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A chi s’è addentrato nello studio dei manoscritti medioevali è ben noto che
ogni codice costituisce un universo autonomo: esso è unico non solo per carat-
teristiche fisiche e di contenuto, ma anche la storia, l’uso che ne è stato fatto, le
fortunate circostanze che ne hanno permesso la conservazione sono uniche e con-
tribuiscono ad arricchirlo di significati, ogni vicenda aggiungendo nuovi segni,
lasciando una nuova traccia. Un manoscritto parla di sé dunque come un indivi-
* Questo articolo è nato all’interno di un gruppo di studio sulla notazione dell’Ars Nova italiana creato
da Maria Caraci Vela nel 1994 presso l’Università di Pavia (Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di
Cremona). In questo lavoro rifluiscono distillate molte delle discussioni avvenute nei due anni di incontri
di studio. A Maria Caraci Vela soprattutto, che mi ha incoraggiato a occuparmi di Fp continuamente
suggerendomi spunti di ricerca, va dunque il mio ringraziamento, ma anche a tutti i membri del gruppo.
Un grazie infine a Marco D’Agostino per la preziosa consulenza paleografica e codicologica.
Nello studio sono usate le seguenti sigle:
Manoscritti
Cil Perugia, biblioteca privata di Galliano Ciliberti.
CH Chantilly, Musée Condé, Ms. 564 (olim 1047).
Fp Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. panciatichiano 26.
Fsl Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ms. Archivio Capitolare di San Lorenzo 2211.
F.5.5. Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. Incunabulum F.5.5.
Lo London, British Library, Ms. Additional 29987.
Lw Chicago, biblioteca privata di Edward E. Lowinsky.
Manc Lucca, Arch. di Stato, Cod. 184, e Perugia, Biblioteca Comunale «Augusta», Ms. 3065.
Pit Paris, Bibliothèque Nationale, Ms. Fonds ital. 568
PT Pistoia, Archivio Capitolare, Ms. B.3.5.
Reina Paris, Bibliothèque Nationale, Ms. nouv. acq. frç. 6771.
Rossi Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ms. Rossi 215, e Ostiglia, Fondazione Opera Pia
Greggiati, Ms. senza segnatura.
Sev Sevilla, Catedral Metropolitana, Biblioteca Capitular y Colombina, Ms. 5.2.25.
Sq Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Cod. Mediceo Palatino 87 (Codice Squarcialupi).
Cataloghi
RISM B IV/3-4 Répertoire International des Sources Musicales: Series B IV/3-4, Handschriften mit mehrstimmigen
Musik des 14., 15. und 16. Jahrhunderts, hrsg. von Kurt von Fischer und Max Lütolf, Henle,
München-Duisburg 1972.
Edizioni
Schrade 1958 Francesco Landini, The Works of Francesco Landini, ed. by Leo Schrade, L’Oiseau-Lyre, Monaco
1958 (Polyphonic Music of the Fourteenth Century, 4).
Letteratura
Nádas 1985 J. Nádas, The Transmission of Trecento Secular Polyphony: Manuscript Production and Scribal Practices
in Italy at the End of the Middle Ages, UMI, Ann Arbor, Mich. 1986 (PhD Diss., New York
University 1985).
78 STEFANO CAMPAGNOLO
duo. Tuttavia si può parimenti affermare che in ogni codice è riflessa anche la
somma della serie di analoghi soggetti che lo ha preceduto. Ciò perché ciascuna
cultura stabilisce i propri modi e forme di trasmissione e il libro medioevale, o
meglio le varie tipologie di libri, erano caratterizzate secondo la funzione svolta
quanto e forse più di un libro moderno1. Inoltre, più concretamente, la stesura di
un codice, specie se importante, impegnava profondamente uno scriba o un inte-
ro scriptorium, in modo tale che si rendeva necessario procedere con una accurata
pianificazione. Questa necessità finiva con lo stabilire delle costanti nella dispo-
sizione del testo, delle illustrazioni, delle rubriche, degli indici, etc.; similmente
la pratica creava routines: nella preparazione della pergamena, nella rigatura, nel-
la fascicolazione, e così via fino alla legatura.
Lo studio di un manoscritto medioevale può dunque configurarsi nella ricerca
delle specificità che lo distinguono nella cornice della struttura caratteristica del
genere nel quale si inscrive.
I manoscritti che ci tramandano il repertorio della polifonia italiana del Tre-
cento possiedono molti tratti di somiglianza determinati da un comune canone
compositivo. Si conviene in genere che a far loro da modello siano stati essenzial-
mente gli chansonniers trobadorici copiati in area norditaliana (e di lì trasmessi
poi in Toscana), in cui vidas e razos erano disposte in approssimativo ordine cro-
nologico, o in cui a dettare l’ordinamento era il genere poetico secondo la dispo-
sizione tradizionale che prevedeva la successione di canzoni, sirventesi e jeux parties2.
1. Cfr. la densa sintesi di A. Petrucci, Il libro manoscritto, in Letteratura Italiana, dir. da Alberto Asor
Rosa, Einaudi, Torino 1983, vol. II, Produzione e consumo, pp. 499-524.
2. Modello subito trasmesso ai canzonieri del volgare italiano. La questione, estesa anche alla poesia
trovierica, è affrontata in Nádas 1985, pp. 19-27, cui si rinvia pure per la relativa bibliografia, da integrare,
sulla evoluzione del genere-canzoniere, con C. Bologna, Tradizione e fortuna dei classici italiani, Einaudi,
Torino 19942, (Piccola Biblioteca Einaudi, 603). Si veda inoltre F. A. Gallo, Introduzione, in Il codice Squarcialupi,
Ms. Mediceo Palatino 87, Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, 2 voll., Giunti-Libreria Musicale Italiana,
Firenze-Lucca 1992, (Ars Nova, 1), vol. II: Studi raccolti a cura di F. Alberto Gallo, pp. 11-17. Il modello
dell’antologizzazione poetica è in realtà un modello classico (Anthologia Palatina) e solo mediato dalla tradi-
zione occitanica. Sarebbe forse opportuno richiamarsi in via esclusiva all’ulteriore mediazione dei codici che
ci tramandano la poesia siciliana e dello stil novo: nel tardo Trecento, la lingua d’oc era ormai una lingua
umanistica e come tale ristretto patrimonio degli eruditi, mentre stile, forme e figure erano state completa-
mente assorbite dalla poesia volgare italica. Rispetto alla tradizione trobadorica, costituisce stimolante
connessione con l’arsnovistica la natura poetico-musicale – che sembra avere un seguito nella pratica della
ballata monodica, e tenuissima traccia pare la riutilizzazione polifonica del mot (ma non del son) della chanson
trovierica Quan je voy le duç tens venir (per cui si veda Th. Karp, The Textual Origin of a Piece of Trecento
Polyphony, «Journal of American Musicological Society», XX 1967, pp. 469-473), testimoniata proprio in
Fp alla c. 90v – mentre un più diretto collegamento con la poesia dello stil novo, in cui era invece operante
una distinzione netta tra suono e testo poetico – secondo la nota tesi di Gianfranco Folena compiutamente
esposta e discussa in A. Roncaglia, Sul «Divorzio tra musica e poesia» nel Duecento italiano, in L’Ars Nova
Italiana del Trecento IV, Centro studi sull’Ars Nova Italiana del Trecento, Certaldo 1978, pp. 365-397, e
tenacemente avversata da Nino Pirrotta, la cui posizione, esposta molte volte nei suoi saggi, si veda da
ultimo in N. Pirrotta, Poesia e musica, in Poesia e musica e altri saggi, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze)
1994, (Discanto/Contrappunti, 33), pp. 1-11; così come le obiezioni più recenti alla tesi ‘divorzista’ in A.
Fiori, Il ruolo del notariato nella diffusione del repertorio poetico-musicale nel Medioevo, «Studi musicali» XXI/2
1992, pp. 211-235 – varrebbe però come elemento di peso per la denominazione, in ancora aperta querelle
sulla legittimità dell’appellativo Ars Nova applicato alla polifonia italiana del Trecento. Infatti il recente
rifacimento dell’MGG (Die Musik in Geschichte und Gegenwart: allgemeine Enzyklopädie der Musik, Zweite,
IL CODICE PANCIATICHI 26 79
7. Ch. Hamm, Manuscript Structure in the Dufay Era, «Acta Musicologica», XXXIV 1962, pp. 166-184. A
volte, in relazione alla teoria di Hamm e a proposito della redazione dei codici musicali, è stato evocato il
sistema della pecia (ad esempio in A. Tomasello, Scribal Design in the Compilation of Ivrea, Ms. 115, «Musica
Disciplina», XLII 1988, pp. 73-100: 86 e ss., dove si introduce anche la più appropriata definizione di
‘booklet’ per indicare i fascicoli sciolti con cui veniva diffusa la musica), ma non pertinentemente: il mecca-
nismo della pecia infatti è da considerarsi un sistema di produzione dei libri manoscritti serializzato, funzio-
nale e strettamente collegato all’ambito, lo studium parigino e poi il bolognese e in generale gli scriptoria
universitari, in cui fu ideato. Il fatto che la polifonia tre-quattrocentesca possa aver circolato in quaderni e
fogli sciolti di per sé non crea commistione, neanche idealmente, col sistema della pecia (che presuppone
sempre l’idea dell’exemplar, concetto assente con i codici musicali). Più semplicemente: non basta che ci
siano dei quaderni sciolti per parlare di pecia (ma sulla presenza di forme di produzione analoghe alla pecia in
ambito provenzale si veda la breve discussione intorno al problema ancora aperto e i relativi rinvii bibliografici
in Bologna, Tradizione e fortuna, pp. 52-53).
8. M. Bent, Some Criteria for Establishing Relationships between Sources of Late-Medieval Polyphony, in Music
in Medieval and Early Modern Europe: Patronage, Sources and Texts, ed. by Iain Fenlon, Cambridge University
Press, Cambridge 1981, pp. 295-317.
9. J. Nádas, The Structure of MS Panciatichi 26 and the Transmission of Trecento Polyphony, «Journal of
American Musicological Society», XXXIV 1981, pp. 393-427, confluito poi con lievi ampliamenti in Nádas
1985, pp. 56-117. Nella sua tesi dottorale, Nádas ha studiato molti dei principali manoscritti arsnovistici
(Fp, Reina, Pit, Manc, Sq, Fsl e anche il frammento F.5.5.) approntandone descrizioni codicologiche corre-
date da schemi della fascicolazione, descrivendone l’articolazione in livelli di stesura e, soprattutto, distin-
guendo le mani che hanno operato su ciascun testimone e individuandone le abitudini scrittorie. La
pubblicazione dell’articolo di Nádas ha coinciso con l’uscita dell’edizione fotografica di Fp: Il codice musicale
Panciatichi 26 della Biblioteca Nazionale di Firenze, riproduzione in facsimile a cura di F. Alberto Gallo,
Olschki, Firenze 1981 (Studi e testi per la storia della musica, 3).
IL CODICE PANCIATICHI 26 81
10. Schrade 1958. L’apparato critico e l’introduzione al volume sono pubblicati a parte: L. Schrade,
Commentary to Volume IV, The Works of Francesco Landini, L’Oiseau-Lyre, Monaco s. d., p. 5.
11. Nella descrizione di von Fischer: «Im Gegensatz zu allen andern MSS wird FP durch eine
Ballatensammlung eröffnet. [...] Erst anschließend an Landinis Ballaten und Madrigale folgen die Werke
der älteren Meister in einigermaßen chronologischer Reihenfolge (immer wieder durch Einschübe von
weiteren Landini-Ballaten, französischen Werken und einer Ballata von Bartolino auf noch freiem Platz
ergänzt). Zum Schluß bringt FP eine Reihe besonders kunstvoller dreistimmiger Stücke (mehrtextige M,
KM, Ca). Auch hier steht Landini wieder vor Piero, Jacopo und Giovanni», K. von Fischer, Studien zur
italienischen Musik des Trecento und frühen Quattrocento: I. Das Repertoire, II: Repertoire-Untersuchungen, Haupt,
Bern 1956 (Publikationen der Schweizerischen Musikforschungen Gesellschaft, Sr. II, 5), p. 89. Come si
può notare, nella descrizione (così come ripresa anche in K. von Fischer, Florence, Biblioteca Nazionale Centra-
le, Panciatichi 26, nella voce Sources Ms. § VIII, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, MacMillan,
London 1980, vol. XVII, p. 667) si rimarca che la disposizione è anzitutto per genere e secondariamente per
autore, individuando la successione di forme in ballate, madrigali e pezzi a tre voci (pluritestuali, madrigali
a canone e cacce).
82 STEFANO CAMPAGNOLO
Bianco restava, nella primitiva redazione, il quinione finale, pur ospitando già la
rigatura per la notazione musicale similmente a tutte le altre carte del mano-
scritto. Su questa base, gli stessi copisti intervenivano successivamente aggiun-
gendo una ballata di Guglielmo di Francia (I)12, parecchie altre ballate di Landini,
un madrigale di Bartolino da Padova (VII) e uno di Piero (IX)13.
Schrade ha adottato per la sua edizione anche l’ordinamento delle composizio-
ni di Fp, supponendo che le opere di Landini vi fossero collocate secondo una non
rigorosa ma comunque evidente successione cronologica, e ciò in forza di alcune
osservazioni relative alle ballate aggiunte nella seconda fase di stesura, considera-
te stilisticamente più avanzate e maggiormente influenzate dal gusto francese14.
Deve aver pesato, sulle convinzioni di Schrade, ancora la reminiscenza della tra-
dizione trobadorica, ma ancor più l’esempio dell’opera di Machaut e il desiderio
inconscio di collegare il più possibile i due maggiori compositori del Trecento.
C’è da dire però che la successione delle opere di Landini in Fp sembra davvero
non essere casuale, anche se presto Kurt von Fischer ha provveduto a vuotare di
fondamento l’idea di Schrade mostrando come si ritrovino mescolate opere dallo
stile palesemente arcaico accanto ad altre più moderne15. Ciò nonostante, con-
frontandosi con Fp è impossibile sfuggire a questi interrogativi: qual è il signifi-
cato da attribuire al piano di compilazione del manoscritto? Può esso averci
conservato, almeno in parte, una raccolta delle musiche di Landini preparata
sotto la sua supervisione? Ovvero, ha avuto origine in un circolo vicino al massi-
mo compositore del Trecento italiano, potendo così attingere ad antigrafi parti-
colarmente attendibili?
Schrade, come detto, ha risposto affermativamente ai quesiti16, mentre Kurt
von Fischer pensava che «FP nicht nur aus Florenz, sondern auch aus Landinis
unmittelbarer Umgebung stammen mu߻17. Nino Pirrotta, interpretando si-
12. Adespota in Fp ma a lui attribuita in Pit ed Sq.
13. Dopo questa fase, copisti diversi da quelli che si sono occupati della musica italiana, e in più tempi,
hanno aggiunto altre 27 composizioni alle 158 iniziali. Per l’esattezza: quattro senza testo (una attribuita a
un «Marcus», l’altra adespota, ma attribuibile, dalla concordanza con CH, a Solage e altre due pure concor-
danti con lo stesso manoscritto, ma anche lì anonime), due che recano l’incipit di un testo italiano (Invidia
nimica di Dufay e l’anonima O lieta stella), sei di Machaut, una ciascuno di Antonio da Cividale, Johannes
Cesaris, Pierre des Molins, e 11 composizioni anonime con testo francese. Aggiunta in ultima sede è La
doulse cere d’un fier animal di Bartolino da Padova (qui Bartolino ‘da Perugia’, evidente errata interpretazione
dell’indicazione abbreviata ‘da Pa’, o forse dello «Schappuccia» con cui lo si trova nominato in Pit). Con
riferimento all’indice RISM B IV/3-4 si tratta delle composizioni numero 33, 34, 35, 36, 37, 72, 110, 114,
128, 136, 139, 142, 145, 156, 161, 167, 171, 176-185.
14. Cfr. Schrade, Commentary, pp. 10-23.
15. Cfr. K. von Fischer, Ein Versuch zur Chronologie von Landinis Werken, «Musica Disciplina», XX 1966,
pp. 31-46.
16. Schrade presupponeva l’esistenza di «several authentic collections, compiled and copied under the
supervision, or with the advice, of the composer», e che Fp fosse «the copy of an older source no longer
known [...] the direct or indirect copy of one of the originals», pure però avendo un’idea dell’originale non
come prodotto unitario di uno scriba ma, come i manoscritti oggi sopravvissuti sono il risultato del lavoro
combinato di «various compilers, various scribes», così «a comparable situation must be assumed for the
lost originals» (Schrade, Commentary, p. 28).
17. Fischer, Studien, p. 89.
IL CODICE PANCIATICHI 26 83
milmente a Schrade il medium spesso scelto in Fp per le ballate a due e tre voci
(contratenor soltanto o anche tenor strumentali) quale indizio di un gusto piutto-
sto tardo e seguendo la nota tendenza che sempre l’ha contraddistinto nel pro-
porre datazioni in genere più avanzate rispetto a quelle di altri studiosi, lo ha
collocato a ridosso del ’400, stemperando così la possibilità che vi sia stata una
diretta dipendenza da Landini stesso, ma correlandolo piuttosto a quei circoli
altoborghesi – simili in tutto a quello descritto da Giovanni Gherardi da Prato
ne Il Paradiso degli Alberti18 e circoscritti poi in qualche dettaglio da Michael
Long19 – nella cui orbita sarebbero da ricondurre anche figure come quelle di
Andrea de’ Servi e Paolo da Firenze20.
Le risposte date da Nádas sono state indirette, ma inequivocabili: la datazione
che egli dà di Fp (1400, con le ragioni di cui dirò poi) riduce di molto l’ipotesi
dell’esistenza di una stretta relazione con Landini. Inoltre nella sua lettura l’at-
tuale configurazione di Fp risponderebbe soprattutto a gusti e abitudini dei copisti/
compilatori, capaci di selezionare il materiale, attribuirgli la veste notazionale
desiderata, scegliere a piacere se inserire o meno il testo sotto tenores e contratenores,
capaci insomma di segnare fortemente struttura e aspetto del codice.
Anche Nádas ha lasciato irrisolte alcune questioni. Ad esempio non si vede
quale ratio ci sia, se c’è, nella disposizione delle composizioni di Landini (specie
nelle ballate a due e tre voci), che sembra sfuggire alle pur tenui costanti
individuabili nella tradizione seguendo così un ordinamento tutto proprio. Non
sembra poi sufficientemente chiarita la posizione delle carte bianche, o meglio
non sono chiari i criteri con i quali i copisti sono intervenuti con le successive
addizioni utilizzando certi spazi piuttosto che altri. Inoltre non s’è data alcuna
giustificazione alla presenza di un intero fascicolo, l’ultimo, rimasto integral-
mente bianco: quale poteva essere il suo contenuto nel piano di compilazione?
Perché non è stato usato per le addizioni landiniane?
E inoltre, tra gli interrogativi più pressanti, perché in Fp non vi sono così
tante delle ballate a due voci di Landini, mentre la collezione di quelle a tre è
quasi completa? Perché si passa col repertorio aggiunto, con un salto cronologico
evidente, da Landini all’ars subtilior (con le significative concordanze con CH),
ignorando tutta una intera generazione di compositori italiani della tarda Ars
Nova?
18. Giovanni Gherardi da Prato, Il Paradiso degli Alberti, a c. di Antonio Lanza, Salerno Editrice, Roma
1975 (I Novellieri Italiani, 10).
19. M. P. Long, Musical Tastes in Fourtheenth-Century Italy: Notational Styles, Scholary Traditions and Historical
Circumstances, UMI, Ann Arbor, Michigan 1981, (PhD Diss., Princenton University 1981), pp. 178-190, e
anche Id., Francesco Landini and the Florentin Cultural Élite, «Early Music History», 3 1983, pp. 83-99.
20. «Dieses Repertoire muß ungefähr der Geschmacksrichtung des Florentiner Kreises nach dem Tode
Landinis (1397) entsprochen haben. Allerdings waren in diesem Kreise die Werke der jüngeren Komponisten,
wie Andrea dei Servi und Paolo Tenorista [...]», N. Pirrotta, Florenz, Codex Palatino Panciatichiano 26 (FP),
in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, hrsg. von Friedrich Blume, Bärenreiter, Kassel 1949-1979, vol. III
(1955), coll. 401-405: 402.
84 STEFANO CAMPAGNOLO
Con una descrizione del codice, riprenderò i dati dell’analisi di Nádas, discu-
tendone alcuni soprattutto in relazione alle mani che hanno esemplato il
manoscritto, e proverò a elaborare qualche ipotesi per rispondere ad alcune di
queste domande. In particolare, intorno all’ordinamento delle composizioni di
Landini, alla disposizione dei fascicoli (secondo quella che ritengo essere stata la
prima idea del compilatore), e infine sulla datazione di Fp e sulla sua possibile
origine21.
21. Questa analisi presuppone la conoscenza di quella di Nádas, che costituisce il mio punto di partenza
e cui rinvio per riscontri più precisi di quelli qui forniti, così come rinvio all’edizione fotografica per la
bibliografia complessiva sul codice fino al 1981 redatta da Alberto Gallo, nonché per i numerosi riscontri
che il lettore dovrà fare direttamente sulla riproduzione. Desidero chiarire da subito che, per quanto in
parecchi punti esprima il mio dissenso da alcune conclusioni di Nádas, è evidente che senza il suo fonda-
mentale lavoro – esemplare, come ho già detto, in quanto a metodologie applicate – questo contributo non
avrebbe potuto essere portato a compimento.
22. Sul significato da attribuire al materiale scrittorio prescelto, si veda Long, Musical Tastes, p. 185, il
quale mette in relazione l’uso della carta con la borghesia mercantesca (e, aggiungerei, il notariato), di
contro alla pergamena, tipica scelta degli ambienti ecclesiastici.
23. Il manoscritto è stato restaurato nel 1957-1958 (cfr. F. A. Gallo, Premessa, in Il codice musicale Panciatichi
26, p. 7) con velatura di parecchie carte e nuova legatura. Conseguentemente, la fascicolazione originale è
diventata di lettura ardua, da cui le improprie notizie riportate dallo stesso Gallo e in RISM B IV/3-4, p.
835, ma tutti coloro che ebbero a descrivere il codice prima di quella data non hanno avuto difficoltà a
individuarne l’uniforme struttura in quinioni che trova altresì conferma nell’analisi delle filigrane (cfr.
Nádas 1985, pp. 72-78).
24. I repertori di filigrane cui si fa riferimento in Nádas 1985, pp. 72-78, indicano per tipi analoghi
queste datazioni: tipo 1 (tre monti con una croce alla sommità) 1398-1408; tipo 2 (tre monti con una croce
leggermente più in alto rispetto al tipo 1) 1373?, 1385-1386, 1392, 1400; tipo 3 (tre monti in un cerchio
con una croce al di sopra) 1378-1390, 1392, 1388-1398, 1393, 1399. Per appressarsi maggiormente alla
datazione di Fp sarebbe necessario fare uno studio sulle filigrane più accurato (purtroppo non è consentito
trarne il disegno secondo i metodi tradizionali).
25. Nádas ipotizza che potesse trattarsi di un ternione (Nádas 1985, p. 63), non tenendo in conto della
quantità e disposizione delle filigrane, presenti in quattro dei cinque fogli superstiti. Alberto Gallo (Gallo,
Premessa, in Il codice musicale Panciatichi 26, p. 8, nota 11) ha osservato come la mutilazione dell’indice debba
IL CODICE PANCIATICHI 26 85
Tavola 1: Fascicolo dell’indice (l’asterisco accanto alla numerazione araba indica la presenza
di filigrana)
1* bianca
[A-E]
2 F-I
L-N-
3* -N-O
P-Q
4* R-T
U/V
5* bianca
[bianca]
Le carte sono state tutte uniformemente preparate, con rigatura tirata median-
te foratura ai margini, per accogliere la notazione musicale con otto esagrammi
egualmente spaziati nello specchio di scrittura27.
Il codice, per quanto riguarda i testi poetici, è interamente vergato in una
scrittura ascrivibile alla tipologia grafica che Armando Petrucci ha individuato
quale «particolare tipo toscano, elaborato e adoperato a Firenze, a Siena, a Pisa,
essere stata precocissima, poiché una delle addizioni più tarde, Bonté bialté di Johannes Cesaris a c. 14v, è
stata registrata in ultimo sotto le composizioni inizianti per u/v. Da notare infine che la capitale finale per
le lettere u/v non è conclusa, ma ne è stato tracciato il solo contorno.
26. Sull’attuale c. 2r dell’indice è visibile, in basso a destra, l’ombra di una S capitale che vi appare
impressa dal recto e non dal verso di una delle carte mancanti (infatti non è in controparte). Non ho idea a
cosa possa corrispondere, ma è segno inequivocabile che doveva esserci qualcosa di più oltre al registro
alfabetico.
27. Per le varie anomalie riscontrabili nella preparazione della carta per la rigatura, cui non farò che
qualche cenno, si veda Nádas 1985, pp. 63-69.
86 STEFANO CAMPAGNOLO
28. Così descritta da Petrucci: «una scrittura dal tratteggio ora più, ora meno marcato, anche se mai
pesante come nella ‘bononiensis’, con lettere staccate le une dalle altre, modulo piuttosto piccolo, forme
slanciate, aste relativamente alte sul rigo e munite in fine e in cima di sottili svolazzi e codine ornamentali,
cui corrispondono anche le caratteristiche maiuscole proprie della corsiva documentaria coeva. In comples-
so si tratta di una gotica ancora strettamente legata alla tradizione tardo-carolina (in Toscana particolar-
mente forte) e influenzata da quella minuscola cancelleresca [ovvero la minuscola dei «Cento Danti» di Ser
Francesco di Ser Nardo di Barberino] che era largamente diffusa nella regione e ricca di prestigio nell’uso
librario», A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, nuova edizione riveduta e aggiornata, Bagatto Libri,
Roma 1992, pp. 165.
29. Nádas 1985, pp. 93-94, tende ad attribuire gli interventi in inchiostro rosso (e alcune delle poche
rasure individuabili) a mani diverse da quelle dei copisti di testo e musica, individuandovi correzioni appor-
tate da esecutori, a provare quindi un uso pratico del manoscritto. Non penso che esistano ragioni valide per
escludere che queste correzioni, almeno per la maggior parte, possano essere opera degli stessi copisti,
magari di uno solo di essi incaricato di rivedere l’intero codice. Infatti, mentre il tratteggio e lo stile di certe
indicazioni, come le attribuzioni, paiono mutare al variare della mano principale, certi altri elementi sem-
brano spesso scritti di una stessa mano, come ad esempio la specificazione della voce di tenor, aggiunta in
rosso. La revisione finale di un codice per la correzione era una pratica assolutamente consueta negli scriptoria.
Nádas inoltre interpreta talvolta quali correzioni quelli che sono semplici abbellimenti, come nel caso
dell’indicazione Controtenore cui a suo dire sarebbe stata soppressa in rosso la -e finale alle cc. 22v (qui
addirittura, se di correzione si trattasse, bisognerebbe chiedersi perché il revisore non si sia accorto che è
scritto «Controtenonore»), 23r e 24r (cfr. Ibidem, nota 137).
30. Long, Musical Tastes, p. 185.
31. Cfr. Guillaume de Machaut, Musikalische Werke, hrsg. von Friedrich Ludwig, 4 voll., Breitkopf &
Härtel, Leipzig 1926-1943, vol. II, pp. 28-29; F. Ghisi, Poesie musicali italiane, «Note d’archivio per la storia
IL CODICE PANCIATICHI 26 87
35. Sembra deporre all’opposto quanto accade alla fine del quinto – inizio sesto sistema a c. 9v, ma
potrebbe trattarsi di un semplice ripensamento.
36. Capita spesso per tutto il codice di cogliere differenze anche significative nella grafia linguistica, ma
si tratta sempre di normali oscillazioni all’interno di una lingua ricca di movimento. Per una recensione di
varianti grafiche e alcune interpretazioni si veda il contributo di Marco Mangani in questo stesso volume.
37. È quanto si verifica a cc. 98v-99r, dove la parte finale del tenor della caccia di Piero Con dolce brama e
con gran desio è posta nel secondo sistema di c. 99r come coda all’inizio del primus cantus della caccia anonima
Seghugi a corta e can per la foresta.
38. Per le attribuzioni agli altri copisti responsabili delle addizioni di musica francese (per le quali si
veda la nota 13), denominati con lettere da E a I (una delle mani è distinta in G e G’), concordo in tutto con
Nádas 1985, pp. 93-94.
IL CODICE PANCIATICHI 26 89
lettera-guida a sinistra sul margine della carta) e da quanto avviene anche nel
secondo e all’inizio del quarto fascicolo. La mano B infine fa uso di una caratteri-
stica abbreviatura per indicare etcetera , che è diversa da quella usata nel
secondo e quarto fascicolo, dove piuttosto si trova l’abbreviatura usata anche da
A con lo stesso significato . Per quanto riguarda la musica, nel secondo e
nelle prime carte del quarto fascicolo è usato sempre un custos semplice, così
come nei fascicoli primo e terzo, mentre la mano B usa solo custodes con doppia o
tripla coda.
Indicherei quindi la mano che opera nel secondo e all’inizio del quarto fascico-
lo come mano A2. Non so se sia identificabile con A, anche se la struttura di
copia dei fascicoli 1-3 mi fa ritenere di si39 (escludo in ogni caso B), ma qualora
l’identità fosse stabilita, sarebbe più comprensibile che il copista inizialmente
incaricato di redigere la sezione landiniana sia stato anche il primo, trascorso un
certo lasso di tempo che giustifichi la modificazione del tratto di scrittura, a
preoccuparsi di rafforzarne la collezione, senza defilarsi totalmente dalla redazio-
ne del codice dopo aver esemplato due soli fascicoli come avviene invece nella
ricostruzione di Nádas.
Molto problematico è identificare le mani che hanno lavorato sul quinto fasci-
colo. Questo quinione deve aver avuto certamente una redazione travagliata,
evidenziata da varie anomalie di struttura a cominciare dalla composizione fatta
con due tipi di carta. Se da una parte Nádas40, basandosi sull’osservazione della
foratura fatta per la rigatura della carta, tutta praticata in un solo tempo, ha
potuto escludere che siano stati rimossi e sostituiti dei fogli, dall’altra non trova
spiegazione la presenza di una capitale ‘ombra’: una S in rosso compare a c. 50r
nel secondo sistema del tenor di Nascoso ’l viso all’altezza della parola «guardava»,
sotto il gruppo di minime che segue la longa puntata, ultimo suono della legatu-
ra quaternaria41. Questa capitale non è in controparte e dunque è il residuo di
una rasura (difficilmente, a giudicare dallo stato della carta), o l’inchiostro deve
essere trapassato dal recto di una carta poi rimpiazzata dall’attuale 49 che non ne
porta traccia. Non si comprende a quale momento della storia del manoscritto
possa riferirsi. Si fa notare inoltre che questo quinto è l’unico fascicolo a non
essere scritto sul primo recto.
Il fascicolo è copiato inizialmente di mano C (cc. 41v-42v), subentrando poi la
mano A2 a c. 43r per il tenor del madrigale di Landini Tu che l’oper’altru’ vuo’
giudicare, ma attribuirei ancora alla mano C il superius della ballata Perché virtù fa
l’uom costant’e forte sulla stessa pagina42. I madrigali delle pagine successive, da c.
43v a c. 48r, sono di mano B, mentre le ballate a piè delle pagine (con l’eccezione
di I’ son un pellegrin che vo cerchando, sempre di mano B) sono di mano C. Nel
lavoro di B tuttavia pare di scorgere una collaborazione con la mano A2 difficile
a distinguersi con chiarezza43, collaborazione che comunque sembra interrom-
persi da c. 47v. Successivamente, cc. 48v-49r, ci sono due composizioni copiate a
metà fra tre copisti, il madrigale di Giovanni Angnel son biancho e la ballata di
Landini Chom’a seguir costei: la c. 48v è di mano B e la 49r di mano C per la musica
e D per i testi. Una situazione analoga si ripete per Nascoso ’l viso, pure di Giovan-
ni, e la ballata Cholgli ochi assai ne miro di Landini alle cc. 49v-50r: la c. 49v è
copiata di mano D, mentre la 50r di mano C44. L’ultima carta del fascicolo è di
mano D.
Riassumendo, le diverse mani si alternano così nei fascicoli nella prima fase di
redazione del codice:
* Fascicolo 1: tutto copiato di una sola mano (mano A). Sono aggiunte le
composizioni n. 5, 12, 16, 19, tutte di mano A e il tenor della n. 26 (c.10v) di
mano A2.
* Fascicolo 2: tutto di una sola mano (A2), tranne il residuum della n. 25 (Ser
Feo, Già molte volte amore), di mano C. È aggiunto il superius della n. 26 (c.11r), di
mano A2.
* Fascicolo 3: tutto di mano A. Sono aggiunte le composizioni n. 51 e forse 53
di mano A.
* Fascicolo 4: cc. 31-33r di mano A2, ma il contratenor della ballata El gran
disi’ e ·lla dolce sperança è aggiunto dalla mano C45; cc. 34r-38r di mano C (il
residuum della ballata Amor in huom gentil è una luce a c. 34r è forse di mano D);
38v-40v di mano D. È aggiunta la composizione n. 61 di mano A2.
* Fascicolo 5: cc. 41v-42v di mano C; cc. 43r-48v di mano B; c. 49r di mano
C (musica) e D (testi); c. 49v di mano D; 50r di mano C; 50v di mano D. Sono
aggiunte le composizioni n. 79, 81, 85, 91, 93, di mano C; n. 89, di mano B.
43. Si notino i custodes singoli e non doppi di c. 45r e la caratteristica abbreviatura per etcetera propria
delle mani A e A2 nei residua di O pianta vagha e Non a Narcisso.
44. L’attribuzione della copia di Nascoso’l viso a due mani diverse per quanto riguarda superius e tenor è
particolarmente importante (si veda per questo alla nota 109). Che le carte 49v-50r siano da attribuirsi a
due diverse mani mi pare però abbastanza evidente: per quanto attiene alla sola grafia, a c. 48v si fa uso per
la maggior parte alla R diritta (come è tipico del copista D), mentre a c. 50r quasi solo della R a forma di 2,
ma sono molto evidenti le differenze anche nella forma della S e in quella della A maiuscola, della stessa N
capitale e nelle lettere indicanti le divisiones. Anche nella musica si notano apprezzabili differenze di tratteg-
gio. Si noti inoltre, oltre alla capitale ‘ombra’ di cui s’è già detto, che l’attribuzione a Giovanni è ripetuta su
tutt’e due le carte (altro indizio che l’attuale c. 49 possa essere frutto di una sostituzione), come non avviene
mai nel resto del codice, e che lo stile delle attribuzioni è palesemente diverso nella grafia e nel ductus.
45. Questa ballata è una di quelle con doppia tradizione (a due e a tre voci): in questo caso Pit ci conserva
la versione a due alle cc. 84v-85r. Più che ipotizzare l’aggiunta a posteriori di una voce di cui precedente-
mente non si disponeva, pensando perciò a una contaminazione tra più antigrafi, bisogna supporre un
semplice caso di collaborazione tra copisti, perché se la composizione fosse stata a due voci difficilmente
sarebbe stata collocata in apertura di questo fascicolo.
IL CODICE PANCIATICHI 26 91
COPISTA
COMPOSIZIONE MANO
(da Nádas 1985)
n. 12 A B
n. 25 A2/C B
n. 26-32, 38, 58 A2 B
n. 59 A2/C B/C
n. 60-63 A2 B
n. 80 C/A2 C/B
n. 81 C C/B
n. 92-93 D/C C
n. 94 D C
scritti, come anche una superficiale collazione è in grado di evidenziare, e bisogna considerare come alta-
mente significativa la presenza nel gruppo di Fp di una ballata in unicum (a riprova, si confronti l’analisi
delle varianti di Chontemplar le gran cose fatta da Daniele Sabaino in questo stesso volume). Piuttosto dalla
collazione esce rafforzata la nota concordanza tra Pit ed Sq. Come Allan Atlas ha sottolineato (cfr. A. W.
Atlas, The Metodology of Relating Sources, in Id., The Cappella Giulia Chansonnier (Rome, Biblioteca Apostolica
Vaticana, C. G. XIII 27), 2 voll., Institute of Mediaeval Music, Brooklyn 1975-1976, vol. I, pp. 39-48,
questo capitolo, col titolo Metodi per stabilire il grado di parentela tra i testimoni, adesso in La critica del testo
musicale, a c. di Maria Caraci Vela, LIM, Lucca 1995, pp. 141-153), è sempre la presenza di varianti ed errori
congiuntivi o disgiuntivi a stabilire relazioni certe tra i testimoni, e non la sola presenza di pezzi in comune,
neanche quando persiste un identico ordinamento (vedi anche Bent, Some Criteria, p. 299).
48. K. von Fischer, RISM B IV/3-4, p. 890.
49. Long, Musical Tastes, pp. 181-183. Long trova delle affinità tra superius e contratenor di Jacopo e le due
voci a canone del ritornello di questa caccia – opera probabile secondo Pirrotta di autore francese in voluto
cimento con una forma tipicamente italiana (N. Pirrotta, The Music of Fourteenth-Century Italy, American
Institute of Musicology, s.l. 1960, (Corpus Mensurabilis Musicae, 8/2), p. II) – affinità che però in realtà
non vanno oltre una sfumata somiglianza, determinata più che altro dall’andamento comune per semibreves
e minimae (all’interno delle divisiones rispettivamente di senaria imperfetta e novenaria).
50. Nádas 1985, pp. 88-90.
51. Si veda quanto detto alla nota 29.
IL CODICE PANCIATICHI 26 93
il 145056, momento questo che corrisponde a una fase importante nella vita del
codice, ma tornerò in conclusione su datazione e storia di Fp.
Tra i motivi per cui a una prima visione il manoscritto ha un aspetto unitario,
dando decisamente l’impressione di essere stato preparato in breve tempo da
copisti in stretta collaborazione, ci sono alcuni elementi, oltre al comune colorito
linguistico e alle comuni scelte grafiche, che fanno pensare a un gruppo di scribi
capaci di discreta calligraficità (indizio di un esercizio della copia non occasiona-
le), che opera con un retroterra di competenza musicale e notazionale analogo e
di ottimo livello: da cui la generale correttezza della lezione che in genere si
osserva indipendentemente dal compositore esemplato. Tale comune background
si esplica in alcune scelte non rintracciabili negli altri codici arsnovistici e che
rendono Fp per certi aspetti un testimone eccentrico nella tradizione.
Una di queste particolarità è data dalla indicazione – la parola «andare», che
non trova che rarissimi riscontri altrimenti – posta con regolarità nelle voci sprov-
viste di testo (tenores e contratenores) a segnalare l’inizio delle mutazioni nelle bal-
late di Landini57. Il termine registra una accezione di significato legata alla musica
quale «andamento di un motivo musicale»58, ma che non sembra avere alcuna
attinenza con l’uso che se ne fa in Fp. Per Schrade non esisteva spiegazione plau-
sibile a tale termine59, ma altri hanno creduto di poter trovare una giustificazio-
ne: Bianca Becherini afferma che «toscanamente, andare significa muoversi, fare
subito una cosa; in questo caso, eseguire, sonare. Tale senso era specialmente
comune nel periodo classico della letteratura italiana, e spesso è usato da Dante,
dal Boccaccio, dal Machiavelli, Varchi etc.»60. Nádas la ritiene un sinonimo di
«ritornello»61, però le ballate hanno sì un ritornello (meglio detto ‘ripresa’), ma
questo è la prima e non la seconda parte. Una spiegazione molto fantasiosa è
invece quella di Michael Long62: a suo dire andare potrebbe essere frutto di una
56. Secondo von Fischer (RISM B IV/3-4, p. 836), Bonté bialté di Cesaris sarebbe stata copiata tra il 1430
e il 1450 e questa data stabilisce il termine ante quem, mentre il post quem, sempre stando alle datazioni
proposte da von Fischer per le addizioni, sarebbe nella data in cui opera il copista G, ovvero il 1420.
Attenendosi a una linea mediana si può sostenere che l’indice è stato redatto nel 1430 circa.
57. Anche per la ballata Tutta soletta di Guglielmo di Francia e in quella di Ser Feo, Già molte volte amore,
alle cc. 10v-11r. Si segnala pure l’unica eccezione per le musiche di Landini (tenor privo di testo senza
l’indicazione ‘andare’) con Vhaga fanciulla a cc. 10v-11r, per la quale in Nádas 1985, p. 113, si suppone, e
io sono d’accordo, che il testo sia assente soltanto per la mancanza di spazio.
58. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, UTET, Torino 1961-, ad vocem «andare», l’uso è
registrato in Benedetto Varchi: «Non si ricordava delle proprie parole di quei versi, ma aveva nel capo il
suono d’essi, cioè l’aria e quello che noi diciamo l’andare», ma in questo caso il ‘suono’ pare inteso come
ritmo. Ho trovato un’occorrenza più specificatamente musicale nei Ragionamenti Accademici di Cosimo Bartoli
(Venezia, 1567): «la Musica sua [di Jachet da Mantova] mi diletta grandemente, & mi pare ch’ella abbia di
quello andare delle composizioni di Adriano [Willaert]» (citato qui da J. Haar, Cosimo Bartoli on Music,
«Early Music History», 8 1988, pp. 37-79: 55).
59. «This word, which does not belong to the text, cannot be explained», Schrade, Commentary, p. 59.
60. Becherini, Catalogo dei manoscritti musicali della Biblioteca Nazionale di Firenze, p. 112.
61. Nádas 1985, p. 93, nota 136.
62. Long, Musical Tastes, pp. 178-180.
IL CODICE PANCIATICHI 26 95
63. Nel codice Manc compare in parecchie carte una scrittura abbreviata simile («2a ps»).
64. La composizione è una di quelle con attribuzione erasa («D.P.») e dapprima dunque considerate
anonime dagli studiosi ed edita in Italian Secular Music, ed. by W. Th. Marrocco, L’Oiseau-Lyre, Monaco
1978, (Polyphonic Music of the Fourteenth Century, 11), senza che vi sia fatto cenno, né a testo, né nelle
note critiche, alla singolare indicazione di Pit. Ursula Günther (U. Günther, Die ‘anonymen’ Kompositionen
des Manuskripts Paris, B. N., fonds it. 568 (Pit), «Archiv für Musikwissenschaft», XXIII 1966, pp. 73-92) ha
successivamente dimostrato l’attendibilità delle attribuzioni soppresse, confermata poi dal ritrovamento di
altri testimoni concordanti (come Fsl). Anche Facto m’a sdegno ha trovato di recente un manoscritto concor-
dante, il frammento Cil, che chiarisce senza dubbi la paternità di Paolo, ma in cui si fa uso della più
ordinaria indicazione secunda pars, (su Cil cfr. B. M. Brumana-G. Ciliberti, Nuove fonti per lo studio dell’opera
di Paolo da Firenze, «Rivista italiana di musicologia» XXII 1987, pp. 3-33, dove c’è anche la riproduzione
fotografica del frammento, e anche Id., L’opera di Paolo da Firenze in una nuova fonte di Ars Nova italiana, in
La musica nel tempo di Dante, atti a c. di Luigi Pestalozza, Unicopli, Milano 1988, (Quaderni di Musica/
Realtà, 19), pp. 198-205; infine J. Nádas, The songs of Don Paolo Tenorista: the manuscript tradition, in In cantu
et in sermone, for Nino Pirrotta on his 80th birthday, ed. by Fabrizio Della Seta [and] Franco Piperno, Olschki,
Firenze 1989, (Italian Medieval and Renaissance Studies, 2), pp. 41-64). Diversamente, questa singolare
circostanza, la presenza cioè dell’indicazione «andare», avrebbe potuto far pensare a una possibile attribu-
zione a Landini, vista pure l’incertezza del copista di Pit.
65. Cfr. F. Ghisi, Un frammento musicale dell’Ars Nova italiana nell’archivio capitolare della cattedrale di
Pistoia, «Rivista musicale italiana», XLII 1938, pp. 37-51. Il pezzo in questione, normalizzato l’incipit in
Avrai ge ja, è stato pubblicato sia in French Secular Compositions of the Fourteenth Century, ed. by Willi Apel,
American Institute of Musicology, s.l., s.d., (Corpus Mensurabilis Musicae, 53), sia in French Secular Music:
Rondeaux and Miscellaneous Pieces, ed. by Gordon K. Greene, literary texts by Terence Scully, L’Oiseau-Lyre,
Monaco 1989, (Polyphonic Music of the Fourteenth Century, 22), ma a testo non è riportata né si fa cenno
nelle note critiche all’indicazione «andare» che segna l’inizio della seconda parte in PT. Si noti che nel resto
del frammento c’è solo la consueta indicazione secunda pars.
96 STEFANO CAMPAGNOLO
69. Pare che i musicisti dell’Ars Nova (o i poeti da loro intonati) avessero particolare familiarità con tali
lessici specialistici: ad esempio, nella caccia Con dolce brama di Piero ricorrono moltissimi termini nautici
(cfr. N. Pirrotta, Piero e l’impressionismo musicale del secolo XIV, in L’Ars Nova italiana del Trecento I, Centro studi
sull’Ars Nova italiana del Trecento, Certaldo 1962, pp. 57-74: 61).
70. Il testo è ripreso da G. Corsi, Poesie musicali del Trecento, Commissione per i testi di lingua, Bologna
1970, (Collezione di opere inedite o rare pubblicate dalla Commissione per i testi di lingua, 131), p. 352.
Corsivo mio.
71. In un caso (il madrigale Di novo è giunto un cavalier errante di Jacopo da Bologna, a c. 68r) troviamo un
segno che occupa quattro spazi: anche in questa occasione è replicato identico nelle due voci.
98 STEFANO CAMPAGNOLO
Nella sua analisi dei più tardi manoscritti fiorentini (Sq, Fsl, F.5.5), Nádas ha
messo in luce come la trasmissione delle musiche di alcuni autori – soprattutto i
più antichi Giovanni e Jacopo – si cristallizzi a canone, sia nella lezione, sia
nell’ordinamento delle composizioni74. Diversamente, per l’opera di Landini,
molto più vicina nel tempo, esiste ancora un’estrema fluidità: l’ordinamento in
Sq è sottomesso a una frammentazione – cui contribuisce l’altissimo numero di
unica che impedisce il confronto con altri testimoni – dovuta alla pianificazione
della copia suddivisa alfabeticamente e per genere fra tre copisti75. Il modello
alfabetico pare imposto integralmente nel frammento F.5.576. Esiste poi una se-
rie di ballate di Landini che troviamo con alcune regolarità testimoniate nei
codici del nord (i frammenti padovani, Reina, etc.): segno che facevano parte di
un autonomo repertorio lì diffuso77.
72. Leonard Ellinwood le trascrive in genere tutte (The works of Francesco Landini, ed. by Leonard Ellinwood,
Mediaeval Academy of America, Cambridge (Mass.) 1945, (Studies and Documents, 3), II ed. with textual
collation by William A. McLaughlin, Kraus, New York 1970), mentre secondo Marrocco «such lines probably
indicate a breath-mark», però «in the transcription such lines or rests have been omitted» (Italian Secular
Music, ed. by W. Thomas Marrocco, L’Oiseau-Lyre, Monaco 1967, (Polyphonic Music of the Fourteenth
Century, 6), p. XI). Nell’opera di Landini, tali pause hanno spesso valore essenziale (anche se non esattamen-
te determinato: spesso è necessario riempire la battuta solo con un terzo o la metà di una pausa di longa) e
servono a concludere la quantità della divisio, altrimenti nell’edizione di Schrade sono segnalate come suspiria
con un apostrofo sopra i pentagrammi.
73. È ovvio che se si voleva usare un segno di pausa in senso indiziale, era giocoforza utilizzare l’unico
segno di pausa differenziato quanto a perfezione o imperfezione, ovvero quello di longa. Approfondirò in
altra sede questa caratteristica di notazione, ma va detto subito che tale uso è tutt’altro che inequivoco e
conta varie eccezioni alla modalità illustrata per il madrigale di Giovanni.
74. Cfr. Nádas 1985, pp. 482-486.
75. Cfr. Nádas, Il codice Squarcialupi, pp. 70-78.
76. Cfr. Nádas 1985, pp. 290-305. Invece, il palinsesto di San Lorenzo è di difficile interpretazione
perché la parte dedicata a Landini è tra quelle maggiormente mutilate.
77. Cfr. J. Nádas - A. Ziino, Introductory Study, in The Lucca Codex, Codice Mancini, Lucca, Archivio di
Stato, MS 184 – Perugia, Biblioteca Comunale «Augusta», MS 3065, ed. by John Nádas and Agostino Ziino,
LIM, Lucca 1990, (Ars Nova, 3), p. 33.
IL CODICE PANCIATICHI 26 99
78. A riprova, si può vedere quanto spesso Nádas vi ricorra nella sua analisi di Sq (Il codice Squarcialupi,
pp. 70 e ss.). Per la numerosa bibliografia relativa a Pit rinvio alla rilettura del codice fatta in Nádas 1985,
pp 216-290 e 306-336.
79. Vedi nota 47.
80. Gozzi, Alcune postille, p. 253. Si tengano in conto però anche le osservazioni di pp. 255-256.
81. Cfr. Schrade, Commentary, p. 18.
82. Così come afferma anche Schrade (Id., pp. 28-29).
100 STEFANO CAMPAGNOLO
83. Cfr. Bent, Some Criteria, p. 300. Per restare nell’ambito dei manoscritti dell’Ars Nova italiana, proce-
dimenti simili sono quelli illustrati da Nádas, Il codice Squarcialupi, pp. 70 e ss., ma anche da Gozzi, Alcune
postille, pp. 255-256.
84. La composizione numero 121 alle cc. 85v-86r, è la ballata Donne e fanciulle di Paolo ed è aggiunta
nella parte bassa delle carte. Secondo Nádas 1985, p. 314, essa era in relazione di copia con Donna si t’ho
fallito.
85. In questo caso queste due ballate segnano in Reina la ripresa dopo una pausa del lavoro di una stessa
mano, quella del copista S (cfr. Nádas 1985, p. 183).
86. A conferma che i bifogli sono stati copiati separatamente, alle cc. 21r-v e 30r di questo primo
bifoglio del terzo fascicolo, l’indicazione Contra è aggiunta da una stessa mano in rosso (da notarsi pure che
solitamente è sempre scritto Contratenor o Contratenore), come non accade più nel resto del fascicolo (è sem-
pre scritta in nero).
87. Il pezzo inframmezzato è l’anonima ballata I’ son un pellegrin che vo cercando, che è una delle addizioni
successive fatte dal copista principale di Lo (cfr. Gozzi, Alcune postille, p. 256).
88. Per ragioni paleografiche Non n’avrà ma’ pietà in Fp parrebbe però un’inserzione seriore, da collegarsi
piuttosto con le quattro ballate che seguono, ma la particolare organizzazione della copia testimonia sfavo-
revolmente. Si noti anche che a Per seguir la sperança, seguono in Reina Già per ch’i’ penso e Vita non è più miser,
ovvero due ballate del primo bifoglio del primo fascicolo.
89. Anche in Sq sono sullo stesso bifoglio (cc. 157 e 163) copiate da un medesimo copista (C). Secondo
Gozzi, Alcune postille, p. 256, Donna si t’ho fallito in Lo è un’altra delle addizioni successive.
90. Per quanto riguarda Landini, Lo ed Fp concordano su 19 composizioni: 2 madrigali, una caccia e 16
ballate.
IL CODICE PANCIATICHI 26 101
centuale troppo elevata per non pensare che circolassero indipendenti in una
piccola collezione.
Tavola 2: Le concordanze di particolare significato sono evidenziate dal neretto. Le sigle che
non compaiono nel siglario iniziale sono riferite a RISM B IV/3-4, così come la numerazione
delle composizioni.
Fascicolo 1.
1r, Donna s’i’ t’ò fallito
[Pit 120, Reina 70, Lo 27, Sq 271, Manc 19, GB-Ob 229]
1v, Già per ch’ i’ penso nella tuo partita
[Pit 94, Reina 95, Lo 82, Sq 304]
Fascicolo 3.
21r, Guarda una volta ’n cià
[Lo 28, Sq 282, Fsl]
21v, Per seguir la sperança
[Pit 85, Reina 94, Sq 294, Fsl]
30r, Per che di novo sdegno – Per che tuo servo – Vendetta far dovrei
[Lo 30, Sq 287, Pit 89]
30v, Non n’avrà ma’ pietà
[Pit 83, Reina 104, Lo 26, Sq 192, I-FZc117 53]
91. Bisogna sottolineare che tutte le corrispondenze che ho indicato e le altre di cui dirò, segnalate le
debite eccezioni, sono con sezioni dei codici di riferimento assolutamente omogenee, prive di interpolazioni
ed esemplate da una stessa mano.
102 STEFANO CAMPAGNOLO
cc. 26v-28r, ci sono due ballate piuttosto lunghe (Quanto più caro fay e Gientil
aspetto in cu’ la mente mia), con le quali lo scriba ha dovuto derogare a quella che
s’era data per regola, ovvero inserire una ballata ogni pagina, sconfinando dal
verso al recto fino alla 28r. Il secondo bifoglio del quinione (cc. 22, 29) contiene
tre ballate consecutive in Sq (Quel sol che raggia sempre nel cor mio, c. 137v, seguita
da Questa fanciull’ amor fallami pia e S’i’ fossi certo del dover morire collocate sulla
stessa c. 138r) più l’unicum Amor in te spera’ già lungo tempo. Questa particolare
struttura parrebbe evidenziare una sorta di cesura tra i due bifogli esterni e i tre
interni, che potrebbero essere stati concepiti indipendentemente.
Nel primo fascicolo individuiamo solo un’altra coppia di ballate su carte cor-
rispondenti: Per servar umiltà a c. 3r e S’i’ ti son stat’e vogli’ esser fedele a c. 8r sono
consecutive sia in Pit (nn. 126-127, cc. 88v-90r), sia in Fsl (c. 109r e v dell’at-
tuale foliazione)92, dunque con una doppia conferma sulla loro correlazione.
Se in Sq si fosse mantenuta la disposizione degli antigrafi utilizzati, è probabi-
le che saremmo riusciti a ricostruire con maggiore dettaglio l’ordine di copia
delle ballate soprattutto in questo primo fascicolo.
È possibile che il copista A abbia a un certo punto proceduto nella copia sul
quinione completo passando da una carta all’altra di seguito. Più o meno è quan-
to si deduce guardando alla struttura del secondo fascicolo (Tav. 3), struttura
adesso molto più comprensibile nell’apparente anomalia delle carte lasciate
bianche.
Tavola 3: Fascicolo 2.
11r, Ser Feo, Già molte volte amore + 10v-11r Vhaga fanciulla leggiadr’e veççosa
11v, Chi pregio vuol
12r, De volgi gli occhi a me
12v, Se pronto non sarà
13r, L’alma leggiadra del tuo viso pio
13v, Donna la mente mia è sì ’nvaghita
14r, S’andray sança merçe
15
16
17 cc. 14v-19v bianche
18
19
20r, Se merçe donna merita ’l servire
92. Per la struttura e l’indice di Fsl si veda Nádas 1985 pp. 459-486, e Id., Manuscript San Lorenzo 2211:
Some Further Observations, in L’Ars Nova italiana del Trecento VI, Centro studi sull’Ars Nova italiana del
Trecento, Certaldo 1992, pp. 145-168.
IL CODICE PANCIATICHI 26 103
La ballata posta dalla mano A2 sulla carta 20r allora risponde allo stile di copia
consueto del copista A93. Rimane comunque probabile che in previsione il fasci-
colo avrebbe dovuto essere completato con altre ballate a due voci di Landini, e
che quindi Se merçè donna merita ’l servire fosse destinata a non rimanere isolata.
Due pezzi sul recto del bifoglio esterno (Già molte volte amore e Se merçe donna
merita ’l servire) sono due unica e non sembra azzardato ipotizzare che possano aver
circolato assieme, forse anche a causa di una qualche incertezza sulla paternità
della ballata di Ser Feo94.
Anche le addizioni successive avvengono attingendo ad antigrafi di piccole
dimensioni. Si distingue nel quarto fascicolo, vera e propria appendice alla rac-
colta delle ballate a tre voci rappresentata dal terzo95, la serie consecutiva di tre
ballate di mano C (O fanciulla Giullia, Posto che dall’aspetto, Chosa nulla più fé) che
sono consecutive anche in Pit (cc. 86v-89r). A una analoga derivazione fanno
pensare pure le inserzioni nelle altre parti del manoscritto: infatti non si può
attribuire al caso che le prime tre ballate poste ai piedi dei madrigali del quinto
fascicolo siano in unicum (I’ non ardischo mostrare ’l tormento, Perché virtù fa l’uom
costant’e forte, Già ebbi libertate).
L’ordinamento interno delle ballate di Landini in Fp, almeno nel nucleo cen-
trale, è dunque riconducibile nell’alveo di una tradizione dei testi che, per quan-
to disgregata, pure si lascia cogliere mostrando la trama di una diffusione
estremamente frammentata, fatta attraverso piccoli fascicoli (i fascicle-manuscripts
di Hamm)96 contenenti spesso non più di due composizioni97. Allo scopo sarebbe
stato sufficiente un semplice bifoglio scritto soltanto nelle pagine interne. Qua-
lora lo fosse stato anche nelle pagine esterne avrebbe potuto ospitare quattro, o
forse, a seconda delle dimensioni, anche cinque pezzi. Due bifogli di questo tipo
basterebbero a contenere i sette pezzi di Landini che la mano D ha aggiunto in
un secondo momento condivisi con Pit (o otto considerando solo Fp), e un ternione
ospiterebbe comodamente la collezione di cacce e madrigali a canone dello stesso
copista che assomma a dodici composizioni98.
93. Non serve dunque a «neatly defining both the limits and contents of his copying stint», Nádas
1985, p. 84. Non mi pare essenziale in questo caso accertare l’identità o meno delle mani A e A2: nell’una
o nell’altra evenienza è comunque evidente che la mano A2 segue la strategia di copia di A.
94. Potrebbe darsi che la ballata sia stata dapprima inserita perché creduta di Landini (come forse pure
nel caso di Tutta soletta di Guglielmo di Francia e dell’anonima Io son un pellegrin). L’accesso a un’altra fonte
potrebbe aver poi chiarito l’attribuzione e aver portato il testo delle stanze successive alla prima, che sono,
come visto, copiate d’altra mano. Non credo possano ancora sussistere dubbi sulla reale esistenza di un
compositore a nome Feo: Feo, quale diminutivo di Maffeo o Alfeo, era nome discretamente diffuso all’epoca
(e pure successivamente: tra i famosi si pensi a Belcari), e la specificazione ‘Ser’, come noto attribuita a preti
o notai, serve a ulteriormente distinguerlo da Francesco, sempre qualificato come ‘Magister’.
95. Come nota Nádas 1985, p. 84.
96. Cfr. Hamm, Manuscript Structure, p. 167.
97. Potrebbero risalire a questa fase i raggruppamenti per divisiones.
98. Ribadisco la mia convinzione che il frammento Lw (si veda quanto detto alla nota 6) possa ben
rappresentare una di queste ‘fonti-generatrici’.
104 STEFANO CAMPAGNOLO
3. La compilazione di Fp
Una delle apparenti anomalie di Fp, una volta scoperto che la struttura dei
fascicoli delle ballate nascondeva un particolare ordine di copia, è così ricondotta
a norma, ma rimane da giustificare la posizione di Landini nel piano di compila-
zione del manoscritto, così come si devono spiegare alcune piccole anomalie e
particolarità. In specie:
- Le cc. 14v-19v e 20v del secondo fascicolo e la c. 41r del quinto sono bianche:
perché non sono state utilizzate per le addizioni landiniane?
- Tra tutte le composizioni di Landini che non siano state aggiunte a posterio-
ri, una soltanto è isolata dal corpus principale collocato nei primi cinque quinioni
e dunque in posizione anomala. Si tratta del madrigale politestuale Musicha son
che mi dolgo piangendo - Ciaschun vuol innarrar musical note - Già furon le dolceççe mie
pregiate copiato a piena pagina alle cc. 89v-90r. Perché questo madrigale non si
trova nel fascicolo 5 insieme agli altri?
- Qual è la ragione per cui il quinto quinione ha avuto una redazione così
particolare?
- Michael Long ha riconosciuto ai due brani in lingua francese copiati dalle
mani principali una funzione di ‘organizzazione’ del repertorio di Fp99. Che na-
tura hanno e quale significato è loro attribuibile?
È possibile spiegare buona parte delle apparenti incongruenze nella organizza-
zione di Fp ipotizzando l’esistenza di un precedente piano di compilazione. Per
giungere a formularlo è utile ricorrere a una scomposizione del codice, come con
i bifogli dei primi tre fascicoli. Tale lettura ‘modulare’ funziona anche a livello
più alto, cioè prendendo in esame non i bifogli, ma i quinioni intesi come singo-
le unità codicologiche. Essi sono tra loro assolutamente svincolati: nessuna com-
posizione è stata copiata a metà fra due fascicoli, se non nel caso dei primi due
con la ballata Vagha fanciulla, caso a suo modo significativo perché sta ad indica-
re la dipendenza di contenuto dal primo del secondo fascicolo, palese aggiunta
successiva alla prima fase di compilazione. Già Pirrotta si era chiesto se, stante
comunque visibile il piano d’ordinamento, i fascicoli erano stati pensati isolata-
mente e poi assemblati o se il manoscritto era stato preparato integralmente e
poi copiato, e Nádas, nel soffermarsi sulla suddivisione della copia per fascicoli
tra i copisti, ha supposto che i quinioni di Fp potrebbero aver avuto in origine
una successione diversa da quella attuale, ma senza avanzare ipotesi al merito100.
Se si guarda all’alternanza delle filigrane si possono distinguere due diverse
fasi di stesura101: la prima corrisponde all’uso di carta con filigrana di tipo 2
99. Long, Musical Tastes, pp. 180-181.
100. Cfr. Pirrotta, Codex Palatino Panciatichiano 26, col. 402, e Nádas 1985, p. 83, nota 126 e p. 92.
101. La datazione delle filigrane pare confortare questa ipotesi. Per quanto i dati (si veda alla nota 24)
non possano essere interpretati inequivocamente, la tendenza tra le date proposte è individuabile con niti-
dezza: la filigrana tipo due pare più antica della tre, ed entrambe più antiche della uno.
IL CODICE PANCIATICHI 26 105
113. Dapprima von Fischer aveva optato per un arco cronologico più ampio (von Fischer, Studien, pp.
89-90, dove si propone 1380-1390), restringendolo poi proprio considerando in dettaglio le opere di Landini
(Id., Ein Versuch, pp. 31-46: 45-46, dove si propone 1380-1385/88), ma riprendendo la prima datazione in
RISM B IV/3-4, p. 835.
114. Una delle lacune in Fp considerate da von Fischer più significative, e che pare fungergli da terminus
ante quem per la datazione, è quella della ballata Orsù gentili spiriti, la quale, citata com’è nel Paradiso degli
Alberti (III-64), sarebbe da datarsi al 1389, anno in cui si svolge l’azione del romanzo. Bisogna tener presen-
te però che la scelta dell’anno in cui ambientare le vicende del Paradiso fu dettata a Giovanni Gherardi (nel
1425-1426, epoca in cui cominciò a stendere l’opera) da motivi ideali, vedendo egli riflesso in quella data
un momento particolarmente felice per la città di Firenze, per la sua stessa vita (era allora ventiduenne) e
soprattutto per la cultura scolastica di cui volle farsi portavoce a contrasto all’Umanesimo imperante, e non
può essere considerata alla lettera (cfr. A. Lanza, Introduzione, in Gherardi da Prato, Il Paradiso, pp. IX-L:
XXXVII e ss.).
115. Non si dimentichi la presenza, condivisa parzialmente solo con Rossi, delle composizioni di Piero,
che però stanno in Fp con uno stile di notazione fortemente modernizzato: si guardi ad esempio Sovra un
fiume reghale (61v-62r), notato in tempo imperfetto con prolazione perfetta e frequente alterazione della
minima.
110 STEFANO CAMPAGNOLO
Dè pon quest’amor giù (senhal a ‘Cosa’) che è nel primo fascicolo, sono tutte o nel
quarto125, o nel secondo126, oppure sono aggiunte nel resto del codice127.
In Fp la quantità di ballate a tre voci rispetto quelle a due è decisamente
squilibrata in percentuale sul totale: manca solo un quinto delle ballate a tre128,
ma ben più della metà di quelle a due129. Maria Caraci Vela, nel suo contributo in
questa miscellanea di studi, si sofferma sul numerosissimo gruppo di ballate a
due voci in unicum in Sq: tra esse sono rappresentate composizioni che, per carat-
tere e stile, sembrano coprire tutto l’arco di attività compositiva di Landini.
L’osservazione ci pone davanti all’ipotesi che il gruppo di ballate a due in unicum
in Sq abbia avuto una circolazione particolarmente limitata, per cui i compilato-
ri di Fp non vi hanno avuto accesso. Tuttavia non si può escludere che le compo-
sizioni presenti in Fp siano frutto di una selezione che ha privilegiato le ballate a
tre – quali maggiormente confacenti a un gusto fortemente orientato verso la
musica francese – su quelle a due, né si può escludere che fosse prevista l’inser-
zione di ulteriori ballate a due voci (e che a tal scopo fossero destinati sia il
secondo sia l’undicesimo fascicolo) e che il progetto non abbia avuto seguito. In
ogni caso credo che fosse pianificato il contenuto anche del fascicolo rimasto
bianco: non penso, stando al tipo di evoluzione che ha avuto la copia di Fp, che in
partenza ogni parte del codice non fosse esattamente determinata quanto a con-
tenuto130.
Quale che fosse il contenuto previsto per questa sezione, Fp appare per molti
aspetti come un’opera incompiuta: da un lato si legge nei compilatori uno spiri-
to da collezionisti che anima un’opera di ricerca in tutto simile a quella che ha
prodotto una raccolta come Sq131; dall’altro a questa ricerca si contrappone una
125. All’e s’andrà lo spirto, con senhal a ‘Sandra’ e Chosa nulla più fé e Che cos’è quest’amor ancora a ‘Cosa’,
tutte inserite di mano C.
126. S’andray sança merçè, pure a ‘Sandra’.
127. È il caso di Ma non s’andrà per questa donn’altera (a ‘Sandra’) inserita nella sezione dedicata a Jacopo
a c. 66v-67r.
128. Le ballate a tre o due-tre voci assenti in Fp sono dieci, ma una di queste (La dolce vista, per la quale
si veda a nota 120) ha il contratenor conservato solo in Reina, contratenor su cui grava il sospetto di non essere
d’autore (cfr. Schrade, Commentary, p. 94). Le carte del codice Manc scoperte da Nádas e Ziino e il frammen-
to di Siviglia (Sev) hanno inoltre portato altri contratenores pure spuri, ma di queste ballate (Po’ che da te mi
convien partir via e Fortuna ria amor e crudel donna) Fp conserva la versione a due voci, così come per Donna ’l
tuo partimento (a tre nelle altre due attestazioni note di Pit ed Sq).
129. Delle ottantanove ballate a due voci sono quaranta quelle in Fp.
130. Una possibilità è che l’undicesimo quinione dovesse contenere musica sacra. Del resto, la maggio-
ranza dei codici fiorentini (come Pit, Fsl e anche Lo) ha delle sezioni di musica sacra (facendo eccezione il
solo Sq), e il piccolo ciclo di Pit, collocato a fine manoscritto, appartiene alla generazione di compositori
pienamente attestata in Fp (Gherardello, Bartolo, Lorenzo).
131. Della stessa specie sembrano pure Fsl, F.5.5. e Cil. La recente scoperta di questi manoscritti testi-
monia che simili raccolte di grande estensione erano più numerose di quanto non si sospettasse. La sorte che
è toccata loro (Fsl è stato smembrato e raschiato per essere riutilizzato; di F.5.5. e Cil sono rimasti solo
frammenti perché impiegati a mo’ di guardia per delle legature, così come è accaduto a Manc) è significa-
tiva: la ricchezza e bellezza di Sq l’ha certo preservato da una fine analoga, e l’essere un manoscritto cartaceo,
quindi scarsamente riutilizzabile, sarà pure servito a proteggere Fp, ma la maggior parte delle collezioni di
questo tipo, perso il proprio valore d’uso, deve aver subito lo stesso destino dei recenti ritrovamenti.
112 STEFANO CAMPAGNOLO
frattura sul piano del contenuto, poiché manca tutta la generazione di composi-
tori successiva a quella di Landini. Certo, tutto si potrebbe spiegare con un mu-
tamento nei gusti del possessore del codice che forse cambia proprietario magari
semplicemente passando di padre in figlio132, ma altre ipotesi sono praticabili.
Le addizioni di musica francese forniscono elementi utili sulla storia del codi-
ce. Malgrado i copisti che hanno aggiunto composizioni in Fp siano numerosi, la
maggior parte delle inserzioni è frutto di due sole mani, quelle che Nádas ha
identificato con le lettere E ed F. La mano E – certamente la prima a lavorare
subito dopo i copisti principali, provvedendo a riempire la maggioranza degli
spazi utili a piè delle pagine già scritte con Machaut e alcuni unica – mostra
parecchie somiglianze con la mano D: potrebbe trattarsi dello stesso copista che
opera nuovamente trascorso qualche tempo con un ductus sostanzialmente muta-
to133. Ma le addizioni certamente più interessanti sono quelle fatte a piena pagi-
na dalla mano F, e particolarmente il gruppo di cinque pezzi consecutivi alle cc.
103v–108r, tutti contenuti in CH. Tre di questi (Le mont Aon de Trace, Tout clerité
m’est obscure e Pluseurs gens voy qui leur pensée) concordano solo con questo codice,
ma se aggiungiamo anche Cigne vermeill, cigne de tres haut pris, una ballade copiata
dalle mani G/G’ a c. 101v-102r, sono quattro, su un totale di otto concordanze
complessive134, le composizioni che CH condivide unicamente con Fp.
Se la relazione tra Fp e CH appare certa – Gordon Greene, sulla base della
collazione, la dice particolarmente stretta135: sono soddisfatti dunque entrambi i
requisiti necessari per considerare correlati due testimoni, ovvero la condivisione
di parte del repertorio e la presenza di lezioni o errori congiuntivi – è vero pure
che le certezze possedute su CH non sono molte. Il codice di Chantilly è un
manoscritto incompleto nella decorazione e che ha subito manipolazioni profon-
de136: il fascicolo di apertura avrebbe dovuto essere quello che reca la miniatura,
132. Come avviene nel caso di CH, per cui si veda a seguire.
133. Se davvero mano D e mano E sono identificabili, implicando che il codice è rimasto per un lungo
tempo nella disponibilità di uno stesso copista, acquisterebbe maggior significato l’annotazione «musicha
mia» della c. 95r, che potrebbe in tal caso essere vista come una vera e propria nota di possesso.
134. Sono le composizioni numero 156, 176, 178, 180, 181, 182, 183 e 184. Le composizioni numero
156 e 176 sono copiate di mano E, ma non sono particolarmente significative perché di larghissima attesta-
zione.
135. French Secular Music: Manuscript Chantilly, Musée Condé 564, ed. by Gordon K. Greene, texts ed. by
Terence Scully, L’Oiseau-Lyre, Monaco 1981 (Polyphonic Music of the Fourteenth Century, 18). Nel com-
mentare Le Mont Aon (Fp cc. 103v-104r), Greene afferma che «The argument for there having been a close
relationship between CH 564 and Fn 26 is strengthened by observing a minor correction that occurred in
both MSS. The two red SB [bianche in Fp] e d (bars 68-69) are corrections added after something else was
erased [...]» (p. 153); di Je ne puis avoir plaisir (Fp cc. 104v-105r) Greene (p. 154) dice che: «Fn 26 is almost
identical with CH 564», e ancora ribadisce (ibidem) a proposito di Medee fut en amer meritable (Fp cc. 107v-
108r): «The notational features of Fn 26 are very similar to CH 564 indicating a close relationship between
the two MSS.».
136. La descrizione che qui si dà di CH si rifà integralmente alla revisione di Ursula Günther delle
precedenti teorie sul codice: U. Günther, Unusual Phenomena in the Transmission of Late 14th Century Polyphonic
Music, «Musica disciplina», XXXVIII 1984, pp. 87-118. La tesi è ancora recentissimamente ribadita in
forma immutata nella sostanza nella voce di M. C. Gómez-U. Günther, Ars Nova, § II: Ars Subtilior in Die
IL CODICE PANCIATICHI 26 113
a c. 37, in cui è probabilmente effigiato il nobile signore per cui deve essere stato
originariamente preparato. Questo primo committente era con ogni probabilità
un italiano – come deduce Ursula Günther, dall’analisi dell’insegna araldica rap-
presentata – così come è un italiano il primo possessore accertato del codice,
Francesco d’Altobianco degli Alberti, il quale alla data del 18 di luglio 1461 ne
fece dono, come si evince da una nota nel manoscritto, al figlio naturale Ladislao.
Il repertorio di CH risale alla fine del secolo XIV: il terminus post quem per la
datazione è posto al 1393-95137, ma nel ’400 sono state aggiunti dei nuovi fogli
con l’indice del contenuto e le composizioni di Baude Cordier tra cui il celeberrimo
‘cuore musicale’ con cui si apre ora il codice. Lo stile della decorazione, la grafia,
l’uso di un esagramma per la musica e la profonda corruttela dei testi francesi
evidente nella parte più antica del manoscritto, fanno ritenere che i copisti fosse-
ro degli italiani. Di contro, la sezione aggiunta posteriormente tradisce una pro-
venienza francese e certe caratteristiche paleografiche fanno supporre che questa
parte del manoscritto possa essere stata redatta ben addentro nel ’400.
Puntualizzando infine il proprio punto di vista, la Günther ipotizza che CH
potrebbe essere la copia realizzata da un copista italiano in Francia (se anteriore
al 1428) o addirittura redatta in Italia dopo il 1428, di un manoscritto (o di una
serie di fascicle-manuscripts) portato dalla Francia (Parigi probabilmente, o
Montpellier) da Francesco d’Altobianco degli Alberti, e che fu concluso con l’ad-
dizione delle composizioni di Cordier forse in occasione delle nozze di Francesco
avvenute nel 1432 con una Nanna di Bernardo dei Bardi. L’ipotesi della Günther
è basata soprattutto sull’analisi delle note vicende degli Alberti, i mercanti e
banchieri fiorentini i quali, persa una lunga contesa con gli Albizzi, furono nel
1401 banditi da Firenze e costretti all’esilio in Francia fino al 1428138, data nella
quale furono ritirati i bandi fatti a loro danno e consentito loro il ritorno in
patria.
Stando alla Günther l’inserzione delle composizioni di mano F e G in Fp sa-
rebbe avvenuta a quell’altezza cronologica, utilizzando le stesse fonti generatrici
usate per CH o altre comunque da esse derivate139.
Per parte mia, vorrei richiamare l’attenzione sullo stile di copia della mano G
in Cigne vermeill140: la capitale ittiomorfa del superius così come la cadella con
Musik in Geschichte und Gegenwart... neuearbeitet Ausgabe, I, coll. 892-918 (da consultare pure per la numerosa
bibliografia su CH).
137. Il termine è dato dalla ballade Se Alixandre et Hector scritta per Mathieu de Foix (cfr. Günther,
Unusual Phenomena, p. 89).
138. Sulle vicende dell’esilio degli Alberti si veda S. F. Baxendale, Exile in Practice: The Alberti Family In
and Out of Florence 1401-1428, «Renaissance Quarterly», XLIV 1991, pp. 720-756.
139. Cfr. Günther, Unusual Phenomena, p. 100. Certe discordanze tra Fp e CH si spiegano, secondo
Ursula Günther, con l’utilizzo di un antigrafo scritto su cinque linee (ibidem).
140. Molto opportuna la distinzione di Nádas tra le mani G e G’: il contra di c. 102r è certamente d’altra
mano, la stessa che copia poi superius e tenor di Je prins conget della carta successiva. Ma anche il contra di
quest’ultima composizione, a giudicare dalla forma dei custodes, è forse opera di un ulteriore copista.
114 STEFANO CAMPAGNOLO
profilo virile del tenor nella stessa pagina, e la decorazione della capitale della c.
102v, richiamano CH molto da vicino, ricordandone lo stile d’illustrazione, e
inoltre c’è una buona somiglianza tra la mano dell’indice di Fp e quella dell’indi-
ce di CH. Si può notare una affinità stilistica maggiormente pronunciata in par-
ticolare tra le capitali delle composizioni di Baude Cordier e la J iniziale di Je
prins conget d’amours en souspirant. Questo tipo di decorazione, afferma la Günther,
oltre a essere certamente quattrocentesca è anche spiccatamente francese, così
come lo è la grafia del testo di c. 101v141.
La tarda datazione fatta dalla Günther delle parti aggiunte in CH e le somi-
glianze paleografiche con Fp che ho richiamato servono a fare ipotesi sulla storia
più recente del nostro manoscritto: è probabile che, mentre le addizioni della
mano E potrebbero essere di poco successive a quelle del corpo principale del
codice e quindi da datare all’ultimo decennio del XIV secolo, le composizioni di
mano F e G, a giudicare dallo stile della grafia e della decorazione, siano da
datarsi tra il 1420 e il 1430, epoca in cui il codice deve aver assunto, redatto
l’indice e inserita la numerazione delle carte, la forma che oggi presenta.
Quanto alla connessione di Fp con Landini, credo che la relazione di Fp con gli
Alberti, per il tramite di CH – su cui si è già soffermato Michael Long rifacendo
la storia dei possessori del manoscritto di Chantilly142, ma, molto prudentemente,
senza stabilire che una semplice e generica relazione d’ambiente col codice
panciatichiano – si possa invece spingere più a fondo e ipotizzare per questo che
Fp sia stato nelle disponibilità della stessa famiglia Alberti. Ci sarebbe così una
facile spiegazione per l’enfasi data alla figura di Landini, ma oltre a ciò si aprireb-
be il campo all’ipotesi certamente affascinante che parte delle addizioni siano
state fatte direttamente in Francia143. Dato che Fp, che non ha nessuno dei tratti
tipici dei codici ostensivi, mostra un carattere eminentemente pratico, potrebbe
essere stato trattato come un bene d’uso e dunque aver viaggiato al seguito dei
suoi proprietari, come un vero e proprio canzoniere quanto mai adatto a ricorda-
re cultura e costumi della casa d’origine a una famiglia esule, per fare poi ritorno
a Firenze a ’400 inoltrato.
141. Si vedano gli esempi che la Günther porta a corroborare la sua ipotesi (Günther, Unusual Phenomena,
tavola 8), ripresi da un manoscritto di Pierre Salmon. Il copista di Cigne vermeill secondo Federico Ghisi era
senza dubbio un «amanuense francese del XV secolo» (Ghisi, Poesie musicali, p. 278).
142. Long, Musical Tastes, pp. 185-189.
143. In Francia potrebbero essere state copiate le composizioni di mano G ed F. Bisogna inoltre conside-
rare come anche Pit del resto abbia preso la via della Francia in epoca imprecisata. Il fatto che i compilatori
di Sq non abbiano potuto attingere ad alcuno degli altri manoscritti fiorentini potrebbe essere spiegabile
con l’indisponibilità fisica, temporanea nel caso di Fp, dei codici. C’è da aggiungere però, per quanto
riguarda la mano F, che questo copista inserisce anche due composizioni probabilmente di autore italiano
alle cc. 16-17r, a giudicare dall’incipit di una di queste (O lieta stella), e se il Marcus cui è attribuita l’altra
è davvero identificabile con un cantore registrato in Santa Reparata nel 1410 (cfr. Gallo, Premessa, p. 8),
queste circostanze spingerebbero decisamente per una stabile permanenza di Fp a Firenze.
APPENDICE: INDICE DEL MANOSCRITTO PANCIATICHIANO 26 115
APPENDICE
L’indice, necessario per favorire la piena comprensione dello studio sul codice, riporta
nell’ordine:
- la numerazione progressiva della composizione (che rispecchia quella RISM B IV/3-4);
- la collocazione per carte nel manoscritto;
- il nome del compositore così come è riportato nel manoscritto, sciolte tacitamente
le abbreviature;
- l’incipit della composizione preso dalla voce superiore e trascritto diplomaticamen-
te con scioglimento tacito delle abbreviature, separazione delle parole, aggiunta di ac-
centi ortofonici e apostrofi per indicare l’elisione, normalizzazione dell’uso delle maiuscole
per i nomi propri. Le necessarie integrazioni sono in parentesi quadre.
- Infine, credendo di fare cosa utile al lettore, ho inserito l’elenco delle concordanze
per le sole composizioni italiane con i codici o i frammenti venuti alla luce dopo il 1981
(Fsl, F.5.5, e le nuove carte del Manc), quindi dopo l’indice dettagliato redatto da Alber-
to Gallo per l’edizione fotografica (Il codice Panciatichi 26), cui sarà necessario comunque
fare ricorso per il panorama completo dei manoscritti concordanti (i nuovi dati sono
ripresi da Nádas 1985 e da The Lucca Codex). La numerazione per carte di Fsl, codice
palinsesto, è relativa all’attuale foliazione.
- La presenza di un asterisco specifica che la composizione è in unicum. Le sigle di
riferimento sono quelle poste prima della nota 1.
- Per le composizioni francesi ho aggiunto inoltre l’indicazione del copista ripresa da
Nádas 1985.
19) 7v-8r [Magister Francesco], Or è ·ttal 45) 24r Magister Francesco, Non dò la colp’a
l’alma mia te del duol ch’i porto
20) 8v Magister Francesco, Ama donna chi 46) 24v Magister Francesco, El mie dolce so-
t’ama ’n pura fede spir qual move ’l core
21) 9r Magister Francesco, Va pure amore colle 47) 25r Magister Francesco, Giunta vaga
reti tue [Fsl c. 103r] biltà con gentileça
22) 9v Magister Francesco, Po’ ch’amor ne’ 48) 25v Magister Francesco, Charo singnior
begli ochi più non veggio palesa
23) 10r Magister Francesco, Fortuna ria amor 49) 26r Magister Francesco, Gram piant’agli
e crudel donna ochi greve dogli’ al core
24) 10v Magister Francesco, Vita non è più 50) 26v Magister Francesco, Quanto più caro
miser né più ria [Fsl c. 100r] fay [Fsl c. A]
25) 11r Ser Feo, Già molte volte amore* 51) 26v-27r Magister Francesco, La mente
26) 10v-11r Magister Francesco, Vagha fan- mi riprende
ciulla leggiadr’ e veççosa 52) 27v-28r Magister Francesco, Gientil
27) 11v Magister Francesco, Chi pregio vuol aspetto in cu’ la mente mia
in virtù pong’ amore [F.5.5, c. 137v] 53) 27v-28r Magister Francesco, Partesi con
28) 12r Magister Francesco, De volgi gli oc- dolore
chi a me donna per chui 54) 28v Magister Francesco, Lasso di donna
29) 12v Magister Francesco, Se pronto non vana inamorato
sarà l’uom al ben fare [Fsl c. 103v] 55) 29r Magister Francesco, S’i’ fossi certo del
30) 13r Magister Francesco, L’alma leggia- dover morire
dra del tuo viso pio 56) 29v Magister Francesco, Amor in te spera’
31) 13v Magister Francesco, Donna la mente già lungo tempo*
mia è sì ’nvaghita* 57) 30r Magister Francesco, Per che di novo
32) 14r Magister Francesco, S’andray sança sdegno- Per che tuo servo e suggetto mi tengno-
merçè di tempo ’n tempo [Fsl c. 100v] Vendetta far dovrei
33) 14v [Johannes Cesaris], Bonté bialté Co- 58) 30v Magister Francesco, Non n’avrà ma’
pista I pietà questa mie donna
34) 15r-15v Le firmament* Copista I 59) 31r Magister Francesco, El gran disi’ e
35) 16v Marcus, [rondeau]* Copista F ·lla dolçe sperança
36) 17r Do [?], O lieta stella* Copista F 60) 31v Magister Francesco, L’alma mie
37) 17v-18r [Guillaume Dufay], Invidia piang’ e mai non può ’ver pace [Fsl c. 503,
nimica de ciaschun virtuoso Copista I Manc c. XLIXv]
38) 20r Magister Francesco, Se merçè donna 61) 32r Magister Francesco, De non fuggir
merita ’l servire* dame tuo vaga vista
39) 21r Magister Francesco, Guard’ una vol- 62) 32v Magister Francesco, Conviensi a fede
ta ’n cià verso ’l tuo servo fé conviens’ amore
40) 21v Magister Francesco, Per seguir la 63) 33r Magister Francesco, Donna i’ prego
sperança che m’ancide amor il qual m’à facto
41) 22r Magister Francesco, Quel sol che rag- 64) 34r Magister Francesco, Amor in huom
gia sempre nel cor mio gentil è una luce
42) 22v Magister Francesco, Questa fan- 65) 34v Magister Francesco, O fanciulla giul-
ciull’amor fallami pia lia [Fsl c. B]
43) 23r Magister Francesco, Po’ che partir 66) 35r Francesco da Firenze, Posto che dal-
convienmi donna chara [Fsl c. 106r] l’aspetto sì allungato
44) 23v Magister Francesco, Nella mi’ vita 67) 35v Magister Francesco, Chosa nulla più
sento men venire fé ch’amor richiede [F.5.5, c. 138r]
IL CODICE PANCIATICHI 26 117
68) 36r Magister Francesco, Donna per far- 91) 48v-49r Magister Francesco, Chom’ a
mi guerra o per mal dire seguir costei amor fu presto
69) 36v-37r Magister Francesco, Che pen’ è 92) 49v-50r Magister Giovanni de Floren-
quest’ al cor che sì non posso [Fsl c. 41v, tia, Nascoso ’l viso stava ’nfra ·lle fronde
F.5.5, c. 138v] [Fsl cc. 19v-20r]
70) 36v-37r Magister Francesco, Che cosa è 93) 49v-50r Magister Francesco, Cholgli ochi
quest’amor che ’l ciel produce assai ne miro [F.5.5, c. 138v]
71) 37v-38r Magister Francesco, A·lle’ s’an- 94) 50v Magister Giovanni de Florentia,
drà lo spirto e l’alma mia Appress’ un fiume chiaro [Fsl cc. 2v-3r]
72) 38r Frate Antonio da Civitate, Longs 95) 51r De sotto ’l verde vidi gli ochi vaghi
temps [j ay mis mon cuer mon pensement] 96) 51v-52r Magister Giovanni, O tu chara
Copista H sciença mie musica [Fsl cc. 3v-4r]
73) 38v Magister Francesco, Né ’n ciascun 97) 52v-53r Magister Giovanni, Sedendo al-
mie pensiero [Fsl c. 89v] l’ombra d’una bella mandorla
74) 39r Magister Francesco, Già non bia- 98) 52v-53r Magister Giovanni, De come
sim’amor po’ che ’l mio petto dolcemente m’abracciava*
75) 39v Magister Francesco, Divennon gli 99) 53v-54r Magister Giovanni, Più non mi
ochi mie nel partir duro* curo della tua rampongna [Fsl cc. 4v-5r]
76) 40r Magister Francesco, Nessun ponga 100) 53v-54r Magister Francesco, I’ fu’ tuo
sperança [Fsl c. Av] servo amore in verde etate
77) 40v Le doulz prinstemps quant par nature 101) 54v Magister Giovanni, Quando la stel-
vient* la pres’a l’alba spira*
78) 41v-42r Magister Francesco [de] Floren- 102) 55r Magister Giovanni, Nel meço a sey
tia, Fa metter bando e comandar amore paghon ne vid’un biancho
79) 41v-42r Magister Francesco, I’ non ar- 103) 55v-56r Magister Giovanni, Togliendo
discho mostrare ’l tormento* l’un’ all’altra fogli’ e fiori [Fsl c. 18v-
80) 42v-43r Magister Francesco, Tu che 19r]
l’oper’altru’ vuo’ giudicare 104) 56r Magister Francesco, Nella partita
81) 42v-43r Magister Francesco, Perché vir- pianson gli ochi miei
tù fa l’uom costant’ e forte* 105) 56v-57r Magister Giovanni, Donna già
82) 43v-44r Magister Francesco, O pianta fu leggiadra ’nnamorata [Fsl cc. 20v-1r]
vagha che nell’alto monte 106) 57v-58r Magister Giovanni, O perlaro
83) 44v-45r Magister Francesco, Si dolce non gentil se dispogliato [Fsl cc. 1v-2r]
sonò cho’ ·llir’ Orfeo 107) 57v-58r Magister Piero, Quando l’aria
84) 45v-46r Magister Francesco, Così pen- cominci’ a farsi bruna
soso chom’amor mi guida 108) 58v-59r Magister Giovanni, Per
85) 46r Magister Francesco, Già ebbi liber- ridd’andando ratto al terço cerchio*
tate* 109) 59v-60r Magister Giovanni, In sulla
86) 46v-47r Magister Francesco, Non a ripa del dorato fiume*
Narcisso fu più amar lo specchio 110) 60r [Guillame de Machaut], Se vos
87) 46v-47r Magister Francesco, Il suo bel n’estes pour mon gueredonée Copista E
viso che guardar mi tolglie 111) 60v Magister Piero, All’onbra d’un per-
88) 47v-48r Magister Giovanni, La bella laro*
stella che suo fiamma tene [Fsl cc. 17v- 112) 61r Magister Jacopo da Bologna, Tan-
18r] to che sete aquistati nel giusto [Fsl cc. 14v-
89) 47v-48r I’ son un pellegrin che vo cerchando 15r]
90) 48v-49r Magister Giovanni, Angnel son 113) 61v-62r Magister Piero, Sovra un fiu-
biancho e vo belando be [Fsl cc. 16v-17r] me reghale*
118 STEFANO CAMPAGNOLO
114) 61v-62r Rose sans perdre toutes* Copista E 135) 73v-74r Magister Jacopo da Bologna,
115) 62v-63r Magister Jacopo da Bologna, Um bel sparver çentil di penna bianca [Fsl
O dolce appresso un bel perlaro fiume [Fsl c. 47v]
c. 46v] 136) 73v-74r Jour a yuour la vie Copista E
116) 63r Magister Francescho, Amar sì li alti 137) 74v-75r Magister Jacopo da Bologna,
tuo genti[l] costumi Nel mio parlar di questa donn’eterna*
117) 63v Magister Jacopo da Bologna, Nel 138) 75v-76r Ser Lorenço, Sovra la riva d’un
bel giardino che l’Adice cinge [Fsl cc. 43v- corrente fiume
44r] 139) 75v-76r [Guillaume de Machaut],
118) 64r Magister Jacopo da Bologna, O in Honte paour doubranche de mesfayre Co-
Ytalia felice Luguria [Fsl c. 47r] pista E
119) 64v Magister Jacopo da Bologna, Io mi 140) 76v-77r Ser Lorenço, A poste mosse vel-
son un che per le frasch’andando [Fsl c. tri e gran mastini
44v] 141) 77v-78r Ser Lorenço, Nel chiaro fiume
120) 65r Magister Jacopo, O ciecho mondo di dilectoso e bello
lusinghe pieno [Fsl cc. 12v-13r] 142) 77v-78r Simple regart en toutes doulz vis*
121) 65v-66r Magister Jacopo da Bologna, Copista E
Posando sopr’un’acqua in sonnio vidi 143) 78v-79r Ser Lorenço, Vidi nell’ombra
122) 66r Fra’ Bartolino, Per un verde boschetto d’una bella luce
123) 66v-67r Magister Jacopo da Bologna, 144) 79v-80r Ser Lorenço, Di riva riva mi
Prima virtut’ è constringer la lingua [Fsl guidav’amore
cc. 13v-14r] 145) 79v-80r Quiconques veilt d’amours ioir
124) 66v-67r Magister Francescho, Ma’ non Copista E
s’andrà per questa donn’altera [Manc c. 146) 80v Ser Donato, Come ’l potestu far dolce
XLIXr]
singnore*
125) 67v Magister Jacopo da Bologna, Lo 147) 81r Ser Donato, Un cane un’ocha e una
vechia paçça [Fsl c. 52r]
lume vostro dolce ’l mio singnore [Fsl c.
148) 81v-82r Ser Donato, Seguendo ’l canto
48r]
d’un uccel selvaggio [Fsl cc. 55v-56r]
126) 68r Magister Jacopo, Di novo è giunto
149) 82r Magister Francescho, Chontemplar
un cavalier errante
le gran cose c’è onesto
127) 68v-69r Magister Jacopo da Bologna, 150) 82v-83r Ser Donato, Sovran uccello se
Osellecto selvaggio per stagione [Fsl cc. fra tutti gli altri [Fsl cc. 53v-54r]
11v-12r] 151) 83v-84r Ser Donato, Lucida pecorella son
128) 69r Je languis d’amere mort Copista E canpata [Fsl cc. 54v-55r]
129) 69v Magister Jacopo da Bologna, In 152) 84v-85r Ser Donato, Con levrieri e ma-
su be’ fior in sulla verde fronde* stini e segugi e bracchi
130) 70r Idem Magister Jacopo, Per sparve- 153) 85v Ser Gherardello, Intrando ad abi-
rare tolsi el mio sparvero tar per una selva
131) 71v Magister Piero, Si com’al canto del- 154) 86r Ser Gherardello, Tosto che l’alba del
la bella Yguana* bel giorn’appare[Fsl cc. 83v-87r]
132) 71r Magister Jacopo da Bologna, Non 155) 86v-87r Ser Nicholò del Proposto, Nel
al su’ amante più Diana piaque meço già del mar la naviciella
133) 71v-72r Magister Jacopo da Bologna, 156) 86v-87r [Pierre de Molins], De ce que
Sotto l’imperio del possente prinçe [Fsl cc. fol pensé [souvent remaynt] Copista E
45v-46r] 157) 87v Ser Gherardello, Per prender caccia-
134) 72v-73r Magister Jacopo da Bologna, gion leççadra e bella
Ogelletto silvagio per stagione [Fsl cc. 15v- 158) 88r Magister Piero, Ongni dilecto e on-
16r] gni bel piaciere
IL CODICE PANCIATICHI 26 119
159) 88v-89r Ser Gherardello, Sotto verdi 172) 97v-98r Magister Giovanni, Nel boscho
fraschetti molt’augelli sença folglie*
160) 89v-90r Magister Francescho, Musicha 173) 98v-99r Magister Piero, Con dolce bra-
son che mi dolgo piangendo- Ciaschun vuol ma e con gran desio*
innarrar musical note- Gia furon le dol- 174) 99r Seghugi a corta e can per la foresta
ceççe mie pregiate 175) 99v [Guillame de Machaut], De toutes
161) 90v Quan ye voy le duç tens venir* flours m’avoit et de toutes fruis Copista E
162) 91r Magister Piero, Chavalchando chon 176) 100r [Guillame de Machaut], De petit
un giovine achorto* [po de nient volente] Copista E
163) 91v-92r Magister Jacopo da Bologna, 177) 100v En mon cuer est un blanc e[s]me pour-
Aquila altera ferma in su la vetta- Uccel trait* Copista E
di Dio insengna di giustitia- Creatura 178) 101v-102r Cigne vermeill Cigne de tres
gentile animal dengno [Fsl cc. 48v-49r] haut pris Copisti G, G’
164) 92v Magister Piero, Chon brachi assai e 179) 102v Je prins conget d’amours en souspi-
chon molti sparveri* rant* Copisti G’, G’’ (?)
165) 93r Magister Jacopo da Bologna, Giun- 180) 103v-104r Le mont Aon [de Trace doulz
ge ’l bel tempo della primavera* pais] Copista F
166) 93v-94r Magister Giovanni, Chon bra- 181) 104v-105r Je ne puis avoyr plasir Copi-
chi assai e chon molti sparveri* sta F
167) 94v Qui contre fortune Copista E 182) 105v-106r Tout clerité [m’est obscure]
168) 95r Magister Jacopo da Bologna, Sì Copista F
chome al chanto della bella Yguana 183) 106v-107r Solage, [Pluseurs gens voy qui
169) 95v-96r Magister Jacopo, In verde pra- leur pensée] Copista F
to a padilglon tenduti 184) 107v-108r Medea [fut en amer verita-
170) 96v-97r Magister Giovanni, Per lar- ble] Copista F
ghi prati e per gran boschi folti* 185) 108v-109r Bartolino da Padova, La
171) 97r [Guillame de Machaut], En amer doulse cere d’un fier animal Copista F [Fsl,
la doulce vie Copista E cc. 7v-8r].