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Premessa
Nonostante sia passato mezzo secolo dai primi lavori di Husserl, la natura della fenomenologia tuttaltro
che definita. La fenomenologia si occupa di essenze, ma queste essenze non sono quelle dellidealismo
perch sono comprese sulla base della loro fatticit, sono ricondotte nellesistenza. Luomo e tutto ci che lo
riguarda pu essere compreso solo a partire dalla sua appartenenza al mondo, un mondo che c gi prima
di essere pensato o reso oggetto di analisi.
Il fatto che la fenomenologia non si sia ancora affermata in canoni definiti e oggetti specifici non una
debolezza, ma mette in luce il carattere stesso di un metodo di indagine che era gi presente prima di avere
il nome di fenomenologia in pensatori come Hegel, Kierkegaard, Nietzsche e Freud. La fenomenologia,
prima ancora di avere coscienza di se stessa, cominciata come uno stile di indagine che avvicinava in
modo diverso il mondo.
Per la fenomenologia non si tratta di spiegare o analizzare i fenomeni, ma solo di descrivere. Il ritorno <<alle
cose stesse>> di Husserl viene interpretato da Merleau-Ponty come un ritorno al mondo del vissuto, a quella
visione pre-scientifica del mondo che prima di ogni analisi l per me, esperito nella mia presenza in esso.
Bisogna ritornare a quellesperienza vissuta del mondo senza la quale ogni spiegazione o astrazione
avrebbe senso, prima di essere spiegato e idealizzato il mondo vissuto nellesperienza. Ritornare alle cose
stesso significa ritornare a quel <<mondo anteriore alla conoscenza di cui la conoscenza parla sempre>>,
prima di ogni determinazione, analisi, spiegazione scientifica o idea formulata su di esso.
In tal senso questo il movimento opposto rispetto a quello idealistico di Cartesio o di Kant, che hanno
totalmente svincolato il soggetto dal mondo circostante. Essi hanno reso il soggetto assoluto e lo hanno
posto come condizione di ogni esperienza, equiparando latto di cogliere lesterno con il mondo esterno
stesso. Cos facendo, il soggetto diventa lunica realt assoluta e il mondo viene ridotto a una sua
costruzione riflessiva. Ma il mondo gi l prima di ogni analisi che io possa farne, non si tratta di costruire il
reale ma di descriverlo. Il reale c gi, il mondo c gi, non c bisogno di una coscienza che lo costituisca
o lo legittimi. E la percezione a mostrarci la presenza di un mondo esterno e limpossibilit di dominarlo
totalmente con la coscienza, in ogni esperienza percettiva ci sono delle ambiguit, dei riflessi, degli
scricchiolii, delle impressioni istantanee che rimandano in modo indefinito a un mondo che c e che non li
lascia possedere con chiarezza dalla coscienza. La percezione non un atto, non una scienza, lo sfondo
da cui tutti gli atti sorgono, il campo naturale, il terreno dellesistenza, lo sfondo originario da cui ogni
percezione esplicita si staglia.
Il ritorno alle cose stesso quindi il vero senso della riduzione fenomenologica. Husserl, mettendo il
mondo delle certezze tra parentesi con lepoch, metteva sotto indagine il fenomeno in relazione alla
coscienza. Lattivit di appercezione di un oggetto un fenomeno legato a unattivit di grado superiore (la
donazione di senso) che costituirebbe un mondo come rete di significati condivisi e costituiti a partire dalla
coscienza trascendentale. In quanto coscienza, cio in quanto qualcosa ha senso per me, lesperienza
vissuta non significativa perch lattivit della coscienza mostra come la coscienza sia posta al di l del
mondo dellesperienza, acceda a una verit di sensi superiore e perfettamente condivisibile con altre
coscienze. In tal senso alla fine della riduzione si trova una coscienza trascendentale e la sua attivit di
donazione di senso che apre a un mondo che sta nei significati e non nellopacit dellesperienza. Ma la
problematicit di questo idealismo si scopre nello stesso Husserl e nel problema dellaltro: lesteriorit, con
cui io e laltro entriamo reciprocamente nelle nostre esperienze, qualcosa che non pu essere alienato in
una verit a cui abbiamo accesso a partire da una visione terza. La corporeit mostra i limiti della riflessione,
mostra che lIo non solo autoriflessione ma anche possibilit di uno sguardo estraneo, ha una
dimensione di passivit se considerato inerente a un mondo. Questa specie di <<debolezza interna>>
smantella lassetto assoluto del soggetto che si scopre aperto e accessibile; lesistenza irriducibile alla
coscienza di esistere, il mondo vissuto irriducibile al mondo pensato e ai significati. Il cogito deve riscoprirsi
incarnato, immerso in una situazione, non deve tradurre il mondo il pensiero ma descrivere come il pensiero
sorga a partire da un mondo che gi era presente e in cui gi era immerso. La riduzione perci non prende
le distanze dal mondo per chiudersi nellunit di una coscienza trascendentale, ma si distacca da un mondo
oggettivo per tornare a quello vissuto, per vedere come il senso sorga a partire dalle cose stesse, come le
trascendenze scaturiscano dal mondo. Il mondo non dato in una totalit compatta di pensiero, perci la
scomposizione impossibile, e la riduzione fenomenologica dovr sempre compiere quel movimento di
ritorno allo stupore originario di fronte al mondo. Laccesso al mondo vissuto ci dato attraverso la
percezione.
Merleau-Ponty rivede anche il concetto fenomenologico di intenzionalit. Si affida a quella che Husserl
chiama intenzionalit fungente, ovvero quella struttura di fondo, naturale, che collega il mondo e luomo, che
organizza lesperienza in un senso pre-razionale. Non si tratta, come nellintellezione classica, di cogliere
concetti gi presenti nel mondo, ma di costituire unit di senso rispettando la contingenza dellevento, il
senso si d, ma non a partire da una realt oggettiva che ne gi dotata, n grazie a un atto assolutamente
arbitrario della coscienza, bens dalla situazione di presenza nel mondo in cui la coscienza - corporea -
sempre gettata. C un senso che emerge nellinevitabile relazionarsi della coscienza con il mondo, non si
tratta di qualcosa di predefinito che la coscienza trasparente coglie come concetto, ma un lavoro di
fondazione, un terreno originario dove c un guadagno di senso. Non c un logos celato nel mondo
esterno, ma il mondo ha esso stesso un senso, c del senso - senza che questo ricada sotto concetti
presupposti o definitivi: <<poich siamo nel mondo, noi siamo condannati al senso e non possiamo fare nulla
n dire nulla che non assuma un nome nella storia>>. Si tratta, attraverso la fenomenologia, di mostrare il
mistero del mondo a partire dal mondo stesso, di smascherare il senso come derivazione da un mondo che
non pu essere dominato con il pensiero.
INTRODUZIONE - I PREGIUDIZI CLASSICI E IL RITORNO AI FENOMENI
1.
La sensazione
Il punto di partenza per comprendere la percezione analizzare la nozione di sensazione, spesso definita in
modo fuorviante sia dalla filosofia classica sia dalla scienza. Innanzitutto la percezione definisce sempre un
oggetto percepito a partire da uno sfondo percettivo, un campo percettivo: non c percezione senza sfondo,
senza differenziazione, senza lemergere di qualcosa a partire da un oscuramento di ci che ha intorno.
Come definita dalla Gestalt, questa la percezione normale: un fenomeno che non pu avvenire senza
che un qualcosa sia sempre immerso in un campo insieme ad altre cose.
Al tema della sensazione connesso quello delle qualit, infatti sentire avere delle qualit, come vedere
avere oggetti visivi e udire avere suoni, e la difficolt nel fatto che spesso questi fenomeni spiegano il
fenomeno del sentire/vedere/udire con il sentito/visto/udito. Cos le qualit vengono o considerate qualcosa
nella coscienza, e non per essa, oppure come qualcosa di reale e immanente agli oggetti esterni; in entrambi
i casi, lerrore dato dal pregiudizio del mondo esterno, dal presupporre una realt determinata a cui far
corrispondere una conoscenza intellettuale altrettanto determinata e rigorosa. Cos la scienza pensa al
campo visivo come a qualcosa di delimitato da una zona oscura, con oggetti chiari e definiti con una realt
propria ripetuta nella nostra coscienza, dove tutto compatto e determinato. Ma non cos, il campo visivo
luogo di contraddizioni logiche, non rispetta le proporzioni geometriche, non presuppone oggetti definiti, n
delimitazioni precise. Loggetto, per gli psicologi, non mai ambiguo se non per noi, se non a causa della
nostra disattenzione o di qualche nostro deficit percettivo (paesaggio avvolto nella nebbia, non diciamo che il
paesaggio reale confuso se non per la nebbia). Ma la percezione, al contrario, si nutre di indeterminatezze.
E nellindeterminatezza che emerge la qualit, ha un valore espressivo non logico.
Anche la fisiologia spiegherebbe la sensazione attraverso gli organi di senso come qualcosa che
semplicemente trasmette i dati di un mondo concreto e determinato alla nostra coscienza, la percezione
sarebbe una sorta di scanner e la sensibilit qualcosa che risponde a degli stimoli precisi a cui i recettori
rispondo con altrettanta precisione. Ma questa legge sempre presupposta quando crede di dimostrarsi,
non ci sono risposte causali, nessi di stimolo-risposta locali e definiti, ma si ha a che fare con il tutto
corporeo, con una configurazione pi che con parti sensibili; anche nei casi di lesioni periferiche e centrali
si assiste, pi che a una deficienza localizzata, a un abbassamento generale delle modalit di relazione con
lesterno, una limitazione nel comportamento. Non possibile una definizione fisiologica della sensazione,
perch nella sensazione gi sottinteso un corpo che biologico quanto psichico, ci sono elementi che non
sono matematici e fisico, come il senso della situazione biologica, oggetti che si danno nellesperienza in
modo diverso da come li presuppone tardivamente la scienza oggettiva. La percezione ammette lambiguit,
lascia emergere le qualit con valore espressivo, non si limita a riprodurre un mondo esterno presupposto
come determinato e ideale. Le teorie della sensazione impongono oggetti di un mondo ideale e spiegano
come questi siano ripresi nella coscienza, ammettendo le ambiguit solo come deficit o disattenzioni,
quando invece il mondo percepito non ha nulla a che fare con quei oggetti ideali.
2.
La percezione non ha nulla a che fare con limpressione, intendendo questultima come trasmissione
sensibile del mondo esterno. Nella percezione, infatti, anche solo nel semplice caso della figura e dello
sfondo, emerge sempre qualcosa che eccede il reale, e viene colto come <<parte intenzionale>>: non c un
oggetto che coincide, nellimpressione, con la conoscenza che ne faccio, c un emergere di senso a partire
da una struttura percettiva dinamica ed espressiva.
Un modo di spiegare come nella nostra esperienza certe percezione vengano integrate da dati che eccedo
lelemento reale, quello dell<<associazione delle idee>>. Secondo questa teoria lesperienza viene
completata attraverso la rievocazione delle esperienze passate di casi analoghi, che mi permettere di
completare o formare pi precisamente i dati attualmente disponibili. Si tratta, in realt, ancora della
meccanica stimolo-risposta, certi elementi sensibili farebbero scattare associazioni immediate che
evocherebbero altre impressioni dando spessore allesperienza; ma, ancora una volta, la teoria
dellassociazione spiega la percezione con il percepito, infatti gli elementi particolari che fungerebbero da
stimolo per la rievocazione possono essere inquadrati solo attraverso un approccio analitico verso ci che
precede la divisione: la percezione del tutto, dellinsieme. Prima c la percezione del tutto, poi possibile
dividere le cose e isolare aspetti sensibili che potrebbero fungere da stimolo, e non viceversa: <<la contiguit
e la somiglianza degli stimoli non precedono la costituzione dellinsieme>>. La percezione quindi non si
costituisce per associazioni, ma anzi ne la condizione, come nellesempio della nave arenata che da
lontano mi sembra fondersi con il paesaggio, mi da nella percezione una figura nuova e unitaria che solo
successivamente posso scomporre e ricomporre analiticamente.
Lassociazione non ha quindi un ruolo nella percezione come forza generatrice autonoma. In alcuni casi, pu
spiegarsi come <<intenzione di riproduzione>> quando una determinata esperienza strutturata in modo
da fare ricorso a una precedente, ovvero che da comprendere in funzione dellesperienza passata.
Merleau-Ponty fa lesempio della ripetizione di sillabe, mostrando che una certa esperienza pu essere
facilitata dallacquisizione di dati passata (rime: dak-tak-x, x viene trovata facilmente grazie allintenzione di
riproduzione ma quando si passa al secondo gruppo ged-deg-y, si incontra un ostacolo), mentre in altri
ininfluente (cambiare vocali ai gruppi di sillabe). Lassociazione per contiguit non funziona nellottica stimolorisposta, ma piuttosto nella riproduzione, come probabilit inerente a un contesto.
Lassociazione per somiglianza, allo stesso modo, non costituisce il contenuto percettivo ma da esso
presupposta. Infatti perch qualcosa somigli alla forma che sto percependo, deve essere gi stato percepito
come forma percepita, deve essere gi strutturata. Solo a percezione gi esplicita posso trovare somiglianze
con qualcosa che gi conoscevo: <<levocazione dei ricordi diviene superflua nel momento stesso in cui
resa possibile, poich il lavoro che si attende da essa gi fatto>>.
La percezione non ha bisogno di essere integrata dai contenuti della memoria, ma anzi questi contenuti
possono essere associati o rievocati proprio a partire dal lavoro che la percezione ha gi ultimato. Non c
una percezione lacunosa su cui si proiettano spontaneamente i ricordi, ma il ricordo qualcosa di
secondario che pu essere chiamato in causa dalla coscienza. Se si considerano i fenomeni, la percezione
una strutturazione della realt vissuta che precede ogni analitica divisione di oggetti e dati, una
strutturazione che avviene nel senso ed eccede quelli che sono gli oggetti reali - in realt ideali dellempirismo.
3.
Lattenzione e il giudizio
Sia nellempirismo che nellintellettualismo, il concetto di attenzione mostra come queste due impostazioni
non siano in grado di comprendere il funzionamento della percezione. Nellempirismo lattenzione quel
<<miracolo>> naturale che illumina, come se fosse un proiettore, le sensazioni, ovvero la corrispondenza tra
stimolo e risposta. Lattenzione non costituisce nulla, si limita a mettere in luce loperazione di impressione,
quindi a partire dallo stimolo del mondo esterno. Al contrario, nellintellettualismo lattenzione in grado di
darmi la verit delloggetto, liberandomi dallerrore dato dal sensibile, dalla percezione distratta,
riconducendo la coscienza alla sua chiarezza innata e alla conoscenza della verit delloggetto. Lattenzione,
nellintellettualismo, il movimento di ritorno a se stessa della coscienza, nella quale sempre racchiuso il
mondo nella sua verit. Ma se nellempirismo la coscienza si limita a farsi modellare da un mondo esterno
non producendo nulla, e nellintellettualismo la coscienza costituisce tutto, o meglio ha gi la struttura
intellegibile del mondo, entrambe rendono superfluo il ruolo dellattenzione: nel primo caso la coscienza non
sa cosa cercare quindi non cerca nulla, nel secondo caso la coscienza conosce gi tutto quindi non ha
bisogno di cercare niente. In entrambi i casi lattenzione non genera nulla, ma si riferisce a qualcosa di
preesistente, il mondo reale esterno nellempirismo e la struttura intellegibile del mondo nellintellettualismo,
in entrambi i casi la <<credenza dogmatica del mondo>> il presupposto per ogni conoscenza.
Per Merleau-Ponty lattenzione qualcosa di attivo, il suo primo compito quello di crearsi un campo percettivo o mentale - che possa esplorare e dominare, a partire da cui possa far emergere i suoi oggetti.
A partire da questo campo indeterminato, lattenzione apre a una nuova struttura dellesperienza, a un nuovo
modo di percepire il mondo, a una diversa apertura verso i suoi oggetti, inaugura un a priori. Merleau-Pobty
fa lesempio dei bambini che distinguono gradualmente i colori, la distinzione dei colori diventa sempre pi
fine insieme con laumento dellattenzione e linaugurazione di nuove strutture percettive. Lattenzione quindi
non si limita a far emergere dati preesistenti, ma li articola in modo diverso, li dispone in un nuovo orizzonte:
<<cos, lattenzione non unassociazione di immagini, n il ritorno in s di un pensiero gi padrone dei suoi
oggetti, ma la costituzione attiva di un oggetto nuovo che esplicita e tematizza ci che prima era offerto solo
a titolo di orizzonte indeterminato>>.
Lintellettualismo cerca di spiegare la percezione senza ricorrere allattenzione o a forze associative, e lo fa
attraverso la nozione di giudizio. Questa formulata anti-empiristicamente come ci che non sensazione,
ci che corregge i contenuti deviati dalle sensazioni. Nellintellettualismo il giudizio ci che colma le lacune
del sensibile, dove non vi sensazione pura - cio ovunque - c giudizio: la percezione sfrutta il giudizio per
ricostruire logicamente gli oggetti che la sensazione recepisce confusamente o di cui non pu fare
esperienza diretta, finendo cos per cancellare la percezione sensibile in virt di unidentit scientifica che la
presuppone. Ad esempio, di fronte a due scatole di dimensioni diverse, lintellettualismo non pu dire che
sente pesare pi quella grande, ma che la giudica pi pesante. O, pi radicalmente, nella visione prospettica
di un oggetto il suo mutare non dato dal sensibile ma dal giudizio, dallinterpretazione che modifica la
forma dellapparenza; insomma, il giudizio si impone allesperienza sensibile. Ma allora come distinguere
una percezione vera e una percezione falsa? La percezione non un giudizio, la percezione precede ogni
giudizio. Il giudizio lespressione facoltativa, secondaria e razionalizzata della percezione; la percezione
ci che struttura in un senso il sensibile, organizza il materiale indeterminato dellorizzonte percettivo.
Lesperimento di Zollner mostra come due linee parallele intersecate da segmenti obliqui con angolature
opposte diano limpressione di essere convergenti, originando quindi un falso giudizio. Ma che sia vero o
falso, il giudizio formulato su un significare dellinsieme delle rette nel loro relazionarsi tra loro, laggiunta di
linee ausiliare ha dato un nuovo significato percettivo alla figura nel suo complesso. La percezione ha regole
proprie, al di l di quelle oggettive dello spazio e dei rapporti tra linee, il giudizio qualcosa che sempre
successivo alla percezione, sia che si accordi con la realt oggettiva o meno. Come precede ogni giudizio,
cos precede ogni sensazione: la percezione lincontro del soggetto con loggetto, relazione a partire da
uno sfondo indeterminato, che solo tardivamente pu essere ricondotta al versante oggettivo e intesa come
sensazione pura - azione degli stimoli sul nostro corpo - . Ma la percezione non passivit, non si limita a
farsi imprimere le cose, ma le organizza nel senso, le struttura in unorizzonte di significati, costituente.
Nella percezione lemergere della cosa nellesperienza inseparabile dal suo significato, dal suo stile, dalla
sua contingenza come evento. Perci tanto lintellettualismo quanto lempirismo mancano il fenomeno della
percezione perch si riferiscono a un mondo ideale, a oggetti determinati e assoluti, nel caso
dellintellettualismo costituiti dalla coscienza, nel caso dellempirismo imposti da una realt esterna. Le due
correnti si reggono una sullaltra, si affidano alle stesse nozioni (come quella di sensazione) e allo stesso
dogmatismo: da un oggettivismo assoluto a un soggettivismo assoluto, entrambi riferiti a una verit
insindacabile, si trovi essa allesterno o allinterno della coscienza.
E anche vero, tuttavia, che nel pensiero di Cartesio ci sono spunti che evidenzierebbero che il problema
della percezione stato affrontato anche in modo adeguato. Quando parla di un <<giudizio naturale>> che
non considera alcuna ragione, o quando dice che lunione dellanima e del corpo un fatto che pu essere
spiegato dalla vita e non dallintelletto, Cartesio ammette implicitamente uno stadio di passivit, il momento
di scaturigine del senso, una percezione originaria che definisce giudizio naturale, poi dominato dallintelletto.
C un momento nellesperienza, dove le cose emergono per la prima volta, nella percezione originaria, nella
fatticit dellevento, che la conoscenza empirica occulta sotto significati acquisiti. Ma la percezione ha
qualcosa di creativo, di sempre nuovo, quando guardo un albero per riconoscerlo come tale devo lasciarlo
emergere nella sua contingenza, come se vedessi un albero per la prima volta, nel suo primo assetto
esistenziale. Cartesio forse quando parla di giudizio naturale riconosce la presenza di questo momento
nellesperienza, ma non in grado di tematizzarlo a dovere. Dare dignit alla fatticit avrebbe comportato
riconoscere la temporalit, lunit dellio come temporalit vissuta a partire dal suo percepirsi presente, ma
invece fa poggiare il cogito non sulla presenza nellesperienza ma in quella assoluta dellinfinito.
La percezione ha una sua autonomia, il mondo che la percezione ci mostra non quello dellintelletto, non
quello della scienza oggettiva, un oggetto in prospettiva lo vediamo in modi differenti, come se fosse un
oggetto differente e non lo stesso oggetto ideale, oppure un paesaggio visto a testa in gi non ci
permetterebbe di riconoscere nulla in essa: <<vi un significato del percepito che non ha equivalenti
nelluniverso dellintelletto, un contesto percettivo che non ancora il mondo oggettivo, un essere percettivo
che non ancora lessere determinato>>. La Gestalt ha s compreso che la percezione ci mostra lunit di un
mondo pregno di significato pre-oggettivo nellesperienza vissuta, ma ha poi ricondotto questa percezione in
un mondo gi definito ed esplicito. Non ha mai rotto con il naturalismo, spiega le percezioni attraverso il
concetto di causa (invece del fenomenologico motivazioni) e non comprende fino a fondo il ruolo originario
della percezione, non spinge fino alle estreme conseguenze il rifiuto della concezione classica della
sensazione.
4.
Il campo fenomenico
Liberato dai pregiudizi dellempirismo, il concetto di <<sentire>> riacquisisce il suo significato originale. Esso
non significa recepire delle qualit oggettive, ma esperire un mondo vitale, dove le cose hanno valore
affettivo ed espressivo, un significato-per me, sempre relativo al mio corpo. Il sentire <<comunicazione
vitale con il mondo>>, rapporto in un mondo che si riempie di significato ogni volta che mi relaziono con lui.
E quindi evidente come la riscoperta del vero significato del sentire comporti lapertura a un campo
fenomenico che libera il mondo dallo spettro imposto della oggettivit scientifica. La scienza, infatti, per
secoli si sottratta alla percezione, iniziando le sue indagini a partire dal percepito, sviluppando lidentit
della cosa, per poi svuotare il mondo del suo carattere espressivo e qualitativo. Attraverso leggi,
meccanicismi, costanti, si illusa di scoprire le strutture segrete del mondo, di dominare la ragione che
soggiace alla realt. Allo stesso modo il corpo vivente stato ridotto a oggetto tra oggetti, dominato da
meccanicismi psicofisici, spogliato dellintenzionalit e dellespressivit, annullato nel suo comportamento; un
corpo oggettivato trova il corrispondente, infine, in un soggetto de-esteriorizzato, la visione oggettiva e
imparziale che per secoli ha dominato la storia della cultura. La percezione originaria stata rimossa, la
cosa che ne deriva assunta come oggettiva e stabile, e a partire dalle cose la realt ridotta a concetti.
Ritornare alle cose stesse, la riduzione fenomenologica, significa ritornare al momento da dove la cosa, nella
percezione, si data per la prima volta; vuol dire tornare al mondo prima del mondo, al significare prima del
significato, allesperienza prima delloggettivit scientifica.
Alla stessa maniera bisogna liberarsi anche dei pregiudizi del <<mondo interiore>>, spesso trattati come
controparte di quello esteriore e oggettivo. Linteriorit non , come per Bergson, qualcosa di inaccessibile a
chiunque compreso me stesso. Limmediato non mi chiude in una vita solitaria, lesperienza dei fenomeni
non consiste in unintrospezione irriducibile alla comprensione, ma nel riportare alla luce lo statuto nascente
dei fenomeni stessi, la vita della coscienza intenzionale - piuttosto che irrazionale. La psicologia, inoltre,
spesso si limitava a trasportare la metodologia scientifica nellinteriorit, trattando gli eventi psichici come
eventi fisici, seppur incommensurabili tra loro. Con lidea di Gestalt la psicologia fa un passo oltre, la nostra
esperienza non consiste nellorganizzare sensazioni e dati oggettivi, nel rispondere attraverso la nostra
natura psicofisica, ma determina una configurazione nuova, la percezione di una forma pregna di significati e
valori qualitativi. La riflessione comincia quindi con lepoch di un mondo oggettivo per ritornare ai fenomeni,
di cui il mondo oggettivo solo unoperazione seconda, e scoprire il loro valore originario. La coscienza allo
stesso modo non pi un luogo interiore inaccessibile, ma apertura al mondo, apertura alla conoscenza di
esso, non possiede le cose ma le cose esistono per essa. Dopo la riduzione del mondo oggettivo, la
fenomenologia dovr decostruire anche quello dei fenomeni, per arrivare al campo trascendentale, per fare
luce su tutti gli impliciti che precedono e rendono possibile la comprensione del sistema io-altro-mondo.
Questa la prospettiva di ogni filosofia trascendentale.
Il campo fenomenico allora non si da allesperienza nei suoi contenuti oggettivi ed espliciti, non si da
nellorganizzazione razionale, ma in una struttura di senso contingente, una Gestalt che non , come in Kant,
una forma a priori razionale, ma una struttura unitaria a s, un ordine con i caratteri della fatticit. Il concetto
di campo ha in s i caratteri della limitatezza, della prospettiva, della fatticit dellirriflesso, non presuppone la
possibilit dellemergere degli oggetti di un mondo oggettivo, ma descrive lapparizione degli stessi.
Allabbandono dellidea di un terreno oggettivo - il mondo intero - come oggetto della veduta corrisponde la
riscoperta di una coscienza che non sorvola il mondo, ma una coscienza incarnata nel mondo, ha una
visione limitata, assoggettata a una situazione. Il pensiero riflessivo classico sradicava la coscienza dal
suo essere sempre situata, rendendola assoluta e unitaria (per questo non si pone mai, neanche in Kant, il
problema dellaltro, perch lIo trascendentale unit di ogni coscienza). La riflessione fenomenologica
deve liberarci dal pregiudizio legato allesistenza del mondo oggettivo quanto il suo contraltare soggettivo
della coscienza assoluta, deve comprendere la coscienza nel suo momento aurorale in cui il soggetto si apre
al mondo.
PARTE PRIMA - IL CORPO
La nostra percezione mette a capo oggetti e questi, una volta percepiti esplicitamente, ci appaiono come
<<geometrale>> di tutte le prospettive e esperienze possibili che potremmo o avremmo potuto avere rispetto
a essi. Vedere un oggetto vuol dire averlo nel campo visivo, o come oggetto primario o sullo sfondo, nella
visione ho sempre un orizzonte percettivo, quando fisso un oggetto ci che intorno a lui si oscura, non
potrebbe emergere se non differenziato da uno sfondo percettivo: <<lorizzonte interno di un oggetto non pu
divenire oggetto senza che gli oggetti circostanti divengano orizzonte, e la visione un atto a due facce>>.
Gli oggetti si mostrano sempre in una struttura oggetto-orizzonte (ovvero la prospettiva), tale che tutti gli
oggetti formano un sistema di relazioni come se si specchiassero uno nellaltro: nella mia visione delloggetto
sullo sfondo percettivo dispongo della posizione riflessa degli oggetti intorno a quello che fisso ( come se
vedessi da ogni luogo). Lo stesso vale per la prospettiva temporale, ogni momento della percezione -
presente - fonda e sollecita altri momenti nellorizzonte temporale: loggetto mi si mostra, come in Husserl,
attraverso uno sfumare continuo del presente, che possiede il suo appena-passato (ritensione) e limminente
(protensione). Sia spazialmente che temporalmente, la sintesi che mi inserisce nel mondo e mi permette di
vedere un oggetto qualcosa che vale per il contesto immediato delloggetto nel suo farsi nellesperienza.
Solo successivamente possibile passare dalla percezione allidea, cio al percepito, cio alloggetto fisso
inserito in un mondo oggettivo: <<io abbandono la mia esperienza e passo allidea>>. Questo passaggio
lesito naturale della vita della coscienza, che tende a porre oggetti come assoluti, tende a raccogliersi in
essi; ma, allo stesso tempo, anche la morte della coscienza, che nelloccultare il momento percettivo dietro
ai suoi risultati tende a privarsi del suo carattere costitutivo.
1.
Loggetto interpretato tradizionalmente qualcosa che esiste tra altri oggetti, ammette relazioni esterne e
meccaniche, dominate dalle leggi fisiche/scientifiche. Il corpo posto come oggetto tra oggetti, dominato da
strutture psicofisiche di stimoli-risposte, da una certa meccanicit che, nelle teorie pi raffinate, spiegata
attraverso i centri nervosi. In realt, si gi mostrato, non c corrispondenza immediata tra una regione
periferica o una zona del cervello che, degradandosi, renda impossibile la causalit stimolo-risposta, ma
piuttosto nelle lesioni del cervello si assiste a unabbassamento della modalit di essere al mondo, una
riduzione della totalit vivente e non la limitazione specifica. Questo aspetto pone gi in luce il fatto che le
relazioni organismo-mondo non siano definite da un determinismo stimolo esterno-reazione corporea, ma
piuttosto che un corpo <<viene incontro alle stimolazioni e si riferisce a esse>>, ovvero non c una ricezione
passiva a cui corrisponde una risposta automatica, ma nel recepire lo stimolo c unorganizzazione, una
strutturazione con cui il corpo psicofisico si relaziona in modo complesso con il mondo.
La condizione patologica dellarto fantasma insegna molto sulle relazioni psicofisiche con il mondo. Si
riconoscono due ordini di fatti <<fisiologici>> e <<psichici>>, che non trovano una risoluzione esclusiva: da
una parte lassenza di un arto lascia spiacevoli sensazioni, come se fosse ancora l, come se fosse reale e
presente; tuttavia, se si spiegano questi fenomeni come la proiezione o la permanenza di ricordi, abitudini,
fatti affettivi, non si pu ridurre la patologia a questo, infatti innegabile che se si recidono i conduttori
sensitivi che conducono allencefalo il braccio scompare. Insomma, il braccio non c, ma c, presente
eppure assente: <<non effetto di una causalit oggettiva, e nemmeno una cogitatio>>.
Negli insetti, quando sostituiscono quasi meccanicamente una zampa sana a una malata, non si tratta di
semplice causalit naturale, n chiaramente di intenzione cosciente ed esplicita. Il fatto che linsetto, come
ogni essere vivente (uomo compreso), si trova sempre in una relazione aperta con il mondo, la sua esistenza
vive e si organizza a partire da questa relazione originaria, la sua modificazione non una risposta
meccanica n unopzione personale, ma il suo essere immerso in un mondo fa si che il protendersi verso le
cose funga da stimolo per la ricrescita. Questo il concetto di <<situazione>>, lessere nel mondo senza
poterlo possedere nei suoi contenuti oggettivi, averlo nellesistenza, nellapertura, nella relazione e
modellarsi su di esso: <<(La situazione) offre solo un significato pratico, invita solo a un riconoscimento
corporeo, vissuta come situazione aperta e suggerisce i movimenti dellanimale cos come le prime note
della melodia suggeriscono un certo modo di risoluzione, senza che esso sia conosciuto per se stesso, ed
appunto ci a permettere gli arti di sostituirsi reciprocamente, di essere equivalenti di fronte allevidenza del
compito>>. Il corpo si adegua a un senso della situazione, investe di senso lambiente che lo circonda nel
suo insieme, prima che esso sia composto da oggetti definiti con propriet altrettanto definite: <<il riflesso e
la percezione sono modalit di una veduta preoggettiva, la quale ci che chiamiamo lessere al mondo>>.
In tal senso, nella condizione dellarto fantasma, il soggetto conserva quel senso pratico che trova nel
mondo, gli oggetti continuano a interrogare il suo braccio che non c pi, rimangono le intenzioni di coglierli,
di afferrarli, di accettare linvito del mondo. Cos, come se dissimulasse la sua mutilazione, ma al tempo
stesso il mondo gliela rivela costantemente: <<cos nellinsieme del mio corpo si delimitano regioni di
silenzio>>. Questa paradossalit propria dellessere al mondo: le mie intenzioni pratiche si dissolvono,
confluiscono in oggetti che si mostrano per me (per stimolare le mie volont), ma successivamente essi sono
scoperti come anteriori a me: la distinzione tra corpo abituale e corpo attuale. Come gli oggetti, pur
dandosi nellesperienza come oggetti-per-me, si scoprono come oggetti-in-s (maneggevole per me maneggevole in s), cos il corpo abituale ha il carattere dellapertura verso il mondo, la praticit automatica
e un aspetto impersonale. Analogo il fenomeno psicologico della rimozione, un fenomeno traumatico
che viene superato nella vita quotidiana ma come se fosse solo oscurato, continua a condizionare stati
danimo, a bloccare lo spirito nonostante la vita scorra comunque e altre esperienze sono possibili. Queste
patologie, fisiche o spirituali, mostrano laspetto impersonale dellesistenza, il fatto che il mio organismo sia
parte di una struttura complessa cui prende parte, laspetto pratico e funzionale su cui ogni esperienza
singolare o particolare si radica.
La duplicit enigmatica del corpo, nei suoi aspetti impersonali e personali, si spiega con lesistenza che
temporalit. Gli eventi specifici, siano essi fisici, pratici o psicologici, sono delle aperture in un tempo che
scorre gi da s, la temporalit la struttura base dellesistenza, da questa si estrapolano momenti, si
riaprono finestre sul passato, si rimane intrappolati in unesistenza passata o si aprono nuove prospettive sul
futuro. Questa ambiguit la medesima del corpo, da una parte c il corpo relativamente autonomo che
immerso nella vita, dallaltra c il corpo attuale, il corpo presente e fisico e nella patologia dellarto fantasma
queste dimensioni, attraverso lintervento della psiche, vengono a scontrarsi e cos c il rifiuto della
menomazione e dellazione vera. Lintrecciarsi dello psichico con il fisico spiega anche la necessit di
bloccare i recettori del braccio, per far s che il moncherino non senta pi gli eccitamenti del mondo esterno,
cos che ogni fantasia di movimento venga impossibilitata - non solo nel mondo fisico ma anche in quello
dellesistenza. Nellesistenza fisico e psichico si integrano nella stessa struttura, sono inseparabili, non ci
sono mai cause solo fisiche o solo psichiche n opposizioni ideali tra le due dimensioni, sono integrate nello
stessa struttura dellessere al mondo, sfociano luna nellaltra e trovano le loro motivazioni nella loro unione.
2. Lesperienza del corpo e la psicologia classica
Come la fisiologia mancava lessenza del corpo inquadrandolo solo nel versante oggettivo, la psicologia
classica ha creduto di liberare il corpo dalloggettivit scientifica chiudendolo per in una prospettiva
altrettanto limitata. Lassunzione di base era che il corpo non oggetto tra oggetti, perch permanente. Ma
la permanenza del corpo proprio del tutto particolare: esso mi mostra il mondo sempre dalla stessa
prospettiva, una prospettiva dal quale escluso, la sua permanenza non solo nel mondo ma sempre
vicino a me. Il corpo labitudine primordiale che rende possibile ogni abitudine, la struttura di approccio
originaria che mi permette di approcciare oggetti, la prospettiva metafisicamente necessaria che mi
permette di esperire le prospettive relative e fisiche degli oggetti. Ma non posso avere una prospettiva simile
sul mio corpo, esso si sottrae sempre, almeno in parte, a unesplorazione concreta con cui posso porlo come
oggetto. Questo vale sia per la visione sia per lapproccio tattile, la mia mano destra non pu
contemporaneamente essere toccata e toccante, oggetto e apertura verso il mondo (la psicologia lo
spiegava con la nozione di <<sensazione doppia>>). Il corpo proprio la prospettiva assoluta che rende
possibile ogni prospettiva, apertura verso il mondo e non semplicemente parte di esso, non possibile
esperirlo come totalit fungente se non da un secondo corpo. La psicologia ha tentato di spiegare le
peculiarit del corpo proprio con nozioni confuse, come laffettivit (mentre le cose sono rappresentate)
oppure limmediatezza del movimento (mentre gli oggetti sono mediati), senza per comprendere che il
carattere pi profondo del corpo proprio quello dellapertura, dellimpossibilit di essere ridotto a oggetto
nel mondo, sia esso stesso che i suoi movimenti e la sua percezione di se stesso. Hanno spiegato il corpo
proprio con delle leggi, seconde a quelle della realt scientifica, ma pur sempre presupposte e oggettive.
3.
La nozione di schema corporeo intesa diversamente dalla scienza classica rispetto alla psicologia. Nel
discorso scientifico indica il corpo come un sistema complessivo, fatti di parti esterne e di organi che
funzionano nel loro insieme e possono essere descritte come rappresentazioni di immagini, di spostamenti,
di associazioni, sempre fissati su uno spazio oggettivo. La psicologia ha superato queste descrizioni a
posteriori, intendendo con schema corporeo lunit spaziale e temporale del corpo proprio, inteso come
forma in cui sono inserito nel mondo, condizione preliminare a ogni descrizione o riassunto dellesperienza.
Lo schema corporeo inoltre dinamico, ovvero che a partire dalla condizione di essere nel mondo posso
aprirmi a vari compiti, atteggiamenti, che la spazialit del corpo di situazione e non di posizione (come per
gli oggetti esterni). La parola <<qui>> non indica un punto nello spazio omogeneo, ma le coordinate
originarie dellesperienza a partire da cui ogni azione e ogni movimento nel mondo possibile, indica una
situazione. Lo schema corporeo, in sintesi, lessere al mondo, la situazione di apertura verso il mondo,
il mio ancoraggio a esso e alle cose. Questo spazialit differisce da quella delle scienze, la mia posizione
non un punto nello spazio oggettivo, parole come <<su>> o <<gi>> non si riferiscono allo spazio
omogeneo ma alla mia specifica situazione nel mondo, si riferiscono a uno spazio orientato che precede
quello oggettivo. E piuttosto lo spazio oggettivo a trovare il suo senso in quello orientato, unoperazione
esplicita seconda a partire dallo spazio fenomenico dellesperienza, nella quale il corpo ha una spazialit e
senza esso non ci sarebbe nessuno spazio.
Questa differenza si comprende ancora meglio se si considera il movimento. Il movimento non uno
spostarsi da un punto oggettivo a un altro, ma qualcosa che assume lo spazio e il tempo in esso,
nellapertura verso il mondo. Prendendo in esame quei malati che non sono in grado di compiere azioni
astratte o di localizzare, indicando, punti sollecitati del proprio compro, si scopre che questi stessi malati
sono in grado di compiere comunque azioni complesse. In questi malati manca ci che nelluomo normale
possiamo definire virtualit, ovvero la capacit di simulare dei contesti, di muoversi dissimulando la
situazione reale, di avere coscienza del proprio corpo nei suoi movimenti possibili. Il malato al contrario
dispone solo del corpo attuale, sa riconoscere forme e stimoli solo percorrendoli ogni volta con il corpo, non
sa indicare parti del suo corpo ma sa raggiungere e prenderle con le mani, pu svolgere i suoi compiti solo
come raggiungimento concreto delle cose e non come simulazione (pu prendersi il naso ma non mostrarlo,
non sa indicare un punto ma pu grattarlo se gli prude). Ci che quindi distingue il malato dal normale, la
sua incapacit di disporre del proprio corpo come centro di intenzionalit, come possibilit di infiniti
movimenti, gli manca la virtualit. Il malato comprende il significato degli ordini impartiti, infatti quando per
tentativi si avvicina al movimento desiderato lo riconosce, ma gli manca il significato motorio, gli manca come invece presente nel normale - la possibilit del movimento a partire dalla sua indissolubilit alla
coscienza del movimento stesso. Si pu anche dire che gli manca uno sfondo, che nel movimento concreto
il mondo dato, mentre in quello astratto uno sfondo prodotto, simulato, reso presente da proiezioni e
evocazioni (di oggetti assenti).
Questi disturbi vengono cos descritti dallesperienza, ma senza essere ridotti a una possibile causa. La
scienza cerca di spiegare con deficit fisici o mentale questi disturbi, non li descrive senza prima indagarne le
condizioni, e spiega, ad esempio, lincapacit di svolgere certi compiti attraverso la presenza di disturbi visivi.
Lincapacit di movimenti che richiedono lastrazione sono da attribuire a deficit visivi, mentre viceversa quelli
tattili e concreti possono rimanere inalterati. Ma ovviamente la fenomenologia vuole superare questo
pensiero causalistico, non possibile limitare una incapacit del malato a una disfunzione particolare (es:
campo visivo -> astrazione, percezione) poich tutte le capacit di una persona si intersecano e intrecciano
in una esperienza unica, si sorreggono e modificano a vicenda lesperienza nellapertura alle cose: <<nel
soggetto normale non c una esperienza tattile e una esperienza visiva, ma una esperienza integrale in cui
impossibile dosare i diversi apporti sensoriali>>. Questa esperienza complessiva, che poi modalit
dessere nel mondo, ci che si definisce comportamento ovvero larea complessiva, la forma,
dellesperienza irriducibile al pensiero causalistico ma anche a quello intellettualistico. Infatti un pensiero che
considera il soggetto solo come coscienza non in grado di spiegare, al pari dellempirismo, la differenza tra
Zeigen e Greifen, astratto e concreto, manca le modalit dellessere e gioca sul piano della
verit/rappresentazione per interpretare la malattia, non su quello dellessere e del valore affettivo
dellesperienza. Lanalisi del caso Schneider permette di superare tanto lempirismo quanto lintellettualismo
mostrando che le sue lesioni, pur colpendo fisicamente zone locali, hanno conseguenze sulle sue modalit
generali di essere al mondo, non limitatamente in rapporto allesclusiva zona colpita. E tutto il
comportamento che viene messo in gioco, non usa semplice abilit.
La stessa intelligenza di Schneider rimane intatta, ci che egli non sa pi fare attingere al mondo
dellessere, al senso nel suo originarsi dallesperienza, ha perso lintelligenza esistenziale e non quella
razionale; Quando parla si riferisce solo a significati sedimentati collegando parole, non trova il significato
nelle cose come il soggetto normale ma deve ogni volta interpretare la realt e riferirsi a significati gi dati:
ha perso il rapporto plastico con i significati incarnati nel mondo. Non riesce inoltre a cogliere linsieme di
unesperienza umana quando gli viene raccontata (annota solo dei fatti e li mette in successione), perch
non in grado di <<comprenderli>> come situazioni in cui potrebbe vivere. Anche nel conteggio dei numeri li
considera solo come successioni ma di fatto perde la sua capacit operativa di trasformarli e usarli in pi
maniere. Quello che stato colpito nel paziente quindi qualcosa di pi primordiale sia della percezione
delle cose, dellintelligenza e delle capacit sensoriali, ci che ha perso una modalit complessiva
dellesistenza, non sa pi <<giocare>> ovvero porsi in una situazione, distaccato dal mondo della vita.
La coscienza non una successione di fatti psichici, non una facolt di significare, ma unattivit di
proiezione che non avulsa da un mondo dato, dispone gli oggetti del campo visivo basandosi su di essi, li
struttura in nuovi significati che per attingono da un mondo concreto. Nel caso di Schneider la patologia non
immaginaria, colpisce una parte concreta e reale del suo corpo ma non distrugge una funzione
fisiologicamente correlata: non la capacit di visione in senso stretto a essere colpita, ma la capacit di
dominare con lo sguardo gli oggetti del mondo, una modalit del comportamento. La coscienza sempre
incarnata, non consiste in atti psichici o possesso interno del mondo nei suoi significati, ma in un corpo,
non un <<io penso>> ma un <<io posso>>: <<la coscienza inerire alla cosa tramite il corpo>>. Il
movimento perci consiste nellincontro corporeo con il mondo, precede le sue rappresentazioni, come
precede lidea di spazio e tempo oggettivi; il corpo abita lo spazio e il tempo, e solo a partire da questa
situazione, da queste dimensioni vissute possibile concepire spazio e tempo oggettivi. Anche labitudine
mostra che non una semplice sintesi intellettuale di dati che viene utilizzata in situazioni diverse, ma
qualcosa che nasce dallinerenza del corpo nel mondo. E apprensione motoria, come mostra la capacit di
guidare, di usare un bastone per orientarsi, di sfruttare altri oggetti come estensione del nostro corpo e
mutare la nostra esperienza nel mondo.
4.
Essere corpo proprio significa inerire a un mondo, essere nella relazione con le cose vissute. Il corpo ha una
sua spazialit vissuta, uno spazio di orientamento, distinto da quello omogeneo e fisso; lintellettualismo
postula lo spazio omogeneo e in esso inserisce le cose, collocate stabilmente. Lesperienza attraverso il
corpo proprio mostra una spazialit diversa, primordiale, di orientamento, di azione verso le cose, di
obbiettivi possibili. Lo spazio, il corpo stesso, gli oggetti sono disponibili a una oggettivazione solo in virt di
una esperienza primordiale degli stessi, quella in cui il corpo si orienta nel mondo e negli oggetti, quella in
cui li esperisce per la prima volta. Le distinzioni tra i diversi sensi, le capacit fisiologiche, sono tutte
separazioni seconde rispetto al corpo come forma, come unit dinamica, come schema corporeo immerso in
un mondo. Il corpo paragonabile allopera darte: una poesia, un quadro, un romanzo sono nella loro
essenza accessibili solo in modo diretto, le descrizioni o analisi successive sono qualcosa di altro rispetto
alla esperienza diretta che posso farne, rimuovono il valore affettivo ed espressivo.
5.
La sessualit, e laffettivit in generale, sono modalit dellessere al mondo. Essa riguarda lessere in
situazione, quindi non si pu spiegare la sessualit, come le sensazioni di piacere e dolore, n
semplicemente come risposte corporee automatiche, n come intenzionalit coscienti sotto il totale controllo
del soggetto. Un malato perde la spontaneit sessuale insieme alla reazioni elementari, le stimolazioni visive
o tattili non hanno pi effetti normali perch il malato perde la struttura stessa della percezione e
dellesperienza erotica. Un individuo normale, infatti, non percepisce il corpo come un semplice oggetto, ma
come qualcosa che sottintende una struttura sessuale, uno schema integrato nella totalit corporea. Non si
tratta di rispondere a stimoli, piuttosto il nostro essere sessuali ci proietta in una situazione erotica nuova:
unintenzionalit che accompagna lesistenza stessa e con essa si mescola. Nella sessualit non c una
rappresentazione di unintenzione sessuale, ma il corpo stesso a essere travolto e trasportato in una nuova
modalit situazionale. La sessualit perci collegata a tutto lessere conoscente e agente.
La psicoanalisi ha tentato di spiegare la sessualit in due modi: o essa una struttura sottintesa a ogni
ambito della vita, oppure la sessualit lambito pi generale della vita che integra di fatto lesistenza,
entrambi concetti ambigui. Uno considera la sessualit come unespressione dellinconscio, laltra qualcosa
che trascende la vita stessa.
Prendendo in riferimento un caso di afonia, causato a una ragazza dalla proibizione della madre di vedere il
ragazzo che ama, si evidenzia come lafonia non sia un rifiuto cosciente di parlare, ma unimpossibilit vera e
propria. Non nel senso di paralisi, la ragazza pu parlare, ma non pu farlo. E non per sua scelta. Essere
afono non significa tacere, significa che non pu parlare. Questi impedimenti, come quelli isterici e nevrotici,
significano chiudersi in un modo del tutto particolare: significa immergersi nella generalit del nostro corpo.
Significa rinunciare a una modalit di relazione con laltro e con il mondo, renderli non pi disponibili,
chiudendosi nel proprio corpo: vuol dire privarsi di una situazione relazione che proprio il nostro essere
corporeo a permettere. Il corpo, allo stesso tempo, apertura e possibilit di ritirarsi dal mondo, dalle
situazioni, pu essere <<nascondiglio della vita>>. Come esseri corporei, con organi di senso, non riposiamo
mai, siamo sempre invitati dal nostro corpo a nuove situazioni di vita, a nuove esperienze. Il corpo sempre
coinvolto e aspetta la nostra partecipazione attiva, la nostra complicit; il corpo la possibilit generale
dellessere noi stessi. Il corpo l<<esistenza cristallizzata o generalizzata>>, lesistenza lincarnazione
delle possibilit offerte dal corpo. Corporeit e esistenza rimandano uno allaltra, non c un elemento
originario. La sessualit non qualcosa che riguarda solo il corpo o solo lesistenza, come mostrano i
fenomeni di pudore e impudore: ridursi a corpo oggettivo o imporsi come esistenza e viceversa. La
sessualit trasforma completamente questi ambiti, perch una modalit del tutto particolare di relazionarsi.
La sessualit qualcosa che <<costantemente presente come unatmosfera>>, accompagna e orienta la
nostra vita, talvolta celandosi, senza mai lasciarsi ridurre a qualcosa di meramente fisico o meramente
psichico. E qualcosa di coestensivo alla vita, contamina lesistenza e da questa contaminata, come ogni
esperienza si da nellesperienza ambigua di un tutto corporeo.
6.
Anche sul tema della parola necessario un superamento della dicotomia tra soggetto e oggetto. Le teorie
sul tema hanno spersonalizzato il fenomeno della parola, sia lempirismo che lintellettualismo. Nel primo
caso la parola qualcosa che procede di associazione in associazione, provocando stimoli nervosi alla
parola sentita e producendo immagini mentali. Nel secondo caso la parola non altro che linvolucro di
senso, un senso che attivato dallinvolucro della parola e che nella comunicazione permette una
trasmissione attraverso esso. In entrambi i casi viene a mancare il fenomeno vivo della comunicazione, il
linguaggio si riduce allattivazione di immagini o sensi prodotti individualmente e stimolati dalla parola. Nei
casi di malattia, tipo lafasia, tuttavia ci che viene a mancare un certo modo di utilizzare il linguaggio, non
un patrimonio di parole. Ci che si perde una certa modalit di comunicazione, non un linguaggio
concreto. Lo stesso accade in chi perde la capacit di associare ad esempio i colori, necessita di una
nuova esperienza comparativa per ci che normalmente considerato come ovvio. Viene a perdersi la
capacit di assumere un dato sensibile sotto la categoria.
Sia per lassociazionismo che per lintellettualismo, di fatto, la parola non ha significato. Piuttosto ne un
involucro o un veicolo. Il pensiero ha un senso, la parola semplicemente un involucro vuoto.
Nellassociazionismo questa interpretazione annulla il soggetto parlante, sono le associazioni interne a
costituire il senso; nellintellettualismo il soggetto pensante a essere soggetto che comunica attraverso il
veicolo delle parole. Sostenendo che <<la parola ha un senso>> si superano entrambe le prospettive.
La parola non traduzione di un concetto gi fissato, ma la realizzazione stessa dello stesso concetto. La
parola compie il pensiero. Il fanciullo che impara a parlare fissa il concetto mediante la parola, con la parola,
nella parola. Un determinato uso della parola apre a un mondo nuovo, non si riferisce a concetti prefissati. E
il caso di quanto ci si trova in un mondo straniero, dove la parola innanzitutto gesto, un significare nuovo,
che si apprende nella vita comune. La parola azione, entrare in comunione con un nuovo orizzonte di
vita. E il caso di testi particolari, in cui bisogna apprendere lo stile perch la comunicazione si realizzi
appieno. Il linguaggio si insegna da s, apre a un nuovo mondo per chi ne partecipa. Ed anche il caso
dellespressione artistica, in cui il mezzo despressione la modalit stessa dellesprimersi. Ci vale anche
per il linguaggio, le parole hanno un senso, aprono a un orizzonte di senso e diventano efficaci nel momento
in cui aderiamo a questo nuovo senso. Senso e parola si avvolgono vicendevolmente. Ci che conduce fuori
strada nellinterpretazione del linguaggio il fatto che esso <<istituito>>. Il fatto che certi termini sono gi
consolidati culturalmente pu indurre a pensare che siano veicoli definiti per un senso, mezzi di riproduzioni
per certi immagini o concetti. Ma lindagine deve andare oltre, non pu limitarsi a un mondo di parole istituite;
non si comprende il senso del linguaggio se non si va verso il silenzio primordiale, verso latto che spezz
tale silenzio. La parola come espressione, come rottura del silenzio primordiale.
Come espressione, la parola pu essere considerata come un gesto. Un gesto, di qualsiasi natura,
autoesplicativo verso laltro e verso me stesso. Unesplosione di collera non la trasformazione esterna del
pensiero di collera. I gesti collerici sono essi stessi collera. Comprendiamo tali gesti perch io e laltro
abitiamo lo stesso mondo, condividiamo significati comportamentali che precedono la loro identit
culturalmente sedimentata. Il gesto un ponte comunicativo tra me e laltro. Come ogni gesto, anche il gesto
linguistico delinea da s il suo senso pi intimo. Al di sotto di tutte le significazioni sedimentate nella storia
delle parole, c un significare de linguaggio pi originario, pi essenziale, che parimenti a ogni altro gesto
corporeo si delinea da s nella comunicazione. Il fatto che esista un linguaggio convenzionale non deve
trarci in inganno, ma piuttosto spingerci a comprendere la comunicazione preliminare a tali forme
sedimentate, il linguaggio come comunicazione, come espressione. Per questo ci sono varie lingue, che si
riferiscono a un determinato mondo della vita e per tale motivo non sono mai perfettamente e pienamente
traducibili. Il linguaggio allora una modalit dellesperienza, apre a unorizzonte comunicativo inedito,
nuovo, espressivo, in cui il corpo nella sua gestualit assume sempre nuovi significati. Il gesto fonetico non
altro che questo modo di strutturare lesperienza in cui io e laltro siamo partecipi di una stessa dimensione. Il
fatto che esista un linguaggio convenzionale, e che gran parte dei significati siano istituiti, non deve essere
un limite a questo ruolo originario della parola: esso significa piuttosto che c una parola parlante e una
parola parlata. La parola parlante lintenzione significativa nascente, il senso aurorale, la parola parlata
quella fissata culturalmente come corrispondente a un certo senso. E nella manipolazione della parola
parlante che la parola parlante pu muovere verso un nuovo orizzonte significativo: la modalit duso della
parola che attinge allutilizzo esistenziale del linguaggio.