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QUADERNI - 5
Eleonora Rocconi
Edizioni Quasar
SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA
QUADERNI
QUADERNI DEI SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA
Collana diretta da
Maria Grazia Bonanno, Roberto Pretagostini, Luigi Enrico Rossi
Edizioni Quasar
Roma2003
Questo volume è pubblicato con il contributo della
Fondazione Walter Stauffer - Cremona
© Roma 2003, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl, via Ajaccio 43,
1-00198 Roma, tel. (39)0684241993, fax (39)0685833591
ISBN 88-7140-245-6
Finito di stampare nel mese di dicembre 2003 presso il Centro Poligrafico Romano srl, Bagni di livoli (Rm)
SOMMARIO
VII Ringraziamenti
1 Introduzione
11 1. La lingua degli strumenti: il lessico tecnico dei cordofoni
13 a. Il lessico della tensionee dell'allentamento:Èmtrivro/àvi.1')µ1
21 b. Il suono come risultatodella tensione: tovoç e tcimç
26 c. Il pizzicamentodelle corde con le dita: 'ljlailro e i suoi derivati
32 d. La percussionedelle corde con il plettro: il campo semantico di
KpoOO>
53 2. Percezione acustica e descrizione metaforicadel suono presso i
Greci
54 a. Termini della sfera tattile
69 b. Termini della sfera visiva
77 c. Termini della sfera gustativa
79 d. Termini della sfera olfattiva
81 3. Suoni animali e suoni musicali: gli epiteti onomatopeicie la forma-
zione del lessico tecnico
81 Le cicale e la pratica dell' i>1t11xriv
99 Bibliografia
109 Indice dei luoghi citati
127 Glossario
L'interesse per la musica greca antica, punto di incontro tra la mia espe-
rienza formativa musicale e classica, risale agli anni dell'Università frequen-
tata ad Urbino, e ha poi trovato il suo completamento nel soggiorno di stu-
dio trascorso in Inghilterra presso l'Università di Birmingham e nell'incarico
ricevuto nell'a.a. 1999-2000 presso la Facoltà di Musicologia di Cremona
(Università di Pavia), dove attualmente ricopro l'insegnamento di Storia
della musica greca, romana e bizantina.
Numerose sono le persone che devo ringraziare se oggi questo lavoro,
alla cui origine vi è la mia dissertazione di dottorato, vede la luce. Innanzi-
tutto Roberto Pretagostini, che ha accompagnato la mia formazione univer-
sitaria e dottorale; tutti i docenti dell'Istituto di Filologia classica e del colle-
gio di dottorato in Letteratura e Filologia greca dell'Università di Urbino, in
modo particolare Paola Angeli Bernardini, Mario Cantilena, Franca Perusino
e Massimo Vetta, con i quali ho discusso e sviluppato molte delle idee con-
tenute in questo volume; Luigi Enrico Rossi e Maria Grazia Bonanno per
aver accolto il libro nella loro collana; la Fondazione Walter Stauffer di Cre-
mona per averne finanziata la pubblicazione (grazie anche all'interessamen-
to del mio Preside di Facoltà Giancarlo Prato, sostegno costante della mia
esperienza cremonese). L'approfondimento nel campo della musica greca
antica non sarebbe stato tale senza la guida di Andrew Barker, dalla cui pro-
fessionalità e grande umanità spero di aver appreso più di quanto dimostri
il mio lavoro. Dedico questo libro ai miei genitori, al cui affetto e supporto
devo ogni risultato ottenuto.
INTRODUZIONE
La storia delle parole riflette la storia del pensiero e delle idee: nuove
parole, o nuovi significati ad esse attribuiti, sono sempre testimoni di come
una cultura vede e rappresenta se stessa e i suoi cambiamenti.
Ciò vale anche per un'arte come la musica che, nel momento in cui co-
mincia a riflettere su di sé e avverte il bisogno di astrarre le proprie regole
interne, necessita di un linguaggio verbale con cui esprimerle: non posse-
dendone uno proprio, deve necessariamente crearselo e spesso lo fa utiliz-
zando parole prese in prestito dal linguaggio quotidiano. Secondo una pecu-
liarità comune ad altre terminologie specialistiche, anche la formazione del
lessico musicale nel mondo greco si fonda quindi sulla risemantizzazione di
termini propri della lingua d'uso, che assurgono a dignità tecnica per gran
parte in coincidenza con lo sviluppo di una speculazione teorico-musicale.
Se è per l'appunto con l'opera di Aristosseno di Taranto che si fa tradi-
zionalmente coincidere la nascita della scienza armonica (apµovuctj), non
dobbiamo però dimenticare le numerose testimonianze che permettono di
delineare un più ampio scenario in cui, già a partire dal VI-V sec. a.C., si
'parlava' di musica. Le due correnti fondamentali che siamo in grado di ri-
costruire sono, da un lato, quella pitagorica, che si basava su una concezione
quantitativo-numerica dell'elemento musicale 1; dall'altro la scuola dei cosid-
detti armonici o, più genericamente, empirici, strumentisti di professione2
che tentavano di indagare le altezze sonore da un punto di vista astratto ser-
La prima tipologia di termini che, in lingua greca, entra a far parte di que-
sto vocabolario comprende i termini impiegati dai musicisti per descrivere i
gesti praticida essi compiuti nell'ambito delle proprie attività. Gran parte di
essi proviene dal campo semantico degli strumenti a cordaS, il cui maggiore
rappresentante è la lira, strumento non professionistico alla base dell' educazio-
ne musicale degli antichi 6, tradizionalmente considerato lo strumento 'nobile'
per eccellenza7• Il più antico e fecondo tra i lemmi sviluppatisi in quest'area è
certamente la parola apµovia (< àpµ6çoo)= lett. "accordatura, disposizione di
intervalli" sulla lira, di qui più genericamente "scala" 8• Con tale termine i Greci
indicavàno, in associazione con determinate etnie o regioni geografiche 9,
moduli scalari tradizionali contraddistinti da un insieme di caratteristiche rit-
3 Vd. infra cap. 2 (spec. n. 441). Anche Aristotele (An. Post. 79a 1 ss.) distingue due categorie
della scienza armonica, una matematica (µa8Tiµan!Cl\)e l'altra fondata sull'udito Ctiwovt!Cl\), con-
siderandole quasi sinonime e distinguendole solo per quel che riguarda il metodo d'indagine
da esse adottato.
4 Porph. in Ptol. p. 3. 3 ss. Diiring.
5 Lasserre 1988 evidenzia un fenomeno parallelo nella musica mesopotamica, dove l'arpa e la
cetra sono alla base della teoria musicale.
6 Aristot. Poi. 1341a.
7 In Pindaro (Pyth. 1. 1 s.) la lira è addirittura oggetto di invocazione divina: Xpuata +opµtyç,
'A1t0Urovoç1((1\ lOlW>ICIJflOJV/ cruv&ic:ov
Motaàv IC'tmVOV.
8 Per uno studio monografico del termine si vedano Mathiesen 1976, Ilievski 1993 e Lambro-
poulou 1995-1996. Si tenga inoltre presente la successiva equazione awovia = "ottava" (consi-
derata la più 'perfetta' delle consonanze) nelle fonti pitagoriche (Philol. fr. 6 D.-K., cit. n. 306).
Per un più antico valore eptacordo di awovia cfr. invece n. 37.
9 Nelle fonti più antiche si parla di awovim dorica, frigia, lidia, e cosi via (ad es. in Pind. Nern.
4. 45 e Prat. fr. 712b Page). Per un uso di µtAoç con questo stesso valore di awovia cfr. Alcm. fr.
146 Calarne, Stesich. fr. 212 Davies, cann. pop.fr. 851b Page.
Introduzione 3
teorica.
L'unico lemma che, pur originatosi (secondo la ricostruzione qui pro-
posta) su imitazione di un suono animale, pare configurarsi quale termine
tecnico è il lemma u:pt:tiçro, riproduzione mimetica del verso della cicala
(tÉtnç), che musicalmente passa ad indicare un'esecuzione particolarmen-
te ornata e indistinta dal punto di vista percettivo. Tepetiçro sembra però
mostrare, nei contesti musicali in cui appare, una notevole instabilità
semantica, trovandosi applicato ora ad un certo tipo di strumento, ora alla
voce, con significati anche alquanto differenti tra loro: più probabilmente
esso si sviluppò in ambito musicale cogliendo le caratteristiche più eviden-
ti del verso animale (indeterminatezza, responsione tra più fonti, etc.) e
trasferendole poi, per mimesi, agli strumenti ad esso più simili, cioè aulo e
voce umana.
Per quanto riguarda invece i nomi degli strumenti musicali, essi vanno
ascritti, nella quasi totalità, alla categoria dei prestiti alloglottf27 (con l' esclu-
sione del solo termine 1tflKtiç < m\yvuµ1)28, provenienti in particolar modo
dall'area orientale, secondo quanto affermava già Strabone29.L'ampliamento
recente, da parte della critica, della prospettiva culturale in cui inserire il
mondo greco antico punta proprio al ridimensionamento della sua presunta
centralità nell'ambito delle culture mediterranee, cui consegue la necessità
sempre più impellente di studiarne il debito culturale nei confronti dell' o-
riente-10.
'1:7Si cfr. De Giorgi 1984-1985, il quale distingue i nomi degli strumenti greci in: a) termini di
sostrato egeo-anatolico b) termini di origine semitica c) termini originari della Tracia prein-
doeuropea d) termini originari dell'Egitto e) termini di origine incerta O termini di origine
~- Sull'origine asiatica del termine ai>p1yçsi veda Greppin 1990.
28Vd. n. 117.
29 Strab. 10. 3. 17.
30 Tra gli studiosi che più hanno sottolineato questo aspetto si veda, in linee generali, West
1999 e, per quel che riguarda gli aspetti musicali, West 1992 (specialmente il capitolo Greece
betweenEuropeand Asia).
31 Michaelidis 1978.
32 Tra i lavori pubblicati in questo settore si vedano, tra gli altri, Chailley 1977, Bélis 1988c,
Restani 1983 e 1984, Steinmayer 1985, Pizzani 1997, Di Giglio 1997 e 2000, Raffa 1999 e 2000,
senza dimenticare il lexiqued'Aristoxène nello storico volume di Laloy su Aristosseno di Taranto
(Laloy 1904).
33 Si vedano i contributi dei Seminari di Studi sui LessiciTecniciGreci e 1.Atini,ormai arrivati
alla terza pubblicazione miscellanea (vd. Radici Colace-Caccamo Caltabiano 1991, Radici
Colace 1997, Radici Colace-Zumbo 2000), che fanno il punto sulla situazione della lessicografia
s~alistica nel mondo antico.
34 Il crescente interesse verso una disciplina di frontiera come la lessicografia musicale è testi-
moniato, per quel che riguarda la lingua italiana, dall'attività del LESMU (Lessicodella critica
musicaleitaliana),che raccoglie musicologi e storici della lingua i quali, dal 1989, si sono preoc-
cupati di realizzare una banca dati sul lessico della musica e della critica musicale italiana dal-
!'anno 1600 al 1960 (disponibile ora in CD-Rom). I tre volumi a stampa che testimoniano le atti-
vità del gruppo sono Nicolodi-Trovato 1994, Nicolodi-Trovato 1996, Nicolodi-Trovato 2000.
Introduzione 7
I testi antichi sono citati nel corso del lavoro seguendo le più comuni e
recenti edizioni critiche (vd. abbreviazioni). Le edizioni dei testi di teoria
musicale qui riportate sono citate, per comodità del lettore, sotto il nome
dell'autore antico. Tutte le traduzioni, salvo diversa indicazione, sono mie.
ABBREVIAZIONI
viene a trovare più vicina al corpo del suonatore, vale a dire più "in alto"
rispetto alle altre (pur se essa produceva la nota d'intonazione più grave)38•
È chiaro come questo sistema di nomenclatura fosse funzionale, non as-
soluto, vale a dire come i termini sopra elencati non indicassero un'altezza
precisa (come il nostro la 440 herz) ma una serie di rapporti reciproci, dove
le note potevano essere identificate con un certo suono solo conoscendone la
scala di riferimento e il loro valore al suo interno. È la "funzione" (6uvaµlç)39
di una nota nell'ambito di un particolare sistema che permette infatti di
determinarne l'intonazione: ad es. la lichanos,in un tetracordo mese-hypate
(tradotto la-mi in notazione moderna, con senso discendente) avrà un'into-
nazione nel genere enarmonico (fa) diversa rispetto a quella della lichanos
inserita in un tetracordo di altro genere, ad es. diatonico (sol).
La preferenza per tecnicismi derivanti dalla sfera degli strumenti a corda
troverà, a partire dall'età ellenistica, un riscontro ulteriore negli esperimenti
sulla natura fisica del suono compiuti sul monocordo dai componenti della
scuola pitagorica (pur se comunemente ascritti dalla tradizione allo stesso
Pitagora). Non è un caso, quindi, che la trattatistica più tarda riferisca un
sempre maggior numero di lemmi tecnici sviluppatisi in quest'ambito, come
dimostrano, tra gli altri, Tolemeo Harm. 2. 12 (in un capitolo intitolato "sulle
difficoltà nell'uso del monocordo", dove compaiono neologismi non altrove
attestati) 40 e gli Anonimi di Bellermann2-11 e 83-93 (i quali riportano una serie
di termini tecnici atti ad indicare i diversi movimenti melodici vocali e stru-
mentali)41.
I nuclei semantici attorno ai quali si sviluppò il lessico musicale dei cor-
dofoni furono essenzialmente quattro: quello della tensione (Èm-reivw),del-
l'allentamento(àvil'}µl), della percussione(Kpooo) e del pizzico (wciUw) delle
corde. L'uso del verbo 7tÀllO'O'W ("colpire, percuotere") in ambito musicale
resterà per lo più confinato al suo derivato 7tÀrjKtpov 42(propriamente "ciò
con cui si batte o colpisce" - se. la corda-) o sarà utilizzato per indicare la
dei corpi sull'aria al fine di produrre il suono 43.
"percussione" (JtÀT)'Yll)
43Cfr. n. 50. Sulla percussionequale causa del suono si vedano già Archyt. fr. 1 D.-K. (oo 6uva-
'tov È<mv Jlµev nvOJV1t0't'àUw.a - su cui cfr. Ciancaglini 1993 -) e
'f'<i+ovµ11YEV118rloaçKÀ.TfY<Ìç
Aristot. De an. 419b 10 s. (KÀ.TfYllyapÈ<mv111t0ioùoa.~•ò icaì ciauva'tOvèvòçòvroç yEVÉ<J8a\ 'lfo+ov).Il
sostantivo KÀ.TfY1l non amplierà mai il proprio campo semantico fino ad assumere il valore resul-
tativo di "suono", come avverrà invece per altri termini quali icpoùµa. 't<imçe cosi via: sull'argo-
mento si veda Levin 1980.
44 Plat. Lys. 209b; id. Resp.349e; d. Mach. fr. 2. 9 Gow.
45 Ps.-Aristot. Probi.19. 35. Cfr. Porph. in Ptol. p. 33. 13 s. Diiring: ii 6' bti'tamç oçuupavtltOiri
~~v Kaì 11civtmç l3apu'ttpav (se. 'flÌvrixt\v).
Aristox. Harm. p. 16. 3 ss. Da Rios. In Hdt. 3. 22. 1 IM11Jll è detto più genericamente della
corda dell'arco: avnç'tò 'tòçov (per una similitudine tra arco e lira, vd. Heracl. fr. 51 D.-K.).
47 Aristox. Harm. p. 15. 14 ss. Da Rios. Per il valore metaforico che la coppia Èlti'tamç/civtmç
acquista in ambito filosofico, si veda Etym. Magn. p. 365. 34 ss. Gaisford.
14 LeparoledelleMuse
......
Il senso che i verbi ÈmmvEiv ed àvi11µiacquisiscono in contesto musicale
viene spesso applicato, in virtù della natura musicale dell'accento greco, an-
che all'intonazione della voce: "chi si sdegna e si adira è portato a tenderela
voce (Èmmvav ... tòv ~ov) 55.
e a parlare con toni acuti (rn;ù lj)8É'yyEo0m)"
In tali contesti, però, altri due significati possono sottintendersi all'uso
dei termini indicanti tensione. Innanzitutto il semplice prolungamentodel
suono, cioè la sua estensione a livello temporale, come in Eschilo Pers.574 s.:
u:ìvE & OO<JJkiu1Ctov / Jx>ànv tw..aivcxvaùoov, "prolunga nell'urlo / piangente
una misera voce" • In seconda istanza, il verbo Èmtri va v può talora indicare
56
53 Vd. n. 50 supra.
54 Bryenn. pp. 308. 20 e 310. 27 Jonker; A11011. Beli. 4 (citt. n. 286).
55 Ps.-Aristot. Phgn. 807a 15 ss. Cfr. Aristot. Soph. El. 169a 27 ss.; id. Dt·gen. anim. 786b 34 ss.;
Ps.-Aristot. Probi. 11. 15; Philod. De Poem. 1. 43. 23; ibid. 1. 88. 17 ss.; ibid. 1.94. 9 ss. Si veda inol-
tre Ps.-Aristot. Probi. 19. 3, dove l'autore, con esplicito riferimento ai processi fisiologici di fona-
zione, afferma che è più difficile cantare note acute "a causa della tensione e compressione della
voce" (6ià tTIVÈlritamv Kaì lriEmv riJç~119-
56 Non concordo con l'interpretazione del passo data da LS/, s.v. trivro: "t. aùoov strai11the voi-
ce, raiseit high, A. Pers. 574". Per un valore di à1totrivnv (se. tòv ~yyov) = "prolungare il suono"
vd. Plut. Sul. 7. 6 e Aristot. Hist. an. 545a 17 (èutòtamç TIJç~vri.;). Nei trattati di teoria musicale,
il tecnicismo atto ad indicare il prolu11game11to del suono è però un altro derivato di trivro, il so-
stantivo tovT\ (Cleon. ls. p. 207. 5 ss. Jan).
57 Lo stesso Aristotele afferma che "nella voce sono cose diverse il grave e l'acuto (tò Jxxpùm1
tò òé,ù)e la grandezza o piccolezza di volume (µr-yCIÀ.($,)Vio.ç m1 µ11C~via.;), perché sono possi-
16 Le paroledelleMuse
......
L'uso di Èmtrivcoed àvi11µ1in contesto musicale non rimase confinato al-
i' originario significato concretorelativo ad acutezza e gravità (conseguenti
alla diversa tensione), ma assunse una valenza alquanto più ampia a noi no-
ta soprattutto a partire da Platone. Stando alle testimonianze dei suoi dialo-
ghi, egli fu la fonte più autorevole nel favorire l'uso di tali termini in senso,
per cosi dire, metaforico,applicando cioè gli stati di 'tensione' e 'distensione'
bili voci acute di grande volume e allo stesso modo voci gravi di piccolo volume" (De gen. anim.
787a 2 ss.). O medesimo significato dei due verbi in relazione all'intensità della voce è alla base
del passo aristotelico di De gen. anim. 788a 3 ss., in cui il filosofo tenta di spiegare le cause del
mutamento della voce negli animali castrati: "asportando invece i testicoli la tensione dei con-
dotti si allenta (àvinm), come quando si leva il peso dalla corda e dall'ordito. Allentandosi il
condotto (toutou 6' àvtqitvou), anche il principio che dà impulso alla voce perde di vigore in pro-
porzione (iJIÌpXfl ii IClvoooat11v+u,viivÈ:ICÀ.UEtm).
È dunque per questa causa che i castrati si con-
vertono in femmina, sia nella voce, sia nel resto del loro aspetto, poiché avviene che si allenta il
principio dal quale il corpo trae la propria tensione (cruvtovia)".
58 Oppure "che si intona a". Si veda in proposito l'uso di cruvtovoçin Eur. lph. Aul. 118, dove
la metafora musicale è utilizzata sottintendendo una sinonimia con miµ~oç: " ... siche io possa
es~rimere parole concordi(i.e. "che si intonano") ai segni iscritti".
Sul senso dell'espressione bntrivnv tò JtVriJµa= "trattenere il fiato", si veda invece Excerp.
Ne:f· p. 413. 7 Jan.
Ps.-Aristot. De audib. 803a 23 ss. In Aristot. De gen. an. 787b 15 ss. l'aggettivo syntonos è
applicato allo pneumamediante un esplicito parallelismo con i tendini: "I tori sono particolar-
mente tendinei, ed anche il loro cuore; perciò hanno la parte con cui muovono il respiro (tò
1CVEÙµa) in tensione come una corda fatta di tendini (cruvtovov ... ciicnrq>xop611vtEtaµév11vvro--
P\VllVY'.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 17
61 Plat. Resp.441e-442a. Cfr. ibid. 4lle412a: "lo credo di poter affermare che un dio ha con-
cesso all'umanità due arti, la musica e la ginnastica, per due scopi diversi, l'ardore e la filosofia,
e solo secondariamente per l'anima e il corpo, proprio affinché quelle due qualità si fondessero
insieme armonicamente (!;uvopµoo8ij-rov)raggiungendo il giusto grado di tensione(bnmvoµivq,)
e distensione(àvtEµivq,)".
62 Plat. Tim. 74b (cfr. id. Phaed.98c-d: Tà 6è VE\Ìpaola tmTElvta8m Ka\ àvlta8m). Altri esempi di
un uso costante di questa metafora nella cultura antica si trovano in Pind. fr. 124d Maehler ("far
risuonare con il barbitosl'animo/8uµov e la voce/to,V<iv appannati dal vino"); trag. adesp. fr. 361
Nauck ("muovendo le corde/xopllàç immutabili dell'animo"); Philo Jud. lmm11t.24-25 (ciicmEp
nvà À.upavnìv VUXTIV µoualKIÌlçàpµoaliµtvov ... µ~TEtmTEìvm7tj)0<1l)lUplJaÀ.À.OVTa µ~TEàVEìvmµaÀ.-
O<i!;av-raTTIVàprniiv Ka\ -rciiv♦tiou KaÀ.ciiv àpµov{av); Plut. Per. 15. 2 ("come i toni/Tovouç e i
suoni/~ouç dell'anima che hanno bisogno di essere toccati e percossi con molta armonia");
Clem. Alex. Paed.2. 4. 41, 5 ("«lodatelo con le corde e l'organo», chiama organo il nostro corpo e
corde i suoi nervi/xopllàç-rà vEùpa, da cui riceve la tensione armonica/tvopµovtov ... nìv -ràmv, e,
vibrato dallo spirito, esprime suoni umani").
63 Plat. Charm. 156e; Ps.-Aristot. Phgn.808b 11; Aristot. De an. 403b 17. Per una descrizione del-
l'influenza di pulsazioni e contrazioni nervose, regolate dai ritmi musicali, sull'animo umano si
vedano anche i capitoli 15 e 18 del secondo libro del De m11Sica di Aristide Quintiliano (citt. infra).
64 Si veda ad es. Aristot. Poi. 1342a 24 (Ela\ Ka\ Tciivµùciiv -rà miv-rova)e 1342b 21 s. (-ràçauVTo--
vouç àpµovlaç). Per il valore di "grave" conferito all'aggettivo àVE1µivoçsi veda ancora id. Poi.
1342b 22 e 24 (-ràçàvuµtvaç àpµovlaç), dove Aristotele sottilinea la difficoltà, per chi non è più
giovane, di cantare all'acuto; Arist. Quint. De m11S.p. 19. 5 W.-1. (àvt1µivaç - se. àpµovlaç -); ibid.
p. 59. 22 W.-1. (-roìçàVE1µiv01ç - se. Tciivµùciiv -).
18 Le paroledelleMuse
pare, unico tra tutti, quello dorico, mentre quello frigio produce uno stato
d'entusiasmo" 69• La stretta connessione tra 'allentamento' e 'rilassamento' di
corde musicali e corpo umano è ribadita nella descrizione aristotelica delle
molteplici funzioni della musica, tra cui figurano quella relativa "al rilassa-
mento e al riposo dopo la tensione", xpòç àvtmv tt KCXÌxpòç TIÌV tiiç cruvToviaç
àvan:mxnv70•
Nell'ambito di tale visione acquista un significato differente anche l'uso
del termine apµovia applicato indifferentemente a musica ed animo umano:
"non avevamo dunque riconosciuto nei precedenti punti che l'anima, in
qualità di armonia (apµoviav oooav), non canta contrapponendosi alle ten-
sioni (ÈVavna ~v oiç bntrivovTO), ai rilassamenti (x<XÀq>To),
alle vibrazioni
('lfa:llotTo) o a qualunque altro stato da cui lei discende, ma piuttosto li se-
gue e non può in alcun modo dirigerli?" 71 • La metafora musicale (resa espli-
cita qualche pagina prima da Platone) 72 serve qui al filosofo per introdurre
l'affermazione che l'anima, in realtà, domina e contrasta i desideri del cor-
po73e non può quindi esserearmonia 74• Essa piuttosto possiedearmonia, ed è
proprio tale armonia a costituire il legame tra le sue diverse componenti 75•
Questa definizione di apµovia come unione di contrari (Kpàmv KCXÌcruv8Emv
ÈVavn(l)v)76 trova la sua manifestazione più perfetta nell'armonia musicale
69 Aristot. Poi. 1340a 40 ss. Cfr. il parallelismo tra scale musicali e forme di governo in ibid.
1290a 26 ss. e, in forma ancor più esplicita, in Plut. De unius in rep.dom. 827a-b: "chi è esperto di
musica, o chi la esegue, userà strumenti intonati e accordati abilmente, suonando ciascuno
secondo le regole, in modo che la voce ne risulti naturale e armoniosa ... cosi anche l'uomo poli-
tico saprà destreggiarsi bene in un'oligarchia di tipo spartano e licurgheo, avvalendosi della
collaborazione di persone che gli siano pari in potenza e dignità e forzandole con calma ad ade-
rire alle sue idee, ma s'adatterà bene anche ai molti suoni e alle molte corde della democrazia
(mÀ.uteòrff!l Kaì JWÀ.UXop&p... litJµoKpatic;d, ora rilassando (tà µtv àvtriç) ora tendendo (tà 6' àn-
uiv<OY)le corde del suo governo, allentandole (xaÀ.aa~ al momento opportuno e tirandole (tµ-
~ di nuovo con forza, esperto dell'arte di opporsi e resistere. Se gli fosse dato di scegliere le
forme di governo come fossero strumenti (1Ca8c:i1tEp òpy<ivWY),nessun'altra preferirebbe, obbe-
dendo a Platone, alla monarchia, la sola in grado di mantenere costante quel tono (tòvov) real-
mente perfetto ed elevato della virtù e di sapersi accordare (cipµoom) al pubblico interesse senza
cedere a pressioni e senza voler compiacere nessuno".
70 Aristot. Poi. 1341b 41. Si veda la persistenza di quest'immagine in Plut. An seni resp.ger.
792c-d: "L'arco, si usa dire, si spezza quando è teso (bnmvòµ€vov), l'anima, invece, quando si
rilassa (<ÌYU:µMl)".
71 Plat. Phaed.94c.
72 Plat. Phaed.85e ss.
73Phaed.94c-d: "adesso non ci sembra causare tutto l'opposto, che è lei (se. l'anima) a gover-
nare tutte quelle parti da cui si dice che deriva".
74 Ancora Aristotele (Poi. 1340b 18 s.) riferisce come "molti dicono che l'anima è armonia".
Ma cfr. id. De an. 408a 29 s.: onµtv oùv oùe' àpµoviav o\òv t' dvm n;v 11/UXTIY ow 1CUK'À.qlKtpt~-
a8at, OTJÀ.OYÈK''t<ÌJYE\PflµÉV<OY.
75 L'immagine più famosa che descrive l'essenza delle diverse parti costitutive dell'anima è
quella del carro alato in Plat. Phaedr.246a ss.
76 Aristot. De an. 407b 30 s.
20 Le paroledelleMuse
Il derivato di trivw che più ha avuto fortuna in lingua greca quale termi-
ne tecnico-musicale è tovoç, nomenactionisa vocalismo o che, dal significato
generico di "tensione", passa a designare il "suono" inteso quale il "prodot-
to della tensione di una corda" (o della voce)&.1. Da questo significato origi-
nario si svilupperanno tutta una serie di lemmi tecnici ben riassunti in un
passo di Cleonide: "il termine tonopuò avere quattro significati. Può indica-
re un suono (t8oyyoç), un intervallo (a1ao"tT1µa),un ambito sonoro (tonoç
~vflç), un'intonazione (tacnç}" 84• Cleonide passa di seguito ad illustrare cia-
scuno dei significati sopra esposti e, riguardo al primo, cita a mo' di esem-
pio alcuni frammenti poetici nei quali compare l'aggettivo btt<itovoç ("epta-
tonico", vale a dire "a sette note") usato in riferimento alla lira o phorminx85:
effort, intensité»".
84 Cleon. Is. p. 202. 6 ss. Jan (= Bryenn. p. 116. 9 ss. Jonker).
85 Cleon. Is. p. 202. 8 ss. Jan.
86 Terp. fr. 4 Gostoli.
87 Ion fr. 5 Gent.-Pr.
88 Eur. fon 881: btm+eoyyou... nO<ipaç.
22 LeparoledelleMuse
96Con la stessa accezione si vedano le occorrenze in Aristot. Rhet. 1403b 29 (... TotçTovmç,oìov
e De gen. an. 787a 2 ss. (àll' mtot\ ronv tTEpovTòJkrpù 1CaìTòoçùÈV+<i>vt.i
òçri<;tKaì papri<;tKaì IJ.ÉCTIJ)
µq~aç ICII̵t1Cpo+roviaç ... òµoiwc; &: ICIIÌICaTà TÒVµÉ<JOVTOVOV
TOUTIOV).
<n Chantraine p. 1092: "nom d'action usuel Tamç f. "tension, extension, caractère aigu du
son".
98 Aristox. Harm.p. 19. 5 Da Rios.
99 La compresenza di +<,>vt\ e Tovoçsuggerisce tale ripartizione dei principali attributi della
voce: intonazione (+<,>vt\)e volume (Tovoç).
100 Cleon. 1s. p. 203. 1 ss. Jan: "Ha il significato di intervallo quando si dice che c'è un tono
dalla mesi alla paramesi " (il cosiddetto 'tono di disgiunzione' tra due tetracordi).
101 Aristox. Harm.p. 27. 15 s. Da Rios.
102 Aristox. Harm.p. 57. 1 s. Da Rios.
103 Philol. fr. 6 D.-K. La terminologia pitagorica (probabilmente antecedente) utilizzava, per
indicare le tre consonanze musicali di ottava, quarta e quinta, i termini cipµovia (= "accordatu-
24 Le paroledelleMuse
109 Cosi come è ancora ambiguo l'aspetto 'modale' che sembra altresl compreso nel concetto
di tonos, soprattutto nella teoria esposta da Tolemeo (che riduce il numero dei tonoi a sette in
base a quello degli EÌOTJ Toù &à lt(l(JfDY,
le "specie d'ottava" aristosseniche). Per un'esposizione
chiara ed organica del problema si vedano le pp. 17-27 di Barker 1989.
no Plat. Phil. 17d: cru<JTJUlaTa ... a icatillovttç oi ltj)O(J9fv1tapÉlìoaav11µìvToìç É1tOµévo1ç
èicrivo1ç
icaì.iiv aùTà apµoviaç. Si ricordi però che il termine apµovia racchiude in sé una polisemia che è
riduttivo sovrapporre al semplice significato di "sistema" (inteso come "aggregazione d'inter-
valli", cfr. n. 461).
111 Aristox. Harm. p. 46. 18 ss. Da Rios: "Intorno alle tonalità nessuno ha detto né in che modo
si devono impiegare né da quale punto di vista si deve enunciarne il numero. La dottrina degli
Armonici sulle tonalità è perfettamente analoga al modo di contare i giorni del mese; cosi, per
esempio, quando per i Corinti è il dieci, per gli Ateniesi è il cinque, e per altri è l'otto del mese".
Probabilmente fu Aristosseno a rendere indipendente il concetto di tono da quello di modo,
come sottolinea l'ancor ottimo commento Da Rios a questo passo di Aristosseno (p. 54 n. 1 del-
l'appendice), " ... cosicchè ogni melodia potesse eseguirsi in qualsiasi modo e in qualsiasi altez-
za della scala".
112Cleon. Is. p. 204. 16 ss. Jan. Cfr. Plat. Phil. 17c, parlando della voce: 6oo & 8wµEvJkxpiiicaì
oçu,IC<XÌTpi TOVÒµOTOVOV.
113 Vd. Ps.-Plut. De mus. 1133b: "furono chiamati nomoiperché non era lecito trasgredire l'in-
tonazione (Tacnç)stabilita per ciascuno di essi".
26 LeparoledelleMuse
1eoo.
at<imç ti;ç 114
'6)VTt<;} , mentre le occorrenze più frequenti restano quelle
ascritte alla voce, vale a dire agli accenti musicali della lingua greca 115•
114 Aristox. Harm. p. 17. 2 ss. Da Rios: "quello che vogliamo indicare con grado (tacnç) è quasi
un certo indugio e stabilità della voce". Se Aristosseno ben distingue il concetto di t<imc;da
quello di britamc;/avEmc;(Harm. p. 18. 1 ss. Da Rios: "è del tutto chiaro che il grado/tacnc; non è
né tensione né allentamento, perché noi diciamo che quello è immobilità/ript:µiav della voce,
mentre questi ultimi, come abbiamo visto prima, sono dei movimenti"), non lo stesso fanno
alcuni epitomatori, tra cui Aristide Quintiliano De mus. p. 6. 28 s. W.-1. (tamc; ot ronµov11,caì.
atacnc; riic;~e;· tavnic; li: tl6ri Wo, 1XVE<J1çu: 1caì.britamc;), che in questo passo si basa probabil-
mente su fonti tra loro differenti e contraddittorie.
115 Vd. Chrysip. fr. 297 in SVF II, p. 96 von Amim (apud Plut. De Stoic. rep. 1047a-b); Dion Hal.
De comp. verb. 19; Athen. 53a.
116 Per il senso di VaÀÀlllcome "mettere in vibrazione" si veda anche Plat. Phaed.94c, cit. supra
(dove il riferimento alle corde dell'animo sottintende una metafora musicale) e Ps.-Aristot.
Probi. 19. 23, passo in cui la messa in vibrazione di una corda o di una sua parte è studiata ai
fini dell'emissione di suoni d'intonazione tra loro differente.
117 Per la polemica sulla natura della µcrya61c; (intesa da taluni come strumento musicale vero
e proprio, da altri come pratica strumentale di responsione all'ottava acuta - cfr. µaya&çav =
"accompagnare all'ottava"-) si vedano Comotti 1983a e Barker 1988 (posizione ribadita dal-
l'autore in Barker 1997a). Per quanto riguarda la ffTIKtic;, derivando tale termine il proprio signi-
ficato dal verbo JtlfYVUlll(che significa "connettere, costruire congiungendo insieme", di qui JnlK-
tiç➔ "strumento ben connesso"), esso risulta facilmente applicabile a qualsiasi genere di stru-
mento musicale, anche a fiato. Su quest'argomento si veda West 1997.
118 Anacr. fr. 93 Gentili. Gentili (1958) traduce qui pektis come "cetra": nel caso la si accetti,
tale interpretazione non contrasta con il discorso riportato alla nota precedente.
119 Anacr. fr. 96 Gentili. La trad. Gentili (1958) è "cantosull'arpa dalle venti corde ...": per questo
senso del verbo, probabilmente sviluppatosi in un'età successiva a quella di Anacreonte, vd. infra.
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 27
Se infatti la famiglia delle lire utilizzava più spesso (ma non in maniera
univoca) una tecnica esecutiva di percussione con il plettro hq>ooov)120, le ar-
pe erano suonate esclusivamente pizzicando le corde con le nude dita 121, co-
me testimonia anche un frammento aristossenico (apud Ateneo 635b): "se-
condo Aristosseno, la magadise la pektis si possono suonare senza plettro,
pizzicando le corde con le dita" 122• Mostrano connessioni di \j/a.U.co con la fa-
miglia delle arpe autori quali Teleste fr. 810. 4 s. Page (... ò;u+o>voiç1t11tctl&ov
tcj)ttcov/ Aootov uµvov, "sui suoni acuti delle pektides intonarono /
\j/<XÀµ<>Ìç
l'inno lidio") 123 e Diogene Ateniese fr. 1. 9 s. Snell (\j/w.µoìç-rpiyrovrov
1t11tctl&ov
àvnçuyoiç / òì..tcoìçtcpt:tcoooaçµaya6iv, "con pizzichi di trigoni e strappi d'ar-
pe in responsione / facendo risuonare una magadis")124, pur se numerose so-
no le attestazioni del derivato 'lf<XÀµ<>ç (lett. "pizzicamento", "vibrazione",
quindi "suono") 125 che si riferiscono, più genericamente, ai suoni prodotti
dai cordofoni in senso lato 126•
Anche il sostantivo 'lf<XÀ:n\piov è di frequente utilizzato con riferimento
alle arpe : lo storico Apollodoro di Atene chiama così la µaya6iç ("la maga-
127
dis è quello che noi oggi chiamiamo salterio") 128, il lessico Suda usa psalterion
quale sinonimo di vaùÀ.ao va:PÀ.a,strumento fenicio suonato senza plettro 129,
mentre nei Problematapseudo-aristotelici (19. 23) tale termine sembra indica-
re il tpi:yrovov,un particolare tipo di arpa a forma triangolare: "infine, nei sal-
teri triangolari (Èv toìç tpryrovoiç 'l'<XÀtTIPiotç),poiché le corde hanno la stessa
tensione, l'accordo di ottava si ottiene quando, per lunghezza, una corda è il
doppio dell'altra" 130.
La circoscrizione di \j/<XÀ.ÀEI.V
alle sole arpe sembra comunque un fenome-
no linguistico abbastanza recente e non univoco, come dimostra l'uso del
verbo inequivocabilmente riferito alla lira in un frammento del V sec. a.C.
(Ion fr. 5 Gent.-Pr.) 131• Probabilmente i x:poooµEvaÒP"f<XV<X (lire) furono oppo-
sti, sulla base della loro più comune tecnica esecutiva, agli Èm\j/a.UoµEVao
(arpe) 132 grosso modo a partire dall'età ellenistica, probabilmente
\j/<XÀ.ttx:<i
proprio grazie alla sistematizzazione organologica operata dalla teoria mu-
sicale. La distinzione a livello terminologico di una duplice prassi esecutiva
possibile, fin dall'età classica, su strumenti della famiglia delle lire è infatti
ribadita dall'espressione erodotea x:t8apiçtiv tE x:aì \j/a:UEtv133 e da un passo
di Platone: "e quando afferri la lira, io credo, né tuo padre né tua madre ti
impediscono di tendere e allentare la corda che vuoi, e di pizzicarla con le
dita ('lfTIÀ.al)e percuoterla con il plettro (x:pouav tq>JtÀ.tjx:tpq>)"134 • Si noti inol-
tre che, quando il verbo \j/<XÀ.ÀEI.Vviene riferito alle lire, il contesto preferen-
ziale in cui esso compare è quello relativo al simposio: si vedano, ad esem-
pio, alcuni passi di Plutarco, tra cui Per. 1. 6 (Èv tt 1totq>'l'TIÀ<XVta),Pomp.36. 3
(mpà JtOtov'l'TIÀ<XVta),Arat. 6. 4 (mxpà Jtotov \j/a:UEtv) e An seni resp.ger. 785f
128 FGrHist 244 F 219 (apud Athen. 6360. In Etym. Magn. p. 817. 36 Gaisford, 'l'IXÀtllptov vale
impcÌ tÒ 11/ailoµEv« tTJpÈiV.
129 Suda 'Il 15: 1f'llÀt1lPtOv·
òpyavov µmxmcov, iiltt'p 1Caì.va'Ì>ÀaKllÀiitm. Cfr. Strab. 10. 3. 17 e
Hes1ch.v2.
1 Cfr. Etym. Magn. p. 765. 13 s. Gaisford: Tpiyrovoç<iporvmìiç,µ000\ICÒV òpyavov,11'a.Àt11Piq>
TIÌV
~apt11<Tlvòµoiav f:xov.La traduzione di Marenghi (1957) interpreta il passo pseudo-aristotelico ci-
tato sopra nel testo in senso leggermente diverso, leggendo tpiyrovovcome sostantivo e 11'a.Àt1lP\OV
quale aggettivo (con il senso specifico di "strumento utilizzato per l'accompagnamento"): "nel-
le arpe adibite ad accompagnamento" (trad. it. p. 49). Per questo senso del verbo 1f'<XÀMI>, vd.
infra.
131 Cit. supra. L'uso del verbo ljl<iÀMI>nel frammento 5 Gent.-Pr. di Ione di Chio ha erronea-
mente portato alcuni studiosi ad indentificare l'év&:1Caxop& À.upacon un'arpa (cfr. Maas-Mcln-
tosh Snyder 1989, p. 154).
132 Poli. 4. 58 (cit. n. 213).
133 Hdt. 1. 155. 4. Cfr. Dion. Hai. De comp. uerb.25: o\ n8apiçnv u 1Caì. miwv à1Cpcoç rillouç.
134 Lys.209b (vd. Schol. ree.Plat. Lys.209b, p. 458 Greene: 1f'TIÀ.al
tò avru lrÀT1npovtcp&xmÀ.q> tàç
xopooç ~). In Plut. Ant. 56. 8, Quaest.conv.713e, An seni resp.ger.785f, i verbi romuw e
~ vengono utilizzati per indicare la totalità dell'espressione musicale realizzata su stru-
menti a fiato e a corda:" ... una sola isola per molti giorni echeggiò del suono di auli e lire (rotTl'l-
1C~)"(Plut.
À.Éito 1Caì. Ant. 56. 8).
1. La lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 29
135 In Plut. Apophtheg.Lac. 218c, lo 'lf(J.À.tllçè distinto dal nllapqJ1ioç. Per un senso più generico
di 'lfllÀ.tTlçquale "musicista", vd. Plut. Apophtheg.Lac.220a, 220f, 223f-224a.
136 Plut. Apophtheg.Lac.233f.
137 Tipica di citarodi e citaristi professionisti. La compresenza di più tecniche di esecuzione
strumentale sulla lira è confermata in un passo del Leucippee Clitofontedi Achille Tazio (1. 5. 4):
"Prima con le sole mani (ljllÀmç ... taiç xqxri) strapazzò e percosse (h:pou) le corde; facendole
risuonare alquanto, sussurrò leggermente un piccolo motivo strumentale (n icpouµanov)con le
dita, e dopo questo percosse le corde con il plettro (tq>Mt\ictpq,tàç xopllàç ticf)01lE) e, dopo aver
suonato la cetra per un altro po', accompagnò le note dello strumento con la voce (ero~&: toiç
icpo,iµacn)".
138Ion fr. 22 Snell (apud Athen. 6340.Cfr. Sudaµ 1303: Mooooupyoi· 11'aÀ.tp1m. Ai lìÈ:µooooupyoì
~• ,ìaav yuvaiuç.
1 Che tali figure fossero etère, pur altamente specializzate, è confermato da un passo di Teo-
pompo (FGrHist115 F 213 apud Athen. 532c): " .. lui (il soggetto è Carete), che quand'era in guer-
ra si attorniava di auletridi e arpiste e di comuni etère (auÀ.ritpi6aç icaì 'lfaÀ.tpiaç icaì uçàç
Éfflipaç)". Per questa stessa accezione (negativa) del termine, si vedano anche Plut. Agis 33. 4;
id. Reg. et imp. apophtheg.173c; ibid. 180e; id. Quaest. conv. 616a; ibid.643b, 644c (dove la psaltriaè
detta~) e 710e; id. Amai. 760c. Per un uso più generalizzato di tale appellativo si veda
invece Suda o 108, dove il lemma è riferito alla poetessa Saffo.
30 Le paroledelleMuse
altamente specializzate (e, pare, anche alquanto costose) 140 , ritenute corredo
indispensabile di un banchetto, secondo quanto conferma un frammento
menandreo riferito nei Deipnosofistida Ateneo:" ... agli dei porto una pecora,
a mala pena / sufficiente, comprata per dieci dracme, / e prendo invece
queste suonatrici di aulo, profumo e arpiste (aÙÀ.'fltpi&xç ... icaì 'f'aÀ.tpiaç), /
vino di Taso, anguille, formaggio, miele: / il tutto equivale a meno di un ta-
lento, ed è in proporzione" 141 . La prostituta-musicista diverrà una delle pro-
tagoniste tipiche della commedia di mezzo e della nea(e cosi anche della pal-
liata o togatalatina) 142 . Numerosi i titoli di commedie quali Kt8apicnpta 143 ,
144 145
AÙÀ.'fltpiç/ AÙÀ.'fltpi&ç e 'f'ciì..tpta ; ancora, \ffciÀ.tpta è l'appellativo di una
prostituta in uno dei DialoghidelleCortigianedi Luciano 146•
Diverso sembra essere il significato del composto xopO\lfciÀ.tpta in una
iscrizione del II sec. a.e. del teatro di laso 147 , dove si testimonia l'ingaggio,
da parte dei due coreghi Pito e Apollonio, della musicista Cleino, figlia di
Evandro, in qualità di choropsaltria per uno spettacolo di imprecisata natura.
L'interpretazione più probabile di questo passo è quella secondo cui la gio-
vane accompagnò con il suo strumento (più probabilmente una cetra 'pizzi-
cata')148un coro di fanciulle o di bambini, in quanto era ritenuto sconvenien-
te per una donna libera accompagnare un coro maschile .
......
Particolarmente interessante è lo sviluppo semantico subito da 'f'CXÀ.À.CO e
dai suoi derivati nella tradizione cristiana a partire dalla traduzione dell'an-
tico testamento in greco dei Settanta (III sec. a.C.). Il senso del verbo diverrà
ÈV teì>
infatti quello di "cantare inni al Signore" ('lf<iÀ.À.El.V òvoµati nvoc;), men-
140In Aristot. Ath. 50. 2 uno dei compiti dei dieci ciaruvoµm, i commissari preposti all'edilizia
e alla polizia urbana in Atene, è proprio quello di controllare i guadagni di IXÙÀ.fltpi&:ç.V<iÀ'tPl<Il
e n8apicnpl<Il. In proposito, dr. Athen. 526b-c: " ... stabilirono con una legge ancora in vigore ai
nostri giorni che le suonatrici di aulo, di arpa (1jl<XÀ.tpiaç)e le altre che esercitano attività di que-
sto genere ricevessero il compenso per le rappresentazioni musicali dal mattino a mezzogiorno,
e da mezzogiorno fino all'imbrunire".
141 Men. fr. 224 K.-A. (apud Athen. 146d)
142 Come testimoniano Terenzio (Adelph. 388, 476, 558 ss.) e Titinio, autore di una fabula togata
intitolata Psaltria(o Ferentinatis).
143 Anaxandr. fr. 24 K.-A.
144Diod. fr. 1 K.-A.; Antiph. fr. 50 K.-A.; Men. frr. 64-73 K.-A.; Phoen. fr. 1 K.-A.
145 Drom. fr. 1 K.-A. (apud Athen. 240d e 409e), citato nell'ambito di un discorso che ha per
~omento la figura del parassita; Eubul. fr. 116 K.-A. (apudAthen. 460e, cfr. Bélis 1999, p. 48 s.).
46 Luc. Dial. Meretr. 12. 1: "ora, sdraiato accanto a me, facevi le lodi di Magidio, l'arpista"
(~ria Ioessa rivolgendosi al suo innamorato Lisia).
147SIG 689. 3.
148Cfr. CIG 3088,cit. supra n. 126. Per una discussione sulle diverse interpretazioni dell'iscri-
zione si veda Bélis 1999, p. 53.
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 31
tre ww..µoç assumerà il senso di "canto sacro" 149, dando poi il titolo (ww..-
fllptov) alla raccolta di quelli che noi ancora oggi chiamiamo "salmi".
La via che porta a tale slittamento semantico poggia certamente sul
senso di "canto accompagnato" che psalmosviene gradualmente ad assume-
re già in alcune occorrenze della tradizione letteraria pre-cristiana 150, ad es.
nel Reso pseudo-euripideo (360 ss.): "di nuovo l'antica Troia celebrerà per
tutto un giorno i conviti di vino e d'amore, con canti (ww..µo"icrt) e coppe fatte
girare a gara" 151•
Altri passi, tradizionalmente interpretati quali testimonianze del valore
di w<VJ..t:tv= "pizzicare", si prestano ad un lettura in questo senso: si veda,
ad esempio, Erodoto 1. 155. 4, dove l'espressione Kt8apiçetv TEKaì.'lfaÀÀEtv
potrebbe essere interpretata quale endiadi per indicare l'atto di "suonare la
cetra e cantare" (un po' come l'omerico Ki8aptv Kaì.ò:mlh\v)152; oppure un
verso degli Edonidi Eschilo, in cui ww..µoçè molto più probabilmente riferito
alla voce che al suono prodotto da uno strumento a corda, secondo quanto
suggerito dal contesto rituale dionisiaco: "l'uno, avendo tra le mani auloi dai
suoni gravi (fk>µ~uKaç),/ frutto del lavoro del tornio,/ riempie una melodia
evocata dalle dita, / uno strepito che suscita follia, / l'altro fa vibrare i cim-
bali ricoperti di bronzo / ... si leva un grido (ww..µoç6' <ilw..ciçn); / da qual-
che luogo misterioso risuonano voci / minacciose che somigliano al muggi-
to dei tori (i.e. il rumore prodotto dal rhombos),I e si effonde tremenda da
un timpano/ l'immagine di un tuono sotterraneo" 153•
La compresenza di 'canto' e 'suono (pizzicato) d'accompagnamento' sem-
bra sottintesa, più o meno esplicitamente, nella gran parte dei contesti in cui
compaiono wwJ..roe i suoi derivati, ad es. in Frinico fr. 11 Snell ("intonando
canti che rispondono a pizzichi strumentali", ww..µo"icrt ò:vTi.cr1tacrT'
ò:Eioov·m;
149 Il greco psalmostraduce l'ebraico mizmorche, nella tradizione ebraica, indicava un inno canta-
to accompagnato dall'arpa (New Grave,s.v.).Su questi argomenti si veda Calderon Dorda 1999.
150Etym. Magn. p. 817. 20 ss. Gaisford: ljlaì..µ6ç·llvoµa WtÀ.oÙv
npoamopuc6v· ì..tyEtmyàp Kal qiol\
(ma si veda anche Ion fr. 22 Snell, cit. supra).
151 Barker 1984, p. 83 n. 137, fa notare come "the term carne to have the sense 'song sung to
the accompaniment of string', 'psalm', only much later", ed interpreta psalmoisicome pluckingof
strinKS,
151Cit. n. 271 infra.
153 Aeschyl. fr. 57 Radt. Sull'espressione -ra~ot µìµot (cioè -rmiprov~OµÉV(IJV µtµl\auç,
"imitazioni della voce taurina") si vedano Else 1958, p. 75, e Gentili 19892, p. 69 n. 12. Sul
poµf36ç,strumento che consiste in una tavoletta legata ad una fune fatta roteare nell'aria, ricor-
dato da Euripide Hel. 1362 e da Archita fr. 1 D.-K., si veda Gow 1934.
154 Qui il riferimento ad una pratica antifonale è suggerito dell'aggettivo <ivrlanaam, come in
Soph. fr. 412 Radt (apudAthen. 183e): noÀùc;& ci>pùç-rpiywvoç<ivrlanaam tt / Au6ijç t♦uµvtì ltYJK-ri-
lioç mrrxop6ia ("forte risuona il trigono frigio in responsione / armonica con la pektis lidia"). Ma
si cfr. ancora la definizione (già cristiana) di psalterium che dà Isidoro di Siviglia nelle sue
Etymol.(3. 22. 7): psalterium,quodvulgocanticumdicitur,a psallendonominatum,quodad eius vocem
chorusconsonandorespondeat.
32 Le paroledelleMuse
155In Suda µ 1303, le psaltriai!tpO<J~ tCÌ>vaì.µéi>.Il passo continua poi chiarendo il senso
che il termine psalmosassume rispettivamente presso i greci (dove esso è eseguito "durante il
canto", ltpÒç TIÌV<i,61\v)o presso i barbari, che lo utilizzano invece quale "intonazione" al canto
(oloçtvMcnµoç'ri:iqxì,:i- per questo valore di tvMcnµoç vd. n. 579 -).
156 Si veda, ad esempio, l'espressione,; µtv yàp lltpÌ ljlaì.µoùç JCaì.~Wl"f'(Eç érpµovia ('1'armonia
di canti e phorminges")in Plut. De amic.mult. %e.
157 Ptol. Harm. p. 67. 6 ss. Diiring: "così che (se. il monocordo) è privato dei più bei vantaggi
corde con il plettro 161 che inizia ad essere utiliz«ito in contesto musicale a par-
tire dal tardo V sec. a.e. (per poi estendersi all'esecuzione strumentale in
senso lato). La valenza musicale di Kpooo.v è quindi affine a quella di altri
verbi quali 'f'aÀÀElV,1Cpbmv162e àpaaaav 163, cioè profondamente legata ad un
atto pragmatico dal cui legame tale verbo non si svincolò mai del tutto.
Le prime occorrenze della radice *Kpou- con valore musicale sono quelle
del derivato verbale Kpoùµa (lett. "percussione" del plettro sulla corda, quindi
"suono" prodotto dallo strumento) 164, il quale compare in contesti letterari già
intorno alla fine del V sec. a.e. La testimonianza più antica, 'Acn~ Kpouµata
("i suoni della - se. cetra - asiatica"), giunta a noi attraverso una fonte papira-
cea165 che ha confermato la testimonianza di tradizione indiretta dell' Etymolo-
gicum Magnum166, è il fr. 64 Austin dell'Eretteodi Euripide 167, il cui contesto di
appartenenza all'interno della tragedia risulta però sconosciuto 168• Si tenga
presente che, nell'ambito della produzione euripidea (e non solo)169, è possibi-
161 Tecnica più spesso utilizzata in relazione a sbumenti della famiglia delle lire (vd. nn. 120 e
137 supra). In proposito si vedano Plat. Lys.209b (cit. supra); Clem. Alex. Paed.2. 4. 41, 4 (ù:1'1lCtJX!l
ICpol)Ot.LEVOV); Sclwl.vet. Pind. Nem. 5. 42a, voi. m P· 94 Drachmann (ò 'A1riiU1tNn8c:ipav~V tq>
icpourov);Sclwl.ree.Pind. 01. 6. 143, p. 230 Abel (&à t11ç~ toù d1\ictpou).
1tÀ:1\ictpq>
162 Vd. n. 185.
163Orph. A,g. 382: n8cipTivµEtà xqxnv Ò4)oo<J<OV. Per un valore più esteso del verbo si veda Non.
Dion. 1. 15: 1touci.ì.ov iiµvov Ò4)ooam("canto un inno variopinto accompagnandomi con la cetra").
164 Kpoùµa è derivato verbale di icpooo creato con l'aggiunta del suffisso indoeuropeo •m +
nasale sonante ➔ µa, largamente sviluppato in greco nella categoria dei neutri con ampliamen-
to in dentale, che indica il risultato dell'azione del verbo (dr. Chantraine 1979, p. 175 ss.).
165 PSorb. 2328 (fr. 64 Austin = fr. 23 Carrara).
166Etym. Magn. p. 153. 32 ss. Gaisfoni: 'Amwloç icpouµata, tT]çn8apaç. o&tmi; 'Apltn~ç cl,u:,
Jtapq>&àv tò tl; "F.pt:x8tfoc;Eùpun&ro ("i suoni della cetra asiatica: cosi disse Aristofane facendo una
parodia dall'Eretteo di Euripide"). Cfr. Aristoph. Thesm. 120 s.: "E celebro anche Latona e i suoni
della cetra asiatica, ben in acconio al mio piede ...". La cetra a cui Agatone, protagonista di que-
sta monodia, si riferisce è - secondo l'antico scoliasta - quella di Apollo, con un'allusione alla
n8c:ipav µattpa iiµv<OV citata da Aristofane nei versi successivi (Sclwl.Aristoph. Thesm. 121, p. 265
Diibner). Resta però inspiegato perché l'autore citi Euripide per parodiare Agatone: con tutta
probabilità l'espressione 'Amciooç1Cpouµata sottintendeva una determinata forma musicale, sug-
gerita al momento della rappresentazione dall'accompagnamento sbumentale.
167 L'ipotesi di datazione dell' Eretteooscilla tra le Grandi Dionisie del 423 e quelle del 422 a.C.
In Rroposito si vedano Carrara 1977, p. 15 dell'introduzione, e Webster 1967, p. 127.
68 Secondo Webster 1967, p. 128 n. 19, questo frammento proviene da una preghiera ad
Apollo contenuta nella parodo. Non cosl la pensa Carrara 1977, p. 31, secondo cui "è difficile
affermare, come negare, che un frammentino come'Amwloç icpouµata derivi appunto dall'in-
gresso del coro". Anche con l'aiuto della metrica non è facile individuare il contesto in cui inse-
rire il frammento, che potrebbe far parte sia degli anapesti di una parodo, ad esempio - u u -
- u u < -u u- > (per un verso di questo tipo, dr. Eur. Iph. T. 149) oppure <u u > -u u-
- u u < - u u > (ibid. 176), sia di una sezione lirica (cosi farebbe supporre l'uso che dell'e-
spressione fa Aristofane, inserendola in una monodia lirica).
169 Eur. Cycl. 443 s. (Aty', (ix; 'Ama&>çOÙICav i\6tov ~V I n8apaç ICÀ,OOlµEV ~ KulCÀ.oJlt'
ÒÀ.O>ÀO'ta);
id. Hyps. fr. 64. 101 Bond (µoooav µi n8apaç 'Ama&>ç&O<icJntcn); Aeschyl. fr. 451e. 7 Radt (. .. Jaç
'Am®[ ... , che è forse possibile integrare come <n8ap>aç 'Ama6<oç>); Strab. 10. 3. 17 (citando il
verso di un poeta sconosciuto: n8apav 'Amàuv po.c,a<OV - si noti l'uso di po.c,am= "percuoto",
affine a quello di icpooo>-).
34 Le paroledelleMuse
170 Webster (1967, p. 18) vede in tale epiteto un complimento o quantomeno un riferimento al
milesio T1moteo, il più famoso tra i poeti-musici del cosiddetto 'ditirambo nuovo'. Come però si
può ben vedere dagli esempi sopra citati, l'espressione era piuttosto abituale nel linguaggio poe-
tico. Un'interpretazione che collega l'appellativo 'asiatica' al culto dionisiaco è offerta da Burkert
1994, in relazione al frammento dell' lpsipile(cit. n. prec.): la cetra asiatica è, in quel caso specifico,
la cetra tracia di Orfeo, che istruisce Euneo, figlio di Giasone, nell'arte delle Muse.
171 Duris FGrHist 76 F 81 apud Ps.-Plut. De mus. 1133c:"la forma della cetra fu inventata all'e-
poca di Cepione, il discepolo di Terpandro: fu detta Asiatica perché la utilizzavano i citarodi
Lesbii, che abitano in Asia".
172 Cfr. Guillemin-Duchesne 1935; Duchesne-Guillemin 1967; id. 1995.
173 La commedia, rappresentata nel 412 a.C., presenta la scena dei grandi politici ateniesi che,
nell'oltretomba, discutono su chi di loro debba tornare in vita per risolvere la difficile situazio-
ne in cui versa la città dopo la spedizione siciliana.
174Cfr. il celeberrimo fr. 155 K.-A. del Chironedi Ferecrate, o le numerose critiche allo speri-
mentalismo musicale che si ritrovano nella produzione di Aristofane.
175 Si veda l'esempio del fr. 81 K.-A. dei Baptaidello stesso Eupoli, per il quale è stata proposta
una lettura che fa rientrare nella violenta critica dei costumi corrotti di Alcibiade, tema centrale
della commedia, la critica allo sperimentalismo del nuovo ditirambo (cfr. Velardi 1982-1983).
176 Cfr. cap. 3. Per una sostanziale identità di significato tra vty~ e upcnçro nella lessico-
grafia antica, si vedano Hesych. v 559 (vtyÀ.aj)t\>(IJV· upcnçrov); id. v 560 (viyAapOl, IIEj)UV((lKpou-
aµa-ra); Phot. p. 447 Naber (vtyÀ.aj)t\>(IJV· upcnçrov· l((l\ ò viyAapoç· 1Cpovµattritç OUXì..ÉICtOU
ovoµa);
Phot. ibid. (viy>.ap0i· upcnaµata l((l\ IIEj)u-pyalCj)OlJOll(Xta);
Suda v 366 (viy>.ap0t· tà upcnaµata l((ll
IIEj)W';.a1Cpouµata).
1 Cfr. Pher. fr. 155. 26 ss. K.-A.(Èl;apµoviouç ÙIIEj)P<,Aaiouç t' avootouç / 1CaìvtyÀaf)Ouç. <OOltEp
u:
tàç ~ouç OÀTJV/ KaµltCÌ>V
µE 1Cauµrotmot); Phryn. fr. 74 K.-A. (<Km Vl>"(Àapouç 8plJvriv. tv o,m
Aaµxpoç Èvwtt8vl]a1CEV
..., con integrazione di Bergk).A questo proposito, si veda Restani 1983, p.
189: "con esso (se. viy>.apoç) viene espressa una delle innovazioni esecutive più caratteristiche di
tale scuola: la fioritura vocale o strumentale all'acuto, nata come abbellimento". Altri passi let-
terari attestano una compresenza di 1Cpouµame upcnaµata, come Luc. Nigr. 15, id. Salt. 2 (citt.
infra cap. 3) e Clem. Alex. Paed.3. 11. 80, 4.
1. La lingua degli strumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 35
178 La testimonianza di Giulio Polluce 4. 83 annovera il lessema viy).apoç tra i suoni auletici,
ma è cronologicamente troppo tarda per costituire una sicura fonte di interpretazione per il
passo in questione (si confronti, a questo proposito, l'articolato sviluppo semantico subito dal
lemma u:pt"'riçro, oggetto del cap. 3).
179 Schol. M Aeschyl. Pers. 940, p. 252 Dahnhardt.
llll Accetto nel testo la correzione di Wtlamowitz aiiÀ.Elin luogo di (l\)Àn (il cannen è chiaramen-
te un'esortazione all'esecuzione musicale). Per quanto riguarda la costruzione, preferisco far
dipendere il dativo Maptav6uvmç Ka).àµmç dal verbo (l\)).É(l) (cosi anche Campbell 1988, p. 263)
piuttosto che da Kpooo>,che regge in genere l'accusativo (come in Luc. Abdic. 22. 21: niv& µiv 't'TIV
tmm,v & µtj), se si esclude l'unico esempio di Athen. 636d (cit. infra n. 223).
cipµoviav K'f)O\lt'.,
181 Il lamento dei Mariandini, popolazione che abitava l'area costiera della Bitinia orientale,
prende il nome dal mitico personaggio di Bonno, antico eroe figlio di Tizio ucciso mentre stava
cacciando, la cui scomparsa è oggetto del 8privoç:per questo motivo gli auloi conosciuti come
Mariandini erano considerati particolarmente adatti alla trenodia (Alexiou 1974, p. 58 ss.).
182 Aeschyl. Suppi. 69 ss.: "Cosi anch'io, desiderosa di lamenti, su toni ionici ("laovioto-1
voµo1m) / consumo la morbida / guancia".
183 Si noti che anche l'aulo viene detto 1toÀ.UX<>pooç già da Platone Resp.399d, con estensione
semantica di X~'l al valore di "nota, suono".
184Suda K'2366: Kpé1CE1v· Km K'pt:KòvtllJII,KpooovtllJll 't'TIVn8apav.
185Aristoph. Av. 682. Per un più antico uso di K'pÉK'EIV in relazione ad uno strumento a corda, si
veda Aie. fr. 303a. 4 V. (xop&nmlitaKpt:ICT)v). In realtà, i lessici antichi glossano KpÉlmv più volentieri
con 11Xrivche con K'f)OUEIV (Suda E 603: ÈK'pt:na· àv-ntou 11Xn;ibid. K' 2368: KpÉKro·tò TtXÌÌl;Etym. Magn.
p. 506. 1 s. Gaisford: ICEf)riç... Jtapà tò Kpénw. oÈ<mv TtXnv). Studi recenti hanno infatti ripristinato
un valore del verbo che non è propriamente quello di "to strike a stringed instrument with the
plectron" (LS/ s.v.) ma, in primo luogo, quello relativo al "risuonare, TtXnv, della ICEf)riçsul telaio"
(Restani 1995b, p. 97) e, attraverso l'immagine metaforica della tessitura, quello relativo al risuo-
nare di uno strumento musicale in senso generale (Mclntosh Snyder 1981,p. 194).
36 Le paroledelleMuse
186Si pensi alla nomenclatura delle note, appellate secondo la posizione delle dita sulla lira
(vd. supra).
187 Da apµoç(I) (= "accordare") viene il valore di apµovia= "accordatura", di qui "scala" (dr.
supra, p. 2).
188 Plut. Quaest. conv. 638b-c. Cfr. Anth. Pal. 16. 8: "Più non potrai nella Frigia nutrice di pini
cantare/ su ben forate canne modulando (Kpoùµa 61' ru-rptjt(l)V ~oµEVoç oovaK(l)V); / nelle tue
mani non più si vedrà l'istrumento d' Atena, / figlio di Ninfa, Satiro, fiorire. / Ceppi ti serrano
adesso le mani: a divina tenzone, / tu mortale, con Febo un di venisti, / e quelle canne che al
pari di cetra (icmv '°pµryyt) sonavano dolci / non un serto ti diedero, ma morte" (trad. Pontani).
Il termine Kpouµa è chiaramente riferito ai suoni prodotti dall' aulo (il carme è dedicato al satiro
Marsia), ma la similitudine con la '°pµ1y!; sembra rafforzare lo slittamento semantico.
189Rispoli 1969, p. 192 e Olivieri-Pannain 1919, p. 104. L'espressione tm tTJçatip1yyoç tT)ç
1CpoooµÉVT1ç (Philo Mech. synt. 4. 77) si spiega non tanto attraverso il senso percussi110
tatç XEPCJÌV
del verbo utilizzato per indicare il colpo sullo strumento, quanto con il suo oramai acquisito va-
lore estensivo relativo al "suonare" qualunque tipologia strumentale.
190 Archyt. fr. 1 D.-K.; Plat. Tim. 67b; Arist. De a11.419b 10 s. (cit. n. 43); Diog. Laert. 7. 55
(citando Diogene di Babilonia); Ps.-Eucl. Sect. can. p. 148. 6 s. Jan (cit. n. 50).
191Ps.-Arist. De aud. 800a 5 ss. Tolemeo riprenderà tale teoria, individuando però un agente
percussivo 'attivo' differente negli strumenti a fiato, l'imboccatura dell'aulo o hypho/mion:l$lì..-
µiou. toutton toù IIÀTlttovtoç(Harm. p. 9. 3 Diiring). Al riguardo si veda Levin 1980.
1. Ùl lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 37
contesti non propriamente tecnici, che ben poco hanno a che fare con ambiti
teorico-musicali 192, come il fr. 51 K.-A. di Teopompo comico: aùÀEÌ.yàp arutpà
/ aut11 ye 1epouµa8' ola tàm Xap1~évT1ç("costei intona con l'aulo / vecchi
motivi come quelli del tempo di Carissena") 193 • La dipendenza dal verbo aù-
Àii. indica chiaramente come qui 1epouµata abbia già assunto il significato di
"suoni, motivi melodici" in senso lato 194•
Le attestazioni di 1epoùµa nei trattati teorici confermano l'avvenuta
estensione semantica al valore di "suono strumentale" tout-court (dove, di
volta in volta, è il contesto a chiarirne la valenza specifica) 195: "Alessandro
nella Raccoltadi notizie sulla Frigiaaffermava che Olimpo portò per primo i
suoni strumentali dell'aulo ai Greci (1epouµata ... 1tpÒ)'tovriç toùç 'Ell:r\v~ 1eo-
µiam)196, e lo stesso fecero i Dattili Idei; ma il primo a suonare l'aulo fu Ia-
gnide, poi suo figlio Marsia, e quindi Olimpo. Terpandro, invece, emulò i
versi di Omero e i canti di Orfeo. Orfeo, da parte sua, non sembra aver imi-
tato nessuno; infatti non e'era stato ancora nessuno, se non i compositori di
aulodie (oi tcÌ>vaù~11e<Ì>v Jtolfltai), ma con questi l'opera di Orfeo non ha al-
cun rapporto" 197• Il ricorrere del lemma 1epouµata in un contesto che cita Ia-
gnide, Marsia ed Olimpo (tutti e tre auleti mitici) 198 ne suggerisce l'interpre-
192 Anche in un'opera come quella di Tolemeo, che pur sottolinea la fondamentale importan-
za dell'elemento 'percussivo' nei suoni prodotti dall'aulo (vedi n. 191 supra), le rare occorrenze
di JCpooo>si riferiscono ancora ai cordofoni (dr. n. 213).
193 Da altri luoghi comici (Aristoph. Ecci. 943; Crat. fr. 153 K.-A.) e dalla testimonianza del
lessicografo Esichio (r 5413) si evince che l'espressione uim XaplçÉVT'lçè proverbiale per indicare
un indeterminato e ingenuo tempo passato; la notizia che Carissena fosse una Cl\lÀfltpiçe poe-
tessa di carmi erotici (Etym. Magn. p. '367. 21 ss. Gaisford) è probabilmente un autoschediasma
che deriva da questo frammento di Teopompo.
194 Preferisco, diversamente dalla traduzione riportata nel comm. ad 943 delle Ecclesiazousae
di Aristofane (Vetta 1989, p. 245 s.: "costei suona COI\l'aulo cose vecchie, e con la cetra roba del
tempo di Carissena"), far concordare l'aggettivo oruqxi con 1Cpouµata. È infatti assente una con-
giunzione (-w, JCai)o un correlativo (µtv, lit:) che separi i due termini.
195Kpouµata mantiene il valore di "suoni strumentali", semanticamente esteso sia a strumenti
a corda che a fiato, anche in Arist. Quint. De mus. p. 31. 24 ss. W.-1.: "La melodia di per sé è
compresa nei diagrammi e in motivi melodici ribnicamente non ordinati, in combinazione solo
con il ritmo nei pezzi e negli interludi strumentali fon t(l)V1Cpol)JJ.(itC1JV in combinazio-
,cm ,cCÌWJJY),
ne invece con la sola dizione nei cosiddetti canti sciolti (n:xuµtvC1JV~µatC1JV)". Per il valore di
,cCÌW>v come "interludio strumentale", cfr. Anon. Beli. 68: tv to1ç ~µaai ,ro-w µroo>..aj3riJCa't,c<i>,..a
("nei canti a volte sono intercalati anche passaggi strumentali").
196Cfr. Clem. Alex. Strom. 1. 16. 76, 6: ,cpouµata lit "OÀuµJtOvòµoiroç tòv cllpuya.1Ca8rutq>,s,p,,ywv
apµoviav JCcn µ1l;o+puytov1Cmµ1çoÀ.lXÌlovMapm'xxv.
197 Ps.-Plut. De mus. 1132e-f. La citazione di Alessandro Poliistore, storico e grammatico vis-
suto nella prima metà del I sec. a.C., è inserita nella parte del De musica di cui è protagonista il
citarodo Terpandro: questa piccola digressione inquadra diacronicamente il personaggio in
questione ponendolo in relazione con i musicisti a lui precedenti, al fine di definire in maniera
più .grecisa quali siano state le sue principali occupazioni ed innovazioni musicali.
1 lagnide era padre di Marsia ed entrambi erano considerati, secondo tradizioni diverse,
inventori dell'aulo: Marsia era a sua volta maestro o figlio di Olimpo, auleta egli stesso.
38 Le paroledelleMuse
199 Cosi anche Huchzermeyer 1931, p. 6 n. 14, mentre di un'altra opinione sono Weil-Reinach
1900, p. 9: ''le jeu des instruments à cordes" (comm. ad /oc., p. 8 n. 22). Per collegare Olimpo
all'invenzione della musica eseguita sui cordofoni, in sede di commento viene riportato il
lemma di Suda o 219: ·oÀ.uµ,wç... ir,tµrov tE YEV<>J1€Voç tllç Kpouµan!ClJç µoucnlClJç
<Kw> tiiç &à t<ÌJY
aùÀ.<ÌJY("Olimpo ... colui che ha iniziato la musica strumentale eseguita con gli strumenti a corda
<e> quella eseguita con gli auli"). Ma il <iccri>è integrazione degli editori. Questo il testo privo
di manipolazioni: "Olimpo ... colui che è l'artefice della musica strumentale eseguita sugli auli".
Per quanto riguarda il terzo lemma della Suda su Olimpo (o 220), che lo collega ad innovazioni
relative alla citarodia, vd. Abert 1995.
200 Lasserre (1954, p. 135) traduce ''les air d'accompagnement à la fltlte", intendendo riferirsi
alla rrassi aulodica.
20 Alcuni editori hanno preferito correggere l'aùÀ.q>6lK<ÌJv di De mus. 1132e in IXÙÀ.TJnKiiiv,
consi-
derando lagnide, Marsia ed Olimpo esclusivamente auJeti, cioè semplici esecutori strumentali,
non auJodi.
202 Anche in Ps.-Plut. De mus. 1133e e Schol.vet. Ps.-Plat. Min. 318b, p. 294 Greene.
203 È questa anche l'interpretazione di Abert 1995 (p. 43). Una recente lettura del passo riferi-
sce invece il termine al vasto ambito della musica a percussione, considerando la radice Kpooo>
nel significato primigenio di ''battere" e trovando conferma nella menzione dei Dattili Idei,
demoni mitici al seguito di Rea/Cibele considerati inventori del ritmo dattilico (Gostoli 1990, p.
95). L'incongruenza apparente, più volte rilevata dalla critica, che emerge dall'associazione di
Olimpo con i Dattili Idei può essere però appianata se si pensa all'importanza che avevano gli
strumenti a fiato nei rituali connessi con Rea/Cibele. Il senso del passo del De Musica acquista
cosi una sfumatura diversa: l'auJetica, inventata da Iagnide, fu 'importata' in Grecia da Olimpo
e dai Dattili d'Ida, e sul loro esempio l'impiego di strumenti a fiato venne successivamente este-
so a tutte le altre cerimonie di tipo dionisiaco.
204 Poeta sconosciuto da altre fonti.
205 Citarodo vissuto tra V e IV sec. a.C., ricordato come maestro di Epaminonda in Com.
N~ Epam.2. 1: non minorefuit in musicisgloriaquam Damonaut Lamprus.
Cit. n. prec. Lampro è nominato anche da Platone (Menex. 236a) come famoso maestro di
musica, paragonato ad Antifonte nel campo della retorica.
20'7Pratina riformò i drammi satireschi, che costituiscono la parte più cospicua della sua pro-
duzione poetica (32 oaruptKcisu 50 lipciµata), elevandoli a forma d'arte drammatica. Il suo fram-
mento più considerevole, uno UltOPXTJµa (fr. 708 Page, cit. n. 211), è tramandato da Ateneo.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 39
dalle espressioni avm/icaw,, chiaramente connesse alla posizione delle corde sulla lira); Aristot.
De an. 424a 30 ss. (cit. supra);Plut. Reg. et imp. apophteg.179b (11f(XÀ.tTIV lit nva jJouAoµtvou ,wpà
&i1tVovbtavop9oùv mnoù icaì.MXÀÒv llq>Ì icpouµa.tOJV,episodio riportato anche in Plut. De adul. 67f,
De Alex. 334c-d, Quaest. conv.634c-d); id. De ls. et Osir. 384a (tà icpouµam riJç ~~; id. Quaest.
conv.706d (tà aù~l\µam icaì.tà icpouµam, espressione atta ad indicare la globalità dei suoni stru-
mentali). Nei trattati di teoria musicale il partiòpio medio-passivo di icpo00>sostituisce talvolta
l'aggettivo ÉVtatoç (vd. n. 51) per indicare la famiglia degli strumenti a corda (icpouoµn,a), distin-
ti da quelli a fiato (CXÙÀ.OUIJEVa): cosi Gaud. ls. p. 337. 9 e 13 s. Jan (iiµa icpoooµtvC1JV,; aùAouµtvOJV);
Ptol. Harm.p. 7. 4 Diiring (q11tvrovtC1JV icaì.icpouovUllV);Porph. in Ptol. p. 40. 14 s. Diiring (m u ȵ-
ltVEl)(Jta.,t6. u ÉVtatà icaì.icpoooµEVaicaì.tà ÙltÒ çqicov ~~a); Poll. 4. 58 (tà 6"opyava tà icpou6µE-
va dmtç àv icaì.ltÀ.llm>µEVa, Èlnl!lalloµEVa). In Arist. Quint. De mus. p. 23. 18 ss. W.-1. l'espressione
tà 1COWl1CIXÌ. tà ÉVtaìç q'>llaiçµroaulticà ,; 111\ÀAÌ icpouµata ("i pezzi strumentali e gli interludi nei
canti, per auloie per lire senza voce") indica chiaramente come il valore di /croumasia circoscrit-
to ai soli cordofoni. Per una diversa interpretazione del passo si veda Mathiesen 1983, p. 89.
214 Cfr. Ion. fr. 5 Gent.-Pr., òt. supra. L'uso di composti è una caratteristica della lingua di
Trmoteo (Brussich 1970, p. 71 ss.) e dell'intero genere ditirambico, secondo quanto riferisce
Aristot. Poet.1459a 8 s. (tò>v6' ovoµa.tCIJV tà µtv &w µa.À.lGtaàpµotm totç &8upa.µ~>tç).
215 Reinach 1903, p. 75; Mazon 1903, p. 214; Paduano 1993, p. 536. Un'ipotesi ulteriore deriva
invece da un esame interno al testo. Trmoteo sembra, infatti, in qualche modo 'giocare' con l'e-
lemento numerico: Terpandro ordinò dieci canti, T1moteo fece fiorire la cetra dagli undici suoni,
il popolo acheo fu fondatore delle dodici rocche di Mileto. Presi individualmente, tali numeri
potrebbero quindi non avere un significato di per sé cosi preciso, ma farebbero parte di un
gioco stilistico che mirava più all'effetto sull'uditorio che al contenuto vero e proprio (per que-
sta osservazione sono grata al Prof. Barker).
216 " ••• e adesso T1moteo ha inventato / per i metri ed i ritmi / la cetra a undiò corde" (trad.
Paduano). Cfr. Mazon 1903, p. 214 n. 4: "Le mot tv&icaicpouµcito1ç est très obscur appliqué à
jroeµoìç". Una ipotesi alternativa è offerta da Janssen 1984, che traduce tv&icaicpouµ6.tolç "with
eleven beats (on the strings)", mantenendo il significato letterale di icpouµa = "colpo, percussio-
ne". T1moteo, nella visione di Janssen, avrebbe realizzato la 1to11C1Àia musicale non tanto aggiun-
gendo corde supplementari, quanto attraverso espedienti tecniò di esecuzione quali, ad esem-
pio, la fermata delle corde e l'utilizzo dello strobilos(un ipotetico meccanismo inserito tra le
corde ai fini di modificarne l'intonazione, secondo Diiring 1945).
217 Cosi anche Comotti 19912, p. 38: "con i metri/ e con i ritmi dagli undiò suoni". Per testimo-
nianze relative all'invenzione della lira a undiò corde da parte di T1moteo, cfr. Paus. 3. 12. 10,
Nicom. Ench.p. 274. 5 s. Jan, Boet. De inst. mus. 1. 1 e 1. 20, Suda t 620, che potrebbero però dipen-
dere tutte dal passo dei Persiani(se si considera il fatto che già Ione di Chio parlava di una "lira
dalle undiò corde", mentre Ferecrate nel Chironeattribuisce a Melanippide, che precede cronolo-
gicamente T1moteo, l'uso di uno strumento a dodiò corde). Si tenga inoltre presente che il testo
dei Persianiutilizza il verbo tçava'tÉllbl (LSJ s.v.: "causes to spring up"), non tçrupiaicm. O senso
della frase potrebbe essere quindi il seguente: T1moteo portò all'estrema fioritura le possibilità tec-
niche di uno strumento che era all'epoca già conosòuto, ma forse non ampiamente sfruttato.
218 Al contrario, fu la parola xopm\ che passò a significare, per estensione semantica, anche
"nota, suono" (vd. supran. 183).
1. La lingua deglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 41
Jouxìµoùvov ~-l
o]uc;tpayq>lìoùçàllà ic~[...... ].v
1C]EVtOpEtpov OÙXéimxç.[. É]ICp()'\)OE
]OEp<O ... ffi~ .... 000\
Auoòv] ltpÒç ai/A.òvÀ. •..... ~~ xop&u;
219 La lacuna metrica prima del verbo (i versi sono giambi scazonti: ~ - v - v - v -
~ -- 0) fa presupporre che esso fosse in realtà un composto di 1Cpouo>. La lacuna consiste-
rebbe quindi in una preposizione che dovrebbe precedere l'aumento (vd. n. 224).
220 O poeta si sta difendendendo dalla critica di JWÀ.urilìaa,cioè dall'eccessiva varietà di gene-
ri poetici da lui affrontati, portando l'esempio di Ione di Chio, poeta tragico del V sec. a.C. che
si occupò di più forme poetiche, tra cui poesia esametrica, tragedia, elegia e lirica.
221 Tale interpretazione trova conferma nel fatto che l'elegia era comunemente accompagnata
dall'aulo (ed eseguita in parakataloge).
222 Tale valore del verbo è attestato con certezza solo a partire dai Problematadi scuola aristo-
telica (cit. infra),opera di incerta datazione.
223Cosi anche in Athen. 636d: Tò 'tOU'tOlç(se. ~1ç) 1CpouEtv. In Nicom. Ench.p. 240. 20 ss.
Jan, il derivato 1Cpooo't6çè utilizzato per indicare gli strumenti della famiglia delle percussioni
('tà 1Cpo'OO'tàòp,yava), mentre in Ps.-Aristot. Probi.19. 10 (cit. infra cap. 3) l'aggettivo 1Cpo'OO'tl1C<>ç,
riferito a strumenti musicali, vale "incisivo, che colpisce l'udito" (come in Plut. Praec.ger. 802e-
f, dove è introdotta una similitudine tra musicisti e uomini politici). Da citare, a questo proposi-
to, anche il composto 1Cpouuça (< 1Cpo\)(&) = "percuotere" + uça/,wuç = "piede"), più spesso
usato nella forma plurale 1Cpo,mEçm, termine che indica uno strumento musicale a percussione
applicato ai piedi degli auleti per battere il tempo, il cui corrispettivo latino è lo sa,bellum, in
pratica un'alta suola fissata al piede dell'auleta con cinghie di cuoio e formata da spesse tavo-
lette di legno tra cui erano posti piccoli cembali di bronzo (vd. Bélis 1988a). Cfr. Poli. 7. 87: "la
kroupo.aera un calzare di legno, costruito per dare l'attacco al coro (riç tvoomµov xopoù)".
42 Le paroledelle Muse
''Tra i ritmi, i più tranquilli sono quelli che inizialmente calmano la mente ini-
ziando dalla tesi (ànò 8ÉaErov)228, mentre quelli che danno il ritmo (triv
Kpoùc:nv) 229 alla voce cominciando dall'arsi (wtò àpaECOV)230
sono agitati" 231• Iter-
224 Nel qual caso l'integrazione ipotizzabile potrebbe essere <int>Éicpooat (per questo stesso
valore del composto, dr. Plut. Dem. 20. 3: "Subito dopo la vittoria, Filippo, fuor di sé per la
gioia, gozzovigliando sui cadaveri, cominciò a cantare (11&:),ubriaco, ripetendo l'esordio del
decreto di Demostene, facendone una divisione ritmica e marcando il tempo (,q,òç ltOOCl &mpcòv
icaì intoicpourov).Per quanto riguarda il sostantivo xop&xç, esso dipenderà probabilmente da un
verbo che fa parte della lacuna: in questo punto l'autore sarà passato a descrivere un altro dei
generi poetici affrontati da Ione di Chio, presumibilmente la lirica, che prevedeva un accompa-
~mento eseguito sullo strumento a corda.
225Per un valore simile del termine suggerito dal contesto, cfr. id. De soli. 973e: àllà tà IIU-11
tfÌ>vaaliri rrmv aùtaiç !ttplo&nç ~oµtv11 icaì µnaPo).àç nciaaç icaì icpouµcitmvOlE~\Oooamvtaç
pueµouç).
226 Cfr. Ps.-Plut. De mus. 1142b (cit. supra)e ibid.1138b-c: "Gli antichi si servivano della varie-
tà nella ritmopea, che era più multiforme (1t0m~); essi certamente tenevano in pregio l'ete-
rogeneità ritmica (T11vp,,8µllC'ÌlV ffOllC\Àiav), e anche lo stile dell'accompagnamento strumentale
era allora più vario (tà JtEPÌtàç icpouaµanicàç & &iliicmuç totr nomÀ.I.OtEp(X 1'v); mentre infatti i
moderni sono innamorati delle melodie (♦lÀ.Oµùriç}, gli antichi adoravano il ritmo (+tA.oppue-
µol)". Per una corretta interpretazione di questo passo, si ricordi la cristallizzazione che pro-
gressivamente si impadroni delle forme metriche, la quale spinse i poeti a concentrare i propri
sforzi creativi su un µÉÀ.Oçsempre più svincolato dalla struttura ritmica che il significante verba-
le le forniva. Sulla funzione essenzialmente ritmica dell'accompagnamento come supporto alla
danza si vedano inoltre Schol. vet. Pind. Pyth. 1. Sa, voi. li p. 9 Drachmann (,q>Òç & tà icpouµata
Elipu8µo>ç e Scho/. ree.Pind. Pyth. 1. 7, p. 432 Abel (IClvo\lµÉvlJ
ai Moùam XOj)f:\)O\lCJl) t0ìç icpoùµamv).
227 Forma nominale in -mç di derivazione verbale che ebbe particolare fioritura a partire dal
V-IV sec. a.C.
228Ad es. il dattilo, considerato un ritmo solenne: OOICt\lÀ.Oçµtv icaÀàtm, fflXV\l6' tatì. atµvoç
(Dion. Hai. De comp.verb. 17).
229 Per Setti 1965 (p. 391 n. 10) questo passo conferma l'antica esistenza di un ictus vocale
nella lingua greca: "quelli che cominciano dalle arsi, inferendo il colpo alla voce (o forse "con la
voce"?), sono impetuosi" (cfr. comm. ad /oc.: "c'è almeno uno scrittore metrico greco che non
trova strano che la voce possa inferire o subire un colpo ... ho suggerito che in latino "accento"
si potrebbe tradurre vocis impressio;non mi sembra impossibile in greco qualcosa come -rijç
+«avilçicpoùmç;l'uno e l'altro, s'intende, non tecnicizzati"). Tale valenza di icpoùalç è però altrove
sconosciuta.
230 Si pensi, ad esempio, al ritmo giambico.
231 Arist. Quint. De mus. p. 82. 4 ss. W.-1.
1. La lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 43
mini <q:>O'lçe 8É<nç, intesi rispettivamente quali tempo 'in levare' e tempo 'in
battere', nella loro accezione originaria appaiono strettamente connessi con i
movimenti di danza 232 (pur se essi assumeranno in seguito significato inverso
con la trasformazione dell'accento musicale in accento espiratorio)233: di qui
l'accezione di x:poùmçquale "ritmo". Tale valenza è sottintesa anche in un
frammento del trentesimo libro delle Storiedi Polibio: ''Lucio Anicio, pretore
dei Romani, dopo aver vinto gli Illiri e fatto prigioniero Genzio, re degli Illiri,
con i figli, nel celebrare i giochi in onore della sua vittoria a Roma fece cose
assolutamente ridicole, come racconta Polibio nel trentesimo libro. Dopo aver
fatto venire i più illustri artisti dalla Grecia e aver allestito un grande pal-
coscenico nel circo, introdusse per primi gli auleti tutti insieme. Questi erano
Teodoro il Beotico, Teopompo, Ermippo, Lisimaco, che erano i più illustri a
quei tempi. Dopo averli sistemati sul palcoscenico, ordinò loro di accompa-
gnare tutti insieme il coro con l'aula (µE'tà'tOÙxopoù aùÀ.Éi.vÈICÉÀroaEVaµa JUXV-
'taç)234.Mentre questi si muovevano attraverso l'accompagnamento strumen-
tale con il movimento ritmico appropriato ('t<ÌJv & &.wropEOOµtvc.ov't~ 1Cpo00Etç
µE'tà -riiçCJ4>µoç00011ç
nv110EO>ç), mandò a dire che non stavano suonando bene,
e ordinò loro di gareggiare maggiormente" 235• Se, con Walbank, diamo all'e-
spressione µt:'tà 'toù xopoù aùÀ.Éi.vil valore di "to accompany the chorus with
their piping", 't~ x:pooonçva qui interpretato, con tutta probabilità, nel senso
di "accompagnamento strumentale" il cui fine è fornire un buon supporto rit-
mico al coro, senso rafforzato dall'espressione µE'tà-riiçapµoçoOOT)ç nv110EO>ç2.J6.
232 "L'arsi dunque è il movimento di una parte del corpo verso l'alto (bn tò civro), la tesi il
movimento di una parte dello stesso verso il basso (m tò icatro)" (Arist. Quint. De mus. p. 31. 15
s. W.-1.).Per un valore simile della radice •icpou- in riferimento ai ritmi, si veda anche Porph. in
Ptol. p. 20. 3 Diiring (ica't otav nç tv pu8µolç icpoÙ<nvTIIC\VllfflV
TI"1JV'ÌVEVIÌO'uµµÈtpo1çJWtllfflltm xp6--
vo1ç); Schol. vet. Aristoph. Nub. 651c, p. 143 Holwerda (fon ò lit pu8µòç icpouµatoç tl6oç icatà 6aic-
wAov, <i> oi mÌÀT1tai);Hesych. 6 143 (6alCt'llAoç·outro icaì..ntm pu8µou tl6oç ,c:aiicpouµatoç).
XP(IJV'tat
233 L'arsi verrà definita, dal grammatico Mario Vittorino, come elatio temporissoni vocis, e la
tesi depositioet quaendamcontractiosyllabarum(cfr. n. 229 supra). Lo studio più recente in propo-
sito (Luque Moreno 1994) considera però tale inversione semantica un "fantasma filologico",
cercando di mostrare l'inesistenza di qualsiasi riferimento all'ictus vocale nelle fonti latine.
234 Cfr. Walbank 1979, comm. ad /oc. p. 446: "µnà toù xopov must be taken with aùAriv (not
with anjaaç)".
235 Polyb. Hist. 30. 22 apud Athen. 615a-c. Per un'espressione che ricorda 6umopruoµtvOJVtàç
icpooonç, cfr. Procl. Chrest.52: KEplÉpXEtattòv icpouaµov.
2.J6Su questo passo si veda il commento di Musti 2000, p. 12 ss.:'1e krouseis... rappresentano
esattamente quel linguaggio ritmico che combina l'uno e l'altro elemento, musicanti e danzatori, e
introduce nella danza, con significativi movimenti e giravolte dei semicori e dei duo musicali, un
dato di 'azione' (azione certo ritmica) in aggiunta al ritmo musicale" (ibid.p. 16). Nell'lllno Orfico
ai Cureti (31. 1 ss.)il composto icpo00tÀIÌpal(lett. "percussori, suonatori di lira") è appellativo dei
mitici ministri di Rea/Cibele connessi a rituali orchestici che rievocano la danza guerresca esegui-
ta attorno a Zeus infante per coprirne, con il rumore delle amù, i vagiti e proteggerlo cosi da
Crono (si ricordi che in rituali iniziatici di questo genere, assimilabili ai riti coribantici e bacchici,
la funzione ritmica della musica era essenziale per il raggiungimento della trance).
44 Le paroledelleMuse
237 Per un valore di 1tp0<1auÀÉcll come "suonare l'aulo all'unisono" con la voce (LSf s.v.), vd.
Poli. 4. 83. Per il corrispettivo valore di xpooxop&,ç,dr. n. 259.
238 Ps.-Aristot. Probi. 19. 39 (cosi come nell'armonia tonale l'accordo di risoluzione in una
qualsiasi tonalità maggiore o minore è reso ancora più gradevole dal ritardo della terza, 4-3,
pro~rio perché la nota che precede la consonanza finale produce dissonanza con la tonica).
Barker 1995, p. 45.
240 Per il valore dell'espressione nìv icpoumvnìv intò nìv <i>61\v, dr. Ps.-Plut. De mus. 1141b (cit.
infra).
241 Plat. Leg. 812d-e: "Per queste ragioni, il maestro di cetra e l'allievo devono usare i suoni
della lira in vista della purezza delle sue note, facendo in modo che i suoni dello strumento
siano all'unisono con quelli della voce (àito&oovtaç ffl)O(Jlopiiatà ~ta toìç ~); suonare
in modo diverso dalla voce (nìv 6' hE~av), far variazioni sulla lira (icm JtOilClÀ.iav tÌlç lupa.e;),
quando le corde danno suoni diversi da quelli voluti dal poeta che ha composto la melodia
(àlla µìv µill\ tcòvxop&ìlvi.Etocòv, àlla liè tou nìv µù.q>&avauv8ÉV'toç ltOll\toù) ... e allo stesso modo
adattare ai suoni della lira ogni sorta di variazione dei ritmi (icm tcòvpu8µcòvIÌXJ(X\)fflçKaVto&xltà
1t0iici4ta-ra !tpO<Japµottovtaç tciim ~iç tiiç lupa.e;), ebbene l'insegnamento di tutto questo non
deve essere impartito ai fanciulli".
242 ll luogo comune che gli antichi accompagnassero il canto all'unisono o tutt'al più all'ottava
si basa unicamente sulla testimonianza di Ps.-Aristot. Probi.19. 18: A1à ti TI6tà lt(X(JCÌ>V ~a
c;&tm µ6Vl\; Mayalìi.çOOOl'yàp t(X\)fflv, alll\v lìÈ ou&µiav ("Perché solo la consonanza d'ottava viene
usata nell'esecuzione vocale? Infatti nell'accompagnamento all'ottava si usa questa consonanza,
non un'altra"). L'accompagnamento in questione è qui indicato dal lemma µaya&~v, che ha il
valore tecnico di "suonare/cantare all'ottava" (Probi. 19. 39: µaya6içoum liè i:v t1J61à 1taofÌ>v
c:ruµ+rovic;t),ma il contesto è qui molto chiaramente circoscritto alla sola esecuzione vocale (alit:tm).
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 45
valli anche dissonanti rispetto alla linea del canto (pur se risulta difficile,
non conoscendo la fonte qui utilizz.ata dall'autore del De musica, risalire al-
i' età cui tale pratica può riferirsi) 251 • L'opposizione icpoùmç/ µiì..oç sembra
quindi divenuta, almeno nell'età in cui fu compilato il De musica,un' espres-
sione tecnica atta ad indicare la globalità dell'esecuzione musicale252, i cui
singoli elementi costitutivi, avendo acquisito un'indipendenza reciproca, ne-
cessitavano di termini ormai ben distinti tra loro.
Kpooolçconferma il proprio valore tecnico di "accompagnamento strumen-
tale" anche in un altro passo del trattato pseudo-plutarcheo253: "Archiloco,
invece, aggiunse la scoperta della ritmopea dei trimetri (giambici), la versifica-
zione in ritmi non omogenei 254, la parakataloge 255 e il relativo accompagnamento
251Gli stessi concetti di 'congiunzione' e 'disgiunzione', di cui non esistono attestazioni pre-
aristosseniche, suonano alquanto stonati citati in relazione ad una forma antica come lo <fflOV-
&ìov (su questi argomenti vd. Rocconi 1998).
252 Cfr. Philod. De mus. 4. 2, col. IV 37 ss. Neubecker (àllà &li ,caì lta.Àat tmv y'"OÀ.uµn(imv)it
wiat11 6(ò)mç où(xì) téii(v) µtlrov ,ca(ì) téiiv ,c(p)oooemv [iìv .... )). A questo proposito, si vedano
anche le fonti raccolte e discusse nel capitolo Melos unti Krusis in Westphal 1883, p. 71 ss.
253 Se tale valore del sostantivo sembra essersi ormai affermato nel De musica pseudo-plutar-
cheo, fonti più tarde come Nicomaco (Il sec. d.C.) e Gaudenzio (IV sec. d.C.) utilizzano però
ancora ,cpoumç per indicare la percussionesulle corde (Nicom. Ench. p. 254. 19 e 26 s. Jan; Gaud.
ls. ~ 338. 4 Jan).
L'autore allude qui alle strutture asinartete, largamente impiegate da Archiloco (vd.
Comotti 1983b, p. 95).
255 In Arist. Quint. De mus. p. 5. 26 ss. W.-1.si parla di un tipo di suono con cui venivano recitati i
testi poetici (µÉmt & ùtàç t<ÌJY1t0ll\111ltOJV intermedio tra la "voce continua" uti-
àvayvoiaaç 1t0l0Ùjl.l"9a),
lizzata nella conversazione (it µh, oùvauvqtiç Èatlv ù 6laÀE'yÒµE9a) e la "voce intervallica" più pro-
priamente melodica (&rumiµanlCll ... ,cm µù.q,6l1Cf11Cw.Èitw). Su questi argomenti vd. infra,cap. 2.
256L'espressione JtEpÌ tauta è riferita non solo alla parakataloge(altrimenti avremmo avuto JtEpÌ
taut11v), bensi a tutto l'elenco che la precede.
257Il senso dell'intera espressione sembra essere che l'alternanza di recitativo e canto, impie-
gata inizialmente con i versi della poesia giambica, fu successivamente adottata dai poeti tragi-
ci e dal ditirambo.
2.58 Ps.-Plut. De mus. 1141a-b.
259 Vd. Plat. Leg. 812d (à1to&6òvtaç 1tpoaxop6a tà ~8Éyµata to1ç ~8Éyµacn, cit. n. 241), e Ps.-
Aristot. Probi.19. 9 (,caitol ltj>ÒO'Xop6a,caì tò aùtò µrÀ.Oç~001v àµ~ttproç- il soggetto sono voce e
accompagnamento-).
1. La linguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 47
,.,.,.
269 Ad es. in Aristoph. Rlln. 1250 (con riferimento ad Euripide) e Plat. Ion 533e. Numerosi i
composti relativi al 'fare' poetico sviluppatisi nella lingua greca, tra cui tpaycpoo1to\oç(Aristoph.
Thesm.30; Plat. Symp.223d), ICOll.lq>ooJtO\Gç (Plat. Symp.223d), &8\lpaµpo1t0l6ç (Aristot. Rhet.1406b
2; ibid. 1413b 14).
270 Philod. De mus. 4. 17, col. XXVI 29 ss. Neubecker: "se dicessimo che il compositore di
musica strumentale (ic[p]ooµat01t0uiv) è un musicista, dichiareremmo anche che i musicisti inse-
gnano cose senza significato e non potremmo chiamare musicisti (µoucnicouç) Pindaro, Simonide
e tutti gli altri compositori di µil11". Cfr. id. De mus. 4. 18, col. XXIX 13 ss. Neubecker, cit. infra
ca~.3.
71 L'associazione tra canto ed accompagnamento è considerata indissolubile fin dalle testi-
monianze arcaiche (cfr. Il. 11. 730 s.: "a uno infatti la divinità concede la forza guerriera, ad un
altro la danza, ad un altro ancora l'arte della cetra e del canto/1Ci8ap\Vicaì <Ì0\6'1jv").Per la fonda-
mentale supremazia della musica vocale su quella strumentale nel pensiero musicale antico, si
veda Ps.-Arist. Probi.19. 10 (cit. infra cap. 3). Per una testimonianza dell'accresciuta importanza
della musica strumentale in età ellenistica e post-ellenistica, si veda invece, tra gli altri, Ps.-Plut.
De mus. 1144c (cit. n. 267).
272Plat. Resp.398d: tò µ.ÉÀ.oçtictpuÌJVÉcmv avyicriµevov. ).oyou u: icm àpµoviaç icaì pu8µoù.
273 Su questo argomento si veda Wallace 1994 (successivamente ampliato dall'autore in
Wallace 1995).
274Suda a 1920: àvaicpoooµE8a· o'iovàvmtpo0\µ1açoµE9a.
275Suda a 2209: àvEjkillito· 1tpo0\µuiçno, àvEicpouno. Cfr. Schol. Horn. Od. 8. 266, p. 378
Dindorf (~to· Eust. ad Od. 1. 155, voi. I p. 39. 45 Stallbaum (tò &:
àvEicpouno, ltj>OO\µlal;Eto);
wçàaoµevoç. t'ito\ ltJ>OOlµuiçcto);Schol. vet. Plat. Phaed.107a, p.
àvEIJ<illE'to.àv-d toù ltj>O(XVEICJ>OUEto
14 Greene (àvaf3<illo1to, àvaicpouolto). In alcuni carmi di Teocrito, però, i verbi àvaicpoooµm e
àvaj3alloµm non sono precisamente sinonimi, in quanto àvaj3alloµm significa più semplice-
mente "dare inizio" al canto: si vedano, ad es., Teocr. Id. 6. 20 (t<i>6" èm Aaµoitaç àvEjkiU.Eto ICaì
too' cw&v) e 8. 71 (&utq,oç aù ~e; Myup<i>c;
àvEfkillit' <iEi&v).
276Suda a 2209: àvajk>).àç yàp icaì tèu; àva1Cpoucmçicaì tèu; àpxaç.Per una trattazione sistematica
dello sviluppo semantico del lessema àvajk>).'ljsi vedano le differenti posizioni di Pagliaro 1953,
pp. 41-62; Restani 1983, p. 147 ss.; Restani 1984, p. 204; Comotti 1989.
1. Ul lingua deglistrumenti: il lessicotecnicodei cordofoni 49
to" 277• Questo sembra infatti essere il significato dei lemmi in Teocrito Id. 4. 31
s. (" ... anch'io sono un suonatore,/ faccio bei preludi strumentali- cxyJq)O\Xr
µm- alle arie di Glauce e a quelle di Pirro") e in Strabone Geogr.9. 3. 10 (" ... e
ai citarodi aggiunsero auleti e citaristi che suonarono senza cantare - xropì.ç
ci>mlç JJS, producendo una melodia che è chiamata nomosPitico. Le sue parti
sono cinque: àyicpoumç, àµJtnpa, Ka'talCÙEOOµoç, iaµpo1 e OOIC't'l>ÀOt,<ropt-yyEç •••
attraverso questa melodia si vuole celebrare la lotta di Apollo con il dragone,
mostrando l'àyicpo001.çcome il preludio - 'tÒ 1tpo0iµ1ov-, l'àµ1tElpa come la
prima prova dell'agone, il Ka'talCÙEOOµoç come la vera e propria lotta")279.
Sembrano invece attestare un significato più generale del verbo, vale a
dire "intonare un canto", alcune testimonianze lessicografiche (Suda, Fozio)
e scoliastiche280. Anche il verbo àvajxiUoµm, citato tra i sinonimi di àva-
Kpoooµm, sembra ampliare il proprio valore originario in epoca tarda 281•
......
L'ultima serie di composti di tq>OOO> oggetto della nostra analisi è riferita da
fonti piuttosto tarde come i trattati anonimi sulla musica pubblicati nel 1841 da
F. Bellermann e gli Harmonicadi Manuele Briennio: ''la proJcrousism, quando ci
sono due suoni di tempo minore, è questo: due note che muovono dai suoni
gravi verso gli acuti sia in maniera diretta (come sol-la),sia attraverso il salto di
una terza (sol-la;,t),di una quarta (sol-do),di una quinta (sol-re). L'ekkrousis 283
777 Cfr. Schol. ree. Plat. Thaet. 175e, p. 436 Greene (t6 u yàp 1tpo1CpO'llµa -riìc;n8cipac; avafk>À:r'l
l«Witat) e Schol.vet. Pind. Pyth. 1. 5d, voi. Il p. 9 Drachmann (tàç av~c; Kaì ICpO\l(mc;,dove
i due lemmi sono utilizzati per distinguere le introduzioni 'vocali' e 'strumentali').
278 L'espressione xropìc;<i>m,c; conferma che il preludio era puramente strumentale.
'Zl9 Cfr. Plut. Sept. Sap.Conv. 161d: "e, dopo aver prima intonato un preludio (ltj)O(lVaKpoooci-
7, che invocava gli dei del mare, cantò il nomos(se. Pitico)".
Sudaµ 1445 (upì 'Ayci8wv6c; ♦'lffl toù lto\TltO'\I.wc;
À.ElttàICUÌàyiruMJ avalCpoooµÉVOU µil11); Phot.
Bibl. 509a (àva1Cpouoao9m µ0.oç); Nonn. Dion. 25. 425 (àva1Cpooovta µH.oc;); Schol. Aristoph.
Thesm.100, p. 265 Diibner (wc; À.ElttàKaì àyiruMXavaKpoooµivou µil11 tO'\I'Ayci8wvoc;).Un frammen-
to comico (Autocr. fr. 1 K.-A., databile all'incirca tra V e IV sec. a.C.) utilizza il verbo avaKpooo
nel suo significato più letterale, quello 'percussivo': Kava1Cpooooom XEfX>ÌV (il soggetto sono le
fanciulle Lidie, forse le TuµJtaV\otai che danno il titolo alla commedia).
281 Cfr. West 1981, p. 122 ("Later writers use avajkiU.to9m rather loosely of beginning a song,
etc., with or without accompaniment") e Restani 1983, p. 156 ("negli scrittori ellenistici e post-
ellenistici, avajkiU.to9m ha i valori di 'incominciare un proemio', 'preludiare con la poesia', o
genericamente di 'suonare' ... ").
282 npoKpouoic; eonv evoc;. toùt' fonv H.anovoc; xpovou 6uo JlÉÀ.11, toùt' fon 6uo +96yy0\ à,tò tcàv
j3apéU1V m tà òçta o\ov àptooic; µìv Flu)C, qiµtooic; lit &à tpuÌJVFu, &à uoo<iprov F '1, lità uvu F <. Il
riferimento di questi termini alla pratica strumentale è confermato dalla testimonianza di
Bryenn. p. 310. 26 s. Jonker: ... 1tpo1Cpooolc; µtv Èonv h tou ~ttpou ~ rn't tò oç'UtEf)Ov Katà
µiloc; òpyavlKÒv mtamc; 1't0\ avcioomc; (per il valore dell'espressione òpyUVlKòvvd. Anon.
JlÉÀ.oc;
Beli.29-30: ÒpyaY\KÒV lit µiloc; UyEtm tò tlCtCÌJV ouv~u:µtv11JVàlltjì.o,c; ~- oKllÀntm Kpoùµa).
283 "EICICpooolc;lit tà ÙIIEVavtiatomo,c; à,tò tcàv òéj,llJVÈ1tÌ tà papta o\ov àptooic; µìv C F, qiµtooic; lit
lità tpicàv u F, lità uoo<iprov '1 F, lità ntvn: < F. Cfr. Bryenn. p. 310. 30 s. Jonker:'ElCICpoOOlc;lit tà
50 Le paroledelleMuse
invece indica il contrario: dai suoni acuti a quelli gravi, sia attraverso il moto
congiunto (come la-sol),sia con l'intervallo di una terza (la:;t-sol), di una quarta
(do-sol), di una quinta (re-sol).L'ekkrousmos si ha quando in mezzo alla stessa
284
nota ripetuta due volte ricorre una nota più acuta, come sol-la-solo la-la:;t-la'''JBS.
Se il tecnicismo prokrousisindica il movimento melodico, per cosi dire,
'ascendente' verso l'acuto (à1tò 'tcÌ>vJiapérovÈm'tà ò~éa) nell'ambito di una
melodia strumentale (x:a'tà ~ òpy<Mx:ov),la sua controparte prolepsisindica
lo stesso movimento in una melodia vocale (x:a'tà µ0001.x:òv~ 286• Il corri-
superstiti porta però a concludere che era il moto congiunto a prevalere ri-
spetto agli altri intervallim. Inoltre il salto melodico, secondo gli esempi sopra
ilJtEVavriatouto1ç Tjto1rutò toù òçuttpou +eoyyoutm tò IJapuupov Katà µiloç òpyav11Còv àw:mç. i)v nw~
KCIÀ.800\V ~• fV r.çw8Ev.
284 "Enpouaµòç lìÉ:tanv. otav toù mitoù +eoyyou &ç ).aµllavoµtvou µtaoç ,uxpai..aµjkivT)tmòçuupoç
+eoyyoçOlOV F C F fui C u C . Secondo Bryenn. p. 312. 7 ss. Jonker, ekkrousmosindica invece la
nota di volta 'discendente': tKJCpou<a)µòç lìÉ:.otav toù aùtoù +eoyyou01çJCatà µiloç òpyav\lCòv).aµJ3a-
voµtvou µtaoç IJapuupoç ~yyoç òµoiroç JCatà µiloç òpyavtKÒvltap(lÀAXµl}<iVT)tm. Il movimento melo-
dico ascendente in Briennio è indicato dal termine prokrousmos(ibid. p. 312. 3 ss. Jonker): ,rpolC-
po'U(a)µòçlit. otav tou aùtou +eoyyou&ç JCatà µiloç òpyaviJCòv).aµllavoµtvou µtaoç òçuupoç +eoyyoç
òµoiroç JCatà µÉkoç opyavuc:òv napaÀaµ~avT)tm. È evidente che il compilatore degli Anonimi
Bel/ermannianiha saltato la descrizione del termine ekkrousmosed ha attribuito ad esso la descri-
zione corrispondente a prokrousmos:l'ordine è correttamente conservato in Briennio.
285 Anon. Beli. 6-8 (cfr. ibid. 88-90).
286Cfr. Anon. Beli.4 (npokTJ'lfiçtcmv tK tou J3aputtpou +eoyyoutm tòv òçuupov JCatà µiloç brita<nç
i\to1 àvooomç) e Bryenn. p. 308. 19 s. Jonker (npoÀTJ'lflçµèv oi,v fonv ÈJC toù J3aputtpou +eoyyoutm tò
òçuupov JCatà µoU<nKòvµiloç britamç i\tm àvooomç). Un'interpretazione diversa è fornita da West
che, notando come tutti gli esempi degli anonimi di Bellerman riportino i simboli della notazio-
ne strumentale e non tenendo conto della testimonianza di Briennio che distingue tra mousikon
ed organikonmelos, fa una semplice differenziazione di tipo ritmico (West 1992, p. 204). Secondo
la sua lettura, prokrousised ekkrousisindicano le stesse figure melodiche, ascendenti e discen-
denti, designate dai termini prolepsis ed eklepsis, dimezzate però nella loro durata temporale
(dr. l'inciso in Anon. Beli.6: tout· fonv tì..rittovoç xpovou òoo µÉÀfl).
287Cfr. Anon. Beli. 5 ("E1CÀTJ1V1c; lit tà ùuvavtia toùto1ç ànò tmv òçutéprov tm tà ~a àvt:mç) e
Bryenn. p. 310. 3 s. Jonker ("E1CÀTJ1V1c; lit tà \lllt'.vavtia touto1ç i\to1 rutò toù òçutépou tm tò ~uttpov
Katà µoU<nJCÒv µt>..oçàvt:enç). Il termine ÀÌ11tllc; (< ).aµ~ro, lett. "presa" - se. delle corde -) è riferi-
bile al canto perché regola, secondo Aristide Quintiliano, la 'scelta' della tessitura nella melopea
(De mus. p. 29. 2 ss. W.-1.).
288 Bryenn. p. 310. 20 ss. Jonker.
289 Quando una melodia era composta per note in successione diretta si parlava di IÌYIIJ'Yll,
mentre quando le note della melodia saltavano a gradi non adiacenti si aveva il fenomeno della
AAO!Clj (Arist. Quint. De mus. p. 16. 19 ss. W.-1.).
290 Vd. West 1992, p. 191 s.
1. LAlinguadeglistrumenti:il lessicotecnicodei cordofoni 51
291 Bryenn. p. 308. 27 ss. Jonker: "ma qualora volessimo creare una prolepsismelodica parten-
do dalla proslambanomene,saremmo costretti a limitarla alla quinta; se partissimo invece dalla
hYr;:J_eI alla quarta".
Quel che in definitiva traspare dal linguaggio più arcaico è come esso
fosse prevalentemente concreto, legato all'oggetto e alla sua ricezione, inca-
a. Terminidellasferatattile
302 Si tenga presente che, all'origine del pensiero antico, non esistono proprietà distinte dalle
sostanze (cosi come ugualmente moderna è la distinzione tra percettoe concetto).Sullo sviluppo
dei concetti logici nella filosofia antica si vedano le belle pagine di Jaeger 19983, p. 277 ss.
303 Havelock 1983, p. 273 ss. e, più in generale, Ong 1986, p. 79 ss.
304 Plat. Euthyd. 281d; dr. id. Theaet.174e e Soph. 232a; Aristot. De an. 420a 27 ss.; Ptol. Harm.
p. 5. 24 Diiring; Schol.Il. 3. 152b, voi. I p. 386 Erbse. Vista e udito (come sottolinea Hagège 1989,
in uno studio dedicato alla genesi e allo sviluppo del linguaggio) sono sensi che permettono
entrambi una ricezione differita nello spazio, non vincolando cioè la ricezione dell'oggetto alla
sua immediata prossimità: proprio per questo motivo essi si sono rivelati cosi fondamentali allo
sviluppo della comunicazione linguistica.
305 Ps.-Aristot. De audib.803a 13. Sull'importanza fondamentale del tatto come senso di vitale
im~rtanza per uomini e animali si veda Aristot. De an. 434b 23 s.
Cosi ancora Philol. fr. 6 D.-K. (àpµoviru;µtyr8oç, riferendosi all'ottava); Aristox. Harm. p. 7.
19 ss. Da Rios (cit. n. 440); Porph. in Ptol. p. 61. 30 ss. Diiring (citando Teofrasto: "cosi essi - se. i
pitagorici - dicono che la musica consiste di quantità/tv JtOOOtTl'tl, poiché le differenze esistono
sulla base della quantità"); e cosi via. Si dr., in proposito, ciò che afferma un filosofo contempo-
raneo sulla percezione dei fenomeni musicali, senza alcun riferimento al mondo antico: "Dal
punto di vista della costituzione percettiva, sono i momenti pratico-tattili, piuttosto che quelli
legati alla visualità, a fornire la nozione primariadella materia ... subito ci imbattiamo nella
matericitàfenomenologicadei suoni, nel fatto cioè che i suoni si manifestano corposamente,come
massesonorei cui caratteri possono essere avvertiti come una trasposizione sul piano uditivo
delle proprietà delle sostanzemateriali come il legno o il metallo" (Piana 1991, p. 104 ss.).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 55
traria (dal punto di vista cioè di chi lo percepisce) è descritto invece come
"acuto", ad es. in Sofocle El. 243 (~utovrov yorov) ed Euripide Phoen.883 (m1C-
poùçyoouç). Entrambi gli aspetti sono ben rappresentati nell'esempio omeri-
co di Il. 18. 70 s.: "E ad Achille singhiozzante (tq> aè papi>otEV<ixovt1) s'avvi-
cinò la madre augusta, e con lamento acuto (~ù aè 1Crote00aaa)prese la testa
del figlio e disse piangendo parole fugaci (btta 1ttEpotvta)". È evidente come
tale aggettivazione rifletta il punto di vista del personaggio maschile,
'oppresso' dal proprio dolore e 'colpito' abexternodal lamento materno.313•
30'l In Top.106a 16 ss. Aristotele afferma che "non sarà lo stesso acuto (tò wtò òçu) a risultare
contrario sia dell'ottuso (t<i>tiµID,ii) che del grave (t<i> !Japii), eppure l'acuto è contrario ad en-
trambi. D'altra parte il contrario del grave, rispetto alla voce, è l'acuto, rispetto al peso il legge-
ro (tò IC~V )".
308 Su questa aggettivazione si vedano le pagine 218 ss. di I<aimio 1977.
309 Cfr.11. 17. 89 (òçù Po1\<Jaç),17. 256 (òçù 6°ci1toucmr), 18. 71 (òçù &: ic(l)ICl)(Jaoa),22. 141 (ò 6' t-y-
yu8tv òçù À.ÙT11C<oç). Con lo stesso valore si vedano anche gli aggettivi &atopoç ("penetrante,
acuto", vd. Suda s.v.), detto della tromba in Aeschyl. Eum. 567 (&atopoç Tup<nJvtlCTI aaÀ.lnyç}e
della voce in Joseph. Aav. Ant. /ud. 10. 8 (µriçovt icaì &at6pq>~ ~); 1U1Cpoç(cit. supra n. 298);
&aiq,ucnoç ("che penetra profondamente"), detto del grido in//. 8. 227, 11. 275, 11. 586, 12. 439,
13. 149, 17. 247 (~ li: &mqni<nov), della cetra in Hymn. Hom. 5. 80 (&impucnov 1Ct8apiço,v)o, più
genericamente, del rumore prodotto dal tuono in Soph. Oed. Col. 1479.
310 Più spesso òçuç è utilizzato in riferimento al ptAoç(I/. 4. 126, 4. 185, 11. 269, 11. 392, 11. 845,
20. 437) o allo çi~ (4. 530, 12. 190, 14. 496, 20. 284, 21. 116). Per un uso dell'aggettivo in riferi-
mento ad altri sensi, come gusto e odorato, cfr. Xen. Cyr. 6. 2. 31, Plat. Tim. 74c, Diph. fr. 18. 1 K.-
A., Aristot. De an. 421a 30; per la vista vd. Pind. Nem. 10. 62 e Plat. Phaedr. 250d.
311 n.1.364,8.334,9. 16, 16.20, 18.10, 18.78, 18.323,23.60;0d.4.516,5.420,8.95,8.534,10.16.
312 Il primo vero e proprio riferimento dell'aggettivo f3apuçalla parola +eoyyoç è in Od. 9. 257:
liaaavtOJY~v u papùv wtov u KÉÀlalpOv (il mostro è Polifemo). Questa espressione può essere
messa a confronto con la "voce tonante" (13af>u1Ctu1toç)di Zeus descritta dall'Inno omericoa
Demetra (v. 3) o da Esiodo Op. 79, Theog.388 e 818, in quest'ultimo caso con riferimento a
Poseidone, I' 'Evvooiymoç ("scuotitore di terra"). Il contesto è comunque sempre relativo ad un
suono che spaventa, atterisce: è detto dei leoni in Hymn. Hom. 5. 159 (~ u Arovto,v) e
in Pind. Pyth.5. 57 (IJapuicoµitOl).
313 Si confronti qui la duplicità delle espressioni utilizzate per rendere più esplicita l'incisività
del lamento materno, òçù icm1CU<Jaoa ed biro KupoEVta (su cui vd. n. 319).
56 l.RparoledelleMuse
314 Come appare già in Platone (Crat. 399b, Symp. 187a-b, Phaedr.268d, Phil. 17c, Tim. 80a, cfr.
Xen. Cyn. 6. 20), nella maggior parte dei casi con riferimento all'accento musicale della lingua
greca, il tovoç triç +rovriç(cit. supra). Concordo con Steinmayer (1985, p. 143) nel ritenere la
descrizione del suono òç~oç prodotto dalla 1tT11Criç (Tel. fr. 810. 4 Page) come una semplice
ag~ettivazione tesa a descrivere "the emotional perception of the péktis's sound".
15 Come sottolinea anche Barker 2000.
316 Varro fr. 47. Tolemeo (Harm. p. 6. 14 ss. Diiring), trasferendo le proprietà dei corpi che pro-
ducono il suono ai suoni stessi, parlerà delle loro differenze qualitative e quantitative (6ux~pàç
Katci u tò 1tolòvKCXÌ 1Catàtò 1tooov) in termini di "costituzione corporea" (1tapà tàç oroµanKàç
<ru<Jtciaaç).
317 Prisc. lnst. Gramm. 1. 4.
318"Aµj3À.uç è detto dell'udito (e della vista) in Plat. Euthyd. 281d e Ps.-Aristot. Probi.7. 5.
319 È interessante notare che la metafora del suono "acuto", che colpisce l'uditore come una
freccia, può ricollegarsi alla metafora delle "parole alate" (Èltw 1ttEpOEVta) nell'interpretazione
data da Durante 1976, p. 126 ss. Egli osserva che il perno della metafora non sarebbe il parallelo
parole-uccelli, in quanto in Omero 1tu:p<>Elç non è mai epiteto degli uccelli, ma quello parole--
frecce: "alate", anzi "pennute" sono le parole perché "volano ben dirette, sono adeguate alla si-
tazione, ben imbroccate, EÙ<Jt<>xa ... l'immagine della parola scagliata qual freccia è oltremodo
cara alla grecità". Si noti che, nella trattatistica teorica, sarà proprio la velocità (taxu-niçl dello
JtVri,µaa rendere la phòne òçna, cioè in qualche modo più incisiva, centrante con più precisione
e forza il suo obiettivo <Ps.-Aristot. De aud. 803a 7 s., cfr. Archyt. fr. 1 D.-K.: "anche quando, par-
lando o cantando, vogliamo emettere una voce forte/µqa e acuta/òçu, mandiamo il fiato con
forza/o~ ... questo accade come per le anni da getto/<OOltEj) tm j3r)..<òv:quelle lanciate con
violenza/ioxuproç vanno lontano; quelle lanciate debolmente/ ào8tvroç vanno vicino"). Sul-
l'espressione "scagliare la voce" (òlt(l iévm), dove 'lT1µ1 è in Omero usato con particolare frequen-
za a J'roposito delle frecce, si veda Laspia 1996, p. 87 ss.
32 Una prospettiva simile (dall'esterno verso il soggetto senziente o viceversa) è ricostruita
da Spatafora 1996 per le due differenti modalità del "gioire" espresse dai verbi xcrif)(I) e 'Yl')8rm.
Sulla fisiologia del lamento e sulla 'fisicità' del dolore psichico si veda invece Spatafora 1997.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 57
321 Archyt. fr. 1 D.-K (ci taxèia lcivamc;ò!;ùv 1t0tèi, a & ~a paçùv tòv àxov); Plat. Tim. 80a
(ooot +eoyyot taxà.c; u: 1Caì.~e; ò!;à.c;u: K"aì.papric; "1ivovtm); Aristot. De gen. an. 787a 30 s. (tò &
t~ù ò!;ù ev~ù).
22 Ps.-Aristot. Probi.19. 37 (cfr. id. Probi.11. 13, 11. 19, 11. 53). Per un'analisi delle conseguen-
ze di questa concezione quantitativa del suono in vista di una verticalizzazione dello spettro
sonoro (in cui all'opposizione 'acuto' /'grave' viene a corrispondere una localizzazione
'alto' /'basso' come conseguenza della 'gravità' o 'pesantezza' dei suoni-corpi) si veda Rocconi
2003a.
323 Aristot. De an. 420a 29 ss.: "Questi termini - se. tò ò!;ù K"aÌ. tò papu- sono usati per metafora
dal tatto (1Catà µEta+opàv ootò tii:NmCÌ>V): il suono acuto (tò ò!;u) colpisce i sensi in poco tempo
per un ampio tratto, il grave (tò papu)in molto tempo per un piccolo tratto ... Tali qualità del
suono sembrano avere un'analogia con l'acuto (ò~ri) e l'ottuso (àµjiÀri) percepiti dal tatto.
L'acuto infatti, per cosi dire, punge (K"tVtil), mentre l'ottuso spinge (cri8tl)" (cfr. Top. 106a 16 ss.,
cit. n. 307). In età più tarda, si veda ancora Sext. Emp. Adv. math. 6. 40: "Il suono, da parte sua, è
acuto o grave, e ciascuna di queste due qualità prende metaforicamente il suo appellativo dai
dati sensibili del tatto (ciJtòtii:NJtq>Ì -nìv °"riv aia8TJtrov). Come, infatti, il linguaggio ordinario ha
chiamato "acuto" ciò che si presenta pungente o tagliente al tatto, e ha chiamato "grave" ciò
che provoca una contusione o una compressione, allo stesso modo chiama anche acuto quel
suono che, per cosi dire, taglia l'udito (oiovrl ttµv{)U(Jav-nìv a1Cotjv)e grave quello che, in un certo
senso, lo contunde (fiicJJtq> 8À.<00av )".
324 Porph. in Ptol. p. 82. 5 Diiring (cfr. Nicom. Ench. p. 243.1 Jan). Per lo sviluppo di questa
concezione del suono, che passa attraverso una mediazione prevalentemente 'visiva', vd. infra,
s~lmente la n. 441.
325 Aristot. De gen. an. 786b 9 s., 787a 4 s., 787a 12 ss.; id. Hist. an. 545a 6 ss.; id. Rhet. 1403b 29
(cit. n. 96); Ps.-Aristot. Probi.7. 5 e 11. 37; Porph. in Ptol. pp. 40. 9, 47. 7 e 57. 11 Diiring; Joseph.
Flav. Ant. /ud. 10. 8 (cit. n. 309). Cfr. Ptol. Hann. p. 65. 17 Diiring (tò µtyE8oç nic; +rovi1c;); Aristot.
De gen. an. 786b 33 s. e 788a 31 s., Ps.-Aristot. Probi.11. 35, Porph. in Ptol. pp. 57. 6, 57. 13, 80. 20
Diiring (µt1Cpòv1Caì.µtya +efyyta8m); Ps.-Aristot. Probi. 19. 42, Porph. in Ptol. p. 8. 5 Diiring (in
riferimento ad ~xoc;); Xen. Cyn. 6. 20 (detto dei tòvo1 tric;~11c;,gli accenti musicali della lingua
greca). Per uno studio monografico sull'aggettivo µtyaç si veda Bissinger 1966, specialmente le
pp. 113 e 241 ss.
58 Le paroledelleMuse
voce grande (11µeyw.:ri'6JVTI) consiste nel movimento di molta aria (tv 'tQ> 1t0À.ùv
àtpa IC\vnv)" • Si tenga presente che già per Aristotele µey~a
326 e µucpo+o>-
via327sono concetti ben distinti da quelli di 'acutezza' e 'gravità' della voce328.
Le prime accezioni acustiche di termini connotanti 'grandezza' sono
quelle delle formule omeriche µtya <J'tEVaxiçE'to 329 e µtya iaxov330(o µtya potj-
aaç).331,nelle quali la presenza del neutro con valore avverbiale, come nel
caso di µtya <J'tEVaxiçE'toyaìa ("la terra gemeva ampiamente - se. producen-
do un rumore di grandi dimensioni -") 332 , o la concordanza dell'aggettivo
con il sostantivo ì.ax11(µeyw..1]ì.axij = "con grandeclamore"), confermano l'o-
riginaria raffigurazione del suono (grido o lamento) come corpo fisico.
Tale valenza concreta, oltre che nell'uso di questi stessi aggettivi in rife-
rimento alle corde dello strumento o allo xvruµcov333, resta nella descrizione
dell'intervallo (3\a<J'tllµa) come "grandezza" (µÉyE8oç):"in senso propria-
mente musicale, l'intervallo è una grandezzadi suono (µÉ'yE~ +o>VTJç) circo-
scritta da due note (intò 6uriv ~rov JtEPlYEYpaµµÉVrov)" 334• Nello specifico il
termine 'tovoç, quando assume il valore di intervallo tonale, viene definito
335, così come la 3i.Emç,il più piccolo intervallo di un
quale µéy€8oc;notòv +o>vi\c;
sistema musicale, è detta 'tÒµucpo'ta'tov'tf\c;+o>vi\c;Stoo'tllµa 336• Sul senso già in
qualche misura 'astratto' di queste espressioni si parlerà nuovamente e in
maniera più estesa nella sezione dedicata alle metafore visive.
326 Ps.-Aristot. Probi.11. 3. Cfr. Plat. 7im. 67c ("se il movimento è grande/lJE'YllÀl'IVil suono risulta
forte/110U11V,altrimenti è debole/oµucpciv") e Nicom. Ench. p. 243. 5 ss. Jan ("se una pen:ussione o
un'emissione di fiato che viene a cadere sull'aria circostante, colpendola in molte parti, è
forte/110Uoù, si produce un suono potente/lif'Y(XÀl'IV ... +oM\v,
debole/µucpciv nel caso contrario").
327Cfr. l'òÀ.lyo+wvadi Arist. Quint. De mus. p. 41. 7 W.-1. Su un uso di 1t0A.uçaffine e quello di
µtyaç si veda Kaimio 1977, p. 32 s.
328 Aristot. De gen. an. 787a 2 ss. (cit. n. 96). Cfr. Aristot. De an. 422b 29 s. Sulle cause fisiche
della "intensità" (µtyE8o<;) del suono, si veda Ptol. Hann. p. 6. 27 ss. Diiring: "la differenza relativa
alla violenza del corpo percussivo (,rapà n'iv toù Mt\novtoç ~iav) può essere la causa della sola
intensità (JIE'fÉ90')ç ... µovov aitia), non di acutezza o gravità" (in proposito si cfr. Porph. in Ptol. p.
63. 30 ss. Diiring, cit. infran. 356 e i passi di Platone e Nicomaco, citt. supran. 326).
329 li. 2. 784, 7. 95, 16. 391 (µq<il.a awvaxoum), 16. 393 (µcyàì.a awvcixovto), 23. 172 (µcya)..aatt-
v~c;\. 506, 5. 343 (µtya iaxouaa), 14. 421 (µtya icixoVttç), 15. 384 (µcyciA.1:1iaxij), 17. 213, 17. 317,
18. 29 (µcyciA.'laxov), 18. 160 (µtya icixCIJV),18. 228 (µcyciA.'laxd, 21. 10 (µcyciA.'iaxov), 23. 216 (µtya 6'
laxE). Cfr. Od. 9. 392 (µcyàì.a iaxovm), 10. 323 (µtya iaxouaa); Hymn. Hom. 2. 81 (µcyàì.a iaxoooav)
e 82 (µtyav yoov).
331 Il. 17. 334. Cfr. ibid. 4. 425 (µcyàì.a ~), 14. 393 (µcyci).q>ciA.ai..1"1teì>),
14. 399 (µtya pPéµEtm),
16. 429 (µcyàì.a tlciçovtt).
332 Vd. Spatafora 1997, p. 9 (sulla famiglia semantica di attvro): "i termini di questa famiglia
indicano il rumore provocato da una massa che fa pressione su un'altra massa".
333 Ps.-Aristot. De audib. 800a 31 e 800b 16.
334 Arist. Quint. De mus. p. 10. 18 s. W.-1. (cfr. Aristox. Hann. p. 49. 17 Da Rios e Bryenn. Harm.
p. 98. 11 Jonker).
335 Arist. Quint. De mus. p. 20. 2 s. W.-1.(cfr. Cleon. Is. p. 202. 16 ss. Jan).
336 Arist. Quint. De mus. p. 12. 7 W.-1. (cfr. Porph. i11 Ptol. p. 31. 19 Diiring).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 59
m Cfr. Il. 9. 618, 18. 541; Od. 3. 38. Per una descrizione delle componenti della~, che pre-
sentano 1t0Uàç icaì lìux~pouç lìuvaµaç descritte con questo stesso tipo di aggettivazione, dr.
Dion. Hal. De comp.verb.12 (tpaxÉm Aria µiayovta icaì atl11po1.çµ<XÀ.aicà icaì icaic~o,ç ~a).
338 Cfr. cap. 1, spec. n. 64.
3.39 Ad es. il lìlatoviicòv µaAaicov presenta la seguente successione ascendente di intervalli al-
l'interno del tetracordo: 1/2 tono, 3/4 di tono, 5/4 di tono (presenta cioè la lichanosabbassata di
unJ,uarto di tono rispetto al diatonico "teso": semitono, tono, tono).
Cfr. Anth. Pal.5. 99. 1 s. (... cix;1C18apiçaç/ tTIVÙffo:T11V
icpooom n;v u µt011vxai.aom, dove il
valore del verbo è essenzialmente pragmatico, pur se la metafora erotica contenuta nel carme vi
sottintende una sfumatura etica). Cfr. l'uso, in contesto musicale, di a~ç ("tenero, molle,
effemminato") in Stesich. fr. 212. 2 Davies e Bacchyl. fr. 15. 4 Snell-Maehler, e quello di µa).8aic6ç
in Pind. Pyth. 1. 98, 4. 137, 8. 31 e Nem. 9. 49 (con riferimento alla 'piacevolezza' del canto in
senso generico).
341Hesych. a 281. Cfr. Aristoph. Nub. 979, dove l'espressione µaAalCl)vtlJpaari:µEvoçtr1v ~v è
riferita ad un dialogo amoroso.
342 Plat. Resp.398e. Se solitamente la hannonialidia è descritta come la più acuta tra le antiche
scale (Telest. fr. 804. 4 s. Page), si ricordi che Platone cita separatamente la À.UIÌ\ati dalla auvtovo-
Aulìlati, cioè la "lidia" dalla "lidia tesa" (vale a dire "acuta"): è quindi possibile, come abbiamo
già sottolineato nel cap. 1, che l'aggettivo µaAaic6ç sottintenda una 'gravità' relativa della scala
lidia rispetto alla syntonolùlia.
60 Le paroledelleMuse
343 Ps.-Aristot. De audib. 801b 32 ss.: "è chiaro anche per quel che riguarda gli auli. Infatti
quelli che hanno ance inclinate nell'imboccatura producono un suono più dolce (µaAaKompav),
ma non ugualmente limpido (oux òµoicoç&: A.aµnp<iv);il fiato infatti, viaggiando, cade diretta-
mente in uno spazio aperto e non è più sottoposto a tensione né viene contratto, ma si disperde.
Nel caso invece delle ance maggiormente battenti il suono diventa più duro e più limpido, se
uno le comprime maggiormente con le labbra, perché il fiato viaggia con più sforzo. Quindi i
suoni limpidi (A.aµltp(Xl)si producono per i motivi appena detti". Cfr. ibid. 803a 21: oi.µh µaAaJCéòç
auÀ.OÙ<nv oi.&: oic)..11pi,iç.
344 Ps.-Aristot. De audib.803a 8.
345 Ibid. 803a 33 {µaAaicéòç è detto anche il modo di toccare le corde, in opposizione a ~uxtcoç,in
ibid.803a 31).
346 lbid. 803a 27. Cfr. l'espressione µa).aicéòçllXEÌ.v ("risuonare debolmente") in Ps.-Aristot.
Probi.19. 42.
347 De audib.800b 17 e 803a 13 ss.
348 Ibid. 802a 21.
349 Ibid. 802b 5 (dove l'~X<><;è detto IXlUlÀ.oç."morbido, delicato", quindi "debole") e 803a 33. È
chiaro qui il trasferimento delle proprietà del corpo fisico (ictpaç) al suono.
350 Ibid. 803b 26 ss.: "Quali sono i principi (tàç àpx<iç)dei movimenti che le percussioni dell'a-
ria posseggono, tali sono i suoni che risultano colpire l'udito, vale a dire porosi o densi, morbidi
o duri, sottili o pingui". Cfr. Ps.-Eucl. Sect.Can. p. 148. 9 ss. Jan (cit. supra cap. 1): "ogni suono è
causato da un urto e questo è impossibile se non preceduto da un moto; dei moti (1C1vl\<,EOJV),
alcuni sono più frequenti (,ruJCVoupm),altri più rari (àpmoupm), e ai primi si debbono i suoni
acuti, agli altri i più gravi" (su questo senso della coppia ,ruJCVoç/ àpmoç. vd. infra).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 61
toù i\8ouç}351, il più teso quello che maggiormente lo separa (tò 6uxcna.niccòtE-
pov) ... il più morbido è l'enarmonico, il più teso il diatonico" 352• Infatti l'e-
narmonico (1 / 4 di tono, 1/ 4 di tono, ditono) è più "molle, rilassato" del dia-
tonico in quanto l'intonazione delle sue note mobili è più grave rispetto a
quella delle note di un tetracordo diatonico (semitono, tono, tono) 353 e quin-
di, in qualche misura, più 'raccolta' 354•
Il valore di µw..aicoç,perciò, oscilla tra il senso pragmatico,derivato dal
vocabolario degli strumenti a corda, di 'allentamento' (con riferimento alla
gravità dei suoni prodotti), il senso etico di 'mollezza', che esso condivide
con XCXÀapC>ç, e quello percettivodi 'debolezza' 355 - affine all'uso di àa9Evt\ç
("debole", in contrapposizone ad ìaxupoç, "forte") 356 - proprio delle occor-
renze del De audibilibus.Nel descrivere un suono in base alla sua ricezioneda
parte del soggetto senziente, risulta "debole" quel suono che colpisce l'udito
come un corpo di consistenza "molle": "infatti le cose dure (aicÀ.Tjpo:) e ruvi-
de (tpa.xÉa.) colpiscono i sensi più violentemente (j3tmotEpov)" • 357
351 "Carattere" (~8oç) nel senso di "modo abituale di essere" con riferimento alla costituzione
strutturale della melodia, non alla persona che la percepisce (cosi Barker 1989, p. 302 n. 108).
352 Ptol. Hann. p. 28. 27 ss. Diiring (= Porph. in Ptol. p. 136. 5 ss. Diiring, con la variante &acmi-
µatucwpov per &aaux-tucwpov). Si veda inoltre Ptol. Hann. p. 34. 3.3s. (µaAaKcimxtov µ.ÉVhm JtaV'tCIJY
uàv'fF'/Ò'Ntò ÈvapµovlOV) e p. 98. 25 s. Diiring (tji rotà tò ÈvapµovtOV avÉon mi µaÀ.alCÒffl'tl ICClÌ.tji rotà
tò &arovucòv~ icaì.<JWtOvic;d. Stesso valore pragmatico ha µaAaxoç alle pp. 39. 3, 49. 13 e 80.
10 Diiring del trattato tolemaico (in quest'ultimo caso opposto a <nf.jlf.()(i."duro"), mentre altrove
l'a~vo è ormai divenuto un tecnicismo atto ad indicare le varie "sfumature" (xpocn)di genere.
Cfr. ibid. p. 35. 1 ss. Diiring: µaÀ.aicumpalìè +aiVEtmica&oì..out<̵riçova tòv ~ov qovta
~ icaì.crovwvumpa t<Ìila.nova.
Il senso di 'raccoglimento' e 'accumulo' (crovalC'tliccotEpOv) proprio del carattere dell'enar-
monico si riferisce, forse, alla compressione dei suoi due intervalli più gravi, cioè alla presenza
de~knon (cit. infra).
Questo probabilmente il senso di Porph. in Ptol. p. 51. 21 Diiring, dove alle voci maschili,
atl11poupol e ~oupol, sono opposte le voci femminili, µaÀ.aicompcne òç~ou:pm (cfr.
Aristot. Hist. an. 538b 12 ss.).
356 Per un uso musicale della coppia àa8Ev11c;/iaxupoc;si vedano Aristot. Hist. an. 536a 7
(À.ElmÌV xaì. àoeEvri+a>vllv- passo espunto da Aubert e W1DUner-), Porph. in Ptol. p. 63. 30 ss.
Diiring (tò yàp òçuupov ~El òv èic6TJA.oupov, ouic iaxupoupov, JtOj)j)01ttpmàv-nA11irtov èan toù jlaplr
upou), Porph. ibid. p. 77. 28 Diiring (iax\JjXÌ>vu: icaì.àoeEvfÌlv- se. ~fÌlv -); cfr. Ps.-Aristot. Probi.
11. 13 (oi µtv aa8Evriç oçu·òllyov ycìpàtpa nvoùcnv), 11. 21 e 11. 34, dove la debolezza si riferisce,
più precisamente, alla fonte di produzione sonora. In proposito si veda anche l'uso musicale di
Òj.l.T1Vflvoç
("privo di consistenza, debole", solitamente detto di ombre e fantasmi) in Ps.-Aristot.
TIJ+oMJ).
Probi.11. 6 (C4JEV11VÌJ
357 Ps.-Aristot. De audib. 803b 14 s. Sulla capacità dei corpi "duri" (aupai) di risuonare mag-
giormente si veda anche Aristot. De an. 419b 6 ss., cit. n. 397.
62 Le paroledelleMuse
corpo scagliato con violenza risulta più "duro" all'impatto, così '1a voce di-
venta più dura per la violenza - se. dell'impatto - mentre in caso contrario è
più morbida") 362 , G1CÀ.T1potatm sono le percussioni dell'aria su corde mag-
giormente tese (6là TIÌV 1Cat<itoo:nvtcÌ>vxop&òv) e i suoni da queste prodotti 363•
Ma se il senso pratico di µCXÀ.a.K<>ç è causa di gravità sonora in virtù del
senso di allentamentoche l'aggettivo ha in relazione alle corde di uno stru-
mento, questo non vale per G1CÀ.T1poç come causa di acutezza: "dunque la
causa dell'acuto è il denso (tò m>KVov),non il duro (tò <J1CÀ.T1pov), poiché è
possibile che ciò che è maggiormente duro (GlCÀ.Tlf)OtEpov) non sia anche più
364
acuto (òçu+<ov6tepov)" • La À.E1tt<>tT1ç ("sottigliezza") e la m>1CV<>tT1ç("densi-
tà") sono, pragmaticamente, causa di acutezza in virtù del fatto che una cor-
da "densa" 365, "tesa" (E'Ùtovoç)366 e "sottile" 367 produce un suono di intona-
zione più acuta, mentre il concetto di "durezza" di un suono dipende unica-
mente dalla violenza del suo impatto sull'uditore: infatti "i suoni duri
(a1CÀT1pai)sono quelli che colpiscono l'udito violentemente (Piairoç)" 368•
La "sottigliezza" (A.E1ttot11ç}
e la "pinguedine" (mxut11ç}dei suoni si rife-
riscono dunque più comunemente, con valore pragmatico, allo spessore
delle corde che, in base ad esso, producono suoni più acuti o più gravi 369• Fin
dai poemi omerici, però, la phoneviene essa stessa descritta come "sottile"
in senso fisico-tattile370, cioè "dolce" 371nel suo impatto con l'uditore
(À.T11tt11)
in virtù delle sue dimensioni ridotte: "Le voci sono sottili (A.Efl:tai)quando lo
pneumache va a colpire l'udito è poco (ÒÀ.iyov)372 • Perciò sono sottili le voci
dei bambini, e anche quelle delle donne e degli eunuchi, e ugualmente quel-
le di chi è debilitato per malattia o fatica o mancanza di nutrimento: infatti
questi non possono emettere molta aria a causa della mancanza di forza (6là
nìv àa8Évaav)" 373; e ancora " ... come una linea e altre cose sottili (À.€1tt<i)
hanno una sola dimensione, mentre le cose pingui (mxro) ne hanno di più,
così una voce sottile (11 A.Efl:tTl
~) può avere una sola dimensione? Infatti è
più facile produrre e muovere una cosa sola rispetto a tante" 374•
Voci "esili, sottili", formate da una quantità minore di pneuma, sono
quindi più abitualmente le voci femminili, ma anche quelle degli uccelli o
dei fantasmi (probabilmente in virtù della loro inconsistenza corporea)375:
l'aggettivo è usato in Aristofane Aves 245, <Ìf.l+lnT't\lpiçav A.Efl:tov(alla lettera
"cinguettare sottilmente"),sempre in associazione con l'idea di dolcezza(ibid.
246: TIOOµÉV~ +<ov~)376_
369 Ad es. Ps.-Aristot. De audib. 803b 22 s. (cit. n. 363); Ps.-Aristot. Probi. 11. 6 (À.Elml- se. ii
~ - lit (Japàa ou1t lonv ... aU' òçù liv1XY1CT1); ibid. 11. 19 (ai yòp AEJrto'tEplll
xop&xì òçuupai rim);
Nicom. Ench. p. 255. 19 s. Jan (ai tÒJY xop&ìJvnaxut11uç};Theon in Plat. p. 57. 2 Hiller (mxouç tÒJY
xop&ìJv).
370 Il. 18. 571 (ì.mtaÀ.É1J~); Sapph. fr. 24d. 66 V. ((A)Dtt~(): Aristoph. fr. 844 K.-A. (ÀEff-
t~oç); Eur. fr. 773. 23 Nauck (AE,rtàv .•. apµoviav); Aristot. Hist. an. 545a 7 (+mvilvÀEfftT\V1tai
J1t1Cp<iv);Luc. Menipp.21 (dove Trresia è detto AEJrt~oç). Cfr. l'immagine sottesa all'espressione
~ ...m tptXfOOTI ("sottile come un capello") in De audib.803b 22 s. (cit. n. 363).
371 Vd. anche Sudaµ 1445 (cit. n. 280); Hesych. t 1275 (tpm>À.Ov· l\61,·AEJrtov);Zenodor. 255. 22
(À.DttÒv Q&tv); Schol.Aristoph. Thesm.100, p. 265 Diibner (cit. n. 280).
372 Cfr. Ps.-Aristot. Probi. 11. 20 (À.tittottpa TI~'1 a+ucvritat &à tTIV ÒÀ.lyotrttatoù a.Époç toù
ICl~OU) e 11. 32 (oi lit ~~Ol òçu - se. ~vtm - ... COOtE
ÒÀ.iyovatpa IClVOÙ<nV).
373 Ps.-Aristot. De audib.803b 18 ss. Cfr. Aristot. De gen. an. 788a 18 ss. ("il soffio caldo produce
gravità di suono - ~av - a causa della grossezz.a- lìtà mxutrtta -, quello freddo il contra-
rio a causa della sottigliezza - lìtà ÀEfftotllta -") e Ps.-Aristot. Probi.11. 3. Si veda inoltre l'uso
musicale di iaxvòç ("secco, sottile", quindi "debole"), detto della voce in Ps.-Aristot. Probi.11. 35.
374 Ps.-Aristot. Probi.11. 16 (sulla percezione di un suono À.tlttoçsi veda anche ibid. 11. 6).
375 Sulla À.tlttotrtçdelle voci femminili si veda Aristot. Hist. an. 538b 12 s. (llq)i ~ç lit, JtaVta
tà 91\À.tawrto+o,YOtEpaICaiòçu+o,votEpa) e 545a 7 ss. (~acn +mvilvÀ.Efft"ÌlV !Cmµucpàv ai 91\À.ttat...
+mvilv~flOlv ò µtv app11vµE'ylV.'IV1taì papriav. Un'eccezione è quella dei buoi, unica specie ani-
male in cui le femmine hanno una voce più grave dei maschi, dr. Hist. an. 538b 14 s.: oi PoEçP«-
f1\ltEPOV t8tr,ovtm ai 91\À.ttmtÒJYàpptvOJY). Sulla "sottigliezza", da un punto di vista descrittivo,
della voce propria dei morti, ad es. in Lycophr. Alex. 686 s., si vedano le osservazioni di Strama-
~ 1995, p. 199 ss.
376L'associazione tra 'piacevolezza', 'acutezza' e 'precisione' del suono "sottile" (ÀEfftoç), pn:r
prio di uccelli e cicale, è ancora in Ps.-Aristot. De audib.804a 22 ss.: "Armoniose (Àlyupai) sono le
64 Le paroledelleMuse
voci sottili e dense (Àmtaì icaì x1.ncvai),come quelle delle cicale, delle cavallette e degli usignoli
e, più in generale, di tutte le voci che, essendo sottili, non hanno una risonanza che proviene da
altra fonte. In generale, la melodiosità (tò À.lyupov)non consiste nel volume della voce, né nei
suoni rilassati e d'intonazione grave, ma prevalentemente nell'acutezza (òçut11n), nella sotti-
gliezza (ÀVrtO'tTltl) e nella precisione (àicp1Jxii;i)''.
377 Ps.-Aristot. De audib. 804a 9 ss. (cfr. Ps.-Aristot. Probi. 11. 17, cit. n. 381). In Ptol. Harm.
p. 7. 19 s. Diiring, all'aggettivo 1taxuç (se. vo+oç) è opposto iaxvoç, "sottile, magro" (cosi come
in Porph. in Ptol. p. 77. 29 Diiring). Cfr. anche Luc. Nigr. 11: ♦8tyyovta1 icaì iaxvòv icaì
yuvmic<Ì>«ç.
378lbid. 804a 21 (cfr. Porph. in Ptol. pp. 75. 32 e 76. 6 Diiring). Sulla amµanlClÌ mxxut11çriferita ai
suoni, cfr. Arist. Quint. De mus. p. 105. 24 s. W.-1.
379 Tolemeo, parlando delle qualità (1W16t11uç} dei suoni che sono causa di acutezza e gravità,
descrive come "denso" un corpo che ha più sostanza nello stesso volume e come "spesso" un
corpo che, costituito in modo simile, possiede più sostanza nella stessa lunghezza: JrulCVOupov
yapÈan tò ÈV'iaq, òyicq,wi.ova qov oooiav. icaì xaxuupov tÒJVòµo1ooootatC1JYtò ÈViaq, µ1\im wi.ova
qov oooiav (Harm.p. 7. 22 s. Diiring).
380 Porph. in Ptol. pp. 44-45 Diiring.
381Ps.-Aristot. Probi.11. 17: xaxu'ttpou 6È òvtoç (se. toù àt:poç)f¼,a6utÉpa,; rivflmç yivEtm. roou:,;
+oovTI
jkxputq><x (cfr. ibid. 11. 32 e 11. 61).
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 65
si sono i più grandi, come la quarta (tò &à tECJCJapo>v)" 382 • Vedremo come tale
classificazione sia più legata alla metaforizzazione visiva sul diagramma che
ad una interpretazione dei suoni quali corpi fisici (dr. la 1eatmruicvrocn.ç, o
"compressione" dei suoni, suggerita già da Platone con riferimento alle spe-
culazioni degli empirici 383, o l'elaborazione del tecnicismo Jt\)ICVOV 384 quale
termine indicante l'insieme dei due intervalli più gravi di un sistema tetra-
cordale, solo però nel caso in cui la loro somma non superi il restante inter-
vallo).
Sulla Jt\)ICVOTll<;
come causa di acutezza in senso pratico, con probabile
riferimento alle corde della lira, si vedano invece i già citati passi di Tolemeo
e Porfirio.385.Uno dei Problematapseudo-aristotelici suggerisce però che la
in quei contesti, possa anche intendersi come "frequenza" degli
Jt\)ICV<>Tllç,
impatti tra i suoni-corpi (l'aggettivo Jt\)ICVO<; significa infatti anche "frequen-
te, ripetuto"): "si potrebbe affermare che il movimento che la produce (i.e. la
voce acuta) è anche più veloce, e potrebbe esserlo se lo pneuma che muove
l'aria fosse frequente (,ruicvov)386 e stretto (CJ"tn'ov). Infatti una piccola quanti-
tà d'aria si muove più facilmente (e l'aria mossa da qualche cosa di stretto è
poca), mentre ciò che è frequente produce numerosi impatti (1tì..f1y<i<;), che
sono poi quelli che generano il suono ('lf~v)" 387•
Con lo stesso significato la ,ruicvoni<; è opposta alla µavoni<; (lett. "incon-
sistenza, poca compattezza") in Platone: "quanto alla heterophoniae al far
variazioni sulla lira, quando le corde danno suoni diversi da quelli voluti
dal poeta che ha composto la melodia, e per quanto riguarda l'accostamento
e l'opposizione di suoni frequentie rari (,ruicvonita µavonin) 388, rapidi e lenti
(taxo<; Jipaoutf1n), acuti e gravi (òçunita fxxpunin) ... ebbene tutte queste cose
382 Arist. Quint. De mus. p. 11. 21 ss. W.-1. (dr. ibid. p. 14. 24 W.-1.,dove si parla di àpma e ,rul(-
va crucm\µata). In Aristide Quintiliano la distinzione in intervalli "porosi" e "densi" si aggiunge,
assieme a quella per intervalli "pari" o "dispari" (àfma/,rqnaaa), alle cinque tradizionali suddi-
visioni aristosseniche che classificavano i diastémataper "grandezza" (µt-yEeoç}, "genere" (ytvoç),
"consonanti" o "dissonanti" (~a/lil~a), "semplici" o "composti" (aauv9Ttta/cniv9TJta),
"razionali" o "irrazionali" (Pf1ta/ ciì.oya).
383 Plat. Resp. 531a.
384 Aristox. Harm. p. 24. 11 ss. Da Rios (ma con senso tecnico già in Ps.-Aristot. Probi.19. 47).
385 Vd. suprann. 364-36.5.
386 Per l'uso di ,rul(Voçin riferimento allo XVEUµOJY si vedano Ps.-Aristot. De audib. 800a 31 e
802a 10. Il medesimo significato è anche in Hes. Op. 582 ss. (1\xtta "tttti~ / &vlìptq, t~çoµevoç
À.lyup11v"ataXEllt't' a.ol&lìv/ ,rul(VÒV ), dove ,rul(Voçè detto del canto insistentee ripetuto
intò itupvyo>v
della cicala.
387 Ps.-Aristot. Probi.11. 19. Cfr. Ps.-Eucl. Sect. Can. p. 148. 9 ss. Jan (cit. n. 350) e Bryenn. p. 94.
4 ss. Jonker. Per un precedente poetico di tale concezione, si cfr. l'uso di alilvoç (lett. "fitto,
denso") detto di suono o lamento in Il. 18. 316, ibid.23. 225, Od. 4. 721, etc.
388 Forse in questo stesso senso va letta l'affermazione di Tolemeo secondo la quale "la causa
dell'acuto è il denso/frequente (tò ltUl(Votq>OV) e il sottile, del grave il poroso/raro (tò µavotq>Ov)
e il grosso" (Harm. p. 7. 23 s. Diiring, cit. anche a n. 36.5).
66 Le paroledelleMuse
non servono ai ragazzi, che in tre anni devono scegliere con rapidità ciò che
di utile vi è nella musica" 389•
Nel De audibilibus,infine, l'aggettivo sembra riferirsi alla consistenza - e
conseguente 'risonanza' - del suono il quale, in virtù della sua densità, col-
pisce più chiaramente i sensi: "allo stesso modo dobbiamo supporre che i
più chiari O,.aµ1tp0t<itaç, cioè "squillanti") tra i suoni siano quelli maggior-
mente in grado di colpire l'udito (nvEÌv nìv à1eo11v).Questi sono i suoni di-
stinti (a•ìç), consistenti (m)lcvai) e puri (1ea8apai), e quelli che riescono a
estendersi più lontano; infatti anche in tutti gli altri oggetti sensibili quelli
più forti (tà ìaxupotEpa), più robusti (m,1CVotEpa)e più puri producono le
sensazioni più distinte fo•attpaç notEÌ tàç ai<J911anç)"390 •
All'opposto stanno gli oggetti àpatotEpa, vale a dire quelli "maggior-
mente porosi", che "appaiono meno distinti (àariµotEpa) ai sensi (npòç nìv
ai<J8Tlmv)"391 • In contesto musicale questa espressione si traduce in 'sordità'
o 'scarsa risonanza', in virtù del fatto che un corpo poroso è uno scarso vei-
colo di trasmissione sonora 392• Tra i sinonimi di àprooç utilizzati in riferimen-
to ai suoni si vedano xaùvoç ("poroso, a grana non compatta") 393 , µavoç ("ra-
ro, non compatto" - vd. la µav6TT1çcit. supra-)3 94 e aoµ+oç ("spugnoso, poro-
so")395.
,.,.,.
396 Tra le cause di una voce tpaxutEpa ci sono l'umidità presente nella trachea, canale di con-
duzione del suono, tipica di coloro che soffrono d'insonnia (Ps.-Aristot. Probi.11. 11, cfr. Aristot.
De gen. an. 788a 25 ss.), oppure l'irritazione della gola provocata dal calore febbrile (Ps.-Aristot.
Probi.11. 22). In tutti questi casi l'ostruzione del canale in cui transita l'aria ne rende irregolare
la fuoriuscita e, di conseguenz.a, il movimento. Per un uso aggettivale simile, in riferimento alla
voce, si veda aaepoç(lett. "spezzato, rotto") in Aristot. De audib.804a 32.
m Aristot. De gen. an. 788a 22 ss. Cfr. Aristot. De an. 419b 6 ss. ("alcune cose diciamo infatti
che non hanno suono, ad esempio la spugna e la lana, mentre altre si, come il bronzo e i corpi
duri e lisci/ awpeà itaì Ària e ciò perché possono risuonare, ovvero produrre un suono in atto fra
loro e l'udito"); Ps.-Aristot. Probi.11. 25 ("Perché i cori 'sono meno distinti, quando le orchestre
sono coperte di paglia? Forse è a causa della ruvidezza/&à TI'tvtpaxut11m che la voce, cadendo
su un suolo non liscio/mi Àriov, è meno unita e di conseguenz.a è di meno? Infatti non è conti-
nua. Allo stesso modo anche la luce splende maggiormente su superfici liscie per il fatto che
non è interrotta da alcun ostacolo"); ibid. 11. 7 e 11. 8.
398Oltre ai passi citati, la phone è descritta come ipaxàa o Ària in Plat. Poi. 307a; Xen. An. 2. 6.
9; Ps.-Aristot. De audib. 803b 12 (l'aggettivo è qui riferito a 1!fo+oç);Dion. Hai. De comp. verb. 12
(cit. n. 337); Nicom. Ench. p. 243. 8 Jan; Ptol. Harm. p. 7. 16 s. Diiring (ancora riferito a ~;
Porph. in Ptol. pp. 32. 29 (cit. n. 401), 77. 30, 96. 5 s. Diiring (cit. n. 401); ibid. pp. 38. 20 e 42. 27
Diiring (di nuovo riferito a 1!fo+oç);ibid. p. 161. 34 Diiring (riferito a TIX<Ò); Arist. Quint. De mus. p.
79. 10 W.-1. Si vedano inoltre l'espressione rilµa &: 1toviou ipaxci in Aeschyl. Prom. 1048, ed
Eustazio ad Il. 3. 151, voi. I, p. 623. 19 s. van der Valk, il quale afferma che i vecchi Troiani citati
da Omero, in quanto PapPaptitompov topoi, sono paragonabili alla cicala toì.ç tpaxu+<,ivotç.
399 Aristot. De an. 422b 31 (cfr. id. De gen.an. 786b 10).
400 Cfr. Ps.-Aristot. De audib. 803b 11 ss.: " ... proprio a causa del fatto che la percussione del-
l'aria avviene ad intervalli piccoli e numerosi, i suoni che colpiscono l'udito sono ruvidi (ipaxriç
oi ~t), e ancor più quando vengono in attrito con qualcosa di ruvido, come nel caso del tatto.
Infatti gli oggetti duri e ruvidi (tpaxro) colpiscono i sensi in maniera più violenta (Ptmou:pov
KOtàtat -nìvaio9TJ(nv)".Sulla frequenz.a e violenz.a dell'impatto sonoro, che rende i sistemi musi-
cali~ù gravi tpaxuvoµEVa, cfr. Arist. Quint. De mus. p. 81. 7 ss. W.-1.
Ps.-Aristot. Probi.7. 5. Cfr. Porph. in Ptol. p. 32. 29 Diiring (ȵµÙilç 6' ria\ ~a\ a\ ltpOOllvriç
xaì Àriat); ibid. p. 96. 5 s. Diiring ().ria itaì ltp001JV1)çrx ri]ç itpa<moç tçaito\it:tat +<ovi1);Arist. Quint.
p. 67. 27 s. W.-1.(rv àitomç toùç µtv ).riouç itaì ltpOOllvciç-1\xouçtç tò eì1J..u,toùç &: tpaxl>'ttpouç ciç toi>--
vav-dov àpµonovta); Bryenn. p. 144. 26 Jonker (Àrioi u: ÒÀ.Cllçitaì ltpOOllvnç itaì ~t - se. ~t -
taìç <iitocàç).
68 Le paroledelleMuse
b. Terminidellasferavisiva
La vista, per gli antichi, era il senso ritenuto indispensabile per raggiun-
gere la conoscenza: l'uomo greco "conosce" per "aver visto" 409• La mediazio-
ne visiva fu il tramite privilegiato per il processo di astrazione-no cui furono
soggette percezione e rappresentazione del suono ma, tra i termini musicali
legati alla sfera semantica della vista, è opportuno fare una distinzione. Ad
un primo gruppo appartengono i lemmi del campo coloristico/luministi-
co411,ancora fortemente legati alla descrizione del suono quale 'corpo' in
senso fisico (con i suoi relativi attributi di forma e colore); al secondo le
espressioni indicanti per lo più una superficie, quali 'tonoç (se. 'tllçc1>rov11ç),
6tCXCJ'tTJµa/ opoç, ntpaç, Ò.Kpoç,xropa.,dooç, crx11µa,6uiypa.µµa., (llC(J.-
<JOO'tTJµa.,
p1a.ì.oçe così via, metafore visive già parte integrante di un'organizzazione
concettuale in senso astrattodell'elemento sonoro.
I termini della sfera coloristica utilizzati in contesto musicale, alcuni dei
quali diverranno lemmi propriamente tecnici, sono numerosi: il primo tra
essi è appunto xpcÌlµa.,lett. "colore", passato nella trattatistica teorica a desi-
gnare il "genere" (yÉvoç) cromatico, vale a dire l'andamento intervallare
ascendente, nell'ambito di un tetracordo, del tipo semitono, semitono, un to-
no e mezzo (nella sua accezione più comune) 412• Il genere cromatico, che è
408 Per il testo di lkwan al-Safa si veda la traduzione inglese di Shiloah 1984.
409 Secondo Aristotele, '1'anima non pensa mai senza un'immagine" (De an. 431a 16 s.). Sul
valore dell'udito come presupposto di conoscenza si veda invece il termine av11icooç, alla lettera
"incapace dì sentire", metaforicamente "ignorante".
410 Uno studio fondamentale sull'importanza dei fattori visivi nella formazione dei concetti
astratti è Amheim 1974: "la storia dei linguaggi mostra che le parole, che oggi non sembra rin-
viino all'esperienza percettiva diretta, vi si riferivano originariamente. Numerose fra esse sono
ancora riconoscibilmente figurative" (p. 273).
411
tn proposito sì veda il capitolo "Synaesthetic Expressìons from the Visual Field" in Kaimio
1977, p. 234 ss., dove l'attenzione dell'autore si concentra principalmente sulle espressioni lumi-
nistiche in ambito poetico (Pindaro e i tragici).
412 Tale successione di intervalli è ascrivibile al cosiddetto cromatico "tonico" (tovunov). Oltre
a questo, Aristosseno riconosce almeno altre due "sfumature" (xpòm) di cromatico, l'emiolio
(3/8 di tono, 3/8 di tono, 7 /4 di tono) e il molle (1/3 di tono, 1/3 di tono, 11/6 di tono).
70 Le paroledelleMuse
413 Pachym. Harm. p. 108. 4 ss. Tannery: xixoµanKòv Ka.À.Èitm rutò µct~pàç wvxixoµawv t<ÌJV
µtaov À.EUKoo Km µilavoç (cfr. Arist. Quint. De mus. p. 16. 2 ss. W.-1.,Bryenn. Harm. p. 112. 20 s.
Jonker e Anon. Beli. 26).
414 Aristox. Harm. p. 31. 16 ss. Da Rios (dr. n. 105). Sul concetto di pycnon nella teoria aristos-
senica vedi supra, spec. la n. 384.
415 Sulla formulazione (tarda) del concetto di genos musicale ho già espresso le mie personali
opinioni in Rocconi 1998. Per una ipotesi di datazione della semantizzazione musicale di
chromasi veda invece Rocconi 2003b (in corso di stampa).
416 Aristot. Poi. 1342a 24. Cfr. Plat. Resp. 601b 2 (t<ÌJVtftç µoucnriJç xixoµtitCllV), Antiph. fr. 2(17K.-
EÙKtx:patat) e un passo dello storico Filocoro (apud
A. (Eltf:lta tà µÉÀ.TJµnc$>À.1ÌlçKa\ xpoiµ(l(Jlv ci>c;
Athen. 637f-638a) sul citarista Llsandro di Sicione, che apportò miglioramenti all'arte di suona-
re la cetra eseguendo per primo su di essa xpoiµata u: ruxpoa.
417 Cfr. Pind. 01. 3. 8, 4. 2 e 6. 86; id. Nem. 4. 14 e 5. 42; Prat. fr. 708 Page; T1IDoth.fr. 791. 221
Page; Plat. Resp.399e; id. Leg.812d-e (cit. n. 241); Arat. Phaen.1001; Dion. Hal. De comp.verb. 11;
Ps.-Plut. De mus. 1137a-b; ibid. 1138b; Nicom. Ench. p. 257. 20 Jan; Ptol. Harm. p. 83. 7 Diiring;
Porph. in Ptol.p. 94. 11 Diiring; Nonn. Dion. 1. 15 (cit. n. 163); Bryenn. Harm. p. 118. 4 Jonker. F~
gelmark 1972 (p. 24 n. 40) sottolinea come in Pindaro 1t011ri).oç non sia in realtà un termine colori-
stico, ma "describes an object as consisting of severa! parts; an example is the skin of a snake
which comprises many small plates (P. 4, 249)".
418 Vd. n. 339.
419 Vd. n. 412.
420 Aristox. Harm. p. 34. 3 s. Da Rios: "Perché si deve considerare illimitato il numero delle
lichanoi".Il limite più grave della lichanosè quello toccato dal genere enarmonico (a due toni di
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 71
distanza dalla mese), mentre il limite più acuto è quello del diatonico teso (a un tono dalla
mesi): lo spazio di movimento della lichanosè perciò complessivamente di un tono.
421 Vedi infra. Cfr. l'introduzione al frammento 10 D.-K. di Eraclito in Ps.-Aristot. De mund.
396b: "e forse è ai contrari che la natura tende e da essi compie l'accordo, non dai simili ... a
quanto sembra, anche l'arte in imitazione della natura è questo che fa: la pittura infatti nella
mistione dei colori bianchi e neri, gialli e rossi, ha compiuto ritratti in accordo con gli originali;
la musica, nella miscela di suoni acuti e gravi, lungi e brevi, in voci differenti ha compiuto un'u-
nica armonia; la grammatica, poi, con la mescolanza fatta di vocali e consonanti, ha da esse
costituito l'intera arte. Proprio questo era anche quel che si diceva in Eraclito, l'oscuro ... ".
422 Tolemeo, in Harm. p. 10. 5 ss. Diiring., descrive i suoni auvqEÌc;come quelli i cui luoghi di
movimento non possono essere distinti tra loro, "come avviene per i colori dell'arcobaleno"
(ò,roìovIIÉJtov8E tà riic;i.pt6oc;xpuiµata); nei suoni &mptCJµÉVot, al contrario, tali tOffOlrisultano chia-
ramente evidenti, come quando colori differenti, pur giustapposti, non si mescolano l'uno con
l'altro (mi;bn riic;&~u Kap(l9wEwçtiòv à1Cpat(IJV tE 1Caì.àm,yxut(IJVXl)Olµ(Xt(IJV).
Cfr. inoltre Ptol.
Harm. p. 93. 16 ss. Diiring.
423 Porph. in Ptol. pp. 38. 11 s., 41. 31 s., 47. 16 s. (citando Aristot. De an. 420a), 47. 30 ss., 58. 25
ss., 62. 10 s., 62. 24 ss. e 63. 32 (citando Teofrasto), 65. 28 (citando Panezio il giovane), 82. 11, 84.
25 ss., 85. 8 s., 94. 8 ss., 152. 2 ss. Diiring (citando Aristot. De sens. 439b). La metafora visiva in
contesto musicale è resa esplicita anche da un passo di Sesto Empirico, Adv. math. 6. 41: "non è
affatto strano che noi chiamiamo grigioo nero o biancoun suono prendendo spunto dai dati sen-
sibili della vista".
424 Cit. n. 395. Cfr. Demetr. De eloc.86 (ì.rolCTJ µilav ~ -
+<,Jvt\);Dio Cass. 61. 20 (jlpaxù 1Caì.
detto della voce di Nerone-); Arist. Quint. De mus. p. 70. 12 W.-1.;Poli. 2. 117.
425 De audib. 801b 40 ss. Cfr. ibid. 801b 23 (ÀaflJtl)aÌ. lit:- se. t<,Jvai-yivovtat ica9cmp bn tlÌ1Y Xpo>-
µrit(IJV)e 803b 37 ss. (µia 1Caì. auvq1Ìc;TJJlÌvTItwvlÌ "1ivEtat ica9cmp icaì.bn tlÌ1v Xl)Olµ(Xt(IJV).
426 Ps.-Aristot. De audib. 801b 26 ss. (cit. supra):"allo stesso modo dobbiamo supporre che i più
chiari (À.aµffpO't(itaç) tra i suoni siano quelli maggiormente in grado di colpire l'udito". Sull'uso
musicale di ~ si vedano inoltte Hdt. 6. 60 (À.<Xl,lltflO+<,JVitJ, detta dei ICT\punc;);Plut. Mul. viri.
253a ().aµKpé.itji ~) e 258b (ÀaJ.IJtPÒv "emettere chiare/sonore
àvoA.OÀ\>l;Elv, grida di gioia"); Aristot.
De audib.802a 8 ss. ("nel caso degli auloie di altri strumenti, i suoni sono luminosi/À.<Xl,1lq>ai quan-
do il suono che fuoriesce è denso/m11cvove sottoposto a tensione/cruvtovov, poiché anche le per-
cussioni sull'aria esterna devono avere lo stesso carattere e, soprattutto, i suoni devono essere tra-
72 LeparoledelleMuse
smessi all'orecchio in questo stato, come nel caso degli odori, della luce e del calore. Per tutti que-
sti motivi, essirisultanomenoevidentiai sensiquandosonopiù confusi,come accade ai succhi quando
sono mescolati con acqua o con altri succhi. Poiché ciò che offre una determinata sensazione di sé,
rende le proprietà di un'altra cosa m~o chiare" - il corsivo è mio-).
427 In Il. 18. 219 ss. è detta àplç1V,11la~ della tromba, paragonata a quella di Achille (qual-
che verso sotto descritta invece con l'espressione 01taxlil.nov ).
428Aristot. De audib.802a 19 (tà.ç +cavàçàµaupa.ç). Cfr. l'uso di icataicop11ç(lett. "scuro, intenso",
solitamente detto di colori) con riferimento alla harmoniamusicale in Nicom. Ench.pp. 242. 16 e
244. 19 Jan e al melosin Iamb. Pyth. 15. 65.
429Orib. Coli.med.50. 51. 2 (+cavrl lil.aµJt1lç).
430 Sull'uso di MUKoç e µu.açnella dimostrazione ed argomentazione filosofica si veda Ferrini
1998.
431 U procedimento contrario ha invece portato l'aggettivo myaÀOt:lç(< m.ya "silenziosamen-
te") a significare "lucente, splendente".
02 Cfr. Aristot. De audib.801b 40 ss., cit. supra(" ... ora, sembra che i cosiddetti suoni grigi non
sianopeggioridi quellibianchi,poiché i suoni più aspri, che sono un po' confusi e non posseggo-
no una luminosità troppo spiccata, sono più adatti alle emozioni").
433 Chantraine p. 37, s.v.: "le sens premier est vif, rapide"(cfr. Cotton 1950). L'aggettivo divie-
ne poi equivalente a 1t0uci.ì.oç in Plat. Crat. 409a (tò lit noliciUav icm moÀ.civtmit6v); Hesych. s.v.
(moÀiliaç· nolriÀ.O\lç);Etym. Magn. p. 33. 32 Gaisford (aioÀ.Eloc;· ò nolicU.oc;).
434 Si confronti l'espressione infuscaturex inopinatoin Plinio Nat. Hist. 10. 29. 43 (81-85), con
riferimento al canto " inaspettatamente oscurato" dell'usignolo.
435 Nel frammento di Teleste, voµocnoÀ.Ov è seguito da òi>+v~(lett. "multicolore, cangiante"),
anch'esso lemma variamente corretto dagli studiosi. In difesa del testo tràdito si veda Comotti
1993, p. 514 s.: "intonò il variegato nomoslidio contrapposto al monotono colorescuro,al grigiore
della musica dorica" (il corsivo è mio).
2. Percezione
acusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 73
prodotti dalla synaulia di auli e cetre al v. 14 di uno dei due inni delfici, il
peana di Ateneo (arloÀOtçµÉÀ.Emv)4-36. In tutti questi esempi la fonte di produ-
zione sonora è capace di una molteplice e rapida variabilità di suoni che, dal
punto di vista percettivo, viene metaforicamente descritta come varietà colo-
ristica, utilizz.ando così un più immediato codice comunicativo, quello della
vista (definita òçut<int tÒ>vaux toù aroµatoç aiaeéaerov in Plat. Phaedr.250d).
Un secondo corpusdi termini musicali afferenti al campo semantico visi-
vo è invece quello impiegato nella rappresentazione figurata dei suoni in
senso spaziale. La metafora dello "spazio sonoro" (to,wç t'Tlç fll<ovÌlç),
elaborata
7
in modo compiuto da Aristosseno"3 ma la cui origine affonda le proprie radi-
ci in contesto poetico438, fu il tramite attraverso cui gli antichi elaborarono il
concetto astratto di 'scala' musicale'-39.Questo presumibilmente avvenne pro-
prio grazie alla mediazione visiva per mezzo della quale alcune correnti di
speculazione musicale indagavano le diverse altezze sonore (concepite quali
punti spazialmente inestesi) 440 fissandole su una linea immaginaria detta dia-
gramma441. L'intervallo musicale inteso come "distanza" tra due punti in uno
spazio 442 presuppone infatti una concezione lineare del continuum melodico
propria della corrente degli empirici (i diretti antecedenti di Aristosseno) più
che di quella pitagorica la quale, dal canto suo, rappresentava gli intervalli
quali rapporti numerici. Diastemaè chiaramente descritto in questi termini
da Aristosseno Harm. p. 20. 20 ss. Da Rios: "Esso è lo spazio compreso tra
due note che non stanno sullo stesso grado. Per dirla per sommi capi, l'inter-
vallo sembra sia una differenza di gradi (aux+op<inç ... t<iaerov)443 ed uno spa-
zio (-ronoç)444 capace di contenere note più acute del più grave e più gravi del
più acuto dei due gradi che limitano (òp1çooocòv)l'intervallo".
445 Aristox. Harm. p. 7. 9 ss. Da Rios: "Chi vuole trattare della melodia deve innanzitutto defi-
nire il movimento della voce secondo il luogo (TT\V
tiic;~c; 10v11mv... TT\V Katà t01tov)". Cfr. ibid.
p. 13. 7 ss. Da Rios e Porph. in Ptol. p. 95. 13 Diiring (O\ 6' 'Apunoçévaot tomKòv ti8Evtm tò 6ui:-
<JTTUlO).Per un precedente di questo concetto in ambito poetico si veda invece Soph. Ichn. 329,
fr. 314 Radt (<><>o111a).anoc;ne;òµ♦iì Kawtxvri t61tou).
446 Aristox. Harm. p. 13. 23 ss. Da Rios: "se è possibile o impossibile che la voce si muova e
poi si fermi su un solo grado è oggetto di un'altra indagine".
447 Aristox. Harm. p. 14. 13 s. Da Rios.
448 Aristox. Harm. p. 13. 16 ss. Da Rios.
449 Arist. Quint. De mus. p. 6. 2 s. W.-1.:"il suono intervallico (6taat11µan1C11)è quello nel quale
i ~di sono chiari, mentre ciò che è contenuto all'interno è impercettibile".
450 Ptol. Harm. p. 19. 16 s. Diiring: "Sul fatto che gli Aristossenici sbagliano a misurare le con-
sonanze attraverso gli intervalli e non attraverso le note". Lo stesso errore farà Nicomaco, teori-
co musicale di formazione neopitagorica, che dedica il secondo capitolo del suo Encheiridion
alla descrizione delle due forme di movimento topico della voce (nq,ì tOJV6uo t1Ìc;♦rovitc; ri&àv,
toù u «aat11µan1C:où Kmuruauvqoùc;.KmtOJVtO!tOJV aùtOJV)attribuendone la formulazione teorica
alla propria area di appartenenza speculativa. Tale errore nasce appunto dall'assunto pitagorico
che "il suono, in generale, è movimento" e dalla confusione generata dalla non chiara differen-
ziazione tra questo concetto e quello del movimento Katà t61t0v inteso in senso metaforico
(principi che sono invece ben distinti da Aristosseno, cfr. n. 446 supra).
451 Ptol. Harm. p. 21. 13 s. Diiring. Cfr. il commento di Barker 1989 (p. 345 n. 112) a Ptol. Harm.
2. 13: "To divide a sounding string into equa) parts is not equivalent to a division of tonai
'space' into equal intervals ... Aristoxenus was certainly not committed to the view that if two
strings differ in length by a certain amount, measured in unit-lengths, then the interval bet-
ween their pitches is equal to that between the pitches of any other two strings whose lengths
differ by the same amount".
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 75
452 Ptol. Harm. p. 21. 9 ss. Diiring. Già Vmcenzo Galilei, nel suo Dialogodella musica antica et
dellamoderna,sottolineava l'errore interpretativo di Tolemeo nei confronti di Aristosseno: "sape-
va Aristosseno d'havere à distribuire in parti uguali la qualità del suono, &: non la quantità del-
la linea, corda &: spatio: operando allhora come Musico intorno al corpo sonoro, &: non come
se~lice Matematico intorno la continua quantità" (ibid. p. 53).
Nicom. Ench.p. 261. 8 ss. Jan: "Intervallo (&oot1lJUl)è l'ambito esistente fra due suoni. Rap-
porto(<JlÉm.,;) è la relazione che in ciascun intervallo misura la distanza. Differeil7.a(&.a+opci)è la
misura di cui i suoni eccedono o difettano nel confronto. Sbagliachi ritieneche differenzae rapporto
sianola stessacosa: la differenza fra due e uno è la stessa esistente fra uno e due, ma il rapporto non
è il medesimo: due è il doppio, uno è la metà. Inoltre nei tre o più termini di una serie aritmetica la
differenza resta sempre uguale mentre il rapporto cambia da termine a termine" (il corsivo è mio).
454 Theon in Plat. p. 81. 6 ss. Hiller. Cfr. ibid. p. 81. 17 s.: 'Epatoo8tvriç lit: tv tip m.at(ll\l\icép♦'l'l<n,
µ'Ìl ta'Òtòv EÌvat lìl<ro't'lµaicaì AiYyov.
455 Cfr. l'ampia discussione su questi due concetti contenuta in Porph. in Ptol.pp. 93-95 Diiring.
456 Cfr. la definizione del neopitagorico Trasillo (intervallo= rapporto) apud Theon in Plat. p.
48. 8 ss. Hiller: &cia't'lµa lit ♦'lmv EÌvm ~yyrov t'ÌlV!tpÒ<;;allT\À.OUç 1t0tàv <JlÉ<nv,o\ov lìtà uaallf)(l)V,
lìtà !tÉVtt:. &à lm(J<llV.Ma Porfirio, il quale afferma che "la maggior parte dei icavovticoie dei Pita-
gorici dicono intervalli (6taatf\µata) invece di proporzioni (AiYyot)"(ibid. p. 92. 22 s. Diiring) e
che "alcuni chiamano una proporzione numerica tra limiti ... intervallo (&oo't'lµa)" (in Ptol. p.
94. 31 s. Diiring), attesta la sovrapposizione di questi due concetti (e quindi la doppia valenza
terminologica) unicamente nell'ambito teorico pitagorico. Sul valore di &cia't'lµa come "propor-
zione" si veda invece lo studio di Riethmueller 1985.
457 Partendo dall'assunto che l'intervallo, per i Pitagorici, è espresso dalla proporzione tra
due numeri, Szab61978, p. 113, conclude che "it was the Pythagoreans who coined the musical
76 Le paroledelleMuse
indicato "quella sezione di corda sul canone cui era impedito di vibrare per
produrre la seconda nota della consonanza" 458 •
Coerente con questa primigenia elaborazione concettuale di un'organiz-
zazione astratta dei suoni è il conseguente sviluppo del vocabolario che le è
proprio: l'intervallo descritto come "grandezza" (µéyt9oç 4><i>vrjç)459 circoscrit-
term diastema and that for them this word denoted a straight line whose end points yelded a
numerica/ratio,namely the numerica) ratio of the consonance concerned", considerando l'inter-
pretazione metaforica del termine come una rilettura operata da Aristosseno per privare il con-
cetto di diastema del suo significato originario (opinione ribadita in Szab6 1971). Sulle stesse
posizioni è anche Raffa 2000.
458 Szab6 1978, p. 117. Per spiegare il motivo per cui diastema,inteso come "proporzione tra
due numeri", nella SectioCanonisè sempre illustrata da due "straight lines", l'autore deve poi
inventare un macchinoso sistema di sviluppo semantico del termine che, dall'originario riferi-
mento alla parte della corda che non era fatta vibrare nella produzione di un intervallo conso-
nante, sarebbe poi passato ad indicare le due sezioni, di differente lunghezza, della corda che
produce le due note dell'intervallo in questione (ibid.p. 126).
459Cfr. n. 306. L'uso di µtydloc;in contesto musicale è certamente un retaggio della più antica con-
cezione materiale dei suoni ma esso, applicato all'intervallo, diventa funzionale all'elaborazione
che.u,J'artendodalla metafora visiva, porterà a descrivere il fenomeno musicale in senso astratto.
Per le occorrenze di 5poc;/òpiçw in riferimento ai 61mm\µam si veda Aristox. Harm. p. 36.
19 Da Rios; ibid. pp. 61. 12, 69. 12, 70. 6, 80. 5 ss. Da Rios, etc. Cfr. Plat. Phil. 17d (toùc; 6pouc;tmv
6iaaTIJµ<itrov)e Resp.443d (5pouc;tpiic; àpµoviac;).
461l:ootlJµa riflette l'idea di organizzazione dello spazio sonoro già elaborata dagli armonici
sul diagramma ma solo da Aristosseno strutturata in un più ampio sistema filosofico, in cui al
concetto di "combinazione" (<J\Jv8Ea1c;) dei suoni si aggiunge l'idea di "ordine" (t<içiç): "poiché
non soltanto la melodia armonizzata deve consistere in intervalli e suoni, ma anche in una com-
posizione determinata e non casuale di essi" (Aristox. Harm. p. 23. 16 ss. Da Rios). La nozione
di <JUO'tl)µa,nella filosofia aristossenica, assume un valore quasi paragonabile a quello di àpµo-
via per il sistema pitagorico, ricoprendo un significato che è riduttivo sovrapporre a quello di
'scala'.
462Per l'uso di 5poc;/òpiçroin riferimento ai <JUan\µata si veda Aristox. Harm. p. 32. 4 ss. Da
Rios; ibid.pp. 69. 12, 70. 6, 70. 12, 74. 11 ss. Da Rios, etc.
463 Aristox. Harm. p. 70. 15 Da Rios; ibid. pp. 71. 9, 72. 2 Da Rios, etc. Cfr. Bryenn. p. 368. 25
Jonker (o\ ciKpo1~01).
464 Aristox. Harm. p. 66. 11 ss. Da Rios: "Non è facile dare un'esatta definizione della conti-
guità (toù tçiic;) prima di aver esposto le leggi della combinazione degli intervalli, ma la sua esi-
stenza sarà chiara, anche ad uno che ne sia del tutto ignaro, dal ragionamento seguente. È pro-
babile che non ci sia nessun intervallo che possa essere diviso all'infinito nella melodia, ma che
esista, per ogni intervallo, un numero massimo di suddivisioni melodiche. Ammettendo che
questo sia probabile o anche necessario, si ha evidentemente che le note che limitano delle parti
secondo il numero massimo detto sono contigue".
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suonopressoi Greci 77
c. Terminidellasferagustativa
465 Aristox. Harm. p. 30. 15 s. Da Rios: ntpaçqoumv oi toffO\.Il luogo di variazione degli intervalli
consonanti (quarta, quinta e ottava) è invece definito "minimo" (WCIJ9lcii09 da Aristosseno in quan-
to è su di essi che si basa il metodo empirico (accordature per quarte e per quinte) da lui utiliu.ato
per determinare tutti gli altri intervalli dissonanti (Aristox. Harm. p. 68. 10 ss. Da Rios). la aitica
pitagorica che investe la definizione aristossenica della quarta (2 toni e 1/2) viene quindi a cadere,
in ~totale grandezza è esplicitamente data come 'approssimativa' dal filosofo di Taranto.
Vd. n. 420.
467 Per un altro valore di questi due aggettivi vedi supra. Si ricordi che l'unità di misura (µt-
'tf>OV)per il calcolo delle distanze intervallari sul diagramma è il quarto di tono (o &ttnç enarmo-
nica), come già attesta Platone (cit. n. 35).
468 Aristox. Harm. p. 92. 7 s. Da Rios: &~ 6' 11µìvoùliÈV dooç ÀÉ'ynv1'axitµa. Sul particolare
valore di schemanegli Harmonicadi Tolemeo vd. Raffa1999.
469 Sulla funzione di mediazione visiva attribuita al diagramma, si veda Bacch.Jsag.p. 305. 18
ss. Jan: &aypaµµan lit: xl)(llll.dJa."ivaTà 't1l<iroi.J6u<JAT11ttaJq>Ò~òiv Toì.çµav8av000\ +aiVt'l'tCXl.
470Cfr. Theon in P/at. p. 71. 4 Hiller: ÈVaìa9TJToiç1Caì. òpmoiç &rum\µamv.
471Plat. Crat. 430e: TÒlit: &içm Aé-ym riç 'tTIV'tÒJv ~òiv aia9TJc:nv1CaTaaniom (per un'ampia
discussione sullo sviluppo semantico di OOIMlµl nel campo della terminologia matematica si
veda Szab6 1978, p. 189 s.). A questo proposito si confronti l'esempio di Plat. Meno 82b-85e, in
cui Socrate, che si propone di spiegare come si possa duplicare l'area di un quadrato senza alte-
rarne la forma, utilizza una serie di disegni per illustrare la sua proposizione.
472 Aristot. De an. 422a 8 ss. Sulla sostanziale identità di aggettivazione dei due campi seman-
tici, si veda Aristot. Top.106a 32 s.
78 Le paroledelleMuse
quali esso viene utilizzato come termine di confronto - 473 non offre terreno
particolarmente fertile per lo sviluppo di una terminologia tecnico-musicale.
Una metafora molto antica che si può ricondurre a tale sfera è quella del
canto o, più genericamente, della parola di "miele" (µilt) 474 • Emblematica è
la descrizione platonica dell'attività del poeta-ape nello Ione (534a): "e come
le baccanti, allorché sono invasate, attingono ai fiumi miele e latte e invece
quando sono in senno non lo sanno fare, cosi si comporta anche l'animo dei
poeti melici, come essi stessi affermano. Infatti, proprio i poeti ci dicono che
attingono i loro canti da fonti che versanomiele (µù.tppfrcrov < µilt + ptm) e da
giardini e boschetti che sono sacri alle Muse, e che a noi li portano come fan-
no le api, anch'essi volando come api" (il corsivo è mio) 475•
La 'dolcezza' del canto, dal punto di vista percettivo, è assimilata (fin
dai poemi omerici) alla 'dolcezza' gustativa del miele: "suono di miele" (JJ.E-
Ài"f11puç)sgorga dalla bocca delle Sirene476 e delle Muse477, "lingua di miele"
473 Cfr. Ps.-Aristot. De audib. 802a 8 ss. (cit. n. 426); id. Probi. 19. 43 (dove la 'dolcezza' della
voce accompagnata dall'aulo, strumento ad essa più affine, è paragonata alla dolcezza del vino
inteso come mescolanza naturale di agro e dolce); Corp. Hipp. De victu 1. 18. 3 (passo in cui la
commistione di suoni differenti tra loro, tesi a produrre una maggiore gradevolezza all'ascolto,
sono paragonati alla preparazione, da parte dei cuochi, di piatti che hanno per base una miscela
di ingredienti diversi); Ptol. Harm. p. 93. 14 ss. (in cui vi è un parallelo tra i diversi campi senso-
riali) e 96. 18 s. Diiring (qui le "spede" /eide di quinta sono equiparate alle diverse percezioni
sensoriali); Porph. in Ptol. p. 35. 30 ss. Diiring (dove il paragone è tra la commistione di vino e
miele e quella di suoni acuti e gravi), ibid. pp. 60. 27 ss. e 62. 29 ss. Diiring; Athen. 625a (dove il
parallelo con il gusto hypoglykys,"tendente al dolce", è fatto per meglio illustrare il significato
dell'aggettivo "ipodorico"); Sext. Emp. Adv. mJJth.6. 33 ("come noi, pur senza conoscere l'arte
culinaria o quella dell'assaggiatore, proviamo piacere a gustare vino o cibo, cosl, anche senza
avere conoscenze musicali, possiamo provar godimento ad ascoltare una piacevole melodia") e
6. 42 ("ma con maggiore evidenza risulteranno le proprietà di ciascuno dei due generi di note -
i.e. consonanti e dissonanti - se noi ci serviamo di un paragone con le qualità che colpiscono il
gusto. Come, fra le cose che vengono gustate, alcune, quali ad esempio il vino melato o l'idro-
mele, presentano una tale mistione da muovere il senso del gusto in modo uniforme e gradevo-
le, mentre altre, ad esempio l'aceto melato, lo muovono in modo né uguale né simile - giacché
ciascuno dei due componenti di questa miscela imprime sul senso del gusto la sua particolar
proprietà - cosi le note dissonanti sono quelle che colpiscono l'udito in modo irregolare e ad
intervalli, mentre sono consonanti quelle note che colpiscono l'udito in modo piuttosto unifor-
me"); Arist. Quint. De mus. p. 113. 22 W.-1.(secondo cui ai cinque tetracordi del sistema perfetto
immutabile corrispondono i cinque sensi - il tetracordo del 'gusto' è quello meson-); Bryenn.
Harm. pp. 174-76 Jonker (sulla fallacia di ogni tipo di percezione sensoriale). Si noti che in tutti
questi esempi il riferimento è sempre ad un elemento 'liquido' quale vino, succo o miele.
474 11.1. 247 ss.: "Fra loro Nestore dalla dolce parola (116\lt:iniç)s'alzò, l'arguto oratore dei Pili:
dalla sua lingua anche più dolce del miele (µv..1toç yA.Uri{l)V)la parola scorreva (j>tEv)". Qui come
altrove, secondo Laspia 1996, la dolcezza allude metaforicamente alla capacità di persuasione
profsria della parola.
4 5 Sulla metafora del poeta-ape (intesa quale evoluzione della metafora del miele) cfr.
Waszink 1974. Sulla funzione dell'ape come referente poetico si veda Roscalla 1998; sul miele
Triomphe 1989, spec. le pp. 255 ss.
476 Od. 12. 187.
477 Hymn. Hom. 3. 519; Pind. 01. 6. 21.
2. Percezioneacusticae descrizionemetaforica del suono pressoi Greci 79
d. Terminidellasferaolfattiva
Tra tutti i sensi, la sfera olfattiva è quella che offre minori risorse all'am-
bito musicale, forse perché l'odorato (secondo quanto riferisce Aristotele) è
478 Bacchyl. fr. 3. 96 Snell-Maehler (nell'inno omerico a Pan, v. 18, il canto dell'usignolo è
chiamato µùlYT1j)\Jç).Si cfr. anche l'uso del verbo ,m-raµtlm:\ro ("cospargo di miele") detto del
canto dell'upupa in Aristoph. Av. 224.
479 Aristoph. Av. 907.
480Oppure µùl'8or{oi ("dalla voce di miele"), µù..i1Coµ1t0i/µtliy6ou1toi("che risuonano dolce-
mente come miele"), µtli+Poveç.
481Pind. 01. 11. 4; id. Pyth. 3. 64; id. lsthrn. 2. 3; Plut. De Pyth. orac.405f. Cfr. il µù..lJ3o<xv iiµvov
di Laso di Ermione nel fr. 702 Page.
482Pind. Isthrn. 2. 7, 2. 32, 6. 7; Nem. 11.18; frr. 52c. 12 e 52i. 78 Maehler. Per un uso di µili o
suoi composti in riferimento alla voce o al canto si vedano inoltre Alcm. fr. 90. 1 Calarne; Sapph.
fr. 71. 6 V.; Simon. fr. 90. 1 Page; Pind. Nem. 3. 4, frr. 52e. 47 e 52f. 58 s. Maehler; Aristoph. Vesp.
221; id. fr. 598 K.-A.; Eur. fr. 773. 34 Nauck; adesp. fr. 954b Page.
483 Il. 13. 637; Hyrnn. Horn.7. 59; Hes. Theog.83 e 95; Sappi\ fr. 71. 5 V.;Pind. 01. 1. 109, 6. 91, 10.
3 e 10. 94; id. Pyth. 10. 56; id. Nem. 3. 32, 4. 44, 5. 2 e 9. 3; id. lsthrn.2. 7; frr. 52b. 101, 52g. 11, 52i. 75
Maehler; Soph. Ajax 1201; adesp. fr. 954a Page. Platone (Leg. 802c-d) parla di yÀ.uma µoooa per
esprimere la potenza ammaliatrice della musica contemporanea. Cfr. anche l'uso del verbo yÀ.u-
ic:aivnv in Aristox. Harm. p. 30. 5 Da Rios per indicare l' 'addolcimento', ad opera dei musicisti
del IV sec. a.C., della lichariosenarmonica, cioè l'alterazione della sua usuale intonazione (ditona-
le) allo scopo di renderla più simile a quella del genere cromatico (1 tono e 1/2).
484 Od. 8. 64; Hes. Theog.40, %5 e 1021; Hyrnri.Horn.3. 169; Eur. Cycl. 443; Aristoph. Pax 1159;
Athen. 174a. Per i composti ti6utltl\ç, tiouµtliiç, ti6uxvooç, ti6u!Joaç, tim\epooç o ti6"À.Oy(>ç vedi Hymri.
Hom. 21. 4; Sapph. fr. 44. 24 V.; Anacr. fr. 112 Gentili; Pind. 0lym. 6. %, 10. 93, 13. 22; id. Nem. 1.
4, 2. 25; id. Isthrn.2. 25; Soph. fr. 238 Radt; Eur. Bacch.126; id. El. 702. Il genere cromatico è detto
ij&a-rov in Arist. Quint. De rnus.p. 92. 26 W.-1.e in Anon. Beli. 26.
48.5 Per l'opposto di yÀ.u,ruçsi veda mKpoç.cit. n. 299.
486 Od. 19. 52.
487 Hes. Op. 583; Ps.-Hes. Scut. 3%.
488 Hes. Theog.95; Hymn. Horn.25. 5. Cfr. Il. 1. 247 ss. (cit. n. 474).
489Plut. Quaest. conv. 712f-713a: (se. ò aùMç) Kataxt:oµrvoç ~tiv ti6t:1avci:XP1 TÌ]ç ljl\JXll<;
1tmo001
Y<lÀ.llVllV.
490 Pind. lsthrn. 8. 58, cfr. Aeschyl. Choeph.449 (xfouaa 1toÀ.ooa1Cpov yoov). In entrambi questi
due casi, probabilmente, l'immagine sottintende un riferimento alla fluidità delle lacrime.
80 Le paroledelleMuse
Oltre alle categorie terminologiche sopra descritte, esiste una terza tipo-
logia di lemmi che comprende, da un lato, vere e proprie onomatopeemusica-
li, come le aristofanee 8pt:ttav11M497 e t~ì..atto8pat4 98 (imitazioni della riso-
nanza prodotta dalle corde della lira) e l'archilochea t11vùJ..a4 99, dall'altro pa-
role che, sorte quali riproduzioni mimetiche di suoni della natura, subirono
poi uno slittamento metaforico in campo musicale, assolutamente sponta-
neo se si considera l'intima connessione che i Greci riconoscevano tra suoni
animali e suoni musicali 500• Il numero di tali lemmi è però quantitativamente
piuttosto scarso: l'unico ad essersi sviluppato nella trattatistica teorica dan-
do origine ad un corpusdi termini propriamente tecnici è appunto tq>Etiçro.
Le cicalee la praticadell'i>1tt1xeìv
497 Aristoph. Plut. 290 e 296. Cfr. Schol. vet. Aristoph. Plut. 290c: n8ci.paç 11:xoç µ1µouµcvoçtv tq>
~n. toirt6 .,,m tò l'>ilµa«Opettavùo».
4 Aristoph. Ran. 1286.
499 Archil. fr. 2(17Tarditi: TI\VEUo / ò, icallivuct, :xmp'àva!; 'Hpa~. Cfr. Schol. vet. Pind. 01. 9.
le, voi. I p. 266 Drachmann: 'Ap:xiAoxoç tqi 'Hpaiù.rl iiµvov ... mwp1'oac;n8apq>ooÙ 6ui nvoç ~ tò
~ q.nµ'l\<Jato.
Cfr. la poliedrica valenza del termine àT16mv, lett. "usignolo", ma anche (metaforicamente)
"poeta" (Bacchyl. epin.3. 98, Anth. Pal. 7. 44. 3), "ancia dell'aulo" (Hesych. a 1500: àfl66va· yMOO-
ailia µtta+<Jpiicéoc;.cfr. Eur. fr. 556 Nauck) o addirittura "aulo" (Eur. fr. 931 Nauck).
501 Derivato verbale di ttpni.çm dello stesso tipo di icpoùµa (< icpooo), 6uia'tflµa (< 6taoti;vm) e
cnic:muia (< fflJ<Jti;vm).
502 Per la derivazione di u:pt:ttaµ6ç da ttpt:ti.çm,cfr. Chantraine 1979, p. 139 ss.: "Parallèlement
au suffixe -aaµ6ç. il a été constitué, principalement en liaison avec les verbes en -içm, un suffixe
-1aµ6ç ..• la prose attigue et hellénistique en a tiré grand part. O a rendu les plus grands services
dans les langues techniques."
82 Le paroledelleMuse
gli antichi indicavano il frinire delle cicale e il garrire delle rondini, secondo
quanto testimoniato dai lessicografi antichi 503• È proprio in riferimento alla
tt.u~ infatti, che nel CorpusFabularumAesopicarumè attestato l'uso di Tlu:-
petla-rpux,sostantivo femminile derivato dal verbo u:pt:tlçco50': ''Un pover'uo-
mo, che inseguiva cavallette (à1Cpi6aç),catturò anche una loquace cicala can-
terina (ri\v clì..w.ov .q>etla-rptav tt-ruya) 505 e maturò l'intenzione di ucciderla.
Quella gli disse: «Non uccidermi senza motivo; non danneggio frutto, non
rovino ramo, ma canto belle melodie con la sincrona armonia delle ali e
delle zampe, allietando i viandanti. In me non troverai nulla più della voce».
Udite queste cose, l'uomo la lasciò andare". Questa favoletta è riportata al
cap. 99 della recensione Westermanniana della Vita Aesopi, databile intorno
al I-II sec. dell'età cristiana 506: se potessimo ricondurla con certezza al corpus
più antico della tradizione esopica, essa sarebbe per noi la prima attestazio-
ne della radice verbale n:pt't- in lingua greca, usata proprio in riferimento
alla tt-rul;. Un accostamento, dal punto di vista dell'origine linguistica, tra
-repetlçroe -rhul; (anche quest'ultima parola presumibilmente onomatopei-
ca)507,dove l'elemento comune è identificato nella cellula n:-r- (contr. < u:-
503 Frisk 1961, p. 878 s.; Chantraine, p. 1106;Tichy 1983, p. 199. Cfr. Poli. 5. 89 (ttmyaç upcti-
çav); Hesych. t 517 (tt:J>Etiçovta·À<XÀ.ouvta. È'ICµtt~pàç tiiç XEÀtoovoç)et 518 (upctiaµata· ... Kaì tà
tcòvtt:ttiyrov1µ1µata); Suda t 338 (upctiaµata· ... àltò µtt~pàç tOÙtÉtttyoç, ~ tiiç xoooovoç); Etym.
Magn. p. 752. 41 s. Gaisford (tt'.J)EtÌ<Jµata· ... àltò µtt~paç tOUtÉtttyoç ~ tiiç xoooovoç); Lex. Vmd.
171 (upctiçav Kaì tt:ttiçav trtì u:ttiyùJV);Clem. Alex. Protr. 1. 1. 2 (cit. infra). Per testimonianze che
associno il suono delle rondini e delle cicale, cfr. n. 514.
504 Chantraine 1979, p. 333: "Des verbes en -içro,-ciçroont été généralement tirés des dérivés
en -tatpov, -acnpov".
505 Cfr. Vit. Aesop. 6 (tupctiçrto tÉtttç).
506 Vit. Aesop. 99 = Corp. Fab.Aesop. 298. Perry 1952 integra <u:prttatpiaç> anche nella recen-
sione G (app. ad loc.: "cf. W"), dove però il lemma risulta, in realtà, riferito alle <iKpiliaç(termine
con cui gli antichi indicavano sia le locuste che i grilli), non alle cicale: "Al tempo in cui gli ani-
mali parlavano la stessa lingua degli uomini, si dice che un povero, bisognoso di sfamarsi, cat-
turasse delle cavallette dette "chiacchierine" (à1Cpt6açtàç A.ryoµi:vaç <u:prnatpiaç>) ... e avendo
catturato una cavalletta, aveva in realtà intenzione di ucciderla. Quella, vedendo ciò che le sta-
va per capitare, disse all'uomo: "Non uccidermi invano! Non ho danneggiato spiga né rami o
arbusto, non ho rovinato virgulto, ma canto belle melodie sfruttando la sincrona armonia delle
elitre e delle zampine. Sono un sollievo per i viandanti" ... " (trad. Bonelli-Sandrolini). Come
emerge chiaramente dal confronto tra le due favole, questa della ree. G è solo una versione leg-
germente modificata della ree. W, dove il riferimento del termine tt:J)Etiatpmalla cicala, certa-
mente più appropriato, induce ad identificare in essa la versione originale. Per una testimo-
nianza che associ il verso di tÉtnyt:çe a1Cpi&ç,i cui attributi specifici vennero spesso confusi dai
poeti antichi (Borthwick 1966, p. 103 n. 2), si vedano Ps.-Aristot. De audib. 804a 22 ss. (cit. n. 376)
ed Aelian. De nat. anim. 6. 19 (cit. n. 514).
507Su témç dr. Frisk 1961, p. 886; Chantraine, s.v. tétttç; Gil Femàndez 1957, p. 318 ss.; Da-
vies-Kathirithamby 1986, pp. 113-133.A conferma dell'origine onomatopeica di 'tttttç da un ipo-
tetico verso u:u:, si confronti la testimonianza di Aristoph. Av. 505: ò 1ColCIClll; (su cui
àno1 «ICOICIC\l»
Gil Femàndez 1957, p. 319: "en primer lugar la existencia de un verbo ntiçro, con el que ttrnç
pudiera estar en la misma relaci6n que 1C01CKUç con 1Co1C1C1Jçro").
3. Suoni animalie suoni musicali,gli epitetionomatopeici e la formazionedel lessicotecnico 83
5lll Etym. Magn. p. 755. 4 ss. Gaisford: ttml;. µ000tK(l)'tatov ç<ÌX>v.napatò tq>Etiç(I) (tò µ0001KIÌ>ç
t<avcò)uptnl;· Kmcn,yic~. ttml; (dr. Lex. Vind. 171, cit. n. 503). Oltre a questa etimologia, per la
verità un po' artificiosa (è molto più semplice ipotizzare una formazione ttml; da u:u: e consi-
derare tq>Etiç(I) una formulazione successiva), l' Etymologicum Magnum propone una possibile
derivazione di tciml; da taaO(I), con probabile riferimento alla regolarità ritmica del suono pro-
dotto dalle cicale: 'H ltapà tò tcittm taçm tciml;, ò u:myµtvov qwv Kmpòv èv trì>~v (p. 755. 6 s.
Gaisford).
509 Vd. Aristoph. Nub. 1360. Per una raccolta di passi antichi e commenti di studiosi moderni
sulla musicalità del suono prodotto dalle cicale, dr. Davies-Kathirithamby 1986, p. 116 ss.
510 Plat. Phaedr.258e-259d.
511 Clem. Alex. Protr. 1. 1. 2
512 Si noti qui l'uso di u:tptyuìa < tpi!p.v = "stridere", solitamente connesso a tpulpv = "mor-
morare, pigolare" ➔ da cui tpUyciiv= "tortora". Tpiçnv/tpiyµ6ç è più spesso collegato al verso di
animali quali la pernice (dr. Aristot. Hist. an. 536b: tÙJv nq>lil((OVo\ µrvKal(l(aj3iç0001, oi & tpiçO\r
mv), la donnola (Aelian. De nat. anim. 6. 41: yo.À.'lç oupinovtoç), il pipistrello (Od. 24. 7:
tptç<>0011ç,;
ou:vuKtEpiliEç... tpiç=m) o alla voce dei fantasmi (su cui si veda Stramaglia 1995, p. 197 n. 11).
513 Trad. Pontani. L'episodio è ancor prima narrato dallo storico Trmeo (FGrHist566 F 43).
514 A questo proposito, dr. Aelian. De nat. anim. 6. 19 (t<ÌJVèv <i>cimç tE Kal µooomç òpvillrovoùlirlç
1iUXÀ.É.À.'19EV, ÌOµEV XEÀlOOV~ l((ll KOOcru+oU<;l((ll 'tÒ <'t(IJV> tEffly(IJV+tJÀOV,IC<XllCl't'taY ÀaÀOV IC<Xlfloµ-
CÌÀ.À.'
jloùoav aKpi&x)e Ach. Tat. 1. 15. 8 (oi ci>6o•lié.ttm~ l((l\ xwooVEç). Per una testimonianz.a che, al
contrario, differenzia dal punto di vista terminologico i versi di questi animali, si veda Poll. 5.
89, cit. n. 586.
84 LeparoledelleMuse
produzione potrebbe con tutta probabilità essere stata compiuta sullo stesso
nucleo semantico che aveva generato la parola tÉ.nç, 515, la cui +wvi1 veniva
appunto percepita e classificata dagli antichi come yÀ.uma ed ti&ìa (o À.El.-
516
515 Cfr. nxÀ.içm < IClXÀ.'11= "tordo", poi passato per estensione semantica, come upt:tiçm, ad
indicare anche i versi di altri animali (Hesych. x 691: XPQIE'til;a·IClXMl;aci>c;'imroç). Un altro esem-
pio dichiarato di riproduzione mimetica di un verso animale è mlriçw (Hesych. n 2338: inlril;av·
1CaTàµiµfl(Jlv TI~lç U1t0i'11TCX1. òpvÉmv+<avTJc;;
TiiçTÒ>V cfr. Poli. 5. 90: btoxw; mnilpv). Per un ipotetico
verbo ·tntil;av < tÉmç, cfr. Lex. Vmd. 171, cit. n. 503.
516Sulla funzione di tali aggettivi in riferimento alla voce musicale, cfr. cap. 2 supra (spec. le
nn. 483 s.). Per una descrizione del canto delle cicale in questo senso si vedano, tra gli altri,
Aesop. fab. 195 Hausrath (òvoç àiroooaç ·tutiywv rµ,ovTwvi'lo&rt tm nj ~~ 1Ccnç11ÀO>aaç 't'ÌlV
CXÙTÒ>V
TlwnJTa) e Long. Daph.1. 23. 1: 'H&ìa µtv wrnywv TIXIÌ yÀ.t1ma).
517In Omero (Il. 3. 151 ss.) il canto delle cicale è descritto come "fiorito", cioè limpido e
uniforme come il bianco dei gigli: "ma parlatori nobili erano, simili alle cicale (wTTiYEO'cnv rouro--
wç), che in mezzo al bosco stando sopra una pianta mandavano voce fiorita (òna AapuSrooav
trim - cfr. Hes. Theog.41: ÒltÌ AaplOéoOlJ,detto delle Muse-)". Su quest'immagine si vedano, tra
gli altri, i commenti di Stanford 1969; lrwin 1974, p. 208 ss.; Kaimio 1977, p. 48 s. Per un'inter-
pretazione dell'aggettivo Aapi.ooç come "umido, rugiadoso" (in riferimento alla dieta seguita
dalla cicala, che tradizionalmente si cibava di rugiada), cfr. invece Egan 1985. Recentemente
Sardiello 1996 ha escluso che il riferimento di Aapi.ooç al giglio si fondi sulla componente di
'delicatezza' solitamente attribuita al fiore (che mal si accorda con alcuni usi del lemma), rile-
vando piuttosto come esso si basi sulla sensazione di 'meraviglia' e 'stordimento' che, in virtù
del suo lucente biancore, il fiore è in grado di suscitare.
518 Sulla diversità tra il nostro gusto e quello degli antichi già si interrogava Eustazio ad Il. 3.
151, voi. I, p. 623.12 van der Valk: ti yàp 1100 iimç flXÒ>V: (ma si vedano ancora ibid. p. 623.19 s.
van der Valk, cit. n. 398; Vug. Georg.3. 338 - querulae... cicadae-; id. Ecl. 2. 12 - raucis ... dcadis
-). Su questo argomento si cfr. l'articolo di Stanford 1969, p. 8: "if we in mcxiem times find their
- se. of the cicadas - undeviating pitch and rhythm mechanical and monotonous, it may be be-
cause our ears are assailed by similar lt\l1CVOT11'ii and à1Cpijkla of sounds from machines ali around
us. To the Greeks this finn precision was a marvel of nature".
519Cfr. Aristot. Hist. an. 535b 3 ss.: Tà µtv oùv ÈVToµaoùw +<avri ... àllà Tà µtv
oùw liuxÀÉytTIXl
Poµpti, o\ov µiltna 1CCX1 Tà ffT'llVàCXÙT<ÌJY,
Tà 6' ~v ÀtyETcn, oiov o\.tÉm-yEç.
520Sulla preferenza degli antichi per tali qualità del suono, cfr. Stanford 1967, p. 149 ss. e
Wocxibury 1955, p. 37 s.
521 Ps.-Hes. Scut. 206; Plat. Phaedr.237a; Terp. fr. 5 Gostoli; Alcm. frr. 4, 85 e 86 Calarne;
Stesich. frr. 240 e 278 Davies.
522Hes. Op. 582 ss. (cit. n. 386); Cali. Aet. 1. 29; Anacreont. 34 West, vv. 11-13; Ps.-Aristot. De
audib. 804a 22 ss. (cit. n. 376); Ps.-Luc. Amor. 18. 8 (cit. infra);Aristaen. Ep. 1. 3; Anth. Pal. 7. 189,
192 e 195. Cfr. Hesych. À.958 (À.lycivTmp· clii<><;
tÉmyo<;).
523 Il. 9. 186; Ps.-Hes. Scut. 278; Eur. HF 892; Ach. Tat. 5. 16. 5.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e la formazionedellessicotecnico 85
re524), associandosi preferibilmente agli strumenti a fiato con i quali era più
facile riprodurre un determinato tipo di suono.
Diversa è la ricostruzione etimologica di tEpeti.çrofornita da altri studio-
si525.In un articolo dedicato all'analisi di numerosi elementi lessicali che, dal
greco antico, giungono fino alle lingue tedesca e inglese del XVIII sec., Elio
Durante ravvisa l'origine di tali elementi nella pratica articolatoria con cui
avveniva la produzione dei suoni negli strumenti a fiato, in cui "il flusso ae-
reo non viene immesso nel tubo sonoro mediante una espirazione ininterrot-
ta, ma risulta opportunamente distribuito nel tempo da ostruzioni prodotte
dalla lingua con una sorta di sillabazione" 526 . Tra i diversi tipi di sillabazione
articolatoria rinvenuti da Durante nel lessico musicale greco527, compare an-
che la sequenza T-R in cui viene identificato il diretto antecedente del termi-
ne tEpeti.çro528• Tale interpretazione circoscrive il legame originario della ra-
dice alla sola prassi auletica 529 : "come <µJµarappresenta il prodotto del can-
524 Cann. Pop.880 Page; Hes. Teog.275; Pind. 01. 9. 47; Bacchyl. epin. 5. 23 e 10. 10; id. fr. 20b. 2
Snell-Maehler.
525Durante 1981 (posizioni accettate anche da Restani 1983, p. 186 ss.).
526Durante 1981, p. 9.
527 Le diverse sequenze articolatorie individuate da Durante sono citate qui di seguito assie-
me ai loro derivati lessicali: T-R (,q,ttiçco/'tq!Énaµa), L-R (1i\poç/1T1péco), T-R-L (,opÉÀÀ.T1,glossato
da Esichio t 1163 come bn+omiµa 8pl'JV11n1eòv aiiv cruÀ.q>8pcxn1eov),L-L (AaAéco/MXAaytco). Si tenga
presente che lemmi come À.aMCOe AaAaytcomostrano un valore musicale solo in una fase succes-
siva (per quanto riguarda À.aMCO,cfr. Ps.-Aristot. De audib.801a 29, lit' aù>.oùi\ ociìJnyyoç>..w.riv,e
Ach. Tat. 2. 14. 8, tò t,ri>µa« còi;n&apa ÀW.ÈI, mentre in Pind. 01. 2. 97 e 9. 40 AaAaytcoha ancora
valore puramente verbale). Personalmente ritengo che tali parole nascano quali onomatopee
del linguaggio verbale (cfr. Hesych. x 325: toùç 1Japf3apouçxwoomv àKn1e<içoucn lità TIÌVàauv8Etov
À.<Wav) ed estendano successivamente il proprio significato semantico all'articolazione musica-
le per metafora. In Teocr. Id. 5. 48 e 7. 139 e in Aristopho fr. 10 K-A. il verbo è usato in riferi-
mento alle cicale.
528 Cfr. Durante 1981, p. 26: "appare chiarissima la derivazione di ,q,ttiçco dalla sillabazione
articolatoria: privato il verbo del suffisso derivativo -iço, appare infatti in piena evidenza la
~enza tEptt-, identica al ganassiano teretere"(cfr. Ganassi 1535).
L'ipotesi di Durante viene supportata dalla testimonianza seicentesca di G. B. Doni, che
nel suo ProgymnasticaMusicaeParsveterum restitutaet ad hodiernampraxim redacta(scritto tra il
1636 e il 1643) annotava che "la pratica strumentale delle tibie e dei cerauli si apprendeva ripro-
ducendo con le labbra la posizione usata per pronunciare le sillabe te e re,da cui il legame di w-
~til;nv o del suo calco teretissarecon la prassi auletica" (Restani 1983, p. 188). Si riporta qui di
seguito l'intero passo del Doni nella traduzione di Durante (1981, p. 28): "meravigliandomi as-
sai che gli antichi Greci (dei quali non possiamo a sufficienza lodare l'acutissimo ingegno in tut-
ti i campi) non avessero sillabe o parolette di sorta con le quali si potessero esercitare nello stu-
dio del canto prima di arrivare alla esecuzione di perfette melodie, e ritenendo che il termine
,q,ttil;nv presso di loro designasse colui che canticchia una qualsiasi musichetta senza parole
precise o dotate di un qualche significato, cioè con sillabe come fa,la, le, ra, o simili e che siffatti
modulamenti privi di parole denominassero pure tEpttiaµam, ritenevo che essi facessero uso di
siffatti u, ~. te, re, particolarmente avendo udito come ancor oggi a Chio si usi fare corrente-
mente cosi, e d'altra parte [avendo udito) qua e là tra i Greci esser chiamati con il vocabolo cor-
rotto ~oµoùc; gli stessi nudi aw..l\µata, ossia le semplici melodie di flauto non associate alla
voce umana. Ma quando di seguito in un codice della Biblioteca Vaticana scopersi finalmente le
86 Le paroledelleMuse
autentiche sillabe di studio dei Greci, deposta ogni meraviglia, mi rallegrai grandemente giac-
ché con subita intuizione compresi che con l'esempio di esse si poteva egregiamente migliorare
l'insegnamento e la prassi preparatoria della musica di oggi. Allora mi venne anche in mente
che questo vocabolo u:ptnoµa (e upEtiçav) mi era familiare dal fatto che nelle musiche per flauti
e cornetti le sillabe Te e Re sogliono essere pronunziate dai maestri con vari atteggiamenti e
impulsi delle labbra e della lingua. Costoro le denominano lingue, noi con termine antico
potremmo forse chiamarle JtPOOYÀ.O>tnaµo\Xj e designare con teretissarel'azione di imitare i flauti
canterellando, ovvero una mera espressione melodica senza parole di senso compiuto, sull' e-
sempio dei Greci e in primo luogo di colui che nella sezione musicale dei Problemataadoperò
tEpEtil;E1vproprio con questo significato". Il lemma teretizein,quindi, all'epoca del Doni era uti-
lizzato principalmente per indicare il moderno 'solfeggio' cantato, esercizio orale che abitua
alla lettura della musica: a questo proposito si confrontino, dello stesso Doni, il Compendiodel
trattatode' generie de' modi, p. 85 ("Delle quali sillabe si servono anco per essercizio del canto:
benché in Scio sogliono adoperare queste «te, re, re», teretissando, cioè cantando qualche aria
senza le parole") e l'Onomasticumseu SynopsisMusicarum,Graecarumatque obscuriorumvocum,
cum earum interpretationeex operibuslo. Bapt. Doni, p. 274 (Progymnastica,quaecantum praeexerci-
tamentis,ac teretissando,scilicetvulgo,solfizando,pueroserudit).
530Cfr. Durante 1981, p. 29. Per quel che riguarda il legame dei termini va).µòç e 1Cpoùµacon le
due ben distinte pratiche performative sugli strumenti a corda, vd. supracap. 1.
531 Probabilmente questo frammento è sfuggito all'attenzione di Durante, il quale afferma
che "con immediato riferimento all'aulosè nota per il vero una sola occorrenza del verbo e in
particolare nella Vitadi Apolloniadi Aavio Filostrato, mentre più ampiamente testimoniati sono
gli usi estensivi riferiti alla voce umana". Cfr. Philostr. Vit. Apol. 36: È6ilìa0'1CE
6È aùtoùç À.aÀÈlv
u
ooa O\ àv8p<,nto11Caìupetiçav ooa aùA.oL
532 Poli. 4. 55. Naturalmente si esclude la testimonianza sopra citata della favola esopica, di
datazione incerta.
53.3Phryn. Com. fr. 14 K.-A. Di seguito, Polluce riporta un altro frammento che conferma l'esi-
stenza di un accompagnamento auletico alla spulatura del grano: 1Ca\N11Co+<ìiv èv toìç Xnpo-
-,.iatopmv «àll" 'i81iq>oaulTJ(Jov<riiv<i,vimaµov nva». Cfr. Athen. 619a (dove Ateneo sta trattando i
diversi tipi di canti popolari, in particolare quelli di lavoro): 1Ca\t<Ì>V 1maaoooCÌ>vàlltt nç (se.
ci>6t\),(i)c;"Ap1ato+civttçEV8Eoµ~1al;ouaaiç ICaÌ. NllCOlapt\çÈV 'Hpadri Xop,yy<ÌI.
534Cfr. Poll. 4. 83: 11ÉP1\aùlttµatlllV icpouµam. aupiyµata, ('tEpE'tloµoi]tEpEtiaµata, viyÀ.ap01(ma in
id. 5. 89 s.: 1Caì.u:rnyaç tEpEtiçav). Nel frammento di Frinico è assente un'opposizione terminolo-
gica netta tra i suoni prodotti dalla lira e quelli generati dall'auto, come invece avverrà nelle
testimonianze più tarde di tEpEtiçm (vd. n. 554). L'uso del verbo in questo contesto potrebbe
quindi anche riferirsi non tanto allo strumento quanto ad un tipo particolare di esecuzione
musicale (vedi infra).
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedellessicotecnico 87
È però attestato che, fermo restando tale significato assunto dal verbo
nel passo aristotelico, in quest'epoca 'tEpuiçnv non fosse ormai più un mero
sinonimo dell'espressione àvru À.O'you ~vtoç, ma sottintendesse il più delle
volte un riferimento ad una pratica musicale di ornamentazione, una specie
di 'trillo' 541(con tutte le dovute differenze che il significato di questo termine
può avere in riferimento al mondo antico), viste e considerate le cospicue
testimonianze che collegano il termine ad esecuzioni musicali di questo tipo.
A tale proposito, la lessicografia antica è molto esplicita nel glossare tEpEti-
<Jµata con <i>6aì àmxt11Àai.542
, flXflnKai543("canti vibrati, risonanti") o ,u:pi.Epya
Kpoooµata ("suoni molto elaborati") 544 . In Luciano il lessema 'tt:ptn<Jµa viene
sempre impiegato con questo valore (e con conseguente accezione negati-
va)545:"il soggiorno qui a Roma s'addice a chiunque, affidata tutta l'anima al
piacere, questo solo sia determinato a servire, essendo amico delle tavole so-
vraccariche, amico del vino e degli amori, pieno di impostura, di frode, di
menzogna, o a chiunque si compiace di ascoltare suoni strumentali (Kpouµa-
trov) accompagnati da gorgheggi (tEpEn<Jµatrov) e canti smidollati (ou:'9<>-
potrov èµJµatrov)"546 ; "e che stia a guardare tutte queste smorfie tra tocchi di
corde (Kpouµamv), trilli (tEpEti<Jµam) e colpi di piedi (1to&òvKtoump) vera-
541 Sull'origine del moderno lessema 'trillo', due sono le ipotesi correnti: se non è voce ono-
matopeica come ttpEtiçav. la sua derivazione viene fatta risalire a 8puÀ.0,)oç/8pu).(À.)TJ!l<l, a cui
manca però la mediazione latina e le cui testimonianze specificamente musicali, anche in greco,
sono minime (dr. Hymn. Horn.4. 488: µàllf mitroç KFV Èltata µt:njop<iti' SpuÀ.içol"allora -se. la cetra
- balbetterà fuori tono, a vuoto"; Vit. Aesop. 6: K'001to1riÀ.ùlv òpvÉ<ov K"aì1toÀ.uvòµrov 11xa tò 8pùÀ.JUla
"e di uccelli dai cento colori riecheggiava il cinguettio dalle molte voci"). A. Kircher, teorico del-
la musica vissuto a Roma intorno alla metà del '600, nel primo volume del suo Musurgia Uni-
versalisusa quali sinonimi greco-latini di 'trillo' i termini glottism11se teretismus (dr. gli esempi
musicali contenuti nel cap. XIV, tavola III, fol. 30), sintomo evidente che la pratica rinascimenta-
le andava reinterpretando la terminologia degli antichi sovrapponendovi le forme musicali a lei
familiari. Si dr. inoltre la sez. 6 dello stesso capitolo (De Insectorum q11orundamvocibus uti de
Ranis, Cicadis,Locustis,Grillis), in cui il verso di cicale, locuste e grilli è indicato dal termine tril-
lismus, mentre quello delle rane riprende l'aristofaneo K"oa/;(Estque coaxatus Ranarum, & trilli-
smus Cicadarum,Loc11starum, & Grillorum).
542 Secondo Restani 1983, p. 188 n. 191, "il termine <ÌltatTJÀ.Òç ... in musica si riferisce a quel
tipo di 'tremolo' o 'vibrato' ottenuto con i toni più alti della voce e che, con melismi e fioriture,
rende quasi incomprensibile il testo della composizione".
543 Hesych. t 507. Cfr. Suda t 338 (= Phot. p. 207 Naber): n:prtioµata· <i>&xì <ÌltatTJÀ.ai ii cioµata
Ètluta.
544Hesych. v 560. Per il significato di 1t<piqryoçin contesto musicale, si vedano le interpreta-
zioni di Borthwick 1%7, p. 148 e di Restani 1983, p. 188. In Ps.-Plut. De mus. 1144e-f, l'Ò4)Xaia
µoumlCl\si oppone alla musica 'nuova' proprio per una mancanza di ornamentazione (<iKrpirp-
yov ritçÒ4)Xmaçµoumritç).
545 La funzione etica attribuita dagli antichi alla musica implicò, da parte dei conservatori, un
rifiuto delle innovazioni musicali elaborate intorno alla metà del V sec. a.C., perché considerate
potenziali corruttrici della società. Per un'occorrenza musicale di upctloµata di implicazione
chiaramente negativa, dr. ancora Plut. Quaest.conv. 706e.
546 Luc. Nigr. 15.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 89
mente ridicoli?" 547; "gli spettatori erano quindi sedotti da tutto ciò che face-
va da cornice all'azione ... dall'aulo, dagli ornamenti (tEpEtlaµa.m), dalla vo-
ce armoniosa dei cantanti (Tij tcòv ~oovtrov ro~vi~)" 548; "del resto durante
tutto il viaggio il vecchio (se. il filosofo Tesmopoli) sopportò infinite noie,
poiché quello cantava e cicalava (u~vtoç; Km tEpEtlçovtoc;;}"549•
Che tale accezione della radice tEpEt- fosse già presente in età aristotelica
è confermato dall'uso traslato che, in contesto non musicale, è attestato negli
AnaliticaPosterioradi Aristotele, dove il termine tEpEtlaµcxta è utilizz,ato per
descrivere, in maniera polemica, le idee (tà rl~Tl)platoniche: "possiamo in-
fatti dare l'addio alle "idee", poiché non si tratta che di suoni privi di signi-
ficato (tEpEtlaµata) dal momento che, se anche sussistessero, non servireb-
bero a nulla rispetto alla nostra discussione" 550• Il termine viene qui associa-
to metaforicamente all'idea di qualcosa di confuso, indistinto, in cui la man-
canza di un significante verbale porta ad una pura attività articolatoria ase-
mantica (il che implicava un'accezione automaticamente negativa per gli
antichi).
Tale connotazione di 'indeterminatezza' 551 (insita nell'origine onomato-
peica del termine, se si prende in considerazione il fatto che tutti i suoni ani-
mali erano percepiti come 'disarticolati') 552 fu quindi comune sia all'accezio-
ne puramente verbale del termine, probabile sviluppo mimetico del valore
547 Luc. Salt. 2. L'espressione Jt000>vKtounq>è un chiaro riferimento al Kpountçiov (cit. supra n.
223).
548 Luc. Salt. 63.
549 Qui Luciano (De Mere. Cond.33) sta narrando l'episodio occorso allo stoico Tesmopoli che,
ospite a Roma di una tra le più distinte signore della città, si trovò seduto accanto ad un "inver-
tito, di quelli che hanno le gambe depilate e la barba rasata ... un tipo impiastricciato di rosset-
to, con gli occhi bistrati, lo sguardo sfuggente, il collo torto, non una rondine, per Zeus, ma un
avvoltoio spennato". Di nuovo il lessema upt:tiçro è chiaramente associato ad un'idea di disso-
lutezza morale.
550 Aristot. An. Post. 83a 33 ss. (dr. Procopio di Gaza, Epist. 33, dove upt:tiaµata vale "queste
consuete chiacchiere"). Per un valore simile di upt:tiçnv si vedano ancora Cleanth. fr. 563 apud
KÀ.T]8riçti intaKoooaç Èn:pénaEV) e Plut.
Plut. De Stoic. rep. 1034e 7 s. (oµoiov yàp ciJçci µT]o' UJt1lKO\lO'E
Plat. quaest. 1010b 1 (upt:tiçnv µàllov ii ouxì.iYEG8moòçoµEV),in cui il verbo indica metaforica-
mente un'espressione verbale senza senso. Per un altro esempio di uso traslato di termini musi-
cali, si confronti l'impiego di anvoowòç e ~À.ltupl (cit. infra) come parole di senso indeterminato
in Artem. Onir. 4. 2: "Così anche la legge e l'uso non sono parole di per sé, voci e suoni sprovvi-
sti di senso (mc; tò ~)..i tupl Kaì <ò> on vooljlòç)".
551 Si confronti l'esibizione canora del pitagorico Archilio descritta in una delle Lettere di
parassitidi Alcifrone (3. 55), in cui sembra che il verbo indichi un modo di cantare trasandato
nel quale, pur in presenza delle parole, il testo risulta comunque poco chiaro: "il pitagorico,
rompendo il silenzio, canterellò (EtEpÉnçEV) alcune delle Paroleauree su un'aria musicale (Katà
µOUO'lriJvàpµoviav)". Il caso in questione diverge dal passo dei Problematasopra citato, in quanto
non si tratta qui di un'esecuzione musicale IÌVE\l ì..oyouma, al contrario, di un inserimento verba-
le su un motivo musicale preesistente.
552 Per un parallelo tra il verso delle rondini e il linguaggio disarticolato dei barbari (tTIV
IÌGUv8nov )..a,,uiv), cfr. Hesych. x 325, cit. n. 527.
90 Le paroledelleMuse
553 Philod. De mus. 4. 18, col. XXXIX 13 ss. Nenbecker. Il riferimento di u:pEtiçmalla voce è in
questo caso suggerito dall'opposizione tra tà (se. àatiµavm) &[à) t<ÌJY òpyciv<IJY
età (se. àatiµavta)
tq1[rnçOJJE)va.A tal proposito non si dimentichi che, nel sistema filosofico degli epicurei, i musi-
cisti non sono altro che 1qvitm incapaci di trasmettere alcun tipo di virtù.
554 La testimonianza di Diogene Laerzio che, nelle sue Vite dei Sofisti (6. 104), riporta un fram-
mento dell'Antiope euripidea in cui, con tutta probabilità, l'espressione 11fw.poìmK<nu:pEtiaµam
indica la globalità dei suoni strumentali (rispettivamente della lira e dell'aulo), non può essere
presa come un'attestazione, già nel IV sec. a.C., di un uso oppositivo tra 11fw.p<>ç. il suono pro-
dotto dagli strumenti a corda pizzicati, e wptnaµa (il cui uso, nella ricostruzione di Durante, è
originariamente circoscritto agli strumenti a fiato). Il confronto con gli altri testimoni che ripor-
tano il frammento (vd. l'apparato al fr. 19 in Kambitsis 1972) prova che la citazione euripidea è
limitata al primo verso, mentre il secondo è in realtà opera di Diogene: yvmµmçyàp civ6pò,vtÙ µho
oiJCoùvtmmÀ.Elç,/ tÙ 6' olKoç.mi 11f<VlpOÌO\ KaÌ.u:pEtiaµamv. ("L'intelligenZAdell'uomogouernabene le
città e le case, I non lo strepito della lira e dell'aulo"). L'autore sta qui tracciando un profilo dei
Cinici, che bandivano l'istruzione enciclopedica, la geometria e la musica: in tale contesto la
citazione di un verso euripideo che, all'epoca, doveva essere abbastanza famoso (visto il consi-
derevole numero di testimoni che lo riportano) è molto probabilmente utilizzata per introdurre
il rifiuto della funzione politica e sociale della musica da parte di questa corrente filosofica.
555 Cfr. Plat. Leg. 700d 3 ss.: cipxovn:çµÈv tiìç àµoooou napavoµiaç no111taìt-yiyvovto toon µtv
no111n1Coi ... Kaì.au>.q>6i.aç6'1
taì.ç n9apq>liimçµ1µouµEV01.
556 L'autore di entrambi gli epigrammi è Agazia (per l'uso musicale di ùnotpiçEtv, vd. n. 512).
Cfr. anche Hesych. t 518: n:prtiaµata· <i>6aì. ci1tat11À.ai.
Tà tiiç 1C18<ipaçKpouµata. Un passo di
Ateneo (190 contiene però un riferimento di n:prtiçm alla citarodia che è plausibile far risalire ad
Aristosseno: "Lo stesso (se. Aristosseno) dice che Stratone di Tarétnto fu ammirato per la sua
imitazione dei ditirambi, invece Enona d'Italia per le sue parodie citarodiche; fu lui, si dice, ad
introdurre il Ciclope che strimpellava (KuJCÀ.IIJJta u:pEtiçovta) e il naufrago Odisseo che parlava
un greco sgrammaticato".
3. Suonianimalie suoni musicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 91
557 Un'altra testimonianza che, in virtù del contesto, sembra sottintendere in tl'.p[-riaµata un
riferimento alla prassi auletica è quella riportata da Eliano Va,. hist. 3. 40, in cui il lemma viene
collegato con una falsa etimologia ai lityri, ministri di Dioniso (divinità tradizionalmente asso-
ciata all'aulo): ··0tt ot croyxoprotà ~1ovoooo Iatup011'<,av ot uit' MCIJYTitup01 6voµw;oµevo1.'f.axov lit
tò ovoµa be tCÌJvtll)Et1aµatC1JY oiç xaipoucn. Per l'importanza del concetto di 'mimesi' nella cultura
antica, cfr. n. 600.
558 Sext. Emp. Adv. math. 8. 133; Diog. l..aert. 7. 57; Gal. De diff. pul. 8. 662; id. De meth. med. 10.
144; Artem. Onir. 4. 2 (cit. n. 550). Su questo argomento si veda Kotzia-Panteli 1994.
559 Theophr. Char. 17. 15 (il carattere preso di mira da Teofrasto in questo capitolo è quello
della 61j/\µa9ia o "goliardia tardiva"). Durante (1981, p. 26) accoglie in questo punto l'integrazio-
ne del Diels icaì otav d,m <xopot> yuvmic<m>v("e quando assiste a danze di donne").
560 Sono infatti assenti nel testo cenni ad alcun tipo di strumento.
561Men. Sam. 128 s.: 111(&,v Ml t]ou: uµévmov, tuptnçov. Non credo, come sembrano suggerire
Gomme e Sandbach 1973, p. 558, che qui upt-riçnv, pur se usato in senso assoluto, significhi
"chiacchierare inutilmente". Per altri usi assoluti del verbo in contesti musicali, si vedano Ps.-
Aristot. Probi.19. 10, Babr. {ab.9. 4, Philod. De mus. 4. 18, etc. (citt. supra).
562 Si confronti, a questo proposito, la testimonianza di due papiri egiziani del I sec. a.C.
(BGU 1125. 3, cfr. LS/, s.v. upnt11ç): Aiyult-rimçuptitmç \Jlt(l\)A1aµoùçmio>("due melodie di accom-
pagnamento su auloi egiziani"). Mi sembra qui evidente il collegamento della radice tll)E- con la
pratica dell'accompagnamento strumentale suggerita dal sostantivo u1tauA1aµoùç.Per questa
funzione della proposizione \lito,cfr. Ps.-Plut. De mus. 1141b 2 ('tl\Vicpoù<nv'tl\V\JftÒ 'tl\Vqi6tjv,àt.
cap. 1); Luc. Salt. 83 (EVòçlit tiòv \Jlt(l\)Ao\ivtCIJY
tòv auAòv àp,aiaaç "dopo aver strappato l'aulo a
uno di quelli che con l'aulo accompagnavano - se. la danza-"); id. Dial. Meret. 15. 2 (tyrò µh,
\JIWICj)Éicov
t1 tCÌJvAu&CIJY "facevo un po' di musica lidia di sottofondo - se. per il ballo-").
92 Le paroledelle Muse
"e quando ascolta l'aulo, unico fra tutti gli altri si mette a battere le mani (Kpo-
uìv tciiç xqxri) e accompagna l'esecuzione fischiettando (<ruvtEfl€tlçav),ed alza
la voce contro l'auletrischiedendole perchénon smetta subito"56.l.Qui il verbo
significa "canticchiare assieme all'aulo" (crùvaùì..q)):si presuppone quindi un
probabile rimando ad una esecuzione vocale in qualche modo simile, a livello
articolatorio, a quella dello strumento a fiato (ma forse, ancor più semplice-
mente, il riferimento ad una 'imitazione' circoscritta alla pura melodia, come in
Suda t 337, dove tale accezione è anche del verbo non composto)564.
L'allusione della citazione teofrastea ad un accompagnamento di tipo
imitativo evidenzia un elemento semantico che il termine tEpe'ti.çrosvilup-
perà successivamente. Già in un frammento del comico Eufrone (III sec.
a.C.) troviamo l'espressione npòç tò oixopoov ÈtEpénçEç ("canticchiavi al
suono del dicordo") 565, in cui è chiaro il riferimento alla coesistenza di un
doppio livello melodico, vocale e strumentale. Ma è solo in una fonte tarda
come gli 'ApµoviKa.di Manuele Briennio che il termine tEpEttO'µoçmostra una
caratterizzazione tecnica ormai compiuta: "Il teretismosè un elemento comu-
ne alla musica vocale e strumentale; infatti quando uno canta con la bocca,
mentre con le dita o col plettro percuote le corde in accompagnamento al
canto, allora si dice che fa l'atto di teretizein;oppure ancora più esattamente
si dice che uno fa l'atto di teretizeinquando, mentre canta e suona allo stesso
tempo, non solo passa attraverso la parte più acuta della melodia, ovvero il
tetracordo della nete, ma anche attraverso la più grave, cioè il tetracordo
della hypate566; così in maniera evidente, infatti, sembrano fare le cicale" 567•
Nel termine teretizeinsembra ormai fuor di dubbio il riferimento ad un
accompagnamento strumentale al canto (µtt' ci>otìçò.µa Kaì KpouaEroç).Ma
come intendere l'espressione "non solo passa attraverso la parte più acuta
della melodia ... ma anche attraverso la più grave", tenendo presente la
simultaneità espressamente dichiarata dei due livelli melodici e il paralleli-
smo dichiarato con il verso delle cicale? Borthwick 568 ha sottolineato come,
l'unione di due tetracordi disgiunti: parlare di "tetracordo della nete" e "tetracordo della
hyr;!/e" significa indicarne i due opposti registri, l'acuto e il grave.
7 Bryenn. p. 481. 8 ss. Jonker: ò & tq>r-nc,µòc;K"Otvòc; toù tE µ000tK"OÙ ica't6pyav1K"où· K"IÌIyàp 6mv
-ne;tq>µh, atoµa-n QOTJ, toic; & 6aK"tul.o1c;ii t(!)ltÀ.,jK"tPQ>
tàc; xop&ìc; K"atàtò µilo<; K"poU1J,totE tq>rtiçt\v
À.Éy[tat·~ µàllov totE -ne;àAri8<iic;tEpt:tiçav À.É"fEtat,È!tEl6àv où µovov tò 6/;utEpovµtpoç toù µt)..ouc;1'to1
tò tCÌ>Vvriteì>vtEtpaxopoov µn' <i>oilc;àµa ica'tK"pouc,troç 6ttl;q,xo1to, àiJ.à K"IÌItò IJaputEpov1'"tottò "tciJv
tq>rtiçt\v oi. "tÉm-ytç~vovtat. Per l'uso di tEpt:"tlc,µoc;
imat(l)V·outro K"IÌI-yàpèvap-yiiic; in riferimento
alle cicale cfr. Eustazio ad Il. 3. 153, voi. I, p. 624. 24 van der Valk.
568 Borthwick 1%5, p. 254.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitetionomatopeici e laformazionedel lessicotecnico 93
in alcuni contesti dove il termine 'tq)Én<Jµasi riferisce alla lira, esso indica la
risonanza, per vibrazione simpatetica, ali' ottava superiore della corda per-
cossa, "nete responding to hypate,A.E1ttòv wotpiçoooa ,caì àvti't'U1t0v'tq>Én<Jµa
JUixn" • Il concetto di 'risonanza' dei suoni e la conseguente produzione di
569
armonici naturali era ben noto agli antichi 570, come dimostrano l'epigramma
di Agazia e più luoghi dei Problematadi scuola aristotelica ("perché se fatta
vibrare la nete uno la ferma, al fondo dell'eco ha l'impressione di sentire so-
lo la hypate?";"infatti la seconda percussione della nete sull'aria è una hypa-
te)571.Ed è ancora Borthwick a suggerirci il legame delle cicale con la pratica
dell'ù1tTIXÉÌV espresso da un passo del Fedroplatonico (opera che, come ab-
biamo evidenziato, magnifica la musicalità di questi animali): "un dolce
mormorio estivo risponde (ÙJtTIXÉÌ) al coro delle cicale" 5n. Questa stessa me-
tafora musicale verrà successivamente ripresa anche da altri autori, quali lo
pseudo-Luciano (oi ,catà ,copu+tìvÀ.tyupòvÙJtTIXOÙ<n) 573
, Aristeneto (èn ~ tò
èµJtVouvTI\<;aùpaç À.1yupòv UJtTIXEÌ. 574 e Flavio Fi-
tq>µ0001,cq>trov u:ttiyrov xoP<i>)
lostrato (oi µÈv'tttnyeç ÙJto'lf<XÀ.À.O'OOfl<;
aùtoùç TI\<;
aùpaç Èvci>&xì.ç ~<Jav)575, sem-
569 Anth. Pal. 11. 352 (cit. supra):"Quando la corda di destra, l'estrema, percuoti col plettro, /
vibra l'ultima a sinistra, da sé, / con un rintocco sottile - si tratta di murmure, d'eco/ ripercos-
sa dal colpo dell'estrema ... " (trad. Pontani). In questo epigramma il senso di 'responsione' tra
le due fonti sonore è avvalorato dalla presenza dell'aggettivo àvtinmoç (usato con riferimento al
suono anche in Anth. Pal. 16. 154). A questo proposito, si veda anche il commento di Giovanni
Filopono agli Analitica Posterioradi Aristotele (p. 242. 14 Wallies): "sono detti teretismatai tocchi
preliminari ('tà iqx>&a'l"lA.a+llµaTa) dei citarodi, che sono dei suoni inarticolati ('tà avap&pa) che
hanno lo scopo di essere una prova della risonanza delle corde, se sono state tese in accordo
con la melodia (se cioè sono accordate)".
570 Ogni suono che noi percepiamo è il prodotto di una serie di vibrazioni, la cui frequenza
ne determina l'altezza. Accanto alla vibrazione fondamentale esistono vibrazioni secondarie
dette armoniche,la cui altezza è identificabile in modo preciso: il primo di questi armonici natu-
rali è proprio l'ottava.
571Ps.-Aristot. Probi.19. 42 e 39 (dr. ibid. 19. 24 e Arist. Quint. De mus. p. 90. 2 ss. W.-1.).Si ve-
da il commento di Borthwick 1965, p. 254: "inntxrlvis similarly used of responsive sounding by
sim~athetic vibration".
Plat. Phaedr.230c 2 s. Cfr. anche l'uso dell'aggettivo iix11tucai in riferimento a tq>Etiaµata in
Hesych. t 507 (cit. supra),Aie. fr. 347. 3 V. (axn 6' h: 11ttaÀ.oJVci&a ttui~ ...) e Clem. Alex. Protr. 1.
1. 2 (cit. supra p. 83), dove il canto della cicala, indicato proprio dal verbo u-.pt:tiçm,è 'riecheggia-
to' dalla voce umana.
573Ps.-Luc. Amor. 18. 8 (cit. anche a n. 522).
574 Aristaen. Ep. 1. 3.
575 Philostr. Vit. Apol. 7. Cfr. Anth. Pal. 7. 196: "Tu sonora cicala (àxl\aç ttrn~ ... canta un
nuovo inno alle Ninfe degli alberi, un canto pieno di gioia che risponda a Pan (civtq>liòvnavi.
icpéx:mvKil.a.6ov)".La musicalità dei suoni animali era considerata dagli antichi degna di con-
frontarsi con quella degli dei.
576 Prat. fr. 709 Page (citato da Ateneo a conferma della superiorità spartana nell'ambito della
µoooua\).
94 LeparoledelleMuse
577Cfr. Plat. Phaedr.259a: ol. 'ttm?Eç q.&ivm; 1Cmcill:r\À01ç 6uv.qoµEVol. A questo proposito si
veda il valore di 1EpE-riçavin Plut. De rect. rat. aud. 46b 10: "mentre io sto dando istruzioni o
ammonizioni o sto parlando degli dei o dello stato o del suo governo, tu non dovresti cantic-
chiare e danzare alle mie parole (È'tq)Énçt:ç1CmJtPO(JOJPXOÙ 'totç Miyolç)". Anche qui pare implicito
in ~tiçav il senso di "fare eco" a qualche cosa.
5 Pind. 01. 9. 39: "Perché insultare gli dei / è sapienza perversa, e il vanto inopportuno /
suona all'unisono con la follia (µcxvicncnvinto1Cptbm)".
579 Vd. Hesych. r 2818: h-6ocnµov· 'tò ltj)Ò niç <i>l>iiç in8apu:Jµa. Per un valore di tv6ocnµoç molto
vicino a questo dello scolio, si vedano anche Poli. 7. 87 (cit. n. 223) e Aristot. Rhet.1414b 22 ss.:
"Il preludio auletico (tò ltj)O(l\)Àlov) è simile al proemio nella prosa epidittica: infatti gli auleti,
per eseguire bene ciò che hanno da suonare, prendono l'intonazione (cruvii'l'av 'tq>tvoomµq>)
do~ aver esegui~o un preludio (ltj)O(XUÀ.T)aavuç)". . . . _
Schol. vet. Pind. 01. 9. 59a-c (voi. I p. 280 s. Drachmann): a. µavtcncnv U1W1Cpt:1CE1.· ~-
oiov h-oocnµòv ronv. b. àll.coc;·\JltOICpÉICEl' \JltTIXEl,ltj)OOÉOUCEV. yàp irupimçÈ<m tò riprµaimç
\lltOICpÉICElV
\lltTIXElVh- 'Tq>àpµòçav 'tf!V IClllapav.c. Ult01Ep[t\çav oùv, h-oocnµovtan jl(XV\i;t.11µt:'tO+opà oùv cixò tòJv
'tll~IClllapaçICpryµ«lll.!tpOUj)OVyàp niç
IClllapaçt+a,ttOµEVOlUltOICpÉICOOOlV.
1 Borthwick 1965, p. 254: 'The natural use of into1CpÉ1CE1.v,
\lltTIXElVor u1t0uprtlçnv is ... of the
responsive sound of the upper note which, when properly adjusted, will give the correct
cruµ+<,Jviawith the endosimon,from which it was tuned".
582 Cfr. n. 562.
3. Suonianimalie suonimusicali,gli epitdi onomatopeià e laformazionedellessicotecnico 95
degli antichi Greci, un suono simile appunto allo stridio delle locuste e al
grido del cigno" 583 •
L'interazione tra sonorità della natura e sonorità più propriamente musi-
cali non è quindi una prerogativa del termine u:puiçav, ma è intimamente
collegata a quella "ovvia necessità, anche per il linguaggio delle esperienze
sonore, di imitare (µiµàa8oo.), sia negli oggetti sia nel gesto ritratto, 'altri' og-
getti e 'altri' eventi di memoria sonora" 584: rientra cioè nel quadro di quella
poetica euristico-imitativa tipica dell'antico modo di fare poesia 585•
Alla luce di tali considerazioni, non appare più cosi improbabile una ri-
costruzione etimologica che colleghi il lessema u:pE-riçav alla riproduzione
mimetico-musicale di un suono 'naturale' (il verso delle cicale)586 attraverso
gli strumenti più fedeli a tale riproduzione, cioè aulo e voce umana 587• Lo
sviluppo successivo del termine verso una tecnicizzazione in ambito musi-
cale non fece altro che cogliere quelle che erano le caratteristiche più eviden-
ti di tali suoni, cosi come essi si trovavano in natura e come erano percepiti
dall'orecchio umano, e quindi identificarle in una specifica prassi esecutiva
(strumentale o vocale) particolarmente elaborata, nella quale era talvolta im-
plicito un concetto di responsione tra due fonti sonore588.
Che tipo di ornamentazione musicale, poi, si volesse indicare nello spe-
cifico con il termine u:pE-riçav è questione impossibile da stabilire, considera-
ta la carenza e soprattutto la scarsa specificità delle sue attestazioni più anti-
583 Restani 1995b, p. 98 (àt. supran. 185). Cfr. Anth. Pal.7. 192. 1 ss. (Ouictn & 1t~mn Atyu-
~ounv arianç, / àicpi.,... / ... èiclt1Ej)\ly(l)Vi'toùicpticoooaµtAoç)e Suda l 397 (ÈicpEnçEù-tapomç6t'
içuoç,àxt-ta. µoÀ.ltaV,ttmç. oiovoµolç tEpJtV6u:povxuooç). Per le implicazioni semantiche di "tEpEri-
l;tlv affini all'11Xriv,vedi supra.
584 Restani 1995b, p. 99.
585 Gentili 1989, p. 73.
586 Si confronti a questo proposito la testimonianza di Polluce (5. 89) che, elencando i vari
versi prodotti dai differenti animali, àrcoscrive, diversamente da altre fonti (àtt. nn. 503 e 514),
il termine "tEpEri!pv alle sole cicale: IC<Xl ttmyaç 'tEpEri!pv ... IC<Xl xwoovaç ltll9\lpi!pv, IC<Xl
àrioovaç
4Mv icm rixnoµriv.
587 L'argomento portato da Durante (1981, p. 33) a favore di una relazione tra la sillabazione
auletica e i versi di alcuni volatili negli Uccellidi Aristofane (si veda al v. 222 l'imitazione dell'u-
signolo affidata all'aulo con la didascalia CXÙÀ.Éi) mi sembra invece un chiaro esempio di imita-
zione di un suono animale compiuto attraverso uno strumento musicale, in cui non vedo alcu-
na mediazione compiuta dall'articolazione sillabica necessaria a produrre i suoni auletià. Per
un altro esempio di riproduzione mimetico-musicale di suoni animali, cfr. il fr. 57 Radt di
Eschilo (àt. supracap. 1).
588 Forse il termine 'tEpEtiç{I)sottintendeva un riferimento metaforico alle àcale, come avviene
per i moderni termini 'cicalare' /'cicaleccio' (cfr. Luc. De Mere. Cond. 33, cit. supra). Si veda a
questo proposito una proposta di traduzione di un passo di Diog. Laert. 6. 27: "Una volta poi-
ché nessuno badava ad un suo discorso serio, cominciò a fare il verso alla àcala (cioè a dire
sciocchezze, bttpaì.E 'tEpEri!pv, cfr. la traduzione di Gigante 1976: "cominàò a trillare come un
uccello"). Convennero molte persone ed egli le rimproverò poiché erano venuti di buona lena a
sentir le ciarle".
96 Le paroledelleMuse
twvtw, mvta, etc. non sarebbero altro che "the effects in solmisation code", come sottolinea West
1992, p. 268 n. 36). Per una diversa interpretazione del segno 'l riportato dal papiro, cfr. Pighi
1943, pp. 202-204 e 219-220.
595 Si utilizzano cioè le sillabe per teretissarealla maniera del Doni. Najock basa invece la sua
interpretazione sulla notazione sbumentale degli esempi: ma si confronti lo stesso tipo di nota-
zione strumentale utilizzata anche in relazione a prolepsised eklepsis,citt. supra cap. 1, termini
invece riferibili senza ombra di dubbio ad una prassi vocale. West, da parte sua, interpreta kom-
pismos,melismose teretismoscome simboli essenzialmente ritmici (1992, p. 268: "in insbumental
music a time-unit might occasionally be divided between two notes of equal pitch ... This was
called kompismos").
596 In ambito musicale, parlando di 'solmisazione' ci si riferisce al sistema ideato da Guido
d'Arezzo (XI sec. d.C.) per indicare i gradi della scala mediante sillabe. Tale sistema applicò ai
suoni dell'esacordo le sillabe ut-re-mi-fa-sol-la ricavate dall'inno gregoriano a S. Giovanni:
Ut quaeantlaxis Resonarefibris
Mira gestorum Famulituorum
Solvepolluti Labiireatum
SancteIohannes.
597Vd.-n. 529. Tale valore del verbo compare già nella tradizione musicale secolare bizantina,
dove sillabe prive di significato, formate dalle consonanti t e p seguite da una vocale (te, re, to,
ro, ti, n), sono utilizzate nel repertorio vocale. Nelle fonti del XIV sec. l'unione di più teretismata
è detta kratemata(New Graves.v. Byzantinesecularmusic).
98 Le paroledelleMuse
598 Si veda a questo proposito la sovrapposizione del grecismo teretismussul concetto rinasci-
P. Radici Colace (cur.), Atti del 2° Seminario internazionaledi Studi sui Lessici
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106 Le paroledelleMuse
6: 50 n. 286 ARISTAENETUS
6-8: 49 s. e nn. 282-285 Ep. 1. 3: 84 n. 522; 93 e n. 574
9: 96 e nn. 590 e 594
10: 96 e n. 589 ARISTIDES QUINTILIANUS
11: 51 e n. 293 De mus. p. 5. 26 ss. W.-1.:46 n. 255
26: 70 n. 413; 79 n. 484 6. 2 s.: 74 n. 449
29-30: 49 n. 282 6. 28 s.: 26 n. 114
68: 37 n. 195 8. 21: 14 n. 50
83-93:12 9. 3: 14n. 50
88-90: 50 n. 285 10. 18 s: 58 e n. 334
93: 51 n. 293 11. 21 ss.: 64 s. e n. 382
12. 7: 58 e n. 336
ANTIPHANES 14. 24: 65 n. 382
Fr. 50 K.-A.: 30 n. 144 16. 2 ss.: 70 n. 413
207: 70 n. 416 16. 19 ss.: 50 n. 289
17. 1: 14 n. 50
ANTHOLOGIA PALATINA 19. 5: 17 n. 64
5. 99. 1 s.: 59 n. 340 20. 2 s.: 58 e n. 335
6.54:83 21. 10 s.: 14 n. 50
7. 44. 3: 81 n. 500 21. 22: 14 n. 50
7. 189: 84 n. 522 22. 5: 68 n. 406
7. 192: 84 n. 522; 95 n. 583 22. 21 s.: 14 n. 50
7. 195: 84 n. 522 22. 25: 68 n. 406
7. 196: 93 n. 575 23. 8: 14 n. 50
7.612.3:90 23. 12: 68 n. 406
11. 352. 1: 90; 93 n. 569 23. 13: 14 n. 50
16. 8: 36 n. 188 23. 18 ss.: 40 n. 213
16. 154: 93 n. 569 29. 2 ss.: 50 n. 287
App. 3. 186: 51 n. 294 29. 12 s.: 14 n. 50
31. 15 s.: 43 n. 232
APOLLOOORUS ATHENIENSIS 31. 24 ss.: 37 n. 195
FGrHist 244 F 219: 27 s. e n. 128 41. 7: 58 n. 327
59. 22: 17 n. 64
ARATUS 67. 27 s.: 67 n. 401
Phaen.953:64 70. 12: 71 n. 424
1001: 70 n. 417 79. 10: 67 n. 398
81. 7 ss.: 67 n. 400
ARCHILOCHUS 81. 29: 68 n. 406
Fr. 207 Tarditi: 81 n. 499 82. 4 ss.: 20 n. 81; 42 e n. 231
85. 8: 14 n. 51
ARCHYTASTARENTINUS 89. 23 ss.: 20 n. 80
Fr. 1 O.-K.: 13 n. 43; 31 n. 153; 36 n. 190; 90. 2 ss.: 93 n. 571
56 n. 319; 57 n. 321 92. 26: 79 n. 484
105. 24 s.: 64 n. 378
ARETAEUS 112. 28 s.: 24 n. 107
De cur. acut. morb. 1. 1. 15: 27 n. 126 113. 8: 14 n. 50
Indicedei luoghi citati 111
BACCHIUS CALLIMACHUS
ls. p. 293. 3 Jan: 14 n. 50 Aet. 1. 29: 84 n. 522
300. 15: 14 n. 50 Fr. 203. 43 ss. Pfeiffer: 41
300. 18 s.: 14 n. 50
302. 1: 14 n. 50 CARMINA POPULARIA
302. 4: 14 n. 50 Fr. 851b Page: 2 n. 9
304. 4 s.: 14 n. 50 878:35
305. 18 ss.: 77 n. 469 880: 85 n. 524
306. 11 ss.: 14 n. 50
CHRYSIPPUS
BACCHYLIDES Fr. 297 (SVF Il, p. 96 von Arnirn): 26 n.
Epin.3. 98: 81 n. 500 115
5. 23: 85 n. 524
10. 10: 85 n. 524 CLEANTHES
Fr. 3. % Snell-Maehler: 79 n. 478 Fr. 563 (SVF I, p. 128 s. von Arnirn): 89
15. 4: 59 n. 340 n.550
20b 2: 22 n. 89; 85 n. 524
CLEMENSALEXANDRINUS
BOETHIUS Paed.2. 4. 41, 4: 33 n. 161
De inst. mus. 1. 1: 40 n. 217 2. 4. 41, 5: 17 n. 62
1. 20: 40 n. 217 3. 11. 80, 4: 34 n. 177
114 Indicedei luoghicitati
CRATINUS DURIS
Fr. 153 K.-A.: 37 n. 193 FGrHist76 F 81: 34 n. 171
DIODORUS EUBULUS
Fr. 1 K.-A.: 30 n. 144 Fr. 116 K.-A.: 30 n. 145
ORIGENES PHILOLAUS
ContraCelsum1. 159 Kall: 53 n. 299 Fr. 6 D.-K.: 2 n. 8; 23 n. 103; 54 n. 306
ORPHICA PHILOSTRATUS
Arg. 382: 33 n. 163 Vit. Apol. 7: 93 e n. 575
Orph.Hymn. 31. 1 ss.: 43 n. 236 36: 86n. 531
PACHYMERES PHOENICIDES
Harm. p. 108. 4 ss. Tannery: 70 e n. 413 Fr. 1 K.-A.: 30 n. 144
Indicedei luoghidtati 119
SCHOUA SUDA
vd. Aeschylus (CX1920): 48 n. 274
S.V.<XVCX1CpoOOµE8a
Aristophanes àvtJkxU,Eto(cx2209): 48 nn. 275 e
Euripides 276
Homerus P<xf>Pttov
(P 110): 27 n. 127
Pindarus ÈlCpElCE<;(E 603): 35 n. 185
Plato i~uv (t 397): 95 n. 583
Pseudo-Plato 1CpÉ1CEtV (1C2366): 35 n. 184
1CpÉ1Cro(K 2368): 35 n. 185
SEXTUSEMPIRICUS µooooupyoi (µ 1303): 29 n. 138; 32
Adv. math. 6. 1: 27 n. 127 n. 155
6. 33: 78 n. 473 µupµT)~(µ 1445): 49 n. 280, p. 63 n.
6. 40: 57 n. 323 371
6. 41: 71 n. 423 viyÀ.(Xf)Ot
(v 366): 34 n. 176
6. 42: 78 n. 473 "OÀ.uµ1t0ç (o 219): 38 n. 199
8. 133: 91 n. 558 "O).uµ1t0ç (o 220): 38 n. 199
Indicedei luoghicitati 125
~ (a 107): 12 n. 42 THEOPHRASTUS
~ (a 108): 29 n. 139 Char. 17. 15: 91 e n. 559
'tEpui.çoµev ('t 337): 92 e n. 564 19. 10: 92 e n. 563
u:pEtlaµa'ta ('t 338): 82 n. 503; 88 De odor.2: 53 n. 300
n.543 4. 2: 80e n. 4%
Tl.µo8Eoç('t 620): 40 n. 217 4.64:80
'lfaÀ.Tllf)lOV('lf 15): 28 n. 129 Fr. 274 Fortenbaugh: 53 n. 299
716: 1 n. 2
TELESTES
Fr. 804. 4 s. Page: 59 n. 342 THEOPOMPUS COMICUS
806: 72 e n. 435 Fr. 51 K.-A.: 37
810. 4 s.: 27; 56 n. 314
THEOPOMPUSHISTORICUS
TERENTIUS FGrHist115 F 213: 29 n. 139
Adelph.388: 30 n. 142
476: 30 n. 142 TIMAEUS
558 ss.: 30 n. 142 FGrHist566 F 43: 83 n. 513
TERPANDER TIMOTHEUS
Fr. 4 Gostoli: 21 e n. 86 Fr. 791. 221 Page: 70 n. 417
5: 84 n. 521 791. 229 ss.: 39 s.
THEOCRITUS VARRO
Id. 4. 31 s.: 49 Fr. 47: 4 n. 21; 56 n. 316
5. 48: 85 n. 527
6. 20: 48 n. 275 VERGILIUS
7. 139: 85 n. 527 Ecl. 2. 12: 84 n. 518
8. 71: 48 n. 275 Georg.3. 338: 84 n. 518
16.44:72
22. 75: 68 n. 406 XENOPHON
An. 2. 6. 9: 67 n. 398
THEON SMYRNAEUS Cyn. 6. 20: 22 e n. 94; 23; 56 n. 314; 57 n.
in Plat. p. 57. 2 Hiller: 63 n. 369 325
81. 6 ss.: 75 e n. 454 Cyr. 6. 2. 31: 55 n. 310
81. 17 s.: 75 n. 454
48. 8 ss.: 75 n. 456 ZENODORUS GRAMMATICUS
71. 4: 77 n. 470 255. 22: 63 n. 371
GLOSSARIO
à&vcSç:
"fitto, denso", detto di suono o lamento, 65 n. 387
àEUim(= ~): "cantare", 63 n. 371, 83 n. 508, 84 n. 519, 86, 88, 89, 91, 92 nn.
564 e 567, 95 n. 586 'OKq&D: "accompagnare con il canto", 89
4uµa, -ro:"canto", 82 n. 503, 85
dolm'I 11:"canto", 32 n. 155, 40 n. 213, 44, 46, 49 e n. 278, 51 n. 292,
(= ci>ol\),
83 n. 514, 86 n. 533, 87 n. 537, 88, 90 n. 556, 91 n. 562, 92 e n. 567, 93, 94 n.
579, 98 n. 600
dvfq,66ç:"che canta in risposta", 93 n. 575
mq,oc;:
"estremo", detto di suono o intervallo musicale, 69, 76 e n. 463
ÒJL+l-nnupitm:
"cinguettare", detto di uccello, 63
òvaPol11,
TI="preludio strumentale", 48 e n. 276; 49 n. 277
àplt'I\ATI:
"risplendente, sonoro", detto di suono (opp. a cilaµ7t11çe àµaupoç),
72 en. 427
Cl'6A6ci:
"aulo", strumento a fiato ad ancia doppia, 35, 38 n. 199, 41, 79 n. 489,
85 n. 527, 86 n. 531, 87 e n. 537, 91 n. 562, 92
U'ÒÀém:"suonare l'aulo", 28 n. 133, 35 e n. 180, 37, 40 n. 213, 43, 60 n. 343,
87 n. 536, 95 n. 587 Dl'taUlm>:"far risuonare del suono dell'aulo", 28 n.
134; "accompagno con l'aulo", 29, 32 e n. 158 ,q,oaaulim: "suonare l'aulo
all'unisono con la voce", 44 e n. 237 vmulim: "accompagnare con l'au-
lo", 91 n. 562
aQ1lJ.L(l,to: "melodia per aulo", 86 e n. 534
a61T1fl\ç, ò: "auleta", 43 n. 232, 87 n. 536
a6l.T1-n1toç: "auletico", detto di genere o brano strumentale, 38 n. 201
m\1f1-q,lç, 1Ì:"suonatrice di aulo", 29 e n. 139, 30 e n. 140, 37 n. 193
~ TI:"aulodia", genere musicale che comprende canto e accompa-
gnamento auletico, 90 n. 555 a61q,&1eoç: "aulodico", detto di genere o
brano che comprende canto e accompagnamento auletico, 37, 38 n. 201
µmaul.1.1c6v, to: "interludio auletico", 40 n. 213
vmubcrJJ.6ci, o:"melodia auletica di accompagnamento", 91 n. 562
pdpfkwç.o,TI:"barbitos",strumento a corda della famiglia delle lire, 17 n. 62,
22, 27 n. 123, 72
130 LeparoledelleMuse
pPéJ1m:
"rumoreggio", 5 e n. 24, 58 n. 331
~ ò: "rumore", 5 ~: "rumoreggiante come il mare", 5 n. 24
~: vd. s.v. barys
8cirroAol.,
o\: "dattili", una delle cinque sezioni del nomos Pythilcos(vd. s.v.),
49
&à macìw (se. :xop&i>v):lett. "attraverso tutte (se. le corde)", in senso tecnico
"intervallo di ottava", 20 n. 78, 25 n. 109, 44 n. 242, 75 n. 456
&à ~ (se. :xop&i>v): lett. "attraverso cinque (se. corde)", in senso tecnico
"intervallo di quinta", 14 n. 50, 49 nn. 282 e 283, 75 n. 456
~ to: lett. "intervallo tra due punti nello spazio", di qui "intervallo
musicale", 11 n. 35, 21, 23, 58, 69, 73-77 e nn. 442, 445, 453, 454, 456, 457,
458, 460 e 470, 81 n. 501
&.aanuum.KOC;: "diastematico" detto del genere diatonico, 61 n. 352 &a-
crnu.umrlt d.V1l(71.ç,
1Ì (opp. a crove:xri;K.): "movimento intervallico" pro-
prio del µoum1Còv ~ 46 n. 255, 74 e nn. 449 e 450
&àuac,cipcov(se. :xop&i>v):
lett. "attraverso quattro (se. corde)", in senso tecni-
co "intervallo di quarta", 14 n. 50, 49 nn. 282 e 283, 65, 75 n. 456
&.' ~av: lett. "sistema che comprende le note acute", in senso tecnico
"intervallo di quinta", 23, 24 n. 103
àv&Scnµoç:
"che dà l'intonazione al canto, che fa da preludio", 32 n. 155 àvM-
cnµov,to: "intonazione, preludio strumentale al canto", 41 n. 223, 94 nn.
579 e580
dm>Voç:
vd. s.v. teina
em:ret.vm:
vd. s.v. teina
1\3uc;:
"dolce, piacevole", detto di suoni vocali e strumentali, 63 e n. 371, 79 e n.
489, 84 e nn. 516 e 518, 87 n. 537, 95 n. 583 ~: "dal dolce suono", 79
n. 484 ~: "dalla dolce parola", 78 nn. 474, 79 n. 484 ~: "dal
dolce canto", 79 n. 484 ~~: "dalla dolce voce", 79 n. 484 ~,'le;:
"dalla dolce melodia", 79 n. 484 ~: "dal dolce soffio", 79 n. 484
'irx}m:
"risuonare, echeggiare", 35 n. 185, 60 n. 346, 84 n. 518, 93 n. 572, 95 n. 583
Uff1XKO:
"riecheggiare, rispondere", 81, 93 e nn. 571 e 572, 94 e nn. 580 e 581
l'am:"risonante, sonora", detto di cicala, 65 n. 386, 95 n. 583
~. ri: "suono, canto", 13 n. 45, 84 n. 516
~: "risonante, echeggiante", 93 n. 575
iixtrnKoc;: "risonante, sonoro", 88, 93 n. 572
l'am,ri: "suono, rimbombo", 67 n. 398
otmç,..;:"tesi" o "tempo in battere" (opp. a àpcrti;), 42-43
Opiivo;,
ò: "canto funebre, lamentoso", 35 n. 181
Oprivém:"intonare un canto funebre, di dolore", 22, 34 n. 177
ò: "chi è piangente, lamentoso", 35
OpriVT\fflP,
OprivtymCoc;:"lamentoso, trenodico", 85 n. 527
8pu(A)Aoc;,
ò, Opu(A)À'lµa,
-ro: "trillo, fioritura musicale", 88 n. 541
\aµlk,t, oi.: "giambi", una delle cinque sezioni del nomosPythikos(vd. s.v.), 49
verbo onomatopeico,
K<XKK~ll;o>: detto del verso di pernice, 83 n. 512
Kci).aµoc;,
ò: "canna", metonimico per "aulo", 35 n. 180
134 LeparoledelleMuse
Kmmcopr\c;:
"scuro, intenso", detto di suono o scala, 72 n. 428
1CM'l°"i
(se. rijç ~viic;), ti: "movimento" della voce in uno spazio metaforico,
distinto in 6t<XOTT1µ<XnKT} (vd. s.v.), 74; "moto" dei corpi il
(vd. s.v.) e ouvEKT}<;
cui urto dà origine al suono, 60 e n. 350; "movimento" in senso ritmico, 43
q,élcm:"far risuonare" uno strumento musicale, 27, 33, 35 e nn. 184 e 185, 93
"far risuonare" uno strumento in respon-
n. 575, 94, 95 n. 583 'ÒJl:oq,élcm:
sione, 91 n. 562, 94 e nn. 578, 580, 581
lq)Cbtm:
"gracchiare, gracidare", detto di cornacchia, 64
ÀaÀ&o, AaAaya:o:
"emettere suoni inarticolati", di qui "frinire, cantare, suona-
re", 40 n. 213, 82 n. 503, 85 n. 527, 86 n. 531
ÀaÀUi, t'l:"loquacità, chiacchiera", 85 n. 527, 89 n. 552
e&aAoç:"loquace, ciarliera", detto di cicala, 82
Ae,noç:"esile, sottile", detto di voce, 49 n. 280, 54, 61 n. 356, 62 nn. 363, 365 e
367, 63-64 e nn. 369-372 e 374-376, 90, 93 ~: "tenue, sottile", detto
di voce, 63 n. 370 ~: "dalla voce sottile", 63 nn. 370 e 375
~ t'l:"sottigliezza" di voce, 62, 63 e nn. 373 e 375, 64 n. 376
Aevlcoc;:
"bianco, brillante", detto di suono o voce chiaramente percepibile, 4,
66 n. 395, 70 n. 413, 71-72 e n. 424
A,yu;,
A,yupoc;:
"armonioso, melodioso", 48 n. 275, 63 n. 376, 65 n. 386, 84, 93,
98 n. 600 A,yu+eoyyoc;:
"dalla voce armoniosa", 95 n. 583
bxuvoc;
(se. xopotj), t'l:corda/nota percossa con il "dito indice", 11-12, 45 e nn.
244 e 248, 59 n. 339, 70 e n. 420, 79 n. 483
Aupa,
ri: "lira", strumento a corda non professionistico alla base dell'educa-
Glossario 137
µ.éya.c;:
"grande", detto di suono "forte, intenso" (opp. a µucpoç), 4, 22, 53, 54,
56 n. 319, 57- 58 e nn. 325-327 e 329-331, 63 n. 375
~ 11: "potenza di voce", 15 n. 57, 23 n. 96, 58
péye8oç,T6: "grandezza" musicale, 23, 54 n. 306, 57 n. 325, 58 n. 328, 65 n.
382, 76 e n. 459
~ lett. "nero", detto di suono poco chiaro dal punto di vista percettivo
(opp. a ÀE\>x:oç),
4, 66 n. 395, 71-72 e n. 424
µéla.,T6: "miele", detto di parola o canto, 78-79 e nn. 474 e 482 p.d1P6a,ç:"dal
dolce canto", 79 n. 481 µeliyliouKOç: "dal dolce suono", 79 n. 480 µeli'Y'l-
puç: "dal dolce suono, che risuona dolcemente", 79 n. 478 µeli~:
"che risuona dolcemente", 79 n. 480 ~: "dal suono, dalla voce
~•=
di miele", 79 n. 480 ~: "dolce come miele", 79 n. 480
"cospargo di miele", detto del canto dell'upupa, 79 n. 478
vq.a.oç:
"nomos",melodia tradizionale, vocale o strumentale, 25 n. 113, 35 n.
182, 72 e n. 435 v. nueuroc;,
brano strumentale auletico (poi anche citaristi-
co) che racconta la lotta di Apollo con il serpente Pitone, composto da
dyq,oucni; ("preludio"), ~pa ("prima prova"), 1:a-mal.euc,µ.oç (lett.
"esortazione", indica la vera e propria lotta),~ e &irrolm. ("giambi e
dattili", con riferimento all'andamento ritmico della sezione), aupLTIEç
("sibili", probabile imitazione dei sibili di morte del serpente), 49 e n. 279
oçuc;:
"acuto" detto dell'intonazione di un suono o una scala (opp. a fxxpui;),
4, 13 e n. 45, 14, 15 e n. 57, 18, 22, 23 n. 96, 25 n. 112, 49 nn. 282 e 283, 50 e
nn. 283-284 e 286-287, 53, 55-57 e nn. 307, 309, 313, 319, 321 e 323, 61 n.
356, 62 nn. 361,365 e 366, 63 nn. 369 e 372, 92 n. 567
0ç'Ofllt;.ti: "acutezza" musicale, 13, 62 n. 361, 64 n. 376, 65
oç,nowm: "cantare ad una tonalità acuta", 25 ~: "dal tono acuto",
22
oç~: "dalla voce acuta", 27, 56 n. 314, 61 n. 355, 62, 63 n. 375
6pyavov,to: "strumento" musicale, 14 n. 51, 28 e nn. 129 e 130, 40 n. 213, 41
n.223
òpycxvucoi;:"strumentale", detto di melodia (opp. a µ0001.1còvµiloç), 49 n.
282, 50 e nn. 283 e 284, 92 n. 567; detto di +rov11
(opp. ad àv8prom.1Cl\),
23
òpxé.oµal:"danzare", 91
~. ti: "danzatrice", 29
dpaç, to: "limite" del luogo entro cui le note mobili possono muoversi, 69,
76en. 465
KT1rnç,
lÌ=lett. "strumento ben connesso", più spesso tipo di arpa, 6, 26 e nn.
117 e 118, 27 e nn. 123, 124 e 127, 31 n. 154, 56 n. 314
,a.,d,tm:
riproduzione mimetica del verso degli uccelli, 84 n. 515
1f01.1Cllia.
i\: lett. "varietà" di colore, poi musicale, 40 n. 216, 44 n. 241, 70; in
senso ritmico, 39 n. 211, 42 n. 226
ml~ to: "varietà" ritmica, 44 n. 241
Glossario 141
p11't6c;:
"razionale", detto di intervallo o sistema (opp. a w.oyoc;),65 n. 382
pu8Jll.K6ç:
"ritmico", 42 n. 226 pu8Jll.K1\
(se. xp<ryµattia), 11:"scienza ritmi-
ca", 47 n. 267
c:roµ+6c;:
"spugnoso, poroso", detto di suono che risuona in modo sordo, 66 e
n.395
crq,6pt.Aoc;,
ò: lett. "ciò che ruota", ipotetico meccanismo ligneo a forma di
trottola inserito tra le corde della lira ai fini di modificarne l'intonazione;
metaforicamente "ciclone, turbinio" musicale, 40 n. 216
11:"concerto
O'UVCXUÀia, di più strumenti" anche diversi tra loro, 73
aùpl~. fl: "syrinx, flauto di Pan", 5 n. 24, 6 n. 27, 72, 84 crop1.neç, ai: "sibili",
una delle cinque sezioni del nomosPythikos(vd. s.v.), 49
aupiffCD (att. per crupiçro):"fischiare, sibilare", detto anche del verso della
donnola, 83 n. 512
o,~:yµa, to: "fischio, sibilo", ma anche "suono dell' aulo", 86 n. 534
cruc:rnu,ux,
to: lett. "sistema, aggregazione di intervalli", quindi "scala", 3, 24,
25 n. 110, 65 n. 382, 69, 76 e nn. 461 e 462, 81 n. 501
c:rxflux,
to: "forma, specie" di quarta, quinta e ottava, 69, 77 e n. 468; "figura"
melodica, 96
mvm: "tendere" una corda musicale, 3, 11, 15 n. 56, 16 n. 60, 21, 22 n. 90 àm-
mvm: "prolungare" il suono, 15 n. 56 mmvm: "tendere", detto di corde
e, più estensivamente, di suoni musicali, di qui"produrre suoni d'into-
nazione acuta" (opp. ad àvi.Ttµt),3, 13-21 e nn. 50, 52, 59, 62, 69 e 70
~: lett. "tensione" (se. di una corda) che passa ad indicare l'intonazio-
ne di un suono o una scala, 3, 13 n. 43, 17 n. 62, 21, 23 e n. 97, 25-26 e nn.
113 e 114, 62 n. 365, 73, 75 ~: "prolungamento" del suono, 15 n. 56
bi:m.cn~"tensione" della corda, causa di "acutezza" del suono prodotto
(opp. ad civEcnç),13-21 e nn. 45 e 47, 26 n. 114, 49 n. 282, 50 n. 286
t6voç ò: "prodotto della tensione di una corda (o della voce)", di qui
"intonazione" di un suono, più spesso detto di voce, 11, 17 n. 62, 19 n.
69, 21-26 e nn. 83, 96, 99 e 106, 41, 58; "accento musicale", 25, 56 n. 314;
"intervallo di un tono", 23-24; "ambito sonoro, tonalità", 24-25 e nn. 107,
109 e 111 &atovoc;:"che procede per toni, diatonico", detto di µO'\)(J\1CJl o
µiloç, 24 e n. 105 (vd. s.v. genos)bncm,voç:"eptatonico, a sette note", 21-
22 E6tovoc;:"ben teso", 22 n. 91, 62 e n. 366 oµorovoc;:"che ha lo stesso
accento, uniforme, 25 n. 112 ~uwvoc; e i,çlm,wm: vd. s.v. oxys ~:
"teso", detto di suono o scala di intonazione acuta (opp. ad àvaµivoç),
144 Le paroledelleMuse
'tplfll (se. xopm\), ,;: la "terza" corda/nota a partire dal basso, 11 e n. 37, 45 e
nn. 243, 244 e 248
'qJ\XCD&ri:
"sottile come un capello" detto di suono, 62 n. 363, 63 n. 373
ÙJaml (se. xopotj), ,;: lett. corda/nota "più alta" (= d'intonazione più grave),
11, 12, 20, 45 n. 244, 51 n. 291, 59 n. 340, 90, 92 e nn. 566 e 567, 93
xél.~ ,;: "chelys",lett. "tartaruga", strumento a corda della famiglia delle lire
la cui cassa armonica è costituita da un carapace di tartaruga, 11, 22
xOf>&l,
,;:lett. "corda" musicale, più estensivamente "nota, suono", 11, 13, 16 n.
60, 17 n. 62, 20 n. 78, 23, 27 n. 121, 28 n. 134, 29 n. 137, 35 n. 185, 40 n. 218, 41,
42 n. 224, 44 n. 241, 45 n. 250, 62 e n. 363, 63 n. 369, 64, 68, 92 n. 567
1t0Auxopooç: "con molte corde/note", 19 n. 69, 35 n. 183, 72
,q,oaxop&,ç:"che risuona all'unisono", 44 nn. 237 e 241, 46 e n. 259
xop&novoç:"dalle corde tese", 22 n. 90
xopoç,
ò: "coro, danza corale", 41 n. 223, 43 e n. 234, 91 n. 559, 93
x,,6a, ,;: lett. "sfumatura di colore", detto di variazioni dei generi diatonico e
cromatico, 4, 59, 61 n. 352, 69 n. 412, 70
Glossario 147