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le Arti del suono
n. /
sorgenti elettroacustiche
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
isbn 978-88-548-6406-1
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
noti, altri assai poco o per nulla noti. In una prospettiva d’insieme, questi
brani non valgono solo come artefatti estetici aventi proprietà costruttive
determinate, più o meno rilevanti a livello di linguaggio artistico, ma
anche e soprattutto come esempi diversi del “rapporto del musicista col
proprio tempo” (Franco Evangelisti), come esperienze in cui si compie
una “sintesi e ricomposizione di tensioni culturali” nel flusso in trasfor-
mazione delle percezioni e degli ascolti possibili. Se interessa parlarne e
promuoverne una comprensione non è solo per le loro qualità di elabo-
rati artistici, ma perché riflettono pratiche dentro le quali agiscono pro-
cessi di portata ben più che soltanto musicale. La storia, e la posizione dei
singoli in essa, è viva in particolare nel confronto dialettico con le tecni-
che e tecnologie del proprio lavoro, e la varietà dei casi qui esaminati
potrà ben illuminare, crediamo, questo tipo di comprensione.1 Si consi-
deri il contributo di Andrea Arcella, che si pone all’ascolto di un brano
interamente elettronico composto nel 1968 dall’iraniano Alireza
Mashayekhi, avvertendovi i segni (attualissimi) del rapporto problemati-
co e inevitabile di “oriente e occidente”. È ovvio che in ogni prassi musi-
cale gravano elementi della cultura materiale (come si diceva una volta)
dei diversi popoli, elementi che nel quadro delle tecnologie contempora-
nee e dei media elettronici conoscono una particolare ricontestualizza-
zione. Incontro tra civiltà, scambi e fraintendimenti, necessità di mutuo
ascolto – problematiche che non sono state sempre estranee alla speri-
mentazione elettroacustica.2
Si considerino poi le attività di sperimentazione condotte nell’Europa
orientale, per lo più scarsamente documentate, per esempio presso la
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Editoriale
Nei primi anni d’attività del GRM di Parigi e dello Studio per la Musica
Elettronica della WDR di Colonia (parliamo dunque dei primissimi anni
1950) fu avvertito il bisogno di coinvolgere compositori di riconosciuta
statura internazionale, che agli occhi degli allora giovani sperimentatori
elettroacustici rappresentavano una tradizione recente ancora ricca e fer-
tile (e un buon viatico per accreditare la novità dei propri sforzi). A
Colonia fu il caso di Ernst Krenek (Spiritus Intelligentiae Sanctus, 1955), a
Parigi fu quello di Olivier Messiaen, che nel 1952 realizzò al GRM
Timbres-Durées. Composizioni come queste hanno dunque, sul piano sto-
rico, un rilievo particolare, come si vede nel lavoro di Maurizio Romano
su Timbres-Durées. Ricostruendone la struttura combinatoria, anche a par-
tire da segmenti della partitura grafica manoscritta, Romano vede passa-
re, in questa scarna sequenza di “oggetti sonori” catalogati e permutati,
un pezzo di storia del novecento: si tratta in effetti di un ibrido di musica
concreta e musica seriale.3 Vediamo qui come linee e tendenze che sembrano
3 Non fu l’unico esempio del genere, se pensiamo agli etudes composti al
GRM da studenti di Messiaen quali Pierre Boulez (nel 1951) e Karlheinz
Stockausen (nel 1952).
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Editoriale
meccanismi logici (con alcuni aggiustamenti empirici che l’autore non tra-
scura, verificando a suo modo rilievi che il lettore trova anche nel contri-
buto di Rotili). Si tratta di un rilievo non proprio marginale, che fa del bri-
colage del giovane Stockhausen un sintomo particolare di trasformazioni
generali in atto nella società, nell’imminenza di un tempo nel quale si
afferma rapidamente una visione del mondo e una comprensione della
cognizione umana all’insegna dell’information processing e del crescente
computazionalismo. Koenig, d’altra parte, ebbe a sottolineare come la
musica elettronica di Colonia presentasse una strutturazione sistematica e
un automatismo costruttivo che, ereditati dagli sviluppi (allora recentissi-
mi) della musica strumentale seriale, esprimevano un’esigenza di pro-
grammazione e computabilità.4 Un approccio che, dal contesto dei media
analogici del tempo, avrebbe poi proceduto verso esperienze successive
di composizione algoritmica (Xenakis le avrebbe presto praticate a suo modo)
fino alle odierne forme di arte generativa.
Lo studio di Salvatore Carannante si concentra invece sul procedi-
mento di sintesi del suono nella realizzazione Studie II, mettendo da parte
altri aspetti. In effetti, i procedimenti di generazione del suono appaiono
qui, ancorchè semplici concettualmente, di diretta competenza del com-
positore: va allora assegnato loro un valore propriamente estetico e musi-
cale (è quanto in genere accade nei casi più emblematici e importanti di
creatività elettroacustica). È stato ancora Koenig a sottolineare come,
viste anche le limitazioni tecnologiche del tempo, il lavoro portato avanti
nello studio di Colonia consistesse in larga parte nell’escogitare e speri-
mentare soluzioni tecniche, espedienti ingegnosi di generazione e tra-
4 Cfr. per esempio G.M. Koenig, Genesi e forma. Nascita e sviluppo dell’estetica
musicale elettronica, a cura di A. Di Scipio, Semar, Roma, 1995, p.106 e passim. Sul
ruolo della tecnologia elettronica nell’esperienza compositiva dello studio di
Colonia, si veda Gianmario Borio, “Nuova tecnologia, nuove tecniche: l’estetica
della musica elettronica negli anni ‘50”, Quaderni della Civica Scuola di Musica di
Milano, 14, 1999.
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Editoriale
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Agostino Di Scipio
A beneficio del lettore, alcuni esempi e materiali di corredo ai contributi qui rac-
colti sono disponibili sull’appendice online (http://leartidelsuono.altervista.org/).
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ANDREA ARCELLA
MUSICA ELETTRONICA
E TRADIZIONI EXTRAEUROPEE.
SHUR DI ALIREZA MASHAYEKHI
1 Nel libretto del CD in cui appare il brano, Persian Electronic Music: Yesterday
and Today 1966-2006, Sub Rosa (SR277, 2007), è indicato l’anno di composizione
1966, tuttavia tutte le fonti bibliografiche a mia disposizione indicano il 1968.
2 L’arabo è una lingua semitica mentre il farsi è una lingua indoeuropea.
3 In particolare durante i periodi Achemenide e Sasanide.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
2. Alireza Mashayekhi
Nato a Teheran nel 1940, Mashayekhi è considerato uno dei pionieri della
musica contemporanea in Iran. Dopo studi giovanili di composizione e
pianoforte a Teheran, si trasferisce a Vienna6 presso la Akademie für
Musik und Darstellende Kunst. Nel 1965 si trasferisce a Utrecht per
studiare musica elettronica con Gottfried Michael Koenig. Dal 1970
insegna composizione alla Facoltà di Belle Arti di Teheran
La musica di Mashayekhi ha avuto una discreta diffusione ed è stata
eseguita, oltre che in Iran, anche in Europa e negli Stati Uniti. Come tanti
altri musicisti di aree culturali extraeuropee, Mashayekhi s’è dovuto
misurare con due diverse tradizioni musicali: quella del paese di origine e
quella della musica colta europea. Ciò ha dato luogo ad una produzione
variegata. Nel suo catalogo inoltre si affiancano lavori di musica
strumentale con brani elettroacustici, e in entrambi i casi il compositore
appare intento a non dimenticare affatto la musica persiana tradizionale;
una parte importante del catalogo è infatti fatta di lavori che provano ad
intersecare i due mondi con varie tecniche. Ad esempio in un lavoro del
1994, A la recherche du temps perdu (op. 111),7 per pianoforte e orchestra,
vengono utilizzate tecniche modali persiani adattate però al
5 Con l’ascesa al potere di Khomeini, non solo fu chiuso il festival di Shiraz,
ma tutte le attività musicali del paese subirono una battuta d’arresto. Le scuole di
musica furono chiuse o dovettero ridurre le loro attività in ossequio ad alcune
interpretazioni ultraortodosse del Corano che indicano nella musica un elemento
di devianza dalla religione. La repressione si è ammorbidita a partire dagli anni
1990, con la riapertura degli studi musicali all’Università di Teheran.
6 Non è noto l’anno con precisione, ma si può presumere si tratti dei primi
anni 1960.
7 Nel CD Alireza Mashayekhi: Music for Piano, Hermes Records, 2004.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
8 Nel CD Alireza Mashayekhi: Iranian Orchestra for New Music, Hermes Records,
2002.
9 Per questi lavori, rinvio al CD segnalato alla nota 1.
10 Dagli scritti di Robert Gluck si evince che esiste, sulla musica di
Mashayekhi, una letteratura critica in lingua farsi.
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
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3. Analisi di Shur
Si tratta della prima composizione elettroacustica di Mashayekhi,
realizzata all’Istituto di Sonologia di Utrecht, presentata nel 1976 al
festival di Shiraz. Il brano, della durata complessiva di 6'27'', è frutto del
montaggio su nastro magnetico di materiali sonori precedentemente
preparati. Sebbene il compositore non abbia fornito informazioni, è
possibile inferire, a partire dall’ascolto e dalle notizie storiche circa lo
studio di Utrecht (Koenig, 1987; Doati-Vidolin, 1986; Scamarcio, 2009),
alcune ipotesi attendibili relative alla strumentazione e alle principali
tecniche realizzative.
Sono udibili suoni di strumenti persiani: si percepisce chiaramente il
suono di uno strumento ad arco, probabilmente un rebab.12 È certo
l’utilizzo dell’arsenale tipico della musica elettronica analogica del tempo,
con generatori di onde sinusoidali, generatori di rumore, filtri, sistemi di
riverberazione.13
Relativamente ai frammenti di origine strumentale, riscontriamo una
predominanza di elementi melodici – modali e microtonali – organizzati
in configurazioni variamente disseminate all’interno dell’intero brano, in
modo non troppo dissimile da quanto avviene nella musica tradizionale
persiana. La realizzazione si basa sulla sovrapposizione di strati
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
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3.1 Articolazione
L’introduzione si apre con un crescendo di circa un minuto, dove un suono
in glissando ascendente e discendente si sovrappone a vari strati sonori di
origine strumentale, progressivamente più densi. La struttura musicale
appare qui centrata sulle qualità texturali del suono e sulle loro variazioni.
La qualità timbrica degli strati di materiale strumentale, estremamente
dilatati nel tempo, è inizialmente piuttosto confusa; l’origine strumentale
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
forma fosse assai relativo nel dibattito sulla musica elettronica, più
centrato invece sul materiale sonoro (Koenig, 1987). L’articolazione
interna al suono era già considerata come “forma”, l’attenzione si
spostava quindi dalla composizioni con i suoni alla composizione dei suoni.
Certamente Mashayekhi, che si perfezionava in quegli anni a Utrecht, non
poteva essere indifferente a questi temi. Ci si può chiedere quindi come
sia avvenuta la scelta del materiale (e dei metodi della sua elaborazione)
nell’esperienza della sua identità culturale “frammentata”. Una risposta
può essere cercata nel fatto che l’elaborazione elettronica gli offriva la
possibilità di superare l’irriducibilità delle forme, collegata alla sottostante
irriducibilità dei sistemi tradizionali di intonazione (temperamento
equabile da unaparte, altri temperamenti e sistemi di deviazione da essi,
dall’altra).16 Se l’urgenza espressiva è quella di viaggiare sul confine tra
due mondi, essa sarà evidentemente riflessa anche nell’esperienza del
materiale sonoro. Il punto è: quali metodi applicare ai materiali affinché
si abbia l’emergenza unitaria di una forma chiara, e non una banale
giustapposizione? Riteniamo che questo sia stato il nodo problematico
affrontato da Mashayekhi in Shur. La sirena (un suono direi abbastanza
“occidentale”) ha la caratteristica immediata di essere al di là di questo o
quel temperamento: un suono di altezza in glissando senza un riferimento
certo. E inoltre un suono non privo di significato, per chi aveva vissuto la
guerra. Ritengo che la prima idea di ibridazione/mutazione del
compositore sia nata da qui: se questo è un suono occidentale (e
“tragicamente” occidentale), ma senza riferimento ad un sistema musicale
specifico, allora può fare da ponte tra i due mondi. Nel materiale
strumentale, le variazioni microtonali si attuano in effetti mediante brevi
e dinamici glissandi e la stratificazione a diverse velocità di riproduzione
produce un complessivo effetto dinamico, “glissante”.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
notare come i suoni elettronici utilizzati nella parte centrale del brano
siano tutti privi di altezza determinata, salvo il segnale di “annuncio” che
appare nel punto di climax. Semplificando possiamo dire che gli attori
principali sono suoni percussivi ad attacco rapido e fasce di rumore
variamente articolate: in entrambi i casi, suoni di spettro a banda
piuttosto larga. Si crea quindi un dualismo tra i frammenti strumentali, di
cui a tratti sono evidenti le risonanze melodiche, e il carattere di maggiore
indeterminatezza, insomma di rumore, dei suoni generati
elettronicamente. I materiali strumentali risultano quindi elemento
indispensabile che completa e raccorda l’insieme delle altre categorie
sonore evidenziate:
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Andrea Arcella Musica elettronica e tradizioni extraeuropee. Shur di Alireza Mashayekhi
Bibliografia
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Sitografia
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MAURIZIO ROMANO
Premessa
Olivier Messiaen (Avignone 1908 - Parigi 1992) non fu solo uno dei com-
positori più importanti e suggestivi della sua epoca, egli esercitò anche
una vasta influenza sui suoi contemporanei e sulle generazioni seguenti,
sia attraverso le sue opere, sia attraverso la sua attività di docente.
Organista e compositore francese, intollerante nei confronti del gusto
neoclassico dominante,1 con Jolivet, Baudrier e Daniel Lesur, fondò nel
1936 il gruppo Jeune-France. Nel corso degli anni elaborò, con estrema
coerenza intellettuale, un complesso sistema linguistico nel quale i risul-
tati di metodici studi sul ritmo, sul timbro e sulla modalità medievale
(rielaborata ed impiegata in modo assolutamente personale) si uniscono
all’uso di tecniche compositive seriali. I lineamenti della sua poetica, che
si basa principalmente su suggestioni derivate dallo studio del canto degli
uccelli e da un certo misticismo religioso di matrice cattolica, non estra-
neo ad influssi orientali, sono lucidamente riassunti negli scritti Technique
de mon langage musical (1944) e Traité du rhytme (1954). Una caratteristica
sempre presente nella musica di Messiaen, sin dalle prime prove compo-
sitive, è la forte integrazione di intensa espressività emotiva e controllo
intellettuale assoluto e dettagliato del materiale compositivo.
Insegnante all’École Normale de Musique e alla Schola Cantorum e,
dal 1942, docente al Conservatorio di Parigi, Messiaen è stato anche il
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
2 Nel 1951 Pierre Schaffaer, ingegnere e musicista, creò, in seno alla RTF
(Radiodiffusion Télévision Française) il Groupe de Recherches de Musique
Concrète (GRMC) che diventerà poi, nel 1958, GRM (Groupe de Recherches
Musicales).
3 Fred K. Prieberg, Musica ex machina, Einaudi, Torino, 1963, p.133.
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Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
1ª serie
(1) goutte d’eau E2 [f, 2 sedicesimi]. Suono acuto e di breve durata (una goccia
d’acqua, ma quasi un suono di pianoforte), di altezza definita, tra mi e fa sopra-
cuto.
(2) eau E9 [p, 3 sedicesimi]. Leggermente più lungo del precedente, timbrica-
mente simile al suono di un tamburo, ma intonato, circa tre ottave più in basso
del precedente.
(3) philtri riverberé E5[p crescendo-decrescendo, 5 sedicesimi]. Una specie di strofinio,
con molto riverbero, di spettro molto ampio.
(4) jet d’eau E 12 [mf, 7 sedicesimi]. Getto d’acqua.
(5) balais F2, [p crescendo fff, 11 sedicesimi]. Ricorda un motore, che verso la fine
amplia il proprio spettro quasi fino al rumore bianco, crescendo anche di altez-
za e intensità.
(6) trem cymb. chinois grave riverberation pure G9 [ff, 13 sedicesimi]. Un rombo
sordo, statico per tutta la sua durata sia in altezza sia in intensità.
(7) halo aigu riverberation pure G7 [pp, 17 sedicesimi]. Piccolo rintocco metallico
con diminuendo e silenzio seguente, primo e unico elemento fra tutti a conte-
nere delle pause precisamente indicate in partitura.
(8) t.tam ritrogr. grave G3 [pp crescendo fff, 19 sedicesimi]. Un rombo, in cre-
scendo di altezza e intensità.
(9) jet d’eau E6 [mf, 23 sedicesimi]. Messiaen qui usa la stessa definizione data
all’elemento 4, ma aggiunge l’indicazione ritrograd.
(10) tamb. à corde philtri non riverberé (chêvre bêle) F12 [p, 29 sedicesimi]. La capra
bela, come scrive il compositore.
(11) t.tam philtré très grave G6 [ff decrescendo, 31 sedicesimi]. Quest’elemento appa-
re analogo all’elemento 8 (una sorta di rombo), ma stavolta più grave.
2ª serie
(1bis) wood block très aigu B4 [f decrescendo e crescendo]. Si compone di tre colpi sec-
chi, come di legnetti, il primo e il terzo uguali fra loro, mentre quello centrale
con spettro un po’ più ampio e di effetto vagamente “graffiato”; in ritmo palin-
dromo o “non retrogradabile” .
(2bis) aigu la a si 2 très sec (cymb. chinoise) G12 [sfz]. Si tratta di sette colpi percus-
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Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
sivi5, tutti uguali fra loro per timbro e altezza, in ritmo palindromo, come il pre-
cedente.
(3bis) (tambour à friction) aigu/midium/aigu/grave (poulie grince) F8 [ff, mf, ff, p].
“Tamburo a frizione” e “la puleggia cigola”, secondo le definizioni originali di
Messiaen. Il compositore indica una figura con quattro suoni, ma in realtà i due
aigu si avvertono a loro volta suddivisi dalla forma dell’inviluppo. Suoni non
secchi, ad altezze differenti: il primo e il terzo uguali (aigu), con frequenza pre-
minente intorno ai 668 Hz, mentre il secondo (midium) ed il quarto (grave),
rispettivamente intorno ai 366 e ai 194 Hz.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
voluto costituire fra le due serie è che se gli elementi della 1ª serie non
sono quasi mai modificati, rispetto all’originale, tranne che nei due casi
indicati nella statistica della I tabella, gli elementi della 2ª serie lo sono
quasi sempre, nelle durate di 1bis e 3bis, e anche nei suoni del 2bis.
Struttura: permutazioni
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Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
IV
3bis| 6 | 5 | 7 | 4 | 8 | 3 | 9 | 2 | 10 | 1 | 11 |1bis|2bis
Retrogrado della III, per la 1ª serie. Per la 2ª serie, permutazione uguale alla
precedente ma con disposizione anticipata del terzo elemento.
V
6 | 7 | 5 | 8 | 4 | 9 | 3 | 10 | 2 | 11 | 1 |2bis|1bis|3bis
Stessa tipologia di successione della I e II permutazione, ma con partenza dal
centro in direzione degli estremi.
VI
11 | 10 | 9 | 8 | 7 | 6 | 5 | 4 | 3 | 2 | 1 |2bis|3bis|1bis
Serie per moto retrogrado, per la 1ª serie.
VII (elisione di due elementi)
- | - | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |10 |11 |3bis |2bis|1bis
Serie nell’ordine originale ma con l’elisione del 1° e del 2° elemento. La 2ª
serie per moto retrogrado.
VIII (elisione di quattro elementi)
- | - | - | - | 3bis| 3 | 9 | 4 | 8 | 5 | 7 | 6 |2bis|1bis
Stesso ordine della II permutazione, ma con elisione dei primi e degli ultimi
due elementi. La 2ª serie per moto retrogrado ma con l’elemento 3bis ante-
posto alla 1ª serie e gli elementi 2bis e 1bis in coda.
IX (elisione di sei elementi)
- | - | - | - | - | - |2bis | 8 | 4 | 7 | 5 | 6 | 1bis |3bis
Lo stesso meccanismo di alternanza fra II e III viene adoperato fra VIII e
IX, per cui troviamo lo stesso procedimento della precedente ma in direzio-
ne opposta, con un numero però progressivamente maggiore di elementi
elisi. La 2ª serie ha anche qui un elemento anteposto e due posposti alla 1ª
serie.
X (elisione di otto elementi)
- | - | - | - | - | - | - | - |2bis|10 |1 | 11 |3bis|1bis
Elisione di otto elementi della 1ª serie (dal secondo al nono). L’ordine dei
rimanenti è uguale a quello della precedente. Della 2ª serie anche qui un ele-
mento è anteposto alla 1ª serie e due posposti.
XI (elisione di dieci elementi)
- | - | - | - | - | - | - | - | - | - |2bis |3bis| 1 |1bis
Della 1ª serie rimane qui solo il primo elemento, mentre della seconda serie,
questa volta, due elementi sono anteposti e uno posposto.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
XX
3bis|1bis|2bis| 1 | 11 | 2 | 10 | 3 | 9 | 4 | 8 | 5 | 7 | 6
Moto retrogrado della V completa, inclusa la successione e il posizionamen-
to della 2ª serie rispetto alla prima.
XXI
2 bis |1bis| 11 | 1 | 10 | 2 | 9 | 3 | 8 | 4 | 7 | 5 | 6 | 3bis
Moto retrogrado della IV completa, inclusa la successione e il posiziona-
mento della 2ª serie rispetto alla prima.
XXII
2bis |1bis|3bis| 6 | 5 | 7 | 4 | 8 | 3 | 11 (anziché 9)| 2 | 10 | 1 | 11
Moto retrogrado della III completa, inclusa la successione e il posiziona-
mento della 2ª serie rispetto alla prima, ma con un “errore” nell’elemento
evidenziato.
XXIII
2bis|3bis|1bis|6 | 7 | 5 | 8 | 4 | 9 | 3 | 10 | 2 | 11 | 1
Moto retrogrado della II completa, inclusa la successione e il posizionamen-
to della 2ª serie rispetto alla prima.
XIV
3bis|2bis|1bis| 11 | 10 | 9 | 8 | 7 | 6 | 5 | 4 | 3 | 2 | 1
Moto retrogrado della I completa, inclusa la successione e il posizionamento
della 2ª serie rispetto alla prima.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
mine interversioni).7 Esse presentano, come detto, due serie non sempre
esposte nella loro completezza, fino al punto che, nella XII e nella XIII
permutazione si arriva, per sottrazioni successive, alla totale assenza della
1ª serie.
Cerchiamo ora di vedere come e in che misura anche in Timbres-Durées,
lavoro di musica concreta interamente costruito in laboratorio, Messiaen
riesce ad esprimere la
38
Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
esprimere l’idea che Dio è tanto immenso quanto eterno, senza un inizio o una
fine nello spazio e nel tempo (...), due estremità che si fronteggiano e che pos-
sono infinitamente confluire una nell’altra.9
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Conclusioni
Timbres-Durées fu diffuso, attraverso tre canali distinti, per la prima volta
in un concerto di musica concreta al Conservatorio di Parigi nel 1952,
accanto a brani di altri autori, fra i quali Boulez, Schaffaer e lo stesso
Henry che aveva aiutato Messiaen nella realizzazione del suo brano. È dif-
ficile valutare quale sia stata la sua ricezione all’epoca. Sappiamo tuttavia
che, attraverso la sua opera e attraverso il suo insegnamento, Messiaen ha
effettivamente lanciato molti semi destinati a germogliare, anche se in
modo a volte nascosto, in molti giovani compositori, fra i quali senza
dubbio spiccano almeno Boulez, Stockhausen e Xenakis.
Indubbiamente da questo punto di vista il Messiaen più citato e stu-
diato, per quanto concerne la tecnica compositiva, è stato quello di Mode
de valeurs et d’intensités. Così scrive Xenakis:
Già nel 1942, quando insegnava la serie ai suoi allievi Nigg, Boulez e
Martinet, Messiaen consigliò loro di adottare non soltanto serie di frequenze
ma anche serie di intensità, di timbri e di durate. Però, solo nel 1949 egli con-
cretizzò questa fertile idea nel brano per pianoforte Mode de valeurs et d’intensi-
té. Subito tutti i giovani compositori ebbero una sorta di illuminazione e si
lanciarono in composizioni che imitavano o parafrasavano quest’opera.10
E Boulez:
[Messiaen] definirà in egual misura ogni componente con una durata, una
dinamica e una caratteristica di gioco [più propriamente “esecuzione”, n.d.a.].
Ogni nota, allorché compare nel contesto, è dunque un’entità immutata, ed è
10 Xenakis, “La crisi della musica seriale”, in Universi del suono, cit., pp.27-28.
40
Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
il confronto tra queste entità molteplici che crea a un tempo il mondo sono-
ro e la composizione.11
Perché 12 e non 13 o n suoni? Perché non la continuità dello spettro delle fre-
quenze? Dello spettro dei timbri? Dello spettro delle intensità e delle dura-
te?12
41
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Ma fra tutte queste cose, nel XX secolo, che di cose ne ha viste tante, ce n’è
una che colpisce [...]: è la musica elettronica. Credo che sia la principale inven-
zione del XX secolo, ed è stata quella che probabilmente ha più segnato tutti
i compositori. Perché ci sono dei compositori che fanno musica elettronica,
come Pierre Henry, che è uno specialista [...], ma quasi tutti i compositori
hanno subìto l’influenza della musica elettronica, anche se non ne fanno.14
42
Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
1 Sia sulla pagina autografa (qui sopra) che nella ricostruzione proposta nelle
pagine successive ho evidenziato in grigio gli elementi delle serie modificati da
Messiaen rispetto all’esposizione (prima permutazione).
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
2 Per brevità, la ricostruzione qui proposta si limita, come già indicato nel
testo, alle primo otto permutazioni.
44
Maurizio Romano Olivier Messiaen e la musica concreta
45
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
46
IVAN PENOV
ANALISI E RISINTESI DI
ETIUDA NA JEDNO UDERZENIE W TA LERZ
DI WŁODZIMIERZ KOTOŃSKI
47
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
tero lavoro qui illustrato. Si è deciso peraltro di non seguire alla lettera
certi dettagli di partitura, per evitare una certa meccanicità del risultato –
si tratta di una scelta più musicale che scientifica.
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Ivan Penov Analisi e risintesi di Etiuda na jedno uderzenie w talerz di Włodzimierz Kotoński
la colonna sonora che Kotoński preparò nel 1958 per un cartone anima-
to di Hanna Bielinska and Wlodzimierz Haupe, dal titolo Albo rybka…
Da questa esperienza nasceva la primissima idea di quello che diventerà
lo Studio su un solo colpo di piatti, il primo brano elettroacustico “autonomo”
rispetto al rapporto con il cinema (Szlifirski, 1994). Kotoński inizialmen-
te pensava all’impiego di suoni sintetizzati dai generatori di onde sinusoi-
dali. Ma in realtà si dovette attendere il 1962 affinchè si avesse a Varsavia
il primo brano interamente realizzato con generatori elettronici, cioè dB,
Hz , S, composto da Zbigniew Wiszniewski. Gli anni 1960 per lo Studio
di Varsavia sono un periodo di produzione intensa. L’esempio più noto è
forse Musica per nastro e oboe di Andrzej Dobrowolski, che è del 1965. Nel
1963 Kotoński realizzava Mikrostruktury, concentrandosi sulle micropro-
prietà del suono, mentre nel 1961 Krzysztof Penderecki componeva il
suo unico lavoro su nastro magnetico, intitolato Psalmus.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Ivan Penov Analisi e risintesi di Etiuda na jedno uderzenie w talerz di Włodzimierz Kotoński
Risintesi
Fondamentalmente sono solo tre, come abbiamo visto, i processi che agi-
scono sul suono iniziale: trasposizione, filtraggio e controllo dinamico. Il
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 1
Figura 2
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Ivan Penov Analisi e risintesi di Etiuda na jedno uderzenie w talerz di Włodzimierz Kotoński
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54
Ivan Penov Analisi e risintesi di Etiuda na jedno uderzenie w talerz di Włodzimierz Kotoński
instr 1
a1 diskin «E:/Kotonski/PIATTO_1sec_cut_2.WAV», p10
a1 reson a1/p4, p5, p6
a1 butterbp a1, p7, p8
if p9 == 0 igoto salta
salta:
a1 butterbr a1, p11, p12
kenvel linseg p13, p3-gidec, p14, gidec, 0
out a1*ampdb(kenvel)/32768 ; 32768 = -90db
endin
55
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Analisi formale
L’inizio di Etiuda na jedno uderzenie w talerz è del tutto monodico, e solo
dopo 0'30" conosce sviluppi di natura quasi contrappuntistica. La strut-
tura formale complessiva è piuttosto semplice e lineare (figura 3): si
distinguono due parti principali (A e B) seguite da una coda finale.
All’interno di A (fino a circa 0'55") si possono individuare due sezio-
ni: una iniziale interamente monodica, dove i suoni provengono dal solo
canale 2; ed una seconda in cui l’articolazione si fa poco alla volta più
complessa, con polifonia di materiali anche sui canali 1 e 3, e progressivo
accrescimento della densità complessiva dell’articolazione sonora, fino al
gesto finale (unico evento sonoro che proviene dal canale 4).
La seconda parte, B, è divisibile anch’essa in due sezioni. La prima
(fino a 1'30") è caratterizzata da una certa gestualità, pur rimanendo omo-
genea nel timbro generale. Al contrario della parte A, qui i suoni hanno
un decadimento non-lineare, realizzato con diversi modi di tagliare il
nastro magnetico (la partitura però riporta solo due transienti di invilup-
po). Spesso il taglio è fatto in modo da suggerire un’inversione tempora-
le dell’inviluppo decrescente naturale del suono di partenza. La seconda
sezione (fino a 2'03") è più rarefatta e presenta suoni di durata ridotta; un
evento sonoro in crescendo forte chiude la sezione (pagina 13, canale 4).
La coda presenta elementi caratteristici sia di A che di B. Il gesto ini-
ziale (2'03"-2'11") risuona da tutti e quattro i canali, ma converge in un
momento di climax dell’intero lavoro, con un evento caratteristico che
evoca la dinamica di una pallina che rimbalza (pagina 14, canale 3). In
questo gesto, sui canali 1, 2 e 3 sono distribuiti suoni con attacco rapido,
mentre sul 4 suoni con inviluppo “inverso”, quasi a riprendere l’analoga
differenza segnalata a proposito di certi materiali usati nelle due parti
principali del brano. A questo punto il senso di conclusione è tangibile.
L’ultimo suono (che ha una durata “illogica” di 6"), conclude il percorso
con gesto forte e riverberato.
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Ivan Penov Analisi e risintesi di Etiuda na jedno uderzenie w talerz di Włodzimierz Kotoński
Figura 3
Conclusioni
Il lavoro qui esposto evidenzia che, a partire dalle premesse compositive
che abbiamo visto, lo Studio di Kotoński segue in definitiva un decorso
formale piuttosto tradizionale. Non si tratta di una musica di forte astra-
zione, come gli schemi pre-compositivi potrebbero suggerire, perché la
percezione rimane ancorata al materiale concreto di partenza, pur con
varie sfumature.
Questa osservazione è significativa dato che invece gli inizi della musi-
ca elettronica furono per lo più segnati nel senso di un’arte astratta e del
tutto nuova. Lo Studio ci fa vedere come concetti compositivi, allora
nuovi, siano già adeguatamente assorbiti ad una sensibilità musicale sedi-
mentata. Le difficoltà nell’uso dei filtri possono suggerire come le tecni-
che sottrattive non fossero particolarmente produttive e fertili se poste al
servizio del pensiero seriale (in particolare le curve di risposta in fre-
quenza, non facili da controllare al tempo). Le deviazioni rispetto ad un
procedimento integralmente seriale dimostrano che era difficile estende-
re a metodi sottrattivi, nella composizione del suono, l’approccio che
Stockhausen aveva seguito invece con metodi additivi. Nell’insieme, però,
si trattò per Kotoński di un momento proficuo che tornò persto utile in
lavori successivi, sia dal punto di vista artistico sia dal punto di vista del
57
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Bibliografia
Bianchini, R. e Cipriani, A. Il suono virtuale, ConTempo, 1998.
Kohoutek, C. Novodobé skladebné teorie západoevropské hudbĕ, Státní hudební
vydavatelství, 1965.
Kotoński, W. Muzyka elektroniczna, PWM, Krakow, 1975 Kotoński, W., Etiuda na
jedno uderzenie w talerz, PWM, Krakow, 1963.
Kotoński, W. “Gli inizi della musica elettronica in Polonia”, in Musica/Realtà,
n.69, 2002.
Nattiez, J.J. (a cura di) Enciclopedia della musica (Il novecento), Einaudi, 2001.
Sadie, S. (a cura di), Dictionary of music and musicians, Grove, 1980 (VI edizione).
Szlifirski, K. “Electroacoustic music in Poland. Brief history and present time
situation”, 1994 (disponibile al sito http://www.pseme.com/).
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DARIO SANFILIPPO
1. Introduzione
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Dario Sanfilippo Osservare la macchina performante e intonare l’ambiente
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2.1
Microfoni e altoparlanti non sono, dunque, gli unici dispositivi usati.
Come vediamo in figura 1, abbiamo due camere di riverberazione,
ciascuna contenente due microfoni. Una copia dei segnali microfonici
viene registrata su quattro diversi canali, e i segnali originali passano
attraverso quattro filtri in parallelo di cui è possibile cambiare tipologia
(passa-banda o reiezione di banda), frequenza centrale e, possibilmente, il
guadagno. Tramite mixer, i quattro segnali filtrati vengono sommati e il
segnale somma viene in seguito sdoppiato. Una delle due copie arriva a
un “seguitore di inviluppo di ampiezza” (envelope follower), mentre l’altro va
ad un elemento del circuito che, dalla simbologia utilizzata, non è bene
identificabile, ma che in base alle testimonianze di persone vicine a Tudor
(in particolare in base alle conversazioni avute con John Bishop,
assistente alla registrazione del brano in questione al Mills College, e con
Ronald Kuivila) ho motivo di credere sia un particolare modulatore
originariamente costruito da Gordon Mumma. Il segnale in uscita da
questo non meglio specificato modulatore passa in un gate (che sopprime
o lascia transitare il segnale in ingresso, a seconda delle circostanze) e
successivamente arriva ad un filtro passa-alto (che può essere bypassato).
Il segnale a bassa frequenza in uscita dal seguitore di ampiezza prima
descritto viene invece usato per pilotare il modulatore, il gate e il filtro
passa-alto. Nè dalle note contenute nel disco, nè dallo schema è possibile
capire con chiarezza che controllo sia in effetti esercitato su quei tre
moduli, ma un’ipotesi plausibile è che il segnale del seguitore determini la
frequenza di modulazione nel dispositivo di Mumma, l’apertura e
chiusura del gate, e la frequenza di taglio del filtro passa-alto. Il segnale
risultante da tali elaborazioni viene sdoppiato, e una delle due copie passa
in un phase-shifter. Infine, i due segnali ottenuti vengono assegnati ai due
74
Dario Sanfilippo Osservare la macchina performante e intonare l’ambiente
I mostly remember Tudor building up each track very sparsely, waiting many
seconds before opening up the gates and then beautiful, roaring sounds
would appear and gain momentum and a sly smile would appear on his face.
2.2
Facciamo ora un passo indietro. La realizzazione di Microphone al Mills
College è frutto della volontà di Tudor di ricreare una condizione
performativa di cui aveva avuto esperienza tre anni prima. L’idea di
Microphone nasce infatti nel 1970, proprio nel contesto del lavoro svolto
all’Expo di Osaka per il Padiglione Pepsi. Il padiglione consisteva in un
ambiente dalla forma di ¾ di sfera e, tra le altre cose, ospitava un sistema
4Secondo (Fullemann, 1984) si trattava dei filtri Ling, in uso al Mills College
al tempo.
5 Verosimilmente si deve trattare di dispositivi di routing e duplicazione del
segnale sonoro.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Dario Sanfilippo Osservare la macchina performante e intonare l’ambiente
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
2.3
Torniamo alle registrazioni del 1973. Come detto Tudor realizza due
esecuzioni, piuttosto simili tra loro, di circa 33' e 32'. Dal punto di vista
macro-strutturale, la prima caratteristica che si nota in entrambe è che per
tutta la durata abbiamo un alternarsi di pause di silenzio ed eventi sonori
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Dario Sanfilippo Osservare la macchina performante e intonare l’ambiente
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
3. Conclusione
L’analisi dei processi creativi in un lavoro come Microphone ci offre
chiaramente più che delle semplici osservazioni tecniche. Se
confrontiamo i nostri rilievi con molte delle interviste lasciate da Tudor,
troviamo una forte corrispondenza tra pensiero creativo e le pratiche o
processi effettivamente implementati, rivelando una chiara coscienza
della reciproca influenza tra idee, tecniche e tecnologie (Fulleman, 1984).
Nel lavoro di Tudor il musicista instaura un forte rapporto con la
macchina, quasi una forma di rispetto in base alla quale lasciare alla
macchina la possibilità di esprimere una propria personalità (Austin, 1989;
Rogalsky, 1994), ovvero quell’autonomia che può essere trovata nei sistemi
complessi naturali e sociali.
Rientra inoltre nella ricerca di David Tudor il tentativo di far operare
i dispositivi tecnologici in modo diverso da ciò per cui essi sono stati
progettati, quasi a sottolineare appunto l’intento di farli avvertire come
unici, di esaltare il potenziale che già è presente in essi prima della loro
messa in uso (Fulleman, 1984; Hultberg, 1988).
Tudor infine considera l’ambiente come elemento fondamentale dei
suoi lavori, alcuni dei quali presentano un uso esplicito della sua
mediazione acustica e non solo (Fulleman, 1984). Raccontando
dell’esperienza di Osaka, e parlando proprio di Microphone, egli affermava
che « …lo spazio fece tutto da sé… » e che in effetti con la propria azione
performativa egli in fondo « …intonava l’ambiente… » (Austin, 1989;
Fulleman, 1984). Egli era insomma fin da allora interessato a lavorare “in
spazio-reale” oltre che “in tempo-reale” (Di Scipio, 2011), facendo allo
80
Dario Sanfilippo Osservare la macchina performante e intonare l’ambiente
Bibliografia
Cecotto, M. L’estetica del toolkit. Gli strumenti e l’arte di David Tudor, Facoltà di
Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Trieste, 2010
Di Scipio, A. “Listening to Yourself through the Otherself ”, Organised Sound,
16(2), 2011.
Sanfilippo, D. e Valle, A. “Feedback Systems: An Analytical Framework”,
Computer Music Journal, 37(2), 2013.
Sitografia
Chadabe, J. intervista con David Tudor, Tomkins Cove, New York, 08.09.1993
http://davidtudor.org/Articles/chadabe.html
Rogalsky, N., intervista con David Tudor, Tomkins Cove, New York, 02.11.1994
http://davidtudor.org/Articles/rogalsky_inter1.html
81
MARCO GASPERINI
1. Introduzione
Nella storia della musica del nostro tempo, la musica elettronica (da
intendersi, per Berio già nel 1976, come qualcosa di “non-esistente”
perché in pratica onnipresente)1 potrebbe essere considerata il vaso di
Pandora che accoglie in sé tutte le modalità del fare, pensare, ascoltare e
(ahinoi!) “fruire” musica e suoni. Si può parlare di repertori elettroacustici
in rapporto ai quali l’esperienza solo acustica-strumentale non può che
apparire un residuo aus Märchenzeit. Anche laddove più stretto
sembrerebbe il contatto tra artista e pubblico, cioè nelle arene dei concerti
pop, la sovrastruttura mediatica della messa in scena stessa annulla
qualsiasi ipotesi di “immediatezza”. « On n’échappe pas de la machine »
(Deleuze)…
Questa osservazione iniziale è una libera parafrasi da (Eimert, 1957,
p.1) e scaturisce da considerazioni circa le mutazioni avvenute in pochi
decenni in ogni attività musicale in virtù degli sviluppi tecnologici e dei
relativi modelli produttivi di cui è necessario prendere coscienza. Di
fronte alla pervasività della macchina come si deve comportare un
compositore? Non solo in relazione ai mezzi stessi, ma anche a ciò che,
in virtù di quelli, accade a livello di linguaggio musicale. Può essere d’aiuto
vòlgersi, come faremo qui, allo studio di alcuni degli ultimi esempi di
integrità del pensiero musicale europeo, risalenti ad un’epoca storica (anni
83
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
2. Caratteristiche generali
Parliamo dunque di Essay, brano composto e realizzato da Gottfried
Michael Koenig negli studi della WDR di Colonia nel 1957. La prima
esecuzione ebbe luogo appunto a Colonia il 25 marzo 1958.2 Nel
pubblico sedeva un critico allora famoso, Fred Prieberg, che ebbe modo
di definire Essay « un semplice studio preliminare » (Prieberg, 1963,
p.187).
L’opera è costituita da suoni elettronicamente generati e trasformati,
registrati su supporto magnetico ad una traccia, per una durata di circa 8
minuti.3 Le caratteristiche tecniche e formali del brano sono descritte in
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Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
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Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
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Figura 1 Figura 2
Figura 3 Figura 4
90
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Impulso filtrato: la banda passante del filtro è ancor più stretta che nella tipologia
precedente (1% della frequenza centrale, circa un sedicesimo di tono),
determinando in uscita una forma d’onda sinusoidale con attacco istantaneo e
decadimento esponenziale (figura 3). L’inviluppo dovuto al taglio del nastro
serve solo ad eliminare eventuali rumori in fase di rilascio (figura 4). Gli elementi
di questo tipo devono corrispondere ai suoni che la partitura descrive come
evocativi del suono di una campanella.17 Il decadimento esponenziale è molto
caratterizzante laddove la durata degli elementi lo consenta (si ascolti il passaggio
a 3'24", che è l’inizio della parte-E), altrimenti si distingue la porzione d’attacco,
decisamente più ripida rispetto all’attacco dei toni sinusoidali. La pendenza del
decadimento è in relazione di proporzionalità inversa con la durata dell’impulso
e la frequenza centrale; supponendo la durata degli impulsi costante, la durata del
decadimento dipenderà quindi solo dalla frequenza centrale: più elevata la
frequenza centrale, più breve il decadimento.
91
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
92
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Figure 7a e 7b
per le successioni in cui il secondo elemento non fosse un impulso, perché in quel
caso (per via del particolare inviluppo applicato agli impulsi, in figura 4) la durata
del primo suono corrispondeva esattamente al valore indicato in partitura (figura
93
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figure 8a e 8b
7b). Dal punto di vista musicale tale espediente tecnico corrisponde ad un legato
fra suoni successivi (figura 8a). La circostanza non è marginale, nonostante le
apparenze, ed anzi è un importante snodo interpretativo: a questo livello
elementare, ogni aspetto costruttivo ha ripercussioni rilevanti sul suono che verrà
formandosi attraverso le successive operazioni di elaborazione richieste dalla
partitura. Di immediata evidenza è il fatto che, a causa della dilatazione
temporale che si accompagna alla variazione di velocità di lettura del nastro (se
ne parlerà più avanti), in alcuni casi i “transitori di attacco” finiranno per durare
fino a 1.7"!
Nella sua versione digitale, Koenig ha operato una scelta diversa rispetto a
quella descritta, sottraendo alle durate degli elementi le durate delle fasi
transitorie (figura 8b). Come interpreti, oggi ci si trova dunque ad operare una
scelta tra due possibilità, entrambe attestate nella prassi dell’autore.
94
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
95
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
È ora necessario fornire, pur in modo succinto, alcuni rilievi numerici. Del resto,
l’individuazione e ripartizione dei campi d’azione per i vari parametri è
fondamentale per ciò che riguarda la concezione stessa di Essay: si tratta in fin
dei conti della “teoria del suono” assunta dal compositore a fondamento della
costruzione formale. Lo strumento utilizzato da Koenig per individuare e
ripartire i suoi campi tempo-frequenza è la progressione geometrica, cioè una
successione di almeno tre valori tali che il rapporto tra ciascuno di essi ed il
precedente sia costante (Zwirner-Scaglianti, 1993, pp.428-449). I singoli valori
sono detti termini della progressione, ed il rapporto (costante) tra termini
successivi è detto ragione della progressione. Per esempio la successione 3, 9, 27
costituisce una progressione geometrica di ragione 3 composta da tre termini.
In generale una progressione geometrica di n termini si annota come:
dove il termine a viene detto fattore di scala (primo termine della progressione) ed
r è la ragione. Un tipico esempio musicale è rappresentato dal sistema temperato:
l’intervallo di ottava (rapporto di 2:1) viene equamente ripartito in dodici termini
(semitoni della scala cromatica), con ragione pari a
96
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
4.1 Durate
Viene stabilito che la durata del materiale più breve debba essere di 76 cm (poco
meno di 1’). Naturalmente ciò deriva dalla velocità di scorrimento (76.2 cm/s)
del magnetofono.23 Si noti, di passaggio, che questo vuol dire che la definizione
dei livelli strutturali di durata veniva fondato assumendo come costitutivo un
dato del funzionamento della macchina.
Una progressione geometrica di otto termini, con fattore di scala adm = 76 e
ragione rdm = 3:2, determinava i valori di durata dei materiali, ciascuno suddiviso
in un certo numero di sezioni, progressivamente maggiore in funzione della
durata (si veda la Tabella 1).24
Ciascun materiale venne così suddiviso in N sezioni. Le durate delle sezioni per
un certo materiale costituiscono una progressione geometrica di N termini con
ragione 3:2, la cui somma parziale è uguale alla durata tm del materiale stesso:
Data la somma parziale (durata tm di un materiale) dei primi n termini (sezioni) di una
progressione geometrica di ragione rds, sarà necessario calcolare il fattore di scala
ads per ottenere i termini di tale successione, cioè gli effettivi valori di durata delle
sezioni:
97
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Esempio: materiale-C
tmC = 76 cm
N = 3 sezioni (la durata delle sezioni è illustrata in Tabella 2).
rds = 3:2
ads= 16
Le sezioni sono composte, come s’è detto, di otto elementi. Gli elementi-durata di
una certa sezione-durata costituiscono una progressione geometrica con otto
termini di ragione rde la cui somma parziale è uguale alla sezione-durata stessa. La
ragione rde è variabile da una sezione all’altra, in funzione della sua durata, e
assume valori tra 12:11 e 3:2. Ciò è determinato dal fatto che si sarebbero
ottenuti, in certi casi, fattori di scala troppo piccoli utilizzando unicamente il
rapporto 3:2. Koenig stabilì quindi di utilizzare, per il livello elementare,
progressioni con un diverso rapporto costante, ottenendo sezioni costituite da
progressioni geometriche diverse. Si veda per esempio quanto accade per il
materiale-G, suddiviso in dieci sezioni (Tabella 3). Un materiale costituito da un
numero inferiore di sezioni utilizzerà, partendo dal primo, gli N rapporti
necessari. Si veda la Tabella 4 per un esempio completo delle scale di ripartizione
temporale di uno specifico materiale, in questo caso il materiale-C.
Con l’individuazione degli elementi-durata si è giunti al grado minimo di
definizione temporale di Essay. A partire dai materiali-durata si tratta ora di
determinare le scale temporali dei livelli formali superiori. La somma delle durate
dei singoli materiali (3743.5 cm) fu impiegata per determinare la durata delle otto
parti della composizione (Tabella 5), che peraltro rappresenta il quinto termine di
una progressione geometrica di ragione 3:2 (per ragioni su cui torneremo più
avanti). La durata complessiva di Essay è di 36423.8 cm (ca. 478’’, quasi 8 minuti)
e risulta dalla somma delle durate delle parti. Ciascuna parte è inoltre suddivisa in
un certo numero di intervalli di tempo Δtv corrispondenti al numero di varianti,
usando ancora una progressione di ragione 3:2 (con l’eccezione della parte-G) per
la sincronizzazione degli attacchi delle diverse varianti.
Per esempio, la durata assegnata alla parte-C è di 739.5 cm. Seguendo la stessa
procedura descritta sopra (pagina precedente), tale durata viene ripartita secondo
una progressione geometrica di ragione 3:2 costituita da tre termini (Tabella 6).
La prima variante della parte-C inizierà ad un certo istante successivo all’ultima
variante della parte-B (stabilito da analoga progressione) e, rispetto a quell’istante,
i tre valori della Tabella 6 serviranno (secondo un’ordine seriale che tralasciamo
per brevità) a determinare le distanze per l’attacco delle altre due varianti del
materiale-C (e per l’inizio della parte-D).
98
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Per riassumere, in rapporto alla durata tutti i livelli formali del brano
costituiscono una famiglia di progressioni geometriche (con l’eccezione del
livello elementare), in quanto sono tutti determinati da una ragione geometrica r
= 3:2 e da un fattore di scala variabile. Nella Tabella 7 sono indicati gli ambiti
temporali assegnati alle varie costituenti strutturali del brano. Si può notare come
l’insieme delle durate di un certo livello formale abbia elementi in comune con
quelli di almeno un altro livello formale (intersezioni tra livelli formali).
Ci si confronta qui « con un’assenza di tempo propriamente detto » (Boulez,
1968, p.190), cioè non riferito ad una qualche pulsazione regolare ma costituito
da valori continuamente diversi, determinati all’interno di diversi “registri di
durata”. Una successione di valori come quelli illustrati per esempio nella Tabella
15 (prima sezione del materiale-C) saranno percepiti come un rallentando o accelerando
uniforme (Koenig, 1995, p.43), a seconda del verso di lettura. Ma si tratterà di un
caso limite: i valori individuati dalle scale in progressione geometrica saranno
sempre ordinati in sequenze che impediranno una percezione così “lineare”,
univocamente direzionata. Si percepiranno invece diverse velocità di svolgimento
del flusso sonoro, tra loro giustapposte.
La forma (a) viene definita in partitura come una sequenza di estrema variabilità
direzionale [Reihenfolge mit hoher Permutabilität]; essa cioè determina valori di
frequenza distribuiti in modo tale da sollecitare una percezione statistica; la
permutazione di una sequenza del genere non determinerà alcuna variazione di
tipologia percettiva; le curve (b) e (c) invece non possono essere sottoposte a
permutazioni senza che ciò muti la percezione della loro tendenza. La forma (a)
rappresenta dunque un tipico esempio di struttura seriale (le relazioni strutturali
99
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 10
4.3 Registri
100
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Figura 11
Direzionalità indeterminata.
101
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Il processo viene applicato a tutti quei materiali in cui sia contenuto il profilo coni
direzionalità indefinita (nn.1, 4, 5, 6, 7, cfr. figura 10). Laddove il materiale segua
un profilo polimorfo, ad ognuna delle due linee viene assegnata una certa zona del
registro di inscrizione.
Direzionalità determinata
102
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
4.4 Timbro
Per quanto riguarda le combinazioni delle tre tipologie sonore di base, si danno
tre possibilità di articolazione applicate a livello dei materiali. La prima è la
semplice successione di elementi della stessa tipologia; la seconda è la
combinazione di due o tre tipologie (simultaneamente o alternativamente); la
terza è la transizione tra tipologie diverse, realizzata attraverso transizioni
statistiche. Ecco l’elenco completo delle diciannove combinazioni:
103
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
5. Trattamento seriale
Una volta “scomposto” il suono nei parametri utili all’intervento
compositivo, e stabiliti campi e striature che segmentano gli spazi
parametrici, si trattava di individuare le modalità attraverso le quali
guidare i valori parametrici individuati. Gli strumenti impiegati in questa
fase furono quelli forniti dalla tecnica seriale.
Nella definizione più generica, « la serie è una sequenza di elementi,
un contenitore di valori parametrici diversi » (Koenig, 1995, p.34). Questi
valori erano scelti, idealmente, all’interno di una scala equamente
temperata per soddisfare un principio di neutralità intervallare (assenza di
intervalli privilegiati): in tal senso la tecnica seriale, estensione della
tecnica dodecafonica a tutti gli aspetti della struttura musicale, operava
con elementi soggetti ad una stretta legge di non ripetibilità. Ogni
elemento della scala doveva avere la stessa importanza degli altri, e tutti
dovevano essere utilizzati garantendo un certo equilibrio nella loro
disposizione (assenza di direzionalità). La serie degli elementi individuati
era sottoposta poi a “permutazioni”:
Una serie sarà costituita allora da una sequenza di termini che indicano
quantità distinte prelevate da una scala definita come progressione
geometrica; queste quantità vengono disposte in successione di modo che
ogni termine occupi una specifica posizione all’interno della sequenza
(Koenig, 1995, p.11). Si vedrà come, in Essay, la serie e le sue
permutazioni determinano in realtà l’ordine di scelta delle diverse scale di
valori individuate, e non la permutazione di specifici valori noti in
partenza. Vi è dunque identità della serie, considerata come contenitore,
non identità dei particolari valori né tanto meno delle proporzioni.
Com’è stato osservato sopra, la prima azione prettamente formativa
venne esercitata ad un livello formale intermedio che Koenig chiama
materiale, stabilendo un controllo seriale dei vari parametri disponibili,
successivamente esteso a livelli gerarchici inferiori e superiori.
104
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Figura 12
5.2 Durata
La serie delle durate dei materiali, costituita da otto posizioni, rappresenta una
configurazione dei termini della progressione geometrica in Tabella 1. Possiamo
considerare la sequenza così formata come serie fondamentale delle durate, impiegata
105
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
per determinare, oltre alla successione dei materiali-durata, anche quella degli
elementi-durata e delle parti-durata. In particolare le sequenze utilizzate per definire
le durate degli otto elementi di ciascuna sezione (cfr. Tabella 4 e Tabella 5) di tutti i
materiali sono derivate, per trasposizione, dalla serie fondamentale delle durate
(Tabella 13) e l’originale viene esposta in una sezione di tutti i materiali (con
l’eccezione dei materiali-F). Data una certa sequenza numerica con modulo di
definizione pari a 8,
54176283
65287314
106
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
mentre quelli di sezioni polimorfe come s’è detto ne conterranno due: ciò significa
che le due “voci” di una sezione polimorfa saranno isocrone (materiali A, Da, Fa,
Ha), con la sola eccezione nel materiale-Ba, dove una delle due è il retrogrado
dell’altra (non si verifica isocronia al livello elementare).
In breve, il flusso (quale percepito all’ascolto) delle durate dei singoli suoni dei
materiali è governato dal “profilo orizzontale”, privo di direzionalità, definito da
una serie originale (5 4 1 7 6 2 8 3) con le sue permutazioni (Koenig, 1971, p.3).
5.3 Registri
1 7 6 2 8 3 5 4.
La corrispondenza tra gli elementi di questa serie con quelli della serie dei profili
di frequenza (1 4 3 6 8 5 2 7) è fissa, il che significa che l’assegnazione di un certo
profilo di altezze ad una certa posizione interna ad un registro è stabilita una
volta per tutte. La successione delle forme e degli ambiti così definita verrà
impiegata per l’articolazione “orizzontale”26 a tutti i livelli formali (materiali e
sezioni).
In Tabella 21 si vede una rappresentazione grafica della disposizione delle
varie tessiture degli otto materiali. Le due linee dei materiali polimorfi sono indicate
da a e b, dove a indica il profilo orizzontale, privo di direzione, e b quello dotato
di direzione, ascendente o discendente.
Se si considerano gli estremi dei registri alla stregua di “voci” indipendenti,
possiamo notare come essi procedano secondo principi di condotta polifonica:
prevalenza di “moto contrario”, un caso di “moto obliquo” (G-H) e di “moto
retto” (B-C) con salto ampio del limite inferiore e salto più piccolo del limite
superiore. Si può qui intuire la motivazione dell’eccezione riscontrata per il sesto
registro (cfr. Tabella 9): mentre l’estremo inferiore dello spazio delle altezze
sarebbe stato raggiunto due volte (materiale-B e materiale-E), quello superiore si
sarebbe raggiunto una sola (materiale-E), qualora il sesto registro fosse stato
un’ottava più in basso, come la logica di definizione dei registri avrebbe imposto;
ci sarebbe stato pertanto uno squilibrio inaccettabile verso il limite inferiore, che
si sarebbe ripercosso sulla percezione della forma dell’intero brano. Inoltre, per
107
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
una buona rappresentazione dello spazio delle altezze era necessario, subito
dopo aver raggiunto l’estremo inferiore (materiale-B), raggiungere anche quello
superiore (materiale-C). Nei materiali in cui è presente il profilo di frequenza
orizzontale, le sezioni sono articolate secondo il modello in Tabella 21. La serie
dei registri (1 7 6 2 8 3 5 4), essendo vincolata a quella dei profili di frequenza (1
4 3 6 8 5 2 7) e alle sue permutazioni, subisce similmente la permutazione per
“scambio ciclico”. L’ambito di inscrizione dell’andamento orizzontale sarà
suddiviso in otto intervalli e ripartito, in scala ridotta, secondo il modello
precedentemente stabilito (Tabella 22).
Gli otto elementi-frequenza da cui viene ritagliato l’intervallo di inscrizione di
una sezione contenente il profilo orizzontale, vengono esposti sempre
invariabilmente secondo la serie seguente:
54176283
5.4 Timbro
108
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Figura 13
6. Materiali
Nella Tabella 24 sono riassunte le caratteristiche fondamentali degli otto
materiali di Essay. Facendo attenzione, si comprendono le motivazioni che
stanno dietro alla scelta dei valori seriali sviluppati al microlivello come al
macrolivello. Per evidenziare questo aspetto, è necessario individuare i
possibili raggruppamenti dei materiali costitutivi (si veda figura 14). Al
materiale-A può essere assegnata una funzione introduttiva: rispecchia
internamente (in scala ridotta) la successione dei profili di frequenza e dei
registri dei materiali da B ad H (visti in figura 11); inoltre il registro di
inscrizione è il più stretto, riportando nella minore scala possibile, cioè nel
campione di ripartizione di tutto lo spazio frequenziale della
composizione, l’intera dialettica delle altezze del brano. Si tratta quindi, in
109
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 14
scala ridotta, della “esposizione” di criteri che informano tutto ciò che
segue: in questo senso l’intero brano potrebbe essere considerato una
sorta di variazione di ciò che qui, all’inizio, è contenuto in nuce, una
“variazione estrattiva” (Tenney, 1974).
Un’ulteriore conferma della funzione insieme introduttiva e
riassuntiva del materiale-A viene dal fatto che la somma totale delle durate
di questi materiali viene usata come durata della parte-A (e dunque
costituisce il quinto elemento della serie della durata delle parti, come s’è
notato). I materiali successivi sono disposti alternando la presenza o
assenza della linea a direzionalità definita. In questo modo è possibile
notare la perfetta simmetria nella disposizione dei materiali da B ad H
rispetto al punto di simmetria costituita dal materiale-E. L’evidenza della
simmetria è data, oltre che dal profilo delle altezze (unico materiale
polimorfo che ssgue due curve direzionali), anche dal fatto che viene
occupato interamente lo spazio delle altezze definito per la composizione.
Il materiale-E inoltre subisce un trattamento unico rispetto a tutti gli altri:
i quattro segmenti di cui è costituito non vengono sincronizzati e
vengono trattati separatamente, alla stregua di materiali indipendenti,
facendo così della parte-E il culmine formale del brano.
Le posizioni simmetriche sono occupate da profili di frequenza di
inversi tra loro, per cui sembra in azione un duplice principio di
“simmetria” e di “opposizione”: le posizioni simmetriche sono occupate
da curve opposte, ed i due blocchi simmetrici sono tra loro opposti. Per
chiarire questo aspetto, si noti come i due inviluppi direzionali C e G
siano assegnati alle due durate opposte: C è il più corto, quindi il meno
110
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
articolato, essendo costituito da solo tre sezioni con una sola tipologia
timbrica (sinusoidi); G al contrario è il più lungo ed internamente
articolato (dieci sezioni), anche se occupa un registro più ristretto ed in
ogni caso timbricamente abbastanza semplice (transizione da sinusoidi ad
impulsi). Ai principi di simmetria ed opposizione si aggiunge quindi
anche un terzo e non meno importante principio di “compensazione”. A
tal proposito è interessante osservare come questo valga anche al livello
dei singoli materiali: la semplicità del profilo delle altezze (profili
direzionali) è bilanciata da un trattamento complesso della successione
degli snodi che lo articolano (figura 13). Al contrario un’estrema
complessità del profilo complessivo (linea orizzontale) corrisponde ad
articolazioni minime estremamente semplici (arpeggi lineari o esposizioni
in scala dei valori di frequenza; cfr. Tabella 25): semplicità della
macroforma complessità delle microarticolazioni, complessità della
macroforma semplicità delle articolazioni minime.
Nel primo blocco sono presenti due inviluppi: discendente-
ascendente e solo ascendente, con netta prevalenza della direzionalità
ascendente; nel secondo avviene l’esatto contrario, sia per la distribuzione
degli inviluppi sia per la prevalenza di moto discendente. Altra evidenza
di tale contrapposizione è data dal fatto che il materiale-C è preceduto e
seguito da materiali relativamente complessi, mentre il materiale-G è
presentato tra due materiali relativamente semplici, soprattutto per quanto
riguarda gli andamenti di frequenza. La successione dei materiali articola,
nel complesso dell’intero brano, una curva di frequenza priva di
direzionalità.
Vedremo in seguito come a questa prima strutturazione ne vada
sovrapposta una seconda, che la integra e completa. Si può notare intanto
che se nella prima fase (materiali A, B, C e D), e in particolare nei materiali
polimorfi (B e D), vengano utilizzate serie di valori di durata che sono l’una
il retrogrado dell’altra, mentre nella seconda fase (materiali E, F, G e H)
le tecniche seriali sono più complesse, utilizzando la suddivisione in
sottogruppi e la loro permutazione.
7. Trasformazioni e varianti
Come si manifestano i materiali all’orecchio? Innanzitutto mai per come
111
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
sono stati formati, sempre più o meno alterati (fa eccezione la prima
variante del materiale-D, dove viene applicato un semplice inviluppo
d’ampiezza, e che forse dovremmo considerare il “grado zero” di una
serie di trasformazioni). Tutt’al più sarà possibile intuire-verificare quale
grado di vicinanza possieda il suono rispetto allo stato originario del
materiale stesso.
Ci si trova ora, quindi, nella fase più interessante e fertile dell’analisi,
ricca di conseguenze e spunti non secondari. Se tutti gli sforzi di Koenig
fin qui sembravano tesi a creare un materiale il più neutro e
sistematicamente conseguente possibile (le eccezioni sono rare e sempre
comprese nel sistema), ora gli strumenti costruttivi vengono “toccati”
con un approccio più empirico, teso più alla coerenza sonora e musicale,
che alla coerenza procedurale: sebbene siano ancora in atto procedimenti
permutativi, saremo di fronte soprattutto ad artifici che Koenig indica
come “strategie non-leggibili” (cioè non immediatamente riconducibili ad
una serie di valori iniziale). I parametri delle varie trasformazioni vengono
sì definiti puntualmente, ma le conseguenze sul risultato dipendono da
una congerie di fattori non rigidamente controllabili: il compositore e
l’interprete (e anche il compositore in quanto interprete dei propri piani
di azione) si trovano ad operare in un ambito definibile unicamente per
campi, cioè entro confini che sono legati agli strumenti di volta in volta
utilizzati. In breve: non si può postulare una neutralità dei mezzi,
« occorre adattare la tecnica compositiva a quella di produzione »
(Koenig, 1995, p.18).
La finalità perseguita da Koenig in questa fase della composizione era
di ottenere un certa quantità di varianti da ciascuno degli otto materiali
precedentemente composti, da utilizzare nelle otto parti del brano. Per
variante si intenderà una delle possibili manifestazioni di un materiale che
ha subìto alcune trasformazioni. Per esempio la prima variante del
materiale-C venne prodotta sottoponendo quel materiale alle seguenti
trasformazioni: dimezzamento della velocità (trasposizione all’ottava
inferiore), riverberazione, attenuazione di ampiezza (-10 dB) (si veda
figura 15).
Da ciascun materiale si ottenne un numero di varianti pari a quello delle
sezioni che costituivano il materiale stesso (si veda di nuovo Tabella 24). Le
trasformazioni alterano la durata, lo spettro, l’ampiezza, dunque alterano
112
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Figura 15
in vari modi la morfologia del livello elementare. Vanno poi segnalati altri
processi di trasformazione, quali la modulazione ad anello, ulteriori filtri
passa-banda, e processi anche più complessi, ma adoperati solo in casi
eccezionali (distorsione, Springermaschine, ecc.). In partitura, per ciascuna
variante, sono elencati i processi di elaborazioni corrispondenti (e relativi
parametri)27 e le grandezze utilizzate per ciascuno di essi.28
113
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
come segnale modulante una sinusoide nella maggior parte dei casi, ma anche
bande di rumore o sequenze di impulsi filtrati in modo analogo a quanto visto
per le morfologie elementari, con esiti sonori diversi su cui non ci soffermeremo.
Diremo solo che il processo produce variazioni potenzialmente significative sia
nell’inviluppo d’ampiezza, sia nel contenuto spettrale (come si accennava), con
trasposizione degli intervalli musicali eventualmente udibili nel materiale (a
seconda della trasposizione, si verificano anche effetti collaterali come
battimenti, suoni di combinazione, ecc.). Ciò che è importante è che il tutto si
presenta simultaneamente all’orecchio (odierno e smaliziato) come “timbro di un
modulatore ad anello”…
7.2 Trasposizione
Koenig utilizzò anche dei filtri con larghezza di banda passante pari ad
un’ottava. In realtà l’operazione non era così semplice, e consisteva in tre fasi: il
suono da filtrare veniva inviato ad una combinazione di passa-alto e passa-basso, e
solo alla fine in un vero e proprio filtro passa-banda. Prima di essere registrato,
poi, il suono in uscita doveva essere amplificato per compensare le eventuali
perdite di energia. La trasformazione fu utilizzata solo nelle parti A e D, per 14
varianti in tutto.
7.4 Riverbero
114
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
- riverbero costante;
- riverbero crescente: inizialmente il suono non è riverberato, ma il livello di
riverbazione progressivamente cresce sino alla fine del suono (o altro punto
intermedio);
- riverbero decrescente: inizialmente la variante è riverberata al massimo, ma
il livello è progressivamente attenuato sino alla fine (o altro punto
intermedio).
115
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
116
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
8. Forma/Timbro
In Note di teoria della composizione Koenig fa un’osservazione densa di
implicazioni:
117
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Nelle varianti della parte-A viene esposta la serie delle trasformazioni. Come s’è
accennato, i parametri di trasposizione e modulazione sono stati definiti, per le
particolari varianti, secondo un principio di compensazione reciproca, dopo di
che le varianti sono state distribuite nel tempo secondo il modello “orizzontale”
di articolazione. Le modalità di impiego del filtro passa-banda evidenziano un
intento specifico: sei delle sette varianti del materiale-A vengono filtrate nell’ottava
400-800 Hz: insomma, si ascolta delle varianti ciò che i processi di trasformazione
hanno lasciato nell’ambito di origine del materiale.
Nella produzione della seconda variante costruita col materiale-B, il suono
venne mandato ad un amplificatore ad un livello di guadagno tale da causare
saturazione del suono, cioè distorcendo quello che era il suono del materiale,
peraltro successivamente trasposto di tre ottave al grave (durata risultante 27’’) e
riverberato ben due volte.
Un’altra trasformazione del tutto eccezionale venne utilizzata per produrre la
quarta variante nella parte-D. Dopo aver sottoposto il materiale al modulatore ad
anello (rumore filtrato intorno a 2400 Hz), ai filtri (2256-4512 Hz) e ad una
118
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
Fra le tante altre osservazioni che sarebbe possibile fare, vale la pena segnalare
che nella produzione delle varianti della parte-D vengono utilizzate le medesime
trasformazioni usate per la parte-A (modulazione, filtraggio, riverbero e
trasposizione), ma con ordine permutato: il riverbero viene applicato prima della
trasposizione, per cui il segnale riverberato viene poi trasposto, con conseguenze
timbriche particolari. Per la parte-C (la più breve) venne impiegata una sequenza di
trasformazioni meno deformante di altre, limitata a trasposizione e
riverberazoine. Nella parte-F vennero impiegate le stesse trasformazioni ma in
ordine inverso, e con un doppio stadio di riverberazione: il materiale venne
inizialmente riverberato, l’esito viene letto per moto retrogrado e ulteriormente
riverberato, e il retrogrado di quest’ultimo risultato venne poi trasposto. È
l’effetto di “riverbero anteriore”, che precede la variante vera e propria con un
crescendo iniziale, a cui avevamo fatto cenno.
Si fa strada così una nuova ipotesi di ripartizione macro-strutturale diversa
rispetto a quella individuata dall’osservazione della sequenza dei materiali.
Sebbene il brano sia complessivamente costituito in un solo movimento (come,
in principio, tutte le composizioni seriali: cfr. Koenig, 1995, p.19), e sebbene
venga articolato da una successione di campi che manifestano nell’insieme una
morfologia “orizzontale”, cioè assenza di particolare direzionalità, le relazioni
strutturali tra le varie parti lasciano emergere indicazioni che consentono di
suddividere l’intero brano in due movimenti simmetrici rispetto alla quantità e
alla distribuzione delle parti (figura 16). La separazione tra questi due movimenti
è peraltro formalmente segnalata da una pausa piuttosto lunga (ca. 6’’), laddove
nel brano di fatto non esiste una dialettica suono-silenzio, essendo il flusso
sonoro pressoché ininterrotto. L’attacco della parte-E è inoltre caratterizzato da
119
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 16
una lenta successione di impulsi piuttosto diradati. Le parti A ed E svolgono
rispettivamente funzioni introduttive rispetto alle due grandi campiture,
condensandone internamente le caratteristiche strutturali.
120
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
9. Conclusione
Le fasi della composizione e produzione di Essay si possono così
riassumere:
121
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
122
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
come spunti per la variazione dei moduli di partenza: ciò che si sottrae
alla “macchina”, intesa come complesso di processi mentali e tecnici,
opera nella costituzione della forma (Di Scipio, 2006). Ecco quindi
perché nell’interpretazione (musicale e analitica) di un brano come Essay
tali fenomeni non possono venire tralasciati, come se i difetti
intrinsecamente legati agli strumenti dell’epoca non partecipassero in
modo rilevante al risultato. Ecco allora una delle indicazioni più fertili per
noi: davanti al procedere inesorabile del progresso tecnico, assume senso
questa ricerca che mette a frutto anche l’errore, residuo ultimo e tuttavia
frequentabile dell’umano…
Bibliografia
Boulez, P. “Ai limiti della terra fertile (Paul Klee)”, in Note di apprendistato, Torino,
Einaudi, 1968, pp.183-196.
Boulez, P. Pensare la musica oggi, Torino, Einaudi, 1979.
Decroupet, P. e Ungeheuer, E. “Through the Sensory Looking-Glass: The
Aesthetic and Serial Foundations of Gesang der Jünglinge”, in Perspectives of New
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Di Scipio, A. “Centrality of Téchne for an Aesthetic Approach on
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Di Scipio, A. “Riflessioni sull’analisi della musica elettroacustica e informatica.
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Di Scipio, A. “Tecnologia dell’esperienza musicale nel Novecento”, in Rivista
Italiana di Musicologia, 35(1-2), 2000. Ristampato in A. Di Scipio, Pensare le
tecnologie del suono e della musica, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013.
Di Scipio, A. “Le nubi di suono ed i loro meccanismi. Uno studio di Analogique
A et B”, in Iannis Xenakis. Musicista scienziato architetto, numero monografico dei
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Civiche di Milano, 2006.
Doati, R. e Vidolin, A. “Nuova Atlantide”, nel catalogo della mostra Nuova
Atlantide: Il continente della musica elettronica 1900-1986 (a cura di R. Doati e A.
Vidolin), La Biennale di Venezia, 1986, pp.169-172.
Eimert, H. “What is electronic music?”, in Die Reihe, vol.1, 1957, pp.1-10.
123
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Sitografia
124
Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
125
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33
33 Nella partitura UE12885i valori per questa sezione sono errati, come risul-
ta da una comunicazione tra Koenig ed Alvise Vidolin. I valori corretti sono nella
revisione della partitura PV330-050.
126
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Tabella 14: trasposizioni della serie principale delle durate nella disposizione
degli elementi-durata delle sezioni del materiale-G.
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Marco Gasperini “…un semplice studio preliminare…”. Analisi di Essay di G. M. Koenig
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Tabella 26: successione delle trasformazioni per le varianti delle otto parti. I
rapporti indicati indicano il numero di varianti che subiscono lo specifico
processo rispetto alle varianti totali che costituiscono la parte.
134
PAOLO ROTILI
0. Pre
Studie II (1954) è uno dei lavori di maggior spicco della prima fase dello
Studio di Musica Elettronica della Radio di Colonia. In quegli anni, pro-
prio grazie all’apporto di Karlheinz Stockhausen, la ricerca musicale che
si svolgeva a Colonia veniva orientata verso la costruzione di uno spazio
sonoro esclusivamente generato e diffuso con mezzi elettroacustici,
“emancipato” sia da suoni della tradizione strumentale e da procedimen-
ti compositivi ad essa inevitabilmente connessi, sia da riferimenti al
mondo sonoro extra-musicale, che possiamo genericamente definire
naturalistici. Viene intuita e si comincia a realizzare la possibilità di
costruire dei suoni inediti, mai uditi. La possibilità insomma di liberarsi
dalla “dittatura del materiale” e di costruire su basi scientifiche strutture
temporali affatto diverse, completamente controllabili dall’allora nuovo
mezzo elettronico e informate ad un unico principio immanente, reci-
dendo definitivamente i legami con la retorica musicale storica.1 In que-
sto senso, l’astrazione combinatoria del serialismo, già esperita in ambito
strumentale, sembrò trovare la più coerente destinazione in quanto logi-
ca di gestione di elementi acustici irriducibili, quali i suoni sinusoidali.
Allo stesso tempo, la tecnica seriale derivata da Webern e arricchita dagli
insegnamenti di Messiaen, non solo veniva generalizzata a tutti i parame-
tri del suono, ma andava progressivamente sostituendo il proprio princi-
135
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
1. Saturazione
1.1 Microstruttura sonora
Come noto, Studie II è uno dei pochi pezzi elettronici (su nastro magne-
tico) ad avere una partitura che rappresenta in modo dettagliato gli even-
136
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
lizzare una scala di ottanta valori discreti, da 100 Hz a 17200 Hz (si veda-
no le note introduttive alla partitura, pag. IV). La scala risulta completa-
mente diversa da scale di tradizione musicale: il passo minimo non corri-
sponde al tradizionale semitono e non vi è periodicità intorno al modulo
di ottava.4 In partitura, nella parte superiore della notazione, ciò è rap-
presentato con un sistema di ottanta righe, una per ciascuna frequenza
della scala.
In Studie I la relazione tra le componenti parziali dello spettro era stata
regolata da Stockhausen con proporzioni semplici che rinviano alle prime
armoniche (2:3, 4:5, ecc.). Qui invece il compositore è interessato a fon-
dare la costruzione su relazioni irrazionali. La conseguenza è che Studie II
è composto di soli suoni dal contenuto spettrale inarmonico.
137
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
138
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
1.2 Macrostruttura
Se molto sappiamo sui suoni, nulla ci viene detto invece sui criteri relati-
vi alla forma del brano. Come vengono scelte le misture? Come vengono
disposte nel tempo? Hanno un ordine “narrativo” (nella successione tem-
porale, da sinistra a destra in partitura), o seguono procedimenti in qual-
che modo regolati da criteri formalizzabili? E di che tipo sono, eventual-
mente, tali procedimenti? E ancora: La “forma” è descrivibile, pur con
139
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
- 2 misture E
- 4 misture B
- 5 misture C
- 3 misture A
- 1 mistura D.
140
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
E poi ancora
- 2 misture D
- 3 misture C
- 4 misture E
- 5 misture B
- 1 mistura A.
tipi occorrenze
A 3 4 1 5 2 = 15
B 4 1 5 2 3 = 15
C 5 2 3 4 1 = 15
D 1 5 2 3 4 = 15
E 2 3 4 1 5 = 15
_________________
15 15 15 15 15 = 75 misture
6 Cfr. Paolo Rotili, “Anton Webern: la Sinfonia op. 21” in Diastema, vol.5, 1996,
pp.57- 67.
141
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142
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
di mistura con tutte le altre sono in numero assai maggiore di quelle effet-
tivamente utilizzate in Studie II.
2. Preminenze
Ma in che senso il brano è realmente articolato in 5 sezioni ognuna com-
posta di 75 suoni, corrispondenti alle prime 15 occorrenze di ciascun tipo
di mistura? La distribuzione in base alla tipologia delle misture da sola è
insufficiente a definire la concreta articolazione della forma.
L’organizzazione su base 5 che abbiamo descritto, infatti, è puramente
astratta: stabilisce solo le proporzioni fra le occorrenze dei cinque tipi di
143
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144
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
145
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146
Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
2.3 Intensità
Tutti i suoni del brano hanno inviluppo di ampiezza o linearmente cre-
scente o linearmente decrescente. Nelle cinque sezioni troviamo un per-
corso ad arco che, dalla prima alla terza sezione, riduce le durate dei suoni
e tende ad esaltare l’attacco percussivo, per poi invertire il percorso nella
quarta e nella quinta sezione. In generale, nella prima fase di questo per-
corso i suoni tendono ad avere profili più smussati, picchi di ampiezza più
contenuti. Peraltro, la quinta sezione appare la più varia anche per quan-
to riguarda questo aspetto. Pur non verificata analiticamente, l’impressio-
ne è che anche per il parametro intensità esista una scala di valori (ipote-
ticamente in dB), gestita statisticamente nelle cinque sezioni del brano,
come per le durate.
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
che permettono, con la loro eccezione, che nelle ultime due pagine tutti i
gruppi ribadiscano la costanza di cinque suoni, rafforzando il senso
emblematico di una conclusione.
3. Post
L’ipotesi iniziale, secondo la quale il brano è stato scritto seguendo prin-
cipi caratteristici del serialismo integrale, è stata per certi versi contrad-
detta dall’analisi. Solo il parametro frequenza (e cioè, almeno in buona
misura, l’altezza) è informato a criteri rigidi e stabilisce l’ossatura stessa
della composizione. Gli altri parametri non seguono né sequenze lineari
né matrici generative, e vengono utilizzati piuttosto secondo una logica
immanente alle loro caratteristiche estreme, contrastanti: breve-lungo
(durate); alto-basso, ampio-contratto (registro); piano-forte e crescendo-
decrescendo (intensità); successivo-simultaneo e omogeneo-disomoge-
neo (articolazione complessiva). Più che di un meccanismo generativo,
per questi aspetti del brano occorre parlare di distribuzioni quantitative
entro ambiti specifici, variabili sezione per sezione. Si può anche suggeri-
re, dunque, che la funzione dei diversi parametri appare, forse parados-
salmente, simile alla funzione che essi hanno nella musica di repertori di
tradizione: la gestione delle altezze informa la struttura, quella degli altri
aspetti del suono definisce la tipologia gestuale.8
La percezione complessiva del brano è piuttosto fluida, difficilmente
segmentabile in sezioni. Pur essendo evidente, anche all’ascolto, che le
misture sono state assemblate in modi diversi (distribuzione in punti,
linee e masse sonore), le diverse sezioni appaiono interiormente collega-
te. Questo ci fa dire che, insieme al principio generativo e alla mappatura
gestuale della composizione, sia in azione come una tendenza narrativa o
evolutiva del discorso musicale, cioè che vi siano delle direzionalità gene-
rali e, come contrappeso, dei punti di frattura che stabiliscono un filo, che
lega il flusso degli eventi, diverso da quello della struttura sintattica e dei
materiali sonori stessi.
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Paolo Rotili Saturazione e preminenza in Studie II. Analisi di una struttura
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JOACHIM HEINTZ
1. Introduzione
Studie II di Karlheinz Stockhausen, composto e realizzato nel 1954, è ben
noto per essere stato il primo brano di musica elettronica prodotto
mediante un’applicazione rigorosa della tecnica di composizione seriale.1
L’interesse di Stockhausen e di altri compositori per i suoni di sintesi (cioè
prodotti elettronicamente) si spiega col fatto che solo le tecnologie elet-
troniche rendono possibile comporre anche il timbro seguendo principi
seriali. Tuttavia, in queste pagine guarderemo ad un altro aspetto per il
quale Studie II ha un ruolo di grande importanza nella storia della musica
elettronica, e cioè la correlazione tra composizione seriale e “program-
mazione”: ogni tecnica seriale può essere vista come un sistema di rego-
le codificabili, cioè formalizzabili mediante un programma per computer.
In questa prospettiva, si aprono due direzioni: la prima, più immediata e
ludica, consiste nel provare a ridurre la composizione di Studie II ad un
programma, con soli cinque valori in ingresso e una certa quantità di dati
in uscita; la seconda, più importante e di rilevanza generale, consiste in
uno studio approfondito di questo lavoro inteso come lavoro di “com-
posizione algoritmica”. Com’è organizzata la “macchina”? Opera in
modo diretto e automatico o richiede aggiustamenti e modifiche da parte
del compositore? In altre parole, il compositore reagisce ai risultati otte-
nuti durante le varie fasi di lavoro, o lascia procedere il suo piano di ope-
razioni in modo automatico? Come vanno comprese le eventuali diffe-
renze, nel risultato musicale, rispetto alle operazioni delineate e rispetto
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
3 5 1 4 2
5 2 3 1 4
1 3 4 2 5
4 1 2 5 3
2 4 5 3 1
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Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
Figura 1
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
nell’applicarle.
Il brano nella sua interezza può essere visto come una lunga sequen-
za di 5 × 75 + 5 = 380 eventi individuali. La generazione di ciascun even-
to sonoro necessita dei dati relativi a sei parametri:
- frequenza base
- mistura sonora, cioè lo spettro realizzato sulla frequenza base (ci sono 5 tipo-
logie di misture...)
- durata
- momento d’inizio
- intensità massima
- forma di inviluppo di ampiezza
7 Per gli spunti di analisi qui sviluppati, seguo soprattutto Heinz Silberhorn,
Dir Reihentechnik in Stockhausens Studie II, Rohrdorfer Musikverlag, 1980.
162
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
33|5555|11111|444|2
Nella prima sezione è proprio questo il modo in cui sono gestite la serie
A e la serie C. Il valore di trasposizione, stabilito attraverso la serie B, non
cambia per tutta la sezione.8 La serie D (posizione verticale sugli insiemi
di ogni gruppo) procede invece per tutta la sua interezza, senza ripetizio-
ni. Ci sono quindi tre tipi di differenti movimenti: A e C si muovono ad
una velocità modulata da S; la serie B non si muove per nulla; D si muove
più velocemente di A e C. Per catturare questo processo in una funzione
CSOUND occorrono due cicli nidificati (figura 2), come nel seguente codi-
ce:
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 2
indxcount = 0
indxtonabs = 0
seq:
icounttab_i indxcount, iftcount
igrup tab_i indxcount, iftgrup
ispalt tab_i indxcount, iftspalt
indxton = 0
ton:
istel tab_i indxtonabs, iftstel
ival SS2_valsAusGTSS iftbas, igrup, itrans, ispalt, istel
tabw_i ival, indxtonabs, iftout
indxtonabs = indxtonabs+1
loop_lt indxton, 1, icount, ton
loop_lt indxcount, 1, ftlen(iftcount), seq
164
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
425.8 cm.
Ma come vengono effettivamente usati questi valori? Qui agisce la
seconda decisione, che però è differente per ognuna delle cinque sezioni
di Studie II. Nella prima sezione, Stockhausen decise di dare agli eventi
una struttura in qualche modo “melodica”: se da uno dei nove gruppi
vengono prelevate 3 misture, ad esempio, solo il tempo di inizio del
primo evento sarà determinato dalla serie immaginaria, mentre il secon-
do inizierà alla fine del primo e il terzo alla fine del secondo (come nello
schema in figura 3). Pertanto nel codice vanno calcolati solo venticinque
Figura 3
165
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 4
166
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
Figura 5
note:
;common end: last duration normal, all others are added up reversely
else
indxback = indxabsseq+icount - indxnote-1 ;counting down
idurnorm tab_i indxback, iftdur
idur = idurnorm + iduraccum
iduraccum = idur
tabw_i idur, indxback, iftout
endif
indxnotabs = indxnotabs + 1
loop_lt indxnote, 1, icount, note
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 6
168
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
si vede nello schizzo manoscritto (figura 6), dove appaiono quantità mutevoli
di “tr”, cioè appunto di trasposizione [sesta colonna da destra].
Nella quarta sezione si ripropone questo stesso metodo, e viene ripreso il
metodo di formazione degli “accordi” visto già nella seconda sezione.
La quinta parte è un misto di tutti i vari metodi. Vi sono sequenze “melo-
diche” (come nella prima sezione) ma anche strutture di “accordi” (come nella
seconda e nella quarta), e vi sono anche passaggi in staccato (come nella terza).
Il ciclo di programmazione che gestisce i tempi d’inizio quindi dovrà diffe-
renziare tra i vari casi:
ton:
istartdiff3 tab_i indxtonabs, iftstarts5a
istartabs = istartabs + istartdiff3 ;starts if direct from iftstarts5a/typ=3
;typ2: chords
elseif ityp == 2 then
tabw_i istartabs, indxtonabs+1,iftout ;value for the next note from normal table
169
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
4. Risultati, problemi
Questa nostra analisi di Studie II non parte da un interesse storico o
museale. Le domande principali sono:
170
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 7
172
Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
Figura 8
sezione 2 sezione 4
12435 25431
14352 21543
14523 23145
43152 25134
31452 23514
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Joachim Heintz La ri-generazione di Studie II. Uno studio di composizione algoritmica
5. Conclusione
Ri-generare Studie II di Stockhausen porta ad entrare nel movimento
interno e nel metodo compositivo del brano. Rivela correlazioni signifi-
cative tra la tecnica costruttiva e la capacità di formalizzazione che si
manifesta nella programmazione. Mette in luce, infine, le qualità di un
modo di operare non dogmatico, bensì appunto musicale. In questo lavo-
ro giovanile, Stockhausen mostra due virtù per le quali, negli anni suc-
cessivi, non è stato poi così famoso: modestia (è come se ci stesse dicen-
do “ sto studiando ”, sto prendendo le misure) ed un’adeguata capacità di
sintesi, la consapevolezza cioè che fermarsi prima che “tutto sia stato
detto” può dare di più di quanto possa dare la completezza del materia-
le prodotto. Studie II è un valido esempio di tale attitudine. Lo sforzo di
darne una ri-generazione mediante computer può illustrarne la rilevanza
in termini più attuali.
Ringraziamenti
Grazie ad Anna Buschart per aver letto il manoscritto e agli studenti del semina-
rio di Analisi di Musica Elettronica alla HMT di Hannover (inverno 2009-2010)
per la loro pazienza e la loro generosità. Un ringraziamento speciale a Kathinka
Pasveer e alla Stockhausen-Stiftung per la generosità dimostrata facendomi acce-
dere agli schizzi manoscritti del compositore e autorizzandomi alla riproduzione
di alcuni di essi.
175
SALVATORE CARANNANTE
Introduzione
L’obiettivo è di studiare e di ricostruire (con mezzi digitali) il procedi-
mento di sintesi del suono che Karlheinz Stockhausen ideò ed utilizzò
per il suo Studie II (1954). Non viene proposta quindi un’analisi dettaglia-
ta della composizione, né una formalizzazione della sua struttura, ma
un’indagine di “analisi mediante sintesi” che permetta di osservare da
vicino scelte e procedimenti costruttivi del suono, e di verificare la com-
posizione delle singole misture, cioè delle singole unità costruttive di quel
celebre lavoro. Utilizzeremo come “testo” sonoro l’incisione pubblicata
dallo stesso compositore nel 1992.1
1. Indicazioni storiche
L’indagine ha preso avvio da un’affermazione di Stockhausen, in un’in-
tervista rilasciata ormai trent’anni fa (Tannenbaum, 1985):
Ho subìto, tempo fa, un colpo atroce ascoltando [la realizzazione di] Studie II
fatta presso lo studio […] dell’Università di Stoccolma, provvisto di un
aggiornatissimo sintetizzatore. Un’esecuzione realizzata secondo le istruzio-
ni pubblicate sulla mia partitura, ma senza il contributo della mia collabora-
zione. Ebbene, il risultato? Miserabile. A dir poco, una farsa, la caricatura del-
l’opera. Addio alla specifica qualità dei microtempi. Addio alle sfumature, ai
moti dell’animo; tutte “assenze” ingiustificate, dato che la partitura era com-
pleta di ogni precisa indicazione ritmica e dinamica sulla durata, il volume, gli
umori del timbro. E invece niente.
177
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Nel 1970 [nel nostro studio] è stato acquistato un computer. Ciò significa che
col tempo l’EMS avrebbe potuto raggiungere un’obiettivo importante, quel-
lo di ridurre sensibilmente il tempo di produzione di una composizione
rispetto a quanto era possibile in altri studi elettronici. Come test di efficien-
za del sistema, fu effettuata una realizzazione di Studie II di Stockhausen, in
soli tre giorni, un lavoro che aveva preso diversi mesi di produzione a
Colonia. L’EMS aveva così fatto proprio uno dei primi sistemi ibridi [analo-
gico e digitale], sicuramente uno dei più grandi del genere.
2. Quesiti e osservazioni
Come poteva essere il risultato della realizzazione svedese di Studie II
tanto incoerente da irritare tanto Stockhausen? E in ogni caso, come sono
annotate in partitura le curve dinamiche realizzate dal compositore? Che
tipo di trattamento, in dettaglio, subirono le singole “misture”? Fin dove
è possibile ricostruire al computer Studie II?
2.1 La partitura
La partitura presenta un testo introduttivo in cui vengono spiegati i pro-
cessi di sintesi del suono, dal criterio di scelta delle frequenze alla realiz-
zazione pratica, su nastro magnetico, di ogni unità costruttiva, cioè di cia-
scuna “mistura” sonora (Tongemisch). Segue la notazione grafica, con tutti
i dati cui attenersi se si vuole ricostruire o “eseguire” il brano.
Questa partitura ha conosciuto due edizioni, che presentano tra loro
alcune differenze: la prima risale al 1956 (Universal Edition), la seconda è
una revisione del compositore stesso pubblicata nel 2000 (Stockhausen
Verlag). Una differenza importante tra le due risiede nel fatto che la
178
Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
Figura 1
Figura 2
Figura 3
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
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Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
Figura 4
181
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 5
mistura 67 tra quelle elencate da Stockhausen); si può confrontare il sono-
gramma dell’originale (a sinistra) e quello del suono che dovrebbe risul-
tare secondo i dati della partitura (a destra); si vede bene, nel secondo
sonogramma, la maggior presenza di energia alle parziali superiori.
Analoghi riscontri si ottengono analizzando altre misture (le differenze
sono ovviamente più facilmente riscontrabili per misture a spettro più
largo). Vi è anche un caso particolare in cui una delle cinque frequenze
manca del tutto dalla effettiva realizzazione: è il caso della mistura 80, a
182
Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
Figura 6
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 7
Figura 8
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Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
La durata della registrazione (cioè della copia digitale pubblicata nel 1992)
è di 179.303" (2 min., 59 sec. 303 msec.). La differenza insomma è di
quasi tre secondi (2.944"). Naturalmente si può spiegare la differenza, che
non è trascurabile, in molti modi diversi: ipotizzando che gli operatori
della Stockhausen Verlag abbiano fatto una copia digitale del nastro
magnetico realizzato nel 1954 (Stockhausen dichiarava di aver acquisito i
nastri dei propri lavori dalla WDR), si può ben pensare che nel passaggio
dall’analogico al digitale vi siano state incongruenze di velocità tra mezzi
di riproduzione analogici e mezzi di registrazione digitale: è altresì impro-
babile che nel trasferimento sia stato utilizzato il medesimo magnetofono
usato dal compositore nel 1954, ed è improbabile che la taratura del
magnetofono effettivamente usato in riproduzione nel riversamento in
digitale fosse perfettamente identica alla taratura del magnetofono utiliz-
zato nel 1954. Se poi la registrazione analogica trasferita dal compositore
in digitale nel 2000 era a sua volta non l’originale ma una copia, la que-
stione diventa ancor più complicata.
In effetti, durante la nostra indagine si è notata una leggera diversità
di “intonazione” tra le misture originali e quelle ottenute mediante risin-
tesi, in particolare nel caso di misture a spettro molto largo (risulta pro-
blematico, per le limitazioni tipiche dell’analisi del suono con mezzi digi-
tali, esaminare in dettaglio le misture a banda stretta). Da qui è nata l’idea
di fare un esperimento, ricampionado l’intera registrazione e imponendo-
gli la durata corrispondente a quella indicata in partitura (176.359"), con
corrisponente verifica dell’intonazione. Il risultato è certo più vicino a
quello del compositore, pur conservandosi ovviamente tutte le differen-
ze di distribuzione spettrale di cui si è detto.
186
Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
3. Sintesi digitale
La nostra indagine non mirava a rifare Studie II interamente in digitale,
come hanno provato a fare altri autori (Menezes, 1999; de Sousa Dias,
2007; Hadju, 2011). L’intenzione, come s’è visto, era piuttosto quella di
seguire il processo costruttivo del suono passo dopo passo, avanzando
ipoteticamente nell’ordine di successione seguito nella realizzazione da
parte del compositore.
L’algoritmo codificato in linguaggio CSOUND, proposto qui
sotto, formalizza il processo di sintesi delle misture (sommatoria median-
te riverberazione, con particolare distribuzione nello spettro del suono
risultante). Esso quindi non genera i suoni che si ascoltano nel lavoro (vale
a dire, misture dotate di inviluppo di ampiezza e durata), per ottenere i
quali bisognerà invece procedere coi successivi passi di elaborazione: pre-
levare dal suono sintetizzato un frammento di durata adeguata, taglian-
dolo in modo conveniente, ripeterlo ad anello, e imprimere infine la curva
d’ampiezza al suono ottenuto (tutti passaggi che comportanto un certo
numero di variabili non specificate da Stockhausen). Questi passi ulteriori
potrebbero in teoria essere compiuti mediante programmazione al com-
puter, applicando con rigore le indicazioni della partitura. Tuttavia nel
nostro lavoro si è preferito affrontarli con operazioni “manuali” di tratta-
mento audio digitale, e ciò proprio per quanto osservato nelle pagine pre-
cedenti, per la pluralità di motivi da cui può originarsi la mancata corri-
spondenza tra notazione e realizzazione da parte del compositore.
Inoltre, come anticipato di passaggio, l’algoritmo proposto prevede il
filtraggio passa-basso (per ottenere suoni di spettro esattamente corrispon-
dente ai dati di partitura, basterà togliere le istruzioni dedicate al filtrag-
gio – BUTTRLP e BALANCE – e modificare di conseguenza il codice). L’esito
permette di confrontare in stereofonia la sequenza dei cinque frammenti
(canale sinistro) e l’effettiva sommatoria che avviene mediante riverbera-
zione (canale destro).
187
Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
instr 1
aout = asum+amixtur
outs asum, aout
endin
f1 0 32768 10 1
i1 0 10 607 690 785 893 1010; mixtur 98
4. Altri esempi
Dopo il tentativo condotto all’EMS di Stoccolma, più recentemente si
sono avuti altri progetti di ricostruzione di Studie II. Abbiamo segnalato
per esempio quello di Flo Menezes (1999) e quello di Antonio de Sousa
Dias (2007), entrambi basati su CSOUND (de Sousa Dias propone anche
una realizzazione con MaxMSP). Inoltre, si può segnalare anche la realiz-
zazione con MaxMSP descritta in (Hajdu, 2011).
In questi tentativi (presumibilmente anche in quello di Stoccolma, ma
non possiamo esserne certi), il processo di sintesi del suono che sta alla
base di Studie II viene considerato omologo, o proprio identico, ad un
188
Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
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Le Arti del Suono - anno III - n. 6, 2012
Figura 9
Figura 10
190
Salvatore Carannante Indagine sui processi di sintesi del suono in Studie II di Stockhausen
Figura 11
Bibliografia
Bodin, L.G. libretto del CD Electro-Acoustic Music From Sweden (volume 1 and 2,
Phono Suecia PSCD 41, 1988.
de Sousa Dias, A. “Deux contributions a la pedagogie de la musique électroa
coustique et de l’informatique musicale”, in Actes des Journées d’Informatique
Musicale, Università di Lione, 2007.
Galante, F. e Sani, N. Musica espansa, LIM Ricordi, 2000.
Groth, S.K. “The Stockholm Studio EMS during it’s Early Years”, relazion pre
sentata alla conferenza annuale dell’Electroacoacoustic Music Studies
Network, Parigi, 2008.
Morawska-Bungeler, M. Schwingende Elektronen (Eine Dokumentation uber das Studio
für Elektronische Musik des WDR in Koln, 1951- 1986), Tonger Verlag, Colonia,
1988.
Tannenbaum, M. Intervista sul genio musicale, Laterza, 1985 (interviste raccolte tra
il 1979 e il 1981).
Sitografia
191
le arti del suono
semestrale