUMENTALE
Questa tipologia conobbe una grande varietà di nomi, e si ebbe sin dal 1500, quando comparvero le prime trascrizione strumentali delle chanson polifoniche francesi. Le
prime canzoni strumentali di rilievo furono le elaborazioni da Chansons di maestri fiamminghi effettuate da Francesco Spinacio; seguirono le raccolte per organo di
M. A. Cavazzoni del 1523 e del figlio Gerolamo del 1543. Col tempo le canzoni strumentali divennero più autonome, e furono l’imitazione allo strumento dei modelli
vocali; ne composero A. Gabrieli, C. Merulo, Tarquinio Merula, che le fecero diventare delle forme completamente autonome, caratterizzate da alternanza fra
metri binari e ternari, scrittura contrappuntistica imitata, libera ed omofonica. Rilevanti sono le composizioni di M. Ingegneri, F. Maschera. Nei soggetti iniziali preva-
levano i modelli ritmici ; oppure ; oppure . La fortuna della canzone la strumentale inizierà con il 1600 e fino al 1650.

FUGA
Dopo il 1650 la FUGA si avviò a diventare la più complessa forma contrappuntistica nata dalle regole del contrappunto imitato; con l’avvento del temperamento equa-
bile le moderne scale Maggiori e minori permisero una totale possibilità di modulazioni. Elementi principali della fuga sono:
l’esposizione;
i divertimenti;
gli stretti;
il pedale.
La fuga si apre con l'esposizione, qui il soggetto viene presentato da una voce, ed è seguito da una risposta, in cui una seconda voce imita il soggetto, in genere a di-
stanza di una quinta sopra la tonica o di una quarta sotto. La risposta può essere una ripetizione del soggetto (risposta "reale") o può presentare lievi variazioni (risposta
"tonale"). Durante la risposta la prima voce prosegue con un contrappunto, cioè una linea melodica che si scontra con il soggetto e che viene detta controsoggetto.
Entrano poi, se sono previste, altre voci con nuove enunciazioni del soggetto.
Finita l’esposizione si presentano i divertimenti; questi consistono in una serie di passaggi in contrappunto libero costruiti su figure melodiche ricavate dal soggetto o dal
controsoggetto. La fuga può impiegare procedimenti contrappuntistici come l’aumentazione (ossia quando i valori di durata del soggetto vengono aumentati) e la
diminuzione (il procedimento opposto); l'inversione (ripetizione del soggetto con la melodia capovolta), e lo stretto (serie di entrate imitative serrate in cui ciascuna
voce inizia prima che la precedente abbia finito di enunciare il soggetto).
La parte conclusiva della fuga è affidata al pedale; questo consiste in lunga nota, tonica o dominante, sostenuta nel basso mentre le altre si intrecciano in contrappunto.

J. S. Bach fu il più grande Maestro nell’arte della fuga / Molto spesso la fuga è preceduta da un’altra composizione in stile libero, più semplice e nella stessa tonalità, ossia il preludio,
la toccata,o la fantasia. Nella fantasia si mescolarono stile libero e stile imitato; molto rilevanti furono le sei fantasie per virginale di William Byrd.

4 XIV
5a

5 XIV
6 7

M.A.Cavazzoni. Ricercare per organo, 1543.

6 XIV
8

7 XIV
STILE IMPROVVISATO, LIBERO 10

In questa tipologia rientrano tutte quelle composizioni per strumen-


to a tastiera, ossia organo o clavicembalo.
TOCCATA
Nacque nel 1500 dalla necessità di anticipare sull’organo
un preludio (che era improvvisato) allo scopo di intona-
zione per i canti liturgici; col tempo questo brano ebbe
nomi diversi: preludio, intonazione, toccata, intra-
da / Al 1523 risalgono le prime toccate che presentano
esplicitamente le caratteristiche della forma; queste furo-
no stampate da Marco Antonio Cavazzoni, (che però
furono ancora chiamate ricercari), e presentano accordi
possenti e gravi alternati a rapidi passaggi di scale, ar-
peggi e figurazioni ornamentali / Claudio Merulo fu il
massimo esponente del genere toccata fino a prima di
Girolamo Frescobaldi. Le toccate per organo di Merulo
presentano sezioni contrappuntistiche / Il genere toccati-
stico all’organo raggiunse il massimo sviluppo nel periodo
antecedente a Bach G. Frescobaldi, mentre il repertorio
delle toccate per clavicembalo fu incentivato da M. Ros-
si, Bernardo Pasquini e Domenico Zipoli, anch’essi
molto influenzati da Frescobaldi.

In Germania la produzione toccatistica vide l’influenza di J. P.


Sweelinck; la toccata tedesca, rispetto al modello italiano, non
presenta sezioni di fugato o imitato in favore di più numerose sezio-
ni con scale e rapide figurazioni; le più alte vette del genere toccati-
stico si ebbero, anche qui, con J. S. Bach.
In Germania lo sviluppo del genere toccata fu direttamente pro-
porzionale allo sviluppo della tecnica costruttiva dell’organo sei-
centesco. In terra tedesca l’organo acquista più manuali, sviluppa la
pedaliera più grande, e vede accresciuto il numero dei registri. L’or-
gano italiano dello stesso periodo, invece, non era così ricco e perfe-
zionato; aveva un solo manuale e pochi registri / Importanti sono i
nomi di J. A. Reinken e Dietrix Buxtehude nel panorama della
toccata tedesca luterana, i quali iniziarono la prassi di eseguire una
toccata, o un preludio o una fantasia come brano antecedente di
una fuga, avendo in comune solo la tonalità.
RICERCARE PER LIUTO
Questa è un’altra tipologia di composizione nello stile im-
provvisato libero, ed è stilisticamente molto simile alla
toccata per organo, o per clavicembalo. Ottaviano Pe-
trucci ebbe modo di stampare a Venezia molte raccolte
per liuto. Fra gli autori più celebre di questa tipologia si
riporta il nome di Francesco Spinacino.

8 XIV
COMPOSIZIONI DA BALLO
Nel Rinascimento nelle cerimonie di corte il ballo era molto richiesto, era un grande fenomeno di costume rinascimentale.
Molti balli traevano origine dal popolo, ed erano variegati a seconda delle regioni (specie in Francia); dalla Spagna prove-
nivano molte forme di danza / Le composizioni per ballo del ’400 erano improvvisate, e anche quelle manoscritte ci sono a
noi sconosciute / Solo nel 1500, con la stampa e la più accurata precisione dei manoscritti, la produzione di musiche per
danza venne più accuratamente conservata. Queste musiche erano destinate al liuto, al clavicembalo, e a gruppi stru-
mentali.
Nel Rinascimento nascono i primi balli di coppia; come si evince dagli scritti, e dalle raffigurazioni pittoriche, nelle corti erano
molto praticate le “sfilate di coppie”. Le danze erano formate da gruppi di due o tre brani da eseguire insieme; la prima era
in tempo lento e ritmo binario, e la danza si espletava con movimenti lenti, e gravi; la seconda era in tempo mosso e ritmo
ternario, e la danza che ne scaturiva era realizzata con grazia, leggerezza ed anche esuberanza.
La piva è il più antico fra quei balli derivati dal nome di uno strumento agreste (cornamusa, pipa); è una danza dal tempo
pari e di carattere vivace, e nel 1500 è ancora di gran moda, ma scompare con l'avvento della gagliarda, danza più rap-
presentativa dello stile in voga nelle sale europee a partire dalla metà del XVI secolo.
Pavana e gagliarda furono le tipologie più diffuse già all’inizio del 1500, seguite da Passamezzo e Saltarello. Il Salta-
rello era il ballo prediletto dai giovani, ma tende a scomparire verso la metà del 1500 risorgendo poi come danza popolare
alla fine del 1700; era eseguito a coppie accompagnato dal canto e dal ritmo deciso del tamburello. Importanti, e dello stes-
so periodo, furono le forme Allemanda, che aveva tempo moderato e ritmo binario; la Corrente, costituita da ritmo ter-
nario / In Germania erano note le danze chiamate Tanz e Nachtanz.

IL BALLETTO
Il balletto nacque nel XVII secolo, e non aveva niente in comune con i balli di società. Era affidato ai professionisti e nacque
nel momento in cui si viene a creare una scissione fra coloro che assistevano alla danza (il pubblico) e coloro che danzavano;

non sono più danze cerimoniali affidate al ballo dei nobili, ma danze eseguite da professionisti. Nacque in Italia, intorno al 1400, è una delle prime forme di danza scenica fu la Moresca.
Era molto popolare in Italia nel 1400, e si inserì facilmente negli intermedi, nei trionfi e nelle mascherate spettacolari; il sostegno musicale è elementare e ritmato. In origine era una danza
a due, che mimava la lotta tra il “campione” cristiano contro quello islamico / Sin dalla sua nascita il balletto convoglio l’attenzione dei suoi adepti nel creare dei trattati di tecnica per
bene seguirli. Importanti sono le seguenti personalità italiane in quanto hanno dato un contributo scritto ai fondamenti della tecnica del balletto.
Domenico da Piacenza (1439 ca. - 1470) Maestro di ballo e teorico della danza. Attivo alla corte di Ferrara e Milano. Autore del primo trattato di coreografia, De arte saltandi et
choreas ducendi , dal 1456 al 1470 al servizio della corte d’Este quindi si sposta a Forlì. Nell 1465 ritorna a Milano dove cura i festeggiamenti per le nozze di Eleonora
d’Aragona e del duca di Bari.
Antonio Corazzano (Piacenza 1430 - Ferrara 1484) Poeta. umanista e maestro di ballo italiano, allievo di Domenico da Piacenza. Nel 1455, in occasione del fidanzamento di
Ippolita d’Este con il duca di Calabria, scrive un trattato, diviso in due parti, in cui definisce la perfetta arte coreografica distinguendo quattro forme musicali di base
e descrive analiticamente numerose danze.
Pompeo Diobono (entro 1500 - Milano dopo 1550) Maestro di danza e ballerino italiano. Fondatore di una scuola dl ballo nobile a Milano. la più celebre dell’epoca in Europa.
E’ di grande importanza per la diffusione della danza aulica italiana. Nel 1554 è invitato a Parigi e incaricato dell’educazione di Carlo duca d’Orléans, figlio di Enrico II.
Cesare Negri (detto il Trombone Milano 1535 circa — dopo il 1604) Maestro di danza e ballerino italiano. A Milano è allievo di Pompeo Diobono. Attivo come coreografo in feste
ufficiali e private; redige a Milano il trattato Le Gratie d’Amore, ristampato col titolo Nuove lnventioni di Balli nel 1604.
Marco Fabrizio Caroso (Sermoneta circa 1535- dopo il 1605) Ballerino, teorico della danza e compositore italiano. Vive a Roma., Nel 1581 pubblica a Venezia il trattato il Ballarino,
riedito nel 1605 con il titolo Nobiltà di Dame. Lo scritto, suddiviso in 2 libri (teorico e breve uno, pratico ed esteso l’altro), fornisce un ampio compendio sulla danza aulica
italiana, da cui si sviluppa in Francia il ballet de cour.

9 XIV
11 VARIAZIONI
Molto usata fu la tecnica della variazione nella musica strumentale del ’500 e del ’600; co-
me procedimento compositivo fu usato in tutte le forme musicali praticate (contrappunto
imitato, musiche per ballo, ecc), a tal punto che il secolo venne denominato a posteriori età
della variazione / Vi sono due tipologie principali di variazione:
VARIAZIONI SU UN BASSO OSTINATO
Tipologia molto usata sino al 1700; si espletava su poche battute, quattro, che
venivano più volte ripetute facendo variare le parti soprastanti. I Virginalisti
inglesi coltivarono molto questa prassi / La principale forma di variazione è
quella ornamentale che è applicata alla melodia / Molto usata fu la forma
della variazione in Inghilterra (> Byrd), che assunse il nome di Ground / In
Italia, Francia e Germania questa tipologia di variazione fu usata nelle forme
fra loro affini di Ciaccona e Passacaglia, che derivarono da precedenti dan-
ze con tempo moderato e ritmo ternario
VARIAZIONI SU UNA MELODIA
È una tipologia consistente nel presentare più volte la stessa melodia in manie-
ra tale da essere sempre riconoscibile, ma alterandola di volta in volta con ra-
pide figurazioni di carattere virtuosistico. In Spagna questa forma di variazione
era denominata diferencias (per liuto o strumenti a tastiera) e fu in voga per
tutto il ‘500. Le diferencias si basavano su temi popolari; importanti furono le
diferencias di Cabezòn / Nel 1600 si diffusero in Italia le Partite, che erano
successioni di “parti”, ossia variazioni, di melodie note; le più diffuse furono la
Follia, la Bergamasca, la Monica, il Ruggero; queste composizioni erano per
organo o clavicembalo, ma anche per uno o due violini e b.c. Notevoli compo-
sizioni del genere furono scritte da S. Rossi, Tarquinio Merula, ma soprattut-
to da Girolamo Frescobaldi.
Questa forma di variazione fu adoperata anche nella musica liturgica, ove, dal
1500 in poi, si svilupparono alternanze fra canto dei più semplici cantus firmi
(insieme ai versetti) da parte dei fedeli, e interventi d’organo che realizzava
fioriture del cantus firmus delle strofe non intonate dai fedeli; da questa prassi
derivarono le Messe d’organo (ne composero G. Cavazzoni, A. Gabrieli,
C. Merulo). La chiesa luterana fruì pienamente questa tipologia, cosicché nel
rito luterano si diffuse l’usanza di far precedere il corale cantato dai fedeli dall’-
esecuzione del corale stesso all’organo; ciò comportò la nascita di una nuova
forma compositiva organistica: il preludio al corale (Choralvolspiel). Qui le
melodie dei corali erano eseguite all’organo con valori larghi; la melodia era
sempre facilmente riconoscibile, e sopra di essa l’organo completava il brano in
maniera contrappuntistica. Fra il 1600 ed il 1750 i maggiori compositori lutera-
ni di corali per organo furono Samuel Scheidt (1587 - 1654) e Franz Tunder
(1614 - 1667). J.S.Bach con i suoi 150 brani organistici basati sui corali portò al
massimo sviluppo questo genere.

Principali melodie di danze e forme di variazione in uso per tutto il seicento.

10 XIV
12

14
Trascrizione in notazione moderna di un tema di Follia spagnola risalente al sedicesimo secolo.

15

Prima parte di una Passacaglia di Girolamo Frescobaldi. In quel periodo non era ancora in uso il rigo musicale formato da
cinque linee in quanto non era ancora stato messo a punto il sistema dei tagli addizionali, per cui il rigo superiore presenta
sei linee mentre Polo inferiore presenta otto.

13
11 XIV
16

Preludio al corale di D. Buxtehude.

12 XIV
I COMPOSITORI
Gli autori di musica strumentale di questo periodo componevano musica per il loro strumento suonato quotidianamente; alcuni compositori si dedicarono solo al loro strumento,
mentre altri si preoccuparono di un più ampio organico strumentale. Fanno eccezione i due Gabrieli, Byrd, gli Sweelinck e gli Scheidt, in quanto composero sia musiche vocali
che strumentali.

MARCO ANTONIO CAVAZZONI (Bologna 1490 - Venezia 1570)


ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI IN ITALIA
Le composizioni realizzate fra il 1500 di 1600 potevano essere desti- Detto anche Marco Antonio da Bologna operò alla corte dei duchi di Urbino, e in seguito fu cantore a
nate all’organo oppure al clavicembalo (e derivati, compreso il clavi- Venezia al servizio del cardinale Bembo e di Papa Leone X / Lo si può considerare il primo musicista che
cordo), anche se molte potevano essere eseguite sull’uno o sull’altro compose direttamente per strumento a tastiera. Oggi di lui si conserva il volume di ricercari, mottetti e
strumento. Recentemente il musicologo Willy Apel ha portato a- canzoni pubblicato nel 1523.
vanti la tesi filologica di non considerare le composizioni di questo
periodo come concepite per un solo strumento, ma di definirle sem-
plicemente “composizioni per strumenti a tastiera”; la proposta è
GIROLAMO CAVAZZONI (1510 - 1565)
mossa dal fatto che in quel periodo gli esecutori non avevano ancora
sviluppato una diversa tecnica esecutiva, nonché compositiva, a se- Detto anche Girolamo d’Urbino, lasciò una traccia musicale più corposa rispetto a quella del padre, e
conda della tipologia di strumento da tasto sopra elencate. operò a Mantova; e gli è considerato uno dei maggiori compositori di musica sacra organistica del 1500.
Pubblicò tre libri di composizioni per strumento a tastiera (in forma di intavolatura), che contenevano
Infatti in molti volumi di composizioni a stampa si apponevano indi- ricercati, canzoni, inni e messe. Elaborò la forma del ricercare in senso polifonico e politematico.
cazioni del tipo “per ogni sorta di istromenti da tasto, o da penna”,
oppure “per cembalo o sia organo” oppure (in Francia) “pour le or-
gues, ou espinettes et manicordions”. Analogamente nei paesi ger-
CLAUDIO MERULO (Correggio, Reggio Emilia 1533 - Parma 1604)
manici il termine Klavier indicava genericamente “tastiera”.
L’arte clavicembalistica ed organistica italiana assunse un posto di Fu la più importante personalità organistica del
rilievo nel panorama europeo fra 1500 e 1600, da Marco Antonio tempo. Organista a Brescia e a Venezia fino al
Cavazzoni (Bologna 1485 - 1570) a Giovanni Gabrieli / M. A. 1584, si trasferì probabilmente a Mantova e poi,
due anni dopo, fu al servizio del duca di Parma.
Cavazzoni scrisse una raccolta di Ricercari, Mottetti e canzoni, 1523,
che rappresenta la prima importante testimonianza italiana per Accanto all'attività di compositore e di organista,
strumenti a tastiera. Il figlio Girolamo Cavazzoni (1510 - 1565) in cui fu apprezzato per le sue eccezionali qualità
compose delle intavolature per organo in 2 libri, 1543 e 1549, ove di esecutore, nel 1566 fondò una società editrice
sviluppa ed amplia il modello paterno. di musica, che pubblicò tra l'altro opere di An-
drea Gabrieli e Giovanni da Palestrina.
I due organi della cattedrale di S. Marco a Venezia furono il centro
creatore della più importante produzione organistica della seconda Compose musiche per il teatro e musica vocale
metà del 1500; i due Gabrieli ne furono i più alti rappresentanti. (mottetti e madrigali), ma di grande rilievo è
soprattutto la sua produzione organistica che
Anche a Napoli dal 1570 si affermò una scuola organistica e cembali-
comprende 4 libri di messe d’organo, messe,
stica che aveva preso le mosse dal movimento culturale promosso da
C. Gesualdo da Venosa / A Napoli si riscontra una produzione non 3 libri di ricercari, e di canzoni, 2 libri di
17 toccate. Le sue toccate con il loro brillante vir-
influenzata dai maestri veneziani bensì dall’opera dello spagnolo
Cabezòn. I più importanti Maestri organisti e cembalisti napoletani tuosismo e la solidità dell'impianto segnano il
furono: superamento del carattere di improvvisazione tipico della musica organistica dell'epoca.
Antonio Valente (1520 - 1600)
Rocco Rodio (1530 - 1615)
Le stampe napoletane si differenziavano da quelle veneziane, scritte
in due righi, perché erano scritte in partitura su quattro righi, che
corrispondevano alle voci della notazione contrappuntistica.

13 XIV
GIROLAMO FRESCOBALDI (Ferrara 1583 - Roma 1643) LIUTISTI
Il liuto fu uno fra i più diffusi strumenti del rinasci-
18
Insieme a Monteverdi e Schütz fu una delle più importanti personalità musicali del suo tem- mento e del periodo successivo per quattro, almeno,
po; inoltre egli viene annoverato insieme a J. S. Bach, F. Couperin, e D. Scarlatti, ossia fra importanti motivazioni:
i più importanti creatori di musiche per strumenti a tastiera del barocco. 1) era comodo da maneggiare;
Compositore e organista italiano. Figlio di Filippo Frescobaldi, anch'egli organista, Girolamo 2) si poteva suonare facilmente grazie alla circola-
studiò a Ferrara con Luzzasco Luzzaschi. Dopo la morte del duca Alfonso (1597), che non lasciò zione delle intavolature;
eredi, e la conseguente estinzione del casato, Ferrara venne assorbita dallo Stato Pontificio. 3) il suo suono era dolce e di non grande sonorità,
Quella che era stata una delle corti più vive del Rinascimento italiano vide allontanarsi a una adatto alle situazioni cameristiche;
a una tutte le personalità che l'avevano animata; non ultimo Frescobaldi, che si trasferì a Ro- 4) poteva essere sia uno strumento solista e sia un
ma lavorando come organista prima nella chiesa di Santa Maria in Trastevere e, dal 1608, valido accompagnamento.
nella Cappella Giulia in San Pietro. Frescobaldi visse tutta la sua vita a Roma, a eccezione di In Italia la scuola liutistica fu in voga per poco più di
un periodo di due mesi trascorso a Mantova presso i Gonzaga (1614) e di un incarico di quasi cento anni dal 1500 al 1600. I nomi più importanti
sei anni (1628-1634) presso la corte del granduca di Toscana Ferdinando II. furono: Francesco Spinacino, Ambrosio Dalza
La sua attività compositiva fu quasi interamente dedicata agli strumenti a tastiera, e si divide (Petrucci stampò le loro composizioni) F. Canova
in sette raccolte a stampa: (definito “divino” dai contemporanei) Vincenzo
Galilei.
Il primo libro delle fantasie a quattro (1608); contiene 12 fantasie fino a quattro soggetti stampate in partitura In Francia dopo il 1550 le musiche per liuto furono
quattro righi. quelle legate al ballo e gli airs de cour .
Ricercari e canzoni francesi (1615); vi sono 10 ricercari e cinque canzoni strumentali. Maggiore fortuna ebbe il liuto in Germania, ove fu
uno strumento solista fino alla metà del 1700. Il
Toccate e Partite d’intavolatura di cimbalo maggior liutista del tempo fu Sylvius Leopold
libro primo (1615); questo è uno dei più importanti volumi dell’opera di Frescobaldi. Nella Weiss (1686 - 1750).
prefazione vi è una descrizione in merito alla prassi esecutiva degli
strumenti a tastiera del suo tempo. Sono presenti partite di arie In Inghilterra dal 1500 al 1600 si impose la figura di
famose (La Follia, La Romanesca, Il Ruggero). John Dowland; importante è il suo Lacrymæ, 1604.
Il primo libro di capricci fatti sopra In Spagna si diffuse un tipo particolare di liuto a sei
corde chiamato vihuela de mano; il più importan-
diversi soggetti (1624);
te compositore fu Antonio de Cabezòn.
II secondo libro di toccate, canzoni... (1627); questa è una delle raccolte più ricche varie.
Fiori musicali di diverse composizioni (1635); questa fu l’ultima raccolta, e fu anche la più famosa. Contiene tre
messe d’organo e due capricci.
Canzoni alla francese in partitura (1645, postuma)
Nei Fiori musicali egli abbandona la pratica dell’intavolatura in favore della partitura con pentagrammi separati per ogni
voce.
Tenuto in grandissima considerazione dai suoi contemporanei, Frescobaldi, pur nel rispetto della tradizione compositiva della
musica rinascimentale, assorbì la lezione dei maestri napoletani, ed è ritenuto un grande innovatore: le sue armonie, che osano
cromatismi e dissonanze (chiamate da lui “durezze e ligature”) mai sperimentati prima di allora, hanno reso le toccate, le
fantasie, i capricci, i ricercari e le altre opere per tastiera del grande compositore un repertorio caratterizzato da una grande
forza e fantasia / La sua raccolta Fiori musicali (1635, quarantasei brani di cui solo gli ultimi due profani) lasciò un'impronta
così profonda sul giovane J.S.Bach da spingerlo a ricopiarla integralmente (per averne un duplicato a scopo di studio) / il suo
catalogo compositivo comprende anche musica sacra.

14 XIV
G. Fresco-
baldi Toc-
cata terza
1637. Tra-
scrizine in
notazione
moderna.

20

19

15 XIV
I VIRGINALISTI INGLESI
In Inghilterra si impiegavano strumenti da tasto già dal 1300, come testimonia il Robertsbridge, il più antico
manoscritto di musiche per organo inglese / Dal 1560 al 1600 nell’Inghilterra elisabettiana vi fu una floridissima
produzione virginalistica, che consolidò la nascita della scuola virginalistica inglese, che produsse il più corposo
insieme di composizioni clavicembalistiche del primo barocco europeo. Bisogna precisare che gli inglesi chiama-
vano virginals tutti gli strumenti a corde pizzicate e che avessero una casa rettangolare / Le maggiori personali-
tà per tre generazioni furono William Byrd, John Bull, e Orlando Gibbons.
Due importanti fonti ci immettono nel mondo virginalistico inglese del periodo:
il PARTHENIA
Fu stampato nel 1611 e contiene 21 composizioni di Byrd, Bull e Gibbons;
il FITZWILLIAM VIRGINAL BOOK
Manoscritto dell’inizio del 1600 contenente 300 brani di vari virginalisti.
In Inghilterra i virginalisti usavano tre principali forme:
La Fancy una forma di fantasia che era molto più estesa della coeva forma italiana;
La variazione, e le Musiche per ballo; in questa tipologia si aveva l’accoppiata pavana - gagliarda, entram-
be constavano di tre sezioni da 8 o 16 misure. Nelle gagliarde non si svolgeva lo stesso tema delle pavane. Altre
forme di danza erano le alman, (corrispettivo inglese di allemanda), le coranto, e le gighe.

WILLIAM BYRD (Lincoln 1543 - Stondon Massey, Essex 1623)


22 Massimo musicista dell'età elisabettiana. Fu organista nella cattedrale di
Lincoln dal 1563 al 1572, anno in cui passò alla Royal Chapel. Nel 1575
Elisabetta I concesse a lui e al suo maestro Thomas Tallis il monopolio
della stampa e del commercio di musica e carta da musica, concessione
che rimase a Byrd alla morte di Tallis, nel 1585 / Seppe eccellere in ogni
genere musicale, vocale o strumentale che fosse; compose musiche per il
rito anglicano e circa 60 anthems.
La musica da chiesa in latino è considerata l'apice della sua produzione;
questa mostra infatti un respiro e un'intensità che non hanno paragoni
nella musica inglese. Le sue opere maggiori in latino sono le tre messe, i
due volumi di Cantiones Sacrae, 1589, e i due volumi di Gradualia,
1605 - 1607 (un ciclo che copre tutto l'anno liturgico) / Fu tra i primi a
comporre per complessi di viole. La sua musica vocale profana compren-
de liriche per voce e complesso di viole.
Esempio tratto dal «Capriccio cromatico con ligature al contrario» di G.Frescobaldi; qui il
I suoi oltre 140 pezzi per virginale contribuirono a fondare la scuola dei virginalisti inglesie nella
geniale compositore “dichiara” di sovvertire una delle principali “regole” contrappuntistiche forma delle variazioni egli manifesta la sua grande abilità compositiva / Se paragonato ai contempo-
ossia che i ritardi armonici dissonanti debbano essere risolti all’ingiù; infatti vengono risolti ranei, e in particolare all'esperienza italiana (dalla quale fruì i principali connotati del gusto barocco), il
all’insù! 21 linguaggio armonico e stilistico di Byrd risulta conservatore; ciononostante, la sua abilità di polifonista,
combinata con l'ambivalenza di sentimenti della sua condizione di cattolico nell'Inghilterra protestan-
te, creò opere dotate di una profonda carica emotiva.

16 XIV
24 Fancy per dou-
JOHN BULL (Radnor, Galles 1562. - Anversa 1628)
ble organ di
Uno dei maggiori virtuosi di clavicembalo e organo del suo O. Gibbons
1620.
tempo. Nel 1573 divenne corista della cattedrale di Hereford e
dopo un anno faceva già parte del coro della Cappella Reale.
In seguito fu organista della regina. Nel 1597 fu eletto primo
lettore e insegnante di musica del Gresham College di Lon-
dra / La sua abilità come esecutore e la sua grande esperien-
za come costruttore di strumenti musicalilo resero celebre nei
Paesi Bassi. Dal 1617 al 1628, poco prima della morte, fu orga-
nista della Cattedrale di Anversa.
Le sue composizioni rimaste sono prevalentemente dedicate
agli strumenti a tastiera per i quali scrisse circa 200 composi-
zioni. Le difficoltà tecniche dei brani testimoniano la sua abi-
lità come interprete, mentre le intricate strutture ritmiche e
contrappuntistiche provano la sua formidabile intelligenza
creativa.

ORLANDO GIBBONS (Oxford 1583 - Canterbury 1625)


Organista della Cappella reale dal
23
1605, virginalista di corte dal 1619 e
organista all'abbazia di Westminster
dal 1623. Gli anthems di Gibbons
sono tra i brani più significativi della
musica liturgica anglicana, composti
sia nello stile antico a cappella che
con accompagnamento di organo o
di viole. Tra quelli per coro a cappella
si ricordano Hosanna to the Son of
David e O Clap Your Hands. Tra i
suoi madrigali spiccano The Silver JAN PIETERSZTOON SWEELINCK (Deventer 1562 - Amsterdam, 1621)
Swan ed il cupo What Is Our Life? 25 Compositore e organista fiammingo; fu il solo musicista importante della zona
compresa nei Paesi Bassi. Dal 1577 fino alla morte fu organista della Oude Kerk
Le sue opere per virginale includono danze stilizzate come la (Chiesa vecchia) di Amsterdam, ricoprendo la carica che era già stata di suo
pavana Lord Salisbury, fantasie contrappuntistiche e varia- padre e assolvendo anche alle mansioni di direttore del coro e di insegnante.
zioni su temi popolari / Lo stile di Gibbons è piuttosto conser-
vatore; l’osservanza della scrittura polifonica, in cui ciascuna Ultimo rappresentante della scuola fiamminga, Sweelinck costituisce un co-
voce è indipendente e uguale per importanza alle altre, si stante punto di riferimento in quella tradizione organistica nordica che ha visto
trova in particolare nelle sue composizioni per voce e gruppo il suo punto più alto nella musica di Buxtehude. Sensibile al clima culturale
di viole, dove gli strumenti non sono un mero accompagna- tedesco, assorbì la scuola dei virginalisti inglesi e fu profondamente influenzato
mento al canto, ma parte integrante della struttura della dalla musica italiana.
composizione. Sweelinck scrisse circa 60 composizioni per organo e alcune composizioni
Il suo catalogo per organo e per virginale comprende 45 pre- vocali. Di queste, ricordiamo i quattro libri di brani polifonici (a 4 - 8 voci), i
ludi, 2 fancy, oltre a pavane e gagliarde e brani con varia- Salmi di Davide, 1604 - 1621, composti sul testo in versione francese del poeta Clément Marot.
zioni.

17 XIV
GLI ORGANISTI DELL’AREA TEDESCA FINE XVI SECOLO HANS LEO HASSLER (Norimberga 1564 - 1612)
Con l’avvento del Barocco la Germania fece sfoggio di una impo- 27
Principale figura organistica di rilievo della Germania
nente produzione musicale inerente l’organo; cembali ed organi meridionale a cavallo fra XVI e XVII secolo, fu organi-
furono l’oggetto delle attenzioni dei maggiori (e minori) musicisti di sta a Norimberga, Ulm ed infine Dresda / Il suo catalo-
tutta la Germania. go comprende 110 composizioni per organo che
La moderna musicologia ha distinto tre principali scuole: annoverano composizioni liturgiche, una Messa d’or-
AREA MERIDIONALE, gano, ricercari, toccate. Evidente fu l’influsso di Andrea
AREA AUSTRIACA, Gabrieli e del repertorio italiano rinascimentale in ge-
BAVIERA CATTOLICA. nere nel suo stile .
Nella Germania centrale e settentrionale si professava la confessione La sua storica importanza in ambito musicale risiede
luterana (Halle, Norimberga, Leipzig, Hamburg, Lubecca). nel fatto che egli rappresenta un anello di congiunzio-
ne fra scuola veneziana e la nascente scuola organisti-
ca tedesca.

SAMUEL SCHEIDT (Halle 1587 - 1654) 28

Allievo di Sweelinck fu organista ad Halle dal


26 1609. Molto apprezzata dai contemporanei fu la
sua produzione vocale direttamente influenzata
dai fiamminghi, ossia le Cantiones sacræ e
Geistliche Conzerten.
La sua grande importanza risiede nella produzio-
ne organistica; egli contribuì grandemente allo
sviluppo della tecnica esecutiva e della tecnica
del pedale. Egli sviluppò la tecnica delle varia-
zioni su tema di corale. Nell’opera Tabulatura
Nova, 1624, in tre parti, egli abbandonò la prati- Organo positivo tedesco del sec. XVII.
ca dell’intavolatura tedesca per organo in favore
della partitura italiana con pentagrammi sepa-
rati per ogni voce. Questa fu la sua opera per 29
organo più importante. L’altra sua opera impor-
tante è Tabulatur Buch, 1650, che è una rac-
colta di 100 corali per organo ove già il senso
Organo della Chiesa Maria Thalkirchen, Mona-
melodico orizzontale ha ceduto il passo alla co- co, 1630.
scienza armonica accordale, verticale. Queste
due opere sono considerate la base della scuola
Scheidt ritratto sul frontespizio a stampa della sua organistica della Germania settentrionale.
raccolta Tabulatura Nova, 1624.

18 XIV
VIRGINALE CLAVICEMBALO 32
Strumento musica-
le simile alla spi- Strumento a corde con tastiera, nel quale le corde vengono pizzicate per poter produrre il suono. Venne
netta. Il virginale sviluppato a partire dal XIV secolo e, in misura più significativa, nel secolo successivo. La sua diffusione fu
fa parte della fa- notevole fra il XVI e la fine del XVIII secolo, quando cedette il suo ruolo al pianoforte. Il clavicembalo
miglia dei clavi- possiede usualmente una cassa a forma di ala ma più lunga e stretta. I clavicembali sono stati costruiti
cembali e fu uno anche con altre morfologie, determinando così la nascita degli altri strumenti affini, ossia il virginale
degli strumenti a (più piccolo del clavicembalo e di forma oblunga), la spinetta (di forma poligonale e di dimensioni ri-
tastiera più diffusi dotte) e il meno diffuso clavicitherium (una sorta di clavicembalo verticale). Fra il XVI e il XIX secolo i
in Inghilterra e termini spinetta e virginale sono stati utilizzati, impropriamente, come sinonimi.Tutti i clavicembali pos-
nelle Fiandre nel siedono il medesimo sistema di meccanica per produrre il suono. A ogni corda, singola, corrisponde un
XVII secolo. Ha tasto; un'estremità di quest'ultimo, rivolta verso l'esterno, viene premuta dall'esecutore, mentre l'altra
forma trapezoida- estremità è collegata a un salterello, l'astina di legno alla cui sommità viene inserito un plettro. Quando
le, gambe svitabili preme il tasto, il salterello si solleva permettendo al plettro di pizzicare la corda. Il salterello è dotato di
e monta corde un sistema di scappamento grazie al quale nel percorso di discesa non pizzica nuovamente la corda.
trasversali rispetto Poiché il volume sviluppato da una corda pizzicata in questo modo non varia aumentando la pressione
alla tastiera, che sulla tastiera, nel corso del tempo sono stati sviluppati alcuni sistemi per ovviare alla limitazione. Molti
ha un’estensione clavicembali possiedono infatti almeno due file di corde, con due file corrispondenti di salterelli. Grazie a
media di quattro un sistema meccanico, il cosiddetto registro, è possibile utilizzare una o più file simultaneamente, au-
ottave. Nato come mentando o diminuendo conseguentemente l'intensità sonora. Una fila di corde può essere intonata u-
strumento a uso n'ottava sopra rispetto alla fila di base: in questo caso è chiamata a quattro piedi, mentre la fila di base
domestico, il virgi- è definita a otto piedi. Alcuni clavicembali tedeschi del Settecento possiedono una fila di corde intonate
nale deve proba- un'ottava più grave rispetto all'otto piedi, e cioè a sedici piedi. I clavicembali possono inoltre possedere
bilmente l’etimolo- due tastiere, utilizzabili contemporaneamente o separatamente, aumentando così ancor più le possibili-
gia all’ampia dif- tà espressive di timbro e di volume. Uno strumento tipico a due tastiere del Settecento possiede nella
fusione tra le gio- tastiera inferiore due registri, uno a otto e uno a quattro piedi, in quella superiore un registro a otto piedi
vani benestanti e un meccanismo di controllo che permette alle tastiere di suonare unitamente.
dell’epoca, per le
quali la musica
30
rappresentava una
forma di educazio-
ne e di intratteni-
mento. A partire
dalla seconda me-
tà del Cinquecento
vennero pubblica-
te in Inghilterra
raccolte di compo-
sizioni per lo stru-
mento dette Virgi-
nal Books.
31

Cembalo costruito da Giuseppe Solfanelli.


Pisa 1729.

33

19 XIV
CLAVICORDO 35

La forma più antica di strumento musicale a corde percosse e tastiera.


Le corde sono tese fra le caviglie di accordatura all'estremità destra e i
perni inseriti sul lato sinistro. Il clavicordo, fu particolarmente diffuso fra il
XV e il XVIII secolo. Ogni tasto possiede a una estremità una piccola la-
mina di ottone, detta tangente. Quando l'esecutore preme il tasto, la
tangente si solleva e percuote la corda. In questo modo si può controlla-
re l'intensità del suono ed è anche possibile produrre il vibrato (in tede-
sco Bebung). La tangente si abbassa rilasciando il tasto e il suono viene
definitivamente smorzato da feltri posti in prossimità del ponticello. Al-
cuni clavicordi antichi possedevano due, tre o quattro tangenti che per-
cuotendo la corda a diverse altezze potevano produrre serie di note
differenti. I clavicordi più recenti non recano più traccia di questo siste-
ma. Un clavicordo tipico del XVIII secolo è lungo circa 2,5 metri, con u-
n'estensione di cinque ottave. Pur nell'ambito della sua caratteristica
delicatezza di timbro, il clavicordo può produrre una grande varietà 36

espressiva. Alcuni compositori, in particolare nordeuropei, hanno colto al


meglio le qualità dello strumento: pagine pregevoli sono state scritte al
riguardo da Carl Philipp Emanuel Bach.

Spinetta ovale tedesca del 1693.

Meccanismo del clavicordo: a tasto, b tangente, c corde.

37

34

SPINETTA
Del clavicembalo, che fa parte degli strumenti a corda pizzicata, esistono
numerose varietà, come il virginale, o la spinetta.

20 XIV
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21 XIV
LA NASCITA DELL’OPERA

IL BAROCCO {1600-1750} MUSICA E SOCIETA’ BAROCCA


Stilisticamente compreso fra l’età di Monteverdi e quella di Bach ed Händel. Per molto tempo la Età della controriforma e delle monarchie assolute. L’Europa di questo
produzione musicale e artistica in genere del periodo barocco venne etichettata in senso dispre- periodo vede una profonda crisi economica e sociale; vi fu pure un
giativo perché bizzarro, esagerato (> Rousseau); sarà solo alla fine del XIX secolo che si avrà una brusco calo demografico (> pestilenza). I governi acuirono la loro auto-
rivalutazione del termine e di tutto ciò a cui esso rimanda, quando la musicologia capì che il ba- rità nei confronti della povera gente > la Francia di Luigi XIV. Le mo-
rocco non fu solamente il prolungamento in declino del Rinascimento, ma una nuova originale narchie assolute si valsero del potere persuasivo dell’arte barocca >
espressione artistica frutto di una nuova epoca.
suadente, commovente / Le nuove scoperte geografiche cominciarono
a spostare l’attenzione economica verso il Nord / La Festa > la più
CULTURA originale ed innovativa manifestazione della nuova società barocca >
Italia culla del barocco > Roma / Magnificenza ed arditezza delle creazioni nelle varie arti > musica componente di prim’ordine: feste profane (cerimonie, cortei,
cavalcate, giostre) feste religiose (riti, incoronazioni, processioni) / Nuo-
G.Bernini, F.Borromini, G.Guarini (architettura); G.Marino (poesia) massimo artefice, nel ’600,
della lirica concettosa / Rifiuto dei modelli precedenti (classici, rinascimentali) > esuberanza, line- va concezione del “rappresentare” > oratorio, passione (nelle chie-
e ondulate, effetti sbalorditivi, ecc. al posto di equilibrio, regolarità sobrietà > stupire, meravi- se) / Nelle corti > musica segno di indispensabile sviluppo, regalità; le
gliare, fare spettacolo / Nel 1602 a Venezia viene pubblicato “Le Rime” di G.B.Marino, con corti divennero centri di attiva cultura musicale > principi e principesse
quest’opera egli diventerà il poeta del secolo; i suoi testi furono usati dai compositori per realiz- “dovevano” sapere di musica; ciò era reputato socialmente importante
zare decine e decine di madrigali, es “Giunto è pur Lidia il mio”, “Pallidetto mio sole”; (“tradizione” iniziata nel ‘500 > Il Cortegiano). Grande fama acquista-
no i “nuovi” virtuosi del canto: le corti ed i principi si contendono i pochi
l’arguzia poetica di Marino sta nella scelta di sei versi rimati e raggruppati a due a due in stret- grandi virtuosi del tempo: Adriana Basile, i Caccini (padre e figlie)
ta simmetria > SINTETICITÀ, che ben conveniva ai madrigalisti / Il suo capolavoro fu il poema
Vittoria Archilei / Prestigio inequiparabile era per un musicista di-
mitologico L’Adone, ove egli esalta anche i “nuovi” cantanti > Adriana Basile.
venire Maestro di Cappella, director musicae.

STILE MUSICALE BAROCCO


Studi musicologici sulla definizione del Barocco > Bukofzer, Riemann > età del basso continuo / Lo stile musicale del barocco, così come per le altre forme d’arte, si distaccò com-
pletamente dalle precedenti tradizioni > cinque sono i cardini principali rispetto al rinascimento, nati da tutta una serie di pratiche e sperimentazioni che riempirono il
‘500,ossia:
1) ADOZIONE DI PIÙ STILI: (nel primo ‘600 si comincia a sentire il “problema” della classificazione degli stili in uso) polifonico, severo, palestriniano > musica sacra stylus eccle-
siasticus; omofonia > musica da camera: madrigali, musica vocale con b.c. o con più strumenti, stylus cubiculares; omofonia > opera stylus theatralis; questi termini (o
sinonimi di essi) si ritrovano nelle cronache scritte di importanti personalità culturali del tempo; i tre sopra citati furono compilati dall’erudito Marco Scacchi nel suo “Breve
discorso sopra la musica moderna”, 1649 completato dal suo allievo Angelo Berardi.
2) IMPORTANZA DELLA MUSICA STRUMENTALE
3) LA MONODIA SI IMPOSE SULLA POLIFONIA: organizzazione gerarchica delle voci > non più tutte con la stessa importanza > la voce superiore (cantata o suonata)
primeggia; basso > solamente sostegno armonico; annullamento delle voci interne condensate negli accordi del b.c. > sviluppo dell’armonia; la tonalità sostituisce
la modalità.
4) PROLIFERAZIONE DELLE FORME: accanto a Messa, Mottetto, Madrigale (per poco), si svilupparono nuovi generi e nuove forme: opera, balletto, oratorio; forme
strumentali: sonata (in varie tipologie), concerto, concerto grosso, suite, fuga, forme di variazione.
5) MAGGIORE USO DI RITMI, METRI E TEMPI
Non più solo il “consueto” Tactus usato nel Rinascimento ove si aveva una prevalenza del rapporto 1:2 fra unità metrica e sillaba > adesso si arriva anche a rapporti di 1:8 / Bu-
kofzer nel 1947 propose di ripartire tutto il periodo barocco in tre fasi di circa 50 anni: primo barocco > Monteverdi, Frescobaldi, Schütz; medio barocco > G. Carissimi, G. B.
Lully, H. Purcell; tardo barocco > A. Vivaldi, A. e D. Scarlatti, F. Couperin, J. S. Bach, G. F. Händel.

1 XV
LA NASCITA DELLA MONODIA: LA CAMERATA BARDI

Con la camerata Bardi, fine del ‘500, nasce tangibilmente la monodia. La Camerata Bardi era costituita da musicisti: V. Galilei, J. Peri, G. Caccini, E. de’Cavalieri, insieme al
poeta Ottavio Rinuccini, ed ai nobili colti: J. Corsi, P. Strozzi; essi crearono una sorta di “laboratorio” con l’intento di studiare il modo di far rivivere la musica greca; rifiuto
della polifonia e dell’intreccio polifonico delle parti > si reputavano incomprensibili le parole > non si poteva efficacemente riprodurre i sentimenti evocati dal testo > nuovo lin-
guaggio melodico > recitar cantando > compito della musica di accrescere, intensificare il senso delle parole (come, essi ritenevano, nell’antica Grecia) / L’excursus artistico della
camerata Bardi si divide in tre fasi:
a) gli inizi; è presente nella camerata Vincenzo Galilei. È il periodo della polemica contro la polifonia alla quale i camerati vogliono contrapporre il canto a voce sola.
b) periodo in cui è attivo nella camerata Emilio De Cavalieri. Il centro di riunione di queste prime due fasi è la casa del conte Bardi a Firenze; qui essi valutavano la poesia
e la musica della loro epoca.
c) l’ultima fase è ambientata in casa del nobile Jacopo Corsi. Adessoi si misero in evidenza i musicisti Jacopo Peri e Giulio Caccini (cantante romano) ed il librettista Ot-
tavio Rinuccini. È in questa terza fase che essi, alla luce dei risultati ottenuti nelle prime due fasi, si interrogano sul modo di far rivivere all’antica musica greca.
Il “Lamento del conte Ugolino” (tratto dall’Inferno di Dante), e le “Lamentazioni” del profeta Geremia per la settimana santa di V. Galilei furono le composizioni monodiche
che rappresentavano la prima materializzazione delle tesi sostenute dalla camerata Bardi / “Dialogo della musica antica e moderna” di V. Galilei > testimonianza delle con-
cezioni della camerata Bardi. Secondo Vincenzo Galilei dopo la civiltà greca e romana il modo conobbe un lungo periodo di decadenza, per cui anche la musica ne risentì > tutte
le nuove manifestazioni musicali erano nient’altro che una ripresa dell’antica tradizione greca / Essi ritenevano che la musica dell’antica tradizione greca fosse ad una voce sola o
all’unisono / Il “recitar cantando” da loro inteso fu una sorta di declamazione musicale poggiante su un sostegno strumentale affidato al clavicembalo o al chitarrone / Passaggio
storico dalla polifonia alla monodia > L. Luzzaschi “Madrigali per cantare e sonare a uno, due e tre soprani” (1601), ma l’opera reputata di gran lunga più importante per la
nascita della monodia fu “Le Nuove Musiche” di Giulio Caccini, 1602 > raccolta di arie (10) e madrigali (13) monodici e arie per voce e b. c.; le arie hanno testo strofico e versi
“misurati” sono tutti endecasillabi organizzati stroficamente, ecco perché furono denominate “Arie”. Caccini scrisse una prefazione alla sua opera ove esponeva i principi del nuo-
vo stile monodico e le più rilevanti novità (come la “sprezzatura”, che consisteva nell’eseguire la melodia principale con molte minuscole figure ornamentali, accentuazioni espressi-
ve sorrette dal basso continuo). In seguito pubblicò altre due raccolte di arie e madrigali in stile monodico, ossia “Fuggilotio musicale”, e “Le nuove musiche e nuova ma-
niera di scriverle”, raccolta di 29 arie e madrigali ad una voce, Firenze, Zanobi Pignoni, 1614 / In seguito Caccini iniziò la moda delle arie composte su versi misurati dal ritmo
regolare ed accentuativo e dizione sillabica di brevissima durata, ove le frasi musicali avevano un’articolazione a cadenze ravvicinate > furono diffuse alla fine del’500 messe in
musica tutte quelle con testo scherzoso da Gabriello Chiabrera, e vennero denominati SCHERZI.

L’AFFERMAZIONE DELLA MONODIA.

La monodia si sviluppò anche, contemporaneamente, in ambito sacro > mottetti solistici con b.c. (concerti spirituali), primo importante esempio furono i Cento concerti eccle-
siastici da 1 a 4 voci con b.c. (a volte figurato, cioè con precise indicazioni di durata delle note) di Ludovico Grossi da Viadana / Per il pubblico del tempo le “novità” apporta-
te da Caccini e da Viadana furono qualcosa di straordinario, visto che in precedenza vi era stat solo la tradizione madrigalistica polifonica che adesso andrà declinando sino alla
sua fine (1621); il grande successo delle innovazioni di Caccini e Viadana è attribuibile sia al basso continuo e sia alle facilitazioni che questo comportava agli esecutori rispetto all’-
antica pratica polifonica difficile e severa / Ma in Europa l’Italia cinquecentesca era conosciuta per i suoi madrigali; ed i madrigali divennero un ottimo strumento didattico per la
composizione > sapiente pratica del contrappunto, osservanza delle regole, conoscenza formale, attitudine all’invenzione dei soggetti musicali. I madrigali a 4 voci di Arcadelt
(1538) furono stampati 53 volte; grande maestro per tutti fu Gesualdo / Dall’usanza cinquecentesca di sostituire le voci inferiori di una composizione polivoca con uno strumento
musicale che le riuniva tutte (es. nelle frottole, villanelle, canzonette, odi, madrigali, chanson, lieder) nacque il procedimento della Diminuzione > pratica dei musicisti del periodo
barocco di eseguire sopra note lunghe rapide improvvisazioni ornamentali; ciò comportò l’affinamento dell’uso degli abbellimenti / Rare composizioni monodiche originali nel
periodo rinascimentale > villancicos e romances spagnole presenti nelle edizioni di “Vihuela de mano”.

2 XV
TEATRO E MUSICA I PRIMI DRAMMI PER MUSICA.
Già nel Rinascimento si avverte la sensibilità verso il recupero della cultura classica greco- La Camerata Bardi aveva optato per una musica più consona a rimarcare il
latina > si diffonde il desiderio di riprendere e modificare le antiche commedie e tragedie senso delle parole e della concezione degli “affetti„, da loro ampiamente teoriz-
con innovazioni e modernità > teatro italiano, commedie dell’Ariosto; La Mandragola di zata, approdando così alla monodia, l’unica via musicale reputata più vicina
Macchiavelli / Nasce la favola pastorale > genere teatrale a metà fra commedia e tra- alla tragedia greca, il più idoneo modello da loro identificato che realizzasse
gedia > personaggi mitologici, ambienti idilliaci della mitica Arcadia (che era una ragione a pieno l’integrazione parola-musica. Come si poteva imitare? Bisognava crea-
dell’antica Grecia ove i personaggi, i pastori e le ninfe, si concedevano i piaceri della poe- re una nuova forma di teatro musicale materializzabile con il nuovo linguaggio
sia e della musica), “stereotipi” di pastori > La Favola di Orfeo (A.Poliziano, 1471; Aminta monodico; così nacquero i drammi per musica / Importanza oltre le loro pre-
di T.Tasso, 1573; Il Pastor Fido di G.B.Guarini, 1590) / Molta più fortuna ebbe la Comme- visioni / Recitar cantando: MODO “FLESSIBILE” DI DECLAMARE IL TESTO, CANTAN-
dia dell’Arte > esili scenari che rappresentavano amori, burle, vecchi e giovani, ricchi e DOLO SULLE NOTE REALIZZATE DAL COMPOSITORE / I Primi libretti furono in forma di
poveri > in evidenza la bravura improvvisativa degli attori > maschere convenzionali: dramma pastorale (all’apice dello sviluppo all’inizio del ‘600) / Il primo dram-
Pantalone, il Dottore, gli Zanni, servi buffoni > Arlecchino, Brighella > lingua italiana o ma per musica della storia fu DAFNE di Jacopo Peri su libretto di Ottavio
dialetto (ad essa si ispirarono Vecchi e Banchieri) / In questo teatro la musica era presente Rinuccini > casa Corsi, carnevale 1597 / La prima opera interamente conserva-
come musica di scena > prologhi e/o intermezzi occasionali in forma di madrigale / Più ta fu EURIDICE > dramma mitologico - pastorale degli stessi autori > Firenze,
vicina fu la musica al teatro negli Intermedi fiorentini > scenicamente più impegnativi 6-10-1600 > nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia. Viene rappre-
(venivano impiegate per la prima volta le macchine teatrali) anche se erano intermedi sentata la vicenda del mitico cantore-poeta Orfeo che riesce a riportare in vita
riempitivi (o diversivi) fra atti di commedie > argomenti mitologici, allegorici o pastorali; l’amata Euridice dopo essere disceso nell’oltretomba convincendo, grazie alla
musiche vocali o strumentali. Un esempio eclatante furono i sontuosi intermedi per la forza persuasiva del suo canto, Plutone; ma Orfeo non potrà guardarla se non
commedia La Pellegrina di G. Bargagli (1589) eseguiti a Firenze > nozze di Ferdinando prima di aver lasciato gli inferi (questa era la condizione) e, cedendo alla tenta-
de’Medici (34 brani musicali vari, madrigali da 3 a 30 voci > adozione dello stile concer- zione, la perderà per sempre. Tornato solo sulla terra viene pervaso dalla dispe-
tante). Questi esempi furono, a posteriori, considerati il più diretto antecedente dell’opera razione ma Apollo, dio della poesia e della musica, lo assume in cielo. Questa
in musica. conclusione a “lieto fine” è propria della tradizione pastorale / I versi sono in
prevalenza endecasillabi e settenari, viene anche usato l’ottonario nelle più
intense situazioni amorose / Anche Il rapimento di Cefalo di Caccini fu rappre-
sentato per le medesime nozze / I pezzi di questi primi melodrammi non erano
totalmente imperniati sul “recitar cantando”, vi sono inframmezzi di arie stro-
fiche, e cori. L’apparato strumentale è ridotto; i musicisti suonavano dietro la
scena; la musica assolveva principalmente la funzione di b. c. affidato a CHITAR-
RONE, CLAVICEMBALO, LIRA, LIUTO / Sempre nel 1600 fu rappresentato La rap-
presentazione di anima e corpo, dramma per musica allegorico-religioso, di
Emilio de’ Cavalieri, che ebbe una storica importanza a Roma per la nascita e
lo sviluppo dell’oratorio / Nascono i primi trattati che “regolano”e descrivono il
nuovo teatro: fra il 1630 ed il 1640 è in voga IL CORAGO (anonimo), ove è e-
spresso il desiderio che le ariette si concludessero con versi spezzati o rotti; dello
stesso periodo è il TRATTATO SOPRA LA MUSICA SCENICA di Giovan Battista
Doni [colui che sostituì l’antica nota ut con DO] > Doni condivide le indicazioni
del Corago, e indica come il dramma per musica debba essere in tre atti, e che
era adatto alla musica uno stile facile e piano, quindi egli rifiutava un uso ec-
cessivo delle rime in quanto spezzava la fluidità discorsiva.

1
2

3 XV
Esempio di MELODIA DIMINUITA, ove ogni strofa presenta sempre nuove e più fittamente ornate fioriture
Esempio tratto da EURIDICE di Jacopo Peri su libretto di Ottavio Rinuccini. E’ riportato il momento scenico in
vocali: Chi mi confort’ahimè ultima aria della raccolta LE NUOVE MUSICHE di Giulio Caccini (FI,
cui Orfeo è disperato ed esprime tutto il suo dolore per la morte di Euridice (morsa da un serpente mentre racco-
1602); inizio della prima e della quinta strofa.
glieva fiori in un prato). Peri rende tale situazione prima con accenti interrotti ed esitanti che conducono ad una
3 concitazione crescente e disperata. Con un asterisco sono segnate le dissonanze fra la linea vocale ed il basso.

4 XV
6

Il testo è strofico, formato da otto stanze ognuna costituita da sei versi di cui 4 ottonari e due quadrisillabi.

5 XV
7

“Belle Rose Porporine”; tratta da “Le Nuove Musiche” di Giulio Caccini, 1602. La musica è costituita da due
frasi musicali uguali per la prima e per la seconda stanza. I primi tre versi della prima e della quinta stanza sono
ripetuti due volte; gli ultimi tre versi di ogni altra stanza vengono ripetuti.

6 XV
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©


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7 XV
MUSICA SACRA E Il periodo storico del barocco vede la piena affermazione delle musiche strumentali, ma più in gene-
rale vede una grande produzione musicale che da un lato conserva le vecchie forme, e dall’altro ac-
ORATORIO. cetta anche nuove composizioni. In ambito sacro si ha una grande proliferazione di musiche; dalle
CANTATE SACRE musiche per le funzioni religiose (messe, salmi, Mottetti) alle composizioni di carattere devozionale
(cantate da chiesa, oratori) la produzione sarà corposa sia nell’area geografica cattolica, sia in quella
E PROFANE tedesca luterana, e sia per il rito anglicano.

MUSICA SACRA CATTOLICA


Composizioni Liturgiche
Importante coesistenza all’interno del genere musicale sacro della polifonia e della monodia (situazione che si era già impiantata durante il rinascimento), e della monodia,
armonia, tonalità (i nuovi sviluppi nel barocco) / Tre stili coesistettero:
A) antico polifonico:
La più importante figura fu quella di Palestrina, egli fu il principale portavoce e conservatore dello stile antico; divenne il modello d’insegnamento per i più importanti
compositori di tutto il ‘600 ed oltre. Grande diffusione ebbe la sua opera: appartengono a questo stile, infatti, le opere di Carissimi, F. Durante, Orazio Benevoli, e i 50
salmi di Benedetto Marcello / Notevole tratto originale del barocco fu anche la tendenza alla grande amplificazione del suono, ai grandi contrasti dinamici; ciò si riscon-
tra pienamente nelle composizioni sacre (messe, soprattutto) ove numerosi sono gli esempi di policoralità. Lo stile policorale fu seguito anche a Napoli.
H. I. von BIBER fu un compositore tedesco che creò la più monumentale opera sacra secondo lo stile policorale: la messa a 53 voci organizzate in sette cori, che insieme
a tutti gli interpreti (compresi due organi e trentatre diverse parti strumentali) richiede 97 esecutori. La monumentale Messa è del 1628 (erroneamente attribuita ad Ora-
zio Benevoli fino a non molto tempo fa) e venne denominata Missa Salisburgensis, in quanto venne composta per festeggiare il 1100° compleanno della Città di Salisbur-
go, nel 1684.
B) moderno monodico (o libero) :
Il più importante modello furono i Cento concerti ecclesiastici di L. Grossi da Viadana; sono una serie di composizioni a 1, 2, 3 voci con il basso per l’organo generalmen-
te nella forma del mottetto (in latino). Ebbero grande diffusione in tutte le cappelle di provincia perché rispondevano alle loro esigenze: > maggiore semplicità; > tono de-
votamente colloquiale; > stile recitativo e canto melodico / Un brano molto famoso che rientra in questo genere fu “Il pianto della Madonna” di Claudio Monteverdi (>
parodia del lamento di Arianna) / A questo genere “libero”-monodico appartengono molte versioni dello Stabat Mater in cui si cimentarono molti compositori almeno in
tutto il periodo barocco; fra i più grandi: Vivaldi, Steffani, A. e D.Scarlatti. Grande eco ebbe (ed ha) lo Stabat Mater di Giovan Battista Pergolesi; composto nel 1736,
ossia dopo quasi un decennio dalla reintroduzione nel Messale Romano, quindi nella liturgia, da papa Benedetto XIII (nel 1727) dell’antica sequenza latina tardomedieva-
le (proibita dal concilio di Trento), quest’opera (l’ultima del suo giovanissimo creatore) fu commissionata al giovane Pergolesi dai Cavalieri dell’Arciconfraternita dei Dolo-
ri sul finire del 1734, per rimpiazzare l’omonimo ed illustre Stabat di Alessandro Scarlatti. Lo Stabat pergolesiano apparve ai committenti, e, visto lo status dei committenti,
a tutto il mondo musicale sacro del tempo, come la manifestazione più riuscita del nuovo corso che l’espressione del sacro in musica stava prendendo.
C) concertato:
Le musiche liturgiche composte nel medio e tardo barocco ebbero come modello iniziale le Symphonie Sacræ del 1615 di G. Gabrieli; erano composizioni policorali per
voci e strumenti composte ad hoc per la cappella di S. Marco a Venezia. Claudio Monteverdi (nell’ultimo suo trentennio) si cimentò anch’egli in questo elaborato campo,
creando composizioni in stile concertato alternanti pezzi chiusi solistici e pezzi corali; la sua influenza fu tale da essere presa a modello per la definizione della forma delle
Messe e dei Salmi per soli, coro ed orchestra; queste tipologie sono tutt’ora in uso / Fondamentale importanza ebbe la lezione veneziana dello stile concertato per tutto
il barocco musicale ed oltre / Anche Bologna fu un faro musicale come Venezia: la basilica di San Petronio fu anch’essa una fucina creatrice; tratto distintivo a Bologna
erano le composizioni concertate per archi e tromba, insieme a solisti e coro.
Claudio Monteverdi fu il più importante compositore che compose nei tre stili.

1 XVI
1
ORATORIO
Orare: pregare; pregare in piccoli locali o edifici / A Roma Filippo Neri (canonizzato nel 1622, com-
patrono di Roma) ottenne da papa Gregorio XIII l’autorizzazione a fondare una sua congregazio-
ne di preti secolari che chiamò Congregazione dell’Oratorio, e riuscì a far costruire una grande
Chiesa, nel 1577 ad opera di F. Borromini / Nella città eterna fiorirono di li a poco gli oratori San
Gerolamo della Carità, Santa Maria in Vallicella, Santissimo Crocifisso ; questo fu il più
importante, ed era frequentato da aristocratici e prelati romani. Negli oratori romani si eseguivano
preghiere, sermoni e meditazioni con intermezzi di laude. Queste laude ebbero maggiore impor-
tanza presso gli oratori romani rispetto alle altre forme di devozione coeve, e ben presto vennero
anch’esse denominate Oratorio, identificando così oltre che un luogo di preghiera anche una com-
posizione sacra non liturgica eseguita per particolari ricorrenze.
L’Oratorio derivava direttamente dalla Lauda Polifonica. La congregazione filippina usava 9
libri di Laude, ed il primo fu composto da Giovanni Animuccia (1563-1600). Le Laude polifoni-
che conobbero uno sviluppo in forma narrativa e avevano un argomento direttamente collegato
alla predica che si teneva durante l’esercizio spirituale. Altre forme musicali dal carattere narrativo
vennero affiancate in seguito alla Lauda, e furono principalmente il madrigale spirituale ed il
Heinrich Franz Ignaz von Biber Mottetto polifonico concertato; ma ad esse si aggiunsero anche molte altre composizioni in stile
(Wartenberg, 1644 - Salisburgo 1704)
monodico che si affermarono grazie alla “Rappresentazione di anima e di corpo” di Emilio
de’ Cavalieri rappresentato la prima volta nella chiesa di Santa Maria in Vallicela nel 1600 / L’ope-
1a
ra che segna il passaggio decisivo all’oratorio è il Teatro Armonico spirituale di Madrigali di
Giovanni F. Anerio (1619- 94) costituito da due composizioni per ogni festa vespertina invernale
cantate prima e dopo il sermone.

L’Oratorio ha una forma drammatico - narrativa, non è rappresentato ma cantato da voci soliste
e coro con accompagnamento d’orchestra; non vi è nessun elemento scenico e le parti narrative
sono affidate ad un Historicus, che di solito è una voce solista (generalmente il tenore), canta in
stile recitativo sostenuto dal basso continuo e si esprime in terza persona. Il Coro ebbe da subito
una grande importanza / Gli argomenti esposti dall’Oratorio sono tratti dalla Bibbia o dalla storia
dei Santi e simili / I personaggi raccontati negli Oratori potevano essere sia reali sia ideali, ad es.
Speranza, Carità, Fede ecc. / A Roma fiorì l’oratorio in latino, che venne denominato HISTORIA,
specialmente presso l’arciconfraternita SS. Crocifisso. Quest’oratorio derivava dai Mottetti concerta-
ti eseguiti in qualità di dialoghi spirituali; aveva il testo di derivazione biblica, ed era solitamente
formato da una sola sezione o parte. Con l’avvento dello stile monodico si adoperò la sostituzione
dello stile mottettistico con quello recitativo. Il primo compositore del genere fu Giacomo Carissi-
mi. L’attività si concluse nel 1725 / Fuori da Roma si affermò l’oratorio in lingua italiana (anche a
Vienna), e fuori dall’Italia la forma simile all’oratorio non era in latino ma nelle lingue nazionali
(francese, tedesco, inglese).

Dipinto raffigurante l’interno della Chiesa Nuova a


Roma, fatta costruire da S. Filippo Neri, ove fondò
la congregazione dell’Oratorio.

2 XVI
ORATORIO IN FRANCIA > GRANDS MOTETS 3

2 In Francia l’Oratorio fu introdotto,


a Parigi, da Marc Antoine
Charpentier, tra i più famosi
compositori francesi di musica
sacra. Compì gli studi a Roma al
collegio germanico, e fu un allievo
di Carissimi. Compose molti orato-
ri in latino seguendo lo stile del
suo illustre Maestro italiano;
“Extremum Judicium” ne è un
eclatante esempio. Nel suo stile
maturo seppe fondere elementi
italiani e francesi / Purtroppo
l’assolutismo monarchico di Re
Luigi XIV non gli permisero di rice-
vere il plauso che la sua opera
avrebbe meritato; Re Luigi auspi- 2a
Riproduzione del frontespizio di un Gran Motet di M. A. Charpentier.
cando ad un distacco da Roma,
anche in campo religioso, in favo-
Marc-Antoine Charpentier, dettaglio estratto re di un proprio “gallicanesimo„,
dall’almanacco Royale “gravé par Landry”, non vide di buon occhio l’impron-
1682 .
ta musicale che Charpentier vole-
va tracciare in terra franca: gli oratori di Charpentier non si impianta-
rono nella tradizione sacra francese. L’oratorio italiano fu soppiantato
da un canto sacro tipicamente francese, il Grand Motet: cantata sa- Pagina tratta dalla prima edizione a stampa di JEPHTE.
cra ampia per voci soliste, coro semplice o doppio, orchestra su testi
francesi di salmi, cantici, inni, ecc. Erano anche eseguiti in concerti pub-
blici oltre che nelle funzioni liturgiche / Il più famoso compositore di
Grand Motet fu M. R. Delalande.

Misure iniziali di un miserere di Marc Antoine Charpentier.

3 XVI
ORATORIO ITALIANO
Derivato soprattutto dalle laude polifoniche, si sviluppò a Roma dal 1650, divenendo la più rilevante forma religiosa non liturgica del barocco, per poi diffondersi nelle altre città
italiane. Ma la sua più grande eco la ebbe a Vienna; qui la corte imperiale ne fu particolarmente sensibile, sicché la città austriaca divenne il centro più importante per l’oratorio
in italiano durante tutto il barocco. A Vienna si alternarono compositori italiani quali Antonio Bertali, Antonio Draghi i quali conferirono all’Oratorio anche funzione decorativa e
politica oltre che devozionale, visto che l’oratorio era preferito all’opera nelle celebrazioni solenni, in quanto la corte viennese reputava, per queste occasioni, l’opera non adatta /
A Vienna viene sottratto l’Historicus e diminuito l’impegno del coro; adesso è in due parti fra le quali si collocava il SERMONE / Pian piano l’oratorio italiano fu assimilato all’opera
con alcune differenze (scene, quaresima, due atti). Arcangelo Spagna nel suo “Perfetto melodramma dialogato„ descrisse queste differenze / Successivamente oltre che sui testi
biblici gli oratori furono composti su componimenti poetici di alcuni illustri librettisti del melodramma del tempo, come A. Zeno e P. Metastasio; queste illustri personalità dell’-
Arcadia rinominarono gli oratori azioni sacre.

Storicamente importante fu l’oratorio San Giovanni Battista di Alessandro Stradella (di cui conserviamo sei oratori); qui il compositore toglie l’Historicus. Si scorgono elementi
propri del concerto barocco: la suddivisione dell’orchestra che accompagna le voci in due gruppi: solisti (2 violini e b.c.) ossia il concertino, ed il gruppo più numeroso (violino, 2
viole e b.c.) ossia il concerto / Alessandro Scarlatti anche nel campo dell’Oratorio ha pure una rilevante importanza storica, avendo composto 38 oratori, ove però non si di-
stacca dallo schema formale operistico.

GIACOMO CARISSIMI (1605-1674 Roma)

1b
Cantore, organista, Maestro di cappella ad Assisi e dal 1630 a Roma nella Chiesa di Sant’Apollinare / Non si cimentò mai nel teatro musicale;
la sua musica è vocale ma non teatrale; egli prestò interesse nella composizione sia per l’ambito sacro sia per quello profano; per l’ambito sa-
cro scelse univocamente la lingua latina, mentre per quello profano adoperò la lingua italiana / La sua importanza risiede nella sua produ-
zione di Oratori Latini che ammontano a 35 ma di cui se ne conservano circa 20. La musicologia divide queste venti opere in tre gruppi, a
seconda della fattezza.
DI VASTE DIMENSIONI: Judicium extremum per 5 voci, 3 cori, orchestra d’archi;
Diluvium Universale,
Jephte a 6 voci e b. c. Jephte è il suo capolavoro, ed è tratto dal libro dei Giudici della Bibbia.

DI MEDIE DIMENSIONI: Judicium salomonis a 4 voci.

MOTTETTI CONCERTATI: Lamentatio damnatorum.

Nei suoi Oratori si alternano brani narrativi affidati all’Historicus (che espone in terza persona) a parti dialogiche, parti liriche, parti solistiche,
duetti, corali / Peculiare sua volontà fu quella di ripartire il testo biblico fra i vari personaggi / L’aspetto strumentale vede la predilezione per
l’organo e/o tre strumenti: 2 violini e viola da gamba e riempimento armonico di organo positivo, clavicembalo, tiorba, arciliuto.
La grandezza della sua musica risiede è data dal fatto che esplicita la volontà del compositore di affidare alla musica una forte funzione di autocritica ed elevazione spirituale;
l’intenzione di Carissimi è quell, tramite la musica, di comportare severe riflessioni spirituali sull’esistenza umana. Colpisce in queste composizioni, più dell'innovazione formale,
l'andamento epico - drammatico della narrazione e delle risorse vocali / Carissimi possiede una notevole capacità di evocazione del sovrannaturale; egli usa con maestria mezzi
compositivi inusitati come quarte diminuite, accordi alterati ecc. per raggiungere il suo scopo (eco della lezione Monteverdiana) / Grande importanza ha il coro, che egli tratta
omofonicamente / Carissimi scrisse anche un trattato metodologico pratico di teoria e composizione: Ars Cantandi / Come insegnante Carissimi esercitò un importante influsso
su molti compositori, come l'italiano Alessandro Scarlatti e il francese Marc - Antoine Charpentier.
Carissimi, Schütz, Monteverdi rappresentano storicamente la più alta espressione del sentimento religioso in musica del 1600.

4 XVI
5

5 XVI
6 Jephta è l’oratorio più importan-
te di Carissimi. Non vi è ancora
una netta divisione fra recitativo
ed aria, e le parti solistiche si
esprimono in stile monodico-
recitativo.
Preoccupazione costante di
Carissimi è quella di evidenzia-
re musicalmente il senso o
“l’affetto” del testo con tipici
accenti patetici.

6 XVI
7 XVI
8 XVI
9 XVI
10 XVI
11 XVI
12 XVI
MONODIE PROFANE DA CAMERA
Le Nuove Musiche di Caccini ebbero importanza centrale nello sviluppo della monodia profana da camera in Italia e fuori per due secoli. L’opera di Caccini è un messaggio di
rinnovamento / Coesistono per decenni dei due principali stili: polifonico - madrigalistico (a scopo di studio), ed il nuovo monodia / Con Claudio Monteverdi si attua il passaggio
dal polifonico al monodico (nei suoi 8 libri di madrigali, e a partire dal quinto) fra il 1580 ed il 1630 / Importante fu anche la pratica musicale “domestica”, chiamato dilettantismo,
che si diffuse soprattutto nelle case patrizie o borghesi; ciò comportò lo sviluppo delle monodie profane (come per i madrigali nel ‘500) / Nascita del solismo canoro: i cantanti
virtuosi / Passaggio non traumatico dalla polifonia alla monodia anche perché i poeti dei “nuovi” testi musicati monodicamente erano gli stessi della tradizione polifonica pre-
cedente: Tasso, Guarini, Marino (lirica concettosa).

MADRIGALI MONODICI E ARIE IL DUETTO DA CAMERA


Arie: E’ una Composizione a due voci con b.c; le Musiche a due
composizioni su testi strofici dallo svolgimento sillabi- voci di Sigismondo d’India (1615) furono uno dei primi
co; la musica (melodia e basso) della prima strofa esempi del ‘600, ma contemporaneamente lo furono
era ripetuta per le altre strofe. anche i Duetti da Camera del bolognese Maurizio Caz-
Madrigali monodici: zati / Queste composizioni sono simili alle cantate per
testi non strofici con indugi e “colorature” su molte spirito e destinazione d’uso, ma con forma più libera. Le
sillabe del testo e musica non ripetuta. due voci possono essere in scrittura omoritmica e procedi-
Dopo il 1625 prevalse l’Aria come modello di espressione mento parallelo per terze, o in scrittura contrappuntistica
dello stile vocale in quanto era più ricca. Qui venivano imitata / A. Stradella (Roma) Cazzati e Bononcini
eseguite delle variazioni strofiche > le strofe ripetevano il (Bologna) Legrenzi, Caldara e B. Marcello (Venezia).
basso e la melodia veniva di volta in volta variata. Figu-
Il più importante e prolifico fu Agostino Steffani che
ra di spicco fu Sigismondo d’India.
compose più di 100 duetti da camera.

CANTATA PROFANA O DA CAMERA


Destinata ad un pubblico di intenditori, fiorì negli ambienti più principeschi e signorili. E’ storicamente apparsa con Alessandro
Grandi (vice maestro di cappella a Venezia); sue sono le prime Cantate e Arie a voce sola con basso continuo (1620). Composi-
zioni molto simili alle arie, in origine, divennero più scorrevoli e di più vasto respiro in seguito / La novità consisteva nell’ostenta-
zione di una sola voce (soprano) più il b.c. (chitarrone, tiorba, organo o clavicembalo). Queste composizioni erano molto affini
anche al madrigale, soprattutto per la somiglianza della tematica poetica: l’amore, solitamente malinconico e-o infelice, non
corrisposto, e di tipo pastorale, poetica riscontrabile in Marino / Si instaurò stabilmente un nuovo principio compositivo (da poco
comparso) che separava in due distinte parti la creazione musicale:
RECITATIVO: momento di narrazione più vicino al parlato dunque con molte libertà ritmiche e pochi, rari, accordi:
ARIA: momento dell’espressione, centro dell’invenzione melodica, ornamentazione virtuosistica sostenuta dal b.c. 7

Questo assunto formale avrà un’influenza determinante sul melodramma / Si può evincere una similitudine con la forma stru-
mentale del Preludio e Fuga del primo ’700 / I più rilevanti musicisti furono: Luigi Rossi; Alessandro Stradella. Presso la scuo-
la veneziana: Cavalli, Cesti, Legrenzi, e a Bologna: Cazzati, Bononcini.
Alessandro Scarlatti compose 700 cantate: egli sviluppò originalmente il modello R.-A.-R.-A. e A.-R.-A., e nelle arie prediles-
se la forma del “da Capo„ tipica del melodramma / Carissimi fu reputato anche un grande compositore di cantate.

13 XVI
8

14 XVI
9

15 XVI
MUSICA SACRA PROTESTANTE
Germania luterana: anche qui florente fu la produzione musicale sacra / Originale uso del corale, che qui coesistette insieme a composizioni vocali sacre libere e a cantate
sacre o da chiesa / I luterani si divisero in Ortodossi (più rigidi: la parola del vangelo doveva essere presentata con il corale) e Pietisti (più tolleranti; ritenevano che la devozio-
ne si poteva interpretare personalmente, con una musica libera in stile concertato).

COMPOSIZIONI VOCALI LIBERE COMPOSIZIONI SUI CORALI LA CANTATA SACRA O DA CHIESA


Grande influenza ebbero i Concerti Tre modi distinti d’impiego per la musica corale sacra : Kirchenkantate: la più originale ed importante
Ecclesiastici del Viadana > influenza forma musicale della Germania protestante > 1700 >
iniziata con il soggiorno presso la scuo- A) armonizzazione a 4 voci delle melodie dei corali (il più semplice); Erdmann Neumeister sul modello della cantata
la veneziana di H. L. Hassler e, apice artistico sono i 371 corali a 4 voci di J. S. Bach, pubblicati dal da camera italiana / Differisce dalle forme su corali
soprattutto, di Heinrich Schütz / figlio C. Ph. Emanuel. perché è composta da una successione di brani (da 6
Dall’esempio portato nella Germania a 10): nel testo si alternano brani della bibbia, strofe
luterana dai due insigni compositori, B) Melodie corali impiegate con la funzione di “cantus firmus” e con il di corale e componimenti poetici originali; nella mu-
nacquero tutta una serie di composi- sostegno di b.c. per la composizione di mottetti polifonici sica oltre alle forme di concerto sacro e di corale ar-
zioni libere che venivano eseguite in monizzato si aggiunsero le forme della musica vocale
chiesa. C) concerti sacri: stile concertato con b.c. / Michæl Prætorius rea- ed operistica italiana > sinfonia di introduzione, reci-
tativo, arioso (andamento melodico intermedio fra
lizzò 1250 composizioni sacre; Syntagma Musicum (opera teorica).
aria e recitativo; forma più ampia di recitativo che
tende al lirismo, Monteverdi fu il primo ad usarlo)
aria, duetto / Le cantate sacre misero “d’accordo”
HEINRICH SCHUTZ (1585 - 1672) ortodossi e pietisti; queste furono usate nella liturgia
ed eseguite prima del sermone per anticipare o riba-
Maestro di cappella a Dresda; egli è il più autorevole compositore di musica sacra prote-
10
stante del secolo, il suo nome venne latinizzato in Saggittarius / Quasi totalmente legato
dire; vennero cioè adoperate per assicurare un’am-
plificazione dei concetti del vangelo del giorno.
alla produzione musicale sacra per il “servizio” luterano. La summa della sua composi-
zione è rappresentata da:
Psalmen Davids a 2, 3, 4 cori con strumenti (sono dei SALMI, su modelli italiani);
Cantiones sacræ per 4 voci e b. c. (in STILE MOTTETTISTICO concertato, lingua latina);
Simphoniæ sacræ tre raccolte per più voci e strumenti con b. c.), sono 68 concerti
sacri e manifestano una sintesi e sviluppo della lezione di G.
Gabrieli e C. Monteverdi;
Oratori.
Adottò per tutta la sua opera le forme del Mottetto polifonico e della passione responso-
riale a cappella ; forme che erano già entrate in disuso nei primi del 1600 a favore della
monodia e dello stile concertato / Fedele testimone della “seconda pratica” montever-
diana circa l’ambito sacro: musica a totale servizio delle parole del testo sacro / Impiegò
poco la forma del corale che invece i suoi contemporanei e tutto il mondo sacro barocco
(protestante) fecero primeggiare (sia per il canto sia all’organo) / L'evoluzione stilistica
che subì Schütz nei suoi quasi sessant'anni di attività, dalla fastosità delle opere dell'apprendistato veneziano alla
semplicità dell'ultima composizione, un Magnificat in lingua tedesca (1671), illustra in maniera significativa la dire-
zione che avrebbe preso la musica sacra tedesca del XVIII secolo, sfociata nelle cantate e nelle passioni di J.S. Bach.

16 XVI
11 Tipico
esempio
organi-
stico di
preludio
al corale.

17 XVI
11 a

18 XVI
12

19 XVI
Grande capola-
13
voro di forza
espressiva e
bellezza è la
cantata Il La-
mento di Maria
di Scozia di
G.Carissimi
basato su una
storia realmente
accaduta, il
regicidio di
Maria di Stuar-
da nel 1587.
Nella cantata la
stessa protago-
nista espleta il
racconto con
uno stile recita-
tivo molto
intenso che va
da episodi ariosi
liberi a parti di
andamento
melodico rigida-
mente declama-
torio. Nel
seguente esem-
pio Carissimi
esprime il la-
mento evidente
della regina
mentre si avvia
al patibolo
mediante un
Arioso, alter-
nando sequenze
melodiche a
ripetizioni di
parole.

20 XVI
14 Prima pagina
tratta del Mot-
tetto Concer-
tato tratto dalle
Symphonie
Sacræ op. VI
del 1629 di H.
Schütz.

21 XVI
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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22 XVI
L’OPERA ITALIANA NEL
SEICENTO

L’OPERA DI “CORTE”
L’opera in musica, nata dalla camerata Bardi, già nel 1650 divenne il genere musicale più importante, perché meglio di tutti inglobava gli assunti estetici del barocco; il genere fu
in costante crescita fino ai nostri giorni. L’opera sarà da adesso e fin quasi ai nostri giorni lo spettacolo più elaborato; consentirà sempre nuove occasioni di lavoro; sarà il genere di
spettacolo musicale e teatrale voluto da un vasto pubblico che va dal popolo ai sovrani / Nato come spettacolo di corte, per i primi quarant’anni questa nuova forma di spetta-
colo accompagnò i più epocali e cerimoniosi eventi nobiliari; molto spesso matrimoni fra regnanti, ed eventi dinastici in genere; questi erano spettacoli assoluti, venivano rappre-
sentati una volta sola ed erano sfarzosissimi. Avevano anche una specie di funzione politica: molto spesso servivano per mostrare la capacità economica del signore che li organiz-
zava, ed erano anche un mezzo“implicito” per destare invidia presso gli altri regnanti / Le opere di corte non avevano un luogo di rappresentazione ben determinato, venivano
allestite in sedi provvisorie; molto spesso erano ampi saloni del palazzo del signore che avevano precedentemente ospitato le feste rinascimentali. Questi “teatri da sala” avevano
una costituzione tipo formata dalla scena che era rialzata su uno dei lati minori dell’ampio salone, e da gradinate che erano disposte sui lati lunghi, o molto spesso tutti intorno
alle pareti / Il “pubblico” che aveva l’onore, il privilegio assoluto, di essere presente a una di queste rappresentazioni, veniva oculatamente scelto dal Signore che l’organizzava;
anche la partecipazione in qualità di pubblico a una di queste rappresentazioni di corte costituiva uno speciale vanto per chi ne prendeva parte, ed era anch’esso uno strumento
politico. Le città più in vista della prima epopea operistica del 1600 furono Firenze, Mantova, Roma, e Venezia.

L’OPERA A ROMA 1 2

La prima città ove la “nuova” invenzione della camerata Bardi trovò favore fu Roma;
questa “circostanza” fu determinata dal fatto che due fra i più autorevoli rappresentan-
ti della camerata fiorentina, E. De’ Cavalieri e Giovanni de’ Bardi, si trasferirono presto a
Roma. La storia della breve epopea operistica romana del 1600 si deve, però, a due
successivi papi: Urbano VIII (Maffeo Barberini), e Clemente IX (Giulio Rospigliosi). Si
può far coincidere, per comodità, l’avvento dell’opera in musica a Roma con la messa in
scena de “La Rappresentazione di Anima e Corpo” di E. De Cavalieri, avvenuta durante
le celebrazioni per l’anno santo del 1600, e voluta dai padri filippini dell’oratorio della
vallicella (anche se questo evento sarà più determinante per il consolidarsi del genere
oratorio). Dopo la presentazione di quest’opera Roma assiste alla messa in scena di altre
opere nello stile “fiorentino”, ossia:
“Eumelio” un dramma pastorale di argomento sacro di Agostino Agazzari;
“La Morte di Orfeo” di Stefano Landi;
“La catena di Adone” di Domenico Mazzocchi.
Questa fu l’opera più determinante per la costituzione del prototipo “’opera
romana”, e diede grande lustro al suo autore. L’opera assume una rilevante
importanza sia per la vicenda scenica nonché per lo stile vocale; rilevanti sono
infatti i numerosi insiemi vocali, unitamente al fatto che vengono effettuate
distinzioni fra recitativi melodici e melodie vocali; è in quest’opera che compa- Ritratto del cardinale Giulio Rospigliosi, poi papa
Clemente IX.
re il termine “aria” applicato per etichettare le melodie vocali solistiche, i
duetti e i pezzi d’insieme a più voci.
Ritratto di papa Urbano VIII.

1 XVII
Il pontificato di papa Urbano VIII coincise con il momento culminante dell’opera romana. La prestigiosa famiglia romana dei Barberini (che la storia ricorda anche tristemente come
gli “stupratori” ed usurpatori delle bellezze artistiche e monumentali della città eterna), specie Francesco e Antonio, si impegnarono in prima persona per la divulgazione dell’opera.
Infatti una vasta sala adiacente al loro grande palazzo, alle quattro fontane, contenente circa 3000 persone, venne trasformata in teatro d’opera, ed inaugurata nel 1632 con l’ope-
ra Sant’Alessio di S. Landi su libretto del cardinale Giulio Rospigliosi. Questa fu l’opera più importante rappresentata a Roma; strutturalmente è un dramma sacro, che alterna
una grande varietà di sentimenti che vanno dal comico al patetico; la musica è ricca di recitativi (solisti e dialogici), brevi arie, cori di angeli, diavoli, servi; la scrittura musicale è in
prevalenza in stile madrigalistico. Sempre in quella stessa sala negli anni che seguirono furono rappresentate fra le altre anche le opere Erminia sul Giordano e Il palazzo in-
cantato di Atlante, libretti dello stesso cardinale (desunti da Gerusalemme Liberata del Tasso) e musica rispettivamente di Michelangelo Rossi e Luigi Rossi / Il cardinale Ro-
spigliosi era incline a due generi di spettacolo musicale:
A) Dramma imperniato su una storia sacra; l’esempio più eclatante fu Sant’Alessio;
B) Dramma letterario-romanzesco: come Erminia sul Giordano e Il palazzo incantato di Atlanta.
Luigi Rossi fu il principale musicista dell’opera romana / La morte di papa Urbano VIII comportò la fine dell’epopea operistica seicentesca a Roma, che era durata per un trenten-
nio. Fu solo il favore o meno dei pontefici successivi che determinò la vita del genere operistico della Roma del 600; infatti i il teatro Tordinona (1671) fu più volte chiuso e riaperto /
In generale il modello operistico che si sviluppò nella breve stagione romana presentava già una notevole evoluzione rispetto al modello fiorentino: il recitar cantando qui è più evo-
luto; il canto viene differenziato in recitativo e aria, le melodie tendono alle forme chiuse; le arie sono strofiche (anche quelle bipartite). La polifonia è riservata solo ai cori, ed i reci-
tativi sono sostenuti dal basso continuo.

IL TEATRO BAROCCO 3
L’OPERA “IMPRESARIALE”
Il “nostro” teatro nacque proprio in Italia fra il rinascimento ed il barocco, nacque dal
.

Nel 1637 a Venezia nacque l’opera


impresariale; destinata comunque ai modello dei teatri tradizionali che erano stati realizzati al fine di poter contenere
ceti abbienti, non era più un esclusivo molto pubblico in uno spazio relativamente ristretto; quest’esigenza di grande ca-
e assoluto privilegio dei nobili, ma era pienza fu un imperativo per i teatri d’opera, nei quali i venivano sempre replicate
destinata ai luoghi pubblici (teatri), opere. I più grandi teatri d’opera della scena europea di oggi, la “Scala”, il “San Car-
ove si entrava a pagamento; una lo”, “l’ Opera” di Vienna e di Parigi, conservano tuttora il modello architettonico che
novità importantissima sarà la ripeti- venne messo a punto nel 1600 / Venne sviluppato il senso della prospettiva / Verso il
zione degli spettacoli per giorni stabi- 1650 il teatro stabile (per l’opera) era già come il modello nostro: palchi per i più ab-
liti, e non più quindi un solo, unico ed bienti; possibilità di sottoscrizioni, abbonamenti, platea per il popolo; il piano scenico
irripetibile evento / Questa nuova era sempre sopraelevato rispetto alla platea (I ordine dei palchi) / L’Orchestra stava
forma di spettacolo “commerciale” davanti al proscenio (la buca, in basso, sarà inventata successivamente).
faceva nascere l’esigenza di valutare
domanda ed offerta circa le opere I CANTANTI
proponibili; si ebbe così la nascita del- furono da subito il pilastro principale dell’opera in musica > professionisti nella tecnica
la figura dell’impresario, il quale sin vocale, attori > espressività / Per lungo tempo i cantanti furono solamente maschi
da subito acquisì un’importanza al (anche castrati e falsettisti); questi primi cantanti d’opera provenivano direttamente
pari, se non superiore, del musicista e dalle scholæ sacre (cappelle, cattedrali, basiliche) ove le donne erano escluse dai cori.
del librettista: egli, sulla base delle Solo l’esempio della corte ferrarese, ove avevano grande importanza nel canto profa-
aspettative del “mercato”, pilotava no le donne, creò le basi per la prima “emancipazione” femminile in musica, e specie
poeta e musicista nella creazione del- nel canto; in questo contesto si formarono le prime cantanti d’opera / In breve tempo
le opere / Tre aspetti di fondamenta- nell’opera in musica virtuose saranno definite le cantanti e musici i cantanti. L’arte
le importanza contraddistinguono il del belcanto crebbe subito ed acquistò grande fama e popolarità; i cantanti italiani Carlo Broschi, detto Farinelli, in uno storico dipinto realizzato
teatro barocco, e si riscontrano nell’o- (donne, ma maggiormente i castrati) furono contesi pressoché ovunque da nobiluo- da Amigoni. Londra, Royal College of Music.
pera sin dagli esordi; questi ne deter- mini e sovrani. Nascono le prime manifestazioni popolari di fanatismo nei confronti
minarono il successivo sviluppo: il te- delle virtuose (Adriana Basile, Leonora Baroni, Francesca Cuzzoni, Luisa Todi
atro, i cantanti e la scenografia. etc.) e dei musici castrati (Farinelli, il più grande e famoso di tutti, Pacchierotti, il
Senesino, Caffariello, etc.) > divismo > eccessi.

2 XVII
LA SCENOGRAFIA DEL TEATRO D’OPERA BAROCCO 4

L’aspetto scenografico ricevette grandi attenzioni ed accurate preparazioni


sin dagli esordi dell’opera > efficace mezzo di espressione della cultura ba-
rocca incline all’illusorio, al meraviglioso. L’ideale estetico dello spettacolo
scenografico doveva essere fedele alle aspettative barocche > stupire / Non
nacque con l’opera > sviluppo rinascimentale (> Palladio) / Bernardo
Buontalenti fu il primo scenografo delle opere fiorentine degli albori; egli
seppe infondere il senso barocco di ricchezza nelle decorazioni dei luoghi
rappresentati / Nel 1600 il matematico Guidobaldo pubblica un trattato
di prospettiva scenica: “Perspectiva libri sex”; qui un’intera sezione è
dedicata alla scenografia. Il trattato è da considerarsi la prima analisi delle
leggi riguardanti la prospettiva scenica, ed apre le porte verso un nuovo
mondo di “meraviglie” agli addetti ai lavori, suggerendo così un metodo
scenico destinato ad avere fortuna. La compresenza di queste due ricerche,
l'una nella musica e l'altra nella prospettiva, aprì la via al teatro barocco e
ne costituì la base / L’esigenza del cambio delle scene comportò l’evoluzio-
ne delle capacità di mutazione scenica > scenotecnica ; una delle più gran-
di scenografie che il teatro d’opera barocco ricorda è sicuramente quella 4a

che Bernini realizzò per l’opera Sant’Alessio di S. Landi; si trattò di una vera Scena di G.Torelli per «Le nozze di Teti e di Peleo» di F. Scena di F. Santurini per «Amor della Patria» di Sbarra e
e propria macchina scenica / Nascita dei primi trattati “illustrativi” circa le Cavalli, rappresentata al Teatro San Cassiano di Venezia Kerrl, rappresentata al Salvatortheater di Monaco nel 1665.
macchine e gli effetti scenici in uso; un primo trattato di rilevante impor- durante il Carnevale del 1639.
tanza lo stilò N. Sabbatini: “Pratica di fabbricar scene e macchine ne’
teatri„. Altri nomi importanti della scenotecnica degli esordi furono Torelli, Scena di L. Burnacini per «Il Pomo d’oro» di Cesti, rappresentato A Vienna nel 1666.
la famiglia dei Vigarani e dei Burnacini; al loro si deve l’incremento del-
5
le invenzioni prospettiche, l’allargamento degli spazi, la creazione di scenari
dalle più ampie proporzioni ove vengono ricreati boschi, spiagge, piazze,
sale regie, logge infernali, giardini etc. / Il culmine della scenografia barocca
la conquistò la famiglia Galli da Bibiena; al loro si deve alla progettazio-
ne la costruzione del teatro Ducale di Mantova (1706), del Falcone di Ge-
nova, e del Filarmonico di Verona. A Ferdinando Maria si deve l’inven-
zione della nuova visione delle scene per angolo, cioè disposte obliqua-
mente rispetto al pubblico; ciò conferì uno spettacolare senso di profon-
dità in sostituzione della prospettiva ad asse centrale / La scena illusionisti-
ca barocca si incentra sul concetto dello “Sfondamento” della prospettiva
ad asse unico centrale; così i fondali vengono dipinti obbedendo ad una
rigorosa simmetria che determina una infinita profondità; a tal fine le sce-
nografie si avvalgono anche del sapiente uso delle quinte e del boccasce-
na. Da questo periodo in poi i Teatri avranno una propria “dotazione”
che comprende 5 tipi principali di scene, ossia:
LA REGGIA
LA CITTÀ
LA SCENA ORRIDA
LA SCENA DELIZIOSA
LA SCENA MARINA

3 XVII
L’OPERA A VENEZIA
Venezia, città di svaghi e di divertimenti per antonomasia, fu la prima città “turistica” europea > carnevale in maschera, spettacoli, balli. La città lagunare con-
cretizzò il passaggio dall’opera di corte all’opera di tipo impresariale durante il carnevale del 1637 > una compagnia di musicisti romani prese in affitto il teatro
di S. Cassiano e vi rappresentò Andromeda (Manelli > musica, Ferrari > libretto); l’ingresso fu a pagamento. L’esperimento si rivelò un successo economico
tale da decretare la nascita dell’opera come spettacolo pubblico. L’esperienza acquisita con Andromeda ebbe seguito > iniziativa di alcune famiglie ricche ve-
neziane di affidare teatri ad impresari per rappresentare opere in stagioni e ricavarne il compenso > 12 teatri fra il 1637 ed il 1681. Proprietario
teatro > affitto ad impresario > contratti pluriennali con librettisti e compositori, contratti stagionali con musici e virtuose > allestimento opera > incassi . Il Carne-
vale fu il periodo in cui venivano allestite le stagioni operistiche: due opere nuove per stagione; finito il carnevale a Venezia le stesse compagnie andavano a
rappresentare fuori Venezia > l’Italia venne unificata dall’opera. Dal 1650 a Venezia l’Opera fu lo spettacolo musicale di gran lunga più gradito e richiesto /
Questo nuovo spettacolo a pagamento vide subito una entusiastica esportazione fuori da Venezia, ad opera di compagnie veneziane che viaggiarono in Italia
ed in Europa / Il Gusto del pubblico diventò sin da subito l’unica e sola preoccupazione di chi allestiva le opere, dall’impresario al musicista, fu la più impor-
tante componente dell’opera impresariale > problema di costi ed incassi / Caratteristiche: importanza assoluta di virtuose ed evirati, drammi complessi, intrighi,
varietà, sfarzosità di costumi e scene > i musicisti dell’orchestra ed il coro erano pagati, e trattati, inferiormente rispetto al cast vocale, agli scenografi. Argomenti
mitologico - pastorali (all’inizio, come
per l’opera di corte) poi mitologia classi-
ca (Medea, Giasone), romana (Annibale,
Pompeo, Giulio Cesare); toni eroici e
comici. Episodi estranei alla trama prin-
cipale > per l’esigenza di stupire il pub-
blico / Maggior presenza di recitativi
(settenari ed endecasillabi sciolti) rispet-
to alle arie (dal quaternario al decasil-
labo) / Si andarono consolidando delle
situazioni drammatiche di sperimentato
successo sul pubblico denominate TOPOI
che venivano successivamente riutilizza-
te; alcuni esempi fra i più visitati furono:
la scena del sonno
6 (come nell’Adone di Vendramin, 1639),
che poteva fornire l’occasione per simul-
tanee azioni in palcoscenico (come nell’-
opera Virtù de’strali d’Amore di F a u -
stini, 1642);
l’interrogatorio di un prota-
gonista, protagonista imprigionato
e destinato alla morte ma poi sal-
vato in extremis
(come nell’Ormindo di Faustini) ;
scena del ritratto, della let-
tera, scena di pazzia, della pubbli-
ca lettura di una epistola, (Ormindo
di Faustini).

4 XVII
E’ di questo periodo un trattato illustrativo che comprende anche i topoi più in 7
uso “Della tragedia antica e moderna” di Martello / La più importante trat-
tazione del testo teatrale cantato del seicento fu il trattato La poetica toscana
all’uso di G. G. Salvadori ove si evince in che modo si era sviluppata in quell’e-
poca la concezione di recitativo ed aria; palese è la predilezione per l’uso della
quartina, l’attenzione alla brevità dei drammi, ed il largo uso delle arie conclusive /
Importanti operisti veneziani:
Francesco Cavalli
È considerato il più autorevole operista veneziano dopo Clau-
dio Monteverdi. Musicò 42 opere, considerabili come la summa
del primo repertorio veneziano ore a primaria importanza lo
stile recitativo. Testimoniano l’evoluzione del suo stile le opere
Ormindo 1644, Giasone 1649, Muzio Scevola 1665; egli fu l’ope-
rista più drammatico.
Antonio Cesti
Autore di 12 opere; Il pomo d’oro, 1666, composto per le nozze
dell’imperatore a Vienna sulla sua opera più straordinaria > Alessandro Strabella in una stampa d’epoca.
favola mitologica della più bella delle dee alla quale assegna-
re il pomo d’oro. Nelle sue opere diventa più marcata la se-
parazione fra recitativo ed aria; proprio per questo egli con- 8
tribuì alla delineazione di una nuova struttura del melodram-
ma, ove il centro dell’interesse musicale si sposta da recitativo
ai pezzi chiusi, e ai brani lirici (aria e duetto). Ciò darà vita a
varie tipologie di aria:
“aria - lamento”: che si basa sul basso ostinato co-
struito su di un tetracordo discendente;
“aria strofica”: quest’aria presenta un ritornello
strumentale che viene ripetuto fra una strofa e l’altra;
“aria col da capo”: questa è la nuova tipologia, che
rappresenterà il punto di forza di Alessandro Scarlatti; è un
brano tripartito, ABA, dove la terza parte è praticamente la
ripetizione della prima.
Alessandro Stradella
Uno dei più geniali musicisti dal 1650, assorbì la lezione dei
due più grandi Maestri drammatici del secolo, Carissimi e
Monteverdi, e fu l’anticipatore dell’uso dell’armonia tonale;
grande attenzione riversò nella ricerca degli effetti strumenta-
li > concerto grosso e concertino. Opera fuori Venezia, e scrisse
13 opere teatrali; 5 oratori; mottetti, cantate sacre e profane,
serenate, madrigali. Egli fu uno fra i primi a ripartire l’orche-
stra d’archi in due gruppi, concerto grosso e concertino.
Fuori Venezia fu esportato anche il “modello” di teatro musicale a pagamento;
tutte le opere veneziane conobbero imitazioni fuori Venezia, ma con temi poetici
tratti da autonome tendenze; ad esempio gradite erano a Lucca le allegorie politi-
che / Compositori importanti da ricordare all’interno dell’area veneziana del seco-
lo furono: Francesco Sacrati; Antonio Sartorio; Giovanni Legrenzi.

5 XVII
CLAUDIO MONTEVERDI (1567 Cremona - 1643 Venezia)
Uno fra i più grandi musicisti di tutta la storia musica; egli ebbe il coraggio di stravolgere il modo stesso di concepire la musica; la sua
9 vita è compresa fra la fine del Rinascimento ed il primo barocco: visse da protagonista il tramonto della polifonia e l’affermazione
della monodia / Manifestò sin da piccolo un precoce talento musicale saggiamente guidato dal veronese Marco Antonio Ingegneri;
già a 15 anni pubblicava una sua prima opera, le “Sacræ Cantinculæ”a tre voci, ed una raccolta di “Madrigali Spirituali” a quattro
voci. La corte di Mantova nella persona di Vincenzo Gonzaga, nel 1603, lo nominò maestro di cappella; per la corte di Mantova scrisse
uno dei suoi capolavori melodrammatici: “l’Orfeo”, 1607; l’anno seguente videro la luce le opere “l’Arianna” e “Il ballo delle in-
grate”. Quando Vincenzo Gonzaga morì Monteverdi lasciò Mantova e, dopo un breve soggiorno a Cremona, si trasferì a Venezia in
qualità di maestro di cappella della basilica di San Marco. Alla sua direzione la cappella musicale della città lagunare conobbe un
radicale cambiamento. Il catalogo dei suoi capolavori melodrammatici si arricchirà delle ultime opere composte proprio a Venezia, in
un contesto, e rispondendo a un tipo di fruizione totalmente diversi da quelli della corte di Mantova / Nel 1600 un dotto canonico
teorico contrappuntista bolognese, Artusi, mosse una critica violenta contro le composizioni di Monteverdi; egli rimproverava al cre-
monese, nel trattato intitolato “Delle imperfezioni della moderna musica”, il fatto di non aver assolutamente rispettato le regole del
contrappunto in molti dei suoi madrigali. Monteverdi rispose con una breve premessa nel V libro dei suoi madrigali, ove preannunciò
al canonico bolognese che avrebbe accuratamente smontato le sue accuse in seguito. Egli seppe impiegare come mai nessuno prima
varie tipologie di dissonanze a fini espressivi; ciò fu motivo dei violenti attacchi da parte dell’Artusi / Egli seppe comunicare mediante
la voce cantata o recitante tutti i sentimenti espressi dalle poesie adottate / Attraverso i suoi otto libri di madrigali lo stile di Monte-
verdi testimonia il passaggio dalla polifonia alla monodia, includendo l’adozione del nuovo stile concertato. Seppe manipolare con
maestria tutte le prassi compositive del tempo. La sua vasta attività di compositore si può scindere in quattro grossi filoni:

MUSICA POLIFONICA PROFANA:


Canzonette a tre voci;
I libro di Madrigali (a cinque voci); II libro di Madrigali (a cinque voci); III libro di Madrigali (a cinque voci con testi del
Guarini e del Tasso); IV libro di Madrigali (a cinque voci); V libro di Madrigali (a cinque voci, testi del Guarini. In questo quinto
libro gli ultimi sei madrigali vedono l’adozione del basso continuo per il clavicembalo; e gli ultimi due sono a 6 e a 9 voci). Questi cinque libri di ma-
drigali furono composti in un arco di tempo che va dal 1587 al 1605; lo stile musicale adottato testimonia l’inclinazione verso un linguaggio musicale
descrittivo realizzato con pungenti frasi, influenzato da L. Marenzio, e da intense situazioni espressive (slanci, urti armonici dissonanti) provenienti
dalla lezione di J.de Wert.
Scherzi Musicali a 3 voci; risalgono al 1607 e in maggioranza sono su testi di Gabriello Chiabrera (molto famoso è «Zephiro Torna») .
In questa raccolta compare nell’introduzione la lettera “Dichiarazione della lettera stampata nel V libro di madrigali”, firmata da suo fratello Giulio
Cesare con la quale Monteverdi rispondeva alle pesanti accuse mosse contro di lui dall’Artusi. Egli rispose al dotto bolognese Artusi di riconosce due
stili compositivi opposti, e dichiara espressamente di preferire il secondo:
Prima prattica > la musica a più voci che egli considera signora della poesia, espressione dell’arte di tutti i fiamminghi, di Willaert e
delle testimonianze di Zarlino.
Seconda prattica > il contrario: la poesia signora della musica, egli ne riconosce iniziatore il fiammingo Cipriano de Rore e come modelli
indica Marenzio, Wert, Luzzaschi, Peri, Caccini e “ - ...li spiriti più elevati -”. Con questa sua “seconda prattica”
Monteverdi inaugurò una innovativa concezione del rapporto parola-musica.

6 XVII
MUSICA PROFANA IN STILE CONCERTATO:
VI libro di Madrigali (1614; a cinque e sei voci; sistematica adozione del basso continuo);
VII libro di Madrigali (1619, con testi del Guarini; stile concertato, denominato infatti
da lui stesso “concerto”, termine con il quale indicava la pluralità degli stili adottati);

VIII libro di Madrigali (1638, Madrigali guerrieri e amorosi) È diviso in due parti: canti
guerrieri e canti amorosi. Il lavoro più famoso è certamente Il combattimento di Tancre-
di e Clorinda, tratto dal XII canto della Gerusalemme liberata del Tasso; è una breve a-
zione teatrale per tre voci: Tancredi, Clorinda ed un narratore. L’organico prevede il basso
continuo più una piccola orchestra d’archi, ove egli apportò due novità esecutive per gli
archi: il tremolo ed il pizzicato. Il “Combattimento” fu il più complesso fra i madrigali
guerrieri dell’VIII libro dei madrigali.
MELODRAMMI:
L’Orfeo, 1607, “favola in musica”in 5 atti più un prologo, libretto di Alessandro Striglio; la musica dell'opera
comprende anche quattordici pezzi orchestrali indipendenti. Destinata alla corte di Mantova, ebbe un
grande successo. Nel prologo la musica introduce l’argomento che sarà trattato nel dramma. Quest’opera
fu creata sul modello delle due “Euridici” fiorentine. L’Orfeo rappresenta l’espressione più alta dello stile
dell’opera di corte: ampio uso del recitativo, grandi arie assegnate al protagonista, cori madrigalistici, gran-
de organico orchestrale costituito da circa 40 strumenti.
L’Arianna, 1608, tragedia musicale in un prologo e otto scene sul libretto del Rinuccini. Il manoscritto dell’-
opera è andato perduto, si conserva soltanto il famoso “lamento di Arianna”, che sarà modello per tutti i
lamenti successivi dell’opera italiana, in quanto presenta una determinata caratteristica, ossia è un’aria
con cui un personaggio manifesta la propria disperazione per la perdita della persona amata, per voce e
basso ostinato.
Il ritorno di Ulisse in patria, 1641, dramma in musica in un prologo e tre atti, rappresentato per la prima
volta a Venezia nel teatro San Cassiano.
L’incoronazione di Poppea, 1642, dramma in musica in un prologo e tre atti. Queste ultime due opere
sono la chiara testimonianza della straordinaria evoluzione stilistica compiuta da Monteverdi, in rapporto
alle opere composte per la corte di Mantova, e si ascrivono alla traccia stilistica delle prime opere veneziane;
qui dalla rappresentazione di un mondo fantastico si passa a personaggi reali, caratterizzati da una umani-
tà ostentante amore, odio, gelosia; l’orchestra è ridotta, i cori solo quasi assenti, il numero dei personaggi è
alto, ed il recitativo è imperante per tutta l’opera. Attraverso la sua produzione melodrammatica Monte-
verdi meritò di essere uno dei primi grandi drammaturghi della scena musicale operistica. Egli seppe gettare
le basi del genere “opera”, condensando tutti gli elementi stilistici del primo barocco in una magistrale sinte-
si.

COMPOSIZIONI SACRE:
Sacræ Cantinculæ a tre voci;
Madrigali Spirituali a quattro voci;
Messa a sei voci a cappella;
Vespri della Beata Vergine a sei voci e strumenti;
Selva morale e spirituale, 1640, per soli, insiemi vocali e strumenti. Questa raccolta ostenta il
completo ventaglio degli stili monteverdiani.

7 XVII
Lamento di Orfeo per la morte di Euridice (dall’opera omonima di Monteverdi su libretto di Ales-
sandro Striggio). Il lamento è pungente e Monteverdi proferisce un’intensità patetica notevole in
questo recitativo: i cromatismi impiegati sono molto singolari, uniti ai continui scontri dissonanti
con il basso. “Ohimè, se tanto amate” tratto dal quarto libro di madrigali (1603) è un altro eclatante esem-
pio dell’audacia monteverdiana nell’uso delle dissonanze, andando contro tutte le “normali”
prassi compositive dell’epoca (ciò che fece irritare l’Artusi), anche se fu molto più sobrio
rispetto alle inarrivabili trovate armoniche di Gesualdo. Qui le pungenti e prolungate dissonan-
10 ze non sono preparate né risolte, e sono presenti sin dall’inizio.

10 a
8 XVII
13

Altro esempio di licenziosità dalle regole armoniche effettuata da Monteverdi: nel suo
più grande capolavoro madrigalistico, Il Combattimento di Tancredi e Clorinda, nel
momento in cui Clorinda, ferita a morte dal suo amato, innalza alla pace celeste il suo
ultimo canto sentendosi liberata dai vincoli terreni; per sottolineare musicalmente al
meglio questa situazione Monteverdi rifugge dall’..”obbligo” armonico di risolvere il
ritardo di quarta cantato dalla protagonista nei versi in—pa—ce. Questo procedimen-
to, se da un lato fece irritare l’Artusi, dal punto di vista squisitamente musicale, colle-
gando liberamente accordi lontani dal punto di vista tonale, ossia trasgredendo le
regole relative alla risoluzione degli intervalli,) genera un effetto musicale straordina-
rio: in - pa - ce risuona così come qualcosa di veramente speciale, senza vincoli terre-
ni, che genera un senso di intensa elevazione.
11

Tratto dal quarto libro di madrigali (1603) Sfogava con le stelle è una testimonianza della poliedrici-
tà di stili, della grande gamma di prassi compositive di cui era capace Monteverdi. Questo madrigale
è molto vicino allo stile monodico; qui Monteverdi ha “prescritto” un solo accordo (quello iniziale)
lasciando agli esecutori la libera scelta dei valori che più efficacemente corrispondono agli accenti
della recitazione. Questa prassi si chiamò sprezzatura e consisteva nella libertà ritmica lasciata agli
esecutori, ed era la novità esecutiva più vistosa adottata dalla camerata Bardi; ciò fu adottato (come
precisa Caccini) per rendere il canto “-..piacevole, licenzioso e arioso-”. Ma Monteverdi usò la
sprezzatura non solo fine a se stessa, ma in funzione del testo: “-..genere rappresentativo, e si canta
senza battuta -”
12

9 XVII
10 XVII
11 XVII
12 XVII
14

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14 XVII
15 XVII
16 XVII
16

Riproduzione in fac - simile della parte iniziale del manoscritto della Sinfonia dell’ Incoronazione di Poppea di Monteverdi.

17 XVII
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Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 13, 14 www.werner icking music archiv. Com
1993 - 2001 Microsoft Corporation 15 appunti di Storia della Musica, DAMS Bologna, A. A. 1997 - 98

appunti di Storia della Musica, DAMS Bologna, A. A. 1997 - 98 (Inediti).

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18 XVII
Nel periodo cosiddetto Medio Barocco (dal 1650 al 1700) molte forme musicali nate nel cinquantennio precedente vengono abbandonate,
IL MEDIO BAROCCO mentre altre forme come la toccata e le elaborazioni organistiche dei corali luterani verranno emancipate.
LA SUITE E Parallelamente si impongono nuove forme strumentali nate in sordina nel primo Barocco: La Suite e la Sonata barocca / Il Clavicem-
LA SONATA balo assunse più importanza rispetto all’organo del periodo precedente, mentre si venne imponendo un nuovo strumento, il violino .

DALLE DANZE RINASCIMENTALI ALLA 1

SUITE BAROCCA
BALLI DI SOCIETA’ - BALLETTO - SUITE 2

I balli di società, il balletto e la suite sono basati su ritmi di


danza ma ognuno è indipendente dall’altro nell’uso.
BALLI DI SOCIETÀ
Furono molto in voga nelle corti e classi nobili del Rinasci-
mento e del Barocco, e avevano funzione di intratteni-
mento; ostentavano una grande varietà di tipologie: a
coppia aperta, a coppia chiusa, di gruppo, con passo stri-
sciato, sollevato, saltato / La principali forme di danza era-
no le Pavane, le Gagliarde, il Passamezzo, il Saltarel-
lo ecc. / Molti balli avevano origini popolari e contadine; la
musica era in secondo piano rispetto al dato coreutico.
BALLETTO Le figure del minuetto: tavole tratte dal
Termine che designa le danze in teatro; non vi è nessuna The art of dancing di K. Tomlinson.
affinità con i balli di società; il ballerino divenne sin da subi- 1735.
to un professionista. Ebbe origine nel Rinascimento e si af-
fermò pienamente nel 1600 quando si perfezionarono gli
schemi prefissati di figurazioni, gesti, movimenti, ossia la
3
coreografia; divenne una forma di danza teatrale dell'Eu-
ropa occidentale / Il balletto si basa su una tecnica costitui-
ta da passi, movimenti e posizioni stilizzate, sviluppati e
codificati nel corso dei secoli in un sistema flessibile, ma ben
definito, denominato balletto accademico o danse d'éco-
Tavola desunta dal trattato Chorègraphie ou l’art de
le. Con il termine balletto si indica anche una singola com- dècrire la Danse par caractères, figures et signes di
posizione artistica realizzata mediante questa tecnica e R. A. Fuillet. Parigi, 1701.
solitamente accompagnata da musica, scenografie e costu-
mi / I diversi passi del balletto vennero codificati efficace-
mente per la prima volta in Francia, ma anche l’Italia pro- Incipit iniziali di una Suite di tre danze di J.A.Dalza (1508, stampata da O.Petrucci).
dusse delle riflessioni accurate su di esso. Il francese divenne
presto la lingua internazionale di questa forma di azione
scenica. Il primo trattato di “scrittura coreutica” francese è
l’Orchésographie, 1588, di Thoinot Arbeau; egli descris-
se una cinquantina di danze dell’epoca corroborate da
illustrazioni ed esempi musicali. In seguito si ebbero le de-
scrizioni di Feuillet, e la Stènocorègraphie di Saint -
Lèon.

1 XVIII
Incipit iniziali di una Suite di tre danze composta da A. Rotta (Venezia,
1546). Le danze sono concatenate assieme sullo schema del passamezzo.
LA SUITE IN FRANCIA, GERMANIA, INGHILTERRA E ITALIA
Il termine suite nacque in Francia ed indica seguito, successione; a differenza delle precedenti forme esplicita-
mente di danza, la suite non fu una forma musicale che faceva da supporto alla danza, era una musica sol-
tanto da ascoltare. Si tratta di una successione di brani stilizzati e si sviluppò a partire dal 1500; nacque dalla
prassi di legare insieme due o tre danze dal diverso carattere, come pavana e gagliarda, oppure pava-
na e saltarello, pavana saltarello e piva, e rimase in uso anche per le composizioni in stile di danza de-
stinate solo all’ascolto, che vennero denominate, appunto, suites / La figura di Jean Batipste Lully fu di
primaria importanza per lo sviluppo di questa forma.
4 I compositori francesi del periodo non adottavano però la terminologia di Suite; denominavano queste suc-
cessioni di danze più genericamente Pièces de Clavecin. Furono i tedeschi ad adottarlo insieme con il termi-
ne partite, anch’esso sinonimo di suite, in riferimento ai brani per strumento a tastiera. Per le suite destinate
a gruppi di strumenti non da tasto i tedeschi adottarono i nomi Ouverture, o Suite - Overture. La suite
dei paesi tedeschi è formata dai quattro brani principali con forma bipartita e ritornello; primo impor-
tante compositore fu Froberger. In Inghilterra la suite venne denominata Lesson / In Italia le stesse succes-
sioni di brani venivano denominate sotto il nome generico di sonate da camera o sonate da camera a
tre, ed erano destinate ad uno o più strumenti ad arco.
STRUTTURA DELLA SUITE

Nelle Suite vi trovavano spazio una grande varietà di danze, ma tutte avevano la stessa tonalità. Dopo il
1650 le principali danze della suite furono quattro, e tutte alternavano tempi lenti e tempi più mossi; queste
erano:
ALLEMANDA di origine tedesca, in ritmo binario, tempo moderato, ed inizia in levare;
CORRENTE di origine francese; l’etimologia rimanda ad una corsa saltellante avanti ed indietro; fu molto
in voga nel ’500, ed ha ritmo ternario tempo mosso o vivace; molto spesso presenta delle
alternanze di metro che generano l’hemiolia (3/2, 6/4);
SARABANDA danza veloce di origini messicane importata in Spagna; nelle suite arrivò più tardi, verso il 1650,
ed aveva ritmo ternario e movimento lento; si sviluppò ben presto l’usanza di far seguire alla
sarabanda la stessa in versione ornata, o con abbellimenti sviluppati, chiamata double;
GIGA di origine anglo - irlandese, aveva ritmo binario spesso composto e movimento mosso.
Con questo brano si chiudeva una suite.
La Suite per clavicembalo si diffuse maggiormente in Germania ed in Francia; in Inghilterra trovò favore con Pur-
cell, e in Italia fu determinante la figura di Pasquini.

In Francia i pièces de clavecin erano formati da brani di tonalità diverse, raggruppati fra loro in base ad esse; molto
curati erano gli abbellimenti a tal punto che ogni compositore ne modificava e personalizzava l’uso; nelle prefazioni
delle raccolte francesi dei Pièces de Clavecin da Chambinnières fino al grande François Couperin, considerando il
fatto che i compositori francesi personalizzavano molto l’uso degli abbellimenti, venivano stampate delle tavole che ne
spiegavano il significato, l’interpretazione, e la relativa risoluzione; questi abbellimenti, sempre in terra francese, si chia-
mavano agrèments.

2 XVIII
Giga in 6/8 tratta dalla IL TEMPERAMENTO EQUABILE
Sonata VII per violino
e b.c. dell’op. 5 di Maturò quasi spontaneamente, fra i compositori tede-
Corelli. schi del 1600, il desiderio di poter sopperire ai limiti d’in-
tonazione che l’accordatura naturale imponeva [vedi cap.
XXIV]; ed ecco che la Germania luterana, raccogliendo le
5 Giga in esperienze dei tentativi europei, compì l’”esperimento”
12/8 tratta
che avrebbe cambiato per sempre la concezione ine-
dalla Sonata
IX per rente la “giusta” intonazione della scala. La storia iden-
violino e tifica in Werkemaister la paternità del Tempera-
b.c. dell’op. mento equabile, che si attuò verso il 1680. A tal pro-
5 di Corelli.
posito D. De la Motte fornisce una chiara spiegazione
del sistema:
6
8

Inizio dell’«Allemanda» della Partita I in SI minore di J. S.Bach.

adoperò

Sarabanda dalla «Suite Inglese» n° 3 di J. S.


Bach.

3 XVIII
ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI
ITALIA
Dopo Frescobaldi l’Italia vide inaridirsi la produzione cembalo - organistica nel cinquantennio dopo il 1650 a favore della crescita della produzione per strumenti ad arco a Bologna,
Modena, e Venezia. In campo organistico e clavicembalistico degni di nota furono Benedetto Storace e Gregorio Strozzi; più importanti furono le figure di Bernardo Pasquini, il
primo in Italia a comporre suites per clavicembalo, ed Alessandro Scarlatti; il grande operista compose anche 50 brani per tastiera ove 40 sono toccate che richiedono un grande
virtuosismo, brillantezza, note ribattute, grande padronanza del contrappunto.

BERNARDO STORACE (Messina 1637 - 1707) BERNARDO PASQUINI (Pistotia 1637 - Roma 1710)
Organista e compositore. Le uniche notizie che siano su di lui 9
Compositore, clavicembalista e organista.A tredi-
sono il volume stampato nel 1664 intitolato Selva di varie ci anni era già a Roma e studiò con Antonio Cesti.
composizioni d’intavolatura per cimbalo et organo Fu nominato organista dal 1661 in varie chiese e
ove il compositore si designa come vice Maestro di cappella oratori romani; nel 1663 ricevette l’incarico di
del Senato della città di Messina. Il musicologo Willy Apel i- organista in Santa Maria Maggiore. Fu il più cele-
dentifica questa raccolta come una monumentale testimo- bre organista e clavicembalista. A Roma venne
nianza della scuola organistica del sud Italia. La raccolta com- nominato clavicembalista dal principe Borghese,
prende una serie di variazioni, in special modo passacaglie, su nonché direttore dei concerti della regina Cristina
melodia di danze famose del tempo. di Svezia; ebbe modo di esibirsi anche alla corte
di Luigi XIV. Compose opere teatrali (12) e musica
sacra.
GREGORIO STROZZI (San Severino, Potenza ca.1615 -
Napoli dopo 1687) La sua importanza storico musicale risiede nelle
sue composizioni per clavicembalo e per tastiera:
Si trasferì presto a Napoli dove prese gli ordini sacri. Nel 1634 diven- 35 toccate, 17 suites, 18 serie di variazioni,
ne organista presso la chiesa dell’Annunziata.
ecc. / Egli fu il primo compositore italiano a scri-
La sua figura riveste una particolare importanza nell’Italia organisti-
vere suites per clavicembalo e sonate (sia in due
ca (ma anche cembalistica) della seconda metà del 600; infatti la
tempi e sia per due strumenti).
sua opera più importante, Capricci da sonare cembali et orga-
Il suo trattato di tecnica esecutiva al clavicemba-
ni, stampata postuma nel 1687, nata dalla fucina della scuola cem- lo è andato purtroppo perduto.
balo - organistica napoletana, ebbe una larga eco. Questa raccolta
comprendeva quasi tutti i generi di musica da tasto che erano in uso
a quel tempo; venne stampata in partitura e annoverava capricci, Frammento
sonate, toccate, correnti, balletti, e tre serie di variazioni. del mano-
scritto
Strozzi ostenta uno spiccato gusto per i cromatismi, per le arditezze autografo
armoniche e per le dissonanze, unite ad un largo uso degli abbelli- inerente la
menti. Forte è l’influsso di Frescobaldi. quattordi-
cesima
Degna di nota è la dicitura che Strozzi appone all’inizio della Toc- sonata per
cata de Passacagli inclusa nella sua famosa raccolta: “Passa Y cl avi cem-
balo, 1704,
calla”, che in spagnolo dovrebbe voler dire “passa e taci”. Si ritiene di Bernar-
che questo assunto possa essere importante, ancora oggi, nel contri- do Pasqui-
buire ad una più precisa identificazione etimologica del termine ni.
passacaglia.
10

4 XVIII
FRANCIA 14
Qui si materializzò una netta separazione fra la musica per organo e quella cembalisti-
ca; ciò lo si evince dalle raccolte, ove viene chiaramente specificato Livres d’orgue, o
Pièces de clavecin. Nei Livres d’orgue si trovano brani per la liturgia, mentre i pezzi
profani sono raccolti nei Pièces de clavecin. L’elenco dei clavicembalisti e degli organisti
che vissero nella Francia a cavallo fra il ‘600 ed il ‘700 (non considerando le monumen-
tali figure di François Couperin e Rameau) è molto ampio; i compositori più rappresen-
tative ed itineranti per la storia cembalistica francese furono Chambonnières (che può
essere considerato il capostipite), la corposa famiglia dei Couperin e D’anglebert.

JACQUES CHAMPION DE CHAMBONNIERES (1601 - 1672)


11 Compositore e clavicembalista francese proveniente
da una famiglia di musicisti. Egli è il fondatore della
scuola clavicembalista francese; fra i suoi allievi in-
fatti vi furono anche i Couperin. Egli per primo o-
stentò i caratteri tipici del gusto sottile e raffinato
che sarà proprio della musica clavicembalista fran-
cese; molti spunti del suo stile furono fruiti dal reper-
torio per liuto.

LOUIS COUPERIN (1626 - 1661)


Uno fra i più illustri allievi di Chambonnières, diven-
ne organista di grande fama. Egli fu uno degli otto
figli di una fra le più importanti famiglie di musicisti
del 600 francese. Fu anche violista alla corte reale.
Il suo catalogo compositivo conta 200 brani, dei
quali sono 70 sono stati scoperti recentemente; questi
brani sono per organo e per cembalo. I suoi due fra-
telli minori, François e Charles II, svolsero l’attività di
12
clavicembalisti e organisti parallelamente alla sua.

JEAN HENRY D’ANGLEBERT (1628 - 1691)


13 Organista e compositore francese fu l’or-
ganista del duca d’Orlèans. I suoi Pieces
de Clavecin, 1689, lo consacrarono co-
me il miglior clavicembalista prima di
François Couperin le grande. La raccolta
comprende quattro suites, arie e danze
che risentono dello stile di Lully. La rac-
colta è storicamente importante anche
perché contiene una fondamentale ta-
vola con la maggior parte degli abbelli-
menti impiegati a suo tempo.

5 XVIII
GERMANIA MERIDIONALE E AUSTRIA JOHANN KASPAR KERLL (Adorf, 1627 - München 1693)
Vienna fu il principale centro della musica per tastiera sotto Leopoldo I, 1658 - 1705; vi operarono i Compositore ed organista; studiò a Vienna
più rinomati musicisti. Sensibile fu nell’opera dei maestri tedeschi l’influsso della scuola italiana / Le 17 ed in seguito a Roma con Giacomo Carissi-
figura più importante del periodo furono Froberger, Kerll, Muffat e Fux. mi, e conobbe Frescobaldi. Maestro di cap-
pella in Baviera dal 1656 al 1674 divenne
organista presso la corte di Vienna. Suoi
JOHAN JACOB FROBERGER (Stoccarda 1616 - 1667) allievi furono Pachelbel e Fux.
Fu allievo di Frescobaldi a Roma dal 1631 per quattro anni; egli fu il I suoi interessi compositivi spaziarono dall’o-
principale portavoce dell’opera di Frescobaldi in Germania, e fondò le pera, all’ambito sacro, ove compose Messe e
basi per la formazione della scuola organistica tedesca meridionale. Fu Requiem; grande importanza assegnò all’-
organista di corte a Vienna durante il trono di Ferdinando III. organo ed al clavicembalo, per i quali scris-
se una grande quantità di pezzi. Bach ed
Tutta la sua opera è racchiusa in tre manoscritti, realizzati fra il 1649
Händel studiarono i brani strumentali di
ed il 1658, che furono dedicati agli imperatori Ferdinando III e Leopol-
Kerll e li rielaborarono, usando molti suoi
do I. Celebre fu la sua suite Lamento sopra la dolorosa perdita di
temi nella loro composizioni.
15 Ferdinando III. Nella suite egli collocò la giga come secondo brano e In una lettera all’erudito Forkel, Carl Phi-
non alla fine; la sua suite risulta così composta da: allemanda, giga, lipp Emanuel Bach scrisse che Kerll era uno
corrente, sarabanda. Realizzò una importante raccolta di composizioni per strumento a dei compositori che più ammirava il padre,
tastiera che contiene più di 100 composizioni ove spiccano le 30 Suites, oltre a 25 toccate, Johann Sebastian.
ricercari, capricci e 6 partite.
JOHANN JOSEPH FUX (Hirtenfeld, 1660 - Vienna, 1741)
GEORGE MUFFAT (Mégève, Savoja 1653 - 1704) Compositore e teorico. Fu maestro di Caldara
18
La sua importanza fu grande per la Storia della Musica tedesca di fine Quantz e di altri illustri musicisti. Nel 1696 venne no-
seicento; grazie a lui la Germania conobbe il genere del Concerto Gros- minato organista alla Schottenkirche di Vienna, e
so: egli fece conoscere ai tedeschi la musica di Lully e Corelli. due anni dopo divenne Hofkomponist, ossia compo-
A tredici anni fu a Parigi ove conobbe l’opera di Lully. A Vienna nel sitore della corte imperiale. Nel 1700 studiò a Roma
1674 conobbe Kerll, e nel 1678 fu a Salisburgo protetto dal mecenati- con il grande Bernardo Pasquini. Opera moltissimo a
smo dell’arcivescovo Maximilien Gandolf. A Salisburgo strinse amicizia Vienna, ove nella sua lunga carriera diresse le cap-
con il virtuoso violinista von Biber. Lo stesso arcivescovo gli permise di pelle musicali di tre imperatori, di un'imperatrice e
andare a Roma per perfezionarsi con “il Signor Bernardo, …famoso della cattedrale.
in tutto il mondo” (Bernardo Pasquini), considerato a quel tempo il Fux fu un compositore molto fecondo: si sono conser-
più grande virtuoso di organo e clavicembalo in Italia. Pasquini e Co- vate di lui circa 500 opere, per la maggior parte di
relli suonavano spesso insieme, così Muffat ebbe modo di fruire anche genere sacro (80 messe, 3 Requiem ed un vasto Tu
lo stile violinistico e la tecnica compositiva di Corelli (ossia il trio: due Deum), ma anche 19 opere teatrali, oratori, serenate
16
violini e b.c.). Rientrato a Salisburgo fece stampare la raccolta Armo- e alcuni lavori strumentali. Oltre che come composi-
nico tributo; nei pezzi che la compongono Muffat precisa che questi possono essere suonati bene tore, fu molto apprezzato dei suoi contemporanei anche come teorico: il suo
sia da un piccolo che da un grande numero di strumenti. Nel 1690 si stabilì a Passau, in Baviera; trattato Gradus ad Parnassum, 1725, basato sulla severa scuola polifonica
qui realizzò i suoi capolavori: l’Apparatus musico - organisticus; una raccolta di composizioni di Palestrina, servì come base a tutti i trattati di contrappunto fino alla no-
per organo; nel 1695 pubblicò Suavioris harmonicæ instrumentalis hyporchematicæ flori- stra epoca. Su di esso si sono formate diverse generazioni di musicisti, come
legium primum, e tre anni dopo il secondo Florilegium. Il Florilegium primum è una raccolta Haydn e Mozart.
di sette suites orchestrali in stile francese; il secondum di otto. Nel 1699 Muffat pubblicò un trattato Fux si dedicò anche alla musica strumentale; fra le sue più importanti crea-
sulla pratica del basso continuo: Regulae concentuum partiturae. zioni si colloca la raccolta di sette partite Concentus musico - instrumen-
Nel 1789 Charles Burney scriveva: “Georg Muffat era un eminente organista, compositore, fughi- talis del 1701.
sta, e uno dei pi ù grandi armonisti tedeschi”.

6 XVIII
Esempio tratto dalla celebre Suite per clavicembalo di Froberger chiamata
Lamento per la morte di Ferdinando III. Questa è una delle composizioni
del Maestro tedesco più intensamente espressive. Questa tipologia di brano
è molto affine a quella francese del tombeau. Il carattere è severo, e la
forma è attinta dall’Allemanda (bipartita); il brano è pieno di dissonanze
ardite con linee melodiche intrise di ritmi nervosi. 19

20

7 XVIII
Riprodu- 23
zione in
GERMANIA CENTRALE n ot a zi o n e
Fu la patria dei Bach / La parte più riccamente attiva, con decine e decine di città ove fer- moderna
delle sei
veva la composizione organistica (oltre che vocale) sacra: Norimberga, Dresda, Lipsia, Halle, arie dell’E-
ecc. ecc. / La personalità di grande rilievo furono Johann Pachelbel e Johann Kuhnau. xacordum
Apollinis
di J. Pa-
chelbel con
JOHANN CHRISTOPH PACHELBEL (Norimberga 1653-1706) la prima
delle varia-
Eminente organista e compositore, Pachelbel appartenne alla zioni per
21 ognuna
generazione che precedette quella di J. S. Bach e sulla quale
delle arie.
esercitò una profonda influenza. Ricoprì importanti incarichi
musicali a Vienna (fu anche organista presso la cattedrale di
Santo Stefano), in varie città della Germania, tra cui Eisenach,
dove conobbe il padre di Bach, Johann Ambrosius.
Contribuì a diffondere, nella cattolica Germania meridionale,
lo stile virtuosistico austriaco e il corale protestante del nord del
paese. La sua raccolta più famosa fu Exacordum Apollinis,
per organo e/o clavicembalo: una raccolta di sei arie con varia-
zioni su sei diverse tonalità formanti una tipologia di esacordo
attribuita al mito del Dio Apollo, 1699 (donde il nome); questa
raccolta conobbe almeno tre ristampe a suo tempo.
Compose varia musica vocale e strumentale, soprattutto per organo e per clavicembalo, ma
anche per violino. La produzione organistica fu la più corposa e di grande importanza: varia-
zioni ed elaborazioni di corali, cantate, toccate, fughe, ricercari, fantasie e ciaccone. Meno
corposa fu la produzione per clavicembalo, ove rivestono particolare importanza le sue 19
Suite per clavicembalo, 1683, in quanto prefigurano la disposizione in ordine di tonalità dei
preludi e delle fughe del Clavicembalo ben temperato di Bach.

JOHANN KUHNAU (1660 - 1722)


22 Organista e compositore, nonché uomo di legge; studiò
musica da ragazzo a Dresda e divenne kantor; in se-
guito fu kantor a Lipsia (nella stessa chiesa, S. Tomma-
so, ove in seguito lo sarà J. S. Bach).
Non molto ci è rimasto della sua importante produzio-
ne per strumenti a tastiera; compose quattro impor-
tanti opere per clavicembalo: due Neue Klavier -
Uebeung, 1698 - 1692, formate ciascuna da 7 suites
chiamate Partite; una raccolta di 7 Sonate per cem-
balo, ed un’ultima raccolta di brani cembalistici deno-
minata Rappresentazione musicale su alcune
storie della Bibbia, 1700, che comprende sei sonate
concepite in successione, con intenti programmatici.

8 XVIII
9 XVIII
GERMANIA SETTENTRIONALE
Questa è la regione tedesca ove si verificò uno sviluppo grandioso della produzione organistica, legata al corale, nelle
chiese luterane di Lubecca, Hamburg, Kiel, Hannover / Qui si realizzò il grande sviluppo dell’organo, e qui infatti di-
vennero tecnicamente più efficaci, con grandi dimensioni. Si coltivavano le forme del preludio, della toccata e delle
varie forme di corale / Molto apprezzati furono gli organisti Franz Tunder, Jan Adams Reinken, molto ammirato dal
giovane J.S.Bach, ma soprattutto Dietrich Buxtehude. Rilevante fu anche la figura di George Böhm.

FRANZ TUNDER (1614 - 1667) JAN ADAMS REINKEN (Brema 1623 - Amburgo 1722)
Organista e compositore; si suppone 25
Molto rinomato come organista ed im-
che fosse stato allievo di Frescobaldi a provvisatore all’organo, egli fu grande
Roma. amico di Buxtehude e rappresentò insie-
Fu organista nella chiesa di Lubecca me a lui uno dei maggiori poli della vita
e fondo una prassi concertistica che musicale della Germania del Nord. Molte
consisteva nell’eseguire settimanal- testimonianze affermano che il giovane
mente musiche sacre con accompa- Bach si sia recato presso la chiesa di S.
gnamento strumentale chiamate Caterina ad Amburgo per ascoltare il
Abendmusiken, in seguito diretta da grande organista Reinken (secondo le
Buxtehude / Compose circa 15 canta- cronache del tempo questa chiesa posse-
te per voci e strumenti, preludi, corali deva l’organo più imponente che vi fosse
per organo; egli fu un esponente di a quel tempo in Germania; e pare che sia
spicco della scuola tedesca settentrio- stato proprio Reinken a farlo costruire).
nale. Del suo catalogo compositivo ci rimango-
LE ELABORAZIONI PER ORGANO no solo poche composizioni fra le quali
La sua figura è importantenell’affer-
DEL CORALE LUTERANO spiccano quelle organistiche: fantasie su
mazione dell’organo come strumento
corali, due fughe, un preludio e una toccata. I tratti caratteristici del suo
Buxtehude, Reinken, Böhm sono le più im- di improvvisazione solistica fuori dal
stile sono un grandissimo virtuosismo tecnico, pienezza sonora e notevole
portanti ed itineranti figure legate allo sviluppo servizio liturgico; egli ampliò la tecni-
conoscenza contrappuntistica e armonica.
organistico dei corali luterani. Alla fine del 1600 ca esecutiva specie per il pedale.
si ebbero tre principali forme derivate dal cora-
le: GEORGE BOHM (Turingia 1661 - Lüne-
1) PARTITA CORALE: DIETRICH BUXTEHUDE (Holstein 1637 - Lubecca 1707) burg 1733)
consistente in una serie di Egli determinò il più alto livello organistico della Germa- Organista e compositore; fu organista
24
variazioni contrappuntisti- nia settentrionale. Dal 1668 fino alla sua morte fu organi- nella chiesa di Lüneburg dal 1698, e
che di un tema. La melodia sta nella chiesa di Santa Maria a Lubecca. I suoi brani molto probabilmente fu allievo di Rein-
del corale funge da cantus organistici si contraddistinguono per la grande architet- ken e Buxtehude; i tratti stilistici dei due
firmus; tura musicale. Continuò la direzione del Abendmusiken, grandi organisti infatti si riscontrano
2) FANTASIA CORALE: che avrà grande considerazione popolare e durerà in nelle sue composizioni. Egli assorbì anche
tutta la Germania fino al 1810. La sua fama di organista gli influssi stilistici della scuola francese.
forma più libera rispetto
alla prima; fu di livello europeo. Oggi di lui rimangono cinque preludi e
3) PRELUDIO CORALE: La grande maggior parte della sua produzione è desti- fughe per organo (o per clavicembalo),
una forma più breve; ave- nata alla chiesa (organo e brani sacri); compose 45 va- 18 corali per organo, 11 suite e un capric-
va in origine una funzione riazioni di corali, 20 preludi e fughe, toccate, can- cio. Molto vasta anche la sua produzio-
liturgica pratica, ossia anti- zoni, passacaglie e ciaccone; le sue 116 cantate su ne vocale sacra. La sua importanza sto-
cipava l’esecuzione del co- testi latini e tedeschi sono da considerare il diretto ante- rica sta anche nel fatto di essere stato,
rale stesso da parte dei cedente dei corali di Bach. Inoltre compose suites e variazioni per cembalo. probabilmente, maestro di J. S. Bach fra
fedeli. il 1700 ed il 1703.
Compose anche musica da camera dove impiegò il modello formale della sonata a
due e a tre di Corelli.
10 XVIII
26

11 XVIII
DALLA CANZONE STRUMENTALE ALLA SONATA
Sonata: etimologicamente abbreviazione di canzona sonata o canzona da sonar, termine in uso alla fine del 1500
per designare pezzi (ibridi) da eseguirsi su strumenti non da tasto. Questa sonata era in contrasto con toccata,
adoperato per i brani destinati a strumenti da tasto,) cantata.
Formalmente la sonata è debitrice alla canzona strumentale, che era in un solo movimento con più brevi sezioni e
ritmo ed andamento diverso, ove si alternava lo stile omofonico al fugato / Queste sonate così formate furono
scritte principalmente per violino, o violini e basso continuo, mentre le canzoni strumentali erano principal-
mente destinate a strumenti da tasto.
Con lo sviluppo della liuteria padana l’Italia verrà anche conosciuta come la patria delle migliori liuterie; a Milano,
Brescia e specialmente presso le “botteghe” cremonesi, ove operarono gli Stradivari, gli Amati, e i Guarneri, si
costruirono strumenti perfetti.
L’Italia primeggerà adesso nel genere sonatistico per strumenti ad arco; fioriscono forme solistiche, cameristiche ed
orchestrali per archi: sonate a tre, sonate a solo, concerti grossi, concerti solistici .
Dal 1635 la sonata si evolve autonomamente, puntando ad una riduzione del numero dei tempi in favore di una
maggiore lunghezza di ognuno.

12 XVIII
LA SONATA DA CHIESA
La prima indicazione minuziosa della “destinazione” che poteva avere una sonata si ebbe con la raccolta del 1637
di Tarquinio Merula, ove egli specificò Da suonarsi in chiesa e in camera. Con Giovanni Legrenzi questa
distinzione diverrà costante e i compositori si riferiranno a differenti destinazioni d’uso / La Sonata da chiesa è in
quattro movimenti ove si alternano lento e allegro fugato; l’indicazione dei tempi, con la prassi, finì per designare
il titolo degli stessi, ossia:
LARGO
ALLEGRO
ADAGIO
VIVACE
Venivano eseguite in chiesa e sostituivano l’organo nelle parti del Proprium Missæ; l’organo, per qualche decen-
nio, espletava solo la funzione di b.c.

LA SONATA DA CAMERA
Presentava anch’essa più o meno quattro movimenti, ed era una sorta di suite, molto simile alle coeve suites per
cembalo; venivano eseguite per intrattenimento nelle case patrizie; nell’organico non mancava mai il b.c., realiz-
zato dal clavicembalo. Varie tipologie di denominazione si trovano nelle raccolte di musiche del periodo, come ad
esempio trattenimenti, balletti, divertimenti, ecc.; tutte queste denominazioni rimandano comunque alla tipolo-
gia delle sonate da camera.

Non vi furono mai nette distinzioni fra le due tipologie di sonate; sia le sonate da chiesa che quelle da camera
erano generalmente eseguite da un organico strumentale formato da due violini e b.c., oppure da un violino
e b.c. 28

ANTONIO STRADIVARI (Cremona 1644 - 1737) LE SONATE A TRE


27 Fu il più famoso liutaio italiano il cui no- Ebbero larga diffusione dopo il 1650, e con il 1700 le sonate a solo soppiantarono quel-
me appare anche nella forma latina le a tre. Le sonate a tre erano scritte a tre parti: due superiori (violini, con parti assolu-
Stradivarius. Antonio Stradivari apprese tamente simili) ed una nel registro medio - grave, che era la parte più articolata, per-
l'arte dei liutai cremonesi dal suo maestro ché svolgeva la funzione sia di basso melodico e sia di b.c.. Il basso melodico era affida-
Nicolò Amati, sviluppandone la tecnica to alla viola da gamba (in seguito al violone e al violoncello), mentre il b.c. era affida-
sino a costruire strumenti (soprattutto to ad uno strumento capace di realizzare le armonie: organo per le sonate da chiesa,
violini, ma anche viole e violoncelli) unici clavicembalo per le sonate da camera (ed anche tiorba e chitarrone) / Col tem-
al mondo per bellezza e qualità del suo- po invalse la pratica di raddoppiare le due voci superiori, da ciò si crearono le basi per
no. Il segreto della sua arte rimane anco- la formazione dell’orchestra che sarà del concerto barocco. Queste sonate a tre tro-
ra oggi un mistero e i suoi strumenti rap- varono il culmine della loro diffusione nella seconda metà del ‘600, ma dopo il 1700
presentano un punto d'approdo mai rag- l’interesse dei compositori si spostò verso le sonate a solo.
giunto da altri liutai. Alcuni studiosi sono
propensi a credere che la qualità del suo- SONATE A SOLO
no derivi dall'uso di particolari vernici / Degli oltre 1100 strumenti costruiti, ne riman- Sono le sonate concepite per un solo strumento solista più sostegno melodico ~ armoni-
gono a tutt'oggi alcune centinaia, molti dei quali sono stati radicalmente rimaneggia- co di un basso. Bach produrrà esempi di brani a solo senza sostegno / Il violino sarà lo
ti nel corso del XIX e del XX secolo. Insieme a quelli di Giuseppe Antonio Guarneri, gli strumento solista più diffuso, seguito dal Flauto e dall’oboe.
Stradivari furono sempre e restano gli strumenti più ambiti dai musicisti. Stradivari
costruì strumenti fino all'età di novant'anni: ebbe undici figli, due dei quali, Francesco
e Omobono, continuarono la sua opera.

13 XVIII
VIOLINISTI - COMPOSITORI
Violino e sonata furono creazioni prettamente italiane, ed italiani furono i più grandi violinisti ~ compositori che composero sonate a tre, a solo, da chiesa e da camera / Giovan-
ni Gabrieli nella sua Sonata col pian e forte, 1597, aveva già assegnato un posto di rilievo al violino; in seguito molti compositori italiani accolsero lo strumento e gli riservarono il
ruolo solistico nelle loro composizioni / Le principali città italiane ove il violino fu al centro delle attenzioni musicali furono:
VENEZIA ove i compositori di spicco furono Giovanni Legrenzi, Biagio Marini, Antonio Caldara;
MODENA rilevante fu la figura di Marco Uccellini;
e soprattutto BOLOGNA qui grande significato storico ebbe la scuola di S. Petronio, con le personalità di Maurizio Cazzati, Giovanni Battista Vitali ed il figlio Tommaso
Antonio.

Venezia
GIOVANNI LEGRENZI (Bergamo 1626 - Venezia 1690) BIAGIO MARINI (Brescia 1597 - Venezia 1665)
29
Compositore; lavorò a Bergamo, a Ferrara e soprattut- Violinista e compositore, negli ultimi dieci anni della sua vita, dopo
to a Venezia, ove ricoprì il prestigioso ruolo di maestro aver raccolto grandi onori nell’Italia del Nord e in Germania, si stabilì a
di cappella in San Marco. Egli è considerato uno dei più Venezia.
importanti compositori del barocco veneziano; conti- È considerato uno dei primi importanti violinisti-compositori italiani
nuò la tradizione teatrale veneziana che faceva capo a del primo barocco; la sua produzione per violino è considerata un ca-
Monteverdi e Cavalli. posaldo fondamentale della letteratura violinistica italiana solistica;
Notevole è il suo contributo per lo sviluppo delle sonate egli apportò le innovazioni esecutive del tremolo e della legatura. An-
da chiesa a due voci e strumenti; importanti sono infat- che egli modificò la disposizione dei brani della suite, ed è considerato
ti le Sonate a due o tre, 1655, e le Sonate da chiesa, uno fra i primi compositori ad avere scritto sonate per strumento solista
da camera, 1656; con queste due opere egli fu uno dei traendo spunto da temi popolari, e molto probabilmente egli fu uno
primi a realizzare una divisione fra i generi sonatistici dei primi creatori di sonate per violino e basso continuo.
da chiesa e da camera. La sua produzione di musica strumentale è molto ricca, e comprende
Di grande spessore è anche la sua produzione sacra la raccolta Affetti musicali ove figurano canzoni, balletti, gagliarde,
polifonica, riscontrabile nel suo Te Deum e nella Messa da requiem. concerti da camera, nonché musica vocale con basso continuo.

ANTONIO CALDARA (Venezia 1670 - Vienna 1736)


30
Compositore. Molto probabilmente fu allievo di Legrenzi; era cantore e violon-
cellista in San Marco. Dal 1701 al 1707 fu maestro di cappella del duca di Manto-
va, nonché compositore di camera del re Carlo III di Barcellona.
La sua produzione musicale è corposissima; nel suo stile si mescola la tradizione
concertante veneziana che fa capo a Monteverdi e Cavalli, e l’antica concezione
polifonica madrigalistica; in più fruì la lezione melodica di Alessandro Scarlatti,
ed il violinismo di Corelli.
Per il teatro musicale scrisse 78 opere, ma è nel campo della musica strumentale
che egli eccelse; il suo contributo fu determinante per l’affermazione della for-
ma-sonata. Egli scrisse sonate per clavicembalo, e per uno o due violini con bas-
so continuo; inoltre creò quartetti per archi (che denominò sonate a quattro).
Intensa fu anche la sua produzione di musica sacra, consistente in 20 Messe, 38
Oratori ecc.
Il suo influsso fu sensibile su Bach e Telemann.

14 XVIII
31

Gagliarda tratta dalla raccolta Affetti Musicali, op. 1, 1617, di B. Marini.

32

15 XVIII
Modena MARCO UCCELLINI (Forlimpopoli 1603 - 1680)
Violinista e compositore. Studio ad Assisi e li risiedette fino al
1639, ove divenne sacerdote. In seguito, dal 1641, fu compositore
di corte presso gli Estensi; dal 1647 al 1665 fu maestro di cappel-
la nel Duomo di Modena, e da questa data fino alla morte fu
maestro di cappella presso la corte di Parma.
Molto rinomato come virtuoso del violino; le composizioni di lui
rimasteci sono tutte strumentali, e comprendono sette collezioni
stampate che annoverano pezzi concepiti fino a sei strumenti:
sonate, sinfonie, correnti, arie, canzoni.
Le raccolte dall’opera due all’opera cinque contengono sonate
per uno e fino a quattro violini; in questi brani è richiesto un
grande virtuosismo: egli è uno dei primi a spingersi oltre la
quarta posizione. La sua scrittura musicale è densa di cromati-
smi e di chiavi inusuali. Le danze e le sinfonie furono composte
negli ultimi anni.
Fu il personaggio di maggior spicco nell’ambito musicale mo-
denese.

16 XVIII
33

17 XVIII
Bologna MAURIZIO CAZZATI (Reggio Emilia 1620 - Mantova 1677) 35 Riproduzio-
ne in nota-
Organista e compositore fu maestro di cappella presso la cattedrale di San Pe- zione moder-
tronio a Bologna dal 1657 al 1671; egli diede un grande sviluppo musicale alla na della
città di Bologna specie in ambito strumentale, anche se i suoi rapporti con l’am- prima Sona-
biente musicale della città non furono rosei: l’Accademia Filarmonica di Bologna, ta da Chiesa,
che venne fondata nel 1666, non incluse il suo nome fra i propri adepti. Successi- op. 9, stam-
vamente venne nominato maestro di corte dai Gonzaga a Mantova, dove fon- pata ad
A ms t er da m
derà anche una stamperia musicale, e lì rimarrà fino alla sua morte. nel 1684, di
L’intero corpus della sua attività compositiva è racchiuso in 66 volumi; qui anche G. B. Vitali
se la produzione strumentale è esigua, questa è da considerare di grande valore. a due violini
e basso.
Egli è considerato uno dei fondatori della scuola bolognese con le sue Suonate a
due violini col basso, op. 18, 1656, e soprattutto con le tre Sonate con trom-
ba, op. 35, 1665. Con queste tre sonate egli inaugurò un nuovo genere strumen-
tale che divenne identificativo della scuola strumentale bolognese. In queste tre
sonate, inoltre, l’opposizione fra il solista (la tromba, che come strumento solista si
ritrova, in questo periodo, solo a Bologna) e gli archi delinea una struttura musi-
cale che sarà propria del concerto barocco. Altra novità strumentale che identifi-
ca il gusto bolognese inizio con le sue Sonate a due strumenti, op. 55, 1670.

GIOVANNI BATTISTA VITALI (Bologna 1632 - Modena 1692)


Compositore e violinista; fu il pupillo di Cazzati, e
34
divenne maestro di cappella in San Petronio a Bolo-
gna dal 1658.
Fu tra i fondatori dell’Accademia filarmonica. Anche
se scrisse molte composizioni sacre (cantate e oratori
specialmente), la sua grande importanza risiede
nella produzione strumentale. Egli realizzò una sin-
tesi fra contrappunto della sonata da Chiesa e libera
invenzione melodica tipica della sonata la camera.
Fruì lo stile di Lully e fu tra i primi in Italia, insieme a
Torelli, ad inserire il minuetto nella suite. Di lui ci
rimangono 14 opere a stampa, di cui 12 sono stru-
mentali.
Scrisse inoltre una monumentale raccolta di 60 pezzi didattici intitolata
Artificii musicali, 1689, ove compie un approfondito viaggio nelle diverse
sfaccettature del contrappunto.

TOMMASO ANTONIO VITALI (Bologna 1663 - Modena 1745)


Violinista e compositore. Divenne membro dell’orchestra della corte estense
di Modena dal 1675 insieme al padre, Giovanni Battista, che la diresse dal
1707. Violinista virtuoso si dedicò anche alla didattica seguendo l’esempio
paterno.
Compose quattro raccolte di sonate a due e a tre da camera o da chiesa;
l’influenza del padre è palese insieme a quella di Corelli.
18 XVIII
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ARCANGELO CORELLI (Fusignano, Ravenna 1653 - Roma 1713)
Il più grande violinista compositore italiano della seconda metà del ‘600. Si formò a Bologna ove a 17 anni entrò nell’Accademia filarmoni-
ca; dal 1675 e per tutta la sua vita opererà a Roma, tranne alcuni soggiorni in Germania (1679 - 1680). A Roma e gli materializzò una sca-
lata sociale sottoponendo la sua figura di uomo e di artista ad un continuo processo di nobilitazione sia sociale che culturale; entrò nelle
grazie del mecenatismo delle personalità più illustri, come i cardinali Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni. L’apice dei suoi traguardi so-
ciali fu l’amicizia con l’ex regina Cristina di Svezia; la reale, che risedette a Roma dal 1655, creò un circolo arcadico e circondò la propria
dimora di sfarzosi intrattenimenti culturali, e qui Corelli era sempre uno dei protagonisti. A Roma egli entrò a far parte dell’Accademia
dell’Arcadia nel 1706, e gli venne grecizzato il nome in Arcomelo Erimanteo.
I tributi che ricevette a Roma furono innumerevoli, e furono documentati dalle numerose ristampe editoriali delle sue composizioni, oltre
che dalle dediche musicali che gli venivano attribuite. Molti uomini illustri della cultura del tempo materializzarono espressioni di grande
ammirazione nei confronti di Corelli; ad esempio l’erudito Angelo Barardi nel suo trattato Miscellanea musicale, 1689, lo definì “...novello
Orfeo dei nostri tempi“, espressione usata anche da George Muffat e Françoise Couperin nelle prefazioni di alcune loro opere. Fu sepolto
nel Pantheon.
Tutta la produzione compositiva di Corelli fu stampata, e per ben tre volte prima di quella di Händel; era molto richiesto sia come esecu-
tore che come insegnante. La sua opera rappresenta un fondamentale punto di evoluzione nello sviluppo della musica strumentale nonché
36 della tecnica violinistica; egli perfezionò la forma sonata del tempo, che era ancora costituita da una successione di movimenti in forma di
suite, con l’esempio delle quattro raccolte di sonate a tre, stampate fra il 1681 ed il 1694
Schema
dell’e-
(comprendenti ciascuna 12 sonate a tre, dall’opera 1 all’opera 4); queste erano suddivise, come si
xcursus usava al tempo, in sonate da chiesa e sonate da camera a secondo del loro carattere, e segnano
compo- un punto d’arrivo circa questa duplicità (italiana) di destinazione / Corelli sfrutta al massimo le
sitivo possibilità cantabili del violino in queste sonate; in quelle destinate alla camera è previsto il clavi-
inerente cembalo, mentre in quelle destinate alla Chiesa il basso è affidato all’organo; la struttura è molto
la pro-
duzione
semplice e consta soltanto di tre o quattro tempi (nelle sonate da camera prevalgono i movimenti
vi olini- di danza).
stica di Nelle sonate dell’opera 5, pubblicate nel 1700, Corelli si cimenta nella sonata per violino solo e
A . basso. All’interno dell’opera cinque è contenuta la celebre Follia (la dodicesima della raccolta);
Corelli.
questa sonata condensa in sé la summa dell’arte strumentale corelliana. Questa fu la raccolta di
maggior successo di Corelli per tutto il 1700 a tal punto che a Roma, città colma di vita musicale a
37
da quel tempo, inizio quasi il culto della sua figura.
L’ultima grande raccolta fu l’opera 6, 1714 (postuma). Questa è la principale raccolta di concerti
grossi di Corelli, ove l’intensità espressiva raggiunge il culmine; questa raccolta ebbe una diffusione
internazionale che coincise con l’inizio del favore stilistico europeo del concerto grosso.
Questi concerti grossi rappresentano una naturale evoluzione dei concerti grossi composti da Ales-
sandro Stradella nel 1676. L’opera 6 di Corelli, saldamente imperniata sulla contrapposizione fra il
38
tutti e il concertino, rappresenta la più alta maturazione del genere concerto grosso raggiunto nel
XVII secolo.

Corelli fu molto attento alla natura cantabile del violino, che egli valorizzò al meglio
nei tempi lenti. L’esempio mostrato sopra (tratto dal breve Adagio della sonata n°9 op.
5) ne è una testimonianza; qui è da notare l’andamento cromatico del basso che sem-
bra riecheggiare lo stereotipo del lamento derivante dalle prassi operistiche veneziane
del ‘600.
21 XVIII
39

22 XVIII
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23 XVIII
IL TEATRO MUSICALE IN EUROPA
NEL ‘600 E NEL ‘700

FRANCIA
PERIODO ANTECEDENTE A J. B. LULLY
Imperante ed itinerante fu la presenza dell’opera italiana in tutta Europa tranne che in Francia. In un clima di assolu-
tismo imperiale la Francia sviluppò un teatro musicale originale, non influenzato dall’opera italiana / Nell’opera ita-
liana imperava l’Aria virtuosistica dei cantanti, mentre l’opera francese evidenzia un grande equilibrio fra le diverse
componenti; una componente di grande importanza in Francia fu da sempre il ballo, la coreografia, che derivava
direttamente dalla tradizione rinascimentale / In Francia la musica non occultava la poesia; non vi erano enfasi ecces-
sive nella vocalità francese, come invece accadeva in Italia, vi era un più sentito equilibrio / L’opera era presa in gran-
de considerazione dalla sfarzosissima corte francese, era il mezzo per rimarcare la propria grande austerità, solennità;
era l’espressione dello spettacolo totale, manifestava le inclinazioni politiche, era quasi uno “strumento di governo”.

MONODIA VOCALE: L’«AIR DE COUR»


Anche in Francia si assistette al passaggio dalla polifonia alla monodia, specialmente nella musica profana. L’Aria di
Corte, una composizione strofica omofonica in stile petrarchistico, imperniata sui sentimenti amorosi, fu al centro di
questa trasformazione. Queste arie erano formalmente composte da quartine o sestine di ottonari rimati, e furono
dapprima polifoniche omoritmiche a 4 voci, poi (come in Italia) vennero trascritte per voce e liuto, e conobbero così
una maggiore diffusione nel periodo compresso grosso modo fra il 1570 ed il 1620; questa diffusione si deve anche al
perfezionamento delle tecniche di stampa, che misero in circolazione partiture per liuto / Lully assorbì nella sua opera
tutta questa tradizione.

IL BALLETTO
Il balletto francese bisogna considerarlo come il principale punto di differenziazione rispetto all’opera italiana; nell’o-
pera francese primeggiava il balletto / Fu un italiano a far trapiantare il ballo in Francia, Baldassarino da Bel-
gioioso autore del balletto Circé ou le Balet comique de la Reyne , 1581, composto in collaborazione con due
compositori francesi, che traeva le mosse dalla tradizione pantomimica italiana iniziata nel 1400 con Domenico da
Piacenza. In Francia l’aggettivo “comique” ha soltanto l’accezione generica di “drammatico”. Questo faraonico ballet-
to era formato da 145 brani vocali e strumentali, e venne rappresentato durò dalle 10 di sera alle 4 del mattino.

IL «BALLET DE COUR»
Il Balletto di Belgioioso fu rappresentato per un evento nuziale durante il regno di Caterina de’ Medici. Era formato
da una ouverture, ossia la sinfonia orchestrale d’inizio (che avrà una importanza storica nell’evoluzione della forma
sinfonica) ed includeva anche musica vocale solistica, le airs e rècits, oltre a cori e danze / Sull’esempio di balletto di
Belgioioso si vennero a sviluppare altre tipologie di ballo: il ballet - mascarade, il ballet - melodramatique, ed il
ballet à entrèes. Questi venivano rappresentati in grandi sale con gli spettatori distribuiti lungo i lati più lunghi; i
danzatori erano i nobili gentiluomini di corte, e in mezzo ad essi vi si mescolavano pure i paggi del Re mascherati / A
corte si eseguivano i Grand Ballets, anch’essi danzati dai nobili; vi prendeva parte anche il Re e la famiglia reale in
particolari occasioni. L’organico strumentale era molto imponente per quei tempi, infatti era formato da 24 archi che
divennero molto rinomati, e non solo in Francia, come i «violons du roi» / Il Ballet à Entrèes divenne il genere più
drammatico che apprese dall’opera italiana l’impianto scenico e le macchine teatrali.

1 XIX
TENTATIVI DI FUSIONE DELL’OPERA ITALIANA IN FRANCIA
Il Cardinale Mazarino fra il 1645 ed il 1662 si adoperò più volte per far conoscere alla corte francese l’opera italiana. La
prima opera italiana rappresentata a Parigi fu La Finta Pazza (musica di F. Sacrati e libretto di G. Strozzi), eseguita
dalla compagnia dei Febiarmonici nel 1645, dopo aver conosciuto un grande successo in tutta Italia. Il Pubblico pari-
gino rimase impressionato dagli effetti scenografici (ad opera di J. Torelli). Le successive opere italiane rappresentate
furono di F. Cavalli (eseguite da un’intera compagnia di veneziani), ossia Xerse (per le nozze di Luigi XIV con l’infanta
di Spagna, nel 1660, che includeva degli entrées di balletto inseriti da Lully, e durò 8 ore) e l’Ercole Amante (1662) /
Le opere italiane non piacquero ai francesi. Due assunti particolari comportarono il rifiuto dell’opera italiana da parte
dei francesi:
1) ai francesi non piacquero le irrazionali complessità dei drammi italiani: troppe divagazioni comiche e troppi per-
sonaggi secondari, e vennero giudicati prolissi e noiosi. Non sopportarono la figura del castrato preferendo la
“voce di testa” dei contralti maschili (haute - contres).
2) in Francia i drammi dovevano ostentare delle vicende che mettessero in risalto la grandezza della loro nobiltà
ed esaltassero la figura assoluta del loro Re, e preferirono, a tal proposito, il ballet de cour. Nella concezione
dell’assolutismo monarchico francese, non era immaginabile disturbare l’attenzione del re per uno spettacolo che
non decantasse la sua grandezza.
Il Re sole, riallacciandosi alla filosofia musicale che discendeva direttamente da Platone, considerava la musica come la
più importante fra tutte le arti, l’unica capace di infondere nell’animo umano equilibrio, amore, ordine, lealtà, devozio-
ne; grande fu il suo interesse per la divulgazione della musica “nazionale”; egli stesso fu un provetto ballerino, studiò il
clavicembalo ed era un abile chitarrista / Le opere italiane stimolarono i francesi alla creazione di una loro “opera na-
zionale”; il primo esempio significativo fu l’opera Pastorale d’Issy, 1659, musica di Cambert e testo dell’abate Pier-
re Perrin. L’opera ebbe successo e comportò la nascita della prima vera opera francese, ossia Pomone, sempre di
Cambert ~ Perrin, 1671.

1a

Disegno storico inerente la rappresentazione di Circé ou le Balet comique de


la Reyne di Baldassarino da Belgioioso, 1581.

“Air de cour” francese di Pierre Guèdron del 1613 (tratta dal “Virginal Book” del XVII sec.).
Giulio Raimondo Mazarino, cardinale francese
fautore del tentativo di fusione dell’opera italia-
na in Francia.

2 XIX
LA TRAGEDIE LIRIQUE JEAN BATIPSTE LULLY (Firenze 1632 - Parigi 1687)
3
L’opera francese nacque realmente nel 1672; Lully tolse il “brevetto regio” che apparteneva a Perrin, con il quale il re
autorizzava il compositore a comporre per la corte reale, e dal re Luigi XIV ricevette il riconoscimento reale di operi-
sta e di reggente dell’Acadèmie Royale de Musique et Danse (oggi Opèra). Lully, che era principalmente un ballerino,
e che divenne compositore in un secondo momento, fu nell’arco della sua vita il sovrano incontrastato della musica
francese, per volere del Re / Fiorentino di nascita, già a 14 si trasferì presso la corte di Francia come valletto di camera
di una delle principesse reali; fu un arrampicatore sociale: col tempo arrivò a conquistarsi il favore del Re Luigi XIV il
quale, poco a poco, trasferì nelle sue mani tutta l’organizzazione degli spettacoli, prima di corte, e poi di tutta la
Francia / Dal 1672 e fino alla morte egli portò al massimo splendore il genere tutto francese della tragèdie lyrique,
che considerava il più aulico modello di opera francese / La produzione musicale di Lully influì su tutta la musica
scenica francese ed influenzò profondamente Gluck e Calzabili. La sua produzione annovera 31 balletti, realizzati in
collaborazione con J. de Benserade, e 14 comèdies - ballets, che videro la collaborazione del comico e commediografo
Mòliere; qui le scene e i dialoghi parlati erano inframmezzati dai balletti / Egli apportò innovazioni al ballet de cour. I
balli che Lully adoperò (guidati da disegni coreografici) erano correnti, gagliarde, e successivamente passepied
(in 3/8 o 6/8), riguardon (in 2/4 o 4/4), bourèe (in C ), la gavotta (in 4/4). Più importante ed eseguito fu il Mi-
nuetto (sempre in 3/4) / Il suo capolavoro creativo è rappresentato dalle 13 Tragèdie lyrique (ove la catastrofe
finale della tragedia consueta veniva mutato in un finale a lieto fine; questi grandiosi lavori rappresentarono l’equi-
valente in musica della tragedia in Versi. Lully li creò fra il 1673 (Cadmus et Hèrmione) ed il 1686 (Armide); undici
furono su libretto di Philippe Quinault, ed ostentano una poesia tragica, con soggetti mitologici, eroici. La tragèdie -
liryque vede una divisione formale in 5 atti, direttamente influenzata dal teatro poetico tragico francese di Corneille
e di Racine. Da un punto di vista prettamente musicale Lully assimilò l’influenza del compositore italiano F.Cavalli / Il libretto, da un punto di vista formale,
ha una particolarità in Francia; il verso poetico, detto Alessandrino , è formato da 12 sillabe divise in 2 emistichi da 6 sillabe ciascuno / Molto differenti erano le
tragedie liriche di Lully dalle contemporanee opere dei Veneziani (Cavalli, L. Rossi). Le principali differenze possono così essere elencate:
1) I rècits ed airs francesi non evidenziavano una distinzione netta tipica ell’opera italiana settecentesca, quindi non sempre era chiaramente evidente il pas-
saggio dal recitativo all’aria; in entrambi i brani vi erano declamazioni sillabiche;
2) Le arie francesi (airs) erano bipartite (AAB, o ABB);
3) Nelle tragèdies - lyriques vi sono cori e balletti che assumevano un’importanza strutturale: i cori erano presenti in tutte le scene conclusive degli atti, e ave-
vano un’impostazione armonico - ritmica tipica della Ciaccona;
4) L’Orchestra francese era molto più numerosa rispetto a quella italiana contemporanea, ed aveva una scrittura a 5 parti: 2 per i violini (dessus, haute -
contre), 2 per le viole (taille, quinte), 1 per il violone (basse). Lully esigeva la precisione dell’arco unita alla coordinata forza d’attacco; non consentiva
ai violinisti (come ai cantanti) di arricchire la musica con abbellimenti di loro libera invenzione. Questi assunti determinarono la grande rinomanza euro-
pea dell’orchestra Lullyana;
5) Lully componeva delle Ouverture orchestrali iniziali che aprivano le tragèdies - lyriques; queste iniziavano con un tempo «Adagio» o «Lento» e ritmo pun-
tato, e terminavano con un «Allegro»; questa Ouverture venne in seguito denominata “alla Lully” e venne utilizzata da altri compositori (Händel, Tele-
mann).
I francesi definirono Lully “Principe della Musica”, egli fu il creatore dell’Opera francese barocca; rappresentò storicamente la personificazione dell’assoluti-
smo monarchico in campo musicale; conobbe ricchezze e potere come mai nessuno prima; le sue Tragèdies - lyriques furono rappresentate in tutta la Francia
per più di un secolo. Fu il principe della musica a corte durante la dinastia di Luigi XIV. La sua opera appagava gli ideali musicali del pubblico francese / Nella
Tragèdie - lyrique di Lully tutti gli elementi tecnico - formali (musica, orchestra, poesia, canto, scenografia, costumi, macchine teatrali) svolgevano il compito di
creare un mondo illusorio, meraviglioso, che ostentava sfarzo, magnificenza e raffinatezza.

3 XIX
4 Interno del teatro
della Reggia di
Versailles (Salle du
Spectacle); incisio-
ne di Charles -
Nicolas Cochin
(Parigi 1741). La
corte del re di
Francia si dilettava
in questa sala ove
venivano realizzati
balletti. L’incisione
dell’epoca offre una
grande quantità di
informazioni: si
può notare chiara-
mente come questa
scena barocca
riproduca lo spazio
occupato dal pub-
blico rispetto a
quello occupato
dagli artisti; questi
due universi sono
separati dalla gran-
de orchestra. Qui la
disposizione della
corte è rigorosa-
mente determinata
dall’etichetta: al
centro troneggia la
coppia reale, cir-
condata dai corti-
giani di rango
differente. Le file
dei palchi, da ambe-
due i lati, a diffe-
renza dei teatri
barocchi d’opera
italiani, sono aperte
e decorative; era
reputato essenziale
vedere bene, e più
ancora, essere visti
bene: l’azione sulla
scena e “l’azione”
nei palchi, doveva-
no stimolarsi vicen-
devolmente.

4 XIX
Tratto dalla tragédie - lyrique Armide (1686) l’esempio seguente riporta il più commovente, espressivo ed intenso
Esempio di trattamento ritmico in un récit lullyano. Il suo recitativo si confà strettamente al tempo di dizione momento scenico dell’intero repertorio tragico lullyano, il monologo «Enfini est en ma puissance» (II atto, 5° brano);
arrivando ad alternare, per poter meglio evidenziare il ritmo delle parole, misure binarie e misure ternarie. Lully è l’opera, tratta dalla Gerusalemme Liberata di T.Tasso, è ritenuta dalla storia il capolavoro di Lully. Il momento scenico
maestro nella combinazione ritmica, infatti riesce a non far percepire all’ascoltatore il cambiamento ritmico, ed il seguente rappresenta la maga Armide che, impugnato un coltello, sta per uccidere il suo prigioniero Renaud che però
flusso recitato viene percepito fluidamente, naturalmente. La dizione è strettamente sillabica e le cesure finali sono ella ama perdutamente; la grande perizia compositiva di Lully consente di esprimere il conflitto interiore e le reazioni
rimarcate con l’adozione di figure lunghe. emotive della protagonista con un recitativo intriso di frasi interrotte, pause, ed affannose esclamazioni; così il senti-
5
mento d’odio omicida iniziale nei riguardi del nemico prigioniero si evolve prima in pietà, poi in tenerezza ed infine
esplode la sua manifestazione d’amore. Questo monologo fu ritenuto dalla critica settecentesca il più sublime esempio
i drammaticità musicale; Rameau stesso realizzò una analisi dettagliata psico - acustica nel suo trattato Code de Musi-
que (1760).

5 XIX
L’orchestrazione adoperata da Lully per i contemporanei fu la novità più originale; egli l’adoperò in modo molto immaginoso: DOPO LULLY
l’intera orchestra viene suddivisa in due gruppi: un petit choeur atto all’accompagnamento degli Airs (facilmente equiparabile al L’equilibrio che presentava la tragèdie - lyrique fra poesia, musica e dan-
“nostro” concertino, formato da 10 strumenti, ossia violini, flauti ed organico per il b.c.), ed un grand choeur (il nostro “concerto za, venne meno dopo la morte di Lully, quando si affermò un nuovo ge-
grosso”, formato dai celebri 24 strumentisti francesi, ossia tutti gli archi, fiati e, sempre, l’organico per il b.c.). Nelle situazioni nere di teatro musicale: l’Opera - Ballet. Qui prevalsero le arie cantate
rappresentanti battaglie, sacrifici, scene infernali, Lully introdusse i gruppi di ottoni e timpani; il seguente esempio rappresenta
una marcia brillante (tratta da Amadis) che accompagna un balletto di soldati evocanti una battaglia. Questo descrittivismo orche- e le danze; venne annullata l’unità d’azione tipica della tragèdie - lyrique:
strale era molto apprezzato dal pubblico. ogni atto (che adesso diverranno solo 3) presentava una vicenda diversa e
costituiva una piccola opera indipendente, realizzata con stile galante ed
7
argomenti pastorali. Il genere fu in voga durante i primi 30 anni del 1700;
vi si possono scorgere gli influssi italiani, adesso non più respinti come nel
periodo lullyano, provenienti dall’Arcadia / I più importanti compositori
di opèra - ballet furono Andrè Campra, autoredell’opera l’Europa
galante, 1735, che venne considerata l’opera più importante del genere,
ed Andrè Destouches, autore dell’opera Colirhoè 1712, il suo capolavo-
ro. Egli fu uno dei primi ad impiegare l’Aria col da capo.

Andrè Camprà in una stampa dell’epoca.

Andrè Destouches in una stampa dell’e-


poca.

6 XIX
GLUCK A PARIGI
Dopo essere riuscito fiera-
mente nell’impresa di
rinnovare e riformare
l’opera italiana, Gluck
nel decennio degli anni
70 del 1700 operò una
trasformazione anche per
il genere della tragèdie
lyrique francese. Il suo
intervento sarà di storica
importanza in quanto
getterà le basi per lo svi-
luppo, sempre in Francia
nel XIX secolo, della gran-
de opera eroica / Questo
processo di aggiorna-
mento e trasformazione
che operò Gluck in Fran-
cia non fu facile; nel 1777
la prima rappresentazio-
ne dell’opera Iphigènie
en Taurine venne accol-
ta come uno dei più co-
lossali scandali della sto-
ria dell’opera; questo
alimentò non poco la
querelle a favore di Pic-
cinni, ove si scorgevano,
anche, diverbi fra gli in-
teressi politico-artistici.
Ma Gluck, grazie all’ap-
poggio e alla protezione
della regina Maria Anto-
nietta, la ebbe vinta nei
confronti del compositore
italiano.

7 XIX
JEAN PHILIPPE RAMEAU (Digione 1689 - 1764)
Anche se si cimentò nell’opera a cinquant’anni, egli divenne ben pre-
10
sto il più illustre operista francese del ’700. Compose un trattato d’-
armonia che fu destinato ad essere una pietra miliare per lo sviluppo
dell’armonia tonale, il Traité de l’harmonie réduite à ses prin-
cipes naturels, pubblicato nel 1722, dove confermava i principi zar-
liniani ed ampliava la teoria dell’armonia. In questo storico trattato
egli precisava che nessun suono è dato allo stato puro ed isolato, ma
ogni suono è parte integrante di una maglia di relazioni spiegabili
nel contesto degli accordi e della tonalità. Rameau definì con chia-
rezza i tre principali accordi che rappresentano i pilastri del discorso
tonale, e li denominò con precisione; detti accordi furono tonica,
sottodominante e dominante. Apportò innovazioni nella termi-
nologia armonica; sue sono, infatti, le identificazioni degli accordi di
settima diminuita, nona ed undicesima, che egli espose, nel suo
trattato, dimostrando le loro varie possibilità d’impiego per ampliare
l’ambito della dissonanza. Rameau intese l’armonia non come una asettica questione tecnica, ma
come la prima concreta manifestazione del pensiero musicale; con Rameau inizia storicamente l’era
storica dominata dall’armonia / Prolifico compositore, scrisse 26 fra tragèdies- lyriques (cinque), opè-
ras - ballets e pastorales heroïques / Il successo che caratterizzò le prime opere di Rameau mise in con-
trasto i suoi sostenitori con quelli “conservatori” di Lully: ne nacque la prima delle tre storiche
querelle, ossia a quella fra lullysti e ramisti che durò diversi anni sino all’avvento della Serva Pa-
drona di Pergolesi-Goldoni, 1752, che fece “riappacificare” i francesi vistisi “minacciati” da un in-
truso italiano! / L’Intermezzo italiano fece nascere la seconda storica querelle, molto più accesa della
prima, e che fu quella che passò alla storia: la querelle de buffons: questa vivacissima lotta intellet-
tuale vedeva i seguaci dell’opera buffa italiana contro i seguaci (rappacificati) di Lully e Rameau /
Luigi XV lo nominò, un anno prima della morte, compositore di musica della camera del Re / Rame-
au, con la sua opera, portò avanti il processo evolutivo della tragèdie - lyrique di stampo lullyano,
sviluppando maggiormente il gusto del «meraviglioso» / Grande importanza diede allo sviluppo del
Canto; nei suoi recitativi (semplici ed accompagnati) l’elemento lirico era più vistoso rispetto ai mo-
delli italiani coevi; nelle Arie si preoccupò di ostentare una chiara pronuncia delle parole / Grande
originalità presentano le opere teatrali di Rameau nell’aspetto orchestrale: egli riversa molta più at-
tenzione qualitativa e quantitativa all’orchestra rispetto a quanto era avvenuto prima di lui nella
stessa Francia, ed anche in rapporto alle scelte dei compositori italiani suoi contemporanei. Rameau
indicava le ouverture orchestrali d’inizio delle opere con il termine (generico) di Symphonie / A dif-
ferenza dei contemporanei Rameau non intese le danze e le «air de danse» come semplici divertis-
sements, ma le considerò parti strutturali importanti delle vicende d’opera.

8 XIX
11

Rameau seppe usare egregiamente i mezzi armonici a


scopi espressivi. L’esempio seguente, tratto dalla tragé-
die lyrique Hippolyte et Aricie (1733), è riferito alla
parte centrale del trio delle Parche (Quelle soundain
horreur, II atto, 5° brano); qui Rameau usa una serie di
progressioni cromatiche discendenti che rapidamente
abbracciano cinque diverse tonalità per evidenziare
musicalmente il senso delle parole (tradotte alla fine
dell’esempio), fino a ritornare alla tonalità di partenza,
ossia sol minore. Rameau precisò con chiarezza, nel suo
«Code de Musique pratique» (1760) che egli usava la
compenetrazione enarmonica allo scopo di rendere
l’immagine dell’orrore e dello spavento.

L’OPÉRA COMIQUE
In Europa la forma operistica nata dalla commedia venne conosciuta soltanto nel Settecento (un secolo dopo rispetto all’Italia), e non fu cosmopolita come l’opera seria. Si svi-
lupparono soltanto caratteristiche nazionali della commedia in musica, che vennero diversamente denominate a seconda dei paesi:
Italia > opera comica;
Francia > opèra comique;
Germania > Singspiel.
In Francia l’Opèra comique non si sviluppò (come in Italia) parallelamente all’opera “più seria” (cioè tragèdie - lyrique ed opèra - ballet) ma in contrasto con essa: i teatri di
provincia potevano rappresentare piccole quantità di commedie in musica dietro il pagamento di una royalty annua all’Opéra (> dal 1715). Nell’Opéra comique francese si alter-
navano ai brani cantati i brani parlati (dialoghi); i brani cantati che venivano inseriti fra le parti dialogate all’inizio erano semplici arie popolari (> vaudeville), successivamen-
te divennero più complesse (> ariettes). Molto celebre fu l’opéra comique Le devin du village (“L’Indovino del villaggio”1752) di J. J. Rousseau / Successivamente la lezione
italiana dell’opera comica portò ad un ulteriore sviluppo l’opéra comique francese, e la musica acquistò spazio ed importanza superiore rispetto alle parti dialogate; le scelte del
libretto non si limitarono più alla sola comicità ma testimoniarono una più varia scelta: dramma storico, sentimentale, fiabesco (espressione del gusto del pubblico che si evolve-
va) / Il compositore più famoso fu Modeste Grétry; egli compose «comédie - ballet», opere idillico - pastorali ed esotiche; molto successo ebbe la sua opera Aucassin et Nico-
lette (1779) ispirata ad una storia medievale, soprattutto perché piacque tanto alla cultura preromantica del tempo. Il suo capolavoro fu Richard Coeur de Lion (1784) stori-
camente considerata l’apice dell’opéra comique francese ed anticipatrice del teatro romantico del 1800.

9 XIX
INGHILTERRA 13

DAL “MASQUE„ ALL’OPERA INGLESE


Già nel 1500 in Inghilterra esisteva un tipo di spettacolo musicale denominato masque, molto simile al ballet de cour francese e
con pallidi influssi derivanti dagli intermezzi rinascimentali italiani; gli argomenti erano mitologici o allegorici, e nelle scene si alter-
navano recitativi, musiche vocali e balli. Il nome «Masque» deriva dal fatto che nelle sezioni da ballo si esibivano i gentiluomini
mascherati. Il massimo grado di sviluppo si ebbe nei primi decenni del 1600, durante il regno dei primi due Stuart, Giacomo I e
Carlo I; in seguito i puritani di Cromwell, la guerra civile e la repubblica, fecero tramontare il genere / Fu un genere esclusivamente
di corte / Gran parte della musica non ci è pervenuta / Ben Jonson (1573 - 1652, generazione successiva a Shakespeare) fu uno dei
maggiori librettisti di masque; scrive infatti lavori di successo come il Masque of Blackness 1605, Masque of Queens 1609,
Vision of Delight 1617 / Il musicista più importante fu Matthew Locke (1622 - 1677). Il suo capolavoro del genere Masque, Cu-
pid and Death (versi di James Shirley e musica sua, in collaborazione con l’amico compositore O. Gibbons) venne rappresentato
in un palazzo patrizio di Londra nel 1653. Qui il drammaturgo William D’avenant dopo aver curato in prima persona l’apertu-
ra del teatro chiamato Rutland House, vi fece rappresentare, nel 1756 la sua opera The Siege of Rhodes, con musiche di vari au- Matthew Locke in una stampa dell’e-
tori fra i quali Locke. poca.

BALLAD OPERA
Nei primi decenni del 1700 l’opera seria italiana salì anche sui palcoscenici londinesi, qui incontrò il favore da parte del pubblico
nobile, e contemporaneo anche lo sfavore da parte del ceto medio e degli scrittori, alimentando così, anche se a distanza, il mal-
contento intellettuale italiano nei confronti dell’opera seria. Samuel Johnson definì l’opera italiana un «divertimento esotico ed
irrazionale per l’aristocrazia» / Il genere del Ballad - opera nacque con l’opera The Beggar’s Opera (l’Opera del mendicante) di
John Gay, 1728, e fu chiaramente in antitesi con l’opera seria italiana; qui sono messi in scena personaggi quotidiani (anche malfa-
mati). Fu uno spettacolo “leggero”, ed ebbe un successo tale da venir rappresentato per tutto il secolo (nella stessa stagione venne
replicata per ben 62 volte). La musica venne realizzata da più compositori fra i quali Händel e Purcell. In dieci anni se ne compo-
sero circa 120 che, però, non ebbero un seguito perché il genere fu soppiantato dal Pasticcio e dalla successiva Comic - Opera.

HENRY PURCELL (Londra 1659 - 1695)


Storicamente è considerato il maggior musicista inglese di tutti i tempi, e a causa
della sua prematura morte venne a posteriori considerato il Mozart inglese / Fedele
interprete musicale degli ideali inglesi della Restaurazione, nella sua musica si evinco-
no comportamenti di seduzione sensuale ed assunti decorativi. La sua produzione
musicale fu, agli occhi dei contemporanei, di altissima qualità; egli apprese e fece
propri i modelli italiani e francesi / Fu il Lully inglese: ebbe affidate tutte la cariche
musicali pubbliche e di corte / La sua grande produzione compositiva annovera prin-
cipalmente gli anthems, le odi, le cantate profane, e, non ultime, le composizioni stru-
mentali. Egli si dedicò alla composizione di lavori teatrali negli ultimi sei anni della
sua vita, e questa sua ultima produzione rappresenta l’apice della sua personalità di
compositore; il suo capolavoro fu la mini opera Dido and Aeneas (1689) composta
per un collegio femminile di Chelsea, ove tutti i ruoli sono femminili ad eccezione di
quello di Enea; qui si alternano con grande equilibrio recitativi, arie, cori, danze, in-
termezzi strumentali / La restante parte della produzione teatrale - musicale di Pur-
12 cell si annovera nel genere delle musiche di scena.

10 XIX
GERMANIA ED AUSTRIA
L’OPERA TEDESCA BAROCCA
Nel 1627 la corte di Sassonia vide nascere la prima opera tedesca,
Dafne, basata sul libretto di Rinuccini (musica di Heinrich Schütz
che è andata perduta); questa venne tradotta in tedesco da Mar-
tin Opitz (il più importante poeta del tempo). Per tutto il 1700
l’opera in Germania ed in Austria fu dominata dall’influenza dell’-
opera italiana; le corti ove l’opera maggiormente fiorì furono:
Hannover, Brunswick - Wolfenbüttel, ed in speciale modo le città
di Leipzig ed Amburgo. Amburgo fu il centro di più grande im-
portanza per la diffusione dell’opera barocca tedesca / Tutta l’e-
sperienza operistica barocca tedesca nacque come imitazione glo-
bale del modello italiano, sia per la librettistica e sia per la compo-
sizione; molto presto i librettisti arricchirono la varietà di argomenti
con vicende tratte dalla Bibbia e dalla loro storia nazionale.

IL SINGSPIEL
Attorno al 1750 prese piede in Austria un’opera che alternava
(similmente all’opéra comique) recitazione e musica; questo gene-
re venne chiamato Singspiel. Nacque a Vienna e si diffuse anche in
Germania. Era destinato ad un pubblico borghese e destò l’interes-
se speculativo degli impresari, ma non della cultura ufficiale; solo
Goethe ne comprese l’importanza / I maggiori rappresentanti del
genere furono i musicisti Johann Hiller e Georg Benda / Nel
Singspiel viennese si evinceva una maggiore presenza della musica
14 rispetto alle parti dialogate / Saranno i giganti della musica classi-
ca (Mozart con il Ratto del Serraglio e Il Flauto Magico, e Beetho-
ven con Fidelio) e romantica (Weber con Il Franco cacciatore) ad
ampliare notevolmente la risonanza del genere Singspiel, e a farlo
diventare un genere nazionale / Il Singspiel sarà la matrice storica
dell’operetta viennese dell’ottocento.

11 XIX
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Editori

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Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

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12 XIX
L’OPERA ITALIANA NEL
SETTECENTO LA CRITICA SULL’OPERA ITALIANA

Il 700 vedrà impegnati alcuni letterati, teorici musicali musicisti che nei
Nella storia in genere il XVIII secolo è visto come il secolo delle grandi trasformazioni sociali e cultura- loro trattati affronteranno il problema etico ed estetico del libretto. Fra i
li; nel 700 l’aristocrazia va perdendo gradatamente il proprio potere dispotico sulle classi inferiori, da più importanti meritano di essere citati:
sempre sfruttate, e la rivoluzione francese di fine secolo farà esplodere il conflitto fra queste due clas- Francesco Algarotti
si sociali. Quando le classi sociali più povere prenderanno coscienza della propria dignità, inizieranno letterato e scrittore, autore del trattato “Saggio sopra l’opera in
ad essere divulgati i principi della trasformazione sociale; importanti furono a tal proposito i cosid-
detti “philosophes” francesi, che alimenteranno la filosofia dei lumi del 700: l’Illuminismo, il movi-
musica”, 1755, ove critica il teatro musicale del suo tempo giudican-
dolo decadente, in quanto si è perso il rapporto fra parola e musica,
mento della critica e della ragione, che ha i suoi epigoni ideologici nelle figure di Voltaire, D’A-
ed auspica a una riforma dell’opera secondo il modello francese, ove
lembert, Diderot e soprattutto J. J. Rousseau / Alla Francia si uniranno ben presto gli altri paesi la musica accompagna la parola e non la sovrasta.
europei nella condivisione dei principi dell’Illuminismo, e non mancheranno anche regnanti che ap- Esteban de Arteaga
poggeranno queste idee; infatti non pochi saranno i cosiddetti “principi illuminati” / In questa Euro- letterato e teorico musicale spagnolo gesuita. Egli nel suo trattato
pa che va assorbendo l’illuminismo, il genere musicale predominante sarà il melodramma di impor- “Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origi-
tazione italiana. L’opera italiana nel 700 si impose in tutta Europa tranne che nella Francia dei Bor- ne fino al presente”,1783 - 85, appoggia le idee di Algarotti, ed
boni; a Venezia si costituì come spettacolo impresariale, ed i compositori a Napoli ne curarono mag-
afferma che secondo lui l’opera in musica deve essere concepita co-
giormente lo stile. In breve tempo divenne un genere cosmopolita, lo spettacolo internazionale per
me l’incontro fra il momento musicale (l’aria), il momento dramma-
antonomasia; i musicisti stranieri presero a comporre opere italiane. Il teatro musicale di genere im-
tico (il recitativo accompagnato), il momento narrativo (il recitativo
prenditoriale era sempre costantemente all’avanguardia: l’attenzione all’aggiornamento dei temi,
secco), la scenografia. Appoggiò esplicitamente l’opera metastasiana.
dei soggetti, e di tutto ciò che potesse sempre soddisfare il gusto del pubblico, sarà sempre la princi-
Giovan Battista Martini
pale prerogativa; i cantanti rappresentarono il principale “piacere” per il pubblico medio, specie la
voce di soprano. Fu così che nel 1700 esplose il fenomeno dei castrati / Nel settecento il teatro d’ope- maestro di cappella presso la chiesa di San Francesco a
1
Bologna; egli fu il più grande teorico musicale europeo del-
ra è il più grande catalizzatore sociale: i palchi dei teatri diventarono un luogo di incontro sociale,
la seconda metà del XVIII secolo. Anch’egli si impegnò in
ove, fra le altre cose, si poteva assistere all’opera; i gentiluomini fanno la corte alle donne > gioco
una critica accurata contro gli eccessi dell’opera italiana,
d’azzardo / Purtroppo Wagner con lo scritto teorico Opera und Drama del 1851 dando un giudizio
esplicitando un pensiero molto vicino a quello di Algarotti e
assolutamente mediocre a tutta la produzione operistica di questo periodo (in particolare i melo- dell’Arteaga. Padre Martini inoltre, considerò il problema
drammi di Zeno, Metastasio e Goldoni, con le relative musiche di Scarlatti, Vinci, Pergolesi, Piccinni > da un punto di vista strettamente musicale.
critica contro le forme chiuse) contribuì decisivamente a relegare tutta questa produzione operistica
ai margini dell’attenzione musicologica successiva, in quanto la sua concezione delle forme “libere”
non poteva accettare le arie chiuse del melodramma settecentesco, ed il suo pedissequo assoggetta- Vincenzo Manfredini
mento ai gusti del pubblico. Soltanto recentemente si è compiuta una rivalutazione / Maturando le compositore pistoiese. Fece la sua fortuna nella Russia di Caterina II,
concezioni estetiche che la videro nascere, l’opera del 700 raggiunse un notevole equilibrio degli importando l’opera italiana. Rientrato in Italia dal soggiorno russo, si
assunti: arte, artificio, poesia, musica, scenografia, costumi. Le tipologia interpretative, il gusto, la schierò contro tutti coloro che criticavano gli eccessi del melodramma
moda, furono tutti assunti che vennero minuziosamente coltivati dall’opera italiana del settecento / italiano. Nel suo trattato intitolato “Difesa della musica moderna
Un rilevante dato estetico del 700 è identificabile in ciò che viene definito come la “Teoria degli e dei suoi celebri esecutori”,1788, egli criticò le asserzioni di padre
affetti”: questa “teoria” nacque in seno alla camerata fiorentina agli inizi del 1600; essi si riferivano Martini e dell’Arteaga. Manfredini si preoccupò di difendere la musica
alle piccole inflessioni o coloriture melodiche impiegate in funzione espressiva. Questa ricerca nasce strumentale, alla quale assegna un proprio concetto di progresso.
da una loro convinzione riguardo una più reale corrispondenza tra sentimenti ed espressioni musica-
li. In seno alla camerata Bardi a seconda della tecnica impiegata o della fisionomia assunta da que- L’estetica dell’opera settecentesca andrà perdendo progressivamente di
ste figure, gli “affetti” venivano denominati in modo diverso (groppo, cascata, ribattuta di gola, mira l’ideale del mito della Grecia classica; i compositori molto vicini a
ecc.). Nel 700 questi affetti caratterizzarono le arie, cioè i personaggi / Il secolo vedrà la predomi- Manfredini riterranno molto più logico incentrarsi sulla composizione mu-
sicale ove l’armonia è sovrana. Adesso non sarà più possibile per un com-
nanza delle figure di A. Zeno e P. Metastasio, per l’opera seria, e di C. Goldoni per l’opera comi-
positore dedito all’opera (e non solo) concepire la musica in maniera a-
ca. Le principali differenze rispetto all’opera del 600 si possono raggruppare in due importanti as- vulsa dalle regole armoniche.
sunti: il libretto nella sua struttura interna ed esterna, e la forma musicale dell’opera.

1 XX
IL LIBRETTO OPERISTICO DEL SETTECENTO: ZENO, METASTASIO,
GOLDONI
Le esuberanze, la lirica “concettosa” del Marino, e tutti i barocchismi poetici avevano
“saziato” il gusto del pubblico in generale e dei poeti in particolare. Gli stravolgimenti mo-
struosi che avevano interessato l’opera in musica subito dopo i suoi esordi, stravolgimenti PIETRO METASTASIO (Roma 1698 - 1782)
ove buffoni e servi venivano mescolati a re ed eroi, avevano oramai fatto il loro tempo. Il Il suo vero nome era Pietro Trapassi , ma entrato in Ar-
4
ripristino di un ideale di bellezza nel 700 comporterà la nascita dell’Arcadia che si prefig- cadia ebbe grecizzatoil nome. Gli arcadici si impegnaro-
no nel progetto di far rivivere l’antica cultura greca al
geva una poesia più composta, senza esuberanze e più dimessa ; principe dell’arcadia set-
punto da ritenersi eletti, per cui si “grecizzavano” i no-
tecentesca fu Metastasio / Il dramma per musica assorbì in toto le influenze dell’Arcadia,
mi / Poeta cesareo alla corte degli Asburgo e a Vienna;
per cui non vi saranno più stravolgimenti / Zeno e Metastasio furono i fautori del nuovo
fu autore di 27 drammi per musica, e di 8 oratori / I trat-
senso dell’ordine, i loro libretti saranno messi in musica da decine e decine di musicisti.
ti salienti della sua poetica si possono riscontrare nella
spiccata semplicità e fluidità dei suoi versi; per questo fu
amato dal pubblico e ancora di più dai musicisti, infatti
APOSTOLO ZENO (Venezia 1668 - 1750) si conoscono più di ottocento versioni operistiche dei suoi
Fu poeta cesareo (cioè di corte) a Vien- libretti / I suoi drammi più famosi furono: Alessandro
2 na, poi sostituito dal Metastasio; scrisse delle Indie, Artaserse, Adriano in Siria, L’Olim-
35 libretti d’opera 17 dei quali per ora-
piade, La Clemenza di Tito, Attilio Regolo, ecc.
tori / Apportò autonomia dramma-
Hasse fu il più prolifico musicatore dei libretti metasta-
tica e logica nell’azione teatrale al
siani, circa 60 opere / Metastasio perfezionò ulteriormente le “regolarizzazioni” di
melodramma; abolì le scene comiche
(principale “artificio” dell’opera seicen- Zeno: concepì la struttura drammatica dell’opera in tre atti; le scene sono caratte-
tesca), era introdusse con parsimonia i rizzate da lunghi recitativi ed arie conclusive con pochi versi (pochi duetti e scarsa
cori; stabilì la forma che sarà da model- presenza di cori); nelle sue opere non compaiono più di sei personaggi per le vi-
lo per gli operisti successivi: lunghi reci- cende teatrali; ciò garantisce una grande chiarezza, logicità e raziocinio nei recitati-
tativi di endecasillabi e settenari sciolti vi. La sua poesia è sempre limpida, chiara, e i suoi versi sono intrisi di giudizi mo-
conclusi da arie brevi e strofiche con rali. Metastasio attribuisce una grande funzione educativa al melodramma, ed è
versi più brevi dei recitativi legati da metricamente svoltoi con versi molto corti (quaternario, quinario) / Il perno della
rime / I soggetti dei suoi drammi attin- drammaturgia di Metastasio è rappresentato dal contrasto fra sentimento e
gono dalla mitologia e dalla storia anti- ragione, inteso come espressione della motivazione morale che sta alla base
ca, e sono intrisi di una caratterizzazio- della sua concezione poetica / Egli realizzava la coerenza formale tramite la
ne morale a lui molto cara. Nei suoi
3 calcolata distribuzione delle arie: ogni dramma ne conteneva circa 25 massimo 30;
intrecci teatrali si evince questo senso
non più di uno o due duetti ed un “tutti” finale. Al primo castrato e alla prima don-
morale; ciò trova un diretto anteceden-
na spettavano 5 arie ciascuno, alle seconde 4, così via via fino al sesto cantante al
te nelle tragedie francesi di Pierre Cor-
quale spettavano solo 3 arie. L’Aria era collocata a fine scena, cosicché il cantante
beille.
usciva di scena fra gli applausi del pubblico. La musica era sottoposta al testo; il
recitativo che preferisce e quello secco / Il dramma metastasiano è un DRAMMA AD
Molto legato a lui fu il compositore An-
INTRIGO: questo intrigo è messo in atto dai personaggi e dalla loro funzione; egli
tonio Caldara (1670 - 1736), il quale
prediligeva che si esaltasse l’illustrazione dei rapporti fra i singoli personaggi. Ogni
musicò quasi un terzo della sua produ-
scena rappresenta una situazione indipendente che si diparte da un centro co-
zione drammatica. Ma i più grandi
compositori del tempo, Vivaldi, Pergo- mune. Questa particolare tipologia di struttura metastasiana è denominata strut-
lesi, Hendel e Piccinni, si impegnarono a tura a stella.
modificare i suoi libretti.

2 XX
ADRIANO IN SIRIA
Uno dei tanti fortunati libretti di Pietro Metastasio musicato nel 1734 da Pergolesi, e
nel 1752 da Hasse. La presente versione è quella musicata da Antonio Caldara.

L’opera costa di sei personaggi:


Adriano
valoroso guerriero Romano innamorato di Emirena.

Aquilio
consigliere di Adriano, amante occulto di Sabina

Osroa
re dei Parti, nemico di Adriano

Farnaspe
consigliere di Osroa, amante di Emirena

Emirena
promessa sposa di Farnaspe

Sabina
promessa sposa di Adriano.

Viene qui riportata l’aria di Farnaspe.Le arie sono di ottonari e l’ultimo verso in
settenario; i recitativi sono in versi sciolti.

3 XX
4 XX
5 XX
6 XX
CARLO GOLDONI (Venezia 1707 - 1793)
Esponente antitetico rispetto a Zeno e Metastasio,
egli fui principe del teatro comico, dell’opera co-
mica e delle farse. Scrisse 56 libretti di opere comi-
che e “farsette”, che la storia ha etichettato come
il teatro comico goldoniano, scritte nel quindi-
cennio compreso fra il 1748 ed il 1763 / Fu legato
da profonda amicizia con il compositore suo con-
terraneo Baldassarre Galuppi, il quale musicò
20 dei suoi libretti; fra i più importanti vanno
ricordati L’Arcadia in Brenta, Il Mondo alla
roversa, Il Mondo della Luna, Il Filosofo di
campagna furono messi in musica dai più im-
portanti musicisti del tempo / Importanza storica
per l’affermazione dell’opera comica ebbe CEC-
CHINA LA BUONA FIGLIOLA musicata dal Piccin-
6 ni / I suoi libretti d’opera non sono molto dissimili
Ritratto di Carlo Goldoni eseguito dal pittore dalle sue commedie in quanto ad invenzione dei
Pietro Longhi. personaggi, e in quanto a coerenza della forma.
Si passa dall’elemento serio l’elemento comico con
equilibrio e grande logicità. Molti grandi musicisti provenienti dai conservatori napoleta-
ni musicarono i suoi libretti; e non ultimo Antonio Vivaldi.

7 XX
L’OPERA A NAPOLI
Verso il 1650 l’opera comparve anche a Napoli direttamente importata da Venezia dalla compagnia chiamata “I Febiarmonici”. A Napoli la compagnia rappresentò l’opera
Didone di F. Cavalli per volere del vicerè spagnolo conte d’Oñate; e l’anno seguente gli stessi rappresentarono L’Incoronazione di Poppea di Monteverdi / Il primo importante teatro
aperto a Napoli fu il Teatro di S.Bartolomeo nel 1654. La famiglia reale a Napoli capì subito la grande influenza che aveva l’opera sulla gente, ragion per cui istituì contempora-
neamente alla nascita dell’opera stessa una attenta sorveglianza reale su ciò che doveva essere rappresentato, a tal punto che la prima rappresentazione doveva avvenire a corte e
dopo in teatro / Prima di Alessandro Scarlatti a Napoli si rappresentavano solo opere veneziane, adattate e riviste; il più noto riadattatore fu Francesco Cirillo (uno dei tenori
della compagnia dei Febiarmonici) / Il primo operista napoletano fu Francesco Provenzale. Il suo teatro è assolutamente comico; grande successo ebbero le sue opere “Il schiavo
di sua moglie”, e “Stellidaura vendicata”. È un teatro musicale che inspira al teatro monteverdiano, con grande vivacità comica di ascendenza popolare.

I CONSERVATORI
Quattro importanti orfanotrofi napoletani divennero centri di storica importanza per la futura opera napoletana; queste furono le prime istituzioni pubbliche in tutta Europa pre-
poste alla formazione professionale di musicisti, sia compositori, strumentisti e cantanti; questi orfanotrofi vennero chiamati dal popolo conservatori. Nacquero come istituti di pie-
tà fra il 1620 ed il 1650, luoghi ove venivano accolti i trovatelli (figliuoli) e veniva loro insegnata la musica per partecipare alle cerimonie di culto, allo scopo di integrare le offerte di
beneficenza durante la messa. I quattro storici conservatori napoletani furono:
Poveri di Gesù Cristo;
Pietà dei Turchini;
S.Maria di Loreto;
S.Onofrio
I più grandi musicisti del tempo, è perché di un secolo dopo, saranno i “figliuoli” forgiati nei conservatori napoletani; questo fatto comportò agli occhi del mondo intero la nascita di
quella che fu definita “la scuola napoletana”. L’importanza della città partenopea in ambito operistico, nel ‘700, fu tale da informare di se tutta Europa; i più grandi castrati prove-
nivano da Napoli, tanto che agli occhi dell’ Europa musicale la città fu ribattezzata col nomignolo di “Castrapolis„.

Interno del Teatro


FRANCESCO DURANTE (Frattamaggiore, 1684 - Napoli, 1755) di San Carlo: il
È da considerare uno fra i più importanti compositori teatro venne co-
7 napoletani del periodo; egli fu il principale “prodotto” del struito nel 1737
Conservatorio napoletano (allievo e poi maestro a per volere del re
S.Onofrio, ai Poveri di Gesù Cristo e S.Maria di Loreto); i Carlo III di Borbo-
ne, a cui venne
suoi allievi furono i maggiori operisti napoletani cono- intitolato. Il pro-
sciuti in tutta Europa, tanto ad poter affermare che si getto fu affidato
venne a formare la coscienza di una “scuola durantiana”. all'architetto Gio-
Suoi allievi furono fra gli altri: Pergolesi, poi Jommelli, vanni Antonio
Traetta, Piccinni, Paisiello, Sacchini. Fra le sue Medrano. I lavori
furono diretti da
composizioni occupano un posto di rilievo, accanto alla Angelo Carasale.
vastità di quelle sacre, le opere per cembalo e gli 8 con- Fu inaugurato il 4
certi per quartetto (più uno per clavicembalo solista), novembre del
scritti presumibilmente durante gli ultimi anni della sua 1737, giorno del-
vita, e che lo inseriscono nel filone della musica strumentale napoletana. In essi l'onomastico del
sovrano, con la
s'incontrano procedimenti arcadici, particolarmente presenti nei tempi lenti quasi rappresentazione
a volerne scongiurare ogni eccesso sentimentalistico, accanto a modelli identifica- dell’opera Achille
bili come premozartiani. in Sciro di Jom-
melli su libretto di
8
Metastasio.

8 XX
ALESSANDRO SCARLATTI (Palermo 1660 - Napoli 1725)
Musicista poliedrico: egli trattò tutti i generi musicali, da quello vocale (sacra e profana) a quello strumentale. E’ la figura centrale per il
9
passaggio dall’opera veneziana del 1600 all’opera seria del 1700; definì i caratteri e gli elementi della forma musicale in modo tale da essere
adoperati come modello per più generazioni di operisti. Napoli grazie a lui contese il primato di città d’opera a Venezia / Proveniente da
una famiglia di musicisti, fu a Roma a 12 anni. La sua prima opera fu Gli equivoci nel sembiante, con la quale si accattivò la protezione di
Cristina di Svezia, divenendo suo maestro di cappella. Dal 1684 fu a Napoli in qualità di maestro di cappella; nella città partenopea com-
porrà 35 opere in diciotto anni. Dopo il 1702 fu di nuovo a Roma in qualità di maestro di cappella in S. Maria Maggiore. A questo periodo
risalgono le sue musiche sacre: oratori, cantate da camera. Ritornò nuovamente a Napoli quando la città fu presa dagli austriaci, e divenne
il maestro di cappella reale / Il catalogo delle sue opere consta di 114 titoli; fra le più importanti sono da ricordare: La Satira, L’Eraclea,
Il Mitridate Eupatore, Il Tigrane, La Griselda / Alessandro Scarlatti ebbe un ruolo determinante nella storia della musica operistica
in quanto fu il principale diffusore dell’Aria col da capo (ABA); egli ne curò l’espansione della forma a vantaggio dell’economia dello
spettacolo operistico / Contemporaneamente egli fu anche promotore del recitativo accompagnato inteso da lui come il più efficace
modo di rendere l’intensità drammatica del dramma. Impiego l’orchestra per accompagnare anche le arie / Il suo modello di composizione
vocale influenzò i suoi contemporanei e le successive generazioni / Il grande compositore palermitano assegnò un posto di primo ordine all’-
orchestra nell’opera rispetto alle opere veneziane; in ciò si può intravedere l’influenza di Corelli e di Torelli: la sua orchestra è bastata sugli
strumenti ad arco > concerto grosso e solista / Scarlatti realizzò una più stretta interazione fra dramma ed apporto strumentale; nelle sue
opere vi è sempre una sinfonia d’introduzione; l’orchestra è sempre presente anche come accompagnamento delle arie, che prima
di lui erano concepite come una esclusiva prerogativa del basso continuo.

Schema di Aria col da capo costruita su due quartine. Quest’aria, tripartita, era concepita in funzione dell’interprete che la doveva
eseguire, per cui il musicista, dopo aver ricevuto il libretto, procedeva alla stesura della partitura soltanto dopo aver conosciuto quali
fossero le capacità vocali dei cantanti che dovevano eseguire l’opera per la quale erano stati ingaggiati dall’impresario.

Tutto il brano si articola in tre sezioni: dalla


10 prima strofa del testo poetico scaturisce la
struttura della prima parte A; la seconda stro-
fa del testo è realizzata nella seconda parte B,
questa aveva o una tonalità o un metro in
netto contrasto con la prima parte A e pro-
porzionalmente era più piccola; subito dopo si
ritorna a ripetere la prima parte A, ma dove-
va essere variata, nell’esecuzione, da degli
abbellimenti improvvisati dal cantante. Pro-
prio nella ripetizione della parte A si evinceva
la stravaganza e l’esuberanza dei cantanti che
la gonfiavano con le loro strabilianti trovate
vocali virtuosistiche. I ritornelli strumentali
anticipavano la tematica melodica subito
dopo esposta dalla parte vocale. Le corone
stanno ad indicare le cadenze improvvisate. I
numeri romani maiuscoli indicano lo svolgi-
mento delle funzioni armoniche.

9 XX
L’OPERA BUFFA NAPOLETANA > COMMEDEJA PE MMUSECA
La storia politica della Napoli a cavallo tra il 600 e primi quarant’anni del 1700, è travagliata dalle ambizioni egemoniche degli spagnoli prima e degli austriaci poi. Dopo un secolo
e mezzo di dominio spagnolo nel 1707 la città ed il suo territorio furono annessi all’Austria; l’appartenenza austriaca durò poco, infatti nel 1735 Napoli e la Sicilia furono riconquistate
dagli spagnoli; Carlo VII duca di Parma e Piacenza, ne divenne sovrano nel 1759 con il nome di Carlo III, re di Spagna, il quale designò il proprio figlio Ferdinando di Borbone re delle
due Sicilie.
In questo clima politico la città partenopea vide crescere comunque la propria attività operistica; nel 1737 venne inaugurato il teatro S. Carlo (denominato così in onore del sovrano
spagnolo). La grande peculiarità partenopea risiede nel perfezionamento di una forma artistica di storica importanza: l’opera buffa. Le prime, chiamate in dialetto “commedia pe
mmuseca”, vennero composte nei primi anni del 1700; la lingua alternava l’italiano al dialetto napoletano / Con la nascita esplicita dell’opera buffa si assiste al tramonto delle
“incursioni” economiche e buffe, della presenza di scene non è serie, all’interno di opere serie; ciò è da considerarsi il punto di partenza per la successiva separazione ed autonomia di
due generi operistici a se stanti: opera seria ed opera buffa (> l’antitesi dell’opera seria) / L’Opera buffa si incentra su personaggi borghesi attinti dalla Commedia dell’Arte. I
Teatri napoletani preposti alla presentazione di opere buffe furono: il Teatro dei Fiorentini, il Teatro Nuovo (1724), il Teatro Del Fondo (1779); in questi teatri non vennero
mai rappresentate opere diverse dal genere buffo / All’inizio della sua epopea l’opera buffa vide l’interessamento solo di musicisti di modesta levatura; ma il successo che ebbe fu
così grande che nel giro di pochi anni anche i musicisti più acclamati vi si dedicarono / Dopo la grandiosa figura di Alessandro Scarlatti, la città partenopea vide l’affermazione di
altri musicisti; i più importanti furono: Francesco Feo, Nicolò Porpora, Leonardo Leo, Leonardo Vinci, ed il giovane Giovan Battista Pergolesi / La generazione di musici-
sti successiva a Pergolesi accolse nell’opera serie e buffa napoletana esperienze compositive provenienti da altri centri; il loro teatro musicale, serio e buffo, rappresentò il nucleo più
importante del repertorio operistico del 1700.

FRANCESCO FEO (Napoli, 1691 - Napoli, 1761) NICOLO’ PORPORA (Napoli, 1686 - Napoli, 1768)
Entrato nel 1704 al conservatorio della pietà dei A 10 anni entrò presso il conservatorio dei poveri di Gesù Cristo
turchini, ne uscì nel 1712. La sua prima opera, Amor 13 ove ricevette una rigorosa e completa formazione musicale di
Tirannico rappresentata l’anno seguente a Napoli stampo secentesco (composizione, canto, pratica dell'accompa-
gnamento); egli fu tra i primi a mettersi in luce nel nuovo am-
presso il teatro di San Bartolomeo ebbe un grande
biente politico e culturale creatosi a Napoli con l'avvento, nel
successo che gli aprì le porte per i teatri di Roma e
1707, del viceregno austriaco. In conservatorio ricevette anche
Torino. Insegnò al conservatorio di San Onofrio dal
una istruzione letteraria. La sua prima opera di successo com-
1323 al 1739, anno in cui successe a Francesco Du-
posta all’età di 22 anni fu Agrippina, rappresentata il 04-
rante presso il conservatorio dei poveri di Gesù Cri-
sto, fino al 1743. Dal 1740 si dedicò soltanto alla mu- /11/1708 a Palazzo Reale, ed il 13 novembre al teatro di San Bar-
sica sacra. Grande esperto di canto, e grande teori- tolomeo. Dal 1713 al 1722 fu maestro al conservatorio di San
co musicale ricevette Onofrio; ma la sua attività di maestro privato di canto fu di
consensi ammirazioni gran lunga più importante: fu il maestro dei più celebri “musici”
da grandi suoi colle- castrati: Farinelli, Caffarelli, Senesino / Nel 1723 fu a Vienna, poi
ghi / La sua produzio- a Venezia dove fu insegnante presso la scuola di musica femmi-
ne musicale annovera nile dell’Ospedale degli Incurabili. La sua fama di operista, già
11
20 opere teatrali, fra le in quegli anni, aveva portata europea / Nel 1733 inizia la sua
quali una delle più importanti fu Arsace, su libretto di epopea operistica nella Londra di Hendel; fu nominato compositore alla “Opera of the Nobi-
Metastasio, composta per l’inaugurazione del teatro lity” in opposizione a Hendel. A Londra egli fu al centro di vicissitudini operistiche travagliate, e
regio di Torino nel 1740; 150 composizioni sacre che rap- fu appoggiato dai suoi ex allievi Farinelli e Senesino. Gli anni seguenti furono anni di viaggi a
presentano la summa della sua attività come composi- servizio di regnanti e principi in qualità di maestro di musica. A Vienna ebbe come allievo il
tore; intermezzi, serenate. Egli trattò le arie col da capo giovane Haydn, ma la sua fortuna andò gradatamente scemando / Porpora accolse subito la
come una sorta di concerto vocale, ove il virtuosismo nascente poetica arcadica; fu lui a mettere in musica la prima produzione drammatica del
dei cantanti è elegantemente ostentato. Le sue linee giovane Metastasio: la serenata a 6 v. Angelica e Medoro (1720), in cui si esibì il quindicenne
12
melodiche sono sempre limpide sia nella produzione Carlo Broschi, divenuto più tardi la star Farinelli. Compose una sessantina fra melodrammi,
operistica che in quella sacra; egli usa spesso l’ortofonia intermezzi, serenate è e teatrali, oltre a una copiosa produzione strumentale.
per le parti corali / Fu maestro di Pergolesi e Jommelli.

10 XX
LEONARDO LEO (San Vito degli Schiavi, Brindisi, 1694 - Napoli, 1744) GIOVAN BATTISTA PERGOLESI (Jesi, Ancona 1710 - Napoli 1736)
14 Nel 1709 si trasferì a Napoli come allievo del con- Molto più importante dei musicisti suoi contemporanei, ebbe una
servatorio della pietà dei turchini; tre anni dopo 15
vita brevissima morendo a soli 26 anni. Dopo gli studi al Conser-
egli debuttò con il dramma sacro L’Infedeltà vatorio di Napoli, si mise in luce con l'oratorio La conversione di
Abbattuta. A Napoli trascorse tutta la sua vita san Guglielmo d'Aquitania (1731); due anni dopo compose La
come vice maestro di cappella reale e come inse- serva padrona, un intermezzo per l’opera seria Il prigioniero
gnante nei vari conservatori della città. Il suo no- superbo, oggi considerato il suo capolavoro, che gli procurò fama
me fu molto conosciuto in qualità di compositore universale, e fece scoppiare la famosa “querelles des Buffons” a
di musica da camera. Nella sua produzione dica- Parigi; quest’intermezzo divenne il modello del genere. Nel 1734
no una trentina di opere serie, composte per i tea- Pergolesi venne nominato maestro del coro della chiesa di Loreto;
tri napoletani ma anche per quelli di Venezia e di malato di tubercolosi fu costretto ad abbandonare il lavoro e
altre città italiane. Nel 1737 il suo Siface trionfava ritirarsi a Pozzuoli. Tra le composizioni di questi ultimi due anni
per ben 37 sere consecutive al Teatro Malvezzi di figura il celebre Stabat Mater per coro e orchestra, musica sacra,
Bologna. La sua produzione comprende anche un concerto per violino e musica da camera / Famosissime le sue
molte serenate, oratori, e composizioni strumentali opere (serie) con libretti Metastasiani: Adriano in Siria, L’O-
anche per scopo didattico. Le sue opere serie che
limpiade. Dopo la morte, la musica di Pergolesi, limpida e orec-
ebbero maggior successo furono Demofoonte e L’Olimpiade, la seconda
chiabile, divenne molto popolare. Per il teatro musicale napoletano in dialetto compose l’opera
opera ad essere rappresentata presso il teatro San Carlo di Napoli. Queste ope-
Lo frate ‘nnammurato / La sua musica è un mirabile esempio di dolcezza, malinconia; la sua
re sono tratte da libretti di Pietro Metastasio. In ambito buffo va ricordata l’o-
scrittura è sempre semplice; la sua invenzione musicale nobile. In ombra nell'Ottocento romantico,
pera Amor vuol sofferenze ovvero la finta frascatana.
Pergolesi venne rivalutato nel neoclassicismo, e nel 1919 Stravinskij basò il suo balletto Pulcinella su
alcune sue composizioni.
LEONARDO VINCI (1690 - 1730)
Il suo nome è CHARLES DE BROSSES un grande uomo politico francese, che fu il primo presidente del Parlamento di Digione, magistrato, umanista, storico e grande appassionato
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legato alla di musica, nella sua raccolta di lettere contenenti i illuminanti osservazioni sui fatti musicali italiani scritte ad amici dopo un viaggio in Italia (1739 - 40, raccolte e
grande fortu- pubblicate nel volume “Lettres familères èscrites d’Italia”, Parigi 1799), vagliando attentamente la vita musicale italiana in rapporto con quella francese così ebbe ad
na dell’opera esprimersi su Leonardo Vinci:
buffa in dia-
letto napole- "... A Roma oggi è di moda Latilla. La SIROE che si sta dando al teatro d'Aliberti, è una composizione sua; ma nè lui nè Terradellas ed
tano; egli fu altri valgono quelli che lavoravano di più alcuni anni fa: e questi avevano superato i loro predecessori, come Bononcini, Porta il vecchio,
l’autore di Scarlatti, Sarri, compositore abile e triste, Porpora, schietto ma con scarsa capacità di invenzione.Vinci, Adolfo Hasse, tedesco di nasci-
famose opere ta, detto comunemente il Sassone, e Leo sono quelli le cui opere oggi sono maggiormente stimate: Vinci è il Lully italiano, vero, sempli-
buffe, come ce, naturale, espressivo, e col miglior canto del mondo, senza esser ricercato; ha lavorato molto, benché sia morto giovane. Dicono che
ad esempio: fosse spudorato, e che, dopo averne più volte buscate per una relazione che intratteneva troppo pubblicamente con una signora finì avve-
Le zite n’- lenato. La sua più bella opera è considerata l'ARTASERSE, ed è anche uno dei migliori testi del Metastasio, che l'ha ricavato sia dallo
STILICOME di Thomas Corneille, sia dal SERSE di Crébillon. E' questa la più famosa opera italiana. Non l'ho vista recitare ma la co-
galera, e Lo nosco per averla udita quasi per intero nei concerti, e ne sono rimasto affascinato. Per quanto quest'opera di Vinci sia eccellente, la scena
cecato falso. della disperazione di Artabano, aggiunta dal poeta e musicata dal Sassone, è probabilmente superiore a tutte le altre. Il Recitativo
Si formò al "Eccomi al fine in libertà del mio dolor" è stupendo, e così pure l'aria che segue "Pallido il Sole". Questo brano non si trova facilmente:
conservatorio dei poveri di Gesù Cristo, e in ha avuto la bontà di darmelo il principe Edoardo: lo considero come la più bella tra le sette od ottocento arie che ho fatto copiare da
seguito fu vice maestro di cappella reale / diverse opere. Il Sassone è estremamente abile, le sue opere sono costruite con grande gusto di espressione ed armonia. Leo ha un genio
La sua produzione comprende una ventina poco comune; egli rende bene le immagini, la sua armonia è purissima, i suoi canti hanno melodie piacevoli e delicate, e sono pieni di
di opere serie rappresentate a Napoli e a ricercatezza ed invenzione. Non sono facili da decifrare, per quanto in genere la musica italiana sia più agevole a leggersi ed a cantare
Roma; fra le più importanti sono da ricor- della nostra (francese), a parte il fatto che non richiede tanta voce. Ne avevo già fatto esperienza, non senza sorpresa, con alcune giovani
dare: Didone Abbandonata e Artaser- signorine di Ginevra che stavano imparando contemporaneamente tutte e due, ed avevano appreso prima tre arie italiane che un'aria
se. francese. "

11 XX
17

Esempio tratto dalla commedia per musica napoletana Li Zite ‘ngalera (i fidanzati in galera) di Leonardo Vinci su libretto di Saddumene (Napoli, 1722). Viene rappresentata una scena tratta
dalla più squisita realtà popolare di un innamorato: nell’aria “Va’, dille ch’è ‘no sgrato” Ciomma vorrebbe affidare al mastro Barbiere Colagnolo un messaggio d’amore per l’amata Belluccia, ma
già dopo il primo verso non ne ha più il coraggio e vorrebbe riformulare la dichiarazione d’amore.

18

19
Esempio tratto dalla medesima opera; qui più vivido è l’effetto imitativo del vento: i due trilli
Esempio tratto dall’opera Artaserse di L.Vinci; si evince il carattere imitativo - naturalistico compiuto dalla iniziali su valori lunghi ed il seguente movimento ondulante dei lunghi vocalizzi. Questa era l’abilità
linea vocale dell’aria. Viene imitata la nave disalberata (nel lungo vocalizzo “sarte”) che ora s’innalza, ora vocale richiesta ai cantanti.
sprofonda.

12 XX
NICCOLO’ JOMMELLI (Aversa, Napoli 1714 - Napoli 1774)

Compì gli studi musicali ed esordì come autore di opere teatrali a Napoli.
20 Direttore del Conservatorio di Venezia, si trasferì in seguito a Vienna, dove
incontrò il poeta Metastasio / Grande Successo ebbe la sua prima opera L’-
Errore amoroso che gli aprì le porte dei teatri di Roma, Bologna, Venezia e
Vienna, ove strinse rapporti con Metastasio; a Vienna si trovò favorevole con L’OPERA SENTIMENTALE
l’ambiente operistico che fomentava la riforma del melodramma; da quest’e- Jommelli e Traetta possono essere considerati gli epigoni
sperienza ne uscirono le opere Achille in Sciro e Catone in Utica / Dopo dell’opera metastasiana. Essi si accorsero come grande
alcuni anni trascorsi a Roma fu a Stoccarda per oltre un decennio come mae- fosse la distanza culturale che separava il mondo operisti-
stro di cappella della corte ducale; questo fu il suo periodo di massima crea- co napoletano da quello d’oltralpe; se a Napoli andavano
zione. Qui per trovare il compiacimento del duca di Wüttemberg divenne un ancora bene determinati soggetti, ed una determinata
grande “mescolatore” di stili fra il metastasiano ed il francese; mirabili esempi forma dell’opera, fuori da quell’ambiente si respirava già
sono infatti le opere Pelope, Didone abbandonata (1746), Fetonte (1753), un clima culturale molto più esigente, che troverà nella
Olimpiade (1761) e Il trionfo di Clelia (1774). In queste opere Jommelli riforma di Gluck il suo appagamento / Se negli ultimi
creò un'orchestra omogenea e compatta che sosteneva l'azione, inserì pezzi trent’anni nel 1700 i libretti di Pietro Metastasio possono
d'insieme nei momenti culminanti della vicenda e integrò cori e balletti in ancora andare bene (dietro un puntuale rifacimento ed
una struttura drammatica unitaria. In seguito tornò a Napoli, dove trascorse gli ultimi anni / La vita movi- un minuzioso adattamento), a partire dagli anni 90 l’epo-
mentata di Jommelli non fu insolita per un operista del Settecento: l'opera italiana era molto apprezzata ca metastasiana si avvia definitivamente verso il declino,
all'estero e un musicista che aspirasse alla fama non poteva limitarsi alla scena nazionale. Del teatro musicale cedendo il posto a nuovi modelli provenienti in gran parte
italiano Jommelli fu riformatore, insieme a Traetta, particolarmente nel campo dell'opera seria. Il modello da dalla Francia.
modificare era quello metastasiano: i recitativi portavano avanti l'azione, le arie segnavano i momenti di
riflessione, e l'orchestra ricopriva un ruolo secondario e subordinato / Il suo catalogo comprende oltre 50 fra Un grande influsso di chiara matrice francese che interesse-
opere serie e buffe. rà i compositori napoletani della seconda metà del 700, è
riscontrabile nella successiva fase evolutiva dell’opera buf-
fa, che verrà denominata opera sentimentale, o com-
TOMMASO TRAETTA (Bitonto, Bari 1727 - Venezia 1779) media sentimentale o anche “comèdie larmoyante”.
Gli indirizzi estetici di questo nuovo genere si prefiggono di
21 Fu allievo di Nicola Porpora e Francesco Durante a Napoli. Nel 1758 prese ritrarre la realtà così come; in questa nuova ideologia si
servizio alla corte di Parma, con il preciso compito di scrivere opere che assiste ad un ritorno alla mescolanza degli episodi comici
richiamassero lo stile francese. Divenuto direttore di Conservatorio, si tra- con quelli seri ove, però, trovano larghissima parte i mo-
sferì a Venezia, dove tornò negli ultimi anni di vita dopo aver soggiornato menti patetici nonché malinconici, e non sono più presi in
in Russia e a Londra. Partecipò al rinnovamento dell'opera italiana, a considerazione le convenzionali, popolari e grossolane esu-
lungo invocato da letterati e musicisti. Molto ammirato in vari teatri d’I- beranze della farsa.
talia / Su libretto di Carlo Innocenzo Frugoni creò le opere Ippolito, Ari-
cia, e I Tindaridi. In queste opere egli realizzò delle azioni più animate Le personalità più rilevanti di questa nuova corrente ope-
con l’introduzione di cori, danze e recitativi più corposi / Più innovative ristica furono Paisiello, Cimarosa e Piccinni.
furono le opere Armida ed Ifigenia in Tauride (1763) / Nell'opera del
Settecento, l'unità drammatica di musica e azione era trascurata e la
vicenda rappresentata era considerata una successione di episodi destinati
a far brillare il virtuosismo dei cantanti. In Sofonisba (1762) e Antigone
(1772), Traetta sviluppò invece il discorso musicale in modo aderente allo
svolgimento dell'azione, focalizzando l'attenzione sui personaggi e limi-
tando gli episodi secondari che minavano l'unità drammatica; la parte
strumentale fu curata e arricchita di nuove combinazioni timbriche. Per
queste ragioni venne paragonato, pur con un grado minore di consapevolezza e incisività, al suo contempo-
raneo tedesco Christoph Willibald Gluck.

13 XX
GIOVANNI PAISIELLO (Taranto 1740 - Napoli 1816)

Compì gli studi musicali a Napoli, presso il Conservatorio di Sant'Onofrio a Capuana, con Francesco Durante. In seguito si dedicò con succes-
22 so anche all'opera seria, musicando libretti scritti da Metastasio. Dopo essersi largamente affermato già all’età di 24 anni nei principali tea-
tri dell’Italia settentrionale, e in special a modo Bologna, con l'opera Il ciarlone, nel 1775 fu chiamato a San Pietroburgo, alla corte di Ca-
terina la Grande, come maestro di cappella al posto di Tommaso Traettai, ove conobbe lauti guadagni. Nel 1784, per contrasti con l'am-
biente musicale di corte e a causa della malattia della moglie, decise di ritornare a Napoli. Apportò nelle sue creazioni gli assunti più ge-
nuini della società del tempo; venne considerato uno dei principali autori di opera comica dopo Mozart / Simpatizzante della Repubblica
Partenopea, durante la rivoluzione del 1799 Paisiello venne invitato a Parigi per un periodo di tre anni (1801 - 1804) durante il quale rior-
ganizzò la cappella musicale di Napoleone. Rientrato a Napoli, con la restaurazione dei Borboni venne privato di ogni incarico proprio a
causa dei rapporti avuti con la Francia napoleonica / La produzione operistica di Paisiello, che copre un periodo di circa cinquant'anni,
conta un centinaio di opere serie e comiche. L'evoluzione stilistica mantiene coerentemente al suo interno gli elementi che da subito con-
traddistinsero la cifra espressiva del compositore: da un lato la nuova vena patetico-sentimentale ben esemplificata da uno dei suoi capo-
lavori, La Molinara (1788), la Nina pazza per amore (1789), dall'altro la verve comica di tradizione napoletana, adattata a testi come
La serva padrona (1781, da un soggetto già musicato con grande successo da Giovanni Battista Pergolesi nel 1733) o ad altri di più spicca-
ta estrazione letteraria quali Il mondo della luna (1782, su testo di Carlo Goldoni) e Il barbiere di Siviglia (1782, dalla commedia di
Beaumarchais, rappresentato a San Pietroburgo). Tra le altre opere si ricordano Il re Teodoro in Venezia (1784), Il Socrate immagi-
nario (1775) / Paisiello fu inoltre autore di messe, oratori e di molta musica strumentale: sinfonie concertanti, concerti, quartetti e sonate.

DOMENICO CIMAROSA (Aversa, Napoli 1749 - Venezia 1801) NICCOLO’ PICCINNI (Bari 1728 - Passy, Parigi 1800)

La sua prima opera, Le stravaganze del conte, fu 24 Dopo gli esordi a Napoli si trasferì a Roma, ove de-
23
allestita a Napoli nel 1772. Il buon successo che questa buttò trionfalmente nel 1760 con l'opera Cecchina
ottenne, ribadito nel 1779 da L'italiana a Londra permi- o La Buona Figliola (1760), ottenendo un grande
se a Cimarosa di viaggiare tra Napoli e Roma metten- successo. Quest’opera buffa, su libretto di C. Goldo-
do in scena le proprie opere. Nel 1787, su invito dell'im- ni, oltre ad essere il suo capolavoro è storicamente
peratrice di Russia Caterina la Grande, si trasferì a San considerata la prima più importante opera buffa
Pietroburgo come compositore di corte. Nel 1791, per della storia / Fu uno dei personaggi chiave della
motivi di salute lasciò la Russia e divenne maestro di “querelle de buffons” che scoppiò a Parigi dal 1776.
coro a Vienna. Tornato a Napoli nel 1793, Cimarosa si Visse per quindici anni a Parigi, dove venne con-
schierò dalla parte della Repubblica Partenopea, e trapposto suo malgrado a Gluck dai seguaci dello
compose l’opera Inno Repubblicano; opera intrisa di stile operistico italiano che fecero di Piccinni la loro
patriottismo contro i Borboni. Con la restaurazione bor- bandiera. Dopo la Rivoluzione tornò a Napoli, dap-
bonica subì quattro mesi di carcere. Liberato, si trasferì prima accolto favorevolmente, poi condannato agli
a Venezia dove morì pochi anni dopo / Scrisse oltre 60 arresti domiciliari per sospetto giacobinismo. Passò
opere, messe, cantate e oratori / La sua fama è legata in Francia gli ultimi anni della sua vita / Il successo
soprattutto alle opere buffe, caratterizzate da vivacità e brillantezza di orchestrazione, di Cecchina non fu casuale: l'opera interpretava il
che trovano il loro capolavoro in Il matrimonio segreto (1792), l’apice dell’opera co- mutamento nel gusto del pubblico del secondo Settecento, saturo delle aride
mica del settecento, con delle connotazioni che si rifanno alla commedia sentimentale, e convenzioni dell'opera tradizionale. Piccinni introdusse elementi comici in un'ope-
venne rappresentata per ben due volte di seguito la sera del debutto a Vienna per vo- ra seria e mise in primo piano gli aspetti sentimentali dell'intreccio. La tenerezza,
lere dell'imperatore / Al periodo napoleonico appartiene l'altra celebre opera buffa Le la commozione e la pietà nelle vicende dei personaggi furono magistralmente
astuzie femminili (1794), sempre nel solco di una tradizione comica leggera che lo sottolineate dalla musica del compositore / Dopo il successo di questa comédie
avvicina alle grandi composizioni mozartiane. Meno felice la sua produzione di opere larmoyante, Piccinni seppe rinnovarsi, adeguandosi al genere francese, con lavori
serie tra cui ricordiamo l'Oreste (1783), Cleopatra (1789) e Gli Orazi e i Curiazi (1797). quali Roland (1778), Iphigénie en Tauride (1781) e Didon (1783) / Compose 120
Grande importanza storica ebbe, parallelamente, per la musica strumentale e clavi- opere fra buffe e serie oltre a salmi, oratori e messe.
cembalistica, con le sue 87 composizioni.

14 XX
15 XX
L’OPERA A VENEZIA
Venezia nel settecento era il più vivo centro operistico dell’Italia settentrionale, direttamente collegato con le città Austriache e Germaniche. L’attività impresariale nella gestione
dei teatri che rappresentavano le opere divenne uno dei principali fulcri dell’economia della città, rappresentava il lucro molto redditizio delle famiglie più illustri che possedevano i
teatri. Tra le famiglie più in vista della Venezia del tempo sono da ricordare i Grimani (la famiglia i più ricca), i Tron, i Vendramin, i Marcello, ed i Cappello. La concorrenza
fra i teatri era spietata / La riforma del teatro comico goldoniano si realizzò in quest’ambiente / I teatri veneziani sfoderavano molte più opere degli altri teatri italiani e d’oltralpe;
da un sondaggio si è potuto evincere che vennero rappresentate ben 432 nuove opere in 43 anni dal 1700, con una media di 10 opere l’anno / Tutti i grandi maestri napoletani,
Porpora, Traetta, Jommelli, Cimarosa, trovarono a Venezia una trionfale accoglienza ed ammirazione.

GLI OSPEDALI VENEZIANI


Cronologicamente più antichi dei “Conservatori” di Napoli erano situati ai quattro angoli della città. L’Ospedale della Pietà risale al ’400 e si prefiggevano di istruire musicalmente
le orfanelle “fiole” > degli Incurabili, dei Mendicanti, dei Derelitti, della Pietà, risalgono al 1650 / I maggiori compositori del tempo erano preposti alla guida di detti Ospedali / Le
“fiole” accompagnavano, come a Napoli, le funzioni religiose / Rousseau reputò la musica delle “fiole” molto superiore a quella delle opere e senza paragone in Italia > si ascoltava
nella Messa di ogni domenica nelle quattro chiese di ognuna delle quattro scuole ove i cori di fanciulle eseguivano grandi mottetti con orchestra diretta dai più grandi maestri.

ANTONIO VIVALDI (1706 - 1785) BALDASSARRE GALUPPI (1706 - 1785)


L’importanza storica di Vivaldi è rela- Conosciuto anche con il nome di “Il Bu-
25 26
tiva alla musica strumentale, ma egli ranello” fu maestro di cappella a San
fu presente anche nella produzione Marco / Il suo catalogo operistico conta
operistica di questo periodo. A partire più di 100 opere in maggioranza comi-
dall’età di 35 anni se ne interessò; il che, e molte su libretto di Goldoni: Il
suo catalogo comprende circa 50 mondo della Luna, Il mondo alla
opere composte fra il 1713, con Ottone roversa ossia le donne che coman-
in Villa, ed il 1739, con Feraspe. dano, Il Filosofo di Campagna; per
Egli era sia compositore che impresa- le opere serie si accostò ai libretti di Me-
rio / La musicologia sta rivalutando tastasio / Galuppi e Goldoni furono i
solo di recente la figura di Vivaldi principi della produzione operistica co-
come operista, deducendone la sua mica fra il 1750 ed il 1770 / Elementi
non inferiorità rispetto alla grandezza
popolareschi, ritmica vivace e orchestra
strumentale. Nella Venezia del suo
colorita sono i tratti salienti del suo tea-
tempo le sue opere ebbero grande
tro musicale.
successo; degne di essere menzionate
sono le opere: Il Farnace, Orlando
Furioso, La fida ninfa, L’Olimpiade, La Griselda.

16 XX
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. 1 www.rodoni.ch
Seconda edizione, 1992 2 www.sapere.it
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Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,


1996

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Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

Amadeus speciale, febbraio 2003, De Agostani - Rizzoli periodici

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www.portrait.kaar.at

17 XX
L’opera in musica nacque nel Seicento come opera “seria”, e poteva liberamente svolgere un argomento mitologico, storico, classico,
L’OPERA SERIA E pastorale, eroico; ma non mancarono sin dall’inizio elementi generalmente comici per le parti secondarie: buffoni, vecchi servi, balie
L’OPERA COMICA ecc. oltre che elementi coreutici; inoltre la presenza di arie solistiche brevi (sempre in forma A-B-A¹) in un numero variabile da 30 a
50 in un’opera, costituisce un punto di chiara identificazione / Nel Settecento con Zeno e Metastasio gli elementi comici furono
rifiutati, esclusi dall’opera seria, a favore della restaurazione dell’ideale classico per eccellenza, l’unico bagaglio estetico reputato
degno di avere coerenza drammatica. Così nacque l’ACCADEMIA DELL’ARCADIA, alla quale aderirono tutti quei letterati che impu-
tavano all’opera seicentesca di essere incoerente, assurda, artefice della corruzione apportata alla poesia italiana per oltre un secolo.
L’Accademia dell’Arcadia nacque a Roma nel 1690, e successivamente si diffuse in territorio nazionale; Zeno fondò la “colonia” Ve-
neziana dell’Arcadia nel 1718 / Un principale perno dell’ideologia intrinseco all’Arcadia è il razionalismo: gli arcadici, di cui Pietro
Metastasio in seguito ne divenne il principe, auspicavano alla semplificazione del dramma ed al modellamento della tragicità
operistica sullo stampo delle tragedie francesi di Corneille e Racine; essi si preoccuparono, però, esclusivamente della parte
poetica, squisitamente letteraria del libretto d’opera non considerando gli altri aspetti / Il genere comico nell’opera formò uno stile a
se stante nel Settecento / Alla fine del secolo il gradimento del pubblico era già maggiormente rivolto verso l’opera comica rispetto
all’opera seria.

L’OPERA SERIA
La necessità di formulare una identificazione, una classificazione, una sistematica accumulazione degli stili, è un prodotto tipico del mondo relativamente moderno, e non solo
in ambito musicale. La moderna concezione storico - musicale ha avuto bisogno di materializzare una distinzione in merito alla produzione operistica settecentesca, scindendola
in seria e comica; ma nel periodo in considerazione la necessità di questo distinguo non era sentita; fino al 1750 il pubblico e gli operisti intendevano l’opera, tutta, opera seria /
L’Opera seria era lo specchio dei valori settecenteschi: vuoto intimo, grandezza esteriore (> L.Russo). L’Opera seria settecentesca è lo specchio della sua società; i principali tratti
salienti possono essere così elencati:
L’opera seria era cosmopolita ed internazionale; era eseguita in grandi teatri.
Manifestavano il loro intento morale, ossia l’eroismo. Nella società del ‘700 questo ideale era fortemente sentito e voluto: ci si aspettava di fruire gli esempi eroici
dalle opere; e formalmente questi esempi si trovano nei dialoghi dei recitativi, e nel lirismo delle arie;
Lo schema formale rispettato è quello della divisione in tre atti; gli argomenti sono storici, e-o mitologici, tragici, con “obbligata” conclusione a lieto fine;
La lingua italiana è d’obbligo in tutti paesi; I
l cast vocale deve essere rinomato; le voci più ricercate sono quelle dei castrati, seguono i soprani ed infine i tenori;
Le arie devono essere secondo la tipologia “aria col da capo”, riccamente fiorite, che mettano in luce la grandiosa estensione ed agilità vocale del protagonista;
I libretti devono essere di prestigiosa provenienza : Zeno e/o Metastasio.

Ogni teatro ebbe il suo librettista / Accanto a questa identificazione tipo dell’opera seria settecentesca, è importante denotare che si svilupparono parallelamente ad essa due
altre tipologie di opera seria: il pasticcio; le azioni o feste teatrali.
PASTICCIO
Una variante dell’opera seria molto spesso visitata; era formata da brani musicali non originali desunti da opere già esistenti, composte da uno o più compositori; questo proce-
dimento veniva realizzato per cucire insieme in un unico lavoro i brani che avevano avuto maggior successo. Vi furono due tipologie di pasticcio:
1) quello formato dal’unione di musiche originali create da più operisti (esempio eclatante fu l’opera Tito Manlio, Roma 1720; la musica dei tre atti venne composta da tre
musicisti diversi fra cui anche Vivaldi)
2) CENTONIZZAZIONE procedimento meno prestigioso del primo consistente in un collage di varie arie già note e di sicuro successo, composte per altre opere; esempio eclatante
fu Partenope (Venezia 1737, confezionato da Vivaldi con musiche di più compositori fra i quali Händel).
FESTE TEATRALI
Erano delle opere di ridotte dimensioni, e svolgevano un argomento mitologico; questa tipologia di opere era concepita per una funzione encomiastica: venivano composte
per determinate occasioni della vita dei principi (compleanni, nascite ecc.).

1 XXI
L’OPERA COMICA
1
Fu nell’Ottocento che il termine “opera comica” venne coniato; fu usato come identificazione musicologica
postuma. Il musicologo Andrea Della Corte nel 1923 con il trattato L’Opera italiana nel settecento in-
trodusse il termine “Opera non tragica”; Della Corte formulò un elenco delle diverse “forme melodrammatiche
non serie” del XVIII secolo: intermezzi; opere buffe; drammi giocosi, comici, semiseri, eroicomici, commedie per Benedetto Marcello criticò
musica, farse / A Napoli, come già visto, si costituì il primo “centro” dell’opera comica: fra il 1720 ed il 1730 si spietatamente il melo-
consolida una tradizione comica che va dal breve Intermezzo alla Commedeja pe mmuseca, molto più dramma in genere del set-
elaborata, divisa in 2 o 3 atti, con un’ampiezza simile a quella del dramma serio; questa in seguito venne tecento, additandogli di
chiamata opera buffa e si diffuse in tutta Italia / Nel ’700 gli spettatori erano gli stessi sia per lo spettacolo essere il “ritrovo” di tutti gli
eccessi possibili.
serio sia per quello non serio, comico / I fattori di creazione generale di base erano, per l’opera comica, una
ironica visione della vita quotidiana / L’opera comica era di gran lunga meno costosa della seria, ciò ne spiega
l’ampia diffusione che ebbe nel giro di qualche decennio / L’Intermezzo fu la più originale forma degli inizi
annoverabile nel genere dell’opera comica: aveva dimensioni ridotte, era diviso in due parti; era eseguito du-
rante gli intervalli fra primo e secondo, e fra secondo e terzo atto di un’opera seria; svolgeva delle vicende Ritratto di Benedetto Marcello.
semplici, esili ed esilaranti, tratte dalla vita quotidiana; l’organico orchestrale si limitava a un piccolo insieme di
archi più il clavicembalo. Nella sfera dell’opera comica non cantavano i castrati (i quali la snobbavano vista la
2
loro “importanza” acquisita nel genere serio). Il primo grande capolavoro storico del genere intermezzo fu LA
SERVA PADRONA di G. B. Pergolesi su libretto di Carlo Goldoni, rappresentato a Napoli nel 1733 fra gli atti
dell’opera Il Prigionerio superbo dello stesso autore / Le principali caratteristiche generali dell’opera recente-
mente definita comica possono essere così elencate:
Fu un prodotto tipicamente italiano, di matrice napoletana (principalmente);
Era eseguita in piccoli teatri (> grande economia di mezzi);
Il cast vocale prevedeva non più di due o tre attori (i primi esponenti del genere, come Giu-
seppe Imer, non conoscevano la musica, erano solo attori);
Primeggiavano le voci basse (al contrario dell’opera seria);
Le vicende trattate erano ispirate alla vita quotidiana (con personaggi di provenienza popo-
lare);
Frequente è l’impiego del dialetto (specie a Napoli);
Grande scorrevolezza e della trama e della musica.
Determinante fu il contributo di Carlo Goldoni / La più importante opera comica del secolo, che ebbe grandis-
simo successo fu CECCHINA, LA BUONA FIGLIOLA di Nicolò Piccinni su libretto di C.Goldoni (1760) / Nell’o-
pera comica la vocalità invece di mirare alle vette del belcanto, del lirismo, degli estesi vocalizzi propri dell’o-
pera seria, si impernia sulla sillabicità, con evidente e maggiore ritmicità e manierismi vocali usati ad hoc per
ottenere effetti di riso, e descrivere burlesche situazioni; le tipologie più esilaranti erano:
1) vocalizzi posti su di una vocale accentata male o spudoratamente sbagliata, ove erano evidenti i salti
melodici volutamente sgraziati per burlare l’opera seria;
2) ripetizione veloce dei monosillabi per dilatare il testo;
3) le intersezioni tempestose di motivi brevissimi;
4) le pause improvvise;
5) la pronuncia ansimante delle parole;
6) l’inserimento di suoni cacofonici imitanti i versi degli animali .

Nell’opera comica l’elemento più importante non era l’aria come nell’opera seria, ma l’azione scenica, il dialo-
go fra personaggi.

2 XXI
FORMA E STRUTTURA DELL’OPERA SETTECENTESCA IN ITALIA
Rispetto al Seicento, l’operista del Settecento è molto più produttivo perché la richiesta generale della società,
rispetto al precedente secolo, si è moltiplicata; la concorrenza fra gli operisti è notevole per cui essi, per mante-
nere fama e prestigio, oltre che per incentivare gli introiti economici, dovevano scrivere un considerevole nu-
mero di opere, mediamente da uno a tre o quattro lavori operistici l’anno. Il teorico e letterato modenese
Carlo Ritorni nel trattato “Ammaestramenti alla composizione d’ogni poema e d’ogni opera appartenente
alla musica”, 1841, descrive quali erano le prassi creative adottate fino ai primi decenni dell’Ottocento, è preci-
sa che nell’opera seria si scrivevano prima tutte le arie, ed in seguito i recitativi; nello scrivere le arie il composi-
tore faceva prima visita ai cantanti che sarebbero stati protagonisti / Importante e diffusissima opera teorica
riguardante lo stile delle Arie e dei Recitativi settecenteschi, e modello d’insegnamento per cantanti e composi-
tori, fu il trattato “Opinioni de’ cantori antichi e moderni, o sieno Osservazioni sopra il canto figu-
rato” di Pier Francesco Tosi (Bologna, 1723, tradotto in inglese ed in tedesco) / Napoli e Venezia furono
le città più importanti per l’opera (seria e comica) in Italia.

Circa l’impianto drammaturgico, e le forme vocali e strumentali in uso poche erano le differenze fra opere serie
e opere comiche: l’opera seria constava di tre atti, l’opera comica di due;

Sinfonia d’introduzione derivata dalla prassi francese detta Ouverture; era l’unico brano interamente
strumentale. Nella sua forma più antica, cosiddetta alla francese, vedeva l’alternarsi dei tempi adagio e alle-
gro. Successivamente si ebbe una sinfonia all’italiana costituita da tre parti: allegro, adagio o andante, allegro
o presto; questa sinfonia è meglio conosciuta come “sinfonia scarlattina”.

Pezzi d’insieme (duetti, terzetti, quartetti, assorbiti anche dal genere serio) erano una peculiarità dell’opera
comica; il brano finale dell’opera era eseguito da tutti i personaggi, e si aveva il finale d’atto, e finale d’o-
pera ove predominavano i pezzi d’insieme che dovevano “risolvere” drammaturgicamente (e musicalmente)
gli intrecci della vicenda operistica.

L’orchestra, è di stampo Haydiniano e Mozartiano: archi, fiati (flauti, oboi, fagotti, corni, raramente insieme,
e a gruppi di due), trombe, timpani, clavicembalo per il b.c.

Il recitativo era una declamazione intonata; scorrevole e semplice, era definito recitativo secco, ossia soste-
nuto solo dagli accordi del basso continuo del clavicembalo (la tipologia più antica, derivata dalla camerata
Bardi). Nelle scene di maggiore intensità drammatica era usato il recitativo accompagnato, ossia voci so-
stenute dall’orchestra (archi).

l’Aria era il punto cruciale dell’opera: doveva soddisfare appieno le esigenze del pubblico. L’Aria è il momen-
to musicale di espansione lirica del fatto drammaturgico espresso dal protagonista alla fine del recitativo pre-
cedente; è il momento di esaltazione virtuosistica dei cantanti. L’ Aria col da capo fu la tipologia che, grazie
ad Alessandro Scarlatti, si diffuse per tutto il Settecento; nell’aria col ‘Da Capo vi erano due momenti esteti-
co - musicali evidenti: lo svolgimento musicale in due aree espressivamente diverse (A B), ed un momento di
maggiore intensificazione, coloritura, variazione, della prima parte (A¹) realizzato dai cantanti, che manife-
stavano così anche le loro capacità improvvisative / Nel genere comico si usavano anche arie bipartite (o
doppie) ove la prima parte era lenta e la seconda parte più mossa.

3 XXI
3 Griselda, dramma
per musica di
Antonio Vivaldi
su libretto di Apo-
stolo Zeno, realiz-
zato a Venezia nel
1735. Apposita-
mente messa in
musica per una
cantante veneziana
molto in vista,
Anna Girò, viene
riportata nell’esem-
pio seguente la più
importante aria
dell’opera intera:
“HO IL COR GIÀ
LACERO” alla fine
del primo atto.
Molto insolita per
la prassi settecente-
sca è già la tonalità
di Do minore abbi-
nata al tempro
Allegro per un’aria
di chiusura d’atto;
la scrittura orche-
strale evidenzia una
grande energia
musicale nell’enfa-
tizzare la dramma-
ticità della situazio-
ne, tutti i tremoli ed
i cromatismi mima-
no quasi il delirio
espresso dal canto.
La parte del canto è
un eclatante esem-
pio di musica
composta ad hoc
sulla base delle
qualità vocali della
primadonna.

4 XXI
Tratto dal più famoso intermezzo veneziano della storia, La Serva Padrona di Pergolesi su libretto di Carlo Goldoni, questo esempio mostra lo stato d’animo del personaggio (l’anziano padrone Uberto, innervosito da
Serpina, la cameriera, che non gli aveva degnamente servito la cioccolata). Il compositore adotta il procedimento delle intersezioni veloci di brevi monosillabi antitetici (su e giù, si e no, ecc.) interrotti da frequenti pause;
da notare l’esplicito carattere ritmico della scrittura vocale, che è uno dei principi salienti dell’aria comica rispetto all’aria dell’opera seria.

5 XXI
Uno dei brani d’opera settecenteschi più famosi è il duetto “Ne’ giorni tuoi felici”, tratto dal primo atto (fine) dell’opera L’OLIMPIADE di G.B. Pergolesi su libretto (famosissimo) di Pietro Metastasio. Il duetto presenta uno
“stereotipo” operistico settecentesco molto frequentato: l’Addio. Megacle, infelice, temendo di perdere per sempre Aristea, la prega usando parole estremamente semplici; il riserbo verbale e musicale, l’ostentazione angosciosa del
dolore, fanno di questo duetto un eclatante esempio di enfasi tragica eminentemente teatrale che tanto incantò il pubblico.

6 XXI
Ecco il famoso scritto satirico ma spietato contro tutti gli eccessi dell’opera settecentesca di Benedetto Marcello: l’”operetta morale” da lui intitolata Il Teatro alla moda (Venezia, 1720 , ove inveisce contro tutte le frivo-
lezze dell’opera del suo tempo.
6

7 XXI
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991)
Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,
1996
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LA CRISI DELL’OPERA
SERIA. GLUCK

L’OPINIONE DEI LETTERATI


ITALIA
L’Opera italiana settecentesca non fu apprezzata dai filosofi, scrittori e letterati. Fedeli allo spirito razionalistico-cartesiano che dominava la cultura tardo seicentesca (ove il senti-
mento e l’arte erano considerate delle forme inferiori di conoscenza effetto alla poesia), gli intellettuali in genere del 700 non potevano tollerare che la musica si trovasse un gradino
superiore della poesia; le personalità più polemiche furono L. A. MuratorI, CrescimbenI, P. J. MARTELLO, e per la critica in ambito prettamente musicale spiccò Benedetto Mar-
cello, con il suo scritto Il Teatro alla moda (1720). Ma al pubblico aristocratico e borghese, molto poco attento a questioni etiche e morali, l’opera seria settecentesca continuava a
piacere, e tanto / CrescimbenI nel suo scritto intitolato Istoria della volgar poesia dichiara espressamente che il primato deve spettare alla poesia nei confronti dell’opera in
musica. Ludovico Antonio Muratori fu il critico letterato italiano che mosse la più accesa critica volta a «tuonare» contro lo spezzettamento poetico creato dalla musica nell’ope-
ra in musica; nel suo scritto intitolato Perfetta Poesia Italiana, del 1706, così si espresse a proposito dei drammi per musica:
“- Può conchiudersi che i moderni Drammi, considerati un genere di poesia e di Tragedia, sono un mostro, e un’unione di mille inverisimili. Da essi niuna utilità,
anzi gravissimi danni si recano al popolo; né può tampoco da loro sperarsi quel diletto per cui principalmente, o unicamente ,sono inventati…-”
Al pari del Muratori anche altri letterati in Francia esternarono conclusioni similmente feroci contro l’opera. Merita di essere citata l’opinione di Charles de Saint - Evremond:
“- Se volete saper che cos’è un’opera, ebbene vi dirò che è uno strambo lavoro nel quale si mescolano la poesia e la musica, e dove il poeta ed il compositore,
danneggiandosi a vicenda, si danno un gran daffare per arrivare a cattivi risultati -”
I librettisti dell’Arcadia riuscirono soltanto ad attenuare e per breve tempo gli accessi toni critici; la figura di Metastasio, con la sua poesia ostentante eleganza di versi, funzione e-
ducativa dei drammi, ed attenzione alla logicità del testo, ebbe un ruolo determinante all’interno dell’Arcadia / La filosofia illuminista che ovunque si andava diffondendo, esigeva
che i drammi per musica evidenziassero la logicità, la coerenza degli elementi costitutivi. Un rappresentante illustre di questa ideologia fu Franceso Algarotti, il quale e-
spresse questa duplice volontà nel suo “Saggio sopra l’opera in Musica”, del 1755.
FRANCIA
Insieme all’Italia la Francia fu la nazione ove il problema dell’estetica generale dell’opera fu particolarmente sentito; anche qui si assistette alla proliferazione di trattati critici, satire,
articoli. Determinante fu l’apporto critico del filosofo Rousseau . Rispetto all’Italia in Francia, ed in special modo a Parigi, lo scontro fra il diverso gusto del pubblico operistico in ge-
nerale fece sfociare le tre storiche Querelles:
1) LULLISTI «» RAMISTI (i sostenitori di Rameau contro quelli di Lully
2) Buffonisti «» Antibuffonisti (scoppiata a Parigi dopo la rappresentazione, alla metà del 1700, dell’Intermezzo “LA SERVA PADRONA” di G.B.Pergolesi su libretto di C.
Goldoni, che vedeva contrapposti i sostenitori dell’opera Buffa Italiana ed i contrari)
3) GLUCKISTI «» PICCINNISTI (i seguaci di Gluck contro i seguaci di N. Piccinni) .

TESTIMONIANZE CRITICHE SATIRE E PARODIE


Tutto il mondo dell’opera destava alla società intellettuale un’impressione di assurdità, era l’emblema e la summa di tutti gli eccessi; le “stravaganze” più odiate possono essere
identificate così: le strambe vicende dei libretti;
la frettolosità nella creazione della musica;
la mancanza di logica poetica;
le licenze esagerate dei cantanti sulla scena.
Questo diffuso sentimento comportò la nascita di un piccolo filone letterario satirico che ebbe vita fino ai primi decenni dell’800. Prendendo le mosse dalla pungente satira data
dallo scritto di Benedetto Marcello lI Teatro alla moda, il mondo critico dell’opera cominciò a produrre satire e parodie con l’intento di ridicolizzare lo strambo mondo operistico.
Molti di questi scritti avevano la forma dei libretti d’opera buffa, o di intermezzi; meritano di essere ricordati: “Prima la musica, poi le parole”, musicato da Salieri; “Il mae-
stro di cappella”, musicato da CImarosa; “Der Schauspieldirektor” musicato da Mozart.

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CHRISTOPH WILLIBALD GLUCK (Baviera 1714 - Vienna 1787)
1 Figlio di un guardaboschi iniziò tardi gli studi musicali a Praga, poi li proseguì a Milano con Sammartini. Intraprese la carriera teatrale nel 1741,
componendo pasticci, opèras - comiques e drammi in genere per i teatri di varie città italiane; erano tutte opere serie attratte da libretti per
lo più di Metastasio. In seguito fu a Londra, 1745, e venne attratto dallo stile di Händel. Dal 1752 si stabilì a Vienna ove, insieme al librettista
livornese Ranieri de’Calzabigi, attuò fra il 1758 ed il 1762 la riforma dell’opera seria italiana, tanto voluta dagli intellettuali / L’opera che
sancì la riforma dell’opera seria italiana fu Orfeo ed Euridice; un’azione teatrale in 3 atti, rappresentata a Vienna il 5 Ottobre 1762; questa,
insieme alle altre due opere sempre su libretto del livornese Ranieri de’ Calzabigi, cioè Alceste (tragedia in 3 atti, 1767) e Paride ed Elena
(dramma per musica in 5 atti, 1770), sancirono storicamente la riforma di Gluck e Calzabigi / Parallelamente si cimentò ad “accontentare”
gli intellettuali francesi che auspicavano anch’essi ad una riforma nella loro terra francese; creava così l’opera Iphigènie en Aulide, da consi-
derarsi come la versione francese dell’Orfeo, elaborata nel 1774, ove la parte vocale del protagonista fu variata da Contralto a Tenore, con
l’aggiunta di nuovi brani vocali e strumentali. L’opera riscosse a Parigi un successo faraonico: per più di settant’anni, solo nella capitale france-
se, fu rappresentata ben 297 volte, tant’è che le più grandi personalità del romanticismo conobbero proprio la versione francese di Orfeo. L’o-
pera, e i fatti di entusiasmo che ne conseguirono, portarono all’accensione della terza storica querelle, fra Gluckisti e Piccinnisti.

Il suo catalogo completo relativo alle opere liriche, consta di 50 opere teatrali e 5 balletti. Nelle opere antecedenti la riforma egli adotta siste-
maticamente lo schema drammaturgico - letterario Metastasiano, contrapponendo nettamente il recitativo e l’aria, e non evitando il dominio assoluto delle voci soliste.
Musicalmente accolse l’influenza di Hasse, il più prolifico “musicatore” dei drammi metastasiani, con una spiccata predilezione per le sottolineature drammatiche dei personag-
gi (influsso questo attribuibile ai Mmestri napoletani Traetta e Jommelli) / In accordo con Calzabigi, Gluck volle creare una musica per l’opera che si sposasse bene con le
aspettative di tutte le nazioni, perorando così la causa di far scomparire le distinzioni fra le musiche delle diverse nazioni, ed in special modo fra Italia e Francia / Nelle tre opere
della riforma l’impianto stilistico - formale adottato rispecchia quello dell’opera metastasiana per quanto riguarda l’adozione dei pezzi chiusi, ma vengono evitate tutte le
“ridondanze strutturali”, ossia: aria col da capo; ripetizioni di parole; esagerato canto virtuosistico. Per Gluck l’aria non fu così importante come lo era stata per gli operisti ante-
cedenti, egli puntò principalmente alla coerenza dell’azione drammatica omogeneamente distribuita fra orchestra, recitativi, arie, cori e balletti. Parallelamente si adotta uno
schema drammaturgico influenzato considerevolmente dalla tragèdie lyrique francese / L’imperativo drammaturgico delle nuove opere riformate è l’unitarietà dell’azio-
ne / I principali assunti che caratterizzarono la riforma dell’opera seria furono i seguenti:

AZIONE TEATRALE SEMPLIFICATA;


ELIMINAZIONE DELLO STRIDENTE VUOTO FRA RECITATIVO ED ARIA;
NEL LIBRETTO SI ADOTTANO VERSI SCIOLTI RIMATI, CHE ORIGINANO LIBERAMENTE, ED IN SUCCESSIONE, RECITATIVI, ARIE,
CORI E BALLETTI;
ELIMINAZIONE DEL RECITATIVO SECCO IN FAVORE DEL RECITATIVO ACCOMPAGNATO
(ciò annullava lo stacco precedente fra recitativo ed aria, e l’excursus vocale era sostenuto interamente dall’orchestra)
NELLE ARIE SI ABOLÌ IL DA CAPO
(questa fu una delle più drastiche innovazioni; così si vietarono tutte le fioriture eccessive dei cantanti, le parole del testo divennero più logicamente comprensibili,
e la forma dell’Aria divenne più compatta)
LO SVOLGIMENTO DELLA VICENDA SCENICA NON SI LIMITÒ PIÙ ALLE VOCI SOLISTE, MA COINVOLSE TUTTO L’INTERO ORGANICO
(coro ed orchestra; adesso hanno funzione strutturale per lo svolgimento dell’azione drammaturgica, e l’orchestra non si limita più ad accompagnare)
USO ESPRESSIVO DEI TIMBRI ORCHESTRALI (ad es. il Trombone nelle scene infernali)
NELLA SINFONIA D’INIZIO FU AFFIDATA ALL’ORCHESTRA LA “PREFAZIONE” MUSICALE DI CIÒ CHE SAREBBE ACCADUTO NEL DRAMMA
(si abbandonò lo schema di A. Scarlatti)

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L’opera “riformata” vedeva la fusione di elementi dell’opera francese con elementi dell’opera italiana; Calzabigi auspicò di mantenere tutto il ricco apparato spettacolare
di stampo francese, ossia il coro numeroso ed il balletto (così come spiegò nella sua “Dissertazione” scritta per l’edizione parigina dei drammi di Metastasio), e non adottò più scelte
drammaturgiche imperniate sulle sentenze morali di stampo metastasiano, sui paragoni, sulle situazioni soprannaturali, considerati dei rigonfiamenti superflui all’azione del dram-
ma.

Le cifre più significative della riforma, in termini stilistici, Gluck le sintetizzò nella prefazione dell’Alceste / Händel Gluck e Mozart possono essere considerati i massimi drammatur-
ghi musicali del ‘700. Gluck ebbe una vocazione più tragica, che ostentò nella prefazione dell’Alceste, e che piacque tanto alla cultura illuminista del 1700, la quale voleva cancel-
lare dall’opera tutte le galanterie e le auliche scelte stilistiche proprie dell’opera metastatiana, sostituendole con sentimento e ragione.

L’apporto stilistico di Gluck superò le concezioni estetiche del rococò e dell’Arcadia, e rappresentò, in campo operistico, l’impronta illuministica di rivalutazione del senti-
mento e della ragione / Gluck e Calzabigi apportarono nell’opera riformata grandi ed esemplari passioni, che considerarono lo scopo primario e fondamentale del teatro tragi-
co melodrammatico.

Un altro aspetto centrale dell’opera dei due riformisti in netto contrasto con la prassi operistica di stampo impresariale - lucroso del secolo precedente, risiede nei tempi di creazione:
Gluck impiegò sette mesi per comporre la musica per L’Orfeo (primavera - estate 1762), ed altrettanto lunghe e laboriose erano le prove per i cantanti; questo lavoro meticoloso
di perfezionamento Gluck lo richiedeva espressamente (come spiegò nella prefazione a stampa di Paride ed Elena) per giungere ad una buona riuscita dell’opera. Il cantante, a-
desso, non può più esternare il suo libero arbitrio esecutivo, ma si assoggetta totalmente alla volontà del compositore (così come succedeva per la tragèdie lyrique di Lully in Fran-
cia).

L’esempio drammaturgico che diede Gluck influenzò la tradizione delle tragedie liriche parigine fino alla fine del 1700, ed in Italia il suo apporto stilistico influenzò la produzione
musicale degli operisti della generazione successiva alla sua.

Ma in Italia l’apporto riformatore del Maestro Tedesco non ebbe gli stessi effetti che rende fuori, e non fu così sentito come in Francia. Alcuni importanti esponenti, Traetta, Jom-
melli, Sarti, tentarono di introdurre nei loro drammi, con soggetti eroici, alcune principali direttive gluckiane di innovazione, specialmente l’intensità espressiva, il vigore dramma-
tico, ma la tradizione italiana delle grandi arie vocali, e di tutti gli assunti stilistici storici, in genere, non si piegarono alle nuove tendenze europee.

ORFEO
L’«Azione teatrale» che segnò la riforma; ancora oggi è l’opera più famo-
sa di Gluck e Calzabigi; fu l’esempio di cosmopolitismo nell’opera: parti-
tura scritta per un pubblico tedesco su di un libretto di un poeta italiano
(italiani sono, nell’Orfeo, la lingua adottata, il protagonista evirato Gua-
dagni, e l’impianto formale del grande recitativo accompagnato Che
Puro Ciel); l’ispirazione drammaturgica è di ascendenza francese (come
la scelta del soggetto mitologico, l’orchestrazione complessa e le scene con
coro e balletti). In scena non compaiono più di tre personaggi, e l’azione
viene divisa unicamente fra i due personaggi protagonisti; anche il coro
evidenzia la provenienza dai modelli francesi (Rameau). Il coro gluckiano
è un vero e proprio personaggio che interviene direttamente nel dialogo
scenico; il suo uso intensivo non ha precedenti anzi, nell’Orfeo gluckiano,
esso raggiunge un’intensità ed un’importanza proprie di un Oratorio sa-
cro. Tutte le figure mitologiche proposte ostentano le loro passioni umane
e, dunque, non più le allegorie, o le dimostrazioni di virtù intrise di giudizi
morali di ascendenza metastasiana; non vengono proposti più intrighi
tipici dell’opera metastasiana. Nell’Orfeo dei riformisti Euridice è presente
nell’azione drammaturgica in prima persona, e non più passivamente
come negli esempi storici precedenti (Peri e Rinuccini, e Monteverdi).
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La Prefazione Dell’Alceste di Gluck, riportata di seguito, fu di storica importanza perché in essa il compositore enun-
ciò le sue nuove concezione operistiche unite a quelle del librettista Ranieri de Calzabigi. Egli manifesta la sua
volontà di “dignificare” l’opera.

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Inizio della scena in cui Orfeo arriva ai Campi Elisi; Gluck evidenzia qui la sua volontà di affidare all’orchestra una parte drammaturgica di prim’ordine mediante l’adozione di scelte timbriche ad hoc: l’orchestra realizza
una sorta di inquadramento ambientale affidando idee musicali dal carattere esplicitamente descrittivo a più strumenti dai timbri diversi.

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CORO 7

ORFEO

CORO

ORFEO

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LUIGI CHERUBINI (Firenze 1760 - Parigi 1842)
Allievo di G. Sarti, fu uno dei musicisti più influenti / L’esempio gluckiano lo influenzò molto nella sua produzione
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operistica, e già nell’opera Il Demophoon del 1788 si scorgono gli influssi estetici di Gluck. I suoi capolavori, an-
noverabili nel genere dell’opèra - comique, manifestano più esplicitamente l’assimilazione della lezione gluckiana:
Lodoiska rappresentata a Parigi nel 1791, Eliza (1794), ma soprattutto Medea, rappresentata a Parigi nel 1797:
con quest’opera Cherubini si colloca, nell’evoluzione storica dell’opera, fra Gluck e Beethoven, ove si evincono gli
elementi gluckiani nella severità deel’impianto drammaturgico scevro di arie “all’italiana” ed intriso di declamati
- ariosi, e l’orchestra evidenzia uno spiccato senso sinfonico unito ad una unitaria visione del dramma / Fu uno dei
più stimati compositori contemporanei, Beethoven si annovera tra questi / Cherubini incoraggiò l’opera, in Fran-
cia, verso una tendenza alla valorizzazione drammatica del recitativo / Compose anche quattordici Messe, che
rappresentano l’altro importante filone della sua attività compositiva, oltre a quartetti con pianoforte. Importan-
te fu il suo trattato “Cours de contrepoint et de la fugue” (1835) molto diffuso fra i suoi contemporanei.

ANTONIO SACCHINI (Firenze 1730 - Parigi 1785) ANTONIO SALIERI (Legnago 1750 - Vienna 1825)
Sacchini fu un compositore Musicista, compositore, didatta. Studiò violino con
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italiano la cui figura ebbe il fratello Francesco e clavicembalo e organo con
una particolare importanza Simoni organista del paese. A 15 anni, sotto la pro-
del mondo dell’opera seria tezione della famiglia Mocenigo, si recò a Venezia:
nel tardo ‘700. Studiò clavi- studiò canto col Pacini e composizione con Pescetti.
cembalo e organo, e com- Qui conobbe L. Gassmann, maestro della cappella
posizione con Durante, che imperiale, il quale lo condusse a Vienna e lo seguì
lo ebbe in particolare stima. come un figlio dandogli anche un'ottima istruzione
Nel 1722 si trasferì a Londra, musicale e letteraria. Successe a Gassmann nel 1774
dove sarebbe rimasto per come compositore di corte e direttore d'orchestra
dieci anni, e dove conobbe del teatro imperiale / Tra i numerosi viaggi ricor-
Traetta. In seguito, nel 1781, diamo la sua presenza a Milano dove partecipò
fui a Parigi che già lo ap- all'inaugurazione del Teatro Alla Scala, nel 1778,
prezzava come operista, e si con l'opera L’Europa Riconosciuta / Salieri fu
trovò coinvolto, suo malgra- sensibile all’opera riformata; infatti nella sua opera
do, nella querelle tra i se- Armida, del 1711, mostra di aver assimilato la lezio-
guaci di Piccinni e quelli di ne e gli influssi gluckiani. Collaborò in prima perso-
Gluck / Scrisse più di 40 na con Gluck nella creazione dell’opera Les Danaides, 1784 / All'attività di compo-
opere, molti oratori, musica sitore affiancò quella molto più nota di didatta: tra i numerosi suoi allievi basti ricor-
sacra e vocale. Degne di dare Beethoven, Liszt, Hummel, Schubert e molti altri. Fu tra i fondatori del
nota sono le sue opere Armida e Dardanus, che assorbono la lezio- conservatorio di Vienna (1817).
ne operistica riformata di Gluck. Il suo capolavoro fu Oedipe à Co-
lone, che venne rappresentata dopo la sua morte ottenendo uno
strepitoso successo a tal punto che l’opera rimase in cartellone per
molti decenni dopo la sua prima presentazione.

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BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Seconda edizione, 1992
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Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore,
1991. II Vol. 3,4 www.hendel.it

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Torino, EDT, 1977 1991. II Vol.
7 dispense di Storia della Musica, DAMS, Bologna, A. A. 1997 - 98
Bianconi, Lorenzo, (a cura di), La Drammaturgia Musicale, Bologna, Il Mulino, 1986

Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993

Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s


Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi,
L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991)

Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999

Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,


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Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

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L’OPERA ITALIANA IN EUROPA
FRA ‘600 E ‘700

A partire dal 1650 le opere italiane vennero rappresentate in tutta Europa incontrando ovunque il favore generale del pubblico; ciò
comportò l’espatrio degli italiani protagonisti dell’opera (compositori, librettisti, cantanti, scenografi) all’estero, specialmente in Au-
stria, Germania inizialmente, e successivamente anche in Inghilterra, Russia / Nel Settecento tutte le nazioni europee conobbero un
imponente flusso culturale di provenienza italiana: in tutti i teatri erano presenti gli italiani tranne che in Francia, ove Lully aveva
creato un teatro «nazionale» , escludendo agli occhi del mondo francese i protagonisti dell’opera italiana; ma egli, nella propria
preparazione musicale, fu profondamente influenzato dalla scuola italiana della musica in generale.

FRANCIA

L’INFLUENZA ITALIANA DOPO LULLY


Nelle opere di Lully si evince l’originale assimilazione della lezione operistica italiana; con la morte di Lully i sostenitori del modello
italiano poterono liberamente attuarne la diffusione. Una delle più importanti personalità francesi che si impegnò attivamente per
diffondere il modello italiano fu Marc Antoine Charpentier. Allievo di Carissimi, nel 1693 fece rappresentare la sua opera Mé-
dée / Così, dopo “l’assolutismo musicale” operato da Luly il mondo francese potè riallacciare i contatti con la cultura musicale italia-
na. Il primo segno vistoso di questa “riappacificazione” fu caratterizzato dalla diffusione delle sonate di Corelli, seguita dalla dif-
fusione delle cantate di Bononcini, e delle arie italiane in genere; i musicisti italiani vennero così richiesti anche dalle corti dell’alta
aristocrazia francese / Non molti anni dopo la Francia assistette ad una fusione dello stile francese con quello italiano, che venne
denominato «réunion des goûts». Il grande clavicembalista François Couperin sarà il massimo esponente di questa fusione di
gusti; infatti nei suoi due Aphothéoses per orchestra d’archi del 1724 egli fece coesistere lo stile di Lully con quello di Corelli.

L’OPERA BUFFA ITALIANA A PARIGI - LA QUERELLE DES BOUFFONS


Nell’agosto del 1752 all’opéra di Parigi venne rappresentata La Serva Padrona di Pergolesi; come si è più volte ribadito il succes-
so fu così enorme da far scoppiare una storica querelle. La compagnia italiana autrice della rappresentazione continuò a rappre-
sentare opere comiche italiane a Parigi ininterrottamente fino al 1754, producendo un totale di 12 fra intermezzi e pasticci. Il pub-
blico francese rimase entusiasta della freschezza e della vivacità che animavano l’opera comica italiana / Entrando dentro la que-
stione della querelle storica, gli anni che seguirono la prima rappresentazione dell’intermezzo di Pergolesi videro i francesi scissi in
due fazioni: pro e contro i «Bouffons» italiani. Rousseau descrisse accuratamente il clima che agitò la querelles, e mostrò un’appas-
sionata predilezione per l’opera italiana. La querelles des Bouffons, che, come ribadito, cancellò di colpo la vetusta e precedente
querelles tutta francese fra lullisti e ramisti, venne “combattuta” intellettualmente a suon di pubblicazioni “accusative”: decine e
decine di opuscoli furono scritti da personalità di rilievo
1 della cultura francese in genere (> Grimm, Cazotte, Di-
derot, Rousseau, Rameau). Tutto ciò non aveva però
una base logica, si basava solo sull’enorme entusiasmo
che destò presso i francesi l’intermezzo buffo italiano; gli
oggetti della diatriba erano diametralmente opposti (>
comico italiano e serio francese). La qurelles, unita alla
rappresentazione delle opere comiche italiane favorì la
nascita dell’opéra - comique francese.

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EUROPA CENTRALE CORTE IMPERIALE DI VIENNA
OPERA ITALIANA QUALE STRUMENTO POLITICO E VETRINA DI PRESTIGIO
Leopoldo I, che regno a Vienna dal 1657 al 1705, stabilì i canoni dell’opera seria italiana
impiantata nelle corti tedesche; fu molto sensibile alla musica. Durante il suo regno vide
CULTURALE
rappresentare più di 400 opere; aveva alla sua corte lo scenografo mantovano Ludovico
Dal 1650 al 1750 l’opera seria italiana fu ben accolta nell’Europa centrale, specialmente
in Austria e Germania. Mentre in Italia l’opera già circolava nei teatri, era già opera Ottavio Burnacini e l’operista italiano Antonio Draghi il quale fra il 1663 ed il 1700
impresariale, in Europa si affermava come opera di corte; circolava nei teatri di corte compose per la corte viennese più di 170 fra opere e feste teatrali, e più di 40 oratori /
sottoposto all’attenta sorveglianza da parte del sovrano. L’apice di questa produzione operistica fu Il Pomo d’oro di A. Cesti 1666 / Leopoldo I
attribuiva alla lingua italiana dell’opera in musica un valore internazionale: la considerò
L’opera seria italiana era considerata nel barocco lo spettacolo più completo ed appa-
la lingua di aggregazione. Egli istituì la carica di poeta cesareo, ossia coui che aveva il
gante per la sua sontuosità; era considerata un efficace specchio della e per la monar-
compito di riscrivere i testi della cultura letteraria austriaca (ove si celebravano gli ideali
chia assoluta; inoltre la rappresentazione di opere serie italiane era considerata nelle
dell’impero) in italiano. I più importanti poeti cesarei furono Apostolo Zeno (1718 - 1729)
diverse corti europee (similmente a quanto accadeva in Italia quando l’opera era “di
corte”) una manifestazione dell’autorità del sovrano; l’ esaltazione delle istituzioni impe- e Pietro Metastasio (1729 - 1782) / I successori di Leopoldo I furono anch’essi sensibili
riali. Così ebbe un carattere molto cerimoniale atto ad ostentare il potere tout court del alla divulgazione dell’opera di corte.
sovrano. Le date delle rappresentazioni erano quasi sempre in concomitanza con impor-
tanti eventi politici e dinastici: più importante era l’evento e più importante e sfarzoso CORTE DI BAVIERA
era l’impegno artistico profuso all’opera. Nel 1653 Enrichetta Adelaide di Savoia fece conoscere l’opera italiana a Monaco; tre anni
dopo un allievo di Carissimi (Kerll) rappresentava l’opera Opernhaus, per inaugurare il
Leopoldo I, CarloVI, Maria Teresa e Giuseppe II di Vienna, Federico II di Prussia, Carlo
Teodoro di Baviera, furono i principali sovrani che si interessarono in prima persona al teatro di Monaco (costruito sul modello del teatro olimpico di Vicenza) /A Monaco opera-
“loro” teatro d’opera italiano. rono i seguenti maestri italiani:
Agostino Steffani (1654 - 1728); diffuse lo stile operistico veneziano; Händel e Telemann
Le Feste teatrali furono il genere operistico di corte che maggiormente fu in voga: risentirono del suo influsso;
Metastasio ne fu il più alto rappresentante. I suoi testi di azioni e feste teatrali furono più Giuseppe Antonio Bernabei (1649 - 1732);
numerosi dei libretti di drammi per musica. Pietro Torri (1755 - 1737).
L’opera italiana a Monaco fu protagonista fino al 1787. in seguito si sviluppò l’opera tede-
Le opere serie rappresentate nei teatri di corte d’oltralpe rispecchiavano i modelli vene-
sca per volere di Carlo Teodoro.
ziani e napoletani; erano composte espressamente per i teatri di corte / Le corti eu-
ropee rappresentarono per i compositori italiani il più ambito eden musicale al quale CORTE DI SASSONIA
tutti aspiravano maggiormente, soprattutto, in primis, per la loro potenza economica. Il Paride di G. A. Bontempi (1662) fu la prima opera italiana rappresentata a Dresda
Le orchestre delle corti europee che erano date “in servizio” ai compositori italiani, non
conoscevano affatto le limitazioni e ristrettezze economiche dell’Italia, per cui erano (aveva lo stesso soggetto del Pomo d’Oro di Cesti) / Gli elettori di Sassonia Giovanni
sempre molto numerose e molto curate / Di notevole importanza fu l’influenza del mo- Giorgio II e III appoggiarono l’opera italiana; nel 1718 il principe Augusto Forte fece porre
dello francese soprattutto per quanto riguarda i balletti, e i cori; quest’influsso è ben visi- la prima pietra dell’Hoftheater, che fu uno dei più grandi teatri del tempo, inaugurato
bile nelle creazioni operistiche di stampo italiano che si ebbero nelle corti europee. l’anno seguente da un’opera del veneziano Antonio Lotti / Nel trentennio 1734 - 64 la
presenza del compositore Johann Adolf Hasse (uno dei più rinomati operisti italiani di
Le compagnie operistiche impresariali italiane (come i Febiarmonici, che furono stori- origini e formazione tedesca), che si circondò di cantanti, operisti e scenografi italiani, se-
camente una delle prime compagnie più famose) fecero la loro fortuna a metà del 1700; gnò un periodo di grande vita dell’opera italiana.
erano richiesti dai principati di medie dimensioni di tutta Europa, cosicché effettuavano
lunghe tournées in Austria, Boemia, Ungheria, Germania, Danimarca. CORTE DI PRUSSIA
Solo dopo il 1750 anche in Europa l’affermazione della cultura illuministica fece tramon- Federico III fece conoscere l’opera italiana a Berlino nel 1700, facendo rappresentare La
tare la concezione dell’opera di corte, cosicché gli spettacoli non furono più l’esclusivo Festa dell’Imeneo di Attilio Ariosti; per dieci anni si rappresentarono opere di Ariosti
“sublime” dell’alta aristocrazia, ma furono resi fruibili anche dal popolo borghese. Si e di Bononcini / Federico II il Grande fece costruire il Teatro reale dell’opera nel 1742,
impiantò anche in Europa il modello dell’opera impresariale: si pagava il biglietto d’in- Königliche Oper, che fu inaugurata con un opera in stile italiano di C.H. Graun; egli si
gresso. circondò di musicisti, librettisti, scenografi e cantanti italiani, ma volle che le opere (in lin-
gua italiana) fossero scritte da maestri tedeschi / Federico Guglielmo II, il suo successore,
L’opera seria andava cedendo il suo primato all’opera buffa italiana, all’opéra - comi-
que francese, ed al Singspiel tedesco. nel 1787, iniziò a favorire la nascita del repertorio operistico nazionale tedesco, e in special
modo il Singspiel , che fu reputata la prima forma di opera tedesca.

2 XXIII
INGHILTERRA
L’OPERA ITALIA A LONDRA
La prima opera italiana eseguita a Londra fu Arsinoe regina di Cipro , 1705, libretto tradotto in inglese desunto da un opera omonima di T.Stanzani, e musicato dal-
l’inglese Thomas Clayton / L’opera italiana si impose a Londra nel 1708 con Pirro e Domenico di Alessandro Scarlatti, protagonista era il castrato Nicolino Grimaldi
chiamato Il Nicolini. L’opera presentava parti cantate in italiano e parti cantate in inglese.

G.F.HÄNDEL (Halle 1685 - Londra 1759)


Contemporaneo di J.S.Bach Händel fu il suo esatto contrario; l’uno fu proteso verso la polifonia e lontanissimo dal melodramma, mentre Händel fu completamente im-
merso nel melodramma, nei teatri, nelle regge e nei palazzi principeschi; visse la sua vita all’attenzione della più alta aristocrazia europea, e specialmente di quella in-
glese. Per il pubblico del suo tempo Händel fu reputato il più grande musicista vivente / Il suo soggiorno italiano si concluse con lo spettacolare successo della sua quinta
opera, Agrippina (1709), andata in scena per la prima volta a Venezia / Händel nel 1710 era già a Londra, ove determinante fu la sua presenza per l’affermazione
dell’opera italiana dal 1710, e per oltre 30 anni, periodo in cui egli compose 35 opere divise in cinque grandi periodi produttivi che vanno da Rinaldo (1711, che ottenne
un successo trionfale) a Deidamia (1741, ultima sua opera). A Londra egli produsse opere in stile italiano su libretto italiano.

La principale differenza fra le opere italiane rappresentate in Italia e quelle rappresentate a Londra è che in Italia era più importante l’attenzione al testo letterario,
mentre a Londra era più importante valorizzare la musica.

Nel 1720 un gruppo di potenti gentiluomini fondò la Royal Accademy of Music che ebbe sede al King’s Theatre in Haymarket; essi assegnarono le “funzioni” librettistiche
a Paolo Rolli e Nicola Hayn, mentre quelle musicali, > master of orchestra, ad Händel, Bononcini ed Ariosti / Händel compose 13 opere per l’”impresa” dell’-
Accademia Reale di Musica, a partire da Radamisto (1720). Fu presso l'Academy che andarono in scena molte sue opere; oltre a Radamisto vennero infatti rappresen-
tate: Giulio Cesare (1724), Tamerlano (1724) e Rodelinda (1725). Ma la convivenza fra i tre operisti non fu facile; in tutta l’Accademia Reale di Musica si agitavano
lotte fra tutti i membri, e queste lotte sfociarono, nel 1728, nello scioglimento della compagnia / Händel creò così una sua impresa teatrale in accordo con Nicola Hei-
degger e prese la direzione artistica del King’s Theatre, con il progetto di rappresentare due o tre opere italiane (e anche, ovviamente, pasticci) per ogni stagione / Nel
1727, diventato cittadino inglese, compose quattro inni per l'incoronazione di Giorgio II. Nel 1728 l'Academy fallì e l'anno seguente Händel formò una nuova compagnia.
Ma suoi antichi avversari si riorganizzarono costituendo un’altra impresa, L’opera della Nobiltà, affidata artisticamente all’italiano Nicolò Porpora.

Ebbe luogo così una storica sfida fra Porpora ed Hendel. La sfida si svolse nei due teatri d’opera italiana rivali: il King’s Theatre di Haymarket ove Hendel mise in scena
la sua opera Acis and Galatea, nel 1732, ed il teatro pera of the Nobility, ove N. Porpora fece rappresentare la sua opera Polifemo, su libretto di Paolo Rolli, nel 1735.
Vinse in maniera netta Nicolò Porpora.

Stanco delle vicende e delle lotte in seno all’ambiente operistico Händel si ritirò nel 1738, dopo aver composto la sua penultima opera, Serse, anche se continuò a scrive-
re per il teatro fino al 1741, anno in cui fu rappresentata, con scarso successo, l'ultima sua opera, Deidamia / In seguito si dedicò interamente all’Oratorio. Proprio in que-
sto settore musicale visitato nella sua maturità, Hendel conoscerà il grande favore generale del pubblico inglese; il Messiah, rappresentato a Dublino nel 1742 è una fra
le pagine musicali più celebri di tutta la storia della musica, e di tutti i tempi / Il genere Oratorio designò Händel come uno dei più importanti musicisti del periodo.

L’intera produzione operistica di Händel comprende 42 opere, tutte serie tranne Serse che presenta elementi comici, e 19 fra pasticci, musiche di scena e masques /
Senza alcun dubbio l'eredità maggiore di Händel alla posterità è costituita dall'oratorio, un genere in parte derivato da una tradizione preesistente ma profondamente
rinnovato dall'inventiva händeliana / Compositori come Joseph Haydn e Felix Mendelssohn-Bartholdy gli sono in tal senso debitori. Benché Händel sia maggiormente
noto per opere quali la Water Music e il Messiah, numerosi sono i tentativi atti a riportare oggi all'attenzione del pubblico e agli onori del palcoscenico le sue opere tea-
trali e le altre composizioni.

3 XXIII
RUSSIA
CATERINA II E L’OPERA ITALIANA
A San Pietroburgo l’opera italiana si impiantò grazie alla presenza del compositore ed impresario napoletano Francesco Araja, che fu maestro di cappella di corte e direttore
della compagnia d’opera italiana nel 1735. Egli fu il primo musicista a comporre un’opera su libretto in lingua russa d’argomento mitologico Tsefal i Prokris (Cefalo e Procri) /
Caterina II la Grande oltre ad essere una donna regnante astuta e scaltra (fece deporre il marito zar Pietro III e si fece proclamare zarina), aveva una sensibilità culturale tale da
imporle la realizzazione di un radicale rinnovamento della cultura della sua Russia. Ella fu una “principessa illuminata”; manifestò tutta la sensibilità tipica della cultura illuminista.

L’opera italiana in Russia ebbe un periodo di notevole splendore che va dal 1762 al 1796. Caterina II fu molto sensibile alla divulgazione della cultura in tutte le sue forme; nel suo
progetto culturale ella volle ricreare il fervente ambiente culturale - musicale partenopeo, e chiamò alla sua corte alcuni fra i più noti operisti italiani:
Baldassarre Galuppi (dal 1765 al 1768);
Tommaso Traetta (dal 1768 al 1774);
Giuseppe Sarti (dal 1784 al 1787, e dal 1791 al 1801);
Domenico Cimarosa (nel periodo di assenza di G. Sarti);
Giovanni Paisiello che fu maestro di cappella a San Pietroburgo dal 1776 al 1784, e qui compose e fece rappresentare la sua La Serva Padrona nel 1781 sullo stesso libret-
to servito a Pergolesi, oltre a Il Barbiere di Siviglia l’anno seguente, che divenne la sua opera più nota.

Nel 1804 il veneziano Catterino Cavos ricevette la direzione artistica dei teatri imperiali russi, ed egli fece rappresentare opere su soggetti di ambientazione Russa con melodie
desunte dalla florida tradizione dei canti popolari Russi. Preparò così la strada a Glinka, il primo grande operista russo.

Ritratto di Giuseppe Sarti conservato presso la


Scuola di Musica Comunale di Faenza.
Caterina II zarina russa in un dipinto dell’epo-
ca.
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BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Seconda edizione, 1992 Seconda edizione, 1992

Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 2 Ventiru, Simonetta, Paolo Alberghi e Giuseppe Sarti, Faenza, Stefano Casanova editore,
1991. II Vol. 1999

Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, 3 www.liceodavincitv.it
EDT, 1976

Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999

Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993

Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s


Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi,
L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991)

Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore,


1996

Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS


Editori

Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©


1993 - 2001 Microsoft Corporation

Amadeus, Anno XVI numero 5 (174), Maggio 2004, De agostani - Rizzoli periodici

“Amadeus, il mensile della grande musica”, De Adostini - Rizzoli periodici, numero 39


febbraio 1993

www.liceodavincitv.it

5 XXIII
IL TARDO BAROCCO Il XVIII secolo è stato uno dei più densi di trasformazioni sociali e culturali della storia; in questo secolo l’inasprimento del conflitto fra
SINFONIA, CONCERTO, aristocrazia e classi sociali inferiori giungerà al suo culmine con l’esplosione della Rivoluzione Francese; con questo epocale conflitto l’in-
tera organizzazione sociale dell’Europa ne uscirà completamente trasformata: le vecchie tradizioni feudali verranno affrancate; gli ide-
SONATA ali illuministici che alimentarono la rivoluzione, nelle personalità dei Phiposophes francesi (Voltaire, Dideròt, D’alambert, e soprattutto
Rousseau) saranno il nuovo orizzonte da seguire; la ragione è il valore principe che non dovrà essere inquinato dal sentimento

(considerato l’elemento posto alla ragione, alla razionalità) / In ambito musicale si avrà lo scontro fra due elementi fondamentali e opposti della musica: L’ARMONIA (considerata
tempio della ragione) e la MELODIA (considerata il suo contrario) / Contemporaneamente nasce in Germania un movimento ideologico-artistico che prese il nome di Sturm und
drang (tempesta e assalto); questo movimento traendo le mosse dai contenuti antianarchici dell’illuminismo si distaccherà da questo in quanto perseguirà un tipo di approccio
con la realtà più impetuoso, in contrasto con l’ideale della ragione / Globalmente l’orizzonte musicale di questo secolo vede la novità data dalla grande emancipazione della
musica strumentale (ancora largamente coltivata nei palazzi nobiliari, ma presto a questi si affiancheranno le sala da concerto) accanto al melodramma e alla musica sacra. Ma
il mecenatismo è oramai alla fine: il libero professionismo interesserà sempre di più i musicisti che lo preferiranno alla vecchia “prassi” di essere a servizio di un signore, di una cor-
te, di una cappella (anche se all’inizio ciò sarà un rischio) / L’emancipazione economica della classe borghese ed imprenditoriale darà vita, in campo musicale, alla nascita del
dilettantismo musicale, che interesserà globalmente tutta l’Europa; ciò comporterà una grande vita economica del mondo musicale: grande creatività, editoria, imprenditoria
strumentale, concerti, a tal punto che il mondo musicale del tempo ne uscirà completamente aggiornato, rinvigorito. [vedi cap. XXVIII] La nascita delle “sale da concerto” sarà un fe-
nomeno epocale per la svolta etica e sociale della musica nel secolo in questione: adesso il musicista sarà pagato per ogni prestazione con contratti di mercato. Egli si orienterà
nella crea<ione di un repertorio specifico che non sarà più legato alle epocali cerimonie dei reali, ma sarà semplicemente un ascolto fine a se stesso. Londra, già nei primi anni del
700, vantava parecchie sala da concerto; così come in Germania, ma non in Italia, in quanto la sfera organizzativo-economica della borghesia italiana per varie ragioni non ma-
nifestava lo stesso interesse che si riscontrava nella contemporanea borghesia europea; infatti le più importanti personalità italiane della musica strumentale del 1700, come Cle-
menti, Boccherini, Viotti, ecc., emigrarono fuori dall’Italia. Questo fenomeno di emancipazione delle sale da concerto adibite alla musica strumentale, e tutto il mondo etico -
economico che esso comporta, in Italia si avrà solo verso la fine del XIX secolo.

FORME MUSICALI STRUMENTALI ALL’INIZIO DEL XVIII SECOLO


Il 1700 vedrà in campo strumentale l’evoluzione delle forme ereditate dal ‘600. Volendo tracciare un profilo schematico delle forme musicali che “entrarono” nel diciottesimo
secolo, e che alla fine di esso ne usciranno profondamente trasformate, si avrebbe suppergiù la seguente panoramica:

MUSICA D’INSIEME
in questa vasta area rientrano tutte quelle composizioni chiamate “sinfonia”; fra il 1680 ed il 1710 non si è ancora adoperata una netta distinzione fra i ter-
mini per identificare un determinato brano strumentale: lo stesso termine viene ancora impiegato per indicare composizioni dalla forma e destinazione di-
versa. il termine può designare tre tipologie:

brano strumentale dalla forma varia, avente funzione introduttiva, interlocutoria, da eseguirsi “avanti” o all’interno di un’opera teatrale
(chiamata “sinfonia avanti l’opera”, che era tripartita, sia all’italiana e sia alla francese), o di un oratorio, ecc. Molti brani strumentali d’insieme,
specie nel campo operistico, venivano indifferentemente denominati sinfonie o sonate. Non è stato identificato con chiarezza il momento storico
in cui si verificò la distinzione netta della sinfonia strumentale, e l’emancipazione di questa dall’impiego nel melodramma.
Sinfonie per gruppi strumentali da camera (di solito tre) chiamate “Sinfonie en Trio”;
Sinfonie - concerto;
CONCERTO frutto della maturazione seicentesca distinto nella duplice variante di concerto grosso e concerto solista;
SONATA ossia quella composizione per strumento (o strumenti) frutto della duplice tipologia del ‘600 “da Chiesa” e “da Camera”. Durante il ‘700 la duplicità
di destinazione scomparirà e questa tipologia sarà riservata soltanto a pezzi solistici o al massimo di due strumenti; questi brani presto verranno
ampliati in “forma - sonata”.
SUITE

1 XXIV
IL CONCERTO GROSSO
Esiste una duplicità etimologica per il termine concerto: da un lato identifica legare insieme, e dall’altro scontro, lotta. Questa duplicità semantica si riscontra pienamente nel concerto
del periodo tardo barocco; queste composizioni presentano sia elementi in accordo e sia elementi che si scontrano fra loro.
Il concerto barocco è già una “versione” diversa rispetto alle composizioni denominate concerti create dai Gabrieli, Banchieri, Viadana e Monteverdi; i concerti di questi compositori
erano musiche ove si mescolavano voci e strumenti, mentre il concerto barocco fu una forma legata principalmente agli strumenti ad arco, organizzati come segue:
TUTTI o concerto grosso costituito da due gruppi di violini, viole e violoncello più b.c. (organo o cembalo), era l’intero organico strumentale;
SOLI o ripieno o concertino costituito da un gruppo di tre solisti, di solito due violini ed un violoncello; ma le tipologie dei solisti saranno sempre molto varie.
Questo era il principale assunto formale del concerto barocco: l’alternanza stretta e senza interruzioni fra le due realtà soli - tutti, che realizzavano sia l’unione e sia lo scontro, ed era
il principale assunto estetico della stessa musica barocca: il contrasto dinamico fra molti e pochi, tra forte e piano.
Il concerto grosso deriva direttamente dalla sonata da chiesa, e ne conservava il carattere severo e il contrasto dei tempi diversi fra loro per ritmo ed andamento che seguivano in suc-
cessione. Nel concerto barocco tramonta la scrittura contrappuntistica grazie all’affermazione di quattro assunti formali determinanti:
1) L’alternanza Tutti - Soli (o Solo) articolata nei singoli tempi che costituiscono il concerto, ossia:
GRAVE (introduttivo)
ALLEGRO I
LENTO
ALLEGRO II
FINALE (allegro o presto)
2) Il ritornello affidato alla sezione dei Tutti;
3) L’uso degli effetti eco ottenuti tramite ripetizione;
4) L’abbondante uso strutturale delle progressioni melodiche.
ORIGINE
La prima storica ripartizione dell’insieme orchestrale in ripieno e concertino trova gli albori nella sonata da chiesa a tre. Alessandro Stradella definì compiutamente per primo il genere
del concerto grosso; egli adoperò il raddoppio delle parti della sonata a tre (o a quattro con la viola) ed impiantò nella forma del concerto sinfonie, intermezzi di opere e di oratori nel
decennio 1670 - 80. Corelli seguì lo stesso esempio, e i suoi 12 concerti grossi op. 6 si collocano nella prima fase di sviluppo.
In Italia dal 1700 al 1740 si ebbe la massima produzione di Concerti grossi; oltre a Corelli diedero importanti contributi i veneziani Tommaso Albinoni (op. 7 ed op. 9), Alessandro Mar-
cello (La Cetra), insieme ad alcuni esempi vivaldiani. In questa forma il gruppo dei soli tende ad integrarsi formalmente nell’insieme / In Germania fu importante la raccolta di concer-
ti grossi di Georg Muffat del 1707. Händel adottò la struttura dei concerti grossi di Corelli, dopo aver assistito a Roma a dei concerti corelliani, che esternò nella raccolta di concerti grossi
op. 3 e op. 6 pubblicati a Londra. Apoteosi del genere concerto grosso sono i famosissimi 6 Concerti Brandeburghesi di Johann Sebastian Bach, 1721, ove ognuno di essi presenta una
struttura differente / Altri compositori tedeschi che si distinsero per la composizione di concerti grossi furono Georg Philipp Telemann (con le suites orchestrali) e Fux.

PROBLEMI DI ESATTEZZA TERMINOLOGICA


Come più volte discusso è stato con l’avvento degli studi musicologici della seconda metà dell’800 che si è avvertita l’esigenza di “etichettare” la maggior parte dei fenomeni musicali
del passato per porne avere una più organica catalogazione. Molto spesso però le etichette apposte a stili, forme, correnti estetico - musicali, ecc. non corrispondono esattamente a ciò
che realmente è successo. Questo è il caso dei concerti grossi e dei concerti solistici del periodo tardo barocco. La semplice distinzione fra concerto grosso e concerto solistico in realtà è
troppo schematica, e a quel tempo non era così sentita; infatti nelle due tipologie di concerto non si esclude categoricamente la presenza di assunti stilistici dell’uno o dell’altro.
In pratica non esiste una sostanziale differenza tra la funzione del concertino e la funzione del solista nei confronti del ripieno. Nel periodo in esame i compositori, da parte loro, non si
preoccupavano più di tanto di creare delle tipologie nettamente definite;, sono molte le raccolte che recano il titolo generico di concerti o concerti grossi, e che all’interno raggruppano
insieme sia concerti che giudicheremmo grossi che concerti solistici; è il caso di Torelli.
L’unica traccia stilistica sulla base della quale si può creare una certa distinzione fra concerto grosso e concerto solistico, consiste nel fatto che nel concerto grosso i soli tendono ad inte-
grarsi con l’insieme, mentre nel concerto solistico il solista tende a scontrarsi, a contrapporsi con l’insieme.

2 XXIV
ALESSANDRO STRADELLA (Roma 1644 - Genova 1682) GIUSEPPE TORELLI (Verona 1658 - Bologna 1709)
Compositore, figlio di una famiglia agiata; gli anni della Violinista e compositore. Dopo un periodo di formazione musi-
sua formazione musicale sono a tutt’oggi poco conosciu- 2
cale che lo vedrà a Bologna, Vienna e presso la corte di Bran-
ti, ebbe vita turbolenta. deburgo - Ansbach (1698 - 1699), dal 1701 sarà maestro di cap-
Compositore molto fecondo ha creato una vastissima pella in San Petronio a Bologna.
produzione che solo di recente sta trovando il giusto Egli è la prima personalità musicale più importante per l’af-
riconoscimento. Egli è uno dei più importanti personaggi fermazione del genere del concerto barocco. In lui la scuola
musicali italiani del barocco. bolognese identifica l’esponente di primo piano. Il concerto da
Storicamente lui è il primo creatore di un concerto gros- lui coltivato è sia la tipologia solistica e sia la tipologia concer-
so in Italia, ossia la Sinfonia in re maggiore, 1670. Oltre to grosso. Continuò la caratteristica stilistica bolognese dei con-
alla produzione per il teatro, egli scrisse circa 220 canta- certi solistici con la tromba iniziata da Cazzati.
te da camera che rappresentano la vetta stilistica più Della sua vasta produzione strumentale circa una quarantina
alta prima di Alessandro Scarlatti. Compose sei impor- di sinfonie-concerti sono rimaste manoscritte, e fra queste si
tanti oratori; nel suo ultimo oratorio, San Giovanni annoverano i brani con la tromba.
1
Battista, 1675, egli specifica un accompagnamento Diede alle stampe otto raccolte di composizioni che arrecano
delle arie da parte dell’orchestra di visto fra grosso e concertino; con questo oratorio, e denominazioni diverse: sonate a tre, concerti da camera, sinfonie, suite a tre, ecc.; tutti que-
con la Sinfonia in re, egli si iscrive fra le personalità italiane che diedero un grande sti brani variamente denominati ostentano lo stesso schema formale, ossia la sonata da
contributo allo sviluppo del genere concerto grosso. Adoperò il termine sinfonia per le chiesa in quattro tempi (adagio - allegro - adagio - allegro).
altre sue sonate a tre, e sonate per violino violoncello e basso.
Di grande rilievo è la raccolta 12 concerti grossi con una pastorale per il Sanctissimo
Natale, op. 8, che venne stampata pochi mesi dopo la morte del compositore; in questa
raccolta figurano sei concerti grossi e sei concerti per violino. In quest’opera otto la struttura
TOMMASO ALBINONI (Venezia 1671 - 1750) del concerto assume una fisionomia di soli tre tempi, ossia allegro - adagio - allegro; il solista
Violinista e compositore. Figlio di una famiglia è chiamato spesso a sezioni di grande virtuosismo dove la più impegnativa è collocata sem-
3
agiata praticò la musica come dilettante; la sua pre al centro del tempo lento.
vita si svolse quasi interamente a Venezia. Com-
positore molto prolifico scrisse per il teatro (48 me-
lodrammi di cui rimangono però solo poche trac-
ce) e molta musica strumentale; questa è intera-
mente compresa in nove raccolte a stampa, ove
cinque sono sonate a tre (sia da camera e sia da
Chiesa), e quattro sono sinfonie o concerti a cin-
que. Quest’ultima raccolta, Sinfonie e concerti
a cinque, op. 2, 1700, fa di Albinoni l’iniziatore
del grande concerto strumentale veneziano ba-
rocco settecentesco, che troverà in Benedetto e
Alessandro Marcello e specialmente in Vivaldi, la
sua apoteosi.
La tipologia di concerto preferita da Albinoni era il concerto grosso, ma sono
anche mirabili i suoi concerti solistici per violino e specialmente per oboe,op. 7
e op. 9.

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IL CONCERTO SOLISTICO IN EUROPA
Il concerto solistico, dopo essere nato in Italia, si sviluppò in Germania nelle corti principesche e nei ducati. Qui si assiste alla formazione storica di aggregazioni di strumentisti dilettanti
in molte città, i COLLEGIUM MUSICUM. Storicamente importante fu quello creato ad Amburgo nel 1660 dall’organista Matthias Weckman, che comprendeva 50 musicisti, ed organizza-
va concerti a cadenza settimanale ove venivano eseguite le migliori musiche provenienti da Roma, Venezia, Dresda, ecc. Vivaldi Corelli e Torelli furono i maggiori modelli seguiti in
Germania dai maestri sassoni / Ma in Germania lo strumento solista principale non poté essere il violino data la scarsa presenza di solisti di valore, anche perché si era già profilato
pressoché ovunque in terra tedesca una predilezione per gli strumenti a tastiera: organo e clavicembalo. Fra le personalità più rilevanti si ricordano Johan Georg Pisendal, Christoph
Graupner e Johan Joachim Quantz.
Ma i due musicisti più importanti della Germania tardo barocca, in più campi d’interesse musicale, furono Georg Philipp Telemann e Johann Sebastian Bach. Il grande Bach si avvici-
nò alla forma del concerto grosso italiano trascrivendo per organo, durante gli anni di Weimar, 22 concerti di compositori italiani, nove dei quali erano di Vivaldi. In questo settore
musicale Bach toccò l’apice del proprio percorso con la trascrizione del Concerto in si minore per 4 violini di Vivaldi nel suo Concerto in la minore per 4 clavicembali ed archi; Bach è
stato uno dei primi a scrivere concerti solistici affidando il ruolo di solista proprio al clavicembalo.

5 JOHAN GEORG PISENDEL (Baviera 1687 - GEORG PHILIPP TELEMANN (Magdeburgo 1681 - Amburgo 1767)
Dresda 1755)
6 Nato in una famiglia di pastori luterani, studiò all'università di Lipsia. Auto-
Violinista e compositore, fu allievo di Torelli. didatta nell'uso di molti strumenti, ebbe vari incarichi presso chiese e orche-
Egli fu uno fra i più rinomati violinisti vir- stre private a Lipsia, Sorau (odierna Zary, in Polonia) e a Eisenach fino al
tuosi del suo tempo in Germania, e rappre- 1721, quando si stabilì ad Amburgo assumendo l'intera direzione della vita
sentò una personalità singolare, dato che in musicale della città.
terra tedesca il violino non fu molto coltiva-
to. Bach lo conobbe a Weimar e si ipotizza Compositore straordinariamente prolifico, Telemann costituisce un importan-
che abbia dedicato proprio a lui le Sonate te punto di collegamento tra lo stile alto barocco, quello delle opere di Jo-
e Partite per violino solo. hann Sebastian Bach, e il primo classicismo, quello rappresentato da Carl
Philipp Emanuel Bach e da Cristoph Willibald Gluck / Combinò egregiamen-
Rilevanti sono i suoi sette concerti per te il convenzionale contrappunto barocco con l'eleganza della melodia italia-
violino uniti ai quattro concerti grossi, na e la ricchezza dell'orchestrazione francese; infatti nella sua produzione si
ove egli riversa il modello di Vivaldi assimi- riscontra una ricchezza formale derivata dalla suite francese, affiancata alla
lato, unitamente al gusto galante. tecnica del concerto italiano / La produzione di Telemann comprende 40
opere, 44 passioni, 45 concerti, 12 cicli annuali di cantate, numerosi oratori,
JOHAN JOACHIM QUANTZ (Bassa Sassonia 1697 - Postdam 1773) innumerevoli canzoni e un ampio corpus di musica strumentale; opere che
fecero di lui uno dei più acclamati compositori della sua generazione. Dopo
Uomo dal talento musicale eccezionale, la sua morte, però, la popolarità acquisita in precedenza conobbe un declino
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imparò quasi tutti gli strumenti dedican- che è durata fino alla recente riscoperta, avvenuta negli anni Trenta del XX secolo.
dosi al flauto solo in seguito, e divenendo
il più grande flautista virtuoso mai esistito
fino ad allora; fu compositore nonché teo- In Francia il concerto solistico vide l’affermazione del piemontese Giovan Battista. Somis (allievo di Corel-
rico musicale. L’amicizia che trasse alla li) al “Concert Spirituel” di Parigi nel 1733 e la successiva affermazione del suo allievo Jean Marie Le-
corte prussiana con Federico futuro Re di clair (1689 - 1755); considerato il fondatore della scuola violinistica francese, Leclair scrisse due raccolte di
Prussica lo fece vivere in una corsia privi- concerti op. 7 e op. 10
legiata. Anche se diede alle stampe poche
sonate per flauto traverso, egli scrisse circa In Inghilterra il concerto solistico si instaurò più tardivamente grazie ad Händel, che riportò l’esperienza
296 concerti per uno o due flauti, 200 corelliana fruita a Roma in terra inglese nei suoi concerti per organo op. 4 ed op. 7; l’organo inglese del
sonate per flauto solo e basso ecc. rimasti tempo non ha ancora la pedaliera, e vi è poca differenziazione fra la scrittura organistica e quella clavi-
manoscritti, per “saziare” la passione del cembalistica. Molto apprezzato fu Giuseppe Sammartini (Milano 1693 - Londra 1751), fratello maggiore
suo amico Federico II Re di Prussica, anche del grande sinfonista milanese. Egli si impose nel campo della musica strumentale inglese componendo
egli eccellente flautista. Celebre fu il suo sonate e concerti in un periodo ove il b. c. era già stato superato.
trattato di flauto del 1752 che conobbe all’epoca molte traduzioni.
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Primi due movimenti,
Largo - Allegro,
del Trio n°4
(Largo - Allegro - Largo - Presto)
tratto da:

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IL CONCERTO SOLISTICO IN ITALIA
Il Concerto solistico ha avuto origine a Bologna, presso l’Accademia filarmonica, e presso la Cappella di San Petronio, ad opera di Giuseppe Torelli con i suoi 12 concerti musicali op.
6, 1689, ed i 12 Concerti grossi op. 8, 1709 / La netta distinzione adoperata all’inizio del ‘900 dal musicologo Schering, il quale ha “imprigionato” le forme del concerto barocco nelle
uniche due tipologie di Concerto grosso e Concerto solistico, è stata presto accantonata, come detto in precedenza; nessuna composizione strumentale del tempo è completamente
assimilabile su una delle due tipologie, ma su entrambe / All’epoca, occorre ribadirlo, la terminologia era spesso imprecisa: i Concerti grossi di Torelli op. 8 sono un misto di concerti
solistici per due violini, 6, e concerti per violino solo, 6) / Il principio del contrasto vigeva nelle più importanti forme compositive del tempo, dalla Suite per orchestra. Con la deno-
minazione di Concerto grosso venivano indicate, all’epoca, tutte le composizioni orchestrali sacre o profane o teatrali.
Giuseppe Torelli fu anche il primo compositore a creare concerti grossi barocchi . Nella sua op. 6 diede le prime “impronte” stilistiche del concerto solistico, ossia:
struttura dei tempi veloci caratterizzata al ritornello per i Tutti, il ritornello inizia e conclude l’Allegro; all’interno si espletano le parti dei Solo che presentano un costrutto tematico
sempre differente rispetto alle parti dei Tutti che mantengono sempre lo stesso. Il primo e ultimo ritornello si basano sulla tonalità d’impianto, i successivi alla dominante o su tona-
lità vicine; la maggior parte delle modulazioni si espletano nelle sezioni solistiche.
Questo schema iniziale di stampo italiano fu portato a maggior sviluppo da Antonio Vivaldi / Sin dall’inizio della diffusione italiana il concerto solistico barocco presentava la
successione di tre tempi: mosso - lento - mosso, e l’alternanza fra tutti e soli si aveva nel primo e nell’ultimo tempo. Nel secondo tempo dominava la costruzione melodica dello
strumento solista, accompagnato prevalentemente dal b.c. / Questa tipologia di concerto solistico barocco corrispose alle creazioni vivaldiane, che furono circa 450, ove le caratte-
ristiche tonali sono messe chiaramente in risalto. La struttura di un concerto barocco di Vivaldi, impiantato in una tonalità maggiore, è la seguente:

RITORNELLO I Tonica (T)


SOLO I dalla T alla dominante (D)
RITORNELLO II D
SOLO II dalla D al relativo tono minore (t)
RITORNELLO III t
SOLO III dalla t alla T
RITORNELLO IV T
Per i concerti impiantati su di una tonalità minore, invece, lo schema è il seguente:

RITORNELLO I t
SOLO I dalla t alla T
RITORNELLO II T
SOLO II dalla T alla D
RITORNELLO III D
SOLO III dalla D alla t
RITORNELLO IV t

Il ritornello vivaldiano presenta un disegno unico e non facilmente riscontrabile nei suoi contemporanei: è formato da più motivi variamente aggregati fra loro; alle sezioni solisti-
che è riservato lo sfoggio del virtuosismo.
Vivaldi fu il primo compositore italiano che non riservò esclusivamente al violino le sezioni solistiche, ma anche al violoncello, viola d’amore, e agli strumenti a fiato flauto, ottavino,
oboe, fagotto, tromba, oltre che a pizzico come il mandolino.
L’Italia del periodo, oltre alla faraonica figura di A. Vivaldi, conobbe soltanto altre due figure di spicco. Locatelli, autore de L’Arte del violino op. 3, Amsterdam 1733, (12 concerti
per violino); questi sono storicamente importanti in quanto contengono in appendice 24 Capricci con funzione di cadenze per i due Allegro di ciascun concerto, e rappresentano la
sintesi della tecnica violinistica del tempo; base didattica per tutte le scuole violinistiche. Oltre a Locatelli l’altra figura fu Tartini, artefice di una evoluzione stilistica che traeva le
mosse dal modello vivaldiano per approdare a nuove possibilità espressive, e ad uno schema formale ove l’alternanza T - D era estesa ai Tutti ed al Solo; nelle sue composizioni si
configurava già la sinfonia preclassica.

12 XXIV
LA SONATA BAROCCA PER VIOLINO
Il panorama musicale completo sulla musica strumentale barocca si attua, oltre che con il concerto, anche con la sonata. Concerti e Sonate sono le forme musicali più visitate dai
violinisti - compositori sia italiani che europei. L’esempio corelliano fu il più itinerante. Gli allievi di Corelli portarono la fama del Maestro all’estero; l’op. 5 di Corelli fu quella che conob-
be il maggior numero di ristampe, edizioni critiche e revisioni per tutto il settecento / L’Inghilterra fu la nazione più corelliana / La scuola di Corelli apportò un principale stilema mu-
sicale: la cantabilità, che ebbe un notevole peso nelle scuole violinistiche. Cantabilità naturale, vicina a quella della voce umana per morbidezza, calore e, soprattutto, facile mobilità
verso i toni acuti.
Il modello stilistico di riferimento, per i compositori di sonate, l’ideale melodico da seguire, fu la grande vocalità del contemporaneo melodramma: qui il violino, grazie ai progressi tec-
nici - esecutivi raggiunti, dava sfoggio di grande virtuosismo soprattutto negli Allegro dei concerti solistici.
La sonata del periodo tardo barocco è divisa in tre o quattro tempi alternativamente lento ~ mosso; ha struttura bipartita ed ostenta una costruzione armonica basata su: T » D, nella
prima parte, e D » T nella seconda parte.

GLI ALLIEVI DI CORELLI GIOVANNI BATTISTA SOMIS (Torino 1686 - 1763)


Maestro di musica alla corte dei Savoia, fu caposcuola di una
tradizione violinistica che impose nomi illustri in giro per le corti
PIETRO ANTONIO LOCATELLI (Bergamo 1695 - Amsterdam 1764) europee; egli diede l’impulso iniziale alla nascita della scuola
Dopo aver studiato con Arcangelo Corelli violinistica francese, che troverà nel suo allievo Leclair il primo
9
a Roma, si esibì come violinista riscuoten- esponente francese.
do un grande consenso a Mantova, Vene- Compose oltre 150 concerti per violino ove si denota una fusione
zia, Berlino, Amsterdam, Dresda e altre di elementi virtuosistici francesi ed italiani.
città europee / Dal 1729 si stabilì ad Am-
sterdam dove fu attivissimo come inse- Anche il fratello violinista Lorenzo fu attivo presso la corte dei
gnante, esecutore, compositore, organiz- Savoia e produsse una cospicua quantità di sonate per violino.
zatore di concerti nonché collezionista di
strumenti musicali, manoscritti ed altri
oggetti artistici. FRANCESCO GEMINIANI (Lucca 1687 - Dublino 1762)
10 Nel 1714 si stabilì in Inghilterra, dove si affermò
La sua importanza per l'evoluzione della come brillante concertista / Molto noti furono i suoi
tecnica del violino fu decisiva: i suoi 24 Concerti grossi op. 2 e 3.
Capricci ad libitum (> cadenze) conte- Attraverso l'insegnamento trasmise la tecnica e lo
nuti nella raccolta dei 12 concerti solistici stile corelliani alle generazioni successive. Egli fu
denominata L'arte del violino”op. 3, autore di trascrizioni in forma di concerto grosso di
1733, sono considerati gli antecedenti di- alcune sonate da Chiesa op. 3 ed op. 5 di Corelli.
retti dei Capricci di Paganini.
Storicamente importanti furono alcuni suoi tratta-
Le novità più rilevanti da lui apportate alla tecnica violinistica riguarda- ti, tra cui Regole per suonare con buongusto,
rono l'ampliamento del registro acuto, i numerosi colpi d'arco inediti e le 1739, il popolarissimo trattato sulla tecnica del vio-
possibilità per la mano sinistra, chiamata a eseguire arpeggi, note dop- lino The Art of playing on the violin, 1741,
pie e accordi con velocità e scioltezza poco sconosciute prima di lui. pubblicato per la prima volta, anonimo, nel 1731,
Nei Concerti grossi Locatelli si allontanò progressivamente dal modello di ed una Guida armonica, 1742.
Corelli, per avvicinarsi a quello di Vivaldi / Le sue raccolte di Sonate
per violino e basso continuo sono un efficace riepilogo di tecniche e pro-
cedimenti dello stile barocco.

13 XXIV
ANTONIO VIVALDI (Venezia 1678 - Vienna 1741)

11
Uno dei più grandi esponenti della storia della musica, ed in particolare di quella tar-
do barocca; egli innovò la forma del concerto mediante lo schema compositivo tripar-
tito: allegro - adagio - allegro, e l'introduzione della cadenza per il solista / Educato
alla musica dal padre, violinista della cappella di San Marco, fu ordinato sacerdote nel
1703. Quello stesso anno iniziò a insegnare violino al Pio Ospitale della Pietà, (per fan-
ciulle orfane), dove rimase fino al 1740; qui si dedicò, oltre che all'insegnamento, alla
composizione dei concerti e degli oratori che venivano eseguiti tutte le domeniche
dalle orfanelle dell'istituto. Le sue prime raccolte di composizioni risalgono al 1705, ed è
Mirabile esempio di descrittivismo musicale compiuto da A.Vivaldi: il gran-
del 1713 la sua prima opera “Ottone in villa”; l'attività di violinista e la supervisione de compositore realizza il senso somatico di freddo in apertura del concer-
delle sue opere teatrali lo portarono spesso a Roma e Mantova / Negli ultimi anni to“L’Inverno” facendo risuonare ostinatamente la triade di sopratonica con
della sua vita, fu a Praga, Amsterdam e Vienna, dove morì in povertà. una settima (preparata) senza la terza. E più avanti egli ricreerà l’effetto
(sempre affidato ai violini) dei venti impetuosi, del battere dei denti, degli
Vivaldi era dotato di un estro creativo sbalorditivo: concepiva e scriveva un concerto, scrosci della pioggia ecc.
in tutte le sue parti, in un tempo inferiore a quello impiegato dal copista per stendere 12

la partitura finale! Il catalogo vivaldiano è vastissimo; oggi il catalogo completo più


recente dell’intera sua opera è il Verzeichnis der Werke A.Vivaldis di Peter Ryom
(Leipzig, 1979). La sua produzione comprende 478 concerti, 90 sonate, 45 opere,
40 cantate, 22 sinfonie, oltre alla musica sacra tra cui oratori, messe e mottet-
ti / Poiché le sonate strumentali, che erano per uno o due strumenti più b.c., o b.c. ed archi, all’epoca seguivano in gene-
re una struttura già stabilita, così come la musica sacra spesso rifletteva lo stile operistico in voga, fu nei concerti che l'arte
di Vivaldi raggiunse la massima espressione, ponendosi come modello per il futuro: tutti i musicisti, da Bach in poi, studie-
ranno i suoi concerti e ne accoglieranno le innovazioni nelle proprie opere / Numerosi sono i concerti per strumento solista,
altri sono concerti grossi e altri ancora per sola orchestra. Molti di essi sono riuniti in raccolte: la più importante è considera- I tre esempi esplicano la magistrale perizia di A. Vivaldi nell’impiegare for-
ta L'estro armonico op. 3, 1712, dedicata a Ferdinando III di Toscana, seguono La stravaganza op. 4, 1712 - 1713, ed Il mule musicali che illustrino alcune immagini extra - musicali. Tutti e tre si
cimento dell'armonia e dell'invenzione op. 8, 1725; quest'ultima raccolta si apre con i celeberrimi quattro concerti riferiscono al primo movimento del concerto denominato “L’Estate”; qui il
violino solista imita verosimilmente i versi rispettivamente del cuculo, della
solistici per violino noti con il nome di Le quattro stagioni (preceduti da sonetti esplicativi; fu uno dei primi importanti
tortora e del cardellino.
esempi di musica a programma. In queste come in altre composizioni, ossia La tempesta di mare, Il gardellino, La
caccia, La pastorella, ecc. Vivaldi affida alla musica un compito quasi pittorico, cioè descrittivo circa un contenuto e- 13
xtra-musicale, figurativo / E’ a partire dai concerti per 4 violini inclusi nel capolavoro “L’Estro armonico” che si scorgono i
tratti più salienti dell’originalità vivaldiana: le nuove possibilità espressive che derivano dalle strutture d’insieme diretta-
mente provenienti dall’esperienza veneziana dei cori spezzati / I caratteri salienti della musica vivaldiana sono 4. TESSU-
TO SONORO: Vivaldi tende a snellire la scrittura orchestrale tramite l’uso dei raddoppi e dell’unisono; questo procedimen-
to è particolarmente esteso all’intera compagine orchestrale quando si eseguono tratti particolarmente drammatici. La
scrittura musicale non è mai troppo densa, e spesso le parti solistiche sono accompagnate dal semplice pizzicato dei vio-
loncelli e dei contrabbassi. ARMONIA: i suoi impianti tonali sono molto semplici, e si evidenzia il dualismo maggiore - mi-
nore; la cadenza è sempre imperniata sulla tipologia T - S - D - T. La sua scrittura armonica denota una tendenza alla
modulazione realizzata tramite la S, o la sensibile piuttosto che per la D. MELODIA: la semplicità è sempre un ideale este-
tico imperante anche per le linee melodiche; Vivaldi concepisce le melodie in funzione delle caratteristiche dello strumento
che le dovrà eseguire. RITMO: le sue opere denotano una predilezione per i ritmi molto marcati; egli impiega la sincope
come mezzo per produrre tensione.
La riscoperta della produzione del "prete rosso" (per il colore dei suoi capelli) risale alla fine dell'Ottocento; questo perché
durante la vita egli fu apprezzato più all'estero che in patria: mentre J. S. Bach ne riconobbe implicitamente l'importanza
trascrivendo i suoi concerti, a Venezia Carlo Goldoni lo riteneva "buon violinista ma mediocre compositore". Anche Bene-
detto Marcello non risparmiò velenose critiche su di lui nel celebre trattato “Il Teatro alla Moda” (1720). Solo nel 1947, con il
completamento dell'edizione moderna delle opere strumentali, si è consolidato il riconoscimento del ruolo assolutamente
fondamentale di Vivaldi nella storia della musica.
14 XXIV
13

15 XXIV
Prime variazioni tratte dalla monumentale Arte dell’Archetto; una rac-
colta di 50 variazioni su un tema di Tartini.

15

GIUSEPPE TARTINI (Pirano d'Istria 1692 - Padova 1770)


Fu un grande violinista, compositore e
14 teorico musicale. Dopo aver compiuto gli
studi ad Assisi, nel 1721 divenne primo
violino nell'orchestra della basilica di
Sant'Antonio a Padova. Dopo un sog-
giorno a Praga, ritornò nella città veneta
dove, nel 1728, fondò una scuola che di-
venne ben presto famosa nel mondo / 16
Considerato uno fra i più grandi maestri
e innovatori nell'arte del violino, Tartini è
celebre anche per i suoi studi fisico-
matematici sulla natura del suono. Nel
1714 scoprì il fenomeno detto del "terzo
suono", ovvero la capacità, da parte di
due note prolungate eseguite contempo-
raneamente, di renderne udibile una
terza di frequenza pari alla differenza delle frequenze delle onde
originarie / Compositore assai prolifico, scrisse 131 concerti e più di
200 sonate, quasi tutte dedicate al violino. Tra queste, le più note
sono quelle in sol minore intitolate Il trillo del diavolo, e Didone
abbandonata, che denotano una vistosa influenza corelliana / Il
suo stile fu influenzato dapprima da Corelli, ed in seguito se ne allon-
tanò puntando a personali soluzioni tematiche, per l’Allegro, unite
ad una maggiore profondità drammatica per l’Adagio / Nei suoi
concerti grossi, si avvertono le «tracce» della forma sonata classica.
Fu anche autore di tre opere teoriche: Trattato di musica secondo la
vera scienza dell’armonia, 1754, De' principi dell'armonia musicale
contenuta nel genere diatonico, 1767, e soprattutto Trattato degli
abbellimenti, 1771, pubblicato a Parigi.
16 XXIV
LA MUSICA PER STRUMENTI A TASTIERA
SUITES E SONATE
Nel tardo barocco, fino alla prima metà del settecento, la musica per strumenti a tastiera conobbe una grande proliferazione; i più illustri musicisti del periodo, ossia Bach Françoise
Couperin e Domenico Scarlatti, composero mirabili ed insuperati capolavori / In questo periodo si assiste al graduale declino d’importanza per l’organo e, contrariamente, alla grande
produzione clavicembalistica; le composizioni per organo scompariranno quasi del tutto nell’età classica. Solo nella Germania la produzione organistica non conobbe un declino drasti-
co grazie alla diffusione del corale d’organo all’interno delle cerimonie di culto; qui lo sviluppo dello strumento (che aveva ampie dimensioni e pedaliera) favoriva anche esibizioni
concertistiche. Nelle altre parti d’Europa, specie in Italia, l’organo non conobbe questo grande sviluppo; era piccolo e senza pedaliera, anche perché già da tempo la musica sacra voca-
le era stata affiancata dalle sonate a tre da Chiesa eseguite dagli archi, e bastava un semplice organo positivo per realizzare il b.c.
La produzione clavicembalistica fu molto corposa in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna e soprattutto in Germania / Oltre alla Suite si impose fino a diventare la forma più coltivata la
Sonata, in forma binaria con ritornelli; a partire dalla Francia si diffuse una nuova forma strumentale, il Rondeau, che era in cinque sezioni : ABACA.

COMPOSITORI DI MUSICA PER CLAVICEMBALO E ORGANO


ITALIA
La produzione a stampa e manoscritta dei Maestri italiani vede una larga diffusione del termine sonata anche per designare forme che esulano da quella bipartita / Per clavicem-
balo importanti furono le Sonate di Benedetto Marcello e di Francesco Durante, ma particolare importanza rivestirono le composizioni del veneziano Domenico Alberti (del 1742 e
1747); ad Alberti la storia ha attribuito la paternità del “basso albertino”, una formula d’accompagnamento
che sarà onnipresente da questo periodo in poi in tutte le composizioni per strumento a tastiera e non / Per
organo si ricordano le creazioni di Domenico Zipoli del 1716: Sonate d’intavolatura per organo e cimbalo.

DOMENICO SCARLATTI (Napoli 1685 - Madrid 1757)


17
Il Più grande clavicembalista italiano, nonché uno dei più importanti maestri per tastiera di tutti i tempi / Studiò inizialmente con il padre, il grande
Alessandro Scarlatti, e in seguito, a Venezia, con Francesco Gasparini. Nel 1701 venne nominato organista e compositore della Cappella reale di Na-
poli. Il suo debutto teatrale risale al 1703 con l'opera L'Ottavia restituita al trono. Lasciata Napoli al seguito del padre, negli anni seguenti Do-
menico visse a Firenze, Roma e quindi a Venezia, dove completò gli studi e venne a contatto con Vivaldi e Händel. Tra il 1709 e il 1714 fu nominato
maestro di cappella della regina Maria Casimira di Polonia, a Roma; dal 1714 al 1719 ebbe analogo incarico in San Pietro. Nel 1720 entrò al servizio di
Giovanni V del Portogallo, dedicandosi principalmente alla musica liturgica. Da allora, tranne brevi periodi trascorsi ancora in Italia, Scarlatti si sta-
bilì definitivamente in Spagna, e nel 1729 seguì a Siviglia l'infanta del Portogallo Maria Barbara di Braganza, ove rimase fino al 1733, anno del tra-
sferimento della corte a Madrid.
Nel 1738 pubblicò a Londra una raccolta, dal titolo Essercizi per Gravecembalo, contenente 30 delle 555 sonate tramandateci, composte, si ritie-
ne, tutte nel quindicennio a partire dal 1735.
Le più importanti catalogazioni dell’intero corpus sonatistico di D. Scarlatti furono compiute da Alessandro Longo nel 1906 - 10 (> sigla L) e da
Ralph Kirkpatrick nel 1953 (> sigla K). Questo intero corpus sonatistico ci è stato tramandato in due gruppi di 15 preziosi volumi manoscritti ciascu-
no, realizzati per la corte spagnola / Mentre era in vita pubblicò, negli Essercizi del 1738, solo 30 delle sue sonate, queste ebbero un grande successo
solo a Londra, in quanto la sua collocazione geografica lo tenne fuori dal grande ambiente musicale d’Europa, ossia quello franco - tedesco - italia-
no, cosicché il suo vero valore musicale venne conosciuto solo posteriormente, alla fine dell’Ottocento.
Scarlatti lasciò un corpus di musiche per clavicembalo che occupano un posto principale nell'evoluzione della tecnica e della composizione per clavicembalo. In questi brevi brani si
scorgono gli elementi della musica spagnola (ritmi di danze, scale e modi esecutivi di ascendenza chitarristica). Queste superbe composizioni, che procurarono a Scarlatti una fama
ed un’ammirazione altissima presso la corte spagnola, sono costituiti da una sola linea tematica, in un solo movimento bipartito, ove il compositore introdusse per la prima volta
arpeggi che si estendono anche per tre ottave, note ribattute in agilità, effetti eco, incrocio delle mani, ecc., il tutto cucito in brani dalla velocità d’esecuzione spesso sbalorditiva,
mai vista prima. La leggerezza giocosa e l’elegante vivacità sono tratti inconfondibili dell’opera clavicembalistica scarlattiana. L’excursus armonico che presentano le sue sonate è il
già conosciuto T » D (o relativo modo maggiore se la tonica d’inizio è una t) fine prima parte; e D (o T) » T (o t); la scrittura melodica è principalmente a due voci.

17 XXIV
18

Esempio inerente l’inizio di una Sonata di D. Scalatti dal carattere brillante,


esplicativa riguardo la vivacità tecnica esecutiva e la brillantezza richiesta al
cembalo; da notare la freschezza e snellezza del materiale tematico della primo
tema imperniato su due voci che dalla tonalità d’impianto (sol M) con una serie
di rapidissimi incisi di sedicesimi conclude la prima sezione sul tono della Domi-
nante. Questa è la riproduzione della copia originale della sonata attinta dal ma-
noscritto XI custodito presso la Biblioteca Marciana di Venezia.
Nella sonata in basso il revisore Kirpatrick riporta la sua numerazione della
sonata in riferimento alla catalogazione da lui adoperata unitamente alla cataloga-
zione di A. Longo contrassegnata dalla l maiuscola.

19

18 XXIV
IN GERMANIA FRANÇOIS COUPERIN (Parigi 1668-1733)

Il Tardo Barocco vide anche in Germania una copiosa produzione clavicembali- Detto François le Grand, compositore, organista e clavi-
stica; la maggior parte di queste composizioni erano destinate all’intrattenimen-
20 cembalista, fu il più grande esponente della musica ba-
to, e soddisfavano il mercato editoriale che chiedeva sempre nuove raccolte di rocca francese. Iniziò a studiare musica con il padre Char-
suites ad uso della folta schiera di dilettanti. les, organista della chiesa di Saint-Gervais a Parigi (carica
ricoperta dai membri della famiglia Couperin fino al 182-
Personalità illustri del clavicembalo furono, oltre a Bach e Telemann, Johann 6), e alla sua morte gli subentrò, non ancora diciottenne.
Mattheson (Amburgo 1681 - 1764) e Muffat. Ma più importanti ancora furono i Pochi anni dopo diventò anche organista della cappella
musicisti della Germania protestante, ossia Georg Böhm (Turingia 1661 - Lüneburg reale di Luigi XIV, e in seguito maestro di composizione e
1733),e F. W. Zachow. di cembalo del duca di Borgogna, nipote del re.
A partire dal 1740 in Germania, e specialmente a Berlino, si fece più sentito un I suoi quattro volumi di musica per clavicembalo, 1713 -
nuovo interesse per l’espressione del sentimento che si esplicò bene anche nel 1730, rappresentano la summa della sua intera opera
repertorio cembalistico. Questa corrente stilistica è molto simile a quella dello clavicembalistica, ove Couperin impiegò un tipo di scrit-
Stile Galante che si era diffuso in tutta Europa (caratterizzato da melodie tura che evidenzia l’attenzione per le qualità specifiche
dello strumento impiegato: le sue creazioni sono fra le
molto levigate e cantabili, ritmi uniformi molto affini a quelli della danza, scrit-
prime ad essere esclusivamente per clavicembalo, senza
tura armonica semplice, tutti tratti stilistici riconoscibili negli esempi dei grandi
alcuna possibilità di scambio con l’organo. Le quattro
compositori); ma rispetto al diffuso Stile Galante, la corrente coeva tedesca, chia-
raccolte contengono 257 brani suddivisi in 27 ordres
mata stile EMPFINDSAMER, evidenzia dei caratteri che sono più esplicitamente
(vocabolo da lui coniato per indicare “disposizione”), o-
impetuosi ed espressivi. I principali tratti dello stile empfindsamer sono:
gnuno con un titolo ed un nome distinto, continuando così la tradizione istaurata da
1) Fantasia bizzarra, spesso eccentrica, dello stile musicale; Chambonniéres; questi rappresentano un pilastro fondamentale per l’evoluzione della mu-
sica tastieristica che influenzò anche Johann Sebastian Bach. In ogni ordre compaiono un
2) Indicazioni singolari accanto alle consuete indicazioni di tempo (Allegretto
numero variabile da 4 a 23 brevi brani (resi in forma di danza). Ogni brano degli ordres è
arioso e amoroso, oppure Adagio affettuoso e sostenuto) ; un distinto quadretto musicale che identifica il carattere o la persona suggerita dal titolo,
3) Segni dinamici frequenti, con escursioni rapide dal ff al pp; ad es. La Marinéte, La Principesse Marie ecc., oppure titoli che evocano un carattere
4) Brusche spezzature ritmiche, con linee melodiche molto frammentate; come La Visionaire, La Ténébreuse ecc., o un atteggiamento, Le Pudeur, La Co-
5) Accompagnamento vivo che molto spesso esula dal semplice basso albertino quetterie ecc., o nomi relativi alla natura, Le Rossignol en Amour.
(prerogativa totale dello stile galante); La forma adottata da Couperin è binaria o del rondeau, con tessitura melodica a 2 o 3
6) Modulazioni improvvise dal maggiore al minore, con abbondante uso delle voci / Uno dei tratti salienti di Couperin è l’uso fitto degli abbellimenti come nessuno prima;
cadenze d’inganno ; egli illustrò tutti i suoi agrèments e le relative risoluzioni nel trattato L'art de toucher le
7) Volontà di evitare qualsivoglia quadratura delle frasi. clavecin, 1716 - 17, che in breve tempo divenne uno dei più importanti documenti teorici
sulla prassi musicale del XVIII secolo.
Lo stile empfindsamer fu molto coltivato, in seguito, dal più illustre figlio di J. S.
Bach, ossia Carl Philipp Emanuell e dai suoi seguaci. Couperin introdusse in Francia la sonata per trio, arricchendo questo genere italiano con le
caratteristiche melodiche tipicamente francesi. Particolarmente importanti sono la sua
raccolta Les nations, 1726, e i 12 concerti per clavicembalo e strumenti, 1714 - 1724.
IN FRANCIA Couperin produsse una mole di composizioni sacre ordinate in più tipi: le Elévations a due
I compositori più in vista del periodo furono Louis Nicolas Clérambault o più voci più b.c.; i Mottetti (per voci soliste, strumenti e, qualche volta, il coro). Più am-
(autore di molte raccolte di Piéces de clavecin), Louis Claude Daquin pie sono le Trois leçons de ténèbres composte sul testo delle Lamentazioni di Geremia
(singolari sono le sue raccolte di brani per clavicembalo recanti titolo Le cou- (per la liturgia della settimana santa), 1714 - 15 circa, per voci, organo e strumenti.
cou, il cucù), e Jean François d’Andrieu, che si distinse per alcuni brani Alla sua morte, morì anche la sua importanza e la sua fama in Francia, mentre continuò in
intitolati divertissements sulla guerra, sulla caccia e sulle feste nei villaggi. Germania / Grazie all’interessamento di J. Brahms, che curò un’edizione tedesca di opere
I compositori più importanti furono François Couperin e Jeaa - Philippe per cembalo (1888), unito alla rinascenza generale d’interesse che si ebbe alla fine del XIX
Rameau. secolo per le musiche clavicembalistiche, Couperin ritrovò il suo antico splendore fra i gran-
di compositori della storia della musica.

19 XXIV
JEAN PHILIPPE RAMEAU (Digione 1683 - Parigi 1764) 23

Il grande avversario di J. B. Lully in campo operistico lasciò una modesta pro-


duzione clavicembalistica nel periodo antecedente alla produzione teatrale,
racchiusa in tre libri di Piéces de clavecin (1706, 1724, 1728). Importante è la
sua raccolta intitolata Piéces de clavecin en concert, 1741, con violino o
flauto e viola da gamba e clavicembalo; queste furono tra le prime opere che
svincolano la tastiera da un mero ruolo di accompagnamento, affidandole un
ruolo indipendente.
La terza raccolta di musiche clavicembalistiche è la più interessante, compren-
de suites in due diverse tonalità strutturate in una tipologia che trova la ma-
trice principale in Couperin;, qui è palese la sua volontà di allargare lo spazio
sonoro.
La grande importanza di Rameau risiede anche nell’essere stato uno dei padri
21 dell’armonia tonale moderna.

22

20 XXIV
PRINCIPALI STRUMENTI DELL’ETA’ BAROCCA VIOLINO
Il Barocco, si è visto, è storicamente il momento della piena Il primo grande costruttore di violini fu Gaspare da Salò (1540 - 1609) che iniziò una tradizione a Brescia; ma
affermazione strumentale che comportò lo sviluppo della tec- in breve tempo si impose la scuola cremonese delle famiglie Amati (dal 1520), Guarneri (dal 1648) e degli
nica costruttiva, e delle possibilità sonore degli strumenti, spe-
Stradivari (dal 1670; Antonio fu il più famoso liutaio della storia). Rilevante è stata anche la scuola tirolese
cialmente l’ organo, il clavicembalo, il violino e tutti gli
per merito di Jakob Steiner.
archi in genere.

ORGANO
La Germania fu la nazione che a partire del 1600 portò l’organo alla più alta perfezione costruttiva. In Italia la storia degli organari porta in luce il nome di Matteo da Prato
(seconda metà del XV secolo) che costruì organi per molte chiese toscane e per la cattedrale di S. Petronio a Bologna. Fra il 1500 ed il 1650 si evidenziò la famiglia degli Ante-
gnati di Brescia; Costanzo Antegnati scrisse un importante trattato sulla tecnica costruttiva dell’organo, L’Arte organica. Nel 1700 si imposero i nomi di Azzolino Della
Ciaja (in Toscana), di Donato del Pisano, costruttore dell’organo nella chiesa di S. Nicolo all’Arena di Catania, e di Gaetano Callido (autore di circa 40 organi nel Veneto).
Il 1800 vide l’affermazione dei fratelli Serassi di Bergamo. In seguito l’arte organaria non fiorì più nel nostro paese in maniera rilevante rispetto agli altri paesi europei.

PIANOFORTE 24

Il primo esemplare di cui la storia abbia notizia (1709) fu costruito dal fiorentino Bartolo-
meo Cristofori, liutaio al servizio dei Medici a Firenze, e fu detto gravecembalo col
pian e forte, perché al posto dei salterelli Cristofori appose dei martelli rivestiti di velluto
che, percuotendo la corda similmente al clavicordo, erano in grado di produrre una diffe-
renziazione dinamica del suono / Ma i grandi compositori non si interessarono al nuovo
strumento fino al 1770. Il momento più importante nello sviluppo dello strumento si ebbe in
Germania nel 1725, quando Gottfried Silbermann di Friburgo, fabbricante di organi,
adottò il sistema meccanico inventato da Cristofori. Successivamente il contributo più rile-
vante fu dato da Johann Andreas Stein di Augusta, che perfezionò il sistema di scappa-
mento favorendo lo sviluppo degli strumenti della scuola viennese amati da Mozart e pre-
feriti da numerosi compositori tedeschi della fine del XVIII e degli inizi del XIX secolo.
Intorno al 1760 diversi costruttori si trasferirono dalla Germania a Londra dando inizio alla
scuola inglese che, con John Broadwood e altri, si dedicò al potenziamento dello strumen-
to. Il francese Sébastien Erard fondò invece la scuola del suo paese nell'ultimo decennio
del Settecento, e nel 1823 creò il doppio scappamento, in uso ancora oggi. A partire da
questi anni, costruttori di tutte le nazioni europee si impegnarono per perfezionare il piano-
forte. Gli strumenti costruiti in passato e quelli oggi provenienti dalla Germania e dagli Stati
Uniti sono considerati generalmente fra i migliori esemplari. Vanno ricordati in particolare i
pianoforti creati da Karl Bechstein e dai suoi discendenti, e dagli statunitensi Steinway e
Chickering. Molto pregiati sono anche i pianoforti austriaci Bösendorfer.
L'estensione dei primi pianoforti era, come nei clavicembali, di quattro o al massimo cinque
ottave. L'ambito fu poi gradualmente esteso, fino a raggiungere più di sette ottave. Venne
progressivamente potenziata la struttura dello strumento, passando dal telaio in legno, che
facilmente non sopportava l’ammontare della tensione delle corde, per cui si “imbarcava”,
a quello in ghisa monoblocco, capace di sopportare una tensione complessiva che, nei gran
coda moderni, arriva sino a 18 tonnellate.

21 XXIV
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22 XXIV
BACH ED HÄNDEL
SINTESI DELL’ETA’ BAROCCA

JOHANN SEBASTIAN BACH (Eisenach, Sassonia 1685 - Leipzig 1750)


La famiglia Bach è stata la più numerosa e più giustamente celebre di tutta la storia della musica (da Veit, inizi del 1500 a Wihlem Friedrich Ernst,
1
morto nel 1845); i Bach furono più di 100 fra organisti, compositori, maestri di cappella; operarono in Germania (specie in Turingia ed in Sassonia) / J. S.
trascorse la sua vita in una ristretta zona della Germania centrale (Turingia, Sassonia e dintorni); condusse la sua vita in semplicità e modestia lontano
dalle grandi capitali della musica; fu al servizio delle comunità luterane e piccole corti / Iniziato alla musica dal padre, Johann Ambrosius ne rimase
orfano all’età di dieci anni, ed il fratello maggiore, Johann Christoph, organista, si prese cura di lui. A 15 anni J. S. divenne cantore nel coro della chiesa
di San Michele a Lüneburg; a 18 entrò a far parte, come violinista, dell'orchestra da camera del principe di Weimar Johann Ernst; in quello stesso anno si
trasferì ad Arnstadt, assumendo il ruolo di organista nella chiesa. Grande ammiratore del celebre organista Dietrich Buxtehude, nell'ottobre del 1705
ebbe l’occasione di frequentarlo per circa quattro mesi. L’influsso che il grande organista ebbe sul giovane J.S. fu di rilevante importanza. Nel 1707 spo-
sò una cugina di secondo grado, Maria Barbara Bach, dalla quale ebbe 7 dei suoi 20 figli, e si trasferì a Mülhausen come organista della chiesa di San
Biagio. Tornò a Weimar l'anno seguente occupando il posto di organista e violinista alla corte ducale di Wilhelm Ernst peri nove anni, assumendo nel
1714 l'incarico di direttore dell'orchestra di corte. A Weimar compose circa trenta cantate, oltre a musica per organo e per clavicembalo / Era molto
richiesto come consulente e collaudatore di organi, oltre che come virtuoso dello strumento. Nel 1717 divenne maestro di cappella e direttore della mu-
sica da camera per sei anni alla corte del principe Leopoldo di Anhalt-Cöthen. Durante tale periodo compose principalmente musica profana per stru-
menti solisti e gruppi strumentali: sono di questo periodo i 6 Concerti Brandemburghesi (1721), le 6 Sonate e partite per violino solo e le suites
per violoncello solo, oltre alla migliore serie di raccolte a scopo didattico per i figli; è di questo periodo il primo libro del Clavicembalo ben Tem-
perato (1722). La moglie morì nel 1720 e l'anno seguente prese in sposa Anna Magdalena Wilcken, cantante presso la stessa corte. Nel 1723 si trasferì a
Lipsia, dove trascorse il resto della sua vita assumendo vari incarichi, da direttore musicale e maestro del coro della chiesa, della scuola di San Tomma-
so, e di direttore del locale Collegium Musicum (fondato da Teleman); qui ebbe numerosi scontri con le autorità cittadine che non apprezzavano il suo genio musicale (lo considera-
vano un uomo dalle idee antiquate, ostinatamente attaccato a uno stile musicale ormai fuori moda). Negli ultimi anni della sua vita la sua vista peggiorò costantemente a causa di
una cataratta, ed una fallace operazione chirurgica lo ridusse completamente cieco.

Bach era un fervido credente nel culto luterano, ciò traspare genericamente in tutta la sua opera, ma particolarmente nelle cantate. Bach scrisse tre cicli di cantate sacre
(corrispondenti agli oratori di Pasqua, dell'Ascensione e di Natale) che non erano direttamente collegate al culto; in queste composizioni l'evocazione degli avvenimenti sacri è
espletata in una forma più narrativa, descrittiva, dialogata. Queste cantate Bach le definisce oratori. In un ciclo liturgico si avevano circa una sessantina di cantate; egli ne scrisse
cinque cicli completi, quindi circa 300 cantate, anche se ne sono rimaste poco più di 200 (molta della sua musica è stata oggetto la di vari scempi). La maggior parte di queste
furono composte a Lipsia. Le cantate sacre di Bach erano in lingua tedesca, ed erano formate da più brani che alternavano cori, recitativi ed arie. La maggior parte delle canta-
te sono per soli, coro e orchestra, e alcune solo per soli e orchestra. L'orchestra di Bach era normalmente formata da 20-25 elementii: archi, fiati, oboi, oboi da caccia e d’amore,
fagotti, trombe. Dopo l’inizio orchestrale la cantata prosegue poi con una successione alternata di brani per soli e accompagnamento e si conclude con un corale basato su un sempli-
ce inno luterano. La musica, sempre aderente al testo, conferisce alle cantate una elevatissima nobiltà spirituale.
Le cantate di Bach si possono suddividere in due tipologie:
Cantate su corali nei cui testi prevalgono i corali. Un esempio di questa tipologia è la cantata n°4 Christ lag in Todesbanden, il testo è di Martin Lutero.
Cantate su testi poetici liberamente composti, ove prevalgono parafrasi di testi biblici alternati a passi della Bibbia e a corali. In questa tipologia sono più numerosi i recitativi
che le arie. Un esempio tipico di questa tipologia è la cantata n° 161, Komm, du Süsse Todesstunde.
Importanti sono anche i 6 Mottetti a 5-8 voci, a cappella. Anche questi sono destinati al culto; sono su testo biblico e sono cantati come introduzione al rito in circostanze speciali.
Le passioni derivano da una tradizione che si era formata già agli inizi del ‘700 in Germania, e aveva assunto tre forme particolari:
a) la passione in forma di cantata o di ciclo di cantate (Bach non la trattò);
b) la Passione-Oratorio, consistente in un testo poetico originale diviso fra recitativi, cori e arie;
c) la Passione tratta direttamente dal Vangelo, ove si inseriscono delle interpolazioni con commenti basati sui corali luterani o su altri pezzi.

1 XXV
Le due monumentali Passioni che sono rimaste fra le cinque che la musicologia attribuisce al grande Bach appartengono a questa terza tipologia. Di una terza Passione (secondo S.
Marco, è rimasto solo il libretto). La Passione secondo S. Giovanni e la Passione secondo S. Matteo (per doppio coro, orchestra e due organi) furono composti a Lipsia, insieme
alla monumentale Messa in si minore: queste opere rappresentano i più grandi capolavori ove Bach esternò più compiutamente il suo profondo senso religioso insieme al Magnifi-
cat.

Bach scrisse circa 30 cantate profane, scritte per il Collegium Musicæ. La maggior parte di queste cantate vennero scritte durante il periodo di Lipsia, o per occasioni celebrative
(onomastici, nozze, ecc.). Due di queste cantate sono su testo italiano, le restanti sono su testo tedesco.
Bach scrisse circa 250 composizioni organistiche, in parte durante gli anni giovanili (Arnstadt, Weimar) e in parte durante gli anni di Lipsia. In questa produzione spiccano L’Or-
gelbüchlein, composto per finalità didattiche, e per il figlio maggiore Wilhem Friedemann, molte toccate e fughe, e la Passacaglia in Do minore.
La produzione organistica della maturità vede i Schübler Choräle e i diciotto cosiddetti Corali di Lipsia.
Bach dedicò una corposa produzione musicale al clavicembalo. Questo strumento fu per Bach il mezzo per poter esternare la sintesi fra gli stili tedesco, francese, italiano, che ebbe
modo di fruire durante gli anni di studio compiuti in gioventù. Fu proprio pensando al clavicembalo che Bach scrisse delle opere "sperimentali”, ossia innovative in quanto saranno
itineranti per la successiva storia della musica: il Concerto Italiano: un brano scritto per clavicembalo a due tastiere che riporta sulla partitura la prassi dinamica d’esecuzione
propria di un concerto barocco italiano (caso quasi unico per quei tempi); le due raccolte del Clavicembalo ben Temperato: una serie di brani eseguibili su qualunque stru-
mento a tastiera accordato secondo il (nuovo) sistema temperato equabile.
Bach compose un intero excursus didattico per clavicembalo: per il figlio Wilhem Friedemann scrisse un Clavier – Büchlein (1720) che conteneva una cinquantina di brani suoi e
di altri autori; in questa raccolta si trovano:
i 15 preambula (che in seguito verranno poi raccolte a parte con nome di Invenzioni a due voci);
le 15 fantasie (che, analogamente, saranno poi estrapolate e raccolte con nome di Invenzioni a tre voci);,
11 preludia (che si trovano interi o parte di essi nei preludi del Clavicembalo ben temperato).
Un altro Clavier – Büchlein per Anna Magdalena è datato anch’esso 1722, e comprende le prime cinque delle sei Suites, oggi più comunemente definite francesi. Ma la raccolta
di gran lunga più importante è Das Woltemperierte Clavier, concepito come una dimostrazione scientifica circa la possibilità di comporre in ventiquattro diverse tonalità una
volta che la tastiera venga accordata secondo il "nuovo" sistema temperato.
Il progetto didattico clavicembalistico di Bach continua e si ultima con i quattro volumi della raccolta intitolata ClavierUbung (letteralmente esercizi per strumento a tastiera).
l primo volume contiene le 6 Suites o Partite;
il secondo volume contiene il Concerto italiano e l’Overture alla maniera francese;
il terzo volume è la raccolta più singolare e corposa; contiene una ventina di corali d'organo che rappresentano la summa di tutta l’arte organistica bachiana in fatto di
elaborazioni di melodie luterane; alcuni sono concepiti in forma di corale-mottetto, altri in forma di canone o di fuga.
Il quarto volume comprende il secondo volume del Woltemperierte Clavier, e le Variazioni Goldberg (denominate così da Bach in omaggio ad un suo allievo, per il quale
furono scritte, che soffriva di insonnia).
La produzione musicale da camera di Bach prevede le 6 Sonate e Partite per violino solo, e le 6 suites per violoncello solo.
Nella produzione orchestrale spiccano i 6 Concerti Brandemburghesi, composti per il “margravio” del Brandemburgo. Notevole fu l’influsso di Vivaldi per quanto riguarda la
forma del concerto. Questi lavori appartengono alla tipologia dei concerti grossi, e infatti prevale il contrasto netto fra i differenti strumenti (ad arco, a fiato e da tasto) del concer-
tino. Nel terzo e nel sesto concerto il concertino è assente. Rientrano sempre nella produzione orchestrale le cinque suites per orchestra, i 13 concerti per 1, 2, 3 o 4 clavicembali ed
archi, i 2 Concerti per violino e archi, ed un Concerto per 2 violini e archi.
Di difficile catalogazione rimangono due monumentali opere:
l'arte della fuga; (1749 - 50) il più grande monumento compositivo alla forma principe del contrappunto, rimasta incompiuta; è una raccolta di 14 fughe e 4 canoni basati tutti
sullo stesso tema, ove Bach non ha precisato per quale strumento o organico strumentale in particolare fosse destinata.
l'offerta musicale, che raccoglie composizioni in forma di canone e di fuga di ogni tipologia.

2 XXV
Bach trattò tutti i generi musicali conosciuti tranne l’opera: detestava il melodramma; la stragrande maggior parte della sua
produzione era destinata ad un uso locale o personale / La sua fama si diffuse presto come organista, molto meno, invece,
mentre era in vita, come compositore / Era capace di carpire ogni risorsa del linguaggio musicale del suo tempo; valorizzava
al massimo l'importanza che ogni voce e ogni strumento aveva per l'insieme. Quando la musica era associata a un testo, essa
seguiva da vicino ciò che veniva espresso verbalmente: così una melodia ondeggiante poteva rappresentare il mare e un ca-
none raffigurare l'adesione dei fedeli agli insegnamenti del Cristo / La maestria nel valutare e sfruttare i mezzi, gli stili e i gene-
ri del suo tempo gli permetteva di ottenere straordinarie trasposizioni di linguaggio: egli era in grado di trasformare una com-
posizione italiana d'assieme, come un concerto per violino, in un brano per strumento solista; esemplare è, a tal proposito, il
Concerto Italiano (1734) per cembalo: rappresenta la trasposizione per strumento solista (clavicembalo) del modello stilistico
adottato nelle composizioni orchestrali dei compositori italiani del tempo. La sua tendenza per le costruzioni complesse trovò
la massima espressione nelle numerose opere per clavicembalo e organo. L'enorme sapienza tecnica e la potente espressività
della musica di Bach sono gli indiscussi elementi della sua grandezza / Il catalogo sistematico e completo delle opere di Bach è
stato redatto da Wolfgang Schmieder (I ed. Lipsia, 1958), la sigla che contraddistingue la catalogazione è BWV (Bach Wer-
ke Verzeichnis).

LA RISCOPERTA DI BACH
Negli anni che seguirono la sua morte, Bach venne ricordato più come virtuoso di organo e di clavicembalo che come compo-
sitore. Le sue esibizioni gli avevano assicurato la fama di grande organista, ma la forma contrappuntistica delle sue composi- Riproduzione della prima pagina manoscritto di un preludio.
zioni suonava antiquata e oscura alle orecchie dei contemporanei, le cui preferenze andavano generalmente all'emergente
stile galante preclassico, più omofonico e scevro di fittezze contrappuntistiche nella struttura, e al melodramma. A causa di ciò
negli ottant'anni successivi della sua vita, la sua musica fu pressoché estranea all’attenzione di musicisti e pubblico. Tra i com-
positori dell'epoca vi fu tuttavia chi ammirò profondamente l'opera di Bach, come ad esempio W. A. Mozart e L. v. Beetho-
ven / Il risveglio dell'interesse per la musica bachiana iniziò verso la metà dell'Ottocento, e coincise con la nascita di una nuova
disciplina storica: la musicologia. Quasi istintivamente le personalità ottocentesche si ritrovarono a compiere una indagine
storica sui valori (musicali) del passato, riportandoli alla luce. Contemporaneamente si sentì, in Germania, l’esigenza di rinsal-
dare la cultura germanica ed i suoi valori luterani. Il tedesco Felix Mendelssohn-Bartholdy, uno dei più autorevoli musicisti
del romanticismo fu il primo grande artefice della “resurrezione” dei capolavori di J. S. Bach e, contemporaneamente, di
G.F.Händel. L’11 marzo 1829 venne allestita a Berlino un'esecuzione della Passione secondo Matteo: fu l’inizio della “Bach -
Renaissance”. La Bach Gesellschaft, società bachiana istituita nel 1850, si dedicò assiduamente al reperimento, alla cura, alla
pubblicazione e allo studio delle sue opere. Il "revival
L’OPERA
di Bach" coincise con la fioritura del romanticismo; ma
L’OPERA agli inizi la sua musica venne interpretata con erronei
Composizioni orchestrali: 6 concerti brandeburghesi (1721). 3 concerti per violino (1720 criteri stilistici che, solo in seguito, le ricerche musicolo-
ca). 14 concerti per cembalo. 4 suite per orchestra.
Composizioni per clavicembalo: 6 suite inglesi per clavicembalo (1720 ca). 6 suite francesi
giche preciseranno. La musicologia novecentesca, sti-
per clavicembalo (1720 ca). 7 toccate per clavicembalo. 6 molata dall'entusiasmo di Albert Schweitzer– medico
partite per clavicembalo. 32 Variazioni Goldberg (1742). missionario, organista e musicologo – arrivò gradual- Riproduzione di una delle pagine del manoscritto “Quaderno di Anni Ma-
“Il clavicembalo ben temperato”: 48 preludi e fughe in tutte
le tonalità maggiori e minori (composti rispettivamente nel mente a individuare principi esecutivi più fedeli alla
gdalena”.
1722 e 1744, ma stampati postumi nel 1799). pratica dell'epoca di Bach e alla sua musica / Nella
Composizioni per organo: 170 Corali. Toccate, fughe, preludi, fantasie. 18 corali di Lipsia.
Corali dell’Orgelbuechlein (1715).
composizione Bach fu essenzialmente un autodidatta:
Musica da camera: 3 sonate e 3 partite per violino solo (1720 ca). 6 suite per violoncello il suo principale metodo di studio, secondo l'uso del
solo (1720 ca). 6 sonate per violino e clavicembalo (1720 ca). 3 sonate tempo, consisteva nel ricopiare le partiture dei maestri
per viola da gamba e clavicembalo (1720 ca). 2 suite, 2 partite e 2 preludi
per liuto solo. “L’offerta musicale” in Do (1747). “L’arte della fuga” in Re
francesi, tedeschi e italiani suoi contemporanei – ad
(1749 - 1750) esempio di Antonio Vivaldi, di cui trascrisse vari con-
Musica vocale: 214 cantate (pervenuteci) fra sacre e profane per soli, coro e orchestra. certi – e di epoche precedenti. Egli seguì questa prati-
Passione secondo San Giovanni (1724). Magnificat in Re maggiore (1728).
Passione secondo San Matteo (1729). Oratorio di Natale (1734) Messa in Si ca per tutta la vita e spesso compose arrangiamenti di
minore (1738). Oratorio di Pasqua. 6 mottetti a cappella (5 - 8 voci). opere di altri autori.

3 XXV
2

4
Stretto trascritto a 5 parti separate della Fuga XXII (I vol.)dal «Clavicembalo ben
Temperato» di J. S. Bach.

Esempio di una Fuga di Bach in Sol min. tratta dal I libro del Clavicembalo ben Temperato.
La risposta del soprano al soggetto esposto dal contralto è tonale. Nella fuga non esiste
nessuna parte secondaria: nessuna voce accompagna, e nessuna prevale; tutte le voci hanno
una parte principale. Bach portò la forma della fuga ad un livello artistico e ad una comples-
sità costruttiva mai viste in precedenza.

Esempio di progressione (in parte


monotonale ed in parte modulante)
tratto dalla fuga XXIV del I vol del
«Clavicembalo ben Temperato» di
J. S. Bach.

Bach impiegò molti artifici quasi “madrigalistici” per il illustrare più efficacemente il senso
del testo. L’esempio sopra riportato è tratto dalla Passione secondo S. Matteo; il commento
musicale dato alle parole Wohl an dem Kreuze lange (“sopporta le pene della croce”) contenu-
te nell’ultimo verso del corale del brano O Mensch beweine (“Lamenta o uomo il tuo pecca- 5
to”) che concludono la prima parte della Passione è un esempio eclatante. L’intervallo di
semitono esprime il pianto (al contralto ed al tenore nella prima misura), mentre gli arditi salti
d’ottava nella linea del basso diventano, sulla parola lange (“sopporta”), salti di settima. Inol-
tre la linea melodica ascendente e discendente delle due voci superiori è l’esempio di un chia-
smo, ossia una “figura retorica” che esplica musicalmente la forma della croce.
4 XXV
6

Preludio a fuga in re minore, tratto dal primo libro de “Il Clavicembalo ben
Temperato”.

5 XXV
Un corale (BWV 121) tratto dalla centinaia di corali del grande compositore tedesco; molto rile- Pagina iniziale della Can- 8
vante è l’andamento melodico della melodia. tata BWX 51 per Soprano,
Tromba, Violini, viola e
7 Basso Continuo.

6 XXV
9

La più monumentale costruzione architettonica basata


sulla fuga: “L’arte della fuga”; di seguito vengono
riportati l’indice è la partitura del primo “contappunto”.

7 XXV
10

Tema e prima
variazione
della monu-
m e n t a l e
opera bachia-
na 32 Varia-
zioni Glo-
dberg”.

8 XXV
811

9 XXV
12

Uno dei più grandi capolavori mai creati per organo: la Passacaglia in do minore di J.S. Bach. Notevole è la pari importanza esecutiva
data al pedale, non a caso il brano inizia con il tema affidato alla parte del pedale. In questo supremo capolavoro la perizia contrappuntisti-
ca del grande Maestro viene espressa in una moltitudine di combinazioni; le variazioni che si susseguono fittamente una dopo l’altra ap-
portano ogni volta un assunto nuovo, sia nel disegno melodico - armonico e sia nella timbrica, data dalla combinazione dei registri.

13

Nella parte centrale, la grandiosa “Macchina contrappuntistica” si arresta sulla tonica per iniziare subito dopo una riesposizione del tema
fugatum, ossia con un “controtema”presentato insieme al tema principale; da questo punto lo spessore polifonico diventa ancora più fitto per
culminare, dopo un percorso musicale che ha impegnato tutte le canne dell’organo, in un gigantesco accordo di sesta Napoletana sul tono
della sottodominante (s). Segue la coda che conclude la magnifica composizione con un cromatismo dissonante sul pedale di tonica che risol-
ve, nell’ultima battuta, sullo splendente accordo di Do Maggiore.

10 XXV
GEORGE FRIEDRICH HÄNDEL (Halle 1685 - Londra 1759)
14 Händel fu l’esatto contrario del suo coetaneo J. S. Bach in merito alla vita condotta, e alle scelte musicali adoperate; princi-
pe nelle più importanti città del periodo, dei più prestigiosi teatri, e delle grandi corti > Händel; “relegato” a piccoli centri di
provincia ed alle comunità religiose > Bach; famosissimo e ritenuto il più grande compositore vivente dai contemporanei >
Händel; sconosciuto al grosso pubblico come compositore, anzi criticato per le sue vetuste scelte compositive, ed apprezzato
solo come organista > Bach; principe del melodramma a Londra > Händel; completamente estraneo al melodramma >
Bach. E’ un dato certo il fatto che J. S. Bach abbia conosciuto (per fama, chiaramente) Händel, infatti ricopiò un pò della
sua musica; ma non ci sono tracce di prove in merito al fatto che Händel abbia potuto conoscere Bach, o la sua opera /
Per tutta la vita Händel evitò la rigorosa osservanza delle rigorose tecniche contrappuntistiche che furono proprie di Bach.
Nacque in Sassonia, e fu avviato dal padre agli studi giuridici che seguì sino all’università, alternandoli a quelli musicali. A
18 anni si recò ad Amburgo, dove lavorò come violinista d’orchestra e fece conoscere le sue prime composizioni teatrali. At-
tratto dall’ambiente musicale italiano, fu poi a Napoli, Firenze, Roma e Venezia, dove raccolse significativi successi. A Roma
ebbe modo di conoscere ed anche più volte “gareggiare” con alcuni suoi contemporanei grandi musicisti come Domenico
Scarlatti (che lo giudicò insuperabile all’organo, ma non al cembalo) e Arcangelo Corelli. Nel 1710 ottenne la carica di mae-
stro di cappella alla corte di Hannover ed iniziarono i suoi contatti con l’Inghilterra, dove si stabilì nel 1714. Qui, grazie anche
all’appoggio del re Giorgio I, divenne uno dei protagonisti della vita musicale e introdusse il gusto per l’opera seria, o italia-
na, che tenne campo a Londra per molti anni. Compose una suite per orchestra per celebrare i diporti fluviali di Giorgio I,
che chiamò Water Music (1715 - 17). Assunta la direzione di un teatro, trionfò con lavori quali Giulio Cesare e Serse, che mostrano una profondità di espressione
ignota all’opera seria del tempo. Nel 1741, amareggiato dai successi delle nuove compagnie italiane e della ballad - opera inglese, Händel abbandonò il teatro. Da
allora intensificò la produzione degli oratori. Nel corso degli anni Trenta Händel si dedicò all'oratorio drammatico in lingua inglese, componendo l'Athalia (1733) e
il Saul (1739); in seguito si dedicò alla composizione strumentale, e scrisse alcuni dei suoi più celebri concerti > i 6 concerti op. 4, (1736, di cui cinque con organo soli-
sta e uno con l'arpa), e i 12 concerti grossi op. 6 (1739). Nel 1742 l'oratorio Messiah, la sua opera più nota, fu eseguito per la prima volta a Dublino. Händel con-
tinuò a comporre oratori, creando capolavori come il Samson (1743) e il Solomon (1749), fino al 1751, anno nel quale iniziò ad avere problemi di vista. Nel 1749
compose una delle sue opere più celebri, la Music for the Royal Fireworks, per celebrare la firma del trattato di pace di Aquisgrana, con il quale si pose fine alla
guerra di re Giorgio; è una suite per banda di fiati e timpani concepita per accompagnare lo spettacolo dei fuochi d’artificio all’interno delle celebrazioni. Nel 1751, a
seguito di un fallace intervento chirurgico che lo ridusse cieco, Händel cessò di comporre, confortato fino alla morte dalla stima del mondo musicale. Si spense a Lon-
dra nel 1759.
Le opere dei due compositori, viste nel loro insieme, riassumono bene il periodo in cui vissero. Dopo la loro morte le forme musicali più importanti del barocco (trio,
sonata e concerto grosso) scomparvero quasi del tutto / L’influenza di Händel è da ricercarsi nella forza drammatica e nel lirismo della sua musica. L'eredità mag-
giore di Händel alla posterità è costituita dall'oratorio, un genere in parte derivato da una tradizione preesistente ma profondamente rinnovato dal grande Mae-
stro di Halle. Compositori come F. J. Haydn e Felix Mendelssohn-Bartholdy gli saranno debitori / Il modello degli oratori händeliani si ebbe con Esther (1720) / Hän-
L’OPERA del colse appieno il gusto e le aspettative del pubblico inglese della classe
Composizioni da camera: 8 suite per clavicembalo (1720). Sonate per 2 strumenti e b.c. media che amava il canto corale e gli argomenti biblici rispetto alle opere
Composizioni orchestrali: Musica sull’acqua, suite (1717). 12 concerti per organo op. 4 (1738). 4 concerti per
organo op. 7 (1761 postumi). 6 Concerti grossi op. 3 (1740). 12 Concerti grossi op. 6
italiane, e le allusioni al patriottismo celate dietro ai personaggi biblici / Nel
(1740). Musica per i reali fuochi d’artificio, suite (1749). più famoso oratorio della storia, Il Messiah, Händel affrontò senza com-
Composizioni vocali: 1) - 21 oratori sacri e profani, tra cui si segnalano: Esther (1718). Il banchetto di Alessan-
dro (1736). Israele in Egitto (1739). Saul (1739). Il Messia (1742). Sansone (1743).
promessi il tema cruciale del Cristo, della sua natura e della sua missione. Il
Ercole (1745). Giuda Maccabeo (1747). Teodora (1750). Jefte (1751) libretto si scinde in tre parti: “L’avvento di Cristo”, nn°1 - 19; “La redenzio-
2) - 42 opere, tra cui si segnalano: Rinaldo (1711). Aci e Galatea (1718). Giulio Cesare ne”, nn°20 - 42; “La funzione del Cristianesimo nel mondo”, nn°43 - 52. I
(1724). Tamerlano (1724). Rodelinda (1725). Alessandro (1726). Orlando (1733).
Partenope (1730). Sosarme (1732). Alcina (1735). Ariodante (1735). Atalanta brani corali presenti sono quasi la metà: 21
(1736). Serse (1737, l’unica fra le 42 ad avere elementi comici) su un totale di 52, ed il più famoso è il
Composizioni vocali profane: Apollo e Dafne, cantata (1710 ca). Aminta e Fillide, cantata (1710 ca). celeberrimo ALLELUJA.
Ode per il compleanno della regina Anna (1713). Ode a Santa Cecilia (1739).

11 XXV
Hendel compose quarantadue opere teatrali tutte del genere serio su libretto italiano; fanno eccezione a questa serie poche opere tedesche scritte in gioventù per il
teatro di Amburgo. Un commento a se è merita l'opera Serse, del 1738, che a differenza delle altre opere presenta degli elementi comici. Le opere di Hendel presentano
dei soggetti che si sposavano bene con il gusto del pubblico, assolutamente il primo obiettivo degli operisti; non bisogna dimenticare che Hendel visse e operò nel perio-
do del pasticcio, in un periodo cioè in cui la parola d'ordine era tagliare e mischiare. Ogni atto di un'opera di Hendel era interamente occupato dall'alternanza di reci-
tativi e di arie; pochi erano i duetti e i cori; le arie di Hendel hanno spesso la forma con il da capo, anche se Hendel ebbe modo di sperimentare molte altre strutture.

Hendel scrisse ventidue oratori: e a questa produzione che si deve la sua più grande gloria sia in Inghilterra sia agli occhi della storia della musica futura. Eccezion fatta
per i due oratori giovanili, tutta la sua produzione di oratori nacque in terra inglese. Il grande successo che ebbero gli oratori händeliani si deve in primo luogo alla conce-
zione che egli aveva della forma oratorio > grandiosità, musica dalla grande energia e vigore espressivo, magistrale impiego del coro (che sta dentro e fuori l’azione: dentro
quando fa parte della trama come personaggio collettivo, e fuori quando espleta un commento sugli episodi succedutisi). Il grande interesse di Händel per il coro trova
radici nella tradizione inglese del canto corale, e agli anthems (> le cantate su testi biblici in inglese per soli, coro ed orchestra). Compose molti anthems, salmi e mottetti .
Il grande successo che i suoi oratori ebbero in terra inglese lo si deve a due fattori:
questi avevano libretto in lingua inglese e quindi era molto fruibile dai ceti medi, a differenza delle opere in lingua italiana che venivano cantate al King’s Theatre,
e che
quindi erano destinate ad un pubblico di pochi aristocratici.
I suoi oratori svolgevano argomenti tratti dall'antico testamento.
Nei suoi oratori Hendel realizzò un tipo di drammaturgia musicale molto dinamica; adesso vengono valorizzati il recitativo accompagnato, l'arioso e l'aria.

Molto importanti sono le due raccolte di Concerti grossi op. 3 per flauti oboi e fagotti con archi e basso continuo, insieme ai Concerti grossi op. 6 per archi e basso
continuo, pubblicate nel 1740; in questi concerti Hendel mette in risalto il virtuosismo degli esecutori. Egli continuò ad impiegare la forma del concerto grosso di stampo
corelliano in un'epoca in cui si sta affermando già il concerto solistico.

La figura di Hendel è molto importante anche per lo sviluppo degli strumenti a tastiera, in special modo dell'organo di cui era virtuoso esecutore; e gli conferì una fun-
zione solistica all'organo. Nella sua produzione strumentale assumono rilevante importanza:
* i concerti per organo e orchestra op. 6 e op. 7;
* le due singolari suites per orchestra barocca: la Water Music che fu eseguita in occasione di una gita del re sul Tamigi, e la suite Music for Royal Fire-
works, scritta in occasione della celebrazione della pace di Aquisgrana, nel 1748, tra Francia e Inghilterra.
* una serie di concerti: 3 per oboe; 1 per violino e oboe; 1 per corni e 2 clavicembali; 4 per insiemi di fiati.
* tre overtures e 8 sinfonie per vari contesti strumentali.
* molte sonate da camera per diverse formazioni strumentali, fra cui hanno rilievo particolare le sonate dell'opera 1 (15 per flauto, oboe e violino e basso
continuo), dell'opera 2 (6 per due violini e oboe, flauti e basso continuo) e dell'opera 5 (7 per due violini o flauti e basso continuo).

Le suites (o partite) di Hendel per clavicembalo rifuggono dagli schemi tradizionali, e si basano su una nuova varietà di movimenti tutti tratti dalla danza. Tratto di-
stintivo di queste suite è il virtuosismo: Hendel ne era un eccellente esecutore. Un esempio molto tipico di questa tipologia di composizioni sono le variazioni sopra l'aria
dal titolo il fabbro armonioso.

12 XXV
15

17 Rinaldo, foto di scena


con Samuel Ramey
nella parte di Argante
(regia di Frank Corsa-
ro, scene di Mark Ne-
gin, Metropolita Opera,
New York, 1984). Lo
sfarzo e l’opulenza del
barocco dominano
16
l’allestimento del 1984
fin nei minimi dettagli:
nella foro è ritratto il re
di Gerusalemme come
controparte esotica del
condottiero cristiano
Rinaldo

13 XXV
Recitativo e Aria
18
di Almirena tratti
dalla prima opera
italiana interamen-
te nuova (ossia
senza nessun
procedimento di
pasticcio o cento-
nizzazione) di
G.F.Händel su
libretto di G.Rossi:
RINALDO, de-
sunto da una riela-
borazione della
Gerusalemme
Liberata di T.
Tasso; prima
rappresentazione
Londra, Queen’s
Theatre 24 Feb-
braio 1711. La
spiccata vocalità
della bellissima
melodia che carat-
terizza l’aria
«Lascia ch’i o
pianga», ha reso
questo brano molto
celebre.

Aria

14 XXV
19 P r i m e
pagine
dell’Over-
ture dell’-
o p e r a
Agrippina
di Hendel.

15 XXV
20

Duetto per due soprani e basso continuo di


Hendel.

16 XXV
21 Parte iniziale del celeberrimo coro “Allelujah” tratto dall’oratorio Il Messiah di
Handel.

17 XXV
18 XXV
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Seconda edizione, 1992 2, 3, 15
Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore,
Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol.
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Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 14 Amadeus speciale, marzo 2001, De agostani - Rizzoli periodici
1996 16, 17 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000
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Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS 21 Hendel, Il Messiah, ed. Peters
Editori

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1993 - 2001 Microsoft Corporation

Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

Amadeus speciale, marzo 2001, De agostani - Rizzoli periodici

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19 XXV
L’ETA’ CLASSICA: HAYDN, MOZART, BEETHOVEN I FIGLI DI BACH
Tre, fra i venti, furono i più autorevoli musicisti del loro tempo; la personalità graniti-
ca del padre soggiogò la formazione artistica dei tre, maggiormente di Carl Philipp
IL ROCOCO’ Emanuel, il quale si fece testimone per tutta la vita dell’opera del padre, e molto
Il Rococò fu, in musica, il periodo storico che va dal 1740 al 1770, ossia in mezzo fra meno di Johann Christian, che si diede all’opera / Musicalmente furono distanti dalle
l’ultimo barocco ed il classicismo. La musica prodotta in questo periodo evidenzia un scelte stilistiche paterne: nessuno diede la stessa importanza artistica alle cantate ed
carattere saliente che la contraddistingue nettamente dal barocco: l’ornamentazio- alle composizioni organistiche (il principale fulcro dell’arte musicale del grande Jo-
ne, l’inclinazione esplicita al decorativo; si affievolisce sensibilmente l’estetica della hann Sebastian). Il Clavicembalo li accomunò tutti e tre; ognuno di loro si dedicò
magnificenza propria del barocco. Il rococò in musica si riconosce nello stile galan- alle forme che divennero più in voga nel loro tempo: lo “stile espressivo” (Carl Phi-
te, diffusosi in Europa, con la variante tedesca dello stile “espressivo” empfindsa- lipp Emanuel), lo “stile galante” (Johann Christian).
mer / La cultura europea, nel trentennio in esame, si espresse in un nuovo ideale
estetico che, traendo le mosse dalla letteratura (principalmente da due romanzi WILHELM FRIEDEMANN BACH (Weimar 1710 - Berlino 1784)
epistolari: La nouvelle Eloïse di J. J. Rousseau, 1761, e I dolori del giovane Werter di W.
2 Figlio maggiore di Johann Sebastian Bach, dal
Göethe, 1774) si estese a tutte le forme d’arte: il galante. Lo stile galante manifesta-
carattere ribelle e spesso in contrasto con il padre,
va l’attenzione al sentimento, alla natura, alla semplicità e spontaneità; la musica che fu il suo primo Maestro; il grande Johann Se-
prodotta in questo periodo rispecchiò pienamente questi assunti / Lo stile galante bastian compose per lui il Klavierbüchlein. Dal
impose alla musica l’abbandono di tutte le complicazioni del contrappunto a favore 1733 al 1746 fu organista alla Sophien Kirche a
della semplicità melodica > pura melodia, riccamente ornata, poggiante solo sul so- Dresda, e in seguito alla chiesa di Nostra Signora
stegno del basso. Il basso continuo si andò estinguendo gradatamente, cedendo il di Halle fino al 1764. Abbandonato quest'ultimo
posto al basso albertino che era una perfetta sintesi armonica; snello e basato sui incarico, si guadagnò da vivere dando sporadica-
gradi fondamentali questo “nuovo basso” veniva realizzato su strumento a tastiera mente concerti e insegnando a Brunswick e a
(il clavicembalo, dopo il 1770 il forte - piano, e dal 1800 il pianoforte) / Nel periodo Berlino / La sua musica è spesso caratterizzata da
del rococò le forme strumentali largamente impiegate nel barocco furono riviste pro- contrasti improvvisi che le conferiscono un'impulsi-
fondamente nella struttura; sonata, sinfonia e concerto assumeranno adesso una vità inusuale per il periodo, e rappresenta pertan-
nuova forma, e diverranno le principali forme musicali del classicismo. to in maniera significativa il modello di musica preclassica fiorito a metà
del secolo XVIII / La sua produzione comprende una trentina di cantate,
GIOVAN BATTISTA SAMMARTINI (Milano 1701 - 1775) nove sinfonie, alcuni concerti e sonate per strumenti a tastiera, diverse fan-
Organista e maestro di cappella nella città tasie, fughe e preludi; importanti sono le Tre sonate per clavicembalo
1
natale (dove trascorse tutta la vita), comin- per l’affermazione della forma - sonata.
ciò come compositore di musica sacra, ma
produsse in seguito una grande quantità di
CARL PHILIPP EMANUEL BACH (Weimar 1714 - Amburgo 1788)
musica strumentale, tra cui 80 Sinfonie,
insieme a più di 200 sonate per ensam- Secondo figlio di Johann Sebastian Bach, compì anch’egli i primi studi
3
musicali con il padre. Tra il 1740 e il 1768 fu clavicembalista di Federico II
ble / Sammartini fu il primo compositore
il Grande, re di Prussia, (per questo fu chiamato “il Bach di Berlino”) di-
importante al quale è legato lo sviluppo ventando in seguito direttore di musica delle cinque chiese principali di
della Sinfonia, e la più importante personali- Amburgo / Carl Philipp Emanuel Bach fu uno dei principali esponenti
tà musicale pre - classica. Le sue sinfonie
dell'Empfindsamer Stil. Il suo trattato “Versuch über die wahre Art
sono in tre tempi e, la maggior parte, sono
destinate ad una formazione di archi. Nelle das Klavier zu spielen” (Saggio di metodo per la tastiera, 2 voll., 1753
sinfonie della maturità Sammartini ha già abbandonato il b.c., ed - 1763) costituisce una fondamentale fonte di informazioni sull'esecuzione
evidente è l’impiego del bitematismo. Ebbe fra i suoi allievi C. W. della musica settecentesca / La sua produzione strumentale è molto
Gluck e Johann Christian Bach, ed influenzò la produzione giovanile vasta: 210 brani per clavicembalo, 52 concerti, oratori, passioni e cantate
di Haydn e Mozart / Una delle sue notevoli innovazioni consiste nello sacre. E’ considerato uno degli iniziatori della musica strumentale moder-
sviluppo dell’Andante all’interno della sinfonia orchestrale. na. Il suo esempio influenzò Haydn ed il primo Beethoven.

1 XXVI
6

JOHANN CHRISTIAN BACH (Lipsia 1735 - Londra 1782)


Ultimo figlio di Johann Sebastian Bach, ricevette dal padre la prima
4
istruzione musicale, ma ne rimase orfano a quindici anni, e nel 1750
si trasferì a Berlino per studiare con il fratello Carl Philipp Emanuel
Bach. Trascorse otto anni in Italia, dal 1754 al 1760, come direttore di
musica del conte Antonio Litta a Milano e, dal 1760 al 1762, come
organista del Duomo. In questo periodo fu anche a Bologna, dove
studiò con Giovanni Battista Martini. Nel 1762 si stabilì a Londra e
presto divenne direttore musicale della regina; gran parte dei suc-
cessi allora ottenuti derivarono dalla padronanza dello stile proprio
dell'opera italiana. Dal 1764 fino alla morte diede numerosi concerti,
ove eseguiva brani dei suoi contemporanei, fra cui il giovanissimo
Wolfgang Amadeus Mozart / Johann Christian rinnegò la tradizione
di famiglia riguardante il ripudio verso l’opera, realizzando una
dozzina di opere in musica; a Milano realizzò la sua prima opera,
Artaserse (1761). Compose 60 sinfonie ed ouvertures, numerose
composizione sacre e sinfonie, nonché molti concerti e pezzi per pia-
noforte. Realizzò storiche innovazioni; egli fu il primo esecutore solista al pianoforte, ed il
primo compositore ad inserire il clarinetto nell’orchestra; il clarinetto si trova, infatti, nella sua
prima opera data a Londra, Orione (1763). W. A. Mozart fu influenzato dalla sua musica. Distribuzione dell’orchestra dell’Opera di Dresda diretta da J. A. Hasse (1750). Da J. J. Rousseau

5 7

Distribuzione dell’orchestra di Haydn per i «Concerti Solomon» (1791 - 93), secondo la ricostruzio-
ne di N. Zaslaw (1976)
Distribuzione dell’orchestra del Teatro Regio di Torino del 1790. Da F. Galeazzi «Elementi teorico -
pratici di Musica» (1791 - 96)

2 XXVI
IL CLASSICISMO 1770 - 1820 IL CLASSICISMO IN MUSICA
Il periodo del classicismo vede l’affermazione della musica strumentale (sia orchestrale che cameristica) in
CARATTERI una misura mai vista prima; ciò si riscontra pienamente nelle opere dei tre sommi esponenti del genere, ossia
Per la storia della musica il classicismo è il periodo seguente al Haydn, Mozart, e Beethoven, che crearono (a posteriori) la prima scuola di Vienna. Fu nel successivo
Rococò e precedente al Romanticismo. Il mondo culturale di periodo romantico che, in Germania, si identificò il concetto del “classicismo” musicale, mosso da rivendica-
questo periodo (letteratura, ed arti in genere) si avvicinò più zioni di stampo nazionalista proprie della cultura romantica; per i romantici tedeschi la musica strumentale
sensibilmente all’esempio dell’antica Grecia e dell’antica Roma; venne identificata come la sola capace di esprimere veramente la natura intima dell’arte musicale, ed essi
il confronto continuo con le grandi testimonianze artistiche del ravvisarono in questa la vera rappresentante del “classicismo viennese”. La musicologia ha riconosciuto in
mondo antico fu un aspetto primario della cultura europea Haydn il “Padre dello stile classico”, unitamente a “Padre della forma - sonata classica” / Lo stile classico fu
del tempo. Questa attenzione aveva profonde radici storiche: la sintesi di più correnti stilistiche affermatesi dopo il 1760: stile Galante ed Empfindsamer, uniti alle preesi-
si era manifestata a partire dal Medioevo, ma dal pieno Rina- stenti tradizioni della musica italiana, tedesca e francese; nelle opere del giovane Haydn si riscontrano tutti
scimento alla prima decade dell’Ottocento ciò si fece sempre questi assunti / Vienna fu il luogo catalizzatore, il centro europeo di confluenza di tutti i più importanti as-
più sensibile. I teorici in genere, dal ‘500 in poi, avevano de-
sunti stilistici in musica. Vienna e Parigi furono le capitali europee della musica / Le peculiarità principali del
dotto che tutte le arti potevano aspirare alla più alta perfezio-
ne solo prendendo come modello le opere della Grecia classi- classicismo musicale si possono riscontrare nel grande equilibrio, inteso come supremo ideale compositivo, che
ca / Accanto al modello dell’antichità si seguirono gli ideali governa il senso della proporzione costruttiva, l’attenzione al discorso musicale, armonico, ritmico e melodico.
Tutto ciò trova la più piena esternazione nella musica strumentale / Lo stile musicale “classico” fu il risultato
stilistici dell’imitazione della natura; il tutto corroborato, nel
periodo illuminista, dal “nuovo” ideale estetico della ragione. di una spontanea sintesi di generi e tradizioni culturali musicali che perdurarono nel corso di tutto il ‘700; fra
Questi assunti si riscontrano nelle arti italiane, francesi, e di gli assunti più importanti bisogna citarne quattro:
tutta Europa / In Italia gli stilemi estetici del classicismo si tro- a) la tradizione del concerto, della sinfonia e del virtuosismo strumentale
vano pienamente nelle opere letterarie del Tasso, del Guarini b) la grande tradizione della scuola contrappuntistica
(così come in Francia nelle tragedie di Corneille e Racine), nei (sempre presente nonostante le semplificazioni apportate dallo stile galante)
dipinti di Raffaello, negli edifici del Bramante, nelle ville del c) i generi musicali, più intimi, da camera
Palladio. I punti cardine dell’estetica legata al classicismo si d) il mondo del teatro musicale
identificano principalmente negli aggettivi grazia, decoro, e- Lo stile classico si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa grazie all’ampia diffusione delle opere di Haydn. A
quilibrio, ordine, senso organico delle proporzioni e delle forme, Vienna (che condivideva con Parigi il primato di prima città europea nella musica) si istaurò uno stile com-
simmetria, ecc. positivo cosmopolita (fatto impensabile fino ad un cinquantennio prima) che racchiudeva le principali
direttive estetiche del classicismo in musica.

DIDATTICA ED EDITORIA MUSICALE


Il periodo storico in cui si affermò il classicismo musicale è il momento storico in cui gradualmente si affrancano i governi aristocratici-assolutisti e cominciarono a fiorire i go-
verni incentrati sugli ideali della borghesia liberale; le ripercussioni che questi eventi politici ebbero sulla vita musicale tout court furono rivoluzionarie: progressivamente cam-
biarono completamente le condizioni di vita dei musicisti ed il loro rapporto con il pubblico, si modificarono le tipologie di fruizione; si modificò drasticamente il concetto di
didattica / Furono rivisti ideologicamente gli antichi trattati allo scopo di creare dei metodi didattici che prevedevano un corso di studi progressivo per ciascuno strumento; il
“Gradus ad Prnassum” di M. Clementi per il pianoforte, così come i metodi Kreutzer e Rode per violino, sono tutt’ora in uso / Furono i filosofi dell’illuminismo a riconoscere
l’importanza della diffusione a tutta la società della musica in tutte le sue forme, e non solamente, come era prassi fino al 1750, ad un ristretto numero di interessati; D. Dide-
rot e J. J. Rousseau furono i primi esponenti che si impegnarono in tal senso / In questo periodo si intensifica l’interesse per la storia dei fatti musicali; grande eco ebbe
“Storia generale della musica dai Greci all’anno 1789” di C. Burney, seguita dal “Lessico storico - biografico dei musicisti” di E. L. Gerber, 1790 - 92 ecc. / La grande richie-
sta di spartiti, unita allo sviluppo della didattica, di metodi ed esercizi per strumento, comportò una crescita quantitativa di edizioni musicali impensabile fino ad un cinquan-
tennio prima. I processi di stampa furono migliorati con l’invenzione del procedimento litografico / Fra le principali case editrici che storicamente iniziarono la loro attività in
questo periodo, furono la Ricordi di Milano, e la Boosey di Londra.

3 XXVI
MUSICA E SOCIETA’
Il teatro in musica era il genere dominante: l’opera italiana (ed in misura minore quella francese) spadroneggiava ovunque. La lingua italiana era, allora, la lingua internazio-
nale ed ufficiale parlata da tutti i musicisti / Contemporaneamente si afferma tangibilmente la musica strumentale rispetto al passato: le composizioni orchestrali e da camera
divennero appannaggio di un pubblico più vasto, e non più solamente accessibili soltanto alle classi aristocratiche e nobili: nacquero i concerti pubblici, manifestazioni a pa-
gamento ove poteva accedere qualunque pubblico pagante; importante fu Londra con i “Professional Concerts”, istituiti dal 1785, diretti da I. Pleyel; i “Salomon Concerts”, dal
1791 al 1795, ove vennero organizzate le due tournèes di Haydn; nel 1815 nacque la “Royal Philarmonic Society”; a Parigi venne fondata nel 1725 la società “Concert Spirituel”, a
Lipsia dal 1781 operò il “Gewandhaus” / I musicisti passarono gradatamente dall’essere alle dipendenze di un principe o di una congregazione religiosa (situazione sociale pro-
trattasi fino a circa il 1750) all’attività di liberi professionisti che creavano su committenza. Haydn e Mozart si trovarono in mezzo all’epoca di tali cambiamenti. I musicisti eb-
bero più occasioni di suonare in pubblico; i compositori scrivevano opere su commissione per i teatri, e vendevano le loro composizioni agli editori / Nacquero le prime scuole
pubbliche di musica, il Conservatorio Nazionale di Musica di Parigi, fondato nel 1795, fu storicamente il primo istituto pubblico; dal modello parigino scaturirono istituti coevi
nelle maggiori città europee; il Conservatorio di Milano fu fondato nel 1808.

LA FORMA SONATA
La più importante fra tutte le forme musicali, la forma - sonata, si definì completamente nel periodo del rococò. Sonate, Sinfonie, Concerti, Trii, Quartetti, ecc. saranno tutti
imperniati sulla forma - sonata. Con questo termine si identifica principalmente la struttura del I tempo, l’Allegro, e venne impiegata soprattutto nei primi movimenti di
qualsiasi forma strumentale, sia solistica (sonate) che cameristica (quartetti, quintetti) nonché orchestrale (sinfonie e concerti) . L’Allegro in forma - sonata è costituito da due
temi, e tre parti; la forma - sonata è, dunque, bitematica e tripartita. La nascita della forma - sonata non viene attribuita nettamente ad un compositore, o un gruppo; la
musicologia moderna ritiene che in tutta l’Europa musicale del periodo si siano ravvisate da più parti, e nello stesso periodo, testimonianze compositive univoche riguardo l’a-
dozione della nuova forma. Lo stesso J. S. Bach diede un significativo esempio di preludio considerabile come “archetipo” della forma - sonata (> il preludio in Re Magg., da II
vol. del Clavicembalo ben Temperato del 1744, BWV 874). Carl Philippe Emanuel Bach realizzò compiutamente le prime importanti composizioni in forma sonata (> le 6
Sonate Prussiane, 1742).
La forma sonata è incentrata sullo scontro di due entità tematiche, una l’opposta dell’altra, dalle quali scaturiscono le tre parti:
Esposizione
Sviluppo
Ripresa
Nell’esposizione il primo tema inizia sulla tonica; segue un ponte modulante che porta al tono della dominante. Qui viene esposto il secondo tema che conclude l’ Esposizio-
ne; alla fine dell’esposizione si esegue il primo dei due ritornelli. Nello sviluppo vengono ripresentati i due temi unitamente ad altri elementi, ma sviluppati, ossia modificati,
variati secondo le intenzioni del compositore; lo sviluppo è caratterizzato da una tensione musicale maggiore, da uno scontro dualistico dei due temi di maggior intensità, e
RAPPRESENTA LA CIFRA PIÙ IMPORTANTE DELL’EVOLUZIONE STILISTICO - FORMALE DELLA MUSICA STRUMENTALE DEL PERIODO. La tensione accresciuta data dallo sviluppo, si
acquieta nella ripresa. Qui viene riproposto il primo tema come all’inizio, al quale segue il secondo tema ma, ora, anch’esso sulla tonica; una coda conclude la ripresa. Alla
fine della ripresa si esegue il secondo ritornello. La forma - sonata sarà la tipologia principe del classicismo, così come la fuga fu la tipologia più importante, ed elaborata, del
barocco / Il primo musicista che illustrò lo schema della forma - sonata fu Antonin Reicha (1770 - 1836), il quale nel trattato “Traitè de haute composition” elencò le “norme”
da seguire nella composizione di un primo movimento di in brano strumentale / La forma - sonata fu la tipologia formale più importante e diffusa, ma già alla data del 1840,
quando Carl Czerny, rifacendosi alle indicazioni di Reicha, stilò il trattato didattico “School of practical composition”, ove ampliava le deduzioni di Reicha, il mondo musicale
l’aveva già superata. Un insigne musicologo americano odierno, Charles Rosen, ha spiegato esaustivamente il significato formale ed estetico e l’importanza della forma - sona-
ta nel periodo in questione: “ - ...Non è una forma in senso stretto, come può essere il Minuetto, o l’Aria, o l’Ouverture francese; è piuttosto, al pari della fuga, un modo di
scrivere in musica, rappresenta una determinata sensibilità per la proporzione e per gli stati di tensione - „ .

4 XXVI
LA SINFONIA P (temi principali) T (temi di transizione) S (temi secondari) K (temi di chiusura aventi fun-
La forma della sinfonia riferita alla musica strumentale si rifà alla sinfo- zioni di cadenza) sono dei simboli convenzionali adottati da Jan LaRue per indicare la funzio-
ne dei temi musicali all’interno di un movimento in forma - sonata. Il seguente schema riporta
nia d’opera di A. Scarlatti, ed è in tre tempi: Allegro - Largo - Presto. gli eventi armonici e tonali che in essa si susseguono.
La sinfonia d’opera settecentesca che fungeva da introduzione, non era
8
connessa tematicamente all’opera stessa, per cui poteva benissimo venir
eseguita separatamente. Così vennero eseguite da sole in luogo di un
concerto grosso a partire dal 1730. G.B. Sammartini fu la principale
figura musicale di rilievo per l’affermazione della sinfonia / Fuori dall’I-
talia nei decenni a cavallo il 1750 emerse la città di Mannheim per la
produzione sinfonica; a Mannheim operò la migliore orchestra d’Europa
sotto la direzione del violinista Johann Stamitz. A Mannheim si svilup-
pò il quartetto d’archi senza b.c. ad opera di Franz Xaver Richter;
egli delineò la tipologia del quartetto per archi classico.
Il rococò fu testimone dell’aggregazione formale in seno alla musica
strumentale: sonata, sinfonia, concerto, trio, quartetto ecc., acquisirono
una tipologia standard formata da 3 o 4 movimenti:
Allegro (in forma sonata);
Adagio (in forma binaria);
Minuetto (con trio e ripresa, non nel concerto solistico);
Allegro (in forma di rondeau, o in forma sonata).
Il consolidamento strutturale della sinfonia, da un punto di vista forma-
le, andò di pari passo con l’assestamento degli organici orchestrali; le
9
orchestre migliori erano la prerogativa di regnanti e principi in tutta
Europa. L’Orchestra di questo periodo è formata da non più di 20 - 25 Schema - tipo di un movimento in forma - sonata
elementi, divisi in archi > violini I e II, viole, violoncelli, contrabbassi, fiati
> 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni (ai quali si potevano aggiungere 1 o 2 flauti,
ed 1 o 2 trombe) / Particolare diffusione ebbero, in questo periodo, le Schema dell’excursus tonale nel quale i gravitano le due parti di un movimento in forma -
sonate facili > per il folto numero di dilettanti; a questa corrente creati- sonata
va è legato il nome di Johann Schobert il quale, a partire dal 1760, 10

diffuse le sonate per clavicembalo con violino ad libitum / Dalla sonata


a tre si passò al quartetto (> 2 violini, viola e violoncello, senza b.c.), che
divenne la principale forma di musica da camera. A. Scarlatti compose,
per primo, 4 Sonate a quattro, senza b.c.. Haydn e Boccherini definiran-
no completamente il quartetto per archi del periodo classico, impostan-
do lo stile della “conversazione musicale” che sarà propria del quar-
tetto.

5 XXVI
FRANZ JOSEPH HAYDN (Rohrau, Vienna 1732 - Vienna 1809)
Il primo grande esponente del classicismo musicale a livello europeo / Di umili origini, a sei anni entrò nel coro della cattedrale di Santo Stefa-
11 no a Vienna. Uscito dal coro a diciassette anni, studiò per proprio conto sui testi classici di contrappunto e prese qualche lezione dal compositore
e maestro di canto italiano Nicola Porpora; in questo periodo si esibiva in piccoli complessi, dava lezioni private, e realizzò le sue prime compo-
sizioni. Nel 1755 fu impiegato per un breve periodo presso il barone Karl Josef von Fürnberg, al quale sembra aver dedicato i suoi primi quar-
tetti d'archi. Nel 1759 fu assunto dal conte Ferdinand Maximilian von Morzin come compositore e direttore di una piccola orchestra in Boemia /
La svolta nella vita di Haydn avvenne nel 1761, quando ricevette l'incarico di vicemaestro di cappella alla corte del principe Pál Antal Ester-
házy, una delle più illustri famiglie dell’aristocrazia ungherese; nel 1766 fu promosso primo maestro. Haydn restò al servizio di tre principi Ester-
házy; il secondo di questi, Miklós József soprannominato "il Magnifico", era un ardente e colto appassionato di musica: suonava uno strumento
singolare, il baryton (violone con corde di risonanza), per il quale il giovane Haydn scrisse diversi pezzi. A Esterház, la sua immensa residenza
estiva, il principe aveva allestito una grandiosa organizzazione per la produzione e la realizzazione musicale. Oltre a sinfonie, opere (anche
opere per marionette), messe, musica da camera, danze di corte, Haydn dirigeva musiche proprie e di altri, istruiva i cantanti, curava la raccol-
ta degli strumenti musicali, la biblioteca, e si esibiva come organista, violista e violinista. Aveva mille mansioni nel dorato isolamento di Ester-
házy: godeva di una posizione invidiabile. Inoltre, dopo il 1779, gli venne permesso di vendere la propria musica agli editori e di accettare altre
commissioni della corte di Esterházy. Fu così che molta della sua musica negli anni Ottanta venne conosciuta da un pubblico assai più vasto di quello degli ospiti degli Ester-
házy, contribuendo in tal modo a diffondere ulteriormente la fama del compositore; dal 1780 Haydn è già uno dei più rinomati d’Europa / Dopo la morte del principe Miklós
nel 1790, suo figlio Antal chiuse l'orchestra di corte: Haydn cambiò così il suo status, divenne un libero professionista, anche se il principe Antal gli garantì una cospicua pen-
sione annua / L'intraprendente violinista e impresario inglese Johann Peter Salomon lo scritturò subito per una serie di concerti a Londra. Haydn fu così protagonista di due
storiche tournèes in Inghilterra (1790-1792 e nel 1794-1795); a questo periodo risalgono le 12 sinfonie "londinesi", fra le quali figurano grandi capolavori, tra cui “La sorpresa “(n.
94), “La militare” (n. 100), “L'orologio” (n. 101), “Il Rullo di tamburo” (n. 103), e”Londra” (n. 104). Per questi suoi capolavori Haydn ricevette la Laurea Honoris Causa
all’università di Oxford. Nei suoi ultimi anni, trascorsi a Vienna, Haydn assorbì la lezione Händeliana degli oratori, e si dedicò alla composizione di musica sacra: messe e i due
oratori, ossia “ La creazione” (1798) e “Le stagioni “(1801). Di questo stesso periodo è il Quartetto dell'Imperatore (1797), divenuto in seguito l'inno nazionale tedesco /
Opera molto singolare è Le sette parole di Cristo sulla croce; inizialmente concepita per orchestra su commissione della cattedrale di Cadice e nel 1785 gli aveva ordinato
sette adagi da intermediari ai sermoni del tempo di Pasqua, fu in seguito prima trascritto per quartetto d’archi ed poi trasformato in un oratorio per soli, coro e orchestra.
Haydn fu un compositore prolifico e versatile in quasi tutti i generi musicali: in cinquant’anni infaticabili di attività la sua impronta spazia dal vocale allo strumentale, dal sacro
al profano. I suoi lavori furono molto conosciuti e vistosa fu la sua influenza. Le 108 sinfonie (105 secondo la numerazione tradizionale, a cui se ne aggiungono tre attribuitegli
L’OPERA recentemente) e gli 83 quartetti per archi testimoniano la creatività e la freschezza
Musica da camera: 52 sonate per pianoforte. 41 trii per pianoforte, violino e violoncello. 6 divertimenti per con cui Haydn affrontava il materiale melodico, e la maestria con cui padroneggia-
flauto, violino e violoncello (1794). 83 quartetti per archi, tra cui si segnalano: 6 quartetti va la strumentazione / Le 62 sonate per clavicembalo (poi per forte - piano) e i 43
op. 20 “Del sole” (1772). 6 quartetti op. 33 “Russi” (1781). 6 quartetti op. 50 “Prussiani”
(1787). 6 quartetti op. 54 (1790). 6 quartetti op. 76, “Erdoedy” (1799). trii con pianoforte documentano l'evoluzione della sua musica, la quale, partita dal-
Musica per orchestra: 108 sinfonie per orchestra, tra cui si segnalano: “Il mattino” (n. 6, 1761). “Il merig- la facile eleganza abbordabile da musicisti non professionisti, giunse fino al virtuosi-
gio” (n. 7, 1761). “La sera o la tempesta” (n. 8, 1761). “Il filosofo” (n. 22, 1764). Sinfonia di Na -
tale (n. 26, 1765). Alleluia (n. 30; 1765). Il segnale del corno (n. 43, 1765).
smo concertistico delle ultime creazioni /Alla corte degli Esterhàzy Haydn doveva
“Sinfonia del mattino” (n. 44, 1771 ca). “Sinfonia degli addii “(n. 45, 1772). Maria Teresa produrre una mole imponente di musica su più fronti; per le opere di maggior impe-
(n. 48, 1773). La passione (n. 49, 1768). “L’imperiale” (n. 53, 1774 ca). “Il maestro di gno, le partiture orchestrali in genere, il suo metodo compositivo si scindeva in quat-
scuola” (n. 55, 1774). “Il fuoco” (n. 59, 1769 ca). “Il distratto” (n. 60, 1774 ca). “La Ros-
solana “(n. 63, 1777).“Laudon” (n. 69, 1776 ca). “La caccia “(n. 73, 1781 ca). “L’orso” (n. 82, 178 tro fasi:
6). “La gallina (n. 83, 1785). “Oxford” (n. 92, 1788). “L’orologio” (n. 101, 1794). “Il rullo di
timpani “(n. 103, 1795). “Londra” (n. 104, 1795) a) creava i temi principali;
Concerti per pianoforte e orchestra: in Re maggiore e in Sol maggiore (1782 ca).
Concerti per strumento ed orchestra: Concerto per violoncello e orchestra in Re (1783 ca) e in Do. Concerto per b) stilava degli abbozzi di strutture armoniche in 2 pentagrammi (che
tromba in Mib maggiore (1796). Concerti per corno e orchestra in Re mag-
giore (1762) includevano accordi, bassi figurati e contromelodie);
Opere: Lo speziale (1768). L’infedeltà delusa (1773). Il mondo della luna (1777 ca). La fedeltà premiata c) abbozzava la partitura orchestrale includendo le particolarità per la
(1780). L’Orlando paladino (1782)
Oratori: La Creazione (1798). Le Stagioni (1801). strumentazione;
Musica vocale religiosa.: 14 messe, tra cui si segnalano: Messa dei Timpani (1796). Heilig - messe (1797).
Nelson - messe (1798). Theresien - messe (1799). Messa della Creazione (1801). 4) completava la partitura.
Haronien - messe (1802).

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Molto profonda fu in particolare l'influenza di Haydn nello sviluppo della sonata,
non a caso la storia lo ha designato come “Il padre della forma - sonata”. Da un
lato, l'influsso di Haydn si manifestò nell'espansione di una semplice ripetizione
del tema in tonalità diverse, con una sempre più sofisticata interazione di gruppi
tematici le cui tonalità costruiscono l'impalcatura di un tempo o movimento di
sinfonia; dall'altro il suo lavoro aprì le porte a un uso sempre più calibrato del
materiale tematico. Nel primo movimento della sinfonia n. 104, ad esempio, il
primo e il secondo gruppo tematico sono uguali, cambia soltanto la tonalità / La
cifra più importante della sua produzione cameristica furono gli 83 quartetti per
archi; qui egli stabilì i criteri della scrittura per quartetto ove i quattro strumenti
avevano pari importanza; da questo assunto Haydn perfezionò quello che venne
definito il suo “stile di conversazione” / Fra le opere di maggior rilievo si collo-
cano le sinfonie. Quasi tutte le sinfonie di Haydn sono in 4 tempi, tranne alcune
del periodo giovanile che sono in 3 tempi. Fino alla n° 81 le sinfonie appartengo-
no al periodo di Esterhàzy; forma più ampia hanno le 6 sinfonie ”parigine” e le 12
“londinesi”. Nelle sinfonie giovanili si denota l’influsso dello stile galante attinto
dai precedenti modelli (> Sammartini, C. Ph. E. Bach), mentre nelle sinfonie della
maturità Haydn realizzò lo stile classico. La sinfonia Haydniana della maturità è
composta da 4 tempi così strutturati:
I Allegro in forma - sonata (spesso preceduto da un Adagio);
II Andante avente forma di romanza, o di tema con variazioni;
è imperniato sul tono della sottodominante; Veduta del Parco del castello degli Esthràzy, a lato sud, 1784.
III Minuetto (con trio e ripresa);
IV Allegro (o Presto, o Vivace) in forma - sonata o rondò.
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Molto corposa è la sua produzione cameristica nel ventennio dal 1760 al 1790, ciò
denota la grande importanza che il principe Nicola attribuiva alla musica:
Haydn compose 126 trii per baryton viola e basso, una ventina di duo per bar-
yton e violoncello, ed un’altra dozzina di divertimenti per baryton archi e due
corni. Il divertimento fu una forma prettamente austriaca (insieme alle forme
ad esso affini, ossia serenata, cassazione, notturno); era destinata a gruppi di
archi o fiati solisti. Il divertimento era il genere di “intrattenimento” musicale non
molto impegnativo per gli ascoltatori, che veniva eseguito nelle situazioni legate
allo svago. La struttura era molto varia, ma la più tipica comprendeva: allegro-
minuetto-andante-minuetto-allegro. Haydn ne compose circa 50; questo genere
di musica di intrattenimento è da considerare alla stregua della nostra odierna
musica leggera non impegnativa / Il catalogo completo dell’opera di Haydn è
stato curato da Anthony van Hoboken e pubblicato in due volumi (uno per la
musica strumentale, 1957, e l’altro per la musica vocale, 1971; si usa la sigla Hob) /
La capacità di Haydn di trasformare un semplice motivo in sviluppi tematici
grandemente complicati fu ammirata e ritenuta altamente innovativa già dai
suoi contemporanei / Caratteristica singolare del suo stile è la sorpresa dram-
matica, spesso culminante in burla, che si rifà alle melodie popolari. Haydn ebbe
la forza e la capacità di trasformare la musica strumentale del XVIII secolo, co-
niugando sapientemente tradizione e sperimentazione. Una parata nella corte del castello degli Estheràzycon musici, 1784.

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CRONACA DELLA VITA MUSICALE


AL CASTELLO DI ESTHERÀZY

Tratto da un giornale del 1784 il seguente articolo ripro-


duce fedelmente la vita quotidiana satura d’arte e di
musica che si respirava al castello di Estheràzy:

“… Ogni giorno vengono eseguite alternativa-


mente “opere serie” e “opere buffe” italiane
oppure commedie tedesche, alle quali è sempre
presente il principe, che per lo più le fa iniziare
esattamente alle sei di sera. È indescrivibile
quando ne godano occhi e orecchie. Grazie alla
musica, quando tutta l’orchestra suona contem-
poraneamente, ora una toccante soavità, ora
una possente sonorità, trapassano l’anima. E’
merito del grande musicista, il signor Haydn , il
Kappelmeister al servizio del principe, che le
dirige personalmente, ma anche dell’eccellente
illuminazione, delle più “ingannevoli” decora-
zioni quando dall’altro scendono lentamente le
nubi con le divinità e queste poi risalgono dal
basso verso l’alto, e in un istante scompaiono:
ecco che tutto si trasforma nel più grazioso dei
giardini, in un bosco incantevole, in una sala
sfarzosa..„

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Raffigurazione concernente una rappresentazione, molto verosimile, a Estheràza, fra il 1766 ed il 1790. Qui viene eseguita un’opera di argomento esotico.
La qualità della scenografia e la figura d’angelo fra le nubi testimoniano l’altissima qualità tecnica e pittorica del teatro barocco.

Rilevante è la sistemazione dell’orchestra: a sinistra al cembalo siede il Kappelmeister (Haydn), circondato dagli strumenti “bassi” (violoncello, contrab-
basso, fagotto), questi costituiscono il “basso continuo”. Oltre all’ora vi sono sei o sette violinisti.

Il principesco teatro dell’opera nel castello Estheràzy, proiezione


orizzontale e verticale, incisione da Joseph von Fernstein.

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WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)
Fu iniziato alla musica dal padre Leopold, maestro di cappella del principe arcivescovo di Salisburgo e celebre violinista composito-
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re; il buon Leopold rimase sbalordito dalla eccezionale precocità del figlio: a sei anni Mozart era già in grado di esibirsi al clavicem-
balo, al violino, all'organo, suonando brani a prima vista, e componeva Minuetti per clavicembalo; a 9 anni iniziò a comporre le sue
prime sinfonie. Nel 1762 Leopold portò il piccolo Wolfgang e sua sorella Nannerl di undici anni, in giro per le corti d'Europa. Durante
il viaggio, Wolfgang compose sonate per violino e clavicembalo (1763), una sinfonia (1764), un oratorio (1766), e l'opera buffa “La
finta semplice“(1768). Nel 1769 Wolfgang, che nel frattempo era stato nominato Konzertmeister (a 13 anni) dall'arcivescovo di Sali-
sburgo, si mise in viaggio con il padre alla volta delle principali città italiane, allora capitali della musica: soggiornarono a Venezia,
Milano, Bologna, Roma e Napoli. A Milano Mozart compose l'opera seria “Mitridate re di Ponto”, rappresentata nel 1770 al tea-
tro Ducale / Nel 1772, morto l'arcivescovo di Salisburgo, gli succedette Hyeronimus Colloredo, poco interessato alla musica e ostile ai
Mozart, che tuttavia concesse (anche se malvolentieri) a Wolfgang di recarsi ancora in Italia per assistere a Milano alla rappresenta-
zione della sua opera Lucio Silla (1772). Da allora fino al 1777, a eccezione di brevi viaggi a Vienna dove prese lezioni da Franz Joseph
Haydn e si dedicò allo studio del contrappunto, Mozart restò quasi sempre a Salisburgo. Nel 1777, l'ambiente angusto della cittadina
e i contrasti con l'arcivescovo Colloredo spinsero Mozart a dare le dimissioni da Konzertmeister e a partire per Monaco con la ma-
dre / Le corti europee non si mostrarono interessate al talento del giovane compositore; trasferitosi da Monaco a Mannheim, Mozart
rimase colpito dalla modernità dell'orchestra di corte presso la quale credette di trovare l'apertura mentale di cui il suo genio aveva bisogno. Ospitato dai co-
niugi Weber, s'innamorò della loro figlia Aloysia, giovane e promettente soprano. Informato della situazione, Leopold Mozart ordinò a sua moglie e al figlio di
recarsi a Parigi. Qui l'accoglienza assai tiepida e l'improvvisa morte della madre nel luglio del 1778 spinsero Wolfgang, rassegnato a un posto di organista di
corte e del Duomo, a ritornare a Salisburgo, dove si dedicò alla composizione di sonate, sinfonie e concerti. L'inatteso successo dell'opera seria “Idomeneo re di
Creta”, rappresentata a Monaco il 29 gennaio 1781, convinse il giovane musicista a tentare la carriera a Vienna, abbandonando definitivamente Salisburgo. In
seguito a questa decisione, e a quella di sposare Costanza Weber, sorella minore di Aloysia, egli ruppe i rapporti con il padre / A Vienna, i primi anni di attività
come libero professionista videro un discreto successo: egli si esibiva come solista eseguendo i suoi concerti per pianoforte e orchestra, e dava lezioni private. Nel
1782 l'imperatore Giuseppe II commissionò a Mozart un'opera: egli creò un singspiel; fu così che, su libretto di Gottlob Stephanie, vide la luce “Il ratto dal
serraglio”. Mozart tornò all'opera quattro anni dopo con “Le nozze di Figaro”(1784) e “Don Giovanni”(1787), i suoi sommi capolavori teatrali insieme a
“Così fan tutte” (1790) entrambe su libretti di Lorenzo Da Ponte; le opere ottennero successi senza precedenti per l'epoca e fruttarono a Mozart la carica di
Kaiserlicher Kammermusikus, ovvero compositore di corte (ciò provocò una profonda invidia nel suo rivale Antonio Salieri). Nel 1787 la morte del padre arrecò
un altro grave colpo al suo precario equilibrio economico e psicologico. Il successo esile dell'opera “Così fan tutte„, fu seguito dalla morte dell'imperatore Giu-
seppe II. Il successore, Leopoldo II, pur non essendo interessato alla musica quanto Giuseppe II, nel 1791 per la sua incoronazione commissionò a Mozart l'opera
seria La clemenza di Tito (su soggetto di Pietro Metastasio). Nel frattempo, il compositore era riuscito anche a creare alcune fra le sue più grandi opere stru-
mentali, le sinfonie in mi bemolle maggiore, n. 39, n. 40 in sol minore e n. 41 in do maggiore, Jupiter (1788). Sebbene malato, Mozart continuò a comporre e,
nel 1791, compose “Il flauto magico”, singspiel su libretto di Emma-
L’OPERA nuel Schikaneder, il Requiem (che la tradizione vuole commissionato
Musica per orchestra: 49 sinfonie, tra cui si segnalano: Sinfonia n. 29 in La maggiore (1774). Sinfonia n. 35 da uno sconosciuto e che verrà comunque completato dal suo allievo
in Re maggiore, Haffner (1782). Sinfonia n. 38 in Re maggiore, Praga (1786). Sinfonia Franz Süssmayr dopo la morte del maestro) e due concerti, quello per
n. 39 in Mi b maggiore (1788). Sinfonia n. 40 in Sol minore (1788). Sinfonia n. 41 in
Do maggiore, Jupiter (1788). Marce, serenate e divertimenti per orchestra. pianoforte e orchestra K 595 in si bemolle maggiore e quello per clari-
Concerti per pianoforte e orchestra: 23 tra cui si segnalano: Concerto n. 20 in Re minore (1785). Concerto n.
21 in Do maggiore (1785). Concerto n. 23 in La maggiore (1786). netto e orchestra K 622 in la maggiore. La sua condizione economica
Concerto n. 26 in Re maggiore, Incoronazione (1790). Concerto n. 27 in andava peggiorando sempre più; chiedeva prestiti ai fratelli della log-
Si b maggiore (1791).
Concerti per strumento ed orchestra: 5 concerti per violino (1775). 4 concerti per corno (1782-86). Concerto gia massonica. Morto in povertà, per cause rimaste sconosciute (che
per clarinetto in La (1791). 2 per flauto. 1 per oboe per fagotto e per hanno dato adito a leggende, come quella dell'avvelenamento da par-
clarinetto. 1 per flauto ed arpa. 23 per pianoforte
Opere: 24 opere teatrali, fra cui: “Mitridate Re di Ponto “ “Ascanio in Alba” “Lucio Silla” “Il ratto del serra- te di un invidioso Antonio Salieri), Mozart venne seppellito in una fossa
glio”(1782) “Le Nozze di Figaro “(1784) “Don Giovanni “(1787) “Così fan tutte “(1790)
“Il flauto magico “ (1791). comune e il suo funerale fu seguito da un numero esiguo di persone.
Musica da camera: Sonate per pianoforte. Sonate per violino e pianoforte. Quartetti d’archi. Quintetto per La catalogazione delle opere di Mozart fu effettuata più di un secolo fa
clarinetto e archi (1789)
Musica religiosa: 17 Messe fra cui: Messa in Do, Dell’Incoronazione (1779). Grande messa in Do (1783). Re- da L. von Köchel, e in seguito completata e perfezionata da altri musi-
quiem in Re (1791) cologi, e tra questi A. Einstein.

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Mozart creò più di 600 composizioni in poco più di un trentennio dal 1759 al 1791, dando prova di una stupefacente coerenza stilistica, di linguaggio, nonché di una insuperata padro-
nanza della materia musicale del suo tempo. Sempre attento al lavoro dei suoi contemporanei, Mozart seppe armonizzare in uno stile particolarissimo e inconfondibile le tendenze
dell'epoca. A cominciare dal teatro musicale la sua produzione annovera 24 opere divise in tre tipologie:
1) OPERE SERIE SU LIBRETTI ITALIANI.
Qui si evince ancora l’impronta Metastasiana (che va a scemarsi); in questa tipologia rientrano le opere Die Schuldigkeit der ersten Gebotes (l’obbligo del primo co-
mandamento), Apollo et Hyacinthus (Salisburgo 1767), Mitridate Re di Ponto, Ascanio in Alba (festa teatrale sul libretto di Giuseppe Parini, in 2 atti), Lucio Silla (in
tratti, libretto di Metastasio). Queste furono tutte rappresentate al teatro ducale di Milano nelle stagioni 1770-1771-1772. Idomeneo Re di Creta, Monaco 1781: questa è l’o-
pera della piena maturità, la più completa fra quelle serie con cui la stagione dell’opera seria italiana settecentesca si chiuse. In Idomeneo l’intensità del tessuto drammatico
attinge a piene mani da Gluck e dalla tragèdie - liryque. La Clemenza di Tito (libretto tratto da un vecchio libretto metastasiano, Praga 1791, fu la sua ultima opera).
2) OPERE BUFFE SU LIBRETTI ITALIANI.
Quelle di maggior spicco sono La finta semplice, Vienna 1768. La finta Giardiniera, Monaco 1775; con quest’opera lo tratta esterna una personale concezione del teatro
musicale con un interesse principale per la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Le nozze di Figaro, Don Giovanni, e Così fan Tutte, tutte su libretto di Lorenzo
da Ponte, rappresentano il massimo traguardo dell’opera buffa italiana (prima di Rossini).
3) SINGSPIEL IN LINGUA TEDESCA.
Furono tre: Bastien und Bastienne ,1768, Il Ratto del serraglio, 1782, Il Flauto magico, 1791).

La maggior parte di tutte le sue quarantanove sinfonie furono scritte fra il 1769 ed i 1779; in quest'excursus decennale si compie la piena maturazione musicale e orchestrale di Mo-
zart. Dall'iniziale influsso di J. Christian Bach, il suo stile assorbirà la strumentalità italiana, le influenze di Mannheim per giungere all'assimilazione allo stile di Haydn. Negli anni di
permanenza a Vienna Mozart si è impegnato a scrivere solo se sinfonie, che rappresentano i suoi più alti traguardi compositivi in ambito sinfonico: in Re maggiore K 385, del 1782,
detta Haffner, in Do maggiore K 425, del 1783 detta Linz, in Re maggiore K 504, del 1787, Praga. Le più alte vette sinfoniche sono rappresentata dalle tre sinfonie scritte nel 1788: in Mi
b maggiore, K 543, in Sol minore K 550, in Do maggiore K 551 (Jupiter).

Mozart trascese abbondantemente i limiti e le “regole” stilistiche dei generi operistici; le sue opere teatrali sono degli esempi assolutamente inediti: i personaggi esprimono tutti i loro
affetti, e lo scontro dialettico fra essi si attua nei duetti, e nei numerosi brani d’insieme. Egli supera la divisione tutta italiana fra opera seria ed opera buffa puntando, invece, alla
esaltazione della psicologia del personaggio. Nel teatro musicale avviò, senza proclami teorici, una profonda rivoluzione. Le figure del melodramma tradizionale, fatto di ruoli fissi e
ripetitivi, cedono il passo a personaggi vivi e credibili; la musica ha la magia delle fiabe e segue da vicino la storia, dandole unità e coerenza / A differenza di Haydn Mozart coltivò
maggiormente la produzione dei concerti solistici: ne compose molti e per svariati strumenti. Dei 23 concerti per pianoforte, 17 furono composti a Vienna; Mozart li scrisse per se, ossia
per eseguirli in pubblici concerti o private esibizioni, che contribuirono a renderlo popolare fra gli anni 1782 - 1786. Nei concerti Mozart portò a massima definizione il concerto solistico
in stile classico / Le sue opere strumentali spaziano dalle forme tradizionali, come sonata, concerto, sinfonia, a quelle meno note di serenate, divertimenti, cassazioni; la sua musica da
camera annovera capolavori nelle forme classiche del trio, del quartetto e del quintetto come nelle combinazioni strumentali più nuove. Le sue doti musicali eccezionalmente fecon-
de gli permettevano di comporre di getto, come dimostrano i suoi manoscritti, e di trascrivere sulla carta le proprie e le altrui improvvisazioni. Non si conosce una brutta copia di una
composizione mozartiana, egli elaborava in mente e (come egli stesso affermava) quando giungeva a cantare in mente tutta la composizione in un solo istante, prendeva la carta e
trascriveva (quasi sotto dettatura) ciò che aveva concepito / Fu lui che di fatto inventò il genere cameristico del pianoforte a quattro mani, in un suo soggiorno a Londra e insieme
alla sorella Nannerl / L’influenza Haydniana si riscontra maggiormente nei quartetti per archi. Il vecchio Haydn stimava grandemente il giovane Mozart (lo reputava “il più grande
compositore del mondo”); la stima del Maestro era ben accetta da Mozart al quale dedicò, nel 1785, 6 quartetti per archi / Mozart compose per tutti i generi musicali da camera per
e con il pianoforte; impiegò il linguaggio del classicismo in modo personale, evitandone gli aspetti deteriori come l'eccessiva regolarità e prevedibilità.

L'apparente facilità della sua musica è ingannevole: gli esecutori tendono infatti a considerare le composizioni mozartiane tra le più difficili da interpretare in modo adeguato. La
musica di Mozart ostenta una complessità ben maggiore rispetto alle opere Haydniane; ciò fu anche causa della lentezza con cui la fama del grande saliburghese si impose in Euro-
pa. Rispetto alla fama acquisita da Haydn, quella mozartiana tardò molto ad arrivare, anche perché Mozart morì precocemente; solo negli ultimi anni di vita, all’incirca dal 1789, il
suo nome iniziò a spaziare a livello europeo / La genialità del grande saliburghese è stata interpretata dalla recente musicologia (G. Pestelli) come “virtuosismo dell’intelligenza”. La
sua “impronta” musicale non è mai prolissa, né mai scarna; le sue linee melodiche manifestano una compiutezza sotto tutti gli aspetti estetici e formali, ed una bellezza eterna che ha
soggiogato il mondo musicale successivo.

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LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna 1827)

Beethoven è considerato uno dei grandi geni della storia della musica occidentale per la sua potenza creativa e l'estrema libertà compositi-
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va. Crebbe in un ambiente familiare segnato dalla capricciosa autorità del padre, i cui problemi di alcolismo ed il carattere irascibile lo
costrinsero a farsi presto carico del mantenimento della famiglia; così nel 1784 il giovane Ludwig si impiegò come organista al servizio del-
l'arcivescovo di Bonn, Maximilian Franz. Gli studi musicali veri e propri iniziarono intorno al 1790 sotto la guida di Christian Gottlob Neefe,
la cui influenza è ravvisabile nella Cantata in morte dell'imperatore Giuseppe II (1790). Le doti del giovane erano eccellenti, così l'arcivesco-
vo di Bonn lo inviò a studiare a Vienna dove, nel 1792, divenne allievo di Franz Joseph Haydn. Nella capitale dell'impero asburgico Beetho-
ven seppe conquistarsi il favore dell'aristocrazia con esibizioni private che gli permisero di far apprezzare il virtuosismo dei suoi brani piani-
stici, e, conseguentemente, di stringere accordi con le case editrici. Grazie a tali relazioni e all'ampliamento del mercato delle edizioni musi-
cali, egli riuscì là dove molti altri musicisti prima di lui, tra cui Wolfgang Amadeus Mozart, non erano riusciti: intraprendere la strada
del libero professionismo musicale / Nei primi anni dell'Ottocento, Beethoven rinunciò allo stile piacevole e discorsivo proprio della
tradizione “Galante”, come si evince già dal celebre Settimino per archi e fiati op. 20 (1800), ed intraprese la ricerca di un proprio, originale
stile compositivo. Nelle opere di questo periodo si manifesta una personale assimilazione delle forme musicali classiche, come la sinfonia, il
concerto, il quartetto d'archi e la sonata, particolarmente evidente nella produzione del cosiddetto "decennio eroico" che va dalla composi-
zione della Terza sinfonia “Eroica” (1803; prima esecuzione 1805), all'Ottava (1812); tale produzione comprende le opere più spesso eseguite
anche ai nostri giorni / Fu in questo decennio che Beethoven divenne un compositore di fama internazionale; negli stessi anni egli si accor-
se dei primi espliciti disturbi all'udito di cui il compositore aveva avvertito i primi sintomi già nel 1798. Poco incline alla vita mondana, con
l'aggravarsi della sordità Beethoven si isolò progressivamente, il suo carattere divenne sempre più spigoloso, ritirandosi per periodi sempre
più lunghi nella quiete di Heiligenstadt, nella campagna viennese. Risale al 1802 il Testamento di Heiligenstadt, una lettera indirizzata ai due fratelli, nella quale Beethoven
confida la propria crescente angoscia di fronte alla prospettiva della completa sordità / Dopo il 1805 il suo comportamento divenne sempre più scostante, le esibizioni in
pubblico si fecero sempre più rare, sino a concludersi nel 1814. Nel 1815, alla morte del fratello maggiore Kaspar Karl, il compositore decise di farsi carico della tutela del ni-
pote di nove anni, che ottenne legalmente in affidamento nel 1820. A partire dal 1818 Beethoven, diventato totalmente sordo, affidò i suoi rapporti con il mondo esterno ai
"quaderni di conversazione", mediante i quali rispondeva ai suoi pochi interlocutori. I quaderni, circa quattrocento, vennero quasi totalmente distrutti secondo la volontà
del compositore dopo la sua morte. Di questi, solo 137 sono stati salvati dalla distruzione. Gli ultimi tormentati anni della sua vita videro, nella completa solitudine, e nel
completo isolamento acustico dal mondo esterno, la creazione dei suoi sommi capolavori: la nona sinfonia (primo esempio storico di una sinfonia con, annesso, solisti e
coro), gli ultimi quartetti per archi, le ultime sonato per pianoforte (dall’op. 109 all’op. 111) e la Missa Solemnis. Ai suoi funerali (Vienna, 1827) furono presenti mi-
gliaia di persone. La vita di Ludwig van Beethoven, travagliata e solitaria, è la riprova della sua concezione dolorosa dell'esistenza come espressione del dramma dell'uma-
nità e del nobile e disperato coraggio nell'affrontare il destino avverso / Beethoven fu la prima personalità musicale che si fece testimone degli ideali, delle lotte e delle
L’OPERA sconfitte che travagliavano il suo mondo; la sua opera rappresenta la testimonianza spiri-
Composizioni orchestrali: 9 sinfonie: n°1 in Do Maggiore op. 21, 1800; n°2 in Re Maggiore op. 36, tuale (tradotta in stili, forme e suoni) dell’Europa idealmente scossa dalla Rivoluzione fran-
1802; n° 3 in Mi bemolle “Eroica” op. 55, 1803; n°4 in Si bemolle Mag-
giore op. 60, 1806; n° 5 in Do Minore op. 67, 1808; n° 6 in Fa maggiore
cese e dalle guerre napoleoniche; nella sua musica si rispecchiano gli ideali illuministici, ed il
op. 68 “Pastorale”, 1808; n°7 in La Maggiore op. 92, 1812; n°8 in Fa pensiero di Kant, Göthe e Schiller / La produzione di Beethoven fu molto meno vasta
maggiore op. 93,1812; n°9 in Re op. 125 “Corale”, 1824. 11 ouverture, tra rispetto a quella di Haydn e di Mozart, ma nelle sue opere si raggiunsero proporzioni e
cui: “Le creature di Prometeo”, 1801. Leonora n. 1, 2 e 3, 1805 - 06.
Coriolano, 1807. Egmont, 1810. Le rovine d'Atene op. 113, 1811 dimensioni impensabili dai suoi predecessori; inoltre a differenza di Mozart, Beethoven
Musica concertante: 5 concerti per pianoforte e orchestra, tra cui: Concerto n. 4 in Sol op. 58, 1806. ultimava una composizione dopo un lungo periodo di maturazione che comportava ab-
Concerto n. 5 in Mi bemolle op. 73 “L’Imperatore”, 1809. Triplo concerto per
pianoforte, violino, violoncello e orchestra in Do op. 56, 1804. Concerto per
bozzi, rifacimenti, pause. La summa di tutta la sua produzione consta della 32 Sonate
violino e orchestra in Re op. 61, 1806. Romanze per violino op. 40 e 50, 1802 per pianoforte (che compose nell’arco di tutta la sua vita), nei 17 quartetti per archi
Musica vocale: Fidelio, opera, versione definitiva 1814. 80 Lieder (celebre il Lied “An die ferne Ge
liebte” ("All'amata lontana") op. 98.
e nelle 9 sinfonie; seguono l’opera Fidelio (che ebbe una gestazione lunga e travagliata)
Musica sacra: “Cristo sul monte degli Ulivi”, oratorio op. 85, 1804. Messa in Do op. 86, 1807. e la Missa Solemnis / Le 32 sonate per pianoforte rappresentano il pilastro più imponen-
“Missa Solemnis” in Re op. 123, 1823.
Musica da Camera: Settimino in MI bemolle op. 20, 1800. 17 Quartetti per archi (1798 - 1826). te dell’intera produzione beethoveniana; Beethoven ha assorbito il pianismo di Clementi
10 sonate per violino e pianoforte, tra cui: Sonata n. 5 (Primavera), 1801. Sona- e di Dussek, e da queste basi instaura un nuovo processo di sviluppo della musica pianisti-
ta n. 9 (A Kreutzer), 1803. 7 trii per piano, violino e violoncello, tra cui: Trio n.
5, “Gli spiriti”, 1808. Trio n. 7 “L'Arciduca”, 1811. 5 sonate per violoncello e ca di inesplorate proporzioni.
pianoforte, 1796-1815. 32 sonate per pianoforte

18 XXVI
Le sonate sono la testimonianza dell’evoluzione stilistica compiuta dal grande maestro di Bonn nell’arco di tutta la sua vita; è proprio a partire dalle monumentali sonate beetho-
veniane che inizia l’epopea del grande virtuosismo pianistico, fulcro del successivo romanticismo strumentale. Beethoven impiegò la tipologia della forma - sonata per tutta la sua
produzione musicale; ma, a differenza di Haydn e Mozart, egli non la intese come una forma finita; in tutta la sua vita Beethoven cercherà sempre di allargarla ed arricchirla, ma
senza sfaldarla o distruggerla; nell’arco delle 32 sonate egli rivoluzionerà completamente la tipologia formale primaria del classicismo sottoponendola a continue innovazioni. Stili-
sticamente tutte le sonate vengono distinte in tre periodi: il primo (1795 - 1800) comprende le sonate dall’op. 2 (dedicate ad Haydn), op. 10, la Sonata Patetica op. 13, e fino all’op.
22; il secondo periodo (1801 - 1814) si riferisce alle sonate dall’op. 27 (celeberrima la seconda, dedicata alla contessa Guicciardi, nota come “sonata al achiaro di luna”) all’op. 90; nel
terzo periodo si collocano le ultime 5 sonate, dall’op. 106 all’op. 111 / L'importanza sociale della figura di Beethoven riguarda la trasformazione del ruolo del compositore: da arti-
giano al servizio della Chiesa o dell'aristocrazia, ad artista che crea per necessità interiore, finanziariamente indipendente grazie ai proventi ottenuti dalla pubblicazione ed esecu-
zione delle sue opere. Beethoven fu il primo vero musicista indipendente della storia: non scrisse mai su commissione (solo piccoli lavori d’importanza secondaria). Egli compose mu-
sica per se stesso, per la propria esigenza creativa; la sua musica, estranea a qualunque condizionamento ispirativo, è l’esatta espressione delle sue aspirazioni tout court; esprime la
lotta titanica contro le avversità, unita ad una fede generosa e incrollabile nella redenzione umana. Questi personali assunti si trovano molto esplicitamente nelle sinfonie: la dimen-
sione eroica e religiosa della Terza (sinfonia con la quale si inaugura la stagione delle grandi proporzioni rispetto al passato), l'agonismo intrepido della celeberrima Quinta, la gioia
della natura ritrovata della Sesta; in ogni sua opera si evince un respiro epico, una potenza ritmica e un empito d'eloquenza, assolutamente inediti / La produzione musicale di
Beethoven viene tradizionalmente considerata una sorta di ponte tra classicismo e romanticismo; nel corso dei secoli, la critica musicale ha spesso suddiviso, peccando di superficiali-
tà, il percorso musicale del compositore in tre periodi (corrispondenti ai tre periodi delle sonate per pianoforte): la formazione (compresa fra gli anni 1793 - 1802, definita da V.
d’Indy “dell’imitazione”), gli anni del classicismo (dal 1803 al 1815, definito “dell’Estrinsecazione”)e il cosiddetto ultimo Beethoven (dal 1818 alla morte, identificato esteticamen-
te col termine della “Riflessione”). Più recentemente, si è preferito considerare l'autore come l'ultimo grande rappresentante del classicismo viennese: la sua musica, in cui viene dato
particolare risalto all'espressione dei sentimenti, rimane infatti nell'ambito di un profondo riesame della tradizione di Haydn e Mozart: ne sono un chiaro esempio il Quartetto per
archi in la maggiore op. 18, n. 5 (1800), modellato sul Quartetto K. 464 di Mozart, e i brani influenzati dalla musica italiana, come ad esempio il lied “Adelaide” (1795) / Le opere
del cosiddetto "ciclo eroico" (1802 - 1812) ampliano e modificano le forme rigorose di Haydn e Mozart; ciò è particolarmente evidente in capolavori grandiosi e inconcepibili prima di
allora, come la sinfonia Eroica e il Quinto concerto per pianoforte “Imperatore” (1809) o in opere di struttura formale più controllata, come la Quinta sinfonia (1808) e la Sonata per
pianoforte op. 57 (Appassionata 1805). L’impeto incisivo dei temi, i contrasti drammatici e le novità armoniche rappresentano l’assunto più originale di Beethoven / Nel 1812, il
completamento dell'Ottava sinfonia e la disillusione nei confronti dell'"amata immortale" (identificata in Josephine von Brunswick, moglie di un mercante di Francoforte con cui il
compositore ebbe una relazione problematica e frustrante) lasciarono Beethoven in uno stato di travaglio e di incertezza creativa. La fecondità del decennio precedente si affievolì.
Nelle opere che egli compose negli anni immediatamente successivi, come il ciclo di Lieder op. 98 “An die Ferne Geliebte “(All'amata lontana, 1816) e la Sonata per pianoforte in la
maggiore op. 101 (1817), Beethoven istaurò un modello compositivo sperimentale, ravvivando ed espandendo ulteriormente quelle strutture musicali più libere che già aveva impie-
gato nelle opere del periodo a cavallo tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. Queste nuove composizioni "aperte" o "cicliche", comporteranno un'influenza determinante
sulla generazione romantica / Nel 1818 Beethoven iniziò una nuova fase creativa che viene solitamente designata come "terzo periodo". La svolta è segnata dalla Sonata per pia-
noforte in si bemolle maggiore op. 106 “Hammerklavier”, di ampiezza e difficoltà tecniche senza precedenti (dura circa 45 minuti). Agli strumenti Beethoven chiede una presen-
za musicale ai limiti delle proprie possibilità espressive; il suo linguaggio si arricchisce di tecniche contrappuntistiche (la fuga, il canone) e soprattutto si concentra sulla variazione,
sentita come metamorfosi infinita della forma. In questa prospettiva si comprende la logica delle ultime composizioni: i quartetti, le sonate per pianoforte, e la Messa solen-
ne / Beethoven continuò ad impiegare l’organico orchestrale ereditato da Haydn e da Mozart ma con delle oculate aggiunte: egli innovò l’impiego degli strumenti a fiato esaltan-
do la peculiarità timbrica di ciascuno; eclatante è, a tal proposito, lo “stile spezzato” adottato nell’Eroica ove il discorso melodico è affidato a tutti i fiati in successione, ossia uno
strumento dopo l’altro. L’Eroica è la prima sinfonia che esplica totalmente la personalità beethoveniana / Le opere dell'ultimo periodo beethoveniano non sono più raggruppabili
in cicli: ognuna di loro si presenta con una propria fortissima individualità. Non venne mai meno la preoccupazione agli ideali umanitari e il richiamo alla libertà e alla fratellanza,
infatti sia per i temi universali della Nona sinfonia e della Missa solemnis, sia per i motivi più individuali e legati alle relazioni familiari, come nell’opera Fidelio (1814), la “vocazione”
all’umana fratellanza sarà, anzi, sempre in primo piano / Nella monumentale Nona sinfonia, Beethoven guarda proprio alla gioia sublime, che aiuta a superare ogni ostacolo, ed
esorta gli uomini alla fratellanza ed alla comunione dello spirito. L’arditezza delle scelte sonore, nella nona sinfonia, è enorme: Beethoven fu il primo compositore ad introdurre
quattro voci soliste ed un coro in una sinfonia, facendo loro intonare l'“Inno alla Gioia" di Schiller. A queste opere radicali e sconvolgenti, che testimoniano il compimento di una
straordinaria parabola creativa, il compositore affidò il suo testamento spirituale / La dimensione intima emerge più sensibilmente nell'ultima produzione, rappresentata
soprattutto dalle ultime 5 sonate per pianoforte e dai cinque quartetti per archi del 1824 - 1826. In queste opere Beethoven raggiunse una straordinaria concentrazione espressiva,
accompagnata da radicali novità nel linguaggio che ne hanno fatto un punto di riferimento per i compositori nei due secoli successivi / L'influenza di Beethoven sui compositori
successivi fu enorme: ammirato da Franz Schubert e dai romantici come l'iniziatore di un'età nuova, è considerato dai compositori del Novecento come figura cardine dell'evoluzio-
ne musicale di ogni tempo, nonché una delle tappe storiche più importanti verso il linguaggio e le tecniche della musica contemporanea.

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V SINFONIA
I mov.

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I PERIDO
Riproduzione di una pagina manoscritta della sonata op. 111 di Tre sonate op. 2 dedicate ad Haydn.
Beethoven. Tre sonate opera 10.
La sonata patetica opera 13 dedicate al principe Lichno-
wski.
Le due sonate opera 14.
Prima e seconda sinfonia (in Do maggiore, op. 21, 1800; in
29 re maggiore, op. 36, 1802)
Abbozzo dell’ode alla gioia di Beethoven per la nona sinfonia. La gesta-
II PERIODO
zione della Nona sinfonia occupò un periodo straordinariamente lungo, La sonata opera 22, anch’essa dedicata al principe Lichno-
quasi 10 anni (i primi abbozzi risalgono al 1824). Il manoscritto sopra wski.
riportato è del 1822.
Le due sonate "quasi una Fantasia" opera 27.
La sonata opera 28. Le tre sonate opera 31.
Melodia cantata dal Le due sonate facili opera 49.
baritono solista dell’- La sonata opera 53 dedicata al conte Waldstein.
Ode alla Gioia, IV
movimento della IX La sonata opera 54. La sonata opera 57 dedicata al conte
Sinfonia. Dopo l’e- Brunswik (Appassionata).
nunciazione del barito- La sonata opera 78 dedicata a Teresa Brunswik.
no, la melodia è ripre- La sonata opera 81 (Les Adieux) dedicata all'arciduca Ro-
sa dagli altri cantanti dolfo.
solisti, poi da tutto il
coro ed infine dall’in- La sonata opera 90.
tera orchestra. Le La terza sinfonia, Eroica, in Mi b maggiore, op. 55, 1804.
successive variazioni, La quarta sinfonia, in si bemolle maggiore, op. 60, 1806.
che comportano mae- La quinta sinfonia, in do minore, op. 67, 1808.
stosi agglomerati La sesta sinfonia, in fa maggiore, op. 68, 1808 (Pastorale).
sonori e ritmici esple-
tano la volontà beetho-
La settima sinfonia, in La maggiore, op. 92, 1812.
veniana di esplicitare L'ottava sinfonia, in fa maggiore, op. 93, 1812.
intensamente il mes- III PERIODO
saggio umanitario Le ultime cinque sonate, opera 101, 106,109, 110, 111.
della fratellanza
universale comunica-
La nona sinfonia, in Fa maggiore, op. 125, 1823 (Corale)
to dai versi di Schiller.
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LUIGI BOCCHERINI (Lucca 1743 - Madrid 1805)
33 Violoncellista italiano. Rinomato come autore di musica da camera e apprezzato esecutore di violoncello, Boccherini fu il primo composi-
tore ad innalzare lo strumento a livelli di virtuosismo. Egli definì compiutamente la musica da camera per strumenti ad arco / Studiò a
Roma, fu primo violoncello della Cappella lucchese, svolse un'intensa attività concertistica in tutta Europa, dalla Francia alla Russia, dal-
l'Austria alla Spagna / Il grosso della sua produzione è costituito da trii, quartetti e, soprattutto, quintetti per archi (oltre 300), che costi-
tuiscono la cifra più originale della sua produzione; le sue composizioni sono caratterizzate da grande eleganza e raffinatezza, nel lieve
stile galante o rococò, e dalla preminenza assegnata al ruolo del violoncello. Tra i suoi quintetti, quello in mi maggiore op. 13 n. 5 è parti-
colarmente celebre per il suo Minuetto. Le opere per violoncello comprendono 6 sonate per violoncello e b.c., e undici concerti. Boccherini
compose anche 29 sinfonie, musica vocale (celebre è lo Stabat Mater), sacra e profana, quest'ultima perlopiù su testi di Pietro Metasta-
sio / La sua musica da camera influenzò Haydn e Mozart, ma non uscì mai dagli stilemi del galante e del rococò.

MUZIO CLEMENTI (Roma 1752 - Evesham, Worcestershire 1832)


34 Compositore e pianista italiano, fu anche editore, nonché proprietario di una fabbrica di pianoforti. Dopo un periodo di studi a
Fonthill Abbey, nel Dorsetshire, dal 1766 al 1774 - 75, Clementi si stabilì a Londra, dove cominciò la propria carriera come pianista,
insegnante e maestro di cembalo al King's Theatre. In seguito alternò i periodi di permanenza nella capitale inglese a lunghe tour-
née in Europa; i primi caratterizzati da un ampliarsi delle sue attività imprenditoriali, le seconde legate più ai concerti e all'inse-
gnamento / Clementi fu uno dei primi musicisti a dedicarsi completamente al pianoforte. La sua produzione pianistica compren-
de 100 sonate, valzer, capricci ecc. Le sue composizioni per pianoforte si collocano ad un livello di importanza, all’interno del classi-
cismo, subito seguente quelle di Mozart e Beethoven. Egli fu il primo ad ampliare la tecnica esecutiva al pianoforte; ampliò le
dimensioni musicali della tastiera, e nella composizione impiegò fedelmente la forma sonata. Beethoven fu molto influenzato dal
suo operato al pianoforte / Monumentale ed unica nel suo genere è, nella sua produzione, l'opera didattica Gradus ad Parnas-
sum (1817): una serie di 100 studi per pianoforte ancora oggi pilastro didattico fondamentale del pianoforte; in questa magistrale
opera l’intento di Clementi è quello di sviluppare gradatamente determinati procedimenti di tecnica pianistica; ma contempora-
neamente egli si adopera a presentare svariate tipologie formali. Nel “Gradus” figurano infatti canoni, fughe, preludi, rondò, e
primi tempi di sonata / In totale le opere di Clementi per pianoforte sono 113 / Clementi compose anche 6 sinfonie. Tra i suoi
allievi vi furono il compositore irlandese John Field e l'operista Giacomo Meyerbeer / Clementi non godeva della simpatia di Mozart, il quale lo giudicava stilisti-
camente manierato, e attribuiva poco valore alle sue composizioni.

GIOVAN BATTISTA VIOTTI (Fontaneto Po, Vercelli 1755 - Londra 1824)

Celebre violinista. Nel 1782 si stabilì a Parigi, dove le sue esibizioni quello stesso
anno ottennero grandi trionfi. Molto ammirato dalla regina Maria Antonietta,
nel 1789 fondò il “Théatre de Monsieur”, ma nel 1793 il mutato clima politico lo
costrinse a trasferirsi a Londra; qui, sospettato di avere amicizie con rivoluzio-
nari francesi, rimase poco trasferendosi in Germania. Nel 1801 poté tornare a
Londra, dove morì in miseria dopo il fallimento di un'attività commerciale /
Oltre che grande violinista Viotti fu notevole e felice compositore: ha lasciato
29 concerti per violino e orchestra, 2 sinfonie concertanti, 42 duetti, 18 sonate e
varia musica da camera. Nelle sue opere si avverte la nuova sensibilità ro-
mantica, mentre la sua attività concertistica prefigura il virtuosismo di Niccolò
Paganini. Viotti è storicamente considerato il capostipite della moderna scuo-
35 la violinistica.

27 XXVI
GIOVANNI BOTTESINI (Crema 1821— Parma 1889) NICOLO’ PAGANINI (Genova 1782 - Nizza 1840)
36 Contrabbassista e compositore. 37 Giustamente reputato il più grande violinista di tutti i tempi. Il suo
Fu il primo grande virtuoso del esordio di virtuoso di violino avvenne a nove anni e già a quindici
contrabbasso, e raggiunse una anni intraprese alcune tournée in Lombardia e nell’Italia centrale,
fama mondiale anche in veste iniziando a condurre una vita sregolata ed irrequieta, costellata da
di direttore d’orchestra: baste- innumerevoli avventure sentimentali unite a disavventure economi-
rà citare solo il fatto che fu lui che e giudiziarie. Nel 1801 si dedicò alla chitarra, scrivendo oltre venti
a dirigere la prima di Aida in composizioni per questo strumento. Già nel 1810 Nicolò Paganini è il
Egitto / Verdi aveva una gran- più grande violinista mai visto nella storia. Dal 1805 al 1813 fu diretto-
re musicale alla corte di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bona-
de stima di lui, e nel 1889, gra-
parte e principessa di Lucca. Nel 1813 lasciò la Toscana per compiere
zie al suo interessamento, Bot-
una tournée nelle principali città italiane, nel corso della quale il suo
tesini venne nominato direttore
sconvolgente approccio con lo strumento, ove egli esternò la possibili-
del conservatorio di Parma / tà di abbracciare spazi sonori che andavano ben oltre i limiti tecnici
Il suo contributo più originale è dell’epoca, soggiogò l'attenzione di un folto pubblico. In seguito, ten-
rappresentata dalle composi- ne concerti a Vienna, Praga e Berlino (1828) e a Parigi e Londra
zioni per contrabbasso piano- (1831), raccogliendo trionfi ovunque / Per la storia dell’evoluzione
forte, ove spicca una grande
tecnico - esecutiva agli strumenti la figura di Nicolò Paganini è la più importante: Liszt (come Cho-
genialità data dalle sue solu-
pin) rimasero folgorati dal suo stratosferico virtuosismo; con Paganini inizia il Trascendentalismo ese-
zioni tecniche; il suo contributo
cutivo che, in breve tempo si estese dal violini a tutti gli strumenti, a cominciare dal pianoforte
alla tecnica contrabbassistica
(grazie a Liszt) / Nel 1834, dopo aver eseguito più di 600 concerti, si ritirò quasi completamente dal-
fa tuttora scuola.
le scene. La tecnica e l'abilità esecutiva di Paganini erano sbalorditive al punto tale da indurre i suoi
contemporanei a considerarle come facoltà di origine diabolica. Era in grado sia di eseguire pezzi di
grande complessità usando una sola corda dello strumento (come le sonate in forma di variazione
Napoleon, Maria Luisa, e la sonata sentimentale, tutte da eseguire solo sulla quarta corda!), sia di
38 suonare contemporaneamente due o tre parti dando l'illusione di essere in presenza di più violini.
Monumentali sono i 24 Capricci per violino solo (1810), eredi più illustri della lezione lasciata da Loca-
telli, e testimonianza completa delle sue grandi doti violinistiche. I 24 Capricci rappresentano, per il
violino, gli studi da concerto più arditi che siano mai stati scritti; vi figurano, oltre a velocità d’esecu-
zione notevoli, tricordi, armonici doppi, glissandi, registri sopracuti, pizzicati arditi alla
sinistra, salti di corde e arpeggi di stupefacente ampiezza / La sua produzione annovera
anche 9 concerti per violino e orchestra (ma ne rimangono 6; molto celebre il primo in Re maggiore,
ed il finale del secondo che costituisce la celeberrima Campanella), variazioni (Il carnevale di Vene-
zia, Le streghe), 12 sonate per violino e chitarra, 24 quartetti per violino, eccetera.

39

«Un Concerto di Paganini a Vienna». Caricatura di Lyser.

Capriccio n° 24 in La minore di Paganini:


Tema.

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Manoscritto dei 24 Capricci per Violino solo di N. Paganini. Qui è fedelmente ripor-
tata la copertina esterna, la prima pagina interna ed il primo capriccio in Mi maggiore.

29 40 XXVI
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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IL PRIMO ROMANTICISMO

IL ROMANTICISMO
CARATTERI
LA MUSICA NEL ROMANTICISMO
Fu il movimento culturale più importante del 1800, prima nella letteratura e dopo
Il romanticismo musicale abbraccia un arco di tempo lunghissimo, circa cento anni
in tutti i campi artistici, in tutta Europa / Nel 1776 un romanzo dello scrittore tede-
dal 1820 al 1915. Le prime teorizzazioni sulla musica romantica furono antecedenti
sco F. M. Klinger diede i primi impulsi al movimento romantico; il romanzo, intito- alla musica stessa, e si scindono in due componenti: a) letterario - musicale b)
lato Sturm und Drang (tempesta e assalto) comportò la nascita di un movimen- estetico - filosofica. E.T.A.Hoffmann (1776 - 1822) fu la figura più importante;
to artistico - letterario che portò lo stesso nome del romanzo di Klinger. Figura cen- egli identificò i tratti riguardanti la prima componente. Hoffmann (poeta, pittore,
trale del movimento romantico, ma anche della letteratura tedesca e mondiale, fu scrittore, compositore e, non ultimo, direttore d’orchestra) delineò, nel decennio
Johann Wolfgang von Goethe, il quale scrisse in versi, in prosa, e per il teatro. Il 1810 - 20 gli ideali del musicista romantico nelle opere “Kreisleriana”
suo romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther” (1774) fu una perfetta “Serapionbründer” ed in alcune critiche su Beethoven. Il musicista romantico è
sintesi degli assunti estetici dei romantici / Ma le prime esplicite affermazioni del ribelle, caustico, in antitesi con il mondo, attento alla propria interiorità spesso
romanticismo vengono riconosciute nella pubblicazione della rivista allucinatoria. Hoffmann si applicò a trovare le origini dell’ideologia romantica in
"Athenäum" (1797) da parte del “Gruppo di Jena“ fondato dai fratelli August musica ovunque (> a suo giudizio non solo Beethoven ma anche l’ultimo Mozart,
Wilhelm e Friedrich Schlegel; essi enunciarono le linee programmatiche del nuovo come l’ultimo Haydn, e Gluck, ostentavano atteggiamenti romantici). Hoffmann
movimento; le repulsioni nei confronti dell’arte classica e nei confronti della conce- si preoccupò, più che di tracciare i lineamenti stilistici del romanticismo, di riscon-
zione illuministica riguardante il primato della ragione, furono nette / In Francia J. trare nel linguaggio musicale del passato tutti quegli assunti di “espressività” dei
J. Rousseau fu il primo ad attribuire un atteggiamento al termine “romantico”, contenuti che si avvicinassero agli ideali romantici / I romantici riconobbero la
ossia uno stato d’animo incline alla riflessione ed alla malinconia / Le teorizzazioni musica come il principale linguaggio della natura; > l’Urklang (il suono origina-
del romanticismo sulla musica furono posteriori a quelle coeve in campo letterario; rio) ha dato vita al mondo. Hoffmann fu il primo a dare supremazia assoluta
la Germania ne fu la patria / Le direttive estetiche del romanticismo rifiutano i ve- alla musica strumentale; per lui la musica strumentale è “la più romantica di
tusti ideali dell’ispirazione greco - romana a favore della spontaneità nella creazio- tutte le arti” perché “..soltanto l’infinito è il suo tema”; nella musica strumentale i
ne individuale, del primato attribuito ai sentimenti ed all’istinto rispetto alla ragio- “puri suoni” vengono separati dall’antico connubio con la parola. Unitamente a
ne; si esalta la superiorità della libera fantasia / I romantici tedeschi esaltarono le lui altri poeti romantici (Wackenroder, Tieck, ecc.) richiamarono questi ideali, che
fonti di ispirazione desunte dal Medioevo: leggende e storie dell’età medievale; essi furono sempre espliciti durante tutto l’arco dell’epopea romantica da parte dei
ritenevano che nel Medioevo bisognava ricercare le radici della coscienza nazionale filosofi, scrittori musicisti ecc. (> Hegel, Schopenhauer, Wagner, Schumann, ecc.) /
del popolo germanico / Spontaneità e soggettività furono i tratti salienti del nuovo La musica del romanticismo risulta problematica da delineare, a causa della mol-
movimento culturale / Una delle matrici più determinanti per l’affermazione del teplicità dei suoi assunti e dei suoi atteggiamenti. Due caratteri sono nettamente
in contrasto con l’epoca precedente:
romanticismo fu la riscoperta dei valori della natura, il senso della vita legata alle
forze misteriose della natura / Nel romanticismo sarà l’elemento soggettivo il prota-
Vengono riconosciuti i valori delle culture nazionali (> riscoperta e rivalutazione
gonista di tutti i generi letterari: soggettività specchio di un’anima inquieta ed irre- dei canti e di tutte la tradizioni popolari che comporteranno la nascita delle scuo-
quieta, che perennemente cerca una felicità che mai troverà. Una parola-simbolo le nazionali).
molto importante per i romantici tedeschi è Sehnsucht (intraducibile in italiano, Si affranca “l’assolutismo” tutto classico della forma - sonata come centro creativo
ma letteralmente significa “male del desiderio”); il senso di questo termine fu il sim- della forma musicale; i musicisti romantici distrussero la simmetria formale ed
bolo del movimento romantico / I primi letterati romantici erano accomunati da iniziarono a prediligere le asimmetrie strutturali oltre a creare nuove forme; la
una insoddisfazione generale data dallo squilibrio fra i loro ideali e la vita quotidia- forma musicale per i romantici rappresenta il trionfo del personale.
na / La polemica classico - romantica che ha impegnato molti musicologi, ha fatto
dedurre che non vi sono delle nette linee di demarcazione fra età classica ed età
romantica, e che, quindi, è più esatto considerare Classicismo e Romanticismo come
una unica età, intrisa di eclatanti contraddizioni e molteplici atteggiamenti.

1 XXVII
NUOVE INNOVAZIONI DEL LO SVILUPPO DELLA SINFONIA
ROMANTICISMO MUSICALE Nel periodo romantico l’orchestra ricevette particolari attenzioni, la sua evoluzione sarà grandiosa. L’orchestra
Le espressioni musicali che meglio di tutte evidenziarono classica di Haydn e Mozart (formata da non più di 20, 25 elementi) sarà il punto di partenza per l’espansione
gli assunti romantici furono le composizioni orche- di quella romantica (che identificherà in quei modelli l’orchestra “da camera”) ove si assisterà, nell’arco di circa
strali, le composizioni per pianoforte e i Lieder / un secolo, ad un imponente incremento di numero e di evoluzione costruttiva, dalle prime sinfonie di Beetho-
Data la poliedricità delle espressioni con cui il romantici- ven fino a Bruckner. Infatti la II Sinfonia di Beethoven presenta un organico formato da 40 unità divise fra fiati
smo musicale si è manifestato, risulta generalmente mol- (a gruppi di due > flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe) archi e timpani; l’VIII Sinfonia di Bruckner
to complesso procedere a delle sistematiche analisi stili- (composta fra il 1894 ed il 1890) richiede più di 100 esecutori divisi fra fiati (a gruppi di tre > flauti, oboi, clari-
stiche; ad ogni modo è possibile delineare quattro tratti netti, fagotti e controfagotto, trombe, tromboni) 8 corni, timpani, percussioni, 3 arpe, archi / L’evoluzione or-
salienti della musica strumentale. chestrale testimoniò l’evoluzione della sensibilità verso nuove esigenze espressive. Vengono moltiplicate le parti:
R. Strauss nell’orchestra dell’Opera di Dresda, nel 1929, arriverà ad impiegare 6 strumenti per ogni famiglia di
SONORITA’: il primo aspetto molto esplicito del fiati. Con Weber e Mendelsshon alcuni strumenti assumeranno una funzione evocativa (clarinetto e corno), e
romanticismo in musica. La sonorità romantica è molto costituiranno il tramite di immagini e situazioni prettamente romantiche / L’accrescimento numerico è solo un
più accentuata rispetto al passato, assunto, questo, sca- dato esterno, visibile, di tale evoluzione; l’orchestra romantica è chiamata ad esprimere una maggiore fittezza
turito dalla nuova sensibilità per il suono in sé; adesso il coloristica e timbrica. Compaiono altri strumenti: l’ottavino, il controfagotto (già usati da Beethoven nella
suono in sé è il primo valore musicale determinante del- V e nella IX Sinfonia) il trombone, il basso tuba, il corno inglese e la cornetta (introdotti dopo il 1830, e
l’invenzione musicale. Questo nuovo ideale estetico com- precedentemente limitati solo alle orchestre teatrali) oltre a varie tipologie di percussioni / Questi accresci-
porta l’accrescimento orchestrale (timbrico e dinamico) menti comportarono lo sviluppo di una scrittura orchestrale più fitta e variegata, che richiederà una nuova,
proprio del romanticismo. equivalente figura coordinatrice: dal maestro al cembalo e dal primo violino si delineerà la figura del maestro
ARMONIA: I musicisti romantici concepiscono l’ar-
concertatore (colui che istruisce gli strumentisti durante le prove) e del direttore d’orchestra (che dirige,
appunto, l’esecuzione finale del brano) / Nei primi anni dell’800 si attuò la divisione in file fra gli strumenti ad
monia più per funzioni espressive e non più, come in
precedenza, per la funzione architettonico - formale. arco (> violini, prima a due e poi a quattro file); gli ottoni presentarono vari tipi di sordine (testimonianza pale-
Gradatamente si assisterà al progressivo allontanamen- se di una volontà mirata ad ampliare la gamma timbrica); le arpe scoprirono i glissandi (e in seguito anche il
to e sfaldamento delle funzioni tonali principali, procedi- pianoforte). Furono rivisitati gli strumenti a fiato in legno, con l’introduzione di chiavi, e gli ottoni adottarono
mento, questo, mosso da esigenze puramente espressive; cilindri e pistoni allo scopo di poter eseguire tutti i suoni della scala cromatica.
le armonie romantiche esterneranno intervalli neutri (>
tritoni, settime diminuite) che saranno gli accordi emble-
matici del romanticismo, e punto di partenza, nell’ulti-
mo Liszt, verso l’atonalità; armonie cromatiche che elu-
dono le risoluzioni delle dissonanze.

MELODIA: la più importante componente musi-


cale del romanticismo; la melodia è, adesso, più sciolta e
flessibile rispetto al classicismo, non si presentano più
strutture periodiche e regolari, ma estese melodie e frasi
irregolari.

RITMO: la concezione dell’irregolarità pervade


anche l’aspetto ritmico; i metri sono molto arricchiti da
diverse combinazioni fra loro discordanti.

2 XXVII
IL PIANOFORTE
Già nei primi anni del 1800 il pianoforte era diventato il principe degli strumenti a tastiera per tutte le sue qualità: escursione dinamica, estensione della tastiera, varietà tim-
brica e coloristica, nonché varietà di forme e dimensioni. Il romanticismo musicale riconobbe nel pianoforte il più autorevole fra gli strumenti, anzi, nel pianoforte furono con-
vogliate tutte le aspirazioni dei romantici; la storia della sua globale diffusione inizia adesso. In breve tempo il pianoforte diverrà il “banco di prova” di qualunque musica scrit-
ta / Fu il centro catalizzatore di un vasto mondo: fabbricanti, editori, compositori, insegnanti, impresari, concertisti e, non ultimi, dilettanti: questi, sulla scia di una tradizione
quasi secolare iniziata con i collugium musicæ, costituirono, la grossa fetta dei fruitori (specie nei paesi tedeschi). Numerosissimi furono i brani che, rispondendo ad una richiesta
commerciale vasta, circolarono in tutta Europa / Dopo il 1820 il repertorio delle forme musicali per pianoforte si arricchì, oltre ai brani molto impegnativi per durata ed esecu-
zione (come le sonate), di brani più brevi, semplici (almeno nella forma) che ebbero una storica fortuna / Nei primi decenni dell’ottocento nasce il grande virtuosismo pianisti-
co: Paganini, con le sue leggendarie innovazioni violinistiche, rivoluzionò l’ideologia dell’approccio uomo ~ strumento musicale, dettando legge sulle nuove possibilità musicali,
espressive, acrobatiche e funamboliche realizzabili, nel suo caso, con il violino. Egli soggiogò totalmente Liszt (primo di una lunga serie di grandi); Liszt si fece portavoce e tra-
duttore, al pianoforte, degli stessi risultati sbalorditivi: gigantesche sonorità, tempeste di note, uragani di accordi, salti, e funambolismi di ogni genere, che, ridondandemente,
catturavano l’attenzione visiva degli ascoltatori.

LA PRIMA GENERAZIONE DEI MUSICISTI ROMANTICI


La maggior parte delle grandi personalità musicali del romanticismo, manco a dirlo, si iscrivono nel registro
dei più grandi musicisti di tutta la Storia della Musica : Weber, Berlioz, Mendelsshon, Schubert, Schu-
mann, Chopin, Liszt. Tranne Weber (il più anziano, del 1786) tutti appartennero alla stessa generazione
essendo nati fra il 1797 (Schubert) ed il 1811 (Liszt).

IL LIED
Il Canto per voce solista e pianoforte fu una delle più originali espressioni del romanticismo musicale tedesco, a
partire dalla produzione liederistica di Schubert, che annovera circa 600 lieder. Nessuna tipologia di composi-
zione, come il Lied, è stata specchio più autentico di tutte le sfumature espressive del romanticismo / Il Lied
tedesco ottocentesco ostenta una compenetrazione fra testo poetico e musica pianistica. Furono le personalità
di Schubert, Schumann ed in seguito Brahms, R. Strauss e Wolf che elevarono il Lied ai più grandi traguardi
artistici; quasi tutti i compositori dell’ottocento riversarono al Lied una accurata attenzione, consapevoli di po-
ter esprimere tramite esso le più sensibili ed intime sfumature ispirative / Dal punto di vista testuale il Lied è
una forma poetica chiusa, breve e dal contenuto lirico; questa si sposa con una musica pianistica ove prevale
una linea melodica spiccatamente cantabile. La forma musicale è determinata precedentemente dalla struttu-
ra poetica dei versi; il rapporto testo - musica è quasi sempre sillabico / La letteratura che alimentò il filone
liederistico era, ovviamente, quella romantica di Goethe, Schiller, Eichendorff, Heine, ecc.
FORMA MUSICALE
Vi sono due tipologie formali: 1) Lied strofico: la tipologia principale, ove una sola melodia è impiegata per
tutte le strofe; può però presentare delle variazioni 2) Lied durchkomponiert ; questa tipologia presenta,
nelle varie strofe, costrutti musicali sempre diversi. Il Lied più diffuso inizialmente fu quello per voce solista con
uno o più strumenti come accompagnamento; ma nel corso dell’ottocento si diffuse il Lied corale (a cappella, e
con accompagnamento anche orchestrale), dopo l’esperienza del Lied solistico con pianoforte.

3 XXVII
FRANZ SCHUBERT (Vienna 1797-1828)

1 Iniziò a studiare musica con il padre, attivo insegnante di scuola. Trascorse l’infanzia in gravi ristrettezze economiche. A undici anni
viene ammesso con regolare concorso nel coro della Cappella Imperiale, dove ha la possibilità di completare la propria formazione
musicale sotto la guida, tra gli altri, di Antonio Salieri. Il padre lo spinge verso la carriera di insegnante e per due anni studia pedago-
gia, alternando però al dovere didattico l’attività compositiva. E’ in questo periodo che si forma intorno a Schubert una ristretta cer-
chia di artisti, amici intimi ai quali il compositore resterà legato tutta la vita. La sua musica, misconosciuta dal grosso pubblico, sarà
sempre una costante “comunicazione agli amici” in un’atmosfera intima e meditata, di raccolta felicità o di desolata solitudine.
Nel 1816 si distacca dall’ambiente paterno; si stabilisce a Vienna e per due brevi periodi segue in Ungheria il conte Esterhazy come in-
segnante di musica delle figlie. E’ una parentesi di gaia spensieratezza in una vita disordinata e incerta, fatta di stenti, rischiarata solo
da una febbrile attività di compositore / Il Lied, forma musicale tipicamente tedesca e romantica, è al centro del suo universo: Schu-
bert ne lascerà una raccolta vastissima, composta di canti d’amore, di morte, di solitudine, inni alla natura e alle sue bellezze, carichi
di magiche suggestioni paesaggistiche e dolci melodie d’intonazione popolare. Oltre ai Lieder, il giovane compositore scrive pagine
sinfoniche, musica da camera e brani per pianoforte. In ogni settore trasfonde i fremiti romantici della sua anima candida e trova la
grazia di un lirismo spontaneo e felice. Mostra una concezione compositiva libera da vincoli e dettata da una sensibilità profonda e
inquieta, tipica del romanticismo / Schubert tenta anche, con minore successo, la strada del teatro d’opera, ove mostra un tratto clas-
sico unito al gusto novellistico e medievaleggiante. Compie un paio di tournée di concerti in Austria con il baritono Vogl, suo intimo
amico, e i suoi Lieder riscuotono una buona accoglienza / Quando finalmente gli editori mostrano di accorgersi della sua produzione,
inizia il declino fisico causato anche dalla vita disordinata e incerta. Le ultime composizioni, come il quartetto “La morte e la fan-
ciulla” o il ciclo di Lieder “Viaggio d’inverno”, sembrano concentrarsi con intensa suggestione sugli aspetti più desolati del suo mondo. Nella primavera del 1828 le
sue musiche ottengono a Vienna un grande successo artistico e finanziario. E’ una tarda consolazione: pochi mesi dopo infatti muore, stroncato da un attacco di tifo.
Verrà sepolto nel cimitero di Waehing accanto a Beethoven, il musicista che più di ogni altro aveva amato. Molti dei suoi lavori, tra cui anche la sua sinfonia più cele-
bre, l’Incompiuta, dovranno attendere decenni prima di riemergere dall’oblio / Le prime opere strumentali di Schubert, che seguono il modello indicato da Mozart e
Haydn, portano il segno di una nuova sonorità e ricchezza armonica e melodica proprio del romanticismo. Nelle prime sonate per pianoforte, Schubert cercò di distac-
carsi dal potente predominio della musica di Beethoven, autore che egli aveva peraltro eletto a modello. Il risultato di questo tentativo di superamento furono le sinfo-
nie e le sonate che, pur adottando la forma classica, nelle sezioni di sviluppo raggiungono raramente la tensione drammatica della forma sonata del classicismo; esse
tendono piuttosto a enfatizzare la melodia e le armonie più evocative. Va infine sottolineato che mentre le opere strumentali di Schu-
bert mostrano un continuo sviluppo nel corso del tempo, alcuni dei suoi Lieder più celebri (complessivamente ne compose più di mille) 2
racchiudevano un perfetto equilibrio tra elementi musicali e letterari, benché fossero stati scritti prima dei vent'anni / Nel momento in
cui crollarono tutti i grandi ideali illuministici, gli intellettuali, e in particolare i musicisti, reagirono con il disimpegno sociale, oppure
ripiegando sul personale e sull'inconscio, divenuti unico metro possibile di realtà. Schubert fa entrambe le cose: creatore di musiche bril-
lanti e affabili per gli allegri ritrovi dei compagni bohemiens, si rende nel contempo protagonista di solitarie effusioni sempre meno
riconducibili alla tradizione / Egli incarna l'aspetto più spontaneo e istintivo del romanticismo, che tocca con una inesauribile vena
L’OPERA melodica e lirica le infinite pieghe dell'a-
nimo. Enorme importanza assume nella
Musica per orchestra: 10 sinfonie; (Incompiuta), 1822. Rosamunda, musica di scena D 797, 1823 sua produzione il Lied, sentito come
Musica vocale: Opere Il castello del diavolo (“Des Teufels Lustschloss”) D 84, 1814. Claudine di Villa Bella, Singspiel
D 239, 1815. I fratelli gemelli (“Die Zwillingsbrüder”), Singspsiel D 647, 1819. L’arpa magica (“Die frammento lirico capace di schiudere le
Zauberharfe”), Zauberspiel D 644, 1820. Alfonso ed Estrella, opera D 732, 1822. Fierabras, opera D più profonde rivelazioni. La varietà del
796, 1823 mondo poetico di Schubert sembra frut-
Lieder: circa 600 Lieder per voce e pianoforte, su testi di Schiller, Goethe, Mayrhofer, Klopstock,
Schlegel, Novalis, Mueller, Ruckert, Heine e altri. Si segnalano i cicli: La bella mugnaia (“Die schöne to dell'assenza di un centro. Il vagabon-
Mullerin”) D 795, 1823. Viaggio d’inverno (“Winterreise”) D 911, 1827. Canto del cigno do errare del Viandante, figura che si
(“Schwanengesang”) D 957, 1828 incontra in molti suoi Lieder, incarna una
Musica sacra: Lazarus, cantata D 689, 1820. 8 Messe
Musica da camera: per complessi vari: 15 quartetti per archi, tra cui: 2 trii per archi in Si bemolle D 471 e D 581, 1817. condizione di perenne estraneità ed e-
Quintetto per archi e pianoforte in La D 667 (La trota), 1819. Sonata per arpeggione e pianoforte in sclusione che rispecchia fedelmente la
La minore D 821, 1824. 2 trii per violino, violoncello e pianoforte in Si bemolle D 898 e in Mi be- Schubert protagonista delle
molle D 929, 1827. Quintetto per archi in Do D 956, 1828
sua vita. “schubertiadi” in casa dei propri amici
Musica Pianistica: 23 sonate per pianoforte. Fantasia in Do D 760 (Wanderer, “Viandante”), 1822. 6 Momenti musi- e protettori
cali D 780, 1823. 11 Improvvisi D 899, D 935 e D 946, 1827-1828

4 XXVII
3

5 XXVII
Il Ländler è una danza austriaca sempre in tempo 3/4 dall’andamento lento, molto simile al
valzer dal quale proviene. Schubert ne diede un mirabile esempio compositivo nei suoi 17
ländler; di seguito ne sono riportati i primi sei. Notevole è la semplicità del costrutto temati-
co.

6 XXVII
5

Primo brano del ciclo liederistico Winterreise di Schubert. Da notare la


stretta fedeltà dell’accompagnamento pianistico anche nelle brevi intro-
duzioni. Qui il pianoforte espone, come introduzione, il primo incipit
discendente della linea melodica vocale.

7 XXVII
HECTOR BERLIOZ (La Côte-Saint André, presso Isère, 1803 - Parigi 1869)

6
Iniziati gli studi di medicina a Parigi, abbandonò l'università per iscriversi al Conservatorio dove studiò sotto la guida
del compositore francese Jean-François Le Sueur e del cecoslovacco Anton Reicha. Nel 1830 vinse il prestigioso Prix de
Rome, il più importante riconoscimento accordato in Francia ai giovani artisti di tutte le discipline. In seguito, nel 1838,
venne nominato conservatore della biblioteca del Conservatorio; la nomina coincise con l'inizio della carriera internazio-
nale di direttore d'orchestra e con quella di critico musicale per il periodico "Journal des Débats" / La posizione di Berlioz
nell'ambito della musica del XIX secolo fu di primo piano: influenzò direttamente la forma sinfonica e l'uso dell'orche-
stra, come pure l'estetica musicale, impersonando pienamente l'immagine romantica del compositore come grande
genio artistico. Lavorò incessantemente alla promozione della nuova musica del suo tempo e, trovandosi costretto a
preparare le orchestre in modo specifico (ossia secondo le sue nuove direttive), educò un'intera generazione di musicisti;
divenne inoltre il primo virtuoso della direzione orchestrale / La sua Symphonie Fantastique (1831) determinò una
rivoluzione estetica in campo musicale grazie all'uso integrale di un programma letterario (ispirato dalla sua famosa
infatuazione per l'attrice irlandese Harriet Smithson, che divenne sua moglie) e fece della musica a programma uno dei
generi orchestrali più importanti del romanticismo / Nell'opera per viola e orchestra Harold in Italia (1834), il suo modo
di utilizzare e trasformare un tema ricorrente (la idée fixe, o idea fissa) si avvicinò al genere chiamato poema sinfonico
dal compositore ungherese Franz Liszt. Esso venne poi sviluppato da grandi compositori quali Richard Strauss e, soprat-
tutto, Richard Wagner nel Leitmotiv / Il suo celebre “Traité d'instrumentation et d'orchestration moder-
nes“ (Trattato di strumentazione e orchestrazione moderna, 1844), fu il primo manuale mai scritto su questo argomen-
to, si presentò subito anche come manifesto di una determinata estetica dell'espressione musicale / Tra le sue composi-
zioni più importanti vi sono: l'opera Les Troyens (1856-1859), nella quale il suo impeto romantico è frenato da un so-
brio classicismo, la sinfonia con soli e coro Roméo et Juliette (1836-1838); la cantata “La damnation de
Faust” (1846), la messa da requiem Grande messe des morts (1837); l'oratorio L'enfance du Christ (1850-1854);
l'ouverture Le Carnaval Romain (1844). L'ouverture della sua opera Benvenuto Cellini fu tremendo fiasco (1835-
1838). Tra gli scritti più significativi si ricordano Mémoires (pubblicati postumi nel 1870) e Soirées d'orchestre (1853).

Temperamento visionario e passionale, genio e sregolatezza, Hector Berlioz è il primo protagonista dell'aspetto enfatico e monumentale del romanticismo
contrapposto al linguaggio dell'interiorità dei musicisti tedeschi. Per molto tempo egli non venne degnamente apprezzato dai suoi contemporanei e dal pub-
blico in genere. L'ispirazione letteraria e la narrazione autobiografica accompagnano gran parte della sua produzione che si esprime al meglio nella musica a
programma e nell'opera lirica / Berlioz è, con Liszt, l'iniziatore del poema sinfonico, composizione orchestrale che si sviluppa da un preciso programma lette-
rario. Le scelte poetiche di Berlioz si orientano sempre su testi capaci di trasmettere immagini fantastiche e visioni evanescenti, come nell'opera da concerto La
dannazione di Faust (1846). Visioni soavi e pastorali si alternano a immagini di lugubre satanismo nella Sinfonia fantastica (1830), che scandalizza il pubblico
del tempo portando in musica le allucinazioni di un poeta tossicomane. Il lato oscuro e decadente della natura poetica di Berlioz si esprime sfruttando a fondo
L’OPERA tutte le risorse timbriche e di colore dell'orchestra e portandole a
dimensioni grandiose, che già preludono al tardo romanticismo.
Opere teatrali: “Benvenuto Cellini”, 1838. “Les troyens”, tragèdie - liryque di grandi proporzioni in due parti: “La La rivoluzionaria modernità della musica di Berlioz consiste pro-
Prise de Troye” in 3 atti, e “Les Troyens à Carthage” in 5 atti. “Bèatrice et Bènedict” opèra - comique
in 2 atti, 1862. prio nel trattamento dell'orchestra che il compositore plasma
Musica sinfonico corale: Huit scènes de Faust per soli, coro ed orchestra 1828 - 29, successivamente mutate ed am- come materia musicale elegante e grandiosa. Egli stesso disse di
pliate, e portarono il titolo di La damnation de Faust 1845 - 46. Lèlio, ou Le retour à la
vie , monodramma lirico per recitante, soli, coro e orchestra, 1831 - 32. Grande Messe
sé in una lettera del 1838:
des Morts, 1837. Te Deum ,1849. L’enfance de Christ, trilogia sacra, 1854.
Musica sinfonica: Symphonie fantastique , “episodi della vita di un artista”, in 5 parti ognuno con un titolo: I (Sogni, “Il mio stile è molto audace...Ho sempre cura di rendere le mie
passioni) II (Un Ballo) III (Scena nei campi) IV (Marcia del supplizio) V (Sogno di una notte del composizioni abbondantemente melodiche…Gli aspetti domi-
sabba) 1830. Harold en Italie , sinfonia per viola concertante ed orchestra, 1834. Romèo et
Jiuliette, sinfonia drammatica 1839. nanti della mia musica sono l’espressione appassionata, intensi-
tà intima, impeto ritmico e imprevedibilità.”

8 XXVII
7 7a

“Malvenuto Cellini„ caricatura di Banger, Pari-


gi, 1838. Questa famosa caricatura fu molto
celebre ai tempi della prima rappresentazione
dell’opera: a giudicare dall’esito, avvenuto nel
1838, l’opera d’esordio di Berlioz si sarebbe
proprio potuta chiamare“Malvenuto„; questo fu
il più colossale fiasco dell’avventurosa vita del Storica caricatura del busto di Ber-
compositore. Solo la sinfonia iniziale venne bene lioz, con la testa sproporzionata
accolta dal pubblico, tutti i restanti “numeri” rispetto al corpo, per prenderne in
dell’opera vennero abbondantemente fischiati. Il giro la rinomata intelligenza. Dise-
pubblico non era ancora pronto alle grandi gno seguito da Gustave Dorè.
innovazioni di una mente geniale come quella di
Berlioz; Benvenuto Cellini è un’opera di grande
effetto, ricca di situazioni comiche e di momenti
sublimi.

8 Altra storica cari-


catura, molto
celebre nella Pari-
gi degli anni 30 del
1800, raffigurante
Berlioz alla dire-
zione della
sua...orchestra.
L’autore è Etienne
Carjat, che intitolò
la caricatura
Concert à Mitrail-
le.

9 XXVII
FELIX MENDELSSOHN (Amburgo 1809 - Lipsia 1847)

9
Figlio di un’agiata famiglia ebrea convertitasi al protestantesimo, Felix Mendelssohn-Bartholdy ricevette una completa educazione filosofica, lette-
raria e musicale, come si conveniva, a suo tempo, alla classe privilegiata alla quale apparteneva. Presto si fece benvolere da Goethe. A Parigi pre-
se lezioni da Cherubini, conobbe Rossini e Meyerbeer. Perfezionatosi nella tecnica pianistica, comincia anche a dirigere l’orchestra e a comporre
intensamente, sempre eccellendo in tutto ciò che intraprende. In questi anni riesuma con una storica rappresentazione la Passione secondo San
Matteo di Bach, iniziando così la riscoperta del grande musicista, sino allora quasi dimenticato / A vent’anni inizia un ciclo di tournée in varie città
tedesche e quindi in Austria, in Italia e soprattutto nell’amata Inghilterra, che è congeniale alla sua natura raffinata e romantica. A questa terra
Mendelssohn rimane sempre legato, fin dalla giovanile ouverture “Sogno di una notte di mezza estate” da Shakespeare, dove dipinge con intensa
passione poetica il mondo fatato degli elfi. La bellezza serena e arcana del paesaggio scozzese si riflette invece, con sottile malinconia, nella Sinfo-
nia n. 3, capolavoro della maturità. Con un lungo viaggio in Europa, Mendelssohn corona la sua perfetta formazione culturale: tappa obbligata
l’Italia, ricca di un secolare passato musicale, a cui dedica una delle sue pagine musicali più luminose, la Sinfonia n. 4 detta appunto Italiana /
Nel 1835 si trasferisce definitivamente a Lipsia come direttore della Gewandhaus, che sotto la sua guida diventa uno dei migliori complessi orche-
strali europei. A Lipsia fonda, otto anni dopo, il Conservatorio destinato a essere un importante centro europeo di cultura musicale / Si impegnò
con entusiasmo a far conoscere le musiche di compositori dalla fisionomia artistica molto diversa dalla sua: Liszt, Chopin, Schumann. Geniale di-
vulgatore e organizzatore di musica del suo tempo, compone e dà concerti in Europa. La sua vita scorre facile e serena, allietata anche dalle gioie
del matrimonio e di una famiglia numerosa. Nel 1847 mentre si trova a Londra per dei concerti, lo coglie improvvisa la notizia della morte dell’a-
mata sorella Fanny, che egli considerava “la sua coscienza musicale”. E’ un colpo fatale che annienta la sua fragile salute e uccide in lui ogni volon-
tà di vita. Sei mesi dopo muore a Lipsia.

Classico per la scelta e l'uso delle forme musicali, Mendelssohn si rivela protagonista del movimento romantico nei colori orchestrali e nel modo di rappresentare luoghi, storie o per-
sonaggi attraverso i suoni. Egli ripropone, rinnovandola, la tecnica compositiva contrappuntistica del barocco tedesco, facendo da cardine fra la tradizione bachiana e il tardo ro-
manticismo di Brahms e Reger / Schumann ha definito Mendelssohn “il Mozart del XIX secolo, un limpido musicista che, primo, ha chiaramente viste e conciliate le contraddi-
zioni della nostra epoca.” In effetti Mendelssohn è il compositore romantico più vicino alla tradizione classica precedente. La sua musica è il frutto di un romanticismo sereno e feli-
ce, non agitato da irruenti passioni e non travolto da sentimenti impetuosi / Il suo mondo è lo specchio fedele della sicurezza dorata e confortevole della borghesia tedesca degli
anni ‘30 e ‘40, una classe benestante e attiva che guarda con ottimismo alla vita e svolge un ruolo di preminenza culturale ed economica nella società dell’Ottocento / Mendel-
ssohn è anzitutto uno straordinario orchestratore, che continua il modello di misura formale perfezionato da Haydn e Beethoven, mostrando in tutta la sua produzione un equili-
brio impeccabile fatto di rapporti tonali precisi, di eleganza architettonica e di naturale bellezza melodica. Il suo magistero resta esemplare per molti compositori, fornendo un con-
tributo al sorgere delle scuole nazionali dell’Ottocento e in particolare quella scandinava.

L’OPERA

Musica per orchestra: Sinfonia n.1 in Do minore op. 11, 1824. Sinfonia n.2 in Si op. 52 (Canto di lode), 1840. Sinfonia n.3
in La op. 56 (Scozzese), 1842. Sinfonia n.4 in La op. 90 (Italiana), 1833. Sinfonia n.5 in Re op. 107
(Riforma), 1830. Sogno di una notte di mezza estate, ouverture op. 21, 1826. Sogno di una notte di
mezza estate, musica di scena op. 61, 1843. Le Ebridi (La grotta di Fingal) ouverture op. 26, 1829.
Calma di mare e felice viaggio, ouverture op. 27, 1832. La favola della bella Melusina, ouverture op.
32, 1833

Concerti per strumento solista: Concerto n. 1 in Sol minore per pianoforte e orchestra op. 25, 1831. Concerto n. 2 in Re
minore per pianoforte e orchestra op. 40, 1837. Concerto in Mi minore per violino e or-
chestra op. 64, 1844
Musica vocale profana: La prima notte di Valpurga op. 60, 1841
sacra: Elia, oratorio op. 70, 1846. Paulus, oratorio op. 36, 1836

Musica da camera per complessi vari: 3 Trii per pianoforte, violino e violoncello op. 49 e op. 66, 1820-1845. 2 Sonate per
violino e pianoforte, 1823-1838. Sonata in Do minore per viola e pianoforte, 1824
Ottetto in Mibem op. 20, 1825. 7 Quartetti per archi, 1823-1847
per pianoforte: Romanze senza parole, 1829. Variations Serieus op. 54, 1841. ecc

10 XXVII
ROBERT SCHUMANN (Zwickau, Sassonia 1810 - Endenich, Bonn 1856)
Il più “caratteristico” musicista romantico. Ebbe una vita breve, intensa e travagliata, egli fu l’eroe romantico che si consu-
10
ma alla fiamma della passione e all’anelito della libertà / Ultimo di cinque figli di un colto editore, viene avviato inizialmen-
te verso gli studi umanistici, dedicandosi con passione alla lettura di Goethe, Scott, Byron, Richter, poi si iscrive alla facoltà di
giurisprudenza dell’Università di Lipsia, non tralasciando la sua vera vocazione, lo studio del pianoforte. Prende lezioni di
piano dal famoso organista Kuntsch e da Weber, ma dovrà rinunciare alla carriera di concertista per una paralisi al 4°dito
della mano sinistra (> metodo didattico antifisiologico da lui congegnato). Dopo aver ottenuto, non senza lunghi contrasti, il
consenso materno di dedicarsi soltanto alla musica, completa la propria preparazione sotto la guida di Friedrick Wieck, di
cui sposerà nel 1840 la figlia Clara, eccellente pianista e magistrale interprete della sua musica. Collabora come critico ad
alcune riviste, inaugurando un metodo di critica musicale più personale e spregiudicato, teso verso il futuro / Nel 1834 fon-
da la “Nuova rivista musicale” che si occupa soprattutto delle ultime tendenze e si impegna in un’accesa battaglia contro
l’accademismo critico allora imperante. Svolge una geniale e appassionata attività di valorizzazione dei nuovi talenti come
Chopin, Brahms, Liszt, Berlioz / Nel primo decennio della sua attività di compositore, sino al 1840, Schumann si dedica esclu-
sivamente al pianoforte, con una ricerca formale profondamente innovatrice rispetto alla tradizione classica. Essenziali sono
tra gli altri, i cicli Carnaval, Kinderszenen le Sonate e gli Studi sinfonici. Nei brani pianistici esprime compiutamente la
sua intima sensibilità e la complessa natura di artista, che egli amava dissociare in tre diverse figure:
Eusebio (timido e sognatore);
Florestano (focoso ed estroverso);
Maestro Raro (conciliatore dei due nella raggiunta perfezione della dottrina musicale).
Nell’unico suo lavoro per il teatro musicale, l’opera Genoveva, 1850, Schumann persegue l’ideale di creare un’opera tedesca, ossia scevra da contaminazioni pro-
venienti dall’Italia e dalla Francia / Lavora come insegnante di pianoforte al Conservatorio di Lipsia, chiamato da Mendelssohn, poi è a Dresda e a Duesseldorf
come direttore d’orchestra / Si accostò al Lied, scrivendo cicli preziosi e profondamente poetici, punto d’incontro tra la nuova poesia tedesca (Heine) e il suo sensibi-
le pianismo. In seguito si confrontò con le forme e i generi classici in una intensa produzione sinfonica, cameristica e vocale, nella quale riversa la profondità del suo
temperamento romantico / In questo periodo, ha circa quarant’anni, manifesta i primi segni di un pauroso squilibrio mentale. Nel 1853 per un peggioramento del
suo stato psichico è costretto ad abbandonare ogni incarico e l’anno dopo, per un attacco violento di pazzia, tenta il suicidio gettandosi nel Reno. Viene allora rico-
verato in clinica a Endenich, vicino a Bonn, dove si spegne dopo tre anni ottenebrati dalla follia. La moglie Clara, insieme a Brahms amato discepolo, gli è vicina
fino all’ultimo e per molti anni continuerà a diffondere con i suoi concerti la musica del marito scomparso.

Schumann incarna in modo esemplare le inquietudini, gli aneliti e i temi poetici del romanticismo tedesco più irrazionale e spiritualista. Concepisce l’arte come sin-
tesi globale di poesia, filosofia e musica, entità che insieme contri-
L’OPERA
buiscono al progresso della civiltà e dello spirito. La musica è, dal
Musica per orchestra: Sinfonia n. 1 in Si bemolle op.38 (La Primavera), 1841. Sinfonia n. 2 in Do op.61, 1846. Sinfonia n. 3 canto suo, espressione soggettiva del sentimento del compositore,
in Mi bemolle op. 97 (Renana), 1850. Sinfonia n. 4 in Re minore op.120, 1841-1851. Manfred, uvertu- il quale osserva leggi e moduli propri. Per Schumann la necessità
re op. 115, 1849 di rifiutare la forma classica e di approfondire la ricerca espressi-
Concerti: Concerto per piano e orchestra in La minore op.54, 1841-45. Concerto per violoncello e orchestra in La minore
op.129, 1850. Pezzo da concerto per quattro corni e orchestra in Fa op.86, 1849. Pezzo da concerto per pianoforte va nasce dal contrasto intensamente drammatico tra l’Io e la
e orchestra op.92, 1849. Concerto per violino e orchestra in Re minore, 1853. Natura, tra le sensazioni e i pensieri del musicista e la forma con
Musica vocale Lieder: Circa 200 su testi di Heine, Rückert, Goethe, Eichendorff e altri. Il Paradiso e la Peri, oratorio per
soli, coro e orchestra op. 50, 1841-43. Genoveva, opera, 1850. Requiem per Mignon op. 98b per soli,
la quale essi si esprimono. Questo dissidio è all’origine del trava-
coro e orchestra, 1849 glio che porterà il compositore alla follia / Con lui compare per
Musica da camera per complessi vari: 3 quartetti per archi op. 41, 1842. 2 quartetti con piano in Mi bemolle op. 47, 1842). la prima volta nella storia della musica la figura dell’intellettuale
Quintetto per pianoforte e archi in Mi bemolle op.44, 1842. 3 trii per piano, violino e violoncello in Re minore
op.63, in Fa op.80 e in Sol minore op.110, 1847-1851. 2 Sonate per violino e pianoforte in La minore op.105 e e musicista: la sua opera è densa di richiami filosofici e letterari, e la
Re minore op. 121, 1851 sua attività di critico militante è battagliera e anti accademica,
per pianoforte: Variazioni sul nome Agegg op. 1, 1830. Papillons op. 2, 1832. Studi sinfonici op. 13, 1834. aperta alle novità e tesa al rinnovamento della cultura e della
Carnaval op. 26, 1835. Davidsbuendlertänze (“Danze della lega di Davide”), 1837. Sonata in Sol
m op. 22, 1837; in fa# op. 11 e in fa op. 14 (detta concerto senza orchestra). Phantasiestücke civiltà.
(“Pezzi fantastici”) op. 12, 1837. Kinderszenen (“Scene infantili”) op. 15, 1838. Kreisleriana
op.16, 1838. Fantasia op.17, 1836. Album für die Jugend (“Scene infantili”) op. 15, 1848.
Waldszenen (“Scene della foresta”) op. 82, 1849.

11 XXVII
Genoveva, pagina della “Illustrirte Zeitung„ (Lipsia, 13 luglio 1850) per la prima rappresentazione, tratta dal gior-
nale di Schumann “Schumanns gesammelte Zeitungsstimmen„.

12 Una rara
fotografia
ritraente
R o b e r t
Schumann
con sua
m o g l i e
Clara al
pianoforte

11

12 XXVII
FRYDERYK CHOPIN (Zelawola - Wola, Varsavia 1810 - Parigi 1849)

13
Il più grande “poeta del pianoforte” Chopin si avviò sin da giovanissimo, al Conservatorio di Varsavia, allo studio del pianoforte che
diventerà la voce della sua più intima e vera espressività. Conclusi brillantemente gli studi, lascia la città per cercare altrove più
ampie possibilità professionali. Si fa presto conoscere a Vienna e in Germania con le sue prime composizioni per orchestra (i due
Concerti per pianoforte), rivelandosi come concertista e compositore in grado, come intuirà Liszt, di “aprire una nuova fase nel sen-
timento poetico, a fianco di felici innovazioni nella forma dell’arte” / Nel 1831 si stabilisce a Parigi, capitale artistica d’Europa, che
elegge a sua patria adottiva. Qui entra in contatto con i migliori musicisti della generazione precedente, tra cui Cherubini e Rossini,
e stringe una viva amicizia con Liszt, Mendelssohn, Berlioz. Diviene frequentatore dei colti salotti aristocratici, dove la sua figura
delicata e sensibile e la raffinata educazione lo rendono ben accetto e amato. Riserva il proprio talento di pianista a questo pubbli-
co esclusivo, limitando le apparizioni pubbliche a poche straordinarie occasioni. Conduce una disordinata vita di società che ben
presto danneggia la sua salute cagionevole / Chopin compone quasi esclusivamente pezzi per pianoforte, strumento più congenia-
le al suo spirito romantico, che gli consente di esprimere il suo lirismo interiore e psicologico soprattutto nelle composizioni libere e
brevi: i Notturni, gli Improvvisi, i Preludi. Ma dietro l’ineffabile bellezza di questi lavori, si cela un’ardita ricerca armonica e rit-
mica, che trova la prima affermazione matura nei 24 Studi (più tre postumi). Le Ballate e gli Scherzi mostrano novità tecniche e
timbriche di scrittura profondamente innovatrici. Le Marzurche e le Polacche testimoniano invece il suo profondo interesse per la
tradizione popolare dell’amata Polonia, romanticamente infusa di nostalgia e patriottismo / Dopo un infelice amore per la nobil-
donna polacca Maria Wodzinski, Chopin si rifugia nell’amore quasi materno della scrittrice George Sand (1804-89), unione che co-
nosce momenti di feconda esaltazione, come la fuga a Maiorca nell’inverno del 1838. Gli otto anni di legame con la Sand sono i più
placidi e creativi della breve esistenza di Chopin, che svolge un’intensa attività compositiva, sempre più richiesto dall’alta società e
dagli editori. La sua musica è ormai libera da ogni formalismo e vibra di intensa poesia, come la straordinaria Polacca Fan-
14
tasia che si dispiega in un clima quasi visionario. Minata dalla tisi polmonare, la salute di Chopin peggiora progressivamente.
Dopo la dolorosa rottura con la Sand, gli ultimi due anni della sua vita registrano soltanto uno sfortunato soggiorno a Lon-
dra e la quasi totale paralisi creativa / Benché avesse lasciato la Polonia in età giovanile, il compositore espresse sempre
nella sua musica il legame con la terra d'origine, in quegli anni martoriata dalla guerra; segnate dal sentimento eroico del
suo popolo, le mazurke ripropongono ritmi e melodie della musica popolare polacca. Con gli Studi op.10 e op.25 Chopin su-
però la concezione scolastica dell'esercizio per le dita, creando veri e propri pezzi da concerto. Gli aspetti fondamentali del-
l'arte di Chopin emergono anche nelle ballate, nelle polacche e nei valzer: ovunque si trovano le melodie affascinanti, le raf-
finate armonie e i ritmi coinvolgenti che hanno fatto di Chopin il compositore romantico per eccellenza. Queste caratteristi-
che hanno influenzato l'opera di altri importanti artisti, quali Franz Liszt, Claude Debussy, Aleksandr Skrjabin e Sergej Ra-
chmaninov / Chopin condivide con Liszt il ruolo di grande pianista dell’età romantica. Appassionati e poetici sono i temi del-
la sua ispirazione: l’impeto dell’amore, la coscienza della sofferenza e della privazione, la svagata fantasia. Ogni motivo
muove da una condizione umana sconfitta e dolente, talora “ammalata e febbrile”, che richiama la poetica di Leopardi e di
Baudelaire. Ma nella sua musica si manifesta anche un’altra corrente romantica, nutrita di valori umani e politici: è la no-

L’OPERA stalgia della terra lontana, la


forza virile dell’animo popolare Particolare dell’ultimo pianoforte appartenuto a Chopin
Concerti; Concerto n.1 in Mi minore per pianoforte e orchestra op. 11, 1830. Concerto n.2 in Fa minore per pianoforte e e l’orgoglio nazionalista / “Le
orchestra op. 21, 1829
Musica da camera per pianoforte: 24 Preludi op. 28, 1836-1839. 24 Studi op. 10 e 25, 1829 -1836. 4 Ballate op. 23, 38, opere di Chopin sono cannoni sepolti sotto i fiori”, notava Schumann. Questa
47, 52, 1831-1842. 4 Improvvisi op. 29, 36, 51, 66, 1834-1842. 4 Scherzi op. 29, 31, varietà sentimentale è trasfusa nella purezza formale delle composizioni, che,
39, 54, 1831-1842. 3 Sonate op. 4, 35, 58, 1828-1844. 21 Notturni, 1837-1846. 16
Polacche, 1817-1846. 20 Valzer, 1827-1848. 59 Mazurche, 1820-1849. dettate da un forte spirito individualistico, si fanno libere e personali, rivoluziona-
per complessi vari Trio in Sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 8, 1829. Sonata in Sol minore rie sul piano tecnico ed espressivo. Dedicando totalmente le proprie energie crea-
per violoncello e pianoforte op. 65, 1846. tive al pianoforte, Chopin ne trasforma in modo così radicale la scrittura timbrica
e armonica da trovare epigoni solo alla fine del secolo, in Debussy e Skrjabin.

13 XXVII
15 16 17

Liszt in posa fotografica con sua figlia Cosima, moglie di Hans Una rara foto dell’abate Liszt durante il suo sog-
von Bülow e poi di Wagner. giorno romano.
Una rara foto di Liszt al pianoforte in età matura.

18 Disegno
d’epoca
raffigurante
Chopin che
esegue al
pianoforte
nel salotto
del conte
Radzwille a
Parigi.

14 XXVII
FRANZ LISZT ( Raiding 1811 - Bayerut 1886)

19
Il più grande pianista di tutti i tempi, Liszt viene avviato alla musica dal padre, funzionario del principe Esterhazy e violinista per diletto nell’-
orchestra di Haydn. All’età di nove anni già si esibisce in pubblico come pianista, dando prova di un talento straordinario. Lascia l’Ungheria
per trasferirsi a Vienna dove si perfeziona sotto la guida di Czerny e Salieri, dedicandosi anche agli studi letterari e filosofici. Ben presto si im-
pone in tutta Europa come virtuoso della tastiera, in possesso di un carisma in grado di “avvolgere la sala di un’atmosfera di magnetismo, di
elettricità, di epilessia istrionica”. A Parigi è accolto nei salotti più importanti, conosce Hugo e Berlioz, Lamartine e Paganini, George Sand e
Chopin. Suscita uno scandalo la sua relazione con la moglie del conte d’Agoult, da cui avrà tre figli. Intanto prosegue la sua attività concerti-
stica che lo rende in pratica cittadino europeo. Si esibisce in quasi tutto il continente stringendo amicizia con artisti e nobili e intrecciando lega-
mi amorosi molto chiacchierati. Ovunque i suoi concerti sono accolti con grande successo / Fu storicamente il primo pianista ed esibirsi in con-
certo da solo senza orchestra, dando origine al moderno recital pianistico / Nel 1848 abbandona le tournée per il posto di direttore d’orche-
stra presso la corte di Weimar; qui s’innamora della principessa von Sayn-Wittgenst e sotto la sua guida intelligente e devota si dedica di più
alla scrittura orchestrale, con l’ambizione di presentarsi al mondo musicale come compositore in senso lato. Nascono così, fra gli altri lavori, la
Sonata in si minore, ed i due Concerti per pianoforte, lirici e appassionati, mentre l’eclettica cultura di Liszt si esprime nella sua più tipica
creazione, i poemi sinfonici, ispirati dalla lettura di opere poetiche e letterarie. Weimar diventa il centro della musica contemporanea: Liszt,
dall’alto della sua autorità, si fa ambasciatore della nuova musica tedesca e in particolare delle opere di Wagner, con il quale ha profondi
rapporti di amicizia e di parentela (sua figlia Cosima andrà in sposa, in seconde nozze, con il grande operista tedesco) / La rottura con la corte di Weimar nel 1859 prelude a
una profonda svolta nella sua vita, caratterizzata da una crisi di misticismo. Si reca a Roma e ottiene in Vaticano il titolo di abate. Mostra un crescente interesse per il canto
gregoriano e per l’antica polifonia vocale, e compone musica corale affascinante e inconsueta, come il grandioso oratorio Christus / La solitudine ascetica romana non dura
però a lungo: il richiamo del bel mondo lo riporta a riallacciare i contatti con Weimar e a riprendere l’attività concertistica internazionale. E’ spesso presente anche a Buda-
pest, dove nel 1875 è eletto presidente dell’accademia di musica. La sua fama di pianista è sempre viva, ma le sue musiche registrano scarso interesse. Le composizioni pianisti-
che degli ultimi anni, solitarie meditazioni come La lugubre gondola, sono caratterizzate da un’ascetica sobrietà e da presagi di geniale modernità: egli apre la strada
verso la atonalità. E’ questa la fase estrema della sua musica: nel 1886 una polmonite stroncherà a Bayreuth la sua vita di successi, di amori e di avventure.

Liszt ebbe un'attività musicale frenetica: oltre che pianista e direttore d'orchestra di successo, fu un valente didatta (formò più di 400 allievi); come compositore lasciò un re-
pertorio di circa 350 lavori, trascrisse inoltre più di 200 opere (generalmente per pianoforte) di altri compositori contribuendo alla diffusione della loro musica. Liszt fu un im-
portante innovatore. Dal punto di vista armonico, con l'uso di accordi cromatici assai complessi, rivoluzionò la tradizione della musica ottocentesca. Nei confronti della forma
compositiva, il suo influsso si fece sentire soprattutto nel trattamento del materiale tematico. Un esempio in tal senso è la Sonata in si minore (1853): da un unico tema, trasfor-
mato variamente, ha origine tutto il materiale tematico dell'opera. La sua tecnica e la sua armonia cromatica influenzarono molti musicisti tra i quali, in modo particolare,
Richard Wagner e Richard Strauss. La scrittura pianistica di Liszt inaugurò un'era completamente nuova nella letteratura per pianoforte, permettendo di raggiungere una
gamma di sonorità e tessiture impensabile prima di allora / Liszt, analogamente a Paganini, esercita un’importante suggestione sulla civiltà musicale romantica che vede nel
suo magico virtuosismo una manifestazione della libera capacità
L’OPERA
creatrice del genio.
Musica per orchestra: 13 poemi sinfonici, tra cui: I preludi, 1848. Mazeppa, 1851. Tasso, lamento e trionfo, 1854. Orfeo, 1854. Faust,
sinfonia, 1854. Dante, sinfonia, 1856. Due episodi dal Faust di Lenau, 1860. Con Chopin, Liszt condivide le esplorazioni più avanzate delle pos-
sibilità della tastiera: abbandonando i modelli del passato, tenta
Concerti: Concerto in Mi bemolle per pianoforte e orchestra n. 1, 1849. Concerto in La per pianoforte e orchestra n. 2, 1849. Totentanz sperimentazioni che investono tutti gli aspetti strutturali ed espres-
(Danza macabra) per pianoforte e orchestra, 1849.
sivi della composizione. La sua musica è spesso ispirata a ricordi
Musica vocale: 74 Lieder per canto e pianoforte, 1838-1883. letterari, a impressioni poetiche, e rivela una concezione musicale
Musica sacra: La leggenda di S. Elisabetta, oratorio, 1862. Salmi 13, 18, 23, 125, 129 per soli, coro e orchestra, 1859-1862. Missa chora-
molto avanzata. Forme libere, continue ricerche di novità armoni-
lis, 1865. Christus, oratorio, 1867. Messa ungherese dell’Incoronazione, 1867.. Requiem, 1868. Missa solemnis, 1869. che e timbriche, atmosfere sonore sempre più indeterminate: tutto
Via crucis, 1879 questo fa di Liszt un tipico esponente del romanticismo maturo e
Musica da camera per pianoforte: 6 studi di esecuzione trascendentale da Paganini, 1838. Liebestraume (Sogni d’amore) op.62, 1841.
Années de pèlerinage (Anni di pellegrinaggio): 1. Svizzera, 2-3. Italia, 4. Italia, 1838-1877. 19 Rapsodie
un precursore, per diversi aspetti, della musica del Novecento. Im-
ungheresi, 1846 -1885. Consolations, 1850. 12 studi di esecuzione trascendentale, 1851. Sonata in SI portante è anche la figura di operatore di cultura: Liszt forma i
minore, 1853. 2 Leggende, 1863. Valzer dimenticati, 1881-1885. Mefisto valzer n. 3, 1881. Die traue- maggiori pianisti delle generazioni successive, sostiene e diffonde la
re Gondel (La lugubre gondola), 1883. Trascrizioni e parafrasi da opere di Bach, Schubert, Beethoven,
Wagner, Verdi, Gounod e altri.
nuova musica romantica, e non ultimo, afferma il valore della mu-
per organo: Fantasia e fuga sul corale “Ad nos, ad salutarem onda”, 1850. Preludio e fuga sul nome B.A.C.H., 1870. sica popolare, come testimoniano le Rapsodie ungheresi.

15 XXVII
20
Les Prèludes è uno dei poemi sinfonici di Liszt più eloquenti riguardo la tipologia del
poema sinfonico. Liszt realizza un costrutto musicale (tabella II) che “traduce” musical-
mente (e soggettivamente) il contenuto del poema di Lamartine (tabella I)

16 XXVII
21 Esempio eclatante del virtuosi-
23
smo funambolico di F. Liszt. I
salti “sovrumani” (che comporta-
rono il fiorire di una cospicua
satira in vignette nei suoi confron-
ti) voluti da Liszt, in una variazio-
ne di un tema per pianoforte tratto
dal celeberrimo capriccio pagani-
niano, espletano quasi un effetto
orchestrale, oltre che sbalorditivo.
Un passo del genere era (ed è!)
dominabile da pochissimi strato-
sferici esecutori. E’ bene precisare
22
che Liszt, realizzò più
versioni delle raccolte
dei suoi studi. L’esem-
pio in esame è tratto
dalle trascrizioni
pianistiche di sei studi
paganiniani (“Etudes
d’exècution trascen-
dante d’après Pagani-
ni”). Nell’esempio a)
si evince la variazione
originale di Paganini 24
per violino, e nella b
(spettacolare anche
alla vista) la trascri-
zione di Liszt nella
prima versione del
1838. Lo stesso Liszt
si rese conto che la
versione del 1838 era
sovrumanamente
difficile (così come la
prima versione degli
studi trascendentali),
cosicché nella
“facilitata” (si fa per
dire) versione del
1851 egli procederà ad
una rettifica delle
difficoltà. Storiche caricature di Liszt al pianoforte, che evidenziano chia-
ramente il dato sbalorditivo che le sue esecuzioni infondevano
sugli ascoltatori.

17 XXVII
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18 XXVII
Melodramma e Operarono da intendere come sinonimi / L’Opera italiana nell’800, da Rossini a Puccini, è il prodotto musicale più conosciuto ed
L’OPERA ITALIANA apprezzato in tutta Europa e, successivamente, anche in America / Mentre nel ’600 e nel ’700 il grosso pubblico si scindeva fra le diverse forme
NELL’OTTOCENTO: musicali (musica teatrale, sacra, strumentale) nell’800 il grosso pubblico sarà tutto per l’opera. Antonio Gramsci fu una delle prime importanti
DA ROSSINI A personalità politiche italiane che è identifico l’opera come “l’unica forma di teatro nazional ~ popolare degli italiani”. Ciò si spiega anche con il fatto
che nel XIX secolo si diffonde una alfabetizzazione di massa senza precedenti che porterà in un breve decennio una grande fetta sociale ad acco-
VERDI starsi alla letteratura: Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi, furono, in questo periodo, conosciuti da una porzione sociale alla quale in passato tutto ciò
era rimasto negato / Il numero dei teatri si moltiplicò nel giro di un settantennio: nel 1890 i teatri in Italia erano circa 1055, e molti di essi, proprio
perché contenevano molti posti, vennero denominati politeama / Dopo il regime napoleonico nascono in Italia le bande, che fonderanno il loro
repertorio proprio sulla musica operistica, e saranno diffuse in ogni angolo d’Italia / L’amore per l’opera nell’800 fu vistosamente più sentito che in
precedenza per due principali motivi:
1) FUNZIONE SOCIOLOGICA > il teatro d’opera è il principale luogo d’incontro per la società, non solo luogo di rappresentazione melodrammatica
ma efficace punto di aggregazione della società bene. Il pubblico amava riascoltare le opere.

2) FUNZIONE CULTURALE > l’opera fu lo specchio delle concezioni globali della società (pensiero politico, gusto estetico, evoluzione sociale, ecc.) / Il
libretto d’opera dell’800 fu la sintesi degli assunti inconsci della collettività espressa con una efficace versificazione; il libretto incarnò gli ideali di sei -
sette generazioni di italiani (dall’Italiana in Algeri a Sonnambula a Lucia di Lammermoor a Nabucco a Rigoletto a Cavalleria Rusticana a Bohè-
me) / Nell’800 il melodramma era anche mezzo d’informazione e di svago, che ben presto cederà alla radio, prima, e alla televisione poi.

TEATRI IMPRESARI PUBBLICO EDITORI


Ritratto di
L’espansione notevole del melodramma in Italia nell’800 fu l’effetto dell’organizzazione delle sta- 1 Domenico
gioni operistiche; vere e proprie aziende di produzione queste rappresentano la naturale evolu- Barbaja (1778
- 1841); egli fu
zione dell’opera impresariale precedente / I teatri italiani erano diventati o pubblici (erano stati il più celebre
dei vari regni e ducati italiani, poi dopo l’unità d’Italia nel 1867 lo stato li diede ai singoli comuni) o impresario della
proprietà di associazioni denominate palchisti (ossia le persone più facoltose di ogni città); gli storia dell’ope-
impresari svolgevano nel teatro le mansioni che oggi competono ai direttori artistici; fra i più im- ra, infatti non a
caso a Napoli lo
portanti impresari ottocentesche un posto da principe ebbe Domenico Barbaja, il quale dominò chiamavano con
per oltre trent’anni i massimi teatri di Napoli, Milano e Vienna; amico di Rossini, scoprì i talenti di il soprannome
Bellini e Donizetti, e fu il protettore di Mercadante / Il pubblico dei teatri era un condensato di di “vicerè di
tutto il popolo, molti scrittori e cronisti hanno lasciato testimonianze scritte circa la tipologia di Napoli”. Intrat-
tenne una frut-
pubblico ed il tipo di partecipazione; gli aristocratici seguivano l’opera seria nei teatri più impor- tuosa relazione
tanti, i meno abbienti frequentavano i teatri minori e l’opera semiseria e buffa. artistica con
Rossini, Bellini,
Nei teatri l’architettura assecondava le differenti gerarchie sociali del pubblico: i primi due o tre Donizetti e con
ordini di palchi erano dati in abbonamento ai nobili; i palchi più in alto erano riservati all’alta bor- il giovane Giu-
ghesia; mentre la platea (con poche file di sedie, e nella parte posteriore si stava in piedi) era seppe Verdi.
appannaggio della media borghesia o comunque di un pubblico eterogeneo; infine il loggione (il
più in alto) era riservato al ceto più basso, al “popolo minuto”. Col tempo la distribuzione classista
del pubblico nel teatro si modifico a favore della borghesia.

Nell’800 un’opera di successo poteva venir rappresentata anche venti o trenta volte in una stessa
città; nei cartelloni ciò non veniva specificato: si presentavano non più di 4 o 6 titoli, e l’alta aristo-
crazia era presente abitualmente ad ogni replica, rispettando così una sorta di costume sociale,
ostentazione classista, iniziata già alla metà del 1600.
1 XXVIII
L’editoria musicale ebbe nell’800 un assoluto ruolo determinante per lo sviluppo del melodramma. Nacque all’inizio del 1800 e si configurò nella “macchina operistica” in un modo
tale da decapitare il potere dispotico degli impresari: gli editori acquistavano i documenti musicali giacenti negli archivi dei teatri e stampavano spartiti per canto e pianoforte
(anche variazioni per pianoforte ed altri strumenti di arie celebri); contemporaneamente arrivarono a fare da tramite fra operisti ed impresari: si cimentavano a stampare le opere
dei compositori ritenuti di successo assicurando loro una quota economica in base alla quale trattavano con gli impresari. Giovanni Ricordi fu il primo importante editore. Con l’av-
vento degli editori la figura dell’impresario andò perdendo la sua precedente importanza e potenza; egli divenne, così, una figura di scarso rilievo perché i diritti d’autore sulle parti-
ture passarono direttamente e repentinamente dalle mani dell’impresario, al singolo teatro, all’editore, il quale si preoccupava spesso anche di fornire, a noleggio, i materiali orche-
strali / Non vi era però, ancora, la tutela delle opere: gli operisti e i compositori erano alla mercé degli impresari senza scrupoli, e furono vittima di pirateria editoriale, e di furti delle
proprie creazioni musicali. Bellini e Donizetti lamentarono furti in decine di lettere. La forte necessità di un organo che proteggesse il lavoro dei compositori comportò la nascita della
legge sul diritto d’autore; questa si ebbe nelle 1865 e fu voluta da tutti i musicisti ed editori. Fino all’avvento della legge sul diritto d’autore, l’ideologia o valore estetico dell’originalità
compositiva non era ancora nata: i compositori creavano ancora come in passato le musiche per il melodramma con l’intento di raggiungere solo sicuri e lauti guadagni, e, dunque,
l’originalità non era ancora un fatto di primaria importanza. Rossini e Donizetti si attenevano ancora alla prassi creativa della velocità, ossia di comporre la musica d’opera tutta di
getto e nel minor tempo possibile; Bellini fu il primo compositore che soppiantò questa prassi / In seguito, nel 1882, a Milano, a nacque la SIAE; in questo modo i compositori si assicu-
rarono lauti e duraturi guadagni per la stessa opera nelle varie altre rappresentazioni postume, dando in affitto una partitura operistica che aveva avuto un grande successo. Verdi
fu uno dei primi ad essere interessato alla nuova “conduzione” operistica che la legge sul diritto d’autore comportò: egli, come poi tutti gli altri, si assicurò un posto di prim’ordine al-
l’interno del repertorio operistico, cosicché la rappresentazione successiva della medesima opera su scala europea avrebbe garantito un sicuro e duraturo guadagno / Verdi fu il
primo compositore ad esigere che l’editore (G. Ricordi), nei contratti con i teatri, inserisse una clausola che proibisse qualunque modifica alla versione della partitura originale da lui
data alle stampe.

Nell’Ottocento comincia a sentirsi la corposità di un repertorio operistico già consolidato, per cui i teatri non allestiscono più soltanto opere nuove come nel settecento (ove il libretto
era lo stesso e la musica sempre nuova), ma, complice anche la nuova ideologia di produzione operistica legata all’avvento del diritto d’autore, i teatri mettono in scena opere che
hanno già avuto successo altrove senza lo pseudonimo della “novità”. Rossini fu già il primo compositore che contribuì alla diffusione dell’ideologia del repertorio.

GIOVANNI RICORDI (1785-1853)


PROTAGONISTI DEL MELODRAMMA
2 Figlio di un vetraio, si dedica allo studio del violino e diventa primo violino e OTTOCENTESCO
direttore d'orchestra di un piccolo teatro milanese. Studiando da vicino l'am- I COMPOSITORI
biente musicale della città incomincia a concepire il suo primo progetto com-
merciale, aprendo un banco di copisteria musicale per i teatri, rifornendo di Cinque furono i massimi operisti italiani, che furono
materiale manoscritto orchestre e cantanti. Nel 1806 il primo grosso contratto e sono famosi in tutto il mondo, ed operarono in un
con il teatro Carcano diede più solide basi all'impresa, grazie anche a una periodo di tempo consecutivo:
geniale clausola che garantisce al copista Giovanni Ricordi la proprietà dei
materiali copiati. Nel 1807 il giro d'affari è già abbastanza ampio, e Giovanni ROSSINI (attivo fra il 1810 ed il 1829)
Ricordi va formando un suo archivio di materiali di proprietà, primo esempio DONIZETTI (attivo fra il 1818 ed il 1843)
di biblioteca musicale. Per passare dal lento e pesante lavoro della copisteria BELLINI (attivo fra il 1825 ed il 1835)
a quello più agile e redditizio della stampa, Giovanni Ricordi parte nell'estate VERDI (attivo fra il 1839 ed il 1893)
del 1807 per Lipsia, dove per alcuni mesi studierà i metodi calcografici presso PUCCINI (attivo fra il 1884 ed il 1924).
Breitkopf & Härtel. Nel gennaio del 1808 viene steso l'atto di nascita della
Casa editrice Ricordi. La prima sede fu la stessa abitazione di Giovanni, due Accanto ai cinque grandi operistici affiancano anche
stanze in Contrada di Santa Margherita, centro del commercio librario della i nomi di Mayr, Pacini, Mercadante (prima metà del
vecchia Milano e vicinissimo al Teatro alla Scala. Con Le stagioni dell'anno di 1800); Ponchielli, Boito, Gomez (contemporanei di
Antonio Nava, che recano il n. 1 di edizione, ha inizio una lunga serie di pub- Verdi); Catalani, Mascagni Leoncavallo, Giordano,
blicazioni, il cui ritmo addirittura vertiginoso è sicura testimonianza del prosperare della ditta. Giovanni Cilea (i rappresentanti della cosiddetta giovane
Ricordi si assicura man mano tutta la più recente produzione teatrale allineando nel proprio archivio, oltre scuola italiana, l’opera verista, a cavallo del ‘900);
a tutte le produzioni di secondo piano, anche le opere di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante, nonché la Alfano, Zandonai (1900 - 1920).
produzione giovanile di Giuseppe Verdi.

2 XXVIII
I LIBRETTISTI ARRIGO BOITO (Padova 1842 - Milano 1918)
Il librettista ottocentesco non è più limitato alla stesura o alla riduzione di un romanzo per uso musi- Librettista, musicista e scrittore. Compiuti gli
5 studi al Conservatorio di Milano, nel 1861 in-
cale, non è più un umile artigiano del verso. Per un letterato la carriera operistica era una sicura via
verso il successo sia musicale sia economico / Librettisti molto in voga e molto richiesti anche dai contrò a Parigi Giuseppe Verdi, per il quale
grandi compositori furono Solera, Cammarano, Piave, Foppa, Ferretti; ma le personalità più illustri scrisse i libretti di Otello e Falstaff. Dopo altri
della librettistica teatrale dell’800 furono Felice Romani, Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, Lui- viaggi, in Germania e in Inghilterra, tornò a
Milano ed entrò a far parte del gruppo degli
gi Illica / Librettisti e musicisti trassero gli spunti per i melodrammi ottocenteschi da fonti letterarie
scapigliati, di cui fu esponente di spicco. Nel
europee più che italiane; i più visitati poeti furono Shakespeare, Schiller, Scott, Hugo, Byron. 1866 si arruolò come volontario con Giuseppe
Garibaldi. Al ritorno, frequentò insigni lettera-
ti: Verga, De Amicis, Fogazzaro e Giacosa. Le
FELICE ROMANI (Genova 1788 - La Spezia 1865) sue poesie sono raccolte nel Libro dei versi
Fu il librettista più famoso del suo tempo; scrisse circa un centinaio di testi, (1877), ma il testo poetico più sperimentale è
3
alcuni di essi musicati più volte, e produsse quasi tutti i libretti di Bellini, e Re Orso (1865). Quattro sono le novelle: L'Al-
molti di Rossini e Donizetti. La sua attività letteraria comprende un arco fier nero (il suo capolavoro narrativo, del 186-
che va dal 1813 al 1834. Il suo periodo di più grande celebrità coincide con 7), Iberia (1867), Il pugno chiuso (1870), Trape-
quella in cui collaborava con Bellini per il quale scrisse i libretti di: “Il Pira- zio (1873). La prima rappresentazione del Me-
ta”, 1827, “La Straniera”, “Capuleti e Montecchi”, “La Sonnambula”, fistofele, alla Scala di Milano nel 1868, fu un fiasco; Boito successivamente
“Norma”. A Rossini fornì i libretti per “Aureliano in Palmira”, “Il Turco in rielaborò l'opera, che finalmente ottenne il favore del pubblico al Comu-
Italia”. Per Donizetti scrisse sette libretti: “Chiara e Serafina”, 1822, “Alina, nale di Bologna nel 1875. Il Nerone, per il quale Boito, come per l'opera
regina di Golconda”, 1828, “Anna Bolena”, 1830, “Ugo, conte di Parigi”, 1832, precedente, compose anche la musica, andò in scena postumo (1924) alla
“L’elisir d’Amore”, 1832, “Parisina”, 1833, “Lucrezia Borgia”, 1833. interessato Scala di Milano; direttore d'orchestra d'eccezione fu Arturo Toscanini /
in prima persona nella polemica classico-romantica, si è espressa esplicita- Nella sua produzione poetica, perennemente intrisa del conflitto disperato
mente in merito in una lettera che inviò, nel 1839, a Camillo Benso conte di e tutto romantico fra bene e male, egli manifestò delle doti che, agli occhi
Cavour; nella lettera egli esplicitamente dichiarava che “ - Io non sono né dei contemporanei e dei posteriori, lo posero in un piano più alto rispetto
classico nè romantico; amo il bello e l’ammiro ove c’è - “. Anche se mol- alla sua stessa figura di musicista. Scrisse il libretto della Gioconda di Pon-
to forti erano le sue inclinazioni riguardo la concezione classica, egli riuscì chielli.
mirabilmente ad esprimere lo spirito del primo melodramma romantico.

GIUSEPPE GIACOSA (Torino 1847 - 1906) LUIGI ILLICA (Castell’Arquato, Piacenza 1857 - 1919)
Figlio di un magistrato fu avviato agli studi di Giurisprudenza. Conse- Drammaturgo di rilievo, ebbe sempre un
4 guita la laurea nel 1868 fu avviato presso lo studio del padre; durante 6 rapporto conflittuale con la critica del tem-
questi anni frequentò l'ambiente letterario torinese, e strinse rapporti di po: gli rimproveravano di essere un autodi-
amicizia soprattutto con gli scrittori che frequentavano la società datta che cercava di compensare una cultu-
"Dante Alighieri" (Sacchetti, Boito, Camerana). Divenne commediogra- ra improvvisata con un sensazionalismo di
fo e librettista; la sua prima opera, Una partita a scacchi (1873), fu una maniera e un linguaggio enfatico. Ultimo
commedia in versi d'ambientazione medievale; contemporaneamente esponente dei librettisti che hanno contribui-
pubblicava i "proverbi drammatici" Non dir quattro se non l'hai nel to a rendere grande il melodramma italia-
sacco e collaborò con giornali e riviste. Nel 1888 si trasferì a Milano come no, scrisse circa 80 libretti, e fu molto cono-
direttore della Scuola di recitazione filodrammatica e in seguito insegnò sciuto il apprezzato dai maggiori composito-
Letteratura drammatica e recitazione al Conservatorio. Dopo il succes- ri italiani del tempo. Con Giacomo Puccini,
so di alcuni suoi testi teatrali, lasciò l'insegnamento per dedicarsi a scri- ed in trio con il librettista Giuseppe Giocosa,
vere per il teatro a tempo pieno. I testi di questo periodo trattano di realizzò i libretti per i capolavori operistici
temi d'attualità e sono di orientamento naturalista: Tristi amori (1887), I pucciniani: “Manon”, Madame Butterfly”.
diritti dell'anima (1894), Come le foglie (1900). Il suo nome è legato alla Realizzò i libretti per le opere “Iris”, “Le Ma-
collaborazione con Giacomo Puccini, per il quale insieme a Luigi Illica, schere” ed “Isabeau” di Ma scagni, nonché
redasse i libretti dii: Boheme (1896), Tosca (1899), Madama Butterfly (1904). Dal 1901 fu direttore de per “La Wally di Catalani.
"La Lettura", importante rivista milanese.
3 XXVIII
STRUTTURA FORMALE DEL MELODRAMMA
Nel melodramma dell’800 venne mantenuta la struttura dei “pezzi chiusi” tipica dell’opera settecentesca, detta struttura «a numeri». L’opera si apriva con un preludio o una
sinfonia, che fu più formalmente elaborata; con Rossini la sinfonia aveva un primo tempo un forma sonata bitematica, ma senza sviluppo.
Il melodramma ottocentesco è generalmente costruito dai seguenti “pezzi”:
SCENA
ove si prepara la situazione emotiva che precede il “pezzo chiuso”;
TEMPO D’ATTACCO
ove si consuma lo scontro dialettico fra i personaggi, con conduzione vocale spesso sillabica;
ADAGIO CANTABILE
è il momento di maggior sfogo del culmine sentimentale;
TEMPO DI MEZZO
simile al tempo d’attacco, spesso segue un colpo di scena;
CABALETTA
è la seconda sezione di una doppia aria o di un duetto ed aveva un carattere spiccatamente virtuosistico e tempo allegro; erano di solito in
ritmo binario e tonalità maggiore, e normalmente erano la parte conclusiva ove si risolveva una situazione. Il nome cabaletta, però, non appare
mai negli spartiti.

Viene ancora impiegato il recitativo secco, specie per le opere buffe, e circa fino al 1820, ma viene presto sostituito dalla scena affidata all’orchestra. Ciò comportava una mag-
giore scioltezza rispetto ai recitativi accompagnati settecenteschi.
Le arie scomparvero alla fine del secolo; nell’ultimo Verdi vennero trasformate in ariosi, e con Puccini e Giordano si affermano le romanze, che non avevano più la forma col da
capo, ma presentavano un’ampia architettura e diverse denominazioni:
Ballata;
Romanza;,
Cavatina:
questi brani vocali tipicamente ottocenteschi avevano una struttura molto semplice ed un carattere lirico; molto spesso erano collocate nel primo atto, con la
funzione di presentazione ed ambientazione. Erano già impiegate dal 1750: Mozart e Cimarosa, ne diedero esempio, ma furono molto usate da Rossini, Bellini,
Donizetti.
Nei recitativi rimangono i versi sciolti (settenari mischiati con libertà agli endecasillabi). I Pezzi d’insieme furono più impiegati; i duetti e terzetti inglobavano le più intense situa-
zioni drammatiche, ed erano i momenti centrali dello svolgimento del dramma insieme alle arie; gli atti terminavano con un pezzo d’insieme chiamato finale.
Nuova posizione e funzione drammatica assume il coro: non sarà più impiegato come una sorta di commento, ma diventa una presenza attiva nel dramma, un personaggio.

Sarà la figura della donna innamorata (soprano), caratterizzata da parvenze angeliche e destinata al sacrificio, il principale “oggetto” drammaturgico del melodramma romanti-
co ottocentesco / I librettisti ottocenteschi attinsero grandemente dalla tradizione francese delle opèra - comique per l’aspetto drammaturgico, specie per gli effetti spettacolari,
per le situazioni clamorose e per i colpi di scena (coups de thèatre), molto sfruttati nel repertorio semiserio e nelle farse in un atto / Alla fine del secolo l’esempio Wagneriano indusse
tutti gli operisti a non usare più i pezzi chiusi ma a realizzare una maggiore libertà di articolazione formale del melodramma entro ogni atto / Nell’ottocento la censura sui libretti
d’opera ebbe modo di mietere molte vittime: vennero censurati tutti gli spunti ad ideali sovversivi (specie nel periodo pre - unitario), sia prima ma talvolta anche dopo la pubbli-
cazione di un libretto. La primissima stesura non elegante del libretto, preparata di comune accordo fra librettista e musicista, doveva obbligatoriamente essere sottoposta alla
supervisione delle autorità politiche; questo canovaccio grezzo veniva chiamato selva. “Tormentata” dalla censura fu l’opera Un ballo in maschera di Verdi, in quanto eraincen-
tratasull’assassinio del re di Svezia / Il libretto d’opera ottocentesco è suddiviso solitamente in tre atti, e presenta una serie di distinte situazioni che, nella loro logicità consequenzia-
le, ostentano una relativa autonomia. Non vi sono più le alternanze degli affetti, tipico carattere dei drammi seri settecenteschi a numeri chiusi, ed ogni momento drammaturgico
presenta una successioni di episodi musicali poliedrici.

4 XXVIII
I CANTANTI Ritratto di Ritratto di
Isabella Col- Giuditta Pasta
I primi decenni dell’ottocento videro melodrammi non eccelsi, ma i cantanti ne garan- bran, prima (a destra).
tirono in prima persona il successo degli stessi; a differenza del secolo precedente adesso moglie di
i cantanti non si impegnano in virtuosismi fini a se stessi, ma si servono della loro abilità Rossigni, dal
tecnica per rendere meglio il significato delle parole, per intensificarne le situazioni 1822 al 1835.
sceniche / In questo periodo nasce la figura de “l’artista di canto”: cantante - inter- Fu la più famo-
sa prima donna
prete, cantante - attore / La nuova sensibilità artistica dell’800 impone a musicisti ed dell’epoca.
impresari di realizzare un’attenta compatibilità fra voce e tipologia del perso-
naggio; non così in passato: nel‘600 e ‘700 non ci si preoccupava delle congruenze
sceniche. Qualunque personaggio, sia visibilmente maschile o femminile, poteva essere
interpretato da qualunque tipologia di voce, acuta e/o grave, quindi castrati, soprani,
e tenori. Nel melodramma romantico, a partire dal 1820, sparì completamente la figu-
ra drammaturgica dell’eroe impersonato da una voce acuta, ossia quella asessuata del
castrato (baluardo dell’opera seria settecentesca); i castrati cominciarono a sparire,
cosicché le loro antiche parti furono realizzate da contralti femminili “travestiti”. Con
l’affermarsi dell’ideologia legata al “repertorio operistico” il cast vocale viene scelto 7 8

sulla base del repertorio da eseguire, e non più il contrario (come accadeva nel ’700) /
Nell’ottocento si diffonde una nuova “consuetudine” estetica: 9 10 Storica foto
ritraente
Soprano Enrico Ca-
L’ eroina, dai buoni principi, leale e virtuosa amata dal ruso nella
Tenore. parte di Dick
Mezzo soprano - contralto Johnson nella
prima rappre-
Colei che impersona la cattiveria femminile, ed è anta- sentazione
gonista del soprano. dell’opera La
Tenore fanciulla del
Sinceramente innamorato del soprano, ne è il suo equi- W est, di
valente maschile; questi è insidiato dal Puccini, New
York, 1910.
Basso - baritono Già da sette
L’equivalente maschile del mezzo soprano: geloso ed anni il grande
invidioso insidiatore. Caruso era
ospite fisso
Questo modello basilare per l’impianto drammaturgico ottocentesco ebbe infinite va- del metropo-
rianti / Con Bellini e Donizetti si affermò il tenore romantico per eccellenza, l’uomo litan, con un
costretto dalla fatalità, innamorato passionale, eroe dolente; mentre la voce del basso ingaggio di $
(grave e tenebrosa) sarà il simbolo drammaturgico della saggezza, della tarda età, 10.000 a
rappresenta-
della solennità. Solo a metà ottocento si adopererà la netta distinzione fra le funzioni zione. Il suo
drammaturgiche di baritono e basso; il baritono, nato come antagonista in amore primo ruolo
del tenore, così come il mezzosoprano ne è l’equivalente femminile, ossi antagonista in fu quello del
amore del soprano, sarà una delle voci cardine del melodramma verdiano. Ogni tipo- duca nel
logia di voce adesso realizza vocalmente e scenicamente una determinata gamma di Rigoletto di
Verdi, ma gli
affetti e personaggi: i tenori esternano adesso virilità, i soprani languide passioni fem- Ritratto di Maria Felicia Malibran (1808 -
minili, i bassi espressioni di minaccia; ciò intensificò pienamente la coerenza fra la na- 1836). Apparteneva ad una delle più celebri anni che seguirono lo videro come principale interprete di tutti i
luoghi che non i più significativi dell’opera italiana.
tura scenica del personaggio ed il timbro di voce a cui era affidato, e ciò ebbe un’ in- famiglie spagnole di cantanti del XIX secolo. La
fluenza enorme sul pubblico / I primi grandi cantanti famosi si ebbero a partire dal sua voce comprendeva il doppio registro di con-
tralto e di soprano drammatico. Morì a soli 28
1820; fra i nomi più illustri si ricordano: Maria Malibran, Isabella Colbran, Giu- anni in un tragico incidente a cavallo.
ditta Pasta, Adelina Patti, Giambattista Rubini, Enrico Caruso ecc.

5 XXVIII
GIOACHINO ROSSINI (Pesaro 1792 - Parigi 1868)

11 Il primo grande genio operistico dell’800; conservatore convinto sancì la forma melodrammatica prima dell’avvento di Verdi e gettò le basi del
grand - opéra parigino / Figlio di un trombettista e di una cantante lirica studiò musica fino a diciotto anni al Liceo Musicale di Bologna
(pianoforte, violoncello, contrappunto); la sua versatilità verso il melodramma fu eccezionale, già a quattordici anni, nel 1806, aveva composto
la sua prima opera, Demetrio e Polibio, rappresentata sei anni dopo, seguita da La Cambiale di Matrimonio data al teatro S. Moisè di
Venezia nel 1810; in quattro anni seguenti compose 14 opere destinate principalmente ai teatri veneziani / Nel 1815 fu ingaggiato dal maggior
impresario del tempo, Domenico Barbaja , per il quale produsse opere per i teatri napoletani da lui gestiti (tra cui il San Carlo). Si trasferì a Na-
poli fino al 1823 componendo 19 opere; qui sposò la cantante spagnola Isabella Colbran, e fu in quegli anni l’incontrastato dominatore delle sce-
ne italiane.

Le opere composte fino al 1815 sono quasi tutte buffe, ciò è dovuto in larga misura al fatto che per un esordiente era più agevole ricevere in-
gaggi per opere comiche o per le farse in un atto, inoltre il repertorio dei teatri del tempo era più numeroso di opere comiche rispetto alle serie.
Sono di questo periodo:
La cambiale di matrimonio, L’equivoco stravagante (1811),
L’inganno felice, La scala di seta, La pietra del paragone (che sancì il suo esordio alla Scala di Milano)
L’occasione fa il ladro, tutte composte nel 1812;
Il signor Bruschino (1813);
le uniche opere serie di questo periodo furono la primissima Demetrio e Polibio e Ciro in Babilonia (1812). Dal 1813 inizia la storica epopea
dell’opera comica rossiniana, a soli vent’anni egli entrò nella sua piena maturità artistica. L’Italiana in Algeri, Il Turco in Italia (1814), Il Barbiere di Siviglia (1816) La Ce-
nerentola (1817) rappresentano i quattro grandi capolavori del genere buffo sia per Rossini sia per la storia dell’opera buffa in Italia, e ne sanciscono l’apoteosi, il massimo insupe-
rato sviluppo.
Ma la sua importanza storica, anche se non carpita dal grosso pubblico risiede nella sua produzione operistica seria che influenzò gli operisti fino al primo Verdi. Tancredi fu l’opera
seria con la quale Rossini volle tentare di ridare vita alla tradizione dell’opera seria settecentesca. Le opere serie furono composte principalmente per i teatri napoletani, ossia: Eli-
sabetta regina d’Inghilterra, 1815, Otello o sia il Moro di Venezia, 1816, Armida, 1817; celebri sono anche le opere semiserie Gazza ladra, 1817, e Matilde di Shabran, 1821,
ove per semiserio si intende un’opera con ambientazione borghese espletante una vicenda drammatica che si conclude a lieto fine. In quest’opera vi sono figure comiche ed è im-
piegato anche il recitativo secco accanto a quello accompagnato (nelle vicende più intense). Altre opere serie furono: Mosè in Egitto, 1818, Riccardo e Zoraide, 1818, Ermione,
1819, La donna del lago, 1819, Maometto II, 1820, Zelmira, 1822, Semiramide, 1823.
Nel 1824 decise di stabilirsi nella capitale europea della musica, Parigi, a seguito dell’incarico offertogli come dirigere del Théatre Italien; in Francia il romanticismo si era già impian-
tato stabilmente, la borghesia pilotava la vita artistica e Rossini si inserì con grande cautela presentando due lavori del periodo napoletano radicalmente riaddatati: Le siége de
Corinthe (L’assedio di Corinto, 1826, rifacimento di Maometto II), e Moïse et Pharaon (rifacimento di Mosè in Egitto, 1827); in queste opere vengono eliminate le sezioni spiccata-
mente belcantistiche a favore di una intensificazione drammatica di stampo romantico, che tanto piaceva al pubblico francese, con un impianto drammaturgico di ampie dimen-
sioni fedele alla nuova corrente operistica francese che comporterà la nascita del grand - opéra. La prima opera tutta francese fu Le Comte Ory, 1828 (melodramma giocoso di-
verso dall’opera buffa italiana): fu un capolavoro di modernismo. L’anno successivo le scene francesi videro la rappresentazione del Guillame Tell, l’apoteosi del modernismo rossi-
niano, la massima espressione dell’adeguamento di Rossini al nuovo genere (romantico); Guillame Tell fu uno dei primi grand - opéra, in 4 atti, che ostentava alcuni importanti
assunti tutti romantici: tema patriottico, esplicita presenza della natura, vicenda amorosa imperniata in situazioni tragicamente insormontabili ed impossibili, coinvolgimento attivo
di montanari, pastori e soldati (partecipi attivamente alla vicenda) / Guillame Tell fu l’ultima sua opera dopo diciannove anni di produzione.
Nel 1845 si risposò con Olimpie Pélissier, la sua attività si incentrò sulle composizioni sacre e sulle arie da camera; famosa è la cantata per voce e pianoforte Giovanna d’Arco, la rac-
colta delle Soirées musicales,. Un’importanza particolare riveste un’altra raccolta di brani vari da lui ironicamente denominata «Péchés de viellesse», peccati di vecchiaia, in 14 fasci-
coli, composti nei momenti di lucidità che la malattia gli concedeva; vi trovano posto molti brani per pianoforte, musica da camera, musica corale. Queste composizioni non furono
concepite per essere pubblicate, ma per un privato utilizzo nel salotto parigino frequentato da Rossini. In seguito la sua vena ispirativa si esaurì, anche perché nel 1831 Rossini fu col-
pito da una grave forma di esaurimento nervoso dalla quale non guarirà mai completamente. Ritornò in Italia (Bologna, Firenze) ma nel 1855 si ristabilì definitivamente in Francia
(Passy, alle porte di Parigi).

6 XXVIII
I tre esempi
Scrisse anche una raccolta di studi vocali che chiamò Gorgheggi e Solfeggi / L’ul- seguenti mo-
tima fase creativa rossiniana vide la creazione del celebre Stabat Mater strano l’aria
D’amore al
(iniziato nel 1841) e, nel 1863, la Petit messe solennelle, il suo ultimo grande dolce impero
capolavoro, per dodici cantanti (di cui 4 solisti), due pianoforti ed armonium. tratta dall’Ar-
Qui le soluzioni timbrico - armoniche sono di inaudita audacia, vi si scorgono mida. E’ una
anticipazioni della musica del ‘900 che scavalcano completamente gli assunti delle arie più
virtuosistiche
romantici ai quali Rossini non si era mai completamente adeguato / La riscoper- che Rossini
ta del valore rossiniano è stata impiantata solo di recente, e le accuse ottocente- abbia mai
sche mossegli dal mondo musicale romantico (ossia incapacità di conformarsi ai composto; la
loro ideali di inquietudini e passioni) sono state confutate dalla moderna musico- melodia prin-
logia, che ha così avviato la strada per la riscoperta del suo vero, intrinseco va- cipale riappare
due volte con
lore: Rossini ha inglobato l’esperienza conclusiva del melodramma settecentesco due diversi
ed illuminista, tracciando la via per le espressioni esplicitamente postromantiche. “procedimenti
” di coloratura
Storicamente è considerato il maestro dell’opera buffa italiana in quanto ebbe 13
una fantasia musicale prodigiosa. Anche se la sua produzione buffa occupò i
primi otto anni della sua carriera di operista, egli determinò il massimo sviluppo
del genere buffo di matrice settecentesca, sviluppando il modello napoletano e
perfezionandolo; molto personale infatti ful’uso ossessivo di brevi formule ripetu-
te, l’uso del semi-parlato, oltre alla fittezza ritmica, alla grande perizia nell’uso
della dinamica, con il suo originalissimo crescendo che Rossini usa parossistica-
mente fino al fortissimo nella ossessiva ripetizione delle stesse formule; il crescen-
do rossiniano sarà famosissimo, ed è uno dei suoi assunti musicali di maggior ori-
ginalità.

Rossini fu il primo compositore operista a scrivere le colorature vocali per esteso, e per questa
sua prassi esigeva che i cantanti non si sbizzarrissero nelle libere fioriture vocali non segnate
e seguissero le minuziose sue indicazioni “belcantistiche”. Le melodie rossiniane sono imper-
niate per la maggior parte su abbellimenti sviluppati (rigorosamente scritti)che diventano
tutt’uno con la linea melodica principale. L’esempio seguente, tratto da Semiramide, ne è una
testimonianza eclatante.

12

14

Incipit melodici tratti dall’opera “L’Italiana in Algeri” di Rossini. Il maestro pesarese fu abilissimo nell’evidenziare gli
effetti comici di una scena per mezzo di giochi di parole ed effetti fonetico-sonori (che discendono direttamente dalla tradi-
zione delle opere buffe napoletane), come nel finale del primo atto “Nella testa ho un campanello”, e ancora di più nel ter-
zetto di irresistibile comicità che accompagna il conferimento a Mustafà del “prestigioso” titolo di”Pappataci”.

7 XXVIII
15

Esilarante scena tratta dall’Italiana in Algeri; foto di scena, regia, scene e costumi di Jean -
Pierre Ponnelle, direttore Claudio Abbado, Staatsoper, Vienna 1994. E’ il momento scenico
dell’arrivo degli europei prigionieri nel serraglio. Taddeo non conosce ancora le nuove regole
del gioco. Nelle due “opere turche” di Rossini l’elemento esotico è utilizzato dal compositore
come fonte della comicità, la musica però è priva di rimandi orientali.

16 “Il Turco in
Italia”, la
seconda delle
due “opere
turche” di
Rossini. Nico-
la Rossi -
Lemeni inter-
preta magi-
stralmente il
ruolo di Selim.
Teatro alla
Scala. 1954 -
55.

8 XXVIII
La prima del Barbiere di Siviglia di Rossini si ebbe
a Roma, al Teatro Argentina, il 20 febbraio 1816: e
fu uno dei più colossali fiaschi di tutta la storia del-
l’opera; in quel momento Roma credette che l’ope-
ra fosse morta irrimediabilmente. Ma proprio gra-
zie all’esagerata critica, quella serata passò alla
storia come la più famosa serata operistica di tutto
il teatro d’opera romano. A spiegare in parte ciò
che accadde concorrono alcune circostanze: sem-
bra ad esempio che quella sera all'Argentina ci
fosse parecchia gente pagata per fischiare l'opera
di Rossini. Erano interessati al fiasco il compositore
Giovanni Paisiello, che poco prima aveva musicato
un'altra riduzione dell'opera di Beaumarchais e
temeva la nuova opera, e l'impresario del Teatro
Valle che temeva a sua volta la concorrenza del-
l'Argentina. Al di là di questi retroscena, tuttavia,
sembra esserci stato dell'altro. Come ammise un
giorno lo stesso Rossini in una lettera a Wagner,
tutti fecero del loro meglio quella sera, per affossa-
re il Barbiere. Il tenore che cantava la parte del
conte d'Almaviva, ad esempio, fece ridere tutti
quando, mentre cantava sotto la finestra dell'a-
mata accompagnandosi con la chitarra, ruppe una
corda dello strumento; poco dopo don Basilio sci-
volò sul palcoscenico e quando si rialzò versava
abbondante sangue dal naso. Verso la fine dell'o-
pera, infine, un gatto nero attraversò con aria spa-
esata il palcoscenico e questo contribuì per buona
parte a far naufragare tutto nel ridicolo. In mezzo
a quel finimondo Rossini si comportò con grande
dignità. Secondo la consuetudine del tempo, quella
sera egli suonava il cembalo e, quando più alti si
levarono i clamori del pubblico, egli si alzò in piedi
in mezzo ai colleghi dell'orchestra e applaudì o-
stentatamente gli interpreti, ringraziandoli per la
buona volontà che avevano dimostrato.

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9 XXVIII
La libertà di combinazione dei vari pezzi che compongono un’o-
pera fu molto variegata fra i grandi compositori dell’800. un
quadro schematico di base, ossia una sorta di riferimento dei
tempi che in genere costituiscono una Scena e cavatina, o un
duetto e un finale, può essere il seguente:

SCENA: versi sciolti


CAVATINA(Aria): Cantabile
Tempo di mezzo
Cabaletta

PRELUDIO E SCENA: versi sciolti


DUETTO: Tempo d’attacco
Cantabile
Tempo di mezzo
Cabaletta

FINALE: Coro (introduttivo)


Tempo d’attacco
Brano concertato
(che equivale al cantabile del duetto)
Tempo di mezzo
Brano finale
(Stretta, o comunque l’equivalente
della cabaletta)

Ma con l’avvento dell’esempio wagneriano il mondo operistico si


indirizzerà verso l’abbandono dei pezzi chiusi a vantaggio di
una maggiore libertà e variegata nella costruzione del melo-
dramma. Questa realtà la si può già riscontrare nell’ultimo Ver-
di, mentre Puccini prediligerà fin dall’inizio della propria carriera
operistica l’utilizzo di forme libere.

10 XXVIII
17
Per Rossini presentarsi nel
tempio del melodramma,
17 a come già da molto tempo
era considerata la città di
Napoli, era un impegno
grandissimo; era cosciente del
fatto che la Napoli operistica
non gli avrebbe perdonato
nulla. L’episodio è da
“leggere” come una sorta di
sfida fra settentrione e meri-
dione in ambito teatrale! I
napoletani non avrebbero
perdonato nulla ad un
“estraneo” proveniente dal
Nord, e con la pretesa di
imporre le sue opere a Na-
poli (che si considerava la
patria del melodramma).
Date queste premesse il
grande successo che ebbe la
sua opera d’esordio a Napoli,
ossia Elisabetta regina
d’Inghilterra, 1815, assunse
una valenza di enorme portata per la carriera del maestro pescarese, che così
divenne protagonista indiscusso della Napoli operistica fra il 1815 ed il 1822.
Rossini ebbe modo di introdurre le innovazioni da tempo in uso nel Nord Ita-
lia anche nel mondo operistico napoletano, e tentò di compiere una sorta di
unificazione nazionale in musica che già da tempo si era verificata nel campo
della letteratura, e fra non molto si verificherà anche in campo politico.

La lettera sopra riportata appartiene al carteggio di circa 246 lettere custodi-


te dalla Fondazione Rossini inerente la corrispondenza del compositore con i
propri genitori (principalmente), ma anche con la prima moglie Isabella, ed
altri destinatari. In queste lettere, egli a caratteri cubitali informava i genitori
dell’esito delle opere; e proprio questa lettera 56 è quella che informa l’ama-
tissima madre (Anna Guidarini) circa l’esito dell’opera Elisabetta regina d’In-
ghilterra. Sull’intestazione della busta Rossini scriveva FURORE oppure FIA-
SCO, a seconda dell’esito dell’opera (fiasco infatti fu amaramente riservato
per l’opera Aureliano in Palmira), e tutto maiuscolo, affinché la madre ed il
padre potessero sapere immediatamente com’era andata la “prima” della
sua opera.

11 XXVIII
VINCENZO BELLINI (Catania 1801 - Puteaux, Parigi 1835)

18
Figlio di musicisti: Rosario era organista e maestro di cappella; il nonno, Vincenzo Tobia, si dedicava al teatro d’opera, Vincenzo Bellini ricevette le
prime lezioni di musica dal nonno. Fu un talento musicale precocissimo: a sei anni aveva già composto la sua prima musica; seppe presto suonare
l’organo, ed iniziò subito a comporre musica sacra; si mise in luce agli occhi del pubblico catanese dei salotti, tant’è che ottenne dal Comune di Cata-
nia, nel 1819, una borsa di studio per poter studiare al conservatorio di Napoli. Trasferitosi a Napoli studiò con G. Furno, G. Tritto e, soprattutto, con
Nicola Zingarelli che lo avvicinò al melodramma napoletano e alla musica strumentale dei grandi classici, soprattutto Haydn e Mozart / Durante
i sei anni napoletani Bellini conobbe personalità importanti del tempo quali: Mercadante, e F. Florino (che in seguito diverrà il suo biografo). Qui
componeva musica sacra e da camera; A Napoli diede alle stampe la sua prima opera: la romanza da camera Dolente immagine / A conclusione
degli studi napoletani Bellini presentò, nel saggio di fine corso del 1825, la sua prima opera, Adelson e Salvini, (opera semiseria) che riscosse un suc-
cesso tale da fargli ottenere il suo primo incarico importante, la composizione di un’opera per il teatro San Carlo (Bianca e Fernando, poi rinomi-
nata Bianca e Gernaldo, 1826). Attirò subito l’attenzione del grande impresario Domenico Barbaja, il quale spinse Bellini a trasferirsi a Milano, ove
nel 1827 Bellini compose un’opera per il teatro alla Scala, Il Pirata, che storicamente è la prima opera del Bellini maturo, e la prima opera nata dal-
la feconda collaborazione con il librettista Felice Romani, il quale fornirà a Bellini i libretti di tutte le sue successive opere sino alla penultima.

A Milano Bellini fu conteso dalla più alta aristocrazia per sei anni, dal 1827 al 1833, e visse con le sole ingenti entrate economiche che le sue opere ri-
scuotevano (cosa non comune per i tempi). In seguito fu a Londra, dal febbraio all’agosto del 1833, e, tranne un breve viaggio a Napoli e nella natia Catania (ove gli fu riservata
un’accoglienza trionfale), si fermò a Parigi dove conobbe e divenne amico dei più grandi esponenti della musica strumentale: Chopin e Liszt, che furono profondamente influen-
zati dal suo belcanto, come, del resto, tutto il mondo musicale del tempo. A Parigi strinse rapporti con Rossini, il quale fu molto affettuoso nei suoi confronti, e raccolse il plauso
generale dell’ambiente intellettuale (Paër, Hugo, de Mussenet, ed il poeta tedesco Heine). A Parigi coltivò passioni amorose nei confronti di donne celebri (le cantanti Giuditta
Pasta, Giuditta Turina e Maria Malibran, le prime storiche interpreti delle sue opere). Morì precocemente nel 1835 a causa di una grave malattia intestinale che lo tormen-
tava da tempo.
In soli otto anni di attività operistica, dal 1827 al 1835, Bellini creò i suoi immortali capolavori operistici, tutti del genere che convenzionalmente potrebbe definirsi serio, in quanto
il compositore catanese non si sentì mai vicino al genere ove fu principe G. Rossini. Ma le motivazione estetiche belliniane trascendono tutte le tipologie convenzionali; i suoi per-
sonaggi sono intrisi delle maggiori inflessioni romantiche (dalla malinconia all’elegia, dal notturno alla follia).
La sua poetica è profondamente influenzata dalla poesia sepolcrale inglese, dalla vocazione all’esilio di matrice foscoliana, dal concetto di amore come fatalità,
attinto a piene mani dalla poesia di Lamartine (amore = dolore, mentre nel ‘700 amore = piacere) / La sua produzione operistica, oltre l’opera d’esordio Adelson e Slavini,
consta di sole nove opere:
Il Pirata (che determinò il suo trionfo alla Scala nel 1827)
La straniera (sempre per il teatro alla Scala nel 1829)
Bianca e Fernando (riproposta con il suo titolo originale per la riapertura del teatro Carlo Felice di Genova nel 1828)
Zaira (uno dei due episodi di insuccesso della sua folgorante carriera, rappresentata a Parma nel 1829)
I Capuleti e i Montecchi (rappresentati alla Fenice di Venezia nel 1830)
La Sonnambula
Norma (i suoi più grandi capolavori, entrambi del 1831, insieme a I Puritani. Il 1831 fu l’anno più florido della sua vita; le due opere furono
rappresentate rispettivamente al teatro Carcano e alla Scala di Milano)
Beatrice di Tenda (il secondo ed ultimo insuccesso rappresentata alla Fenice nel 1833),
I Puritani (rappresentata pochi mesi prima della sua morte nel 1835 al Thèatre Italien di Parigi).
E’ nel campo operistico che Bellini infonde tutte le sue migliori energie, infatti la produzione cameristica e strumentale fu nettamente in secondo piano rispetto a quella operisti-
ca / Di rilevante importanza è il fatto che i tempi di creazione belliniani, al contrario di quelli di Rossini, siano stati lunghissimi: egli impiegava un anno intero per comporre la
musica per un’opera; ciò rispondeva alla sua concezione del lavoro come egli stesso scrisse in una lettera del 1828: «-..Io mi sono proposto di scrivere pochi spartiti, non più
che uno l’anno, ci adopro tutte le forze dell’ingegno, persuaso come sono che gran parte del loro buon successo dipenda dalla scelta di un tema interessante, da accenti
caldi di espressione, dal contrasto delle passioni-».

12 XXVIII
La gestazione molto lunga delle opere è la testimonianza della “Ah non credea mirarti”, celeberrima Scena e Aria di Amina tratta dalla parte finale di uno dei tre grandi
sua visione prettamente romantica dell’opera in musica. capolavori belliniani, La Sonnambula. E’ l’esempio tipico di melodia d’ampio respiro, lunga, dalla conti-
nuità incessante. L’arco melodico consta di 11 battute, dopodiché l’oboe intona una linea melodica in
E’ la melodia, la purissima melodia, il fulcro totale dello stile belli- modalità maggiore ove la seconda parte è cantata da Elvino ed Amina conclude ritornando nella modalità
niano; il suo canto è spianato, intriso da un inconfondibile pathos minore; questa alternanza maggiore - minore è uno dei tratti distintivi della scrittura musicale belliniana.
lirico, e rifugge dal canto fiorito meramente virtuosistico. Il suo
belcanto ha segnato e soggiogato tutto il mondo musicale operi-
stico e non. Chopin come Liszt, al pianoforte, furono profonda-
mente influenzati dall’estetica belcantistica belliniana. La sua su-
blime concezione melodica non conosce asimmetrie, le sue frasi
comportano sempre l’impiego di 4 + 4 o 8 + 8 battute. Sobrietà di
stampo classico unita ad inusitata enfasi lirica hanno conferito alla
sua scrittura vocale quella eterna bellezza e sublime vocalità ri-
maste insuperate nella storia del melodramma.
La scrittura orchestrale fu il vero neo belliniano, la sua tecnica
musicale è generalmente scarna. Recentemente Ildebrando Piz-
zetti definì Bellini come il più puro e lirico compositore di tutto il
teatro musicale dell’ottocento. Egli sintetizzò tutti gli insegna-
menti di Zingarelli ed apprese la vitalità rossiniana sposandoli,
nella maturità, con gli ideali del Risorgimento (come si evince, ad
es., in «Suoni la tromba e intrepido» da I Puritani, definita “la
marsigliese italiana”).
Peculiarità del lirismo belliniano è il crescendo lirico impiegato sui
tempi lenti che infonde una dilatazione melodica ed una massima
intensificazione della sensualità, appoggiata su di una scrittura
armonica imperniata su frequenti scambi di modalità (maggiore
e minore) unita ad un parsimonioso uso delle dissonanze e modu-
lazioni ai toni lontani / Per molti versi la forma vocale belliniana
si impernia ancora sui modelli del melodramma settecentesco, con
pezzi chiusi, ma questi vengono plasmati alle diverse esigenze
sceniche.
Bellini non intese maggiormente la necessità di mettere in risalto
la psicologia del personaggio trattato, ma si preoccupò di intensi-
ficare il senso, il clima scenico; l’orchestrazione, saldamente
imperniata sulla lezione classica attribuibile agli insegnamenti di
Zingarelli, si colora di espressioni sensuali espresse tramite l’uso 19

efficace dei colori timbrici, ove, specie nelle zone centrali delle arie,
viene fatta “sentire” pienamente per sottolineare i più intensi mo-
tivi e gli spunti melodici.

Con Bellini e Donizetti il Tenore si afferma come la voce cardine


dell’orizzonte vocale e drammatico: è la voce romantica per ec-
cellenza.

13 XXVIII
20

Maria Callas interpreta Norma.


Teatro alla Scala, 1955.

14 XXVIII
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15 XXVIII
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16 XXVIII
GAETANO DONIZETTI (Bergamo 1797 - 1848)
23
Fu il più prolifico operista ottocentesco: il suo catalogo conta più di settanta opere, fra serie, semiserie, buffe, farse, grand - opèra e
opèra - comiques / Per l’amico - rivale Bellini compose una Messa da Requiem in re min. nel 1835 / Di umili origini, iniziò a stu-
diare musica a Bergamo nel 1806 grazie al personale interessamento e alle lezioni del compositore Simone Mayr, che lo seguì fino al
1815, quando Donizetti poté entrare al Liceo filarmonico di Bologna per perfezionare le proprie conoscenze di contrappunto con pa-
dre Simone Mattei. La sua formazione musicale fu improntata sui modelli classici viennesi direttamente appresi da Mayr; al rientro a
Bergamo Donizetti compose musica da camera, e precisamente: 28 cantate con accompagnamento d’orchestra o pianoforte, musica
vocale religiosa, 19 quartetti per archi, ecc. appartenenti al primo periodo in cui egli sentiva l’esigenza del guadagno.
I suoi primi melodrammi presentano l’influsso di G. Rossini (Enrico di Borgogna, la sua prima opera, Venezia 1818, Il falegname
di Livonia, 1819). Legate al teatro rossiniano sono pure le opere La zingara (semiseria) e La lettera anonima (farsa) entrambe
date a Napoli nel 1822 / Donizetti conobbe un grande successo nei teatri centro - meridionali dell’Italia, ciò fu la testimonianza che
nei teatri del nord (figli di un ambiente più colto e politicamente più teso) vennero presto soppiantate le vecchie scuole operistiche
settecentesche. Infatti modesto fu il debutto alla Scala con Chiara e Serafina (1822), mentre molto più successo ebbero le sue opere
buffe L’Ajo nell’imbarazzo ed Emilia di Liverpool (1824), Gabriella di Vergy (1826), Le convenienze ed inconvenienze
teatrali (1827, farsa su testo composto da lui stesso, in seguito divenne un’opera buffa in due atti), L’esule di Roma (1828). L’opera
Il Paria, 1829, fu un fiasco. Tutte queste opere vennero composte per i teatri romani e napoletani.
Successivamente Donizetti instaurò un felice rapporto collaborativo con Felice Romani, e nacquero Anna Bolena (Milano, 1830, fu
un grande successo), Parisina (Firenze, 1833), L’Elisir d’Amore (opera comica, Milano, 1832) e Lucrezia Borgia (Milano 1833); in
queste opere Donizetti rende esplicita la sua vena giocosa, con invenzioni fresche e spunti popolari intrisi di lirismo melanconico. Le
opere successive, ossia Maria Stuarda (1834), Marin Faliero (1835) e, soprattutto, Lucia di Lammermoor (Napoli 1835, su libretto di Salvatore Cammarano) ostenta-
no una raffinata stratificazione delle voci e dei timbri orchestrali; qui il canto Donizetti lo plasma in semplicissime frasi, frammenti divaganti, ariosi, recitativi nudi.
Nel momento storico della prematura morte di V.Bellini (con il quale ebbe spesso contrasti) e della non ancora affermata posizione di G. Verdi, Donizetti si trovò ad essere
il massimo operista italiano. Si stabilì a Napoli per dieci anni ove conobbe i più lusinghieri consensi. In questo periodo la collaborazione con il librettista S. Cammarano
portò alla creazione delle opere Belisario (1836) Pia de’Tolomei (1837) Roberto Devereux (1837) Maria di Rudenz (1838), Poliuto (1838). In queste opere l’amore
viene trattato nella pienezza dello stile romantico, quindi infelicità, amore e morte ecc. / Fa eccezione l’opera L’assedio di Calais (1836) sempre su testo di Cammara-
no; questo fu un raro esempio di opera imperniata sulle tematiche di un popolo vittima delle aggressioni.
Il 1838 fu un anno triste per Donizetti: perse la moglie Virginia Vasselli, e non fu nominato direttore del conservatorio di Napoli; la sua opera Poliuto venne censurata. Egli
si trasferì in Francia ove, grazie all’appoggio di Rossini, conobbe il successo nei teatri parigini. Opere di questo periodo sono: Le duc d’Albe (su libretto di Eugene Scribe e
Devèyrier, rimasto incompiuto), La fille du règiment (opera comica), Les Martyrs (versione francese su libretti di Scribe di Poliuto) e La Favorita, tutte del 1840.
Successivamente rientrò in Italia e, assistendo al Nabucco di Verdi alla Scala di Milano, si impegnò a diffondere l’opera verdiana a Vienna / Nel 1843 a Parigi fu dato il suo
capolavoro giocoso Don Pasquale, il grand - opèra Dom Sebastien (sempre su libretto di E.Scribe) e al San Carlo di Napoli venne allestita l’opera Caterina Cornaro
(1844) / A Parigi, nel 1845, Donizetti fu colpito da una paralisi cerebrale che lo tormenterà per tre anni prima di morire.
Per lungo tempo, specie per tutto l’ottocento, Donizetti è stato considerato come un operista di levatura inferiore a Bellini, tranne che per tre suoi lavori, unanimemente
considerati i suoi capolavori: Elisir, Lucia e Don Pasquale; ma da trent’anni a questa parte la moderna musicologia ha fatto cambiare rotta a tale vetusta opinione /
Donizetti fu l’inventore del baritono «romantico», concepito quasi come avversario del tenore (che rispecchia sempre più non tanto i canoni belcantistici italiani, ma gli
esempi francesi), e sua fu l’iniziativa di concentrare il dramma in un susseguirsi di brani di grande brevità; questi furono assunti che tanto influenzarono il
giovane Verdi. Donizettiana è pure l’assunzione di una eroina, ossia la scelta di una protagonista donna dalle virtù eroiche che soccombe per morte violenta o pazzia;
questo assunto è il fulcro delle vicende di amore - morte.

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SAVERIO MERCADANTE (Altamura, Bari 1795 - Napoli 1870)

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Importante figura operistica italiana. Trasferitosi dalla Puglia a Napoli per completare
la formazione musicale, studiò con Nicola Zingarelli, al quale sarebbe successo, dal 1848
alla morte, nella direzione del Conservatorio napoletano di San Pietro a Majella. La sua
carriera di operista ebbe inizio molto presto con la rappresentazione, nel 1819, del melo-
dramma L'apoteosi di Ercole al San Carlo di Napoli. La sua ricca produzione, che
comprende una cinquantina di opere, tra serie, semiserie e comiche, gli avrebbe procu-
rato una grandissima popolarità in Italia e all'estero. Egli raggiunse massima fama ver-
so la fine degli anni Trenta con le opere Il giuramento (1837), Le due illustri rivali
(1838) o Il bravo (1839). Con l’opera La Vestale egli venne giudicato dal pubblico
allo stesso livello degli altri tre grandi operisti dell'epoca: Gioacchino Rossini, Vincenzo
Bellini e Gaetano Donizetti. Mentre il musicista era ancora in vita, le sue composizioni
persero tuttavia il favore del pubblico e presto egli fu relegato nell'ambito dei minori.
Solo negli ultimi decenni la critica ha rivalutato la musica di Mercadante, evidenzian-
done l'originalità e l'interessante contrasto tra la modernità prettamente romantica
delle forme e del linguaggio e gli aspetti conservatori di un classicismo mai rinnegato /
Mercadante scrisse anche musica sacra (tra cui 20 messe, l'oratorio Le ultime parole di
Nostro Signore), orchestrale (la Sinfonia Garibaldi, un concerto per corno), cantate e musica da camera.

21 XXVIII
GIUSEPPE VERDI (Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901)

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Dominatore del teatro musicale italiano per oltre mezzo secolo. Di origini molto modeste anch’egli, come Donizetti, ebbe una travagliata
crescita musicale in giovinezza. Iniziò gli studi con l’organista della chiesa di Roncole, frequentò il liceo Ginnasio di Busseto ove continuò a
studiare organo; già a quindici anni iniziò a comporre musica sacra e profana. Incontrò non poche difficoltà per poter proseguire gli studi
musicali fuori provincia (non ebbe aiuti economici, e a Milano non fu accettato al conservatorio). Prese lezioni private da Vincenzo Lavigna
(operista e maestro concertatore al cembalo alla Scala); frequentò l’ambiente del teatro alla Scala negli anni in cui imperava il repertorio
donizettiano e di Mercadante dai quali fu influenzato per la sua formazione operistica / Nel 1836 gli venne assegnato un posto di maestro
di musica nel comune di Busseto e sposò Margherita Barezzi (figlia del suo protettore). La sua prima opera fu Oberto conte di San Boni-
facio (su libretto di A. Piazza) che venne rappresentato alla scala di Milano nel 1839, ed ebbe buon esito; la stagione successiva venne ese-
guita la prima delle sue due opere comiche, ossia Un Giorno di Regno (su un vecchio libretto di F. Romani), ma fu un fiasco.
Lo stesso anno Verdi patì la morte della moglie insieme ai suoi due figli; ciò lo fece piombare in una situazione di profondo sconforto; pensò
di abbandonare Milano, ma l’impresario che curò la rappresentazione della sua prima opera (B. Merelli) ebbe un ruolo determinante nel
convincerlo a non abbandonare. Verdi riprese il lavoro e musicò un libretto di T. Solera, Nabucodonosor (Nabucco), che venne rappresen-
tato alla Scala il 9 Marzo 1842. Fu un grande successo oltre ogni aspettativa, che si ripeterà l’anno seguente con I Lombardi alla prima
crociata (sempre su libretto di Solera). L’efficacia drammatica dei due lavori fu notevole, anche se i libretti di Solera, molto inclini a scene di
massa, al grande patriottismo e privi di concisione, non permisero a Verdi di mostrarsi nelle sue piene qualità operistiche / Verdi fu molto
sensibile al principio all’essenzialità dell’effetto, principio che ha determinato il successo del Nabucco, ed in seguito cercò un librettista
che meglio rispondesse alle sue esigenze, al suo carattere tirannico, al quale il librettista doveva plagiarsi. Con Francesco Maria Piave, il
problema venne risolto. Nacque Ernani (tratta da V. Hugo e dato a Venezia nel 1844); qui è presente già tutto il mondo drammatico verdiano: conflitto fra protagonisti (triangolo
soprano - tenore -baritono). L’opera è imperniata su una vicenda popolare e romantica.
Verdi divenne improvvisamente popolare, e la sua popolarità venne associata alla fama di patriottismo che alimentava l’animo degli italiani alla vigilia dei moti insurrezionali del
1848; sui muri milanesi veniva scritto Viva V.E.R.D.I. (Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia). Verdi incontrò il favore del grande pubblico perché la conduzione drammaturgica dei suoi
personaggi, tutta tesa verso l’ostentazione dello scontro eroico di elevato sapore romantico, trovò un obiettivo riscontro nella realtà passionale ed eroica del primo risorgimento.
Dopo Ernani Verdi fu travagliato da un lungo periodo di lavoro per cercare una sua più personale realizzazione melodrammatica; questi anni egli stesso li definì «anni di galera», ove
si impegnò a conquistare il primato nell’ambiente operistico, lasciato libero da Donizetti. Nacquero in questo periodo le opere I due Foscari (1844, su libretto di Piave), Giovanna
d’Arco (1845, ove lavorò di nuovo insieme a Solera). L’ultima collaborazione con Solera la ebbe con l’opera Attila (1846); qui vengono sperimentate nuove vie drammaturgiche,
come la creazione di una cupa figura di tiranno / In seguito, con maggiore attenzione all’orchestrazione, nacque Macbeth (1847), su libretto di Piave; il protagonista qui è femminile
(Lady Macbeth); essa manifesta il suo carattere romantico su allucinanti scene di sfondo. Agli «anni di galera» appartengono anche Il Corsaro (1848), e La battaglia di Legnano
(1849, su libretto di Cammarano). Sulla scorta dell’esperienza di Macbeth Verdi sentì l’esigenza di creare nuovi personaggi.
Successivamente gli venne affidato l’incarico di direttore dell’Opéra di Parigi; rielaborò così l’opera I Lombardi facendola diventare un grand - opéra rinominata Jerusalem. Del
1849 è Luisa Miller: qui Verdi ritornò alla poetica di Schiller; la vicenda operistica di Luisa Miller è intima e tormentata. Con Luisa e con la successiva Stiffelio Verdi sancì la conqui-
sta di nuovi traguardi drammaturgico.
Nei tre anni dal 1851 al 1853 Verdi realizzò la sua prima grande produzione operistica, la cosiddetta trilogia popolare, Rigoletto, Trovatore, Traviata. Ha già acquistato grande
fama e con questa trilogia, ove il compositore impiega un lungo periodo di creazione (un anno circa per opera), la sua popolarità arriva a livelli ancora più alti. Una grande padro-
nanza di mezzi espressivi accomuna le tre opere. Rigoletto (su libretto di Piave, andato in scena a Venezia nel 1851) ampliò i confini del teatro romantico italiano: qui la figura pater-
na presentata si tinge di connotati più inquietanti entrando in conflitto con la corte di Mantova corrotta. Il Trovatore (Roma 1853, su libretto di Cammarano) è un dramma puro;
presenta un tradizionale conflitto fra tenore e baritono per il possesso della donna amata immersa in una ambientazione popolare di sanguigno carattere. Due mesi dopo va in scena
la Traviata a Venezia (libretto di Piave); qui il dramma popolare cede il posto a quello borghese, non vi sono connotati eroici ma i problemi della vita quotidiana. L’opera venne
clamorosamente fischiata (soprattutto per l’audacia del soggetto); ma l’anno dopo presentata in un altro teatro veneziano, l’opera venne pienamente accolta.

22 XXVIII
Ognuna delle tre opere della trilogia ha una veste diversa, ma tutte presentano 30 31

lo stesso segno drammaturgico deciso e quegli stilemi formali (ossia cabalette,


accompagnamenti puntati e arpeggiati) che saranno il bersaglio delle accese
critiche dei suoi sterili denigratori / Dopo la trilogia la produzione verdiana sarà
segnata da un tempo di lavoro ancora più lungo. Verdi convive con Giuseppina
Stepponi (soprano, prima interprete del Nabucco, che sposerà nel 1859) e segue
attentamente la produzione operistica europea con particolare attenzione alla
Francia. Nasce infatti nel 1855 un grand - opéra, Les vespres siciliennes su
libretto di E. Scribe, seguita da Simon Boccanegra (1857) su libretto di Piave.
Sono anni di maturazione formale che porteranno alla creazione di un altro
grande capolavoro Un Ballo in Maschera (1859, libretto di Antonio Somma);
opera tormentata dalla censura ove si fondono l’esperienza francese (soggetto e Stampa d’epoca risalente al periodo della collaborazione fra
struttura provenienti dal grand - opéra) con quelle italiane. Qui Verdi rinuncia Giuseppe Verdi ed Arrigo Boito, 1890.
alle cabalette a favore di un Leitmotiv per esternare l’amore impossibile di Ric-
cardo per Amelia; imperante è il tema del fato.
Nella successiva opera, Forza del destino (1862, libretto di F.Piave, data a San
Pietroburgo) il tema del fato è di principale importanza; Verdi qui riprende al-
cune strutture formali del vecchio melodramma, con tinte violente e molti colpi
di scena. Il fato avverso dominerà anche la successiva opera Don Carlos (grand
- opéra, su libretto del francese M. Du Locle; Parigi 1867), una tenebrosa storia di
ragion di stato e personaggi dilaniati.
Su richiesta del Kedivè d’Egitto per celebrare l’apertura del canale di Suez, Verdi Rara fotografia ritraente l’anziano Giu-
realizzò uno fra i più grandi ed immortali capolavori del melodramma ottocen- seppe Verdi nel giardino della “Casa
tesco, Aida (1871, grand - opéra su libretto di Ghislanzoni, andata in scena al Verdi”, Milano, negli ultimi anni.
Cairo); l’orchestrazione viene trattata con particolare riguardo all’ambientazione
esotica (di gusto francese), e molta attenzione è riposta per le raffinate danze.
Fotografia scattata durante i funerali di 32
Dopo Aida, Verdi compose con spazi di tempo sempre più lunghi e coltivò altri Giuseppe Verdi. Milano gennaio 1901.
generi: del 1873 è il Quartetto per archi in Mi magg. L’anno seguente vide la luce
la sua Messa da Requiem (già abbozzata per la morte di Rossini ma successi-
vamente dedicata a Manzoni). Di questo periodo sono i quattro pezzi sacri, fra
cui la celebre Ave Maria per coro, ove Verdi ampliò le possibilità armoniche con
l’innovativa scala “enigmatica” (come egli stesso la chiamava), molto protesa
verso l’atonalità; lo Stabat Mater ed il Te Deum per coro e orchestra, ecc. /
Sono gli anni dell’affermazione della «giovane scuola italiana» dalla quale Verdi
si tenne prudentemente distante.
Arrigo Boito, uno dei suoi più accesi criticatori, divenne in seguito collaboratore
di Verdi per l’ultima produzione del Maestro di Roncole; il vecchio melodramma
era già da tempo oggetto di aspre critiche cosicché Verdi affidò a Boito il compi-
to di rifare il libretto di Simon Boccanegra, ma egli non cedette mai al wagneri-
smo. Nell’ultima grande opera verdiana, Otello, del 1887 (su libretto di Boito)
venne definitivamente superata la concezione del pezzo chiuso, e si condensò in
essa tutta l’esperienza maturata in decenni di produzione melodrammatica. Nel
1893 con Falstaff (la sua seconda opera comica, sempre su libretto di Boito)
Verdi si congedò dalla produzione operistica. Falstaff rappresenta una sorta di
addio malinconico al mondo operistico.

23 XXVIII
Il suo completo catalogo operistico consta di 26 lavori, realizzati fra il
1839 ed il 1893, così come segue:

Oberto, conte di San Bonifacio 1839


Un giorno di regno o il finto Stanislao (opera buffa) 1840
Nabucco 1842
I Lombardi alla prima crociata (ver. franc. Jerusalem) 1843
Ernani 1844
I due Foscari 1844
Giovanna d’Arco 1845
Alzira 1845
Attila 1846
Macbeth 1847
I Masnadieri 1847
Il Corsaro 1848
La battaglia di Legnano 1849
Luisa Miller 1849
Stiffelio 1850
Rigoletto 1851
Trovatore 1853
Traviata 1853
I vespri siciliani 1855
Simon Boccanegra 1857
Un ballo in maschera 1859
Don Carlo (ver. franc. Don Carlos) 1867
Aida 1871
Otello 1887
Falstaff (opera buffa) 1893

24 XXVIII
33

Tratto dal III atto del Rigoletto il quartetto “Bella figlia dell’amore” è un mirabile esempio di “polifonia di
sentimenti”, della capacità verdiana cioè di scolpire e simultaneamente differenziare la situazione psicologi-
ca dei singoli personaggi; il tutto è affidato alla vocalità, e Verdi fa sfoggio della sua altissima maestria
compositiva per caratterizzare distintamente ciascuno dei quattro personaggi con un andamento ritmico -
melodico ben distinto.

25 XXVIII
34

26 XXVIII
27 XXVIII
28 XXVIII
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36

31 XXVIII
32 XXVIII
37 Falstaff; foto
di scena con
Giuseppe
Taddei nel
ruol o di
Falstaff.
Regia di
Filippo San-
just, direttore
Sir George
Solti, Staa-
tsopera,
Vienna,
1980. Fal-
staff è un
personaggio
immortale,
ama i piaceri
della vita
come Don
Giovanni, è
burlone, è un
instancabile
sognatore ed
avventuriero
come Don
Chisciotte.

38

33 XXVIII
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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34 XXVIII
L’OPERA ITALIANA
Per tutto il primo cinquantennio dell’ottocento in Italia vennero rappresentate solo opere italiane. Nel 1871 al Teatro Comunale di Bolo-
NELL SECONDO gna venne realizzata la prima rappresentazione italiana del Lohengrin di Wagner, e l’anno successivo il Teatro alla Scala di Milano vide la
OTTOCENTO: prima rappresentazione del Franco Cacciatore di weber. La rappresentazione dopo il 1850 di opere di Meyerbeer, Weber e Wagner segnò
LA GIOVANE l’inizio del favore italiano verso l’opera tedesca e francese, che, unito al malcontento dei musicisti italiani per l’opera italiana, fece nascere
un movimento atto a rinnovare il melodramma nazionale. Questo movimento si appoggiò alla Scapigliatura ed i musicisti che ne fecero
SCUOLA. PUCCINI parte divennero antiverdiani.

AMILCARE PONCHIELLI (Paderno Fasolaro, Cremona 1834 - Milano 1886) LA GIOVANE SCUOLA
Studiò al Conservatorio di Milano e fu quindi organista e direttore di banda a Cre- Durante tutto l’800 il melodramma romantico italiano
1 mona. Divenne in seguito maestro di cappella in Santa Maria Maggiore a Berga- vedrà un graduale processo di sfaldamento amplificato
mo, incarico che mantenne per più di vent'anni. Dal 1883 insegnò al Conservatorio grandemente dall’imposizione del modello del grand -
di Milano, dove furono suoi allievi Puccini e Mascagni, prima che una polmonite lo opèra, dell’opèra lyrique francese, unitamente al “faro”
stroncasse tre anni più tardi. wagneriano. Il melodramma italiano dell’ultima deca-
de dell’800 è incentrato su modelli melodrammatici che
Non ebbe difficoltà ad affermarsi come operista: dopo il successo dei Promessi
si ascrivono alla retorica romantica, e rimodellato pro-
Sposi dato a Milano (1872), ebbe l'appoggio dell'editore Ricordi, il che favorì la fondamente dagli influssi francesi verrà denominato
rappresentazione al Teatro alla Scala dell'opera I Lituani (1874). Seguì la collabo- Verista. L’Italia a cavallo fra i due secoli vedrà primeg-
razione con il librettista Arrigo Boito che, pur tra riserve e perplessità di Ponchielli, giare cinque compositori che verranno etichettati come
scrisse il libretto di quella che fu la sua opera più riuscita: La Gioconda (1876 - velisti: Leoncavallo, Puccini, Cilea, Mascagni, Gior-
1880). Il libretto realizzato da Boito si ascrive al gusto tipico del grand - opèra. Ce- dano; essi si imposero nei teatri italiani fino a prima
leberrima è la danza delle ore, di chiara ascendenza francese, che, insieme a tutte della I guerra mondiale.
le danze, rappresenta la precipua volontà della ricerca dello spettacolo che Pon-
chielli volle per quest’opera. Gli eccessi violenti e grotteschi del libretto sono bilan- I compositori “veristi” abbandonarono l’antica omoge-
ciati dalla varietà e dalla ricchezza della musica che, pur cercando gli effetti spettacolari, non perde il proprio neità formale del melodramma a favore di una vocali-
carattere di raffinatezza. tà maggiormente veemente, ed un’orchestra più sofisti-
cata. Dal punto di vista letterario si trascesero i “limiti”
estetici della corrente letteraria propria del verismo, per
ALFREDO CATALANI (Lucca 1854 - Milano 1893) cui la loro opera melodrammatica, che era così molto
Studiò composizione al liceo musicale di Lucca e poi al Conservatorio più originale, venne “etichettata” con il termine di Gio-
2
di Milano, dove frequentò gli ambienti musicali e letterari della sca- vane scuola (anche se opera verista rimane ancora oggi
pigliatura. Milano rimase il centro della sua attività di compositore il termine che identifica la loro produzione).
fino alla morte, nonostante i soggiorni sulle montagne svizzere impo-
Verismo: la corrente letteraria che fa capo a Giovanni
sti dalla tubercolosi. Fu amico di Arturo Toscanini, che ne apprezzò e
Verga, e Luigi Capuana; essi sono testimoni del mondo
diresse le opere. Dopo La falce (1875) ed Elda (1880), scrisse Lore-
dei poveri, della vita “vera”. I compositori veristi ripor-
ley (1890), che di Elda è una profonda rielaborazione, e La Wally tano sulla scena vicende della vita di tutti i giorni ove il
(1892), il suo lavoro più conosciuto, in cui si precisò il mondo poetico pubblico poteva rispecchiarsi con i personaggi presenta-
dell'autore. ti. Cavalleria Rusticana di Mascagni, e Pagliacci di Le-
Formatosi al di fuori dell'influenza di Verdi, Catalani fu vicino al cli- oncavallo segnarono la nascita e l’affermazione del
ma di raffinato estetismo della scapigliatura milanese, avviata verso nuovo genere verista / Lo stile di canto accomunò l’ope-
fine secolo a esiti crepuscolari. Uomo con interessi di ampio respiro, ra dei veristi; esso traeva le mosse dal declamato melo-
musicista colto e ferrato non solo nel campo dell'opera, Catalani dico verdiano caricato da modi espressivi accesi ed agi-
accolse in parte le novità armoniche di Wagner e ammirò il verismo francese di Zola, guardando tati / I compositori “veristi” arrivarono al successo con
alla civiltà musicale d'Oltralpe come modello per le sue accurate parti orchestrali / Fu il precur- una sola opera.
sore degli operisti della giovane scuola italiana.

1 XXVIII
4
RUGGERO LEONCAVALLO (Napoli 1857 -
Montecatini, Pistoia 1919)
c

Il primo storico esponente


della giovane scuola, e
del verismo, studiò musica
al Conservatorio della
città natale, mentre all'u-
niversità di Bologna seguì
i corsi di letteratura tenuti
da Giosuè Carducci. Dopo
alcuni anni di permanen-
za in Egitto e in Francia,
(ove si guadagna da vi-
vere suonando nei caffè)
3
fu ispirato forse dalla tri-
logia popolare di Giusep-
pe Verdi nel progettare la composizione di una trilo-
gia sul Rinascimento italiano: I Medici, Savonaro-
la, Cesare Borgia, ma riuscì a completare soltanto
la prima opera rappresentata nel 1893.
Particolarmente colpito da Cavalleria rusticana di
Pietro Mascagni, Leoncavallo nel 1892 compose, su
suo libretto, ed in soli cinque mesi, il suo più grande
capolavoro: I Pagliacci, opera tratta da un fatto di
cronaca nera realmente accaduto (> un tale Montal-
to Uffugo, che anni addietro era stato giudicato dal
padre del compositore, magistrato, a Cosenza). L'o-
pera riscosse un grande successo fin dalla prima rap-
presentazione, che si tenne a Milano nel 1892 sotto la
direzione di un giovanissimo Arturo Toscanini. L’O-
pera, di grande forza espressiva e di immediato im-
patto, conserva ancora oggi un'immutata popolari-
tà, ed è entrata nel repertorio di grandi voci storiche
come Enrico Caruso e Titta Ruffo.
Nel 1897 compose una Bohème, tentando così di
rivaleggiare con Puccini; l’opera riscosse solo un tiepi-
do successo, e venne messa subito in ombra dall'o-
monimo capolavoro pucciniano, andato in scena un
anno prima. Con quest’opera inizio il processo della
sua decadenza. Leoncavallo scrisse numerose altre
opere liriche (come Zazà, 1900). Compose anche
operette (tra cui La reginetta delle rose, 1912, e
La candidata, 1915, entrambe su libretto di G. For-
zano) e romanze da salotto .

2 XXVIII
UMBERTO GIORDANO (Foggia 1867 - Milano 1948)
Studiò a Napoli. Le prime
5 sue due opere, Mala Vi-
ta (rielaborata e ribat-
tezzata Il Voto, era pre-
sentata a Roma nel 1892)
e Regina Diaz (1894),
ebbero alterna fortuna:
accolte con riserve dalla
critica, furono in parte
apprezzate a Vienna e a
Berlino, ma caddero mise-
ramente a Napoli. Licen-
ziato dal proprio editore e
in serie difficoltà economi-
che, fu aiutato dal com-
positore Alberto Fran-
chetti che gli cedette il
libretto di Andrea Chénier, scritto da Illica originaria-
mente per lui. L'opera fu rappresentata al Teatro alla
Scala di Milano nel 1896 e riscosse un successo al di là di
ogni previsione, facendo di Giordano un autore acclama-
to sia in Italia che all'estero. Seguirono Fedora (1898),
Siberia (1903), La cena delle beffe (1924) e Il Re
(1929). Negli ultimi anni la sua produzione andò dira-
dandosi, in concomitanza con l'esaurirsi delle motivazioni
poetiche e musicali della scuola verista, cui Giordano
apparteneva. Il suo primo dramma, Mala Vita, era stato
un manifesto di questa tendenza: una storia di miseria e
squallore improntata all'impossibilità di cambiare il pro-
prio destino. Con le opere successive l'autore mise a pun-
to uno stile che, senza rinunciare ai toni forti e dramma-
tici, distribuiva sapientemente la tensione lungo i vari
episodi della vicenda, sottolineandone i momenti culmi-
nanti con commenti musicali a effetto.

3 XXVIII
PIETRO MASCAGNI (Livorno 1863 - Roma 1945)

6
Studiò nella città na-
tale e in seguito a
Milano con Amilcare
Ponchielli. Allontana-
to dal Conservatorio
per indisciplina, iniziò
la carriera di direttore
d'orchestra con varie
compagnie d'operet-
ta. Si oppose in prima
persona all’influsso del
eagtime e della musi-
ca nera in Italia. Nel
1886, durante una
tournée, si fermò a
Cerignola, in Puglia, dove divenne direttore della
scuola musicale. Qui compose il suo lavoro più cele-
bre, l'opera Cavalleria rusticana (1890), con la
quale vinse il concorso per operisti bandito dall’edi-
tore Sonsogno nel 1889; l’opera andò in scena l’an-
no dopo al teatro Costanzi di Roma, ed ebbe un’-
accoglienza trionfale che ancora oggi si ripete in
tutti i teatri del mondo. L’opera è basata su una
novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga e
riscosse un successo strepitoso. E’ ancora oggi consi-
derata uno dei migliori esempi del verismo operisti-
co, che mette in scena la potenza delle emozioni. Il
grande favore del pubblico verso quest'opera in-
fluenzò altri compositori italiani come Ruggero
Leoncavallo e Umberto Giordano / Mascagni com-
pose 15 opere, un'operetta e un balletto, oltre a 7
musica sinfonica e musica sacra, ma solo Cavalleria
rusticana e L'amico Fritz (1891) vengono regolar-
mente ancor oggi messe in scena.

4 XXVIII
FRANCESCO CILEA (Palmi, Reggio Calabria 1866 -
Varazze, Savona 1950)
8
Studiò composizione a
Napoli, diplomandosi
nel 1889. fu un valente
di data presso il con-
servatorio di Firenze
(dal 1896 al 1904), di
Palermo (dal 1903 al
1916), e di Napoli dal
1916 al 1935. Nello stes-
so anno il Conservato-
rio lo incaricò di scrive-
re un'opera da rap-
presentare nel teatro
dell'istituto: nacque
così Gina (1889). A
questa seguirono altri
melodrammi, tra cui Tilda (1892, molto influenza-
ta dalla Cavalleria Rusticana di Ma scagni). I suoi
più grandi capolavori furono le opere L'Arlesiana
(1897), e Adriana Lecouvreur (1902), che decreta-
rono la sua affermazione su scala internazionale.
Molto meno conosciuta è l’opera Gloria (1907).
Dopo la tiepida accoglienza ricevuta da quest'ulti-
mo lavoro, Cilea smise quasi completamente di
comporre, ritirandosi in silenzio per oltre quaran-
t'anni.
Personalità tormentata e complessa (attribuiva gli
occasionali insuccessi delle sue opere a una congiura
contro di lui), appartenne alla generazione di musi-
cisti che, tra la fine dell'Ottocento e la prima guerra
mondiale, praticarono l'opera "verista", pur non
potendo rientrare appieno nei canoni dello stile.
Alla passione per il realismo tragico e truculento
della giovane scuola italiana, Cilea contrappose
un'indole lirica e delicata che sottolineava le sfuma-
ture e i toni sognanti, e che lo distingueva da Ma-
scagni e da Leoncavallo. Nelle due opere più riusci-
te, L'Arlesiana e Adriana Lecouvreur, i sentimenti
sono espressi pudicamente e le delicate melodie
immergono con discrezione i personaggi in un'atmo-
sfera di meditazione e rimpianto.

5 XXVIII
GIACOMO PUCCINI (Lucca 1858 - Bruxelles 1924)

Il più importante compositore d’opera dopo Verdi / Ultimo figlio di una famiglia di musicisti da cinque generazioni, Giacomo rimase orfano
9 del padre Michele (organista e maestro del coro di Lucca) a soli 6 anni. Seguì gli studi ginnasiali e musicali nel locale Istituto Musicale; in se-
guito il Maestro Carlo Angeloni (insegnante di Catalani) ne curò la formazione musicale, facendo scoprire al giovane Giacomo la sua vena
teatrale / Agli anni lucchesi appartengono le prime composizioni, che furono di genere sacro: Plaudite populi (mottetto, 1877), un Credo e
la Messa a quattro voci con orchestra / Nel 1880 si trasferì a Milano, dividendo l’appartamento con Mascagni, ove studiò con Ponchiel-
li al Conservatorio. Frequentò assiduamente il teatro familiarizzando con l’ambiente operistico e con quello della scapigliatura / Negli anni
milanesi compose un Preludio Sinfonico (1882) ed un Capriccio Sinfonico (1883 eseguito come saggio di diploma) / Conobbe l’esordiente
librettista Ferdinando Fontana con il quale creò le sue due prime opere d’esordio, Le Villi (1883) ed Edgar (1889). Le Villi venne bocciata al
concorso per opere in un atto indetto da Sonsogno, ma venne comunque messa in scena (con il titolo originale Le Willis il 31 maggio 1884 al
teatro Dal Verme di Milano) e catturò l’attenzione dell’editore G. Ricordi. Le due opere sono ambientate in terra nordica e presentano torbi-
de vicende amorose con epilogo tragico / Divenuto amico di G. Ricordi Puccini conobbe il primo grande successo operistico con Manon Le-
scaut (1893, Teatro Regio di Torino) nata dalla collaborazione con molti librettisti fra cui Luigi Illica (ideatore dell’intreccio drammatico) e
G. Giacosa (che versificò il libretto). L’opera è tratta dal romanzo omonimo del 1731 dell’abate A. F. Prévost; è la storia di una passione
fatale di un giovane gentiluomo per una donna amorale, ma fragile ed affascinante. La collaborazione di Puccini con i librettisti della Ma-
non porterà alla creazione delle tre opere che sanciranno la fama mondiale di Puccini, ossia:
La Bohéme 1896, Torino teatro regio;
Tosca 1900, Roma teatro Costanzi;
Madama Butterfly 1904, Milano: fu un fiasco terribile. Puccini la rivisitò profondamente e la fece rappresentare al teatro grande di Brescia
ove ottenne successo / La Bohéme è ambientata a Parigi nel mondo bohèmien degli artisti squattrinati. In Tosca gli ingredienti sono molto
più “pesanti”: sesso, brutalità, sadismo, religione. Questa prima fase creativa è ritenuta dalla critica come la fase romantica e borghese; queste opere si fondano sulla poetica delle
“piccole cose”. Magistrale è l’uso che Puccini fa della scala per toni interi, usata come mezzo di intensificazione drammatica di inusitata efficacia.
Nel 1907 fu a New York ove dalla collaborazione con i librettisti G. Civinnini e C. Zangarini nacque La fanciulla del West (1910, New York Metropolitan opera). In quest’opera il
canto abbandona completamente le forme strofiche e si impernia sulla tipologia del “parlato”. L’opera tratta di una vicenda amorosa fra i ricercatori d’oro della California / Il primo
decennio del novecento per Puccini, nonostante la brillante carriera già avviata, fu denso di amarezze private: nel 1903 rimase coinvolto in un grave incidente d’auto; nel 1909 si
suicidò una sua donna di servizio; ecc. Soffrì il confronto con il teatro musicale europeo, specialmente quello di Richard Strauss e Claude Debussy.
In seguito nacquero le opere La Rondine (1917, Montecarlo) ed il cosiddetto «trittico», ossia le opere in un atto:
Il Tabarro (libretto di Giuseppe Adami)
Suor Angelica
Gianni Schicchi (libretto di G.Forzano)
andate in scena a New York (Metropolitan) nel 1918. Queste tre minuscole opere furono concepite per essere rappresentate insieme, e testimoniano la volontà di Puccini di accostare
tre brevi vicende dal carattere nettamente diverso. Nel Tabarro si ha un dramma dell’orrore che si svolge su di un barcone ormeggiato sulla Senna di Parigi; in Suor Angelica si svol-
ge una tragedia sentimentale ambientata in un convento; in Gianni Schicchi è realizzata una commedia desunta da un episodio del XXX Canto dell’Inferno di Dante. In questa sua
seconda grande fase creativa, ossia quella rappresentata dalle opere della piena maturità (Fanciulla del West, Trittico, Turandot) Puccini instaura un rinnovamento vocale e sinfoni-
co in senso modernista del melodramma.
Nell’ultimo periodo della sua vita dietro la spinta del giornalista Renato Simoni iniziò a lavorare, nel 1920, a Turandot, opera ispirata alla fiaba teatrale di Carlo Gozzi; è una vicen-
da fiabesca e tragica ambientata in Cina / L ’aggravarsi delle sue condizioni di salute dovute ad un tumore alla gola lo costrinse a sospendere il lavoro per sottoporsi ad un delicato
intervento chirurgico a Bruxelles. Non si riprese dall’intervento e si spense il 24 novembre 1924, Turandot fu completata da Franco Alfano, il quale si basò sugli abbozzi che Puccini
stesso aveva portato con se durante il viaggio a Bruxelles. Turandot venne rappresentata alla Scala di Milano nel 1926 diretta da Arturo Toscanini; il grande direttore d’orchestra, per
rispetto al Maestro, sospese l’esecuzione dell’opera nel punto in cui Puccini l’aveva lasciato, ossia dopo il corteo funebre di Liù.

6 XXVIII
Nelle opere pucciniane si evince 10 11

un perfetto equilibrio fra musica


ed azione scenica. Anche il suo
excursus creativo è caratterizza-
to da un tempo lungo di gesta-
zione.
Tema centrale della poetica
pucciniana è la dualità amore ~
morte. Peculiarità della dram-
maturgia pucciniana è la cresci-
ta graduale della tensione che
porta alla catastrofe finale /
Anche Puccini fu influenzato
dalla tecnica del Leitmotiv wa-
gneriano che egli applicò per
ottenere maggiore coesione mu- Il maestro fotografato nel suo studio ove componeva con il suo pianoforte.
sicale sin dagli esordi della sua
carriera operistica. 12

Il linguaggio armonico di Puccini


fa uso di una poliedrica gamma Puccini e Toscanini, in una rara fotografia di fine secolo.
di accordi e successioni accordali
di ogni tipo; peculiare fu la sua
Foto di gruppo
volontà di attuare procedimenti restaurata; (da sini-
armonici che indebolissero le stra a destra): Gia-
forze di tonali consuetudinarie; como Puccini, i
ed in questo si evince la sua pre- librettisti Giuseppe
occupazione di esplorare le possi- Giocosa e Luigi
bilità armoniche a fini espressivi, Illica. Puccini defi-
niva scherzosamente
procedendo in sintonia con l’evo- il suo “trio” “La
luzione del linguaggio armonico Santa Trinità”. La
di fine ottocento che si era già fotografia risale
da qualche decennio (ossia dal- al l ’ e p o c a d el l a
l’ultimo Liszt) incamminato verso composizione di
l’allargamento tonale. Puccini Bohème. I tre erano
molto amici. Puccini
sperimentò sequenze di accordi non era mai conten-
paralleli (trascendendo qualun- to di un libretto, e
que vetusta “regola”), come frequentemente
quinte vuote, settime diminuite, portava i suoi due
seste aumentate, accordi per amici quasi alla
quarte e per quinte sovrappo- disperazione; ma
essi riconoscevano
ste. Usò tenacemente scale per appieno il suo talen-
toni interi ed armonizzazioni di to, e continuarono a
semplici melodie con accordi collaborare con lui
alterati a scopo di ottenere in futuro.
grande intensità espressiva.

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11 XXVIII
Solo di Lauretta tratto da una delle opere del Trittico di Puccini, Gianni Schicchi. Notevole è, per l’in-
tensità espressiva, l’uso dell’accordo di settima di seconda specie sulla dominante nella seconda frase
(“vo’andare in Porta Rossa”).

17

12 XXVIII
18 FRANCO ALFANO (Posillipo, Napoli 1876 -
Sanremo 1954)
Studiò al con-
servatorio
San Pietro a
Maiella di
Napoli con
De Nardis e
Serrao. In
seguito fu a
Lipsia, dove
si perfezionò
con Sitt (in
violino) e con
Jadassohn ed
il grande Hu-
go Riemann
19 nella compo-

sizione. Dal
1896 fu a Berlino dove svolse attività di pia-
nista e dove esordì con la sua prima opera
teatrale Miranda nel 1898. in seguito fu a
Parigi dove fece rappresentare i suoi due
balletti Folie Bergères e dove iniziò l’opera
Risurrezione, che completò in seguito fra
Mosca e Napoli. Nel 1916 si stabilì a Bologna
insegnando composizione al conservatorio
che poi diresse. Nel 1923 si stabilì a Torino;
qui su proposta di Toscanini e dietro incarico
di Ricordi, lavorò allo storico completamento
della Turandot di Puccini. Nel 1939 lasciò
Torino e fu nominato sovrintendente del
teatro Massimo di Palermo, dal 1940 al 1942.
Dal 1947 al 1950 diresse il conservatorio di
Pesaro. In seguito si stabilì a Sanremo dove
trascorse gli ultimi suoi anni.

13 XXVIII
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Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978 5 www.jcarreras.homestead.com
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Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS
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1993 - 2001 Microsoft Corporation
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www.r-ds.comopera

14 XXVIII
L’OPERA IN FRANCIA L’OPERA IN FRANCIA
Il XIX secolo segnò profondamente la Francia dal punto di vista politico e civile; molti furono i cambiamenti e gli assesta-
ED IN GERMANIA menti politici fino ad arrivare alla Terza Repubblica. Due opere assurgono anche il significato di “estremi” storici del
NELL’800 fervido secolo creativo nonché tormentato della Francia: “La Vestale” di Spontini (1807) e “Pellèas et Mèlisende” di
Debussy (1912). Questo excursus del teatro musicale francese conoscerà il succedersi di notevoli mutamenti: dalla tipolo-
gia operistica della tragedie - lirique al Grand - opèra al dramma lirico ed, infine, al dramma verista / Nel primi de-
GASPARE SPONTINI (Maiolati, Ancona 1774-851) cenni del 1800 si affermarono gli italiani (Cherubini, Spontini, Rossini, Bellini, Donizetti) ed il tedesco Meyerbeer
insieme ad essi; dopo la prima metà del secolo si affermarono gli operisti francesi, ossia Gounod, Bizet, Massenet.
1 Frequentò il Conservatorio
della Pietà di Napo- Per tutto il 1700 in Francia, specie a Parigi, vera capitale europea dell’opera in musica, si diffuse la concezione di creare
li,allievo di N. Piccinni, ma opere in musica che rappresentassero una mescolanza di stili provenienti da varie tipologie e nazioni (specialmente ita-
dovette abbandonarlo liane) / In Francia il diritto d’autore si instaurò molto tempo prima che in Italia. A Parigi L’Opéra era la sede operisti-
dopo soli due anni per ca principale ove venivano rappresentate le più importanti opere teatrali, tradizione che continuava la traccia istaura-
cattiva condotta. Dopo un ta da Lully; venivano anche rappresentati gli spettacoli di danza. Parallelamente si era sviluppata l’Opera comique
soggiorno a Palermo, bru- nella sede omonima; le opere comiche avevano parti dialogate e non cantate.
scamente interrotto per Nel Thèatre Italien venivano rappresentate commedie dell’arte italiane molto apprezzate dal pubblico parigino; in
vicende amorose, approdò seguito vi vennero rappresentate opere italiane.
a Roma e poi a Parigi,
dove cominciò la sua for- Nella seconda metà dell’800 ebbe grande importanza il Thèatre Lyrique.
tuna di autore di opere. Il teatro in musica francese, durante i primi trent’anni dell’800 si sviluppò in modo unitario e graduale; si arrivò quasi
Entrato nelle grazie di naturalmente al Grand - opèra. Si passò da soggetti mitologici greci a personaggi storici, mentre nell’opèra comique
Giuseppina Bonaparte e venivano repulsi argomenti drammatici in favore di quelli più frivoli e leggeri.
poi dello stesso Napoleone, fu nominato compositore
particolare della camera dell'imperatrice, divenendo in
pochi anni musicista ufficiale dell'Impero. Enorme suc-
cesso ottennero La Vestale (Parigi, Opéra 1807); otten- GLI ANNI DEL “GRAND - OPERA”
ne un successo così straordinario da non essere più ripe- I primi decenni dell’ottocento operistico francese, che coincisero con gli ultimi anni della Restaurazione dei Borbo-
tuto da nessuno negli anni successivi: Napoleone attribuì ni, videro il grande successo riscosso da tre opere:
a quest’opera il premio decennale di composizione che La Dame Blanche di Boildieu (1825, su libretto di Eugene Scribe);
da poco era stato istituito. Con La Vestale e con Fer- La Muette de Portici di Auber (anch’essa su libretto di E.Scribe);
nand Cortez (1809), Spontini si consacrava autore di Guillame Tell di Rossini (1829).
opere serie, dopo anni di apprendistato nel campo del-
l'opera buffa / La produzione di Spontini è divisibile in
due parti: il tirocinio giovanile (debitore dell'opera buffa EUGENE SCRIBE (1791 - 1861)
napoletana) che è abbondante ma privo di vette arti- Fu il più prolifico commediografo e librettista della
stiche; la produzione della maturità, influenzata princi- 2 Francia dell’epoca di Luigi Filippo, sia per il grande
palmente dalla lezione drammatica ereditata da Gluck, successo che ottennero i suoi scritti, sia per la produ-
dall'arte di Cherubini e dal vivace ambiente parigino, zione copiosissima, di più di 420 lavori, che lasciò.
che è invece meditata, e oltre alla Vestale e Fernand Oltre ai molti successi nel genere teatrale della com-
Cortez comprende Olimpye (1819), Alcidor (1825), A- media borghese, Scribe si affermò anche come li-
brettista di opere per il teatro lirico, in particolare
gnes von Hohenstaufen (1829) e pochi altri titoli. I
dell’opéra comique. Dal 1830 collaborò con i più
grandiosi interventi corali e i toni solenni di questi lavori grandi musicisti francesi e stranieri: Auber, Rossini,
ebbero grande influenza sugli operisti dell'Ottocento, da Meyerbeer, Adam, Halévy, Donizzetti, nonché Giu-
Rossini a Wagner, che ne ammirarono l'alta retorica seppe Verdi con Les Vêpres siciliennes (1855), scritto in
celebrativa / Spontini scrisse anche cantate profane, collaborazione con Charles Duveyrier. Si trovò al
generalmente in occasione di cerimonie civili, e varia centro dell’interesse nel periodo in cui, in Francia,
musica strumentale. fiorì il grand - opéra e l’opéra - comique.
1 XIX
Il Grand - opéra francese si affermò intorno al 1830, e fu per GIACOMO MEYERBEER (Berlino 1791 - Parigi 1864)
oltre un ventennio il genere di teatro musicale che i francesi Compose sei opere in stile italiano, la più fortunata delle quali fu Il Crociato in
predilige ancora di più; esso fu esportato in tutta Europa. 3
Egitto (1824). Trasferitosi a Parigi, si diede a studiare l'opera francese, ed in breve
Queste opere erano costituite da una esteriore, appariscente tempo egli divenne il musicista più importante per la prima affermazione inter-
maestosità; le scenografie erano faraoniche con soggetti storici nazionale del grand - opèra. I suoi indiscussi capolavori del genere sono:
e la presenza di molti colpi di scena dati, anche, da violenti
Robert le diable (1831);
contrasti di passioni.
Les Huguenots (1836);
Il coro è sempre presente nel grand - opèra, esso rappresenta
uno dei principali personaggi che fa sentire la sua importante Le prophète (1849);
presenza quasi sempre nei momenti cruciali del dramma. L’ètoile du nord (1854);
Le Padron de Plöermel ou Dinurah (1859);
Queste mutate caratteristiche dell’opera francese fecero na-
scere la necessità di una presenza vocale maggiore; così anche L'Africaine (rappresentata postuma nel 1865).
la tecnica vocale ebbe modo di evolversi: ai cantanti veniva
richiesta la capacità di dominare una poderosa orchestra, per Ma le sue portate innovative all’interno del teatro musicale non furono subito
cui la tecnica vocale cambiò orientandosi verso fraseggi incisi- apprezzate; alcuni suoi contemporanei quali Schumann, Berlioz, e lo stesso Wa-
vi, acuti estremi, attaccati con forza grazie all’ausilio di una gner, lo criticarono aspramente; Schumann, in modo particolare, attaccò quasi con sdegno le sue opere, e la
voce piena e vigorosa detta “di petto”. Nel grand - opèra si sua stessa concezione del grand - opèra; a Schumann pareva che il grand - opèra fosse solo una mera e-
valorizzò, come per l’opera italiana contemporanea, il regi- strinsecazione di “effetti senza causa”, ossia un’accozzaglia di spettacolari efetti scenici fini solo a se stessi.
stro del tenore e del basso. Meyerbeer prestò particolare attenzione a potenziare ed arricchire le combinazioni timbriche dell’orchestra,
molto spesso chiamata ad assolvere compiti prettamente drammaturgici, come, ad esempio, rendere più
La grande complessità scenica richiesta nel grand - opèra
incisiva l’ambientazione scenica. Inoltre egli ampliò le possibilità armoniche, esplorando agglomerati accor-
richiese l’introduzione di una nuova figura scenica, il diretto-
dali desueti: successioni dissonanti attorno, o sopra, una nota “pedale”, sezioni cromatiche in progressione, o
re di scena (oggi chiamato regista) ossia colui che coordi- modulazioni verso tonalità lontane ottenute per scivolamento cromatico.
nava tutti i movimenti dei cantanti, coro, e comparse sulla
scena; nacquero così, a partire dal 1828, i libretti per la
messa in scena (livrets scéniques), ove veniva spiegato mi- FRANCOIS A. BOIELDIEU (Rouen 1775 - Parigi 1834)
nuziosamente come poter mettere in scena le opere. 5 Dopo gli studi musicali effettuati nella città natale nel
1796 si trasferì a Parigi ove inizia una fortunata carrie-
ra operistica a partire dall’opera Le calice de Ba-
DANIEL - ESPRIT AUBER (Caen 1782 - Parigi 1871) gdad, 1800. nel 1811 gli viene assegnata la cattedra di
composizione presso il conservatorio della capitale
Allievo di Luigi Cherubini, si affermò come compositore
francese. Negli anni che seguirono egli conobbe una
d'opera con La bergère châtelaine nel 1820. Tre anni dopo
grande fortuna operistica con le opere Jean de Paris,
cominciò una lunga collaborazione con il drammaturgo e
librettista Eugène Scribe, con il quale diede vita a opere di 1812, Le petit chaperon rouge (cappuccetto Rosso),
grande successo, soprattutto del genere opéras - comiques; 1815, ma soprattutto con il suo capolavoro,La Dame
il suo grande capolavoro fu La Muette de Portici, del Blanche, su libretto di Scribe; l’opera venne rappre-
1825 / Influenzato da Gioachino Rossini, Auber diede alle sentata in tutta Europa.
voci un carattere virtuosistico estraneo alla tradizione set- Il suo catalogo di opere teatrali annovera 37 lavori, che
tecentesca. I personaggi delle sue opere mantengono i si ascrivono pienamente nel genere dell’opèra - comique. Il suo stile musicale può
ruoli fissi tipici del genere (soldati, contadini, nobili) e si essere considerato di transizione fra la tipologia settecentesca di Modest Grètry e
4 muovono spesso in atmosfere esotiche. Tra le principali quella ottocentesca romantica.
opere di Auber si ricordano Fra diavolo (1830), ambien-
tata nell'Italia del Sud, Gustavo III (1833) e Manon Lescaut (1856).

2 XIX
CHARLES - F. GOUNOD (Parigi 1818 - 1893)
IL DRAMMA LIRICO
Dopo la piena affermazione del Grand - opéra distinto e complementare all’Opéra - comi- Studiò al Conservatorio di Parigi con Jacques-François Halévy e nel 1839 vinse il
que, il teatro musicale francese allargò i suoi orizzonti puntando all’affermazione dei musi- Prix de Rome. Durante il soggiorno romano che conseguì alla vittoria del premio
cisti francesi nati tra il 1810 ed il 1840: Thomas, Massenet, Bizet, Gounod; questi composi- ebbe modo di ascoltare le composizioni polifoniche a cappella della Cappella
tori diedero vita al dramma lirico / Adesso al teatro d’opera non accedeva più soltanto Sistina, e ne rimase particolarmente affascinato / Il suo primo successo fu Le mé-
l’alta borghesia, ma anche il ceto medio, che rappresentava il grosso della popolazione decin malgré lui (1858), tratta dalla comme-
parigina durante il secondo impero di Napoleone III. L’impresario del thèatre lyrique pari- 7
dia di Molière. La sua fama rimane tuttavia
gino, Lèon Carvalho, ebbe l’arguzia di intuire e soddisfare le aspettative di questo “nuovo” legata all'opera Faust, tratta dal romanzo di
pubblico: un teatro musicale desunto dalla narrativa e dal teatro europeo, quindi non più i Goethe (1859). Tra le altre opere di Gounod si
soliti soggetti originali e d’invenzione; ad Eugnène Scribe, ormai anziano, si sostituirono Jules ricordano Mireille (1864) e Roméo et Juliet-
Barbier e Michel Carrè. Questo indirizzo di gusto divenne il principale assunto estetico
dramma lirico / I protagonisti di questa corrente operistica si collocarono, cronologicamen- te (1867).
te, a breve distanza l’uno con l’altro. La musica teatrale del i Gounod, ricca di fasci-
no, invenzione melodica e magistralmente or-
chestrata, è nota più per il suo carattere lirico
AMBROISE C. L. THOMAS (Metz 1811 - Parigi 1896) che per la qualità drammatica.

Ricevette la prima educazione musicale dal pa- Egli fu travagliato da una profonda vocazione
6
dre (imparò il violino e pianoforte). Al conserva- religiosa, il che spiega la sua fiorente produzio-
torio di Parigi studiò pianoforte con il grande ne di musica sacra, nata quasi da una lotta
Kalkbrenner. Nel 1832 vinse l’ambitissimo Prix de interiore ove a volte aveva la meglio rispetto
Rome con la cantata Hermann et Kelly. Esordì alle ambizioni operistiche. La sua produzione
all’opèra comique nel 1837 con La double é- sacra comprende oratori, messe, mottetti, inni e
la celebre Ave Maria basata su un preludio di Johann Sebastian Bach.
chelle, ma il vero grande successo in Francia per
lui arrivò soltanto nel 1850 con Songe d'une
nuit d'été, con quest’opera egli si evolve rispet-
JULES MASSENET (Montaud, Loire 1842 - Parigi 1912)
to ai tradizionali schemi dell’opèra - comique.
La sua opera Mignon del 1866 rimase in cartel- 8
Studiò al Conservatorio di Parigi con Thomas, e dal
lone per ben 28 anni. La sua restante produzione 1878 al 1894 tenne la cattedra di composizione.
annovera solo un’altra opera di grande successo, Compose oratori, cantate, pezzi strumentali e suite
ossia Francoise de Rimini, del 1882, tratta da orchestrali, ma la sua popolarità è legata alle ope-
Dante. re, alle loro melodie sensuali ed eleganti e alle loro
trame sentimentali / Manon (1884), dal romanzo
Manon Lescaut di Prévost, fu il suo capolavoro. Tra
le altre opere di Massenet si ricordano Hérodiade
(1881), Le Cid (1885), Werther (1892), altro suo
grande capolavoro, Thaïs (1894), Le jongleur de
Notre-Dame (1902) e Don Quichotte (1910). La
celebre Elégie è un'aria dalla musica di scena com-
posta nel 1873 per il dramma Le Erinni di Charles-
René-Marie Leconte de Lisle.

3 XIX
GEORGES BIZET (Parigi 1838 - Bougival, Parigi 1875)

Figlio di musicisti, studiò al Con-


9
servatorio della capitale france-
se con il compositore Jacques
Halévy; anch’egli vinse l’ambito
prix de Rome. La sua breve vita
si svolse quasi tutta Parigi, dove
morì poche settimane dopo la
prima rappresentazione di Car-
men, e non poté assistere alla
consacrazione del suo capolavo-
ro. Tra le principali opere si ri-
cordano:
I Pescatori di perle (1863);
La bella fanciulla di Perth
(1867); Djamileh (1872).
La sua creazione più importante è Carmen (1875), non solo al-
l’interno della sua produzione, o del genere dramma lirico fran-
cese; Carmen è considerata, a buon diritto, uno dei più grandiosi
capolavori del teatro musicale di tutti tempi. Composta tra il
1873 e il 1874, la Carmen segnò un punto di svolta nella storia
dell'opéra-comique e divenne una delle opere più popolari della
storia della musica lirica, popolarità che conserva ancora oggi.
Il pubblico della prima, scandalizzato dalla messa in scena di
una vicenda giudicata scabrosa e da personaggi lontani dall'au-
licità a cui il teatro d'opera lo aveva abituato (un taglio e uno
stile che sarebbero diventati i cardini della scuola verista), decre-
tò al lavoro un clamoroso insuccesso. In Carmen il suo creatore
introdusse vicende amorose, passioni ed un finale tragico. Venne
concepita come un’opèra - comique con sezioni parlate; in segui-
to, per l’allestimento viennese (ottobre 1875) Ernst Giraud tra-
sformò i dialoghi in recitativi così come la conosciamo oggi.
Singolare capacità mostrò Bizet nelle ambientazioni esotiche
delle sue opere; infatti quasi tutte le sue creazioni operistiche
sono ambientate fuori dalla Francia / Compose inoltre la Sinfo-
nia in do maggiore (1855), la suite sinfonica Roma (1866-1868), le
musiche di scena (1872) per L'Arlesiana di Alphonse Daudet e
l'ouverture drammatica Patrie (1873), oltre a varie composizioni
per voce e per pianoforte, come i dodici Jeux d'enfants per pia-
noforte a quattro mani, in seguito trascritti anche per orchestra /
Bizet influenzò molti musicisti italiani e francesi del tempo e Car-
men, con la sua storia scaturita dal realismo drammatico, segnò
il cammino alla corrente operistica italiana del verismo.

4 XIX
10

5 XIX
11
L’OPERA IN GERMANIA
Storicamente la prima opera del teatro musicale composta in Germania fu Dafne, rappre-
sentata nel 1627. Il libretto era lo stesso dell’omonima opera di Rinuccini, tradotta in tedesco
dal più importante poeta del tempo, Martin Optiz; la musica fu scritta da Schütz, ma è an-
data perduta. Per due secoli successivi a quest’evento, la vita del teatro musicale nei paesi
tedeschi fu direttamente e indirettamente dominata dall’opera italiana.
Nelle corti di alcuni piccoli regni o ducati fra il 1670 ed il 1730 circa, venivano messe in scena
opere di compositori tedeschi su libretti tedeschi, ma erano lavori di chiaro stampo italiano o
francese.
Le grandi città come Vienna, ad esempio, erano influenzate direttamente, in quanto veni-
vano rappresentate opere italiane di maestri italiani su libretti italiani e con artisti italiani.
Qui, l’ opera italiana primeggiava incontrastata: nell’ottocento già da tempo i compositori
tedeschi avevano messo di lato l’usanza di mettere in musica libretti tedeschi; le opere di
Rossini e Donizetti erano molto richieste; le personalità organizzative italiane come Salieri,
l’impresario Barbaja (specie a Vienna) Morlacchi (a Dresda) e Spontini (a Berlino), si
Momento scenico in cui Carmen canta la suggestiva habanera. contendevano il monopolio assoluto della vita musicale tedesca del tempo. Il primo genere
di teatro musicale nazionale fu il Singspiele ma ai primi dell’800 non era ancora molto
diffuso, ed era gradito soltanto ad un ceto sociale medio.
GUSTAVE CHARPENTIER (Dieuze, Lorena 1860 - Parigi 1956) Con l’apporto determinante dato dal classicismo strumentale viennese, Haydn, Mozart, Bee-
thoven (la prima «scuola di Vienna»), l’area austriaco - tedesca maturò gradualmente la
12 Allievo di Jules Massenet al Conservato- formazione di un nazionalismo culturale germanico, che fu voluto da musicisti e letterati. E.
rio di Parigi, e fortemente influenzato T. A. Hofmann (compositore e direttore d’orchestra) fu uno dei primi scrittori che anticipò
da Richard Wagner, nel 1887 vinse l'am-
il romanticismo musicale e le direttive della futura “opera tedesca”; questa, secondo la
bito Prix de Rome, che gli permise un
soggiorno di tre anni a Roma, dove sua ideologia, si sarebbe dovuta contrapporre all’opera italiana. Egli ravvisò in Gluck il mo-
completò due vaste composizioni orche- dello da seguire, e sull’onta gluckiana si cimentò a comporre quattro opere, la più caratteri-
strali. La sua fama è legata all'opera stica delle quali fu Undine, 1816. Queste opere, però, sono semplicemente da intendere co-
Louise (1900), la cui protagonista era me degli ibridi; nessuna di esse ebbe modo di imporsi nella società tedesca, non presentava-
un'operaia; l'opera ebbe un enorme no ancora solide qualità artistiche. Il suo spessore di letterato fu molto più importante della
successo e i proventi ricavati da questa sua figura in ambito musicale.
gli permisero di aprire nel 1902 il Con- Fu con Carl Maria von Weber che ha storicamente inizio l’opera romantica tedesca. Le sue
servatoire Populaire, dove le lavoratrici composizioni ebbero un ruolo decisivo per la nascita del romanticismo in Germania.
potevano gratuitamente studiare musi-
ca e imparare danza. Charpentier scris-
se un'altra opera, Julien (1913), e diver-
se composizioni orchestrali e vocali, nes-
suna delle quali raggiunse tuttavia la popolarità di Louise.

6 XIX
13 a
CARL MARIA VON WEBER (Eutin, Lubecca 1786 - Londra 1826)
13 La fama di Weber è legata alla contrapposizione
dell’orgoglio tedesco (in ambito musicale teatra-
le) sullo strapotere italiano. Il culmine di questo
processo socio culturale si ebbe con le sue tre
maggiori opere:
Der Freischütz
Il franco cacciatore, rappresen-
tato a Berlino nel 1821; fu consi-
derato il suo capolavoro, e con-
temporaneamente il prototipo
dell’opera romantica tedesca.
L’opera è una felice miscela di
elementi fantastici e sopranna-
turali attinti in modo particolare
dal folclore germanico;
Euryanthe (1823);
Oberon (1826).
Queste tre opere costituirono per diversi decenni le migliori creazioni del tea-
tro musicale tedesco, ed influenzarono le opere di altri musicisti tedeschi della
prima metà dell’800 / Weber nel 1817 fu nominato Kapellmeister presso il
Teatro Reale di Dresda, ed ebbe numerosi scontri con Francesco Morlacchi: si
impegnò ad oppore l’opera francese allo strapotere italiano / Con Der Frei-
schütz, in cui il folclore tedesco si combina con elementi leggendari, esotici e
sovrannaturali, Weber inaugurò la scuola romantica dell'opera tedesca. Le
sue prime composizioni teatrali manifestano l’influsso sia del genere Singspie-
le (come in Abu - Hassan del 1811, singspiele tratto dalla leggenda delle mille
e una notte), e sia dell’opèra - comique francese; ma in Der Freischütz
Weber creò un’opera nuova, innovativa nella musica, nell’orchestrazione,
nella scelta dei personaggi ed in ciò che questi rappresentano. Erano questi
tutti elementi prettamente romantici: passioni, natura, vicende demoniache,
storie ambientate nel Medioevo. Tutto ciò accese l’entusiasmo della società
tedesca e dei letterati.
Weber introdusse importanti innovazioni all'interno del genere operistico
tedesco, tra cui l'impiego del Leitmotiv e del recitativo cantato in luogo del
dialogo parlato / La sua opera esercitò una particolare influenza su Richard
Wagner.
Weber ebbe anche una storica importanza per lo sviluppo della musica stru-
mentale. Tra le numerose opere lasciate dal compositore tedesco si ricordano
due sinfonie, alcuni Lieder, due concerti per pianoforte, cantate, messe e
musica per pianoforte (celebre è l'Invito alla danza, 1819). I due concerti per
clarinetto e orchestra del 1811 rappresentano dei capisaldi per il repertorio
dello strumento, così come il concerto per fagotto e orchestra in fa maggiore,
denso di elementi musicali tipicamente tedeschi.

7 XIX
RICHARD WAGNER (Lipsia 1813 - Venezia 1883)

14 E’ la personalità centrale nella storia della musica del XIX secolo, non solo tedesca; portò al massimo compimento il progetto dell’-
opera tedesca, tanto agognata dai suoi predecessori. Di tutti i suoi lavori teatrali Wagner compose sia la musica che il libretto. Fu
uno dei massimi esponenti del romanticismo e una delle figure più influenti della cultura europea del XIX secolo.
Formatosi all'Università di Lipsia, studiò musica quasi completamente da autodidatta. Si dedicò al teatro musicale, iniziando pre-
sto a comporre: del 1823 è l'opera rimasta incompiuta Le nozze. Tra il 1833 e il 1839, anni in cui lavorò presso vari teatri lirici pro-
vinciali, scrisse le opere Le fate (1834) e Il divieto d'amare (1836), oltre a vari pezzi orchestrali. Iniziò poi la carriera di direttore
d'orchestra, lavorando a Magdeburgo e a Königsberg, dove sposò l'attrice Minna Planner / Nel 1837 ottenne il posto di maestro
di cappella a Riga, dove scrisse il libretto e compose due atti della sua prima opera importante, Rienzi, che completò nel 1840 /
Nel 1839 si recò a Londra e fu durante la tempestosa traversata del mare del Nord che egli concepì l'idea della sua opera successi-
va L'Olandese volante, o Il vascello fantasma (come venne conosciuta in Italia) che compose poi a Parigi. L’opera è ispirata
all'omonima leggenda del mare, e fu il primo grande successo del compositore tedesco. Nell'Olandese volante sono presenti lo stile
e i temi che Wagner avrebbe approfondito nel corso della sua carriera, soprattutto la forza redentrice dell'amore, che è mu-
sicalmente narrata attraverso i leitmotiv e la sontuosa orchestrazione / Nel 1842 tornò a Dresda come maestro di cappella del
teatro di corte e riuscì finalmente a portare in scena le sue opere grazie al personale interessamento del giovane re Luigi II. A Dre-
sda compose il Tannhäuser (rappresentato il 19 ottobre 1845). L'opera con le sue innovazioni strutturali e tecniche, disorientò il
pubblico, abituato al melodramma convenzionale, e venne duramente criticata. Tre anni dopo, fu comunque portata sulle scene
a Weimar da Franz Liszt, il quale divenne in seguito grande amico del compositore e sostenitore entusiasta della sua musica (la
sua seconda figlia, Cosima, si legò in matrimonio in seconde nozze a Wagner) / Nello stesso anno, il 1848, fu completato il Lohen-
grin, ma la direzione del teatro di corte di Dresda, temendo il ripetersi delle reazioni negative di pubblico e critica, si rifiutò di
metterlo in scena. Fu di nuovo Liszt a venirgli in aiuto: il Lohengrin venne rappresentato a Weimar il 28 agosto 1850. L’Olandese
Volante, Tannhäuser e Lohengrin sono considerate la sua triade di opere romantiche composte a Dresda (nella stessa città dove
aveva avuto inizio il rinnovamento a favore dell’opera tedesca compiuto da Weber). Per aver partecipato alla fallita rivoluzione
del 1848 Wagner dovette fuggire da Dresda, riparando prima a Parigi e poi a Zurigo; l’”esilio” durò tredici anni. Qui scrisse il libret-
to e iniziò la composizione della musica della tetralogia L'anello del Nibelungo, basata sul Nibelungenlied, un'epopea medie-
vale tedesca. La tetralogia è composta dalle opere:
L'oro del Reno;
La Valchiria;
Sigfrido;
Il Crepuscolo degli dei
Questa tetralogia sarebbe stata portata a termine soltanto nel 1872 / Nel 1852, Wagner aveva conosciuto il ricco mercante Otto Wesendonck e sua moglie Mathilde, che misero a di-
sposizione di Wagner e Minna un piccolo cottage nella loro tenuta presso Zurigo; qui il compositore trovò l'ispirazione per alcune delle sue musiche più belle. L'amicizia tra Wagner e
Mathilde, poetessa e drammaturga, si trasformò presto in un amore destinato a rimanere inappagato e che trovò espressione nella musica appassionata di Tristano e Isotta (1857-
1859). A questo periodo risalgono anche i Wesendonck Lieder per voce e orchestra o pianoforte (1857-58); cinque dei poemi di Mathilde Wesendonck furono messi in musica da Wa-
gner / Nel 1861 Wagner ritornò in Prussia e si stabilì a Biebrich, dove cominciò a lavorare alla sua unica opera non tragica, I maestri cantori di Norimberga, completata nel 1867.
L'opera andò in scena il 21 giugno 1868 a Monaco. Il 25 agosto 1870, dopo nove anni dalla separazione dalla moglie, sposò Cosima Liszt. Il lavoro orchestrale L'idillio di Sigfrido
(1870) fu scritto per Cosima dopo la nascita del loro figlio, Siegfried.
All'agosto 1876 risale l'inaugurazione, in occasione della prima messa in scena dell'intera tetralogia, del Festspielhaus, un teatro di Bayreuth appositamente progettato e costruito
per l'esecuzione della musica di Wagner; il faraonico progetto fu realizzato grazie al grande sostegno economico di Luigi II di Baviera, il quale era mosso da una grande ammira-
zione per Wagner; il re fu il primo “wagneriano” illustre della storia. In questo teatro l’opera d’arte totale (concepita da Wagner) si poté realizzare così come la intendeva il suo
creatore.

8 XIX
La tetralogia è il culmine della creazione melodrammatica wagneriana; essa è costituita da un “Prologo” e tre “Giornate”; le 15

quattro opere svolgono tutte un unico argomento in successione (ossia a “puntate”). Nel 1877 il compositore cominciò a lavo-
rare al Parsifal, opera in tre atti ispirata alle leggende del Sacro Graal. Ultimo dei suoi drammi musicali, Parsifal venne
rappresentato per la prima volta il 26 luglio 1882. In quello stesso anno la salute del compositore cominciò a peggiorare.
Pensando che un cambiamento di clima potesse giovargli, si stabilì a palazzo Vendramin sul Canal Grande a Venezia; qui
morì all'improvviso il 13 febbraio dell'anno seguente. Cinque giorni dopo fu sepolto nel mausoleo della sua villa di Bayreuth.

La musica di Wagner rappresenta la massima espressione del romanticismo europeo: tale grandezza è dovuta anche alla
rivoluzione che Wagner introdusse nella teoria e nella pratica della composizione operistica. Egli cominciò la sua carriera
come compositore di opere tradizionali, ma già L'anello del Nibelungo rivela la propensione a creare una forma musicale e
drammatica totalmente nuova. Lo sviluppo del dramma musicale wagneriano si articola lungo una linea che va dal teatro
greco (al quale Wagner deliberatamente ispirò i suoi testi) al poeta tedesco Friedrich Schiller attraverso le saghe e leggende
delle mitologie nordiche e i drammi di William Shakespeare.
Nel trattamento dell'armonia Wagner spinse ai limiti il tradizionale tonale, infrangendo le convenzioni e aprendo le porte
all'atonalità novecentesca, storicamente iniziata con il cosiddetto tristan - akkord / Partendo soltanto dalla musica, prin-
cipio fondamentale della sua concezione, Wagner inglobò in essa tutte le componenti possibili volte alla drammatizzazione
della storia; testo, musica, allestimento scenico e recitazione avrebbero dovuto culminare nell'"opera d'arte totale", la Ge-
santkunstwerk, il coronamento dell'aspirazione romantica al superamento dei limiti e alla fusione delle arti.
Luigi II di Baviera.
Attraverso il leitmotiv, o tema conduttore, (da lui concepito come elemento di coesione drammatico-musicale, denominato
Grundtheme), e la melodia infinita, (un ininterrotto scorrere melodico senza alcuna stroficità o regolarità ripetuta di perio-
di o frasi) lo sviluppo tematico si svolge senza interruzioni, né ripetizioni e né riprese: durchkomponiert / I tradizionali
ostacoli al fluire della narrazione nel teatro musicale, come la frattura fra aria e recitativo, le ripetizioni e l'inserzione di bal-
letti sono completamente superate. Le complesse evoluzioni di ciascun leimotiv e l'intrecciarsi di questo con altri temi con-
duttori sottolineano il dato emozionale del dramma. L'accresciuta unità drammatica dell'opera postwagneriana fu una
delle conseguenze dell'immensa influenza della sua arte su ogni forma di musica.
Nell’orchestrazione Wagner apportò il suo originale contributo con la tuba da lui inventata, che inserì nella sua orchestra, e
che si evidenzia per la potenza sonora e la grande differenziazione delle sonorità. Nella sua orchestra compaiono strumenti
che al suo tempo erano da poco in uso (l’ottavino, il corno inglese, il controfagotto, il clarinetto basso). Wagner suddivise le
singole parti degli archi e creò così un’orchestra ben caratterizzata in agglomerati definiti di colore sonoro (che non subito
piacque ai suoi contemporanei).
Wagner lasciò un numero imponente di scritti letterari, che si possono catalogare in saggi, articoli, riflessioni estetiche, proget-
ti ideologici.
L’Arte e la Rivoluzione, 1849, in 12 volumi; qui Wagner sottolinea il carattere spirituale del suo concetto di rivoluzione.
l’Opera d’arte dell’avvenire, 1850;
Opera e dramma, 1851;
Queste due opere sono di epocale importanza in quanto illustrano la sua concezione sulla musica e circa il teatro. In questi
due scritti Wagner chiarisce la propria concezione di Wort - Ton - Drama, termine con il quale identifica la coesione delle
tre espressioni teatrali più sublimi: musica, poesia, arte drammatica.

Nei suoi numerosi scritti letterari Wagner sottolinea sempre i concetti di redenzione, rigenerazione e rivoluzione; rigenerazio-
ne dell’umanità intera e del popolo tedesco. Egli pose le basse ideologiche di quell’antisemitismo che il nazismo assurgerà a
leitmotiv politico. Wagner è il primo ad intravedere nella popolazione ebraica, nella cultura ebraica, una grande minaccia a
quella personale concezione della redenzione della società.

9 XIX
16 18

Festspielhaus di Bayreuth; incisione di Otto Brückwald, 1872 - 76 (deutsches Theatermuseum di Monaco).


Il teatro dell’avvenire. Non vi è nessuno sfarzo; il teatro è assolutamente funzionale. Qui tutto è a servizio
della grande opera musicale e drammatica; il pubblico non si reca più all’opera solo per mostrarsi o diver-
tirsi. Il nuovo teatro d’opera diventa una sorta di luogo di pellegrinaggio ove le rappresentazioni che vi
hanno luogo sono manifestazione del genio umano assolutamente necessarie. Ogni anno si recano al teatro
migliaia di pellegrini. Il golfo mistico di Bayreuth. Disegno di Heinrich Venzi, 1882.

17 Festspielhaus di Bayreuth; Nel 1882 in occasione di una prova del Parsifal al Festspiel-
interno della sala. Wagner
haus, il primo clarinetto Heinrich Venzi lasciò questo prezioso
stesso diede le seguenti istru-
zioni: documento: un disegno del golfo mistico. Qui viene abbassata
• la sala può essere
la posizione dell’orchestra restando completamente coperta
oscurata (novità rispetto agli ascoltatori; il suono fuoriesce da una buca molto
assoluta per l’epoca); attutito ed omogeneo, consentendo così agli ascoltatori di
in questo modo viene comprendere meglio il testo cantato sulla scena. La disposizio-
favorita la concentra- ne dell’orchestra è facile da individuare; gli orchestrali vengo-
zione sulla scena; no disposti su sei pedane. Gli strumenti più potenti (tromboni,
• La scena può essere tube, timpani) si trovano sulla pedana più in basso; gli archi su
“allontanata”, grazie quella più in alto. In mezzo si trovano, nell’ordine (dal basso):
a un’illusione ottica
di prospettiva;
trombe, corni e controfagotti nella seconda pedana;
corni e legni nella terza pedana;
• L’orchestra sarà
violoncelli e flauti nella quarta;
collocata in un appo-
sito abbassamento secondi violini nella quinta.
chiamato “golfo Sui lati sono sistemati i contrabbassi le arpe e il corno inglese.
mistico” posto fra la Questo schizzo mostra chiaramente un momento in cui Wa-
scena e il pubblico; in gner, attraverso un finestrino che dalla sala comunicava con il
questo modo l’atten- podio, impartiva istruzioni al direttore, l’Hofkapellmeister. In
zione degli ascoltatori
non sarà più distratta
questo disegno è presente anche fra i cronisti Franz Strass, pa-
dagli orchestrali. dre di Richard (il secondo da sinistra nella terza pedana).

10 XIX
20
19
IL TRISTAN - AKKORD
A questo accordo, unito alla rivoluzionaria armonia di quadriadi
defunzionalizzate wagneriane, è stata dedicata un’ampia lettera-
tura armonica; l’accordo ha cambiato la storia dell’armonia tonale
tradizionale; esso presenta dei suoni cromatici estranei all’armonia
d’impianto che distruggono in buona parte le forze attrattive tonali
della “vecchia” armonia tonale; questo fu il primo “accordo vagan-
te” della storia tonale.

11 XIX
12 XIX
21

13 XIX
22

14 XIX
23

Das Rheingold L'oro del reno. 1911 24

15 XIX
25

Die Walküre, Lilli e Marie Lehmann, rispettivamente


Helmqige e Ortlinde; Bayruth, 1876, fotografia di J. Albert,
Monaco.
L’elmo di ferro e un’armatura da guerra completa costrin-
gevano le interpreti delle Valchirie nell’età gloriosa di
Bayrueth ad uno sforzo considerevole anche dal punto di
vista fisico. Per interpretare al meglio questo ruolo era
davvero necessario che le donne avessero un fisico
da...Valchiria.

16 XIX
17 XIX
Crepuscolo
degli dei. foto
di scena, regia
scene e costu-
mi di Herbert
Wernicke.
Thèatre de la
Monnaire,
Bruxelles,
1991.Il dram-
ma volge al
termine: le tre
Norne svolgo-
no i fili del
destino con lo
sguardo pun-
tato sul Wal-
halla, a distan-
za di sicurez-
za.

26

18 XIX
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19 XIX
LA MUSICA STRUMENTALE
NELLA SECONDA META’
DELL’OTTECENTO

LA MUSICA ASSOLUTA
Il processo di emancipazione della musica strumentale ha comportato fra il 1700 ed il 1800 la formulazione del concetto letterario - filosofico ed estetico di musica assoluta,
ossia musica come “linguaggio assoluto”, che identifica un brano strumentale ove il suo significato, la sua logica, e tutto il suo sviluppo, rimanda esclusivamente ad una
ispirazione, e ad un concetto, esclusivamente musicale, senza implicazioni extra - musicali / In questa nuova ideologia estetica il pianoforte assume un ruolo di grande
rilevanza / I primi esempi si hanno già antecedentemente al 1790, ma la coscienza esplicita di musica assoluta, unitamente alle formulazioni ideologiche ad essa legate, si
devono ai grandi teorici del romanticismo musicale, E. T. A. Hofmann, Wackenroder, e Tieck. Il filosofo von Herder, in particolare, fu colui che decretò la superiorità
della musica assoluta definendo che essa si fonda esclusivamente sul linguaggio musicale non “inquinato” da quello poetico, ed è tramite il linguaggio musicale puro, a suo
giudizio, che si può giungere alla conoscenza o all’intuizione dell’assoluto / Meno metafisicamente Hofmann identificò nelle opere della triade Haydn Mozart Beethoven i
sommi esempi di musica assoluta, precisando come il genere musicale che più intensamente ostenta la concezione di musica assoluta è la Sinfonia / Nel corso dell’800
queste concezioni diverranno più marcate. E. Hanslick, un critico musicale, nel trattato estetico “Il Bello Musicale” (1854), partendo dalle precedenti concezioni, sarà il
primo ad impiegare l’espressione «musica assoluta» come paradigma di riferimento, ove forma e contenuto di una composizione devono essere intesi esclusivamente in
senso musicale. Hanslick affermò che il bello musicale è scevro da “contaminazioni” di qualsivoglia natura, e consiste unicamente nei suoni, nel loro collegamento / Più me-
tafisiche saranno le considerazioni di Schopenhauer, che attribuisce alla musica assoluta la capacità di penetrare sotto il livello “fenomenico” / La piena affermazione
della concezione legata alla musica assoluta si è avuta nel momento in cui si affermava il suo contrario, ossia la musica a programma; lo stesso Liszt ebbe ben chiara la
differenza, affermando che “- Nella cosiddetta musica classica le riprese e lo sviluppo dei temi sono determinati da regole formali imprescindibili … Nella musica a
programma, invece, ripetizioni, alternanze e variazioni dei motivi sono condizionate dal loro rapporto con una idea poetica -”
Hanslick era in stretti rapporti con tutti i maggiori musicisti suoi contemporanei, e, prendendo parte all’accesa polemica fra brahmsiani e wagneriani, si schierò aperta-
mente a favore di Brahms. Ciò contribuì ad accrescere il suo peso all’interno della rinascita d’interesse nei confronti della “musica assoluta”. Le condanne all’estetica ro-
mantica concernente il mito dell’unità delle arti espresse da Hanslick nel trattato Il Bello Musicale, furono infatti largamente riprese nei primi decenni del Novecento, mos-
se da un diffuso sentimento antiromantico ed antiimpressionista ed appoggiate, in seguito, dal nascente neoclassicismo, che rivalutò appieno la forma classica. Il titolo stes-
so dell’opera estetica di Hanslick era già itinerante: esiste una bellezza propria della musica non condizionata, o accresciuta, da altre arti. Strawinsky si fece portavoce del
pensiero di Hanslick, così come testimoniò nelle Cronache della mia vita del 1935 / Lo stesso Wagner nella sua produzione teorica successiva a Opera und Drama, esalta il
concetto paradigmatico di musica assoluta intendendola come la quintessenza del dramma, che avrà una grande eco in Francia (> Ars Gallica) / Dal 1850 al 1930 circa, le
due ideologie estetiche di musica a programma e musica assoluta coesistettero, soprattutto perché non erano nettamente scindibili; inoltre le due ideologie si scambiarono
il primato di innovazione, modernità, e progresso musicale all’interno del periodo in esame / Brahms, Bruckner, Dvorak, furono fedeli agli ideali della musica assoluta,
mentre Ciaikovsky manifestò interesse per le due ideologie estetiche / In pieno ottocento l’ideologia estetica di musica assoluta incarnò l’essenza del gusto musicale della
borghesia tedesca.

1 XXX
MUSICA A PROGRAMMA LA SINFONIA A PROGRAMMA
Con questo termine si possono etichettare alcune sinfonie del primo Ottocento che si collocano im-
Opposta alla musica assoluta è quella musica atta a descrivere, tramite
mediatamente prima delle “autentiche” forme di poema sinfonico. Questi “ibridi”, ostentano conte-
un linguaggio colmo di effetti che le sono propri, un concetto non musica-
nuti romantici imperniati nelle forme classiche; il più eclatante esempio in tal genere è la VI Sinfonia
le (una vicenda, un fenomeno o una scena, un evento naturale, ecc.). Il
Pastorale di L. V. Beethoven. Nei cinque movimenti della sinfonia compaiono didascalie atte a
campo musicale di riferimento è sempre quello strumentale > è sviluppa-
ta in un articolato schema di riferimenti extra - musicali che vanno da richiamare l’ambiente agreste; Beethoven voleva che l’ascoltatore venisse maggiormente indotto al
quelli poetico - letterari ai pittorici, biografici, descrittivi ecc. / La dottrina ricordo del mondo campestre tramite queste indicazioni. Anche nella sonata op. 81 per pianoforte
Les Adieux Beethoven inserisce intendi quasi programmatici (> i tre movimenti sono “etichettati”
razionalista del ‘700 formulò le prime concezioni di musica a programma
legandole all’estetica del bello naturale; per i razionalisti la musica stru- con i termini “Das Lebewohl”, “Abwesenheit” e “Das Widersehn”, ossia l’addio, l’assenza, il ritor-
mentale poteva aspirare ad una dignità ed una legittimità solo nel mo- no).
mento in cui espletava l’intenzione di descrivere la natura ed i suoi suoni;
questi concetti furono molto cari all’estetica razionalista francese (Dudos, LA MUSICA A PROGRAMMA NELL’OTTOCENTO E NEL NOVECENTO
Batteaux, Blainville, Pluche), e si ritrovarono contemporaneamente La musica a programma si affermò pienamente nel Romanticismo. I suoi esponenti principali furo-
nelle concezione italiane dell’Arcadia (Vincenzo Gravina). no Hector Berlioz e Franz Liszt; essi crearono opere ispirate a soggetti letterari, pittorici e di
altro genere. Storicamente importante è la Symphonie fantastique (1830) di Berlioz, ove un tema
ESEMPI PREROMANTICI: LA MUSICA DESCRITTIVA melodico ricorrente rappresenta la donna che turba i sogni del compositore. Berlioz la definì Fanta-
Già in molte composizioni del Cinquecento si riscontrano intendi descrittivi stica e fece seguire al titolo un sottotitolo letterario (“Episodio della vita di un artista”). Si iscrivono
> la polifonia vocale del tempo è densa di costruzioni musicali di tipo mi- all’interno delle sinfonie a programma anche Faust-Symphonie (1854) e Dante-Symphonie (1857) di
metico, onomatopeico ed imitativo in genere circa il fatto descritto; esem- F. Liszt, basate sui capolavori di Dante e Goethe. In questi lavori e in opere come Les préludes
pi eclatanti ne sono le cacce italiane dell’Ars Nova, o alcune chansons di (1854) Liszt utilizzò anche il Leitmotiv wagneriani / Il XX secolo vede l’elaborazione del dibattito
Clement Janequin (una per tutti: Le Chant des oiseaux). Janequin, con sulla musica a programma articolato in due differenti posizioni: coloro che sostenevano l’autonomia
“La Bataille de Marignan” diede l’avvio ad una forma musicale descritti- della musica anche quando questa era accompagnata da un’intenzione letteraria manifesta, che
va particolare, quella della battaglia, per liuto e strumenti a tastiera; adesso, rispetto al passato, assume soltanto la funzione di rendere partecipe il fruitore esterno delle
celebre fu in Inghilterra “Mr. Byrd's Battell”, un brano per virginale di circostanze ispirative del compositore, delle ragioni interiori del creatore (l’impulso creativo del mu-
William Byrd che descrive una battaglia / F. Couperin e J. Ph. Rame- sicista > R. Strauss), e coloro che continuavano a credere indefessamente nel ruolo fondamentale
au, con le loro composizioni clavicembalistiche contribuirono in modo ori- del programma letterario per la costituzione stessa della forma musicale (Otto Klauwell). Pro-
ginale al filone descrittivo; Couperin, in particolare, con le sue monumen- gramma esteriore, inteso come mezzo letterario per creare una predisposizione al pubblico, e pro-
tali 257 composizioni per clavicembalo divise in 27 ordres, fu il più autore- gramma interiore, inteso come espressione dell’intimo che coincideva con le idee musicali, furono
vole esponente del genere / In tutto il barocco musicale si riscontrano bra- oggetto di particolare attenzione del Mahler delle prime sinfonie.
ni dal carattere descrittivo, molto spesso accompagnati da versi stampati
insieme alle note, che esplicitavano l’oggetto descritto musicalmente. Sto-
rico esempio, in proposito, furono le Sonate bibliche di J. Kuhnau, le
celeberrime Quattro stagioni di Antonio Vivaldi, ove compaiono quat-
tro sonetti, uno per stagione, che descrivono immagini ed eventi
“metereologici” stampati assieme alle parti musicali proprio nei punti
corrispondenti, o ancora alcune sinfonie di Tartini che avevano una
“programma segreto” costituito da versi di importanti poeti come Tasso o
Metastasio scritti in un codice leggibile solo dall’autore, o ancora le innu-
merevoli imitazioni onomatopeiche del cuculo (Frescobaldi, Bach,
ecc.) / Ma la vera e propria musica a programma comparve dopo la
seconda decade, circa, dell’800, quando alcuni compositori si basarono sul
programma poetico per determinare la forma complessiva di una com-
posizione, oltre che le sue relazioni interne.

2 XXX
IL POEMA SINFONICO I COMPOSITORI D’AUSTRIA E DELLA
GERMANIA
Termine coniato da Liszt (> “Tondichtung” ossia “poesia di suoni”) per la partitura del Tasso da Goethe (1849),
ed in seguito lo adottò per tutte le sue composizioni sinfoniche (rinominando anche quelle precedenti). Gli ante- Tranne Richard Strauss, i maggiori compositori tedeschi fra il
cedenti più diretti del poema sinfonico si riscontrano su due fronti: in riferimento allo schema programmatico 1850 ed il 1900 rifiutarono il modello della musica a program-
nella Sinfonia Pastorale di Beethoven, e nella Symphonie fantastique di Berlioz, ed in riferimento alla struttu- ma e del poema sinfonico perseguendo, invece, i tratti stilistici
ra musicale, in quanto spicca una forte concentrazione espressiva, nelle overtures da concerto come l’Egmont e della musica assoluta, e recuperando le forme classiche; ancora
Coriolano di Beethoven, e Waverly di Berlioz / L’idea estetica di Liszt, nel poema sinfonico, era quella di rea- una volta Vienna fu la capitale della musica, e la residenza dei
maggiori compositori in esame: Brahms, Bruckner, Wolf,
lizzare l’ideale romantico della fusione fra tutte le arti realizzata tramite lo stretto rapporto poesia ~ musica.
Liszt appone un’idea poetica (in versi o in prosa) ad ognuno dei suoi 12 poemi sinfonici all’inizio della partitura; Mahler, ed in seguito anche della triade dei compositori che
così è anche per i celebri brani pianistici inclusi nelle tre raccolte degli “Annèes de pèlerinage”, nelle due leggende suggellò l’affrancarsi dell’armonia tonale a favore della nascen-
di S. Francesco, nei quattro Mephisto Valzer per pianoforte, e nei “Sonetti del Petrarca”, ove l’intero sonetto pe- te dodecafonia, ossia Schönberg, Berg, Webern, i quali
trarchesco è riportato all’inizio dello spartito / Il Poema sinfonico è in un tempo solo, i temi extra - musicali pos- determinarono l’affermarsi della seconda scuola di Vienna /
sono essere ripresi letteralmente, o limitarsi a un richiamo non specifico ed evocativo, come in Les Préludes. Il A Vienna si attuò il recupero del classicismo musicale che sarà
poema sinfonico adatta spesso la sua forma al soggetto del programma extramusicale a cui fa riferimento / Il fuso con i traguardi espressivi raggiunti dal romanticismo e dal
programma letterario di un poema sinfonico è da intendersi come un elemento principale, fondamentale della tardoromanticismo.
creazione stessa, è un elemento interno alla genesi del lavoro, un pre-testo: esso facilita il compito di assimilazio-
ne dell’opera musicale da parte dell’ascoltatore, vistone il carattere rapsodico / Seguendo l'esempio di Liszt e
Berlioz, compositori successivi come Antonin Dvorák, Johan Sibelius, Bedrich Smetana, Richard Strauss e Pëtr Ilic
Cajkovskij diedero continuità e coesione ai loro poemi sinfonici usando uno o più temi ricorrenti (spesso dotati di
significato simbolico) che trasformavano e mutavano a seconda delle esigenze narrative o evocative del pro-
gramma. L'utilizzo dell'armonia e degli impasti timbrici a scopi espressivi nel poema sinfonico portò a innovazioni
nelle progressioni armoniche e nelle combinazioni strumentali / Nel Novecento, il genere subì un declino, a causa
della preferenza dei compositori per le forme musicali concise e astratte e per formazioni strumentali più ridotte.
Alcuni autori hanno tuttavia continuato e imposto rigorose strutture formali ai loro poemi sinfonici / Il poema
sinfonico è sopravvissuto alla profusione novecentesca di opere orchestrali scritte al di fuori di uno specifico gene-
re / Nel corso dell'Ottocento, i nascenti nazionalismi si rifletterono in opere come Má Vlast (La mia patria, 187-
4-1879), ciclo di poemi sinfonici del boemo Bedrich Smetana e del Finlandese Johan Sibelius / La musica a
programma raggiunse la sua massima complessità con i poemi sinfonici di Richard Strauss, che impiegò tutte
le risorse dell'orchestra moderna per descrivere eroi romantici ed eventi, come nel Don Quixote (1898), tratto dal
romanzo di Miguel de Cervantes; qui il violoncello rappresenta il protagonista e la viola solista il suo servitore,
mentre tutta l'orchestra commenta e illustra le loro avventure. In seguito scrissero musica a programma compo-
sitori come Camille Saint-Saëns (La danse macabre, 1874), Claude Debussy (Prélude à l'après - midi d'un
faune, 1894).

3 XXX
JOHANNES BRAHMS (Amburgo 1833 - Vienna 1897)

Fu avviato alla musica dal padre, un modesto contrabbassista, suonando violino e violoncello. Si dedicò poi al pianoforte e studiò composizione
1
con Eduard Marxsen, la prima figura importante per il giovane Brahms / Nel 1853, in occasione di una tournée nella quale accompagnava al
pianoforte il violinista ungherese Eduard Reményi, Brahms incontrò Joseph Joachim, il quale lo presentò ai principali circoli musicali del luogo /
Strinse una storica amicizia con Robert Schumann a Düsseldorf, il quale rimase colpito dalle composizioni del giovane Brahms; Schumann scrisse
un articolo (intitolato Vie nuove, quasi di encomio) sulle pagine della sua rivista di critica musicale, la "Neue Zeitschrift für Musik"; da quel
momento, Brahms nutrì sempre un profondo attaccamento per Schumann e per sua moglie Clara. L'amicizia e l'apprezzamento che ricevette
da entrambi lo incoraggiarono nella sua strada di compositore / Nel 1857 Brahms accettò l'incarico di maestro di cappella presso la corte del
principe di Lippe-Detmold, e vi rimase fino al 1859. Fu molto acclamato come pianista, compositore e direttore d’orchestra / La sua prima
grande opera presentata al pubblico fu il Primo concerto per pianoforte e orchestra in re minore, eseguito a Lipsia nel 1859. L'opera fu accolta
con alcune riserve: la critica gli rimproverò la mancanza di sezioni virtuosistiche e d'effetto in genere, che erano, allora, di basilare importanza
per un pianista solista / Trasferitosi a Vienna nel 1863 Brahms divenne direttore della locale Singakademie (Accademia corale), incarico che
abbandonò l'anno seguente. Nel 1868 divenne famoso a livello europeo grazie alla prima esecuzione del suo Requiem tedesco. Il requiem, diviso
in sette sezioni, presentava la “novità” estetica, all’interno del genere, data dall’ostentare il dolore dei vivi, piuttosto che rimarcare la sorte di chi
ha lasciato la vita terrena / Dal 1871 Brahms si stabilì definitivamente a Vienna, accettando l'incarico di direttore della Società degli amici della
musica. Nel 1874 si dimise dall'incarico per dedicarsi esclusivamente alla composizione.

Brahms fu molto sostenuto da Schumann e rappresentò agli occhi dei contemporanei il prodotto più illustre della tradizione classica da contrapporre al romanticismo di Wagner
e di Bruckner. Condusse un'esistenza schiva e tranquilla al di fuori delle polemiche (che comunque lo riguardavano), intimamente coinvolto solo dalla sua musica (in ciò molto
simile al grande Bach) / Completamente immerso nell’equilibrio formale del classicismo viennese, Brahms realizzò la più felice sintesi fra forma classica e sensibilità romantica.
Uno dei suoi tratti distintivi è lo spostamento dei punti agogici delle frasi nei tempi deboli: ciò ha determinato una mirabile lezione compositiva per tutto il mondo musicale suc-
cessivo / Brahms ha lasciato la sua più profonda lezione sotto l’aspetto della forma; la sua densa e flessibile maglia musicale rappresenta la base del linguaggio moderno / In
ogni ambito della sua ampia produzione di musica sinfonica, cameristica e vocale, Brahms ha lasciato pagine di notevole spessore artistico. Dagli slanci del romanticismo giova-
nile sino alle dolorose e austere meditazioni delle opere tarde, la sua musica percorre tutto l'arco dell'esperienza romantica / In un'epoca dominata dall'enfasi e dalla sperimen-
tazione armonica di Wagner, Brahms (più giovane di vent'anni) preferì tornare alla lezione di Beethoven, in una perfetta sintesi di classicismo, espresso nella purezza
della sonata, della sinfonia e del concerto, e di romanticismo, travolgente e intimista, ben rappresentato dagli ultimi intermezzi per pianoforte. L’assoluta osservanza delle regole
era un principio basilare della sua stessa libertà stilistica: era una necessità interiore / Nel 1850 Johannes Brahms incontrò il violinista ungherese Eduard Reményi, che gli fece co-
noscere la produzione musicale dei nomadi Rom. Rielaborando le melodie tradizionali gitane, egli compose le celebri Danze ungheresi, scritte originariamente per due pianofor-
ti e pubblicate in quattro volumi tra il 1869 e il 1880 / Fino al 1873 Brahms aveva
L’OPERA composto per pianoforte, per coro e sporadicamente per orchestra. In quell'anno,
Composizioni orchestrali: 4 Sinfonie: n°1 in Do min. op. 68, 1876. N°2 in Re Magg. op. 73, 1877. N°3 in Fa Magg. Op. tuttavia, egli compose le Variazioni sopra un tema di Haydn. La sua produzione
90, 1883. N° 4 in Mi min. op. 98, 1885. “ Serenate . Variazioni su un tema di Haydn op. 56a. sinfonica fu, sin dalla sontuosa Prima sinfonia in do minore, di notevole spessore
Ouverture accademica op. 80. Ouverture Tragica op. 81
Concerti per strumento ed
artistico, ove la passionalità romantica non è mai assente.
Orchestra: 2 Concerti per pianoforte: N°1 in Re min. op. 15, 1858. N°32 in Si b Magg. op. 83, 1881. Concerto per violi-
no ed orchestra in Re Magg. Op. 77, 1878. Doppio concerto per violino e violoncello in La min. op. 102 Brahms compose in tutti i generi musicali, escluso il melodramma (ed anche in
1887.
Musica da camera: 2 sestetti per archi. 2 quintetti per archi. 1 quintetto per clarinetto e archi. 1 quintetto per pianofor-
questo fu veramente molto simile al grande Bach) / Tutte le sue opere mostrano
te ed archi in fa min. 3 quartetti per archi, e 3 per archi e pianoforte. 3 trii con pianoforte. 2 trii un solido senso della forma, eredità del classicismo viennese, anche là dove le idee
per diverse formazioni. 3 sonate per violino. 2 sonate per violoncello. 2 sonate per viola (o clari- musicali sono più complesse / A differenza dei suoi contemporanei tardoromantici,
netto) e pianoforte.. 3 sonate per pianoforte (op. 1, 2, 5). Variazioni e fuga su un tema di Händel
op. 24. 2 raccolte di Variazioni su un tema di Paganini. Klavierstücke op. 76. 2 Rapsodie op. 79. Brahms non perseguì la strada delle sperimentazioni armoniche o timbriche fini a
Fantasie op. 116. Intermezzi op. 117 se stesse; egli si dedicò piuttosto alla creazione di una musica dotata di una gran-
Composizioni vocali: Ein deutsches Requiem (s, b, coro e orchestra) op. 45, 1868. Rapsodia per contralto, coro maschi-
le e orchestra op. 53, 1869. 8 quartetti vocali con pianoforte “Liebeslieder Walzer”. Numerose de coerenza interiore, sfruttando la novità di un passaggio o di un colore solo per
composizioni corali, a cappella e con accompagnamento. Numerose raccolte di Lieder : Sechs evidenziare, all'interno della costruzione, alcuni particolari / Il classicismo di Brahms
Gesänge op. 3, 1853; Vier ernste Gesänge op. 121, 1896; 49 Deutsche Volkslieder (in 7 libri)
fu un caso unico, perché “capitato” in un’era dominata dalla figura e dall'opera di
Richard Wagner .

4 XXX
1a BRAHMS E LA MUSICA DA CAMERA Riproduzione della parte iniziale dell’articolo “Vie nuove„ scritto da
Robert Schumann nel 1853 per la sua rivista Neue Zeitschrift für Musik
Il pianoforte ha occupato per Brahms un posto di primo pia-
no nella sua formazione di musicista: egli era pianista e voleva “Ed è venuto questo giovine sangue, alla culla del
diventare virtuoso; degni di nota sono, in tal proposito, la rac- quale hanno svegliato Grazie ed Eroi. Si chiama
colta dei suoi 51 esercizi tecnici per pianoforte, ove riversa par- JOHANNES BRAHMS [...] Trasparivano dalla sua
ticolari attenzioni alla scioltezza del polso. Tramite il pianofor- persona tutti quei segni che ci annunciano: ecco un
te Brahms si affacciò alla grande musica sinfonica, e di più eletto! Quando si mise al pianoforte cominciò a sco-
ampio respiro in genere: la genesi del Primo concerto per pia- prirci regioni meravigliose: noi venimmo attirati in
noforte orchestra ne è un esempio tipico; vene concepito all’i- un circolo sempre più magico. Aggiungete a questo
nizio come una sinfonia e poi come una sonata per due pia-
un modo di suonare quanto mai geniale, che fa del
noforti / La sua concezione formale classica non sarà mai ab-
pianoforte un’orchestra dalle voci ora lamentose ora
bandonata, egli concepì quasi tutti i suoi lavori cameristici
esultanti di gioia. Erano sonate, o piuttosto delle
articolati in quattro movimenti (palese predilezione per l’ar-
chitettura di vaste proporzioni), ma spostò al terzo posto il sinfonie velate - canzoni, la cui poesia si potrebbe
tempo lento, e in luogo dello Scherzo introdusse una sorta di comprendere senza saper le parole, benché una pro-
intermezzo meditativo, dal carattere più intimo e molto spes- fonda melodia di canto le attraversi tutte - singoli
so affine alla danza. Anche il ritmo fu oggetto delle sue ocula- pezzi per pianoforte, in parte d’una natura demonia-
te attenzioni: Brahms gli affida il ruolo di guida interna, e ca ma dalla forma più leggiadra, poi sonate per violi-
molto spesso lo ravviva con figure sincopate / Nel vasto pa- no e pianoforte - quartetti per archi - e tutto così di-
norama della sua produzione di musica da camera i Trii assu- verso che ogni cosa pareva sgorgare le altre sorgenti.
mono un rilievo tutto loro, ostentando una perfetta sintesi di Poi sembrava ch’egli, passando come un fiume scro-
tutto il suo stile compositivo / Notevole è il suo impiego del sciante, riunisse tutte queste sorgenti in una cascata
principio polifonico basato sul contrappunto imitato: egli uti- che, coronata da un calmo arcobaleno, veniva ac-
lizza i contro-temi, alla stregua di una doppia fuga, unita- compagnata nel precipitare del suo corso da svolaz-
mente all’uso della variazione (onnipresente in tutta la sua zanti farfalle e da canti di usignoli„
produzione) / Il grande compositore amburghese riversò la
sua più intima coscienza alla produzione cameristica, che fu condotta per un quarantennio nell’arco del secondo
‘800 (sonate per strumento solista, violino, violoncello, clarinetto, e pianoforte, sestetti per archi, trii, quartetti e
quintetti per organici diversi / I due Quartetti con pianoforte in sol minore e in la maggiore (op. 25 e 26) furono
le prime opere cameristiche veramente importanti che Brahms si portò con sé nel suo primo viaggio a Vienna,
nell’autunno del 1862; in questi mirabili capolavori spicca la densità e la compattezza di suono unitamente ad
una pienezza e ricchezza dell’armonia, ove i rapporti tonali sono tesi fino all’estremo delle possibilità, e i giri ar-
monici sono così ampi da legare l’uno all’altro i vari episodi in un unico ininterrotto flusso musicale / Brahms
osservava la consuetudine di scrivere opere della stessa natura, gemelle, una dopo l’altra: ciò era un suo metodo
di lavoro ove l’esperienza acquisita serviva da stimolo per la immediata creazione di un’altra opera simile alla
prima / Dopo il 1880 il suo interesse per la musica da camera si intensificò, ne nacquero le Sonate per violino e
pianoforte op. 78, 100 e 108, la seconda Sonata per violoncello in fa maggiore op. 99, i Trii con pianoforte in do
maggiore op. 87 e in do minore op. 101, e i due capolavori ossia i Quintetti per archi in fa maggiore e in sol mag-
giore. Negli anni ‘90 giunse alle opere dedicate al clarinetto: il Trio in la minore op. 114, il Quintetto in si minore
op. 115, ed infine le due Sonate op. 120. In queste opere il traguardo raggiunto da Brahms è la riduzione all’es-
senza e la grande concisione.

La disputa, cara solamente a tutti quanti amano le questioni oziose, se Brahms sia da considerare classico o ro-
mantico non potrà mai trovare una netta definizione: non è possibile stilisticamente adoperare una netta distin-
zione fra pagine ascrivibili all’autentico classicismo o all’autentico romanticismo; egli è uno spirito creatore che
ha integrato una natura d’origine romantica e un’educazione di impronta severamente classica.

5 XXX
ANTON BRUCKNER (Linz 1824 - Vienna 1896) HUGO WOLF (Slovenia 1860 - Vienna 1903)

2 Di umilissime origini, Bruckner fu quasi intera- Iniziò gli studi al Conservatorio di Vienna. Nel 1884
3
mente un autodidatta nello studio della com- divenne critico musicale del "Wiener Salonblatt",
posizione musicale. Il suo primo lavoro, una rivista viennese attraverso la quale esternò la sua
messa da requiem, fu composto nel 1842. Pro- grande ammirazione per la musica di Wagner e di
fondamente religioso, divenne l'organista del altri compositori contemporanei, e nel frattempo
monastero di St Florian, nei pressi della sua produceva feroci critiche contro Brahms e Dvorak.
cittadina natale, nel 1848 e quindi, tra il 1856 e Dal 1887 si dedicò agli studi musicali e alla composi-
il 1868, della cattedrale di Linz. Durante la sua zione / Colpito da una grave forma di malattia
permanenza a Linz studiò brevemente con mentale, i cui primi sintomi si manifestarono intorno
Simon Sechter, esperto in contrappunto, e al 1893, trascorse il resto della sua vita ricoverato in
compose tre delle sue principali opere corali: un ospedale psichiatrico / Il suo nome è legato al
la Prima messa in re minore (1864), la Seconda messa in mi minore (1866) Lied: composte circa 300 Lieder, e divenne il prota-
e la Terza messa in fa minore, detta “La Grande” (1867). La sua Prima gonista del genere nella seconda metà dell’800.
sinfonia in do minore fu composta nel 1866. Dal 1868 al 1892 Bruckner fu Wolf, partendo dal modello liederistico wagneriano,
organista di corte e professore al Conservatorio di Vienna. Compose altre portò il Lied tedesco a nuovi vertici di raffinatezza e
otto sinfonie e molte opere sacre, per orchestra, coro, organo e pianoforte. complessità, e attuò nei suoi brani lirici una straordinaria sintesi di musica e poe-
Morì mentre stava lavorando alla Nona sinfonia in re minore / Il suo caso fu sia / La maggior parte delle sue composizioni liederistiche furono pubblicate in sei
molto singolare: rimase nell’ombra per circa sessant’anni, e solo dopo la com- raccolte, e dedicate ognuna ad un grande poeta o gruppo di poeti (come Eichen-
posizione e l’esecuzione della sua Settima Sinfonia in Mi maggiore (1883), dorf, Mörike, Goethe). Egli utilizzò per i suoi testi opere di eminenti poeti tedeschi
ritenuta il suo capolavoro, conobbe un’improvvisa celebrità / Profonda- come Eduard Mörike, Joseph von Eichendorff e Johann Wolfgang von Goethe. I
mente influenzato da Richard Wagner, fu molto osteggiato da musicisti e suoi Spanisches Liederbuch (1891) e Italienisches Liederbuch (in 2 volumi, 1891 -
critici del partito antiwagneriano di Vienna, i quali si opposero alle sue opere. 1896) mettono in musica poesie tedesche su temi spagnoli e italiani. Tra le non
Ampliò considerevolmente le dimensioni complessive della sinfonia, compo- molte composizioni che esulano l’ambito liederistico si ricordano un quartetto per
nendo secondo una struttura più grande di quella adottata fino quel mo- archi (1879-1880), la Italienische Serenade (1892) e l'opera Il Corregidor (1895),
mento. La sua orchestrazione è nota per il suono alternato di intere famiglie ispirata al Cappello a tre punte di Juan Ruiz de Alarcón.
di strumenti, creando effetti simile al corale che rivelano sia l'influenza di Wa-
gner sia il suono caratteristico del suo strumento prediletto, l'organo. Ma è
stato solo dopo il 1945 che la sua portata artistica è stata rivalutata.

4 Tratto saliente del linguaggio sinfonico di Bru-


ckner è l’uso di lunghe distese di tremoli d’archi
come sostegno di melodie eseguite da altri stru-
menti. Quasi tutte le sue sinfonie iniziano così.
L’esempio qui riportato si riferisce all’inizio della
quarta sinfonia. Questo procedimento, insieme ad
altri elementi stilistico - musicali, conferisce alle
sinfonie di Bruckner un carattere spiccatamente
estatico, oltre che devoto e solenne.

6 XXX
Tratto dalla raccolta di lieder “Italianisches Liederbruch„(“Canzoniere
italiano”,1890-91, raccolta basata su testi popolari italiani tradotti in tedesco),
questo Lied evidenzia la grande padronanza di Wolf nell’uso della tecnica
enarmonica.

7 XXX
GUSTAV MAHLER (Kalištè, Boemia 1860 - Vienna 1911)

5
Figlio di un modesto commerciante ebreo, manifestò un precoce talento musicale che gli comportò
l’ammissione al conservatorio di Vienna, ove concluse gli studi nel 1878; qui ricevette le simpatie di
Bruckner. La sua carriera di direttore d’orchestra iniziò a 20 anni nel 1880, in quello stesso anno fu
maestro sostituto al teatro di Bad, in Austria, ed intraprese la carriera di direttore d'orchestra che lo
portò nei principali teatri d'opera centroeuropei. Nel 1897 divenne direttore artistico dell'Opera im-
periale di Vienna, contribuendo a rendere la città un centro musicale di prestigio mondiale nel de-
cennio successivo. Nel 1907, in seguito a spiacevolezze verificatesi a Vienna, partì per New York do-
ve diresse prima la Metropolitan Opera House, dal 1908 al 1910, e quindi la New York Philharmonic
Orchestra. Al suo rientro in Europa la morte lo coglierà l’anno seguente, nel 1911 a Vienna.

La sua testimonianza musicale rappresentò il culmine dello sviluppo tardoromantico della sinfonia,
ed esercitò una profonda influenza sull'opera di compositori del Novecento come Schönberg e
Berg. Le sue grandi capacità interpretative, gli elementi innovatori di cui seppe arricchire le opere
da lui dirette e la vastità del repertorio musicale fecero di Mahler uno dei più acclamati direttori
d'orchestra. Una particolare curiosità è il fatto che Mahler dedicava alla composizione soltanto i mesi estivi, in quanto era l’unico
periodo in cui era libero dai vari impegni (sia di teatro che di direzione), da ciò si evince la limitatezza di numero delle sue com-
posizioni / La summa dell’opera mahleriana è rappresentata dalle 9 Sinfonie e dai cicli di Lieder con orchestra. Quattro
delle sue nove sinfonie includono parti vocali soliste o corali. Monumentale è l’ottava sinfonia in Mi b magg. (1906 - 7) ove
compaiono 8 voci soliste, doppio coro, coro di bambini; Mahler la chiamò “Dei Mille”, è in due tempi, ove nel primo tempo com-
paiono i versi del Veni Creator Spiritus, e nel secondo tempo i versi della scena finale del Faust di Goethe. La più celebre fra le
sue sinfonie è la settima in Mi minore detta “Il canto della notte” (1904 - 5). Fra i più importanti cicli di lieder si inseriscono “Il
canto della terra “(1908), una fusione tra il Lied e la sinfonia, “Il corno magico del fanciullo” (1888), i “Canti dei bambini 6
morti” (1902), sia con accompagnamento pianistico che orchestrale, e i ”Canti di un compagno viandante” (1883). Ritratto fotografico del giovane Mahler

Per alcuni importanti assunti si è soliti suddividere l’attività compositiva di Mahler in tre periodi, non foss’altro che per la predile-
zione nei confronti dei testi di Wunderhorn, nella prima fase, a cui delle sinfonie furono legate da una sorta di “programma”. In
seguito, nella quinta, sesta e settima sinfonia Mahler abolirà ogni sorta di programma: saranno solamente sinfonie strumentali,
ove più marcata sarà l’interesse per la polifonia. Dopo l’Ottava sinfonia (che rappresenta un caso se) il terzo periodo compositivo
di Mahler ostenterà dei colori molto vicini all’espressionismo.

L’opera di Mahler è originale, non si trovano precedenti della sua personalità musicale in nessun musicista; egli adoperò una sin-
tesi dell’opera di Beethoven e Brahms oltre che di Wagner e Bruckner. Egli era assolutamente convinto che la sinfonia doveva
scaturire da un programma ideale extramusicale; è noto che per alcune sinfonie scrisse dei programmi letterari / L'uso del coro e
della voce solista nell'ambito sinfonico estende il procedimento già adottato da Beethoven nella celebre Nona sinfonia, raggiun-
gendo nel contempo un'unità musicale e drammatica di stampo wagneriano / Come Wagner e Bruckner, Mahler impiegò vaste
risorse orchestrali; ma l'orchestrazione, con la sua enfasi sul timbro degli strumenti, anticipa per molti versi la musica del XX seco-
lo. Il sinfonismo di Mahler accrebbe, oltre alle dimensioni grandiose dell’organico orchestrale, le concezioni temporali, le sue sinfo-
nie avevano una durata ben più lunga rispetto alla consuetudine: le più brevi, la Prima e la Quarta, durano oltre un'ora e la più
lunga, la Terza, in sei movimenti, più di un'ora e mezza, con il solo primo movimento di trentacinque minuti / Testimone di u-
n'epoca che ormai volgeva al termine, Mahler esternò nella sua musica una molteplicità di atteggiamenti che riconducono al suo
senso di nostalgia verso un mondo, quello del tardoromaticismo musicale, che si avviava al tramonto. Le sinfonie mahleriane
rappresentano una sorta di viaggio psicologico, una lotta titanica tra ottimismo e disperazione, che si manifesta sotto forma di
acuta ironia. In questa miscela inestricabile di gioia e sofferenza Sigmund Freud, che lo ebbe in cura, individuò un aspetto fonda-
mentale della sua personalità.

8 XXX
MAHLER ED IL RAPPORTO CON LA NATURA 6a

Il suo rapporto con la natura, i grandi spazi, il senso del cosmo, furono on-
nipresenti nelle sue fonti d’ispirazione compositive. Da bambino le lunghe
passeggiate fra i baschi di Iglau e fra le montagne gli provocavano quasi
uno stato di trance. Egli stesso ebbe a dire che
“Ogni opera d’arte deve racchiudere in sé una briciola di infinito per-
ché deve essere in qualche modo specchio della natura. Ciò che è più
importante è che abbia in sé qualcosa di misterioso, di incommensura-
bile. Se è possibile abbracciare l’opera interna con un solo sguardo vuol
dire che ha perduto la sua magia, il suo fascino, esattamente come nel
caso del più bello dei parchi, che sembra noioso se se ne conoscono
tutti i sentieri„.
Queste parole rappresentano la chiave di lettura della sua musica; egli
trovò nella natura gli elementi fondamentali del suo stile: le sue grandi
creazioni sinfoniche furono materializzate nero su bianco in una piccola
casetta all’ombra dei boschi. Non a caso compaiono numerose le sezioni La cassetta nel bosco a Toblach (Dobbiaco)
musicali quasi “etichettate” con il titolo di Rumore della natura nelle sue dove Mahler si ritirava per comporre.
sinfonie / Mahler si trovò quasi istintivamente proiettato a fuggire dalla
mediocrità della vita di provincia sin dalla più tenera età per rifugiarsi
nella lettura, e per scoprire una dimensione assolutamente personale della 6b
natura, e del contatto con essa; di ciò si trova traccia a partire dalle prime
lettere che Mahler scrisse, all’età di 18 anni:
“Oh mia amata terra, quando, oh quando accoglierai nel tuo grembo il
misero abbandonato… Accogli il solitario, l’inquieto, te ne prego oh
terra eterna„.
Il giovane Mahler si immerge così completamente in un desiderio appassio-
nato d’Assoluto, di palese sapore romantico; le letture dei poeti romantici
saranno il suo pane quotidiano / Con queste premesse ideologiche il ruolo
del compositore aveva per Mahler un significato che sconfinava nell’apo-
stolato, ed una dedizione di anima e corpo alla creazione musicale. Più
volte ebbe a dire che
“Le mie sinfonie esprimono tutt’intera la mia vita...vi ho riversato
tutto quello che ho vissuto e sofferto, sono verità e poesia divenute mu-
sica….ciò che si mette in musica è l’uomo nella sua interezza, l’uomo
che prova sentimenti, che pensa, che respira e che soffre„.
Mahler concepì che per fare delle proprie sinfonie un vero e proprio univer-
so non doveva attribuire scarsa considerazione a niente, nemmeno alle Rara fotografia di Mahler a passeggio con un’amica cantante nell’estate del 1897 in Carinzia.
buffonerie più scatenate, neanche ai motivetti più insolenti. Ciò si evince
nella sua opera dal fatto che opposte ispirazioni coesistettero insieme.

9 XXX
RICHARD STRAUSS (Monaco 1864 - 1949 Garmisch-Partenkirchen)

7
Figlio di un eminente cornista che lo avviò fin 8
dall'età di quattro anni allo studio della musica,
Richard Strauss cominciò la carriera di direttore a
ventuno anni, e per gran parte della sua vita
guidò orchestre importanti nei maggiori teatri
lirici in Germania e in Austria. Dopo l'avvento del
nazismo, fu dal 1933 al 1935 capo onorario dell'uf-
ficio musicale del Terzo Reich / Le opere di
Strauss vengono solitamente divise in tre periodi:
una prima fase iniziale; gli anni contraddistinti
dalla produzione di poemi sinfonici; il periodo
dedicato prevalentemente alla composizione di
opere liriche. Le composizioni del primo periodo
(1880-1887), oggi raramente eseguite, mostrano la
forte influenza dei maestri classici e romantici;
sono di questo periodo una Sonata per violoncello
e pianoforte (1883), la Burleske per pianoforte e
orchestra (1885) e la fantasia sinfonica Aus Italien
(Dall'Italia, 1887). Nel secondo periodo (1887-1904) Richard Strauss in posa con il cast vocale per la foto relativa alla prima rappresentazione di Ariadne auf
Strauss mise in campo il suo più grande contribu- Naxos avvenuta nel 1926 al festival di Salisburgo. Quell’anno rappresentò per il festival di Salisburgo una
data storica, in quanto per la prima volta veniva rappresentata un’opera contemporanea, e la prima storica-
to nei confronti della musica a programma: por- mente fu proprio l’opera di Strauss. In quell’edizione del festival vennero anche eseguite altre composizioni
tò il poema sinfonico ad altissimi livelli e utilizzò la di Strauss in uno dei due concerti eseguiti dai Wiener Philharmoniker.
tecnica del Leitmotiv derivata da Richard Wa-
gner. Nacquero in questo periodo i suoi grandi poemi sinfonici come Don Juan (1889), 9
Macbeth (1890), Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione, 1890), Till Eulen-
spiegels lustige Streiche (I tiri burloni di Till Eulenspiegel, 1895) che fu il più noto e ge-
niale fra i suoi poemi sinfonici, Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra, 1896),
tratto dall’omonimo scritto filosofico di F. Nietzsche (l’opera letteraria storica dell’esalta-
zione del mito del superuomo), Don Quixote (1898) ed Ein Heldenleben (Vita d'eroe,
1899) / Introdusse inoltre alcune innovazioni nell'armonia e nella strumentazione, am-
pliando grandemente le potenzialità espressive dell'orchestra moderna / Al terzo periodo
(1904-1949) appartengono le creazioni per il teatro d’opera, tra le più importanti del No-
vecento. Dopo l'allestimento della sua prima opera di successo, Salomè (1905), Strauss
iniziò la collaborazione con il poeta e scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal, con cui
produsse le sue opere migliori, come Elektra (1909), Der Rosenkavalier (Il cavaliere
della rosa, 1911), Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso, 1912; nuova versione, 1916), Die
Frau ohne Schatten (La donna senz'ombra, 1919) e Arabella (1933) / Strauss compose
oltre cento liriche, il balletto Josephslegende (La leggenda di Giuseppe, 1914), la
Symphonia domestica (1904), Eine Alpensinfonie (Sinfonia delle Alpi, 1915), entram-
be per orchestra, e Vier letzte Lieder (Quattro ultimi canti, 1948), per soprano e orche-
stra.
Richard Strauss sessantanovenne al pianoforte dà istru-
zioni ai cantanti Lotte Lehmann e Alfred Jerger ed al
regista Lothar Wallerstein in occasione della prima di
Arabella data a Vienna il 21 ottobre 1933.

10 XXX
HANS ERICH PFITZNER (Mosca 1868 - Salisburgo 1949)
E’ considerato uno degli ultimi esponenti della tradizione
classico-romantica, ed è ricordato in modo particolare per
aver composto opere teatrali dalla grande drammaticità
di stampo wagneriano. La sua opera più famosa, Pale-
strina, venne rappresentata per la prima volta a Monaco
nel 1917. Compose inoltre tre sinfonie, concerti per diversi
MAX REGER (Brand, Baviera 1873 - Lipsia 1916) strumenti (pianoforte, violino, violoncello), musica per
11
orchestra e musica da camera.
10 Eminente organista e compositore Dopo gli studi musicali effet-
tuati con il padre e con Hugo Riemann, insegnò ai Conservatori
di Wiesbaden e di Lipsia, all'Accademia Musicale di Monaco e MAX BRUCH (Colonia 1838 - 1920)
all'Università di Lipsia / Egli incarnò l’ideale del ritorno a una 12 Fu direttore della Liverpool Philharmo-
concezione pura della musica, con particolare attenzione alla nic e della Breslau Orchesterverein e,
rinascita del contrappunto tipicamente barocco / La produzio- quindi, docente di composizione alla Ber-
ne di Reger è caratterizzata da forme musicali rigorose, come la lin Hochschule für Musik. Il suo stile si a-
fuga, e dal disinteresse tipicamente tardoromantico per le limita- scrive al romanticismo di Mendelssohn.
zioni armoniche convenzionali / Tra i suoi lavori più importanti si Bruch è ricordato soprattutto per la sua
ricordano la Fantasia e Fuga in do minore op. 29, per orga- Fantasia Scozzese per violino e orchestra
no, i concerti per violino (1908) e per pianoforte (1910), nonché (op. 46), per il Concerto per violino in sol
una ricca produzione di musica da camera. Le sue composizioni minore (op. 26) e per Kol Nidrei (1881),
organistiche, sonate, fantasie preludi corali, variazioni, rappresentano un notevole originale per violoncello e orchestra, su melodie
esempio di fusione delle antiche tradizioni organistiche luterane del barocco con le correnti ebraiche. Compose tre sinfonie e molta
tardoromantiche del suo periodo. musica da camera.
11 XXX
IL RINNOVAMENTO STRUMENTALE IN FRANCIA
Come per l’Italia anche in Francia il grosso del pubblico ottocentesco era “assorbito” dal teatro operistico, e ciò relegava decisamente in secondo piano tutti gli altri generi musicali,
soprattutto il reparto “musica strumentale”. Rispetto all’Italia la Francia musicale, profondamente influenzata da Wagner, vide un ritorno del grande interesse verso la musica stru-
mentale più imponente e rapido; ciò fu contemporaneamente causa ed effetto della presenza di numerosi musicisti di elevato calibro, i quali convogliarono verso la loro musica molti
strati di pubblico / Nel 1871 nacque la Società Nazionale per la Musica Francese che determinò la rinascita della musica in Francia, soprattutto strumentale. I maggiori musicisti
francesi manifestarono tendenze e stili diversi: Franck ed il suo discepolo d’Indy assorbirono la lezione wagneriana; Saint - Saëns e Faurè furono inclini al recupero della tradizio-
ne classica e francese. Su tutti spiccò, in seguito, Claude Debussy il quale rappresentò la personalità più originale della musica francese di fine ottocento / La musica francese, in ge-
nerale, tra la fine delll’800 e l’inizio del 900, si va organizzando in una stratificazione di stili che si intrecciano fra di loro, sulla quale si inseriranno presto le figure di Debussy e di Ravel.

CESAR AUGUSTE FRANCK (Liegi 1822 - Parigi 1890)


Studiò musica al Conservatorio di Parigi, e si stabilì nella capitale francese, dove si mantenne insegnando musica privatamente e suonando l’organo in
13
varie chiese parigine soprattutto, dal 1859 fino alla morte, nella chiesa di Sainte - Clothilde; nel 1872 divenne docente d'organo al Conservatorio della
capitale. Fu tra i fondatori della Società Nazionale per la Musica Francese e, nel 1886 ne divenne presidente / L'opera di Franck è caratteriz-
zata dall'uso delle forme classiche, incluse la sinfonia e la sonata, che egli tuttavia adattò al gusto del tardo romanticismo e all'estetica musicale prove-
niente da Wagner; alternando tematiche mistiche ad accenti drammatici, egli seppe rinnovare la forma ciclica già adottata da Berlioz, mantenen-
done la caratteristica del tema ricorrente, con le opportune modifiche, in tutti i movimenti, ma rinnovandola dal punto di vista armonico con un l’uso
ardito del cromatismo / L’ultimo decennio della sua vita fu il più fecondo ed il più ricco di onori, tanto agognati precedentemente. La Sinfonia in re
minore (1886-1888) dedicata al suo amico ed allievo Henri Duparc, sarà tra i brani sinfonici più eseguiti, anche se la sua prima esecuzione avvenuta 17
febbraio 1889, suscitò non poche perplessità, incomprensioni e critiche negative protrattesi ben oltre la sua morte (Ravel e Milhaud non risparmiarono
inequivocabili termini di mediocrità e scarsa concezione dell’orchestrazione). Nella sua produzione si segnalano inoltre l'oratorio Les Béatitudes
(1869-1879); musiche per orchestra, tra cui tre poemi sinfonici; le Variations symphoniques per pianoforte e orchestra (1885); la Sonata per violino
e pianoforte (1886); e le opere per organo, tra le quali la Grande pièce symphonique op. 17 (1860-1862) e i Trois chorals (1890). Il Preludio co-
rale e fuga (1884) ed il Preludio aria e finale (1887) per pianoforte si iscrivono nelle pietre miliari della letteratura pianistica / Nobile figura di uo-
mo religioso e austero, trascorse una vita raccolta e serena come organista di una chiesa parigina, circondato da un eletto gruppo di ammirati disce-
poli. Come compositore non incontra un unanime consenso del pubblico, ma contribuisce in maniera decisiva, con Saint-Saëns, alla rinascita della mu-
sica strumentale francese. Seppe creare una felice sintesi fra gli elementi estetici di ascendenza wagneriana ed un vibrante lirismo romantico, che gli valse l'appellativo di
"Brahms francese"; nella sua musica si mischiano insieme misticismo ed eleganza / Innovatore è il suo uso della forma sonata ciclica, caratterizzata da uno o più temi fonda-
mentali ripresi ogni volta nei vari momenti della composizione. La forma ciclica scaturisce in Franck dal mescolarsi, nella sua concezione compositiva, di sperimentazione e

Rara fotogra-
tradizione. In questo senso le fantasiose Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra (1885) e la
13 a
fia d’epoca vibrante la Sinfonia in re minore (1888) compendiano tutta l'estetica del compositore, il più importan-
che ritrae te maestro delle nuove generazioni della musica francese, da Debussy a Ravel. Debussy nel 1903 e-
Cèsar Franck
(seduto al sternò il seguente commento a proposito della figura di Franck:
centro) insie- “Cèsar Franck si accomuna ai grandi musicisti per i quali i suoni hanno un senso esatto nella
me ad amici
musicisti; loro accezione sonora; essi li utilizzano nella loro precisione senza mai domandare nient’altro
alla sua che ciò che essi contengono. Ed è tutta la differenza che esiste tra l’arte di Wagner, bella e sin-
sinistra il
celebre vir- golare, impura e seducente, e l’arte di Franck che serve la musica senza quasi domandarle glo-
tuoso violini- ria. Quello che egli prende in prestito alla vita lo restituisce all’arte con una modestia che sfiora
sta Eugene
Ysaye. quasi l’anonimato”.
Ravel, nel 1912, così si espresse a proposito di Franck:
“Nella musica di Franck, una melodia di carattere elevato e sereno, armonie ardite, di una
singolare ricchezza; ma una povertà di forma desolante…. gli errori strumentali si accumulano.
Qui dei contrabbassi si trascinano maldestramente, appesantendo un quartetto già incolore. Lì,
delle trombe fragorose vengono a sostituire i violini. Nel momento della massima ispirazione,
si è sconcertati da sonorità da baraccone”.
12 XXX
VINCENT D’INDY (Parigi 1851-1931) CAMILLE SAINT - SAËNS (Parigi 1835 - Algeri 1921)
14
Allievo più in vista di César Debuttò come pianista all'età
15
Franck, D'Indy raggiunse la no- di dieci anni e in seguito studiò
torietà nel 1886 con la leggenda organo e armonia al Conserva-
drammatica Le chant de la torio di Parigi. Nel 1853 com-
cloche (1879-1883). Nel 1890 di- pose la sua prima sinfonia, e
venne presidente della Société dal 1858 al 1877 fu organista
nationale de musique, e dal 1900 alla chiesa della Madeleine,
insegnò composizione alla Schola sempre a Parigi. Il lavoro più
Cantorum di Parigi, che aveva conosciuto è l'opera lirica San-
fondato e diretto; la Schola si sone e Dalila (1877) / La sua
prefiggeva il compito di rivaluta- musica, che si inscrive nella
re lo studio del canto gregoriano. tradizione classica, è elegante e
Storicamente importante fu il precisa nei dettagli e nella for-
suo Corso di composizione ma; allo stile lirico della musica
musicale in 4 volumi che è an- francese ottocentesca unisce
cora oggi usato a scopo didattico. Dal suo maestro, D'Indy una maggiore attenzione alla
raccolse il principio della forma ciclica. La musica di d'Indy è forma / Saint - Saëns compose
più complessa di quella di Franck, complessità in parte bi- cinque concerti per pianoforte
lanciata dall'attenzione alla natura e ai temi tratti dalla e orchestra e tre per violino e
musica popolare francese. Compose tre sinfonie, tra le quali orchestra. Tra gli altri lavori sono il poema sinfonico Danza Maca-
la Symphonie sur un chant montagnard français bra (1874), la Terza sinfonia in do minore (1886) per organo, piano-
(1886), ove egli impiega come tema una canzone popolare / forte e orchestra, e la suite per orchestra Il carnevale degli ani-
Tra le sue opere letterarie si trovano le biografie di Beetho- mali (1886). Ebbe tra suoi allievi il compositore Gabriel Fauré / In
ven (1906) e Franck (1911) / Sulla scia operistica wagneriana un’epoca molto incline al sentimentalismo, lo stile improntato al
d’Indy compose sette opere ove volle realizzare contenuti di neoclassicismo di Saint Saens non riscosse il giusto plauso in quanto
carattere nazionale; celebre fu l’opera Fervaal, ispirata ad sembrò troppo freddo e privo di sentimenti; solo di recente il suo
una leggenda celtica. stile ha trovato la giusta rivalutazione / Infaticabile organizzatore
e musicista colto ed eclettico, Saint-Saëns contribuisce magistral-
mente alla rinascita della musica strumentale francese con l’ade-
sione nel 1871 alla Società Nazionale di Musica. Sostenne la musica
16 francese e viaggiò a lungo in Africa e in Oriente, assimilandone le
atmosfere musicali / Come compositore si cimenta in tutti i generi,
anche nel nuovissimo filone della musica per film (infatti compose
la partitura dell'accompagnamento musicale del film muto di
Charles de Bargy “L'assassinio del duca di Guisa„ per ensambe da
camera nel 1908), mostrando una brillante versatilità unita a un
sereno razionalismo, elementi che danno alle sue composizioni una
scorrevole eleganza.

13 XXX
GABRIEL FAURE’ (Pamiers, Ariège 1845 - Parigi 1924) 18
Allievo di Saint-Saëns dal 1866 al 1905 fu
17
organista in diverse chiese, come Saint-
Sulpice e la Madeleine di Parigi. Nel 1896
ottenne la cattedra di composizione al Con-
servatorio parigino e dal 1905 al 1920 ne fu
direttore. Ebbe tra i suoi allievi Maurice Ra-
ve / Insieme a Saint-Saëns, si adoperò per
mantenere vivi i valori musicali francesi in
un'epoca in cui la tendenza dominante in
Europa era quella di adottare le finalità este-
tiche e le tecniche della musica romantica
tedesca. Fauré preferì una gamma emotiva
discreta alle espressioni magniloquenti di Wa-
gner e dei suoi discepoli. Le sue composizioni rientrano in generi più ridotti,
come le liriche e i brevi pezzi per pianoforte / Tra le sue opere più note si ri-
cordano la Ballade per pianoforte e orchestra (1881), la suite per il Pelléas
et Mélisande (1898) da Maeterlinck, la Messa da Requiem (1887), i cicli di
liriche La bonne chanson (1891-1892, tratto da un poema di Verlaine) e
L'horizon chimérique (1922), nonché due tragedie liriche Prométhée
(1900) e Pénélope (1913). La summa della produzione musicale di Faurè si
estrinseca in musica per canto e pianoforte, e musica da camera. Per canto e
pianoforte il compositore francese scrisse un centinaio di liriche organizzate in
raccolte che avevano come titolo Poème d’un jour (1880-81), Cinq mèlo-
dies (1891), ecc. Ma tutte le sue liriche per canto e pianoforte sono ben lonta-
ne dalla liederistica romantica tedesca (Schumann, Schubert, Brahms): dalla Esempio tratto dalla canzone Une sainte en son aurèole (una santa nella sua aureola) di G. Faurè facente
scelta dei testi simbolisti all’uso di armonie che rispolverano il modalismo, egli è parte del ciclo “La Bonne chanson” (1894). Il brano evidenzia le peculiarità armoniche della scrittura di Fau-
rè; la scrittura pianistica (molto essenziale, con figurazioni indipendenti rispetto alla parte vocale)conferisce
molto vicino a quella che fra breve sarà l’era debussyana / Nella produzione una particolare evidenziazione alla parte vocale. La sintassi tonale è un altro punto di grande originalità;
cameristica spiccano le due sonate per violino e pianoforte, per violoncello al Faurè ha la tendenza a rimpiazzare i consueti andamenti fondamentali per quinte con le successioni per terze
(la famosissima Pavone ne è un esempio eclatante), ed impiega spesso melodie modali.Queste caratteristiche
pianoforte, la celebre fantasia per flauto e pianoforte op. 79, Trii, Quartetti, influirono decisamente sullo stile di Debussy.
ecc. / Nutrita è anche la produzione per pianoforte solo, strumento prediletto
da Faurè, (Improvvisi, Preludi, la suite a quattro mani Dolly, Romances sans
paroles op. 17, la celeberrima Pavane op. 50, in seguito trascritta per orche-
stra con coro ad libitum, ecc.) / Gabriel Fauré diede un impulso decisivo all'e-
mancipazione della musica francese dal sinfonismo tedesco. Temperamento
mite e solitario, conosce inizialmente le suggestioni dei romantici per giungere
alla fine a confrontarsi con le generazioni di Debussy e Ravel, che da lui assi-
milano i sognanti effetti timbrici e armonici / Fauré rimase sempre fedele a un
ideale di schiva eleganza e di raffinata delicatezza, senza che venga meno la
razionale nitidezza tipica della tradizione francese. L'atmosfera tersa e traspa-
rente della sua musica si esprime pienamente nelle composizioni da camera e
nelle numerose Melodie per canto e pianoforte (1880-1900), su testi di poeti
francesi contemporanei.

14 XXX
18 a M i s u r e
iniziali della
celeberrima
Pavane di
Gabriel
Faurè, in un
arrangia-
mento per
strumenti.
Moto note-
vole è l’inte-
ro costrutto
compositivo
affidato alle
terze, che
disegnano
un gioco
melodico di
spiccata
languida
raffinatezza.

15 XXX
CLAUDE ACHILLE DEBUSSY (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918)
L’Impressionismo in musica, sorto in Francia tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, vide in Claude Debussy il suo più autorevole rappresen-
1
tante, anche se egli si definiva “simbolista”. Il movimento nacque sulla scia dei dipinti degli impressionisti francesi e dalla poesia di Verlaine, Baudelaire
e Mallarmé. L'impressionismo musicale dava maggior peso ai timbri e alle atmosfere rispetto alle strutture formali. Debussy, critico militante oltre che
compositore, vide nel simbolismo e nell'impressionismo una reazione al rigore formale dello stile classico e alla tendenza sentimentale del romanticismo.
A questo scopo, Debussy sviluppò nella sua musica una combinazione di vecchi e nuovi espedienti. Da una parte usò la scala slendro per toni interi e
intervalli complessi e inusuali, come quelli di nona e tredicesima, dall'altra tornò alle quarte e alle quinte parallele della musica liturgica medievale /
Iniziò gli studi musicali al Conservatorio di Parigi all'età di dieci anni. Compì numerosi viaggi in tutta Europa e fu a Mosca nel 1879 come musicista pri-
vato. Durante il soggiorno in Russia, Debussy entrò in contatto con la musica di compositori quali Cajkovskij, Borodin, Balakirev e Mussorgskij e con le
tradizioni popolari. Nel 1884 compose la cantata L'enfant prodigue: l'opera gli fece vincere il più importante ed ambito riconoscimento culturale per
giovani artisti francesi, il Prix de Rome, che gli valse un soggiorno a Roma di due anni, durante il quale continuò a presentare regolarmente (ma senza
riscuotere il successo de L’enfant prodigue) nuovi lavori alla commissione del premio. Tra questi, la suite sinfonica Printemps e una cantata, La demoi-
selle élue, composta su una poesia di Dante Gabriel Rossetti. Nell'ultimo decennio del secolo, la fama di Debussy cominciò a consolidarsi. Tra le opere di
questi anni spiccano il Quartetto per archi in sol minore (1893), e il Prélude à l'après-midi d'un faune (1894), basato sul poemetto di Stéphane
Mallarmé. L'opera Pelléas et Mélisande, dal lavoro teatrale omonimo di Maurice Maeterlinck, andata in scena nel 1902, consacrò definitivamente la
sua fama / Dal 1902 al 1910 Debussy scrisse soprattutto per il pianoforte con uno stile che, rifiutando l'approccio tradizionale di tipo percussivo a questo strumento, ne sottolineava
le capacità delicatamente espressive. Tra le importanti composizioni del periodo sono Estampes (1903), L'Isle joyeuse (1904), Images (due serie, 1905 e 1907), e i due libri di Pre-
ludi per pianoforte. La maggior parte della produzione di questo ultimo periodo comprende musica da camera, con un gruppo straordinario di sonate (per violino e pianoforte, per
violoncello e pianoforte, e per flauto, viola e arpa) in cui l'essenza del suo stile viene distillato in rarefatte strutture di gusto quasi neoclassico / La musica dello stile maturo di De-
bussy anticipò molta musica moderna e fece di lui uno dei più importanti compositori a cavallo dei due secoli. Le sue innovazioni furono di tipo soprattutto armonico. Pur non es-
sendo stato lui a ideare la scala di toni interi, esatonale, fu il primo a utilizzarla con successo / Il suo trattamento degli accordi è rivoluzionario per i tempi: essi vengono disposti in
modo da indebolire, anziché rafforzare, la percezione della tonalità, e vengono usati per il loro individuale colore ed effetto, piuttosto che funzionalmente all'interno di una
progressione tradizionale. Nella musica di Debussy non vi è dramma, non vi sono tensioni di stampo romantico; la sua musica ne è scevra / L'assenza di una tonalità fissa fornisce
alla sua musica un carattere vago e sfumato che determinò la coscienza dell’impressionismo musicale, in analogia con l'effetto pittorico dell'omonima corrente nelle arti visive. De-
bussy non creò una scuola compositiva, egli liberò la musica dalle limitazioni dell'armonia tradizionale; inoltre, la qualità delle sue composizioni sollecitò altri compositori a speri-
mentare nuove idee e tecniche.

L’OPERA
21
Opere Teatrali: Pellèas et Melisandre , dramma lirico in 5 atti, 1893. Le Martyre de Saint Sèbastien, mistero danzato per soli coro e
orchestra, 1911. Khamma leggenda danzata (postuma, 1924). Juex poema danzato, 1913
Composizioni vocali: Printemps cantate giovanili per coro femminile e orchestra, 1882. L’enfant prodigue per soli coro e orchestra,
1884. La dèmoiselle èlue per soli coro e orchestra, 1868. Cira 80 melodie per canto e pianoforte
Composizioni orchestrali: Prèlude à l’après - midi d’un faune , 1894 (ristrumentato nel 1908). 3 Nocturnes , 1899. La Mer, tre schizzi
sinfonici, 1905. Images, tre brani, 1908.
Composizioni pianistiche: Deux arabesque, 1888. Suite bergamasque, 1890 - 1905. Pour le Piano , suite, 1894. Estampse 1903. I
Images, due libri, 1905 e 1907. Children’s corner, 1908. L'Isle joyeuse (1904)Prèludes, due libri, 1910
e 1913. 12 Etudes 1915.
Musica da camera: Syrinx, per flauto solo, 1912. Sonata per violoncello e pianoforte, 1915. Sonata per flauto, viola e arpa, 1915. Sonata
per violino e pianoforte , 1917 (l’ultima sua creazione)

20

Una delle peculiarità armoniche di Debussy è la dissoluzione


della dissonanza ottenuta scrivendo molto distanziati i blocchi
sonori, l’esempio su riportato, tratto dalle battute 8 e 9 dell’Etu-
Questo incipit melodico, tratto dal preludio Voiles per pianoforte, evi- de n°3 per pianoforte, evidenzia chiaramente questa tecnica.
denzia chiaramente l’uso della scala esatonale da parte di Debussy.

16 XXX
22

17 XXX
ERIK ALFRED LESLIE SATIE (Honfleur, Normandia 1866 - Parigi 1925)
Pianista e compositore, studiò al Conservatorio di Parigi
e lavorò in seguito come pianista in un caffè della capi-
tale francese. Nell'ultimo ventennio del secolo compose
numerosi pezzi per pianoforte, tra cui le famose
Gymnopédies (letteralmente feste dell’antica Grecia
ove si esibivano giovani danzatori nudi, 1888) e Gnos-
siennes (brani dal titolo enigmatico probabilmente
riferite alle danze di Cnosso, o dell’antica Creta, 1890) /
Le sue composizioni per pianoforte si imperniano su
titoli enigmatici, dalla singolarità unica ed improntati su
25
uno stile che si può definire del non senso. I suoi brani
pianistici lo fecero balzare all’attenzione del grande
pubblico borghese, che lo reputò un artista eccentrico. Egli fece scandalo presso la
borghesia bene del suo tempo / Convinto che la sua preparazione contrappunti-
stica non fosse sufficientemente solida, all'età di quarant'anni decise di tornare a
23
studiare alla Schola Cantorum, sotto la guida di Vincent d'Indy e Albert Roussel.
Ricominciò allora a comporre, soprattutto musica per pianoforte, dando spesso ai
Esempio tratto dalla parte finale di “Reflets dans l’Eau” (dalla prima serie delle Images) di C. Debussy. Nelle misure
successive al Lent Debussy realizza un costrutto musicale dissonante che evoca, con una sonorità lievissima, il canto pezzi titoli surreali che sembravano avere poca attinenza con la musica, come
iniziale, creando un impasto sonoro originalissimo. “Stanchi preludi per un cane” (1913), “Sonatina burocratica” (1917) e “Tre
pezzi a forma di pera“ (1903, per pianoforte a quattro mani) / Compositore
24 Pagodes, primo ribelle, in netta contrapposizione con la pesantezza e complessità della musica del
brano tratto dalla suo tempo, e innovatore nell'uso di determinati espedienti armonici, Satie antici-
serie Estampes, pò la futura tendenza della musica francese. Molti compositori della generazione
presenta un uso
costante della successiva videro in lui un maestro, soprattutto i giovani del Gruppo dei Sei, che
scala pentatoni- arrivarono a lui tramite Jean Cocteau. La sua influenza fu notevole anche su
ca. Notevole è il compositori più anziani come Claude Debussy e Maurice Ravel / Tra le altre sue
senso di movi-
mento dato dal composizioni si ricordano il balletto Parade (1917), prodotto da Diaghilev e Coc-
discorso melodi-
co imperniato su teau e con scene di Picasso e Mercure (1924); Socrate (1919), per quattro soprani e
di un ritmo ana- orchestra da camera, tratto dai dialoghi di Platone; Vexations, un breve corale
crusico.
per pianoforte, quasi atonale, che l'esecutore deve ripetere 840 volte senza inter-
ruzioni.

26
Esempio tratto dalla prima Gymnopèdie di E. Satie. Qui Satie
vuole realizzare il suo intento di raggiungere la più completa
staticità di movimento, cosicché si ha l’impressione che que-
sta musica invece di fluire normalmente nel tempo, rimane
ferma. Questo è uno degli esempi musicali più antiromantici.

18 XXX
MAURICE RAVEL (Ciboure, Pirenei, 1875 - Paris 1937)
26 a Figlio di un ingegnere svizzero e di una madre spagnola, fu avviato alla musica nel 1882 a Parigi con Henri Ghys ed Emile Decombes; nel 1889 entrò in
conservatorio, e sempre nello stesso anno rimase molto affascinato dalle musiche orientali ascoltate all’esposizione universale di Parigi. Studiò in seguito
composizione con Gabriel Faurè con il quale terminerà gli studi nel 1905. Nel 1893 conobbe Satie e scrisse la sua prima composizione pianistica rilevante,
una Sèrènade grotesque (inspirata dallo stile di Chabrier). La personalità musicale del Ravel compositore è già formata in quegli anni (Menuet anti-
que, 1895, la prima versione della Habanera per due pianoforti): raffinato gusto armonico, spiccata tendenza alla linearità melodica di ascendenza
classica e preclassica. Del 1898 è la celebre Pavane pour une enfante dèfunte, e il suo primo lavoro orchestrale, l’Overture Shèhèrazade. Nel 1901
si presentò al prestigioso Prix de Rome ottenendo il secondo premio con la cantata Myrrha. Nello stesso anno compose una delle sue pagine pianistiche
più famose: Jeux d’Eau, che per molto tempo gli comportò agli occhi della critica la “posizione artistica” di epigono di Debussy. Ma ben presto il mon-
do musicale di Ravel si delineò in netta contrapposizione con quello debussyano: all’opposto dell’impressionismo e del simbolismo. Se gli esordi del suo
stile compositivo vedevano l’utilizzo dei tratti coloristici distintivi della musica francese di fine secolo (ove primeggiavano Faurè e Chabrier) l’evoluzione
della sua maturità artistica lo condusse verso una netta delineazione artistica rispetto ai musicisti francesi suoi contemporanei / Nel 1902 il suo interesse
si riversa nel mondo cameristico, e nel 1905 nacque la le altre due monumentali pagine della sua produzione pianistica: Miroirs e la Sonatine. Ma il
suo capolavoro pianistico lo scriverà nel 1908, vincendo una non esplicita “battaglia”concernente la realizzazione del prezzo pianistico più impegnativo scaturita fra lui ed il
compositore russo Mili Balakirev; Gaspard de la Nuit (tre poemi per pianoforte su testi di del poeta Aloise Bertrand, dall’intenso sapore macabro: Ondine, Le Gibet, Scarbo)
venne unanimemente giudicato il brano pianistico originale più impegnativa della letteratura pianistica di quegli anni, più ancora della trascendentale e rutilante Islamey
del compositore russo / Nel 1909 Ravel stringere rapporti con S. Diaghilev, il quale gli commissiona il balletto Daphnis et Chloè, rappresentato nel 1912. Nel 1909 insieme al
suo maestro Faurè e ad altri suoi contemporanei fondò la Sociètè Musicale Indèpendante con l’obiettivo di diffondere alla musica contemporanea. Sempre negli stessi anni
collaborò inoltre nella veste di critico musicale a delle rinomate riviste. Lo scoppio della prima guerra mondiale comportò dei pesanti influssi negativi nella vita di Ravel: la sua
volontà di arruolarsi sfociò nel ruolo di conduttore di autocarri, ma nel 1916 si ammalò è bene congedato. Nel 1917 completò il Tombeau de Couperin che incarna il suo o-
maggio esplicito al grande clavicembalista francese, ma contemporaneamente il suo omaggio implicito ai compagni caduti in guerra / Nel 1919, dietro suggerimento di Dia-
ghilev scrisse La Valse, un vasto poema coreografico che però il grande impresario russo si rifiutò di mettere in scena. Negli anni seguenti Ravel conobbe una consolidata fama
che lo lusingava (anche se gli caratterialmente sfuggiva ad ogni esplicita ufficialità). Nel 1922 iniziò a orchestrare i Quadri di un’esposizione di Mussorsgkij; questi sono gli anni in
cui la fama di Ravel varcò l’oceano Atlantico, facendogli compiere delle straordinarie tournée nella duplice veste di pianista e di direttore d’orchestra / Nel 1928 l’università di
Oxford gli conferisce la laurea honoris causa / Sempre in quell’anno sarà in Canada e negli Stati Uniti dove
stringerà una significativa amicizia con George Gershwin, il quale vorrà prendere lezioni da lui ma Ravel ri-
sponde “storicamente” che “...è meglio fare dell’ottimo Gershwin piuttosto che del cattivo Ravel.„. Rimase
26 b
incantato della sua geniale Rhapsody in Blue. In America assorbe il jazz, dandone una palese testimonianza
nei due Concerti per pianoforte e orchestra (1929-30: il concerto per la mano sinistra, scritto per un suo
amico pianista austriaco mutilato di guerra Paul Wittgenstein, ed il concerto in sol) / Gli anni che seguono
vendono il suo interesse per le etnie spagnole ed ungheresi: da Tzigane, rapsodia per violino e pianoforte
composta nel 1924, si arriverà, nel 1928 al suo più grande capolavoro, nonché il brano più popolare di tutto il
900: Bolèro / Agli inizi degli anni 30 Ravel cominciò ad accusare dei crescenti disturbi al cervello che la con-
durranno alla morte sette anni più tardi.

Uomo molto riservato, schivo da qualunque forma di grande pubblicità, che riuscì egregiamente a vivere del
solo mestiere di compositore, dall’intelligenza e dalla sensibilità molto acuta, grande e stimato orchestratore,
nonché profondo conoscitore della tecnica pianistica;Stravinskij ammirando profondamente le sue pagine mu-
sicali lo definìun orologiaio svizzero / Ravel assume il posto, all’interno della musica del 900, dell’ultimo gran-
de rappresentante che tentò il recupero attivo della tradizione francese classica, ma non rivissuta attraverso il
nuovo filone neoclassico, ma, quasi in sintonia con il modus operandi brahmsiano, portando ad una naturale
ed estrema maturazione di linguaggio diatonico, senza mai sfociare nell’atonalismo, ed arricchendolo molto Maurice Ravel fotografato al pianoforte in casa sua.
spesso di spunti modali.

19 XXX
OTTORINO RESPIGHI (Bologna 1879 - Roma 1936)
LA MUSICA STRUMENTALE IN ITALIA Nato in una famiglia di musicisti, frequentò il liceo musicale
30
Analogamente alla Francia, l’Italia vide lo strapotere delle figure operistiche, della sua città natale. Diplomatosi in violino, si trasferì prima a
da Rossini a Puccini. Ma gli altri generi musicali ebbero modo di fiorire; furo- San Pietroburgo, dove studiò con Nikolaj Rimskij-Korsakov, e
no gli stessi grandi operisti che dedicarono cospicue attenzioni ai generi non in seguito a Berlino, dove lavorò con Max Bruch; tornato in
teatrali: musica sacra, strumentale, per canto e pianoforte. Le figure più Italia, dal 1913 al 1926 insegnò al Conservatorio di Santa Cecilia
eminenti della seconda metà ottocentesca in Italia furono Respighi, Sgam- a Roma. Dopo aver esordito come compositore di melodram-
bati, Martucci, Bossi e Busoni. ma, Respighi si rivolse al poema sinfonico, creando le opere che
lo resero celebre: Le fontane di Roma (1916), I pini di Ro-
GIOVANNI SGAMBATI (Roma 1841 - 1914)
ma (1924), Feste romane (1928). Senza trascurare le caratte-
ristiche melodiche della
Inizò appena sedicenne una brillante carriera con-
27 nostra tradizione, Respighi 31
certistica. Conobbe a Roma Franz Liszt e divenne
diede prova di possedere
suo allievo; con lui fu in Germania, dove ebbe mo-
grandi doti di sinfonista all'interno di un genere
do di ascoltare la musica di Richard Wagner, con
(il poema sinfonico appunto) piuttosto trascu-
cui in seguito strinse un rapporto di amicizia e di
rato dalla scuola musicale italiana. Respighi
reciproca ammirazione. Anche come direttore
seppe inoltre coniugare felicemente le sue qua-
d'orchestra evidenziò la sua predilezione per la
lità di compositore con rare capacità di trascrit-
musica strumentale romantica e tardoromantica:
tore, come è possibile constatare in Antiche arie
molti suoi concerti furono prime esecuzioni locali di
lavori importanti come la Terza sinfonia o il Quin-
e danze per liuto (1917 - 1931, tre suites per or-
chestra d'archi tratte da opere di musica anti-
to concerto per pianoforte di Beethoven. Diresse
ca). Tra gli altri lavori si ricordano il melodram-
inoltre di Liszt la prima assoluta della Dante-
ma Belfagor (1922), i balletti La boutique
Symphonie (1866) e dell'oratorio Christus (1867) /
Instancabile organizzatore musicale nel 1867 fondò a Roma la Società
fantasque (1919), su musiche di Gioachino Ros-
sini, allestito da Sergej Diaghilev, e Passaca-
del quartetto, e nel 1877 il Liceo musicale e fu, con Giuseppe Martucci e
pochi altri, fervido sostenitore e artefice della rinascita della cultura stru-
glia (1948), su musiche di Johann Sebastian
mentale in Italia, specialmente pianistica, in un periodo dominato dal Bach; la suite per piccola orchestra Gli uccelli
melodramma. Anche la sua produzione (pezzi sinfonici e per pianoforte e (1927), da cui fu tratto l'omonimo balletto del
orchestra, musica da camera e sacra) mostra un solido impianto culturale 1933, nonché musica da camera, come la Sona-
di respiro europeo e risente degli influssi della scuola tedesca. ta in si minore per pianoforte e violino. Caricatura di Ottorino Respighi, autore del
poema sinfonico «I Pini di Roma»

Esempio tratto dall’inizio del poema sinfonico Le Fontane di Roma di O. Respi-


MARCO ENRICO BOSSI (Salò 1861 - 1925 su un piroscafo dell’Atlantico) ghi; questa melodia, realizzata dall’oboe, presenta un carattere modale, caratteristi-
29 ca tipica della melodia di Respighi.
Organista e compositore. Diresse i licei musicali di
28
Venezia, Bologna e Roma. La sua figura è legata 32
alla rinascita dell’organo in Italia, sia dal punto di
vista musicale che costruttivo / La triade Bossi,
Sgambati Martucci fu la più significativa per la rina-
scita della musica strumentale in Italia, traendo
spunto dai romantici tedeschi e specialmente da
Mendelsshon e Brahms / Compose opere teatrali,
Oratori, Messe e composizioni sinfoniche ove spicca-
no quelle per organo ed orchestra. Celebri sono i
Cinque pezzi per pianoforte op. 137 in stile croma-
tico.

20 XXX
GIUSEPPE MARTUCCI (Capua, 1856 - Napoli 1909) FERRUCCIO BUSONI (Empoli, Firenze 1866 - Berlino 1924)
La più eminente personalità pianistica italiana a cavallo fra otto-
33
Allievo al pianoforte di Be- cento e novecento. Ricevette la prima formazione musicale dai
34
niamino Cesi al Conservatorio genitori, entrambi musicisti, e in seguito studiò composizione a Graz
di Napoli (storico esponente e a Lipsia / Insegnò pianoforte e composizione a Bologna, Berlino,
della scuola pianistica napo- Helsinki, Mosca e Boston (1891-1893). Le sue tournée pianistiche in
letana che faceva capo allo Europa e negli Stati Uniti lo imposero come uno dei grandi pianisti
storico rivale di Liszt, Sigi- dell'inizio del Novecento / Attivamente interessato al progresso
smund Thalberg) ne fu in della musica moderna Busoni introdusse diverse nuove scale / Co-
seguito insegnante e poi di-
rettore. Fu, con Giovanni me direttore diede impulso ai lavori dei suoi contemporanei. Scrisse
Sgambati, tra i più attivi fau- numerosi testi di teoria e critica musicale, fra cui l’importante Sag-
tori e diffusori in Italia della gio di una nuova estetica musicale, 1906. Compositore prolifi-
musica tedesca, soprattutto co, i suoi contributi più importanti restano quelli di promotore della
sinfonica e cameristica musica moderna oltre che di grandissimo didatta. Memorabili sono
(Schumann, Brahms, ma an- le trascrizioni di buona parte della musica per tastiera di Johann
che l'opera wagneriana) ado- Sebastian Bach / Lasciò incompiuta un'opera monumentale, Doktor Faust (1916-1924), per la quale
perandosi, in un'epoca in cui scrisse anche il libretto (fu completata dopo la sua morte dall'allievo Philipp Jarnach), mosso com’era dal
la cultura musicale del paese desiderio di scrivere un’opera italiana; un'altra opera incompiuta, Turandot (da Carlo Gozzi) fu com-
era dominata dal melodram- pletata da Anthony Beaumont / La sua musica pianistica, spesso di estrema difficoltà tecnica e di tipo
ma, per la rinascita della mu- prevalentemente contrappuntistico, comprende un imponente concerto per pianoforte e orchestra nel
sica strumentale italiana, con quale viene utilizzato anche un coro maschile / Anche se generalmente la produzione musicale di Busoni
un particolare occhio di ri- non è così voluminosa come quella di molti musicisti a lui precedenti, ed anche se egli non scrisse sinfonie,
guardo a pianoforte / Dell'in- le sue composizioni hanno una pienezza tale da suscitare una sorta di timore reverenziale. In ognuna di
flusso degli autori tardoro- esse si coglie la grande arditezza con cui sono state concepite; il suo stile è rappresentata dalla sua gran-
mantici risentono anche le sue composizioni, tra le quali si ricorda- de individualità / Busoni idealizzò una nuova estetica in campo musicale che denominò “nuova clas-
no 2 sinfonie (1895 e 1904), 2 concerti per pianoforte e or- sicità „ pubblicando i principi di tale concezione nel giornale Frankfurter allgemeine Zeitung il 7 feb-
chestra (1878 e 1885), ed in più varia musica da camera: quintetto braio 1920. Nuova classicità non è però sinonimo di neoclassicismo, che negli anni venti era già diffuso un
in do maggiore con pianoforte (1878) e numerosi pezzi per piano- po ovunque in Europa, ossia ritorno nostalgico agli stili remoti (prerogativa artistica dello Strawinskij
forte; celebre divenne la Tarantella op. 44 n° 6, ove convogliò le maturo), ma, per Busoni, rappresenta l’imprescindibile continuità con il passato che sfocia in un processo
più diffuse tradizioni folcloristiche partenopee con i principi del di sintesi fra il vecchio ed il nuovo. Busoni spiegò che:
virtuosismo pianistico di ascendenza lisztiana.
“Per nuova classicità intendo il dominio, il vaglio, e lo sfruttamento di tutte le conquiste
R a r a di esperienze precedenti: il racchiuderle in forme solide e belle..”
fotogra-
fia del
giovane, “..Il distacco definitivo dal tematismo e il rinnovato impiego della melodia quale
ma già dominatrice di tutte le voci, di tutti gli impulsi, supporto dell’idea genitrice dell’armonia,
gr an de, in breve: della polifonia sviluppata al massimo..”
pianista
Busoni
al pia-
noforte
dedicata
ad un
amico.

35

21 XXX
Busoni superò le tradizionali strutture metriche, annullando ogni periodicità ed ogni quadratura ritmica. Egli
abolì le suddivisioni di battuta così come si evince dalla Sonatina Seconda riportata nell’esempio.
37 LA ROMANZA DA
CAMERA
36
Un genere vocale che si
impose un po’ ovunque nei
salotti e nelle riunioni mon-
dane dell’aristocrazia italia-
na fu la romanza per
canto e pianoforte, autenti-
ca versione italiana sia del
Lied tedesco che della mè-
lodie francese. I 5 grandi
operisti italiani coltivarono
questo genere, ma le figure
maggiormente in rilievo
furono quelle di Stanislao
Gastaldon e soprattutto
Un disegno di F. Busoni raffigurante se stesso che si trascina dietro il pianoforte
in una tournèe negli Stati Uniti (Berlino Deutsche Staatsbibliothek). Francesco Paolo Tosti.

FRANCESCO PAOLO TOSTI (Ortona, Chieti 1846 - Roma 1916)

38 Fu allievo di Saverio Mercadante al Conservatorio di


Napoli. Negli anni Settanta si trasferì a Roma, dove si
fece conoscere negli ambienti mondani e aristocratici,
divenendo ben presto una celebrità. Possedeva una buo-
na voce tenorile, che gli valse la nomina a maestro di
canto di Margherita di Savoia. La sua brillante carriera
proseguì a Londra, dove ebbe pari successo negli am-
bienti nobiliari e presso i regnanti. Fu in contatto con di-
versi letterati italiani dell' epoca, tra cui D'Annunzio e
Fogazzaro, che scrissero testi per le sue composizioni / Il
suo nome è legato a circa 500 romanze per canto e pia-
noforte, tra le quali si ricordano Vorrei morir, Non t'a-
mo più, Ideale, Mattinata, “’A Vucchella” su testo di
G. D’Annunzio, ecc. che sono un tardo frutto della tradi-
zione italiana del "belcanto". In esse si trovano abbinate
la passionalità romantica con la raffinata spensieratezza
del gusto Belle Epoque .

22 XXX
39

Una delle romanze da camera più famose di Francesco Paolo Tosti,


Ideale.

23 XXX
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24 XXX
LE SCUOLE NAZIONALI
RUSSIA Uno degli eventi storico - musicali più importanti dopo il 1850 fu l’affermazione della
nazione russa; proprio i musicisti della nazione russa del periodo in questione incarnano
la tipologia più compiuta di scuola nazionale, > il “gruppo dei cinque” (Balakirev,
IL NAZIONALISMO Rimskij - Korsakov, Cui, Borodin, Mussorgsky) fu l’emblema del movimento patriottico
- musicale più caro alla nazione-patria russa / Già ancora agli inizi dell’ottocento in
Dopo il 1830 si cominciò a diffondere nella maggior parte dei popoli europei un intenso Russia predominava l’opera italiana e la musica strumentale di ascendenza tedesca;
sentimento di nazionalismo, ossia un’attenzione generale mai avvertita così intensa- l’inversione di tendenza in favore di un processo di espressione musicale autonomo fu
mente prima d’ora nei confronti di tutto ciò che è patrimonio culturale intrinseco della compiuto da Glinka e da Dargomizski, ed il primo campo musicale di azione fu
propria nazione / Si manifestò la volontà di mettere in risalto le peculiarità culturali l’opera.
tout court intrinseche di ogni nazione, di ogni popolo, nelle principali espressioni artisti-
che e non solo / Questo “nuovo” ideale largamente diffuso influenzò non poco le vicis-
situdini politiche sia all’interno degli stessi stati e sia nei rapporti politici esteri; Giusep- MICHAIL IVANOVIC GLINKA (Novo-Spasskoe, Smolensk 1804 - Berlino 1857)
pe Mazzini rese esplicita detta ideologia asserendo che la nazione è “- ...l’universalità 1 Dopo gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo, seguen-
dei cittadini parlanti la stessa favella, associati con eguaglianza di diritti civili e politi- do la prassi della nobiltà dell'epoca, proseguì la sua forma-
ci, all’intento comune di sviluppare e perfezionare progressivamente le forze sociali e zione privatamente avvalendosi dell'aiuto di maestri italia-
l’attività di quelle forze -” / Il desiderio di mettere in risalto le diverse peculiarità etni- ni e tedeschi (uno fra tutti Mendelsshon); i suoi soggiorni
che andò in netta contrapposizione con l’ideologia cosmopolita propugnata dalla cul- milanesi, ove entrò in contatto con Bellini e Donizetti, furo-
tura illuminista del ‘700 / Politicamente l’ideologia nazionalista diventò sinonimo di no determinanti per la sua formazione; compose opere
unificazione degli stati; ciò si manifestò pienamente con l’unità d’Italia (1871) e, dieci liriche fino al 1835 / Dal 1837 al 1839 fu direttore della cap-
anni dopo, con l’unificazione della Germania; ma queste profonde trasformazioni, pella corale di corte / La sua produzione operistica si espli-
come è noto, comportarono un caro prezzo in vite umane ed esili pagati dai fautori ca in due opere, che testimoniano i fermenti prodotti dal-
della nuova ideologia che si scontrarono con le secolari tradizioni dei regimi conservato- l'opera italiana, e rappresentano le tappe fondamentali
ri / Filosofia politica, storia, letteratura, pittura e, non ultima, la musica furono le per il sorgere del teatro musicale russo, l'una nel dramma
“armi” culturali che affermarono l’ideologia nazionalista sotto molteplici aspetti. storico, l'altra nel dramma fiabesco / Nel 1836 conobbe la
grande notorietà con l’opera Zizn za carija (Una vita
I RIFLESSI IN CAMPO MUSICALE per lo zar, su libretto di Aleksandr Puškin), opera che inaugurò la grande stagione
Per due secoli circa, a partire dal 1600, le scene musicali europee furono totalmente operistica russa; egli attingeva dal serbatoio della musica folkloristica e dalle leggen-
dominate dalla musica italiana, prima, tedesca e francese poi; le espressioni musicali de russe; questa fu la prima opera di chiara impronta nazionalista. Con la seconda
originali degli altri stati non ebbero mai, fino a questo periodo, pari importanza e riso- opera, Russlan e Ludmilla (1842, anch’essa su un poema di Aleksandr Puškin, ma
nanza, anche perché le personalità musicali italiane tedesche e francesi, investite da che non ebbe il grande successo della prima) Glinka si impose come il fondatore
sommi onori, ed ori, erano sparse un po’ ovunque, preoccupate di diffondere il loro pe- della scuola musicale russa / Vivo fu il suo interesse per la musica popolare e in mo-
culiare stile musicale / Con l’affermazione degli ideali nazionali venne adoperata una do particolare per le danze spagnole (in Spagna visse dal 1845 al 1847), generi che gli
massiccia opera di rivalutazione delle tradizioni musicali di molti popoli europei e non; ispirarono le ouverture Jota Aragonesa e Une nuit à Madrid (1851) / Tra le altre
> si scoprì come molti di essi adoperavano scale modali, ritmi e forme di danza del tutto composizioni sono la fantasia orchestrale Kamarinskaya (1848), musica da camera
ignote alla cultura musicale europea / L’Europa musicale colta mostrò un interesse
e brani per pianoforte / Glinka è l’iniziatore della scuola russa, sia nel campo dell’o-
verso il patrimonio legato al passato > i libretti operistici ed i programmi dei poemi sin-
pera, e sia in quello della romanza da camera e degli altri generi strumentali / La
fonici si incentravano su argomenti storico - medievali (es. Tannäuser di Wagner) o su
episodi di gloria di una nazione. Molte personalità musicali di grande rilievo (Weber, sua musica sottintende i gusti di una borghesia nazionale giovane e orgogliosa della
Chopin, Liszt, Brahms) considerarono artisticamente il loro repertorio di canti e tradizio- propria identità. La formazione del musicista è fortemente influenzata dalla cultura
ni legato alle proprie nazioni; > nelle sue numerose mazurche Chopin riesumò ritmi, occidentale, che assimila viaggiando in Europa e facendo poi conoscere in patria
danze e melodie della campagna polacca; > le rapsodie di Liszt unitamente alle danze Liszt e Berlioz, gli artefici della "musica a programma" che tanto avrebbe influenza-
brahmsiane furono la fedele rivalutazione di ritmi e danze del folklore ungherese. / La to lo sviluppo della musica russa. Introducendo elementi del folklore, soprattutto nel
largo uso di melodie popolari, e fissando i caratteri del declamato melodico / Glinka
rivalutazione del patrimonio folkloristico ~ musicale è uno dei tratti estetici che carat-
terizza pressoché tutta l’Europa musicale del periodo. pone le basi di uno stile drammaturgico che sarà poi sviluppato dal Gruppo dei Cin-
que.
1 XXXI
IL PIÙ GRANDE TEATRO D’ OPERA DEL MONDO
Uno degli assunti più notevoli della veemenza nazionalistica russa, in campo musica-
le,fu senza dubbio il progetto per la costruzione di un teatro così grande... da non ve-
nir mai realizzato; nel progetto dello zar Alessandro III questo sogno operistico farao-
nico avrebbe dovuto far impallidire persino il Palais Garnier di Parigi; egli stesso affidò
l’incarico progettuale all’architetto tedesco Viktor Schroeter, il quale costruì un gi-
gantesco palazzo privato per le rappresentazioni operistiche volute dallo zar. Pur-
troppo la morte improvvisa di Alessandro III fece andare in fumo il progetto, cosicché
gli zar (fino al tramonto del regime zarista nel 1917) dovettero “accontentarsi”del Tea-
tro Bol’soj (che letteralmente significa “grande”, e che fu eretto nel 1776, due anni
prima dell’apertura del Teatro alla Scala di Milano, e che in seguito fu denominato
Mariinskij)

2 XXXI
ALEKSANDR DARGOMYZSKIJ (Dargomyz 1813 - S. Pietroburgo 1869) IL GRUPPO DEI CINQUE
Discendente da una famiglia agiata fu un autodidatta in campo mu- Fra il 1830 ed il 1840 il più intenso movimento nazionalista fu quello slavofilo il quale, rifiutando qualun-
sicale. L’amicizia con Glinka lo convinse a dedicarsi completamente que assioma politico, si fece portavoce artistico - musicale di una rinascita della Patria Russa, già iniziata
alla musica; Glinka gli procurò, a 20 anni, la possibilità di annoverarsi da Glinka; i suoi seguaci auspicavano ad innalzare il modello russo, grazie al loro operato in campo musi-
fra gli intellettuali della sua città. Nel 1856 ebbe molto successo l’opera cale, mirando ambiziosamente a creare un archetipo di umanità per tutte le nazioni. Nella loro ideologia
Russalka (su proprio libretto). L’altra sua opera, che rappresenta il le tradizioni popolari stavano in prima linea / Intorno al 1860 S. Pietroburgo divenne un acceso focolaio
suo capolavoro, ll Convitato di Pietra (su libretto di Puškin), ven- di queste nobili ideologie, e cinque musicisti divennero l’emblema vivente del movimento nazionalista /
ne rappresentata postuma nel 1872. Dargomyzskij non riuscì a com- Essi accettarono e coltivarono le più importanti forme della musica occidentale (sinfonia, poema sinfonico,
pletare l’opera la quale fu portata a compimento da Cui ed orche- opera) arricchendole di molti assunti: scale modali di provenienza sacra (culto cristiano ortodosso russo),
strata da Rimskij - Korsakov. Il Concitato di Pietra è un’opera unica ripetizione variata dei motivi (derivata dalle prassi dei canti popolari), arricchimento dei colori orchestrali.
nel suo genere; fu interamente concepita in forma di recitativo e del Fra i cinque il musicista di maggiore levatura fu Mussorgsky.
declamato naturale. L’opera impiantò una nuova tipologia di canto
che influenzò la formazione teatrale di Mussorgsky. Nella sua produ- CÉSAR CUI (Vilna, Lituania 1835 - Pietroburgo 1918)
zione si annoverano molte liriche e brani orchestrali. Figlio di un ufficiale francese arrivato in Russia con le
3 armate napoleoniche, intraprese studi scientifici e
MILIJ ALEKSEEVIC BALAKIREV (Nižnij Novgorod 1837 - San Pietroburgo 1910) insegnò all'Accademia di ingegneria militare di S.
2
Il principale membro del Gruppo dei cinque. Studiò nella città Pietroburgo. Studiò musica, sostanzialmente da au-
natale e a diciott'anni si trasferì a San Pietroburgo, dove entrò in todidatta, ma anche sotto la guida di Milij Balaki-
contatto con Glinka / Sotto la sua influenza il Gruppo dei cinque rev / Agli ideali del gruppo dei cinque Cui contribuì
si staccò dalle forme musicali tradizionali, utilizzando melodie più con l'attività teorica che non con la produzione
popolari russe nelle composizioni, e fiabe della tradizione naziona- musicale, fu infatti critico musicale per vari giornali di
le come base per le opere / Nel 1862 Balakirev fu tra i fondatori Pietroburgo e nel 1880 pubblicò “La musica in Rus-
della Libera scuola di musica di San Pietroburgo, e nel 1869 diven- sia„ / Le sue composizioni mostrano gli influssi della
ne direttore della Cappella imperiale e della Società imperiale di musica tedesca (soprattutto Robert Schumann) e
musica. Tra le sue composizioni sono i poemi sinfonici Tamara e francese. Compose undici opere basate su lavori di
Russia, e la fantasia per pianoforte Islamey, uno dei pezzi più Puškin e di scrittori francesi (Victor Hugo, Alexandre Dumas, Guy de Maupas-
brillanti e impegnativi di tutto il repertorio pianistico, che rappre- sant, Prosper Mérimée) e tedeschi (Heinrich Heine), più quattro operette per
sentò il brano per pianoforte più difficile e rutilante del periodo. bambini. Compose inoltre oltre duecento liriche, musica corale e sinfonica, ma
Scrisse anche composizioni per pianoforte e per voce. il meglio della sua produzione è individuabile nella musica da camera.

ALEKSANDR BORODIN (San Pietroburgo 1833 - 1887)

4
Celebre medico e chimico, fu un musicista istintivo, estroso e appassionato; suonò egregiamente il violoncello, il pianoforte ed il flauto. Allievo del chimi-
co Dmtrij Mendeleev, fu autore di importanti studi sulle aldeidi che gli valsero, nel 1864, la cattedra di chimica organica all'Accademia militare di San
Pietroburgo / Alla ricerca, mai abbandonata, Borodin affiancò la passione per la composizione, un'attività cominciata sin dall'adolescenza: il primo
lavoro, un concerto per flauto, fu composto a tredici anni; fu molto influenzato dallo stile di Mendelsshon che elaborò in toni lirici e descrittivi. Determi-
nante fu l'incontro con Modest Musorgskij, che lo liberò dal pesante influsso della musica romantica e lo introdusse nell'ambiente dell'avanguardia mu-
sicale. In seguito, con Balakirev, Cui, Musorgskij e Rimskij-Korsakov, fondò il Gruppo dei Cinque, impegnandosi per la riforma della musica russa e la
valorizzazione del patrimonio popolare, che studia con serietà di etnomusicologo / Agli anni compresi tra il 1862 e il 1867 risale la composizione della
Prima Sinfonia; due anni più tardi, nel 1869, Borodin cominciò l'opera Il principe Igor (su proprio libretto), ispirandosi al Canto della schiera di Igor,
un poema epico del XII secolo; la composizione dell'opera, che rimase comunque incompiuta, impegnò Borodin per diciassette. Parti delle sezioni finite
vennero incorporate nella Seconda sinfonia (1869-1876), mentre l'orchestrazione e il definitivo completamento si devono a Rimskij-Korsakov e Glazu-
nov. Altri lavori importanti di Borodin sono l'opera Bogatyri (1867); il quadro musicale Nelle steppe dell'Asia centrale (1880), ove manifestò la
sua influenza nei confronti delle musiche orientali, che cercò di conciliare con la tradizione sinfonica europea; due quartetti per archi (1874-1879; 1881) e
diverse liriche.

3 XXXI
5

4 XXXI
NIKOLAJ ANDREEVIC RIMSKIJ-KORSAKOV (Tikhvin, Novgorod 1844 - San Pietroburgo
1908)
MODEST MUSSORGSKY (Karevo 1839 - S. Pietroburgo 1881) 7
Di famiglia nobile, ricevette un’educazione cosmopolita ed emerse con la
6 Proveniente da una famiglia di antica nobil- sua personalità più preparata e forte sugli altri componenti del Gruppo
tà rurale iniziò a studiare pianoforte con la dei Cinque. Nel 1856 entrò all'Accademia navale di San Pietroburgo,
madre; a 10 anni si trasferì a S. Pietroburgo continuando al tempo stesso gli studi musicali intrapresi sin dall'infanzia.
ove studiò composizione con Balakirev. Sot- Nel 1861 entrò in contatto con Balakirev. Ritiratosi dal servizio attivo
totenente dell’esercito dal 1860 decise di nella marina nel 1873, dal 1871 fino alla morte fu professore di composi-
abbandonare la carriera militare dedican- zione e strumentazione al Conservatorio di San Pietroburgo (oggi Con-
dosi interamente alla musica; nel 1868 iniziò servatorio di stato Rimskij-Korsakov); inoltre, dal 1886 al 1890 fu alla
a lavorare al Boris Godunov che assorbì testa dell'Orchestra sinfonica russa. Completò l'opera incompiuta di Bo-
tutte le sue attenzioni. Nel 1872 iniziò la rodin Il principe Igor nel 1889 e riorchestrò il Boris Godunov di Musorgskij
composizione dell’opera Kovancina e due nel 1896, dopo la morte dei due autori / Rimskij-Korsakov oggi è ricor-
anni dopo iniziò la Fiera di Soricinskij dato per la brillantezza e freschezza delle sue strumentazioni, più ancora
(rimasta incompiuta) / Nell'ambito del nazionalismo del Gruppo che per l'originalità delle idee musicali. Scrupoloso cultore del folklore russo, tenta di fondere il
dei Cinque, Modest Petrovic Mussorgskij, fu la figura più radicale e patrimonio musicale con la sensibilità e l'esperienza occidentale. Le sue eccezionali doti di or-
rivoluzionaria. La sua musica, del tutto priva di influssi o derivazioni chestratore ebbero un'influenza diretta sui suoi allievi, come avvenne per Igor Stravinskij e Ale-
occidentali, si rivolge direttamente alle fonti popolari russe per e- ksandr Glasunov, e vennero in seguito ampiamente divulgate grazie al suo Trattato di stru-
sprimersi con un linguaggio crudo e ardito, primitivo e vigoroso. La mentazione, pubblicato postumo nel 1913. La sua produzione teatrale conta 15 opere fra cui
scrittura armonica, come rivelano i monumentali Quadri di una Sadko (1898), Lo Zar Saltan (1900), Snegoyrachka (La fanciulla di neve, 1880-1881) e Le
esposizione pianistici (1874), è aspra e dissonante, ed il pianoforte coq d'Or (1909); le opere sinfoniche Capriccio Espagnol (1887), la suite sinfonica Shéhéra-
è più volte chiamato a sviluppare una grande potenza di suono. I zade (1888); ricca di colori strumentali e di elementi esotici è l'ouverture La grande Pasqua
Quadri di una esposizione si iscrivono nella letteratura dei più im- russa (1888). Importante fu il suo Trattato pratico di armonia e, soprattutto, i Principi
portanti e complessi brani per pianoforte di tutti i tempi; qui Mus- di strumentazione , che lo designeranno come il più importante maestro d’orchestrazione
sorgsky si preoccupò di tradurre in musica non solo parole e situa- russo, continuatore della traccia Lisztiana / Il suo peso artistico in merito all’orchestrazione tra-
zioni emotive, ma anche i gesti e le più svariate manifestazioni di scese i limiti geografici della Russia e si estese fini a Debussy.
vita russa. Anche la sua grande opera, Boris Godunov (ultimata nel
1874), come appare nella versione originale, ha una bellezza scabra
e drammatica che esprime, come la grande letteratura contempo-
ranea, l'anima russa nella sua grandezza e nelle sue contraddizio-
ni / Fra le composizioni non teatrali si annoverano La notte di S. MUSICISTI RUSSI FILO - OCCIDENTALI
Giovanni sul monte calvo per orchestra (1860 - 67) e molte liri- Le ideologie del gruppo dei cinque non furono seguite da altri compositori i quali impostarono la loro
che per canto e pianoforte, fra cui i cicli La camerata dei bambi- produzione musicale sui più vasti criteri della musica occidentale. Nel versante opposto al gruppo dei
ni (1868 - 72) e i Canti e danze della morte (1875 - 77) / Il lin- cinque si schierarono Rubinstein, Grecianinov, Glazunov, Rachmaninov, Skrjabin e Caikovsky.
guaggio drammatico di Mussorgskij possiede grande spessore emo-
tivo e notevole forza comunicativa. L'uso del tema ricorrente in ALEKSANDR GLASUNOV
chiave psicologica, le arditezze armoniche, la sovrapposizione degli ALEKSANDR GRECIANINOV (S. Pietroburgo 1865 - Neully - sur - Seine 1936)
elementi melodici, il carattere modale dei temi russi, le irregolarità (Mosca 1864 - New York 1956) 8
Allievo di Rimskij - Korsakov insegnò al Con-
di sintassi contribuiscono a dare voce di protagonista al popolo russo Dopo aver studiato nei conservatori servatorio di S. Pietroburgo e fu direttore
e a esprimere con forza rivoluzionaria il dramma della sua storia / di Mosca e San Pietroburgo con Rim- d’orchestra. Fu una figura di primo piano
Il successo più grande della sua carriera lo ottenne con la prima skij - Korsakov, si stabilì prima a Pari- nella Russia dei primi decenni del 1900. Com-
dell’opera di Boris Godunov nel 1874; purtroppo tutto il resto della gi e dopo negli stati Uniti. Il suo stile pose 9 sinfonie, 6 suites, 4 ouvertures, poemi
sua produzione non è stato ben visto dai suoi contemporanei i quali musicale risente l’influsso di Cai- sinfonici e molta musica da camera; il suo
rimasero abbastanza scettici nei confronti del suo stile ardito. Sì kovsky e dell’impressionismo. La sua stile, influenzato da Liszt e da Brahms, evi-
chiuse in se, e si rifugiò nell’alcool, che lo trasse a morte precoce- produzione annovera musica vocale denzia inclinazioni per l’esotico . Il suo catalo-
mente / La sua personalità ha comunque influenzato i musicisti (opere, romanze, corali liturgici, liri- go compositivo consta di 110 opere
della successiva era moderna che per canto e pianoforte, opere per
bambini) e brani pianistici che ebbe-
5 ro molta diffusione. XXXI
9

Boris Godunov, Ivan Aleksan-


drovic MELNIKOV nella parte
di Boris Godunov. Ivan Aleksan-
drovic MELNIKOV (1832 -
1906) fu il primo interpreta nel
personaggio di Boris Godunov.
Ai suoi tempi fu uno dei più
importanti cantanti di San Pietro-
burgo.

6 XXXI
7 XXXI
SERGEI RACHMANINOV (Oneg, Novgorod 1873 - 1943 Beverly Hills, California )
ANTON RUBINSTEIN (Vikhvatinetz, Podolia 1829 - Peterhof, Uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, dalle capacità tecniche esecutive eredi di quel
11
San Pietroburgo 1894) trascendentalismo di matrice lisztiana che, passando per Anton Rubinstein, raggiunse
1
Pianista e compositore russo. Stu- con lui delle vette ancora più alte. La sua produzione per pianoforte rappresenta l’epi-
diò a Mosca, tenne il suo primo gono ultimo dell’epopea romantica, e comprende i 13 Preludi op. 32, le due monumen-
concerto pubblico all'età di dieci tali raccolte degli Etudes Tableaux op. 33 ed op. 39, le due sonate (la seconda del
anni e proseguì i propri studi a 1936 in si b minore conobbe due versioni), i famosissimi 4 concerti per pianoforte e
Berlino. Si esibì come solista in orchestra (in seguito largamente utilizzati nelle produzioni cinematografiche), le Va-
numerose tournée e influenzò riazioni su un Tema di Corelli, e la Rapsodia su un tema di Paganini per piano-
significativamente la cultura mu- forte e orchestra op. 43 / Compì gli studi al pianoforte con Aleksandr Siloti (allievo di
sicale russa. Nel 1862 fondò l'Im- Franz Liszt) a Mosca, e studiò composizione anche con Cajkovskij al quale dedicò, 1893,
periale Conservatorio di musica di il Trio élégiaque. Il Preludio in do diesis minore (1892), per pianoforte, e l'opera Aleko
San Pietroburgo. Nonostante le (1893) lo resero celebre come compositore. Nel 1897 fu eseguita la sua Prima sinfonia in
sue numerose composizioni musi- re minore, la cui accoglienza disastrosa lo indusse a smettere di comporre, così per tre anni si dedicò esclusivamen-
cali includano opere, lavori orche- te all'attività di pianista e direttore / Il Secondo concerto per pianoforte in do minore op. 18 (1900) segnò il suo
strali, canzoni e concerti per pianoforte, Rubinstein è noto
ritorno alla composizione. Nei successivi diciassette anni vennero la Seconda sinfonia in mi minore (1906), il poema
soprattutto per i suoi brani per pianoforte che si ispirano a
sinfonico L'isola dei morti (1909), la Liturgia di San Giovanni Crisostomo (1910) per coro, la sinfonia corale Le
modelli occidentali in netto contrasto con lo stile nazionalista
del gruppo dei Cinque. Il fratello, Nicholai Rubinstein, fu, campane (1913, su un poemetto di Edgar Allan Poe) / Lasciata la Russia nel 1917, Rachmaninov si stabilì negli
anch’esso, un celebre pianista. Stati Uniti ove si concentrò sulla carriera di pianista e direttore d'orchestra, incidendo dischi in entrambe le vesti /
Le poche composizioni successive al 1917 comprendono le Variazioni sopra un tema di Corelli (1934), per pianofor-
te, la Rapsodia sopra un tema di Paganini (1934), per pianoforte e orchestra, la Terza sinfonia in la minore (1936),
e il Quarto concerto per pianoforte in sol minore (1937) / Rachmaninov visse una vita profondamente tormenta-
ta: nel suo animo di musicista aleggiava costantemente la dualità (rivalità) compositore o interprete, ovvero
l’amore e le circostanze della vita: divenne un pianista di fama internazionale più per bisogno economico che non
per principale aspirazione, e questa tragica dualità si riscontra nelle due tormentate attività, vi è, suo giudizio nel
catalogo delle sue composizioni non proprio nutrito, come egli avrebbe voluto / I poeti suoi contemporanei lo
definirono “Cantore d’orrore e tragedia”, ed egli stesso affermava che “...Sorella della musica è la poesia, e madre
la sofferenza”.

13 13 a S e r g e i
Rachmani-
noff duran-
te le prove
di un suo
concerto
per piano-
forte e
orchestra.

12

Anton Rubinstein suona il pianoforte alla presenza di L. Tolstoj. Dipinto di L.O.


Pasternak.

8 XXXI
ALEKSANDER NIKOLAEVIČ SKRJABIN (Mosca 1872 - 1915) 15

14
Uno dei più grandi pianisti del tempo, Skrjabin fu una delle perso-
nalità più singolari della storia; profondamente influenzato dalle
dottrine teosofiche e dalle concezioni mistiche, manifestò una
volontà di trascendere i limiti dell’armonia tonale sin dalle prime
composizioni per pianoforte. Purtroppo la critica musicale ha da
tempo “etichettato” di scarsa originalità la sua prima produzione,
ove nel riconoscere profonde influenze chopiniane e lisztiane, ha
oscurato, fino ai nostri giorni, il reale peso artistico della sua prima
fase creativa, armonicamente imperniata sulle leggi della tonalità
ma intrisa dei molteplici effetti derivati dall’uso dei tritono, e da
una sinuosità melodica senza precedenti. Dalla IV Sonata per pia-
noforte op. 30 in poi Skrjabin realizzerà musicalmente le sue fan-
tastiche concezioni musicali puntando ad una esplorazione armo-
nica che passando per il suo famoso “accordo mistico” giungerà
alla sbalorditiva armonia nucleo - polare nella sublime ed eccezionale 7ª Sonata per piano-
forte op. 64, detta “La Messa Bianca”, da lui giudicata il suo capolavoro pianistico / La sua vasta
produzione pianistica annovera 10 Sonate, 19 Poemi, 26 Studi, 90 Preludi (che testimoniano più
compiutamente l’evoluzione del linguaggio armonico), oltre a valzer, mazurche e notturni. Il tema
demoniaco è uno dei suoi costanti assiomi ideologici, e viene svolto con attenzione teosofica al
significato dei numeri: ad esempio la 6ª e la 9ª Sonata per pianoforte sono esplicitamente realiz-
zate sulla base di un “programma” legato al demonio; la 6ª è una sorta di “esorcismo” musicale,
mentre la 9ª, così come la 7ª, reca il titolo programmatico di “Messa Nera”. Il tema demoniaco di-
venta maggiormente presente nelle sue produzioni pianistiche tarde /L’opera per orchestra eviden-
zia grandi lavori come “Il poema divino” (1903) , Il poema dell'estasi (1908), il poema sinfonico Pro-
metheus, il poema del fuoco (1910), suo grande capolavoro sinfonico per il quale Skrjabin cercò di
dimostrare il rapporto tra altezze e colori progettando un clavier à lumières, una tastiera lumi-
nosa che proiettava su uno schermo i colori che dovevano corrispondere agli accordi musicali; lo
strumento non è stato mai costruito, e il suo poema sinfonico Prometheus venne eseguito con la
proiezione di semplici diapositive colorate / Trasferitosi nelle alture Tibetane (mosso da pure e co-
raggiose ragioni mistiche) iniziò il lavoro di un’opera musicale totale che, nelle sue intenzioni, dove-
va avere proporzioni faraoniche; in quest’opera suoni, immagini, profumi e sensazioni dovevano Frontespizio della partitura per orchestra del Prometeo di A. Skrjabin.
coesistere ed essere rappresentate in luogo simbolicamente più vicino all’aldilà (> le massime alture
del Tibet); Skrjabin denominò quest’opera Mysterium, ma riuscì a comporre solo una parte del
primo “atto” (chiamato “Atto preliminare”), in quanto la puntura di un insetto velenoso lo uccise
prematuramente.

9 XXXI
18

16

Accordo mistico per quarte di A. Skrjabin.

Misure iniziali del capolavoro pianistico di Skrjabin, la VII sonata detta “La Messa Bianca”. Qui
ogni cosa rimanda al numero sette, e tutto il costrutto armonico è imperniato sull’accordo mistico
che scaturisce da una concezione armonica nucleo - polare a partire dalla frequenza “la”.

17

Dopo un’esplosione di 24 suoni si conclude di fatto il discorso musicale della “Messa Bianca”; qui Skrja-
bin realizza un effetto di polverizzazione fonica ottenuto tramite la “scomposizione” dell’accordo misti-
co in figurazioni ascendenti che generano lunghi trilli ai quali è affidata la chiusura del brano.

10 XXXI
PËTR ILIC CAJKOVSKIJ (Votkinsk, Vjatka 1840 - San Pietroburgo 1893)
Una delle figure di maggior rilievo del panorama musicale dell'epoca romantica. Figlio di un ingegnere minerario e di una pianista di origine
19 francese, ricevette la prima educazione musicale dalla madre; visse fino a dieci anni con i suoi cinque fratelli, è già da allora diede i primi segni di
depressione. Trasferitosi con la famiglia a San Pietroburgo, dopo aver abbandonato gli studi giuridici, seguì i corsi al Conservatorio della città bal-
tica tenuti da Anton Rubinstein, con il quale studiò in seguito orchestrazione. Nel 1866 ottenne la cattedra di armonia al Conservatorio di Mosca,
dove conobbe il drammaturgo Aleksandr Nikolaevic Ostrovskij, che scrisse il libretto della sua prima opera, Il Vojvoda (1868). Risalgono a questo
periodo anche le opere Ondina (1869) e L'ufficiale della guardia (1872); le prime tre sinfonie: Sogni d'inverno (1868); Piccola Russia (1873),
Polacca (1875); l'ouverture Romeo e Giulietta (1869; rivista nel 1870 e nel 1880); il Primo concerto per pianoforte (1875). Il concerto per pia-
noforte era dedicato originariamente a Nicolai Rubinstein, che lo giudicò però ineseguibile. Profondamente offeso, Cajkovskij apportò ampie mo-
difiche al lavoro e lo dedicò questa volta al pianista tedesco Hans von Bülow, che lo eseguì nella sua prima tournée negli Stati Uniti (1875-76). Ru-
binstein in seguito riconobbe i meriti della composizione riveduta e la inserì nel suo repertorio; ancora oggi è uno dei concerti per pianoforte più
popolari e più eseguiti. Dopo il fallimento della relazione con la cantante belga Désirée Artot, nel 1877 Cajkovskij sposò Antonina Miljukova, anche
per mascherare agli occhi dell'opinione pubblica la sua omosessualità. Il matrimonio dura poche settimane e si conclude drammaticamente: la
moglie è internata in un manicomio, Cajkovskij tenta il suicidio, poi va a curarsi in Svizzera. Prostrato psichicamente, si riprende grazie all’aiuto
della ricca ereditiera Mme von Meck, l’“amica amatissima” che gli assicura un vitalizio, a cui si aggiunge presto quello personale dello zar. La sicu-
rezza economica gli consente di condurre un’esistenza più serena e di dedicarsi maggiormente alla composizione. Al fertile periodo in cui fu in rela-
zione con Madame von Meck appartengono le opere Evgenij Onegin (1878, libretto di A. Puškin), La pulzella d'Orléans (1879), Mazeppa
(1883) e La maliarda (1887). In questa fortunata stagione compositiva scrisse anche balletti Il lago dei cigni (1876) e La bella addormentata
(1889); le Variazioni rococò per violoncello e orchestra (1876) e il Concerto per violino (1878); i lavori orchestrali Marcia Slava (1876), Francesca da Rimini (1873), la Sinfonia n. 4
(1877), l'Ouverture 1812 (1880), Capriccio Italiano (1880), la Serenata per archi (1880), la sinfonia Manfred (1885), la Quinta sinfonia (1888), l'ouverture-fantasia Amleto (1885) e
numerose liriche. Dal 1887 al 1891 Cajkovskij tenne numerose tournée nelle maggiori città europee e statunitensi. Compose inoltre una delle sue opere migliori, La dama di
picche (1890, da Aleksandr Puškin) e il celebre balletto Lo schiaccianoci (1891). All'inizio del 1893 cominciò a lavorare alla Sesta sinfonia, poi intitolata Patetica. La prima
esecuzione, a San Pietroburgo il 28 ottobre 1893, sotto la direzione del compositore, ricevette un'accoglienza fredda / Nonostante la matrice russa della loro ispirazione, le o-
pere di Cajkovskij hanno un carattere cosmopolita che le colloca nel solco del romanticismo europeo. Come il suo contemporaneo Rimskij-Korsakov, Cajkovskij era un orche-
stratore straordinariamente dotato; i suoi balletti, in particolare, contengono spettacolari effetti timbrici, e sono ancora oggi i capisaldi del repertorio per balletto. Il lago dei
cigni e La bella addormentata, composti a stretto contatto con il coreografo Marius Petipa, spiccano per intensità melodica e brillantezza strumentale / Cajkovskij estese la
portata del poema sinfonico e dei suoi lavori all'interno di questo genere, comprese le ouverture Romeo e Giulietta e Amleto, sono notevoli per la ricca evocazione melodica
dell'atmosfera dei drammi di William Shakespeare / Le sinfonie, divenute molto popolari grazie alla orecchiabilità delle melodie, possiedono una notevole forza nello svilup-
po tematico / Nelle opere liriche migliori, come Evgenij Oneghin e La dama di picche, il compositore fece sfoggio di melodie dalla forte struggenza per dipingere in maniera
concisa ed efficace situazioni drammatiche / Molte sue composizioni, come Lo schiaccianoci (balletto e suite, 1891 - 92), il Secondo concerto per pianoforte e orchestra (1880), il
Quartetto per archi n. 3 (1876) e il Trio per violino, violoncello e pianoforte (1882), sono caratterizzate da passaggi fortemente melodici in cui sezioni di profonda malinconia
spesso si alternano a movimenti di danza derivati dalla musica popolare / Il suo pianismo attinge a piene mani dall’esempio virtuosistico lisztiano.

L’OPERA

Composizioni orchestrali: 6 sinfonie, tra cui: Sinfonia n. 2 in Do minore op. 17 (Piccola Russia), 1872 - 1879. Sinfonia n. 4
in Fa minore op. 36, 1877. Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64, 1888. Sinfonia n. 6 in Si minore
op. 74 (Patetica), 1893. Romeo e Giulietta, ouverture fantastica, 1869, rev. 1880. Francesca da
Rimini, fantasia sinfonica op. 32, 1876. Capriccio italiano op. 45, 1880. Serenata in Do per
orchestra d’archi op. 48 (Mozartiana), 1880. Ouverture op. 49, 1880. Manfredo, sinfonia op.
58, 1885
Composizioni per balletto: Il lago dei cigni op. 20, 1876. La Bella addormentata op. 66, 1889. Lo schiaccianoci op. 71,
1892
Concerti: 3 Concerti per pianoforte ed orchestra, n° 1 op. 23, 1875. N°. 2 in Sol op. 75, 1893. N° 3 (in un tempo) in Mi b op.
75, 1893. Concerto in Re per violino op. 36, 1878. Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33,
1876

Composizioni vocali: 11 opere, tra cui: Eugenio Oneghin op. 24, 1878. La dama di picche op. 68, 1890. Iolanta, 1892.
Varie melodie per voce e pianoforte
Musica da camera: Per complessi vari: Tre quartetti per archi (op. 11, 1871; op. 22, 1874; op. 30, 1876) . Trio con pianoforte
op. 50, 1882. Sestetto per archi op. 70 (Souvenir de Florence), 1887-1890.
Per pianoforte: Grande sonata per pianoforte in Sol op.37, 1878. Le Stagioni. L’album dei fanciulli
11 XXXI
IL NAZIONALISMO IN BOEMIA, UNGHERIA, NORVEGIA, FINLANDIA E SPAGNA.

BOEMIA
I moti insurrezionali del 1848 coinvolsero anche la Boemia che, insieme alla Moravia, rivendicò all’Austria condizioni di parità con tutti gli altri popoli
sotto il dominio austriaco / In Boemia vi erano tradizioni musicali ricche databili a prima del 1700, e Boemi erano la maggior parte degli orchestrali che formarono la leg-
gendaria orchestra di Mannheim guidata da Stamitz / Con la fondazione del primo teatro musicale ceco, nel 1862, iniziò la storia del nazionalismo musicale boemo. Smetana
e Dvorak furono le personalità musicali più importanti e le loro opere furono le prime ad essere rappresentate nel teatro musicale ceco.

BEDRICH SMETANA (Litomysl 1824 - 1884 Praga) ANTONÍN DVORÁK (Nelahozeves, Praga 1841-1904)

20 21
Figlio di un violinista dilettante compì gli studi musicali a Praga, Uno dei più importanti musicisti europei dell'Ottocento
dove nel 1840 conobbe Franz Liszt, di passaggio per alcuni con- e il maggior rappresentante della scuola nazionale
certi, e nel 1846 Hector Berlioz. Dopo un anno dedicato all’attivi- ceca insieme a Smetana. Da bambino studiò il violino
tà concertistica in giro per l'Europa, tornò a Praga nel 1848 con e, dal 1857 al 1859, frequentò la scuola di organo di
l'idea di fondare una propria scuola di musica, aiutato nel pro- Praga; quindi entrò nell'orchestra del Teatro nazionale
getto da Liszt stesso. Nel 1850 accettò di diventare maestro di della città boema. La sua vocazione sinfonica si deline-
pianoforte dell'imperatore Ferdinando I, trasferitosi a Praga a sotto l'influenza della musica tedesca e in particolare
dopo l'abdicazione; in seguito, scontento del clima politico e cul- del modello formale di Brahms. I primi riconoscimenti li
turale della sua patria, accettò la direzione dell'orchestra della ebbe nel 1873, con la cantata Hymnus, e cominciò ad
Società Filarmonica di Göteborg, in Svezia, incarico che manten- affermarsi a livello internazionale nel 1878 con la pub-
ne dal 1856 al 1861. Nel 1863 Smetana si ristabilì definitivamente blicazione della prima serie delle Danze slave. Dal 1892
a Praga, dove fondò un'altra scuola di musica e divenne diret- al 1895 fu direttore del National Conservatory of Music
tore della società filarmonica Hlalol. Nel 1866 fu nominato diret- di New York. Negli Stati Uniti subì il fascino degli spiritual e della musica dei
tore dell'allora nascente Teatro d'Opera ceco, ma nel 1874 rassegnò le dimissioni per disturbi nativi americani. Due delle sue composizioni più famose, la Nona sinfonia
all'udito, cosa che non gli impedì tuttavia di continuare a comporre fino alla morte / La “Dal Nuovo Mondo” e il Quartetto in fa, detto Americano, furono composti in
sua musica, così suggestivamente melodica, trae dal repertorio di danze popolari e canti America nel 1893; pur non contenendo veri e propri temi ispirati alla tradizione
boemi quella vitalità che consente al compositore di ritrarre la vita e i costumi della sua nera o dei nativi, le loro melodie hanno una profonda affinità di struttura e di
terra come nell'opera comica La sposa venduta (1866) e nel ciclo di sei poemi sinfonici spirito con questi tipi di musica. Dvorák tornò in Boemia nel 1895 e nel 1901 di-
Ma Vlast (La mia patria, 1874 - 1879), due dei quali, La Moldava e Dai prati e dai boschi venne direttore del Conservatorio di Praga. Le prime opere di Dvorák furono
di Boemia, sono spesso eseguiti da soli / La produzioni operistica di Smetana comprende influenzate anche dalla musica di Schubert e di Beethoven; per tutta la sua
carriera subì in una certa misura l'influsso di Wagner, specialmente nelle opere
sette opere fra cui: I brandeburghesi in Boemia (1866), Dalibor (1868), Libussa (1872),
liriche, alle quali si dedicò con particolare interesse nel corso degli ultimi anni.
Le due vedove (1874), Il bacio (1876), Il segreto (1878) e Il muro del diavolo (1882). I Attinse alla musica popolare ceca e slava, e la sua produzione matura riflette
poemi sinfonici, molto aderenti allo stile lisztiano, includono Riccardo III (1858) e Haakon una profonda coscienza nazionale / La sua ricca produzione comprende 9
Jarl (1861). Tra le altre composizioni vi sono un trio per violino, violoncello e pianoforte sinfonie (1865 - 1893); molti brani pianistici (celebre è l'Humoresque, 1894);
(1855), due quartetti per archi, di cui il primo (1876), detto anche Dalla mia vita, in mi mi- due serie di Danze slave (1878 e 1886) per pianoforte a quattro mani
nore, e il secondo (1882) in do minore, pianistici per coro e Lieder / Fervente patriota e (successivamente da lui stesso orchestrate); alcune opere, tra cui Il giacobino
discepolo di Liszt, egli si fa portavoce di uno stile musicale nuovo, che ricrea i modelli occi- (1887 - 88), Rusalka (1901) e Armida (1904); 5 poemi sinfonici; l'oratorio
dentali con l'apporto vitale della tradizione popolare. Riesce a elaborare un vero e auto-
nomo linguaggio nazionale boemo, in primo luogo nel teatro musicale / La sposa vendu-
Santa Ludmilla (1885-86); musica da camera; cantate; messe; un concerto per
pianoforte, uno per violino e una corposa serie di Lieder. Rilevante è anche la
ta (1863-1866) è una gustosa e colorita sagra paesana intessuta di vivaci danze popolari,
sua produzione per coro a cappella e con orchestra, come lo Stabat Mater
realizzata con un linguaggio solidamente classico, ricco di brillanti spunti originali / La
(1881) che nell’esecuzione londinese decretò il suo successo su scala internaziona-
valorizzazione della cultura e delle tradizioni boeme si approfondisce nel ciclo di sei poemi
le, il Requiem op. 89, ed il Te Deum op. 103.
sinfonici La mia Patria (1874-1879), appassionato omaggio alla natura, alle tradizioni e alla
storia della propria terra, dettato da una profonda ispirazione lirica e drammatica.

12 XXXI
UNGHERIA 23

FERENC ERKEL (Gyula 1810 - 1893 Budapest)

22 Figlio di una famiglia di musicisti e di inse-


gnanti, ricevette la sua prima formazione
musicale in patria fra il 1822 ed il 1834; fu un 24
eccellente pianista, nonché compositore e
direttore d’orchestra; a lui si deve la prima
esecuzione assoluta in Ungheria del concerto
in mi bemolle di Chopin / Nel 1834 si trasferì
a Pest, ove svolse una intensa vita musicale, e
nel 1838 fu nominato Kappelmaister nel pri-
mo Teatro Nazionale ungherese / La sua
fama come compositore si cominciò ad av-
vertire intorno al 1840, e di questo periodo
sono le prime due significative opere per il
teatro, fra cui Hunyadi Làszlò (che divenne
l’opera nazionale ungherese più famosa), ed
il Lied corale patriottico Manhurf; suo è l’in-
no nazionale ungherese / Insieme al grande
pianista Franz Liszt egli può essere considera-
to il padre del nazionalismo musicale ungherese; fondo dell’Accademia musicale
insieme a Liszt, bella di essere un in seguito / Nel 1884 venne inaugurato il tea-
tro dell’opera di Budapest con una sua opera / Gli anni delle sanguinose repres-
sioni dovute alle lotte di liberazione della propria patria, lo segnavano profon-
damente, ed egli dopo il 1850 ritornò alla composizione ma molto provato e non
più con quella freschezza ed originalità che aveva contraddistinto la sua prima
produzione / Le sue opere liriche sono tutte di argomento storico, ed hanno un
impianto formale nonché sinfonico di chiara matrice wagneriana / Erkel fu il
musicista a cui toccò una delle sorti più sfortunate: nonostante la sua rilevante
produzione compositiva nella quale si annoverano 9 opere per il teatro musicale,
il suo nome è rimasto a lungo e a tutt’oggi quasi sconosciuto al di fuori dell’Un-
gheria; non riuscì a far conoscere sui palcoscenici internazionali la musica, cioè la
storia musicale del suo paese. Lo stesso Franz Liszt, suo amico oltre che contem-
poraneo, non ebbe modo di appoggiarlo nel suo desiderio cosmopolita, anche Anne de la Grange nel ruolo di Erzsèbet, litografia. Nel 1850 il celebre
soprano francese Anne de la Grange fu ospite del Teatro Nazionale
perché la lingua ed il suo stile di vita molto introverso, a differenza dell’amico ungherese (tanto in vari ruoli da protagonista nelle opere di Rossini,
Liszt, non furono certo favorevoli a ciò. Bellini e Meyerbeer). Il pubblico molto entusiasta della sua voce, la
volle sentire anche in un’opera ungherese; cosìcchè ella cantò la parte
della madre di Hunyadi Làszlò nell’opera omonima di Erkel. Il compo-
sitore ungherese per questa occasione scrisse espressamente per lei in
un’aria molto virtuosistica, adatta al suo tessuto vocale, che entrò presto
nella prassi teatrale come “Aria della Lagrange”. Durante la sua straor-
dinaria esibizione, ella venne ritratta nel costume nazionale ungherese
da uno dei più celebri artisti del XIX secolo.

13 XXXI
NORVEGIA EDVARD GRIEG (Bergen 1843 - 1907)
FINLANDIA
Il più importante compositore norvegese. Figlio di un’agiata famiglia viene inizia-
to allo studio della musica dalla madre, ottima cantante e pianista di talento. Su
consiglio del violinista Ole Bull si perfeziona per quattro anni, dal 1858 al 1862, al
JOHAN JULIUS SIBELIUS (Hämeenlinna 1865 - Järvenpää, Helsinki 1957)
Conservatorio di Lipsia, dove viene in contatto con il mondo del romanticismo
25 Il più importante compositore finlandese. tedesco e in particolare con Schumann e Mendelssohn, che esercitarono una forte
Dopo aver studiato al Conservatorio di Hel- influenza su di lui. Grieg rinuncia tuttavia alle grandi forme sinfoniche a favore di
sinki, si trasferì a Vienna per studiare com- composizioni più breve e raccolte, di intimistica sensibilità. Tornato in patria,
posizione. Insegnò teoria al Conservatorio di prende profonda coscienza della cultura musicale scandinava, impegnandosi
Helsinki dal 1892 al 1897, da allora in poi si nello studio del folklore e fondando a Oslo nel 1867 un’Accademia musicale nor-
dedicò unicamente alla composizione, riti- vegese. Entrò nei circoli artistici e letterari nazionali, nel comune interesse per la
randosi (con l'eccezione di rari viaggi all'e- 26
storia e le tradizioni patrie, ed entra in rapporto d’amicizia con i maggiori lette-
stero) a Järvenpää, nei pressi di Helsinki / rati del tempo quali Bjorson e Ibsen. Collabora con quest’ultimo, conosciuto du-
Oltre a essere il più importante compositore rante un soggiorno a Roma, componendo le musiche di scena per il dramma Peer Gynt. Ripetuti soggiorni
finlandese, Sibelius è considerato anche uno in Italia e in Germania gli consentono di allargare il proprio orizzonte culturale e artistico: è in contatto con
dei maggiori musicisti sinfonici del XX secolo. Liszt e Wagner, di cui è entusiasta ammiratore. Risente dell’influsso del sinfonismo tedesco, come nell’appas-
La sua musica si ispira soprattutto alla na- sionato Concerto per pianoforte e orchestra, ma dedica il suo più profondo impegno allo studio dei motivi
tura e alle leggende del suo paese, simbo- popolari della propria terra che rielabora in un linguaggio per quanto possibile autonomo dagli schemi euro-
leggiate dal poema finnico Kalevala, e, pei / Grieg infonde al patrimonio folklorico norvegese uno stile ispirato e intimistico, tutto venato di malinco-
pur non incorporando direttamente brani popolari, ne impiega molti nici colori, in cui si riconosce il particolare paesaggio dei fiordi, come quello di Hardanger, dove il compositore
tratti ritmici e melodici caratteristici. Uno dei suoi lavori sinfonici più ha soggiornato / Grieg è il vero iniziatore della scuola norvegese: per tutti gli anni ‘70 dirige a Oslo una so-
famosi, il poema Finlandia (1899; riveduto nel 1900), fu oscurato
cietà musicale finalizzata alla diffusione della musica nazionale. La moglie Nina Hagerup, sposata nel 1867,
dalla censura russa, perché suscitava un eccessivo fervore patriottico diventa l’interprete più appassionata dei suoi Lieder, intima evocazione del mondo popolare nordico. Per i
tra i finlandesi / Lo stile di Sibelius si caratterizza per l'uso frequente suoi meriti artistici, Grieg ottiene dal governo norvegese una pensione a vita che gli consente di dedicarsi in
di brevi motivi, continuamente trasformati, che divengono melodie prevalenza alla composizione. Nel 1898 organizza il primo festival di musica norvegese a Bergen, ritirandosi
compiute. La sua concezione della sinfonia fu complementare a dal mondo ufficiale, pur circondato dalla stima e dall’affetto in patria e all’estero. Le Università di Cambri-
quella di Mahler / Per Sibelius di fondamentale importanza era la dge e Oxford gli conferiscono la laurea in musica honoris causa. Alla sua morte venne dichiarato il lutto na-
"logica profonda che crea un legame tra tutti i motivi". Se le sinfonie zionale / Egli liberò la musica norvegese dai predominanti influssi tedeschi e francesi e le conferì un carattere
di Mahler sono connotate dall'espansione della forma, che riprende e spiccatamente nazionale / Notevole la sua originalità in campo armonico, dove le novità non nascono da
prosegue l'esempio di Ludwig van Beethoven, le sinfonie di Sibelius, una ricerca solo formale ed espressiva, ma prendono corpo dallo studio attento e amoroso del canto e della
al contrario, presentano una marcata tendenza verso l'austerità e la danza popolare. In questo Grieg preannuncia Bartok e De Falla e si pone come un precursore dell’etnomusi-
compressione della forma: Sibelius condensò i primi due movimenti cologia, che avrà un ruolo determinante nell'avanguardia novecentesca / All’espressione popolare Grieg con-
della sua Quinta sinfonia e i tradizionali quattro movimenti della
ferisce una veste armonica tenue e raffinata, essenzialmente lirica, che racchiude con intensa concisione un
Settima in uno solo / Tra le principali opere del compositore finlan-
particolare stato d’animo, una fresca e rapida impressione. Il potere di suggestione racchiuso nella musica di
dese vi sono 7 sinfonie (1899-1924) e i poemi sinfonici Una Saga Grieg, se evoca l’ambiente nordico caro all’autore, storicamente rappresenta un’emancipazione dal sinfoni-
(1892; riveduto nel 1901), Il cigno di Tuonela (1893), Corsa nottur- smo tedesco e mostra caratteri originali che precorrono stili più moderni, come quello di Debussy e dell’im-
na e alba (1909), Le ninfe dell'Oceano (1914) e Tapiola (1926). pressionismo francese.
Scrisse anche un concerto per violino (1903), musica da camera e
corale, brani per pianoforte e varie canzoni. Tra le diverse musiche di L’OPERA
scena da lui composte si ricorda Kuolema (La morte, 1903) che con- Composizioni orchestrali: Sinfonia in Do minore, 1864. In autunno, ouverture da concerto op. 11, 1868. Danze norvegesi op. 35, 1881
tiene la celeberrima Valse triste. Holberg suite op. 40, 1885. Peer Gynt suite n. 1 op. 46, 1888. Peer Gynt suite n. 2 op. 51, 1891. Sigurd
Jorsalfar, musica di scena op. 52, 1892. Danze sinfoniche op.64, 1898. Suite lirica, 1904.
Concerti: Concerto in La minore per pianoforte e orchestra op.16, 1868.
Musica da camera: Sonata in Mi minore per pianoforte op.7, 1865. 70 pezzi lirici per pianoforte, 1867-1901. Danze norvegesi per
pianoforte a 4 mani op.35, 1881. Arie di danze popolari norvegesi (1902). Tre sonate per violino e pianoforte,
1865, 1867, 1883. Quartetto in Sol minore op.27, 1878. Sonata per violoncello e pianoforte, 1883

14 XXXI
SPAGNA La nazione spagnola è stata presente a tratti all’interno dell’evoluzione storica della musica. Nella metà del
1800 era in voga la Zarzuela, l’equivalente spagnolo del Singspiel tedesco. La scuola nazionale spagnola, in
musica, nacque dietro iniziativa di alcuni grandi musicisti catalani residenti a Parigi, e si cominciò a definire alla
fine del 1800. Questi musicisti, grandi concertisti, erano Pablo de Sarasate (violinista), Francisco Tàrrega
(chitarrista), i quali affiancarono le ben più note personalità di Albeniz e di Granados / La musica legata
alla scuola nazionale spagnola presenta un carattere evidente, dato dai numerosi ritmi, dalle numerose danze e
forme in genere (come la Jota, la Copla, il Fandango ecc.), e dalle melodie legate alla musica popolare spa-
gnola, alle vicende storiche ed alla cultura propria della regione iberica.

FELIPE PEDRELL (Tortosa 1841 - Barcellona 1922)


ENRIQUE COSTANZO GRANADOS Y CAMPINA
La figura più importante legata alla rinascita dell’interesse musicale (Lérida, Catalogna 1867 - Canale della Manica 1916)
della Spagna. Si dedicò allo studio della tradizione polifonica spa- 28 Fu un grande pianista concertista e compositore. Studiò
gnola, curando l'opera omnia di Tomás Luís de Victoria, e al canto con Felipe Pedrell, e dal 1889 visse a Barcellona tenendo
popolare iberico, col Cancionero musical popular español in 4 concerti e insegnando musica. Il suo capolavoro è la suite
volumi (1919-1922), frutto di ricerche filologiche che anticipano quel- per pianoforte Goyescas comprendente 6 brani: Los Re-
le sul folclore ungherese di Béla Bartók. Egli asseriva che la tradizio- quiebros, Coloquio en la Reja, El Fandango de
ne popolare di un paese doveva essere la base della sua musica Candil, Queja o la Maja y el Ruiseñor (il suo brano
colta. Nel 1891 pubblicò lo scritto Por nuestra musica, in cui pone-
più famoso),El Amor y la Muerte, Serenata del E-
va le basi per la rinascita del dramma musicale spagnolo. I punti
27
essenziali individuati da Pedrell erano l'uso della lingua spagnola, la spectro (2 voll., 1912, 1914), ispirata alle opere del pittore
trattazione di temi tratti dalla storia nazionale, il riferimento alle spagnolo Francisco Goya. Alcuni temi della suite furono in
tradizioni e ai costumi del paese. Un'applicazione pratica di questi principi fu la trilogia seguito usati in un'opera, anch'essa intitolata Goyescas
Els Pireneus, del 1902, la cui importanza storica fu maggiore di quella musicale. Pedrell (1916), che contiene il famoso Intermezzo per orchestra.
fu infatti considerato un punto di riferimento da musicisti della scuola nazionale spagnola Tra le altre composizioni vanno ricordate le 17 Danzas
come Granados e De Falla. españolas per pianoforte / Il suo pianismo attinge a piene mani dalla scuola vir-
tuosistica lisztiana, ed è proteso verso una ricerca timbrica e coloristica assolutamen-
te originale. Squisiti sono i suoi effetti pianistici che evocano, quasi madrigalistica-
mente, immagini o movenze particolari; celebre è, ad esempio, l’imitazione dell’usi-
ISAAC ALBENIZ (Campród, Catalogna 1860-1909)
gnolo nel quarto brano dei Goyescas / Il suo stile incarna semplicità armonica a
Compositore e pianista, uno dei principali autori spagnoli dell'Ottocento. grande virtuosismo pianistico, unito a scelte ritmiche esplicitamente iberiche.
È noto soprattutto per le composizioni pianistiche, in cui si avverte forte-
mente lo spirito del folclore musicale del suo paese. Iniziò da bambino lo
studio del pianoforte, con risultati di grande rilievo. A tredici anni fuggì 30
di casa per esibirsi come pianista itinerante in America Latina. In seguito
studiò al Conservatorio di Bruxelles (1875-1878), perfezionandosi poi con
Franz Liszt (1878) e nel 1883 con il compositore nazionalista spagnolo
Felipe Pedrell. Nel 1892 si stabilì a Parigi, dove poté dedicarsi con conti-
nuità alla composizione e dove strinse amicizia con i principali esponenti
29
del mondo musicale del tempo, come Claude Debussy, Gabriel Fauré,
Paul Dukas, Vincent d'Indy. La sua produzione comprende musica tea-
trale, sinfonica, musica da camera e pianistica. La produzione pianistica rappresenta la sua
cifra più significativa; fra le numerose composizioni per pianoforte si annovera la Suite E-
spañola, la serie di danze España, ecc. Il suo capolavoro è la suite per pianoforte Iberia in
4 quaderni(1906-1909), evocativa, virtuosistica e musicalmente complessa. Tra le composizio-
ni non pianistiche degna di nota è l'opera Pepita Jiménez (1896). Albeniz al pianoforte in una rara fotografia de 1908 in compagnia di sua figlia.

15 XXXI
LA SECONDA GENERAZIONE
Sulla scia dei compositori già discussi, nei primi decenni del 1900 da
più parti d’Europa venne continuata ed ampliata la corrente nazio-
nalistica. Ma la loro posizione, ed il loro modo di operare cambiò; essi
non si limitarono a trascrivere o riportare etnie musicali all’interno MANUEL DE FALLA (Cadice 1876 - Alta Gracia, Argentina 1946)
delle forme “colte”, ma attuarono una più profonda compenetrazio- 32
Figura di spicco del nazionalismo musicale spagnolo. Fu un talento precoce,
ne delle tradizioni musicali tout court. A tal proposito risulta molto studiò composizione con il musicologo Felipe Pedrell. Dal 1905 al 1907 insegnò
chiarificatrice la deduzione di C. Debussy: pianoforte a Madrid e, dal 1907 al 1914, visse a Parigi. Stabilitosi di nuovo in
Spagna vi rimase sino allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando si
“- I musicisti ottengono migliori risultati nel trattare la musica po- trasferì in Argentina. Sotto l'influenza di Pedrell, De Falla sviluppò uno stile
polare non quando fanno uso di melodie popolari, ma allorché ne nazionalistico che caratterizzò in maniera del tutto originale le sue composi-
penetrano l’essenza assorbendone le origini e scrivendo musica pro- zioni / In generale i suoi temi non adottarono mai in maniera evidente i
pria -” canti popolari spagnoli, ma li ricrearono interpretandone pienamente lo spi-
rito. Un'ulteriore componente fondamentale della musica di De Falla è data
dall'influsso dell'impressionismo, che egli assimilò da Claude Debussy e Mauri-
LEÓŠ JANÁCEK (Hukvaldy, Moravia 1854 - Ostrava 1928) ce Ravel, da lui frequentati durante il soggiorno parigino / La sua produzio-
Compositore ceco, noto per il suo stile deriva- ne annovera le Siete canciones populare españolas per canto e piano-
31
to dalla musica popolare morava. Dopo gli forte (1912), i balletti El Amor Brujo (L’amore stregone, 1915), e Il cappello a tre punte (1919,
studi in Russia, in Germania e in Austria, di- tratto da Alarcón); le Notti nei giardini di Spagna (1909 - 1915) per pianoforte e orchestra, un
resse la Filarmonica ceca (1881-1888); fondò la
concerto per clavicembalo e cinque strumenti (1923 - 1926). Nella produzione operistica si eviden-
scuola organistica di Brünn (odierna Brno)
zia La vita breve (1913) e l’opera da camera Il teatrino di mastro Pietro (1924). Notevole fu
dove insegnò dal 1882 al 1920, prima di pas-
sare al Conservatorio di Praga (1920-1925) / la sua produzione chitarristica.
Fu il primo a maturare uno stile musicale
basato sull’impiego molto personale del can-
to popolare (cecoslovacco). Raccolse musica
popolare e per breve tempo pubblicò una ZOLTÁN KODÁLY (Kekskemét, Ungheria 1882 - Budapest 1967)
rivista di folclore / Il suo stile compositivo, Compositore, etnomusicologo, figura di spicco della musica e,
forgiato su basi popolari assolutamente ori- 33 soprattutto, della didattica ungherese; egli utilizzò il canto po-
ginali approda ad linguaggio musicale im- polare come mezzo educativo oltre che come mezzo comunica-
perniato sull’intonazione del canto popolare, e poggiante su di una con- tivo: egli spogliò il canto corale da tutte quelle complicazioni
cezione ritmica, armonica e melodica, molto diversa da quella della linguistiche che non lo rendevano fruibile al grande pubblico /
tradizione colta europea: il suo linguaggio musicale è strettamente le- Dopo gli studi a Budapest, dal 1905, insieme a Béla Bartók,
gata a quello verbale ed alle suggestioni drammatiche che questo com- oltre a condividere un accesso spirito di ribellione antiasburgica,
porta / Raggiunse la fama internazionale con l'opera Jenufa (1904, raccolse in modo sistematico la musica folcloristica della campa-
rivista nel 1916), influenzata, come la Messa Glagolitica (con l’Ordina- gna ungherese / Nelle sue composizioni, Kodály citò o imitò
rium Missæ in versione slava, 1926), dai ritmi e dagli accenti della lingua forme, armonie, ritmi e linee melodiche della musica popolare
morava / La rinascita del sentimento patriottico alla formazione della del suo paese senza trasfigurarne i contenuti. Tra i suoi lavori si
Cecoslovacchia, nel 1918, coincise con un periodo di intensa creatività: la ricordano il Psalmus Hungaricus (1923), l'opera Háry János
maggior parte dei lavori per cui è noto risalgono all'ultimo decennio (1926), le Danze di Galánta (1933) per orchestra, e la Missa
della sua vita, e questo ne fa a buon diritto un compositore del Nove- Brevis (1945). Egli fu autore di un metodo corale didattico a-
cento. A questo periodo appartengono i due quartetti per archi, il se- dottato dalle scuole musicali di molti paesi ancora oggi, basato sulle melodie popolari e sull’-
stetto per fiati Mladi, le composizioni orchestrali Taras Bulba e la esclusivo impiego della voce.
Sinfonietta, e altre cinque opere tra cui Ká’ta Kabanová (1921), La
volpe astuta (1923) e Il caso Makropulos (1925).

16 XXXI
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PRINCIPALI FORME MUSICALI DELLE
ETA’ BAROCCA, CLASSICA E ROMANTICA

XXXII CAP

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