quale, invece della tecnica abituale della modern dance, propone esercizi basati sulle nuove idee della sua insegnante riguardanti l’improvvisazione. Si tratta di esplorazioni del corpo per comprendere la qualità e le svariate possibilità della dinamica motoria. Una particolarità del lavoro sul corpo inaugurato dalla Halprin e che influenza senza dubbio la Forti, riguarda l’utilizzo del senso cinestesico come fattore scatenante la danza. Per la Halprin un danzatore deve affinare il sistema percettivo e rendersi cosciente dei meccanismi cinestesici; il altri termini, deve imparare a muoversi con consapevolezza e a stabilire un’empatia con le cose e le persone che si trovano nello spazio. Le lezioni della Halprin si svolgono su una piattaforma all’aperto che ingloba anche alberi. Il danzatore è in stretto rapporto con la natura dalla quale può ricevere gli impulsi al movimento e nello stesso tempo più agilmente si può percepire in relazione alle sue attività primarie, quali correre o camminare. Affinché l’improvvisazione non risulti come un moto confuso dell’istinto o un atto ripetitivo delle stesse situazioni, ma come un operazione ordinata da regole a cui rispondere soggettivamente attraverso associazioni cinestesiche. Vi si evidenziano elementi fondanti il nuovo pensiero sulla danza e che risultano costanti negli eventi scenici futuri della Forti: la trasformazione dei luoghi quotidiani in spazi della performance ( cantieri, strade, aeroporti), la scelta di vestire abiti di tutti i giorni, l’apertura della danza a qualunque gesto della vita, la coesistenza di artisti di diversi campi nello stesso evento e nella creazione collettiva che lo presiede, quali danzatori professionisti e amatoriali, musicisti, attori. Anche l’incontro con Robert Dunn furono decisionali alle sue teorie, una maggiore insistenza delle regole date, che sono più stretti e definite, meno flessibili, una definizione di esse determinata dal caso ( per estrazione a sorte) e un uso effettivo dell’improvvisazione anche nel momento dell’esibizione di fronte al pubblico. La forti assume elementi dell’esperienza con entrambe e li mescola per iniziare un suo lavoro personale. In particolare, della Halprin fa propria la coscienza cinestesica, che le permette di tradurre nell’immediato gli impulsi del mondo fisico con il quale si relaziona, producendo un’esperienza estetica a partire da un materiale ordinario, quale, per esempio gli alberi, le foglie. Di Dunn eredita la coscienza dell’improvvisazione in modo chiaro e preciso entro uno schema a cui attenersi, un modo sicuro per orientarsi, ma condizionato al suo interno a continue mutevolezze casuali per l’intervento dell’elemento soggetto che conferisce libertà creativa e imprevedibilità. Acquisisce inoltre l’idea dello spettacolo come vera e propria forma d’improvvisazione. Quel che è certo è che le danze della Forti non intendono mai veicolare messaggi narrativi o psicologici e che il loro contenuto non si esprime mai in termini di rappresentazione, quanto piuttosto di motion. Osserviamo concretamente un caso più complesso delle camminate, cioè il processo di ricerca sul movimento compiuto a partire dalle osservazioni degli animali dello zoo. Fondamentale è il percorso che la porta a tradurne con il proprio corpo le movenze dell’animale. Ella inizia a osservare le bestie: prende note sui loro atteggiamenti e ne disegna le posture. Ma non sempre riesce a seguirne le forme con la matita, rischia di perdere qualche momento. Perciò, abbandonato il quaderno, inizia a imitare gli animali nell’atto di muoversi, come dinanzi a uno specchio. La traduzione dello stimolo in movimento, successivo alla base dell’osservazione, segue alcuni passaggi, quali l’empatia con l’oggetto e la verifica sul proprio corpo di taluni elementi, non l’imitazione naturalistica di essi. Il processo avviene attraverso un’esplorazione immediata: l’artista parte da un’immagine osservata, si fa investire da una sua particolare qualità, a cui lei è più sensibile in quel preciso momento, ed essa orienta il movimento del corpo, in un gioco di scoperta delle forze messe in atto. Una volta imitata a specchio allo zoo la dinamica l’artista passa in sale prove. La Forti sperimenta molto su di sé. In questo modo può capire alcuni meccanismi corporei dell’animale e scoprirne le sensazioni. La scelta dell’oggetto d’analisi, oltre a nascere dall’attitudine dell’artista a cogliere gli stimoli esterni che la orientino nell’esplorazione di un nuovo vocabolario di danza e alla ricerca di un movimento naturale, risponde anche al riconoscimento di un atteggiamento degli animali simile a quello del danzatore; in alcune bestie vi è la capacità di compiere giochi cinetici con variazioni che alleviano il disagio nello spazio chiuso della gabbia in cui si trovano. La forti identifica nell’animale un comportamento di danza. C’è di più. Riconosce negli orsi e negli elefanti che osserva allo zoo dei veri danzatori: Non era la bellezza del movimento a farmi dire che stavo guardando una danza, ma l’atteggiamento interiore dell’animale. L’atteggiamento interiore proviene dalla relazione del movimento con tutti gli altri aspetti della vita dell’individuo. HOME BASE In home base si applica concretamente la poetica della Forti. L’opera è presentata nel novembre del 1979 e rappresenta la tappa culminante di un percorso di ricerca con il compositore musicista Peter Van Riper. I due lavorano insieme insieme secondo una modalità d’improvvisazione su materiali prestabiliti. Prima di ogni sequenza laboratoriale in sala prove la Forti imposta l’attività su una serie di movimenti che le interessa esplode. Van Riper su una composizione o una sequenza di suoni. La danza e la musica si sviluppano per tappe separate e comuni: gli elementi che emergono possono coesistere, influenzarsi e mescolarsi. I materiali sono lavorati fino a che entrambi gli artisti arrivano a una fase molto avanzata dell’esplorazione. Questo momento coincide con la performance. Per la danzatrice l’opera resta aperta a possibilità nuove di investigazione anche di fronte allo spettatore: si possono effettuare cambiamenti fondamentali all’ultimo momento, si può mutare l’ordine delle parti della composizione, è possibile introdurre nuovi elementi, eliminarne altri. L’improvvisazione, dunque, è in Simone Forti sia la modalità del processo creativo in sala prove sia della performance in pubblico. Ella afferma che per diventare un abile improvvisatore è necessario conoscere bene la materia che in quel momento ispira il movimento. In genere il pubblico è disposto a semicerchio o a ferro di cavallo, in modo da avvolgere la performance e creare uno spazio delimitato. L’intenzione della Forti è che lo spettatore non veda l’evento solo con gli occhi, ma percepisca la sensazione cinestesica del movimento. Uno dei 4 lati dello spazio di rappresentazione è lasciato libero come luogo di riposo per gli artisti, di inizio o ritorno durante gli atti performativi. Le parti che costituiscono Home Base possono essere raggruppate e analizzate a seconda delle tipologie motorie investigate dall’artista con la collaborazione del musicista.