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Il concetto di musica in una prospettiva culturale

Esiste una particolare polisemia del termine musica dimostrando come la sfera dei comportamenti
musicali appaia determinante per coloro i quali si considerano profani e fortemente limitante
rispetto a tutti coloro i quali invece, si considerano cultori della musica. Al di là dei toni, la
posizione espressa da Dahlhaus sarebbe in parte fondata se la questione potesse essere ridotta
unicamente ad un problema di origine lessicale. In tale prospettiva, la storia di oltre cento anni di
studi etnomusicologi può essere letta come la cronaca del passaggio da una definizione di musica
basata sull’esperienza e le categorie cognitive occidentali a una nuova griglia interpretativa in
grado di spiegare, le profonde alterità musicali delle diverse culture.
A questo fine, ogni tipo di verbalizzazione dei fatti musicali - dalla metafora linguistica al lessico
tecnico – può costituire una traccia importante per individuare quei caratteri che consentano di
validare una più estesa e universale definizione di musica bisognerà allora prescindere in parte
dalle concezioni locali.
La voce umana per esempio, può essere considerata il primo e più universale strumento di
produzione del suono musicale, lo strumento vocale ha una sua precisa formalizzazione sonora
negli stili vocali. Ciò spiega perché, all’interno di una specifica cultura, forme o generi diversi
implichino spesso stili vocali diversi.
Un particolare rilievo assume ad esempio. Lo yodel, che trae il suo nome dall’omonimo stile
canoro dell’arto alpino ma che si trova in diverse culture musicali del mondo; la cosiddetta “ voce
difonica” diffusa soprattutto in Asia, che consiste nel produrre contemporaneamente due linee
melodiche, di cui la seconda, più acuta, è realizzata selezionando ed esaltando gli armonici della
prima. Bisogna sottolineare come, in ambiti di tradizione orale, gli oggetti generatori del suono
siano spesso le uniche tracce materiale della produzione musicale.
Non si può pensare la musica se non come “ campo di suoni”. In tratto distintivo fondamentale
dell’espressione attraverso i suoni va dunque cercato non tanto nei loro parametri “ spaziali”
quanto nella loro come obbedienza a una specifica dimensione temporale.
Non a caso Stravinskij riteneva che la musica avesse soprattutto la funzione di stabilire un ordine
fra l’uomo e il tempo e vi è stato chi, come Gisèle Brelet, l’ha definita una speculazione sul tempo
inseparabile da un’esperienza del tempo vissuto.
Il ricorso alla dimensione musicale può essere organizzato secondo quattro diverse modalità
progettuali.
- Organizzazione immutabile
- Organizzazione programmata
- Organizzazione estemporanea
- Organizzazione probabilistica
Proprio perché la musica è un’attività altamente sensibile al contesto, la questione delle funzioni
non si riduce a un problema di finalità e normative d’uso, ma incide sulla natura stessa dei
fenomeni che le diverse culture riconoscono come musicali.

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