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SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA

QUADERNI - 5

Eleonora Rocconi

LE PAROLE DELLE MUSE


La formazione del lessico
tecnico musicale nella Grecia antica

Edizioni Quasar
SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA
QUADERNI
QUADERNI DEI SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA

Collana diretta da
Maria Grazia Bonanno, Roberto Pretagostini, Luigi Enrico Rossi

1. R. Pretagostini (rur.), La letteraturaellenistica.Problemie prospettivedi ricerca,


pp. 224, anno 2000

2. E. Dettori, Filitagrammatico.Testimonianzee frammenti,pp. 244, anno 2000

3. L. Sbardella, Filita.Testimonianzee frammenti poetici,pp. 224, anno 2000

4. E. Magnelli, Studi su Euforione,pp. 212, anno 2002

5. E. Rocconi, Le paroledelle Muse. La formazione del lessico tecnico musicale


nellaGreciaantica,pp. 156, anno 2003

6. R. Nicolai (rur.), PTI:MOI:. Studi di poesia,metricae musicagrecaoffertidagli


allievia Luigi EnricoRossiper i suoi settant'anni,pp. 400, anno 2003
Eleonora Rocconi

LE PAROLE DELLE MUSE

La formazione del lessico


tecnico musicale nella Grecia antica

Edizioni Quasar
Roma2003
Questo volume è pubblicato con il contributo della
Fondazione Walter Stauffer - Cremona

© Roma 2003, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl, via Ajaccio 43,
1-00198 Roma, tel. (39)0684241993, fax (39)0685833591

ISBN 88-7140-245-6

Finito di stampare nel mese di dicembre 2003 presso il Centro Poligrafico Romano srl, Bagni di livoli (Rm)
SOMMARIO

VII Ringraziamenti
1 Introduzione
11 1. La lingua degli strumenti: il lessico tecnico dei cordofoni
13 a. Il lessico della tensionee dell'allentamento:Èmtrivro/àvi.1')µ1
21 b. Il suono come risultatodella tensione: tovoç e tcimç
26 c. Il pizzicamentodelle corde con le dita: 'ljlailro e i suoi derivati
32 d. La percussionedelle corde con il plettro: il campo semantico di
KpoOO>
53 2. Percezione acustica e descrizione metaforicadel suono presso i
Greci
54 a. Termini della sfera tattile
69 b. Termini della sfera visiva
77 c. Termini della sfera gustativa
79 d. Termini della sfera olfattiva
81 3. Suoni animali e suoni musicali: gli epiteti onomatopeicie la forma-
zione del lessico tecnico
81 Le cicale e la pratica dell' i>1t11xriv
99 Bibliografia
109 Indice dei luoghi citati
127 Glossario
L'interesse per la musica greca antica, punto di incontro tra la mia espe-
rienza formativa musicale e classica, risale agli anni dell'Università frequen-
tata ad Urbino, e ha poi trovato il suo completamento nel soggiorno di stu-
dio trascorso in Inghilterra presso l'Università di Birmingham e nell'incarico
ricevuto nell'a.a. 1999-2000 presso la Facoltà di Musicologia di Cremona
(Università di Pavia), dove attualmente ricopro l'insegnamento di Storia
della musica greca, romana e bizantina.
Numerose sono le persone che devo ringraziare se oggi questo lavoro,
alla cui origine vi è la mia dissertazione di dottorato, vede la luce. Innanzi-
tutto Roberto Pretagostini, che ha accompagnato la mia formazione univer-
sitaria e dottorale; tutti i docenti dell'Istituto di Filologia classica e del colle-
gio di dottorato in Letteratura e Filologia greca dell'Università di Urbino, in
modo particolare Paola Angeli Bernardini, Mario Cantilena, Franca Perusino
e Massimo Vetta, con i quali ho discusso e sviluppato molte delle idee con-
tenute in questo volume; Luigi Enrico Rossi e Maria Grazia Bonanno per
aver accolto il libro nella loro collana; la Fondazione Walter Stauffer di Cre-
mona per averne finanziata la pubblicazione (grazie anche all'interessamen-
to del mio Preside di Facoltà Giancarlo Prato, sostegno costante della mia
esperienza cremonese). L'approfondimento nel campo della musica greca
antica non sarebbe stato tale senza la guida di Andrew Barker, dalla cui pro-
fessionalità e grande umanità spero di aver appreso più di quanto dimostri
il mio lavoro. Dedico questo libro ai miei genitori, al cui affetto e supporto
devo ogni risultato ottenuto.
INTRODUZIONE

La storia delle parole riflette la storia del pensiero e delle idee: nuove
parole, o nuovi significati ad esse attribuiti, sono sempre testimoni di come
una cultura vede e rappresenta se stessa e i suoi cambiamenti.
Ciò vale anche per un'arte come la musica che, nel momento in cui co-
mincia a riflettere su di sé e avverte il bisogno di astrarre le proprie regole
interne, necessita di un linguaggio verbale con cui esprimerle: non posse-
dendone uno proprio, deve necessariamente crearselo e spesso lo fa utiliz-
zando parole prese in prestito dal linguaggio quotidiano. Secondo una pecu-
liarità comune ad altre terminologie specialistiche, anche la formazione del
lessico musicale nel mondo greco si fonda quindi sulla risemantizzazione di
termini propri della lingua d'uso, che assurgono a dignità tecnica per gran
parte in coincidenza con lo sviluppo di una speculazione teorico-musicale.
Se è per l'appunto con l'opera di Aristosseno di Taranto che si fa tradi-
zionalmente coincidere la nascita della scienza armonica (apµovuctj), non
dobbiamo però dimenticare le numerose testimonianze che permettono di
delineare un più ampio scenario in cui, già a partire dal VI-V sec. a.C., si
'parlava' di musica. Le due correnti fondamentali che siamo in grado di ri-
costruire sono, da un lato, quella pitagorica, che si basava su una concezione
quantitativo-numerica dell'elemento musicale 1; dall'altro la scuola dei cosid-
detti armonici o, più genericamente, empirici, strumentisti di professione2
che tentavano di indagare le altezze sonore da un punto di vista astratto ser-

1 Vd. infracap. 2 (spec. n. 306).


2 Si vedano in proposito Plat. Resp.531b ("tu parli di quelle brave persone che tormentano e
saggiano le corde degli strumenti torcendole con i bischeri; e non voglio dilungarmi nel ricor-
dare i colpi di plettro, le ingiurie quando le corde non danno suono o risultano crescenti") e
Pap. Hibeh 1. 13, v. 4 ss. ("dicendo di essere armonici ... giungono a tal punto di impudenza da
trascorrere molto tempo esercitandosi sugli strumenti a corda e tuttavia suonano tali strumenti
molto peggio dei citaristi, cantano molto peggio dei cantori e trattano ogni argomento in modo
assolutamente peggiore di qualunque oratore"). Testimonianze sugli apµovn:oi sono anche in
Aristox. Harm. pp. 6. 7, 7. 3, 9. 15, 11. 15, 12. 10, 12. 13, 36. 2, 46. 21, 47. 2, 51. 1 Da Rios e
Theophr. fr. 716 Fortenbaugh (apudPorph. in Ptol. p. 62. 2 Diiring).
2 Le paroledelleMuse

vendosi della mediazione visiva di una linea immaginaria, il cosiddetto


"diagramma" 3 •
Indubbiamente il panorama qui delineato è estremamente riduttivo, se
ancora Porfirio nel III sec. d.C. affermava che "vi sono state molte scuole
prima di Aristosseno, quella di Epigono, Damone, Eratocle, Agenore e altri
da lui citati, e molte anche dopo"4, e di certo la quasi totale mancanza di
fonti dirette antecedenti alla seconda metà del IV sec. a.C. non aiuta gli stu-
diosi moderni a ricostruire i dettagli dell'evoluzione teorico-musicale più
antica. Alla luce di tutto ciò, appare però verosimile ipotizzare che l'impiego
in contesti musicali di parole proprie del linguaggio comune e il loro conse-
guente slittamento verso un significato più propriamente tecnico fosse un
fenomeno già vivo ed operante nell'età che precede Aristosseno. È prevalen-
temente a questa che rivolgeremo qui la nostra attenzione, cercando soprat-
tutto di capire quali criteri hanno guidato gli antichi nella scelta (e nel suc-
cessivo sviluppo) del loro vocabolario musicale.

La prima tipologia di termini che, in lingua greca, entra a far parte di que-
sto vocabolario comprende i termini impiegati dai musicisti per descrivere i
gesti praticida essi compiuti nell'ambito delle proprie attività. Gran parte di
essi proviene dal campo semantico degli strumenti a cordaS, il cui maggiore
rappresentante è la lira, strumento non professionistico alla base dell' educazio-
ne musicale degli antichi 6, tradizionalmente considerato lo strumento 'nobile'
per eccellenza7• Il più antico e fecondo tra i lemmi sviluppatisi in quest'area è
certamente la parola apµovia (< àpµ6çoo)= lett. "accordatura, disposizione di
intervalli" sulla lira, di qui più genericamente "scala" 8• Con tale termine i Greci
indicavàno, in associazione con determinate etnie o regioni geografiche 9,
moduli scalari tradizionali contraddistinti da un insieme di caratteristiche rit-

3 Vd. infra cap. 2 (spec. n. 441). Anche Aristotele (An. Post. 79a 1 ss.) distingue due categorie
della scienza armonica, una matematica (µa8Tiµan!Cl\)e l'altra fondata sull'udito Ctiwovt!Cl\), con-
siderandole quasi sinonime e distinguendole solo per quel che riguarda il metodo d'indagine
da esse adottato.
4 Porph. in Ptol. p. 3. 3 ss. Diiring.
5 Lasserre 1988 evidenzia un fenomeno parallelo nella musica mesopotamica, dove l'arpa e la
cetra sono alla base della teoria musicale.
6 Aristot. Poi. 1341a.
7 In Pindaro (Pyth. 1. 1 s.) la lira è addirittura oggetto di invocazione divina: Xpuata +opµtyç,
'A1t0Urovoç1((1\ lOlW>ICIJflOJV/ cruv&ic:ov
Motaàv IC'tmVOV.
8 Per uno studio monografico del termine si vedano Mathiesen 1976, Ilievski 1993 e Lambro-
poulou 1995-1996. Si tenga inoltre presente la successiva equazione awovia = "ottava" (consi-
derata la più 'perfetta' delle consonanze) nelle fonti pitagoriche (Philol. fr. 6 D.-K., cit. n. 306).
Per un più antico valore eptacordo di awovia cfr. invece n. 37.
9 Nelle fonti più antiche si parla di awovim dorica, frigia, lidia, e cosi via (ad es. in Pind. Nern.

4. 45 e Prat. fr. 712b Page). Per un uso di µtAoç con questo stesso valore di awovia cfr. Alcm. fr.
146 Calarne, Stesich. fr. 212 Davies, cann. pop.fr. 851b Page.
Introduzione 3

mico-musicali che conferivano loro un peculiare influsso etico. La polisemia


insita in tale terminologia scomparve però nel momento in cui si sviluppò una
speculazione teorica che, in quanto tale, avverti la necessità di scomporre i
numerosi elementi che concorrevano a formare l'antico concetto di apµovia: di
qui la sostituzione, testimoniata a partire da Platone 10, di apµovia con cn'>atTlµa
Oett. "sistema, aggregazione di intervalli") 11 e la creazione di nuove categorie,
come quella del yÉVoç(= "genere" musicale, cioè andamento intervallare carat-
teristico di una particolare unità tetracordale) e della ta.O'lç(< 'trivco,lett. "tensio-
ne" - se. di una corda -che passa ad indicare l'intonazione, più o meno acuta, di
un suono o una scala) , che permettessero di analizzare distintamente i singoli
12

elementi che componevano le scale più antiche attraverso una terminologia


specialiu.ata13• Il significato musicale di apµovia resterà invece vivo nell'ambito
della speculazione platonico-pitagorica, dove esso amplierà il proprio valore
semantico verso significati filosofici ben più vasti (ma assai meno tecnicizzati)14•
Non tutti i termini sviluppati in contesto strumentale si trasformarono
però in lemmi tecnici nell'ambito teorico, ma rimasero vincolati al proprio
valore pragmatico.Tra questi si ricordi 6uii.:r1'1'lç(< 6uxÀCXµjxxvco = "prendere in
mezzo"), lemma che indicava la pratica di appoggiare un dito sulla parte
centrale della corda, per poi toglierlo non appena questa veniva messa in
vibrazione dal plettro, al fine di produrre l'armonico all'ottava superiore 15;
oppure x-at<XÀ.11'1'\ç(lett. "presa" delle corde), tecnica utilizzata per smorzare
all'improvviso le vibrazioni della corda percossa 16 •
Estremamente ampio è invece il numero di lemmi sviluppatosi all'inter-
no dei campi semantici di tensione(Èm'trivco),allentamento(àvi.11µ1),percussione
(Kpouco)e pizzico(\jlall.co) delle corde, i quali, subito dapprima un processo di
estensione semantica in campo musicale, furono poi codificati in senso tec-
nico (citt. infra cap. 1). La tensione e l'allentamento delle corde, ad esempio,
è causa di acutezzae gravitàdei suoni da esse prodotti e, di conseguenza, di
tutti i suoni musicali; la percussione con il plettro e il pizzicamento con le di-
ta, principali tecniche performative caratteristiche di singole famiglie di cor-
dofoni (lire e arpe), amplieranno il proprio significato all'esecuzione stru-
mentale in senso lato, e così anche i loro derivati, riflettendo lo sviluppo del-

10 Plat. Phil. 17d (dt. infra n. 110).


11 Vd. infra n. 461.
12 Vd. infra cap. 1.
13 Su questi argomenti (soprattutto su ytvoç) si veda Rocconi 1998. In Aristosseno, il termine
apµovia viene risemantizzato per indicare il genere "enarmonico" (Aristox. Harm. p. 55. 9 Da
Rios).
14 Vd. infra cap. 1.
15 In modo tale, cioè, che le due metà della corda vibrassero al doppio della frequenza della
corda intera (cfr. n. 570).
16 Su questo argomento vd. Borthwick 1959.
4 Le paroledelleMuse

la musica strumentale e la sua progressiva emancipazione dal canto. Quella


che viene solitamente considerata terminologia etica17 (si veda, ad esempio,
l'uso degli aggettivi µw.aKoç, xw.apoç o àvaµtvoç quali appellativi di antiche
armonie, comunemente intese come "molli" o "rilassate" da un punto di vi-
sta etico) in prima istanza non è altro, come vedremo, che l'applicazione dei
concetti di tensionee allentamento,conseguenti all'ascolto di determinate me-
lodie, a tendini e nervi del corpo umano.

Una seconda categoria terminologica comprende le parole (soprattutto


aggettivi) utilizzate dagli antichi poeti per tentare di descrivereverbalmente
il suono. Essa si presenta con caratteristiche peculiari che alcuni studiosi
hanno ricondotto ad un approccio sinestesico:l'uso, cioè, di aggettivi propri
di una diversa sfera sensoriale applicati all'elemento sonoro (fenomeno più
genericamente descritto quale metaforico) 18 indicherebbe una stretta interdi-

pendenza e reciproca sollecitazione tra i sensi che è prerogativa di civiltà


non ancora 'strutturate' scientificamente 19• Tra questi termini basti ricordare
quelli afferenti al campo semantico dei colori 20, come xpcòµcx("colore"), xpocx
("sfumatura" di colore), ÀL\>Koç/µilcxç (''bianco" /"nero"), o a quello del tat-
to, quali òçuç/j3cxpuç ("acuto"/ "grave"), µtycxç/µucpoç ("grande"/ "piccolo")
e cosi via, tutti vocaboli anticamente utilizzati in ambito poetico ma progres-
sivamente assimilati dal linguaggio teorico e da esso resi veri e propri tecni-
cismi (vd. infra cap. 2). In realtà, un lessico di questo tipo definiva in primo
luogo l'aspetto percettivodell'evento sonoro, vale a dire l'effetto da esso pro-
dotto sull'uditore: un suono ì..aµ1tp0ç(lett. "splendente") era un suono perce-
pito chiaramente,come qualcosa di luminoso, un suono òl;uçera così descrit-
to perché colpiva l'udito al pari di un oggetto acuminato, e via di seguito.
All'interno di questa categoria vanno isolati i termini indicanti una su-
perficie, quelli cioè connessi all'immagine dello "spazio sonoro" ('to1t0çriiç
~viiç), metafore visive che tentano un superamento della concezione del
suono-corpo (omnem vocem corpus esse)21 in vista di una raffigurazione in
qualche modo più astrattadell'elemento musicale.

17 Vd. Garda L6pez 1969.


18 Eleonor Irwin (1974, p. 210 n. 17) considera la sinestesia, più che una metafora, piuttosto "a
way of looking at things", sottolineando come la metafora di per sé implichi un uso più 'co-
sciente' del linguaggio non ancora sviluppato dalle culture più antiche.
19 Secondo Stanford (1936, p. 56), la sinestesia verbale sarebbe "a survival of the physical
synaesthesia of primitive men when sense perceptions were far keener and far more efficiently
co-ordinated than in more domesticated times".
20 In altre civiltà, come quella indiana antica, vi sono descrizioni di visione di un particolare
coloreassociate all'ascolto di determinate musiche. Si veda, in proposito, anche la radice di raga
= "scala" < rang (lett. "colorare"), o il senso letterale della parola svara = "nota" (lett. "ciò che
brilla").
21 Varro fr. 47 (cit. infra cap. 2).
Introduzione 5

Un terzo gruppo, numericamente meno consistente, è quello che com-


prende termini che nascono quali vere e proprie onomatopeemusicali (o, più
genericamente, 'sonore'), ad esempio gli aristofanei 8pt:ttavTtÀ.é> e to+Àatto-
8pat (imitazioni verbali della risonanza prodotta da strumenti a corda) 22,
oppure parole che, pur nate quali riproduzioni mimetiche di suoni 'natura-
li', furono in seguito assimilate senza forzature dal linguaggio musicale in
virtù della stretta relazione intercorsa, secondo gli antichi, tra le due sfere23.
Raramente esse si sono codificate quali tecnicismi: basti pensare agli onoma-
topeici (ipɵro/!Jpoµoç(lett. "rumoreggio/rumore"), termini più spesso appli-
cati alla musica in contesti poetici (si veda, ad esempio, la (ipoµiav '6pµ1yya
pindarica, o l'omerico !3poµoçaùÀ.<Ì>v) 24, ma mai approdati alla trattatistica

teorica.
L'unico lemma che, pur originatosi (secondo la ricostruzione qui pro-
posta) su imitazione di un suono animale, pare configurarsi quale termine
tecnico è il lemma u:pt:tiçro, riproduzione mimetica del verso della cicala
(tÉtnç), che musicalmente passa ad indicare un'esecuzione particolarmen-
te ornata e indistinta dal punto di vista percettivo. Tepetiçro sembra però
mostrare, nei contesti musicali in cui appare, una notevole instabilità
semantica, trovandosi applicato ora ad un certo tipo di strumento, ora alla
voce, con significati anche alquanto differenti tra loro: più probabilmente
esso si sviluppò in ambito musicale cogliendo le caratteristiche più eviden-
ti del verso animale (indeterminatezza, responsione tra più fonti, etc.) e
trasferendole poi, per mimesi, agli strumenti ad esso più simili, cioè aulo e
voce umana.

Certamente il lessico tecnico-musicale degli antichi greci subi molte con-


taminazioni anche da parte di altre lingue specialistich~ come quella filoso-
fica25e retorica 26, ma il suo processo di formazionee tecnicizzazionein vista di
un impiego teorico si può circoscrivere alle tre tipologie sopra delineate.

22 Citt. infra cap. 3.


23 Per una alquanto frequente associazione àTJOOJV = "aulo", vd. n. 500.
24 Pind. Nem. 9. 8 e Hymn. Hom. 4. 452. Si confrontino ancora le espressioni À.Cotòç fipɵl.1 (riferi-
fJt a+i,!JpéµEtm1mìào100("risuona la lira e il canto") in Pind.
ta all'aulo in Eur. Bacch.161) o Àllj)(X
Nem. 11. 7. In Nonn. Dion. 43. 385, la syrinx è "rumoreggiante come il mare" (IÌÀ.iJ}poµoçaùp1yç).
25Bélis 1986 sottolinea i numerosi prestiti che Aristosseno mutua dal linguaggio filosofico
elaborato dal suo maestro Aristotele: "Il (se. Aristoxène) trouve dans le corpus aristotélicien
nombre de mots-outils, provenant surtout de l'Organon;non pas qu' Aristote en ait été le créa-
teur, mais c'est lui qui leur a donné leur définition, pour en faire autant de concepts, qu' Aristo-
xène intègre dans son traité d'Harmonique; quand Aristoxène reprend un mot, il en reprend
aussi l' acception que lui donne précisément Aristote; citons: È1tayll1'(11, yÉVoç
àitò&tç1ç. 1tp0l3).TJµa. et
clooç"(ibid. p. 180).
26 Per un confronto tra il linguaggio musicale e quello retorico si vedano le pp. 95 ss. di
Barker 2002 e le osservazioni di Restani 1983.
6 Le paroledelleMuse

Per quanto riguarda invece i nomi degli strumenti musicali, essi vanno
ascritti, nella quasi totalità, alla categoria dei prestiti alloglottf27 (con l' esclu-
sione del solo termine 1tflKtiç < m\yvuµ1)28, provenienti in particolar modo
dall'area orientale, secondo quanto affermava già Strabone29.L'ampliamento
recente, da parte della critica, della prospettiva culturale in cui inserire il
mondo greco antico punta proprio al ridimensionamento della sua presunta
centralità nell'ambito delle culture mediterranee, cui consegue la necessità
sempre più impellente di studiarne il debito culturale nei confronti dell' o-
riente-10.

Questo lavoro non ha certo pretesa di completezza, ma è un punto di


partenza che prende spunto e ispirazione da trattazioni isolate comparse in
questi anni nel campo degli studi classici e musicologici: si vedano, innanzi-
tutto, il lessico della musica greca di Michaelidis, che già trent'anni fa racco-
glieva tutti i vocaboli greci con accezione musicale senza però riservare loro
un'analisi approfondita (né una riflessione sulle implicazioni che lo svilup-
po o l'abbandono di un determinato termine può suggerire per quel che
riguarda la storia del pensiero musicale) 31 e, più di recente, alcuni contributi
- soprattutto francesi ed italiani - specifici sull'argomento3 2• Il crescente in-
teresse verso tutte le terminologie specialistiche del mondo antico, da un la-
to33,e la lessicografia musicale in senso più generale, dall'altro-34,rivelano la

'1:7Si cfr. De Giorgi 1984-1985, il quale distingue i nomi degli strumenti greci in: a) termini di
sostrato egeo-anatolico b) termini di origine semitica c) termini originari della Tracia prein-
doeuropea d) termini originari dell'Egitto e) termini di origine incerta O termini di origine
~- Sull'origine asiatica del termine ai>p1yçsi veda Greppin 1990.
28Vd. n. 117.
29 Strab. 10. 3. 17.
30 Tra gli studiosi che più hanno sottolineato questo aspetto si veda, in linee generali, West
1999 e, per quel che riguarda gli aspetti musicali, West 1992 (specialmente il capitolo Greece
betweenEuropeand Asia).
31 Michaelidis 1978.
32 Tra i lavori pubblicati in questo settore si vedano, tra gli altri, Chailley 1977, Bélis 1988c,
Restani 1983 e 1984, Steinmayer 1985, Pizzani 1997, Di Giglio 1997 e 2000, Raffa 1999 e 2000,
senza dimenticare il lexiqued'Aristoxène nello storico volume di Laloy su Aristosseno di Taranto
(Laloy 1904).
33 Si vedano i contributi dei Seminari di Studi sui LessiciTecniciGreci e 1.Atini,ormai arrivati
alla terza pubblicazione miscellanea (vd. Radici Colace-Caccamo Caltabiano 1991, Radici
Colace 1997, Radici Colace-Zumbo 2000), che fanno il punto sulla situazione della lessicografia
s~alistica nel mondo antico.
34 Il crescente interesse verso una disciplina di frontiera come la lessicografia musicale è testi-
moniato, per quel che riguarda la lingua italiana, dall'attività del LESMU (Lessicodella critica
musicaleitaliana),che raccoglie musicologi e storici della lingua i quali, dal 1989, si sono preoc-
cupati di realizzare una banca dati sul lessico della musica e della critica musicale italiana dal-
!'anno 1600 al 1960 (disponibile ora in CD-Rom). I tre volumi a stampa che testimoniano le atti-
vità del gruppo sono Nicolodi-Trovato 1994, Nicolodi-Trovato 1996, Nicolodi-Trovato 2000.
Introduzione 7

progressiva presa di coscienza da parte degli storici della cultura dell'impor-


tanza rivestita dal linguaggio verbale nel registrare le realtà culturali ad esso
contemporanee. Stabilire il significato di un termine musicale in un determi-
nato momento storico e studiarne lo sviluppo semantico significa infatti ri-
costruire e comprendere ben più ampi fenomeni, come la pratica dell' accom-
pagnamento al canto, lo sviluppo della musica strumentale, il processo di
astrazione che porta a concepire i sistemi scalari e molte altre 'pratiche' mu-
sicali altrimenti difficili per noi da delineare. L'ambizione di questo libro va
ben oltre i risultati ottenuti, ma è forse il primo passo verso una storia musi-
cale del mondo antico che sono le stesse 'parole delle Muse' a narrarci.

I testi antichi sono citati nel corso del lavoro seguendo le più comuni e
recenti edizioni critiche (vd. abbreviazioni). Le edizioni dei testi di teoria
musicale qui riportate sono citate, per comodità del lettore, sotto il nome
dell'autore antico. Tutte le traduzioni, salvo diversa indicazione, sono mie.

Anonymi Bellermanniani D. Najock, Anonyma de musicascriptaBellermannia-


na, Leipzig 1975

Aristides Quintilianus R. P. Winnington-Ingram, AristidesQuintilianus.De


Musica,Leipzig 1963

Aristoteles (Ps.) P. Louis, Aristote.Problèmes,tome II, Paris 1993

Aristoxenus R. Da Rios, Aristoxeni ElementaHarmonica,Roma


1954

L. Pearson, Aristoxenus, Elementa Rhytmica. The


fragmentof bookII and the additionalevidencefor Ari-
stoxenianrhythmictheory,Oxford 1990

F. Wehrli, Aristoxenus (Die Schuledes AristotelesII),


Basel - Stuttgart 196'72

Bacchius K. von Jan, Musici ScriptoresGraeci.Aristoteles,Eu-


clides,Nicomachus,Bacchius,Gaudentius,Alypius et
melodiarum veterum quidquid exstat, Leipzig 1895
(rist. Hildesheim 1962)

Bryennius G. H. Jonker, The Harmonicsof Manuel Bryennius,


Groningen 1970
8 Le paroledelleMuse

Cleonides K. von Jan, Musici ScriptoresGraeci.Aristoteles,Eu-


clides, Nicomachus,Bacchius,Gaudentius,Alypius et
melodiarum veterum quidquid exstat, Leipzig 1895
(rist. Hildesheim 1962)

Euclides (Ps.) K. von Jan, Musici ScriptoresGraeci.Aristoteles,Eu-


clides, Nicomachus,Bacchius,Gaudentius,Alypius et
melodiarum veterum quidquid exstat, Leipzig 1895
(rist. Hildesheim 1962)

Gaudentius K. von Jan, Musici ScriptoresGraeci.Aristoteles,Eu-


clides, Nicomachus,Bacchius,Gaudentius,Alypius et
melodiarum veterum quidquid exstat, Leipzig 1895
(rist. Hildesheim 1962)

Nicomachus Gerasenus K. von Jan, Musici ScriptoresGraeci.Aristoteles,Eu-


clides, Nicomachus,Bacchius,Gaudentius,Alypius et
melodiarum veterum quidquid exstat, Leipzig 1895
(rist. Hildesheim 1962)

Pachymeres P. Tannery, Quadrivium de GeorgesPachymère,ed.


revisé et établi par le R.P.E. Stéphanou A.A., Città
del Vaticano 1940

Philodemus K. Kemke, Philodemus. De musica librorum quae


exstant, Leipzig 1884

A. J. Neubecker, Philodemus. Uber die Musik IV,


Napoli 1986

Plutarchus (Ps.) K. Ziegler - M. Pohlenz, Plutarchus.MoraliaVI. 3,


Leipzig 1966

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I

LALINGUA DEGLI STRUMENTI: IL LESSICO TECNICO DEI CORDOFONI

Il vocabolario tecnico di origine pragmatica deriva quasi interamente


dalla famiglia dei cordofoni (con l'esclusione del termine aiemç) 35, gli stru-
menti culturalmente legati ad Apollo, i quali, sin dall'età più antica, godette-
ro in Grecia di una dignità culturale nettamente superiore a quella degli
strumenti a fiato. Molti dei termini connotatisi musicalmente in quest'ambi-
to passarono poi per estensione semantica a far parte della sfera musicale in
senso lato, quali icpouro(lett. "percuotere" le corde, poi "suonare" qualsiasi
tipo di strumento, anche a fiato), 't6voç (< 'tfivro,lett. "prodotto della tensione
delle corde", poi genericamente "suono" o "intervallo") e cosi via, dando vi-
ta ad un corpusdi tecnicismi lessicali funzionale ad una sempre più svilup-
pata teorizzazione musicale.
Lo strumento di riferimento originario fu essenzialmente la lira, o chelys,
come dimostrano i nomi delle note che, inizialmente, dovettero indicare le po-
sizioni delle corde su di essa 36: hypate(se. chorde),lett. la corda "più alta"; par-
hypate,"accanto alla più alta"; lichanos,(se. percossa con il) "dito indice"; mese,
la corda "di mezzo"; paramese,"accanto alla (corda) di mezzo"; trite, la "terza"
corda (a partire dal basso); paranete, "accanto alla nete"; nete, l' "ultima"
corda 37• La descrizione delle corde in base alla loro collocazione va intesa
immaginando lo strumento imbracciato obliquamente, con la hypate che si

35 Aitmç (< &lT]µl),alla lettera "passaggio", prende il significato di "minimo intervallo" di un


sistema (di ampiezza quindi variabile: 1/4 di tono nell'enarmonico, 1/3 nel cromatico molle,
etc.) a partire dal senso concreto di passaggiodell'aria attraverso il foro parzialmente occluso
dell'aulo (uno dei metodi utilizzati dagli antichi per produrre micro-intervalli). Sulla llitmç
come unità di misura della scala si vedano già Plat. Resp. 531a (aµucpomtov ... &ciatT]µa,<i>µEtpTJ-
·ttov) e Aristot. Metaph. 1087b ("che l'uno indichi una misura/µitpov è evidente. E in ogni genere
c'è qualche cosa di diverso che fa da soggetto all'uno, come nell'armonia la diesis/llitmç, nella
grandezza il dito o il piede o qualcosa del genere, nei ritmi il piede o la sillaba").
36
Per un'ipotesi alternativa, che ricostruisce un'origine metaforica e non pragmatica di tali
termini musicali, cfr. Zatniner 1984.
37 L'ottacordo fu uno sviluppo del più antico eptacordo, in cui la paramesécorrispondeva alla
trite (Ps.-Aristot. Probi. 19. 7). Sulla struttura a sette note delle antiche harmoniai cfr. anche
Aristot. Metaph. 1093a 14; Ps.-Aristot. Probi.19. 44; Aristox. Harm. p. 46. 9 s. Da Rios.
12 LeparoledelleMuse

viene a trovare più vicina al corpo del suonatore, vale a dire più "in alto"
rispetto alle altre (pur se essa produceva la nota d'intonazione più grave)38•
È chiaro come questo sistema di nomenclatura fosse funzionale, non as-
soluto, vale a dire come i termini sopra elencati non indicassero un'altezza
precisa (come il nostro la 440 herz) ma una serie di rapporti reciproci, dove
le note potevano essere identificate con un certo suono solo conoscendone la
scala di riferimento e il loro valore al suo interno. È la "funzione" (6uvaµlç)39
di una nota nell'ambito di un particolare sistema che permette infatti di
determinarne l'intonazione: ad es. la lichanos,in un tetracordo mese-hypate
(tradotto la-mi in notazione moderna, con senso discendente) avrà un'into-
nazione nel genere enarmonico (fa) diversa rispetto a quella della lichanos
inserita in un tetracordo di altro genere, ad es. diatonico (sol).
La preferenza per tecnicismi derivanti dalla sfera degli strumenti a corda
troverà, a partire dall'età ellenistica, un riscontro ulteriore negli esperimenti
sulla natura fisica del suono compiuti sul monocordo dai componenti della
scuola pitagorica (pur se comunemente ascritti dalla tradizione allo stesso
Pitagora). Non è un caso, quindi, che la trattatistica più tarda riferisca un
sempre maggior numero di lemmi tecnici sviluppatisi in quest'ambito, come
dimostrano, tra gli altri, Tolemeo Harm. 2. 12 (in un capitolo intitolato "sulle
difficoltà nell'uso del monocordo", dove compaiono neologismi non altrove
attestati) 40 e gli Anonimi di Bellermann2-11 e 83-93 (i quali riportano una serie
di termini tecnici atti ad indicare i diversi movimenti melodici vocali e stru-
mentali)41.
I nuclei semantici attorno ai quali si sviluppò il lessico musicale dei cor-
dofoni furono essenzialmente quattro: quello della tensione (Èm-reivw),del-
l'allentamento(àvil'}µl), della percussione(Kpooo) e del pizzico (wciUw) delle
corde. L'uso del verbo 7tÀllO'O'W ("colpire, percuotere") in ambito musicale
resterà per lo più confinato al suo derivato 7tÀrjKtpov 42(propriamente "ciò

38 Il sistema moderno di rappresentazione scalare, grazie anche al nostro tipo di scrittura


musicale (il pentagramma), fa invece corrispondere a nota più 'alta' nota più 'acuta' e vicever-
sa. Questo tipo di direzionalità in senso verticale della scala sembra assente, o ancora in fase
embrionale, nel mondo antico, come dimostra la nomenclatura della note che fa corrispondere
a nota più 'alta' intonazione più 'grave' (su questo argomento vd. infra,spec. n. 322).
39 Sull'importanza del concetto di "funzione", elaborato principalmente da Aristosseno, si
veda Barker 1978a.
40 Ad es. bt1'111l˵oc;,
miyKpouou;, etc. (su cui vd. Raffa 2000 e 2002).
41Quali npoKpouotç. fKKpo\J<Jlç,e così via. Per un'analisi più dettagliata di questi due passi vd.
infra,cap. 1.
42 Già attestato in Hymn. Hom.4. 501, solitamente impugnato con la mano sinistra, come evi-
denziano numerose iconografie, il plettro poteva essere in realtà utilizzato da entrambe le mani,
secondo quanto esplicitato in Plat. Leg. 794e: "vi sono alcune azioni per cui è irrilevante l'uso
dell'una o dell'altra mano, come ad esempio il tenere la lira con la mano sinistra e il plettro con
la destra, ed altre azioni simili". Per un'analisi della testimonianza di Suda o 107, secondo la
quale Saffo 7tp<imJn>..i;KtpovE~v, vd. West 1992, p. 65 n. 78, e Bonaria 1996.
1. LAlinguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 13

con cui si batte o colpisce" - se. la corda-) o sarà utilizzato per indicare la
dei corpi sull'aria al fine di produrre il suono 43.
"percussione" (JtÀT)'Yll)

a. n lessicodellatensione e dell'allentamento: bntrivro/àviT)µl

Il verbo bntrivro, alla lettera "tendere, portare a tensione", e il sostantivo


derivato bti'tac:nc;sono più spesso utilizzati in contesto musicale per indicare
la tensione delle corde della lira, o di un altro strumento della stessa fami-
glia'", la cui conseguenza è la produzione di un suono d'intonazione acuta:
xop&xì Èm'ttl.voµevm 6çuu:pov fj,8fyyov'tm 45 • Parallelamente sono impiegati il
verbo àviT)µi ("sciogliere, allentare") e il suo derivato c:xvEmç,che indicano
l'allentamento delle corde cui consegue una intonazione più grave dei suoni
prodotti: "è chiaro, a quanti non sono del tutto ignari di strumenti" - dice
infatti Aristosseno - "che portiamo la corda all'acuto tendendola (Èmtrivov-
al grave allentandola (àvt.tv'tEç)"46 •
'tE<;},
Se parlare di suono 'teso' o 'allentato' ne sottintende la relativa acutezza
o gravità, si tenga però presente la non totale identità di tali processi, che
vengono ben distinti da Aristosseno: '1a tensione (Èm.'tac:nc;)è il movimento
continuo della voce da una posizione più grave ad una più acuta, l'allenta-
mento (àvEmc;)è il movimento da una posizione più acuta ad una più grave.
L'acutezza (òçu'tT)c;)è il risultato della tensione, la gravità (P<xfro'tl'lc;)
dell'al-
lentamento. Può facilmente sembrare assurdo, a chi consideri troppo super-
ficialmente tali questioni, distinguere qui quattro fenomeni e non due, per-
ché i più dicono che tensione e acutezza, rilassamento e gravità sono la stes-
sa cosa" 47 • La necessità, per il filosofo di Taranto, di esplicitare questa distin-
zione tradisce apertamente la sua formazione aristotelica, cui tanto deve
l'impianto della sua elaborazione teorica in campo musicale. Probabilmente
l'uso fino a quel momento spontaneo e, in certa misura, approssimativo di
un vocabolario prettamente pragmatico aveva incrementato un'imprecisio-

43Cfr. n. 50. Sulla percussionequale causa del suono si vedano già Archyt. fr. 1 D.-K. (oo 6uva-
'tov È<mv Jlµev nvOJV1t0't'àUw.a - su cui cfr. Ciancaglini 1993 -) e
'f'<i+ovµ11YEV118rloaçKÀ.TfY<Ìç
Aristot. De an. 419b 10 s. (KÀ.TfYllyapÈ<mv111t0ioùoa.~•ò icaì ciauva'tOvèvòçòvroç yEVÉ<J8a\ 'lfo+ov).Il
sostantivo KÀ.TfY1l non amplierà mai il proprio campo semantico fino ad assumere il valore resul-
tativo di "suono", come avverrà invece per altri termini quali icpoùµa. 't<imçe cosi via: sull'argo-
mento si veda Levin 1980.
44 Plat. Lys. 209b; id. Resp.349e; d. Mach. fr. 2. 9 Gow.
45 Ps.-Aristot. Probi.19. 35. Cfr. Porph. in Ptol. p. 33. 13 s. Diiring: ii 6' bti'tamç oçuupavtltOiri
~~v Kaì 11civtmç l3apu'ttpav (se. 'flÌvrixt\v).
Aristox. Harm. p. 16. 3 ss. Da Rios. In Hdt. 3. 22. 1 IM11Jll è detto più genericamente della
corda dell'arco: avnç'tò 'tòçov (per una similitudine tra arco e lira, vd. Heracl. fr. 51 D.-K.).
47 Aristox. Harm. p. 15. 14 ss. Da Rios. Per il valore metaforico che la coppia Èlti'tamç/civtmç
acquista in ambito filosofico, si veda Etym. Magn. p. 365. 34 ss. Gaisford.
14 LeparoledelleMuse

ne concettuale che egli avvertì la necessità di risolvere, applicando al lin-


guaggio della tradizione quei principi aristotelici che avevano guidato la
sua formazione48.
Di qui in avanti àviT1µt, in tutta la trattatistica teorica, indicherà l'atto di
'abbassare' l'intonazione dei suoni in senso lato, non più con riferimento
esclusivo a quelli prodotti dalla percussione sulle corde, così come tmtrivav
ne indicherà }"innalzamento' (pur sottilineando l'uso improprio di tali espres-
sioni per quel che riguarda il sistema musicale antico, non ancora unanime-
mente concepito in senso verticale) 49 • A questo proposito si veda l'incipitdella
Sectiocanonisattribuita ad Euclide: "i suoni crescenti (toùç µÈv òçuw.pouç toù
6éovtoc;}si possono quindi riportare al giusto grado abbassandoli(àvu:µtvouç,
lett. "allentandoli") mediante una sottrazione di moto, quelli calanti (toùç &
~aputÉpouç - se. toù 6éovtoç -) alzandoli (Èmtetvoµivouç, lett. "tendendoli")
mediante una addizione dì moto" 50 • Ma il senso concreto di tali termini resta
sottinteso anche in fonti piuttosto tarde5 1, come dimostra un passo di Cleonide
nel quale la compresenza dei verbi àviT1µt e ÈKÀ.00>, pur in riferimento al siste-
ma astratto del tetracordo, mantiene l'allusione al 'rilassamento' delle corde
strumentali: "queste specie cromatiche prendono nome dal loro pycnon ... il
cromatico è detto molle(µaÀ.aKov) per il suo ridottissimo pycnon,poiché quello
che si trova in questa specie è abbassatoe rilassato(àvinai. tE K<ÌtÈKÀ.UEtm)" 52 •

In definitiva, la persistenza in contesti teorici di termini indicanti tensioneo


allentamentoai fini di designare il movimento melodico verso l'acuto o verso il

48 Vd. la distinzione 'potenza' /'atto' e il concetto di 'moto' come 'divenire'.


49 Cfr. n. 38.
50 Ps.-Eucl. Sect. can. p. 149. 3 ss. Jan (trad. 2.anoncelli). L'autore del trattato ha appena esplici-
tato come "ogni suono sia causato da un urto" (vd. n. 43 supra) e come questo sia "impossibile
se non è preceduto da un moto" (la cui maggiore o minore frequenza causa acutezza o gravità).
Per un uso generico di Èmlrivro/àviriµ1, si veda anche ibid. p. 162. 3 ss. ("Sia p la mese; calcoliamo
la quarta all'acuto in y - tm tETcia8ro6tà tEaaàpolv tm -ròy -, e da y fissiamo la quinta al grave in lì -
wtò wuy àvEiaOro&à Jttvtr mi. TÒlì-") e p. 163. 2 ss. Jan (dove la pertinenza nell'uso dei due verbi
è rafforzata dal riferimento alle corde dello strumento di misurazione, il cosiddetto "canone");
Excerpt.ex Nicom. p. 267. 10 e 13 Jan; ibid. p. 268. 11 ss. Jan; ibid. p. 271. 7 Jan; Bacch. 1s. p. 293. 3
Jan; ibid. p. 300. 15 e 18 s. Jan; ibid. p. 302. 1 e 4 Jan; ibid. p. 304. 4 s. Jan; ibid. p. 306. 11 ss. Jan;
Gaud. /s. p. 328. 3 s. Jan; Ps.-Aristot. De audib. 804a 27; Porph. in Ptol. p. 83. 20 e p. 84. 7 Diiring;
Arist. Quint. De mus. p. 8. 21 W.-1.;ibid. p. 9. 3 W.-1.;ibid. p. 17. 1 W.-1.;ibid. p. 21. 10-11 e 22 W.-1.;
ibid. p. 22. 21 s. W.-1.;ibid. P· 23. 8 e 13 W.-1.;ibid. p. 29. 12 s. W.-1.;ibid. P· 113. 8 w.-1.
51 L'aggettivo tvm-roç, lett. "teso", servirà alla trattatistica musicale e alla lessicografia per
indicare la famiglia degli strumenti a corda, gli tv-ra-rà òpyava (si vedano, per fare qualche esem-
pio, Aristox. fr. 95 Wehrli; Nicom. Ench. pp. 240. 22, 243. 12 ss. Jan; Porph. in Ptol. pp. 34. 28, 40.
14, 84. 6, %. 3 Diiring). Aristide Quintiliano (De mus. p. 85. 8 W.-1.)preferisce invece parlare di
1Cammvoµrva òpyava (cfr. n. 213). Per un'analisi della terminologia utilizzata per classificare gli
strumenti musicali nel mondo antico è utile la consultazione di Di Giglio 2000, p. 105 s.
52 Cleon. /s. p. 191. 5 ss. (sul pycnon vd. i11fra, spec. n. 384). li riferimento alle corde dello stru-
mento permane ancor più apertamente in Ptol. Harm. p. 65. 32 Diiring; ibid. p. 81. 8 e 19 s.
Diiring; Nicom. Ench. p. 244. 7 s. Jan. Si noti che Tolemeo, qui e in altri passi, ad rmTEivropreferi-
sce opporre x<XÀ(Ìro: 1toù:µèv XllÀlllJlt'v~ ,roù: octmmvoµt'v(½.
1. ÙJ lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 15

grave conferma quanto a lungo il processo di astrazione compiuto dalla specu-


lazione teorico-musicale rimase legato alla pragmaticità dei gesti compiuti non
soltanto dagli strumentisti, ma anche da quei teorici che operavano esperimen-
ti sul monocordo (come dimostrano i passi della Sectiocanonissopra citati)-5-3.
Solo trattatisti molto tardi come Manuele Briennio e gli anonimi di Bellermann,
glossando il termine È1ti.mmç con àvci&><nç ("germogliazione, crescita", quindi -
metaforicamente - "salita") 54, sembrano riferirsi ad un processo in qualche
modo ormai inteso in senso astratto, suggerendo per di più un principio di
direzionalità verticale nella rappresentazione figurata della struttura scalare .

......
Il senso che i verbi ÈmmvEiv ed àvi11µiacquisiscono in contesto musicale
viene spesso applicato, in virtù della natura musicale dell'accento greco, an-
che all'intonazione della voce: "chi si sdegna e si adira è portato a tenderela
voce (Èmmvav ... tòv ~ov) 55.
e a parlare con toni acuti (rn;ù lj)8É'yyEo0m)"
In tali contesti, però, altri due significati possono sottintendersi all'uso
dei termini indicanti tensione. Innanzitutto il semplice prolungamentodel
suono, cioè la sua estensione a livello temporale, come in Eschilo Pers.574 s.:
u:ìvE & OO<JJkiu1Ctov / Jx>ànv tw..aivcxvaùoov, "prolunga nell'urlo / piangente
una misera voce" • In seconda istanza, il verbo Èmtri va v può talora indicare
56

l'intensificazione della massa sonora, ad es. in Plutarco Dem. 11. 2 (Èm-


trivcxvtoç & TIÌV~vilv toù àv0p(l)JtOU Kaì.Jx>rovtoç,dove il valore di Èmu:ivcoè
chiarito dall'endiadi con il verbo Jx><ico) e Pseudo-Aristotele Phgn.806b 26 s.,
dove l'associazione ~Eìa/ Èmta voµév11e òl;Eìa/ àvEiµév11chiarisce come il
senso dei due participi non possa in alcun modo riferirsi all'intonazione gra-
ve o acuta della voce: "quanto alla voce, quella grave e intensa indica corag-
gio (ti µi'.vJxxpria 1Caì.Èmmvoµév11àv6priov), quella acuta e fiacca codardia (ti
& rn;Eìal((ll àvElJlÉVll &twv)" 57 •

53 Vd. n. 50 supra.
54 Bryenn. pp. 308. 20 e 310. 27 Jonker; A11011. Beli. 4 (citt. n. 286).
55 Ps.-Aristot. Phgn. 807a 15 ss. Cfr. Aristot. Soph. El. 169a 27 ss.; id. Dt·gen. anim. 786b 34 ss.;
Ps.-Aristot. Probi. 11. 15; Philod. De Poem. 1. 43. 23; ibid. 1. 88. 17 ss.; ibid. 1.94. 9 ss. Si veda inol-
tre Ps.-Aristot. Probi. 19. 3, dove l'autore, con esplicito riferimento ai processi fisiologici di fona-
zione, afferma che è più difficile cantare note acute "a causa della tensione e compressione della
voce" (6ià tTIVÈlritamv Kaì lriEmv riJç~119-
56 Non concordo con l'interpretazione del passo data da LS/, s.v. trivro: "t. aùoov strai11the voi-
ce, raiseit high, A. Pers. 574". Per un valore di à1totrivnv (se. tòv ~yyov) = "prolungare il suono"
vd. Plut. Sul. 7. 6 e Aristot. Hist. an. 545a 17 (èutòtamç TIJç~vri.;). Nei trattati di teoria musicale,
il tecnicismo atto ad indicare il prolu11game11to del suono è però un altro derivato di trivro, il so-
stantivo tovT\ (Cleon. ls. p. 207. 5 ss. Jan).
57 Lo stesso Aristotele afferma che "nella voce sono cose diverse il grave e l'acuto (tò Jxxpùm1
tò òé,ù)e la grandezza o piccolezza di volume (µr-yCIÀ.($,)Vio.ç m1 µ11C~via.;), perché sono possi-
16 Le paroledelleMuse

Anche l'aggettivo auvtovo<;, quando è riferito allo pneuma,vale "intenso,


vigoroso" 58, ad esempio in De audibilibus802a 5 ss.: "Allo stesso tempo i suo-
ni luminosi (À.aJ11tpm)non sono facili da controllare a causa della tensione
(61à 'tTJVc:ruvtoviav). Infatti ciò che viene scagliato con forza è difficile da ge-
stire, né è facile tenderlo (oùtt yàp bntàvoo) o allentarlo (oùtt àvt.tvoo) a piaci-
mento. Negli auloi e in altri strumenti i suoni sono luminosi quando il fiato
che fuoriesce è denso e sottoposto a tensione/vigoroso (auvtovov)". La ten-
sione, nell'attività fonatoria, produce intensità,cioè accentuata forza d'azio-
ne59la quale, dal punto di vista percettivo, si trasforma in maggiore violenza
d'impatto (come vedremo più ampiamente nel cap. 2): "infatti quando si
tende il fiato con più veemenza (bntriVTJ nç tò nvci>µa.~1oootEp<>v), subito la
voce diventa più dura (<J1eÀ.11potÉp<X) a causa della violenza, anche se si tratta
di una voce in realtà più debole (µa.À.a.1erottpa.).Succede lo stesso anche con la
tromba; per questo motivo tutti, quando celebrano una festa, allentano la
tensione del fiato nella tromba (àvuicnv Èv tij o<XÀ.m'Y'Yl 'tTJV
toù nvruµa.toç cruv-
toviav), per rendere il suono il più debole possibile (µa.À.a.1e0>ta.tov)"6<1
.

......
L'uso di Èmtrivcoed àvi11µ1in contesto musicale non rimase confinato al-
i' originario significato concretorelativo ad acutezza e gravità (conseguenti
alla diversa tensione), ma assunse una valenza alquanto più ampia a noi no-
ta soprattutto a partire da Platone. Stando alle testimonianze dei suoi dialo-
ghi, egli fu la fonte più autorevole nel favorire l'uso di tali termini in senso,
per cosi dire, metaforico,applicando cioè gli stati di 'tensione' e 'distensione'

bili voci acute di grande volume e allo stesso modo voci gravi di piccolo volume" (De gen. anim.
787a 2 ss.). O medesimo significato dei due verbi in relazione all'intensità della voce è alla base
del passo aristotelico di De gen. anim. 788a 3 ss., in cui il filosofo tenta di spiegare le cause del
mutamento della voce negli animali castrati: "asportando invece i testicoli la tensione dei con-
dotti si allenta (àvinm), come quando si leva il peso dalla corda e dall'ordito. Allentandosi il
condotto (toutou 6' àvtqitvou), anche il principio che dà impulso alla voce perde di vigore in pro-
porzione (iJIÌpXfl ii IClvoooat11v+u,viivÈ:ICÀ.UEtm).
È dunque per questa causa che i castrati si con-
vertono in femmina, sia nella voce, sia nel resto del loro aspetto, poiché avviene che si allenta il
principio dal quale il corpo trae la propria tensione (cruvtovia)".
58 Oppure "che si intona a". Si veda in proposito l'uso di cruvtovoçin Eur. lph. Aul. 118, dove
la metafora musicale è utilizzata sottintendendo una sinonimia con miµ~oç: " ... siche io possa
es~rimere parole concordi(i.e. "che si intonano") ai segni iscritti".
Sul senso dell'espressione bntrivnv tò JtVriJµa= "trattenere il fiato", si veda invece Excerp.
Ne:f· p. 413. 7 Jan.
Ps.-Aristot. De audib. 803a 23 ss. In Aristot. De gen. an. 787b 15 ss. l'aggettivo syntonos è
applicato allo pneumamediante un esplicito parallelismo con i tendini: "I tori sono particolar-
mente tendinei, ed anche il loro cuore; perciò hanno la parte con cui muovono il respiro (tò
1CVEÙµa) in tensione come una corda fatta di tendini (cruvtovov ... ciicnrq>xop611vtEtaµév11vvro--
P\VllVY'.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 17

al corpo e all'animo umano come conseguenza dell'ascolto di determinati


ritmi e melodie: " ... e non è, come dicevamo prima, la collaborazione della
musica e della ginnastica a metterle d'accordo (se. le facoltà razionale ed
emozionale dell'anima), l'una tendendola(bnTEivouaa) e nutrendola di bei
discorsi e insegnamenti, l'altra invece rilassandola (àvtE"'iaa)con i suoi consi-
gli e placandola con l'armonia e con il ritmo?" • Alla base di tale principio
61

vi sta certamente un parallelismo tra 'corde' musicali e 'corde' umane, vale a


dire tendini e nervi: " ... affinché, legate insieme tutte le membra, con la ten-
sione (Tcpµèv ÈmTElvoµtvq>) e la distensione(Kaì àvlEµÉvq>)dei tendini intorno
alle vertebre il corpo potesse piegarsi e distendersi" 62• La valenza etica dei
numerosi termini indicanti mollezza e rilassamento, quali µCXÀ.aKoç, XCXÀ.apoc;
e lo stesso àvetµfvoç (cui si oppongono bttTdvro e i suoi derivati), trae quindi
origine in prima istanza dal senso 'pratico' che tali termini assumono in re-
lazione al rilassamento dei nervi nel corpo umano. La capacità posseduta da
un certo tipo di musica di rendere un ascoltatore 'teso' o 'rilassato' ha una
spiegazione, quindi, più fisica che metaforica proprio in virtù della stretta re-
lazione che intercorre tra corpo e animo nella concezione antica dell'uomo
greco 63•
Gli aggettivi cruvTovoç("teso") e àve1µfvoç ("rilassato") sono infatti appli-
cati alle antiche scale (o apµovim) con un senso innanzitutto concreto da un
punto di vista musicale: una scala tesa è essenzialmente una scala acuta"',
come sembra essere il caso dell'armonia auvTovoì..0010Tio "lidia tesa" (chia-

61 Plat. Resp.441e-442a. Cfr. ibid. 4lle412a: "lo credo di poter affermare che un dio ha con-
cesso all'umanità due arti, la musica e la ginnastica, per due scopi diversi, l'ardore e la filosofia,
e solo secondariamente per l'anima e il corpo, proprio affinché quelle due qualità si fondessero
insieme armonicamente (!;uvopµoo8ij-rov)raggiungendo il giusto grado di tensione(bnmvoµivq,)
e distensione(àvtEµivq,)".
62 Plat. Tim. 74b (cfr. id. Phaed.98c-d: Tà 6è VE\Ìpaola tmTElvta8m Ka\ àvlta8m). Altri esempi di
un uso costante di questa metafora nella cultura antica si trovano in Pind. fr. 124d Maehler ("far
risuonare con il barbitosl'animo/8uµov e la voce/to,V<iv appannati dal vino"); trag. adesp. fr. 361
Nauck ("muovendo le corde/xopllàç immutabili dell'animo"); Philo Jud. lmm11t.24-25 (ciicmEp
nvà À.upavnìv VUXTIV µoualKIÌlçàpµoaliµtvov ... µ~TEtmTEìvm7tj)0<1l)lUplJaÀ.À.OVTa µ~TEàVEìvmµaÀ.-
O<i!;av-raTTIVàprniiv Ka\ -rciiv♦tiou KaÀ.ciiv àpµov{av); Plut. Per. 15. 2 ("come i toni/Tovouç e i
suoni/~ouç dell'anima che hanno bisogno di essere toccati e percossi con molta armonia");
Clem. Alex. Paed.2. 4. 41, 5 ("«lodatelo con le corde e l'organo», chiama organo il nostro corpo e
corde i suoi nervi/xopllàç-rà vEùpa, da cui riceve la tensione armonica/tvopµovtov ... nìv -ràmv, e,
vibrato dallo spirito, esprime suoni umani").
63 Plat. Charm. 156e; Ps.-Aristot. Phgn.808b 11; Aristot. De an. 403b 17. Per una descrizione del-
l'influenza di pulsazioni e contrazioni nervose, regolate dai ritmi musicali, sull'animo umano si
vedano anche i capitoli 15 e 18 del secondo libro del De m11Sica di Aristide Quintiliano (citt. infra).
64 Si veda ad es. Aristot. Poi. 1342a 24 (Ela\ Ka\ Tciivµùciiv -rà miv-rova)e 1342b 21 s. (-ràçauVTo--
vouç àpµovlaç). Per il valore di "grave" conferito all'aggettivo àVE1µivoçsi veda ancora id. Poi.
1342b 22 e 24 (-ràçàvuµtvaç àpµovlaç), dove Aristotele sottilinea la difficoltà, per chi non è più
giovane, di cantare all'acuto; Arist. Quint. De m11S.p. 19. 5 W.-1. (àvt1µivaç - se. àpµovlaç -); ibid.
p. 59. 22 W.-1. (-roìçàVE1µiv01ç - se. Tciivµùciiv -).
18 Le paroledelleMuse

ramente più acuta della ÈJt<XVEtµÉV'fl À.u6toti)65, o quello dell'armonia frigia,


definita "più tesa", in un antico proverbio, rispetto a quella dorica: rutò ~co-
piou Èm «l>puyiov·rutò toù àvaµivou tlç tò Èvtovom:pov. È evidente come una
connotazione "rilassata" in senso etico dell'armonia dorica, ritenuta unani-
memente la più virile delle armonie, sarebbe qui fuori luogo 66 • La coppia di
opposti acuto-grave, prima della codificazione tecnica dei termini òçuç/Jkx-
puç,sembra quindi esprimersi attraverso lemmi mutuati dal vocabolario dei
musicisti 'pratici', in maniera perfettamente coerente con il valore letterale
di apµovia quale "accordatura".
Ma già un poeta della prima età classica come Pratina sottintende, al pur
evidente valore 'pragmatico' degli aggettivi "teso"/ "rilassato" (suggerito
dall'aggettivo µioav utilizzato per connotare l'armonia eolia) 67, una sfuma-
tura etica indotta dall'applicazione di tale significato pratico a tensionee ri-
lassamentodell'uditore: µtjte ~_uy_tovoy6iwKE/ µtjtE tàv qv_rugy_av['Iaoti] /
µoùoav, àUà tàv l!toav / vecòva.poupav aioÀ.içe t<i>µfui ("non cercare una
musa austera/ né una languida [come quella iastia] / ma, arando il campo
di mezzo, / usa nel canto l'eolico", come a voler dire: "segui l'etica del giu-
sto mezzo!") 68 •
Nella prospettiva sopra delineata, il valore etico di tali aggettivi è perciò
immediatamente conseguente al loro valore pragmatico,come si evince anco-
ra dall'associazione tra le àvaµivm apµoviai e l'espressione µaÀ.aKompwçTIÌV
6tàvoiav in un famoso passo della Politicadi Aristotele: " . . . perché, per co-
minciare, la natura dei modi musicali è differente, sicché chi li ascolta si di-
spone diversamente e non ha lo stesso atteggiamento di fronte a ciascuno di
essi, ma di fronte a taluni si sente piuttosto triste e cupo, come ad es. di fron-
te a quello chiamato mixolidio, di fronte ad altri, per es. quelli molli (7tpÒç
tàç àvetµivaç}, più abbandonato nello spirito (µaÀ.aKompcoçTIÌV6uivoiav), di
fronte a un altro, soprattutto, moderato e composto, il che produce a quanto

65 Da Platone definita µa>.aict\ e xa>.ap<i in Resp. 398e (dr. infra n. 342).


66 Corp.Paroem.Gr. II, p. 302. 1 ss. Leutsch (il proverbio deriva dal famoso passo della Politica
di Aristotele, 1342b 11 ss. sui Misi di Filosseno). La relativa acutezza della scala frigia rispetto
alla dorica è confermata da un passo di Aristosseno: "tra gli armonici, gli uni affermano che l'i-
podorica è la tonalità più grave, che la mixolidia è di un semitono più acuta di questa, che la
dorica è di un semitono più acuta di questa, che la frigia è di un tono più acuta della dorica ..."
(Harm. p. 47. 1 ss. Da Rios - il corsivo è mio-).
67 Un famoso frammento di Laso di Ermione (fr. 702 Page) ascrive invece all'armonia eolica
una tessitura grave: "Demetra canto e Core Melibea, di Climeno sposa, / un inno elevando nel-
l'armonia / eolia dal grave suono (13apuJJpoµovapµoviav)" (trad. Brussich). È possibile che l'ag-
gettivo j3apùJJpoµoçsottintenda qui non tanto l'intonazione grave della scala eolica, quanto il suo
impatto emotivo sull'uditorio (vd. cap. 2), come a voler dire "l'armonia eolia che risuona come
qualcosa di grande e pesante" (considerato anche il contesto cultuale-celebrativo del frammen-
to).
b8 Prat. fr. 712a Page. Al v. 2 Page espunge lasti quale glossa.
1. ùz lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 19

pare, unico tra tutti, quello dorico, mentre quello frigio produce uno stato
d'entusiasmo" 69• La stretta connessione tra 'allentamento' e 'rilassamento' di
corde musicali e corpo umano è ribadita nella descrizione aristotelica delle
molteplici funzioni della musica, tra cui figurano quella relativa "al rilassa-
mento e al riposo dopo la tensione", xpòç àvtmv tt KCXÌxpòç TIÌV tiiç cruvToviaç
àvan:mxnv70•
Nell'ambito di tale visione acquista un significato differente anche l'uso
del termine apµovia applicato indifferentemente a musica ed animo umano:
"non avevamo dunque riconosciuto nei precedenti punti che l'anima, in
qualità di armonia (apµoviav oooav), non canta contrapponendosi alle ten-
sioni (ÈVavna ~v oiç bntrivovTO), ai rilassamenti (x<XÀq>To),
alle vibrazioni
('lfa:llotTo) o a qualunque altro stato da cui lei discende, ma piuttosto li se-
gue e non può in alcun modo dirigerli?" 71 • La metafora musicale (resa espli-
cita qualche pagina prima da Platone) 72 serve qui al filosofo per introdurre
l'affermazione che l'anima, in realtà, domina e contrasta i desideri del cor-
po73e non può quindi esserearmonia 74• Essa piuttosto possiedearmonia, ed è
proprio tale armonia a costituire il legame tra le sue diverse componenti 75•
Questa definizione di apµovia come unione di contrari (Kpàmv KCXÌcruv8Emv
ÈVavn(l)v)76 trova la sua manifestazione più perfetta nell'armonia musicale

69 Aristot. Poi. 1340a 40 ss. Cfr. il parallelismo tra scale musicali e forme di governo in ibid.
1290a 26 ss. e, in forma ancor più esplicita, in Plut. De unius in rep.dom. 827a-b: "chi è esperto di
musica, o chi la esegue, userà strumenti intonati e accordati abilmente, suonando ciascuno
secondo le regole, in modo che la voce ne risulti naturale e armoniosa ... cosi anche l'uomo poli-
tico saprà destreggiarsi bene in un'oligarchia di tipo spartano e licurgheo, avvalendosi della
collaborazione di persone che gli siano pari in potenza e dignità e forzandole con calma ad ade-
rire alle sue idee, ma s'adatterà bene anche ai molti suoni e alle molte corde della democrazia
(mÀ.uteòrff!l Kaì JWÀ.UXop&p... litJµoKpatic;d, ora rilassando (tà µtv àvtriç) ora tendendo (tà 6' àn-
uiv<OY)le corde del suo governo, allentandole (xaÀ.aa~ al momento opportuno e tirandole (tµ-
~ di nuovo con forza, esperto dell'arte di opporsi e resistere. Se gli fosse dato di scegliere le
forme di governo come fossero strumenti (1Ca8c:i1tEp òpy<ivWY),nessun'altra preferirebbe, obbe-
dendo a Platone, alla monarchia, la sola in grado di mantenere costante quel tono (tòvov) real-
mente perfetto ed elevato della virtù e di sapersi accordare (cipµoom) al pubblico interesse senza
cedere a pressioni e senza voler compiacere nessuno".
70 Aristot. Poi. 1341b 41. Si veda la persistenza di quest'immagine in Plut. An seni resp.ger.
792c-d: "L'arco, si usa dire, si spezza quando è teso (bnmvòµ€vov), l'anima, invece, quando si
rilassa (<ÌYU:µMl)".
71 Plat. Phaed.94c.
72 Plat. Phaed.85e ss.
73Phaed.94c-d: "adesso non ci sembra causare tutto l'opposto, che è lei (se. l'anima) a gover-
nare tutte quelle parti da cui si dice che deriva".
74 Ancora Aristotele (Poi. 1340b 18 s.) riferisce come "molti dicono che l'anima è armonia".
Ma cfr. id. De an. 408a 29 s.: onµtv oùv oùe' àpµoviav o\òv t' dvm n;v 11/UXTIY ow 1CUK'À.qlKtpt~-
a8at, OTJÀ.OYÈK''t<ÌJYE\PflµÉV<OY.
75 L'immagine più famosa che descrive l'essenza delle diverse parti costitutive dell'anima è
quella del carro alato in Plat. Phaedr.246a ss.
76 Aristot. De an. 407b 30 s.
20 Le paroledelleMuse

che, proprio in quanto espressa dal numero, principio universale di tutte le


cose, era già dai pitagorici considerata un elemento fondamentale in natu-
ra77:"grazie ad essa (se. la giustizia), l'uomo giusto non permette a nessuna
delle tre classi della sua anima di svolgere le funzioni delle altre due ostaco-
landosi a vicenda, anzi stabilisce una vera gerarchia fra esse, diventa il do-
minatore, l'educatore e l'amico di se stesso, armonizzando(;uvapµooav'ta) le
sue tre facoltà interiori comesi fa con i tre più importanticonfinidellascalamusi-
cale (coonEpopouç 'tpEÌçàpµoviaç à"tEXVéòc;), la più acuta, la più grave e la me-
diana (veci'tT)ç'tE 1Caìumi'tT)çKaì µtc:n1ç)78, con tutte le note intermedie; egli lega
insieme tutte le sue facoltà e, mentre prima era molteplice, diventa un indi-
viduo temperante e armonico(11pµO<Jµtvov)" 79 • È evidente come, nelle mani di

Platone, l'uso di immagini legate a intonazione,tensioneed allentamentodei


suoni musicali trascenda un puro senso metaforico per farsi veicolo di prin-
cipi metafisici ben più significativi.
La descrizione dell'anima secondo modelli musicali ritornerà con parti-
colare attenzione agli aspetti fisiologici sopra accennati in un trattato di ispi-
razione neoplatonica molto più tardo quale è il De musicadi Aristide Quin-
tiliano (ill-IV sec. d.C.). Nel capitolo 18 del secondo libro l'autore spiegherà
l'influenza della musica sull'animo umano proprio attraverso l'affinità tra le
componenti che lo racchiudono, vale a dire nervi e respiro (vropaìç 'tE Kaì
1tVruµan), e gli elementi costitutivi dei principali strumenti musicali, cor-
dofoni ('t<Ì>vopycivcov'tà µÈv otà vrop<Ì>v11pµO<Jµtva)e aerofoni ('tà o' ȵ1tVro-
a'tci)80.Le membrane e i vasi tubolari che circondano l'anima si formano
durante la sua discesa da una regione iperurania incontaminata, che ne è la
sede originaria, al mondo terreno, dove essa si reca per prendere possesso di
un corpo. Le pulsazioni di tali vasi possono essere modificate e regolate at-
traverso ritmi e temi musicali, in una visione 'simpatetica' che coinvolge
anima e corpo umani, da una parte, ed elementi musicali quali ritmi, melo-
die e voci strumentali dall'altra 81 •

77 È Aristotele a riferire l'assunto pitagorico che "tutto l'universo è armonia" (Metaph.986a 2


s.>. Il debito di Platone nei confronti della numerologia pitagorica è evidente soprattutto nel Ti-
meo, dove le proporzioni matematiche che esprimono i rapporti musicali, già indagate da Fùo-
lao, servono al filosofo per illustrare la creazione dell'anima del mondo. Sul concetto di armonia
in Platone si veda I' ancor valido Moutsopoulos 2002 (ed. or. 1959), specialmente le pp. 343 ss.
78 Qui Platone sembra riferirsi all'eptacordo più che all'ottava, considerata, secondo la teoria
aristossenica, come l'unione di due tetracordi disgiunti tra loro da un tono. La mese risulta infatti
essere la corda "di mezzo" (comune ai due tetracordi) solo nel sistema eptacordale: µtari & 1ml
<MTJ 1'tot ~ ii xop&li TItù.rotai.a µtv tot1ltj)(l)to\l &.à 1tamàv. apxfl& -roù &uu:pou, fil,;clvm -rouuov
icotv-ii,fil,;nroAEµaiòçtt ♦tJOl icai oi.àllot µoucnicoi(schol. vet. Plat. Remp.443d p. 226 Greene).
79 Plat. Resp. 443d-e (il corsivo è mio). Per un uso di immagini relative a tensione,allentamento

ed armonizzazionedell'animo grazie alla musica, si veda anche Plat. Resp.410b-412a.


80 Arist. Quint. De mus. p. 89. 23 ss. W.-1.
81 Arist. Quint. De mus. p. 82. 4 ss. W.-1.
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 21

La spiegazione degli effetti psicologici della musica sembra quindi assu-


mere un carattere sempre più scientifico nei filosofi antichi (anche su in-
fluenza degli scritti medici) 82 : per essi il posto riservato ai concetti di tensione
ed allentamentonell'elaborazione di una dottrina dell'anima e nell'indagine
della rispettiva influenza tra questa e la musica risultò, in definitiva, di pri-
maria e fondamentale importanza, aprendo la strada agli enormi sviluppi
ed influenze che la cosiddetta eticamusicaleantica avrà nelle età successive.

b. Il suonocomerisultato dellatensione:tov~ e tacnç

Il derivato di trivw che più ha avuto fortuna in lingua greca quale termi-
ne tecnico-musicale è tovoç, nomenactionisa vocalismo o che, dal significato
generico di "tensione", passa a designare il "suono" inteso quale il "prodot-
to della tensione di una corda" (o della voce)&.1. Da questo significato origi-
nario si svilupperanno tutta una serie di lemmi tecnici ben riassunti in un
passo di Cleonide: "il termine tonopuò avere quattro significati. Può indica-
re un suono (t8oyyoç), un intervallo (a1ao"tT1µa),un ambito sonoro (tonoç
~vflç), un'intonazione (tacnç}" 84• Cleonide passa di seguito ad illustrare cia-
scuno dei significati sopra esposti e, riguardo al primo, cita a mo' di esem-
pio alcuni frammenti poetici nei quali compare l'aggettivo btt<itovoç ("epta-
tonico", vale a dire "a sette note") usato in riferimento alla lira o phorminx85:

"Rifiutando il canto dai quattro suoni (u:"tpciyapuv)


nuovi inni per te intoneremo sulla phorminxa sette note (ÉJc'ta'tovcp90pµryy1)"86.

"Lira dalle undici corde, che possiedi un ordine di dieci intervalli


per le tre vie consonanti dell'armonia,
prima tutti i Greci ti suonavano a sette note (ÉJc'ta'tovov)
per quarte, elevendo un canto povero" 87•

L'aggettivo bttatovoç ricorre spesso in contesto poetico, a partire fin dal


V sec. a.C., quale epiteto della lira equivalente a btta'8<>'Y'Yoç88,
ad esempio in

82 La critica recente ha identificato proprio la medicina psicosomatica quale principale mo-


dello per la composizione dei dialoghi platonici. Tra i contributi più recenti in supporto a que-
sta tesi si veda Moes 2000.
83 Chantraine p. 1092: "nom. d'action wvoç m. «tension, tendon, corde, hauteur (d'un son],

effort, intensité»".
84 Cleon. Is. p. 202. 6 ss. Jan (= Bryenn. p. 116. 9 ss. Jonker).
85 Cleon. Is. p. 202. 8 ss. Jan.
86 Terp. fr. 4 Gostoli.
87 Ion fr. 5 Gent.-Pr.
88 Eur. fon 881: btm+eoyyou... nO<ipaç.
22 LeparoledelleMuse

Bacchilide (dove, per la precisione, è riferito al l}ci.pl}i toç) 89 e in Euripide


(detto della xu..uç) 90 •

Più genericamente in relazione al suono o alla voce compaiono invece,


in contesto drammatico, gli aggettivi ùttiptovoç e òçutovoç 91 • Il primo in
Eschilo Eum. 569 (ùttiptovov ytjpuµa, detto del suono della salpinx) e Ari-
stofane Nub. 1154 (Jk>(iaoµmtàpa tàv u1tÉptovovlx>ci.v, "griderò dunque l'alti-
sonante grido") , con evidente riferimento al 'volume' del suono prodotto;
92

il secondo in Sofocle Aj. 630 (òl;utovouç µÈV ci>6àç8p11vtjon, "intonerà funebri


canti acuti/penetranti"), Philoct.1092 (ai8Époç ... òl;utovou otèx1tVruµatoç, "nel
rapido fischiare del vento", dove oxys vale "rapido, veloce" con rimando al
rumore del vento) ed El. 239 (òl;utovrovyorov,dove il lamento è di nuovo de-
scritto come "acuto, penetrante" - dr. Aj. 630 supra - vale a dire quale ogget-
to che colpisce chi lo ascolta come un corpo contundente) 93• È chiaro che i
'toni' della voce potevano essere descritti con attributi indifferentemente re-
lativi ad intonazione o volume, come evidenziato anche in un passo del Ci-
negeticodi Senofonte: "chiamando i cani per nome uno per uno e sforzando-
si di dare alla propria voce tutte le intonazioni (tovouç tTtç 4'<i>vflç) possibili:
acuta (òl;u), grave (l}apu), di grande (µtya) o piccolo volume (µitcpov)"94 •
La prima occorrenza propriamente musicale di tovoç, cioè "suono di una
determinata intonazione", si trova invece in Aristofane, Eq. 530 ss., dove il
soggetto della parabasi aristofanea è Cratino, poeta-musico rappresentato
con lo strumento simbolo della poesia colta, la lira: "ed ora, che lo vedete
delirare, voi non avete pietà di lui, mentre gli cadono i bischeri della lira,
l'intonazione scompare (toù tovou oùtcét' Èvovtoç) e le giunture non tengono
95 • Stesso significato di tovoç si ritrova in Pla-
(trov 8' apµovirov oiax(X(Jl(ooorov)"
tone Resp. 617b ("si muoveva insieme a ciascuna una Sirena, che emetteva
un'unica nota - 4><t>V1ÌV µiav -, di una sola intonazione - h-a tovov -; ma tutte
e otto insieme formavano un'armonia - µiav apµoviav çuµ4><i>vEÌ.v -") e Aristo-
tele De an. 424a 30 ss.: "se, infatti, l'impulso che subisce l'organo è troppo
forte, la forma - cioè il senso - viene meno, come vengono meno l'accordo

89 Bacchyl. fr. 20b 2 Snell-Maehler.


90 Eur. Aie. 446 ed HF 683 (cfr. Ariston. Hymn. in Vest. 7 ss., dove m~ è detta la ~P-
µty~. Altro appellativo dello strumento derivato di wivm è xopootovoç, "dalle corde tese", òtato
in Sofocle fr. 244 Radt: pfl'Y\'Ùç
(se. Thamyras, secondo l'ipotesi di Reiske) xpuao&tov 1CÉpaç /
pfl'Y\'Ùç àpµoviav xopootovou À.\ipaç.
91 Cfr. anche rutovoç in Aristoph. Ach. 673 (riferito a µu.oç) e Ps.-Aristot. De audib. 800b 16
(riferito a ltVtliµIDV).
92 Incipit paratragico di incerta derivazione (per la stessa espressione vd. Eur. fT.623 Nauck;
Soth. fr. 491 Radt; Phryn. fr. 48 K.-A.).
Vd. infra cap. 2.
94 Xen. Cyn. 6. 20.
95 È qui probabile un doppio senso 'musicale' della parola àpµovia.
1. u, lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 23

(cruµ+<ovia)e l'intonazione (tovoç) qualora le corde siano colpite con violenza


(o+oopa 1epoooµtvcov t<Ì>vxop&òv)" 96. La nascente teorizzazione musicale prefe-
rirà però ben presto esprimere il concetto di suono inteso come "altezza"
con il lemma tacnç, nomenactionisdella stessa radice a vocalismo zero<n,o
con il termine cjl<ovt\(applicato indifferentemente a voce umana, "1)Vfl àv8por
m1C11, o strumentale, cjKovflòpyavt1C11) 98, circoscrivendo l'applicazione di tonos

quale "intonazione" alla sola voce e sviluppando, come vedremo, il signifi-


cato musicale di tonosin altre direzioni.
L'uso di tovoç in riferimento alla voce, soprattutto per esprimere inten-
sità o volume, è attestato principalmente a partire dal IV sec., specie in con-
testi oratori. Con quest'accezione il termine si ritrova in Aristofane Vesp.337
("non gridate, è qui davanti che dorme. Abbassate dunque il tono di voce -
àU' ucj,Eo8€ toù tovou -); Senofonte Cyn. 6. 20 (cit. supra);Demostene De cor.
280 ("ma ciò che ha valore non è l'abilità dell'oratore, Eschine, né la potenza
della voce - ò tovoç 'tT}çcjl<ovTJç -, bensì il perfetto accordo tra le sue scelte e
quelle della maggioranza"); Eschine Ctes. 209 ("per quanto riguarda le sue
lacrime - se. di Demostene - e il tono di voce - toù tovou 'tT}ç"1)VTJç- quando
vi chiederà «Dove potrei rifugiarmi, o Ateniesi?» ... ); Dionigi di Alicarnasso
De lsocr.13. 14 s. (" ... declamare i discorsi in pubblico adattando l'intonazio-
ne e il volume - tt\v ~ cjl<ovflv1eaìtovov Ènapavta - e pronunciarli in questa
tecnica con la declamazione conveniente non sarebbe possibile") 99 •
Per quel che riguarda invece il senso di tovoç come &cionuux,vale a dire
"intervallo di un tono" 100, la sua prima definizione in tale senso è appunto
quella di Aristosseno il quale, sulla base del sistema pitagorico secondo cui
tutti gli intervalli venivano calcolati in base alle tre consonanze di quarta, quin-
ta e ottava, descrive il tono come it t<Ì>vxprotrov cruµ~vrov 1eatà µÉ'yE8oç6ta-
~101. Il tono è, cioè, "la differenza tra la quarta e la quinta" 102, come già aveva
affermato Filolao di Crotone, secondo il quale la quinta (tò &' ògiav) era mag-
giore della quarta (tàç cruÀÀ.<Xpàç) di un tono (bwyoocp,cioè il rapporto 9/8) 103• È

96Con la stessa accezione si vedano le occorrenze in Aristot. Rhet. 1403b 29 (... TotçTovmç,oìov
e De gen. an. 787a 2 ss. (àll' mtot\ ronv tTEpovTòJkrpù 1CaìTòoçùÈV+<i>vt.i
òçri<;tKaì papri<;tKaì IJ.ÉCTIJ)
µq~aç ICII̵t1Cpo+roviaç ... òµoiwc; &: ICIIÌICaTà TÒVµÉ<JOVTOVOV
TOUTIOV).
<n Chantraine p. 1092: "nom d'action usuel Tamç f. "tension, extension, caractère aigu du
son".
98 Aristox. Harm.p. 19. 5 Da Rios.
99 La compresenza di +<,>vt\ e Tovoçsuggerisce tale ripartizione dei principali attributi della
voce: intonazione (+<,>vt\)e volume (Tovoç).
100 Cleon. 1s. p. 203. 1 ss. Jan: "Ha il significato di intervallo quando si dice che c'è un tono
dalla mesi alla paramesi " (il cosiddetto 'tono di disgiunzione' tra due tetracordi).
101 Aristox. Harm.p. 27. 15 s. Da Rios.
102 Aristox. Harm.p. 57. 1 s. Da Rios.
103 Philol. fr. 6 D.-K. La terminologia pitagorica (probabilmente antecedente) utilizzava, per
indicare le tre consonanze musicali di ottava, quarta e quinta, i termini cipµovia (= "accordatu-
24 Le paroledelleMuse

evidente come, pur se la definizione aristossenica riprende quella pitagorica


nel metodo di calcolo intervallare, lo stesso non avvenga per quel che riguarda
la terminologia tecnica, che probabilmente all'epoca di Filolao non aveva anco-
ra sviluppato il senso di tovoc;quale "intervallo" (o forse perché i pitagorici
prediligevano esprimere tale grandeu.a attraverso una proporzione numerica).
La prima spia di tale accezione del termine è la comparsa, in un documento di
incerta datazione quale è il Pap. Hibeh 1. 13104, dell'aggettivo &atovoc; (v. 19:
&atovq>tji µoooucij), prima testimonianza di una primigenia classificazione per
"generi" (-ytv,,) nella teoria musicale antica 105• L'appellativo 61.atov<><;
sta certa-
mente ad indicare un modulo scalare che procede "per intervalli di tono" e
presuppone quindi il senso di tov<><; quale intervallo, ma la difficoltà nel datare
tale documento invalida il tentativo di farne un sicuro termine postquem106•
Il terzo significato di tovoç citato da Cleonide, quello di "ambito sono-
ro" (tonoç ci,rov,iç),introduce uno dei concetti più complessi della teoria
musicale antica, che solo in maniera riduttiva possiamo far corrispondere
alla nostra nozione di 'scala di trasposizione'. Secondo la definizione di
Aristosseno, che promette di dedicare ai tovot (più tardi detti anche tpo-
not)107 una delle sette parti della sua trattazione armonica (purtroppo non
conservatasi), le tonalità sono in sostanza gli ambiti sonori "nei quali sono
poste le scale per eseguirle" (ÈCI>' còvnetµEva tà aoottjµata µEÀQ>&Ìtat) 108• Se-

condo l'interpretazione più comune, i tredici tonoi o tropoi aristossenici si


ottengono trasponendo lungo i dodici semitoni di un'ottava (ad es. da do a
do1) l'intero sistema perfetto, ricavando così una serie di scale caratterizzate
semplicemente da una differenza nel registro sonoro, non nella distribuzio-
ne degli intervalli interni. Tale sistema fu successivamente ampliato a tavo-

= "prendere insieme", dr. Porph. in Ptol. p. 97. 2 ss. Diiring: "pres-


ra"), croUajlt\ (< <roÀÀ<IJ.l(3àv0>
so i suonatori di lira si dice syllabé dalla forma della mano quando si suona Io strumento, poi-
ché nell'uso eptacordale il primo intervallo che le dita afferravano a distanza di quarta genera-
va una symphonia") e&' òçriav (lett. "sistema che comprende le note acute", dr. Nicom. Ench. p.
252. 7 ss. Jan: "definendo ... "diossia" la quinta; la quinta infatti è congiunta all'acuto alla pri-
où~nia consonanza di quarta").
La datazione alta (V-IV sec. a.C.) proposta da numerosi studiosi è stata recentemente riba-
dita da Avezzù 1994.
105 In realtà, come ho dimostrato in altra sede (Rocconi 1998), nella testimonianza del Pap.
Hibeh il concetto di ytvoçnon appare ancora formulato a livello di categoria filosofica e il valore
di cipµovia,&citovove xp<Ìlµaè, in tale testo, semplicemente quello di melodiao musica enarmoni-
ca e diatonico/ cromatica (dove la cromatica è descritta quale 'variazione' della diatonica).
106 Si veda in proposito la tesi di Steinmayer, secondo il quale è molto probabile che tovoç
significasse "intervallo di un tono" già durante il quinto secolo, o forse prima, e che esso "was
taken up as a technical term to name the degreeby which one had to heighten the pitch of a string in
order to have it forma fifth instead of a fourth with another" (Steinrnayer 1985, p. 178 - il corsi-
vo è dell'autore-).
107Arist. Quint. De mus. p. 112. 28 s. W.-1.:... t<Ì>VtpoltO>V ouç u Km tòvou.; ÈKClÀta~v.
1~ Aristox. Harm. p. 46. 17 s. da Rios.
1. ÙI linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 25

lino dagli epigoni aristossenici fino a raggiungere un numero totale di


quindici tonalità,dove alle cinque scale con il nome-base Oidio, eolico, fri-
gio, ionico e dorico) corrispondono in maniera simmetrica cinque hypo-
scale e cinque hyper-scale collocate, rispettivamente, una quarta sotto e una
quarta sopra le scale-base.
Come si sia giunti a formulare questo concetto, nato da esigenze prati-
che di modulazione e di sistematizzazione del sistema scalare, non è ancora
stato del tutto chiarito 109• Più evidente è il motivo per cui la selezione lessi-
cale sia caduta su t6voç. Le "tonalità", in definitiva, corrispondono alle
moderne chiavi, o "intonazioni", su cui potevano essere eseguite le scale
dette anticamente harmoniai(o, da Aristosseno in poi, "sistemi") 110• Non c'è,
quindi, scelta più appropriata che chiamare tali tonalità con un termine la
cui valenza etimologica è proprio "intonazione", e forse fu proprio la con-
notazione di tovoç nel senso tecnico di "tonalità", di cui non esistono tracce
prima di Aristosseno (pur se egli testimonia un tentativo di codificazione di
tale concetto da parte di scuole teoriche a lui precedenti) 111, a favorire l'im-
piego parallelo di tamç come "intonazione" o "altezza" di un determinato
suono.
L'ultimo dei significati di tovoç enunciati da Cleonide è appunto quello
di tamç o "altezza" sonora, " ... quando per esempio diciamo che qualcuno
canta a un tono acuto (òçutovtlv) o grave (Jxxputovtlv), oppure che utilizza
un tono di voce medio (µÉaq>téi>t11ç ~'Ìlç tovq>)" 112. Anche per questo termi-
ne l'accezione puramente musicale sembra alquanto tarda 113 (probabilmente
codificata solo a partire da Aristosseno che definisce la tamç come µovti nç

109 Cosi come è ancora ambiguo l'aspetto 'modale' che sembra altresl compreso nel concetto
di tonos, soprattutto nella teoria esposta da Tolemeo (che riduce il numero dei tonoi a sette in
base a quello degli EÌOTJ Toù &à lt(l(JfDY,
le "specie d'ottava" aristosseniche). Per un'esposizione
chiara ed organica del problema si vedano le pp. 17-27 di Barker 1989.
no Plat. Phil. 17d: cru<JTJUlaTa ... a icatillovttç oi ltj)O(J9fv1tapÉlìoaav11µìvToìç É1tOµévo1ç
èicrivo1ç
icaì.iiv aùTà apµoviaç. Si ricordi però che il termine apµovia racchiude in sé una polisemia che è
riduttivo sovrapporre al semplice significato di "sistema" (inteso come "aggregazione d'inter-
valli", cfr. n. 461).
111 Aristox. Harm. p. 46. 18 ss. Da Rios: "Intorno alle tonalità nessuno ha detto né in che modo
si devono impiegare né da quale punto di vista si deve enunciarne il numero. La dottrina degli
Armonici sulle tonalità è perfettamente analoga al modo di contare i giorni del mese; cosi, per
esempio, quando per i Corinti è il dieci, per gli Ateniesi è il cinque, e per altri è l'otto del mese".
Probabilmente fu Aristosseno a rendere indipendente il concetto di tono da quello di modo,
come sottolinea l'ancor ottimo commento Da Rios a questo passo di Aristosseno (p. 54 n. 1 del-
l'appendice), " ... cosicchè ogni melodia potesse eseguirsi in qualsiasi modo e in qualsiasi altez-
za della scala".
112Cleon. Is. p. 204. 16 ss. Jan. Cfr. Plat. Phil. 17c, parlando della voce: 6oo & 8wµEvJkxpiiicaì
oçu,IC<XÌTpi TOVÒµOTOVOV.
113 Vd. Ps.-Plut. De mus. 1133b: "furono chiamati nomoiperché non era lecito trasgredire l'in-
tonazione (Tacnç)stabilita per ciascuno di essi".
26 LeparoledelleMuse

1eoo.
at<imç ti;ç 114
'6)VTt<;} , mentre le occorrenze più frequenti restano quelle
ascritte alla voce, vale a dire agli accenti musicali della lingua greca 115•

c. Il pizzicamento dellecordecon le dita:'l'allro e i suoi derivati

Il verbo 'l'ciU.roindica l'atto di far vibrare una corda di qualsiasi genere


toccandola e pizzicandola con le dita 116, come evidenzia un passo delle
Baccantieuripidee (783 s.) che riferisce il lemma alle corde degli archi dei
soldati: toçrov XEPÌ/ 'l'ci.Uoumvrup<iç.
L'applicazione musicale del termine è attestata fin dal VI sec. a.e., per la
precisione in Anacreonte che, in ben due frammenti, riferisce il verbo a due
strumenti tradizionalmente considerati quali appartenenti alla famiglia delle
117
arpe, µayooiç e 7tT11Ctiç :

"Desinai con un piccolo pezzo di focaccia,


ma bevvi un orcio di vino fino in fondo, e ora
tocco mollemente l'amabile pektis (Èp<>eaaav ljlail.ro JtT)Kti6a) e canto
la serenata alla mia ..." 118•

''Tocco (ljlall.ro) l'arpa (µaya6lV) dalle venti corde,


o Leucarpi, e tu gioisci" 119•

114 Aristox. Harm. p. 17. 2 ss. Da Rios: "quello che vogliamo indicare con grado (tacnç) è quasi
un certo indugio e stabilità della voce". Se Aristosseno ben distingue il concetto di t<imc;da
quello di britamc;/avEmc;(Harm. p. 18. 1 ss. Da Rios: "è del tutto chiaro che il grado/tacnc; non è
né tensione né allentamento, perché noi diciamo che quello è immobilità/ript:µiav della voce,
mentre questi ultimi, come abbiamo visto prima, sono dei movimenti"), non lo stesso fanno
alcuni epitomatori, tra cui Aristide Quintiliano De mus. p. 6. 28 s. W.-1. (tamc; ot ronµov11,caì.
atacnc; riic;~e;· tavnic; li: tl6ri Wo, 1XVE<J1çu: 1caì.britamc;), che in questo passo si basa probabil-
mente su fonti tra loro differenti e contraddittorie.
115 Vd. Chrysip. fr. 297 in SVF II, p. 96 von Amim (apud Plut. De Stoic. rep. 1047a-b); Dion Hal.
De comp. verb. 19; Athen. 53a.
116 Per il senso di VaÀÀlllcome "mettere in vibrazione" si veda anche Plat. Phaed.94c, cit. supra
(dove il riferimento alle corde dell'animo sottintende una metafora musicale) e Ps.-Aristot.
Probi. 19. 23, passo in cui la messa in vibrazione di una corda o di una sua parte è studiata ai
fini dell'emissione di suoni d'intonazione tra loro differente.
117 Per la polemica sulla natura della µcrya61c; (intesa da taluni come strumento musicale vero
e proprio, da altri come pratica strumentale di responsione all'ottava acuta - cfr. µaya&çav =
"accompagnare all'ottava"-) si vedano Comotti 1983a e Barker 1988 (posizione ribadita dal-
l'autore in Barker 1997a). Per quanto riguarda la ffTIKtic;, derivando tale termine il proprio signi-
ficato dal verbo JtlfYVUlll(che significa "connettere, costruire congiungendo insieme", di qui JnlK-
tiç➔ "strumento ben connesso"), esso risulta facilmente applicabile a qualsiasi genere di stru-
mento musicale, anche a fiato. Su quest'argomento si veda West 1997.
118 Anacr. fr. 93 Gentili. Gentili (1958) traduce qui pektis come "cetra": nel caso la si accetti,
tale interpretazione non contrasta con il discorso riportato alla nota precedente.
119 Anacr. fr. 96 Gentili. La trad. Gentili (1958) è "cantosull'arpa dalle venti corde ...": per questo
senso del verbo, probabilmente sviluppatosi in un'età successiva a quella di Anacreonte, vd. infra.
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 27

Se infatti la famiglia delle lire utilizzava più spesso (ma non in maniera
univoca) una tecnica esecutiva di percussione con il plettro hq>ooov)120, le ar-
pe erano suonate esclusivamente pizzicando le corde con le nude dita 121, co-
me testimonia anche un frammento aristossenico (apud Ateneo 635b): "se-
condo Aristosseno, la magadise la pektis si possono suonare senza plettro,
pizzicando le corde con le dita" 122• Mostrano connessioni di \j/a.U.co con la fa-
miglia delle arpe autori quali Teleste fr. 810. 4 s. Page (... ò;u+o>voiç1t11tctl&ov
tcj)ttcov/ Aootov uµvov, "sui suoni acuti delle pektides intonarono /
\j/<XÀµ<>Ìç
l'inno lidio") 123 e Diogene Ateniese fr. 1. 9 s. Snell (\j/w.µoìç-rpiyrovrov
1t11tctl&ov
àvnçuyoiç / òì..tcoìçtcpt:tcoooaçµaya6iv, "con pizzichi di trigoni e strappi d'ar-
pe in responsione / facendo risuonare una magadis")124, pur se numerose so-
no le attestazioni del derivato 'lf<XÀµ<>ç (lett. "pizzicamento", "vibrazione",
quindi "suono") 125 che si riferiscono, più genericamente, ai suoni prodotti
dai cordofoni in senso lato 126•
Anche il sostantivo 'lf<XÀ:n\piov è di frequente utilizzato con riferimento
alle arpe : lo storico Apollodoro di Atene chiama così la µaya6iç ("la maga-
127

120 Le testimonianze iconografiche mostrano infatti un differenziazione riguardo all'uso delle


due mani sulla lira, come confermano Apul. Fior.15 (/aeuadistantibusdigitis nervosmolitur,dextra
psallentisgestu pulsabulumcitharaeadmovet)e Quint. lnst. Or. 1. 12. 3: "la destra con il plettro per-
corre (percurrere) alcune corde, la sinistra intanto alcune ne pizzica (trahere), altre ne smorza
(continere),altre ne evidenzia (praebere)". A questo proposito, si vedano anche Bryenn. p. 481. 8
ss. Jonker (cit. n. 567 infra) e Poli. 4. 59, che attribuisce l'invenzione della tecnica percussiva
'senza' plettro a Epigono d' Ambracia (!tpÒnoçrnucpoooaçàvro dtjnpou).
121 'l'cillo> conferma il proprio valore di "pizzicare con le dita" in un passo di Plutarco (De
fratr. am. 485f): "tra le dita della mano, quelle che la natura non ha reso capace di scrivere
(y~vtoç) o di pizzicare le corde (111allovtoç}non hanno meno importanza delle dita che Io
fanno". In Suda 11112,111<iUav indica l'atto di tò ci1Cpoiçtoìç lla1m».01çtwv xop&ì,v1XX1EG8cn.
122 Aristox. fr. 99 Wehrli. Per un'immagine che mostra un'arpista con il plettro si veda
Stockholm 12, riprodotto in Trenddell 1967, pi. 36. 4.
123 O caso di Pindaro fr. 125 Maehler è invalidato dal contesto, il quale chiarisce come il termi-
ne piktis si riferisca (in questo specifico caso) al barbitos:tòv paTqnaxv¼iwe· ò AtojlioçEÙpEv/
!tpÒ)t~ h, &iKV01m Au&òv / ljl~Òv civtl~v U'lfTIÀ.àç
1Ì1C01XJJVJtarnlioç.
124 E chiaro qui come il termine magadis,più che uno strumento, indichi una pratica di
responsione tra due fonti sonore, i trigoni e le pektides(cfr.1' civtl~v di Pind. fr. 125 Maehler,
cit. n. prec.). La correzione tpiyo,v(IJV ltllfflOOJVt'{tl IXVtlçvyoiç di Casaubon, non accettata da Snell,
renderebbe invece il senso del verso "con pizzichi di trigoni g di arpe ...", riferendo il lemma
psa_lmos ad entrambi gli strumenti.
125 Chantraine p. 1284: "pincement de la corde".
126 Ad es. Plut. Alex. 67. 5; id. Pomp.24. 4; Aret. De cur.acut. morb.1. 1. 15. In alcune iscrizioni
(CJG3088) le discipline musicali in cui gareggiavano gli studenti d'età ellenistica sono dette
kitharismose psalmos,rispettivamente "cetra suonata con il plettro" e "cetra suonata senza plet-
tro" (sull'argomento si veda Bélis 1999, p. 25). In Eur. Jon 173 ljl(XÀµOçè detto anche delle corde
dell'arco <111~0, toç(IJV).
127 Cfr. anche Plut. Thnn. 2. 4 (" ... dicendo - il soggetto è Temistocle - di non saper accordare
una lira/J..upavµho àpµooaa8al, né adoperare un'arpa/µetaxapioaaem e De unius in
11JCXÀtTIP•ov)
rep. 827a (ltTIKtillaç. oaµjluKaç Kaì 111cv.tt\pia1toA.~a). Per un valore generico del termine
ll'CXÀtTIP\OV quale "strumento a pizzico", si vedano invece Plut. Ant. 24. 4; id. De virt. mor. 443a;
id. Quaest.conv.713c; Athen. 183d; Sext. Emp. Adv. math.6. 1; Suda Il 110.
28 Le paroledelleMuse

dis è quello che noi oggi chiamiamo salterio") 128, il lessico Suda usa psalterion
quale sinonimo di vaùÀ.ao va:PÀ.a,strumento fenicio suonato senza plettro 129,
mentre nei Problematapseudo-aristotelici (19. 23) tale termine sembra indica-
re il tpi:yrovov,un particolare tipo di arpa a forma triangolare: "infine, nei sal-
teri triangolari (Èv toìç tpryrovoiç 'l'<XÀtTIPiotç),poiché le corde hanno la stessa
tensione, l'accordo di ottava si ottiene quando, per lunghezza, una corda è il
doppio dell'altra" 130.
La circoscrizione di \j/<XÀ.ÀEI.V
alle sole arpe sembra comunque un fenome-
no linguistico abbastanza recente e non univoco, come dimostra l'uso del
verbo inequivocabilmente riferito alla lira in un frammento del V sec. a.C.
(Ion fr. 5 Gent.-Pr.) 131• Probabilmente i x:poooµEvaÒP"f<XV<X (lire) furono oppo-
sti, sulla base della loro più comune tecnica esecutiva, agli Èm\j/a.UoµEVao
(arpe) 132 grosso modo a partire dall'età ellenistica, probabilmente
\j/<XÀ.ttx:<i
proprio grazie alla sistematizzazione organologica operata dalla teoria mu-
sicale. La distinzione a livello terminologico di una duplice prassi esecutiva
possibile, fin dall'età classica, su strumenti della famiglia delle lire è infatti
ribadita dall'espressione erodotea x:t8apiçtiv tE x:aì \j/a:UEtv133 e da un passo
di Platone: "e quando afferri la lira, io credo, né tuo padre né tua madre ti
impediscono di tendere e allentare la corda che vuoi, e di pizzicarla con le
dita ('lfTIÀ.al)e percuoterla con il plettro (x:pouav tq>JtÀ.tjx:tpq>)"134 • Si noti inol-

tre che, quando il verbo \j/<XÀ.ÀEI.Vviene riferito alle lire, il contesto preferen-
ziale in cui esso compare è quello relativo al simposio: si vedano, ad esem-
pio, alcuni passi di Plutarco, tra cui Per. 1. 6 (Èv tt 1totq>'l'TIÀ<XVta),Pomp.36. 3
(mpà JtOtov'l'TIÀ<XVta),Arat. 6. 4 (mxpà Jtotov \j/a:UEtv) e An seni resp.ger. 785f

128 FGrHist 244 F 219 (apud Athen. 6360. In Etym. Magn. p. 817. 36 Gaisford, 'l'IXÀtllptov vale
impcÌ tÒ 11/ailoµEv« tTJpÈiV.
129 Suda 'Il 15: 1f'llÀt1lPtOv·
òpyavov µmxmcov, iiltt'p 1Caì.va'Ì>ÀaKllÀiitm. Cfr. Strab. 10. 3. 17 e
Hes1ch.v2.
1 Cfr. Etym. Magn. p. 765. 13 s. Gaisford: Tpiyrovoç<iporvmìiç,µ000\ICÒV òpyavov,11'a.Àt11Piq>
TIÌV
~apt11<Tlvòµoiav f:xov.La traduzione di Marenghi (1957) interpreta il passo pseudo-aristotelico ci-
tato sopra nel testo in senso leggermente diverso, leggendo tpiyrovovcome sostantivo e 11'a.Àt1lP\OV
quale aggettivo (con il senso specifico di "strumento utilizzato per l'accompagnamento"): "nel-
le arpe adibite ad accompagnamento" (trad. it. p. 49). Per questo senso del verbo 1f'<XÀMI>, vd.
infra.
131 Cit. supra. L'uso del verbo ljl<iÀMI>nel frammento 5 Gent.-Pr. di Ione di Chio ha erronea-
mente portato alcuni studiosi ad indentificare l'év&:1Caxop& À.upacon un'arpa (cfr. Maas-Mcln-
tosh Snyder 1989, p. 154).
132 Poli. 4. 58 (cit. n. 213).
133 Hdt. 1. 155. 4. Cfr. Dion. Hai. De comp. uerb.25: o\ n8apiçnv u 1Caì. miwv à1Cpcoç rillouç.
134 Lys.209b (vd. Schol. ree.Plat. Lys.209b, p. 458 Greene: 1f'TIÀ.al
tò avru lrÀT1npovtcp&xmÀ.q> tàç
xopooç ~). In Plut. Ant. 56. 8, Quaest.conv.713e, An seni resp.ger.785f, i verbi romuw e
~ vengono utilizzati per indicare la totalità dell'espressione musicale realizzata su stru-
menti a fiato e a corda:" ... una sola isola per molti giorni echeggiò del suono di auli e lire (rotTl'l-
1C~)"(Plut.
À.Éito 1Caì. Ant. 56. 8).
1. La lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 29

(1Cata1CÀ.ivavtEç àà KatmvaU.o~ov Kaì. KatauA.Ou~ov). Anche lo


E'Ùo>Xll<JO~
(lett. "suonatore di strumento a corda pizzicata") è l'esecutore stru-
'l'aÀ.tTI<;
mentale tipico di tale contesto in Plutarco Quom. adul. 67f, Reg. et imp.
apophth.179b, De Alex. 334c-d, Quaest.conv. 634cll5. Tutto ciò sembra sugge-
rire che la pratica esecutiva d'accompagnamento al canto privilegiata in con-
testi semi-privati come i banchetti fosse proprio il pizzicamentodelle corde
(...on- se. ò 'l'aÀ.tTI<;-&x1Ct'UA.Otçn8apiça) 136 e non la loro percussione(Kpomv)
con il plettro , non essendo necessaria in tale ambito una sonorità troppo
137

spiccata dello strumento (così come, durante il simposio, i suonatori o suo-


natrici di aulo non erano soliti indossare, secondo quanto evidenziato dalla
totalità delle fonti iconografiche, la phorbeia,appannaggio dei professionisti
nelle competizioni pubbliche).
Un ulteriore derivato di 'l'aÀ.À.Elv che assume connotazioni sodo-antropo-
logiche alquanto precise nella gran parte dei contesti letterari in cui compare
è 'l'aÀ.tpta (femm. di 'l'ciÀ.tTlc;),
lett. "suonatrice di strumento a corda pizzica-
to", più genericamente "arpista". La prima attestazione del sostantivo si tro-
va in un frammento tragico di Ione di Chio, in cui la regina Onfale esorta le
musiciste di corte a cantare e suonare per l'ospite: "Orsù, arpiste di Lidia
(Au&xì 'l'aÀ.tptm), voi che cantate / inni antichi, rendete onore all'ospite" 138•
Frequente è l'associazione di 'l'aÀ.tptm e aÙÀ.Tltpi&ç(lett. "suonatrici di aulo")
per indicare un'occupazione non particolarmente nobile quale è quella delle
'intrattenitrici da simposio' 139, ad esempio in Platone Prot. 347d: "dove ci
sono commensali dotati di personale virtù e di spirituale formazione, non ti
accadrà di vedere né suonatrici di aulo (aùÀ.T1tpi&xç) né danzatrici (ÒPXTl<Jtpi-
&xç)né arpiste ('l'aÀ.tpiaç)". Tali musiciste erano vere e proprie professioniste

135 In Plut. Apophtheg.Lac. 218c, lo 'lf(J.À.tllçè distinto dal nllapqJ1ioç. Per un senso più generico
di 'lfllÀ.tTlçquale "musicista", vd. Plut. Apophtheg.Lac.220a, 220f, 223f-224a.
136 Plut. Apophtheg.Lac.233f.
137 Tipica di citarodi e citaristi professionisti. La compresenza di più tecniche di esecuzione
strumentale sulla lira è confermata in un passo del Leucippee Clitofontedi Achille Tazio (1. 5. 4):
"Prima con le sole mani (ljllÀmç ... taiç xqxri) strapazzò e percosse (h:pou) le corde; facendole
risuonare alquanto, sussurrò leggermente un piccolo motivo strumentale (n icpouµanov)con le
dita, e dopo questo percosse le corde con il plettro (tq>Mt\ictpq,tàç xopllàç ticf)01lE) e, dopo aver
suonato la cetra per un altro po', accompagnò le note dello strumento con la voce (ero~&: toiç
icpo,iµacn)".
138Ion fr. 22 Snell (apud Athen. 6340.Cfr. Sudaµ 1303: Mooooupyoi· 11'aÀ.tp1m. Ai lìÈ:µooooupyoì
~• ,ìaav yuvaiuç.
1 Che tali figure fossero etère, pur altamente specializzate, è confermato da un passo di Teo-
pompo (FGrHist115 F 213 apud Athen. 532c): " .. lui (il soggetto è Carete), che quand'era in guer-
ra si attorniava di auletridi e arpiste e di comuni etère (auÀ.ritpi6aç icaì 'lfaÀ.tpiaç icaì uçàç
Éfflipaç)". Per questa stessa accezione (negativa) del termine, si vedano anche Plut. Agis 33. 4;
id. Reg. et imp. apophtheg.173c; ibid. 180e; id. Quaest. conv. 616a; ibid.643b, 644c (dove la psaltriaè
detta~) e 710e; id. Amai. 760c. Per un uso più generalizzato di tale appellativo si veda
invece Suda o 108, dove il lemma è riferito alla poetessa Saffo.
30 Le paroledelleMuse

altamente specializzate (e, pare, anche alquanto costose) 140 , ritenute corredo
indispensabile di un banchetto, secondo quanto conferma un frammento
menandreo riferito nei Deipnosofistida Ateneo:" ... agli dei porto una pecora,
a mala pena / sufficiente, comprata per dieci dracme, / e prendo invece
queste suonatrici di aulo, profumo e arpiste (aÙÀ.'fltpi&xç ... icaì 'f'aÀ.tpiaç), /
vino di Taso, anguille, formaggio, miele: / il tutto equivale a meno di un ta-
lento, ed è in proporzione" 141 . La prostituta-musicista diverrà una delle pro-
tagoniste tipiche della commedia di mezzo e della nea(e cosi anche della pal-
liata o togatalatina) 142 . Numerosi i titoli di commedie quali Kt8apicnpta 143 ,
144 145
AÙÀ.'fltpiç/ AÙÀ.'fltpi&ç e 'f'ciì..tpta ; ancora, \ffciÀ.tpta è l'appellativo di una
prostituta in uno dei DialoghidelleCortigianedi Luciano 146•
Diverso sembra essere il significato del composto xopO\lfciÀ.tpta in una
iscrizione del II sec. a.e. del teatro di laso 147 , dove si testimonia l'ingaggio,
da parte dei due coreghi Pito e Apollonio, della musicista Cleino, figlia di
Evandro, in qualità di choropsaltria per uno spettacolo di imprecisata natura.
L'interpretazione più probabile di questo passo è quella secondo cui la gio-
vane accompagnò con il suo strumento (più probabilmente una cetra 'pizzi-
cata')148un coro di fanciulle o di bambini, in quanto era ritenuto sconvenien-
te per una donna libera accompagnare un coro maschile .
......
Particolarmente interessante è lo sviluppo semantico subito da 'f'CXÀ.À.CO e
dai suoi derivati nella tradizione cristiana a partire dalla traduzione dell'an-
tico testamento in greco dei Settanta (III sec. a.C.). Il senso del verbo diverrà
ÈV teì>
infatti quello di "cantare inni al Signore" ('lf<iÀ.À.El.V òvoµati nvoc;), men-

140In Aristot. Ath. 50. 2 uno dei compiti dei dieci ciaruvoµm, i commissari preposti all'edilizia
e alla polizia urbana in Atene, è proprio quello di controllare i guadagni di IXÙÀ.fltpi&:ç.V<iÀ'tPl<Il
e n8apicnpl<Il. In proposito, dr. Athen. 526b-c: " ... stabilirono con una legge ancora in vigore ai
nostri giorni che le suonatrici di aulo, di arpa (1jl<XÀ.tpiaç)e le altre che esercitano attività di que-
sto genere ricevessero il compenso per le rappresentazioni musicali dal mattino a mezzogiorno,
e da mezzogiorno fino all'imbrunire".
141 Men. fr. 224 K.-A. (apud Athen. 146d)
142 Come testimoniano Terenzio (Adelph. 388, 476, 558 ss.) e Titinio, autore di una fabula togata
intitolata Psaltria(o Ferentinatis).
143 Anaxandr. fr. 24 K.-A.
144Diod. fr. 1 K.-A.; Antiph. fr. 50 K.-A.; Men. frr. 64-73 K.-A.; Phoen. fr. 1 K.-A.
145 Drom. fr. 1 K.-A. (apud Athen. 240d e 409e), citato nell'ambito di un discorso che ha per
~omento la figura del parassita; Eubul. fr. 116 K.-A. (apudAthen. 460e, cfr. Bélis 1999, p. 48 s.).
46 Luc. Dial. Meretr. 12. 1: "ora, sdraiato accanto a me, facevi le lodi di Magidio, l'arpista"
(~ria Ioessa rivolgendosi al suo innamorato Lisia).
147SIG 689. 3.
148Cfr. CIG 3088,cit. supra n. 126. Per una discussione sulle diverse interpretazioni dell'iscri-
zione si veda Bélis 1999, p. 53.
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 31

tre ww..µoç assumerà il senso di "canto sacro" 149, dando poi il titolo (ww..-
fllptov) alla raccolta di quelli che noi ancora oggi chiamiamo "salmi".
La via che porta a tale slittamento semantico poggia certamente sul
senso di "canto accompagnato" che psalmosviene gradualmente ad assume-
re già in alcune occorrenze della tradizione letteraria pre-cristiana 150, ad es.
nel Reso pseudo-euripideo (360 ss.): "di nuovo l'antica Troia celebrerà per
tutto un giorno i conviti di vino e d'amore, con canti (ww..µo"icrt) e coppe fatte
girare a gara" 151•
Altri passi, tradizionalmente interpretati quali testimonianze del valore
di w<VJ..t:tv= "pizzicare", si prestano ad un lettura in questo senso: si veda,
ad esempio, Erodoto 1. 155. 4, dove l'espressione Kt8apiçetv TEKaì.'lfaÀÀEtv
potrebbe essere interpretata quale endiadi per indicare l'atto di "suonare la
cetra e cantare" (un po' come l'omerico Ki8aptv Kaì.ò:mlh\v)152; oppure un
verso degli Edonidi Eschilo, in cui ww..µoçè molto più probabilmente riferito
alla voce che al suono prodotto da uno strumento a corda, secondo quanto
suggerito dal contesto rituale dionisiaco: "l'uno, avendo tra le mani auloi dai
suoni gravi (fk>µ~uKaç),/ frutto del lavoro del tornio,/ riempie una melodia
evocata dalle dita, / uno strepito che suscita follia, / l'altro fa vibrare i cim-
bali ricoperti di bronzo / ... si leva un grido (ww..µoç6' <ilw..ciçn); / da qual-
che luogo misterioso risuonano voci / minacciose che somigliano al muggi-
to dei tori (i.e. il rumore prodotto dal rhombos),I e si effonde tremenda da
un timpano/ l'immagine di un tuono sotterraneo" 153•
La compresenza di 'canto' e 'suono (pizzicato) d'accompagnamento' sem-
bra sottintesa, più o meno esplicitamente, nella gran parte dei contesti in cui
compaiono wwJ..roe i suoi derivati, ad es. in Frinico fr. 11 Snell ("intonando
canti che rispondono a pizzichi strumentali", ww..µo"icrt ò:vTi.cr1tacrT'
ò:Eioov·m;

149 Il greco psalmostraduce l'ebraico mizmorche, nella tradizione ebraica, indicava un inno canta-
to accompagnato dall'arpa (New Grave,s.v.).Su questi argomenti si veda Calderon Dorda 1999.
150Etym. Magn. p. 817. 20 ss. Gaisford: ljlaì..µ6ç·llvoµa WtÀ.oÙv
npoamopuc6v· ì..tyEtmyàp Kal qiol\
(ma si veda anche Ion fr. 22 Snell, cit. supra).
151 Barker 1984, p. 83 n. 137, fa notare come "the term carne to have the sense 'song sung to
the accompaniment of string', 'psalm', only much later", ed interpreta psalmoisicome pluckingof
strinKS,
151Cit. n. 271 infra.
153 Aeschyl. fr. 57 Radt. Sull'espressione -ra~ot µìµot (cioè -rmiprov~OµÉV(IJV µtµl\auç,
"imitazioni della voce taurina") si vedano Else 1958, p. 75, e Gentili 19892, p. 69 n. 12. Sul
poµf36ç,strumento che consiste in una tavoletta legata ad una fune fatta roteare nell'aria, ricor-
dato da Euripide Hel. 1362 e da Archita fr. 1 D.-K., si veda Gow 1934.
154 Qui il riferimento ad una pratica antifonale è suggerito dell'aggettivo <ivrlanaam, come in
Soph. fr. 412 Radt (apudAthen. 183e): noÀùc;& ci>pùç-rpiywvoç<ivrlanaam tt / Au6ijç t♦uµvtì ltYJK-ri-
lioç mrrxop6ia ("forte risuona il trigono frigio in responsione / armonica con la pektis lidia"). Ma
si cfr. ancora la definizione (già cristiana) di psalterium che dà Isidoro di Siviglia nelle sue
Etymol.(3. 22. 7): psalterium,quodvulgocanticumdicitur,a psallendonominatum,quodad eius vocem
chorusconsonandorespondeat.
32 Le paroledelleMuse

µfì.:J'l)154 o in Plutarco De Alex. 331e, dove \jlw..À.roindica chiaramente l'accompa-


gnamentoal canto 155: "ma la lira di Paride intona un'armonia assolutamente
molle e femminile d'accompagnamento a canti d'amore" (ii & Ilaptooç
1Uivtroc;
µw..atjv tt va KOO.
9tlÀaav apµoviav Èpom Koìç È\jl<XÀÀE
µÉÀEcn).
È quindi probabile che psalmos,dal senso di "suono che accompagna il
canto" (prevalentemente simposiale), sia gradualmente passato ad indicare
la pratica musicale del "canto accompagnato" tout-court156: si ricordi che,
nella tradizione ebraica, l'esecuzione di salmi era realmente accompagnata
da uno strumento, pratica poi abbandonata dalla tradizione cristiana.
Mantengono invece un senso specifico di 'accompagnamento' ad una melo-
dia i composti Èm\jl<XÀµOç(citato da Tolemeo come una delle tecniche esecuti-
ve impossibili da effettuarsi con il monocordo) 157 ed Èm\jlall.Etv, attestato in
Plutarco Quaest.conv. 713b ("suonando un accompagnamento ai canti e ai
ritmi con strumenti a corda e a fiato", µÉÀE<n Kaì pu8µoìç Èm\jla.Uovu:ç K<XÌ
Katauwùvu:ç) 158 e Filone Jud. Somn. 37, dove il contesto è però già cristiano:
" ... che gli inni cantati in onore del padre di tutte le cose abbiano un accom-
pagnamento musicale" (µoumKroç Èm\jla.Uovtm) 159.

d. La percussione dellecordecon il plettro:il camposemanticodi Kpooo

Kpooo,verbo di matrice indoeuropea nasce con il significato letterale di


160,

"percuotere, battere", ed è proprio in relazione ali' atto della percussionedelle

155In Suda µ 1303, le psaltriai!tpO<J~ tCÌ>vaì.µéi>.Il passo continua poi chiarendo il senso
che il termine psalmosassume rispettivamente presso i greci (dove esso è eseguito "durante il
canto", ltpÒç TIÌV<i,61\v)o presso i barbari, che lo utilizzano invece quale "intonazione" al canto
(oloçtvMcnµoç'ri:iqxì,:i- per questo valore di tvMcnµoç vd. n. 579 -).
156 Si veda, ad esempio, l'espressione,; µtv yàp lltpÌ ljlaì.µoùç JCaì.~Wl"f'(Eç érpµovia ('1'armonia
di canti e phorminges")in Plut. De amic.mult. %e.
157 Ptol. Harm. p. 67. 6 ss. Diiring: "così che (se. il monocordo) è privato dei più bei vantaggi

della tecnica manuale, come l'accompagnamento pizzicato (bn111CXÀf!OÙ), la percussione simultanea


di note (auy1Cpoootwç),il movimento melodico per moto disgiunto ascendente (àvaffÀ<>riiç}e
discendente (JCataltÀOriiç}, il prolungamento di suono (o il legato,O"llpµatoç)e tutti i salti melodiò
ottenuti attraverso note non contigue". Compare qui anche un composto di JCpooo> (vd. infra),il ter-
mine O"U"flCpoucnç,che alla lettera indica l'azione del "percuotere insieme". Diffiòle risulta stabilire
se questo tipo di tecnica producesse l'effetto di un trillo (così intende Diiring 1934, pp. 245-247) o
se con questa espressione l'autore volesse sottindere la produzione simultanea di due note diverse
tra loro nell'esecuzione strumentale (cfr. le occorrenze di O"U"(ICpooo> nel Commentariodi Porfirio,
dove la produzione simultanea di più note ha lo scopo di verificare consonanze e dissonanze).
158 Cfr. Soph. fr. 60 Radt mi;bnljlllilnv IMTJvu: JCaì. ~uvaullav. Per un valore di JCatauÀ.Ém come
"accompagno con l'aulo" si vedano Eur. HF 871; Ptol. Harm. p. 67. 19 Diiring; Dion. Hai. Antiq.
rom.2. 19.
159 Per un valore più generico di Dtlljl(IÀÀO>come "suonare uno strumento a corda", vd. Philo
Jud. Immut. 25 (1Cpou:ìvJCaì.bn~v tµµù.roç).
160 Chantraine p. 588: "On pose ì.-e. •qrous-".
1. LAlingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 33

corde con il plettro 161 che inizia ad essere utiliz«ito in contesto musicale a par-
tire dal tardo V sec. a.e. (per poi estendersi all'esecuzione strumentale in
senso lato). La valenza musicale di Kpooo.v è quindi affine a quella di altri
verbi quali 'f'aÀÀElV,1Cpbmv162e àpaaaav 163, cioè profondamente legata ad un
atto pragmatico dal cui legame tale verbo non si svincolò mai del tutto.
Le prime occorrenze della radice *Kpou- con valore musicale sono quelle
del derivato verbale Kpoùµa (lett. "percussione" del plettro sulla corda, quindi
"suono" prodotto dallo strumento) 164, il quale compare in contesti letterari già
intorno alla fine del V sec. a.e. La testimonianza più antica, 'Acn~ Kpouµata
("i suoni della - se. cetra - asiatica"), giunta a noi attraverso una fonte papira-
cea165 che ha confermato la testimonianza di tradizione indiretta dell' Etymolo-
gicum Magnum166, è il fr. 64 Austin dell'Eretteodi Euripide 167, il cui contesto di
appartenenza all'interno della tragedia risulta però sconosciuto 168• Si tenga
presente che, nell'ambito della produzione euripidea (e non solo)169, è possibi-

161 Tecnica più spesso utilizzata in relazione a sbumenti della famiglia delle lire (vd. nn. 120 e
137 supra). In proposito si vedano Plat. Lys.209b (cit. supra); Clem. Alex. Paed.2. 4. 41, 4 (ù:1'1lCtJX!l
ICpol)Ot.LEVOV); Sclwl.vet. Pind. Nem. 5. 42a, voi. m P· 94 Drachmann (ò 'A1riiU1tNn8c:ipav~V tq>
icpourov);Sclwl.ree.Pind. 01. 6. 143, p. 230 Abel (&à t11ç~ toù d1\ictpou).
1tÀ:1\ictpq>
162 Vd. n. 185.
163Orph. A,g. 382: n8cipTivµEtà xqxnv Ò4)oo<J<OV. Per un valore più esteso del verbo si veda Non.
Dion. 1. 15: 1touci.ì.ov iiµvov Ò4)ooam("canto un inno variopinto accompagnandomi con la cetra").
164 Kpoùµa è derivato verbale di icpooo creato con l'aggiunta del suffisso indoeuropeo •m +
nasale sonante ➔ µa, largamente sviluppato in greco nella categoria dei neutri con ampliamen-
to in dentale, che indica il risultato dell'azione del verbo (dr. Chantraine 1979, p. 175 ss.).
165 PSorb. 2328 (fr. 64 Austin = fr. 23 Carrara).
166Etym. Magn. p. 153. 32 ss. Gaisfoni: 'Amwloç icpouµata, tT]çn8apaç. o&tmi; 'Apltn~ç cl,u:,
Jtapq>&àv tò tl; "F.pt:x8tfoc;Eùpun&ro ("i suoni della cetra asiatica: cosi disse Aristofane facendo una
parodia dall'Eretteo di Euripide"). Cfr. Aristoph. Thesm. 120 s.: "E celebro anche Latona e i suoni
della cetra asiatica, ben in acconio al mio piede ...". La cetra a cui Agatone, protagonista di que-
sta monodia, si riferisce è - secondo l'antico scoliasta - quella di Apollo, con un'allusione alla
n8c:ipav µattpa iiµv<OV citata da Aristofane nei versi successivi (Sclwl.Aristoph. Thesm. 121, p. 265
Diibner). Resta però inspiegato perché l'autore citi Euripide per parodiare Agatone: con tutta
probabilità l'espressione 'Amciooç1Cpouµata sottintendeva una determinata forma musicale, sug-
gerita al momento della rappresentazione dall'accompagnamento sbumentale.
167 L'ipotesi di datazione dell' Eretteooscilla tra le Grandi Dionisie del 423 e quelle del 422 a.C.
In Rroposito si vedano Carrara 1977, p. 15 dell'introduzione, e Webster 1967, p. 127.
68 Secondo Webster 1967, p. 128 n. 19, questo frammento proviene da una preghiera ad
Apollo contenuta nella parodo. Non cosl la pensa Carrara 1977, p. 31, secondo cui "è difficile
affermare, come negare, che un frammentino come'Amwloç icpouµata derivi appunto dall'in-
gresso del coro". Anche con l'aiuto della metrica non è facile individuare il contesto in cui inse-
rire il frammento, che potrebbe far parte sia degli anapesti di una parodo, ad esempio - u u -
- u u < -u u- > (per un verso di questo tipo, dr. Eur. Iph. T. 149) oppure <u u > -u u-
- u u < - u u > (ibid. 176), sia di una sezione lirica (cosi farebbe supporre l'uso che dell'e-
spressione fa Aristofane, inserendola in una monodia lirica).
169 Eur. Cycl. 443 s. (Aty', (ix; 'Ama&>çOÙICav i\6tov ~V I n8apaç ICÀ,OOlµEV ~ KulCÀ.oJlt'
ÒÀ.O>ÀO'ta);
id. Hyps. fr. 64. 101 Bond (µoooav µi n8apaç 'Ama&>ç&O<icJntcn); Aeschyl. fr. 451e. 7 Radt (. .. Jaç
'Am®[ ... , che è forse possibile integrare come <n8ap>aç 'Ama6<oç>); Strab. 10. 3. 17 (citando il
verso di un poeta sconosciuto: n8apav 'Amàuv po.c,a<OV - si noti l'uso di po.c,am= "percuoto",
affine a quello di icpooo>-).
34 Le paroledelleMuse

le trovare numerosi focisimilesi quali suggeriscono che l'appellativo 'asiatica',


per la cetra, fosse alquanto comune nell'antichità 170: ciò sembrerebbe confer-
mare l'ipotesi relativa all'origine orientale dello strumento, già avanzata dalle
fonti antiche 17I e ripresa in tempi recenti da alcuni studiosi moderni 172•
Se il rimando di Kpouµata ai cordofoni sembra essere fuor di dubbio nel
frammento di Euripide, non cosi certa è l'interpretazione del fr. 121 K.-A.
dei Demi di Eupoli173: totaùta µÉvtot vtyÀapru(OvKpouµata ("vibrando suoni
strumentali di questo tipo"). Il contenuto musicale del frammento potrebbe,
in via di ipotesi, far parte di una più ampia critica dell'autore nei confronti
delle innovazioni musicali sviluppatesi nella seconda metà del V sec. a.C.,
tema alquanto caro alla parodia comica 174, alle quali Eupoli poteva avere in
qualche modo collegato, nei versi a noi mancanti, il decadimento politico di
Atene 175• Tale ipotesi è ventilabile principalmente sulla base della presenza
del verbo vtyÀ<lpeuoo,le cui rare occorrenze in ambito letterario appaiono
sempre correlate (così come avviene per il suo interpretamentumtepeti.çoo)176
alle ornamentazioni e fioriture che costituivano la 'rivoluzione' operata da
questa cerchia di musicisti-poeti1 77, senza che vi sia implicito alcun riferi-

170 Webster (1967, p. 18) vede in tale epiteto un complimento o quantomeno un riferimento al
milesio T1moteo, il più famoso tra i poeti-musici del cosiddetto 'ditirambo nuovo'. Come però si
può ben vedere dagli esempi sopra citati, l'espressione era piuttosto abituale nel linguaggio poe-
tico. Un'interpretazione che collega l'appellativo 'asiatica' al culto dionisiaco è offerta da Burkert
1994, in relazione al frammento dell' lpsipile(cit. n. prec.): la cetra asiatica è, in quel caso specifico,
la cetra tracia di Orfeo, che istruisce Euneo, figlio di Giasone, nell'arte delle Muse.
171 Duris FGrHist 76 F 81 apud Ps.-Plut. De mus. 1133c:"la forma della cetra fu inventata all'e-
poca di Cepione, il discepolo di Terpandro: fu detta Asiatica perché la utilizzavano i citarodi
Lesbii, che abitano in Asia".
172 Cfr. Guillemin-Duchesne 1935; Duchesne-Guillemin 1967; id. 1995.
173 La commedia, rappresentata nel 412 a.C., presenta la scena dei grandi politici ateniesi che,
nell'oltretomba, discutono su chi di loro debba tornare in vita per risolvere la difficile situazio-
ne in cui versa la città dopo la spedizione siciliana.
174Cfr. il celeberrimo fr. 155 K.-A. del Chironedi Ferecrate, o le numerose critiche allo speri-
mentalismo musicale che si ritrovano nella produzione di Aristofane.
175 Si veda l'esempio del fr. 81 K.-A. dei Baptaidello stesso Eupoli, per il quale è stata proposta
una lettura che fa rientrare nella violenta critica dei costumi corrotti di Alcibiade, tema centrale
della commedia, la critica allo sperimentalismo del nuovo ditirambo (cfr. Velardi 1982-1983).
176 Cfr. cap. 3. Per una sostanziale identità di significato tra vty~ e upcnçro nella lessico-
grafia antica, si vedano Hesych. v 559 (vtyÀ.aj)t\>(IJV· upcnçrov); id. v 560 (viyAapOl, IIEj)UV((lKpou-
aµa-ra); Phot. p. 447 Naber (vtyÀ.aj)t\>(IJV· upcnçrov· l((l\ ò viyAapoç· 1Cpovµattritç OUXì..ÉICtOU
ovoµa);
Phot. ibid. (viy>.ap0i· upcnaµata l((l\ IIEj)u-pyalCj)OlJOll(Xta);
Suda v 366 (viy>.ap0t· tà upcnaµata l((ll
IIEj)W';.a1Cpouµata).
1 Cfr. Pher. fr. 155. 26 ss. K.-A.(Èl;apµoviouç ÙIIEj)P<,Aaiouç t' avootouç / 1CaìvtyÀaf)Ouç. <OOltEp
u:
tàç ~ouç OÀTJV/ KaµltCÌ>V
µE 1Cauµrotmot); Phryn. fr. 74 K.-A. (<Km Vl>"(Àapouç 8plJvriv. tv o,m
Aaµxpoç Èvwtt8vl]a1CEV
..., con integrazione di Bergk).A questo proposito, si veda Restani 1983, p.
189: "con esso (se. viy>.apoç) viene espressa una delle innovazioni esecutive più caratteristiche di
tale scuola: la fioritura vocale o strumentale all'acuto, nata come abbellimento". Altri passi let-
terari attestano una compresenza di 1Cpouµame upcnaµata, come Luc. Nigr. 15, id. Salt. 2 (citt.
infra cap. 3) e Clem. Alex. Paed.3. 11. 80, 4.
1. La lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 35

mento ad un determinato strumento 178• In questo caso il contesto non forni-


sce, quindi, elementi sicuri per una traduzione di Kpouµata come "suoni
prodotti da una lira o una cetra".
In effetti il valore musicale di Kpouco aveva probabilmente già esteso in que-
st' epoca il proprio campo semantico anche ai suoni auletici, come testimonia il
cannenpopulare878 Page, citato dagli scolli in margine al v. 940 dei Persianidi
&chilo 179: au}.n Maptav6uvoìç KaA.aµotç Kpo1XIJV'Iaati ("suona gli auli Marian-
dini, intonando la harmoniaionica!") 11ll. Il passo di Eschilo, citando la "voce di
Mariandino piangente" (Mapiav6uvoù 8pTJVTJ'tTlpoç} 181, presuppone l'esistenza di
una tradizione arcaica di questo motivo folcloristico, mentre l'uso in contesto
trenodico dell'armonia ionica trova un parallelo in un verso delle Supplic,182,
elementi questi che sembrerebbero confermare una datazione abbastanza alta
del carme. Se così fosse, lo slittamento semantico di Kpo00>dal significato lette-
rale di 'percuotere' la corda a quello più generico di 'suonare' qualsiasi tipolo-
gia strumentale anticiperebbe cronologicamente il processo di astrazione del
linguaggio musicale che troverà pieno sviluppo soprattutto a partire dall'età
ellenistica 183 • Si tenga presente che anche negli Uccellidi Aristofane si ritrova lo
stesso uso, in relazione a strumenti a fiato, di un verbo (KpÉICElv)molto affine a
Kpomv 184: Kalltfk>av KpÉKooo' aù'Ai,v, '1'aulo armonioso facendo cantare" 185.

178 La testimonianza di Giulio Polluce 4. 83 annovera il lessema viy).apoç tra i suoni auletici,
ma è cronologicamente troppo tarda per costituire una sicura fonte di interpretazione per il
passo in questione (si confronti, a questo proposito, l'articolato sviluppo semantico subito dal
lemma u:pt"'riçro, oggetto del cap. 3).
179 Schol. M Aeschyl. Pers. 940, p. 252 Dahnhardt.
llll Accetto nel testo la correzione di Wtlamowitz aiiÀ.Elin luogo di (l\)Àn (il cannen è chiaramen-
te un'esortazione all'esecuzione musicale). Per quanto riguarda la costruzione, preferisco far
dipendere il dativo Maptav6uvmç Ka).àµmç dal verbo (l\)).É(l) (cosi anche Campbell 1988, p. 263)
piuttosto che da Kpooo>,che regge in genere l'accusativo (come in Luc. Abdic. 22. 21: niv& µiv 't'TIV
tmm,v & µtj), se si esclude l'unico esempio di Athen. 636d (cit. infra n. 223).
cipµoviav K'f)O\lt'.,
181 Il lamento dei Mariandini, popolazione che abitava l'area costiera della Bitinia orientale,
prende il nome dal mitico personaggio di Bonno, antico eroe figlio di Tizio ucciso mentre stava
cacciando, la cui scomparsa è oggetto del 8privoç:per questo motivo gli auloi conosciuti come
Mariandini erano considerati particolarmente adatti alla trenodia (Alexiou 1974, p. 58 ss.).
182 Aeschyl. Suppi. 69 ss.: "Cosi anch'io, desiderosa di lamenti, su toni ionici ("laovioto-1
voµo1m) / consumo la morbida / guancia".
183 Si noti che anche l'aulo viene detto 1toÀ.UX<>pooç già da Platone Resp.399d, con estensione
semantica di X~'l al valore di "nota, suono".
184Suda K'2366: Kpé1CE1v· Km K'pt:KòvtllJII,KpooovtllJll 't'TIVn8apav.
185Aristoph. Av. 682. Per un più antico uso di K'pÉK'EIV in relazione ad uno strumento a corda, si
veda Aie. fr. 303a. 4 V. (xop&nmlitaKpt:ICT)v). In realtà, i lessici antichi glossano KpÉlmv più volentieri
con 11Xrivche con K'f)OUEIV (Suda E 603: ÈK'pt:na· àv-ntou 11Xn;ibid. K' 2368: KpÉKro·tò TtXÌÌl;Etym. Magn.
p. 506. 1 s. Gaisford: ICEf)riç... Jtapà tò Kpénw. oÈ<mv TtXnv). Studi recenti hanno infatti ripristinato
un valore del verbo che non è propriamente quello di "to strike a stringed instrument with the
plectron" (LS/ s.v.) ma, in primo luogo, quello relativo al "risuonare, TtXnv, della ICEf)riçsul telaio"
(Restani 1995b, p. 97) e, attraverso l'immagine metaforica della tessitura, quello relativo al risuo-
nare di uno strumento musicale in senso generale (Mclntosh Snyder 1981,p. 194).
36 Le paroledelleMuse

Le ragioni ipotizzabili per l'impiego, in connessione con l'aulo, di questo


corpusdi verbi etimologicamente relativi alla percussione sono molteplici. In
primo luogo va ricordato il processo di estensione semantica del vocabolario
musicale proprio dei cordofoni, alla base di gran parte della terminologia
tecnica 186e testimoniato in relazione a Kpoùµa da Plutarco: "le invenzioni più
recenti utilizzano i termini stabiliti per le più antiche; così dicono che l' aulo
è accordato 187e chiamano kroumatai suoni dell'aulo, prendendo il
(T1pµoo8oo.)
nome dalla lira" 188• Un'altra ipotesi, per la verità poco attendibile in mancan-
za di riscontri espliciti nelle fonti riguardanti la prassi esecutiva auletica,
suggerisce un uso letterale della radice •Kpou-, atta ad indicare "i colpi di lin-
gua sull'ancia, per determinare i battiti su di essa e il relativo giuoco d' a-
ria" 189. Personalmente, più che ad uso letterale della radice in relazione ad
un'azione percussiva operata sull'ancia dello strumento, penserei piuttosto
al possibile collegamento tra l'uso musicale di Kpouroe il principio alla base
della teoria acustica antica che trattava tutti i suoni, musicali e non, come il
prodotto di un impatto (1tÀTJY11) sull'aria 190 (nel caso dell'aulo e della voce
umana l'oggetto che colpisce l'aria è lo 1tVEÙµa)1 91. Nell'ambito di questa vi-
sione, denominare i suoni musicali "percussioni" apparirebbe perfettamente
legittimo. Le difficoltà che rendono però tale ipotesi, pur suggestiva, in certa
misura opinabile sono due. Prima di tutto il fatto che il valore di •Kpou- restò
sempre circoscritto al campo strumentale (in una visione di questo tipo, il
termine tcpouµata avrebbe dovuto indicare anche i suoni prodotti dalla voce
umana). In secondo luogo la considerazione che le testimonianze più anti-
che di quest'uso semanticamente esteso della radice •Kpou- compaiono in

186Si pensi alla nomenclatura delle note, appellate secondo la posizione delle dita sulla lira
(vd. supra).
187 Da apµoç(I) (= "accordare") viene il valore di apµovia= "accordatura", di qui "scala" (dr.
supra, p. 2).
188 Plut. Quaest. conv. 638b-c. Cfr. Anth. Pal. 16. 8: "Più non potrai nella Frigia nutrice di pini
cantare/ su ben forate canne modulando (Kpoùµa 61' ru-rptjt(l)V ~oµEVoç oovaK(l)V); / nelle tue
mani non più si vedrà l'istrumento d' Atena, / figlio di Ninfa, Satiro, fiorire. / Ceppi ti serrano
adesso le mani: a divina tenzone, / tu mortale, con Febo un di venisti, / e quelle canne che al
pari di cetra (icmv '°pµryyt) sonavano dolci / non un serto ti diedero, ma morte" (trad. Pontani).
Il termine Kpouµa è chiaramente riferito ai suoni prodotti dall' aulo (il carme è dedicato al satiro
Marsia), ma la similitudine con la '°pµ1y!; sembra rafforzare lo slittamento semantico.
189Rispoli 1969, p. 192 e Olivieri-Pannain 1919, p. 104. L'espressione tm tTJçatip1yyoç tT)ç
1CpoooµÉVT1ç (Philo Mech. synt. 4. 77) si spiega non tanto attraverso il senso percussi110
tatç XEPCJÌV
del verbo utilizzato per indicare il colpo sullo strumento, quanto con il suo oramai acquisito va-
lore estensivo relativo al "suonare" qualunque tipologia strumentale.
190 Archyt. fr. 1 D.-K.; Plat. Tim. 67b; Arist. De a11.419b 10 s. (cit. n. 43); Diog. Laert. 7. 55
(citando Diogene di Babilonia); Ps.-Eucl. Sect. can. p. 148. 6 s. Jan (cit. n. 50).
191Ps.-Arist. De aud. 800a 5 ss. Tolemeo riprenderà tale teoria, individuando però un agente
percussivo 'attivo' differente negli strumenti a fiato, l'imboccatura dell'aulo o hypho/mion:l$lì..-
µiou. toutton toù IIÀTlttovtoç(Harm. p. 9. 3 Diiring). Al riguardo si veda Levin 1980.
1. Ùl lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 37

contesti non propriamente tecnici, che ben poco hanno a che fare con ambiti
teorico-musicali 192, come il fr. 51 K.-A. di Teopompo comico: aùÀEÌ.yàp arutpà
/ aut11 ye 1epouµa8' ola tàm Xap1~évT1ç("costei intona con l'aulo / vecchi
motivi come quelli del tempo di Carissena") 193 • La dipendenza dal verbo aù-
Àii. indica chiaramente come qui 1epouµata abbia già assunto il significato di
"suoni, motivi melodici" in senso lato 194•
Le attestazioni di 1epoùµa nei trattati teorici confermano l'avvenuta
estensione semantica al valore di "suono strumentale" tout-court (dove, di
volta in volta, è il contesto a chiarirne la valenza specifica) 195: "Alessandro
nella Raccoltadi notizie sulla Frigiaaffermava che Olimpo portò per primo i
suoni strumentali dell'aulo ai Greci (1epouµata ... 1tpÒ)'tovriç toùç 'Ell:r\v~ 1eo-
µiam)196, e lo stesso fecero i Dattili Idei; ma il primo a suonare l'aulo fu Ia-
gnide, poi suo figlio Marsia, e quindi Olimpo. Terpandro, invece, emulò i
versi di Omero e i canti di Orfeo. Orfeo, da parte sua, non sembra aver imi-
tato nessuno; infatti non e'era stato ancora nessuno, se non i compositori di
aulodie (oi tcÌ>vaù~11e<Ì>v Jtolfltai), ma con questi l'opera di Orfeo non ha al-
cun rapporto" 197• Il ricorrere del lemma 1epouµata in un contesto che cita Ia-
gnide, Marsia ed Olimpo (tutti e tre auleti mitici) 198 ne suggerisce l'interpre-

192 Anche in un'opera come quella di Tolemeo, che pur sottolinea la fondamentale importan-
za dell'elemento 'percussivo' nei suoni prodotti dall'aulo (vedi n. 191 supra), le rare occorrenze
di JCpooo>si riferiscono ancora ai cordofoni (dr. n. 213).
193 Da altri luoghi comici (Aristoph. Ecci. 943; Crat. fr. 153 K.-A.) e dalla testimonianza del
lessicografo Esichio (r 5413) si evince che l'espressione uim XaplçÉVT'lçè proverbiale per indicare
un indeterminato e ingenuo tempo passato; la notizia che Carissena fosse una Cl\lÀfltpiçe poe-
tessa di carmi erotici (Etym. Magn. p. '367. 21 ss. Gaisford) è probabilmente un autoschediasma
che deriva da questo frammento di Teopompo.
194 Preferisco, diversamente dalla traduzione riportata nel comm. ad 943 delle Ecclesiazousae
di Aristofane (Vetta 1989, p. 245 s.: "costei suona COI\l'aulo cose vecchie, e con la cetra roba del
tempo di Carissena"), far concordare l'aggettivo oruqxi con 1Cpouµata. È infatti assente una con-
giunzione (-w, JCai)o un correlativo (µtv, lit:) che separi i due termini.
195Kpouµata mantiene il valore di "suoni strumentali", semanticamente esteso sia a strumenti
a corda che a fiato, anche in Arist. Quint. De mus. p. 31. 24 ss. W.-1.: "La melodia di per sé è
compresa nei diagrammi e in motivi melodici ribnicamente non ordinati, in combinazione solo
con il ritmo nei pezzi e negli interludi strumentali fon t(l)V1Cpol)JJ.(itC1JV in combinazio-
,cm ,cCÌWJJY),
ne invece con la sola dizione nei cosiddetti canti sciolti (n:xuµtvC1JV~µatC1JV)". Per il valore di
,cCÌW>v come "interludio strumentale", cfr. Anon. Beli. 68: tv to1ç ~µaai ,ro-w µroo>..aj3riJCa't,c<i>,..a
("nei canti a volte sono intercalati anche passaggi strumentali").
196Cfr. Clem. Alex. Strom. 1. 16. 76, 6: ,cpouµata lit "OÀuµJtOvòµoiroç tòv cllpuya.1Ca8rutq>,s,p,,ywv
apµoviav JCcn µ1l;o+puytov1Cmµ1çoÀ.lXÌlovMapm'xxv.
197 Ps.-Plut. De mus. 1132e-f. La citazione di Alessandro Poliistore, storico e grammatico vis-

suto nella prima metà del I sec. a.C., è inserita nella parte del De musica di cui è protagonista il
citarodo Terpandro: questa piccola digressione inquadra diacronicamente il personaggio in
questione ponendolo in relazione con i musicisti a lui precedenti, al fine di definire in maniera
più .grecisa quali siano state le sue principali occupazioni ed innovazioni musicali.
1 lagnide era padre di Marsia ed entrambi erano considerati, secondo tradizioni diverse,
inventori dell'aulo: Marsia era a sua volta maestro o figlio di Olimpo, auleta egli stesso.
38 Le paroledelleMuse

tazione come "suoni strumentali eseguiti sull'aulo" 199• Un problema, solleva-


to dall'esposizione disorganica di tante fonti in contraddizione tra loro da
parte del compilatore del De musica,è però qui capire se con tali suoni ci si
volesse riferire ad una prassi aulodica, cioè di canto accompagnato200, o pu-
ramente auletica 201 (si rammenti che, al passo 1133e, Iagnide è ricordato
quale Eùputjç dell'auletica) 202 : l'interpretazione di 1epouµata quali "suoni
auletici" può far intendere tutta l'espressione come atta a conferire al frigio
Olimpo l'introduzione della musica strumentale 'solista' in Grecia 203•
Un diverso passo pseudo-plutarcheo aggiunge una valenza ulteriore al
termine krouma(che ritroveremo in maniera più esplicita in un altro derivato
del verbo, il sostantivo 1epo001ç):"egli (se. Aristosseno) racconta che uno tra i
suoi contemporanei, Telesia di Tebe204,era stato educato da giovane nella
musica più nobile e aveva imparato le composizioni dei maestri più celebri,
quelle di Pindaro, Dioniso di Tebe205,Lampro206,Pratina20'7e quanti tra i lirici
si distinsero nella composizione di accompagnamenti strumentali (0001 t<ÌJv

199 Cosi anche Huchzermeyer 1931, p. 6 n. 14, mentre di un'altra opinione sono Weil-Reinach
1900, p. 9: ''le jeu des instruments à cordes" (comm. ad /oc., p. 8 n. 22). Per collegare Olimpo
all'invenzione della musica eseguita sui cordofoni, in sede di commento viene riportato il
lemma di Suda o 219: ·oÀ.uµ,wç... ir,tµrov tE YEV<>J1€Voç tllç Kpouµan!ClJç µoucnlClJç
<Kw> tiiç &à t<ÌJY
aùÀ.<ÌJY("Olimpo ... colui che ha iniziato la musica strumentale eseguita con gli strumenti a corda
<e> quella eseguita con gli auli"). Ma il <iccri>è integrazione degli editori. Questo il testo privo
di manipolazioni: "Olimpo ... colui che è l'artefice della musica strumentale eseguita sugli auli".
Per quanto riguarda il terzo lemma della Suda su Olimpo (o 220), che lo collega ad innovazioni
relative alla citarodia, vd. Abert 1995.
200 Lasserre (1954, p. 135) traduce ''les air d'accompagnement à la fltlte", intendendo riferirsi
alla rrassi aulodica.
20 Alcuni editori hanno preferito correggere l'aùÀ.q>6lK<ÌJv di De mus. 1132e in IXÙÀ.TJnKiiiv,
consi-
derando lagnide, Marsia ed Olimpo esclusivamente auJeti, cioè semplici esecutori strumentali,
non auJodi.
202 Anche in Ps.-Plut. De mus. 1133e e Schol.vet. Ps.-Plat. Min. 318b, p. 294 Greene.
203 È questa anche l'interpretazione di Abert 1995 (p. 43). Una recente lettura del passo riferi-
sce invece il termine al vasto ambito della musica a percussione, considerando la radice Kpooo>
nel significato primigenio di ''battere" e trovando conferma nella menzione dei Dattili Idei,
demoni mitici al seguito di Rea/Cibele considerati inventori del ritmo dattilico (Gostoli 1990, p.
95). L'incongruenza apparente, più volte rilevata dalla critica, che emerge dall'associazione di
Olimpo con i Dattili Idei può essere però appianata se si pensa all'importanza che avevano gli
strumenti a fiato nei rituali connessi con Rea/Cibele. Il senso del passo del De Musica acquista
cosi una sfumatura diversa: l'auJetica, inventata da Iagnide, fu 'importata' in Grecia da Olimpo
e dai Dattili d'Ida, e sul loro esempio l'impiego di strumenti a fiato venne successivamente este-
so a tutte le altre cerimonie di tipo dionisiaco.
204 Poeta sconosciuto da altre fonti.
205 Citarodo vissuto tra V e IV sec. a.C., ricordato come maestro di Epaminonda in Com.
N~ Epam.2. 1: non minorefuit in musicisgloriaquam Damonaut Lamprus.
Cit. n. prec. Lampro è nominato anche da Platone (Menex. 236a) come famoso maestro di
musica, paragonato ad Antifonte nel campo della retorica.
20'7Pratina riformò i drammi satireschi, che costituiscono la parte più cospicua della sua pro-
duzione poetica (32 oaruptKcisu 50 lipciµata), elevandoli a forma d'arte drammatica. Il suo fram-
mento più considerevole, uno UltOPXTJµa (fr. 708 Page, cit. n. 211), è tramandato da Ateneo.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 39

À.upuccòv àv~ è-yivovto 1t0lT1taì1epouµcit<OV àya8oi)" 208• Questa parte del De


musicamette a confronto, attraverso il personaggio di Telesia, la musica tra-
dizionale coltivata da antichi poeti quali Pindaro e altri con quella più inno-
vativa esemplificata da Filosseno e Trmoteo, suoi maggiori rappresentanti 209•
Gli antichi poeti sono in questo passo indicati con l'espressione JtOl'ltaì
1epouµcit<OV àya8oi: probabilmente per "suoni strumentali" 210 si saranno qui
intesi i suoni dell'accompagnamento al canto, considerato che Pindaro e gli al-
tri furono soprattutto compositori di µu.T1.Dobbiamo quindi intendere che,
tra gli antichi lirici, i migliori furono quelli che si distinsero per aver compo-
sto un accompagnamento che, melodicamente, non rendesse incomprensibi-
le il canto211 ma gli offrisse, al contrario, un ottimo supporto ritmico212•
......
Tutto ciò non esclude che le occorrenze di ,cpoùµa legate a strumenti a
corda continuino ad essere la maggior parte, come è il caso di Trmoteo fr.
791. 229 ss. Page213: "ora invece Trmoteo fa fiorire/ la cetra con metri e ritmi

208 Ps.-Plut. De mus. 1142b.


209 Questa testimonianza presenta numerose analogie con un passo del cosiddetto primo
libro del De musicadi Filodemo (Philod. De mus. 1. 18 Kemke = fr. 23 Rispoli), tanto da aver
fatto ipotizzare una dipendenza di entrambi da una fonte comune (forse lo stoico Diogene di
Babilonia, bersaglio preferito da Filodemo nell'ambito della sua polemica contro la funzione
etica della musica). Si ricordi che la tradizionale suddivisione dell'opera filodemea a noi perve-
nuta in quattro libri è stata oggi dimostrata erronea dall'interpretazione di Delattre 1989, che
riconduce tutto il materiale ercolaneo ad un unico libro, il quarto: in attesa della nuova edizione
dell'opera a cura dello studioso francese ho però preferito seguire la divisione tradizionale.
°
21 Cosi intendono Weil-Reinach, che integrano però l'espressione: ,ro111= <µdcàv icaì> icpou-
µatoJY.
211 Si ricordi la polemica di Pratina (fr. 708 Page), che biasima l'aulo proprio per via del catti-
vo supporto ritmico fornito alla melodia: "Caccia via lo strumento ... che distrugge melodia e
ritmo con il suo balbettio profondo". Cfr. anche Plat. Leg.812d-e (dt. n. 241), in cui l'accompa-
gnamento strumentale viene da lui condannato per via della hderoplwniae della poikiliaritmica
che esso produce rispetto al canto: ciò accadeva, sembra riferirci Platone, soprattutto quando il
poeta non coincideva con l'esecutore strumentale e la rPalizzazione dell'accompagnamento era
affidata all'improvvisazione dello strumentista.
212 Per altre testimonianze in questo senso si vedano Ps.-Aristot. Probi. 19. 49 e Ps.-Plut. De mus.
1138b-c (dt. n. 226). Se non vogliamo credere che i µùmtotoi componessero l'accompagnamento
strumentale per i loro canti (il discorso non vale certamente per Pindaro, ricordato dalle fonti co-
me educato nell'arte dell'aulo dal suocero Skopelinos), dovremo tradurre 1to111= icpouµàttllYciya-
8cll come "buoni compositori di note, melodie", ammettendo in tal caso l'ampliamento semantico
di ~ al valore di "suono musicale" più genericamente inteso, come pare possibile ipotizzare
in Themist. Or. 38: "nel tentativo di dare nuova forza alla musica ormai in decadenza, il musicista
Aristosseno prediligeva le melodie (strumentali?) più vigorose (tà àv6pticòn:qxxtOJYicpouµà'tflJY)ed
esortava i discepoli a ricercare l'energia nelle proprie composizioni evitando le sdolcinature".
213 Si vedano inoltre, tra gli altri, Plat. Resp. 333b (ò 1Ctfia4>umicòç .•. riç icpouµ<itOJY);Ps.-Plat.
t:vÀ'W); Corp. Hipp. Reg.1. 18 (icpcrunm tà icpouµata t:v µoumlC1jm µt:v
Alc. l 107a (lltf)Ì ICf)O\lll(l'tflJY
àvo,, tà lit ICCitc0••• icpounm lit toùç ~ àvco icaì icatco, dove tale valore di icpo,io,è suggerito
40 Le paroledelleMuse

/ dagli undici suoni (µé-tpotç / pu8µoì.çt' ÉV&1Ca1Cpouµato1ç ri8aptv / ~ava-


'tUÀEl), / svelando il tesoro nascosto delle Muse / risonante di canti". Com-
pare qui il neologismo ÉV&1Ca1Cpouµatoç, composto di 1Cpoùµamodellato sul
termine ÉV&1Caxopooç 214 • Numerose tra le interpretazioni correnti 215 conside-

rano il lemma riferito, da un punto di vista logico, a ri8ap1v, non a pu8µoì.ç216,


titolando lo strumento "cetra dalle undici corde": si tenga però presente che
1Cpoùµa,come derivato verbale di 1Cpouco con valore resultativo, significò
sempre "nota, suono" senza assumere mai il valore di "corda" 218 •
217

dalle espressioni avm/icaw,, chiaramente connesse alla posizione delle corde sulla lira); Aristot.
De an. 424a 30 ss. (cit. supra);Plut. Reg. et imp. apophteg.179b (11f(XÀ.tTIV lit nva jJouAoµtvou ,wpà
&i1tVovbtavop9oùv mnoù icaì.MXÀÒv llq>Ì icpouµa.tOJV,episodio riportato anche in Plut. De adul. 67f,
De Alex. 334c-d, Quaest. conv.634c-d); id. De ls. et Osir. 384a (tà icpouµam riJç ~~; id. Quaest.
conv.706d (tà aù~l\µam icaì.tà icpouµam, espressione atta ad indicare la globalità dei suoni stru-
mentali). Nei trattati di teoria musicale il partiòpio medio-passivo di icpo00>sostituisce talvolta
l'aggettivo ÉVtatoç (vd. n. 51) per indicare la famiglia degli strumenti a corda (icpouoµn,a), distin-
ti da quelli a fiato (CXÙÀ.OUIJEVa): cosi Gaud. ls. p. 337. 9 e 13 s. Jan (iiµa icpoooµtvC1JV,; aùAouµtvOJV);
Ptol. Harm.p. 7. 4 Diiring (q11tvrovtC1JV icaì.icpouovUllV);Porph. in Ptol. p. 40. 14 s. Diiring (m u ȵ-
ltVEl)(Jta.,t6. u ÉVtatà icaì.icpoooµEVaicaì.tà ÙltÒ çqicov ~~a); Poll. 4. 58 (tà 6"opyava tà icpou6µE-
va dmtç àv icaì.ltÀ.llm>µEVa, Èlnl!lalloµEVa). In Arist. Quint. De mus. p. 23. 18 ss. W.-1. l'espressione
tà 1COWl1CIXÌ. tà ÉVtaìç q'>llaiçµroaulticà ,; 111\ÀAÌ icpouµata ("i pezzi strumentali e gli interludi nei
canti, per auloie per lire senza voce") indica chiaramente come il valore di /croumasia circoscrit-
to ai soli cordofoni. Per una diversa interpretazione del passo si veda Mathiesen 1983, p. 89.
214 Cfr. Ion. fr. 5 Gent.-Pr., òt. supra. L'uso di composti è una caratteristica della lingua di
Trmoteo (Brussich 1970, p. 71 ss.) e dell'intero genere ditirambico, secondo quanto riferisce
Aristot. Poet.1459a 8 s. (tò>v6' ovoµa.tCIJV tà µtv &w µa.À.lGtaàpµotm totç &8upa.µ~>tç).
215 Reinach 1903, p. 75; Mazon 1903, p. 214; Paduano 1993, p. 536. Un'ipotesi ulteriore deriva
invece da un esame interno al testo. Trmoteo sembra, infatti, in qualche modo 'giocare' con l'e-
lemento numerico: Terpandro ordinò dieci canti, T1moteo fece fiorire la cetra dagli undici suoni,
il popolo acheo fu fondatore delle dodici rocche di Mileto. Presi individualmente, tali numeri
potrebbero quindi non avere un significato di per sé cosi preciso, ma farebbero parte di un
gioco stilistico che mirava più all'effetto sull'uditorio che al contenuto vero e proprio (per que-
sta osservazione sono grata al Prof. Barker).
216 " ••• e adesso T1moteo ha inventato / per i metri ed i ritmi / la cetra a undiò corde" (trad.
Paduano). Cfr. Mazon 1903, p. 214 n. 4: "Le mot tv&icaicpouµcito1ç est très obscur appliqué à
jroeµoìç". Una ipotesi alternativa è offerta da Janssen 1984, che traduce tv&icaicpouµ6.tolç "with
eleven beats (on the strings)", mantenendo il significato letterale di icpouµa = "colpo, percussio-
ne". T1moteo, nella visione di Janssen, avrebbe realizzato la 1to11C1Àia musicale non tanto aggiun-
gendo corde supplementari, quanto attraverso espedienti tecniò di esecuzione quali, ad esem-
pio, la fermata delle corde e l'utilizzo dello strobilos(un ipotetico meccanismo inserito tra le
corde ai fini di modificarne l'intonazione, secondo Diiring 1945).
217 Cosi anche Comotti 19912, p. 38: "con i metri/ e con i ritmi dagli undiò suoni". Per testimo-
nianze relative all'invenzione della lira a undiò corde da parte di T1moteo, cfr. Paus. 3. 12. 10,
Nicom. Ench.p. 274. 5 s. Jan, Boet. De inst. mus. 1. 1 e 1. 20, Suda t 620, che potrebbero però dipen-
dere tutte dal passo dei Persiani(se si considera il fatto che già Ione di Chio parlava di una "lira
dalle undiò corde", mentre Ferecrate nel Chironeattribuisce a Melanippide, che precede cronolo-
gicamente T1moteo, l'uso di uno strumento a dodiò corde). Si tenga inoltre presente che il testo
dei Persianiutilizza il verbo tçava'tÉllbl (LSJ s.v.: "causes to spring up"), non tçrupiaicm. O senso
della frase potrebbe essere quindi il seguente: T1moteo portò all'estrema fioritura le possibilità tec-
niche di uno strumento che era all'epoca già conosòuto, ma forse non ampiamente sfruttato.
218 Al contrario, fu la parola xopm\ che passò a significare, per estensione semantica, anche
"nota, suono" (vd. supran. 183).
1. La lingua deglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 41

Anche le occorrenze del verbo Kpoucoconfermano la valenza strumentale


della radice originariamente connessa ai cordofoni (e ben presto estesa ad
altre tipologie di strumenti), come in Aristotele De an. 424a ("se, infatti, l'im-
pulso che subisce l'organo è troppo forte, la forma viene meno, come venga-
no meno l'accordo/ cruµ+<.ovia e l'intonazione/ 'tovoç, qualora le corde siano
colpite con violenza/1epoooµfvcova~ 't<Ì>v
xop&òv") e Cali. fr. 203 Pfeiffer
(vv. 43-47):

Jouxìµoùvov ~-l
o]uc;tpayq>lìoùçàllà ic~[...... ].v
1C]EVtOpEtpov OÙXéimxç.[. É]ICp()'\)OE
]OEp<O ... ffi~ .... 000\
Auoòv] ltpÒç ai/A.òvÀ. •..... ~~ xop&u;

Nonostante le lacune, l'occorrenza di Aooòvnpòç aÙÀ.<>v e xop&içsupporta


l'ipotesi che il verbo < .. >É1epoooe avesse in questo contesto significato
219

musicale. Callimaco sta qui affermando che Ione di Chio220compose non


solo poesia esametrica (ouxì µoùvov t;ciµnpov) e tragica ('tpayq>&>uç),ma
anche elegie in più di un'occasione (àllà Kaì JtEV'taµE'tpov oùx ébta;). Il senso
della frase potrebbe cosi essere il seguente: Ione "accompagnò il pentametro
al suono dell'aulo lidio" 221, considerando il verbo nel senso assoluto di
"accompagnare con lo strumento il canto" 222•
Un'interpretazione alternativa può essere formulata considerando 1epouco
nella sua accezione primaria di ''battere, percuotere" 223, con riferimento alla

219 La lacuna metrica prima del verbo (i versi sono giambi scazonti: ~ - v - v - v -
~ -- 0) fa presupporre che esso fosse in realtà un composto di 1Cpouo>. La lacuna consiste-
rebbe quindi in una preposizione che dovrebbe precedere l'aumento (vd. n. 224).
220 O poeta si sta difendendendo dalla critica di JWÀ.urilìaa,cioè dall'eccessiva varietà di gene-
ri poetici da lui affrontati, portando l'esempio di Ione di Chio, poeta tragico del V sec. a.C. che
si occupò di più forme poetiche, tra cui poesia esametrica, tragedia, elegia e lirica.
221 Tale interpretazione trova conferma nel fatto che l'elegia era comunemente accompagnata
dall'aulo (ed eseguita in parakataloge).
222 Tale valore del verbo è attestato con certezza solo a partire dai Problematadi scuola aristo-
telica (cit. infra),opera di incerta datazione.
223Cosi anche in Athen. 636d: Tò 'tOU'tOlç(se. ~1ç) 1CpouEtv. In Nicom. Ench.p. 240. 20 ss.
Jan, il derivato 1Cpooo't6çè utilizzato per indicare gli strumenti della famiglia delle percussioni
('tà 1Cpo'OO'tàòp,yava), mentre in Ps.-Aristot. Probi.19. 10 (cit. infra cap. 3) l'aggettivo 1Cpo'OO'tl1C<>ç,
riferito a strumenti musicali, vale "incisivo, che colpisce l'udito" (come in Plut. Praec.ger. 802e-
f, dove è introdotta una similitudine tra musicisti e uomini politici). Da citare, a questo proposi-
to, anche il composto 1Cpouuça (< 1Cpo\)(&) = "percuotere" + uça/,wuç = "piede"), più spesso
usato nella forma plurale 1Cpo,mEçm, termine che indica uno strumento musicale a percussione
applicato ai piedi degli auleti per battere il tempo, il cui corrispettivo latino è lo sa,bellum, in
pratica un'alta suola fissata al piede dell'auleta con cinghie di cuoio e formata da spesse tavo-
lette di legno tra cui erano posti piccoli cembali di bronzo (vd. Bélis 1988a). Cfr. Poli. 7. 87: "la
kroupo.aera un calzare di legno, costruito per dare l'attacco al coro (riç tvoomµov xopoù)".
42 Le paroledelle Muse

scansione metrico-ritmica del pentamentro224• Verbo e derivati presentano


infatti, in un certo numero di occorrenze, una valenza prevalentemente rit-
mica,come in Plutarco Quaest.conv. 704d: "ma alla fine molti saltavano su e
partecipavano alle danze con movenze sconvenienti per un uomo libero,
seguendo quei ritmi e quelle melodie (1tpE1t0oon; &: toìç 1epouµa.c:nv bcrivmç
Kaì µiì..emv)" 225. Anche intendendo 1epoùµa come accompagnamento stru-
mentale ai movimenti coreutici, l'implicazione ritmica del termine resta qui
fondamentale, testimoniando quale fosse la funzione primaria dell' accom-
pagnamento nel mondo antico226.
Il sostantivo Kpoùc:nç 227 presenta, in talune occorrenze, un valore simile:

''Tra i ritmi, i più tranquilli sono quelli che inizialmente calmano la mente ini-
ziando dalla tesi (ànò 8ÉaErov)228, mentre quelli che danno il ritmo (triv
Kpoùc:nv) 229 alla voce cominciando dall'arsi (wtò àpaECOV)230
sono agitati" 231• Iter-

224 Nel qual caso l'integrazione ipotizzabile potrebbe essere <int>Éicpooat (per questo stesso
valore del composto, dr. Plut. Dem. 20. 3: "Subito dopo la vittoria, Filippo, fuor di sé per la
gioia, gozzovigliando sui cadaveri, cominciò a cantare (11&:),ubriaco, ripetendo l'esordio del
decreto di Demostene, facendone una divisione ritmica e marcando il tempo (,q,òç ltOOCl &mpcòv
icaì intoicpourov).Per quanto riguarda il sostantivo xop&xç, esso dipenderà probabilmente da un
verbo che fa parte della lacuna: in questo punto l'autore sarà passato a descrivere un altro dei
generi poetici affrontati da Ione di Chio, presumibilmente la lirica, che prevedeva un accompa-
~mento eseguito sullo strumento a corda.
225Per un valore simile del termine suggerito dal contesto, cfr. id. De soli. 973e: àllà tà IIU-11
tfÌ>vaaliri rrmv aùtaiç !ttplo&nç ~oµtv11 icaì µnaPo).àç nciaaç icaì icpouµcitmvOlE~\Oooamvtaç
pueµouç).
226 Cfr. Ps.-Plut. De mus. 1142b (cit. supra)e ibid.1138b-c: "Gli antichi si servivano della varie-
tà nella ritmopea, che era più multiforme (1t0m~); essi certamente tenevano in pregio l'ete-
rogeneità ritmica (T11vp,,8µllC'ÌlV ffOllC\Àiav), e anche lo stile dell'accompagnamento strumentale
era allora più vario (tà JtEPÌtàç icpouaµanicàç & &iliicmuç totr nomÀ.I.OtEp(X 1'v); mentre infatti i
moderni sono innamorati delle melodie (♦lÀ.Oµùriç}, gli antichi adoravano il ritmo (+tA.oppue-
µol)". Per una corretta interpretazione di questo passo, si ricordi la cristallizzazione che pro-
gressivamente si impadroni delle forme metriche, la quale spinse i poeti a concentrare i propri
sforzi creativi su un µÉÀ.Oçsempre più svincolato dalla struttura ritmica che il significante verba-
le le forniva. Sulla funzione essenzialmente ritmica dell'accompagnamento come supporto alla
danza si vedano inoltre Schol. vet. Pind. Pyth. 1. Sa, voi. li p. 9 Drachmann (,q>Òç & tà icpouµata
Elipu8µo>ç e Scho/. ree.Pind. Pyth. 1. 7, p. 432 Abel (IClvo\lµÉvlJ
ai Moùam XOj)f:\)O\lCJl) t0ìç icpoùµamv).
227 Forma nominale in -mç di derivazione verbale che ebbe particolare fioritura a partire dal
V-IV sec. a.C.
228Ad es. il dattilo, considerato un ritmo solenne: OOICt\lÀ.Oçµtv icaÀàtm, fflXV\l6' tatì. atµvoç
(Dion. Hai. De comp.verb. 17).
229 Per Setti 1965 (p. 391 n. 10) questo passo conferma l'antica esistenza di un ictus vocale
nella lingua greca: "quelli che cominciano dalle arsi, inferendo il colpo alla voce (o forse "con la
voce"?), sono impetuosi" (cfr. comm. ad /oc.: "c'è almeno uno scrittore metrico greco che non
trova strano che la voce possa inferire o subire un colpo ... ho suggerito che in latino "accento"
si potrebbe tradurre vocis impressio;non mi sembra impossibile in greco qualcosa come -rijç
+«avilçicpoùmç;l'uno e l'altro, s'intende, non tecnicizzati"). Tale valenza di icpoùalç è però altrove
sconosciuta.
230 Si pensi, ad esempio, al ritmo giambico.
231 Arist. Quint. De mus. p. 82. 4 ss. W.-1.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 43

mini <q:>O'lçe 8É<nç, intesi rispettivamente quali tempo 'in levare' e tempo 'in
battere', nella loro accezione originaria appaiono strettamente connessi con i
movimenti di danza 232 (pur se essi assumeranno in seguito significato inverso
con la trasformazione dell'accento musicale in accento espiratorio)233: di qui
l'accezione di x:poùmçquale "ritmo". Tale valenza è sottintesa anche in un
frammento del trentesimo libro delle Storiedi Polibio: ''Lucio Anicio, pretore
dei Romani, dopo aver vinto gli Illiri e fatto prigioniero Genzio, re degli Illiri,
con i figli, nel celebrare i giochi in onore della sua vittoria a Roma fece cose
assolutamente ridicole, come racconta Polibio nel trentesimo libro. Dopo aver
fatto venire i più illustri artisti dalla Grecia e aver allestito un grande pal-
coscenico nel circo, introdusse per primi gli auleti tutti insieme. Questi erano
Teodoro il Beotico, Teopompo, Ermippo, Lisimaco, che erano i più illustri a
quei tempi. Dopo averli sistemati sul palcoscenico, ordinò loro di accompa-
gnare tutti insieme il coro con l'aula (µE'tà'tOÙxopoù aùÀ.Éi.vÈICÉÀroaEVaµa JUXV-
'taç)234.Mentre questi si muovevano attraverso l'accompagnamento strumen-
tale con il movimento ritmico appropriato ('t<ÌJv & &.wropEOOµtvc.ov't~ 1Cpo00Etç
µE'tà -riiçCJ4>µoç00011ç
nv110EO>ç), mandò a dire che non stavano suonando bene,
e ordinò loro di gareggiare maggiormente" 235• Se, con Walbank, diamo all'e-
spressione µt:'tà 'toù xopoù aùÀ.Éi.vil valore di "to accompany the chorus with
their piping", 't~ x:pooonçva qui interpretato, con tutta probabilità, nel senso
di "accompagnamento strumentale" il cui fine è fornire un buon supporto rit-
mico al coro, senso rafforzato dall'espressione µE'tà-riiçapµoçoOOT)ç nv110EO>ç2.J6.

232 "L'arsi dunque è il movimento di una parte del corpo verso l'alto (bn tò civro), la tesi il
movimento di una parte dello stesso verso il basso (m tò icatro)" (Arist. Quint. De mus. p. 31. 15
s. W.-1.).Per un valore simile della radice •icpou- in riferimento ai ritmi, si veda anche Porph. in
Ptol. p. 20. 3 Diiring (ica't otav nç tv pu8µolç icpoÙ<nvTIIC\VllfflV
TI"1JV'ÌVEVIÌO'uµµÈtpo1çJWtllfflltm xp6--
vo1ç); Schol. vet. Aristoph. Nub. 651c, p. 143 Holwerda (fon ò lit pu8µòç icpouµatoç tl6oç icatà 6aic-
wAov, <i> oi mÌÀT1tai);Hesych. 6 143 (6alCt'llAoç·outro icaì..ntm pu8µou tl6oç ,c:aiicpouµatoç).
XP(IJV'tat
233 L'arsi verrà definita, dal grammatico Mario Vittorino, come elatio temporissoni vocis, e la
tesi depositioet quaendamcontractiosyllabarum(cfr. n. 229 supra). Lo studio più recente in propo-
sito (Luque Moreno 1994) considera però tale inversione semantica un "fantasma filologico",
cercando di mostrare l'inesistenza di qualsiasi riferimento all'ictus vocale nelle fonti latine.
234 Cfr. Walbank 1979, comm. ad /oc. p. 446: "µnà toù xopov must be taken with aùAriv (not
with anjaaç)".
235 Polyb. Hist. 30. 22 apud Athen. 615a-c. Per un'espressione che ricorda 6umopruoµtvOJVtàç
icpooonç, cfr. Procl. Chrest.52: KEplÉpXEtattòv icpouaµov.
2.J6Su questo passo si veda il commento di Musti 2000, p. 12 ss.:'1e krouseis... rappresentano
esattamente quel linguaggio ritmico che combina l'uno e l'altro elemento, musicanti e danzatori, e
introduce nella danza, con significativi movimenti e giravolte dei semicori e dei duo musicali, un
dato di 'azione' (azione certo ritmica) in aggiunta al ritmo musicale" (ibid.p. 16). Nell'lllno Orfico
ai Cureti (31. 1 ss.)il composto icpo00tÀIÌpal(lett. "percussori, suonatori di lira") è appellativo dei
mitici ministri di Rea/Cibele connessi a rituali orchestici che rievocano la danza guerresca esegui-
ta attorno a Zeus infante per coprirne, con il rumore delle amù, i vagiti e proteggerlo cosi da
Crono (si ricordi che in rituali iniziatici di questo genere, assimilabili ai riti coribantici e bacchici,
la funzione ritmica della musica era essenziale per il raggiungimento della trance).
44 Le paroledelleMuse

Con lo sviluppo della teorizzazione musicale vediamo la radice •1e:pou-


speoaJizz.arsi nel senso tecnico di "accompagnare con lo strumento il canto",
valenza che risulta acquisita a partire da un passo dei Problematadi scuola
aristotelica: "terminando nello stesso momento, ma non producendo lo stes-
so suono, accade che il risultato sia uno e comune, come per quelli che ac-
compagnano il canto con lo strumento (1e:a0wtEp toìç imò tTIV
<i>6rlv
1e:pooo001.v);
infatti sebbene costoro, quanto al resto, non suonino con l' aulo le stesse note
della melodia (o'Ùto1tà aUa où 1tp00auwùvaj 237 , quando concludono nella
stessa maniera, allietano più con tale conclusione di quanto non infasti-
discano con le differenze prima di essa" 238• L'espressione 1e:pooovintò t11V <i>6tlv
indica chiaramente la compresenza di due livelli di esecuzione musicale, uno
strumentale (1e:pooov)l'altro vocale (Q>611), e ha ormai acquisito il significato
tecnico di pluckingin subordinationto thesong239 (cioè suonare un accompagna-
mento strumentale 'aggiunto' al livello, pur preponderante, del canto) 240 •
Questa, assieme alle occorrenze di 1e:poixnç= "accompagnamento" contenute
nel De musicadello pseudo-Plutarco e a un passo delle Leggidi Platone241, è
tra le poche testimonianze che possediamo sull'accompagnamento 'eterofo-
nico', cioè non all'ottava, eseguito sullo strumento, certamente in uso nell' an-
tichità (almeno in età successiva alle innovazioni dei cosiddetti 'nuovi musi-
ci') a dispetto di quanto possano ancor oggi affermare molti studiosi 242•

237 Per un valore di 1tp0<1auÀÉcll come "suonare l'aulo all'unisono" con la voce (LSf s.v.), vd.
Poli. 4. 83. Per il corrispettivo valore di xpooxop&,ç,dr. n. 259.
238 Ps.-Aristot. Probi. 19. 39 (cosi come nell'armonia tonale l'accordo di risoluzione in una
qualsiasi tonalità maggiore o minore è reso ancora più gradevole dal ritardo della terza, 4-3,
pro~rio perché la nota che precede la consonanza finale produce dissonanza con la tonica).
Barker 1995, p. 45.
240 Per il valore dell'espressione nìv icpoumvnìv intò nìv <i>61\v, dr. Ps.-Plut. De mus. 1141b (cit.
infra).
241 Plat. Leg. 812d-e: "Per queste ragioni, il maestro di cetra e l'allievo devono usare i suoni
della lira in vista della purezza delle sue note, facendo in modo che i suoni dello strumento
siano all'unisono con quelli della voce (àito&oovtaç ffl)O(Jlopiiatà ~ta toìç ~); suonare
in modo diverso dalla voce (nìv 6' hE~av), far variazioni sulla lira (icm JtOilClÀ.iav tÌlç lupa.e;),
quando le corde danno suoni diversi da quelli voluti dal poeta che ha composto la melodia
(àlla µìv µill\ tcòvxop&ìlvi.Etocòv, àlla liè tou nìv µù.q>&avauv8ÉV'toç ltOll\toù) ... e allo stesso modo
adattare ai suoni della lira ogni sorta di variazione dei ritmi (icm tcòvpu8µcòvIÌXJ(X\)fflçKaVto&xltà
1t0iici4ta-ra !tpO<Japµottovtaç tciim ~iç tiiç lupa.e;), ebbene l'insegnamento di tutto questo non
deve essere impartito ai fanciulli".
242 ll luogo comune che gli antichi accompagnassero il canto all'unisono o tutt'al più all'ottava
si basa unicamente sulla testimonianza di Ps.-Aristot. Probi.19. 18: A1à ti TI6tà lt(X(JCÌ>V ~a
c;&tm µ6Vl\; Mayalìi.çOOOl'yàp t(X\)fflv, alll\v lìÈ ou&µiav ("Perché solo la consonanza d'ottava viene
usata nell'esecuzione vocale? Infatti nell'accompagnamento all'ottava si usa questa consonanza,
non un'altra"). L'accompagnamento in questione è qui indicato dal lemma µaya&~v, che ha il
valore tecnico di "suonare/cantare all'ottava" (Probi. 19. 39: µaya6içoum liè i:v t1J61à 1taofÌ>v
c:ruµ+rovic;t),ma il contesto è qui molto chiaramente circoscritto alla sola esecuzione vocale (alit:tm).
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 45

Un esempio concreto di quali intervalli venissero utilizzati in questo tipo


di accompagnamento al canto è contenuto proprio nel De musica:"Che gli
antichi si astenevano dall'uso della trite 243 nello stile spondaico (tv tq>mt0v-
&t<içovn tpo,cq>)non per ignoranza, è reso manifesto dal suo impiego nell' ac-
compagnamento strumentale (Èv t-ij Kpouaet); infatti non l'avrebbero mai
usata in consonanza con la parhypatese ne avessero ignorato l'uso; ma è evi-
dente che era il carattere di bellezza che nasce nello stile spondaico con la
soppressione della trite a spingere la sensibilità degli antichi a far saltare la
melodia direttamente alla paranete244• Lo stesso discorso va fatto anche ri-
guardo alla nete: la usavano per l'accompagnamento (Katà µtv tTIV Kpoù--
mv)245, con la paranetein dissonanza (6ux+còvroç)2 46, con la mesein consonanza
(<J'Uµ+còvm<;)
247 ••• non solo questi suoni, ma anche la nete del tetracordo con-

giunto fu usata da tutti in questo modo: infatti la impiegavano nell' accom-


pagnamento strumentale (Katà µtv yàp t11v 1Cpo001.v)in dissonanza con la pa-
ranete, la paramesee la lichanos 248; chi l'avesse utilizzata nella melodia avreb-

be provato vergogna per il carattere che ne sarebbe scaturito a causa sua. È


chiaro anche dalle arie Frigie che non era sconosciuta ad Olimpo e ai suoi
seguaci; infatti se ne servivano non solo nell'accompagnamento (Katà tTIV
Kpoi><nv), ma anche nella melodia (Katà tò µi).oç) nei canti in onore della
Grande Madre e in altre composizioni Frigie" 249 •
Possediamo quindi un esempio concreto di ciò che Platone intendeva
per heterophonia 250 : un accompagnamento strumentale che utilizzasse inter-

valli anche dissonanti rispetto alla linea del canto (pur se risulta difficile,

243 Vd. anche Ps.-Aristot. Probi.19. 7: oi apxCXÌOl Sopprimere la trite


•.. TÌIV& tpiT11vEl;,1:\pouv.
si~cava ridurre l'impiego dei quarti di tono nel canto (dr. n. s.).
44 I canti di libagione (tà <J1t0v&ìaJlilri) erano composizioni musicali che accompagnavano le
libagioni rituali e, secondo le informazioni che possediamo al riguardo, erano forme proto-
enarmoniche costruite in armonia dorica (del tipo mi= hypate, mi*= parhypate,fa= lichanos,la
= mesi, si = paramesi,si* = trite, do = paranete,mi' = nète, con soppressione della trite nella
melodia, cfr. Winnington-lngram 1928). L'intervallo che si calcola tra trite e parhyparetedi una
scala dorica di questo tipo è un intervallo di quinta, considerato, assieme a quarta e ottava, una
tra le consonanze riconosciute tali dagli antichi.
245 Katci Westphal (accolto da Ziegler-Pohlenz), su imitazione di De mus. 1137c: mmµh yàp
TÌ!VKpoùmv. I codici hanno invece iqx>ç.
246Nell'ambito della scala dorica sopra esemplificata, tra nete e paranetesi viene a formare
un intervallo di terza, considerato dissonante dagli antichi.
247 La meseforma con la nete un intervallo di quinta, che è perfettamente consonante.
248 La nète del tetracordo congiunto (la = paramesè,la* = trite, si bem. = paranete,re = nete
synemmenon)è in dissonanza con la paranetee la lichanosperché rispettivamente a distanza di
terza e di sesta, e con la paramesidel tetracordo disgiunto (vd. n. 244 supra)perché ad intervallo
di terza.
249 Ps.-Plut. De mus. 1137b-d.
250 È interessante notare inoltre come Platone, in Leg.812d-e (cit. n. 241), non usi la parola
Kpoi,mç, ma parli di Jlilri tÒJVxop&ìiv (segno che ali' epoca non esisteva ancora un termine tecnico
per indicare l'accompagnamento strumentale).
46 Le paroledelleMuse

non conoscendo la fonte qui utilizz.ata dall'autore del De musica, risalire al-
i' età cui tale pratica può riferirsi) 251 • L'opposizione icpoùmç/ µiì..oç sembra
quindi divenuta, almeno nell'età in cui fu compilato il De musica,un' espres-
sione tecnica atta ad indicare la globalità dell'esecuzione musicale252, i cui
singoli elementi costitutivi, avendo acquisito un'indipendenza reciproca, ne-
cessitavano di termini ormai ben distinti tra loro.
Kpooolçconferma il proprio valore tecnico di "accompagnamento strumen-
tale" anche in un altro passo del trattato pseudo-plutarcheo253: "Archiloco,
invece, aggiunse la scoperta della ritmopea dei trimetri (giambici), la versifica-
zione in ritmi non omogenei 254, la parakataloge 255 e il relativo accompagnamento

strumentale (icaì 't'IÌV7tap<X1C<1Ta.Àoy1Ìvicaì 't'IÌVffEPÌ mùm icpoùcnv)256.. . ancora, si


dice che Archiloco abbia introdotto nei giambi la pratica di recitare alcuni versi
con l'accompagnamento strumentale (-r<Ì:N i.aµpriwv-rò -rà µh, ÀÉyro8<lt napà 't'IÌV
lCj)OÙ<nv) e di cantarne altri (-rà 6' c;&a8m), pratica che in seguito utilizzarono i
poeti tragici e che Cresso aveva portato nel ditirambo257.Si crede anche che egli
abbia inventato per primo l'accompagnamento eterofonico al canto (TTIV
icpoùcnv't'IÌVimò 't'IÌVQ>6riv),
mentre tutti gli antichi accompagnavano all'unisono
(-ro'Ùç6' àpxaiouç 1UXVT<17tp00Xop&x 1Cpo'UE\V)" 258.Quest'ultima frase fornisce infor-
mazioni sullo sviluppo diacronico dell'accompagnamento strumentale nella
prassi musicale antica: se infatti i predecessori di Archiloco accompagnavano
la linea melodica del canto raddoppiandola all'unisono (xpoaxop6a) 259, da

251Gli stessi concetti di 'congiunzione' e 'disgiunzione', di cui non esistono attestazioni pre-
aristosseniche, suonano alquanto stonati citati in relazione ad una forma antica come lo <fflOV-
&ìov (su questi argomenti vd. Rocconi 1998).
252 Cfr. Philod. De mus. 4. 2, col. IV 37 ss. Neubecker (àllà &li ,caì lta.Àat tmv y'"OÀ.uµn(imv)it
wiat11 6(ò)mç où(xì) téii(v) µtlrov ,ca(ì) téiiv ,c(p)oooemv [iìv .... )). A questo proposito, si vedano
anche le fonti raccolte e discusse nel capitolo Melos unti Krusis in Westphal 1883, p. 71 ss.
253 Se tale valore del sostantivo sembra essersi ormai affermato nel De musica pseudo-plutar-
cheo, fonti più tarde come Nicomaco (Il sec. d.C.) e Gaudenzio (IV sec. d.C.) utilizzano però
ancora ,cpoumç per indicare la percussionesulle corde (Nicom. Ench. p. 254. 19 e 26 s. Jan; Gaud.
ls. ~ 338. 4 Jan).
L'autore allude qui alle strutture asinartete, largamente impiegate da Archiloco (vd.
Comotti 1983b, p. 95).
255 In Arist. Quint. De mus. p. 5. 26 ss. W.-1.si parla di un tipo di suono con cui venivano recitati i
testi poetici (µÉmt & ùtàç t<ÌJY1t0ll\111ltOJV intermedio tra la "voce continua" uti-
àvayvoiaaç 1t0l0Ùjl.l"9a),
lizzata nella conversazione (it µh, oùvauvqtiç Èatlv ù 6laÀE'yÒµE9a) e la "voce intervallica" più pro-
priamente melodica (&rumiµanlCll ... ,cm µù.q,6l1Cf11Cw.Èitw). Su questi argomenti vd. infra,cap. 2.
256L'espressione JtEpÌ tauta è riferita non solo alla parakataloge(altrimenti avremmo avuto JtEpÌ
taut11v), bensi a tutto l'elenco che la precede.
257Il senso dell'intera espressione sembra essere che l'alternanza di recitativo e canto, impie-
gata inizialmente con i versi della poesia giambica, fu successivamente adottata dai poeti tragi-
ci e dal ditirambo.
2.58 Ps.-Plut. De mus. 1141a-b.
259 Vd. Plat. Leg. 812d (à1to&6òvtaç 1tpoaxop6a tà ~8Éyµata to1ç ~8Éyµacn, cit. n. 241), e Ps.-
Aristot. Probi.19. 9 (,caitol ltj>ÒO'Xop6a,caì tò aùtò µrÀ.Oç~001v àµ~ttproç- il soggetto sono voce e
accompagnamento-).
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 47

Archiloco in poi si iniziò a realizzare un accompagnamento strumentale ùnò


-nìv<i>a11v
260 • Questa espressione è stata variamente interpretata: Weil e Rei-

nach, così come Lasserre261, hanno inteso "I' accompagnement divergent, à


l'aigu du chant" 262, in base alla terminologia delle note che ne indicava l'al-
tezza secondo la posizione della corda corrispondente sulla lira. Le note più
acute, infatti, erano prodotte dalle corde più lontane dall'esecutore, che sta-
vano 'sotto' le altre (vd. supra, inizio capitolo)26.3.Personalmente credo più
corretta la lettura che interpreta ùno nel senso di "subordination, not lower
pitch" 264• L'autore, o più precisamente la fonte da lui utilizzata in questo
punto del trattato, sta qui attribuendo ad Archiloco la prima realizzazione
della heterophoniacitata da Platone265 • Ma mentre quest'ultimo sembrava sot-
tintendere che l'accompagnamento al canto fosse affidato all'improvvisazio-
ne (soprattutto per quel che riguarda la lirica monodica)266, lo pseudo-Plu-
tarco testimonia uno sviluppo anche teoricodi tale pratica strumentale: ... Kaì
tT\çltEpÌ TIÌV !CpoÙ<JiV
'tE Km À.É;lV 8Eropiaç26 7•

,.,.,.

L'estensione della radice ""Kpou-alla totalità dell'esecuzione strumentale


ritorna in un nuovo composto di Kpoùµa, l'aggettivo 1Cpouµato1toioç(lett.
"compositore di kroumata"),lemma con cui in più di un passo letterario vie-
ne appellato il celebre auleta Dorione268.Tale termine sembra essere stato co-

260Cfr. Il. 18. 570: uitò cin& (dove


1CIXÀ.Òv uoo= "con [l'accompagnamento della musica)").
261 Lasserre 1954,p. 144.
262 Weil-Reinach 1900, p. 111n. 285.
26.3
Prolegomenaad Eucl. Sect. can., p. 143 ss. Jan. Per testimonianze relative ad un accompa-
gnamento strumentale più acuto rispetto al canto, si vedano anche Plut. Quaest. conv. 741b
("Quale è la causa della consonanza? E perché, tra le note consonanti che vengono eseguite
insieme, il canto è quella più grave?") e Ps.-Aristot. Probi.19. 12 ("Perché è sempre la più grave
di due corde che dà il canto?").
- 264 Barker 1984,p. 52 n. 20. Cfr. Barker 1995, p. 45.
265 In Ps.-Plut. De mus. 1137b-d (cit. supra) si citano invece esempi di accompagnamento ete-
rofonico realizzati da Olimpo, cronologicamente anteriore ad Archiloco, qui nominato quale
rilpEniç della heterophonia(la contraddizione tra le diverse fonti utilizzate dal De musicaè una
caratteristica costante dell'opera pseudo-plutarchea).
266 Vd. Leg.812d-e, cit. n. 241.
267 Ps.-Plut. De mus. 1144c:" ... non basta essere esperti di musica per emettere un giudizio cri-
tico. Non è possibile essere un perfetto musicista e critico solo per la conoscenza delle singole
parti che sembrano costituire la musica nella sua interezza, come l'abilità nel suonare gli stru-
menti e quella nel cantare, e ancora l'esercizio nella sensibilità, intendo quell'esercizio che è ri-
volto a riconoscere una scala e un ritmo, e oltre a queste cose lo studio della ritmica e dell'armo-
nia (r1Cu: riiç p\18µl1Cllç
1Catriiç apµovl1CTJç ,qxryµau:iaç), della teoria dell'accompagnamento stru-
mentale e dello stile (1Caìttiç irq,t riiv 1Cpoooivu: icaì À.Éçlv8Eoopiaç)e di quant'altro resta ancora".
268 Mach. fr. 8 Gow (cfr. Athen. 337b-c; ibid. 337d; ibid. 338a). In Alciphr. Epist. 4. 13. 11,
Kpouµcinov è il nome di una auletrisdi Megara.
48 Le paroledelleMuse

niato sul modello di µEÀ(>1t0ioç (lett. "compositore di mele"), l'aggettivo uti-


lizzato per descrivere gli antichi poeti lirid 269, ed è proprio in opposizione
l'un l'altro che i due lemmi sono attestati nel De musica di Filodemo di Ga-
dara2711. L'esigenza, da parte degli antichi, di coniare un vocabolo di questo
tipo sembra quindi confermare l'accresciuta importanza e indipendenza ac-
quisita dalla musica strumentale a partire dall'epoca ellenistica 271: se un ter-
mine come µu.o1toita aveva avuto in passato una valenza molto più genera-
le, raccogliendo in sé tutti gli elementi che concorrevano a formare l'antico
concetto di poesia (un connubio indissolubile, secondo la definizione plato-
nica, di parola, musica e ritmo) 272, la specializzazione in senso tecnico svi-
luppata dal nuovo linguaggio teorico-musicale portò alla creazione di neo-
logismi che tradiscono la frantumazione e lo sviluppo in parallelo dei diver-
si aspetti della composizione poetica 273•
Altri due derivati del verbo Kpouromeritano attenzione: il verbo <ryK-
pouoµm = àva1Cpouoµm (glossato nei lessici antichi con àva1tpooiµuiçoµm 274
e àvap<ill.oµm 275 ) e il sostantivo àv<iKpoum.ç(glossato con àvapoÀ:y\)276 , che
assumono il valore tecnico di "(intonare un) preludio strumentale al can-

269 Ad es. in Aristoph. Rlln. 1250 (con riferimento ad Euripide) e Plat. Ion 533e. Numerosi i
composti relativi al 'fare' poetico sviluppatisi nella lingua greca, tra cui tpaycpoo1to\oç(Aristoph.
Thesm.30; Plat. Symp.223d), ICOll.lq>ooJtO\Gç (Plat. Symp.223d), &8\lpaµpo1t0l6ç (Aristot. Rhet.1406b
2; ibid. 1413b 14).
270 Philod. De mus. 4. 17, col. XXVI 29 ss. Neubecker: "se dicessimo che il compositore di
musica strumentale (ic[p]ooµat01t0uiv) è un musicista, dichiareremmo anche che i musicisti inse-
gnano cose senza significato e non potremmo chiamare musicisti (µoucnicouç) Pindaro, Simonide
e tutti gli altri compositori di µil11". Cfr. id. De mus. 4. 18, col. XXIX 13 ss. Neubecker, cit. infra
ca~.3.
71 L'associazione tra canto ed accompagnamento è considerata indissolubile fin dalle testi-
monianze arcaiche (cfr. Il. 11. 730 s.: "a uno infatti la divinità concede la forza guerriera, ad un
altro la danza, ad un altro ancora l'arte della cetra e del canto/1Ci8ap\Vicaì <Ì0\6'1jv").Per la fonda-
mentale supremazia della musica vocale su quella strumentale nel pensiero musicale antico, si
veda Ps.-Arist. Probi.19. 10 (cit. infra cap. 3). Per una testimonianza dell'accresciuta importanza
della musica strumentale in età ellenistica e post-ellenistica, si veda invece, tra gli altri, Ps.-Plut.
De mus. 1144c (cit. n. 267).
272Plat. Resp.398d: tò µ.ÉÀ.oçtictpuÌJVÉcmv avyicriµevov. ).oyou u: icm àpµoviaç icaì pu8µoù.
273 Su questo argomento si veda Wallace 1994 (successivamente ampliato dall'autore in
Wallace 1995).
274Suda a 1920: àvaicpoooµE8a· o'iovàvmtpo0\µ1açoµE9a.
275Suda a 2209: àvEjkillito· 1tpo0\µuiçno, àvEicpouno. Cfr. Schol. Horn. Od. 8. 266, p. 378
Dindorf (~to· Eust. ad Od. 1. 155, voi. I p. 39. 45 Stallbaum (tò &:
àvEicpouno, ltj>OO\µlal;Eto);
wçàaoµevoç. t'ito\ ltJ>OOlµuiçcto);Schol. vet. Plat. Phaed.107a, p.
àvEIJ<illE'to.àv-d toù ltj>O(XVEICJ>OUEto
14 Greene (àvaf3<illo1to, àvaicpouolto). In alcuni carmi di Teocrito, però, i verbi àvaicpoooµm e
àvaj3alloµm non sono precisamente sinonimi, in quanto àvaj3alloµm significa più semplice-
mente "dare inizio" al canto: si vedano, ad es., Teocr. Id. 6. 20 (t<i>6" èm Aaµoitaç àvEjkiU.Eto ICaì
too' cw&v) e 8. 71 (&utq,oç aù ~e; Myup<i>c;
àvEfkillit' <iEi&v).
276Suda a 2209: àvajk>).àç yàp icaì tèu; àva1Cpoucmçicaì tèu; àpxaç.Per una trattazione sistematica
dello sviluppo semantico del lessema àvajk>).'ljsi vedano le differenti posizioni di Pagliaro 1953,
pp. 41-62; Restani 1983, p. 147 ss.; Restani 1984, p. 204; Comotti 1989.
1. Ul lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 49

to" 277• Questo sembra infatti essere il significato dei lemmi in Teocrito Id. 4. 31
s. (" ... anch'io sono un suonatore,/ faccio bei preludi strumentali- cxyJq)O\Xr
µm- alle arie di Glauce e a quelle di Pirro") e in Strabone Geogr.9. 3. 10 (" ... e
ai citarodi aggiunsero auleti e citaristi che suonarono senza cantare - xropì.ç
ci>mlç JJS, producendo una melodia che è chiamata nomosPitico. Le sue parti
sono cinque: àyicpoumç, àµJtnpa, Ka'talCÙEOOµoç, iaµpo1 e OOIC't'l>ÀOt,<ropt-yyEç •••
attraverso questa melodia si vuole celebrare la lotta di Apollo con il dragone,
mostrando l'àyicpo001.çcome il preludio - 'tÒ 1tpo0iµ1ov-, l'àµ1tElpa come la
prima prova dell'agone, il Ka'talCÙEOOµoç come la vera e propria lotta")279.
Sembrano invece attestare un significato più generale del verbo, vale a
dire "intonare un canto", alcune testimonianze lessicografiche (Suda, Fozio)
e scoliastiche280. Anche il verbo àvajxiUoµm, citato tra i sinonimi di àva-
Kpoooµm, sembra ampliare il proprio valore originario in epoca tarda 281•

......
L'ultima serie di composti di tq>OOO> oggetto della nostra analisi è riferita da
fonti piuttosto tarde come i trattati anonimi sulla musica pubblicati nel 1841 da
F. Bellermann e gli Harmonicadi Manuele Briennio: ''la proJcrousism, quando ci
sono due suoni di tempo minore, è questo: due note che muovono dai suoni
gravi verso gli acuti sia in maniera diretta (come sol-la),sia attraverso il salto di
una terza (sol-la;,t),di una quarta (sol-do),di una quinta (sol-re). L'ekkrousis 283

777 Cfr. Schol. ree. Plat. Thaet. 175e, p. 436 Greene (t6 u yàp 1tpo1CpO'llµa -riìc;n8cipac; avafk>À:r'l
l«Witat) e Schol.vet. Pind. Pyth. 1. 5d, voi. Il p. 9 Drachmann (tàç av~c; Kaì ICpO\l(mc;,dove
i due lemmi sono utilizzati per distinguere le introduzioni 'vocali' e 'strumentali').
278 L'espressione xropìc;<i>m,c; conferma che il preludio era puramente strumentale.
'Zl9 Cfr. Plut. Sept. Sap.Conv. 161d: "e, dopo aver prima intonato un preludio (ltj)O(lVaKpoooci-
7, che invocava gli dei del mare, cantò il nomos(se. Pitico)".
Sudaµ 1445 (upì 'Ayci8wv6c; ♦'lffl toù lto\TltO'\I.wc;
À.ElttàICUÌàyiruMJ avalCpoooµÉVOU µil11); Phot.
Bibl. 509a (àva1Cpouoao9m µ0.oç); Nonn. Dion. 25. 425 (àva1Cpooovta µH.oc;); Schol. Aristoph.
Thesm.100, p. 265 Diibner (wc; À.ElttàKaì àyiruMXavaKpoooµivou µil11 tO'\I'Ayci8wvoc;).Un frammen-
to comico (Autocr. fr. 1 K.-A., databile all'incirca tra V e IV sec. a.C.) utilizza il verbo avaKpooo
nel suo significato più letterale, quello 'percussivo': Kava1Cpooooom XEfX>ÌV (il soggetto sono le
fanciulle Lidie, forse le TuµJtaV\otai che danno il titolo alla commedia).
281 Cfr. West 1981, p. 122 ("Later writers use avajkiU.to9m rather loosely of beginning a song,
etc., with or without accompaniment") e Restani 1983, p. 156 ("negli scrittori ellenistici e post-
ellenistici, avajkiU.to9m ha i valori di 'incominciare un proemio', 'preludiare con la poesia', o
genericamente di 'suonare' ... ").
282 npoKpouoic; eonv evoc;. toùt' fonv H.anovoc; xpovou 6uo JlÉÀ.11, toùt' fon 6uo +96yy0\ à,tò tcàv
j3apéU1V m tà òçta o\ov àptooic; µìv Flu)C, qiµtooic; lit &à tpuÌJVFu, &à uoo<iprov F '1, lità uvu F <. Il
riferimento di questi termini alla pratica strumentale è confermato dalla testimonianza di
Bryenn. p. 310. 26 s. Jonker: ... 1tpo1Cpooolc; µtv Èonv h tou ~ttpou ~ rn't tò oç'UtEf)Ov Katà
µiloc; òpyavlKÒv mtamc; 1't0\ avcioomc; (per il valore dell'espressione òpyUVlKòvvd. Anon.
JlÉÀ.oc;
Beli.29-30: ÒpyaY\KÒV lit µiloc; UyEtm tò tlCtCÌJV ouv~u:µtv11JVàlltjì.o,c; ~- oKllÀntm Kpoùµa).
283 "EICICpooolc;lit tà ÙIIEVavtiatomo,c; à,tò tcàv òéj,llJVÈ1tÌ tà papta o\ov àptooic; µìv C F, qiµtooic; lit
lità tpicàv u F, lità uoo<iprov '1 F, lità ntvn: < F. Cfr. Bryenn. p. 310. 30 s. Jonker:'ElCICpoOOlc;lit tà
50 Le paroledelleMuse

invece indica il contrario: dai suoni acuti a quelli gravi, sia attraverso il moto
congiunto (come la-sol),sia con l'intervallo di una terza (la:;t-sol), di una quarta
(do-sol), di una quinta (re-sol).L'ekkrousmos si ha quando in mezzo alla stessa
284

nota ripetuta due volte ricorre una nota più acuta, come sol-la-solo la-la:;t-la'''JBS.
Se il tecnicismo prokrousisindica il movimento melodico, per cosi dire,
'ascendente' verso l'acuto (à1tò 'tcÌ>vJiapérovÈm'tà ò~éa) nell'ambito di una
melodia strumentale (x:a'tà ~ òpy<Mx:ov),la sua controparte prolepsisindica
lo stesso movimento in una melodia vocale (x:a'tà µ0001.x:òv~ 286• Il corri-

spettivo vocale di ekkrousis,invece, che da parte sua indica il movimento


melodico 'discendente' verso il grave (àJtò 'tcÌ>vòéj,oJvÈ1tÌ'tà Jxxpro)nell'ambito
di una melodia strumentale, è ÈlcÀ.T1'1'lç 287• Infine, il termine ekkrousmos indica la
nota di volta ascendente in una melodia strumentale: la figurazione melodica
equivalente in una melodia vocale, secondo Briennio, è detta eklemmatismos'2BB.
Tali movimenti melodici, puntualizza il trattato, potevano procedere per moto
congiunto (àµéo-roç)o disgiunto (qq.i.roroç) 289 : l'analisi dei frammenti musicali

superstiti porta però a concludere che era il moto congiunto a prevalere ri-
spetto agli altri intervallim. Inoltre il salto melodico, secondo gli esempi sopra

ilJtEVavriatouto1ç Tjto1rutò toù òçuttpou +eoyyoutm tò IJapuupov Katà µiloç òpyav11Còv àw:mç. i)v nw~
KCIÀ.800\V ~• fV r.çw8Ev.
284 "Enpouaµòç lìÉ:tanv. otav toù mitoù +eoyyou &ç ).aµllavoµtvou µtaoç ,uxpai..aµjkivT)tmòçuupoç
+eoyyoçOlOV F C F fui C u C . Secondo Bryenn. p. 312. 7 ss. Jonker, ekkrousmosindica invece la
nota di volta 'discendente': tKJCpou<a)µòç lìÉ:.otav toù aùtoù +eoyyou01çJCatà µiloç òpyav\lCòv).aµJ3a-
voµtvou µtaoç IJapuupoç ~yyoç òµoiroç JCatà µiloç òpyavtKÒvltap(lÀAXµl}<iVT)tm. Il movimento melo-
dico ascendente in Briennio è indicato dal termine prokrousmos(ibid. p. 312. 3 ss. Jonker): ,rpolC-
po'U(a)µòçlit. otav tou aùtou +eoyyou&ç JCatà µiloç òpyaviJCòv).aµllavoµtvou µtaoç òçuupoç +eoyyoç
òµoiroç JCatà µÉkoç opyavuc:òv napaÀaµ~avT)tm. È evidente che il compilatore degli Anonimi
Bel/ermannianiha saltato la descrizione del termine ekkrousmosed ha attribuito ad esso la descri-
zione corrispondente a prokrousmos:l'ordine è correttamente conservato in Briennio.
285 Anon. Beli. 6-8 (cfr. ibid. 88-90).
286Cfr. Anon. Beli.4 (npokTJ'lfiçtcmv tK tou J3aputtpou +eoyyoutm tòv òçuupov JCatà µiloç brita<nç
i\to1 àvooomç) e Bryenn. p. 308. 19 s. Jonker (npoÀTJ'lflçµèv oi,v fonv ÈJC toù J3aputtpou +eoyyoutm tò
òçuupov JCatà µoU<nKòvµiloç britamç i\tm àvooomç). Un'interpretazione diversa è fornita da West
che, notando come tutti gli esempi degli anonimi di Bellerman riportino i simboli della notazio-
ne strumentale e non tenendo conto della testimonianza di Briennio che distingue tra mousikon
ed organikonmelos, fa una semplice differenziazione di tipo ritmico (West 1992, p. 204). Secondo
la sua lettura, prokrousised ekkrousisindicano le stesse figure melodiche, ascendenti e discen-
denti, designate dai termini prolepsis ed eklepsis, dimezzate però nella loro durata temporale
(dr. l'inciso in Anon. Beli.6: tout· fonv tì..rittovoç xpovou òoo µÉÀfl).
287Cfr. Anon. Beli. 5 ("E1CÀTJ1V1c; lit tà ùuvavtia toùto1ç ànò tmv òçutéprov tm tà ~a àvt:mç) e
Bryenn. p. 310. 3 s. Jonker ("E1CÀTJ1V1c; lit tà \lllt'.vavtia touto1ç i\to1 rutò toù òçutépou tm tò ~uttpov
Katà µoU<nJCÒv µt>..oçàvt:enç). Il termine ÀÌ11tllc; (< ).aµ~ro, lett. "presa" - se. delle corde -) è riferi-
bile al canto perché regola, secondo Aristide Quintiliano, la 'scelta' della tessitura nella melopea
(De mus. p. 29. 2 ss. W.-1.).
288 Bryenn. p. 310. 20 ss. Jonker.
289 Quando una melodia era composta per note in successione diretta si parlava di IÌYIIJ'Yll,
mentre quando le note della melodia saltavano a gradi non adiacenti si aveva il fenomeno della
AAO!Clj (Arist. Quint. De mus. p. 16. 19 ss. W.-1.).
290 Vd. West 1992, p. 191 s.
1. LAlinguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 51

riferiti291, poteva andare da un intervallo minimo di seconda ad uno massimo


di quinta. L'evidenza dei frammenti musicali smentisce però (pur in minima
parte) tali affermazioni: si veda, ad es., DAGM 24. 1, dove troviamo un salto di
sesta discendente, o DAGM 39. 4, dove è addirittura presente una settima
discendente (per altri esempi dr. West 1992,p. 192).
Negli Anonimi Bellermannianitroviamo inoltre l'attestazione del termine
Kpouµcxtoy~icx: "La diastolé292 è utilizzata nei canti e nella notazione stru-
mentale (i:m Tiiç Kpouµcxtoypcx+icxç) per indicare una pausa e per dividere
quello che precede da quello che viene successivemente. Il suo simbolo è
questo: 7"293 • Il valore del lemma è, alla lettera, quello di "scrittura strumen-
tale", il naturale opposto di µù.oypcx+icx(la cui interpretazione ha però solle-
vato discussioni connesse alla diffusione della scrittura musicale nel mondo
antico) 294 . Probabilmente anche la creazione del neologismo Kpouµcxtoy~icx
fu motivata dalla sempre maggiore autonomia acquisita dalla musica stru-
mentale295(processo già evidenziato per altri composti di Kpouro)296 .

291 Bryenn. p. 308. 27 ss. Jonker: "ma qualora volessimo creare una prolepsismelodica parten-
do dalla proslambanomene,saremmo costretti a limitarla alla quinta; se partissimo invece dalla
hYr;:J_eI alla quarta".

Bryenn. p. 312. 15 s. Jonker: TIli: &aatOÀ.lÌba u tÒJVq>!ì(Ì)\ticaì t'Ìlç icpooµatoy~aç iropaAaµ-


P«ivttatavCXJtaOOlXJa icaì XClll'içoooatà iq>oayovta rutò tÒJVbn~OJV (sulla diastoleletteraria cfr.
Dion. Thrax Ars Gramm.Suppi. I De Prosodiis,p. 114 Uhlig: 1Ìli: &aatoÀ.lÌ ti8nm, ot' àv &aamÀ.m
icaì «axCllpiCJm~Mllµtv ttva W;iv. o\ov fottv, àl;ioç).
293 Anon. Beli. 11 (cfr. ibid.93 e Bryenn. p. 312. 15 s. Jonker, cit. n. prec.). ll simbolo ]che teggia-
no nel testo di Najock è una correzione dell'editore (la lezione dei manoscritti è /:· in A, :- in B, :
in C), motivata dalla forma che la diastoleassume nei testi letterari (Turner 1971, p. 12 s.).
294 Secondo Marrou 1946 (tesi respinta da West 1992, p. 271 n. 47, e da Bélis 1988b- cfr. Bélis
1999, p. 163 s. -), il termine melographia,che appare in due iscrizioni di età ellenistica provenien-
ti dall'Asia Minore che contengono liste di vincitori in prove culturali giovanili (CIG 3088 e SIG
960), non è da intendersi come scripturasiglorummelicorum(così Boeckh in CJG, voi. li, p. 678b)
bensì più genericamente quale "poésie lyrique": è infatti difficile per Marrou immaginare che la
conoscenza della notazione musicale, comunemente ritenuta esclusivo appannaggio degli spe-
cialisti nel settore, fosse in epoca ellenistica una componente essenziale della formazione giova-
nile al pari di 1C18apql&a,1:0JIU!)&ae tpayqi6ia (tre delle altre discipline citate nelle liste epigrafi-
che). Per un valore simile del termine vd. anche Anth. Pal. App. 3. 186 (... µ116'u.cyri11v,µ11tpa-
"fl"TIVµoooav, µ111i:µùoy~11v, dove il contesto suggerisce l'interpretazione del termine quale
sinonimo di µù.o1t01ia).
295 Senza per questo sottintendere nulla a proposito della anteriorità della notazione vocale
su ~ella strumentale (comunemente considerata la più antica).
Se facciamo solo un accenno al mondo romano, troviamo una situazione esattamente
opposta. Non esiste infatti in latino un verbo che indichi l'atto di 'suonare' uno strumento: per
esprimere questo concetto, i romani impiegavano il verbo canoseguito dal nome dello strumen-
to in caso ablativo (ad es. fidibus canere),indice di una strettissima interdipendenza tra musica
vocale e strumentale. Per un'ampia trattazione dell'argomento, si veda Peruzzi 1993, p. 351 s.:
"in latino, 'suonare' (uno strumento) si dice 'cantare per mezzo di uno strumento' ... quest'uso
dicano con l'ablativo ... denota che l'attività vocale prevaleva su quella dell'esecutore strumen-
tale". Sullo sviluppo di tali espressioni in età rinascimentale e barocca, in cui ancora "gli stru-
menti si aprivano una via faticosa verso l'emancipazione dalla voce", cfr. Durante-Martellotti
1985, p. 165.
II

PERCEZIONE ACUSTICA E DESCRIZIONE METAFORICA DEL SUONO PRESSO I GRECI

Il lessico musicale che si è soliti definire metaforico,più che un'oggetti-


vità descrittiva pertinente ad una determinata sfera sensoriale - poi passata
per estensione semantica ad altre sfere - in molti casi rispecchia principal-
mente le modalità con cui il suono veniva percepito dall'uditore. Ad esem-
pio un suono "acuto" (òçuç), al di là delle connotazioni relative all'altezza
non ancora presenti nel suo impiego iniziale, è un suono che colpisce l'udito
come fosse una freccia (in Omero òçuç è più spesso utilizzato come attributo
di oggetti militari); un suono "grande" (µtyac;),cioè "forte", "intenso", è per-
cepito come una massa corporea di grandi dimensioni; e cosi via. Potremmo
definire questa aggettivazione primordiale squisitamente soggettivao psicolo-
gica(anche se uno sviluppo organico delle dottrine sulla percezione e i pro-
cessi cognitivi, secondo cui negli esseri senzienti è il cervello che rielabora e
cataloga i percetti dei vari organi di senso, si avrà solo con Alcmeone di Cro-
tone nel V sec. a.C.). Per questo motivo lo stesso aggettivo, ad es. m1ep6~si
trova indifferentemente applicato dagli autori antichi a più sfere sensoriali
(tatt<>297,udito298,gusto299,odorato-300)con un procedimento che sarebbe ri-
duttivo descrivere quale sinestesico:il suo significato primo e principe è rela-
tivo al modo "pungente" e "penetrante" di percepire l'oggetto in questione
e, in virtù di questo, l'epiteto può afferire a qualsiasi sfera sensoriale-10
1•

Quel che in definitiva traspare dal linguaggio più arcaico è come esso
fosse prevalentemente concreto, legato all'oggetto e alla sua ricezione, inca-

m Riferito ad otawçin Il. 4. 118.


298 Soph. Philoct.189, Oed.Col. 1610; Eur. Phoen.883, Troad.1227; Aristoph. Pax 805.
299 Per un valore di itucpoçopposto a -yAuicuç,con valenza di "amaro" o "salato", dr. n.11. 846;
Od. 5. 323; Hdt. 4. 52. 3; Aristot. De an. 421a 27; Theophr. fr. 274 Fortenbaugh; Just. Mart. DiJJl.
cum Tryph.86. 1; Ptol. Harm. p. 93. 18 Dilring; Plut. Adv. Col. 1120e; Plut. Quaest. conv. 684b;
OriJ;contraCelsum 1. 159 Kall.
nucpoç ha valore di "acre"con riferimento all'odore in Od. 4. 406, Akiphr. Epist. 3. 23. 4,
Theophr. De odor.2.
301 Cfr. Aristot. Top.106a 25 s. (cit. p. 71). Sulla sinestesia nel mondo antico vd. Stanford 1936,
cap. 3 app. A.
54 Le paroledelleMuse

pace di astrarne le qualità (quali colore, intensità, acutezza, etc.) da un punto


di vista concettuale-102.Che questo processo sia tipico di una cultura pre-let-
teraria, nella quale l'assenza di scrittura rende più difficile la formulazione
del pensiero astratto, è già stato ipotizzato da Havelock e altri studiosi del
fenomeno dell'oralità 303 • Un'analisi di questa tipologia lessicale è perciò im-
portante ai fini di ricostruire l'articolazione, da parte degli antichi, della real-
tà sensoriale riflessa nel linguaggio verbale e per ricostruire lo sviluppo
delle idee che conseguono alla percezione sensoriale dell'evento sonoro: per
fare questo ci inoltreremo nello studio della terminologia propria di tatto,
vista, gusto e olfatto, là dove essa è utilizzata in riferimento all'udito.

a. Terminidellasferatattile

Se vista e udito sono i sensi ritenuti fondamentali per la conoscenza e se


percezione acustica e percezione visiva sono più spesso associate nelle fonti
antiche»', pur tuttavia l'aggettivazione più arcaica utilizzata in riferimento
ai suoni è quella che li descrive come "corpi" fisici (coo1CEp K<XÌtà aroµata) 305 o
"grandezze" materiali (J1€YÉ8T1) 306 • Le coppie di opposti specializzatesi in
campo musicale talora coincidono con quelle del linguaggio comune, come
avviene ad esempio per µi:yaç/µtKpoç ("grande" /"piccolo") GKÀT1poç/µw.a-
Koç("duro" /"molle"), À.EJttoç/mxxuç ("sottile" /"massiccio"), àpoo.oç/m)lCVOç
("poroso" /"denso"), tpaxuç/À.Eìoç("ruvido" /''liscio"), mentre in casi come

302 Si tenga presente che, all'origine del pensiero antico, non esistono proprietà distinte dalle
sostanze (cosi come ugualmente moderna è la distinzione tra percettoe concetto).Sullo sviluppo
dei concetti logici nella filosofia antica si vedano le belle pagine di Jaeger 19983, p. 277 ss.
303 Havelock 1983, p. 273 ss. e, più in generale, Ong 1986, p. 79 ss.
304 Plat. Euthyd. 281d; dr. id. Theaet.174e e Soph. 232a; Aristot. De an. 420a 27 ss.; Ptol. Harm.
p. 5. 24 Diiring; Schol.Il. 3. 152b, voi. I p. 386 Erbse. Vista e udito (come sottolinea Hagège 1989,
in uno studio dedicato alla genesi e allo sviluppo del linguaggio) sono sensi che permettono
entrambi una ricezione differita nello spazio, non vincolando cioè la ricezione dell'oggetto alla
sua immediata prossimità: proprio per questo motivo essi si sono rivelati cosi fondamentali allo
sviluppo della comunicazione linguistica.
305 Ps.-Aristot. De audib.803a 13. Sull'importanza fondamentale del tatto come senso di vitale
im~rtanza per uomini e animali si veda Aristot. De an. 434b 23 s.
Cosi ancora Philol. fr. 6 D.-K. (àpµoviru;µtyr8oç, riferendosi all'ottava); Aristox. Harm. p. 7.
19 ss. Da Rios (cit. n. 440); Porph. in Ptol. p. 61. 30 ss. Diiring (citando Teofrasto: "cosi essi - se. i
pitagorici - dicono che la musica consiste di quantità/tv JtOOOtTl'tl, poiché le differenze esistono
sulla base della quantità"); e cosi via. Si dr., in proposito, ciò che afferma un filosofo contempo-
raneo sulla percezione dei fenomeni musicali, senza alcun riferimento al mondo antico: "Dal
punto di vista della costituzione percettiva, sono i momenti pratico-tattili, piuttosto che quelli
legati alla visualità, a fornire la nozione primariadella materia ... subito ci imbattiamo nella
matericitàfenomenologicadei suoni, nel fatto cioè che i suoni si manifestano corposamente,come
massesonorei cui caratteri possono essere avvertiti come una trasposizione sul piano uditivo
delle proprietà delle sostanzemateriali come il legno o il metallo" (Piana 1991, p. 104 ss.).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 55

quello di ~uç/~ ("acuto" /"grave") si utilizzano lemmi ordinari 307 per


creare una nuova opposizione valida unicamente in campo musicale-'308.
La coppia ~uç/~ è usata in contesti relativi al suono fin dai poemi
omerici. Il termine ~uç,lett. "acuto, acuminato", è utilizzato per indicare un
suono o una qualsiasi emozione che colpisce l'uditore come un corpo ap-
puntito, ad es. in Il. 19. 125 ("disse cosi, pena acuta colpi Zeus nel petto pro-
fondo")309,allo stesso modo di una freccia o un dardo.310• Bapuc;, lett. "grave,
pesante", è presente nella formula papi> atEVaxrov (lett. "gemendo pesante-
mente")311proprio ad indicare la pesantezzadel dolore (e del conseguente la-
mento) da un punto di vista soggettivo. Il gemito è "grave" nel senso che
opprime l'animo come un peso: questo il valore dell'espressione in Eschilo
Pers.571 s., a'ttvt IC<XÌ&x1CVciçou, papi> 6' àµl}oaaov ("sospira e angùstiati, pro-
fondamente grida"P • Si noti che lo stesso gemito, da una prospettiva con-
12

traria (dal punto di vista cioè di chi lo percepisce) è descritto invece come
"acuto", ad es. in Sofocle El. 243 (~utovrov yorov) ed Euripide Phoen.883 (m1C-
poùçyoouç). Entrambi gli aspetti sono ben rappresentati nell'esempio omeri-
co di Il. 18. 70 s.: "E ad Achille singhiozzante (tq> aè papi>otEV<ixovt1) s'avvi-
cinò la madre augusta, e con lamento acuto (~ù aè 1Crote00aaa)prese la testa
del figlio e disse piangendo parole fugaci (btta 1ttEpotvta)". È evidente come
tale aggettivazione rifletta il punto di vista del personaggio maschile,
'oppresso' dal proprio dolore e 'colpito' abexternodal lamento materno.313•

30'l In Top.106a 16 ss. Aristotele afferma che "non sarà lo stesso acuto (tò wtò òçu) a risultare
contrario sia dell'ottuso (t<i>tiµID,ii) che del grave (t<i> !Japii), eppure l'acuto è contrario ad en-
trambi. D'altra parte il contrario del grave, rispetto alla voce, è l'acuto, rispetto al peso il legge-
ro (tò IC~V )".
308 Su questa aggettivazione si vedano le pagine 218 ss. di I<aimio 1977.
309 Cfr.11. 17. 89 (òçù Po1\<Jaç),17. 256 (òçù 6°ci1toucmr), 18. 71 (òçù &: ic(l)ICl)(Jaoa),22. 141 (ò 6' t-y-
yu8tv òçù À.ÙT11C<oç). Con lo stesso valore si vedano anche gli aggettivi &atopoç ("penetrante,
acuto", vd. Suda s.v.), detto della tromba in Aeschyl. Eum. 567 (&atopoç Tup<nJvtlCTI aaÀ.lnyç}e
della voce in Joseph. Aav. Ant. /ud. 10. 8 (µriçovt icaì &at6pq>~ ~); 1U1Cpoç(cit. supra n. 298);
&aiq,ucnoç ("che penetra profondamente"), detto del grido in//. 8. 227, 11. 275, 11. 586, 12. 439,
13. 149, 17. 247 (~ li: &mqni<nov), della cetra in Hymn. Hom. 5. 80 (&impucnov 1Ct8apiço,v)o, più
genericamente, del rumore prodotto dal tuono in Soph. Oed. Col. 1479.
310 Più spesso òçuç è utilizzato in riferimento al ptAoç(I/. 4. 126, 4. 185, 11. 269, 11. 392, 11. 845,
20. 437) o allo çi~ (4. 530, 12. 190, 14. 496, 20. 284, 21. 116). Per un uso dell'aggettivo in riferi-
mento ad altri sensi, come gusto e odorato, cfr. Xen. Cyr. 6. 2. 31, Plat. Tim. 74c, Diph. fr. 18. 1 K.-
A., Aristot. De an. 421a 30; per la vista vd. Pind. Nem. 10. 62 e Plat. Phaedr. 250d.
311 n.1.364,8.334,9. 16, 16.20, 18.10, 18.78, 18.323,23.60;0d.4.516,5.420,8.95,8.534,10.16.
312 Il primo vero e proprio riferimento dell'aggettivo f3apuçalla parola +eoyyoç è in Od. 9. 257:
liaaavtOJY~v u papùv wtov u KÉÀlalpOv (il mostro è Polifemo). Questa espressione può essere
messa a confronto con la "voce tonante" (13af>u1Ctu1toç)di Zeus descritta dall'Inno omericoa
Demetra (v. 3) o da Esiodo Op. 79, Theog.388 e 818, in quest'ultimo caso con riferimento a
Poseidone, I' 'Evvooiymoç ("scuotitore di terra"). Il contesto è comunque sempre relativo ad un
suono che spaventa, atterisce: è detto dei leoni in Hymn. Hom. 5. 159 (~ u Arovto,v) e
in Pind. Pyth.5. 57 (IJapuicoµitOl).
313 Si confronti qui la duplicità delle espressioni utilizzate per rendere più esplicita l'incisività
del lamento materno, òçù icm1CU<Jaoa ed biro KupoEVta (su cui vd. n. 319).
56 l.RparoledelleMuse

A partire da questo significato metaforico, la coppia si specializzerà ad


indicare i due diversi registri della scala musicale, "acuto" e "grave" 314, pur
mantenendo sempre viva l'originaria valenza fisico-tattile315, come risulta da
alcune testimonianze tarde in cui il suono è ancora descritto quale "corpo"
(e dove alle tre dimensioni di altezza, larghezza e lunghezza corrispondono
accento musicale, intensità e ritmo): omnem vocemcorpusesse316 ••• vox corpus
esseostenditur.Quod est suum corporis,hoc est in altitudinem,latitudinem,longi-
tudinem ... syllabaealtitudinemhabentin tenore,latitudinemin spiritu, longitudi-
nem in tempore3 17•

L'apparente stranezza della associazione "acuto" /"grave", dove le nor-


mali antitesi fisiche sarebbero dovute essere "acuto" /"smussato" (òçuç/àµ-
e "grave" /"leggero" (fiapuç/Koù+oç), si spiega quindi in virtù di que-
f3>.:uç)318
sta originaria valenza percettiva: è "acuto" quanto viene recepito dall'esterno,
sia esso suono o parola, come qualcosa capace di colpire nel segno319, mentre
è "grave" ciò che scaturisce da un'emozione interioree pesa sul cuore come
una massa di grandi dimensioni3 20 • Quando, secoli dopo, l'acustica antica
tenterà di spiegare le cause fisiche della maggiore o minore acutezza di un
suono - inteso come il prodotto dell'impatto di un corpo sull'aria (anch'essa

314 Come appare già in Platone (Crat. 399b, Symp. 187a-b, Phaedr.268d, Phil. 17c, Tim. 80a, cfr.

Xen. Cyn. 6. 20), nella maggior parte dei casi con riferimento all'accento musicale della lingua
greca, il tovoç triç +rovriç(cit. supra). Concordo con Steinmayer (1985, p. 143) nel ritenere la
descrizione del suono òç~oç prodotto dalla 1tT11Criç (Tel. fr. 810. 4 Page) come una semplice
ag~ettivazione tesa a descrivere "the emotional perception of the péktis's sound".
15 Come sottolinea anche Barker 2000.
316 Varro fr. 47. Tolemeo (Harm. p. 6. 14 ss. Diiring), trasferendo le proprietà dei corpi che pro-
ducono il suono ai suoni stessi, parlerà delle loro differenze qualitative e quantitative (6ux~pàç
Katci u tò 1tolòvKCXÌ 1Catàtò 1tooov) in termini di "costituzione corporea" (1tapà tàç oroµanKàç
<ru<Jtciaaç).
317 Prisc. lnst. Gramm. 1. 4.
318"Aµj3À.uç è detto dell'udito (e della vista) in Plat. Euthyd. 281d e Ps.-Aristot. Probi.7. 5.
319 È interessante notare che la metafora del suono "acuto", che colpisce l'uditore come una
freccia, può ricollegarsi alla metafora delle "parole alate" (Èltw 1ttEpOEVta) nell'interpretazione
data da Durante 1976, p. 126 ss. Egli osserva che il perno della metafora non sarebbe il parallelo
parole-uccelli, in quanto in Omero 1tu:p<>Elç non è mai epiteto degli uccelli, ma quello parole--
frecce: "alate", anzi "pennute" sono le parole perché "volano ben dirette, sono adeguate alla si-
tazione, ben imbroccate, EÙ<Jt<>xa ... l'immagine della parola scagliata qual freccia è oltremodo
cara alla grecità". Si noti che, nella trattatistica teorica, sarà proprio la velocità (taxu-niçl dello
JtVri,µaa rendere la phòne òçna, cioè in qualche modo più incisiva, centrante con più precisione
e forza il suo obiettivo <Ps.-Aristot. De aud. 803a 7 s., cfr. Archyt. fr. 1 D.-K.: "anche quando, par-
lando o cantando, vogliamo emettere una voce forte/µqa e acuta/òçu, mandiamo il fiato con
forza/o~ ... questo accade come per le anni da getto/<OOltEj) tm j3r)..<òv:quelle lanciate con
violenza/ioxuproç vanno lontano; quelle lanciate debolmente/ ào8tvroç vanno vicino"). Sul-
l'espressione "scagliare la voce" (òlt(l iévm), dove 'lT1µ1 è in Omero usato con particolare frequen-
za a J'roposito delle frecce, si veda Laspia 1996, p. 87 ss.
32 Una prospettiva simile (dall'esterno verso il soggetto senziente o viceversa) è ricostruita
da Spatafora 1996 per le due differenti modalità del "gioire" espresse dai verbi xcrif)(I) e 'Yl')8rm.
Sulla fisiologia del lamento e sulla 'fisicità' del dolore psichico si veda invece Spatafora 1997.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 57

concepita quale corpo materiale), dove è la maggiore o minor velocità di tale


corpo a determinarne l'intonazione3 21 - ne rappresenterà le differenze pro-
prio in termini 'quantitativi': "ciò che è grave (tò j3apu) è lento a causa della
sua quantità (atà tò 1tÀ.Tl8oç},mentre ciò che è acuto (tò òçu) è veloce a causa
della minore quantità (at· ÒÀlyotT1ta)" 322• La consapevolezza espressa da Ari-
stotele sull'uso dei due aggettivi quali metafore tattili 323 non impedirà, come
testimoniano le fonti citate, di continuare a percepire il suono in maniera
corporea anche dopo che Aristosseno di Taranto ne avrà tentata una formu-
lazione più astratta servendosi di una metaforizzazione 'visiva', rappresen-
tando cioè il suono quale punto spazialmente inesteso (à1tÀ.aTI1ç) 324•

Un'altra coppia di termini della sfera tattile impiegati in contesto musicale


è µqaì..T1/µucpa ("grande" /"piccola"), utilizVlti per descrivere l'intensità della
+o>vt\percepita quale grande o piccola quantità di aria in movimenta3 25 : "la

321 Archyt. fr. 1 D.-K (ci taxèia lcivamc;ò!;ùv 1t0tèi, a & ~a paçùv tòv àxov); Plat. Tim. 80a
(ooot +eoyyot taxà.c; u: 1Caì.~e; ò!;à.c;u: K"aì.papric; "1ivovtm); Aristot. De gen. an. 787a 30 s. (tò &
t~ù ò!;ù ev~ù).
22 Ps.-Aristot. Probi.19. 37 (cfr. id. Probi.11. 13, 11. 19, 11. 53). Per un'analisi delle conseguen-
ze di questa concezione quantitativa del suono in vista di una verticalizzazione dello spettro
sonoro (in cui all'opposizione 'acuto' /'grave' viene a corrispondere una localizzazione
'alto' /'basso' come conseguenza della 'gravità' o 'pesantezza' dei suoni-corpi) si veda Rocconi
2003a.
323 Aristot. De an. 420a 29 ss.: "Questi termini - se. tò ò!;ù K"aÌ. tò papu- sono usati per metafora
dal tatto (1Catà µEta+opàv ootò tii:NmCÌ>V): il suono acuto (tò ò!;u) colpisce i sensi in poco tempo
per un ampio tratto, il grave (tò papu)in molto tempo per un piccolo tratto ... Tali qualità del
suono sembrano avere un'analogia con l'acuto (ò~ri) e l'ottuso (àµjiÀri) percepiti dal tatto.
L'acuto infatti, per cosi dire, punge (K"tVtil), mentre l'ottuso spinge (cri8tl)" (cfr. Top. 106a 16 ss.,
cit. n. 307). In età più tarda, si veda ancora Sext. Emp. Adv. math. 6. 40: "Il suono, da parte sua, è
acuto o grave, e ciascuna di queste due qualità prende metaforicamente il suo appellativo dai
dati sensibili del tatto (ciJtòtii:NJtq>Ì -nìv °"riv aia8TJtrov). Come, infatti, il linguaggio ordinario ha
chiamato "acuto" ciò che si presenta pungente o tagliente al tatto, e ha chiamato "grave" ciò
che provoca una contusione o una compressione, allo stesso modo chiama anche acuto quel
suono che, per cosi dire, taglia l'udito (oiovrl ttµv{)U(Jav-nìv a1Cotjv)e grave quello che, in un certo
senso, lo contunde (fiicJJtq> 8À.<00av )".
324 Porph. in Ptol. p. 82. 5 Diiring (cfr. Nicom. Ench. p. 243.1 Jan). Per lo sviluppo di questa
concezione del suono, che passa attraverso una mediazione prevalentemente 'visiva', vd. infra,
s~lmente la n. 441.
325 Aristot. De gen. an. 786b 9 s., 787a 4 s., 787a 12 ss.; id. Hist. an. 545a 6 ss.; id. Rhet. 1403b 29
(cit. n. 96); Ps.-Aristot. Probi.7. 5 e 11. 37; Porph. in Ptol. pp. 40. 9, 47. 7 e 57. 11 Diiring; Joseph.
Flav. Ant. /ud. 10. 8 (cit. n. 309). Cfr. Ptol. Hann. p. 65. 17 Diiring (tò µtyE8oç nic; +rovi1c;); Aristot.
De gen. an. 786b 33 s. e 788a 31 s., Ps.-Aristot. Probi.11. 35, Porph. in Ptol. pp. 57. 6, 57. 13, 80. 20
Diiring (µt1Cpòv1Caì.µtya +efyyta8m); Ps.-Aristot. Probi. 19. 42, Porph. in Ptol. p. 8. 5 Diiring (in
riferimento ad ~xoc;); Xen. Cyn. 6. 20 (detto dei tòvo1 tric;~11c;,gli accenti musicali della lingua
greca). Per uno studio monografico sull'aggettivo µtyaç si veda Bissinger 1966, specialmente le
pp. 113 e 241 ss.
58 Le paroledelleMuse

voce grande (11µeyw.:ri'6JVTI) consiste nel movimento di molta aria (tv 'tQ> 1t0À.ùv
àtpa IC\vnv)" • Si tenga presente che già per Aristotele µey~a
326 e µucpo+o>-
via327sono concetti ben distinti da quelli di 'acutezza' e 'gravità' della voce328.
Le prime accezioni acustiche di termini connotanti 'grandezza' sono
quelle delle formule omeriche µtya <J'tEVaxiçE'to 329 e µtya iaxov330(o µtya potj-

aaç).331,nelle quali la presenza del neutro con valore avverbiale, come nel
caso di µtya <J'tEVaxiçE'toyaìa ("la terra gemeva ampiamente - se. producen-
do un rumore di grandi dimensioni -") 332 , o la concordanza dell'aggettivo
con il sostantivo ì.ax11(µeyw..1]ì.axij = "con grandeclamore"), confermano l'o-
riginaria raffigurazione del suono (grido o lamento) come corpo fisico.
Tale valenza concreta, oltre che nell'uso di questi stessi aggettivi in rife-
rimento alle corde dello strumento o allo xvruµcov333, resta nella descrizione
dell'intervallo (3\a<J'tllµa) come "grandezza" (µÉyE8oç):"in senso propria-
mente musicale, l'intervallo è una grandezzadi suono (µÉ'yE~ +o>VTJç) circo-
scritta da due note (intò 6uriv ~rov JtEPlYEYpaµµÉVrov)" 334• Nello specifico il
termine 'tovoç, quando assume il valore di intervallo tonale, viene definito
335, così come la 3i.Emç,il più piccolo intervallo di un
quale µéy€8oc;notòv +o>vi\c;
sistema musicale, è detta 'tÒµucpo'ta'tov'tf\c;+o>vi\c;Stoo'tllµa 336• Sul senso già in
qualche misura 'astratto' di queste espressioni si parlerà nuovamente e in
maniera più estesa nella sezione dedicata alle metafore visive.

326 Ps.-Aristot. Probi.11. 3. Cfr. Plat. 7im. 67c ("se il movimento è grande/lJE'YllÀl'IVil suono risulta
forte/110U11V,altrimenti è debole/oµucpciv") e Nicom. Ench. p. 243. 5 ss. Jan ("se una pen:ussione o
un'emissione di fiato che viene a cadere sull'aria circostante, colpendola in molte parti, è
forte/110Uoù, si produce un suono potente/lif'Y(XÀl'IV ... +oM\v,
debole/µucpciv nel caso contrario").
327Cfr. l'òÀ.lyo+wvadi Arist. Quint. De mus. p. 41. 7 W.-1. Su un uso di 1t0A.uçaffine e quello di
µtyaç si veda Kaimio 1977, p. 32 s.
328 Aristot. De gen. an. 787a 2 ss. (cit. n. 96). Cfr. Aristot. De an. 422b 29 s. Sulle cause fisiche
della "intensità" (µtyE8o<;) del suono, si veda Ptol. Hann. p. 6. 27 ss. Diiring: "la differenza relativa
alla violenza del corpo percussivo (,rapà n'iv toù Mt\novtoç ~iav) può essere la causa della sola
intensità (JIE'fÉ90')ç ... µovov aitia), non di acutezza o gravità" (in proposito si cfr. Porph. in Ptol. p.
63. 30 ss. Diiring, cit. infran. 356 e i passi di Platone e Nicomaco, citt. supran. 326).
329 li. 2. 784, 7. 95, 16. 391 (µq<il.a awvaxoum), 16. 393 (µcyàì.a awvcixovto), 23. 172 (µcya)..aatt-

v~c;\. 506, 5. 343 (µtya iaxouaa), 14. 421 (µtya icixoVttç), 15. 384 (µcyciA.1:1iaxij), 17. 213, 17. 317,
18. 29 (µcyciA.'laxov), 18. 160 (µtya icixCIJV),18. 228 (µcyciA.'laxd, 21. 10 (µcyciA.'iaxov), 23. 216 (µtya 6'
laxE). Cfr. Od. 9. 392 (µcyàì.a iaxovm), 10. 323 (µtya iaxouaa); Hymn. Hom. 2. 81 (µcyàì.a iaxoooav)
e 82 (µtyav yoov).
331 Il. 17. 334. Cfr. ibid. 4. 425 (µcyàì.a ~), 14. 393 (µcyci).q>ciA.ai..1"1teì>),
14. 399 (µtya pPéµEtm),
16. 429 (µcyàì.a tlciçovtt).
332 Vd. Spatafora 1997, p. 9 (sulla famiglia semantica di attvro): "i termini di questa famiglia
indicano il rumore provocato da una massa che fa pressione su un'altra massa".
333 Ps.-Aristot. De audib. 800a 31 e 800b 16.
334 Arist. Quint. De mus. p. 10. 18 s. W.-1. (cfr. Aristox. Hann. p. 49. 17 Da Rios e Bryenn. Harm.
p. 98. 11 Jonker).
335 Arist. Quint. De mus. p. 20. 2 s. W.-1.(cfr. Cleon. Is. p. 202. 16 ss. Jan).
336 Arist. Quint. De mus. p. 12. 7 W.-1. (cfr. Porph. i11 Ptol. p. 31. 19 Diiring).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 59

La terza coppia di aggettivi tattili utilizzati in contesto musicale è µ.w..a-


"molle" /"duro". Il primo termine, µ.w..aKoc;,detto principal-
1Coç/a1CÀTU><>c;,
mente di superfici solide-13 7, si specializzerà in senso tecnico (quale sinonimo

di àvnµtvoç, "allentato" 338, e in opposizione a auvtovoc;, "teso") con riferi-


mento pragmatico alla tensione delle corde della lira (vd. cap. 1) e andrà
quindi, in virtù di tale senso pratico, ad indicare le "sfumature" (xpom) dei
generi diatonico e cromatico che presentano intervalli di intonazione meno
acuta rispetto alla loro versione più comune-139.
Nelle sue prime accezioni µw..aKoçsi presenta con valenza etica in alter-
nativa all'aggettivo xw..apoc;,"molle, languido", quest'ultimo riferito ad air
µovia in Platone Resp.398e ('Iaati, ~ 6' oc;.Kaì.).:001a'tì.a'ÒXaÀ<Xp<XÌ. KaÀOÙvtat)
e a µoumlCllin Ferecrate fr. 155. 5 K.-A. (xa.Àap<O'tÉpav ... btoiflGExop&xìc;~
&Ka - se. t1ÌVµouatKllV - dove il soggetto è Melanippide) 340 • MaAaKov è
detto il µÉÀ.oço lo '8<>'noc;nei Problemipseudo-aristotelici (19. 49), dove il si-
gnificato sembra essere quello di "dolce, piacevole", detto del suono grave
rispetto all'acuto (ma in cui molto probabilmente persiste anche il senso
pragmatico relativo all'allentamentodel suono e alla sua conseguente gra-
vità); µw..aK<ivè appellata l' 'Aya8rove10vaÙÀ.flmv,l'esecuzione auletica del
poeta tragico Agatone, noto esempio aristofaneo di 'mollezza' ed 'effemmi-
natezza'341;µw..aKai, auµ1tott1Caie xaì..apai sono dette da Platone le armonie
ionica e lidia, eticamente inaccettabili nel suo stato ideale perché moramen-
te lascive342•

m Cfr. Il. 9. 618, 18. 541; Od. 3. 38. Per una descrizione delle componenti della~, che pre-
sentano 1t0Uàç icaì lìux~pouç lìuvaµaç descritte con questo stesso tipo di aggettivazione, dr.
Dion. Hal. De comp.verb.12 (tpaxÉm Aria µiayovta icaì atl11po1.çµ<XÀ.aicà icaì icaic~o,ç ~a).
338 Cfr. cap. 1, spec. n. 64.
3.39 Ad es. il lìlatoviicòv µaAaicov presenta la seguente successione ascendente di intervalli al-
l'interno del tetracordo: 1/2 tono, 3/4 di tono, 5/4 di tono (presenta cioè la lichanosabbassata di
unJ,uarto di tono rispetto al diatonico "teso": semitono, tono, tono).
Cfr. Anth. Pal.5. 99. 1 s. (... cix;1C18apiçaç/ tTIVÙffo:T11V
icpooom n;v u µt011vxai.aom, dove il
valore del verbo è essenzialmente pragmatico, pur se la metafora erotica contenuta nel carme vi
sottintende una sfumatura etica). Cfr. l'uso, in contesto musicale, di a~ç ("tenero, molle,
effemminato") in Stesich. fr. 212. 2 Davies e Bacchyl. fr. 15. 4 Snell-Maehler, e quello di µa).8aic6ç
in Pind. Pyth. 1. 98, 4. 137, 8. 31 e Nem. 9. 49 (con riferimento alla 'piacevolezza' del canto in
senso generico).
341Hesych. a 281. Cfr. Aristoph. Nub. 979, dove l'espressione µaAalCl)vtlJpaari:µEvoçtr1v ~v è
riferita ad un dialogo amoroso.
342 Plat. Resp.398e. Se solitamente la hannonialidia è descritta come la più acuta tra le antiche
scale (Telest. fr. 804. 4 s. Page), si ricordi che Platone cita separatamente la À.UIÌ\ati dalla auvtovo-
Aulìlati, cioè la "lidia" dalla "lidia tesa" (vale a dire "acuta"): è quindi possibile, come abbiamo
già sottolineato nel cap. 1, che l'aggettivo µaAaic6ç sottintenda una 'gravità' relativa della scala
lidia rispetto alla syntonolùlia.
60 Le paroledelleMuse

Ma il trattato in cui tale aggettivazione mantiene maggiormente la sua


valenza tattileè il De audibilibusdi scuola aristotelica: µaÀa1CCO'tÉpa (più "dolce")
e non À.<Xµ1tp<i (cioè meno "limpida") è detta la phoneemessa dell' aulo che ha le
ance poco battenti34.3;µaÀalC<X,cioè "flebile", è la phonein genere quando pro-
dotta da un respiro non violento'344o dal tocco di corde poco tese-145; µaÀa'ICrota-
toç ("debolissimo") è l'rixoç generato dall'allentamento della tensione respira-
toria nella salpinx346; µ<WX1C6ç 7 e µaÀa'ICÒv
(ancora "debole") è lo stesso xvruµcov34
1Caìxrruvov (cioè "morbido e poroso") è il ripa.ç - e il suono da esso prodotto -
quando ha avuto una crescita regolare e non frettolosa 348 o quando è stato poco
cottoJ-1
9; da ultimo, seguendo il principio dell'acustica antica per la quale il

suono è il prodotto della percussione sull'aria di un corpo che viaggia ad una


certa velocità (rivrimç), le diverse tipologie di suoni che, risultando dalle diffe-
renze dei movimenti corporei, colpiscono l'udito (1tpoam1ttouaaç xpòç nìv
ooco11V) sono dette "porose" o "dense" (àpoo.oo;i\ 1ru1CVcxç), "morbide" o "dure"
(µ<WX1Coo; i\ atlripcxç), "sottili" o "pingui" (ÀT11ttoo;
i\ nnxriaç)lSO.
In Tolemeo l'aggettivo µaÀa1Coçtorna, con un valore chiaramente prag-
matico, ad indicare l'intonazione del genere enarmonico: "il genosin musica
(Èv àpµovi~) è quella suddivisione di una determinata qualità che presentano
i suoni che compongono la consonanza di quarta. La prima distinzione di
genere è quella che lo differenzia in due tipologie, secondo il più molle
(1Catà tò µaÀa1CrotEpov)e secondo il più teso (1Catà tò O"UvtovrotEpov); il più
molle è quello che maggiormente raccoglie il carattere (tò O"Uva1Ctl1CrotEpov

343 Ps.-Aristot. De audib. 801b 32 ss.: "è chiaro anche per quel che riguarda gli auli. Infatti
quelli che hanno ance inclinate nell'imboccatura producono un suono più dolce (µaAaKompav),
ma non ugualmente limpido (oux òµoicoç&: A.aµnp<iv);il fiato infatti, viaggiando, cade diretta-
mente in uno spazio aperto e non è più sottoposto a tensione né viene contratto, ma si disperde.
Nel caso invece delle ance maggiormente battenti il suono diventa più duro e più limpido, se
uno le comprime maggiormente con le labbra, perché il fiato viaggia con più sforzo. Quindi i
suoni limpidi (A.aµltp(Xl)si producono per i motivi appena detti". Cfr. ibid. 803a 21: oi.µh µaAaJCéòç
auÀ.OÙ<nv oi.&: oic)..11pi,iç.
344 Ps.-Aristot. De audib.803a 8.
345 Ibid. 803a 33 {µaAaicéòç è detto anche il modo di toccare le corde, in opposizione a ~uxtcoç,in
ibid.803a 31).
346 lbid. 803a 27. Cfr. l'espressione µa).aicéòçllXEÌ.v ("risuonare debolmente") in Ps.-Aristot.
Probi.19. 42.
347 De audib.800b 17 e 803a 13 ss.
348 Ibid. 802a 21.
349 Ibid. 802b 5 (dove l'~X<><;è detto IXlUlÀ.oç."morbido, delicato", quindi "debole") e 803a 33. È
chiaro qui il trasferimento delle proprietà del corpo fisico (ictpaç) al suono.
350 Ibid. 803b 26 ss.: "Quali sono i principi (tàç àpx<iç)dei movimenti che le percussioni dell'a-
ria posseggono, tali sono i suoni che risultano colpire l'udito, vale a dire porosi o densi, morbidi
o duri, sottili o pingui". Cfr. Ps.-Eucl. Sect.Can. p. 148. 9 ss. Jan (cit. supra cap. 1): "ogni suono è
causato da un urto e questo è impossibile se non preceduto da un moto; dei moti (1C1vl\<,EOJV),
alcuni sono più frequenti (,ruJCVoupm),altri più rari (àpmoupm), e ai primi si debbono i suoni
acuti, agli altri i più gravi" (su questo senso della coppia ,ruJCVoç/ àpmoç. vd. infra).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 61

toù i\8ouç}351, il più teso quello che maggiormente lo separa (tò 6uxcna.niccòtE-
pov) ... il più morbido è l'enarmonico, il più teso il diatonico" 352• Infatti l'e-
narmonico (1 / 4 di tono, 1/ 4 di tono, ditono) è più "molle, rilassato" del dia-
tonico in quanto l'intonazione delle sue note mobili è più grave rispetto a
quella delle note di un tetracordo diatonico (semitono, tono, tono) 353 e quin-
di, in qualche misura, più 'raccolta' 354•
Il valore di µw..aicoç,perciò, oscilla tra il senso pragmatico,derivato dal
vocabolario degli strumenti a corda, di 'allentamento' (con riferimento alla
gravità dei suoni prodotti), il senso etico di 'mollezza', che esso condivide
con XCXÀapC>ç, e quello percettivodi 'debolezza' 355 - affine all'uso di àa9Evt\ç
("debole", in contrapposizone ad ìaxupoç, "forte") 356 - proprio delle occor-
renze del De audibilibus.Nel descrivere un suono in base alla sua ricezioneda
parte del soggetto senziente, risulta "debole" quel suono che colpisce l'udito
come un corpo di consistenza "molle": "infatti le cose dure (aicÀ.Tjpo:) e ruvi-
de (tpa.xÉa.) colpiscono i sensi più violentemente (j3tmotEpov)" • 357

Meno frequenti sono le occorrenze musicali dell'opposto tattile di µw..a-


icoç,vale a dire oteÀ.Tjpoç("duro, rigido"). Completamente assente è la valen-
za etica (l'armonia dorica, che si contrappone alle scale "molli" e "convivia-
li" per il caratere virile che ispira, è detta l3imoç,vale a dire "energica", da
Platone), mentre permane il senso pratico e percettivo del termine: nel De

351 "Carattere" (~8oç) nel senso di "modo abituale di essere" con riferimento alla costituzione
strutturale della melodia, non alla persona che la percepisce (cosi Barker 1989, p. 302 n. 108).
352 Ptol. Hann. p. 28. 27 ss. Diiring (= Porph. in Ptol. p. 136. 5 ss. Diiring, con la variante &acmi-
µatucwpov per &aaux-tucwpov). Si veda inoltre Ptol. Hann. p. 34. 3.3s. (µaAaKcimxtov µ.ÉVhm JtaV'tCIJY
uàv'fF'/Ò'Ntò ÈvapµovlOV) e p. 98. 25 s. Diiring (tji rotà tò ÈvapµovtOV avÉon mi µaÀ.alCÒffl'tl ICClÌ.tji rotà
tò &arovucòv~ icaì.<JWtOvic;d. Stesso valore pragmatico ha µaAaxoç alle pp. 39. 3, 49. 13 e 80.
10 Diiring del trattato tolemaico (in quest'ultimo caso opposto a <nf.jlf.()(i."duro"), mentre altrove
l'a~vo è ormai divenuto un tecnicismo atto ad indicare le varie "sfumature" (xpocn)di genere.
Cfr. ibid. p. 35. 1 ss. Diiring: µaÀ.aicumpalìè +aiVEtmica&oì..out<̵riçova tòv ~ov qovta
~ icaì.crovwvumpa t<Ìila.nova.
Il senso di 'raccoglimento' e 'accumulo' (crovalC'tliccotEpOv) proprio del carattere dell'enar-
monico si riferisce, forse, alla compressione dei suoi due intervalli più gravi, cioè alla presenza
de~knon (cit. infra).
Questo probabilmente il senso di Porph. in Ptol. p. 51. 21 Diiring, dove alle voci maschili,
atl11poupol e ~oupol, sono opposte le voci femminili, µaÀ.aicompcne òç~ou:pm (cfr.
Aristot. Hist. an. 538b 12 ss.).
356 Per un uso musicale della coppia àa8Ev11c;/iaxupoc;si vedano Aristot. Hist. an. 536a 7
(À.ElmÌV xaì. àoeEvri+a>vllv- passo espunto da Aubert e W1DUner-), Porph. in Ptol. p. 63. 30 ss.
Diiring (tò yàp òçuupov ~El òv èic6TJA.oupov, ouic iaxupoupov, JtOj)j)01ttpmàv-nA11irtov èan toù jlaplr
upou), Porph. ibid. p. 77. 28 Diiring (iax\JjXÌ>vu: icaì.àoeEvfÌlv- se. ~fÌlv -); cfr. Ps.-Aristot. Probi.
11. 13 (oi µtv aa8Evriç oçu·òllyov ycìpàtpa nvoùcnv), 11. 21 e 11. 34, dove la debolezza si riferisce,
più precisamente, alla fonte di produzione sonora. In proposito si veda anche l'uso musicale di
Òj.l.T1Vflvoç
("privo di consistenza, debole", solitamente detto di ombre e fantasmi) in Ps.-Aristot.
TIJ+oMJ).
Probi.11. 6 (C4JEV11VÌJ
357 Ps.-Aristot. De audib. 803b 14 s. Sulla capacità dei corpi "duri" (aupai) di risuonare mag-
giormente si veda anche Aristot. De an. 419b 6 ss., cit. n. 397.
62 Le paroledelleMuse

audibilibusG1CÀ.T1poçè detto lo pneumon 358, atlT1po'tÉpa e 6lEG1UXCJµÉVT1


("rotta,
strappata") la phoneprodotta da un respiro secco360o violento.36 (come un
359 1

corpo scagliato con violenza risulta più "duro" all'impatto, così '1a voce di-
venta più dura per la violenza - se. dell'impatto - mentre in caso contrario è
più morbida") 362 , G1CÀ.T1potatm sono le percussioni dell'aria su corde mag-
giormente tese (6là TIÌV 1Cat<itoo:nvtcÌ>vxop&òv) e i suoni da queste prodotti 363•
Ma se il senso pratico di µCXÀ.a.K<>ç è causa di gravità sonora in virtù del
senso di allentamentoche l'aggettivo ha in relazione alle corde di uno stru-
mento, questo non vale per G1CÀ.T1poç come causa di acutezza: "dunque la
causa dell'acuto è il denso (tò m>KVov),non il duro (tò <J1CÀ.T1pov), poiché è
possibile che ciò che è maggiormente duro (GlCÀ.Tlf)OtEpov) non sia anche più
364
acuto (òçu+<ov6tepov)" • La À.E1tt<>tT1ç ("sottigliezza") e la m>1CV<>tT1ç("densi-
tà") sono, pragmaticamente, causa di acutezza in virtù del fatto che una cor-
da "densa" 365, "tesa" (E'Ùtovoç)366 e "sottile" 367 produce un suono di intona-
zione più acuta, mentre il concetto di "durezza" di un suono dipende unica-
mente dalla violenza del suo impatto sull'uditore: infatti "i suoni duri
(a1CÀT1pai)sono quelli che colpiscono l'udito violentemente (Piairoç)" 368•

358 lbid. 800a 32 e 34, 800b 2 e 14, 803a 14.


359 Cfr. Aristoph. Nub. 960 ({>T)çov ~v, dove {>T\"yvuµl = "rompere, spezzare"); Ps.-Aristot. De
audib. 804b 12 (c:i.xopp,yyvoo8cn& <n>µjkxivntàç +o,vaç-dr. id. Probi. 11. 12 e 46 -); Hesych. 8 780
(8pooç· <JICÀ.flpà ~ ... ii tE8pauaµtvri ~- dove 9paOOl= "rompere, spezzare").
360 Ps.-Aristot. De audib. 801a 17 (dr. ibid.802b 28)
361 lbid. 803a 6 s. (11µtv yàp tax\JtTlçtoù JtVElll.l(Xtoç
JWlEÌtT)v~v oçriav, 11& Pia atlripciv). I con-
cetti di òl;utriç e ~triç della voce sono ben distinti da quelli di atlripotriç e µaÀ.a1C<>t1Jçin Ps.-
Aristot. De audib. 803a 7 ss.
362 Ps.-Aristot. De audib. 803a 23 s.: TI~ &à tT)VPiav, 1Càv ~ µaÀ.alCtOtÉpa.
yiyvetm (Jl(À.flpotqXX
Cfr. ibid. 802b 40 (JtaVU<;yàp oi.jitmol - se. 1111>+in -yiyvovtm <JICÀ.flpoi)e Hesych. a 6676 (~·
-rij +mvi:i atlripoc;, dove ciiroa~ vale "stringere, contrarre"). Si veda inoltre l'uso omerico di
<XtaJ)llç("duro, solido") in riferimento alla voce in Il. 13. 45, 17. 555 e 22. 227.
363 lbid. 803a 37 ss. Vengono qui di nuovo trasferite sul piano sonoro le proprietà del corpo
fisico che lo produce, cosl come in De audib. 803b 22 s. (dove il suono À.Dttoçè metaforicamente
appellato tPlXo»TI,cioè "sottile come un capello"): 6TJM>v 6" tatì 1Caì.t:m tmv xop6mv·mtò yàp tmv
À.DttmvICCll tà ~a yiyveta1 À.efftà ICCll
<Jtt:VàICCll
tplXo»TI·
364Porph. in Ptol. p. 51. 18 ss. Diiring.
365 Ptol. Hann. p. 7. 23 s. (lan toù µtv òçutipou Jt€f>l1Wlfltl1Cà tò KUICVtmpov 1Caì.tò À.Dtt<>tq>Ov)
e p.
17. 11 S. Diiring (tàç KUICVOtq)(Xç ICCll
À.DttOtqXXçÈv taiç mrtaiç taattnV òl;U"ltpouç ~ IWlEÌ V), dr.
Ps.-Aristot. De audib. 804a 27 ss. Per un'altra interpretazione del termine iru1CV6c;, vd. infra.
366 Ptol. Hann. p. 8. 4 s. Diiring ("ciò che è più teso/eùtovompov nelle percussioni diventa più
impetuoso/a+o6potq>0v, ciò che è più impetuoso risulta più compatto/a8poootq>0v, ciò che è
più compatto è più acuto/òçwpov") e Nicom. Ench. p. 243. 17 ss. Jan ("negli strumenti a corda,
tensioni maggiori e più potenti/rowvroupm producono suoni più forti e più acuti/òçmtpouç").
367 Vd. n. 365. Leptosè collegato alla oxeiaphonèanche in Schol.Eur. Or. 176.
368 Ps.-Aristot. De audib. 802b 30 s. (dr. le nn. 361-362 supra). Si veda inoltre l'uso di cnq,roc;
(affine a quello di atlflpoi;) in Aristot. De an. 419b 6 ss. (cit. n. 397), Ps.-Aristot. Probi.11. 23, Ptol.
Hann. p. 80. 9 Diiring. In proposito si consideri anche l'espressione omerica XaÀ.n~oç (lett.
"dalla voce di bronzo"), solitamente interpretata in riferimento all'intensità della voce in virtù
della capacità di risonanza del bronzo (vd. Kaimio 1977, pp. 36 e 78).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 63

La "sottigliezza" (A.E1ttot11ç}
e la "pinguedine" (mxut11ç}dei suoni si rife-
riscono dunque più comunemente, con valore pragmatico, allo spessore
delle corde che, in base ad esso, producono suoni più acuti o più gravi 369• Fin
dai poemi omerici, però, la phoneviene essa stessa descritta come "sottile"
in senso fisico-tattile370, cioè "dolce" 371nel suo impatto con l'uditore
(À.T11tt11)
in virtù delle sue dimensioni ridotte: "Le voci sono sottili (A.Efl:tai)quando lo
pneumache va a colpire l'udito è poco (ÒÀ.iyov)372 • Perciò sono sottili le voci
dei bambini, e anche quelle delle donne e degli eunuchi, e ugualmente quel-
le di chi è debilitato per malattia o fatica o mancanza di nutrimento: infatti
questi non possono emettere molta aria a causa della mancanza di forza (6là
nìv àa8Évaav)" 373; e ancora " ... come una linea e altre cose sottili (À.€1tt<i)
hanno una sola dimensione, mentre le cose pingui (mxro) ne hanno di più,
così una voce sottile (11 A.Efl:tTl
~) può avere una sola dimensione? Infatti è
più facile produrre e muovere una cosa sola rispetto a tante" 374•
Voci "esili, sottili", formate da una quantità minore di pneuma, sono
quindi più abitualmente le voci femminili, ma anche quelle degli uccelli o
dei fantasmi (probabilmente in virtù della loro inconsistenza corporea)375:
l'aggettivo è usato in Aristofane Aves 245, <Ìf.l+lnT't\lpiçav A.Efl:tov(alla lettera
"cinguettare sottilmente"),sempre in associazione con l'idea di dolcezza(ibid.
246: TIOOµÉV~ +<ov~)376_

369 Ad es. Ps.-Aristot. De audib. 803b 22 s. (cit. n. 363); Ps.-Aristot. Probi. 11. 6 (À.Elml- se. ii
~ - lit (Japàa ou1t lonv ... aU' òçù liv1XY1CT1); ibid. 11. 19 (ai yòp AEJrto'tEplll
xop&xì òçuupai rim);
Nicom. Ench. p. 255. 19 s. Jan (ai tÒJY xop&ìJvnaxut11uç};Theon in Plat. p. 57. 2 Hiller (mxouç tÒJY
xop&ìJv).
370 Il. 18. 571 (ì.mtaÀ.É1J~); Sapph. fr. 24d. 66 V. ((A)Dtt~(): Aristoph. fr. 844 K.-A. (ÀEff-
t~oç); Eur. fr. 773. 23 Nauck (AE,rtàv .•. apµoviav); Aristot. Hist. an. 545a 7 (+mvilvÀEfftT\V1tai
J1t1Cp<iv);Luc. Menipp.21 (dove Trresia è detto AEJrt~oç). Cfr. l'immagine sottesa all'espressione
~ ...m tptXfOOTI ("sottile come un capello") in De audib.803b 22 s. (cit. n. 363).
371 Vd. anche Sudaµ 1445 (cit. n. 280); Hesych. t 1275 (tpm>À.Ov· l\61,·AEJrtov);Zenodor. 255. 22
(À.DttÒv Q&tv); Schol.Aristoph. Thesm.100, p. 265 Diibner (cit. n. 280).
372 Cfr. Ps.-Aristot. Probi. 11. 20 (À.tittottpa TI~'1 a+ucvritat &à tTIV ÒÀ.lyotrttatoù a.Époç toù

ICl~OU) e 11. 32 (oi lit ~~Ol òçu - se. ~vtm - ... COOtE
ÒÀ.iyovatpa IClVOÙ<nV).
373 Ps.-Aristot. De audib.803b 18 ss. Cfr. Aristot. De gen. an. 788a 18 ss. ("il soffio caldo produce
gravità di suono - ~av - a causa della grossezz.a- lìtà mxutrtta -, quello freddo il contra-
rio a causa della sottigliezza - lìtà ÀEfftotllta -") e Ps.-Aristot. Probi.11. 3. Si veda inoltre l'uso
musicale di iaxvòç ("secco, sottile", quindi "debole"), detto della voce in Ps.-Aristot. Probi.11. 35.
374 Ps.-Aristot. Probi.11. 16 (sulla percezione di un suono À.tlttoçsi veda anche ibid. 11. 6).
375 Sulla À.tlttotrtçdelle voci femminili si veda Aristot. Hist. an. 538b 12 s. (llq)i ~ç lit, JtaVta
tà 91\À.tawrto+o,YOtEpaICaiòçu+o,votEpa) e 545a 7 ss. (~acn +mvilvÀ.Efft"ÌlV !Cmµucpàv ai 91\À.ttat...
+mvilv~flOlv ò µtv app11vµE'ylV.'IV1taì papriav. Un'eccezione è quella dei buoi, unica specie ani-
male in cui le femmine hanno una voce più grave dei maschi, dr. Hist. an. 538b 14 s.: oi PoEçP«-
f1\ltEPOV t8tr,ovtm ai 91\À.ttmtÒJYàpptvOJY). Sulla "sottigliezza", da un punto di vista descrittivo,
della voce propria dei morti, ad es. in Lycophr. Alex. 686 s., si vedano le osservazioni di Strama-
~ 1995, p. 199 ss.
376L'associazione tra 'piacevolezza', 'acutezza' e 'precisione' del suono "sottile" (ÀEfftoç), pn:r
prio di uccelli e cicale, è ancora in Ps.-Aristot. De audib.804a 22 ss.: "Armoniose (Àlyupai) sono le
64 Le paroledelleMuse

I suoni "pingui, spessi" (mxxrim) si hanno invece, all'opposto, "quando


lo pneuma che viene emesso è abbondante e compatto (noÀ:Ù x:aì à8poov): per-
ciò sono più spesse le voci degli uomini e degli auli perfetti ('tU.El.ot), e ancor
più quando questi si riempiono d'aria ... se si abbassano le canne e le si ten-
gono ferme, la massa sonora (òyicoç) è molto maggiore a causa della quantità
d'aria, cosi come avviene anche per le corde più spesse (xaxu'tÉprovxop-
&ì>v)" 377.
Un suono "spesso" è dunque quello che, descritto come corpo fisico,
"prende volume" (À.aµ~avav òyicov)378• Esso aumenta, nella prospettiva di chi
lo percepisce, le proprie dimensioni3 79 (con trasferimento delle proprietà
degli agenti di produzione sonora, corde o pneuma, al suono in sé) 380 e in
virtù di questo rallenta il proprio movimento, assumendo così un'intonazio-
ne più grave381• Come eventuale opposto del valore "dolce, piacevole" di
si veda, sempre in riferimento a suoni animali, Arato Phaen. 953, mx-
ÀE1t'toç
XÉ«x:po>çoooa("gracchiando in modo sgradevole"):qui la valenza del neutro
avverbiale mxxéa è suggerita dal verbo x:pcòçro
("gracchiare, gracidare"), il cui
soggetto è la "cornacchia" (x:oprov11).

Venendo alla coppia di aggettivi àpmoç/1tUx:v6ç("poroso" /"denso"), essi


si ritroveranno quali termini tecnici della trattatistica teorico-musicale con la
funzione di indicare una delle diverse classificazioni possibili degli intervalli
(diastémata):"tra gli intervalli, alcuni sono porosi (àpmci), altri densi (1tUx:vci);
quelli densi sono i più piccoli, come le dieseis(ai. 3tÉ<JEtç},mentre quelli poro-

voci sottili e dense (Àmtaì icaì x1.ncvai),come quelle delle cicale, delle cavallette e degli usignoli
e, più in generale, di tutte le voci che, essendo sottili, non hanno una risonanza che proviene da
altra fonte. In generale, la melodiosità (tò À.lyupov)non consiste nel volume della voce, né nei
suoni rilassati e d'intonazione grave, ma prevalentemente nell'acutezza (òçut11n), nella sotti-
gliezza (ÀVrtO'tTltl) e nella precisione (àicp1Jxii;i)''.
377 Ps.-Aristot. De audib. 804a 9 ss. (cfr. Ps.-Aristot. Probi. 11. 17, cit. n. 381). In Ptol. Harm.
p. 7. 19 s. Diiring, all'aggettivo 1taxuç (se. vo+oç) è opposto iaxvoç, "sottile, magro" (cosi come
in Porph. in Ptol. p. 77. 29 Diiring). Cfr. anche Luc. Nigr. 11: ♦8tyyovta1 icaì iaxvòv icaì
yuvmic<Ì>«ç.
378lbid. 804a 21 (cfr. Porph. in Ptol. pp. 75. 32 e 76. 6 Diiring). Sulla amµanlClÌ mxxut11çriferita ai
suoni, cfr. Arist. Quint. De mus. p. 105. 24 s. W.-1.
379 Tolemeo, parlando delle qualità (1W16t11uç} dei suoni che sono causa di acutezza e gravità,
descrive come "denso" un corpo che ha più sostanza nello stesso volume e come "spesso" un
corpo che, costituito in modo simile, possiede più sostanza nella stessa lunghezza: JrulCVOupov
yapÈan tò ÈV'iaq, òyicq,wi.ova qov oooiav. icaì xaxuupov tÒJVòµo1ooootatC1JYtò ÈViaq, µ1\im wi.ova
qov oooiav (Harm.p. 7. 22 s. Diiring).
380 Porph. in Ptol. pp. 44-45 Diiring.
381Ps.-Aristot. Probi.11. 17: xaxu'ttpou 6È òvtoç (se. toù àt:poç)f¼,a6utÉpa,; rivflmç yivEtm. roou:,;
+oovTI
jkxputq><x (cfr. ibid. 11. 32 e 11. 61).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 65

si sono i più grandi, come la quarta (tò &à tECJCJapo>v)" 382 • Vedremo come tale

classificazione sia più legata alla metaforizzazione visiva sul diagramma che
ad una interpretazione dei suoni quali corpi fisici (dr. la 1eatmruicvrocn.ç, o
"compressione" dei suoni, suggerita già da Platone con riferimento alle spe-
culazioni degli empirici 383, o l'elaborazione del tecnicismo Jt\)ICVOV 384 quale

termine indicante l'insieme dei due intervalli più gravi di un sistema tetra-
cordale, solo però nel caso in cui la loro somma non superi il restante inter-
vallo).
Sulla Jt\)ICVOTll<;
come causa di acutezza in senso pratico, con probabile
riferimento alle corde della lira, si vedano invece i già citati passi di Tolemeo
e Porfirio.385.Uno dei Problematapseudo-aristotelici suggerisce però che la
in quei contesti, possa anche intendersi come "frequenza" degli
Jt\)ICV<>Tllç,
impatti tra i suoni-corpi (l'aggettivo Jt\)ICVO<; significa infatti anche "frequen-
te, ripetuto"): "si potrebbe affermare che il movimento che la produce (i.e. la
voce acuta) è anche più veloce, e potrebbe esserlo se lo pneuma che muove
l'aria fosse frequente (,ruicvov)386 e stretto (CJ"tn'ov). Infatti una piccola quanti-
tà d'aria si muove più facilmente (e l'aria mossa da qualche cosa di stretto è
poca), mentre ciò che è frequente produce numerosi impatti (1tì..f1y<i<;), che
sono poi quelli che generano il suono ('lf~v)" 387•
Con lo stesso significato la ,ruicvoni<; è opposta alla µavoni<; (lett. "incon-
sistenza, poca compattezza") in Platone: "quanto alla heterophoniae al far
variazioni sulla lira, quando le corde danno suoni diversi da quelli voluti
dal poeta che ha composto la melodia, e per quanto riguarda l'accostamento
e l'opposizione di suoni frequentie rari (,ruicvonita µavonin) 388, rapidi e lenti
(taxo<; Jipaoutf1n), acuti e gravi (òçunita fxxpunin) ... ebbene tutte queste cose

382 Arist. Quint. De mus. p. 11. 21 ss. W.-1. (dr. ibid. p. 14. 24 W.-1.,dove si parla di àpma e ,rul(-
va crucm\µata). In Aristide Quintiliano la distinzione in intervalli "porosi" e "densi" si aggiunge,
assieme a quella per intervalli "pari" o "dispari" (àfma/,rqnaaa), alle cinque tradizionali suddi-
visioni aristosseniche che classificavano i diastémataper "grandezza" (µt-yEeoç}, "genere" (ytvoç),
"consonanti" o "dissonanti" (~a/lil~a), "semplici" o "composti" (aauv9Ttta/cniv9TJta),
"razionali" o "irrazionali" (Pf1ta/ ciì.oya).
383 Plat. Resp. 531a.
384 Aristox. Harm. p. 24. 11 ss. Da Rios (ma con senso tecnico già in Ps.-Aristot. Probi.19. 47).
385 Vd. suprann. 364-36.5.
386 Per l'uso di ,rul(Voçin riferimento allo XVEUµOJY si vedano Ps.-Aristot. De audib. 800a 31 e
802a 10. Il medesimo significato è anche in Hes. Op. 582 ss. (1\xtta "tttti~ / &vlìptq, t~çoµevoç
À.lyup11v"ataXEllt't' a.ol&lìv/ ,rul(VÒV ), dove ,rul(Voçè detto del canto insistentee ripetuto
intò itupvyo>v
della cicala.
387 Ps.-Aristot. Probi.11. 19. Cfr. Ps.-Eucl. Sect. Can. p. 148. 9 ss. Jan (cit. n. 350) e Bryenn. p. 94.
4 ss. Jonker. Per un precedente poetico di tale concezione, si cfr. l'uso di alilvoç (lett. "fitto,
denso") detto di suono o lamento in Il. 18. 316, ibid.23. 225, Od. 4. 721, etc.
388 Forse in questo stesso senso va letta l'affermazione di Tolemeo secondo la quale "la causa
dell'acuto è il denso/frequente (tò ltUl(Votq>OV) e il sottile, del grave il poroso/raro (tò µavotq>Ov)
e il grosso" (Harm. p. 7. 23 s. Diiring, cit. anche a n. 36.5).
66 Le paroledelleMuse

non servono ai ragazzi, che in tre anni devono scegliere con rapidità ciò che
di utile vi è nella musica" 389•
Nel De audibilibus,infine, l'aggettivo sembra riferirsi alla consistenza - e
conseguente 'risonanza' - del suono il quale, in virtù della sua densità, col-
pisce più chiaramente i sensi: "allo stesso modo dobbiamo supporre che i
più chiari O,.aµ1tp0t<itaç, cioè "squillanti") tra i suoni siano quelli maggior-
mente in grado di colpire l'udito (nvEÌv nìv à1eo11v).Questi sono i suoni di-
stinti (a•ìç), consistenti (m)lcvai) e puri (1ea8apai), e quelli che riescono a
estendersi più lontano; infatti anche in tutti gli altri oggetti sensibili quelli
più forti (tà ìaxupotEpa), più robusti (m,1CVotEpa)e più puri producono le
sensazioni più distinte fo•attpaç notEÌ tàç ai<J911anç)"390 •
All'opposto stanno gli oggetti àpatotEpa, vale a dire quelli "maggior-
mente porosi", che "appaiono meno distinti (àariµotEpa) ai sensi (npòç nìv
ai<J8Tlmv)"391 • In contesto musicale questa espressione si traduce in 'sordità'
o 'scarsa risonanza', in virtù del fatto che un corpo poroso è uno scarso vei-
colo di trasmissione sonora 392• Tra i sinonimi di àprooç utilizzati in riferimen-
to ai suoni si vedano xaùvoç ("poroso, a grana non compatta") 393 , µavoç ("ra-
ro, non compatto" - vd. la µav6TT1çcit. supra-)3 94 e aoµ+oç ("spugnoso, poro-
so")395.
,.,.,.

L'ultima coppia di termini oggetto della nostra indagine è tpaxuç/À.Ètoç


(rispettivamente "aspro, ruvido" e ''liscio, levigato"), aggettivi comunemen-
te utilizzati per descrivere le superfici di oggetti tangibili. Proprio in virtù
delle loro qualità di "ruvidezza" e "levigatura", i corpi che fungono da vei-
colo di rifrazione sonora modificano le proprie capacità di risonanza: "la

389 Plat. Leg.812d-e (dt. anche a n. 241).


390 Ps.-Aristot. De audib. 801b 26 ss. (dr. ibid. 802b 12). Anche in De audib. 802a 8 ss. uno
pneumon,nncvoçè causa di suoni ).apffpai (dr. Kaimio 1977, p. 123 n. 329).
391 Ps.-Aristot. De audib. 802a 13 s.
392 Ps.-Aristot. Probi.11. 8; Aristot. De an. 419b 6.
393 Ptol. Hann. p. 7. 19 Diiring: 1116'ouç,ruicvoùçii xcruvouç.
394 Ptol. Hann. p. 7. 17 s. Diiring: &à lit -rilçµavot1'Jtoç ii lt'lllCVOt1'Jtoç
... 1tolOt1'Jtaç(dr. Porph. in
Pto~p. 44-45 Diiring).
3 Hipp. De morb. 2. 33 (+etr,Eun a~v, "parla senza risonanza, in modo sordo", detto di
chi ha un polipo nel naso) e Aristot. Top. 106b 7 ss. (dove aoµ+,\ è detta la voce intermedia tra
quella ÀnllO\,lett. "bianca" - vale a dire squillante - e µu.mva, lett. "nera" - cioè cupa-). Si noti
la strana associazione tra aggettivi della sfera visiva ed aggettivi della sfera tattile, ben sottoli-
neata dallo stesso Aristotele (ibid.): "tra squillante e cupo il termine intermedio nei colori è il
grigio (tò ~ov) e nella voce, per contro, non compare oppure, se mai sussiste, è il pastoso(tò
aoµ+ov), secondo quanto dicono alcuni, che la voce pastosa è intermedia". In proposito, dr.
anche Alex. Aphrod. in Top.329. 28.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Gred 67

causa della voce roca (tiìc;-rpaxu+o,vi~ ainov), di quella levigata (-ro-ùAriav


dvat TIÌV+o:,vt\v)e di ogni siffatta discontinuità (àvroµa.Ài~ è il fatto che la
parte e l'organo attraverso cui si trae la voce sia ruvido o liscio (-rpaxù ti
À.EÌov)396 e, in generale, continuo e discontinuo (òµw..òv ti àvmµw.ov)" 397 • Di
qui il trasferimento di tali proprietà dagli oggetti al suono in sé-198 e la conse-
guente adozione, in campo musicale, di una nuova coppia di opposti tattili,
la À.Et<>'tllc;
1eaì-rpaxu'tllc;
+o:,viic;
399 •

L'opposizione tra i due termini si traduce, di fatto, in un'opposizione tra


'piacevolezza' e 'sgradevolezza' (la stessa percezione che, in contesto materia-
le, è provocata dal contatto con un oggetto ruvido o liscio): "i respiri grandi e
scorrevoli (À.EÌa)mettono in moto la regione della sensazione (-ròv -riìc;
ai.a8tim:o>c;
't01t0v)e in questo modo provocano piacere(T}OUVEl);
invece i respiri ruvidi - i.e.
discontinui (-rpaxro)-, causando una ~ione violenta, turbano(cma) tale
regione400e si propagano più lontano a causa della potenza percussiva" 401• La

396 Tra le cause di una voce tpaxutEpa ci sono l'umidità presente nella trachea, canale di con-
duzione del suono, tipica di coloro che soffrono d'insonnia (Ps.-Aristot. Probi.11. 11, cfr. Aristot.
De gen. an. 788a 25 ss.), oppure l'irritazione della gola provocata dal calore febbrile (Ps.-Aristot.
Probi.11. 22). In tutti questi casi l'ostruzione del canale in cui transita l'aria ne rende irregolare
la fuoriuscita e, di conseguenz.a, il movimento. Per un uso aggettivale simile, in riferimento alla
voce, si veda aaepoç(lett. "spezzato, rotto") in Aristot. De audib.804a 32.
m Aristot. De gen. an. 788a 22 ss. Cfr. Aristot. De an. 419b 6 ss. ("alcune cose diciamo infatti
che non hanno suono, ad esempio la spugna e la lana, mentre altre si, come il bronzo e i corpi
duri e lisci/ awpeà itaì Ària e ciò perché possono risuonare, ovvero produrre un suono in atto fra
loro e l'udito"); Ps.-Aristot. Probi.11. 25 ("Perché i cori 'sono meno distinti, quando le orchestre
sono coperte di paglia? Forse è a causa della ruvidezza/&à TI'tvtpaxut11m che la voce, cadendo
su un suolo non liscio/mi Àriov, è meno unita e di conseguenz.a è di meno? Infatti non è conti-
nua. Allo stesso modo anche la luce splende maggiormente su superfici liscie per il fatto che
non è interrotta da alcun ostacolo"); ibid. 11. 7 e 11. 8.
398Oltre ai passi citati, la phone è descritta come ipaxàa o Ària in Plat. Poi. 307a; Xen. An. 2. 6.
9; Ps.-Aristot. De audib. 803b 12 (l'aggettivo è qui riferito a 1!fo+oç);Dion. Hai. De comp. verb. 12
(cit. n. 337); Nicom. Ench. p. 243. 8 Jan; Ptol. Harm. p. 7. 16 s. Diiring (ancora riferito a ~;
Porph. in Ptol. pp. 32. 29 (cit. n. 401), 77. 30, 96. 5 s. Diiring (cit. n. 401); ibid. pp. 38. 20 e 42. 27
Diiring (di nuovo riferito a 1!fo+oç);ibid. p. 161. 34 Diiring (riferito a TIX<Ò); Arist. Quint. De mus. p.
79. 10 W.-1. Si vedano inoltre l'espressione rilµa &: 1toviou ipaxci in Aeschyl. Prom. 1048, ed
Eustazio ad Il. 3. 151, voi. I, p. 623. 19 s. van der Valk, il quale afferma che i vecchi Troiani citati
da Omero, in quanto PapPaptitompov topoi, sono paragonabili alla cicala toì.ç tpaxu+<,ivotç.
399 Aristot. De an. 422b 31 (cfr. id. De gen.an. 786b 10).
400 Cfr. Ps.-Aristot. De audib. 803b 11 ss.: " ... proprio a causa del fatto che la percussione del-
l'aria avviene ad intervalli piccoli e numerosi, i suoni che colpiscono l'udito sono ruvidi (ipaxriç
oi ~t), e ancor più quando vengono in attrito con qualcosa di ruvido, come nel caso del tatto.
Infatti gli oggetti duri e ruvidi (tpaxro) colpiscono i sensi in maniera più violenta (Ptmou:pov
KOtàtat -nìvaio9TJ(nv)".Sulla frequenz.a e violenz.a dell'impatto sonoro, che rende i sistemi musi-
cali~ù gravi tpaxuvoµEVa, cfr. Arist. Quint. De mus. p. 81. 7 ss. W.-1.
Ps.-Aristot. Probi.7. 5. Cfr. Porph. in Ptol. p. 32. 29 Diiring (ȵµÙilç 6' ria\ ~a\ a\ ltpOOllvriç
xaì Àriat); ibid. p. 96. 5 s. Diiring ().ria itaì ltp001JV1)çrx ri]ç itpa<moç tçaito\it:tat +<ovi1);Arist. Quint.
p. 67. 27 s. W.-1.(rv àitomç toùç µtv ).riouç itaì ltpOOllvciç-1\xouçtç tò eì1J..u,toùç &: tpaxl>'ttpouç ciç toi>--
vav-dov àpµonovta); Bryenn. p. 144. 26 Jonker (Àrioi u: ÒÀ.Cllçitaì ltpOOllvnç itaì ~t - se. ~t -
taìç <iitocàç).
68 Le paroledelleMuse

maggiore o minore levigatezza è causa di movimenti più o meno uniformi


anche secondo il passo platonico di Timeo67c, in cui è di nuovo implicito, con
riferimento all'atto percettivo,il concetto di gradevolezza del suono: "se il movi-
mento è uniforme (òµoiav), il suono risulta regolare (òµaì..tjv)e liscio (Àri<XV, cioè
gradevole), altrimenti risulta ruvido (tfXXXEÌav, vale a dire sgradevole)" • Da402

ultimo, il trattato pseuderaristotelico De audibilibusindividua nella frammenta-


zione della frequenza percussiva dell'aria la causa della tpaxU't'Tlc;, che provoca
con l'udito un contatto "diseguale (àvoµoiav), come avviene quando qualcosa
di ruvido( ... n téiJvtpaxÉroV)entra in contatto con la nostra pelle" 403•
La tpaxutTlç è comunque sempre percepita, dal punto di vista uditivo,
quale anomalia 404• Aristotele chiama il mutamento di voce proprio dell'età
puberale maschile una variazione Èmtò tpaxuu:pov x:aì àvoµaÀ.Éau:pov,stato
in cui la voce non è più acuta ma non ancora grave, non è uniforme quanto
piuttosto simile a corde "allentate" e "scordate" (ruxpavevruptoµévm.çx:aì tpa-
xrim.ç xop&xìç)405• Di nuovo l'aggettivo è utilizzato per descrivere una certa
sgradevolezza (o addirittura 'stonatura') musicale.
,.,.,.

In definitiva, l'aggettivazione che descrive i suoni come corpi fisici (trasfe-


rendo le proprietà fisiche della fonte di produzione sonora al suono in sé)406,
più spesso sottintende il punto di vista percettivoda parte dell'uditore: un suer
nQ "duro" o "molle" viene ad essere "incisivo" o "debole" come lo sarebbe un
oggetto tangibile scagliato con maggiore o minore violenza, mentre parlare di
suono "ruvido" o "liscio" implica un riferimento alla piacevolezza uditiva pa-
ragonabile a quella provocata, in campo tattile, dal contatto con un corpo ruvi-
do o liscio. Lo stesso uso di verbi quali nvEÌv,'iriµt (se. t1ÌVàx:011v)407
o mITTEtv
(se.
indica abbastanza chiaramente come i suoni, nei contesti di im-
7tpÒç t1ÌVàx:011v)
piego di tali espressioni, vengano percepiti e quindi descritti quali oggetti fisici.
La teorizzazione musicale, nel corso del suo sviluppo e della sua organiz-
zazione speculativa, si evolverà nella direzione di un superamento di questa
concezione 'materiale' dei suoni, soprattutto ad opera di Aristosseno di

402 Cfr. Nicorn. E11ch.p. 243. 5 ss. Jan (cit. n. 326).


403 Ps.-Aristot. De audib. 803b 2.
404 Cfr. Aristot. De gen. an. 788a 22 ss. (cit. supra).
405 Aristot. Hist. an. 581a 17 ss.
40b Cfr. in proposito l'uso di Koìì..oç(lett. "cavo", termine con cui è appellato il K<>XÀ.Oç
utilizza-
to quale tromba in Theocr. Id. 22. 75), che acquista il significato di "profondo" in riferimento ai
suoni o alla voce in Arist. Quint. De mus. pp. 22. 5, 22. 25 (in relazione al tetracordo), 23. 12 e 81.
29 W.-1.(detto dei tropoi);oppure quello di y~upoç (lett. "incavato") applicato allo strumento a
corda in Od. 17. 262 e Hymn. Hom. 4. 64.
407 Sull'espressione èiita'lrvm cfr. n. 319.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 69

Taranto. Tale processo modificherà notevolmente il les.5icomusicale portando


ad un sensibile aumento dei termini presi in prestito dalla sfera visiva, ma la
persistenza di tale modo di descrivere l'evento musicale resta evidente in tradi-
zioni apparentemente lontane, sia culturalmente che cronologicamente. Nella
LetterasullaMusicadi lkwan al-Safa, un trattato in lingua araba di età medieva-
le, un intero capitolo è dedicato alla percezione uditiva e alla descrizione dei
suoni come corpi "grandi" o "piccoli", "ruvidi" o '1isci", "acuti" o "gravi" 408•

b. Terminidellasferavisiva

La vista, per gli antichi, era il senso ritenuto indispensabile per raggiun-
gere la conoscenza: l'uomo greco "conosce" per "aver visto" 409• La mediazio-
ne visiva fu il tramite privilegiato per il processo di astrazione-no cui furono
soggette percezione e rappresentazione del suono ma, tra i termini musicali
legati alla sfera semantica della vista, è opportuno fare una distinzione. Ad
un primo gruppo appartengono i lemmi del campo coloristico/luministi-
co411,ancora fortemente legati alla descrizione del suono quale 'corpo' in
senso fisico (con i suoi relativi attributi di forma e colore); al secondo le
espressioni indicanti per lo più una superficie, quali 'tonoç (se. 'tllçc1>rov11ç),
6tCXCJ'tTJµa/ opoç, ntpaç, Ò.Kpoç,xropa.,dooç, crx11µa,6uiypa.µµa., (llC(J.-
<JOO'tTJµa.,
p1a.ì.oçe così via, metafore visive già parte integrante di un'organizzazione
concettuale in senso astrattodell'elemento sonoro.
I termini della sfera coloristica utilizzati in contesto musicale, alcuni dei
quali diverranno lemmi propriamente tecnici, sono numerosi: il primo tra
essi è appunto xpcÌlµa.,lett. "colore", passato nella trattatistica teorica a desi-
gnare il "genere" (yÉvoç) cromatico, vale a dire l'andamento intervallare
ascendente, nell'ambito di un tetracordo, del tipo semitono, semitono, un to-
no e mezzo (nella sua accezione più comune) 412• Il genere cromatico, che è

408 Per il testo di lkwan al-Safa si veda la traduzione inglese di Shiloah 1984.
409 Secondo Aristotele, '1'anima non pensa mai senza un'immagine" (De an. 431a 16 s.). Sul
valore dell'udito come presupposto di conoscenza si veda invece il termine av11icooç, alla lettera
"incapace dì sentire", metaforicamente "ignorante".
410 Uno studio fondamentale sull'importanza dei fattori visivi nella formazione dei concetti
astratti è Amheim 1974: "la storia dei linguaggi mostra che le parole, che oggi non sembra rin-
viino all'esperienza percettiva diretta, vi si riferivano originariamente. Numerose fra esse sono
ancora riconoscibilmente figurative" (p. 273).
411
tn proposito sì veda il capitolo "Synaesthetic Expressìons from the Visual Field" in Kaimio
1977, p. 234 ss., dove l'attenzione dell'autore si concentra principalmente sulle espressioni lumi-
nistiche in ambito poetico (Pindaro e i tragici).
412 Tale successione di intervalli è ascrivibile al cosiddetto cromatico "tonico" (tovunov). Oltre
a questo, Aristosseno riconosce almeno altre due "sfumature" (xpòm) di cromatico, l'emiolio
(3/8 di tono, 3/8 di tono, 7 /4 di tono) e il molle (1/3 di tono, 1/3 di tono, 11/6 di tono).
70 Le paroledelleMuse

una "via di mezzo" (tò µtcmv) tra il diatonico e l'enarmonico, è propriamen-


te definito "cromatico" dalla trattatistica musicale "per metafora dai colori,
come ciò che sta tra il bianco e il nero" 413: è cioè concepito quale coloratura
delle successioni intervallari più tradizionalmente impiegate dai musicisti.
Infatti il xpwµanicov, secondo Aristosseno, si differenzia dal 6tatoviicòv ytvoc;
proprio per l'abbassamento della lichanosdiatonica di quel tanto che basta a
realizzare un pycnon414•
Le prime accezioni musicali di chromasono contenute in passi di Platone e
Aristotele, dove le strutture sottoposte alla variazione cromatica, non ancora
intesa in senso tecnico415, sono però àpµovim e µilri: "ci sono deviazioni anche
di armonie e melodie dal suono acuto (auvtova) e mal colorite (mxpalCEXf)(O-
aµtva)"416. È chiaro qui il senso di 'alterazione' rispetto ad un modello comu-
nemente diffuso sottinteso all'uso della metafora coloristica, presente del resto
anche nell'impiego musicale di 1t0tnì.ia, lett. "varietà" di colore417 (termine con
cui vengono più spesso descritte le innovazioni musicali dei vari Melanippide,
Filosseno e Tnnoteo sviluppatesi nella seconda metà del V sec. a.C., dr. cap. 1).
Le molteplici varietà dei gene sono anch'esse denominate attraverso un
lemma afferente allo stesso campo semantico, vale a dire xpom(lett. "sfuma-
ture" di colore): l'elenco fornito da Aristosseno indica una sfumatura di
enarmonico, due di diatonico 418 e tre di cromatico 419 ma, potenzialmente,
esse sono infinite, come infinite sono le posizioni che, nello spazio massimo
di un tono, può assumere la lichanos42D.

413 Pachym. Harm. p. 108. 4 ss. Tannery: xixoµanKòv Ka.À.Èitm rutò µct~pàç wvxixoµawv t<ÌJV
µtaov À.EUKoo Km µilavoç (cfr. Arist. Quint. De mus. p. 16. 2 ss. W.-1.,Bryenn. Harm. p. 112. 20 s.
Jonker e Anon. Beli. 26).
414 Aristox. Harm. p. 31. 16 ss. Da Rios (dr. n. 105). Sul concetto di pycnon nella teoria aristos-
senica vedi supra, spec. la n. 384.
415 Sulla formulazione (tarda) del concetto di genos musicale ho già espresso le mie personali
opinioni in Rocconi 1998. Per una ipotesi di datazione della semantizzazione musicale di
chromasi veda invece Rocconi 2003b (in corso di stampa).
416 Aristot. Poi. 1342a 24. Cfr. Plat. Resp. 601b 2 (t<ÌJVtftç µoucnriJç xixoµtitCllV), Antiph. fr. 2(17K.-
EÙKtx:patat) e un passo dello storico Filocoro (apud
A. (Eltf:lta tà µÉÀ.TJµnc$>À.1ÌlçKa\ xpoiµ(l(Jlv ci>c;
Athen. 637f-638a) sul citarista Llsandro di Sicione, che apportò miglioramenti all'arte di suona-
re la cetra eseguendo per primo su di essa xpoiµata u: ruxpoa.
417 Cfr. Pind. 01. 3. 8, 4. 2 e 6. 86; id. Nem. 4. 14 e 5. 42; Prat. fr. 708 Page; T1IDoth.fr. 791. 221
Page; Plat. Resp.399e; id. Leg.812d-e (cit. n. 241); Arat. Phaen.1001; Dion. Hal. De comp.verb. 11;
Ps.-Plut. De mus. 1137a-b; ibid. 1138b; Nicom. Ench. p. 257. 20 Jan; Ptol. Harm. p. 83. 7 Diiring;
Porph. in Ptol.p. 94. 11 Diiring; Nonn. Dion. 1. 15 (cit. n. 163); Bryenn. Harm. p. 118. 4 Jonker. F~
gelmark 1972 (p. 24 n. 40) sottolinea come in Pindaro 1t011ri).oç non sia in realtà un termine colori-
stico, ma "describes an object as consisting of severa! parts; an example is the skin of a snake
which comprises many small plates (P. 4, 249)".
418 Vd. n. 339.
419 Vd. n. 412.
420 Aristox. Harm. p. 34. 3 s. Da Rios: "Perché si deve considerare illimitato il numero delle
lichanoi".Il limite più grave della lichanosè quello toccato dal genere enarmonico (a due toni di
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 71

Al di là della codificazione tecnica, esplicite analogie con il mondo dei


colori sono comunque diffusissime in ambito musicale, soprattutto in Ari-
stotele421,Tolemeo422 e Porfirio 423• Gli opposti ÀE\>icoç/µilaç(''bianco" /"ne-
ro") e il loro intermedio '°10<;("grigio") vengono utilizrati in riferimento ai
suoni, oltre che nel già citato passo di Aristotele Topica106b 7 ss.424 e 106a 25
s. ("il suono è detto bianco e nero, allo stesso modo del colore"), anche nel
trattato De audibilibus:"Nel caso invece delle ance maggiormente battenti il
suono diventa più duro e più limpido (MXµnpotÉpcx),se uno le comprime
maggiormente con le labbra, perché il fiato viaggia con più sforzo. Quindi
suoni brillanti (MXµnpcxi) si trovano in natura per le ragioni che abbiamo
menzionato. Ora, sembra che i cosiddetti suoni grigi non siano peggiori di
quelli bianchi,poiché i suoni più aspri, che sono un po' confusi e non posseg-
gono una luminosità troppo spiccata, sono più adatti alle emozioni" 425•
L'aggettivo À.apJtpOç, lemma indicante luminosità affine a À.El>icoç - che in
greco designa propriamente un bianco splendente - è utiJizzato per esprimere
l'incisivitàdi un suono dal punto di vista percettivo 426 (così come, con lo stesso

distanza dalla mese), mentre il limite più acuto è quello del diatonico teso (a un tono dalla
mesi): lo spazio di movimento della lichanosè perciò complessivamente di un tono.
421 Vedi infra. Cfr. l'introduzione al frammento 10 D.-K. di Eraclito in Ps.-Aristot. De mund.
396b: "e forse è ai contrari che la natura tende e da essi compie l'accordo, non dai simili ... a
quanto sembra, anche l'arte in imitazione della natura è questo che fa: la pittura infatti nella
mistione dei colori bianchi e neri, gialli e rossi, ha compiuto ritratti in accordo con gli originali;
la musica, nella miscela di suoni acuti e gravi, lungi e brevi, in voci differenti ha compiuto un'u-
nica armonia; la grammatica, poi, con la mescolanza fatta di vocali e consonanti, ha da esse
costituito l'intera arte. Proprio questo era anche quel che si diceva in Eraclito, l'oscuro ... ".
422 Tolemeo, in Harm. p. 10. 5 ss. Diiring., descrive i suoni auvqEÌc;come quelli i cui luoghi di
movimento non possono essere distinti tra loro, "come avviene per i colori dell'arcobaleno"
(ò,roìovIIÉJtov8E tà riic;i.pt6oc;xpuiµata); nei suoni &mptCJµÉVot, al contrario, tali tOffOlrisultano chia-
ramente evidenti, come quando colori differenti, pur giustapposti, non si mescolano l'uno con
l'altro (mi;bn riic;&~u Kap(l9wEwçtiòv à1Cpat(IJV tE 1Caì.àm,yxut(IJVXl)Olµ(Xt(IJV).
Cfr. inoltre Ptol.
Harm. p. 93. 16 ss. Diiring.
423 Porph. in Ptol. pp. 38. 11 s., 41. 31 s., 47. 16 s. (citando Aristot. De an. 420a), 47. 30 ss., 58. 25
ss., 62. 10 s., 62. 24 ss. e 63. 32 (citando Teofrasto), 65. 28 (citando Panezio il giovane), 82. 11, 84.
25 ss., 85. 8 s., 94. 8 ss., 152. 2 ss. Diiring (citando Aristot. De sens. 439b). La metafora visiva in
contesto musicale è resa esplicita anche da un passo di Sesto Empirico, Adv. math. 6. 41: "non è
affatto strano che noi chiamiamo grigioo nero o biancoun suono prendendo spunto dai dati sen-
sibili della vista".
424 Cit. n. 395. Cfr. Demetr. De eloc.86 (ì.rolCTJ µilav ~ -
+<,Jvt\);Dio Cass. 61. 20 (jlpaxù 1Caì.
detto della voce di Nerone-); Arist. Quint. De mus. p. 70. 12 W.-1.;Poli. 2. 117.
425 De audib. 801b 40 ss. Cfr. ibid. 801b 23 (ÀaflJtl)aÌ. lit:- se. t<,Jvai-yivovtat ica9cmp bn tlÌ1Y Xpo>-
µrit(IJV)e 803b 37 ss. (µia 1Caì. auvq1Ìc;TJJlÌvTItwvlÌ "1ivEtat ica9cmp icaì.bn tlÌ1v Xl)Olµ(Xt(IJV).
426 Ps.-Aristot. De audib. 801b 26 ss. (cit. supra):"allo stesso modo dobbiamo supporre che i più
chiari (À.aµffpO't(itaç) tra i suoni siano quelli maggiormente in grado di colpire l'udito". Sull'uso
musicale di ~ si vedano inoltte Hdt. 6. 60 (À.<Xl,lltflO+<,JVitJ, detta dei ICT\punc;);Plut. Mul. viri.
253a ().aµKpé.itji ~) e 258b (ÀaJ.IJtPÒv "emettere chiare/sonore
àvoA.OÀ\>l;Elv, grida di gioia"); Aristot.
De audib.802a 8 ss. ("nel caso degli auloie di altri strumenti, i suoni sono luminosi/À.<Xl,1lq>ai quan-
do il suono che fuoriesce è denso/m11cvove sottoposto a tensione/cruvtovov, poiché anche le per-
cussioni sull'aria esterna devono avere lo stesso carattere e, soprattutto, i suoni devono essere tra-
72 LeparoledelleMuse

significato, vengono impiegati àpiçt\Àtt, lett. "risplendente, sonoro" 427 e, con


significato contrario, gli aggettivi àµaupoç, "oscuro" 428, e à.À.Clf.Utt\ç,"fosco,
opaco" 429). Definire i suoni attraverso ÀEUK<>çe µÉÀ.aç, coppia di opposti colori-
stici utilizz.ata simbolicamente nei più svariati contesti (ad es. filosofico)430,
significa esprimere due estremi qualitativi nell'ambito della percezione acusti-
ca. Il contrasto chiaro/scuro è, metaforicamente, collegato alla percettibilità
dell'elemento musicale: più un suono è chiaro e luminoso, più esso è 'visibile',
cioè facilmente udibile431, senza che vi sia implicito alcun riferimento alla sua
maggiore o minor piacevolezzae2.
Un altro aggettivo del campo coloristico che, in ambito esclusivamente
poetico, si trova applicato ai suoni è aioÀ.Oç,lett. "cangiante, variopinto" 433 •
Ben due occorrenze dell'aggettivo si riferiscono alla syrinx, o flauto di Pan,
dove il senso di mutevolezza e varietà è frutto dell'elevato numero di canne
e del rapido sistema di insufflazione: si vedano il composto aio).oµo~ ("di
suono vario") in Nonno Dion. 40. 223 e l'espressione aupiyyc.ovu1t'aioÀ.aç
iaxà; uµvc.ov("cantando al suono variopinto delle syringes") in Euripide fon
499. L'aggettivo è poi riferito all'usignolo in Oppiano Hai. 1. 728 (aioM>+c.ovoç
àtt&ov)434, al nomoslidio in Teleste fr. 806 Page (dove voµoaioÀ.Ov è però lezio-
ne corrotta) 5, ad un canto di danza in Aristofane Ran. 247 s. (xopriav ai~
0

À.aV), al l}<ipPttOV JtOÀ.uxopoov in Teocrito Id. 16. 44 (aioÀ.Cl+c.ovéc.ov)


e ai mele

smessi all'orecchio in questo stato, come nel caso degli odori, della luce e del calore. Per tutti que-
sti motivi, essirisultanomenoevidentiai sensiquandosonopiù confusi,come accade ai succhi quando
sono mescolati con acqua o con altri succhi. Poiché ciò che offre una determinata sensazione di sé,
rende le proprietà di un'altra cosa m~o chiare" - il corsivo è mio-).
427 In Il. 18. 219 ss. è detta àplç1V,11la~ della tromba, paragonata a quella di Achille (qual-
che verso sotto descritta invece con l'espressione 01taxlil.nov ).
428Aristot. De audib.802a 19 (tà.ç +cavàçàµaupa.ç). Cfr. l'uso di icataicop11ç(lett. "scuro, intenso",
solitamente detto di colori) con riferimento alla harmoniamusicale in Nicom. Ench.pp. 242. 16 e
244. 19 Jan e al melosin Iamb. Pyth. 15. 65.
429Orib. Coli.med.50. 51. 2 (+cavrl lil.aµJt1lç).
430 Sull'uso di MUKoç e µu.açnella dimostrazione ed argomentazione filosofica si veda Ferrini
1998.
431 U procedimento contrario ha invece portato l'aggettivo myaÀOt:lç(< m.ya "silenziosamen-
te") a significare "lucente, splendente".
02 Cfr. Aristot. De audib.801b 40 ss., cit. supra(" ... ora, sembra che i cosiddetti suoni grigi non
sianopeggioridi quellibianchi,poiché i suoni più aspri, che sono un po' confusi e non posseggo-
no una luminosità troppo spiccata, sono più adatti alle emozioni").
433 Chantraine p. 37, s.v.: "le sens premier est vif, rapide"(cfr. Cotton 1950). L'aggettivo divie-
ne poi equivalente a 1t0uci.ì.oç in Plat. Crat. 409a (tò lit noliciUav icm moÀ.civtmit6v); Hesych. s.v.
(moÀiliaç· nolriÀ.O\lç);Etym. Magn. p. 33. 32 Gaisford (aioÀ.Eloc;· ò nolicU.oc;).
434 Si confronti l'espressione infuscaturex inopinatoin Plinio Nat. Hist. 10. 29. 43 (81-85), con
riferimento al canto " inaspettatamente oscurato" dell'usignolo.
435 Nel frammento di Teleste, voµocnoÀ.Ov è seguito da òi>+v~(lett. "multicolore, cangiante"),
anch'esso lemma variamente corretto dagli studiosi. In difesa del testo tràdito si veda Comotti
1993, p. 514 s.: "intonò il variegato nomoslidio contrapposto al monotono colorescuro,al grigiore
della musica dorica" (il corsivo è mio).
2. Percezione
acusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 73

prodotti dalla synaulia di auli e cetre al v. 14 di uno dei due inni delfici, il
peana di Ateneo (arloÀOtçµÉÀ.Emv)4-36. In tutti questi esempi la fonte di produ-
zione sonora è capace di una molteplice e rapida variabilità di suoni che, dal
punto di vista percettivo, viene metaforicamente descritta come varietà colo-
ristica, utilizz.ando così un più immediato codice comunicativo, quello della
vista (definita òçut<int tÒ>vaux toù aroµatoç aiaeéaerov in Plat. Phaedr.250d).
Un secondo corpusdi termini musicali afferenti al campo semantico visi-
vo è invece quello impiegato nella rappresentazione figurata dei suoni in
senso spaziale. La metafora dello "spazio sonoro" (to,wç t'Tlç fll<ovÌlç),
elaborata
7
in modo compiuto da Aristosseno"3 ma la cui origine affonda le proprie radi-
ci in contesto poetico438, fu il tramite attraverso cui gli antichi elaborarono il
concetto astratto di 'scala' musicale'-39.Questo presumibilmente avvenne pro-
prio grazie alla mediazione visiva per mezzo della quale alcune correnti di
speculazione musicale indagavano le diverse altezze sonore (concepite quali
punti spazialmente inestesi) 440 fissandole su una linea immaginaria detta dia-
gramma441. L'intervallo musicale inteso come "distanza" tra due punti in uno
spazio 442 presuppone infatti una concezione lineare del continuum melodico
propria della corrente degli empirici (i diretti antecedenti di Aristosseno) più
che di quella pitagorica la quale, dal canto suo, rappresentava gli intervalli
quali rapporti numerici. Diastemaè chiaramente descritto in questi termini
da Aristosseno Harm. p. 20. 20 ss. Da Rios: "Esso è lo spazio compreso tra
due note che non stanno sullo stesso grado. Per dirla per sommi capi, l'inter-
vallo sembra sia una differenza di gradi (aux+op<inç ... t<iaerov)443 ed uno spa-
zio (-ronoç)444 capace di contenere note più acute del più grave e più gravi del
più acuto dei due gradi che limitano (òp1çooocòv)l'intervallo".

436 Cfr. Soph. Ichn. 327: aioÀ.laµa ti'Jç


À.[u]paç.
"37 Bélis 1986, p. 134 ss. dedica un intero capitolo allo studio della metafora dell' "espace
sonore".
438 Ho già affrontato la questione della rappresentazione figurata del 'cammino' melodico
<~ uroµt.ì.ooç) in Rocconi 1999.
Si ricordi che la metafora della 'scala' musicale, in virtù anche dell'assenza di verticalità
propria dell'organizzazione sonora degli antichi, non trova attestazioni prima dell'era rinasci-
mentale. In proposito si veda Giani 2CXXl.
440 Vedi Aristox. Hann. p. 7. 19 ss. Da Rios ("Chi vuole non cadere nello stesso errore di Laso
e di alcuni degli Epigonei, di attribuire cioè al suono la qualità della larghezza/KÀ.atoç, deve
occuparsi di esso un po' più diligentemente") e Ptol. Hann. p. 20. 7 Dfuing (aùtciJv- se. +aoyy01V
- MOJ11U't01V µÈV ÒV't(OV).
441Aristo X. nu,m.
u- p. 12. 13 SS. Da RiOS: 'WlV
- CJAIOVllrolV
. - tvtotç
. ' ..• iaxtalru1CVOlOO
- -- 1
...,......,... ~•--~-~
..,_ i;.......,..,
• .,... w """11""f"-
µa. Cfr. ibid.p. 6. 12 s. Da Rios: mi 'IOl tà &aypaµµatci y' mmÌlY ~ fflVJaJOavti'Jç~ ~tv.
442 ~uiantµa è infatti un derivato verbale della forma intransitiva del verbo 6tiantµ1, che
significa "porre ad intervalli, separare".
443 Cfr. Heracl. fr. 10 D.-K.
444 Si confronti l'uso affine di xmpa, '1uogo, spazio" dei suoni in Aristox. Hann. p. 87. 16 ss.
Da Rios. Sul senso in qualche misura più astratto, tra tutti i termini indicanti spazialità, del ter-
mine t6Koç si veda Casevitz 1998.
74 Le paroledelleMuse

Il "movimento topico della voce" (icivric:nçKatà t61t0v)445, che Aristosseno


articola in movimento "continuo" (<JUVEX119 e movimento "ad intervalli"
(6ta<1triµat1K11),è da intendersi proprio in questa accezione, e non certo in
senso fisico, in quanto le cause fisiche dei meccanismi di produzione sonora
furono un campo d'indagine volutamente escluso dagli interessi del filosofo
di Taranto 446 • Il movimento continuo è quello del 'parlare' (ì..oy~ µilo<;) " ...
perché, quando parliamo, la voce si muove spazialmente in modo che sem-
bra non si fermi in nessun punto" 447 , mentre nel movimento diastematico,
proprio del µouc:nKòvµÉÀOç, " .•. la voce, durante il suo percorso, si ferma su
un grado, poi di nuovo su un altro e, così facendo senza interruzione - in-
tendo senza interruzione rispetto al tempo -, salta gli spazi intermedi ai gra-
di, non fermandosi che sui gradi stessi e questi soltanto facendo intendere; si
dice allora che essa canta e si muove di un movimento discontinuo" 448 •
È chiaro che se intendessimo l'immagine aristossenica del t61t0<;sonoro
in senso fisico dovremmo dar ragione del modo in cui la cl><OVll continua ad
esistere, pur se impercettibile all'udito, nel movimento tra un punto e l'altro
del continuum449 , ed è proprio questo l'errore interpretativo che Claudio To-
lemeo farà nei confronti di Aristosseno 450 • Affermare che la consonanza "non
è una distanza vuota (oùtE yàp 6urotacriç nç KEVll)o una semplice lunghezza
(µTJKO<; µ6vov), né qualcosa di corporeo (moµat11C6v)" 451 significa aver valutato

445 Aristox. Harm. p. 7. 9 ss. Da Rios: "Chi vuole trattare della melodia deve innanzitutto defi-
nire il movimento della voce secondo il luogo (TT\V
tiic;~c; 10v11mv... TT\V Katà t01tov)". Cfr. ibid.
p. 13. 7 ss. Da Rios e Porph. in Ptol. p. 95. 13 Diiring (O\ 6' 'Apunoçévaot tomKòv ti8Evtm tò 6ui:-
<JTTUlO).Per un precedente di questo concetto in ambito poetico si veda invece Soph. Ichn. 329,
fr. 314 Radt (<><>o111a).anoc;ne;òµ♦iì Kawtxvri t61tou).
446 Aristox. Harm. p. 13. 23 ss. Da Rios: "se è possibile o impossibile che la voce si muova e
poi si fermi su un solo grado è oggetto di un'altra indagine".
447 Aristox. Harm. p. 14. 13 s. Da Rios.
448 Aristox. Harm. p. 13. 16 ss. Da Rios.
449 Arist. Quint. De mus. p. 6. 2 s. W.-1.:"il suono intervallico (6taat11µan1C11)è quello nel quale
i ~di sono chiari, mentre ciò che è contenuto all'interno è impercettibile".
450 Ptol. Harm. p. 19. 16 s. Diiring: "Sul fatto che gli Aristossenici sbagliano a misurare le con-
sonanze attraverso gli intervalli e non attraverso le note". Lo stesso errore farà Nicomaco, teori-
co musicale di formazione neopitagorica, che dedica il secondo capitolo del suo Encheiridion
alla descrizione delle due forme di movimento topico della voce (nq,ì tOJV6uo t1Ìc;♦rovitc; ri&àv,
toù u «aat11µan1C:où Kmuruauvqoùc;.KmtOJVtO!tOJV aùtOJV)attribuendone la formulazione teorica
alla propria area di appartenenza speculativa. Tale errore nasce appunto dall'assunto pitagorico
che "il suono, in generale, è movimento" e dalla confusione generata dalla non chiara differen-
ziazione tra questo concetto e quello del movimento Katà t61t0v inteso in senso metaforico
(principi che sono invece ben distinti da Aristosseno, cfr. n. 446 supra).
451 Ptol. Harm. p. 21. 13 s. Diiring. Cfr. il commento di Barker 1989 (p. 345 n. 112) a Ptol. Harm.
2. 13: "To divide a sounding string into equa) parts is not equivalent to a division of tonai
'space' into equal intervals ... Aristoxenus was certainly not committed to the view that if two
strings differ in length by a certain amount, measured in unit-lengths, then the interval bet-
ween their pitches is equal to that between the pitches of any other two strings whose lengths
differ by the same amount".
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 75

la visuaHzzazione metaforica dei suoni, concepiti quali punti su un conti-


nuum lineare (e non quale risultante della percussione di un corpo), come
l'equivalente di differenze aritmetiche tra numeri o di distanze tra punti
sulle corde di una lira. Pur se l'intervallo, nella visione aristossenica, è una
"differenza tra gradi" (6ta+opa nç ... tooErov, vd. supra),ciò non vuol dire che
ad essa debbano necessariamente corrispondere differenze in proporzioni
numeriche, come sembra invece affermare Tolemeo452 •
Nel corso della tradizione teorico-musicale successiva all'elaborazione
della metafora aristossenica dello "spazio" sonoro, i concetti di "differenza"
(6ta+opa) e "rapporto" (axémç/À.6yoç)verranno infatti ben distinti 453, cosi co-
me lo saranno 6tooTI1µa e À.Oyoç: "L'intervallo (6tooTI1µa)e il rapporto (À.6yoç)
sono cose differenti, poiché l'intervallo è ciò che si trova tra due termini
omogenei e disuguali, mentre il rapporto è la relazione tra due termini omo-
genei (11t<Ì>vòµoyEv<Ì>vopcov1tpòçàì..ì..11)..ouç axécnç). Perciò tra due termini
uguali non c'è intervallo ma rapporto" • Tali differenziazioni saranno fon-
454

damentali soprattutto in ambito speculativo pitagorico, specie nei contesti in


cui questa tradizione è messa a confronto con la visione aristossenica 455• La
corrente pitagorica infatti, che fin dall'età più antica indagava le proporzioni
numeriche alla base delle consonanze, nel fare ciò aveva necessariamente
identificato il concetto di intervallo con quello di rapportonumerico 456 : per
questo motivo parte della critica moderna ha erroneamente ricondotto l' ori-
ginario significato musicale di 6t<i<JTI1µa a tale sfera 457, dove essa avrebbe

452 Ptol. Harm. p. 21. 9 ss. Diiring. Già Vmcenzo Galilei, nel suo Dialogodella musica antica et
dellamoderna,sottolineava l'errore interpretativo di Tolemeo nei confronti di Aristosseno: "sape-
va Aristosseno d'havere à distribuire in parti uguali la qualità del suono, &: non la quantità del-
la linea, corda &: spatio: operando allhora come Musico intorno al corpo sonoro, &: non come
se~lice Matematico intorno la continua quantità" (ibid. p. 53).
Nicom. Ench.p. 261. 8 ss. Jan: "Intervallo (&oot1lJUl)è l'ambito esistente fra due suoni. Rap-
porto(<JlÉm.,;) è la relazione che in ciascun intervallo misura la distanza. Differeil7.a(&.a+opci)è la
misura di cui i suoni eccedono o difettano nel confronto. Sbagliachi ritieneche differenzae rapporto
sianola stessacosa: la differenza fra due e uno è la stessa esistente fra uno e due, ma il rapporto non
è il medesimo: due è il doppio, uno è la metà. Inoltre nei tre o più termini di una serie aritmetica la
differenza resta sempre uguale mentre il rapporto cambia da termine a termine" (il corsivo è mio).
454 Theon in Plat. p. 81. 6 ss. Hiller. Cfr. ibid. p. 81. 17 s.: 'Epatoo8tvriç lit: tv tip m.at(ll\l\icép♦'l'l<n,
µ'Ìl ta'Òtòv EÌvat lìl<ro't'lµaicaì AiYyov.
455 Cfr. l'ampia discussione su questi due concetti contenuta in Porph. in Ptol.pp. 93-95 Diiring.
456 Cfr. la definizione del neopitagorico Trasillo (intervallo= rapporto) apud Theon in Plat. p.
48. 8 ss. Hiller: &cia't'lµa lit ♦'lmv EÌvm ~yyrov t'ÌlV!tpÒ<;;allT\À.OUç 1t0tàv <JlÉ<nv,o\ov lìtà uaallf)(l)V,
lìtà !tÉVtt:. &à lm(J<llV.Ma Porfirio, il quale afferma che "la maggior parte dei icavovticoie dei Pita-
gorici dicono intervalli (6taatf\µata) invece di proporzioni (AiYyot)"(ibid. p. 92. 22 s. Diiring) e
che "alcuni chiamano una proporzione numerica tra limiti ... intervallo (&oo't'lµa)" (in Ptol. p.
94. 31 s. Diiring), attesta la sovrapposizione di questi due concetti (e quindi la doppia valenza
terminologica) unicamente nell'ambito teorico pitagorico. Sul valore di &cia't'lµa come "propor-
zione" si veda invece lo studio di Riethmueller 1985.
457 Partendo dall'assunto che l'intervallo, per i Pitagorici, è espresso dalla proporzione tra
due numeri, Szab61978, p. 113, conclude che "it was the Pythagoreans who coined the musical
76 Le paroledelleMuse

indicato "quella sezione di corda sul canone cui era impedito di vibrare per
produrre la seconda nota della consonanza" 458 •
Coerente con questa primigenia elaborazione concettuale di un'organiz-
zazione astratta dei suoni è il conseguente sviluppo del vocabolario che le è
proprio: l'intervallo descritto come "grandezza" (µéyt9oç 4><i>vrjç)459 circoscrit-

ta da "confini" (opot)4fi0;le scale musicali concepite come "sistemi" (m.><J'-rti-


µa-ra)461,cioè come aggregazioni - non casuali ma ordinate - di "distanze"
intervallari (6taa-rtiµa-ra) delimitate da "confini" 462o "estremi" (d.Kpot'96y-
y0t)46.1;la formulazione del concetto di "contiguità" (-rò tçrjç) sonora, per la
quale non è permesso, nell'ambito di un determinato sistema melodico,
inserire altre note tra suoni spazialmente contigui™; il "limite" (1tépaç)465 dei

term diastema and that for them this word denoted a straight line whose end points yelded a
numerica/ratio,namely the numerica) ratio of the consonance concerned", considerando l'inter-
pretazione metaforica del termine come una rilettura operata da Aristosseno per privare il con-
cetto di diastema del suo significato originario (opinione ribadita in Szab6 1971). Sulle stesse
posizioni è anche Raffa 2000.
458 Szab6 1978, p. 117. Per spiegare il motivo per cui diastema,inteso come "proporzione tra
due numeri", nella SectioCanonisè sempre illustrata da due "straight lines", l'autore deve poi
inventare un macchinoso sistema di sviluppo semantico del termine che, dall'originario riferi-
mento alla parte della corda che non era fatta vibrare nella produzione di un intervallo conso-
nante, sarebbe poi passato ad indicare le due sezioni, di differente lunghezza, della corda che
produce le due note dell'intervallo in questione (ibid.p. 126).
459Cfr. n. 306. L'uso di µtydloc;in contesto musicale è certamente un retaggio della più antica con-
cezione materiale dei suoni ma esso, applicato all'intervallo, diventa funzionale all'elaborazione
che.u,J'artendodalla metafora visiva, porterà a descrivere il fenomeno musicale in senso astratto.
Per le occorrenze di 5poc;/òpiçw in riferimento ai 61mm\µam si veda Aristox. Harm. p. 36.
19 Da Rios; ibid. pp. 61. 12, 69. 12, 70. 6, 80. 5 ss. Da Rios, etc. Cfr. Plat. Phil. 17d (toùc; 6pouc;tmv
6iaaTIJµ<itrov)e Resp.443d (5pouc;tpiic; àpµoviac;).
461l:ootlJµa riflette l'idea di organizzazione dello spazio sonoro già elaborata dagli armonici
sul diagramma ma solo da Aristosseno strutturata in un più ampio sistema filosofico, in cui al
concetto di "combinazione" (<J\Jv8Ea1c;) dei suoni si aggiunge l'idea di "ordine" (t<içiç): "poiché
non soltanto la melodia armonizzata deve consistere in intervalli e suoni, ma anche in una com-
posizione determinata e non casuale di essi" (Aristox. Harm. p. 23. 16 ss. Da Rios). La nozione
di <JUO'tl)µa,nella filosofia aristossenica, assume un valore quasi paragonabile a quello di àpµo-
via per il sistema pitagorico, ricoprendo un significato che è riduttivo sovrapporre a quello di
'scala'.
462Per l'uso di 5poc;/òpiçroin riferimento ai <JUan\µata si veda Aristox. Harm. p. 32. 4 ss. Da
Rios; ibid.pp. 69. 12, 70. 6, 70. 12, 74. 11 ss. Da Rios, etc.
463 Aristox. Harm. p. 70. 15 Da Rios; ibid. pp. 71. 9, 72. 2 Da Rios, etc. Cfr. Bryenn. p. 368. 25
Jonker (o\ ciKpo1~01).
464 Aristox. Harm. p. 66. 11 ss. Da Rios: "Non è facile dare un'esatta definizione della conti-
guità (toù tçiic;) prima di aver esposto le leggi della combinazione degli intervalli, ma la sua esi-
stenza sarà chiara, anche ad uno che ne sia del tutto ignaro, dal ragionamento seguente. È pro-
babile che non ci sia nessun intervallo che possa essere diviso all'infinito nella melodia, ma che
esista, per ogni intervallo, un numero massimo di suddivisioni melodiche. Ammettendo che
questo sia probabile o anche necessario, si ha evidentemente che le note che limitano delle parti
secondo il numero massimo detto sono contigue".
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 77

luoghi entro cui le note mobili (nvouµEV01 ♦8oyyo1) possono liberamente


muoversi 466 ; la "compressione" (1Catruru1CVoxnç)sul continuummelodico degli
intervalli, che vengono ad essere classificati quali "porosi" (àpaui) o "densi"
(m>1CVa) a seconda della loro grandezza 467; e cosi via. Lo stesso uso del termi-
ne dooç(o ax1̵a)468per indicare le diverse "specie" di quarta, quinta e otta-
va che, partendo da una visualizzazione sul sistema perfetto maggiore-169, è
possibile ricavare attraverso la circolazione degli intervalli poggia chiara-
mente su una metaforizz;azione in senso 'visivo' dell'elemento musicale470.
Certamente il maggiore impiego, a partire dalla tarda età classica, di
metafore afferenti al campo semantico della vista fu incrementato da un più
massiccio uso della scrittura diffusosi in quest'epoca. Ma la scienza musicale
non operò di certo in maniera isolata in tale senso. La mediazione visiva fu
il tramite per l'astrazione concettuale anche in altri settori: basti pensare allo
sviluppo semantico che portò progressivamente il verbo &:i 1CVuµ1(lett.
"mostrare") a designare la 'dimostrazione' matematica 471•

c. Terminidellasferagustativa

Il gusto, secondo la definizione di Aristotele, è una specie di tatto in


quanto, come esso, non viene percepito per il tramite di un corpo estraneo,
quale è invece l'aria per l'udito 472 • Diversamente dal campo semantico del
tatto, però, quello del gusto - se si escludono riferimenti occasionali nei

465 Aristox. Harm. p. 30. 15 s. Da Rios: ntpaçqoumv oi toffO\.Il luogo di variazione degli intervalli
consonanti (quarta, quinta e ottava) è invece definito "minimo" (WCIJ9lcii09 da Aristosseno in quan-
to è su di essi che si basa il metodo empirico (accordature per quarte e per quinte) da lui utiliu.ato
per determinare tutti gli altri intervalli dissonanti (Aristox. Harm. p. 68. 10 ss. Da Rios). la aitica
pitagorica che investe la definizione aristossenica della quarta (2 toni e 1/2) viene quindi a cadere,
in ~totale grandezza è esplicitamente data come 'approssimativa' dal filosofo di Taranto.
Vd. n. 420.
467 Per un altro valore di questi due aggettivi vedi supra. Si ricordi che l'unità di misura (µt-
'tf>OV)per il calcolo delle distanze intervallari sul diagramma è il quarto di tono (o &ttnç enarmo-
nica), come già attesta Platone (cit. n. 35).
468 Aristox. Harm. p. 92. 7 s. Da Rios: &~ 6' 11µìvoùliÈV dooç ÀÉ'ynv1'axitµa. Sul particolare
valore di schemanegli Harmonicadi Tolemeo vd. Raffa1999.
469 Sulla funzione di mediazione visiva attribuita al diagramma, si veda Bacch.Jsag.p. 305. 18
ss. Jan: &aypaµµan lit: xl)(llll.dJa."ivaTà 't1l<iroi.J6u<JAT11ttaJq>Ò~òiv Toì.çµav8av000\ +aiVt'l'tCXl.
470Cfr. Theon in P/at. p. 71. 4 Hiller: ÈVaìa9TJToiç1Caì. òpmoiç &rum\µamv.
471Plat. Crat. 430e: TÒlit: &içm Aé-ym riç 'tTIV'tÒJv ~òiv aia9TJc:nv1CaTaaniom (per un'ampia
discussione sullo sviluppo semantico di OOIMlµl nel campo della terminologia matematica si
veda Szab6 1978, p. 189 s.). A questo proposito si confronti l'esempio di Plat. Meno 82b-85e, in
cui Socrate, che si propone di spiegare come si possa duplicare l'area di un quadrato senza alte-
rarne la forma, utilizza una serie di disegni per illustrare la sua proposizione.
472 Aristot. De an. 422a 8 ss. Sulla sostanziale identità di aggettivazione dei due campi seman-
tici, si veda Aristot. Top.106a 32 s.
78 Le paroledelleMuse

quali esso viene utilizzato come termine di confronto - 473 non offre terreno
particolarmente fertile per lo sviluppo di una terminologia tecnico-musicale.
Una metafora molto antica che si può ricondurre a tale sfera è quella del
canto o, più genericamente, della parola di "miele" (µilt) 474 • Emblematica è
la descrizione platonica dell'attività del poeta-ape nello Ione (534a): "e come
le baccanti, allorché sono invasate, attingono ai fiumi miele e latte e invece
quando sono in senno non lo sanno fare, cosi si comporta anche l'animo dei
poeti melici, come essi stessi affermano. Infatti, proprio i poeti ci dicono che
attingono i loro canti da fonti che versanomiele (µù.tppfrcrov < µilt + ptm) e da
giardini e boschetti che sono sacri alle Muse, e che a noi li portano come fan-
no le api, anch'essi volando come api" (il corsivo è mio) 475•
La 'dolcezza' del canto, dal punto di vista percettivo, è assimilata (fin
dai poemi omerici) alla 'dolcezza' gustativa del miele: "suono di miele" (JJ.E-
Ài"f11puç)sgorga dalla bocca delle Sirene476 e delle Muse477, "lingua di miele"

473 Cfr. Ps.-Aristot. De audib. 802a 8 ss. (cit. n. 426); id. Probi. 19. 43 (dove la 'dolcezza' della
voce accompagnata dall'aulo, strumento ad essa più affine, è paragonata alla dolcezza del vino
inteso come mescolanza naturale di agro e dolce); Corp. Hipp. De victu 1. 18. 3 (passo in cui la
commistione di suoni differenti tra loro, tesi a produrre una maggiore gradevolezza all'ascolto,
sono paragonati alla preparazione, da parte dei cuochi, di piatti che hanno per base una miscela
di ingredienti diversi); Ptol. Harm. p. 93. 14 ss. (in cui vi è un parallelo tra i diversi campi senso-
riali) e 96. 18 s. Diiring (qui le "spede" /eide di quinta sono equiparate alle diverse percezioni
sensoriali); Porph. in Ptol. p. 35. 30 ss. Diiring (dove il paragone è tra la commistione di vino e
miele e quella di suoni acuti e gravi), ibid. pp. 60. 27 ss. e 62. 29 ss. Diiring; Athen. 625a (dove il
parallelo con il gusto hypoglykys,"tendente al dolce", è fatto per meglio illustrare il significato
dell'aggettivo "ipodorico"); Sext. Emp. Adv. mJJth.6. 33 ("come noi, pur senza conoscere l'arte
culinaria o quella dell'assaggiatore, proviamo piacere a gustare vino o cibo, cosl, anche senza
avere conoscenze musicali, possiamo provar godimento ad ascoltare una piacevole melodia") e
6. 42 ("ma con maggiore evidenza risulteranno le proprietà di ciascuno dei due generi di note -
i.e. consonanti e dissonanti - se noi ci serviamo di un paragone con le qualità che colpiscono il
gusto. Come, fra le cose che vengono gustate, alcune, quali ad esempio il vino melato o l'idro-
mele, presentano una tale mistione da muovere il senso del gusto in modo uniforme e gradevo-
le, mentre altre, ad esempio l'aceto melato, lo muovono in modo né uguale né simile - giacché
ciascuno dei due componenti di questa miscela imprime sul senso del gusto la sua particolar
proprietà - cosi le note dissonanti sono quelle che colpiscono l'udito in modo irregolare e ad
intervalli, mentre sono consonanti quelle note che colpiscono l'udito in modo piuttosto unifor-
me"); Arist. Quint. De mus. p. 113. 22 W.-1.(secondo cui ai cinque tetracordi del sistema perfetto
immutabile corrispondono i cinque sensi - il tetracordo del 'gusto' è quello meson-); Bryenn.
Harm. pp. 174-76 Jonker (sulla fallacia di ogni tipo di percezione sensoriale). Si noti che in tutti
questi esempi il riferimento è sempre ad un elemento 'liquido' quale vino, succo o miele.
474 11.1. 247 ss.: "Fra loro Nestore dalla dolce parola (116\lt:iniç)s'alzò, l'arguto oratore dei Pili:
dalla sua lingua anche più dolce del miele (µv..1toç yA.Uri{l)V)la parola scorreva (j>tEv)". Qui come
altrove, secondo Laspia 1996, la dolcezza allude metaforicamente alla capacità di persuasione
profsria della parola.
4 5 Sulla metafora del poeta-ape (intesa quale evoluzione della metafora del miele) cfr.
Waszink 1974. Sulla funzione dell'ape come referente poetico si veda Roscalla 1998; sul miele
Triomphe 1989, spec. le pp. 255 ss.
476 Od. 12. 187.
477 Hymn. Hom. 3. 519; Pind. 01. 6. 21.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 79

(µdiyÀ.COOa~hanno l'usignolo 478 e il poeta 479, "dolci come il miele" (µdiyci-


pt)Eç)480 sono i suoi inni 481 e i suoi canti 482•
ed ri&uc;484
Stessa funzione hanno gli aggettivi yì..u1CUç/yì..uicq>6ç483 utilizza-
ti in contesto poetico con riferimento al canto o al suono strumentale per in-
dicarne la gradevolezza48.5.Che tali aggettivazioni sottintendano un riferi-
mento al campo semantico tattile-gustativo, dove la fluidità del suono è pa-
ragonata alla liquidità del miele, è confermato dall'uso, in questi stessi con-
testi, di verbi quali pi:ro("scorrere") e xé:ro("versare"): l'usignolo "versa" la
sua voce'86,e cosi fa la cicala487; dalla bocca del poeta "scorre" l'aùo11488; l'au-
lo "versa" una "dolce voce" atta a calmare l'anima 489; le Muse "spargono"
un lamento di gloria 490; e cosi via.

d. Terminidellasferaolfattiva

Tra tutti i sensi, la sfera olfattiva è quella che offre minori risorse all'am-
bito musicale, forse perché l'odorato (secondo quanto riferisce Aristotele) è

478 Bacchyl. fr. 3. 96 Snell-Maehler (nell'inno omerico a Pan, v. 18, il canto dell'usignolo è
chiamato µùlYT1j)\Jç).Si cfr. anche l'uso del verbo ,m-raµtlm:\ro ("cospargo di miele") detto del
canto dell'upupa in Aristoph. Av. 224.
479 Aristoph. Av. 907.
480Oppure µùl'8or{oi ("dalla voce di miele"), µù..i1Coµ1t0i/µtliy6ou1toi("che risuonano dolce-
mente come miele"), µtli+Poveç.
481Pind. 01. 11. 4; id. Pyth. 3. 64; id. lsthrn. 2. 3; Plut. De Pyth. orac.405f. Cfr. il µù..lJ3o<xv iiµvov
di Laso di Ermione nel fr. 702 Page.
482Pind. Isthrn. 2. 7, 2. 32, 6. 7; Nem. 11.18; frr. 52c. 12 e 52i. 78 Maehler. Per un uso di µili o
suoi composti in riferimento alla voce o al canto si vedano inoltre Alcm. fr. 90. 1 Calarne; Sapph.
fr. 71. 6 V.; Simon. fr. 90. 1 Page; Pind. Nem. 3. 4, frr. 52e. 47 e 52f. 58 s. Maehler; Aristoph. Vesp.
221; id. fr. 598 K.-A.; Eur. fr. 773. 34 Nauck; adesp. fr. 954b Page.
483 Il. 13. 637; Hyrnn. Horn.7. 59; Hes. Theog.83 e 95; Sappi\ fr. 71. 5 V.;Pind. 01. 1. 109, 6. 91, 10.
3 e 10. 94; id. Pyth. 10. 56; id. Nem. 3. 32, 4. 44, 5. 2 e 9. 3; id. lsthrn.2. 7; frr. 52b. 101, 52g. 11, 52i. 75
Maehler; Soph. Ajax 1201; adesp. fr. 954a Page. Platone (Leg. 802c-d) parla di yÀ.uma µoooa per
esprimere la potenza ammaliatrice della musica contemporanea. Cfr. anche l'uso del verbo yÀ.u-
ic:aivnv in Aristox. Harm. p. 30. 5 Da Rios per indicare l' 'addolcimento', ad opera dei musicisti
del IV sec. a.C., della lichariosenarmonica, cioè l'alterazione della sua usuale intonazione (ditona-
le) allo scopo di renderla più simile a quella del genere cromatico (1 tono e 1/2).
484 Od. 8. 64; Hes. Theog.40, %5 e 1021; Hyrnri.Horn.3. 169; Eur. Cycl. 443; Aristoph. Pax 1159;
Athen. 174a. Per i composti ti6utltl\ç, tiouµtliiç, ti6uxvooç, ti6u!Joaç, tim\epooç o ti6"À.Oy(>ç vedi Hymri.
Hom. 21. 4; Sapph. fr. 44. 24 V.; Anacr. fr. 112 Gentili; Pind. 0lym. 6. %, 10. 93, 13. 22; id. Nem. 1.
4, 2. 25; id. Isthrn.2. 25; Soph. fr. 238 Radt; Eur. Bacch.126; id. El. 702. Il genere cromatico è detto
ij&a-rov in Arist. Quint. De rnus.p. 92. 26 W.-1.e in Anon. Beli. 26.
48.5 Per l'opposto di yÀ.u,ruçsi veda mKpoç.cit. n. 299.
486 Od. 19. 52.
487 Hes. Op. 583; Ps.-Hes. Scut. 3%.
488 Hes. Theog.95; Hymn. Horn.25. 5. Cfr. Il. 1. 247 ss. (cit. n. 474).
489Plut. Quaest. conv. 712f-713a: (se. ò aùMç) Kataxt:oµrvoç ~tiv ti6t:1avci:XP1 TÌ]ç ljl\JXll<;
1tmo001
Y<lÀ.llVllV.
490 Pind. lsthrn. 8. 58, cfr. Aeschyl. Choeph.449 (xfouaa 1toÀ.ooa1Cpov yoov). In entrambi questi
due casi, probabilmente, l'immagine sottintende un riferimento alla fluidità delle lacrime.
80 Le paroledelleMuse

il senso meno sviluppato dall'uomo e ha per oggetto elementi che non è


facile descrivere in termini di percettibilità: "Per quanto riguarda l'olfatto e
l'oggetto odoroso, determinarli è meno facile che nei casi già esposti, poiché
la natura specifica dell'odore non è manifesta come quella del suono o del
colore. La causa di ciò è che questo senso in noi non è acuto, ma inferiore a
quello di molti animali. In effetti l'uomo avverte debolmente gli odori, e non
percepisce nessun oggetto odoroso senza dolore o piacere, e ciò perché que-
sto sensorio non è acuto" 491•
I paralleli tra odori e suoni sono ancora più occasionali di quelli ricor-
renti nel campo semantico del gusto: oltre ai già citati passi di Tolemeo492,
Aristide Quintiliano 493 e Briennio 494, si vedano Ps.-Aristototele De audib.802a
12 ss. ("è necessario che le percussioni sull'aria circostante siano di questo
genere, e soprattutto che i suoni siano inviati all'udito in questo modo, come
avviene per gli odori/ cixrnEpicm 'tàç ooµw;"),Teofrasto De odor.4. 64 (in cui
vengono paragonate le diverse proprietà di ciascuna sfera sensoriale) ed Eu-
ripide Cycl. 104 (dove l'espressione icpo'tw..ov~:nµu, lett. "nacchera penetran-
te", vale "stridulo, petulante chiacchierone") 495•
È facile appurare come l'aggettivazione olfattiva utilizzi lemmi comuni
agli altri sensi: "l'odore (ò~tj) si dice acre (6p1µria), forte (iaxup<i), debole
(µw..a!CT)),dolce (y)..uicEìa) e sgradevole (JxxpEìa)" 496. Il significato di tali attri-
buti si conferma quindi come assolutamente non vincolato ad una particola-
re sfera sensoriale, quanto piuttosto relativo all'impatto percettivodei vari
elementi (acustici, tattili, visivi, gustativi, olfattivi) sul soggetto senziente.

491 Aristot. De an. 421a 7 ss.


492 Ptol. Harm. pp. 93. 14 e%. 18 ss. Diiring (citt. n. 473). Cfr. Porph. in Ptol. pp. 29. 5 e 41. 28
ss. Diiring.
493 Arist. Quint. De mus. p. 113. 25 W.-1.(in cui al tetracordo synnemenon,nell'ambito del siste-
ma e;netto immutabile, corrisponde il senso dell'odorato).
4 Bryenn. Harm. pp. 174-76 Jonker (cit. n. 473).
495 4ptµuç. lemma affine a mKpoç ma più spesso utilizzato in contesti ollattivi, vale "aspro,
penetrante, piccante" anche in relazione ad altre sfere sensoriali (cfr. l'espressione lipiµù jU.Éllnv,
"guardare con sguardo pungente, irritato").
496Theophr. De odor.4. 2 (P<xPuç = "sgradevole, forte", è detto dell'odore anche in Hdt. 6. 119.
3). Cfr. Aristot. De an. 421a 26 ss.: "Come un sapore è dolce (yÀ.uiroç}o amaro (mKpoç), cosi lo
sono anche gli odori ... similmente un odore può essere pungente (lipiµiìa), acre (ai>crtTJpa), acido
(òçria) e grasso (MJUJ911>".
III

SUONI ANIMALI E SUONI MUSICALI:


GLI EPITETI ONOMATOPEICI E LA FORMAZIONE DEL LES.5ICOTECNICO

Oltre alle categorie terminologiche sopra descritte, esiste una terza tipo-
logia di lemmi che comprende, da un lato, vere e proprie onomatopeemusica-
li, come le aristofanee 8pt:ttav11M497 e t~ì..atto8pat4 98 (imitazioni della riso-
nanza prodotta dalle corde della lira) e l'archilochea t11vùJ..a4 99, dall'altro pa-

role che, sorte quali riproduzioni mimetiche di suoni della natura, subirono
poi uno slittamento metaforico in campo musicale, assolutamente sponta-
neo se si considera l'intima connessione che i Greci riconoscevano tra suoni
animali e suoni musicali 500• Il numero di tali lemmi è però quantitativamente
piuttosto scarso: l'unico ad essersi sviluppato nella trattatistica teorica dan-
do origine ad un corpusdi termini propriamente tecnici è appunto tq>Etiçro.

Le cicalee la praticadell'i>1tt1xeìv

TepEtiçroe i suoi derivati tEptnaµa 501 e tq>Enaµoç502, vocaboli propri del


linguaggio musicale utilizzati prevalentemente in riferimento ali' aulo e alla
voce, sono prima di tutto termini di evidente origine onomatopeica con cui

497 Aristoph. Plut. 290 e 296. Cfr. Schol. vet. Aristoph. Plut. 290c: n8ci.paç 11:xoç µ1µouµcvoçtv tq>
~n. toirt6 .,,m tò l'>ilµa«Opettavùo».
4 Aristoph. Ran. 1286.
499 Archil. fr. 2(17Tarditi: TI\VEUo / ò, icallivuct, :xmp'àva!; 'Hpa~. Cfr. Schol. vet. Pind. 01. 9.
le, voi. I p. 266 Drachmann: 'Ap:xiAoxoç tqi 'Hpaiù.rl iiµvov ... mwp1'oac;n8apq>ooÙ 6ui nvoç ~ tò
~ q.nµ'l\<Jato.
Cfr. la poliedrica valenza del termine àT16mv, lett. "usignolo", ma anche (metaforicamente)
"poeta" (Bacchyl. epin.3. 98, Anth. Pal. 7. 44. 3), "ancia dell'aulo" (Hesych. a 1500: àfl66va· yMOO-
ailia µtta+<Jpiicéoc;.cfr. Eur. fr. 556 Nauck) o addirittura "aulo" (Eur. fr. 931 Nauck).
501 Derivato verbale di ttpni.çm dello stesso tipo di icpoùµa (< icpooo), 6uia'tflµa (< 6taoti;vm) e
cnic:muia (< fflJ<Jti;vm).
502 Per la derivazione di u:pt:ttaµ6ç da ttpt:ti.çm,cfr. Chantraine 1979, p. 139 ss.: "Parallèlement
au suffixe -aaµ6ç. il a été constitué, principalement en liaison avec les verbes en -içm, un suffixe
-1aµ6ç ..• la prose attigue et hellénistique en a tiré grand part. O a rendu les plus grands services
dans les langues techniques."
82 Le paroledelleMuse

gli antichi indicavano il frinire delle cicale e il garrire delle rondini, secondo
quanto testimoniato dai lessicografi antichi 503• È proprio in riferimento alla
tt.u~ infatti, che nel CorpusFabularumAesopicarumè attestato l'uso di Tlu:-
petla-rpux,sostantivo femminile derivato dal verbo u:pt:tlçco50': ''Un pover'uo-
mo, che inseguiva cavallette (à1Cpi6aç),catturò anche una loquace cicala can-
terina (ri\v clì..w.ov .q>etla-rptav tt-ruya) 505 e maturò l'intenzione di ucciderla.
Quella gli disse: «Non uccidermi senza motivo; non danneggio frutto, non
rovino ramo, ma canto belle melodie con la sincrona armonia delle ali e
delle zampe, allietando i viandanti. In me non troverai nulla più della voce».
Udite queste cose, l'uomo la lasciò andare". Questa favoletta è riportata al
cap. 99 della recensione Westermanniana della Vita Aesopi, databile intorno
al I-II sec. dell'età cristiana 506: se potessimo ricondurla con certezza al corpus
più antico della tradizione esopica, essa sarebbe per noi la prima attestazio-
ne della radice verbale n:pt't- in lingua greca, usata proprio in riferimento
alla tt-rul;. Un accostamento, dal punto di vista dell'origine linguistica, tra
-repetlçroe -rhul; (anche quest'ultima parola presumibilmente onomatopei-
ca)507,dove l'elemento comune è identificato nella cellula n:-r- (contr. < u:-

503 Frisk 1961, p. 878 s.; Chantraine, p. 1106;Tichy 1983, p. 199. Cfr. Poli. 5. 89 (ttmyaç upcti-
çav); Hesych. t 517 (tt:J>Etiçovta·À<XÀ.ouvta. È'ICµtt~pàç tiiç XEÀtoovoç)et 518 (upctiaµata· ... Kaì tà
tcòvtt:ttiyrov1µ1µata); Suda t 338 (upctiaµata· ... àltò µtt~pàç tOÙtÉtttyoç, ~ tiiç xoooovoç); Etym.
Magn. p. 752. 41 s. Gaisford (tt'.J)EtÌ<Jµata· ... àltò µtt~paç tOUtÉtttyoç ~ tiiç xoooovoç); Lex. Vmd.
171 (upctiçav Kaì tt:ttiçav trtì u:ttiyùJV);Clem. Alex. Protr. 1. 1. 2 (cit. infra). Per testimonianze che
associno il suono delle rondini e delle cicale, cfr. n. 514.
504 Chantraine 1979, p. 333: "Des verbes en -içro,-ciçroont été généralement tirés des dérivés
en -tatpov, -acnpov".
505 Cfr. Vit. Aesop. 6 (tupctiçrto tÉtttç).
506 Vit. Aesop. 99 = Corp. Fab.Aesop. 298. Perry 1952 integra <u:prttatpiaç> anche nella recen-
sione G (app. ad loc.: "cf. W"), dove però il lemma risulta, in realtà, riferito alle <iKpiliaç(termine
con cui gli antichi indicavano sia le locuste che i grilli), non alle cicale: "Al tempo in cui gli ani-
mali parlavano la stessa lingua degli uomini, si dice che un povero, bisognoso di sfamarsi, cat-
turasse delle cavallette dette "chiacchierine" (à1Cpt6açtàç A.ryoµi:vaç <u:prnatpiaç>) ... e avendo
catturato una cavalletta, aveva in realtà intenzione di ucciderla. Quella, vedendo ciò che le sta-
va per capitare, disse all'uomo: "Non uccidermi invano! Non ho danneggiato spiga né rami o
arbusto, non ho rovinato virgulto, ma canto belle melodie sfruttando la sincrona armonia delle
elitre e delle zampine. Sono un sollievo per i viandanti" ... " (trad. Bonelli-Sandrolini). Come
emerge chiaramente dal confronto tra le due favole, questa della ree. G è solo una versione leg-
germente modificata della ree. W, dove il riferimento del termine tt:J)Etiatpmalla cicala, certa-
mente più appropriato, induce ad identificare in essa la versione originale. Per una testimo-
nianza che associ il verso di tÉtnyt:çe a1Cpi&ç,i cui attributi specifici vennero spesso confusi dai
poeti antichi (Borthwick 1966, p. 103 n. 2), si vedano Ps.-Aristot. De audib. 804a 22 ss. (cit. n. 376)
ed Aelian. De nat. anim. 6. 19 (cit. n. 514).
507Su témç dr. Frisk 1961, p. 886; Chantraine, s.v. tétttç; Gil Femàndez 1957, p. 318 ss.; Da-
vies-Kathirithamby 1986, pp. 113-133.A conferma dell'origine onomatopeica di 'tttttç da un ipo-
tetico verso u:u:, si confronti la testimonianza di Aristoph. Av. 505: ò 1ColCIClll; (su cui
àno1 «ICOICIC\l»
Gil Femàndez 1957, p. 319: "en primer lugar la existencia de un verbo ntiçro, con el que ttrnç
pudiera estar en la misma relaci6n que 1C01CKUç con 1Co1C1C1Jçro").
3. Suoni animalie suoni musicali,gli epitetionomatopeici e la formazionedel lessicotecnico 83

pu-), era già stato suggerito dall'EtymologicumMagnum: "tettix, animale mu-


sicalissimo. Da teretizo(il suono musicale) teretix;per sincope, tettix''B.
La musicalità delle cicale, animali sacri alle Muse, fu di certo un concetto
ben radicato nella cultura antica 509• Platone le descrive all'origine come uo-
mini che, affascinati dal canto delle Muse a tal punto da morirne, furono da
esse stesse trasformati in una stirpe che "ricevette il dono di non avere biso-
gno di cibo fin dalla nascita, ma di cominciare subito a cantare" 510• Secondo
un'altra leggenda, invece, Eunomo di Locri, a cui si era spezzata una corda
durante un agone citarodico, suppli la corda mancante con l'eco di una 'ttt-
nç: " ... ed ecco si spezzò un corda al cantore di Locri; una cicala (ò timi;)
balzò sul giogo della cetra, cantava (ttEptnçev) sullo strumento come su un
ramo e il cantore, accordato il suo canto a quello della cicala, suppli la corda
mancante" 511 (cfr. Anth. Pal. 6. 54: "È, la cicala di bronzo, memoria di serti,
regalo al dio Licòreo, d'Eunomo locrese. / Era un agone di cetre, rivale era
Parte. La lira locrese al colpo risonò del plettro, / quando una corda saltò
sfrigolando con murmure roco - l}payxòvn:tpryuìa _su_ Prima che claudicas-
se l'aria armonica, / sopra la cetra posò con dolce frinio - à.l}pòvÈmtpuçrov -
la cicala, supplì la nota della corda assente, / l'eco di rustico timbro, ciarliera
nel bosco, piegando alla musica nostra, alla sua norma. / Èunomo, Febo
beato, di questa cicala t'adorna, canterina di bronzo sulla cetra") 513•
Secondo una delle possibili ricostruzioni etimologiche, quindi, il termine
tEpetlçro nascerebbe come riproduzione mimetica di un suono animale, quel-
lo delle cicale, associato poi per similarità al verso di altri animali 514• Tale ri-

5lll Etym. Magn. p. 755. 4 ss. Gaisford: ttml;. µ000tK(l)'tatov ç<ÌX>v.napatò tq>Etiç(I) (tò µ0001KIÌ>ç
t<avcò)uptnl;· Kmcn,yic~. ttml; (dr. Lex. Vind. 171, cit. n. 503). Oltre a questa etimologia, per la
verità un po' artificiosa (è molto più semplice ipotizzare una formazione ttml; da u:u: e consi-
derare tq>Etiç(I) una formulazione successiva), l' Etymologicum Magnum propone una possibile
derivazione di tciml; da taaO(I), con probabile riferimento alla regolarità ritmica del suono pro-
dotto dalle cicale: 'H ltapà tò tcittm taçm tciml;, ò u:myµtvov qwv Kmpòv èv trì>~v (p. 755. 6 s.
Gaisford).
509 Vd. Aristoph. Nub. 1360. Per una raccolta di passi antichi e commenti di studiosi moderni
sulla musicalità del suono prodotto dalle cicale, dr. Davies-Kathirithamby 1986, p. 116 ss.
510 Plat. Phaedr.258e-259d.
511 Clem. Alex. Protr. 1. 1. 2
512 Si noti qui l'uso di u:tptyuìa < tpi!p.v = "stridere", solitamente connesso a tpulpv = "mor-
morare, pigolare" ➔ da cui tpUyciiv= "tortora". Tpiçnv/tpiyµ6ç è più spesso collegato al verso di
animali quali la pernice (dr. Aristot. Hist. an. 536b: tÙJv nq>lil((OVo\ µrvKal(l(aj3iç0001, oi & tpiçO\r
mv), la donnola (Aelian. De nat. anim. 6. 41: yo.À.'lç oupinovtoç), il pipistrello (Od. 24. 7:
tptç<>0011ç,;
ou:vuKtEpiliEç... tpiç=m) o alla voce dei fantasmi (su cui si veda Stramaglia 1995, p. 197 n. 11).
513 Trad. Pontani. L'episodio è ancor prima narrato dallo storico Trmeo (FGrHist566 F 43).
514 A questo proposito, dr. Aelian. De nat. anim. 6. 19 (t<ÌJVèv <i>cimç tE Kal µooomç òpvillrovoùlirlç
1iUXÀ.É.À.'19EV, ÌOµEV XEÀlOOV~ l((ll KOOcru+oU<;l((ll 'tÒ <'t(IJV> tEffly(IJV+tJÀOV,IC<XllCl't'taY ÀaÀOV IC<Xlfloµ-
CÌÀ.À.'
jloùoav aKpi&x)e Ach. Tat. 1. 15. 8 (oi ci>6o•lié.ttm~ l((l\ xwooVEç). Per una testimonianz.a che, al
contrario, differenzia dal punto di vista terminologico i versi di questi animali, si veda Poll. 5.
89, cit. n. 586.
84 LeparoledelleMuse

produzione potrebbe con tutta probabilità essere stata compiuta sullo stesso
nucleo semantico che aveva generato la parola tÉ.nç, 515, la cui +wvi1 veniva
appunto percepita e classificata dagli antichi come yÀ.uma ed ti&ìa (o À.El.-
516

pt6Eaaa)517,contrariamente al gusto moderno che recepisce questi suoni co-


me sgradevoli 518 •
Successivamente, proprio in virtù del fatto che tale verso era inteso co-
me µoumKcòtatov5 19 (forse per via della regolarità ritmica), il termine potreb-
be aver esteso il proprio significato alla sfera propriamente musicale (si con-
fronti, a questo proposito, l'uso intercambiabile di un aggettivo quale À.t-
yuç/À.tyupoç520 in relazione alle Muse521 e ad animali quali grilli e cicale522,
nonché a strumenti musicali tra cui phorminx e syrinx523 e alla voce in gene-

515 Cfr. nxÀ.içm < IClXÀ.'11= "tordo", poi passato per estensione semantica, come upt:tiçm, ad
indicare anche i versi di altri animali (Hesych. x 691: XPQIE'til;a·IClXMl;aci>c;'imroç). Un altro esem-
pio dichiarato di riproduzione mimetica di un verso animale è mlriçw (Hesych. n 2338: inlril;av·
1CaTàµiµfl(Jlv TI~lç U1t0i'11TCX1. òpvÉmv+<avTJc;;
TiiçTÒ>V cfr. Poli. 5. 90: btoxw; mnilpv). Per un ipotetico
verbo ·tntil;av < tÉmç, cfr. Lex. Vmd. 171, cit. n. 503.
516Sulla funzione di tali aggettivi in riferimento alla voce musicale, cfr. cap. 2 supra (spec. le
nn. 483 s.). Per una descrizione del canto delle cicale in questo senso si vedano, tra gli altri,
Aesop. fab. 195 Hausrath (òvoç àiroooaç ·tutiywv rµ,ovTwvi'lo&rt tm nj ~~ 1Ccnç11ÀO>aaç 't'ÌlV
CXÙTÒ>V
TlwnJTa) e Long. Daph.1. 23. 1: 'H&ìa µtv wrnywv TIXIÌ yÀ.t1ma).
517In Omero (Il. 3. 151 ss.) il canto delle cicale è descritto come "fiorito", cioè limpido e
uniforme come il bianco dei gigli: "ma parlatori nobili erano, simili alle cicale (wTTiYEO'cnv rouro--
wç), che in mezzo al bosco stando sopra una pianta mandavano voce fiorita (òna AapuSrooav
trim - cfr. Hes. Theog.41: ÒltÌ AaplOéoOlJ,detto delle Muse-)". Su quest'immagine si vedano, tra
gli altri, i commenti di Stanford 1969; lrwin 1974, p. 208 ss.; Kaimio 1977, p. 48 s. Per un'inter-
pretazione dell'aggettivo Aapi.ooç come "umido, rugiadoso" (in riferimento alla dieta seguita
dalla cicala, che tradizionalmente si cibava di rugiada), cfr. invece Egan 1985. Recentemente
Sardiello 1996 ha escluso che il riferimento di Aapi.ooç al giglio si fondi sulla componente di
'delicatezza' solitamente attribuita al fiore (che mal si accorda con alcuni usi del lemma), rile-
vando piuttosto come esso si basi sulla sensazione di 'meraviglia' e 'stordimento' che, in virtù
del suo lucente biancore, il fiore è in grado di suscitare.
518 Sulla diversità tra il nostro gusto e quello degli antichi già si interrogava Eustazio ad Il. 3.
151, voi. I, p. 623.12 van der Valk: ti yàp 1100 iimç flXÒ>V: (ma si vedano ancora ibid. p. 623.19 s.
van der Valk, cit. n. 398; Vug. Georg.3. 338 - querulae... cicadae-; id. Ecl. 2. 12 - raucis ... dcadis
-). Su questo argomento si cfr. l'articolo di Stanford 1969, p. 8: "if we in mcxiem times find their
- se. of the cicadas - undeviating pitch and rhythm mechanical and monotonous, it may be be-
cause our ears are assailed by similar lt\l1CVOT11'ii and à1Cpijkla of sounds from machines ali around
us. To the Greeks this finn precision was a marvel of nature".
519Cfr. Aristot. Hist. an. 535b 3 ss.: Tà µtv oùv ÈVToµaoùw +<avri ... àllà Tà µtv
oùw liuxÀÉytTIXl
Poµpti, o\ov µiltna 1CCX1 Tà ffT'llVàCXÙT<ÌJY,
Tà 6' ~v ÀtyETcn, oiov o\.tÉm-yEç.
520Sulla preferenza degli antichi per tali qualità del suono, cfr. Stanford 1967, p. 149 ss. e
Wocxibury 1955, p. 37 s.
521 Ps.-Hes. Scut. 206; Plat. Phaedr.237a; Terp. fr. 5 Gostoli; Alcm. frr. 4, 85 e 86 Calarne;
Stesich. frr. 240 e 278 Davies.
522Hes. Op. 582 ss. (cit. n. 386); Cali. Aet. 1. 29; Anacreont. 34 West, vv. 11-13; Ps.-Aristot. De
audib. 804a 22 ss. (cit. n. 376); Ps.-Luc. Amor. 18. 8 (cit. infra);Aristaen. Ep. 1. 3; Anth. Pal. 7. 189,
192 e 195. Cfr. Hesych. À.958 (À.lycivTmp· clii<><;
tÉmyo<;).
523 Il. 9. 186; Ps.-Hes. Scut. 278; Eur. HF 892; Ach. Tat. 5. 16. 5.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e la formazionedellessicotecnico 85

re524), associandosi preferibilmente agli strumenti a fiato con i quali era più
facile riprodurre un determinato tipo di suono.
Diversa è la ricostruzione etimologica di tEpeti.çrofornita da altri studio-
si525.In un articolo dedicato all'analisi di numerosi elementi lessicali che, dal
greco antico, giungono fino alle lingue tedesca e inglese del XVIII sec., Elio
Durante ravvisa l'origine di tali elementi nella pratica articolatoria con cui
avveniva la produzione dei suoni negli strumenti a fiato, in cui "il flusso ae-
reo non viene immesso nel tubo sonoro mediante una espirazione ininterrot-
ta, ma risulta opportunamente distribuito nel tempo da ostruzioni prodotte
dalla lingua con una sorta di sillabazione" 526 . Tra i diversi tipi di sillabazione
articolatoria rinvenuti da Durante nel lessico musicale greco527, compare an-
che la sequenza T-R in cui viene identificato il diretto antecedente del termi-
ne tEpeti.çro528• Tale interpretazione circoscrive il legame originario della ra-

dice alla sola prassi auletica 529 : "come <µJµarappresenta il prodotto del can-

524 Cann. Pop.880 Page; Hes. Teog.275; Pind. 01. 9. 47; Bacchyl. epin. 5. 23 e 10. 10; id. fr. 20b. 2
Snell-Maehler.
525Durante 1981 (posizioni accettate anche da Restani 1983, p. 186 ss.).
526Durante 1981, p. 9.
527 Le diverse sequenze articolatorie individuate da Durante sono citate qui di seguito assie-
me ai loro derivati lessicali: T-R (,q,ttiçco/'tq!Énaµa), L-R (1i\poç/1T1péco), T-R-L (,opÉÀÀ.T1,glossato
da Esichio t 1163 come bn+omiµa 8pl'JV11n1eòv aiiv cruÀ.q>8pcxn1eov),L-L (AaAéco/MXAaytco). Si tenga
presente che lemmi come À.aMCOe AaAaytcomostrano un valore musicale solo in una fase succes-
siva (per quanto riguarda À.aMCO,cfr. Ps.-Aristot. De audib.801a 29, lit' aù>.oùi\ ociìJnyyoç>..w.riv,e
Ach. Tat. 2. 14. 8, tò t,ri>µa« còi;n&apa ÀW.ÈI, mentre in Pind. 01. 2. 97 e 9. 40 AaAaytcoha ancora
valore puramente verbale). Personalmente ritengo che tali parole nascano quali onomatopee
del linguaggio verbale (cfr. Hesych. x 325: toùç 1Japf3apouçxwoomv àKn1e<içoucn lità TIÌVàauv8Etov
À.<Wav) ed estendano successivamente il proprio significato semantico all'articolazione musica-
le per metafora. In Teocr. Id. 5. 48 e 7. 139 e in Aristopho fr. 10 K-A. il verbo è usato in riferi-
mento alle cicale.
528 Cfr. Durante 1981, p. 26: "appare chiarissima la derivazione di ,q,ttiçco dalla sillabazione
articolatoria: privato il verbo del suffisso derivativo -iço, appare infatti in piena evidenza la
~enza tEptt-, identica al ganassiano teretere"(cfr. Ganassi 1535).
L'ipotesi di Durante viene supportata dalla testimonianza seicentesca di G. B. Doni, che
nel suo ProgymnasticaMusicaeParsveterum restitutaet ad hodiernampraxim redacta(scritto tra il
1636 e il 1643) annotava che "la pratica strumentale delle tibie e dei cerauli si apprendeva ripro-
ducendo con le labbra la posizione usata per pronunciare le sillabe te e re,da cui il legame di w-
~til;nv o del suo calco teretissarecon la prassi auletica" (Restani 1983, p. 188). Si riporta qui di
seguito l'intero passo del Doni nella traduzione di Durante (1981, p. 28): "meravigliandomi as-
sai che gli antichi Greci (dei quali non possiamo a sufficienza lodare l'acutissimo ingegno in tut-
ti i campi) non avessero sillabe o parolette di sorta con le quali si potessero esercitare nello stu-
dio del canto prima di arrivare alla esecuzione di perfette melodie, e ritenendo che il termine
,q,ttil;nv presso di loro designasse colui che canticchia una qualsiasi musichetta senza parole
precise o dotate di un qualche significato, cioè con sillabe come fa,la, le, ra, o simili e che siffatti
modulamenti privi di parole denominassero pure tEpttiaµam, ritenevo che essi facessero uso di
siffatti u, ~. te, re, particolarmente avendo udito come ancor oggi a Chio si usi fare corrente-
mente cosi, e d'altra parte [avendo udito) qua e là tra i Greci esser chiamati con il vocabolo cor-
rotto ~oµoùc; gli stessi nudi aw..l\µata, ossia le semplici melodie di flauto non associate alla
voce umana. Ma quando di seguito in un codice della Biblioteca Vaticana scopersi finalmente le
86 Le paroledelleMuse

tare (~) e 'l'<XÀf.l.Oç e 1Cpoùµa.quello della azione percussiva esercitata sulle


corde rispettivamente dalle dita (\jfw.À<O)e dal plettro (1Cpo00>), così tq)énaµa.
costituisce il risultato della attività articolatoria della lingua (tEpEtlçro)"530•
La più antica attestazione di u:petlçro con valore propriamente musicale
sembrerebbe confermare quanto proposto da Durante531• Troviamo infatti la
prima occorrenza certa del verbo u:petlçnv in un frammento di Frinico comi-
co riferito dall' Onomasticondi Giulio Polluce532 : "C'era un brano auletico per
la vendemmia (È1tl.At\vtov a.ÙA.flµa.)... e un altro per la spulatura (1tn<Jt11Cov),
come dice Frinico il comico nei Compagnidi baldoria:«intonerò (u:pen<Ì>)una
melodia della spulatura per noi due»" 533• Il contesto in cui Polluce inserisce
il frammento supporta l'ipotesi di un rimando di tEpEtlçooalla prassi auleti-
ca534(anche se la citazione di un verso isolato non permette di ricostruirne la

autentiche sillabe di studio dei Greci, deposta ogni meraviglia, mi rallegrai grandemente giac-
ché con subita intuizione compresi che con l'esempio di esse si poteva egregiamente migliorare
l'insegnamento e la prassi preparatoria della musica di oggi. Allora mi venne anche in mente
che questo vocabolo u:ptnoµa (e upEtiçav) mi era familiare dal fatto che nelle musiche per flauti
e cornetti le sillabe Te e Re sogliono essere pronunziate dai maestri con vari atteggiamenti e
impulsi delle labbra e della lingua. Costoro le denominano lingue, noi con termine antico
potremmo forse chiamarle JtPOOYÀ.O>tnaµo\Xj e designare con teretissarel'azione di imitare i flauti
canterellando, ovvero una mera espressione melodica senza parole di senso compiuto, sull' e-
sempio dei Greci e in primo luogo di colui che nella sezione musicale dei Problemataadoperò
tEpEtil;E1vproprio con questo significato". Il lemma teretizein,quindi, all'epoca del Doni era uti-
lizzato principalmente per indicare il moderno 'solfeggio' cantato, esercizio orale che abitua
alla lettura della musica: a questo proposito si confrontino, dello stesso Doni, il Compendiodel
trattatode' generie de' modi, p. 85 ("Delle quali sillabe si servono anco per essercizio del canto:
benché in Scio sogliono adoperare queste «te, re, re», teretissando, cioè cantando qualche aria
senza le parole") e l'Onomasticumseu SynopsisMusicarum,Graecarumatque obscuriorumvocum,
cum earum interpretationeex operibuslo. Bapt. Doni, p. 274 (Progymnastica,quaecantum praeexerci-
tamentis,ac teretissando,scilicetvulgo,solfizando,pueroserudit).
530Cfr. Durante 1981, p. 29. Per quel che riguarda il legame dei termini va).µòç e 1Cpoùµacon le
due ben distinte pratiche performative sugli strumenti a corda, vd. supracap. 1.
531 Probabilmente questo frammento è sfuggito all'attenzione di Durante, il quale afferma

che "con immediato riferimento all'aulosè nota per il vero una sola occorrenza del verbo e in
particolare nella Vitadi Apolloniadi Aavio Filostrato, mentre più ampiamente testimoniati sono
gli usi estensivi riferiti alla voce umana". Cfr. Philostr. Vit. Apol. 36: È6ilìa0'1CE
6È aùtoùç À.aÀÈlv
u
ooa O\ àv8p<,nto11Caìupetiçav ooa aùA.oL
532 Poli. 4. 55. Naturalmente si esclude la testimonianza sopra citata della favola esopica, di
datazione incerta.
53.3Phryn. Com. fr. 14 K.-A. Di seguito, Polluce riporta un altro frammento che conferma l'esi-
stenza di un accompagnamento auletico alla spulatura del grano: 1Ca\N11Co+<ìiv èv toìç Xnpo-
-,.iatopmv «àll" 'i81iq>oaulTJ(Jov<riiv<i,vimaµov nva». Cfr. Athen. 619a (dove Ateneo sta trattando i
diversi tipi di canti popolari, in particolare quelli di lavoro): 1Ca\t<Ì>V 1maaoooCÌ>vàlltt nç (se.
ci>6t\),(i)c;"Ap1ato+civttçEV8Eoµ~1al;ouaaiç ICaÌ. NllCOlapt\çÈV 'Hpadri Xop,yy<ÌI.
534Cfr. Poll. 4. 83: 11ÉP1\aùlttµatlllV icpouµam. aupiyµata, ('tEpE'tloµoi]tEpEtiaµata, viyÀ.ap01(ma in
id. 5. 89 s.: 1Caì.u:rnyaç tEpEtiçav). Nel frammento di Frinico è assente un'opposizione terminolo-
gica netta tra i suoni prodotti dalla lira e quelli generati dall'auto, come invece avverrà nelle
testimonianze più tarde di tEpEtiçm (vd. n. 554). L'uso del verbo in questo contesto potrebbe
quindi anche riferirsi non tanto allo strumento quanto ad un tipo particolare di esecuzione
musicale (vedi infra).
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedellessicotecnico 87

collocazione originaria nell'ambito della commedia): si tenga infatti presente


che il riferimento ad un canto della tradizione contadina doveva suggerire al
pubblico in teatro, in modo piuttosto automatico, un'allusione all' aulo, non
certo alla lira. Stesso valore di tEpE-rl.çro
si ritroverà secoli dopo in una favola
di Babrio, dove l'abilità auletica del protagonista evidenziata all'inizio del
racconto rende indiscutibile l'interpretazione del verbo 535 : "Un pescatore
possedeva degli auloi ed era abile nel suonarli; una volta, sperando che al
dolce suono degli auloi (1tpàço:ò'Aii>V Tl~Tlv) giungesse molto cibo senza
sforzo, pose la rete e cominciò a suonare con abilità (È'tEf)Énçe EÙµoooroc;)" 536•

Le attestazioni successive del termine mostrano però un notevole svi-


luppo semantico di -repe-rl.çnv,sia verso usi riferiti alla voce umana 537 sia
verso contesti legati ad esecuzioni musicali particolarmente elaborate. Ecco
con quale valore ritroviamo il verbo nei Problemata di scuola aristotelica: "Se
la voce umana è più piacevole (se. di quella strumentale), perché essa non lo
è quando uno canta senza un testo (civEu ¼ou), come quando si fanno voca-
lizzi (oiov tEpEnç6vtrov), ma a paragone sono più gradevoli l'aulo o la lira?
Oppure nemmeno in quel caso sono ugualmente piacevoli, se non e'è mime-
si? D'altronde è anche un fatto d'esecuzione. La voce umana è più piacevole,
ma gli strumenti sono più incisivi (1Cpooon1Cci)538della bocca. Perciò è più
gradevole ascoltare (se. strumenti) che fare gorgheggi (tEpE-riçav)"539• Il con-
testo del passo chiarisce il riferimento del verbo -repe-rl.çavad una pratica
vocale in cui non sia operante un significante verbale, che Durante definisce
un uso "quasi tecnico ... di cantare senza parole" 540.

53.5Non cosi LSJ,s.v. upEtiçw: "hum a tune, d. Babr.9. 4".


536 Babr. fab. 9. Per un precedente di questo motivo favolistico, dr. Hdt. 1. 141. 1: "Ciro, ascol-
tate le proposte di quelli, raccontò loro una favola, dicendo che un auleta (àv6pa miÀT1TI1V), che
aveva visto pesci in mare, si mise a suonare (miÀÉav), pensando che essi sarebbero venuti a
terra".
537 Cfr. Ps.-Aristot. Div. Aristot. 12. 2. 8 ss.: <1unpàtm TIµmKmoì riç tpia· ècm yàp miti'tçÉVµtv aò-
toù toù atoµatoç q,yov, ÉV lit: xnpcÌJv,mì at6µatoç, ÉV lit: µ6vov t<ÌJvxnpcÌJv.Tò µtv oùv mitoù toù at6µa-
toç q,yov 01.ovai n: qi6aì Km oi n:pEttaµoì KIÌItà totaiita. t<ÌJvlit: xnpcÌJvKIÌItoù at6µatoç ii n: XOf)ffl)Àtr
ttlCTIKIÌItà oµota. t<ÌJvlit: xnpcÌJvTI1Ct8apl<Jtt1CT1Kà tà touri>ta. Qui il sostantivo upEttaµoç è chiara-
mente riferito a suoni eseguiti con la voce umana (toù at6µatoç epyov). Per una riconosciuta affi-
nità tra canto ed aulo, dr. Ps.-Aristot. Probi. 19. 43: ò lit:miÀ.Òç tiiçÀ.upa.ç
TIOl(J)V ...TIµtv oùv <ii6TI
Ka\ ò
miÀ.Òç µiyvutm mitoic; lit· òµot0tT1m.
538Per tale senso dell'aggettivo Kp<>oottK6c;, vd. supra n. 223.
539 Ps.-Aristot. Probi. 19. 10.
540Nell'ambito della ricostruzione etimologica del verbo fornita da Durante, lo sviluppo di n:pE-
tiçw verso tale significato appare spontaneo: "Il passaggio dal sonare I'aulosal 'cantare senza paro-
le', al 'canterellare' è in effetti abbastanza facilmente comprensibile: se la voce umana presta allo
strumentista alcuni elementi del linguaggio articolato per costruire sequenze melodiche che, pur se
non fondate su elementi propriamente verbali, del canto imitano la sillabazione, così la voce si
riappropria di quelle sequenze sillabiche asemantiche, allorchè voglia dar luogo a espressioni
melodiche non verbali: in particolare nel designare l'imitazione dell'aulos il verbo upEtiçw eviden-
zia una degli aspetti più caratteristici della pratica auletica: l'articolazione" (1981, p. 27).
88 Le paroledelleMuse

È però attestato che, fermo restando tale significato assunto dal verbo
nel passo aristotelico, in quest'epoca 'tEpuiçnv non fosse ormai più un mero
sinonimo dell'espressione àvru À.O'you ~vtoç, ma sottintendesse il più delle
volte un riferimento ad una pratica musicale di ornamentazione, una specie
di 'trillo' 541(con tutte le dovute differenze che il significato di questo termine
può avere in riferimento al mondo antico), viste e considerate le cospicue
testimonianze che collegano il termine ad esecuzioni musicali di questo tipo.
A tale proposito, la lessicografia antica è molto esplicita nel glossare tEpEti-
<Jµata con <i>6aì àmxt11Àai.542
, flXflnKai543("canti vibrati, risonanti") o ,u:pi.Epya
Kpoooµata ("suoni molto elaborati") 544 . In Luciano il lessema 'tt:ptn<Jµa viene
sempre impiegato con questo valore (e con conseguente accezione negati-
va)545:"il soggiorno qui a Roma s'addice a chiunque, affidata tutta l'anima al
piacere, questo solo sia determinato a servire, essendo amico delle tavole so-
vraccariche, amico del vino e degli amori, pieno di impostura, di frode, di
menzogna, o a chiunque si compiace di ascoltare suoni strumentali (Kpouµa-
trov) accompagnati da gorgheggi (tEpEn<Jµatrov) e canti smidollati (ou:'9<>-
potrov èµJµatrov)"546 ; "e che stia a guardare tutte queste smorfie tra tocchi di
corde (Kpouµamv), trilli (tEpEti<Jµam) e colpi di piedi (1to&òvKtoump) vera-

541 Sull'origine del moderno lessema 'trillo', due sono le ipotesi correnti: se non è voce ono-
matopeica come ttpEtiçav. la sua derivazione viene fatta risalire a 8puÀ.0,)oç/8pu).(À.)TJ!l<l, a cui
manca però la mediazione latina e le cui testimonianze specificamente musicali, anche in greco,
sono minime (dr. Hymn. Horn.4. 488: µàllf mitroç KFV Èltata µt:njop<iti' SpuÀ.içol"allora -se. la cetra
- balbetterà fuori tono, a vuoto"; Vit. Aesop. 6: K'001to1riÀ.ùlv òpvÉ<ov K"aì1toÀ.uvòµrov 11xa tò 8pùÀ.JUla
"e di uccelli dai cento colori riecheggiava il cinguettio dalle molte voci"). A. Kircher, teorico del-
la musica vissuto a Roma intorno alla metà del '600, nel primo volume del suo Musurgia Uni-
versalisusa quali sinonimi greco-latini di 'trillo' i termini glottism11se teretismus (dr. gli esempi
musicali contenuti nel cap. XIV, tavola III, fol. 30), sintomo evidente che la pratica rinascimenta-
le andava reinterpretando la terminologia degli antichi sovrapponendovi le forme musicali a lei
familiari. Si dr. inoltre la sez. 6 dello stesso capitolo (De Insectorum q11orundamvocibus uti de
Ranis, Cicadis,Locustis,Grillis), in cui il verso di cicale, locuste e grilli è indicato dal termine tril-
lismus, mentre quello delle rane riprende l'aristofaneo K"oa/;(Estque coaxatus Ranarum, & trilli-
smus Cicadarum,Loc11starum, & Grillorum).
542 Secondo Restani 1983, p. 188 n. 191, "il termine <ÌltatTJÀ.Òç ... in musica si riferisce a quel
tipo di 'tremolo' o 'vibrato' ottenuto con i toni più alti della voce e che, con melismi e fioriture,
rende quasi incomprensibile il testo della composizione".
543 Hesych. t 507. Cfr. Suda t 338 (= Phot. p. 207 Naber): n:prtioµata· <i>&xì <ÌltatTJÀ.ai ii cioµata
Ètluta.
544Hesych. v 560. Per il significato di 1t<piqryoçin contesto musicale, si vedano le interpreta-
zioni di Borthwick 1%7, p. 148 e di Restani 1983, p. 188. In Ps.-Plut. De mus. 1144e-f, l'Ò4)Xaia
µoumlCl\si oppone alla musica 'nuova' proprio per una mancanza di ornamentazione (<iKrpirp-
yov ritçÒ4)Xmaçµoumritç).
545 La funzione etica attribuita dagli antichi alla musica implicò, da parte dei conservatori, un
rifiuto delle innovazioni musicali elaborate intorno alla metà del V sec. a.C., perché considerate
potenziali corruttrici della società. Per un'occorrenza musicale di upctloµata di implicazione
chiaramente negativa, dr. ancora Plut. Quaest.conv. 706e.
546 Luc. Nigr. 15.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 89

mente ridicoli?" 547; "gli spettatori erano quindi sedotti da tutto ciò che face-
va da cornice all'azione ... dall'aulo, dagli ornamenti (tEpEtlaµa.m), dalla vo-
ce armoniosa dei cantanti (Tij tcòv ~oovtrov ro~vi~)" 548; "del resto durante
tutto il viaggio il vecchio (se. il filosofo Tesmopoli) sopportò infinite noie,
poiché quello cantava e cicalava (u~vtoç; Km tEpEtlçovtoc;;}"549•
Che tale accezione della radice tEpEt- fosse già presente in età aristotelica
è confermato dall'uso traslato che, in contesto non musicale, è attestato negli
AnaliticaPosterioradi Aristotele, dove il termine tEpEtlaµcxta è utilizz,ato per
descrivere, in maniera polemica, le idee (tà rl~Tl)platoniche: "possiamo in-
fatti dare l'addio alle "idee", poiché non si tratta che di suoni privi di signi-
ficato (tEpEtlaµata) dal momento che, se anche sussistessero, non servireb-
bero a nulla rispetto alla nostra discussione" 550• Il termine viene qui associa-
to metaforicamente all'idea di qualcosa di confuso, indistinto, in cui la man-
canza di un significante verbale porta ad una pura attività articolatoria ase-
mantica (il che implicava un'accezione automaticamente negativa per gli
antichi).
Tale connotazione di 'indeterminatezza' 551 (insita nell'origine onomato-
peica del termine, se si prende in considerazione il fatto che tutti i suoni ani-
mali erano percepiti come 'disarticolati') 552 fu quindi comune sia all'accezio-
ne puramente verbale del termine, probabile sviluppo mimetico del valore

547 Luc. Salt. 2. L'espressione Jt000>vKtounq>è un chiaro riferimento al Kpountçiov (cit. supra n.
223).
548 Luc. Salt. 63.
549 Qui Luciano (De Mere. Cond.33) sta narrando l'episodio occorso allo stoico Tesmopoli che,
ospite a Roma di una tra le più distinte signore della città, si trovò seduto accanto ad un "inver-
tito, di quelli che hanno le gambe depilate e la barba rasata ... un tipo impiastricciato di rosset-
to, con gli occhi bistrati, lo sguardo sfuggente, il collo torto, non una rondine, per Zeus, ma un
avvoltoio spennato". Di nuovo il lessema upt:tiçro è chiaramente associato ad un'idea di disso-
lutezza morale.
550 Aristot. An. Post. 83a 33 ss. (dr. Procopio di Gaza, Epist. 33, dove upt:tiaµata vale "queste
consuete chiacchiere"). Per un valore simile di upt:tiçnv si vedano ancora Cleanth. fr. 563 apud
KÀ.T]8riçti intaKoooaç Èn:pénaEV) e Plut.
Plut. De Stoic. rep. 1034e 7 s. (oµoiov yàp ciJçci µT]o' UJt1lKO\lO'E
Plat. quaest. 1010b 1 (upt:tiçnv µàllov ii ouxì.iYEG8moòçoµEV),in cui il verbo indica metaforica-
mente un'espressione verbale senza senso. Per un altro esempio di uso traslato di termini musi-
cali, si confronti l'impiego di anvoowòç e ~À.ltupl (cit. infra) come parole di senso indeterminato
in Artem. Onir. 4. 2: "Così anche la legge e l'uso non sono parole di per sé, voci e suoni sprovvi-
sti di senso (mc; tò ~)..i tupl Kaì <ò> on vooljlòç)".
551 Si confronti l'esibizione canora del pitagorico Archilio descritta in una delle Lettere di
parassitidi Alcifrone (3. 55), in cui sembra che il verbo indichi un modo di cantare trasandato
nel quale, pur in presenza delle parole, il testo risulta comunque poco chiaro: "il pitagorico,
rompendo il silenzio, canterellò (EtEpÉnçEV) alcune delle Paroleauree su un'aria musicale (Katà
µOUO'lriJvàpµoviav)". Il caso in questione diverge dal passo dei Problematasopra citato, in quanto
non si tratta qui di un'esecuzione musicale IÌVE\l ì..oyouma, al contrario, di un inserimento verba-
le su un motivo musicale preesistente.
552 Per un parallelo tra il verso delle rondini e il linguaggio disarticolato dei barbari (tTIV
IÌGUv8nov )..a,,uiv), cfr. Hesych. x 325, cit. n. 527.
90 Le paroledelleMuse

originario, sia a quella più specificamente musicale, come in un passo del De


Musica di Filodemo di Gadara: "Ora affermo che non solo io stesso ma
anche la consuetudine e Aristosseno, detto 'il musico', chiamano 'musicisti'
anche i compositori di musica strumentale (toùç icpouµatonotouç} e che tali
musicisti producono suoni senza significato (à<n\µavta), come le note realiz-
zate dagli strumenti e quelle gorgheggiate/solfeggiatecon la voce (ica8ootEptà
~t[à] trov o~av(l)V icaì tà tEp[ntço~]va)" 553•
La caratterizzazione in tale senso del termine potrebbe in qualche modo
giustificare il fatto che le prime attestazioni di ttpEtiçco si riferiscano unica-
mente all'aulo554.Ricordiamoci infatti che gli strumenti a corda si avvicina-
rono ad una prassi esecutiva più elaborata solo più tardi, su imitazione del-
l' aulo-555,e che l'estensione semantica di ttpEtiaµata verso la famiglia delle
lire è attestata con certezza solo nel V-VI sec. d.C., come testimoniano due
epigrammi dell'AntologiaPalatina,7. 612. 3 c·ru.eto 41<>pµiyy(l)V ttpEtiaµata) e
11. 352. 3 ss. (&ç,l tEpflVim<itTlVÒ7totE1tÀ.ll1Ctpolmoov11aaç,/ TIÀ.<nTIVlltTl JUV..À.E-
imotpiçoooa, icaì àvti tunov u:pinaµa / Jtciaxn) 556 •
tm aùtoµcitcoc; / À.ElttCÒv
Se consideriamo quindi il tratto semantico più evidente che accomuna
gran parte delle attestazioni della radice ttpEt-, ciò che spicca maggiormente
non è tanto la sua associazione ad un ben determinato tipo di strumento,

553 Philod. De mus. 4. 18, col. XXXIX 13 ss. Nenbecker. Il riferimento di u:pEtiçmalla voce è in
questo caso suggerito dall'opposizione tra tà (se. àatiµavm) &[à) t<ÌJY òpyciv<IJY
età (se. àatiµavta)
tq1[rnçOJJE)va.A tal proposito non si dimentichi che, nel sistema filosofico degli epicurei, i musi-
cisti non sono altro che 1qvitm incapaci di trasmettere alcun tipo di virtù.
554 La testimonianza di Diogene Laerzio che, nelle sue Vite dei Sofisti (6. 104), riporta un fram-
mento dell'Antiope euripidea in cui, con tutta probabilità, l'espressione 11fw.poìmK<nu:pEtiaµam
indica la globalità dei suoni strumentali (rispettivamente della lira e dell'aulo), non può essere
presa come un'attestazione, già nel IV sec. a.C., di un uso oppositivo tra 11fw.p<>ç. il suono pro-
dotto dagli strumenti a corda pizzicati, e wptnaµa (il cui uso, nella ricostruzione di Durante, è
originariamente circoscritto agli strumenti a fiato). Il confronto con gli altri testimoni che ripor-
tano il frammento (vd. l'apparato al fr. 19 in Kambitsis 1972) prova che la citazione euripidea è
limitata al primo verso, mentre il secondo è in realtà opera di Diogene: yvmµmçyàp civ6pò,vtÙ µho
oiJCoùvtmmÀ.Elç,/ tÙ 6' olKoç.mi 11f<VlpOÌO\ KaÌ.u:pEtiaµamv. ("L'intelligenZAdell'uomogouernabene le
città e le case, I non lo strepito della lira e dell'aulo"). L'autore sta qui tracciando un profilo dei
Cinici, che bandivano l'istruzione enciclopedica, la geometria e la musica: in tale contesto la
citazione di un verso euripideo che, all'epoca, doveva essere abbastanza famoso (visto il consi-
derevole numero di testimoni che lo riportano) è molto probabilmente utilizzata per introdurre
il rifiuto della funzione politica e sociale della musica da parte di questa corrente filosofica.
555 Cfr. Plat. Leg. 700d 3 ss.: cipxovn:çµÈv tiìç àµoooou napavoµiaç no111taìt-yiyvovto toon µtv
no111n1Coi ... Kaì.au>.q>6i.aç6'1
taì.ç n9apq>liimçµ1µouµEV01.
556 L'autore di entrambi gli epigrammi è Agazia (per l'uso musicale di ùnotpiçEtv, vd. n. 512).
Cfr. anche Hesych. t 518: n:prtiaµata· <i>6aì. ci1tat11À.ai.
Tà tiiç 1C18<ipaçKpouµata. Un passo di
Ateneo (190 contiene però un riferimento di n:prtiçm alla citarodia che è plausibile far risalire ad
Aristosseno: "Lo stesso (se. Aristosseno) dice che Stratone di Tarétnto fu ammirato per la sua
imitazione dei ditirambi, invece Enona d'Italia per le sue parodie citarodiche; fu lui, si dice, ad
introdurre il Ciclope che strimpellava (KuJCÀ.IIJJta u:pEtiçovta) e il naufrago Odisseo che parlava
un greco sgrammaticato".
3. Suonianimalie suoni musicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 91

quanto il riferimento ad una prassi esecutiva particolarmente ornata (forse


un vero e proprio tentativo di riproduzione mimetica di un suono naturale,
rPalizz;abile più facilmente con la voce o con l'aulo)557, che creava nell'ascol-
tatore un effetto di non chiara percezione uditiva. Abbiamo già ricordato co-
me nessuna delle onomatopee propriamente strumentali che ci sono state
trasmesse in ambito letterario (8pettavT\M>,to+MXtt68pat, l}À.irupt558 o il n\vù.-
MXdi ascendenza archilochea, citt. p. 81) si sviluppò semanticamente fino ad
assumere valore propriamente tecnico: nel caso in cui considerassimo ttpeti-
çmun termine legato fin dalle sue origini all'articolazione auletica, esso sa-
rebbe un esempio totalmente isolato.
Ritroviamo il termine, riferito con tutta probabilità alla voce, in Teofra-
sto, dove esso sembra assumere un valore semanticamente più esteso: "e
qualora con lui vi siano donne, si esibisce in esercizi di danza canticchiando-
si un'aria di accompagnamento (µ.ù.etàv ÒJ>XEÌG8alaùtòç ai>tq'>ttpetiç{l)V)"559 •
Oltre all'evidente riferimento ad un'esecuzione vocale560,del resto comune
ad un elevato numero di attestazioni del verbo (tra cui un verso della Samia
di Menandro, dove il verbo compare quale sinonimo di ~) 561, l' aùtq'>sug-
gerisce infatti che il motivo melodico avesse la funzione di accompagnare il
movimento orchestico-562.
Questo stesso valore del verbo è presente anche in un altro passo del
medesimo autore, in cui per la prima volta compare il composto <n>vttpeti(pv:

557 Un'altra testimonianza che, in virtù del contesto, sembra sottintendere in tl'.p[-riaµata un
riferimento alla prassi auletica è quella riportata da Eliano Va,. hist. 3. 40, in cui il lemma viene
collegato con una falsa etimologia ai lityri, ministri di Dioniso (divinità tradizionalmente asso-
ciata all'aulo): ··0tt ot croyxoprotà ~1ovoooo Iatup011'<,av ot uit' MCIJYTitup01 6voµw;oµevo1.'f.axov lit
tò ovoµa be tCÌJvtll)Et1aµatC1JY oiç xaipoucn. Per l'importanza del concetto di 'mimesi' nella cultura
antica, cfr. n. 600.
558 Sext. Emp. Adv. math. 8. 133; Diog. l..aert. 7. 57; Gal. De diff. pul. 8. 662; id. De meth. med. 10.

144; Artem. Onir. 4. 2 (cit. n. 550). Su questo argomento si veda Kotzia-Panteli 1994.
559 Theophr. Char. 17. 15 (il carattere preso di mira da Teofrasto in questo capitolo è quello
della 61j/\µa9ia o "goliardia tardiva"). Durante (1981, p. 26) accoglie in questo punto l'integrazio-
ne del Diels icaì otav d,m <xopot> yuvmic<m>v("e quando assiste a danze di donne").
560 Sono infatti assenti nel testo cenni ad alcun tipo di strumento.
561Men. Sam. 128 s.: 111(&,v Ml t]ou: uµévmov, tuptnçov. Non credo, come sembrano suggerire
Gomme e Sandbach 1973, p. 558, che qui upt-riçnv, pur se usato in senso assoluto, significhi
"chiacchierare inutilmente". Per altri usi assoluti del verbo in contesti musicali, si vedano Ps.-
Aristot. Probi.19. 10, Babr. {ab.9. 4, Philod. De mus. 4. 18, etc. (citt. supra).
562 Si confronti, a questo proposito, la testimonianza di due papiri egiziani del I sec. a.C.
(BGU 1125. 3, cfr. LS/, s.v. upnt11ç): Aiyult-rimçuptitmç \Jlt(l\)A1aµoùçmio>("due melodie di accom-
pagnamento su auloi egiziani"). Mi sembra qui evidente il collegamento della radice tll)E- con la
pratica dell'accompagnamento strumentale suggerita dal sostantivo u1tauA1aµoùç.Per questa
funzione della proposizione \lito,cfr. Ps.-Plut. De mus. 1141b 2 ('tl\Vicpoù<nv'tl\V\JftÒ 'tl\Vqi6tjv,àt.
cap. 1); Luc. Salt. 83 (EVòçlit tiòv \Jlt(l\)Ao\ivtCIJY
tòv auAòv àp,aiaaç "dopo aver strappato l'aulo a
uno di quelli che con l'aulo accompagnavano - se. la danza-"); id. Dial. Meret. 15. 2 (tyrò µh,
\JIWICj)Éicov
t1 tCÌJvAu&CIJY "facevo un po' di musica lidia di sottofondo - se. per il ballo-").
92 Le paroledelle Muse

"e quando ascolta l'aulo, unico fra tutti gli altri si mette a battere le mani (Kpo-
uìv tciiç xqxri) e accompagna l'esecuzione fischiettando (<ruvtEfl€tlçav),ed alza
la voce contro l'auletrischiedendole perchénon smetta subito"56.l.Qui il verbo
significa "canticchiare assieme all'aulo" (crùvaùì..q)):si presuppone quindi un
probabile rimando ad una esecuzione vocale in qualche modo simile, a livello
articolatorio, a quella dello strumento a fiato (ma forse, ancor più semplice-
mente, il riferimento ad una 'imitazione' circoscritta alla pura melodia, come in
Suda t 337, dove tale accezione è anche del verbo non composto)564.
L'allusione della citazione teofrastea ad un accompagnamento di tipo
imitativo evidenzia un elemento semantico che il termine tEpe'ti.çrosvilup-
perà successivamente. Già in un frammento del comico Eufrone (III sec.
a.C.) troviamo l'espressione npòç tò oixopoov ÈtEpénçEç ("canticchiavi al
suono del dicordo") 565, in cui è chiaro il riferimento alla coesistenza di un
doppio livello melodico, vocale e strumentale. Ma è solo in una fonte tarda
come gli 'ApµoviKa.di Manuele Briennio che il termine tEpEttO'µoçmostra una
caratterizzazione tecnica ormai compiuta: "Il teretismosè un elemento comu-
ne alla musica vocale e strumentale; infatti quando uno canta con la bocca,
mentre con le dita o col plettro percuote le corde in accompagnamento al
canto, allora si dice che fa l'atto di teretizein;oppure ancora più esattamente
si dice che uno fa l'atto di teretizeinquando, mentre canta e suona allo stesso
tempo, non solo passa attraverso la parte più acuta della melodia, ovvero il
tetracordo della nete, ma anche attraverso la più grave, cioè il tetracordo
della hypate566; così in maniera evidente, infatti, sembrano fare le cicale" 567•
Nel termine teretizeinsembra ormai fuor di dubbio il riferimento ad un
accompagnamento strumentale al canto (µtt' ci>otìçò.µa Kaì KpouaEroç).Ma
come intendere l'espressione "non solo passa attraverso la parte più acuta
della melodia ... ma anche attraverso la più grave", tenendo presente la
simultaneità espressamente dichiarata dei due livelli melodici e il paralleli-
smo dichiarato con il verso delle cicale? Borthwick 568 ha sottolineato come,

56.lTheophr. Char. 19. 10 (il carattere preso di mira è qui la OO<JXÉpaa).


564Suda t 337: tq>rtiçoµEV·tò crutò µilo<; ~µn,.
565 Euphr. fr. 1. 34 K.-A. Per quanto riguarda lo strumento con cui identificare il &xop6ov,cfr.
Athen. 183b-c.
566 Nete e hypatesono le note estreme della scala d'ottava, che la teoria antica analizzò come

l'unione di due tetracordi disgiunti: parlare di "tetracordo della nete" e "tetracordo della
hyr;!/e" significa indicarne i due opposti registri, l'acuto e il grave.
7 Bryenn. p. 481. 8 ss. Jonker: ò & tq>r-nc,µòc;K"Otvòc; toù tE µ000tK"OÙ ica't6pyav1K"où· K"IÌIyàp 6mv
-ne;tq>µh, atoµa-n QOTJ, toic; & 6aK"tul.o1c;ii t(!)ltÀ.,jK"tPQ>
tàc; xop&ìc; K"atàtò µilo<; K"poU1J,totE tq>rtiçt\v
À.Éy[tat·~ µàllov totE -ne;àAri8<iic;tEpt:tiçav À.É"fEtat,È!tEl6àv où µovov tò 6/;utEpovµtpoç toù µt)..ouc;1'to1
tò tCÌ>Vvriteì>vtEtpaxopoov µn' <i>oilc;àµa ica'tK"pouc,troç 6ttl;q,xo1to, àiJ.à K"IÌItò IJaputEpov1'"tottò "tciJv
tq>rtiçt\v oi. "tÉm-ytç~vovtat. Per l'uso di tEpt:"tlc,µoc;
imat(l)V·outro K"IÌI-yàpèvap-yiiic; in riferimento
alle cicale cfr. Eustazio ad Il. 3. 153, voi. I, p. 624. 24 van der Valk.
568 Borthwick 1%5, p. 254.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 93

in alcuni contesti dove il termine 'tq)Én<Jµasi riferisce alla lira, esso indica la
risonanza, per vibrazione simpatetica, ali' ottava superiore della corda per-
cossa, "nete responding to hypate,A.E1ttòv wotpiçoooa ,caì àvti't'U1t0v'tq>Én<Jµa
JUixn" • Il concetto di 'risonanza' dei suoni e la conseguente produzione di
569

armonici naturali era ben noto agli antichi 570, come dimostrano l'epigramma
di Agazia e più luoghi dei Problematadi scuola aristotelica ("perché se fatta
vibrare la nete uno la ferma, al fondo dell'eco ha l'impressione di sentire so-
lo la hypate?";"infatti la seconda percussione della nete sull'aria è una hypa-
te)571.Ed è ancora Borthwick a suggerirci il legame delle cicale con la pratica
dell'ù1tTIXÉÌV espresso da un passo del Fedroplatonico (opera che, come ab-
biamo evidenziato, magnifica la musicalità di questi animali): "un dolce
mormorio estivo risponde (ÙJtTIXÉÌ) al coro delle cicale" 5n. Questa stessa me-
tafora musicale verrà successivamente ripresa anche da altri autori, quali lo
pseudo-Luciano (oi ,catà ,copu+tìvÀ.tyupòvÙJtTIXOÙ<n) 573
, Aristeneto (èn ~ tò
èµJtVouvTI\<;aùpaç À.1yupòv UJtTIXEÌ. 574 e Flavio Fi-
tq>µ0001,cq>trov u:ttiyrov xoP<i>)
lostrato (oi µÈv'tttnyeç ÙJto'lf<XÀ.À.O'OOfl<;
aùtoùç TI\<;
aùpaç Èvci>&xì.ç ~<Jav)575, sem-

pre con riferimento alle cicale. Anche un frammento di Pratina di Fliunte


(apudAteneo 633a) sembra sottintendere una prassi d'eco tra due fonti sono-
re, la cicala e il (suo?) coro: A<i,crov
ò 'tttn~ EÙ't'UKoçtç xopov576•

569 Anth. Pal. 11. 352 (cit. supra):"Quando la corda di destra, l'estrema, percuoti col plettro, /
vibra l'ultima a sinistra, da sé, / con un rintocco sottile - si tratta di murmure, d'eco/ ripercos-
sa dal colpo dell'estrema ... " (trad. Pontani). In questo epigramma il senso di 'responsione' tra
le due fonti sonore è avvalorato dalla presenza dell'aggettivo àvtinmoç (usato con riferimento al
suono anche in Anth. Pal. 16. 154). A questo proposito, si veda anche il commento di Giovanni
Filopono agli Analitica Posterioradi Aristotele (p. 242. 14 Wallies): "sono detti teretismatai tocchi
preliminari ('tà iqx>&a'l"lA.a+llµaTa) dei citarodi, che sono dei suoni inarticolati ('tà avap&pa) che
hanno lo scopo di essere una prova della risonanza delle corde, se sono state tese in accordo
con la melodia (se cioè sono accordate)".
570 Ogni suono che noi percepiamo è il prodotto di una serie di vibrazioni, la cui frequenza
ne determina l'altezza. Accanto alla vibrazione fondamentale esistono vibrazioni secondarie
dette armoniche,la cui altezza è identificabile in modo preciso: il primo di questi armonici natu-
rali è proprio l'ottava.
571Ps.-Aristot. Probi.19. 42 e 39 (dr. ibid. 19. 24 e Arist. Quint. De mus. p. 90. 2 ss. W.-1.).Si ve-
da il commento di Borthwick 1965, p. 254: "inntxrlvis similarly used of responsive sounding by
sim~athetic vibration".
Plat. Phaedr.230c 2 s. Cfr. anche l'uso dell'aggettivo iix11tucai in riferimento a tq>Etiaµata in
Hesych. t 507 (cit. supra),Aie. fr. 347. 3 V. (axn 6' h: 11ttaÀ.oJVci&a ttui~ ...) e Clem. Alex. Protr. 1.
1. 2 (cit. supra p. 83), dove il canto della cicala, indicato proprio dal verbo u-.pt:tiçm,è 'riecheggia-
to' dalla voce umana.
573Ps.-Luc. Amor. 18. 8 (cit. anche a n. 522).
574 Aristaen. Ep. 1. 3.
575 Philostr. Vit. Apol. 7. Cfr. Anth. Pal. 7. 196: "Tu sonora cicala (àxl\aç ttrn~ ... canta un
nuovo inno alle Ninfe degli alberi, un canto pieno di gioia che risponda a Pan (civtq>liòvnavi.
icpéx:mvKil.a.6ov)".La musicalità dei suoni animali era considerata dagli antichi degna di con-
frontarsi con quella degli dei.
576 Prat. fr. 709 Page (citato da Ateneo a conferma della superiorità spartana nell'ambito della
µoooua\).
94 LeparoledelleMuse

In base a queste considerazioni, si fa più chiaro il valore del termine tere-


tismosdescritto da Briennio: accompagnando il canto con uno strumento, si
compie l'atto del teretizeinquando le due linee melodiche si 'riecheggiano'
l'una l'altra come fanno le cicale577e quando le due fonti sonore che si fron-
teggiano si trovano su due opposti registri della scala, uno acuto e l'altro
grave (come quando una corda percossa produce, oltre alla nota stessa, il
suo armonico naturale ad un'ottava di distanza).
Il termine u:puiçav ritorna in composizione con la preposizione uoo in
uno scolio a Pindaro 01. 9. 39578:"a. suonare all'unisono con la follia: essere
in consonanza, come quando si intona preludiand<>519. b. diversamente, hy-
pokrekei:suona in responsione, somiglia a; infatti hypokrekein,in senso pro-
prio, significa suonare dolcemente in responsione quando si accorda la ce-
tra. c. perciò significa hypoteretizein,è una "intonazione" alla follia; è dunque
una metafora dai suoni della cetra: infatti toccando la cetra si fa l'atto di hy-
pokrekein"580.
L'uso del verbo u1toicpÉ1CElV in Pindaro sottintende chiaramente, come
sottolinea lo scolio, una metafora di tipo musicale581• L'intercambiabilità
dei lemmi i>1t0icpÉ1CElV, e i>1to-rEpniçElV
i>1t11xriv è data non solo dalla ricorren-
za della proposizione i>1t6(che abbiamo già visto collegata alla pratica del-
1'accompagnamento strumentale) 582, ma anche dalle affinità semantiche
che legano i tre verbi tra loro. Come ha recentemente sottolineato Donatel-
la Restani in uno studio dedicato alle sonorità 'altre' del mondo quotidia-
no, "il icpÉJCElv
è un gesto specifico di una fase della tessitura ... che com-
portava ... un suono acuto e penetrante, tale da riecheggiare, agli orecchi

577Cfr. Plat. Phaedr.259a: ol. 'ttm?Eç q.&ivm; 1Cmcill:r\À01ç 6uv.qoµEVol. A questo proposito si
veda il valore di 1EpE-riçavin Plut. De rect. rat. aud. 46b 10: "mentre io sto dando istruzioni o
ammonizioni o sto parlando degli dei o dello stato o del suo governo, tu non dovresti cantic-
chiare e danzare alle mie parole (È'tq)Énçt:ç1CmJtPO(JOJPXOÙ 'totç Miyolç)". Anche qui pare implicito
in ~tiçav il senso di "fare eco" a qualche cosa.
5 Pind. 01. 9. 39: "Perché insultare gli dei / è sapienza perversa, e il vanto inopportuno /
suona all'unisono con la follia (µcxvicncnvinto1Cptbm)".
579 Vd. Hesych. r 2818: h-6ocnµov· 'tò ltj)Ò niç <i>l>iiç in8apu:Jµa. Per un valore di tv6ocnµoç molto
vicino a questo dello scolio, si vedano anche Poli. 7. 87 (cit. n. 223) e Aristot. Rhet.1414b 22 ss.:
"Il preludio auletico (tò ltj)O(l\)Àlov) è simile al proemio nella prosa epidittica: infatti gli auleti,
per eseguire bene ciò che hanno da suonare, prendono l'intonazione (cruvii'l'av 'tq>tvoomµq>)
do~ aver esegui~o un preludio (ltj)O(XUÀ.T)aavuç)". . . . _
Schol. vet. Pind. 01. 9. 59a-c (voi. I p. 280 s. Drachmann): a. µavtcncnv U1W1Cpt:1CE1.· ~-
oiov h-oocnµòv ronv. b. àll.coc;·\JltOICpÉICEl' \JltTIXEl,ltj)OOÉOUCEV. yàp irupimçÈ<m tò riprµaimç
\lltOICpÉICElV
\lltTIXElVh- 'Tq>àpµòçav 'tf!V IClllapav.c. Ult01Ep[t\çav oùv, h-oocnµovtan jl(XV\i;t.11µt:'tO+opà oùv cixò tòJv
'tll~IClllapaçICpryµ«lll.!tpOUj)OVyàp niç
IClllapaçt+a,ttOµEVOlUltOICpÉICOOOlV.
1 Borthwick 1965, p. 254: 'The natural use of into1CpÉ1CE1.v,
\lltTIXElVor u1t0uprtlçnv is ... of the
responsive sound of the upper note which, when properly adjusted, will give the correct
cruµ+<,Jviawith the endosimon,from which it was tuned".
582 Cfr. n. 562.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitdi onomatopeià e laformazionedellessicotecnico 95

degli antichi Greci, un suono simile appunto allo stridio delle locuste e al
grido del cigno" 583 •
L'interazione tra sonorità della natura e sonorità più propriamente musi-
cali non è quindi una prerogativa del termine u:puiçav, ma è intimamente
collegata a quella "ovvia necessità, anche per il linguaggio delle esperienze
sonore, di imitare (µiµàa8oo.), sia negli oggetti sia nel gesto ritratto, 'altri' og-
getti e 'altri' eventi di memoria sonora" 584: rientra cioè nel quadro di quella
poetica euristico-imitativa tipica dell'antico modo di fare poesia 585•
Alla luce di tali considerazioni, non appare più cosi improbabile una ri-
costruzione etimologica che colleghi il lessema u:pE-riçav alla riproduzione
mimetico-musicale di un suono 'naturale' (il verso delle cicale)586 attraverso
gli strumenti più fedeli a tale riproduzione, cioè aulo e voce umana 587• Lo
sviluppo successivo del termine verso una tecnicizzazione in ambito musi-
cale non fece altro che cogliere quelle che erano le caratteristiche più eviden-
ti di tali suoni, cosi come essi si trovavano in natura e come erano percepiti
dall'orecchio umano, e quindi identificarle in una specifica prassi esecutiva
(strumentale o vocale) particolarmente elaborata, nella quale era talvolta im-
plicito un concetto di responsione tra due fonti sonore588.
Che tipo di ornamentazione musicale, poi, si volesse indicare nello spe-
cifico con il termine u:pE-riçav è questione impossibile da stabilire, considera-
ta la carenza e soprattutto la scarsa specificità delle sue attestazioni più anti-

583 Restani 1995b, p. 98 (àt. supran. 185). Cfr. Anth. Pal.7. 192. 1 ss. (Ouictn & 1t~mn Atyu-
~ounv arianç, / àicpi.,... / ... èiclt1Ej)\ly(l)Vi'toùicpticoooaµtAoç)e Suda l 397 (ÈicpEnçEù-tapomç6t'
içuoç,àxt-ta. µoÀ.ltaV,ttmç. oiovoµolç tEpJtV6u:povxuooç). Per le implicazioni semantiche di "tEpEri-
l;tlv affini all'11Xriv,vedi supra.
584 Restani 1995b, p. 99.
585 Gentili 1989, p. 73.
586 Si confronti a questo proposito la testimonianza di Polluce (5. 89) che, elencando i vari
versi prodotti dai differenti animali, àrcoscrive, diversamente da altre fonti (àtt. nn. 503 e 514),
il termine "tEpEri!pv alle sole cicale: IC<Xl ttmyaç 'tEpEri!pv ... IC<Xl xwoovaç ltll9\lpi!pv, IC<Xl
àrioovaç
4Mv icm rixnoµriv.
587 L'argomento portato da Durante (1981, p. 33) a favore di una relazione tra la sillabazione
auletica e i versi di alcuni volatili negli Uccellidi Aristofane (si veda al v. 222 l'imitazione dell'u-
signolo affidata all'aulo con la didascalia CXÙÀ.Éi) mi sembra invece un chiaro esempio di imita-
zione di un suono animale compiuto attraverso uno strumento musicale, in cui non vedo alcu-
na mediazione compiuta dall'articolazione sillabica necessaria a produrre i suoni auletià. Per
un altro esempio di riproduzione mimetico-musicale di suoni animali, cfr. il fr. 57 Radt di
Eschilo (àt. supracap. 1).
588 Forse il termine 'tEpEtiç{I)sottintendeva un riferimento metaforico alle àcale, come avviene
per i moderni termini 'cicalare' /'cicaleccio' (cfr. Luc. De Mere. Cond. 33, cit. supra). Si veda a
questo proposito una proposta di traduzione di un passo di Diog. Laert. 6. 27: "Una volta poi-
ché nessuno badava ad un suo discorso serio, cominciò a fare il verso alla àcala (cioè a dire
sciocchezze, bttpaì.E 'tEpEri!pv, cfr. la traduzione di Gigante 1976: "cominàò a trillare come un
uccello"). Convennero molte persone ed egli le rimproverò poiché erano venuti di buona lena a
sentir le ciarle".
96 Le paroledelleMuse

che: sicuramente il livello di specializzazione del termine non si spinse nep-


pure cosi avanti se non in epoca molto tarda, assumendo un valore che sa-
rebbe poi confluito direttamente nella teoria rinascimentale e barocca. Negli
Anonyma de musicascriptaBellermaniana,infatti, il derivato tepEnaµoç sembra
avere ormai acquisito un valore altamente specifico, al pari di quello riporta-
to negli 'Apµovucci di Briennio. Esso viene incluso nell'elenco degli òvoµata
1eaì<JXflµata del melos(in parte già discussi nel primo capitolo):
u: 1eaì<JT\µEÌ.a
Jtj)OÀ.11\jllç,
ÈKÀ.11\jllç,
1tp01Cpo00lç,
ÈlCICpoOOlç,
ÈICICpoU<Jµoç,
Koµmaµoç, µEÀ.l<Jµ<>ç,
U:-
pE'tl<JµOç.
Il teretismosè definito dall'autore come "la configurazione che ha origine
dall'unione di kompismose melismos,o di melismose kompismos"589• La defini-
zione dei termini kompismose melismosè fornita nei capoversi immediata-
mente precedenti: "nel kompismosdiciamo così: 'tonto' 'tanta' sol+ sol la+ la;
nel melismosinvece diciamo 'tonno tanna' sol x sol la x la"590 • Confrontando la
testimonianza di Briennio appare più chiaro che cosa intendesse l'anonimo
autore del trattato con tale definizione: "melismosè quando usiamo la stessa
nota in una melodia vocale più di una volta con una sillaba articolata ...
kompismosinvece, quando usiamo la stessa nota più di una volta in una me-
lodia strumentale. Bisogna pertanto sapere che la forma derivata dalla com-
binazione di melismose kompismosda alcuni è detta teretismos"591•
Entrambe le figure melodiche, come è evidente anche nell'esempio mu-
sicale riportato in Anon. Beli. 9, riguardano una successione di due note che
hanno la medesima intonazione. Ma, da questo punto in poi, le due testimo-
nianze divergono. Secondo Briennio ciò che differenzia melismose kompismos
sta nel rispettivo riferimento ad una melodia vocale o strumentale592,mentre
per gli anonimi Bellermanniani si tratta di una diversa articolazione delle
due note ribattute (differenza che Najock identifica in legatoe portato,cioè
non legato)593, sempre però restando, almeno a giudicare dall'esempio musi-
cale, nell'ambito di una melodia vocale594:l'ausilio verbale delle sillabe 'ton-

589Anon. Beli. 10: Tòv lit: ICOlVÒV È:ICriiçmivet<m.oçautrov ax11µat10'µòvIC<XÀOUµt:VÈVlOl tq)EtlO'µòv


Koµ<ma>µoùtt Kaì µù.laµoù Tjtotµù.laµoi> KaÌ Koµ<ma>µoù.AÉ'yoµt:v oiit<.oç F + F x F. Sul
tCIJVt(l)VVW
valore di lwmpismosvd. anche Di Giglio 1997.
590 Anon. Beli. 9.
591 Bryenn. pp. 310. 24 s. e 312. 11 ss. Jonker. Si noti che nella definizione di teretismosritorna,
ancora una volta, il concetto della 'simultaneità' di due linee melodiche (una strumentale, l'al-
tra vocale).
592 Cfr. Najock 1972, p. 175: "daB die Unterscheidung instrumental-vokal hier falsch ist" (pro-
prio riferendosi al passo di Briennio riportato precedentemente).
593 Najock 1972, p. 174 s. Egli riferisce infatti entrambe le articolazioni alla prassi auletica.
594 Non così Pohlmann-West (DAGM, p. 171), che identificano il segno 'l che compare in due
brani strumentali del papiro di Berlino 6870 (nr. 51 e 52 DAGM) con il kompismos(= Stakkato) di
Anon. Beli. 9: in effetti il segno in questione sta sempre tra due note della stessa altezza(< 'l <; Z
'l Z) e potrebbe benissimo indicare un'articolazione 'staccata' delle note ribattute (in tal caso
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedellessicotecnico 97

to', 'tanta', etc., infatti, sembrerebbe proprio indicare un riferimento al canto,


una sorta di moderno solfeggie>595. Il teretismossarebbe perciò un termine tec-
nico che indica una pratica vocale di 'solmisazione' 596 che combini, in suc-
cessione, kompismose melismos.Lo sviluppo semantico che portò il termine
ad assumere questo significato nella tarda antichità sfocerà poi direttamente
nella teoria musicale rinascimentale e barocca, dove teretissaresarà utilizzato
principalmente quale sinonimo di 'solfeggiare' 597, con una delimitazione del
più vasto significato originario al solo uso vocale.

Se, in conclusione, tentiamo di riassumere i diversi significati assunti dal


lemma tEpEtiçroin secoli di storia, l'impresa appare alquanto ardua, conside-
rato che esso non si stabilizzò mai semanticamente, neppure nelle sue occor-
renze più tecniche. Abbiamo riscontrato come il campo semantico abbraccia-
to dal termine e dai suoi derivati, a livello musicale, comprendesse sia usi
vocali che strumentali (con un frequente, ma non esclusivo, riferimento al-
i' articolazione auletica), una certa vaghezza a livello di percezione uditiva,
passata sul versante verbale ad indicare metaforicamente una qualsiasi
espressione priva di contenuto, ed un costante riferimento ad una pratica
musicale di ornamentazione, per noi difficilmente identificabile in quanto è
improbabile che gli antichi operassero una così netta distinzione (almeno a
livello terminologico) tra i vari tipi di fioriture musicali.

twvtw, mvta, etc. non sarebbero altro che "the effects in solmisation code", come sottolinea West
1992, p. 268 n. 36). Per una diversa interpretazione del segno 'l riportato dal papiro, cfr. Pighi
1943, pp. 202-204 e 219-220.
595 Si utilizzano cioè le sillabe per teretissarealla maniera del Doni. Najock basa invece la sua
interpretazione sulla notazione sbumentale degli esempi: ma si confronti lo stesso tipo di nota-
zione strumentale utilizzata anche in relazione a prolepsised eklepsis,citt. supra cap. 1, termini
invece riferibili senza ombra di dubbio ad una prassi vocale. West, da parte sua, interpreta kom-
pismos,melismose teretismoscome simboli essenzialmente ritmici (1992, p. 268: "in insbumental
music a time-unit might occasionally be divided between two notes of equal pitch ... This was
called kompismos").
596 In ambito musicale, parlando di 'solmisazione' ci si riferisce al sistema ideato da Guido
d'Arezzo (XI sec. d.C.) per indicare i gradi della scala mediante sillabe. Tale sistema applicò ai
suoni dell'esacordo le sillabe ut-re-mi-fa-sol-la ricavate dall'inno gregoriano a S. Giovanni:
Ut quaeantlaxis Resonarefibris
Mira gestorum Famulituorum
Solvepolluti Labiireatum
SancteIohannes.
597Vd.-n. 529. Tale valore del verbo compare già nella tradizione musicale secolare bizantina,
dove sillabe prive di significato, formate dalle consonanti t e p seguite da una vocale (te, re, to,
ro, ti, n), sono utilizzate nel repertorio vocale. Nelle fonti del XIV sec. l'unione di più teretismata
è detta kratemata(New Graves.v. Byzantinesecularmusic).
98 Le paroledelleMuse

Le definizioni riportate negli Anonymade musicascriptaBellermanniana e


nel trattato di Briennio, le uniche che mostrano una caratterizzazione in
qualche modo tecnica del termine, sono ormai testimoni di una fase di pas-
saggio verso un'età nuova, in cui le teorie musicali del mondo antico veni-
vano si guardate con ammirazione e spirito di emulazione, ma anche rein-
terpretate secondo gusti differenti e riadattandovi le forme musicali dell' e-
poca598.Di qui la pericolosità insita nell'impiego di fonti rinascimentali
quale mezzo per ottenere una ricostruzione etimologica di ·tEpniç(I),le cui
originarie implicazioni semantiche possono invece essere comprese a pieno
solo sottolineando quella che fu la caratteristica più distintiva della cultura
greca, quella poetica della mimesi 599che, se nel VII sec. a.e. faceva affermare
ad Alcmane di "aver trovato parole e canto componendo in linguaggio la
voce delle pernici" 600, indusse probabilmente i musicisti dell'età classica a
tentare un'imitazione della musicalissima cicala61n.

598 Si veda a questo proposito la sovrapposizione del grecismo teretismussul concetto rinasci-

mentale di 'trillo' nell'opera di Kircher, cit. n. 541.


599Cfr. Aristot. Rhet. 1404a 22: t'l~TI ltllV'tCIJYµlµT]nJC(l)fa'tov
't<ÌlvµopiC1JY
t'lµiv.
600 Alcm. fr. 91 Calarne: f É:ltTJtci& icaì. µilo(; 'AÀ.icµàv/ EÙpt:yeyÀ.(OOaaµÉ:Vav / icanaj3i&iv òm
crov8q1Evoç (su cui si veda Gentili 1971). In proposito cfr. anche Democr. fr. 154 D.-K., secondo
cui gli uomini nel canto sarebbero stati allievi "degli uccelli sonori, del cigno e dell'usignolo"
{µaeTjtàç... tlÌlv À.lyup<Ìlv. icuicvouicaì.IÌTJ6ovoç.ÈVci>6iJ
ica'tà µiµTJ(Jlv).
601 Uno studio recente sui rapporti imitativi intercorsi nella cultura antica tra I'aulo e il verso
di un altro animale tradizionalmente connesso con l'attività poetica, l'ape, è in Roscalla 1998,
pp. 60-75 (cap. 3: "Ronzio e musica").
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INDICE DEI LUOGHI CITATI

ACHILLFS TATIUS ALCAEUS


Leuc.et Clit. 1. 5. 4: 29 n. 137 Fr. 303a. 4 V.: 35 n. 185
1. 15. 8: 83 n. 514 347. 3: 93 n. 572
2. 14. 8: 85 n. 527
ALCIPHRO
5. 16. 5: 84 n. 523
Epist.3. 23. 4: 53 n. 300
3. 55: 89 n. 551
AELIANUS
4. 13. 11: 47 n. 268
De nat. anim. 6. 19; 82 n. 506; 83 n. 514
6. 41: 83 n. 512 ALCMAN
Var.hist. 3. 40: 91 n. 557 Fr. 4 Calarne: 84 n. 521
85: 84n. 521
AFSCHINFS 86: 84 n. 521
Ctes. 209: 23 90. 1: 79 n. 482
91: 98 e n. 600
AFSCHYLUS 146: 2 n. 9
Choeph.449: 79 n. 490
Eum. 567: 55 n. 309 ALEXANDER APHRODISIENSIS
569:22 In Top.329. 28: 66 n. 395
Prom. 1048: 67 n. 398
Pers.571 s.: 55 ANACREON
Fr. 93 Gentili: 26 e n. 118
574 s.: 15
%: 26en.119
940:35
112: 79 n. 484
Suppi.69 ss.: 35 n. 182
Fr. 57 Radt: 31 e n. 153; 95 n. 587
ANACREONTEA
451e. 7: 33 n. 169 34 West, vv. 11-13: 84 n. 522
Schol. M Pers. 940 (ed. Dahnhardt): 35
e n. 179 ANAXANDRIDFS
Fr. 24 K.-A.: 30 n. 143
AESOPUS ET AESOPICA
Fab.195 Hausrath: 84 n. 516 ANONYMI BELLERMANNIANI
Vita Aesopi6: p. 82 n. 505; 88 n. 541 2-11: 12
99 (= Corp. Fab.Aesop. 298): 82 e n. 4: 15 n. 54; 50 n. 286
506 5: 50 n. 287
110 Indicedei luoghicitati

6: 50 n. 286 ARISTAENETUS
6-8: 49 s. e nn. 282-285 Ep. 1. 3: 84 n. 522; 93 e n. 574
9: 96 e nn. 590 e 594
10: 96 e n. 589 ARISTIDES QUINTILIANUS
11: 51 e n. 293 De mus. p. 5. 26 ss. W.-1.:46 n. 255
26: 70 n. 413; 79 n. 484 6. 2 s.: 74 n. 449
29-30: 49 n. 282 6. 28 s.: 26 n. 114
68: 37 n. 195 8. 21: 14 n. 50
83-93:12 9. 3: 14n. 50
88-90: 50 n. 285 10. 18 s: 58 e n. 334
93: 51 n. 293 11. 21 ss.: 64 s. e n. 382
12. 7: 58 e n. 336
ANTIPHANES 14. 24: 65 n. 382
Fr. 50 K.-A.: 30 n. 144 16. 2 ss.: 70 n. 413
207: 70 n. 416 16. 19 ss.: 50 n. 289
17. 1: 14 n. 50
ANTHOLOGIA PALATINA 19. 5: 17 n. 64
5. 99. 1 s.: 59 n. 340 20. 2 s.: 58 e n. 335
6.54:83 21. 10 s.: 14 n. 50
7. 44. 3: 81 n. 500 21. 22: 14 n. 50
7. 189: 84 n. 522 22. 5: 68 n. 406
7. 192: 84 n. 522; 95 n. 583 22. 21 s.: 14 n. 50
7. 195: 84 n. 522 22. 25: 68 n. 406
7. 196: 93 n. 575 23. 8: 14 n. 50
7.612.3:90 23. 12: 68 n. 406
11. 352. 1: 90; 93 n. 569 23. 13: 14 n. 50
16. 8: 36 n. 188 23. 18 ss.: 40 n. 213
16. 154: 93 n. 569 29. 2 ss.: 50 n. 287
App. 3. 186: 51 n. 294 29. 12 s.: 14 n. 50
31. 15 s.: 43 n. 232
APOLLOOORUS ATHENIENSIS 31. 24 ss.: 37 n. 195
FGrHist 244 F 219: 27 s. e n. 128 41. 7: 58 n. 327
59. 22: 17 n. 64
ARATUS 67. 27 s.: 67 n. 401
Phaen.953:64 70. 12: 71 n. 424
1001: 70 n. 417 79. 10: 67 n. 398
81. 7 ss.: 67 n. 400
ARCHILOCHUS 81. 29: 68 n. 406
Fr. 207 Tarditi: 81 n. 499 82. 4 ss.: 20 n. 81; 42 e n. 231
85. 8: 14 n. 51
ARCHYTASTARENTINUS 89. 23 ss.: 20 n. 80
Fr. 1 O.-K.: 13 n. 43; 31 n. 153; 36 n. 190; 90. 2 ss.: 93 n. 571
56 n. 319; 57 n. 321 92. 26: 79 n. 484
105. 24 s.: 64 n. 378
ARETAEUS 112. 28 s.: 24 n. 107
De cur. acut. morb. 1. 1. 15: 27 n. 126 113. 8: 14 n. 50
Indicedei luoghi citati 111

113. 22: 78 n. 473 83a 33 ss.: 89 e n. 550


113. 25: 80 n. 493 Dean. 403b 17: 17 n. 63
407b 30 s.: 19 e n. 76
ARISTONOUS 408a 29 s.: 19 n. 74
Hymn. in Vest.7 ss.: 22 n. 90 419b 6 ss.: 61 n. 357; 62 n. 368; 66
n. 392; 67 n. 397
ARISTOPHANES 419b 10 s .. 13 n. 43; 36 n. 190
Ach. 673: 22 n. 91 420a 27 ss.: 54 n. 304
Av. 222: 95 n. 587 420a 29 ss.: 57 n. 323
224: 79 n. 478 421a 7 ss.: 80 e n. 491
245:63 421a 26 ss.: 80 n. 496
246:63 421a 27: 53 n. 299
505: 82 n. 507 421a 30: 55 n. 310
682: 35 e n. 185 422a 8 ss.: 77 n. 472
907: 79 n. 479 422b 29 s.: 58 n. 328;
Ecci.943: 37 nn. 193 e 194 422b 31: 67 e n. 399
Eq.530 ss.: 22 424a 30 ss.: 22 s.; 40 n. 213; 41
Nub. 960: 62 n. 359 431a 16 s.: 69 n. 409
979: 59 n. 341 434b 23 s.: 54 n. 305
1154: 22 Ath. 50. 2: 30 n. 140
1360: 83 n. 509 De gen.anim. 786b 9 s.: 57 n. 325
Pax 805: 53 n. 298 786b 10: 67 n. 399
1159: 79 n. 484 786b 33 s.: 57 n. 325
Plut. 290: 81 n. 497 786b 34 ss.: 15 n. 55
296: 81 n. 497 787a 2 ss.: 15 s. n. 57; 23 n. 96; 58 n.
Ran. 247 s.: 72 328.
1250: 49 n. 269 787a 4 s.: 57 n. 325
1286: 81 n. 498 787a 12 ss.: 57 n. 325
Thesm.30: 48 n. 269 787a 30 s.: 57 n. 321
120 s.: 33 n. 166 787b 15 ss.: 16 n. 60
Vesp.221: 79 n. 482 788a 3 ss.: 16 n. 57
337:23 788a 18 ss.: 63 n. 373
Fr. 598 K.-A.: 79 n. 482 788a 22 ss.: 66 s. e n. 397; 68 n. 404
844: 63 n. 370 788a 25 ss.: 67 n. 396
Schol.vet. Nub. 651c (ed. Holwerda): 43 788a 31 s.: 57 n. 325
n.232 Hist. an. 535b 3 ss.: 84 n. 519
Plut. 290c: 81 n. 497 536a 7: 61 n. 356
Schol. Thesm. 100 (ed. Diibner): 49 n. 536b: 83 n. 512
280; 63 n. 371 538b 12 ss.: 61 n. 355; 63 n. 375
121: 33 n. 166 538b 14 s.: 63 n. 375
545a 6 ss.: 57 n. 325
ARISTOPHO 545a 7 ss.: 63 nn. 370 e 375
Fr. 10 K.-A.: 85 n. 527 545a 17: 15 n. 56
581a 17 ss.: 68 n. 405
ARISTOTELES Metaph. 986a 2 s.: 20 n. 77
An. Post. 79a 1 ss.: 2 n. 3 1087b: 11 n. 35
112 Indicedei luoghicitati

1093a 14: 11 n. 37 30. 5: 79 n. 483


Poet.1459a 8 s.: 40 n. 214 30. 15 s.: 76 n. 465
Poi. 1340a 40 ss.: 18 s. e n. 69 31. 16 ss.: 70 n. 414
1340b 18 s.: 19 n. 74 32. 4 ss.: 76 n. 462
1341a: 2 n. 6 34. 3 s.: 70 n. 420
1341b 41: 19 e n. 70 36. 2: 1 n. 2
1342a 24: 17 n. 64; 70 e n. 416 36. 19: 76 n. 460
1342b 11 ss.: 18 n. 66 46. 9 s.: 11 n. 37
1342b 21 s.: 17 n. 64 46. 17 s.: 24 e n. 108
1342b 22: 17 n. 64 46. 18 ss.: 25 n. 111
1342b 24: 17 n. 64 46. 21: 1 n. 2
Rhet.1403b 29: 23 n. 96; 57 n. 325 47. 1 ss.: 18 n. 66
1404a 22: 98 n. 599 47. 2: 1 n. 2
1406b 2: 48 n. 269 49. 17: 58 n. 334
1413b 14: 48 n. 269 51. 1: 1 n. 2
1414b 22 ss.: 94 n. 579 55. 9: 3 n. 13
Soph.El. 169a 27 ss.: 15 n. 55 57. 1 s.: 23 e n. 102
Top.106a 16 ss.: 55 n. 307; 57 n. 323 61. 12: 76 n. 460
106a 25 s.: 53 n. 301; 71 66. 11 ss.: 76 n. 464
106a 32 s.: 77 n. 472 68. 10 ss.: 77 n. 465
106b 7 ss.: 66 n. 395; 71 69. 12: 76 nn. 460 e 462
vd. Pseudo-Aristoteles 70. 6: 76 nn. 460 e 462
70. 12: 76 n. 462
ARISTOXENUS 70. 15: 76 n. 463
Harm. p. 6. 7 Da Rios: 1 n. 2 71. 9: 76 n. 463
6. 12 s.: 73 n. 441 72. 2: 76 n. 463
7. 3: 1 n. 2 74. 11 ss.: 76 n. 462
7. 9 ss.:74 n. 445 80. 5 ss.: 76 n. 460
7. 19 ss.: 54 n. 306; 73 n. 440 87. 16 ss.: 73 n. 444
9. 15: 1 n. 2 92. 7 s.: 77 n. 468
11.15:ln.2 Fr. 95 Wehrli: 14 n. 51
12. 10: 1 n. 2 99 Wehrli: 27 e n. 122
12. 13 ss.: 1 n. 2; 73 n. 441
13. 7 ss.: 74 n. 445 ARTEMIOORUS DALDIANUS
13. 16 ss.: 74 e n. 448 Onir. 4. 2: 89 n. 550; 91 n. 558
13. 23 ss.: 74 n. 446
14. 13 s.: 74 e n. 447 ATHENAEUSGRAMMATICUS
15. 14 ss.: 13 e n. 47 Deipn.19f: 90 n. 556
16. 3 ss.: 13 e n. 46 53a: 26 n. 115
17. 2 ss.: 25 s. e n. 114 146d: 30 n. 141
18. 1 ss.: 26 n. 114 174a: 79 n. 484
19. 5: 23 n. 98 183b-c: 92 n. 565
20. 20 ss.: 73 183d: 27 n. 127
23. 16 ss.: 76 n. 461 183e: 31 n. 154
24. 11 ss.: 65 n. 384 240d: 30 n. 145
27. 15 s.: 23 e n. 101 337b-c: 47 n. 268
Indicedei luoghi dtati 113

337d: 47 n. 268 BRYENNIUS


338a: 47 n. 268 Hann. p. 94. 4 ss. Jonker: 65 n. 387
409e: 30 n. 145 98. 11: 58 n. 334
460e: 30 n. 145 112. 20 s.: 70 n. 413
5261:>-e:
30 n. 140 116. 9 ss.: 21 n. 84
532c: 29 n. 139 118. 4: 70 n. 417
615a-c: 43 n. 235 144. 26: 67 n. 401
619a: 86 n. 533 174-76: 78 n. 473; 80 n. 494
625a: 78 n. 473 308. 19 s.: 50 n. 286
633a:93 308. 20: 15 n. 54
634f: 29 n. 138 308. 27 ss.: 51 n. 291
635b:27 310. 3 s.: 50 n. 287
636d: 35 n. 180: 41 n. 223 310. 20 ss.: 50 n. 288
636f: 28 n. 128 310. 24 s.: % e n. 591
637f-638a: 70 n. 416 310. 26 s.: 49 n. 282
310. 27: 15 n. 54
ATHENAEUS MUSICUS 310. 30 s.: 49 s. n. 283
Pean. Delph. (DAGM 20. 14): 72 s.
312. 3 ss.: 50 n. 284
312. 7 ss.: 50 n. 284
AUTOCRATES
312. 11 ss.: 96 e n. 591
Fr. 1 K.-A.: 49 n. 280
312. 15 s.: 51 n. 292 s.
BABRIUS 368. 25: 76 n. 463
Fab.9: 87 e n. 535 s.; 91 n. 561 481. 8 ss.: 27 n. 120: 92 e n. 567

BACCHIUS CALLIMACHUS
ls. p. 293. 3 Jan: 14 n. 50 Aet. 1. 29: 84 n. 522
300. 15: 14 n. 50 Fr. 203. 43 ss. Pfeiffer: 41
300. 18 s.: 14 n. 50
302. 1: 14 n. 50 CARMINA POPULARIA
302. 4: 14 n. 50 Fr. 851b Page: 2 n. 9
304. 4 s.: 14 n. 50 878:35
305. 18 ss.: 77 n. 469 880: 85 n. 524
306. 11 ss.: 14 n. 50
CHRYSIPPUS
BACCHYLIDES Fr. 297 (SVF Il, p. 96 von Arnirn): 26 n.
Epin.3. 98: 81 n. 500 115
5. 23: 85 n. 524
10. 10: 85 n. 524 CLEANTHES
Fr. 3. % Snell-Maehler: 79 n. 478 Fr. 563 (SVF I, p. 128 s. von Arnirn): 89
15. 4: 59 n. 340 n.550
20b 2: 22 n. 89; 85 n. 524
CLEMENSALEXANDRINUS
BOETHIUS Paed.2. 4. 41, 4: 33 n. 161
De inst. mus. 1. 1: 40 n. 217 2. 4. 41, 5: 17 n. 62
1. 20: 40 n. 217 3. 11. 80, 4: 34 n. 177
114 Indicedei luoghicitati

Protr. 1. 1. 2: 82 n. 503; 83 e n. 511; 93 n. 25: 28 n. 133


572 De Isocr.13. 14 s.: 23
Strom. 1. 16. 76, 6: 37 n. 196
DIONYSIUS THRAX
CLEONIDES Ars Gramm. Suppi. I De Prosodiis,p. 114
ls. p. 191. 5 ss. Jan: 14 e n. 52 Uhlig: 51 n. 292
202. 6 ss.: 21 e n. 84
202. 8 ss.: 21 n. 85 DIPHILUS
202. 16 ss.: 58 n. 335 Fr. 18. 1 K.-A.: 55 n. 310
203. 1 ss.: 23 n. 100
204. 16 ss.: 25 e n. 112 DROMO
207. 5 ss.: 15 n. 56 Fr. 1 K.-A.: 30 n. 145

CRATINUS DURIS
Fr. 153 K.-A.: 37 n. 193 FGrHist76 F 81: 34 n. 171

DEMETRIUS PHALEREUS E1YMOLOGICUM MAGNUM


De eloc.86: 71 n. 424 p. 33. 32 Gaisford: 72 n. 433
153. 32 ss.: 33 n. 166
DEMOCRITUS 365. 34 ss.: 13 n. 47
Fr. 154 D.-K.: 98 n. 600 367. 21 ss.: 37 n. 193
506. 1 s.: 35 n. 185
DEMOSTHENES 752. 41 s.: 82 n. 503
De cor.280: 23 755. 4 ss.: 83 e n. 508
765. 13 s.: 28 n. 130
DIOCASSIUS 817. 20 ss.: 31 n. 150
61. 20: 71 n. 424 817. 36: 28 n. 128

DIODORUS EUBULUS
Fr. 1 K.-A.: 30 n. 144 Fr. 116 K.-A.: 30 n. 145

DIOGENES ATHENIENSIS EUPHRO


Fr. 1. 9 s. Snell: 27 e n. 124 Fr. 1. 34 K.-A.: 92 e n. 565

DIOGENES LAERTIUS EUPOLIS


Vit. Phil. 6. 104: 90 n. 554 Fr. 81 K.-A.: 34 n. 175
6. 27: 95 n. 588 121:34
7. 55: 36 n. 190
7. 57: 91 n. 558 EURIPIDES
Aie. 446: 22 n. 90
DIONYSIUS HALICARNASSENSIS Bacch.126: 79 n. 484
Antiq. rom.2. 19: 32 n. 158 161: 5 n. 24
De comp.verb. 11: 70 n. 417 783 s.: 26
12: 59 n. 337; 67 n. 398 Cycl. 104: 80
17: 42 n. 228 443 s.: 33 n. 169; 79 n. 484
19: 26 n. 115 El. 702: 79 n. 484
Indicedei luoghicitati 115

Hel. 1362: 31 n. 153 337. 13 s.: 40 n. 213


HF 683: 22 n. 90 338. 4: 46 n. 253
871: 32 n. 158
892: 84 n. 523 HERACLITUS
Hyps.fr. 64. 101 Bond: 33 n. 169 Fr. 10 D.-K.: 71 n. 421; 73 n. 443
fon 173: 27 n. 126 51: 13 n. 46
499:72
881: 21 n. 88 HEROOOTUS
Iph. Aul. 118: 16 n. 58 Hist. 1. 141. 1: 87 n. 536
Iph. T. 149: 33 n. 168 1. 155. 4: 28 e n. 133; 31
176: 33 n. 168 3. 22. 1: 13 n. 46
Phoen.883: 53 n. 298 4. 52. 3: 53 n. 299
Troad.1227: 53 n. 298 6. 60: 71 n. 426
Fr. 556 Nauck: 81 n. 500
623: 22 n. 92 HESIODUS
773. 23: 63 n. 370 Op. 79: 55 n. 312
773. 34: 79 n. 482 582 ss.: 65 n. 386; 84 n. 522
931: 81 n. 500 583: 79 n. 487
Fr. 19 Kambitsis (= fr. 200 Nauck): 90 Theog.40: 79 n. 484
n.554 41: 84 n. 517
Fr. 64 Austin (= fr. 23 Carrara): 33 e n. 83: 79n. 483
165 95: 79 nn. 483 e 488
Schol.Or. 176: 62 n. 367 275: 85 n. 524
vd. Pseudo-Euripides
388: 55 n. 312
818: 55 n. 312
EUSTATHIUS
965: 79 n. 484
ad Od. 1. 155: 48 n. 275
1021: 79 n. 484
ad ll. 3. 151: 67 n. 398; 84 n. 518
vd. Pseudo-Hesiodus
3. 153: 92 n. 567
HESYCHIUS
EXCERPTA NEAPOLITANA
s.v. 'Aya8Cl>VE\OVaÙÀfl<nV (a 281): 59
p. 413. 7 Jan: 16 n. 59
n.341
<XflOOV<X (a 1500): 81 n. 500
EXCERPTANICOMACHI
p. 267. 10: 14 n. 50 aìoì..i&xç(a 2026): 72 n. 433
267. 3 Jan: 14 n. 50 à1toon>4l<Ov(a 6676): 62 n. 362
268. 11 ss.: 14 n. 50 OOK'tUÀO<; (o 143): 43 n. 232
271. 7: 14 n. 50 ÈVoo<nµov (E 2818): 94 n. 579
btì. xcxp1çÉVT1<; (E 5413): 37 n. 193
GALENUS 8pooç (8 780): 62 n. 359
De diff. pul. 8. 662: 91 n. 558 Àtycxvtoop (À 958): 84 n. 522
De meth. med. 10. 144: 91 n. 558 vci.~ì..a (v 2): 28 n. 129
vtyÀaf)EUcov(v 559): 34 n. 176
GAUDENTIUS viyÀcxp<>t(v 560): 34 n. 176; 88 e n.
1s.p. 328. 3 s. Jan: 14 n. 50 544
337. 9: 40 n. 213 mmçav(Jt 2338): 84 n. 515
116 Indicedei luoghicitati

tq>Etiaµata (t 507): 88 n. 543; 93 13. 637: 79 n. 483


n.572 14. 393: 58 n. 331
tq>Etiçovta (t 517): 82 n. 503 14. 399: 58 n. 331
tq>ttiaµata (t 518): 82 n. 503; 90 14. 421: 58 n. 330
n.556 14. 496: 55 n. 310
tOl)ÉUTI (t 1163): 85 n. 527 15. 384: 58 n. 330
tpm>ÀOV (t 1275): 63 n. 371 16. 20: 55 n. 311
ahcTIV<x325): 85 n. 527;
XEÀlOOV<>ç 16. 391: 58 n. 329
89n. 552 16. 393: 58 n. 329
xpqu:tiçn <x691): 84 n. 515 16. 429: 58 n. 331
17. 89: 55 n. 309
HIPPOCRATES ET CORPUS HIPPO- 17. 213: 58 n. 330
CRATICUM 17. 247: 55 n. 309
Reg. 1. 18: 39 n. 213 17. 256: 55 n. 309
De morb.2. 33: 66 n. 395 17. 317: 58 n. 330
De victu 1. 18. 3: 78 n. 473 17. 334: 58 n. 331
17. 555: 62 n. 362
HOMERUS 18. 29: 58 n. 330
Il. 1. 247 ss.: 78 n. 474; 79 n. 488 18. 70 s.: 55 e nn. 309 e 311
1. 364: 55 n. 311 18. 78: 55 n. 311
3. 151 ss.: 84 n. 517 18. 160: 58 n. 330
2. 784: 58 n. 329 18. 219 ss.: 72 n. 427
4. 118: 53 n. 297 18. 228: 58 n. 330
4. 126: 55 n. 310 18. 316: 65 n. 387
4. 185: 55 n. 310 18. 323: 55 n. 311
4. 425: 58 n. 331 18. 541: 59 n. 337
4. 506: 58 n. 330 18. 570: 47 n. 260
4. 530: 55 n. 310 18. 571: 63 n. 370
5. 343: 58 n. 330 19. 125:55
7. 95: 58 n. 329 20. 284: 55 n. 310
8. 227: 55 n. 309 20. 437: 55 n. 310
8. 334: 55 n. 311 21. 10: 58 n. 330
9. 16: 55 n. 311 21. 116: 55 n. 310
9. 186: 84 n. 523 22. 141: 55 n. 309
9. 618: 59 n. 337 22. 227: 62 n. 362
11. 269: 55 n. 310 23. 60: 55 n. 311
11. 275: 55 n. 309 23. 172: 58 n. 329
11. 392: 55 n. 310 23. 216: 58 n. 330
11. 586: 55 n. 309 23. 225: 65 n. 387
11. 730 s.: 48 n. 271 Od. 3. 38: 59 n. 337
11. 845: 55 n. 310 4. 406: 53 n. 300
11. 846: 53 n. 299 4. 516: 55 n. 311
12. 190: 55 n. 310 4. 721: 65 n. 387
12. 439: 55 n. 309 5. 323: 53 n. 299
13. 45: 62 n. 362 5. 420: 55 n. 311
13. 149: 55 n. 309 8. 64: 79 n. 484
Indicedei luoghicitati 117

8. 95: 55 n. 311 JOANNES PHILOPONUS


8. 534: 55 n. 311 In Arist. An. Post. p. 242. 14 Wallies: 93
9. '257: 55 n. 312 n.569
9. 392: 58 n. 330
10. 76: 55 n. 311 JOSEPHUS FLAVIUS
10. 323: 58 n. 330 Ant. /ud. 10. 8: 55 n. 309; 57 n. 325
12. 187: 78 n. 476
17. 262: 68 n. 406 JUSTINUS MARTYR
19. 52: 79 n. 486 Dial.cum Tryph.86. 1: 53 n. 299
24. 7: 83 n. 512
Schol. Il. 3. 152b (ed. Erbse): 54 n. 304 LASUS HERMIONEUS
Schol. Od. 8. 266 (ed. Dindorf): 48 n. Fr. 702 Page: 18 n. 67; 79 n. 481.
275
LEXICON VINDOBONENSE
HYMNI HOMERICI 171: 82 n. 503; 83 n. 508; 84 n. 515
2. 3: 55 n. 312
2. 81: 58 n. 330 LONGUS
2. 82: 58 n. 330 Daph. 1. 23. 1: 84 n. 516
3. 169: 79 n. 484
3. 519: 78 n. 477 LUCIANUS
4. 64: 68 n. 406 Abdic. 22. 21: 35 n. 180
4. 452: 5 n. 24 De Mere. Cond. 33: 89 e n. 549; 95 n. 588
4. 488: 88 n. 541 Dial.Meretr. 12. 1: 30 n. 146
4. 501: 12 n. 42 15. 2: 91 n. 562
5. 80: 55 n. 309 Menipp. 21: 63 n. 370
5. 159: 55 n. 312 Nigr. 11: 64 n. 377
7. 59: 79 n. 483 15: 34 n. 177; 88 e n. 546
19. 18: 79 n. 478 Salt. 2: 34 n. 177; 88 s. e n. 547
21. 4: 79 n. 484 63: 89 e n. 548
'25.5: 79 n. 488 83: 91 n. 562
vd. Pseudo-Lucianus
IAMBLICHUS
Pyth. 15. 65: 72 n. 428 LYCOPHRON
Alex. 686 s.: 63 n. 375
INSCRII711ONES
CIG 3088: 27 n. 126; 30 n. 148; 51 n. LYRICAADESPOTA
294. Fr. 954a Page: 79 n. 483
SIG 689.3: 30 n. 147 954b: 79 n. 482
960: 51 n. 294.
MACHO
IONCHIUS Fr. 2. 9 Gow: 13 n. 44
Fr. 5 Gent.-Pr.: 21 e n. 87; 28; 40 n. 214 8 Gow: 47 n. 268
22 Snell: 29 e n. 138
MENANDER
ISIDORUS HISPALENSIS Sam. 128 s.: 91 n. 561
Etymol. 3. 22. 7: 31 n. 154 Frr. 64-73 K.-A.: 30 n. 144
118 Indicedei luoghicitati

224: 30 e n. 141 PAPYRI


BGU 1125. 3: 91 n. 562
NEPOS Pap. Hibeh 1. 13, 4 ss.: 1 n. 2
Epam.2. 1: 38 n. 205 19:24
PSorb. 2328 (= Eur. fr. 64 Austin): 33 n.
NICOMACHUS GERASENUS 165
Ench.p. 240. 20 ss. Jan: 41 n. 223
240. 22: 14 n. 51 PAROEMIOGRAPHI GRAECI
242. 16: 72 n. 428 Corp. Paroem. Gr. II, p. 302. 1 ss.
243.1: 57 n. 324 Leutsch: 18 e n. 66
243. 5 ss.: 58 n. 326; 68 n. 402
243. 8: 67 n. 398 PAUSANIAS
243. 12 ss.: 14 n. 51 3. 12. 10: 40 n. 217
243. 17 ss.: 62 n. 366
244. 7 s.: 14 n. 52 PHERECRATES
244. 19: 72 n. 428 Fr. 155 K.-A.: 34 n. 174; 59
155. 26 ss.: 34 n. 177
252. 7 ss.: 24 n. 103
254. 19: 46 n. 253
PHILO MECHANICUS
254. 26 s.: 46 n. 253
Mech.synt. 4. 77: 36 n. 189
255. 19 s.: 63 n. 369
257. 20: 70 n. 417
PHILO JUDAEUS
261. 8 ss.: 75 n. 453
Immut. 24 e 25: 17 n. 62; 32 n. 159
274. 5 s.: 40 n. 217
Somn. 37: 32
NONNUS PHILODEMUS
Dion. 1.15: 33 n. 163 De mus. 1. 18 Kemke (= fr. 23 Rispoli):
25. 425: 49 n. 280 39 n. 209
40.223:72 4. 2, col. N 37 ss. Neubecker: 46 n.
43. 385: 5 n. 24 252
4. 17, col. XXVI 29 ss.: 48 n. 270
OPPIANUS ANAZARBENSIS 4. 18, col. XXIX 13 ss.: 48 n. 270; 90
Hai. 1. 728: 72 e n. 553; 91 n. 561
De Poem.1. 43. 23: 15 n. 55
ORIBASIUS 1. 88. 17 ss.: 15 n. 55
Coli.med. 50. 51. 2: 72 n. 429 1. 94. 9 ss.: 15 n. 55

ORIGENES PHILOLAUS
ContraCelsum1. 159 Kall: 53 n. 299 Fr. 6 D.-K.: 2 n. 8; 23 n. 103; 54 n. 306

ORPHICA PHILOSTRATUS
Arg. 382: 33 n. 163 Vit. Apol. 7: 93 e n. 575
Orph.Hymn. 31. 1 ss.: 43 n. 236 36: 86n. 531

PACHYMERES PHOENICIDES
Harm. p. 108. 4 ss. Tannery: 70 e n. 413 Fr. 1 K.-A.: 30 n. 144
Indicedei luoghidtati 119

PHOTIUS 9. 40: 85 n. 527


Lex. p. 207 Naber, s.v. tEp€'ti.aµata (= 9. 47: 85 n. 524
Suda t 338): 88 n. 543 10. 3: 79 n. 483
p. 447 Naber, s.v. v1yÀapt:urove 10. 93: 79 n. 484
viy)..(xpov:34 n. 176 10. 94: 79 n. 483
Bibl. 509a: 49 n. 280 11. 4: 79 n. 481
13. 22: 79 n. 484
PHRYNICHUS COMICUS Pyth. 1. 1 s.: 2 n. 7
Fr. 14 K.-A:86 e n. 533 1. 98: 59 n. 340
48: 22 n. 92 3. 64: 79 n. 481
74: 34 n. 177 4. 137: 59 n. 340
5. 57: 55 n. 312
PHRYNICHUS TRAGICUS 8. 31: 59 n. 340
Fr. 11 Snell: 31 10. 56: 79 n. 483
Fr. 52b. 101 Maehler: 79 n. 483
PINDARUS 52c. 12: 79 n. 482
Isthm. 2. 3: 79 n. 481 52e. 47: 79 n. 482
2. 7: 79 n. 482 s. 52f. 58 s.: 79 n. 482
2. 25: 79 n. 484 52g. 11: 79 n. 483
2. 32: 79 n. 482 52i. 75: 79 n. 483
6. 7: 79 n. 482 52i. 78: 79 n. 482
8. 58: 79 n. 490 124d: 17 n. 62
Nem. 1. 4: 79 n. 484 125: 27 n. 123 s.
2. 25: 79 n. 484 Schol.vet. Nem. 5. 42a (ed. Drachmann):
3. 4: 79 n. 482 33n.161
3. 32: 79 n. 483 Pyth. 1. Sa: 42 n. 226
4. 14: 70 n. 417 Pyth. 1. Sd: 49 n. 277
4. 44: 79 n. 483 01. 9. le: 81 n. 499
4. 45: 2 n. 9 Schol. ree. 01. 6. 143 (ed. Abel): 33 n.
5. 2: 79 n. 483 161
5. 42: 70 n. 417 Pyth. 1. 7: 42 n. 226
9. 3: 79 n. 483
9. 8: 5n. 24 PLA10
9. 49: 59 n. 340 Charm.156e: 17 n. 6.3
10. 62: 55 n. 310 Crat.399b: 56 n. 314
11. 7: 5 n. 24 409a: 72 n. 433
11.18: 79 n. 482 430e: 77 n. 471
01. 1. 109: 79 n. 483 Euthyd. 281d: 54 n. 304; 56 n. 318
2. 97: 85 n. 527 Ion 533e: 48 n. 269
3. 8: 70 n. 417 534a:78
4. 2: 70 n. 417 Leg.700d: 90 n. 555
6. 21: 78 n. 477 794e: 12 n. 42
6. 86: 70 n. 417 802c-d: 79 n. 483
6. 91: 79 n. 483 812d-e: 39 n. 211; 44 n. 241; 45 n.
6. 96: 79 n. 484 250; 46 n. 259; 47 n. 266; 65 s. e n.
9. 39: 94 n. 578 389; 70 n. 417
120 Indicedei luoghicitati

Lys. 209b: 13 n. 44; 28 e n. 34; 33 n. 161 Thaet.175e: 49 n. 277


Menex. 236a: 38 n. 206
Meno 82b-85e: 77 n. 471 PLINIUS
Phaed.85e ss.: 19 n. 72 Nat. Hist. 10. 29. 43 (81-85): 72 n. 434
94c: 19 e n. 71; 26 n. 116
94c-d: 19 n. 73 PLUTARCHUS
9&-d: 17 n. 62 Agis 33. 4: 29 n. 139
Phaedr.230c: 93 e n. 572 Alex. 67. 5: 27 n. 126
237a: 84 n. 521 Ant. 24. 4: 27 n. 127
246a ss.: 19 n. 75 56. 8: 28 n. 134
250d: 55 n. 310; 73 Arat. 6. 4: 28
258e-259d: 83 e n. 510 Dem. 11. 2: 15
259a: 94 n. 577 20. 3: 42 n. 224
268d: 56 n. 314 Per.1. 6: 28
Phil. 17c: 25 n. 112; 56 n. 314 15. 2: 17 n. 62
17d: 3 n. 10; 25 n. 110; 76 n. 460. Pomp.24. 4: 27 n. 126
Poi.307a: 67 n. 398 36.3:28
Prot.347d: 29 Sul. 7. 6: 15 n. 56
Resp.333b: 39 n. 213 Them.2. 4: 27 n. 127
349e: 13 n. 44 Adv. Col. 1120e: 53 n. 299
398d: 48 n. 272 Amat. 760c: 29 n. 139
398e: 18 n. 65; 59 e n. 342 An seni resp.ger. 785f: 28 s. e n. 134
399d: 35 n. 183 792c-d: 19 n. 70
399e: 70 n. 417 Apophtheg.lAc. 21&: 29 n. 135
410b-412a: 20 n. 79 220a: 29 n. 135
411e-412a: 17 n. 61 220f: 29 n. 135
441e-442a: 17 e n. 61 223f-224a: 29 n. 135
443d: 76 n. 460 233f: 29 e n. 136
443d-e: 20 e n. 79 De adul. 67f: 40 n. 213
531a: 11 n. 35; 65 n. 383 De Alex. 331e: 32
531b: 1 n. 2 334c-d: 29; 40 n. 213
601b: 70 n. 416 De amic.mult. 96e: 32 n. 156
617b:22 Defratr.am. 485f: 27 n. 121
Soph.232a: 54 n. 304 De 1s.et Osir. 384a: 40 n. 213
Symp. 187a-b: 56 n. 314 De Pyth. orac.405f: 79 n. 481
223d: 48 n. 269 De rect.rat. aud. 46b: 94 n. 577
Theaet.174e: 54 n. 304 De soli.973e: 42 n. 225
Tim. 67b: 36 n. 190 De Stoic. rep.1034e: 89 n. 550
67c: 58 n. 326; 68 1047a-b: 26 n. 115
74b: 17 e n. 62 De unius in rep.dom. 827a: 27 n. 127
74c: 55 n. 310 827a-b: 19 n. 69
80a: 56 n. 314; 57 n. 321 De virt. mor.443a: 27 n. 127
Schol. vet. Remp. 443d (ed. Greene): 20 Mul. virt. 253a: 71 n. 426
n.78 258b: 71 n. 426
Phaed.107a: 48 n. 275 Plat.quaest.1010b: 89 n. 550
Schol.ree.Lys. 209b: 28 n. 134 Praec.ger. 802e-f: 41 n. 223
Indicedei luoghicitati 121

Quaest. conv.616a: 29 n. 139 35. 30 ss.: 78 n. 473


634c:29 38. 11 s.: 71 n. 423
634c-d: 40 n. 213 38. 20: 67 n. 398
6.38b-c:36 e n. 188 40. 9: 57 n. 325
643b: 29 n. 139 40. 14 s.: 14 n. 51; 40 n. 213
644c: 29 n. 139 41. 28 ss.: 80 n. 492
684b: 53 n. 299 41. 31 s.: 71 n. 423
704d:42 42. 27: 67 n. 398
706d: 40 n. 213 44-45: 64 n. 380; 66 n. 394
706e: 88 n. 545 47. 7: 57 n. 325
710e: 29 n. 139 47. 16 s.: 71 n. 423
712f-713a: 79 n. 489 47. 30 ss.: 71 n. 423
713b:32 51. 18 ss.: 62 e n. 364
713c: 27 n. 127 51. 21: 61 n. 355
713e: 28 n. 134 57. 6: 57 n. 325
741b: 47 n. 263 57. 11: 57 n. 325
Quom.adul. 67f: 29 57. 13: 57 n. 325
Reg.et imp. apophtheg.173c: 29 n. 139 58. 25 ss.: 71 n. 423
179b: 29; 40 n. 213 60. 27 ss.: 78 n. 473
180e: 29 n. 139 61. 30 ss.: 54 n. 306
Sept. Sap. Conv.161d: 49 n. 279 62.2:ln.2
62. 10 s.: 71 n. 423
POLLUX 62. 24 ss.: 71 n. 423
Onomasticon2. 117: 71 n. 424 62. 29 ss.: 78 n. 473
4. 55: 86 e n. 532 63. 30 ss.: 58 n. 328; 61 n. 356
4. 58: 28 n. 132; 40 n. 213 63. 32: 71 n. 423
4. 59: 27 n. 120 65. 28: 71 n. 423
4. 83: 35 n. 178; 44 n. 237; 86 n. 534 75. 32: 64 n. 377
5. 89: 82 n. 503; 83 n. 514; 95 n. 586 76. 6: 64 n. 377
5. 90: 84 n. 515 77. 28: 61 n. 356
7. 87: 41 n. 223; 94 n. 579 77. 29: 64 n. 377
77. 30: 67 n. 398
POLYBIUS 75. 32: 64 n. 378
Hist. 30. 22: 43 e n. 235 76. 6: 64 n. 378
80. 20: 57 n. 325
PORPHYRIUS TYRIUS 82. 5: 57 n. 324
Comm. in Ptol. p. 3. 3 ss. Diiring: 2 e n. 82. 11: 71 n. 423
4 83. 20: 14 n. 50
7. 19 s.: 64 n. 377 84. 6: 14 n. 51
8. 5: 57 n. 325 84. 7: 14 n. 50
20. 3: 43 n. 232 84. 25 ss.: 71 n. 423
29. 5: 80 n. 492 85. 8 s.: 71 n. 423
31. 19: 58 n. 336 92. 22 s.: 75 n. 456
32. 29: 67 nn. 398 e 401 93-95: 75 n. 455
33. 13 s.: 13 n. 45 94. 8 ss.: 71 n. 423
34. 28: 14 n. 51 94. 11: 70 n. 417
122 Indicedei luoghicitati

94. 31 s.: 75 n. 456 802a 19: 72 n. 428


95. 13: 74 n. 445 802a 21: 60 n. 348
%.3: 14n.51 802b 5: 60 n. 349
%. 5 s.: 67 nn. 398 e 401 802b 12: 66 n. 390
97. 2 ss.: 24 n. 103 802b 28: 62 n. 360
136. 5 ss.: 61 n. 352 802b 30 s.: 62 e n. 368
152. 2 ss.: 71 n. 423 802b 40: 62 n. 362
161. 34: 67 n. 398 803a 6 s.: 62 n. 361
803a 7 ss.: 56 n. 319; 62 n. 361
PRATINAS 803a 8: 60 n. 344
Fr. 708 Page: 38 n. 207; 39 n. 211; 70 n. 803a 13 e ss.: 54 n. 305; 60 n. 347
417 803a 14: 62 n. 358
709: 93 e n. 576 803a 21: 60 n. 343
712a: 18 e n. 68 803a 23 ss.: 16 e n. 60; 62 e n. 362
712b: 2 n. 9 803a 27: 60 n. 346
803a 31: 60 n. 345
PRISCIANUS 803a 33: 60 nn. 345 e 349
lnst. Gramm.1. 4: 56 e n. 317 803b 2: 68 e n. 403
803b 11 ss.: 67 n. 400
PROCLUS 803b 12: 67 n. 398
Chrest.52: 43 n. 235 803b 14 s.: 61 n. 357
803b 18 ss.: 63 e n. 373
PROCOPIUS GAZAEUS 803b 22 ss.: 62 n. 363; 63 nn. 369,
Epist.33: 89 n. 550 370e376
803b 26 ss.: 60 n. 350
PSEUOO-ARISTOTELES 803b 37 ss.: 71 n. 425
De audib.800a 5 ss.: 36 n. 191 804a 9 ss.: 64 e n. 377
800a 31: 58 n. 333; 65 n. 386 804a 21: 64 n. 378
800a 32: 62 n. 358 804a 22 ss.: 63 s. n. 376; 82 n. 506;
800a 34: 62 n. 358 84n. 522
800b 2: 62 n. 358 804a 27 e ss.: 14 n. 50; 62 n. 365
800b 14: 62 n. 358 804a 32: 67 n. 396
800b 16: 22 n. 91; 58 n. 333 804b 12: 62 n. 359
800b 17: 60 n. 347 Div. Aristot. 12. 2. 8 ss.: 87 n. 537
801a 17: 62 n. 360 Phgn.806b 26 s.: 15
801a 29: 85 n. 527 807a 15 ss.: 15 e n. 55
801b 23: 71 n. 425 808b 11: 17 n. 63
801b 26 ss.: 66 e n. 390; 71 n. 426 Probi. 7. 5: 56 n. 318; 57 n. 325; 67 e n.
801b 32 ss.: 60 n. 343 401
801b 40 ss.: 71 e n. 425; 72 n. 432 11. 3: 57 s. e n. 326; 63 n. 373
802a 5 ss.: 16 11. 6: 61 n. 356; 63 nn. 369 e 374
802a 8 ss.: 66 n. 390; 71 n. 426; 78 11. 7: 67 n. 397
n.473 11. 8: 66 n. 392; 67 n. 397
802a 10: 65 n. 386 11. 11: 67 n. 3%
802a 12 ss.: 80 11. 12: 62 n. 359
802a 13 s.: 66 e n. 391 11. 13: 57 n. 322; 61 n. 356
Indicedei luoghicitati 123

11. 15: 15 n. 55 PSEUOO-HESIODUS


11. 16: 63 e n. 374 Scut. 206: 84 n. 521
11. 17: 64 nn. 377 e 381 278: 84 n. 523
11. 19: 57 n. 322; 63 n. 369; 65 e n. 396: 79 n. 487
387
11. 20: 63 n. 372 PSEUOO-LUCIANUS
11. 21: 61 n. 356 Amor. 18. 8: 84 n. 522; 93 e n. 573
11. 22: 67 n. 396
11. 23: 62 n. 368 PSEUDO-FLATO
11. 25: 67 n. 397 Aie. I 107a: 39 n. 213
11. 32: 63 n. 372; 64 n. 381 Schol.vet. Min. 318b: 38 n. 202
11. 34: 61 n. 356
11. 35: 57 n. 325; 63 n. 373 PSEUOO-PLUTARCHUS
11. 37: 57 n. 325 De mus. 1132e: 38 n. 201
11. 46: 62 n. 359 1132e-f:37 e n. 197
11. 53: 57 n. 322 1133b: 25 n. 113
11. 61: 64 n. 381 1133c:34 n. 171
19. 3: 15 n. 55 1133e:38 n. 202
19. 7: 45 n. 243 1137a-b: 70 n. 417
19. 9: 46 n. 259 1137b-d: 45 e n. 249; 47 n. 265
19. 10; 41 n. 223: 48 n. 271; 87 e n. 1138b-c: 39 n. 212; 42 n. 226; 70 n.
539; 91 n. 561 417
19. 12: 47 n. 263 1141a-b: 46 e n. 258
19. 18: 44 n. 242 1141b: 44 n. 240; 91 n. 562
19. 23: 26 n. 116; 28 1142b: 38 s. e n. 208; 42 n. 226
19. 24: 93 n. 571 1144c:47 e n. 267; 48 n. 271
19. 35: 13 e n. 45 1144e-f: 88 n. 544
19. 37: 57 e n. 322
19. 39: 44 e nn. 238 e 242; 93 e n. 571 PTOLEMAEUS
19. 42: 57 n. 325; 60 n. 346; 93 e n. Harm. p. 5. 24 Diiring: 54 n. 304
571 6. 14 ss.: 56 n. 316
19. 43: 78 n. 473; 87 n. 537 6. 27 ss.: 58 n. 328
19. 44: 11 n. 37 7. 4: 40 n. 213
19. 47: 65 n. 384 7. 16 s.: 67 n. 398
19. 49: 39 n. 212; 59 7. 17 s.: 66 n.394
7. 19: 66 n. 393
PSEUOO-EUCLIDES 7. 22 s.: 64 n. 379
Sect.can. p. 148. 6 s. Jan: 14 n. 50; 36 n. 7. 23 s.: 62 n. 365; 65 n. 388
190 8. 4 s.: 62 n. 366
148. 9 ss.: 60 n. 350; 65 n. 387 9. 3: 36 n. 191
149. 3 ss.: 14 e n. 50 10. 5 ss.: 71 n. 422
162. 3 ss.: 14 n. 50 17. 11 s.: 62 n. 365
163. 2 ss.: 14 n. 50 19. 16 s.: 74 n. 450
20. 7: 73 n. 440
PSEUOO-EURIPIDES 21. 9 ss.: 75 n. 452
Res. 360 ss.: 31 21. 13 s.: 74 e n. 451
124 Indicedei luoghidtati

28. 27 ss.: 60 s. e n. 352 SIMONIDES


34. 33 s.: 61 n. 352 Fr. 90. 1 Page: 79 n. 482
35. 1 ss.: 61 n. 353
39. 3: 61 n. 352 SOPHOCLES
49. 13: 61 n. 352 Ajax630: 22
65. 17: 57 n. 325 1201: 79 n. 483
65. 32: 14 n. 52 El. 239: 22
67. 6 ss.: 32 n. 157 243:55
67. 19: 32 n. 158 Ichn. 327 (fr. 314 Radt): 73 n. 436
80. 9: 62 n. 368 329: 74 n. 445
80. 10: 61 n. 352 Oed. Col. 1479: 55 n. 309
81. 8: 14 n. 52 1610: 53 n. 298
81. 19 s.: 14 n. 52 Philoct.189: 53 n. 298
83. 7: 70 n. 417 1092:22
93. 14 ss.: 78 n. 473; 80 n. 492 Fr. 60 Radt: 32 n. 158
93. 16 ss.: 71 n. 422 238: 79 n. 484
93. 18: 53 n. 299 244: 22n. 90
96. 18 ss.:
78 n. 473; 80 n. 492
412: 31 n. 154
491: 22 n. 92
98. 25 s.: 61 n. 352
STESICHORUS
QUINTILIANUS
Fr. 212 Davies: 2 n. 9; 59 n. 340
Inst. Or. 1. 12. 3: 27 n. 120
240: 84 n. 521
278: 84 n. 521
SAPPHO
Fr. 24d. 66 V.: 63 n. 370
STRAOO
44. 24: 79 n. 484
Geogr.9.3. 10:49
71. 5: 79 n. 483 10. 3. 17: 6 n. 29; 28 n. 129; 33 n.
71. 6: 79 n. 482 169

SCHOUA SUDA
vd. Aeschylus (CX1920): 48 n. 274
S.V.<XVCX1CpoOOµE8a
Aristophanes àvtJkxU,Eto(cx2209): 48 nn. 275 e
Euripides 276
Homerus P<xf>Pttov
(P 110): 27 n. 127
Pindarus ÈlCpElCE<;(E 603): 35 n. 185
Plato i~uv (t 397): 95 n. 583
Pseudo-Plato 1CpÉ1CEtV (1C2366): 35 n. 184
1CpÉ1Cro(K 2368): 35 n. 185
SEXTUSEMPIRICUS µooooupyoi (µ 1303): 29 n. 138; 32
Adv. math. 6. 1: 27 n. 127 n. 155
6. 33: 78 n. 473 µupµT)~(µ 1445): 49 n. 280, p. 63 n.
6. 40: 57 n. 323 371
6. 41: 71 n. 423 viyÀ.(Xf)Ot
(v 366): 34 n. 176
6. 42: 78 n. 473 "OÀ.uµ1t0ç (o 219): 38 n. 199
8. 133: 91 n. 558 "O).uµ1t0ç (o 220): 38 n. 199
Indicedei luoghicitati 125

~ (a 107): 12 n. 42 THEOPHRASTUS
~ (a 108): 29 n. 139 Char. 17. 15: 91 e n. 559
'tEpui.çoµev ('t 337): 92 e n. 564 19. 10: 92 e n. 563
u:pEtlaµa'ta ('t 338): 82 n. 503; 88 De odor.2: 53 n. 300
n.543 4. 2: 80e n. 4%
Tl.µo8Eoç('t 620): 40 n. 217 4.64:80
'lfaÀ.Tllf)lOV('lf 15): 28 n. 129 Fr. 274 Fortenbaugh: 53 n. 299
716: 1 n. 2
TELESTES
Fr. 804. 4 s. Page: 59 n. 342 THEOPOMPUS COMICUS
806: 72 e n. 435 Fr. 51 K.-A.: 37
810. 4 s.: 27; 56 n. 314
THEOPOMPUSHISTORICUS
TERENTIUS FGrHist115 F 213: 29 n. 139
Adelph.388: 30 n. 142
476: 30 n. 142 TIMAEUS
558 ss.: 30 n. 142 FGrHist566 F 43: 83 n. 513

TERPANDER TIMOTHEUS
Fr. 4 Gostoli: 21 e n. 86 Fr. 791. 221 Page: 70 n. 417
5: 84 n. 521 791. 229 ss.: 39 s.

THEMISTIUS TRAGICA ADESPOTA


Or. 38: 39 n. 212 Fr. 361 Nauck: 17 n. 62

THEOCRITUS VARRO
Id. 4. 31 s.: 49 Fr. 47: 4 n. 21; 56 n. 316
5. 48: 85 n. 527
6. 20: 48 n. 275 VERGILIUS
7. 139: 85 n. 527 Ecl. 2. 12: 84 n. 518
8. 71: 48 n. 275 Georg.3. 338: 84 n. 518
16.44:72
22. 75: 68 n. 406 XENOPHON
An. 2. 6. 9: 67 n. 398
THEON SMYRNAEUS Cyn. 6. 20: 22 e n. 94; 23; 56 n. 314; 57 n.
in Plat. p. 57. 2 Hiller: 63 n. 369 325
81. 6 ss.: 75 e n. 454 Cyr. 6. 2. 31: 55 n. 310
81. 17 s.: 75 n. 454
48. 8 ss.: 75 n. 456 ZENODORUS GRAMMATICUS
71. 4: 77 n. 470 255. 22: 63 n. 371
GLOSSARIO

~: vd. s.v. krouo

ciyq,oucnç:vd. s.v. krouo

à&vcSç:
"fitto, denso", detto di suono o lamento, 65 n. 387

àEUim(= ~): "cantare", 63 n. 371, 83 n. 508, 84 n. 519, 86, 88, 89, 91, 92 nn.
564 e 567, 95 n. 586 'OKq&D: "accompagnare con il canto", 89
4uµa, -ro:"canto", 82 n. 503, 85
dolm'I 11:"canto", 32 n. 155, 40 n. 213, 44, 46, 49 e n. 278, 51 n. 292,
(= ci>ol\),
83 n. 514, 86 n. 533, 87 n. 537, 88, 90 n. 556, 91 n. 562, 92 e n. 567, 93, 94 n.
579, 98 n. 600
dvfq,66ç:"che canta in risposta", 93 n. 575

~. 11:lett."usignolo", 72, 95 n. 586, 98 n. 600; metaforicamente "aulo" o


"ancia dell'aulo", 5 n. 23, 81 n. 500

aloM,ç:"cangiante, variopinto", detto di suoni animali o strumentali, 72-73 e


n.433
alolim: "variegare, ornare di vari colori", 72 n. 433
al6bc,pa. -ro:"varietà di suoni", 74 n. 436

àq,(.paa, 11:"precisione" di un suono, 64 n. 376, 84 n. 518

mq,oc;:
"estremo", detto di suono o intervallo musicale, 69, 76 e n. 463

~: "fosco, opaco", detto di suono percepibile con poca chiarezza (opp.


a Àaµ1tp0çe àplçl\ì..ri),72 e n. 429

~: "irrazionale", detto di intervallo o sistema (opp. a pritoç},65 n. 382

cipaupoç: "oscuro", detto di suono percepibile con poca chiarezza (opp. a


ÀaµJtpOçe àplçl\ì..ri),72 e n. 428
128 LeparoledelleMuse

ÒJL+l-nnupitm:
"cinguettare", detto di uccello, 63

6p.m.pa(= àvrutE1.pa),11:"prima prova", una delle cinque sezioni del nomos


Pythikos(vd. s.v.), 49

òvalki,Uotuxl:"intonare un preludio strumentale al canto", 48-49 e nn. 275 e


281; talvolta anche "dare inizio" al canto, 48-49 e nn. 275 e 281

òvaPol11,
TI="preludio strumentale", 48 e n. 276; 49 n. 277

11:"movimento melodico per moto disgiunto ascendente" (opp. a


òvad.o1C1\,
1ea'trutÀ.01Cll),
32 n. 157

òv~oµm.: "intonare un preludio strumentale al canto", 48 e nn. 274 e


275

dvap8poç:"inarticolato", detto di suono, 93 n. 569

civ~ TI=vd. s.v. phone

òvltuu.:"sciogliere, allentare" detto di corde e, più estensivamente, di suoni;


di qui "produrre suoni d'intonazione grave" (opp. a tmu:ivro), 3, 13-21 e
nn. 46, 50, 57, 61, 62, 69 e 70
àvaµévoç: "allentato", detto di suono o scala di intonazione grave (opp.
a <ruv'tovoc;),17-21 e n. 64, 59; "fiacco", detto del suono prodotto dalla
voce umana, 15; "rilassato" in senso etico, detto di suoni o scale, 4, 18-21
dvecnç,TI="allentamento" della corda, causa di "gravità" del suono pro-
dotto (opp. ad Èm.'tamc;),13-21 e nn. 45 e 47, 26 n. 114, 50 nn. 283 e 287, 61
n.352

~: vd. s.v. phthongos

~: vd. s.v. aeido

cbax~: "vibrato", detto di canto particolarmente fiorito, 88 e nn. 542 e


543, 90 n. 556

àpauSç:"poroso", detto di intervallo o sistema composto da suoni rarefatti


64-65 e n. 382; in senso tattile detto di suoni sordi, che han-
(opp. a Jru1CV09,
no scarsa risonanza, 66; "raro", detto di moto dei suoni-corpi, 60 n. 350

àpaaam:"percuotere (se. le corde), suonare", 33 e n. 163


Glossario 129

àplt'I\ATI:
"risplendente, sonoro", detto di suono (opp. a cilaµ7t11çe àµaupoç),
72 en. 427

6ppovta:"accordatura, disposizione di intervalli" sulla lira, di qui più generi-


camente "scala", 2 e nn. 8 e 9, 3, 17 e nn. 62 e 64, 18 e n. 67, 19 e n. 74, 20, 22
e n. 95, 25 e n. 110, 32, 35 n. 180, 36 n. 187, 37 n. 196, 48 n. 272, 59 n. 342, 63
n. 370, 70, 76 nn. 460 e 461, 89 n. 551; "genere enarmonico", 3 n. 13, 24 n.
105; in ambito pitagorico ci.= "ottava", 2 n. 8, 23 n. 103, 54 n. 306; "armo-
nia" di strumenti, 22 n. 90, 32 n. 156; sinonimo di meloshermosmenon,60
àppovl.KTI (se. npayµatria): "scienza armonica", 1 e n. 3, 47 n. 267
àppovl.1e6ci:"armonico", detto di componente del gruppo degli armonici,
teorici musicali di formazione empirica, 1 e n. 2, 73 e n. 441

cipcnç,TI:"arsi", ossia "tempo in levare" (opp. a eémç), 42-43

dp-noç:"pari", detto di intervallo che si divide in parti uguali (opp. a Jtq>ta-


aoç), 65 n. 382

àaeev,\c;:"debole", detto di suono (opp. a iaxupoç), 61 e n. 356

àauvett-mç:"semplice", detto di intervallo o sistema (opp. a cruv8,itoç},65 n.


382

Cl'6A6ci:
"aulo", strumento a fiato ad ancia doppia, 35, 38 n. 199, 41, 79 n. 489,
85 n. 527, 86 n. 531, 87 e n. 537, 91 n. 562, 92
U'ÒÀém:"suonare l'aulo", 28 n. 133, 35 e n. 180, 37, 40 n. 213, 43, 60 n. 343,
87 n. 536, 95 n. 587 Dl'taUlm>:"far risuonare del suono dell'aulo", 28 n.
134; "accompagno con l'aulo", 29, 32 e n. 158 ,q,oaaulim: "suonare l'aulo
all'unisono con la voce", 44 e n. 237 vmulim: "accompagnare con l'au-
lo", 91 n. 562
aQ1lJ.L(l,to: "melodia per aulo", 86 e n. 534
a61T1fl\ç, ò: "auleta", 43 n. 232, 87 n. 536
a6l.T1-n1toç: "auletico", detto di genere o brano strumentale, 38 n. 201
m\1f1-q,lç, 1Ì:"suonatrice di aulo", 29 e n. 139, 30 e n. 140, 37 n. 193
~ TI:"aulodia", genere musicale che comprende canto e accompa-
gnamento auletico, 90 n. 555 a61q,&1eoç: "aulodico", detto di genere o
brano che comprende canto e accompagnamento auletico, 37, 38 n. 201
µmaul.1.1c6v, to: "interludio auletico", 40 n. 213
vmubcrJJ.6ci, o:"melodia auletica di accompagnamento", 91 n. 562
pdpfkwç.o,TI:"barbitos",strumento a corda della famiglia delle lire, 17 n. 62,
22, 27 n. 123, 72
130 LeparoledelleMuse

~: "grave", detto dell'intonazione di un suono o una scala (opp. a ~uç),


4, 13 n. 45, 14, 15 e n. 57, 18, 22, 23 n. %, 25 n. 112, 49 nn. 282 e 283, 55-57
e nn. 307, 312, 321 e 323, 61 n. 356, 63 nn. 369 e 375, 64 n. 381, 92 n. 567
papoppoµoç: "che risuona gravemente", 18 n. 67 ~: "che rumo-
reggia gravemente", 55 n. 312 ~ "tonante, rimbombante", 55 n.
312 ~: "che produce suoni d'intonazione grave", 55 n. 312
pap,m,~ ri: "gravità" musicale, 13, 62 n. 361, 65
~: "cantare ad una tonalità grave", 25
~ 11: "gravità di voce", 63 n. 373 ~: "dalla voce grave",
61 n. 355

JnifllPI.:onomatopea strumentale imitante il suono di una lira, 91; più esten-


sivamente "voce priva di senso", 89 n. 550

podm:"gridare", 15, 22, 55 n. 309, 58 civcxPodm: "levare un grido", 55


Po'I\,
TI="grido, suono", 22 1eaU.iP6aç:"armonioso, dal bel suono", 35
vd. s.v. meli1\&uPoaç:
pel.a.P6a,ç: vd. s.v. hedys

poµpém:"rimbombare, risuonare", 83 n. 514, 84 n. 519


~. ò: "aulo di registro grave", 31

pPéJ1m:
"rumoreggio", 5 e n. 24, 58 n. 331
~ ò: "rumore", 5 ~: "rumoreggiante come il mare", 5 n. 24
~: vd. s.v. barys

ytvoç,to: "genere" musicale, particolare disposizione di intervalli all'interno


del tetracordo, 3, 5 n. 25, 24 n. 105, 60, 65 n. 382, 70 n. 415
&cnovl.lCÒYo &.movov y.: "genere diatonico", andamento intervallare che
procede "per toni", vale a dire 1/2 tono, tono, tono (in senso ascenden-
te), 24 n. 105, 61 e n. 352, 70
lvapµ6vtovy.: "genere enarmonico", andamento intervallare che procede
per 1/4 di tono, 1/4 di tono, ditono, 11 n. 35, 12, 24 n. 105, 45 n. 244, 61
n. 352, 70 n. 420, 79 n. 483
y.: "genere cromatico", andamento intervallare che procede
Xf>Clll,L(ltt1CÒY
per 1/2 tono, 1/2 tono, un tono e 1/2, 24 n. 105, 69-70 e nn. 412 e 413, 79
nn. 483e484
Per altre tipologie di generi, dette "sfumature", vd. s.v. chroa

~ude;, ~uupoc;: "dolce, gradevole", detto di suoni vocali e strumentali, 79 e


n. 483, 84 e n. 516 ~une;: "tendente al dolce", 78 n. 473

~ TI:"imboccatura" in cui è inserita l'ancia dell'aulo, di qui "ancia", 81


n.500
Glossario 131

y6oç,ò: "lamento, gemito", 22, 55, 58 n. 330, 79 n. 490

8cirroAol.,
o\: "dattili", una delle cinque sezioni del nomos Pythilcos(vd. s.v.),
49

&6ypcq1pa.to: "diagramma", sussidio visivo utilizzato dalla scuola degli


armonici per indagare le distanze intervallari, 69, 73 n. 441

&&.11~ ri: "presa" di corde musicali, 3

&à macìw (se. :xop&i>v):lett. "attraverso tutte (se. le corde)", in senso tecnico
"intervallo di ottava", 20 n. 78, 25 n. 109, 44 n. 242, 75 n. 456

&à ~ (se. :xop&i>v): lett. "attraverso cinque (se. corde)", in senso tecnico
"intervallo di quinta", 14 n. 50, 49 nn. 282 e 283, 75 n. 456

&a,q,ucnoç:"che penetra profondamente", detto di suono musicale, 55 n. 309

~ to: lett. "intervallo tra due punti nello spazio", di qui "intervallo
musicale", 11 n. 35, 21, 23, 58, 69, 73-77 e nn. 442, 445, 453, 454, 456, 457,
458, 460 e 470, 81 n. 501
&.aanuum.KOC;: "diastematico" detto del genere diatonico, 61 n. 352 &a-
crnu.umrlt d.V1l(71.ç,
1Ì (opp. a crove:xri;K.): "movimento intervallico" pro-
prio del µoum1Còv ~ 46 n. 255, 74 e nn. 449 e 450

&àuac,cipcov(se. :xop&i>v):
lett. "attraverso quattro (se. corde)", in senso tecni-
co "intervallo di quarta", 14 n. 50, 49 nn. 282 e 283, 65, 75 n. 456

&.movoç:vd. s.v. teino

&mopoç: "penetrante, acuto", detto di suoni vocali e strumentali, 55 n. 309

~: "dissonante", detto di suono, intervallo o sistema (opp. a o,;µ~


vo9, 45, 65 n. 382

'l=lett. "passaggio", in senso tecnico "minimo intervallo" di un siste-


Bu!cnç.
ma, 11 e n. 35, 58, 64, 77 n. 467

&.' ~av: lett. "sistema che comprende le note acute", in senso tecnico
"intervallo di quinta", 23, 24 n. 103

~. ò: "canna", metonimicamente "aulo", 36 n. 188


132 LeparoledelleMuse

~ ti:"funzione" di una nota in un particolare sistema scalare, 12,59 n. 337


4dipwc;
(se. apµovia o µV..oç):"dorica", detto di armonia o melodia, 18

~. to: "forma, specie" di quarta, quinta e ottava, 5 n. 25, 25 n. 109, 69, 77 e


n. 468, 78 n. 473

!lacpoucnç,ti: vd. s.v. kroua

ò: vd. s.v. kroua


èaacpouaµoc;,

èd.~. ò: nota di volta ascendente in una melodia vocale, 50

kÀ.fl'l'U;, ti: vd. s.v. lepsis


!dmoc;: "sciolto, rilassato", detto di canto, 88 n. 543

àv&Scnµoç:
"che dà l'intonazione al canto, che fa da preludio", 32 n. 155 àvM-
cnµov,to: "intonazione, preludio strumentale al canto", 41 n. 223, 94 nn.
579 e580

Ma't6c;:vd. s.v. teina

dm>Voç:
vd. s.v. teina

~%.to: "contiguità" sonora, 76 e n. 464


em:tamç:
vd. s.v. teina

em:ret.vm:
vd. s.v. teina

-em.~. ò: vd. s.v. psalla

mtéttovoç:vd. s.v. teina

mt~oç: vd. s.v. phthongos

maxop6oc;: vd. s.v. chorde

~. ti: vd. s.v. phane


Glossario 133

~. ri:vd. s.v. phone

1\3uc;:
"dolce, piacevole", detto di suoni vocali e strumentali, 63 e n. 371, 79 e n.
489, 84 e nn. 516 e 518, 87 n. 537, 95 n. 583 ~: "dal dolce suono", 79
n. 484 ~: "dalla dolce parola", 78 nn. 474, 79 n. 484 ~: "dal
dolce canto", 79 n. 484 ~~: "dalla dolce voce", 79 n. 484 ~,'le;:
"dalla dolce melodia", 79 n. 484 ~: "dal dolce soffio", 79 n. 484

'irx}m:
"risuonare, echeggiare", 35 n. 185, 60 n. 346, 84 n. 518, 93 n. 572, 95 n. 583
Uff1XKO:
"riecheggiare, rispondere", 81, 93 e nn. 571 e 572, 94 e nn. 580 e 581
l'am:"risonante, sonora", detto di cicala, 65 n. 386, 95 n. 583
~. ri: "suono, canto", 13 n. 45, 84 n. 516
~: "risonante, echeggiante", 93 n. 575
iixtrnKoc;: "risonante, sonoro", 88, 93 n. 572
l'am,ri: "suono, rimbombo", 67 n. 398
otmç,..;:"tesi" o "tempo in battere" (opp. a àpcrti;), 42-43

~: onomatopea, imitazione della risonanza prodotta dalle corde


della lira, 5, 81, 91

Opiivo;,
ò: "canto funebre, lamentoso", 35 n. 181
Oprivém:"intonare un canto funebre, di dolore", 22, 34 n. 177
ò: "chi è piangente, lamentoso", 35
OpriVT\fflP,
OprivtymCoc;:"lamentoso, trenodico", 85 n. 527

8p6oc;,ò: "suono, rumore", 62 n. 359

8pu(A)Aoc;,
ò, Opu(A)À'lµa,
-ro: "trillo, fioritura musicale", 88 n. 541

\aµlk,t, oi.: "giambi", una delle cinque sezioni del nomosPythikos(vd. s.v.), 49

'laml: "in armonia ionica", 18, 35, 59

~. ri: "suono, clamore", 58 e n. 330, 72

\axvoc;:lett. "secco, sottile", detto di suono o voce "debole" (opp. a naxt'x;), 63


n. 373, 64 n. 377

verbo onomatopeico,
K<XKK~ll;o>: detto del verso di pernice, 83 n. 512

Kci).aµoc;,
ò: "canna", metonimico per "aulo", 35 n. 180
134 LeparoledelleMuse

Kmmc~ ò: "esortazione", una delle cinque sezioni del nomos Pythikos


(vd. s.v.), 49

Kmmcopr\c;:
"scuro, intenso", detto di suono o scala, 72 n. 428

KcmiA~ ti: vd. s.v. lépsis


ti: "movimento melodico per moto disgiunto discendente"
KcmmÀOIC1\ (opp.
ad civa1tÀoKT}),
32 n. 157

~ ò: "strepito, canto", più spesso di animali, 93 n. 575

K~, To: "corno" animale, utilizzato come strumento musicale in sé, ma


anche come attributo di altri strumenti (ad esempio per formare i bracci
della lira, o quale accessorio per un particolare tipo di aula detto ù..uµoç),
22 n. 90, 60 e n. 349

ti: "cetra", strumento a corda professionistico, i cui bracci sono il pro-


1C\8dpa,
lungamento della cassa armonica, 21 n. 88, 33 nn. 161, 163, 166 e 169, 35
n. 184, 49 n. 277, 81 n. 497, 85 n. 527, 90 n. 556, 94 n. 580
1CI.OapU;m: "suonare la cetra", 28 e n. 133, 29, 31, 55 n. 309, 59 n. 340
1d8apl.ç.ti: "arte di suonare la cetra", 31, 48 n. 271; talvolta sinonimo di
"cetra", 40
1C\86purµa,To: "brano musicale per cetra", 94 n. 579
IC\8ap\Cm.Koc;: "esperto nell'arte della cetra", 39 n. 213 1C\8ap\CJ'RK,\
(se.
TÉXVTI),ti: "arte di suonare la cetra", 87 n. 537
1C\8aptmp1.a, ti: "suonatrice di cetra", 30 e n. 140
1C\8apql&ta, ti: "canto accompagnato con la cetra", 51 n. 294, 90 n. 555
~ ò: "cantore che si accompagna con la cetra", 29 n. 135, 81 n. 499

1CM'l°"i
(se. rijç ~viic;), ti: "movimento" della voce in uno spazio metaforico,
distinto in 6t<XOTT1µ<XnKT} (vd. s.v.), 74; "moto" dei corpi il
(vd. s.v.) e ouvEKT}<;
cui urto dà origine al suono, 60 e n. 350; "movimento" in senso ritmico, 43

nwm: "mettere in movimento" (se. l'aria) al fine di produrre il suono, 58, 61


n. 356, 63 n. 372, 66, 68, 77; in senso ritmico, 42 n. 226

nv,t(m: verbo onomatopeico, detto del verso del tordo, 84 n. 515

lett. "cavo, profondo",


KOÌÀoc;: in riferimento al suono e alla voce, 68 n. 406

o:uso ripetuto di una stessa nota in una melodia strumentale (o,


KOJlffl,OJ,&oc;,
secondo altre interpretazioni, articolazione staccata di note ribattute), 96-
97 e nn. 589, 594 e 595
Glossario 135

to: unione di più teretismata,97 n. 597


1Cf)(ffllJla,

q,élcm:"far risuonare" uno strumento musicale, 27, 33, 35 e nn. 184 e 185, 93
"far risuonare" uno strumento in respon-
n. 575, 94, 95 n. 583 'ÒJl:oq,élcm:
sione, 91 n. 562, 94 e nn. 578, 580, 581

1CpOUCD:"percuotere, battere" le corde della lira con il plettro, più estensiva-


mente "suonare" qualsiasi strumento, 3, 11, 12, 23, 27, 28, 29 e n. 137, 32-
51 e nn. 161, 164, 169, 180, 184, 185, 189,203,213,219 e 223, 59 n. 340, 81
n. 501, 92 n. 567 1Cp0Uel.V ÙKÒ~ cf,&qv: "suonare un accompagnamento
strumentale subordinato al canto", 44-47 6:yicpoooµm(= àvmcpouoµai):
"intonare un preludio strumentale al canto", 48-49 e nn. 274, 275, 279 e
280 ba:1cpo,xD: "percuotere" le corde con il plettro, 27 n. 120 'ÒJl:o1CpOUCD:
"marcare il tempo", 42 n. 224
1Cp()Ùµa,to: "suono prodotto dalla percussione del plettro sulla corda",
più estensivamente "suono, motivo strumentale", 33-51 e nn. 164, 166,
168, 176, 177, 188, 194, 195,196,210,212,213,216,225,226, 232 e 282, 81
n. 501, 86 nn. 530 e 534, 90 n. 556 kv~: "dagli undici suoni",
40 e n. 216 çoofmtucoc;: "strumentale, che concerne l'accompagnamento
o l'esecuzione strumentale", 34 n. 176, 38 n. 199, 42 n. 2261CpOUJ.LCl'tU)V,to:
"piccolo motivo strumentale", 29 n. 137; nome di una auletris, 47 n. 268
ti: "scrittura strumentale" (opp. a µtloypa+ia), 51 e n.
1q)O'Ufl,(l'tO'pa+ia,
o: "compositore di kroumata", 47, 90 ,q>01CpOU1.1,C1,
292 1CpOUl.l,Cl'tOK01.oc;, to:
"preludio, introduzione strumentale", 49 n. 277
~ ti (o 1epountç1ov):"scabellum",strumento musicale a percussio-
ne, 41 n. 223, 89 n. 547
q,oucnl.'\JPTlç.o:"percussore, suonatore di lira", 43 n. 236
1CpOÙ01.ç.ti: "accompagnamento strumentale" (opp. a µiloç), 38, 42-51 e
nn. 229, 235, 236, 240, 245, 250, 253, 267 e 277, 91 n. 562, 92 n. 567; "colpo,
percussione", 42 n. 229 ciy1cpoucnç (= àvci1epo00lç),ti: "preludio strumen-
tale" (vd. s.v. nomos Pythikos), 48-49 e n. 276 k1q,oucnç. ti: "movimento
melodico strumentale dai suoni acuti ai suoni gravi" (opp. a 1tp01Cpo00lç),
12 n. 41, 49 e n. 283, 50 e n. 286, 96 ,q,6q,oucnç. ti: "movimento melodico
strumentale dai suoni gravi ai suoni acuti" (opp. a ènpoOOlç), 12 n. 41,
49 e n. 282, 50 e n. 286, 96 ~. ti: "percussione simultanea di
note", 12 n. 40, 32 n. 157
o:"esecuzione strumentale", 43 n. 235 ~ o:nota di
1CpC)\)CJJ16c;,
volta discendente in una melodia strumentale (opp. a n:po1epoooµoç), 50 e
nn. 284 e 287, % ,q,o~ o:nota di volta ascendente in una melodia
strumentale (opp. a ènpoooµoç), 50 n. 284
q,oucm~: "incisivo, che colpisce l'udito", 41 n. 223, 87 e n. 538
1Cp()UCJ10ç:"percosso", 41 n. 223
136 LeparoledelleMuse

lq)Cbtm:
"gracchiare, gracidare", detto di cornacchia, 64

ÙWJv, -ro: "interludio strumentale", 37 n. 195; "brano strumentale", 40 n. 213

ÀaÀ&o, AaAaya:o:
"emettere suoni inarticolati", di qui "frinire, cantare, suona-
re", 40 n. 213, 82 n. 503, 85 n. 527, 86 n. 531
ÀaÀUi, t'l:"loquacità, chiacchiera", 85 n. 527, 89 n. 552
e&aAoç:"loquace, ciarliera", detto di cicala, 82

~: lett. "splendente", detto di suono percepito chiaramente (opp. ad


<iµaupoç), 4, 16, 60 e n. 343, 66 e n. 390, 71 e nn. 425 e 426
~'I. t'l:"chiarezza di voce", 71 n. 426
Aiioc;:
"liscio, levigato", detto di un suono gradevole all'udito (opp. a -rpa-
xuç), 54, 59 n. 337, 66-68 e nn. 397, 398 e 401

~: lett. "simile ad un giglio", detto di voce, 84 e n. 517

Ae,noç:"esile, sottile", detto di voce, 49 n. 280, 54, 61 n. 356, 62 nn. 363, 365 e
367, 63-64 e nn. 369-372 e 374-376, 90, 93 ~: "tenue, sottile", detto
di voce, 63 n. 370 ~: "dalla voce sottile", 63 nn. 370 e 375
~ t'l:"sottigliezza" di voce, 62, 63 e nn. 373 e 375, 64 n. 376

Aevlcoc;:
"bianco, brillante", detto di suono o voce chiaramente percepibile, 4,
66 n. 395, 70 n. 413, 71-72 e n. 424

À~ t'l:lett. "presa" (se. delle corde), musicalmente "selezione" della tessitura


nella melopea, 50 n. 287 !xl.~ t'l:movimento melodico discendente nel-
1'ambito di una melodia vocale (opp. a 7tp0ÀT1'1'tç),
50 e n. 287, 961emaA~
t'l:"presa" di corde musicali, 3 ,rp&fl'fl'i,t'l:movimento melodico ascen-
50 e n. 286, 96
dente nell'ambito di una melodia vocale (opp. a ÈKÀT'IWtç),

A,yu;,
A,yupoc;:
"armonioso, melodioso", 48 n. 275, 63 n. 376, 65 n. 386, 84, 93,
98 n. 600 A,yu+eoyyoc;:
"dalla voce armoniosa", 95 n. 583

bxuvoc;
(se. xopotj), t'l:corda/nota percossa con il "dito indice", 11-12, 45 e nn.
244 e 248, 59 n. 339, 70 e n. 420, 79 n. 483

Au&ml: "in armonia lidia", 18, 59 n. 342 cnJYflJYMOO\Cffl:


"in armonia lidia
acuta" (lett. "tesa"), 17, 59 n. 342

Aupa,
ri: "lira", strumento a corda non professionistico alla base dell'educa-
Glossario 137

zione musicale antica, 5 n. 24, 17 n. 62, 22 n. 90, 27 n. 127, 28 n. 131, 39 n.


213, 44 n. 241, 87 n. 537
o:"poeta lirico", 39
l.up1.xoç,

~ (se. µu.oç): "melodia verbale" (opp. a µoooucòv µiloç), 74

~ o:'1oto", metonimico per "aulo", 5 n. 24

~ 11:"magadis",tipo di arpa, più spesso appellativo di strumento che


suona in responsione all'ottava acuta, 26 e n. 117, 27 e n. 124
µayulKtco:"suonare/cantare all'ottava", 26 n. 117, 44 n. 242

~ "molle", detto di suono, scala e melodia (opp. a <TICÀ.T\pé>ç),usato in


senso pratico come sinonimo di àvaµivoç o con il valore di "debole, flebi-
le", in senso etico con valenza di "molle, languido", 4, 14, 16, 17, 18 e n. 65,
32, 54, 59-62 e nn. 337, 341-343, 345,346,352,353,355 e 362, 80; con valore
tecnico, in riferimento ai generi diatonico e cromatico, vd. s.v. chroa
~ 11: "mollezza", 62 n. 361

µav6t;:"poroso, non compatto", detto di suono poco risonante, 65 n. 388, 66


µavcm'I~11:"inconsistenza, poca compattezza" che si traduce in scarsa
risonanza dei suoni (opp. a Jru1CV6t11ç},65-66 e n. 394; con il senso di
"rarità", 65

µ.éya.c;:
"grande", detto di suono "forte, intenso" (opp. a µucpoç), 4, 22, 53, 54,
56 n. 319, 57- 58 e nn. 325-327 e 329-331, 63 n. 375
~ 11: "potenza di voce", 15 n. 57, 23 n. 96, 58
péye8oç,T6: "grandezza" musicale, 23, 54 n. 306, 57 n. 325, 58 n. 328, 65 n.
382, 76 e n. 459

~ lett. "nero", detto di suono poco chiaro dal punto di vista percettivo
(opp. a ÀE\>x:oç),
4, 66 n. 395, 71-72 e n. 424

µéla.,T6: "miele", detto di parola o canto, 78-79 e nn. 474 e 482 p.d1P6a,ç:"dal
dolce canto", 79 n. 481 µeliyliouKOç: "dal dolce suono", 79 n. 480 µeli'Y'l-
puç: "dal dolce suono, che risuona dolcemente", 79 n. 478 µeli~:
"che risuona dolcemente", 79 n. 480 ~: "dal suono, dalla voce

~•=
di miele", 79 n. 480 ~: "dolce come miele", 79 n. 480
"cospargo di miele", detto del canto dell'upupa, 79 n. 478

o:indica l'uso ripetuto di una stessa nota in una melodia vocale,


l,ldtGtJ,OC;.
96-97 e nn. 589 e 595
138 Le paroledelleMuse

~ t6: "canto, melodia", vocale ma anche strumentale, 2 n. 9, 18, 22 n. 91, 32,


39, 42 e n. 225, 44 n. 241, 45 nn. 244 e 250, 46 n. 259, 48 nn. 270 e 272, 49 nn.
280 e 282, 50 e nn. 283-284e ~287, 59, 70 e n. 416, 73 e n. 438, 74, 81 n.
499, 92 nn. 564 e 567, 95 n. 583, 98 n. 600;opposto a lCpO'OOlç, 42 n. 226, 45-46
l,U!ÀC>'Ypa+la,ti: "notazione vocale" (opp. a icpouµatoypa+ia) o, secondo
altre interpretazioni, "poesia lirica", 51 e n. 294
l,U?ÀOKO\ta.ti: "composizione di poesia lirica" cioé di canto e musica, 48,
51 n. 294 l,U?ÀOK0\6c;:"compositore di melé", 39 n. 212, 48
~rie;: "amante delle melodie", 42 n. 226

vd. s.v. aulos


JWJ(l\)Àlx:6c;:

(se. xoj)Ml), 11:corda/nota "di mezzo", 11, 12, 14 n. 50, 20 e n. 78, 23 n.


µ.éaTi
100, 45 nn. 244 e 247, 71 n. 420

µ.etapol1\,it: "modulazione", 42 n. 225, 70 n. 416

µétpov,t6: "metro, misura", di qui "metro" poetico, 11 n. 35, 40, 77 n. 467

"piccolo", detto di suono "debole, di scarsa intensità" (opp. a µtyaç),


µ1.1cp6c;:
4, 22, 54, 57-58 e nn. 325 e 326, 63 nn. 370 e 375
µtq,o+covla,ti: "debolezza di voce", 15 n. 57, 23 n. 96, 58

~olu&oç (se. apµovia): "armonia, scala misolidia", 37 n. 196

~o+pvyloç (se. apµovia): "armonia, scala misofrigia", 37 n. 196

µoucn1C1\ ti: lett. "arte delle Muse", più in generale "musica", 38 n.


(se. fÉXv11),
199, 39 n. 213, 59, 70 n. 416, 87 n. 537, 88 n. 544, 93 n. 576; con il senso di
"melodia, scala", 24
µoucnx:6c;: "musicale", detto di suono o strumento, 28 nn. 129 e 130, 83 n.
508, 84, 89 n. 551, 93 µoucnlCÒY µàoç, "melodia vocale" (opp. a ÒP"favticòv
µil.oc;),50 e nn. 286 e 287, 92 n. 567; "melodia musicale" (opp. a ì..oyro&ç
µil.oc;), 74 µoucnx6c;, ò: "musicista, poeta lirico", 48 n. 270; "teorico musi-
cale", 20 n. 78 µoucn.:m;: "in modo musicale", 17 n. 62, 32, 83 n. 508

~ vaùAa.ti: strumento fenicio, 28 e n. 129


V1\fll(se. xop61\),ti: l' "ultima" corda/nota(= d'intonazione più acuta),
ve.cmt,
11, 20, 45 e nn. 244 e 246-248, 92 e n. 566, 93

vlyAapoç,ò: "fioritura, suono musicale elaborato", 34 nn. 176 e 177, 35 n. 178,


86 n. 534
Glossario 139

viyAapeum:"vibrare, eseguire" suoni musicali elaborati, 34 e n. 176

vq.a.oç:
"nomos",melodia tradizionale, vocale o strumentale, 25 n. 113, 35 n.
182, 72 e n. 435 v. nueuroc;,
brano strumentale auletico (poi anche citaristi-
co) che racconta la lotta di Apollo con il serpente Pitone, composto da
dyq,oucni; ("preludio"), ~pa ("prima prova"), 1:a-mal.euc,µ.oç (lett.
"esortazione", indica la vera e propria lotta),~ e &irrolm. ("giambi e
dattili", con riferimento all'andamento ritmico della sezione), aupLTIEç
("sibili", probabile imitazione dei sibili di morte del serpente), 49 e n. 279

~ ò: "massa" sonora, 64 e n. 379 6ylcov~v: "prendere volume",


detto di suono, 64

~ (se. toù µilouç), ò: "cammino, percorso" melodico, 73 n. 438

oçuc;:
"acuto" detto dell'intonazione di un suono o una scala (opp. a fxxpui;),
4, 13 e n. 45, 14, 15 e n. 57, 18, 22, 23 n. 96, 25 n. 112, 49 nn. 282 e 283, 50 e
nn. 283-284 e 286-287, 53, 55-57 e nn. 307, 309, 313, 319, 321 e 323, 61 n.
356, 62 nn. 361,365 e 366, 63 nn. 369 e 372, 92 n. 567
0ç'Ofllt;.ti: "acutezza" musicale, 13, 62 n. 361, 64 n. 376, 65
oç,nowm: "cantare ad una tonalità acuta", 25 ~: "dal tono acuto",
22
oç~: "dalla voce acuta", 27, 56 n. 314, 61 n. 355, 62, 63 n. 375
6pyavov,to: "strumento" musicale, 14 n. 51, 28 e nn. 129 e 130, 40 n. 213, 41
n.223
òpycxvucoi;:"strumentale", detto di melodia (opp. a µ0001.1còvµiloç), 49 n.
282, 50 e nn. 283 e 284, 92 n. 567; detto di +rov11
(opp. ad àv8prom.1Cl\),
23

~ ò: "confine", di intervallo o scala, 20, 69, 75, 76 e nn. 460 e 462


~m: "delimitare, segnare con un confine" un intervallo o una scala, 76
nn. 460 e462

òpxé.oµal:"danzare", 91
~. ti: "danzatrice", 29

mpooca~. ti: "parakatalogé", tecnica performativa


(tipica della poesia
giambica) che consiste in una recitazione con accompagnamento stru-
mentale, 41 n. 221, 46 e n. 256

xopo11),ti: "accanto alla (corda/nota)


,a:q:,a,JlaJ11(se. di mezzo", 11 e n. 37, 23
n. 100, 45 e nn. 244 e 248
140 Le paroledelleMuse

~ (se. xot)ml), ti: "accanto all'ultima (corda/nota)", 11, 45 e nn. 244,


246e248

mpu'J(Cffll(se. xot)ml),lÌ= "accanto alla (corda/nota) più alta", 11, 45 e n. 244

~ "pingue, spesso", detto di suono di ampio volume (opp. a A.Eff'toç),


54,
60, 63-64 e nn. 377, 379 e 381
~ TI="pinguedine, spessore", detto di corde musicali, 63 e n. 369;
detto di pneuma,63 n. 373; detto di suono, 64 n. 378

dpaç, to: "limite" del luogo entro cui le note mobili possono muoversi, 69,
76en. 465

~ "ricercato, elaborato" detto di suono, 34 n. 176, 88 e n. 544


m::eplepyov,to: "semplicità" musicale, 88 n. 544

~: "dispari", detto di intervallo che non si divide in parti uguali (opp.


ad àpnoç), 65 n. 382

KT1rnç,
lÌ=lett. "strumento ben connesso", più spesso tipo di arpa, 6, 26 e nn.
117 e 118, 27 e nn. 123, 124 e 127, 31 n. 154, 56 n. 314

a~: "pungente, penetrante", detto di suono, 53, 55 e n. 309

,a.,d,tm:
riproduzione mimetica del verso degli uccelli, 84 n. 515

u:fiaam: "percuoto, colpisco" la corda di uno strumento, 12, 36 n. 191, 40 n.


213, 58 n. 328
d.,n,\, ti: "percussione" dei corpi sull'aria al fine di produrre il suono, 13
e n. 43, 36, 65
d.iirq,ov, to: lett. "ciò con cui si colpisce", musicalmente "plettro", 12 e
n. 42, 27 n. 120, 28 e n. 134, 29 n. 137, 33 n. 161, 90, 92 n. 567

1EWÙµa,to, KYeq.UDV, ò: "soffio, respiro", detto di voce umana o strumento a


fiato, 16 e nn. 59 e 60, 20, 22 e n. 91, 36, 56 n. 319, 58, 60, 62 e n. 361, 63,
64, 65 e n. 386, 66 n. 390
~: lett. "in cui si soffia", detto di strumenti musicali, 20, 40 n.
213

1f01.1Cllia.
i\: lett. "varietà" di colore, poi musicale, 40 n. 216, 44 n. 241, 70; in
senso ritmico, 39 n. 211, 42 n. 226
ml~ to: "varietà" ritmica, 44 n. 241
Glossario 141

"variopinto, multiforme", musicalmente elaborato, 70 n. 417, 72


1'01.ltU.oç:
n. 433; in senso ritmico, 42 n. 226
1'01.ldU.cD:"adornare, decorare", 72 n. 433

mA~r,oç vd. s.v. phthongos

vd. s.v. chorde


mAuxop&u:

vd. s.v. chorde


mAuxop&>ç:

~ t6: vd. s.v. psallo

~ li: vd. s.v. krouo


ò: vd. s.v. krouo
,q,o1Cp0\)(Jpoç,

~1l~ 1Ì=vd. s.v. lepsis

Kp6c,xop&ç:vd. s.v. chorde

~: "denso", detto di suono risonante (opp. ad à.pmoc;e µavoç), 54, 60, 62


e n. 365, 64-66 e nn. 376, 379, 390 e 393, 71 n. 426; "frequente", detto di
moto dei suoni-corpi, 60 n. 350, 65-66 e nn. 386 e 388; "denso", detto di
intervallo o sistema composto da suoni serrati, 65 n. 382, 77 K'UICYOY, t6:
"pycnon", lett. "compressione" dei suoni ottenuta qualora la somma dei
due intervalli più gravi di un tetracordo non superi l'ampiezza del terzo
intervallo, 61 n. 354, 65
n1CY6fltç,1i:"consistenza, densità", con conseguente "risonanza" del
suono (opp. a µav6TI1c;), 62, 65-66 e n. 394; "frequenza" degli impatti tra i
suoni corpi, 65-66, 84 n. 518
m1U1NICY6m:"condensare" i suoni sul diagramma, 73 n. 441 ~0>-
cnç,fl: "compressione" dei suoni sul diagramma, 65, 77

~. ~: "rompere, spezzare" la voce, 62 n. 359; "emettere" una


voce o una melodia, 22 n. 90

p11't6c;:
"razionale", detto di intervallo o sistema (opp. a w.oyoc;),65 n. 382

~ o:"rhombos",strumento musicale a percussione, 31 e n. 153

~ o:"ritmo",32, 40 e n. 216, 42 n. 225, 43 n. 232, 44 n. 241, 48 n. 272


~: "con buon ritmo, in modo aggraziato", 42 n. 226
142 Le paroledelleMuse

pu8Jll.K6ç:
"ritmico", 42 n. 226 pu8Jll.K1\
(se. xp<ryµattia), 11:"scienza ritmi-
ca", 47 n. 267

a~: "spezzato, rotto", detto di voce, 67 n. 396

11:"tromba", 16, 22, 42 n. 225, 55 n. 309, 60, 85 n. 527


ac~.,a:y~.

a~. 11:"sambuca", tipo di arpa, 27 n. 127

CJIQV~ ò: strumento a corda citato da Ateneo (vd. 183a), più estensiva-


mente "voce priva di senso", 89 n. 550

ad11p6c;:"duro", detto di suono che colpisce l'udito con violenza (opp. a


µw.a1Coç),16, 54, 59-62 e nn. 337, 343,355,359,361,362 e 368
ad11pcma~11: "durezza" del suono (opp. a µw.a1C<>'t119,
62 n. 361

c:roµ+6c;:
"spugnoso, poroso", detto di suono che risuona in modo sordo, 66 e
n.395

crq,6pt.Aoc;,
ò: lett. "ciò che ruota", ipotetico meccanismo ligneo a forma di
trottola inserito tra le corde della lira ai fini di modificarne l'intonazione;
metaforicamente "ciclone, turbinio" musicale, 40 n. 216

11:"complesso di note", 31 n. 154


c:rorxopliux,

auu.ap,\, 11:lett. "presa insieme", in senso tecnico "intervallo di quarta", 23,


24n.103

~ 11:"consonanza" (opp. a Ol~via), 23, 24 n. 103, 41, 44 n. 242, 94 n.


581
~: "essere in consonanza", 22, 94 n. 580
~oç (opp. a Ol~voç), "consonante", detto di suono, intervallo o
sistema, 16 n. 58, 65 n. 382 ~mc;: "in modo consonante", 45

11:"concerto
O'UVCXUÀia, di più strumenti" anche diversi tra loro, 73

~ "continuo", detto di suoni i cui luoghi di movimento non possono es-


sere distinti, 71 nn. 422 e 425; cru\1€XÈç
rivrimç (opp. a &aa'tTlµ«'tllCTIIC.):"mo-
vimento continuo" proprio del À.OyCOOEç µu.oç(vd. s.v.),46 n. 255, 74 e n. 450
CJW8Tttoç:"composto", detto di intervallo o sistema (opp. ad àcruv811.oç),65
n.382
Glossario 143

~: vd. s.v. teino

aùpl~. fl: "syrinx, flauto di Pan", 5 n. 24, 6 n. 27, 72, 84 crop1.neç, ai: "sibili",
una delle cinque sezioni del nomosPythikos(vd. s.v.), 49
aupiffCD (att. per crupiçro):"fischiare, sibilare", detto anche del verso della
donnola, 83 n. 512
o,~:yµa, to: "fischio, sibilo", ma anche "suono dell' aulo", 86 n. 534

cruc:rnu,ux,
to: lett. "sistema, aggregazione di intervalli", quindi "scala", 3, 24,
25 n. 110, 65 n. 382, 69, 76 e nn. 461 e 462, 81 n. 501

c:rxflux,
to: "forma, specie" di quarta, quinta e ottava, 69, 77 e n. 468; "figura"
melodica, 96

~ ,;: "ordine" dei suoni nell'ambito della scala musicale, 73 n. 441, 76 n.


461

~ ll=vd. s.v. teino


~: "veloce", detto del movimento dei suoni-corpi (opp. a ppa.ouç),57 n.
321
'UIX"ffll~
fl: "velocità" di movimento dei suoni, causa di acutezza d'into-
nazione, 56 n. 319, 62 n. 361

mvm: "tendere" una corda musicale, 3, 11, 15 n. 56, 16 n. 60, 21, 22 n. 90 àm-
mvm: "prolungare" il suono, 15 n. 56 mmvm: "tendere", detto di corde
e, più estensivamente, di suoni musicali, di qui"produrre suoni d'into-
nazione acuta" (opp. ad àvi.Ttµt),3, 13-21 e nn. 50, 52, 59, 62, 69 e 70
~: lett. "tensione" (se. di una corda) che passa ad indicare l'intonazio-
ne di un suono o una scala, 3, 13 n. 43, 17 n. 62, 21, 23 e n. 97, 25-26 e nn.
113 e 114, 62 n. 365, 73, 75 ~: "prolungamento" del suono, 15 n. 56
bi:m.cn~"tensione" della corda, causa di "acutezza" del suono prodotto
(opp. ad civEcnç),13-21 e nn. 45 e 47, 26 n. 114, 49 n. 282, 50 n. 286
t6voç ò: "prodotto della tensione di una corda (o della voce)", di qui
"intonazione" di un suono, più spesso detto di voce, 11, 17 n. 62, 19 n.
69, 21-26 e nn. 83, 96, 99 e 106, 41, 58; "accento musicale", 25, 56 n. 314;
"intervallo di un tono", 23-24; "ambito sonoro, tonalità", 24-25 e nn. 107,
109 e 111 &atovoc;:"che procede per toni, diatonico", detto di µO'\)(J\1CJl o
µiloç, 24 e n. 105 (vd. s.v. genos)bncm,voç:"eptatonico, a sette note", 21-
22 E6tovoc;:"ben teso", 22 n. 91, 62 e n. 366 oµorovoc;:"che ha lo stesso
accento, uniforme, 25 n. 112 ~uwvoc; e i,çlm,wm: vd. s.v. oxys ~:
"teso", detto di suono o scala di intonazione acuta (opp. ad àvaµivoç),
144 Le paroledelleMuse

16 n. 60, 17-19 e n. 64, 59, 70; "intenso, vigoroso", detto di pneuma,16, 71


n. 426; "che si intona a", 16 n. 5810VUXÌoc;: "tonico", detto del genere cro-
matico, 69 n. 412 'ÙdpfOVOç: "oltremodo teso, altisonante", 22
'W\'1\,
,;:"prolungamento" del suono, 15 n. 56
~: "teso", detto di strumenti con riferimento ai cordofoni, 14 n. 51,
40 n. 213
xop&n:ovov,to: vd. s.v. chorde

~m: riproduzione mimetica del verso della cicala che, musicalmente,


passa ad indicare un'esecuzione particolarmente ornata e indistinta dal
punto di vista percettivo, 5, 34 e n. 176, 35 n. 178, 81-97 e nn. 501-503,
505,508,515,527-529,531,534,535,540,541,549,550,553,556,561,564,
567,577,583,586 e 588 ~m: "accompagnare l'esecuzione fischiet-
tando", 91-92 ~m: "riecheggiare, suonare in responsione", 94 e
nn. 580 e 581
upéQaµa, to: "verso della cicala", musicalmente "suono elaborato" (più
spesso prodotto da aulo e voce umana, ma poi esteso anche agli strumen-
ti a corda), 34 nn. 176 e 177, 81, 82 n. 503, 85 n. 527, 86 e nn. 529 e 534, 88 e
nn. 543 e 545, 89 e n. 550, 90 e nn. 554 e 556, 91 n. 557, 93 e n. 572
-repe-a.c,µ6ç,
ò: "riecheggio" tra due linee melodiche, una vocale l'altra
strumentale, 81 e n. 502, 87 n. 537, 92 e n. 567, 94; figura melodica data
dall'unione di kompismose melismos,96-97 e nn. 589,591 e 595; sinonimo
di aulemata,85 n. 529, 86 n. 534; in riferimento alle cicale, 92 n. 567
~,;:"canterina", detto di cicala, 82 e n. 506

~: "dai quattro suoni", 21

ieq,axop&,v,to: "tetracordo", unità scalare composta da quattro suoni che


copre un ambito di quarta, 92 n. 567

~: onomatopea musicale che imita il suono della cetra, 81 e n. 499, 91

t6voç.ò: vd. s.v. teino

16mç (se. tiiç~ç), ò: "spazio, ambito" sonoro in cui si muove la voce, 4,


21, 24, 69, 73, 74 e nn. 445 e 450, 76 n. 465

~: onomatopea musicale che imita del suono della cetra o lira, 5,


81, 91

~ "aspro, ruvido", detto di suono o voce sgradevole all'udito (opp. a


À.Éioç),54, 59 n. 337, 61, 66-68 e nn. 396,398,400 e 401
Glossario 145

~ ,;: "asprezza" di suono o voce, 67 e n. 397, 68


~,;:"asprezza di voce", 67 ~: "che ha voce aspra",
67 n. 398
"rendere aspro" un suono, 67 n. 400
'q)Cl'X'UYCD:

-q,lyo,voç:"triangolare", detto della forma del salterio, 28 e n. 130 -rpl-ymvov,


't'O,
-q,lyawoc;, o:"trigono", tipo di arpa a forma triangolare, 28 e n. 130, 31 n.
154.

-ipita,:"stridere", detto del verso di pernice, donnola o pippistrello, 83 n. 512


~a,:"risuonare stridendo, rispondere", detto di corda musicale, 90 e
n.556,93
o:"stridio", 83 n. 512
tpa.'Y)l,6ç,

'tplfll (se. xopm\), ,;: la "terza" corda/nota a partire dal basso, 11 e n. 37, 45 e
nn. 243, 244 e 248

'qJ\XCD&ri:
"sottile come un capello" detto di suono, 62 n. 363, 63 n. 373

o:"inno, canto", 27, 33 nn. 163 e 166, 79 n. 481, 81 n. 499


f41.voç,
i>tLvm:
"cantare un inno", 72

ÙJaml (se. xopotj), ,;: lett. corda/nota "più alta" (= d'intonazione più grave),
11, 12, 20, 45 n. 244, 51 n. 291, 59 n. 340, 90, 92 e nn. 566 e 567, 93

~ov. 't'O:"imboccatura dell'aulo", 36 n. 191

~: "emettere suono o voce, parlare", 13, 15, 57 n. 325, 63 nn. 372 e


375, 64 n. 377, 66 n. 395
~ 't'O:"voce, suono" di strumento musicale, 44 n. 241, 46 n. 259
+e{,yyoç,o:"suono, nota", 13 n. 45, 15 e n. 56, 17 n. 62, 20 n. 78, 21, 39 n. 213,
44 n. 241, 49 n. 282, 50 nn. 283, 284 e 286, 55 n. 312, 57 n. 321, 58, 59, 62 n.
365, 67 n. 401, 75 n. 456, 76 n. 463, 77 ~ "antifonale, che rispon-
de", 27 nn. 123 e 124 ~ vd. s.v. barysb:Eat8or,oç "a sette suoni",
21 n. 88b~ vd. s.v. ligys111DA~noç "dai molti suoni", 19 n. 69

+appaci,11:"phorbeia", museruola di cuoio usata dagli auleti professionisti


per agevolare l'insufflazione, 29

+opf.u.~11:"phorminx'', strumento a corda della famiglia delle lire, 2 n. 7, 21,


22 n. 90, 36 n. 188, 84

~ (se. apµovia o JlV..09:


"frigio", detto di armonia o melodia, 18, 37 n. 1%
146 Le paroledelleMuse

+o,v,\,,;: "suono, voce" umana (àv8pc.o1tuctj) o strumentale (òpyavuctj), 4, 15 e


nn. 55 e 56, 16 n. 57, 21, 22, 23 e nn. 96 e 99, 24, 25, 26 n. 114, 42 n. 229, 43
n. 232, 55 n. 309, 56 nn. 314 e 319, 57 e nn. 321 e 325, 58 e n. 326, 59 nn.
337 e 341, 60, 61 n. 356, 62 e nn. 359, 361, 362 e 367, 63 e nn. 369, 370, 372
e 375, 64 n. 381, 67 e nn. 398 e 401, 69, 71 nn. 424-426, 72 nn. 427 e 429, 73,
74 e nn. 445 e 450, 76, 79 n. 489, 84 e n. 515, 98 n. 599
àv~ ,;: "introduzione vocale" (opp. a Kpoixnç),49 n. 277
~. ,;: vd. s.v. barys
~oç: "a sette suoni" detto di cetra, 33 n. 161
~a.,;: lett. "diversità di voce", termine con cui si intende un
accompagnamento strumentale che utilizza intervalli anche dissonanti
rispetto alla linea del canto, 39 n. 211, 44 n. 241, 45, 47 e n. 265
e6+cavla,,;: "armonia di voce", 84 n. 516, 89
~11, ii: vd. s.v. lampros
~-utmvoç:vd. s.v. oxys
~ ,;: vd. s.v. megas
xahz6+covoç:"dalla voce di bronzo", 62 n. 368

xalap6c;:"molle, languido" in senso etico, detto di scala o, più genericamen-


te, musica, 4, 17, 18 n. 65, 59, 61
xcwxm: "rilassare", detto dell'anima in qualità di armonia, 19

vd. s.v. phone


XaÀuo+mvoç:

xaùvoç: "poroso, a grana non compatta", detto di suono scarsamente riso-


nante, 66 e n. 393

xél.~ ,;: "chelys",lett. "tartaruga", strumento a corda della famiglia delle lire
la cui cassa armonica è costituita da un carapace di tartaruga, 11, 22

xOf>&l,
,;:lett. "corda" musicale, più estensivamente "nota, suono", 11, 13, 16 n.
60, 17 n. 62, 20 n. 78, 23, 27 n. 121, 28 n. 134, 29 n. 137, 35 n. 185, 40 n. 218, 41,
42 n. 224, 44 n. 241, 45 n. 250, 62 e n. 363, 63 n. 369, 64, 68, 92 n. 567
1t0Auxopooç: "con molte corde/note", 19 n. 69, 35 n. 183, 72
,q,oaxop&,ç:"che risuona all'unisono", 44 nn. 237 e 241, 46 e n. 259
xop&novoç:"dalle corde tese", 22 n. 90

xopoç,
ò: "coro, danza corale", 41 n. 223, 43 e n. 234, 91 n. 559, 93

~0>: "nitrire", detto del verso di cavallo, 84 n. 515

x,,6a, ,;: lett. "sfumatura di colore", detto di variazioni dei generi diatonico e
cromatico, 4, 59, 61 n. 352, 69 n. 412, 70
Glossario 147

y. &.arovl1CÒY µ.aAoorov:"genere diatonico molle", variazione del diatonico


il cui andamento intervallare (in senso ascendente) è 1/2 tono, 3/4 di
tono, 5 / 4 di tono, 59 n. 339
,ju.ohov: "genere cromatico emiolio", variazione del cro-
y. x,,cnµa11.1c:òv
matico che procede per 3/8 di tono, 3/8 di tono, 7 /4 di tono, 69 n. 412
y. x,,cnµa11.1CÒYµ.aAoorov:"genere cromatico molle", variazione del croma-
tico che procede per 1/3 di tono, 1/3 di tono, 11/6 di tono, 11 n. 35, 14,
69 n. 412

xi,cq,ux,'tO: lett. "colore", variazione musicale, in senso tecnico "genere cro-


matico", 4, 69, 70 e nn. 415 e 416, 71 n. 422
x,,cnµa11.1COV: "cromatico", vd. s.v. genos

xdipa,ri: "luogo, spazio" dei suoni, 69, 73 n. 444

~: "pizzicare" le corde di uno strumento con le dita, 3, 12, 19, 26-30 e


nn. 116, 121, 128, 130 e 131, 33, 86; nella liturgia cristiana "cantare inni al
Signore", 30-32 m~: "pizzicare" le corde dello strumento, 28, 40 n.
213; "accompagnare su strumento a corda pizzicato", 32 e nn. 158 e 159
~: "far risuonare del suono della lira", 28 n. 134, 29 Ùlto'l'(i.Um:
"cantare in risposta", 93
~. 'tO: "tocchi, pizzichi" preliminari sullo strumento, 93 n.
569
~ ò: "pizzicamento, vibrazione" della corda, quindi "suono", 27 e nn.
123, 124 e 126, 31 nn. 150 e 151, 32 e nn. 155 e 156, 86 e n. 530, 90 n. 554;
"canto accompagnato", di qui "canto sacro" nella liturgia cristiana, 31-32 e
n. 149 m~ "accompagnamento pizzicato", 12 n. 40, 32 e n. 157
~:np.ov, 'tO:"strumento a pizzico", più spesso "arpa", 27-28 e nn. 127-
130; nella liturgia cristiana "salterio, raccolta di salmi", 31
'l'(IÀfllç, ò: "suonatore di strumento a corda pizzicato", più genericamen-
te "musicista", 29 e n. 135, 40 n. 213
'l'(XA11.~: "pizzicato" con le dita, detto di strumento a corda, 28
ri: "suonatrice di strumento a corde pizzicate, arpista", 29-30 e
'l'(IÀ'tf)I.CX.
nn. 138-140 e 142, 32 n. 155 xopo'lfCIÀ'tf)I.CX. ri: "suonatrice di cetra pizzicata
che accompagna il coro", 30

lpleupltm:"garrire", detto del verso di rondini, 95 n. 586

~ ò: "rumore, suono", 13 n. 43, 33 n. 169, 62 n. 362, 64 n. 377, 65, 66 n.


393, 67 nn. 398 e 400

q,&,\,ri:vd. s.v. aeido

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