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RAGIONAMENTI
MUSICALI
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RAGIONAMENTI MUSICALI
INTRODUZIONE
L’autore
Come ha sostenuto Piero Gargiulo in un suo articolo1, Angelo
Berardi ha apportato un notevole contributo alla trattatistica ita-
liana del periodo barocco, sia per il gran numero di fonti anti-
che e coeve a cui ha fatto riferimento (dalle citazioni bibliche ai
filosofi della Grecia antica, dagli storici romani a s. Agostino, da
Boezio, Cassiodoro e i teorici dell’Ars Nova, fino a Zarlino,
Zacconi e Bononcini, prendendo posizione anche sulla disputa
tra Artusi e Monteverdi, tra la ‘antica’ e la ‘moderna pratica’), sia
per la citazione di un’ampia gamma di compositori e del loro
repertorio (polifonico, monodico, operistico, strumentale), il
tutto condotto con grande lucidità e competenza. L’analisi che il
Gargiulo porta avanti è poi mirata ad uno studio del lessico mu-
sicale usato dal trattatista marchigiano, ai fini di valutarne le
prescrizioni più correlate alle reali esigenze della musica del suo
tempo, indagata nella dialettica tra due filoni di repertorio: il
primo dedicato all’analisi del contrappunto di tradizione rina-
scimentale ed il secondo aperto alle innovazioni stilistico-
espressive introdotte dalla prassi moderna.
Secondo Carlo Vitali2, anche nella produzione musicale (dedita
prevalentemente al genere sacro), Berardi dimostra la sua pro-
pensione al passaggio dalla concezione modale e intervallare del
contrappunto ad una accordale e tonale, con il ricorso anche a
formule artificiose quali il contrappunto doppio, tipiche della
Scuola Romana. Caratteristica della ‘moderna pratica’ sarebbe sta-
ta la tripartizione degli stili – da chiesa, da camera, da teatro –
opposta alla relativa unità e indifferenziazione del contrappunto
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ANGELO BERARDI
- II -
RAGIONAMENTI MUSICALI
L’opera
Il testo, esposto in forma dialogica tra allievo e maestro (dove il
personaggio di Felice impersona l’autore e quello di Giuseppe in-
carna, verosimilmente, la parte di Giuseppe Orsolini, il dedi-
cante dell’opera) è suddiviso in tre parti: nella prima, si parla
della definizione ed origine della musica e delle tre categorie in
cui essa è divisa (le boeziane mundana, humana e instrumentalis);
nella seconda, si tratta della nobiltà di questa arte e dei suoi fini
educativi; infine, nella terza, si disquisisce sul concetto di armo-
nia, sulla diversità degli stili musicali (da chiesa, da camera e
rappresentativo), sul contrappunto doppio e si risponde a colo-
ro che si oppongono al valore della musica come scienza ed ar-
te. Fine ultimo è quindi quello della difesa del decoro e della
nobiltà della musica contro i provocatori del «suono sconcerta-
to» (urti dissonanti).
Per un decorso di centinaia di anni, Berardi costruisce le sue so-
lide fondamenta prima nel patrimonio ideale assicurato dai tra-
dizionali strumenti di studio: i testi di Agostino, Boezio, Cassio-
doro, Isidoro, Beda, Pitagora, Aristosseno, Platone, Aristotele, i
commenti al ciceroniano Somnium Scipionis. Tutti portano avanti
le teorie classiche greche entro gli schemi della filosofia occi-
dentale. “Intorno all’appassionante argomento dei rapporti di
Boezio con le fonti della cultura classica nella rifusione degli e-
lementi pitagorici, mistici e scientifici che confluiscono nella
nozione del Quadrivio”4 ha sempre dibattuto la tradizione degli
studi musicali, “incerta tra l’istanza aristotelica della musica co-
me scienza vera e propria e parte della filosofia, e la visione pla-
tonica della musica come propedeutica e strumento dell’azione
etica sui moti dell’animo”5.
Naturalmente Berardi non è semplicemente assorto dietro alle
affermazioni e alle formule in statica contemplazione delle loro
4 Giuseppe Massera, voce Teoria della musica, in DEUMM, Il lessico, IV, p. 516.
5 Ibidem.
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ANGELO BERARDI
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ANGELO BERARDI
9 Ibidem.
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Alceste Innocenzi
10 Ibidem.
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NOTA AL TESTO
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ANGELO BERARDI
Le annotazioni
Le annotazioni si propongono di: fornire la ‘traduzione’ di pa-
role o brani che per ragioni di grammatica, lessico, sintassi o
lingua, possono non riuscire chiari al ‘lettore medio’ (per quanto
sia questa una astrazione difficilmente definibile) o a un utente
scolastico; segnalare o descrivere, con un minimo di riferimenti
alle trattazioni più note e accreditate, i fatti linguistici e retorici
che caratterizzano il testo; esplicare i riferimenti dell’autore a
eventi e personaggi storici, e indicare, se possibile, le fonti di cui
l’autore potrebbe essersi servito; indicare riscontri fra i Ragiona-
menti Musicali e le altre opere di Berardi.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
A.I.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
ILLUSTRISSIMO E REVERENDISSIMO
SIG. e Padron colendissimo
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ANGELO BERARDI
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L’AUTORE
a chi vuol leggere
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ANGELO BERARDI
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DEL SIGNOR
LIBERATO PALENGA
Canonico del Duomo di Spoleto
AL SIGNOR
D. ANGELO BERARDI
Maestro di Cappella nella Cattedrale di Spoleto,
eccellente scrittore e famoso compositore di musica
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ANGELO BERARDI
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DIALOGO PRIMO
Della definizione, divisione e origine della musica.
INTERLOCUTORI
Felice e Giuseppe
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Dall'alto Fonte del Grande Aristotele Stagirita, Dal Conte e Cavalier Gran Croce D.
Emanuele Tesauro Patritio Torinese, Venezia, Nicolò Pezzana, 1703. Tesauro,
“nato da illustre famiglia piemontese, entrò, a diciannove anni, nell’ordine
dei gesuiti. Nel 1631, a Torino, divenne predicatore della duchessa Cristina.
Nella città piemontese celebrò, nei suoi panegirici, i più importanti avveni-
menti della corte. Nel 1635 lasciò la corte, dopo aver abbandonato, nell’anno
precedente, l’ordine dei gesuiti, in seguito a un’aspra polemica, determinata
anche da motivi di ordine politico. Nel 1642 tornò a Torino, dove fu precet-
tore presso i Carignano e si dedicò alla stesura del «Cannocchiale aristoteli-
co». Tra il 1669 e il 1674 vennero pubblicati i primi volumi dell’«Opera
Omnia». Il Tesauro accettò poi l’incarico di direttore degli studi del Principe
Vittorio Amedeo II , in onore del quale compose l'ultima opera, La Filosofia
Morale..., che fu molto conosciuta e apprezzata” (Laterza 1966: vol. V, pag. 267).
Fu un teorizzatore, insieme al Pallavicino, della poesia barocca di ascendenza
mariniana, dove vengono utilizzate metafore, concettismi ed un gran numero
di figure retoriche e foniche. La metafora unisce, con un sottinteso parago-
ne, oggetti apparentemente lontani, ricorrendo ad analogie impensate
(l’uomo è un viandante sulla terra e ottiene biada d’eternità e stalla di stelle) e
il concetto, che ha origine da un procedimento analogo, fa però prevalere
l’intelligenza sulla fantasia. Le due procedure a volte coincidono, infatti,
entrambi codificano in poche parole una realtà che il lettore deve decifrare,
fornendo diletto su basi intellettuali, concettuali, logiche.
L’intelligenza esamina le cose e scopre che parole e forme sono ‘maschere’
dell’essere e che lo scorrere ineluttabile del tempo porta con sé l’idea della
morte.
2 L’introduzione al dialogo non avviene, quindi, in ambito retorico, bensì
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ANGELO BERARDI
Non si trova cosa più nobile, né più divina in terra, della perfet-
ta amicizia, avendo sua divina maestà comunicato a noi mortali
ciò, ch’egli ha in sé di miracoloso e di beato, cioè l’unità nella
pluralità. Cosa miracolosa è divenir due soggetti un sol soggetto,
e avendo ciascuno il proprio cuore e la propria anima, vivere
l’uno nel cuore, e con l’anima dell’altro. Qual cosa si trova poi
più gioconda, che mettere in comune il desiderio del bene l’uno
dell’altro; onde, sì come i caldi raggi del sole riflettendo da due
specchi in sé medesimi aumentano il lor calore, così godendo
ciascuno del bene dell’altro, mirabilmente s’aumenta il loro
godimento. Tre sono gli atti della vera amicizia: benevolenza,
beneficenza e concordia; se alla benevolenza è congiunta la
beneficenza, nasce la concordia, la quale in dolce e soave modo
incatena e unisce due cuori, i quali formano poi la reggia
dell’amore. Di due cetre, accordate nello stesso tono, se una si
tocca, l’altra per le stesse consona3. Ciò che nella cetra sono le
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accentuandosi nel corso del XVII sec. fino a giungere alla nozione di accor-
do come entità unitaria universalmente accettata.
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ANGELO BERARDI
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parlando del ‘modo di ornare’ il discorso, dice che esso ha “come effetto di
rendere l’orazione gradevole al massimo grado, capace di far breccia nei
sentimenti dell'uditorio...”. Costante è negli autori il richiamo ad un uso
‘appropriato’ dell’ornamentazione: “...perché l’orazione sia disseminata dei
fiori delle parole e dei pensieri, non ne dobbiamo spargere in modo unifor-
me in tutto il discorso; dovremo invece distribuirli come fregi e luci in una
decorazione.... è necessario scegliere uno stile che non solo diletti, ma diletti
senza saziare” (traduzione italiana a cura di Martina, Ogrin, Torzi, Cettuzzi,
Milano 1994, p. 637). Cicerone, trova proprio nella musica l’immagine che
gli serve ad articolare questo concetto: “Quanto più delicati e voluttuosi
sono, nel canto, i trilli (flexiones) e le voci in falsetto rispetto alle note esatte e
gravi e tuttavia, se essi sono ripetuti con eccessiva frequenza, protestano non
solo le persone dai gusti sobri, ma anche il grande pubblico”.
6 Agostino non esclude che la musica possa produrre piacere in chi
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ANGELO BERARDI
Fel. – Alcuni vogliono che nella musica sia più nobile la pratica,
come quella che riduce questa scienza al suo ultimo fine, qual è
viene dunque escluso da Agostino nella sua prospettiva teorica, per lo meno
nella misura in cui non viene ricondotto e sottoposto al giudizio della
ragione. La bellezza più alta è solamente quella eterna e incorporea rappre-
sentata dall’unità numerica.
7 Euclide (Ευκλείδης), nato ad Alessandria d’Egitto intorno al 365 a.C. e
morto intorno al 275 a.C., fu uno dei più grandi matematici dell’antichità,
fondò nella sua città una scuola di matematica, che per tre secoli fu la più
importante del Mediterraneo. I suoi Elementi, che hanno avuto una straordi-
naria diffusione, si compongono di 13 libri, nei quali sono formulati i teore-
mi fondamentali della geometria piana e solida, viene sviluppata la teoria
delle proporzioni ed enunciate le regole aritmetiche per il calcolo del massi-
mo comun divisore e per la scomposizione del numero in fattori primi,
costruiti i 5 poliedri regolari e risolta geometricante l’equazione di II grado.
Egli si occupò anche di, ottica, astronomia, musica, meccanica. Tra le sue
opere di interesse musicale, si segnalano la Sectio Canonis di attribuzione
incerta e l’Introduzione armonica.
8 Applicare i principi teorici in una corretta prassi esecutiva.
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ANGELO BERARDI
si esercitano per lucro, a differenza delle arti liberali, che hanno come fine la
sapienza. Non ne esiste una precisa codificazione e il loro numero varia nei
trattati e nelle rappresentazioni figurative. Comprendono a esempio: medici-
na, architettura, pittura, metallurgia. Erano legate ad un’attività manuale e,
pertanto, venivano considerate inferiori. Spesso il termine mechanicus aveva
un significato negativo o almeno limitativo rispetto al livello illustre della
poesia e dell’arte. Erano considerate tipiche della vita pratica, del lavoro e
delle tecniche.
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Fel. – Quello che spetta alla nobiltà della musica si è che queste
arti erano solo permesse a persone libere e nobili. L’arte liberale
va congiunta con la scienza, non ritrovandosi prerogativa che
renda l’uomo libero e nobile, quanto questa. E perciò gli Stoici
Rus rappresenta l’agricoltura, nemus l’arte venatoria, arma l’arte militare, rates
l’arte nautica, vulnera l’arte chirurgica e farmacologica, lana l’arte tessitoria e
faber l’arte fabbrile.
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Fel. – Alcuni sono stati del parere, che abbia avuto il nome dalla
parola Moys, che in lingua Egizia significa l’acqua17, ma pro-
priamente vien detta Musica dalle Muse, che vuol dire canto18.
17 Per molto tempo si è ritenuto che il termine fosse egiziano e che deri-
vasse da donne musiciste, assurte al ruolo di dee e al servizio di un re. Ma
non è esatto perché nessuna delle antiche civiltà usava un nome specifico per
indicare la musica così come lo indichiamo attualmente, ma solo delle
‘espressioni’ o parole indicanti, più che altro, stati d’animo. Gli egizi usavano
il verbo msi (mosi) ossia ‘generare’; da ciò il nome di Mosè, molto vicino al
termine greco (Musa), che nel Medioevo fu, per alcuni studiosi, erroneamen-
te ritenuto l’inventore della musica. I danzatori che partecipavano alle
cerimonie funebri dei faraoni erano chiamati muu. Gli stessi egizi adoperava-
no l’espressione moys ikos legata alla origine divina di questa arte; infatti le
parole indicavano rispettivamente acqua ed arte, e ritenendo l’acqua il
principio della vita, legarono la musica al mondo divino. Per loro la musica
era ‘invenzione’ di alcune divinità, come Bes con l’arpa e Thoth e Baste con
il sistro.
18 Le Muse sono figure della mitologia greca e romana, figlie di Zeus e di
Mnemosine. Sono dette eliconie (per esempio nella Teogonia di Esiodo) perché
abitano il monte Elicona, altro appellativo è Aonie, poiché la Beozia (ove è
situato il monte Elicona) fu abitata dagli Aoni. L’idea delle muse fu una
concezione di grande rilievo della mitologia: personificavano le più elevate
aspirazioni artistiche e intellettuali e del valore supremo del pensiero
nell’universo. Esiodo attribuisce loro una forma, inoltre fissa il loro numero in
nove, dando ad ognuna un nome. La loro specializzazione nei diversi campi
artistici è più tarda. Furono i romani a dar loro una ispirazione propria. Erano
guidate da Apollo, danzavano e cantavano alle feste degli dei e degli eroi.
Sedevano spesso presso il trono di Zeus cantandone le imprese e narrando le
storie dei grandi dei ed eroi. Erano infatti le depositarie della memoria (grazie
alla madre Mnemosine, dea della memoria) e del sapere (grazie al padre Zeus,
padre supremo degli dei e garante/esecutore del Fato).
Le accademie dei pitagorici erano organizzate in associazioni che celebravano il
culto delle muse. Da qui il senso della parola musa, che in origine indicava il
luogo in cui veniva impartita l’educazione e si elaborava la ricerca. La parola
musa ha infatti la stessa radice della parola musica, che nell’antica Grecia aveva
un significato più ampio di quello attuale relativo alla cultura occidentale.
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19 Gregor Reisch, Margarita filosofica del r.do p.f. Gregorio Reisch, nella quale
si trattano con bellissimo, & breue metodo non solo tutte le dottrine comprese nella
Ciclopedia degli antichi, cioe cerchio, ouero rotolo delle scienze; ma molte altre ancoraag-
giunteui di nouo da Orontio Fineo matematico regio, Venezia, Iacomo Antonio
Somascho, 1599.
20 Numero, nome e specificità delle muse, variano nei tempi e con gli au-
tori, nell’uso più frequente erano: Calliope, poesia epica e poesia lirica; Clio,
storia; Erato, canto corale e poesia amorosa; Euterpe, musica; Melpomene,
tragedia; Polimnia, inni religiosi; Talia, poesia gaia, poesia rustica e comme-
dia; Tersicore, danza; Urania, astronomia e geometria.
21 Esito ideale inteso come ‘modulazione di voci’.
22 Giovanni Paolo Lomazzo, Della forma delle muse: “E secondo Macrobio,
i Theologi antichi per le nove Muse vollero significare i canti Musici delle
otto sfere, & una massima armonia che di tutte ne risulta, & però Esiodo
chiamò l’ottava Musa Urania, perche doppo le sette vaghe, che sono soppo-
ste, l’ottava sfera sopraposta si chiama per proprio nome Cielo, & perciò
dalla soavità della voce, & del concento chiamò la nona Calliope, & li diede il
vocabolo di universale”.
23 Battista Fregoso (1453 – 1504), De dictis factisque memorabilibus collectanea,
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quinta, come esemplificati nel De Musica di Boezio. Cfr., più avanti, nota
n. 171.
25 I tre generi dell’antica musica greca.
26 Nel I libro del De Musica, al capitolo XIII, Boezio distingue la musica
rabile armonia dei moti celesti, capace di dare diletto all’intelletto, che era in
grado di afferrarla autenticamente, cioè di comprendere l’universo come
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ANGELO BERARDI
realtà interamente dominato dal numero e dalle sue leggi (le stesse da cui
sono regolate le proporzioni della musica), il che consente di parlare del
cosmo e di tutti i fenomeni che in esso avvengono appunto in termini
musicali.
28 Democrito di Abdera (460 – 370 a.C.), filosofo greco, amico e disce-
stanno a rappresentare le due facce della musica che nella cultura europea si sono
continuamente fronteggiate, dai greci a Nietzsche: la razionalità matematica delle
strutture musicali, la simmetria e l’armonia ordinata del cosmo e della composi-
zione, da un lato, e, dall’altro, l’irrazionalità delle pulsioni e delle passioni che la
musica può risvegliare o sedare a suo piacimento.
30 Forma dissimulata di ‘monocordo’, strumento pitagorico per la misu-
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31 Partitura, spartito.
32 Libro dei Salmi, (18:2): “I cieli narrano la gloria di Dio”.
33 “Tu governi tutto il cielo allo stesso modo di una cetra armoniosa”.
34 Genesi (7:11): “Le cateratte del cielo si aprirono”.
35 “Era veramente circondato dal cielo”.
36 Giobbe (37:18): “il firmamento solido come specchio di metallo fuso”.
37 Secondo il sistema aristotelico-tolemaico, la Terra era ferma al centro
di un universo sferico, i cieli erano strati fisicamente solidi e tra uno e l’altro
erano incastonati i pianeti. L’ultima sfera era detta ‘delle stelle fisse’ e costi-
tuiva il limite oltre al quale nulla esisteva se non Dio (nella versione aristote-
lica del motore immobile che forniva il movimento alle sfere). La Terra,
immobile, era costituita dai quattro elementi (aria, fuoco, terra ed acqua)
mentre le sfere erano costituite da un materiale perfetto e incorruttibile.
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ANGELO BERARDI
denti, è dubbia.
39 Lettere di S. Paolo, Seconda lettera ai Corinzi (12:3): “Fu rapito fino al
terzo cielo”.
40 Giobbe (38:37). Il verso, tratto dalla prima edizione della Vulgata ap-
to nel seguente modo: “Quis recensebit nubes in sapientia, et utres caeli quis
declinabit” (trad.: “Chi può con sapienza calcolare le nubi e chi riversa gli
otri del cielo”). L’autore modifica la seconda parte del verso secondo il senso
che intende dare al suo discorso (“o far tacere lo strumento dei cieli?”).
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Gius. – Essendo così soave l’armonia dei Cieli, e per qual causa
non viene goduta da noi?
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ANGELO BERARDI
Fel. – I Cieli, che nei loro moti sono più veloci, producono
l’armonia allegra, e quelli, che sono più tardi generano armonia
1109), santo e dottore della chiesa. Anselmo fu uno dei maggiori teologi e
filosofi del Medioevo, ed è detto “il padre della filosofia Scolastica”. Ansel-
mo riprende da s. Agostino la formula “credo ut intelligam, intelligo ut credam”
(cioè “credo per comprendere, comprendo per credere”). Tuttavia, la fede di
per sé non è sufficiente: esige dimostrazioni e conferme razionali. E in
questo, l’intelletto, proprio come la fede stessa, ha una sicura guida
nell’illuminazione divina. La sua ricerca è tutta concentrata sulla figura di
Dio, sulla quale pone due problematiche: la sua esistenza e la sua natura.
46 Cfr. nota n. 9.
47 I ritmi più veloci vengono giudicati più adatti per le tonalità maggiori,
mentre quelli più lenti per le tonalità minori. Queste sfumature connotano
l’armonia nei suoi effetti più legati all’espressione musicale.
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tra gli elementi della musica e quelli dell’astologia (e della geometria). Già
Marsilio Ficino (Figline, 1433 – Firenze, 1499), nel De vita, aveva affrontato
questo rapporto in questo contesto di relazioni simpatetiche che connettono
l’uomo al cosmo dove l’immaginazione opera per migliorare la vita
dell’uomo di lettere.
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ANGELO BERARDI
È dato conosciuto che l’Europa del primo terzo del XVII secolo veda il
fiorire di scritti, manifesti, trattati, e di conseguenti polemiche, intorno ad
utopie simboliste, alla qabbalah, alle società segrete di stampo rosacrociano. Si
tratta, di un ultimo colpo di coda di un pensiero che si rifà costrutti di
pensiero magico e simbolico.
Parte delle polemiche, e del conseguente chiarimento di una linea metodologica
nuova, si giocano, all’interno o attraverso l’ambito musicale. Giovi ricordare, per
inciso, che Cartesio stesso pone mano ad un Breviario di musica, nel 1618, in cui
adombra il ‘Metodo’. Così alla musica faranno riferimento, con maggiore o
minore profondità, nei loro scritti più importanti, Robert Fludd, Johannes
Kepler, Marin Mersenne, Michael Maier, Petrus Gassendi, Athanasius Kircher,
solo per citare alcuni. Ma così come il tema musicale rappresenta un terreno
fecondo di incontri e scontri, esso, per la sua intrinseca malleabilità offre il destro
alla possiiblità di essere utilizzato in vari modi e con esiti (ed intendimenti) affatto
diversi e divergenti. D’altra parte gli intellettuali del primo Seicento non sempre
dimostrano una ineluttabile coerenza di tipo ‘progressivo’.
Marsilio, Pico, Agrippa, Cardano, Reuchlin, Tritemio, Bruno, Paracelso, Campa-
nella e Keplero credevano si potesse, a partire dall’arcana sapienza egizio-ebraica,
forzare gli angeli a modificare il moto delle sfere celesti ed i loro influssi sulla
Terra. I loro mezzi sono certo più raffinati di quelli delle streghe: l’astrologia, la
qabbalah, l’arte della memoria, la teoria delle simpatie, la mistica della parola e del
gesto, il prezioso talismano e l’alchemica fornace sono molto diversi dalle vili
tecniche dello stregone, dai caotici Sabba, dalle inquietanti formule magiche o
evocatorie, ma il segno e il tono culturale sono analoghi. Come il mago rinasci-
mentale essi ricercano, la possibilità di sfuggire al determinismo naturale, domi-
nare gli astri, associarsi alla sfera demiurgica.
La trattatistica musicale assume in quest’ottica, un’importanza notevolissima
nello sviluppo della storia culturale dell’Occidente; quasi un canto del cigno,
poiché il grande progetto panarmonico che collegava sapienza orientale ed
occidentale, antichità preclassica e classica attraverso il Medioevo, all’umanesimo
rinascimentale, andrà a morire, lentamente, ed ‘a testa alta’, proprio nel XVII
secolo, servendo però da spunto polemico, appunto, per l’affermarsi del moder-
no pensiero scientifico e dei suoi costrutti fondamentali.
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Fel. – Questa Musica, per essere la più breve fra tutte l’altre, in
poche parole ce ne sbrigheremo. Sappia dunque, che la Musica
umana è quella unione, che si trova fra i quattro Elementi, che
compongono il Corpo umano, questo unito con l’Anima si
accorda così bene a fare le sue operazioni, che necessariamente
bisogna confessare, che fra di loro vi sia, non aperta, ma occulta
armonia, e Musica51.
Fel. – Dura fin tanto, che l’Anima sta congiunta col Corpo.
51 Boezio parla della musica humana, a sua volta divisibile in armonica, rit-
mica e metrica, come di una espressione della complessione interna,
dell’anima. E se la musica mundana può essere scrutata nel cielo, nella com-
pagine dei quattro elementi, per intendere la musica humana, scrive Boezio,
bisogna invece scendere in se stessi. Che cos’è infatti che tiene unita la
vitalità della mente con il corpo se non una compenetrazione e contempera-
zione di voci leggere e gravi in modo da produrre un’unica consonanza? E
che cosa tiene unite le varie parti dell’anima? Una musica “de interiore
nomine” che si genera dall’armonia interna allorché spira amore. La musica
umana è allora quella armonia tra spirito e materia, mente e corpo,
quell’armonia psicofisica che è specchio dell’armonia del cosmo.
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52 “La vita umana è breve, soggetta a inutili cure. Fiorente al mattino, de-
bole la sera, viene meno la notte”. Una affermazione molto simile relativa al
valore effimero della vita umana di fronte all’eternità, si riscontra in un
registro di visite dell’abbazia di Saint Rémy in Francia, datato 1650:
“Requierrant in pace(???) / Vita hominum brevis est multis gloria(???)
crucis(???) / mane viget, languet [...] morte cadit / In cruce fiducia”.
53 Simonide (Σιµωνίδης) (Isola di Ceo, 555 a.C. circa - Agrigento, 466
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Gius. – Si può dire, che ogni voce sia suono, ed ogni suono sia
voce?
Fel. – Che ogni voce sia suono va bene, ma che ogni suono sia
voce, questo non può essere; perché la voce è una ripercussione
d’aria59 respirata all’arteria vocale, che si manda fuori con qual-
che significato. Il suono è una ripercussione d’aria non sciolta,
che perviene all’udito senza rappresentare cosa alcuna
all’Intelletto.
saggio stoico è colui che è felice anche nelle circostanze esterne più sfavore-
voli, e non si turba per il loro alterno mutare.
58 Musica originata dagli strumenti, che è anche imitazione della musica
vocale.
59 La boeziana “vox aut repercussio aeris”, da intendersi come produzio-
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Gius. – Mi basta, che per ora mi dica solo chi fu l’Inventore del
Violino, essendo strumento caro, e grato all’uno e all’altro.
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Fel. – Aurelio Cassiodoro dice, che corda dicitur à corde; cioè che
la corda muove il cuore65. Franchino Gafforo nella sua Teorica
dice: Cassiodorus existimat chordam appellatam, quòd facilè corda
movet66. Isidoro ancor’egli dice così: Chorda à corde derivat, quia,
sicut pulms est cordis in pectore, ita pulms chordae in Cithara67.
II, 40: “Hinc etiam appellatam aestimamus chordam, quod facile corda
moveat”.
66 Franchino Gaffurio (Lodi, 1451 – Milano, 1522), nel suo trattato Theo-
3.22.6: “Chordas autem dictas a corde, quia sicut pulsus est cordis in pectore,
ita pulsus chordae in cithara” (trad.: Invece sono dette corde dal cuore,
poiché così come vi è il battito del cuore nel petto, così vi è l’impulso delle
corde nella cetra”).
Cfr. G. Casoni, Della magia d’Amore, f. 38, v-39: “Vuole Isidoro, che le corde
de gli instromenti siano cosi dette dal core; onde il Musico remperando i
moti veloci, e tardi, altro non procura tra i suoni formati dalle corde, che
Amore; da che si comprende, ch’egli ha instituito la Musica instromentale
per procurare amore tra i cuori”.
68 Il salmo CL è quello in cui per tredici volte risuona l’alleluia, in cui si
invita a lodare il signore con squilli di tromba, con arpa e cetra, con timpani
e danze, culle corde e sui flauti, con cembali sonori e squillanti.
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lib. 2 Epist. 176.69 scrivono, che solo agli Ebrei erano concessi
gli strumenti per la loro fragilità, e debolezza70, il che si raccoglie
ni, 1991. Per la chiesa cattolica, “la funzione del segno distintivo era inizial-
mente quella di distinguere gli ebrei dai cristiani, di evitare promiscuità di
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dal primo del Paralip. Cap. 15.71 16.72 e 25.73 S. Agostino lib. 17.
de Civit. Dei, attesta che al tempo, nel quale vivevano gli Aposto-
li, ed anche quelli, che succedettero in quei Secoli prossimi, non
usarono mai il canto concertato con gli strumenti74. Al tempo di
S. Atanasio fu introdotto il canto con le sinfonie, ma poiché
cominciarono i Cantori, e Suonatori di quei tempi a lasciare
quella gravità, che si conviene allo stile Ecclesiastico, con usare
le bizzarrie Teatrali, e stili indecenti75, questo Santo fu neccessi-
tato a bandire dalla sua Chiesa d’Alessandria la Musica concerta-
fratelli, i cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cembali, perché,
levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia”. (15:28): “Tutto Israele
accompagnava l’arca dell’alleanza del Signore con grida, con suoni di corno,
con trombe e con cembali, suonando arpe e cetre”.
72 Paralipomeni 1 (16:5): “Erano Asaf il capo, Zaccaria il suo secondo, Uz-
niano. Anzi, in XXII, 24,c afferma riguardo alla dotazione dell’uomo: “per
incantare l’udito ha ideato tanti strumenti musicali e magnifici ritmi di
canto”.
75 Spettacoli non conformi al decoro.
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dei pagani. “preghiamo Dio per loro affinché quanti provano gusto
nell’ascoltare musiche profane scoprano quanto sia più gustoso ascoltare la
voce di Dio”.
79 S. Leone Magno, Sermo IV De Ieiunio.
80 Aelredo di Rievaulx, nato ad Hexham nel 1109 e spentosi a Rievaulx
(Valleridente) nel 1167 fu uno dei più grandi autori ecclesiastici inglesi. Egli
riassunse in un breve trattato ciò che la scrittura e l’esperienza umana
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teologo, filosofo e scrittore cristiano del II secolo (150 ca. - 215 ca.). La
figura di Clemente Alessandrino é significativa di un importante mutamento
nei rapporti tra cristianesimo e filosofia, già avvenuto verso la fine del
secondo secolo: l’istituzione di una scuola cristiana e l’integrazione della
filosofia nel curriculum didattico di essa. Oltre all’omelia Quale ricco si può
salvare, ci sono stati conservati tre scritti di Clemente: Il protrettico ai Greci, nel
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Padri stimarono che per istruire alle usanze e trasportare gli animi
nell’esaltazione della virtù per il culto del Signore, non solo la voce umana,
ma anche l’uso degli strumenti aumentasse il rispetto della Chiesa. E sia che
l’autorità della Chiesa militante sembrasse diminuita, sia che sembrasse
trionfante, i proclami della musica non rimarranno inascoltati, come ti
mostrò il figlio del tuono (Giacomo o Giovanni apostoli, così vengono
definiti da Gesù nel Vangelo di Marco, 3:17, per il loro carattere ardente) e
come vedesti i più anziani e le loro voci, così come quella dei suonatori di
arpa, che si accompagnavano nel canto con le loro arpe (Apocalisse, 14:2).
Che se ancora non udisti quelli, ascolta il re esultante, che regna su di te, per
renderti partecipe della sua esultanza. Dice infatti: intonate il canto e suonate
il timpano, la cetra melodiosa con l’arpa (Libro dei Salmi, 80:3). A che fine lo
chiede? Affinché lodino il signore con timpani e danze, sulle corde e sui
flauti (Libro dei Salmi 150:4)”.
85 Cfr. nota n. 17.
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cythara, et organo87. La frase ebraica così legge: ipse fuit pater omnis
tractantis cytharam, et organum. Altri hanno letto: tangentium, aut
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per la sua creazione musicale, un grande maestro del suo tempo. Nei suoi
epitalami vi sono tutte le caratteristiche della musica nata nell’ambiente della
Riforma. Comunque la sua produzione migliore è quella che concerne il
campo teorico-speculativo. Scrisse un trattato in 5 libri, Practica musica
Hermanni Finckii, exempla variorum signorum, proportionum et canonum, iudicium de
tonis, ac quaedam de arte suaviter et artificiose cantandi continens (1556), con nume-
rosi esempi che tratta i più importanti problemi della teoria musicale. Nel
primo libro Finck si dedicò alla grammatica musicale inclusa anche la solmi-
sazione, nel secondo si interessò alla ritmica e alla metrica e nel terzo trattò
la forma del canone. Gli ultimi due libri sono importanti, infine, per la prassi
compositiva dell’epoca.
91 Hermann Finck, Practica Musica…. cit., par. “De Musicae Inventoribus”.
92 Filippo Beroaldo il Giovane (Bologna, 1472 – Roma, 1518), nipote di
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“Ma quelle donne aiutino il mio verso ch’aiutaro Anfione a chiuder Tebe, sì
che dal fatto il dir non sia diverso”.
95 Publio Papinio Stazio nacque a Napoli intorno al 45 d.C. e cominciò
ad affermarsi “col nome che più dura e più onora” (Purgatorio, XXI, 85), con
il nome, dunque, di poeta, a Roma sotto l’impero di Tito, ricordato qui con
la sua impresa più famosa, la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C.,
impresa che, tuttavia, fu compiuta quando era ancora imperatore il padre di
Tito, Vespasiano. Stazio è autore della Tebaide, poema epico dedicato al
nuovo imperatore Domiziano, che aveva preso il posto del fratello Tito nel
93 d.C. e in cui si narra della vicenda di Amfione.
Tommaso Garzoni (Bagnocavallo, oggi Bagno di Romagna, 1549 – 1589),
studiò diritto a Ferrara e a Siena, e nel 1566 assunse il nome di Tommaso (in
luogo dell’originario Ottaviano), quando entrò nel convento di Santa Maria
in Porto di Ravenna. Si dedicò a numerose discipline, tra cui la filosofia, la
storia, lo studio dell’ebraico e dello spagnolo. Scrisse raccolte di aneddoti e
notizie di vario argomento: Il teatro de’ vari e diversi cervelli mondani (Venezia,
1583); La piazza universale di tutte le professioni del mondo e l’opera a cui è legata
la sua fama, L’Hospitale de’ Pazzi incurabili (Venezia, 1586), oltre a La sinagoga
degl’Ignoranti (1589) e Il Serraglio de gli stupori del Mondo (Venezia, 1613).
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Fel. – V.S. mi scusi, che non sono tali; anzi se ella rifletterà
all’intenzione di Orazio, Pacifico e altri, vedrà che questi hanno
voluto dimostrare che, se i monti, le valli, le fiere e le pietre
fossero state capaci, avrebbero mutato natura mediante la forza
della musica.
fu salvato in mare da alcuni delfini, messaggeri del dio Apollo. I marinai che
lo dovevano riportare a Corinto volevano ucciderlo e derubarlo, ma gli
concessero la possibilità di cantare un’ultima volta. I delfini, attratti dalla
bellezza della sua melodia, accorsero nei pressi dell’imbarcazione. Arione si
gettò in mare, un delfino lo raccolse e lo portò sul dorso fino al capo Tena-
ro. La lira di Arione e lo stesso delfino che gli aveva salvato la vita furono
trasformati in costellazione da Apollo.
97 Intesa come esercizio dell’arte compositiva.
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Gius. – Almeno mi dica l’inventore delle note UT, RE, MI, FA,
SOL, LA.
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Fel. - È vero, ma lei non l’avrà vista prima che fossero stampate
le mie sinfonie, bensì dopo, poiché la disegnai in Viterbo e di
mio ordine fu intagliata in Bologna.
100 Angelo Berardi, Sinfonie a violino solo, Bologna, Giacomo Monti, 1670.
ne? Perché la musica dia sollievo al triste destino e al lavoro di tutti i giorni”.
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Fel. – Perché non è più ora, e poi per oggi mi pare d’aver di-
scorso abbastanza.
102 Tetide, figura della mitologia greca, dea del mare, dove idealmente e
poeticamente si inabissa il sole al tramonto.
103 Il testo è tratto da un mottetto a 6 voci di Orlando Di Lasso, Musica Dei
donum optimi, pubblicato nel 1594: “La musica è dono di un buonissimo dio,
attira gli uomini e gli dei. La musica addolcisce gli animi crudeli e conforta le
menti tristi. La musica scuote sia le stesse piante che le belve orribili”.
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DIALOGO SECONDO
Della nobiltà della musica, suoi effetti e
a che fine si deve imparare.
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Fel. – Nella carriera per il vasto campo della virtù ciascuno deve
procurare, se non può riportar la prima palma, di riportare la
seconda, e dove giunger non può con le forze, d’arrivarci col
desiderio. Essendo la virtù infinitamente desiderabile, è lecito
desiderare ancora ciò che non si può conseguire. Non per
questo si perda d’animo, faccia come quello che gioca a dadi:
egli desidera il miglior punto, ma qualunque viene procura con
esso di migliorare il suo gioco.
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Fel. – Se nei secoli andati questa scienza era in tanta stima, che se ne
deve giudicare oggi? Poiché l’arte, fabbricando sopra gli insegna-
menti della natura, ha ridotto la musica ad una perfezione che non vi
è potere che non soggioghi, ne impossibilità che non superi.
Gius. - Avanti, che V.S. passi più oltre, vorrei pregarla di farmi
sentire come si definisce la musica.
«convivial music making» (vd. Thomas Morley, Plaine and Easie Introduction to
Practicall Musicke, 1597), oppure in connessione al tema dell’insensibilità alla musica
come espressione di ‘inumanità’ o comunque di un animo non harmonice compositus e
quindi inadatto a reggere le sorti dello Stato. È possibile anche che Temistocle,
possa trovarsi alle origini di una lunga tradizione di pensiero che equipara musica e
vita dello Stato, come in Platone, Respublica, 4,431-e432a (ripreso da Cicerone De
repubblica, 2,69), in Elio Aristide, Origines, 26,29 e in Agostino, De civitate Dei, 2,21;
tuttavia né nella tradizione classica, né in quella successiva tale tematica è connessa
alla figura di Temistocle. Un unico cenno in tal senso è nella orazione Per i quattro di
Elio Aristide, in cui la difesa di Temistocle è condotta affermando che Temistocle
“fu superiore a Terpandro nella mousiké” perché, se Terpandro portò ‘armonia’ fra i
soli Spartani, Temistocle “armonizzò bene la Grecia” intera (hermósato), portandola
nella concordia alla vittoria contro i Persiani.
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Fel. – Non è così; s’ella leggerà Plinio lib. 8 della sua istoria105 e
Pier. Valer. Lib. 7 de Cervo, troverà che questo animale è così
innamorato dell’armonia, che sentendo il suono di qualche
105 Gaio Plinio Secondo il Vecchio, naturalista e storico, nato a Como nel
23 d. C. Più ancora che i fatti della sua vita – militò nella cavalleria in Ger-
mania e fu amministratore delle rendite imperiali in varie province al tempo
di Vespasiano – conosciamo, caso eccezionale, la sua personalità grazie alla
testimonianza diretta del nipote Plinio il Giovane, il quale ci informa, con
ricchezza di particolari (Epistolae, III 5 e VI 16) della sua passione per la
scienza, della sua copiosa produzione letteraria, del suo carattere, come pure
delle tragiche circostanze in cui perse la vita. La prima, indirizzata allo
storico Tacito, racconta come Plinio il Vecchio, allora comandante della
flotta romana a Miseno, perì a Stabia sotto una pioggia di cenere e lapilli
durante l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano (79 d. C.),
vittima della scienza e del dovere per aver osato sbarcare su quella costa, al
fine di soccorrere la popolazione e di osservare meglio il terrificante feno-
meno. La seconda contiene notizie sulla sua attività e sulle sue abitudini e
l’elenco, in ordine cronologico, delle sue opere: De iaculatione equestri (sulle
tecniche del combattimento a cavallo), De vita Pomponii Secundi, Bella Germa-
niae, Studiosus (trattato sull’arte oratoria), A fine Aufidii Bassi (continuazione,
in trentuno libri, presumibilmente dalla morte dell’imperatore Claudio fino al
71 e forse oltre, dell’opera di Aufidio Basso, che a sua volta era la continua-
zione delle Storie di Livio), a quanto pare la sua opera più importante ed
ambiziosa. Tutte queste opere di Plinio sono andate perdute, e particolar-
mente grave è la scomparsa di quelle storiche, che furono utilizzate anche da
Tacito.
Ma una grande sua opera si è conservata, intera: la Naturalis historia, in
trentasette libri, destinata a inventariare la somma delle conoscenze acquisite
dall’uomo. Il successo di questa opera fu tale che continuò a essere copiata
nel Medioevo, periodo in cui Plinio funzionò come un’immensa zattera di
salvataggio. I suoi smisurati indici di fonti e autori erano una garanzia,
promettevano accesso a tesori di sapere che rischiavano di perdersi. Fra
Trecento e Cinquecento egli fu oggetto di cure filologiche da parte degli
umanisti (che imputano gli ‘errori’ di Plinio alla corrotta tradizione mano-
scritta), ma la fede nell’autorità di Plinio vacillò a seguito delle nuove scoper-
te tecnico-scientifiche.
Il libro VIII tratta di zoologia e descrive gli animali di terra: elefanti, leoni, tigri,
pantere, mucche, cavalli, asini, muli, cammelli, pecore, capre, topi e altri.
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106 Giovanni Pietro Bolzani delle (o dalle) Fosse, scelse il nome umanisti-
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Fel. – Non si ricorda che ieri le dissi che alcuni sono stati del
parere che la musica sia stata ritrovata dal canto degli uccelli?
Questa opinione è fondata sopra la diversità e maestria dei canti
di quegli animali, particolarmente degli usignoli. Ora ritorniamo
alla nobiltà di questa bella regina; trattando nel discorso passato
della sua origine, lasciai intendere che la musica noi l’abbiamo
da Dio, datore d’ogni bene: ritoccherò questo punto di sfuggita,
per maggiormente confermare la sua antichità. Plutarco107 disse
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Gius. – Di modo tale, che la musica per tutti questi capi nella sua
nobiltà non si riconosce inferiore a qualsivoglia altra scienza.
Fel. – Non solo per queste condizioni, me per ogni altra, che
possa concorrere a nobilitare qualsiasi professione, che sono i
grandi in ogni genere, quali in ogni tempo, in ogni età e in ogni
grado hanno dato opera a questa bella scienza. I dotti, che
hanno impiegato la loro penna nel trattare le materie armoni-
che. Papa Marcello I romano110, che fu martire, fu dottissimo
tervallo, molto probabilmente nel maggio del 307. Sotto l’Imperatore Mas-
senzio venne bandito da Roma nel 309 per via dei tumulti causati dalla
severità delle penitenze che aveva imposto sui cristiani che avevano smesso
di praticare a causa delle recenti persecuzioni. Morì quello stesso anno,
venendo succeduto da Eusebio. San Marcello è anche un problema. Anzi, un
groviglio di problemi, perché sulla sua figura fanno confusione anche i
documenti antichi: Martirologio Romano e Geronimiano, Catalogo Liberia-
no, Liber pontificalis... E i dati contrastanti si possono capire: quelli di
Marcello I erano tempi di sconvolgimento per la vita di tutta la chiesa, in
Roma e altrove, a causa della persecuzione che va sotto il nome
dell’imperatore Diocleziano, ma che è stata voluta dal suo ‘vice’, e poi
successore, Galerio (morto nel 311). Secondo il grande storico tedesco
Theodor Mommsen e altri studiosi, addirittura Marcello non sarebbe stato
vero pontefice, bensì un semplice prete romano, che per qualche tempo può
aver funzionato da reggente della chiesa, dopo la morte di papa Marcellino
nel 304. Ma il pontificato di Marcello I, dopo alcuni anni oscuri, è bene
attestato dalle fonti antiche. E di lui si sottolinea il comportamento nel
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primo libro sub prestantiae musices involucro diversae disciplinae prelibantur. In altero
vero quaedam de Angelis, Coelis, Planetis, Anima et Elementis apertius expenduntur.
Ex probatis authoribus collectum et in unum congestum ab Abbat. Don Carolo Pellegri-
no Vtrimsque Juris Doctore, Sac. Theol. Professore Prothonotario Apostolico ac Patritio
Ciuitatis Castriuillarum. Cum Indice Rerum Notabilium in fine cuiusbet Libri, Roma-
e, Ex typographia Fabij de Falco, 1665.
Il frontespizio è preceduto da un antiporto col ritratto inciso in rame del
Pontefice Alessandro VII cui è dedicata l’opera dal Pellegrini con sua lettera
sottoscritta Rom. Prid. Martij 1665. Segue un avviso dell’autore “al benevolo
Lectori, dove sul bel principio racconta com’ei determinossi a scrivere il
presente trattato sulle lodi della Musica”; e qui ne trascriviamo le sue stesse
parole: “Quisquis Musicam laudare velit, vel ipsius Divi Bernardi, ac Tira-
quelli, testimonio laudabilem, Noctuas Athenas, et aquam Oceano ut dicitur
attulisse comperiet. Meum itaque institutum huic labyrintho implicari tam-
quam immensum pelagus adire haud est; sed occasionem scribendi causidi-
cus quidam (in controversia inter Virum quendam et Musicae Magistrum cui
imbuendum pactis adiectis infra certum tempus filium suum tradiderat)
praestitit, qui hanc Musices artem, ignobilem interpellare non erubuit. Cui
tunc, ut par erat, vim vi repellendo, responsum fuit, se nempe in principiis
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strina e deve la sua fama alla leggenda che l’autore divenne il ‘salvatore’ della
musica polifonica nel periodo in cui il concilio di Trento discuteva del fatto
di eliminare gli eccessivi artifici dalla musica sacra, anche se le ricerche più
recenti danno come infondata questa tesi. Tuttavia, non è possibile fare
completa luce sulle origini dell’opera: il primo manoscritto è datato 1563, ma
il titolo ci fa propendere per l’opinione che il lavoro possa essere retrodatato
al 1555, l’anno del pontificato di papa Marcello II. Palestrina potrebbe essere
stato indotto alla composizione della messa da una affermazione papale
relativa ai difetti della musica sacra. Poiché Marcello morì appena 22 giorni
dopo l’inizio del suo pontificato, Palestrina poteva solamente dedicare la
messa alla sua memoria. La supposizione del Berardi è forse dovuta al fatto
che il successore di Marcello II, Paolo IV, lo allontanò dagli incarichi musi-
cali poiché venne a conoscenza del fatto che era sposato (con un motu proprio
aveva vietato che fossero scelti maestri, cappellani e cantori non celibi e
aveva proibito ai musicisti di comporre musica profana): la dedica sarebbe
stata, pertanto, un modo per rientrare nelle grazie papali?
114 Pelagio II fu papa dal 579 al 590. Apparentemente nativo di Roma,
era però di origine gotica, suo padre di chiamava infatti Vinigildo. Gli atti più
importanti di Pelagio sono da mettere in relazione ai longobardi, o allo
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Fel. – Ho inteso: potevo dire per ultimo, che fra tutte le scienze
nessuna ha avuto l’ardire d’introdursi dentro le porte dei sacri
templi, solo che la musica, col portare la ragione addotta da S.
Agostino nel lib. 9 delle sue Confessioni, così afferma: Consuetu-
dinem canendi probat Ecclesia, ut propter oblectamenta aurium infirmior
animus ad effectum pietatis assurgat115. Il qual uso fu per antico rito
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cappella a Toledo nella metà del XVI sec.; fonte: Karl-Werner Gümpel,
“Der Toledaner Kapellmeister Bartolomé de Quevedo und sein Kommentar
zu der Extravagante ‘Docta Sanctorum’ Johannes XXII”, in Gesammelte
Aufsätze zur Kulturgeschichte Spaniens, Spanische Forschungen der Görresgesellschaft,
I/21, Münster, Aschendorff, 1963, pagg. 297-308.
116 La musica del cerimoniale del tempio, ai tempi di Salomone, era colle-
gata con il normale sacrificio del mattino e della sera e con le importanti
festività dell’anno religioso. A parte il suono delle trombe (Numeri, X, 1-10)
essa consisteva soprattutto nel canto di componimenti lirici religiosi con
accompagnamento di strumenti a corda. Nel tempio salomonico erano
prevalentemente cantati tre tipi di salmi: canti di lode (ad esempio, salmi
CXLV, CXLVII) che celebrano la maestà della divinità, canti di petizione
(salmi XLIV, LXXIV) che si adattano al rituale dei giorni di digiuno ordinari,
e canti di ringraziamento (salmi XXX, LXVI) che sono stati collegati con le
cerimonie delle offerte votive e quindi con l’osservanza annuale di una delle
grandi feste ebraiche, la festa dei tabernacoli, durante la quale si facevano di
solito tali offerte.
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117 Inizia il riferimento ad alcuni personaggi della Grecia antica che, gra-
zie agli effetti mirabili della musica, riuscirono ad ottenere risultati miracolo-
si. Le stesse vicende le troviamo riportate nelle Istituzioni harmoniche (1558) di
Gioseffo Zarlino e ne L’Artusi ovvero Delle imperfettioni della moderna musica (due
parti, 1600-1603) di Giovanni Maria Artusi. Ha qui inizio la riflessione
teorica dell’autore sulla discontinuità tra la ‘pratica antica’ (rappresentata da
Zarlino e da Artusi) e la ‘pratica moderna’. In particolare Berardi giungerà ad
identificare la specificità della pratica moderna nell’uso emancipato in
funzione espressiva della dissonanza e della ‘legatura’ (ritardo armonico),
così da rendere possibile l’adesione della musica al senso e all’affetto delle
parole, secondo la poetica che già era stata di Monteverdi.
118 Alla morte di Aristotele nel 322 a.C., gli successe nella direzione del
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tuttavia, sfuggì alla stretta e con pochi fedeli si rifugiò nelle inaccessibili
montagne della Numidia meridionale, bene accolto dalle locali popolazioni
berbere. Ma non contava più nulla: era un re senza sudditi e senza regno.
Braccato dai Romani, passò i suoi ultimi anni componendo un poema in
latino in cui lamentava le proprie sfortune. E quando l’opera fu terminata
inviò un messaggero con bandiera bianca a Pharade, il comandante locale
delle forze romane, chiedendo una cetra con cui accompagnare il proprio
canto, una spugna per tergersi le lacrime e un tozzo di pane. Finalmente,
verso la fine di marzo del 534, si consegnò a Belisario accettando le offerte
dei Bizantini. Secondo Procopio (La guerra vandalica, II, 9) Belisario portò
Gelimero a Costantinopoli per festeggiare il trionfo sui Vandali. Gelimero
giunto sotto la tribuna imperiale si gettò ai piedi dell’imperatore in atto di
riverenza. L’imperatore lo ricompensò donandogli delle terre dove vivere
con la famiglia in Galazia. Non poté diventare però un patrizio perché non
abiurò la sua fede ariana.
125 Parràsio, pittore greco nato intorno alla metà del V secolo a.C. ad E-
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128 Achille è uno dei principali eroi leggendari greci della guerra di Troia e
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Gius. – Mi pare d’aver letto nelle storie sacre che i profeti mag-
giormente ricevevano il dono della profezia nel sentire il suono
di qualche strumento.
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re il suo terzo figlio, Ludovico il Pio, il quale, dopo la morte del padre, era
stato incoronato imperatore a Reims dal papa Stefano IV. Dalla prima
moglie Ludovico aveva avuto tre figli, Lotario, Pipino e Ludovico il Germa-
nico. Rimasto vedovo e risposato, dalla seconda moglie aveva avuto un
quarto figlio, Carlo il Calvo. Per regolamentare la sua successione aveva
emanato nell’817 la «Ordinatio imperi», che indicava come unico erede al
trono il primogenito Lotario. Questa legge andava contro la consuetudine
franca di dividere l’eredità in parti uguali fra i figli maschi e scatenò una
lunga lotta per il potere. Al tempo dell’«Ordinatio» una delle sue maggiori
perplessità era che, procedendo ad una divisione dei possessi carolingi tra i
figli, questa pluralità di regni potesse provocare scissioni nella fede cristiana,
recando grave offesa a Dio e qui emerge il carattere di Ludovico, che
dimostra una impronta più ecclesiastica che imperiale, per cui era più adatto
a fare il monaco che l’imperatore. Probabilmente non aveva previsto la
reazione negativa dei figli, che continuavano a litigare, Lotario I e Ludovico
il Germanico alla testa dei tedeschi (o franchi orientali) e Carlo il Calvo alla
testa dei francesi (o franchi occidentali) e la conclusione fu che i figli prima
gli tolsero il trono, poi ve lo ricollocarono fino alla sua morte (840).
135 Teodulfo o Theodulfus (ca. 750 – ca. 821), arcivescovo d’Orléans, era
un poeta ispano-visigoto attivo alla corte di Carlo Magno dopo il 784 d.C.
Uomo di grande cultura, ebbe da Carlo Magno il titolo di missus dominicus e
l’incarico di riformare l’amministrazione e la giustizia nell’Aquitania. Sospet-
tato d’aver preso parte al complotto di Bernardo, re d’Italia (817), Teodolfo
fu imprigionato e successivamente esiliato ad Angers e poi a Le Mans, dove
morì. Fu uno dei promotori della cosiddetta ‘rinascita carolingia’ presso
l’Accademia Palatina, tanto che fu soprannominato Pindarus per la sua
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1534), esponente della famiglia fiorentina dei Medici, eletto papa nel 1523.
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Fel. – Ogni volta che vorrà leggere questo libro glie lo darò:
essendo ormai tardi, con poche parole procurerò di servirla.
Noti, che quando si suonano balletti140, correnti141 e canari142,
vedrà che non si trova uomo, o molti pochi, che non si scom-
pongano in qualche modo, muovendosi con i piedi, le mani o la
testa. Faccia questa riflessione, che tanto in Roma, quanto fuori,
cantando musici eccellenti, l’anima se ne vola dietro alla loro
voce se ella è dolce e languente languisce, se è flebile e armonica
si intenerisce, se da una sol nota non muove il passo e pure
vada passeggiando, non passeggia ma resta immobile. Guerriero
simile alla bocca non si trova, la quale dando il fiato alla tromba
con caratteri di danza, in uso alla fine del sec. XVI e per tutto il secolo
successivo. In questa accezione è sostituito anche dal termine ‘ballo’ ed
indica un genere di danza in forma bipartita, ritornellata, in ritmo binario
veloce.
141 Danza di origine italiana, in voga nel XVI e XVII sec. Di carattere vivace,
fu in tempo dapprima binario, poi ternario, ed entrò a far parte della suite e della
partita strumentale, spesso accoppiandosi all’allemanda, che aveva, per contrasto,
un andamento grave. Si distinsero un tipo di corrente francese e uno italiano,
questo più rapido ed impetuoso, quello più contenuto.
142 La canaria (o canario) era una danza spagnola di andamento veloce, in
3/8 o 6/8, diffusa tra il XVI e il XVII sec. e adottata nella suite strumentale
e nei balletti francesi. Veniva danzata in coppia, percuotendo il suolo col
piede sul primo tempo di ogni misura.
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Gius. – V.S. non poteva dir meglio, il sig. Giuseppe Fede vera-
mente è gloria e splendore del nostro secolo, sì per
l’impareggiabile virtù come anche per le rare qualità che
l’adornano.
Fel. – Stimo e amo tanto il sig. Giuseppe Fede, che non posso
contenermi dal dire che, se anticamente i poeti hanno favoleg-
giato, che le sirene con il canto addormentano i passeggeri e
affondano le navi, hanno voluto maggiormente esprimere la
forza della musica, mentre alla soavità del canto l’uomo beve
l’acqua del fiume Lete, scordandosi i travagli e le fatiche. Di
tutto questo al presente ne abbiamo un vivo esempio nella
143 Il sopranista Giuseppe Fede (1640-1700) entrò a far parte dei cantori
della Cappella Sistina dal 1662. La sua presenza è attestata nelle rappresenta-
zioni della commedia per musica Dal male il bene (1654) su libretto di Giulio e
Giacomo Rospigliosi, musica di Marco Marazzoli e Antonio Maria Abbatini
e rappresentata a Palazzo Barberini alle Quattro Fontane in occasione delle
nozze di Maffeo Barberini; nel dramma per musica La comica del Cielo or La
Baltasara (1668) su libretto di Giulio Rospigliosi (Papa Clemente IX), musica
di Antonio Maria Abbatini, rappresentato a Roma a Palazzo Rospigliosi nel
carnevale dello stesso anno; partecipò alla rappresentazione dei Diari Listini il
6 giugno 1669 insieme con i migliori cantori romani; era presente anche ad
un’accademia data da Cristina di Svezia in onore del re Giacomo I
d’Inghilterra nel 1687.
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Papa Innocenzo XII. Descritte in forma di giornale da l’abb. Ruggiero Caetano romano,
Roma, Marc’Antonio & Orazio Campana,1691.
Un genere particolare di scritti furono i ‘resoconti’ delle attività a Roma
durante gli anni santi, che descrivono la presenza di un numero notevole di
pellegrini, la magnificenza delle chiese, la grandezza delle processioni e la
devozione mostrata da cardinali, prelati e popolazione cittadina e il notevole
numero di pellegrini. Una di queste memorie è stata scritta dal monaco
benedettino Ruggiero Caetano durante l’anno santo 1675. Come impiegato
nella «Camera apostolica», Caetano ben comprese il significato della sua
cronaca delle attività, dei personaggi e delle celebrazioni associate all’anno
santo. Scritti in forma di diario, i suoi articoli annotano la data, la significati-
vità nell’ambito del ciclo liturgico, i personaggi di rilievo presenti con il loro
seguito e i loro parenti, le informazioni riguardanti la cerimonia, il rituale e le
decorazioni. Ad esempio, Caetano menziona la “scelta musica di Francesco
Maria Fede celebrata nella professione”.
145 Nome con il quale erano noti in Grecia i rappresentanti della casta
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RAGIONAMENTI MUSICALI
dei termini più importanti per la filosofia aristotelica. Si può definirlo come il
primo ‘vocabolario filosofico’ della cultura occidentale. La sua struttura
morfologica è molto semplice: ogni capitoletto del libro tratta un termine,
esponendo alcune definizioni e spiegandole molto brevemente con esempi.
Alla fine viene generalmente riassunta una definizione principale. Il cap. 5
tratta il ‘necessario’ (anankaion). Anche qui Aristotele dà alcune definizioni
sommarie, prima di arrivare a quella principale:
- è ciò che costituisce una causa ausiliaria, senza la quale non è possibile
vivere;
- è una causa ausiliaria senza la quale il bene non può esserci o nascere, o
senza la quale non si può evitare il male o liberarsi da esso;
- si tratta di ciò che, contrario all’impulso e alla scelta, impedisce e ostacola;
- è necessario ciò che non può essere altrimenti.
La definizione che coglie meglio il senso di ‘necessario’, per Aristotele è ‘ciò
che è semplice, perché non può essere in più modi’.
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ANGELO BERARDI
de Coelo al tes. 63 dove dice Impossibile est iacere mille tallos semper
cum signo Veneris147.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
cativo controllato o diretto dallo stato, o meglio, dal governo della polis.
L’importanza dell’educazione è bivalente: con essa l’uomo concorre alla
realizzazione della propria felicità da un lato, e dall’altro tutta la società ne
trae giovamento. Su questa base Aristotele propone che lo stato cominci ad
occuparsi dell’educazione dei bambini a sette anni. Fra le quattro discipline
che, secondo Aristotele, formano il nucleo dell’istruzione - scrittura, ginna-
stica, musica e disegno - egli dedica alla musica una posizione particolare.
Essa non è, come le altre tre discipline, ordinata a un’occupazione o a una
finalità, ma insegna all’uomo il giusto otium, che non abbisogna di alcuna
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anni 54 e 57. La scrisse circa l’anno 62, mentre era in prigione a Roma, e la
mandò per mezzo di Tichico amato fratello e fedele ministro. È la lettera
della chiesa, del suo mistero; anche il concilio Vaticano II se ne ispira
largamente, trattando della chiesa. L’attenzione all’unità, alla carità, al pro-
gresso nella comunità è la prima esigenza della nuova vita ricevuta con il
battesimo. In questa parte si trovano i testi sull’organizzazione della chiesa e
sul matrimonio cristiano, con raccomandazione sulla condotta personale e la
morale familiare. È anche l’occasione per riprendere un’ultima volta la
riflessione sulla chiesa, presentata come la sposa di Cristo.
159 Apocalisse (14:4): “sono infatti vergini e seguono l’Agnello ovunque va”.
160 Pseudo Seneca, Octavia, II, 473-476: “provvedere al bene della patria,
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lento a punire, veloce nel premiare, che si lamenta ogni volta che è obbligato a
usare il rigore”. Nell’8 d.C., con procedura eccezionale, Ovidio venne relegato da
Augusto a Tomi (oggi Costanza), sul Mar Nero, nella Scizia, e nonostante le
suppliche sue, della moglie e degli amici, vi rimase fino alla morte avvenuta nel
17 o nel 18 a.C. Sulle vere ragioni dell’esilio, è calata, sin dall’antichità, una fitta e
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Gius. – Signor Felice mio, oggi V.S. m’ha annodato il cuore con
catene indissolubili d’eterne obbligazioni, avendomi fatto gode-
re in un breve discorso quel tanto che non avrei saputo trovare
in diversi libri: se la fortuna mi darà i mezzi, per degnamente
corrispondere alle sue grazie, non potrà mai contendermi la
gratitudine per professare, finché avrò vita e spirito gli atti della
mia osservanza verso il suo gran merito.
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DIALOGO TERZO
Dell’armonia mondiale, della diversità degli stili e contrappunti,
con la risposta ad alcune opposizioni contro la musica.
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Fel. – Stavo col pensiero tutto intento alla sua persona e, non ve-
dendola comparire, m’ero posto in ordine di venire a trovarla a casa.
Gius. – Tutto effetto della sua benignità: ma non credo che fra
gli animali, privi di ragione, si dia la vita sociale.
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165 Una delle più importanti ipotesi sull’origine e sulla provenienza della
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168 Diapason viene inteso in questo caso come termine della teoria musica-
rapporto di 3:2. Esso venne quindi usato in musica per indicare l’impiego di
3 minime al posto di 2 minime puntate nelle battute in 6/4 e in 3/4. In
alcuni trattati italiani del sec. XVII si distingueva l’emiolia maggiore (3/4)
dall’emiolia minore (3/8).
171 Il termine significa letteralmente “uno e un terzo”. E si riferisce al
rapporto di 4:3.
Diapason, Diatesseron e Diapente: gli intervalli di ottava, quarta e quinta, come
esemplificati nel De Musica di Boezio. Questi numeri costituiscono una serie
ricorsiva: sono composti da 1+1/n = n+1/n, in cui un numero è in rappor-
to con il precedente. Come, ad esempio, 1 ½ (sesquialtera, 3:2), 1 e 1/3
(sesquitertia, 4:3), 1 e ¼ (sesquiquarta; 5:4). La nostra notazione delle frazio-
ni con i numeri arabi era ancora incerta ai tempi del Berardi e la trattazione
di questi problemi matematici era assai complicata anche proprio dalla
notazione. Si veda che l’intervallo di quinta, diapente, corrisponde ad una
frazione sesquialtera, mentre quello di quarta o diatesseron ad una sesquitertia.
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172 Secondo la narrazione degli antichi, i Greci usavano solo gli intervalli
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Fel. – Certo che sì; e poiché vedo che le piacciono gli scherzi
andrò scherzando col dire che sulla carta della terra si stendono
per righe i fiumi, le tre chiavi rappresentano il nascere, crescere
e morire, le note le creature, le figure i diversi accidenti, cantano
le quattro parti che sono le quattro stagioni, in questo concerto
serve per misura il tempo, per punti i giorni, per moto il variare,
per sospiri i venti e per pause il tempo quieto.
accolto quasi universalmente fino alla fine del Cinquecento. Per far corri-
spondere l’ipotesi astronomica ai dati dell’osservazione, Tolomeo fece
ricorso a soluzioni geometriche ingegnose (epicicli, equante, ecc.), che resero
estremamente complessa la struttura del suo sistema. Secondo l’ipotesi
tolemaica, la Terra è immobile al centro dell’universo. Intorno ad essa, in
orbite circolari via via maggiori, procedono, tutti con moto costantemente
uniforme, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. Le
sfere dei pianeti sono circondate dal cielo delle stelle fisse, che ruota grazie
all’impulso del Primo Mobile (il nono cielo, velocissimo e privo di stelle).
175 Libro dei Salmi, (54:16): “scendano vivi negli inferi”.
176 La musica.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
Fel. – Quello che in questa materia sto per dirle non lo pigli per
scherzo, ma lo tenga per verità infallibile. Vi è il tuono, e questo
è grave e profondo, quei miserabili musicisti tutti sono bassi,
che toccano l’ultimo fondo, il genere è sempre cromatico e
tutto di note nere, tutto pieno di sospiri, le legature non si
scioglieranno mai e le cadenze sono così lunghe, che non a-
vranno mai fine178. Ma non più, sento che Giobbe m’intona
177 Riferimento al mito di Orfeo e alla sua discesa negli inferi. Cfr. Virgi-
lio, Eneide, VI, 119-120: “Se Orfeo poté evocare i Mani della sposa, fidando
nella tracia cetra e nelle corde canore”.
178 Qui si allude all’uso di cromatismi, dissonanze e cadenze evitate a fine
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ANGELO BERARDI
Fel. – Nel picciol mondo, che è l’uomo, si trova non solo quan-
to è nell’orbe inferiore, ma anche quel che si accoglie nel supe-
riore. In questo rappresenta l’animo umano la sembianza d’un
principato; la filosofia in lui risiede come legislatore; si vale della
ginnastica, per disporre il corpo ai servigi; della retorica, per
manifestare i concetti del cuore; della poetica, per nutrire e
sollevare i pensieri dei giovinetti; della musica, acciocché priva-
tamente riformi gli uomini, e sia giovevole anche in comune,
ovvero questa, come compagna della filosofia, stia a parte dei
più celati segreti. Se V.S. avesse curiosità di leggere bellissimi
pensieri a questo proposito, veda un panegirico, composto e
stampato dal padre Iacomo Caprioli181, già predicatore insigne e
179 Giobbe (10:22): “non v’è alcun ordine, ma perpetuo dimora l’orrore”.
180 Produzione sonora caotica e discordante da qualsiasi ordine regolatore.
181 L’autore cita il Caprioli come musico e predicatore insigne, nonché
caro amico anche nel suo trattato Miscellanea musicale divisa in tre parti. Dove con
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RAGIONAMENTI MUSICALI
dottrine si discorre delle materie più curiose della Musica: Con Regole, et essempij si tratta
di tutto il Contrapunto con l’intreccio di bellissimi secreti per li Professori Armonici
(Bologna, 1689).
182 Cfr. nota n. 162.
183 San Girolamo nacque verso il 340 a Stridone, ai confini con la Panno-
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187 Platone sosteneva che la stasi, la discordia tra l’anima irascibile con
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esecutiva.
189 L’autore enumera nell’ordine: messe e mottetti in stile severo (a cap-
giunse a Roma ove intraprese l’educazione musicale nella scuola dei pueri
cantores di S. Luigi de’ Francesi diretta da Giovanni Maria e Giovanni Bernar-
dino Nanino. Terminati gli studi, nel 1607 ritornò a Vallerano ove fu nomi-
nato organista e maestro di cappella nella chiesa di S. Maria del Ruscello, ma
ben presto fu richiamato a Roma dove ebbe l’incarico di maestro di cappella
nella chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini e a S. Maria in Trastevere. Nel
1619 ebbe la medesima carica in S. Lorenzo in Damaso e nel 1626 nella
basilica di S. Pietro in Vaticano.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
198 Francesco Foggia (Roma, 1604 – ivi, 1688), dopo essere stato al servi-
1664), maestro di cappella nel Seminario romano e nella Chiesa del Gesù a
Roma, oppure di Tommaso Graziani conosciuto come Graziano (Bagnaca-
vallo, ca. 1550 – ivi, 1634), che fu maestro di cappella in S. Francesco a
Milano (1587), poi a Ravenna nel 1589, al Duomo di Concordia (Modena)
nel 1598, di nuovo a Ravenna nel 1603 e due anni dopo a Reggio Emilia. Dal
1613 fino alla morte fu maestro di musica e vicario nel convento francescano
di Bagnacavallo.
200 Nicolò Stamegna conosciuto anche come Nicolaus Stamigna (Spello,
ri. Il primo, detto Il romano (Ostra, 1577 – Roma, 1646) fu maestro di cappel-
la a S. Spirito in Sassia a Roma. Dal 1605 al 1630 fu cantore papale (contral-
tista). Il secondo, nipote del precedente (Ostra, 1631 – ivi, 1708), ordinato
sacerdote nel 1667 fu assunto al servizio degli Hannover mantenendo
l’incarico prima di procuratore musicale e poi di maestro di cappella fino al
1680. Contemporaneamente, nel 1670-71 fu maestro di cappella al seminario
e alla chiesa del Gesù a Roma e dal 1672 al 1674 maestro di cappella in S.
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ANGELO BERARDI
Agnese. Nel 1680-82 fu a Venezia e nel 1683 maestro di cappella alla corte di
Modena. Negli anni 1685-92 fu mastro di cappella a Loreto.
202 Giovanni Vincenzo Sarti (Sant’Agata di Romagna, sec. XVII - ?). Fu
via presso la corte di Sigismondo III. Dal 1626 fu compositore di corte e due
anni dopo maestro di cappella, carica che mantenne per venti anni. Nel 1643
fu coinvolto in una polemica con K. Förster e P. Siefert, difendendo il primo
e criticando le composizioni del secondo (ove avrebbe riscontrato quinte e
ottave parallele, risposte a soggetti di fuga sbagliate, ecc.) nel Cribrum musicum
ad triticum Syfertinum.
204 Carlo Donato Cossoni (Gravedona, 1623 – ivi, 1700), organista e
1672 fu attivo come maestro di cappella alla Chiesa Nuova, dal 1667 al 1671
presso l’Oratorio di S. Marcello e dal 1675 al 1684 in S. Giovanni in Latera-
no. Dopo aver ricoperto la carica di ‘guardiano’ dei maestri di musica alla
Congregazione di S. Cecilia, tornò a fare il maestro di cappella alla Chiesa
Nuova, ove la sua attività è documentata dal 1693. In stretto contatto con
l’ambiente musicale romano, dominato dalla figura della regina Cristina di
Svezia, a quanto si apprende, tenne anche una scuola privata di musica.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
208 Atto Melani (Pistoia, 1626 – Parigi, 1714). Secondo di sette fratelli tut-
ti musicisti, era un sopranista raffinato, che entrato al servizio di Mattias de’
Medici a Firenze, fu poi chiesto a servizio del cardinale Mazzarino a Parigi,
dove alla professione di cantante alternò quella di diplomatico.
209 Giuseppe Corsi detto Il Celano (Celano, 1630 – Modena, dopo il
luomo non ricoprì mai un incarico ufficiale di musicista, bensì svolse la sua
attività al servizio di nobili (tra il 1594 e il 1599 fu a Napoli presso il principe
di Venosa). Il legame con Gesualdo occuperà poi un posto determinante
nella sua attività musicale.
213 Antonio Maria Abbatini (Città di Castello, ca. 1597 – ivi, ca. 1679).
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ANGELO BERARDI
della Cappella Giulia come sopranista dal 1621 rimanendovi fino al 1623.
Nel 1626 fu riassunto come contraltista. Nel 1642 entrò alla Cappella Sistina,
che diresse poi dal 1659 al 1668.
217 Compositore e violinista (detto Carluccio del Violino), nato a Roma tra il
1615 e il 1620 e morto a Roma tra il 1692 e il 1695. Apprezzato dai contem-
poranei, come attesta il soprannome, Caprioli ha tramandato il suo nome ai
posteri per l’opera Le nozze di Peleo e Theti, rinfocolando l’interesse
dell’ambiente parigino per il melodramma italiano. Godette di buona fama
anche come autore di cantate.
218 Francesco Antonio Tenaglia (Firenze, inizio XVII sec. – Roma, dopo
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RAGIONAMENTI MUSICALI
ebbe uno straordinario successo, tanto che furono necessarie diverse repli-
che con non pochi problemi di ordine pubblico. Nel 1644, con l’elezione di
papa Innocenzo X, il governo finì nelle mani dei Panfili, filospagnoli e rivali
dei Barberini, filofrancesi. Nel 1648, Rossi venne inviato a Parigi, dove mise
in scena l’opera Orfeo. Il successo fu straordinario, e furono necessarie
diverse repliche. Persino nobili e ambasciatori dovettero mettersi in lista
d’attesa per ottenere il posto in sala. Nel 1647, la monarchia francese venne
presa di mira dalla ‘Fronda’, un movimento rivoluzionario. Rossi pensò bene
di lasciare la Francia e di rientrare a Roma, dove riprese il posto di organista
a San Luigi de’ Francesi, carica che ricoprì sino alla morte.
220 Giuseppe Pacieri (Trevi, ? – Roma, ca. 1700). Compositore e organi-
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tio226, il quale è di parere che il moto nel canto sia l’anima della
parola, poiché accompagnando la voce col gesto della mano,
maggiormente si viene ad esprimere il suo significato.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
227 Horus, figlio di Osiride, era rappresentato come un uomo dalla testa
di falco, oppure come un rapace. Era una delle divinità principali, e presie-
deva all’osservanza di riti e leggi. Secondo gli antichi egizi, il faraone era
l’incarnazione terrena di Horus. Il dio fu di grande rilievo nel mito di Osiri-
de, in quanto fu lui a sconfiggere Seth, dio del male.
228 Pindaro, conosciuto come Pindaro di Cinoscefale (o Cinoscéfalos) o an-
che come Pindaro di Beozia (Tebe, ca. 522 a.C. – Argo, 442 a.C.). Autore di
importanti carmi epici, è ritenuto uno dei maggiori esponenti della lirica
corale. Viaggiò a lungo e visse e scrisse per sovrani e famiglie importanti.
229 Descrizione della pantomima. Cfr. Anonimo, Carmina Anthologiae La-
tinae, 100, 7-8; Iacobo Masenio, Palestra styli Romani quae Artem et praesidia
Latine ornateque quovis styli genere scribendi complectitur cum brevi Graecarum et
Romanarum antiquitatum compendio, et Praeceptis Ad Dialogos, Epistolas, et Historias
scribendas legendasque necessariis, Colonia, 1659, pag. 80, che a sua volta rimanda
a Cassiodoro, Variarum Libri XII, IV: “combatte, gioca, si fortifica, viene
agitata, viene rivoltata, si ferma, illustra il vero, si riempe tutta nel bello”.
230 Apollonio di Tiana, filosofo neo-pitagorico del I sec. d.C. Viaggiò a
lungo per l’Asia, l’Africa e l’Europa, fondando peraltro una scuola neo-
pitagorica ad Efeso. Scrisse una Vita di Pitagora non pervenutaci, ma utilizza-
ta probabilmente da Porfirio e da Giamblico. La sua fama fu alimentata dalle
leggende fiorite nel II sec.d.C. che gli attribuivano miracoli e profezie. Tali
leggende furono raccolte dal retore Filostrato nel secolo successivo. Fu
divinizzato da Caracalla e da Settimio Severo, il primo dei quali gli dedicò
anche un tempietto.
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ANGELO BERARDI
Fel. – Più per obbedirla che per altro, le dirò il mio parere. Il
musico, nei moti che spettano alla testa, deve andare molto
avvertito, considerando che la testa è primo principio
nell’uomo, e tutto l’uomo sta nella testa, di modo tale che il
cantore, incontrando parole che riguardano la patria dei beati,
stelle, monti, basta che alzi la testa; trattando di cose inferiori,
oppure materie malinconiche, abbassi il capo, così da significare
indizio di umiltà, come anche per introdurre la malinconia negli
uditori. Cantando trionfi o vittorie il capo stia alzato, il corpo
ben composto, il volto allegro, avvertendo che il moto del
corpo, particolarmente del volto e delle mani, si deve confron-
tare con l’armonia del canto. Altrimenti si potrà dire di quei
musici che non osservano questi moti, quello che lasciò scritto
Ovidio di quella donna, convertita in pietra:
Nec flecti cervix, nec bra[c]chia reddere gestus [motus].
Nec pes ire potest, nihil est in imagine vivum [intra quoque viscera saxum
est]232.
thologiae Latinae, 100, 9-10: “…è un’arte notevole, che crea momenti decisivi,
parla con bocca silenziosa”.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
232 Publio Ovidio Nasone, Le Metamorfosi, VI, 308-309: “Il collo non può
più piegarsi, le braccia non rispondono più, il piede non può più camminare.
Nulla è vivo nella rappresentazione”.
233 Decimo Giunio Giovenale, Satire, III, 8, 53-55: “del busto di Mercu-
rio: infatti il solo principio che tu puoi avanzare è che Hermes ha una testa di
marmo, mentre la tua caratteristica è di essere vivo”.
234 Con rigorosa solennità, nelle accezioni ‘devoto’ e ‘vivace’.
235 Terza e ultima citazione riservata a Palestrina, eletto a caposcuola del-
lo stile romano.
236 Orazio Benevoli (Roma, 1605 – ivi, 1672).
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ANGELO BERARDI
tra gli ultimi rappresentanti della poesia latina. Studiò grammatica, retorica e
diritto a Ravenna. Si racconta che, colpito da una malattia agli occhi, alla
quale subentrò una improvvisa quanto inspiegabile guarigione, si recasse in
pellegrinaggio alla tomba di san Martino a Tours e in seguito a Poitiers. A
Poitiers, Venanzio conobbe Radegonda (figlia di Bertario, re di Turingia),
che era diventata badessa, e si stabilì in quella città. Alla morte di Radegonda,
avvenuta nel 587, fu ordinato sacerdote e assunse la direzione del monastero.
Nel 597 fu nominato vescovo e in seguito beato e santo. Venanzio Fortuna-
to scrisse in onore di san Martino il poema Vita di San Martino, ed anche il
De excidio Thuringiae sulla fine della casa reale di Turingia, nonché varie
biografie di santi, molte poesie, inni liturgici e versi di vario genere da lui
raccolti in 11 libri di Carmina Miscellanea di cui fanno parte anche il Pange
lingua ed il Vexilla regis prodeunt, composti attorno al 569 (quando Radegonda
si fece inviare a Poitiers dall’imperatore Giustino II le reliquie della croce).
La Vita di san Martino è l’unica vita scritta in versi. Le altre sei sono tutte in
prosa. Sono le vite di sant’Ilario vescovo di Poitiers, san Germano vescovo
di Parigi, sant’Albino vescovo di Angers, san Paterno vescovo di Avranches,
santa Radegonda, san Marcello vescovo di Parigi. Qualcuno gli ha attribuito
anche la vita di Amanzio vescovo di Rodez, la vita di Remigio vescovo di
Reims, la vita di san Medardo vescovo di Noyon, la vita di Leobino vescovo
di Chartres, la vita di san Maurilio vescovo di Angers, una passio dei martiri
Dionigi (saint Denis), Rustico, ed Eleuterio.
238 Riferito allo stile musicale della cosiddetta ‘scuola romana’. Tra la fine
del Cinquecento e la prima metà del Seicento, i due centri più importanti
della cultura musicale sacra di quel periodo erano Roma e Venezia. La scuola
romana e quella veneziana continuarono a celebrare la tradizionale musica
liturgica che si era stabilita sullo scorcio del Cinquecento, secondo le rispetti-
ve ‘scuole’ del Palestrina e dei Gabrieli. A Roma, la figura simbolica di
Palestrina contribuì non poco a far considerare la polifonia a voci sole come
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239 Cannello metallico, alle cui estremità si adatta un pezzo di lapis che
viene tenuto fisso da un anello corsoio, utilizzato specialmente per i disegni.
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gradevole per le continue seste che occorrono tra le parti rendendo un poco
aspro il contrappunto.
Per eseguire un contrappunto precedentemente composto, per moti contrari
bisogna: sciogliere le legature; cominciare la parte acuta in ottava con la parte
grave; il rivolto deve porsi con la parte grave in terza o decima sotto alla
parte acuta.
Per comporne uno appositamente ottimizzato per il riversamento in moto
opposto, in pratica, si segua la regola del Sol-Sol, ovvero:
Ut Re Mi Fa Sol La
Re Do Si La Sol Fa
Essa si ottiene componendo in contrappunto doppio alla decima evitando
di: legare le dissonanze, fare due terze o due seste di seguito.
Inoltre si deve prestare attenzione ai seguenti particolari: le sincopi poste nel
contrappunto principale devono essere tutte consonanti; suona bene la
decima dopo la quale segua l’ottava; suona male nella replica se abbiamo
posto la terza davanti all’unisono; suona male porre le parti troppo lontane
l’una dall’altra; si deve prestare attenzione ad evitare il rapporto diretto tra mi
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1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
10. 9. 8. 7. 6. 5. 4. 3. 2. 1.
Dove, che in questo contrappunto non si devono usare due
terze, né due seste seguite una dopo l’altra.
Il contrappunto alla dodicesima242 consiste in dodici numeri:
e la, sia melodico sia armonico, perché nel rivolto diventeranno rispettiva-
mente si e fa; nella replica si ponga la parte più acuta sotto di una nona e la
parte grave sopra di una settima.
242 Il contrappunto alla dodicesima viene reputato il migliore: questo con-
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libitum. una cum missa ad organi sonum accomodata : Opus octavum, Roma, Giovan-
ni Angelo Muzio, 1675.
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Fel. – Quando vado per stare in una città, con tutto che non sia
di intera mia soddisfazione, nondimeno non mi piace il partir-
mene così subito, e perciò non si meravigli se per il corso non
interrotto d’anni sette mi sono trattenuto in Tivoli246: questa
lunga dimora è stata cagionata non solo per la vicinanza di
Roma, salubrità dell’aria, fertilità del territorio, vaghezza della
campagna particolarmente verso ponente, dove in aperta e
lunga pianura fa pomposa mostra della sua grandezza e magni-
ficenza la gran reggia del mondo, ma più d’ogni altra cosa, per
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RAGIONAMENTI MUSICALI
Gius. – Tivoli mi pare che sia città principale del Lazio e più
antica di Roma.
Gius. – Veramente non si trova mezzo più potente per salire alla
dignità e gradi più sovrani, che il rendersi esemplare nella bontà
della vita. Mi pare di vedere che il sole, a carriera battuta, sferzi i
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ANGELO BERARDI
Fel. – Lei dice bene, avviamoci che mi pare sia molto tardi.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
(cogliere fiori per farne antologie: che in senso proprio in greco significa
appunto ‘raccolta di fiori’) dagli autori classici con scopi di riuso retorico (per
impiegarli in un discorso) o pedagogico (nel lavoro del precettore, nella sua
institutio) tramonta, per lasciare spazio allo studio rigoroso e filologicamente
munito delle parti minime del discorso. Erasmo cataloga queste parti nella
lettera a lord Mountjoy, premessa alla edizione parigina dei primi Adagia
(Parigi, J. Philipp Alemannus, 1500, con 818 proverbi; 838 nella ristampa del
1505), e conferisce loro il valore di componenti in grado di connotare ogni
discorso e di trasmettere senso attraverso le epoche, come portatrici di valori
universali di tolleranza e di umana affabilità. Nel 1508, dopo nove mesi di
lavoro febbrile con l’aiuto e lo stimolo dei membri dell’Accademia Aldina,
uscì l’editio maior (la raccolta più ampia, con ben 3260 proverbi), stampata da
Aldo Manuzio, cui si deve il titolo definitivo: Adagiorum chiliades tres ac centu-
riae fere totidem (“Quasi tremiladucento proverbi”).
Il lavoro di Erasmo è una straordinaria archeologia dell’antico: ciascun
proverbio è riportato nella lingua d’origine (greca o latina: e al greco segue la
traduzione latina), ne sono discussi i vari sensi e interpretazioni, sono citati
gli autori che l’hanno impiegato. Alcune schede lievitano nelle varie edizioni
fino ad assumere l’aspetto di veri e propri trattatelli eruditi, che vanno oltre
la semplice illustrazione del detto e affrontano problemi di attualità, come
nel caso del proverbio numero 2201 (Sylenus Alcibiadis: “Il Sileno di Alcibia-
de”), che si trasforma in un pamphlet contro le degenerazioni della chiesa in
nome dello spiritualismo evangelico.
Erasmo per primo matura l’idea di una grande divulgazione della cultura
classica in forme pratiche e funzionali a beneficio indistintamente di ogni
persona letterata, anche estranea ai cenacoli degli eruditi protagonisti della
sua rinascita. È per questo che la presenza degli Adagia, accanto ai non meno
fortunati tardi Apophtegmata, nonostante l’immediata condanna ecclesiastica,
non poté essere sradicata dall’orizzonte culturale italiano.
- 139 -
ANGELO BERARDI
249 Ancora una citazione dagli Adagia erasmiani, riferita a Plauto: “vivere
per essere eseguite durante il banchetto, vuoi come sottofondo, vuoi come
intervallo tra i servizi. Per i conviti solenni, a cominciare dai pranzi di nozze,
la presenza di cantori e musici era quasi d’obbligo. In ambito profano, il vino
è la fonte stessa della festa e del divertimento, dispensatore di ebbrezza, di
brindisi cantati da allegre brigate, non manca mai sulle tavole dei signori ed è
dono di ambasciate. In Italia, del resto, si richiamano a questa tradizione il
Convito musicale di Orazio Vecchi (1597) e il Festino nella sera del giovedì grasso
avanti cena (1608) di Adriano Banchieri.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
252 Tito Livio, Storia di Roma, IX, 30: “In quel medesimo anno si verificò
un episodio di cui non parlerei perché privo di importanza, se non fosse che
sembrò toccare la sfera religiosa. I flautisti, indignati perché gli ultimi censori
avevano loro vietato di celebrare il tradizionale banchetto nel tempio di
Giove (usanza tramandata fin dai tempi antichi), si recarono in massa a
Tivoli, sicché a Roma non rimase nessuno in grado di accompagnare con la
musica i riti sacrificali. Il senato guardò alla cosa come a un’irregolarità di
natura religiosa, e inviò a Tivoli degli ambasciatori con il compito di fare
tutto il possibile per ricondurre a Roma i suonatori. I Tiburtini garantirono il
loro interessamento: in un primo tempo convocarono i flautisti nella curia e
li invitarono a rientrare a Roma; ma poi, vedendo che non riuscivano a
convincerli, li ingannarono ricorrendo a un espediente del tutto appropriato
alla natura di quelle persone. In un giorno di festa i cittadini, chi in un modo
chi in un altro, invitarono i flautisti nelle loro case con il pretesto di rallegrare
il banchetto con la musica, e li fecero bere - i flautisti sono solitamente
molto amanti del vino -, finché si addormentarono. Così, immersi nel sonno
com’erano, li misero su dei carri e li riportarono a Roma. I flautisti non si
accorsero di nulla, se non quando la luce del giorno li sorprese ancora in
preda ai fumi dell’ebbrezza, sui carri abbandonati nel Foro. L’afflusso di
popolo che ci fu li convinse a rimanere. Fu loro concesso di andare in giro
per la città, tre giorni all’anno, suonando ornati a festa, abbandonandosi a
quel tipo di baldoria che è in uso ancora oggi, e venne di nuovo assicurato il
diritto di celebrare il banchetto nel tempio di Giove a quanti accompagnava-
no i riti sacri con la musica”.
- 141 -
ANGELO BERARDI
gnamento nelle feste religiose. I Romani non ebbero uno stile musicale
proprio, ma seppero piuttosto adattare, fondere e sviluppare gli stili delle
diverse civiltà con le quali venivano a contatto. La musica venne utilizzata
anche per accompagnare le evoluzioni dei commedianti o per allietare i
sontuosi festini dei patrizi: purtroppo di tutte le melodie del teatro latino non
è rimasto nulla, né ci sono state tramandate indicazioni sul loro carattere:
solo Cicerone, a proposito della musica di Livio Andronico e Nevio, parla di
iucunda severitas, di un’austerità non priva di piacevolezza.
254 Gaio Svetonio Tranquillo, Vite dei Dodici Cesari, VI, “Nerone”, 23: “In
realtà non solo diede ordine di raggruppare in un solo anno quei concorsi
che avevano luogo in date differenti, facendone perfino ripetere alcuni, ma,
contrariamente alla consuetudine, ne organizzò uno di musica anche ad
Olimpia. E per non essere disturbato o distratto da qualcosa nel bel mezzo
di queste occupazioni, quando fu avvertito dal suo liberto Elio che gli affari
di Roma esigevano la sua presenza, gli rispose in questi termini: «Sebbene tu
sia dell’avviso ed esprima il desiderio che io mi affretti a tornare, tuttavia
avresti dovuto consigliarmi ed esortarmi a ritornare degno di Nerone.»
Quando cantava non era permesso uscire dal teatro, nemmeno per necessità.
E così, stando a quanto si dice, alcune donne partorirono durante lo spetta-
colo, e molti, stanchi di ascoltare e di applaudire, sapendo che le porte erano
sbarrate, saltarono furtivamente oltre il muro o si fecero portar fuori fingen-
dosi morti. D’altra parte è appena immaginabile con quanta ansia e con
quanta emozione gareggiasse, quale gelosia provasse per gli avversari, quale
timore mostrasse per i giudici. Si comportava nei confronti dei suoi avversari
come se fossero stati in tutto e per tutto suoi pari, li spiava, tendeva loro
- 142 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
in provincia di Enna. San Girolamo scrive che Diodoro fiorì nel 49 a.C. e
questa data pare confermata dalle stesse parole di Diodoro. Il più antico
tratto autobiografico che egli segnala nella sua opera è il suo viaggio in
Egitto durante la 180a Olimpiade (fra il 60 e il 56 a.C.). In quell’occasione
egli fu testimone della rabbia della gente che chiedeva la pena di morte per
un cittadino romano reo di aver ucciso accidentalmente un gatto, animale
sacro agli Egizi (Bibliotheca historica, 1, 41 e 1, 83). Il dato storico più recente
invece è la menzione della vendetta di Ottaviano sulla città di Tauromenium
(l’odierna Taormina), colpevole di avergli rifiutato l’aiuto che sarebbe stato
necessario ad evitare la disfatta sul mare attorno al 36 a.C. Poiché Diodoro
sembra non sapere che l’Egitto diventò una provincia dell’Impero romano -
il che avvenne nel 30 a.C. - è presumibile che egli pubblicò la sua opera
prima di quella data. La Bibliotheca historica si pone come una storia universale
dalle origini del mondo alle campagne di Cesare in Gallia e in Britannia. Era
composta da 40 libri, suddivisi successivamente in pentadi e decadi. L’opera
non si è conservata integralmente. A noi sono giunti completi i primi 5 libri
(sull’Egitto [libro I], sulla Mesopotamia, sull’India, sulla Scizia e sull’Arabia
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ANGELO BERARDI
degli egizi, con altre storie le quali, ben considerate, non appor-
tano alla musica biasimo alcuno.
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RAGIONAMENTI MUSICALI
258 Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, X, 5 (“Le specie del piacere e il loro
valore”): “Ma ciò può risultare ancor più manifesto dal fatto che i piaceri che
derivano da attività diverse sono d’ostacolo alle attività. Per esempio, quelli
che amano il flauto sono incapaci di concentrarsi nei ragionamenti, se
sentono qualcuno suonare il flauto, perché provano maggior piacere nell’arte
del flauto che nella loro presente attività; il piacere derivante dal suono del
flauto distrugge dunque l’attività relativa al ragionamento. Questo stesso
fatto succede anche negli altri casi, quando si esercita la propria attività in
relazione a due oggetti contemporaneamente, giacché l’attività più piacevole
scaccia l’altra, e ciò tanto più quanto maggiore è la differenza dal punto di
vista del piacere, cosicché non è più possibile esercitare neppure l’altra
attività”.
Cfr. anche John Case, Sphaera Civitatis, Oxford, 1588, VI. 7: “Quarto sic
disserit Aristoteles. Opus fistularis musices est servile et illiberale: ergo non
id genus musices est permittendum. Antecedens constat, quia fistularis
musica suscepta est lucri et mercedis causa. Ratio tenet, quia ea sola musica
est perdiscenda in placato statu reipublicae quae est tantum hominibus
liberis et ingenuis digna. Postremo a philosopho hoc modo concluditur.
Minerva fistulas a se repertas abiecisse dicitur, idque ob duas causas: primum
quia oris deformitate offensa erat; tum vel maxime quia hoc genus harmo-
niae nihil usus ad intelligentiam et mentem adfert: talis ergo musica in statu
florente civitatis non est exercenda. Sed attendendum hic est non solum
laboriosam musicam et fistularem hoc loco, sed etiam voluptuosam et nimis
exquisitam (quam mirabilem appellat Aristoteles) reiiciendam esse, maxime
vero si vel ad turpe lucrum, ut illa, vel ad luxum et voluptatem, ut haec nimis
delicatula referatur. Eo igitur accedunt omnia, eo inquam omnia, eo Aristo-
telis praecepta tendunt ut in musica (sive illa sit vocalis sive organica) solam
virtutis vocem audiamus, eiusque harmonica praecepta non tam voce canere
quam mente sapere perdiscamus”.
Trad.: “In quarto luogo, Aristotele definisce in questo modo: la musica per
fistula (antenato del flauto dolce) è servile e gretta, pertanto questo tipo di
musica non è permessa. Quella antecedente è più conveniente, dal momento
che la musica per flauto viene composta per il profitto e il compenso. Le
ragioni ci sono, perché in una condizione tranquilla dello stato, solo la
musica deve essere appresa poiché è degna degli uomini nati liberi. Infine, il
filosofo tira le conclusioni in tal senso. Si dice che Minerva abbia rigettato il
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ANGELO BERARDI
flauto (piffero) sebbene lei stessa lo avesse inventato, e questo per due
ragioni: la prima poiché era disgustata dalla deformità che assumeva il volto
nell’atto del suonare; la seconda, e più importante, perché il tipo di armonia
non contribuiva affatto al miglioramento della comprensione e
dell’intelligenza. Tuttavia, va rimarcato che in questo contesto non solo la
musica molto ricercata e quella per flauto erano da respingere, ma anche la
musica voluttuosa e eccessivamente elaborata (che Aristotele definisce
«sorprendente»), in particolar modo se riferita al facile guadagno, come la
prima, o alla dissolutezza e al piacere, come la seconda. Pertanto, tutti i
precetti di Aristotele tendono a questo fatto, che nella musica (sia vocale che
strumentale) dobbiamo solo udire la voce della virtù e apprendere non a
cantare i suoi armoniosi precetti con la nostra voce, ma a conservarli nella
nostra mente”.
- 146 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
speculativo e pratico.
262 Lettere Cattoliche, Giacomo (3:6): “Anche la lingua è un fuoco”.
263 “La tragga lei stesso”.
- 147 -
ANGELO BERARDI
tra il VII e il VI secolo a.C. Ateniese di nobile famiglia, dopo essersi dato in
gioventù ai commerci, si dedicò tutta la vita alla politica. Fu considerato dagli
antichi uno dei ‘Sette Savi’. La sua poesia risente spesso del suo impegno
politico. Il suo operato ad Atene, in quanto legislatore o “arbitro della
costituzione”, come lo definisce Aristotele , è articolato in tre punti principa-
li: l’abolizione della schiavitù per debiti; la riforma timocratica o censitaria e
la riforma del sistema attico di pesi e misure, che passò dal sistema eginetico
a quello ionico-attico. All’arrivo di Pisistrato sulla scena politica ateniese si
ritirò in esilio volontario.
266 La citazione è tratta dalle Vita di Solone di Plutarco. Tra le Vite Parallele
di Plutarco, quella di Solone è una di quelle che rievocano con più intensità
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RAGIONAMENTI MUSICALI
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ANGELO BERARDI
Gius. – Devo passare per quella strada, per essere nel palazzo
dell’eminentissimo padrone a servire il sig. abate Sampietri269.
268 Il canto del coro della Cappella Sistina viene associato al coro angeli-
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RAGIONAMENTI MUSICALI
270 Il vizio viene paragonato a Cerbero, il cane dalle tre teste posto a
guardia sulle rive dello Stige, la cui caratteristica specifica è una fame mai
soddisfatta. Durante il Medioevo nella figura di Cerbero erano confluiti i
simboli dell’ingordigia e della voracità, e quello dell’odio e della discordia
intestina.
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ANGELO BERARDI
271 Libro dei Salmi, (118:54): “Sono canti per me i tuoi precetti, nella terra
decreti”.
273 Libri Profetici, Isaia (38:15): “Il sonno si è allontanato da me per
ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”.
275 Libro dei Salmi, (118:135): “Fa’ risplendere il volto sul tuo servo e inse-
Sion!”.
277 Libro dei Salmi, (68:31): “Loderò il nome di Dio con il canto, lo esalte-
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RAGIONAMENTI MUSICALI
278 Libro della Sapienza, (5:7): “Ci siamo saziati nelle vie del male e della
perdizione”.
279 Libro della Sapienza, (5:6,13): “Né mai per noi si è alzato il sole (v. 6),
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ANGELO BERARDI
284 “O beato colui, che morente e a conclusione della vita, lascia nelle o-
recchie dei posteri il suono della modestia e della virtù, beato, chi viene
liberato dalle catene e dalla prigione della massa corporea, e in eterno ascolta
in quel tempio l’armonia delle sette sfere in un soavissimo concerto per le
orecchie umane e raggiunge la conoscenza”.
Berardi cita i versi di Vario e di Varrone Atacino nel capitolo “De strophe et
antistrophe et epodo” del primo libro dell’Ars grammatica, a conforto della
tradizione che fa derivare il canto corale sacro dall’imitazione umana dell’armonia
prodotta dal moto celeste. Nei versi dell’Atacino un soggetto non identificabile
avverte l’armonia astrale del cosmo, suddiviso in sette sfere, che ruota attorno
all’asse celeste, mentre Febo cerca di riprodurla sulla lira. Gli studiosi hanno
posto il frammento in relazione con altre opere, precedenti a Varrone, in cui è
trattata sia la dottrina dell’armonia delle sfere celesti, di origine pitagorica (a
parere di Giambico, Pitagora era in grado di udire l’armonia degli astri come in
stato di trance. Secondo la teoria pitagorica, la stoffa dell’universo era composta
di ritmi, numeri e proporzioni; e considerando che gli intervalli musicali quali
l’ottava, la quinta, la terza si potevano ottenere facendo vibrare corde le cui
lunghezze erano frazioni intere della lunghezza della nota fondamentale, lo
stesso si poteva dire per il cosmo come sistema armonico, i cui sette ‘pianeti’
conosciuti - sole, luna e i cinque pianeti visibili - potevano essere messi in
corrispondenza con le sette note naturali.), secondo la quale le sfere concentriche
rotanti intorno alla terra emettono ciascuna una nota di diversa intensità, sia
(come nel fr. 13 di Varrone) quella delle cinque zone climatiche della terra. Le
opere in questione sono l’Hermes di Eratostene (frr. 13, 15 e 16) e il Somnium
Scipionis di Cicerone (a Scipione Aureliano fa ascoltare, durante il sonno, la
medesima musica, e che gli fa chiedere, stupito: “Ma che suono è questo, così
intenso e armonioso, che riempie le mie orecchie?”. “È il suono”, rispose, “che
sull’accordo di intervalli regolari, eppure distinti da una razionale proporzione,
risulta dalla spinta e dal movimento delle orbite stesse e, equilibrando i toni acuti
con i gravi, crea accordi uniformemente variati; del resto, movimenti così
grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio e la natura richiede che le due
estremità risuonino, di toni gravi l’una, acuti l’altra”), che gli studiosi hanno
individuato di volta in volta come modelli dell’Atacino.
- 154 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
A
s. Agostino
s. Ambrogio
Aristotele (speculativa)
Aristide Quintiliano (speculativa)
Aulo Gellio (speculativa)
Alipio introd. de Mus. (speculativa)
Andrea Ornito
Angelo Poliziano
Anselmo da Parma
Adriano Petit
Adriano Banchieri (pratica)
p. Angelo Costera (pratica)
Alemanno Benegli (pratica)
Aristosseno (speculativa)
Apuleio (speculativa)
Andrea Fabio Stap.
Antimo Liberati, musico della cappella pontificia (pratica)
fr. Alberto Veneziano, dell’Ordine de’ Predicatori
Amonio Filosofo (speculativa)
Aurelio Cassiodoro
don Andrea Matteo Acquaviva, duca d’Atri
Andrea Papio gandavense
p. Athanasius Kircher (speculativa)
- 155 -
ANGELO BERARDI
B
Beda (speculative)
s. Bernardo
Berno Abate
Bizcargni
Beccieo
padre abate d. Benedetto Stella
fr. Bonaventura da Brescia
Biagio Rossetti can. piano
Bartolomeo Ramis
Balthasar Ruiz
Benedetto Bicorio
Bac Trappa numeniano
Boezio (speculativa)
l’eminentissimo Bona
C
Censorino
Cirvelo
Cristoforo de Regina
Chiron
monsignor Carlo Pellegrini
D
Diruta, nel Transilvano
Deodato, teologo (speculativa)
Diomede (speculativa)
Didimo, musico pitagorico (speculativa)
- 156 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
E
Erasmo Lapicida
Erigo Purano (speculativa)
Emmanuel Brenio (speculativa)
Euclide, Introduzione della Musica (speculativa)
F
Franchino Gaffurio (pratica)
Fior Angelico
Francione
Francesco Maurolicio abate
Francesco Tobar
p. Francisco Lervera valenziano
Francesco Salina (speculativa)
G
Gregorio Magno papa
Guido Aretino, monaco benedettino
Galerano, sopra i tuoni
Giorgio Vaglia piacentino
Guglielmo de Podiis
Guglielmo de Mascardio
Gregorio Ravennate
Gaudenzio, nella sua Istruzione Armonica
Gonzalo Martinez
Giovanni XXII papa
fr. Giovanni Bermudo
Giovanni Spadario, bolognese
fr. Giovanni Othosio, carmelitano
- 157 -
ANGELO BERARDI
Giovanni Scrivano
Giovanni Spinosa
Giovanni, cartusiense
Johannes de Muris, parigino (speculativa)
Johannes Tinctoris
Giovanni de Pena, francese
Giovanni Maria Artusi (pratica)
Giovanni Maria Lanfranco
Giovanni Martino
Giulio Poluce
Fr. Giovanni d’Avella (pratica)
Gioseffo Zarlino (speculativa e pratica)
Giovanni Andrea Scerbst. (pratica)
Giovanni Maria Bononcini, modenese (pratica)
Johann Heinrich Alstedt (pratica)
H
Hermann Finck (pratica)
[H]Enrico Barisonio
I
Illuminato Aquino, da Brescia
s. Isidoro
L
Lucebella Lampadio lucembur.
Lodovico Celio Richiedo (Celio Rodigino)
Lodovico Fogliari, da Modena (speculativa)
Lodovico Zacconi, da Pesaro agostiniano
- 158 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
M
Macrobio, filosofo (speculativa), In somnius Scipionis
Marsilio Ficino
Marco Tullio Cicerone (speculativa)
Margarita Filosofica
Marziano Capella
Marchetto da Padova
Michele Martino
Melchior Torres
p. Marin Mersenne, dell’ordine dei Minimi (speculativa)
Marco Scacchi, in diverse opere (pratica)
N
Nicola Bolicio, baorducense
d. Nicola Vicentino (pratica)
Nicola Burcio, da Parma
O
Ottomano Luscino d’Argenta. La Musurgia
Orazio Zigrini (pratica)
Orazio Scaletta
P
Pietro di Lodola
Pietro Aron
Pietro Ponzio da Parma
- 159 -
ANGELO BERARDI
R
Razzon, Musico prattico
Recaneto
Rubineto
Rocco Rodio (pratico)
S
Sebaldo Neiden
Scipione Cereto da Napoli (pratico)
Setho Calvisio (pratico)
Silverio Picerli (pratico)
T
Tolomeo Filadelfo, degli Armonici
Tarazzona
Fr. Tommaso di S. Maria, dell’ord. di s. Domenico
V
fr. Ventura Volaterano
Vincenzo Lusitano
Vincenzo Galilei
Villafranca
- 160 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
INDICE
delle cose più notabili
A
Accidenti musicali nell’aria pag. 104
sulla terra 112
Amore più potente fra le passioni 9
è il solo frutto dell’amicizia 11
è padre della musica 65
Amicizia, e suoi atti 10
Ambasciatori barbari con strumenti musicali in mano 81
Anticamente era biasimato chi non era versato nello
studio della musica 58
Animali innamorati dell’armonia 61
Animali sociali 103
Apollo con le Muse placa gli dei 81
Armonia fra le sfere celesti 23
perché non sia goduta da noi 25
Armonia negli elementi 107
Arti liberali, quante e quali siano 15
Autori che hanno scritto della musica 155
B
Beda favorevole alla speculativa 15
- 161 -
ANGELO BERARDI
C
Cavalieri, che si dilettano nella musica 71
Canto, che cosa sia 79
Che decoro e nobiltà riceva la musica essendo
enumerata fra le arti liberali 17
Chirone guariva con la musica molte infermità 76
Complimenti superflui nella vera amicizia 11
Corda, e suo significato 37
Considerazione della musica inferiore giovevole all’anima 115
Contrappunto all’8., 10. e 12. con le sue regole 130
D
Definizione della musica 13
Descrizione della musica 60
Divisione della musica 21
Diversità degli stili usati nella musica 118
E
Effetti della musica 73
Elementi fanno l’ufficio delle quattro parti 110
F
Felicità non si trova nei beni esteriori 32
si trova solo nella virtù 33
- 162 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
G
Gelimero, re dei Vandali 77
Giulio da Montana 84
Guido monaco aretino, inventore delle sillabe
Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La 51
Grammatico senza musica 94
S. Gregorio Magno e il Venerabile Beda si ricreavano
nella musica nell’età decrepita 96
H
[H]Uomo virtuoso qual sia 32
[H]Uomo animale sociale più di ogni altro 103
I
Il cammino è lungo e il tempo è breve per
l’acquisto della virtù 57
Imperatori dediti alla musica 70
Inventore del violino 36
Il sapere e l’intendere convengono solo all’uomo 12
[In]Strumenti musicali sono di tre tipi 35
- 163 -
ANGELO BERARDI
L
Leggi della beneficenza 11
Lingua posta dagli egizi sotto le mani 125
Lira eretta per corpo d’impresa 51
Logica moralmente necessaria per l’acquisto delle scienze 92
M
Marcello primo, che fu martire, era musico 66
Mano, e suoi pregi 125
Medico senza musica 94
Messe a cappella, come devono essere effettuate 127
Mondo elementare vien chiamato organo
da Dorlao pitagorico 115
Mondo sublunare cammina con regola musicale 111
Musica è scienza 18
sua denominazione 19
Musica umana 30
Musica [in]strumentale qual sia 34
Musica sommersa per l’inondazione del diluvio,
e dopo da chi fu ritrovata 49
Musica introdotta nei sacri tempi 71
regolatrice delle passioni 79
addolcisce gli animi adirati 83
ha forza di muovere gli affetti 84
oggi in maggior perfezione 85
necessaria ad ogni stato e grado di perfezione 95
- 164 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
N
Nabla, che [in]strumento sia 47
Nell’armonia delle sfere si trova il grave ed acuto 26
Nel picciol mondo, che è l’uomo, si trova quanto
s’accoglie nel mondo superiore 114
Nella cappella pontificia non si costuma di
suonare l’organo e perché 149
Nobiltà umana della musica 65
Numero quaternario abbraccia e genera
tutte le consonanze 108
O
Ogni voce è suono, ma non ogni suono è voce 34
Opinione circa gli inventori della musica 44
P
Palestrina difende la musica 69
Papi amatori della musica 69
Parasio e Nicia pittori eccellenti 77
Perché si deve imparare la musica 89
Profeti ricevono maggiormente il dono della profezia
al suono di qualche [in]strumento musicale 82
Q
Qualità che deve avere il corpo per rendere il suono 34
- 165 -
ANGELO BERARDI
R
Re che hanno dato opera alla musica 70
Rimedi per la lingua maldicente 148
S
Saffo Erista poetessa inventò l’arco con i crini di cavallo 36
Salomone fu peritissimo nella musica 72
Santi, che hanno illustrata la musica 69
Se nella musica sia più nobile la speculativa o la pratica 14
Se i cieli siano di materia fluida o solida 23
Socrate impara la musica nell’età cadente 93
Silla si ricrea col canto 78
Stile teatrale e suoi avvertimenti 123
Stile romano abbracciato da tutto il mondo 129
T
Tigre nemica della musica 63
Tivoli città principale del Lazio 137
Tubal primo e vero inventore della musica 45
- 166 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
U
[V]Uno è il concetto del mondo 104
[V]Uso degli [in]strumenti biasimato da alcuni santi padri 37
approvato dagli altri 42
V
Vari detti e storie contro la musica, e sue risposte 138
Virtù infinitamente desiderabile 57
- 167 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., Segno senso suono sacro, a cura di R. Giugni, Roma, I libri
di Zerynthia, 1997;
- 169 -
ANGELO BERARDI
- 170 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
- 171 -
ANGELO BERARDI
- 172 -
RAGIONAMENTI MUSICALI
INDICE GENERALE
Nota al testo “ IX
Ragionamenti Musicali
Dedica di Giuseppe Orsolini
a Carlo Antonio Sampieri “ 1
DIALOGO PRIMO
Della definizione, divisione e origine della musica “ 7
DIALOGO SECONDO
Della nobiltà della musica, suoi effetti
e perché si deve imparare “ 55
DIALOGO TERZO
Dell’armonia mondiale, della diversità degli stili
e contrappunti, con la risposta ad alcune
opposizioni contro la musica “ 101
Bibliografia “ 169
- 173 -