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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

CAPITOLO 6

UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Rivelato come sia possibile comporre canoni di qualsiasi tipo attraverso la Tabula mirifica, è
ora il momento di provare a ricostruire la storia di uno strumento tecnico così interessante per
funzionalità pratiche e rappresentazione grafica. Identificare l’autore originale della Tabula
mirifica o il momento esatto della sua formulazione non è possibile, nonostante la paternità sia
attribuita, di volta in volta, a Kircher e a Picerli: che Kircher non sia il padre della Tabula è ovvio,
essendo l’opera di Picerli antecedente di vent’anni a quella del gesuita tedesco, ma affermare che
essa sia stata ideata dal teorico di Rieti è altrettanto problematico, come più avanti si dirà. Legarla
ad un determinato periodo storico o stilistico, inoltre, significherebbe limitare l’universalità tecnica
e simbolica che la caratterizza: come visto, la Tabula mirifica è la razionalizzazione di tutti i
movimenti contrappunstici, melodici, armonici, e delle trasposizioni possibili per le sette note di
una scala; nel corso dei secoli e dell’evoluzione della musica contrappuntistica occidentale (modale
e tonale) gli stili sono certamente mutati ma, essendo questa moltitudine di linguaggi basata sui
concetti non poi così variabili di consonanza, dissonanza, imitazione e trasposizione, i poteri della
Tabula risulterebbero validi all’interno di qualsiasi stile contrappuntistico siano essi calati. Di
conseguenza tracciare una storia della Tabula mirifica e dei contesti tecnici, filosofici e culturali
di cui è prodotto significa certamente indagare le figure dei due teorici che l’hanno per primi
pubblicata, ma soprattutto accogliere le innumerevoli suggestioni generate dall’accostamento ai
grandi temi della teoria e pratica musicali quali, per esempio, l’arte combinatoria (preminentemente
“alta” e di lulliana memoria per Kircher, pratica per Picerli), l’arte della memoria (con i suoi
particolari ausili grafici), l’arte della trasposizione e della didattica compositiva (nelle sue
specificità temporali e territoriali), etc.

Riguardo ai due teorici che hanno pubblicato la Tabula mirifica, il gesuita Athanasius
Kircher e il francescano Silverio Picerli, ci si trova di fronte ad uno sbilanciamento di fama e notizie
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

di particolare rilievo: famoso in vita e riscoperto oggi il primo (tanto da essere definito, in un ritratto
biografico a lui dedicato, the last man who knew everything 1), teorico per diletto e dalle
vicende biografiche fino a poco tempo fa completamente oscure il secondo.2 La presenza della
Tabula mirifica nelle opere di due figure così diverse non solo per fama ed interessi, ma anche
per approccio alla teoria e alla didattica musicali, genera domande specifiche riguardo alla sua
origine: poiché la pubblicazione di Kircher è del 1650 e quella di Picerli del 1631, si può dimostrare
che il primo abbia conosciuto la Tabula solamente attraverso l’opera del secondo? Se sì, è
possibile affermare che Kircher conoscesse comunque applicazioni ulteriori della Tabula
mirifica, al di là di quelle rivelate da Picerli? Soprattutto, si può affermare con certezza che Picerli
sia l’autore originale della Tabula mirifica? Quest’ultima domanda non è oziosa: siamo certi che
i compositori antecedenti al XVII secolo, fino ai franco-fiamminghi, fossero in possesso ed
utilizzassero ausili compositivi magari simili alla Tabula mirifica; dimostrare che quest’ultima
non sia opera originale di Picerli renderebbe possibile, a livello teorico, che la Tabula stessa, nella
sua forma specifica, fosse proprio uno di tali strumenti.

Riguardo all’utilizzo da parte dei fiamminghi di tabulae compositoriae affini a quella


mirifica, in particolare, si è a volte citato un passo del teorico tedesco A. Lampadius, autore del
breve Compendium musices (1537)3:

[Studente:] De tabulam compositoriam, quam veteres illi Musici usurparunt?

[Lampadius:] Tabulam  qua   usus   Iosquinus   &  Isaac  &   reliqui   eruditissimi,   nemo   verbis

neque exemplis tradere potest.4

Potrebbe, in linea teorica, essere proprio la Tabula mirifica quello strumento così speciale, il
cui uso “non può insegnarsi né con le parole né con gli esempi”, utilizzato dai fiamminghi Josquin
Desprez e Isaac e dagli “altri eruditissimi musicisti” vissuti oltre un secolo prima della
pubblicazione dello Specchio secondo di Picerli? Questa è l’interpretazione data da Roberto
Ciafrei:

1 Come da titolo della biografia a cura di P. FINDLEN, Athanasius Kircher: The Last Man who Knew
Everything”, New York-London, Routledge, 2004.
2 Cfr. O. BERETTA, introduzione a S. PICERLI, Specchi di Musica, Libreria musicale italiana, Lucca, 2008.
3 LAMPADIUS, Compendium musices, tam figurati quam plani cantus ad formam Dialogi, Bern,
1537.
4 Ivi, p. 48.
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Poc’anzi si è accennato come lo sviluppo del contrappunto si sia affermato anche come
logica compositiva. [...] Questa dimensione ci fa intuire come nella composizione
musicale ci si aiutasse con qualche nesso, con qualche rimando logico astratto che riuscisse
a determinare alcune certezze a priori. [...] Ad esempio, sembra che alcuni di questi mezzi
siano stati delle cosiddette tabulae. Questo termine, se pur con una gran genericità di
significato, indica un mezzo compositivo che spazia da mero prospetto delle suddivisioni
dei tempi a griglia astratta, ma funzionale, per la composizione di contrappunti semplici,
doppi e altre tecniche specifiche. [...] Notizie di queste tabulae appaiono sia in trattati del
Rinascimento, sia in modo anche un poco oscuro in libri del ‘600. Ma indizi sul mistero in
alcune espressioni in libri musicali erano apparsi già precedentemente. A tal proposito
sembra interessante riportare alcune affermazioni di un piccolo trattato del 1537, di
Listenius, teorico tedesco di cui si hanno poche notizie biografiche, autore di un
Compendium musicae. Vorrebbe affermare che lo strumento compositivo (tabula)
“utilizzato da Josquin Desprez e da Isaac e dagli altri eruditissimi musicisti, nessuno può
insegnarlo con parole né con esempi.” Rimane il dubbio del perché nessuno fosse in grado
di poterlo insegnare, oppure la frase si può interpretare - ultimo sospetto - perché nessuno
dovesse insegnarlo?5

Al di là dello scambio di persona tra Lampadius, vero autore del passo sopra citato, e Listenius,
teorico coevo, tale tesi rientra tra quelle discusse da Owens, 6 che in ogni caso ritiene il testo in
questione di difficile interpretazione e traduzione. In effetti, come nota Wexler, 7 Lampadius con il
termine tabula potrebbe star parlando semplicemente di partiture, magari intagliate su superfici di
legno, utilizzate da Josquin, Isaac, etc. per scrivere le parti dei loro contrappunti. 8 Interpretazione,
questa, che a detta dello stesso Wexler non escluderebbe a priori un doppio significato del termine
tabula sia come supporto fisico sia come ausilio compositivo:

5 R. CIAFREI, Simbolismi, misticismo e musica nel medioevo, studio non pubblicato, consultabile
all’indirizzo https://www.yumpu.com/it/document/read/15965841/simbolismo-misticismo-e-musica-nel-
medioevo-corpo-bandistico-/32, consultato l’ultima volta il: 8/02/2019, pp. 29 - 30.
6 Cfr. J. A. OWENS, The Milan Partbooks. Evidence of Cipriano de Rore’s Compositional
Process, in “Journal of the American Musicological Society”, XXXVII, 1984, pp. 295 - 296.
7 Cfr. R. WEXLER, Simultaneous Conception, in Antoine Busnoys: Method, Meaning, and Context
in Late Medieval Music, a cura di P. Higgins, Oxford, Calrendon Press, pp. 393 -394.
8 In effetti, il passo di Lampadius prosegue così: “Eius ratio est, que veteres illi, tabulis ligneis vel
lapideis non contenti fuerunt, non qui iis non usi fuerint, verum magis se ad Theoricam
quam ad practicam applicarunt, quare qui hanc artem ignorant, nihil certi component, sed
plane operam luserint.”
A. LAMPADIUS, Compendium musices, op. cit., p. 48.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Lampadius may be saying that Josquin and Isaac employed scores of a type similar to the
woodcut of a score (in the modern sense) he provides by way of illustration. Or he may be
saying only that they used tabulae compositoriae, wich might or might not be the

same thing.9

Data l’impossibilità di sciogliere in maniera definitiva questi dilemmi, resta l’ingresso in un

universo musicale lontano e particolare nel suo approccio tecnico, logico, simbolico e filosofico alla

composizione. Restituire la Tabula mirifica al tempo della sua pubblicazione, attraverso


un’indagine della figura di Kircher e soprattutto di Picerli, ci aiuterà a generare quella serie di
suggestioni di cui prima si è detto.

6.1 La Tabula mirifica in Athanasius Kircher e Silverio Picerli.

La figura di Kircher (1601 - 1680) è stata grandemente studiata, così come molto si è scritto
riguardo al suo essere homo universalis, interessato ed “esperto” in qualsiasi settore, in un
momento storico in cui invece iniziava “a delinearsi il processo di demarcazione tra le scienze - il
cui campo di azione si riduce all’indagine del mondo oggettivo e materiale, scandito da leggi
quantificabili e ‘certe’ - e le arti, che partecipano del mondo spirituale, dominio del qualitativo e
dell’inquantificabile non soggetto alle leggi stringenti della logica e della razionalità.” 10 D’altronde
quella di Kircher fu una figura di spicco per l’epoca: tra i suoi contatti epistolari, destinatari di oltre
duemila lettere,11 figurano papi (Papa Chigi e Clemente IX Rospigliosi), imperatori (Ferdinando III
9 Cfr. R. WEXLER, Simultaneous Conception, op. cit., pp. 393 - 394.
10 M. CASCIATO, M. G. IANNIELLO, M. VITALE, a cura di, Enciclopedismo in Roma barocca,
Venezia, Marsilio Editori, 1986, p. 7.
11 Il carteggio della Pontificia Università Gregoriana di Roma comprende 2.623 documenti in quattordici volumi.
Come studiato da C. Annibaldi e M. T. Cinque, “Per lo più si tratta di lettere che Kircher ricevette negli anni
romani (1630-1680), ma vi sono anche sue carte autografe, alcune delle quali musicali, e un certo numero di
lettere intercorse fra terze persone in relazione alla sua opera teorica. Il carteggio comprende scritti in 21 lingue
diverse (in latino per lo più, ma ve ne sono alcune in caratteri cuneiformi e geroglifici) che provengono da 336
località appartenenti a circa 42 Stati dell’attuale panorama geopolitico, e spaziano da puntuali questioni
scientifiche agli argomenti più disparati: il passaggio di una cometa, la composizione di un rimedio contro il
catarro auricolare, il significato di un’antica epigrafe, la trascrizione di una tarantella, la produzione di una lega
d’argento resistente al martello e al fuoco. Va però detto che più della metà sono lettere di corrispondenti
occasionali, rivoltisi a Kircher come a una sorta di “accessible enquiry office.”
C. ANNIBALDI, M. T. CINQUE, Fortune e sfortune della “Musurgia Universalis”, cit., p. 38.
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e Leopoldo I), principi (il granduca di Toscana e il duca di Mantova), e regine (Cristina di Svezia).
Numerosi tra i corrispondenti sono poi i padri gesuiti, ordine di cui frequentò il collegio nel 1614 a
Fulda, città tedesca vicina alla natia Geisa, e che lo istruì in molti dei rami del sapere oggetto delle
sue opere: a Fulda studiò latino, greco, ebraico e matematica; a Padeborn tra il 1618 e il 1620
proseguì la formazione in noviziato; nel 1624 tornò in collegio per studiare teologia. Per ragioni
professionali e contingenti dovute alla Guerra dei trent’anni passò dalla Germania alla Francia e nel
1933 giunse a Roma, dove rimase a lavorare nel collegio dei gesuiti che gli assicurarono il sostegno
tecnico e finanziario di cui aveva bisogno. Qui nel 1651 fondò il Museo del Collegio Romano, nato
come espressione concreta di quell’enciclopedismo permeante il suo approccio al sapere.
Contenendo opere d’arte e strumenti scientifici e curiosità, il museo è stato identificato come
simbolo reale di una volontà di conoscenza universale: “All’epoca di Kircher il museo è una grande
enciclopedia illustrata, un catalogo che, nella sua organizzazione e disposizione, diventa una vera e
propria raffigurazione simbolica del Microcosmo, mentre nella sua decorazione pittorica allude al
Macrocosmo.”12

A partire dalla prima opera sul magnetismo (Ars magnesia, 1631), Kircher scrisse e
pubblicò su molti argomenti differenti (ottica, geologia, matematica, egittologia, lingue orientali,
musica etc.), formulando teorie originali riguardo, per esempio, al significato e alla traduzione dei
geroglifici (disciplina di cui è considerato il fondatore 13), alla costituzione del sole e al magnetismo
terrestre, ai fossili, alla generazione spontanea di vita da sostanze non viventi, etc.

L’approccio al sapere di Kircher scaturisce da una moltitudine di influenze, filosofie e culture,


combinatesi in un tempo (l’alba e la prima fase della rivoluzione scientifica) e in un’intelligenza
particolare (quella del gesuita), il cui risultato è una miriade di opere, teorie ed invenzioni che, se
non osservate dalla giusta prospettiva, potrebbero essere sminuite nella loro complessità e
soprattutto nel loro significato filosofico. D’altra parte, per esempio, le teorie di Kircher riguardo al
significato dei geroglifici sono state completamente smentite dal “vero” padre dell’egittologia, J. F.
Champollion; le sue teorie sui fossili e sull’origine delle rocce risultano errate perché basate su
un’ipotetica vis lapidifica, una forza che “lega gli elementi insieme, gli dà forza e forme
differenti attraverso uno spiritus architectonicus o plasticus [...]”.14 Ancora, l’anno in cui
Kircher arriva a Roma (1933) è l’anno del processo a Galilei, contro cui si scaglia proprio l’ordine
dei gesuiti per la teoria della rotazione della Terra intorno al Sole, tesi che ovviamente lo stesso

12 M. CASCIATO, M. G. IANNIELLO, M. VITALE, a cura di, Enciclopedismo in Roma barocca, op.


cit., p. 8.
13 Cfr. S. DONADONI, I geroglifici di Athanasius Kircher, in “Athanasius Kircher. il museo del mondo”,
a cura di E. LO SARDO, Roma, De Luca, 2001.
14 Cito da S. J. GOULD, Father Athanasius on the Isthmus of a Middle State, in The Last Man
who Knew Everything, a cura di P. FINDLEN, o. cit., p. 211.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Kircher non può accettare e a cui preferisce una teoria originale, icona della sua mentalità: egli
riprende gli studi del medico inglese William Gilbert, secondo cui la Terra sarebbe un magnete
trascinato dal campo magnetico associato al sole, 15 e li ribalta, affermando come la Terra sia
immobile proprio perché i poli magnetici terrestri sarebbero attratti da due poli magnetici celesti. 16
Questa tesi gli permette di rimanere fedele ai precetti astronomici cristiani e, al contempo, di
formulare teorie scientifiche dal forte sapore alchemico: secondo Kircher, il campo magnetico
celeste in cui sarebbe immersa la Terra ne condizionerebbe l’intero aspetto biologico e sarebbe per
tale effetto che, per esempio, le piante crescono verso il cielo e cambiano direzione con il Sole,
mentre le radici spingono in direzione opposta.17 D’altronde fiero sostenitore della teoria magnetica
fu il confratello Niccolò Cabeo, autore di una Philosophia magnetica18 e fautore dell’alchimia
come scienza e philosophia chimica.

Per i motivi sopra esposti, lo studio dell’opera di Kircher ha prodotto giudizi negativi finché
basato su un’ottica illuminista e scientifica in senso moderno, 19 ma ha iniziato ad operarne una
completa rivalutazione quando, in seguito al revival kircheriano avviato negli anni ’80, si sono
restituiti il gesuita e i sui scritti alle filosofie che l’hanno formato: la combinatoria di Lullo; la
tradizione ermetica; la cabala; la scienza naturale come alchimia; la concezione escatologica
cristiana della realtà, della natura, delle scienze e del sapere; la scienza come invenzione retorica; 20
in definitiva “un modello cosmico armonico a forte risonanza simbolica, in cui neoplatonismo,
ermetismo e pitagorismo sono posti al servizio della religione cristiana.”21

Combinando tutti questi elementi riacquistano valore anche le teorie precedentemente esposte e
scientificamente errate. Un esempio fra tanti la sua interpretazione dei geroglifici come simboli
multi-significato dettati dal Dio cristiano, in cui l’escatologia cristiana, la tradizione ermetica e la
ricerca scientifica si fondono in un concetto di simbolo dall’origine chiaramente medievale:

15 Cfr. W. GILBERT, De magnete, magneticisque corporibus et de magno magnete tellure


Physiologia nova, Londra, Peter Short, 1600.
16 Cfr. R. BUONANNO, La fine dei cieli di cristallo, Berlino Speringer, 2011, p. 14.
17 Cfr. ibid.
18 N. CABEO, Philosophia magnetica, in qua magnetis natura penitus explicatur, et omnium
quae hoc lapide cernuntur, causae propriae afferuntur, Ferrara, Francesco Suzzi, 1629.
19 Cfr. S. CORRADINO, Kircher e Ramus, in “Enciclopedismo in Roma barocca”, a cura di M. CASCIATO,
M. G. IANNIELLO, M. VITALE, op. cit., p. 46.
20 Cfr. ibid.
21 M. CASCIATO, M. G. IANNIELLO, M. VITALE, a cura di, Enciclopedismo in Roma barocca, op.
cit., p. 9.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

[...] il Kircher non mostra il minimo dubbio sul fatto che Trismegisto abbia inventato i
geroglifici, e dobbiamo dire che, secondo la critica moderna, quasi tutto ciò che l’erudito
gesuita ha scritto intorno ai segni geroglifici era sbagliato. Ci domandiamo: “in che cosa
consiste il fondamento del fascino che gli scritti kircheriani non soltanto hanno esercitato
sui suoi contemporanei, ma continuano ad esercitare ancora oggi?” Forse il concetto di
simbolo ci può servire da chiave [...]. Il simbolo non è nient’altro, dice il Kircher nella sua
opera da noi presa in esame [Obelisci Aegyptiaci, 1666], che un segno che accenna a
qualche mistero più nascosto. Caratteristica del simbolo, egli prosegue, è quella di condurre
la nostra mente, attraverso una certa somiglianza, a capire qualche cosa di molto diverso da
ciò che viene offerto ai sensi e che è nascosto e coperto da un detto oscuro. Così qualche
cosa viene spiegato con ulteriori parole, qualche cosa no, come ha fatto Pitagora e come ha
mostrato lo stesso Signore Gesù con le sue parabole. Il significato dei simboli, dei detti
oscuri ed abbreviati, non è da rivelare se non ai soli sapienti. 22

L’ultima annotazione, ovvero che per Kircher il significato dei simboli “non è da rivelare se
non ai soli sapienti”, evidente emanazione dell’approccio alchemico alla conoscenza, ci comincia ad
avvicinare alla sua opera a tema musicale, quella Musurgia Universalis in cui è contenuta la
Tabula mirifica: citando l’arca musurgica, uno strumento di composizione automatica in
grado di realizzare pezzi “in cinque stili diversi”, Kircher si riserva di fornire ulteriori spiegazioni
“soli Principibus & benemeritis amicis,”23 nonostante le numerose sollecitazioni ricevute
privatamente dai suoi corrispondenti.24

Oltre al concetto di simbolo, a fondamento dell’opera kircheriana c’è un altro elemento


imprescindibile: la fiducia nell’ars combinatoria quale strumento indispensabile per capire la
realtà e trascendere la conoscenza verso il divino. A tal proposito, è stato notato come sia stata
proprio la mentalità combinatoria a permettere a Kircher di stupire i suoi contemporanei con delle
scoperte, delle invenzioni e delle previsioni in grado di accrescerne la fama di uomo straordinario.
Ad esempio, si è detto di come le teorie di Kircher riguardo il significato dei geroglifici siano
fondamentalmente errate, ed è per questo che il seguente avvenimento riportato dal suo allievo
Giuseppe Petrucci risulta ancora più sorprendente:

22 H. PFEIFFER, Il concetto di simbolo nell’”Obeliscus Alexandrinus”, in Enciclopedismo in


Roma barocca, cit., p. 41.
23 A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., tomo II, p. 184.
24 Cfr. C. ANNIBALDI, M. T. CINQUE, Fortune e sfortune della ‘Musurgia Universalis’, op. cit., pp.
45 - 46.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Mentre si scavava nel terreno dei RR. PP. della Minerva fu trovato un obelisco il quale tanto
appariva inferiore nella grandezza a tutti gli altri, altrettanto si rimirava più perfetto, e più
intero di quanti ne siano. A. P. A. Kircher intendente di questi fu imposto che ne desse piena
contezza; ma siccome la missione annuale alla Mentorella gli impediva di rimanere [a
Roma], lasciò a me l’incarico che non appena l’obelisco fosse tratto fuori, se ne facesse un
disegno da inviargli a Tivoli dove si sarebbe fermato dopo aver compiuto la missione.
Accadde che solamente tre lati si potettero disegnare, onde io impaziente, desideroso di
adempiere quanto mi era stato ordinato mandai il disegno così imperfetto. Nella risposta
fattami dal Padre, con gran meraviglia di chi vide, e di molte persone di dottrina non
ordinaria, mi mandò il quarto lato disegnato di proprio pugno. A vista tanto inaspettata,
stupefatto e curioso corsi subito a vedere se corrispondeva all’originale e rinvenni in essa il
medesimo contenuto, senza segno di variazione alcuna, anzi in quei luoghi dove non
v’erano figure scolpite egli supplì con espormi ciò che mancava. 25

Come può Kircher aver indovinato e disegnato correttamente i geroglifici del quarto lato
dell’obelisco, dopo aver visionato i disegni relativi solamente agli altre tre e non comprendendone
fra l’altro il reale significato? Secondo Marrone la risposta è proprio nelle mentalità “matematica” e
combinatoria del gesuita: “Possiamo presumere però che una volta afferrata la somiglianza a facce
alterne dell’Obelisco della Minerva, Kircher, da matematico qual era, abbia ragionato per deduzione
e abbia pensato a una proporzione del tipo: A: C = B: X. Ovvero, se abbiamo constatato che la
faccia A è simile alla faccia C, allora anche la faccia B dovrebbe essere simile alla faccia [...] D
sconosciuta.”26

Il ragionamento in effetti è semplice, quasi scontato, ma la spettacolarità del risultato è grande


in maniera non proporzionale. Indovinare senza errori i geroglifici disegnati sul quarto lato di un
obelisco osservando gli altri tre è un coup de theatre barocco e sorprendente, un’azione in
fondo simile alla realizzazione di un canone mensurale, inverso o con un gran numero di voci:
giochi di prestigio dietro cui si nascondono elementari percorsi di logica combinatoria e
matematica.

A questo punto è possibile introdurre la prima e più importante opera a tema musicale di
Kircher, quella Musurgia Universalis (1650) che contiene la nostra Tabula mirifica e a cui
seguirà nel 1673 la Phonurgia Nova,27 a carattere acustico. La Musurgia Universalis vuole

25 Cito da C. MARRONE, I geroglifici fantastici di Athanasius Kircher, Roma, Stampa alternativa,


2002, p. 14.
26 Ivi, p. 18.
27 A. KIRCHER, Phonurgia Nova, Campidonae, R. Dreherr, 1673.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

essere un’enciclopedia completa di tutte le conoscenze musicali acquisite dall’“origine della


musica” all’anno di pubblicazione. L’enciclopedismo è ancora un volta l’approccio e uno dei fini
ultimi dell’opera, come affermato dallo stesso autore:

[...] ratus sum, philosophiam hanc practicae musicae paranympha mathesi aptè iungere,
arcanas rerum combinationes ostendere, numerorum harmonicorum affectiones penitius
exponere; denique omnibus ijs qui non lucri, sed vero philosophandi studio in musica
excolenda versari desiderant portam aperire amplissimam .28

L’opera è strutturata in un percorso logico i cui contenuti, ordinati “secondo un ordine


ascensionale dal concreto all’astratto, dal fisico al metafisico, comprendono: l’analisi fisico-acustica
dei suoni, l’anatomia comparata e funzionale dell’apparato uditivo e vocale; gli strumenti e il canto
presso i Greci e gli Ebrei; lo studio matematico-geometrico degli intervalli e delle loro
combinazioni per comporre melodie, canoni e fughe; i modi musicali; la relazione tra numero e
affetto; la disputa tra Antichi e Moderni; la teoria degli affetti e l’analisi degli stili; la descrizione di
macchine per la composizione ad uso dei profani; l’analisi delle proprietà terapeutiche della musica;
il tema dell’armonia delle sfere; infine, il mondo è paragonato a un organo costruito e suonato da
Dio.”29

Lo studio e l’interpretazione della Musurgia Universalis non possono non tener conto dei
numerosi piani su cui si muove il pensiero kircheriano, da declinarsi in questo caso nei temi
specificatamente musicali: all’interno dell’opera si possono ritrovare tutti gli altri caratteri generali
del pensiero kircheriano sopra discussi ed applicati alla filosofia, alla storia, alla teoria e alla natura
scientifica della musica. Così, per esempio, il piano della combinatoria pratica si espliciterà nella
trattazione di sistemi e schemi per la composizione e il contrappunto (Tabula mirifica compresa);
il piano della numerologia nell’intero procedere simbolico e numerologico dell’opera. Ancora, il
piano “scientifico” e anatomico, con la descrizione della natura del suono e dell’orecchio umano,
vivrà di rimandi ad Aristotele e Boezio da una parte, a Casserio e al finalismo cristiano dall’altra: da

28 A. KIRCHER, Musurgia Universali, op. cit., p. XXIV.


29 T. PANGRAZI, La Musurgia Universalis di Athanasius Kircher, op. cit., pp. 1 - 2.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

ciò, per esempio, il suono come qualità dell’aria dato dall’urto tra corpi 30 e l’orecchio come
mirabilis fabrica, adatto e finalizzato a ricevere la parola di Dio.

Data questa mole di argomenti e influenze, ricostruire i significati della Musurgia significa
pure risalire alle fonti dirette ed indirette utilizzate da Kircher per la stesura dell’opera - fonti che il
gesuita cita esplicitamente e non solo per correttezza bibliografica, ma anche per difendersi dalla
possibile accusa di non essere un musicus esperto della materia.31 Se le influenze filosofiche sono
in varia misura e angolazione Aristotele, Platone, Boezio, Macrobio, Mersenne, Descartes, Kepler,
etc., le fonti puramente tecniche, consultate per i capitoli di didattica compositiva e tradotte a volte
fino al plagio, sono nomi per lo più italiani e in alcuni casi meno altisonanti; compositori, trattatisti
e maestri di cappella di ambiente principalmente romano: i maestri Antonio Abbatini e Giacomo
Carissimi; il medico e teorico Pedro de Heredia, il compositore Pier Francesco Valentini; il
musicista Johannes Hieronymus e il francescano Silverio Picerli, autore quest’ultimo di due trattati
sulla teoria musicale e la composizione (Specchio primo di musica, 1630, e Specchio
secondo di musica, 1631). In particolare, Picerli è il teorico cui Kircher guarda con maggior
interesse per la stesura del quinto libro della Musurgia, quello dedicato all’insegnamento della
composizione vera e propria e definito “il cuore della Musurgia Universalis”32: del teorico
rietino Kircher riprende terminologia, procedimenti compositivi, tabelle (tra cui la Tabula
mirifica) e immagini, riproducendole con minime aggiunte redazionali, come più avanti si vedrà.

Il quinto libro della Musurgia, intitolato Symphoniurgus, è per noi il vero cuore dell’opera
non solo perché qui, a pagina 363 del tomo I, è riportata la Tabula mirifica, ma anche perché esso
è il capitolo dedicato alla tecnica del contrappunto e della composizione: dopo aver definito gli
oggetti della musica mostrandone e spiegandone la natura scientifica, numerica e geometrica nei
libri II, III e IV, per Kircher è arrivato il momento di rivelare come il symponheta o
symphoniurgus possa combinare i suoni tra loro per realizzare contrappunti o composizioni, in
un percorso ancora una volta ascensionale che, dalla semplice sovrapposizione di intervalli
consonanti, conquisterà le più alte vette dell’artificio contrappuntistico, individuate dall’autore nel
celebre Canone nel nodo di Salomone di Pier Francesco Valentini.33 Il canone di Valentini è

30 Afferma Kircher: “sonum definit esse motionem eius, quod eo motu moveri potest, quo ea
quae à corporibus invicem percussis resiliunt, moventur. Sonus percussion aeris indissoluta
usque ad auditum. Qualitatem passibilem successivam es aeris, vel aquae interceptione,
elisioneque, sonatium corporum collisionem insequente producta, sensum auditus movere
aptam.”
A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., tomo I, p. 3.
31 Cfr. T. PANGRAZI, La Musurgia Universalis di Athanasius Kircher, cit., p. 22 .
32 Ivi, p. 123.
33 Per il canone e le risoluzioni nella Musurgia vedi A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., libro V,
pp. 403 - 418. Come vetta teorica del contrappunto, Kircher propone invece un’ipotetica composizione per 36.000
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

scelto da Kircher per l’incredibile numero di voci con cui può essere risolto (a 96 e a 512 voci),
nonostante l’effetto straordinario poggi ancora una volta su semplici basi logiche e combinatorie. I
quattro soggetti del canone, infatti, derivano dalla sola triade di Sol maggiore, ed è per questo che la
loro moltiplicazione e proliferazione, stante una controllata organizzazione ritmica, non genera
errori contrappuntistici.34 Come afferma Gerbino: “È l’ingegnosità del sistema, e non evidentemente
il risultato sonoro, a giustificare la notorietà e il credito che i contemporanei tributarono al
‘meraviglioso’ canone nel Nodo di Salomone.”35

Al fine di dare un senso storico e kircheriano alla Tabula mirifica è necessario addentrarsi
ancor di più nelle profondità del quinto capitolo, individuando quella sezione di mezzo (capitoli dal
XI al XX) in cui l’autore si occupa di regole e indicazioni puramente didattiche e compositive,
mettendo per un momento da parte la continua esigenza di definizione terminologica (intensificata
dall’uso di un latino aulico) e concettuale (relativamente, per esempio, alla differenza tra
“composizione” e “contrappunto,” etc.) che per il resto ammanta l’intera trattazione. Così,
tralasciando i numerosi rimandi filosofici e tecnici scaturiti dall’utilizzo di vocaboli quali
symponheta o symphoniurgus per compositore e symphonurgia o melothesia per
composizione (termini che racchiudono sottili ed importanti differenze concettuali, ben oltre la
scelta reazionaria di utilizzare un latino tanto aulico in un’epoca in cui la composizione e la teoria si
scrivevano in lingue maggiormente accessibili), si arriva alla sezione didattica, dove Kircher entra
nel vivo del contrapunctus artificiosus (nelle sue varie forme simplex, floridus o
coloratus36): è giunto il momento di mostrare come comporre contrappunti e canoni di ogni
specie, in un percorso progressivo che, dopo aver insegnato il contrappunto di base e la gestione
delle sovrapposizioni armoniche attraverso il ricorso ad esempi e tabelle riassuntive, porterà alla
realizzazione degli artifici più complessi.

Nel quinto capitolo, il nucleo concettuale della didattica compositiva kircheriana è la


rappresentazione numerica della sovrapposizione intervallare delle note, in un sistema grafico
facilmente intellegibile dal compositore al fine di ottenere le consonanze e le dissonanze richieste
sopra o sotto una nota (intervallo armonico) o conseguentemente ad essa (intervallo melodico). Tale
pratica compositiva è da Kircher definita melothesia, e si esplicita nella rappresentazione degli
intervalli attraverso l’utilizzo di numeri progressivi da 1 a 8 (ma Kircher, al di là di quanto

cori, ovvero 144.000 cantori (numeri simbolici derivati dall’apocalittico 14).


34 Cfr. G. GERBINO, Canoni ed enigmi. Pier Francesco Valentini e l’artificio canonico nella
prime metà del Seicento, Roma, Torre d’Orfeo, 1995.
35 G. GERBINO, Gli arcani più profondi dell’arte, op. cit., pp. 220 - 221.
36 Cfr. A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., tomo I, pp. 241 - 243.
11
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

annunciato,37 utilizza anche i numeri successivi per rappresentare intervalli di estensione superiore
all’ottava). In questo senso il numero perde la sua funzione simbolica e diviene pura notazione
intervallare,38 un ausilio tecnico e grafico finalizzato alla formazione di corrette sovrapposizioni
armoniche39 e al loro insegnamento. Sentenzia a tal proposito Kircher:

In 8 numeris 1 2 3 4 5 6 7 8 totum artificium Melotheticum latet.40

Tale affermazione, che a prima vista potrebbe essere letta come il solito trionfalismo
kircheriano, risulta invece totalmente corretta e coerente all’interno del sistema didattico proposto,
sviluppato e spiegato attraverso l’utilizzo delle numeriche sopra elencate e delle tabelle di seguito
riportate.

37 Ivi, p. 269.
38 In senso musicale e quadriviale il numero, declinato nei sinonimi numerus sonorus e numerus
harmonicus, è cosi definito da Kircher: “nihil aliud est, quam numerus certam ad voces
sonosque relationem dicens, qui & artificiose in corpore sonor reperitur” (Musurgia
Universalis, p. 45.). In particolare, il termine numerus sonorus assume per Kircher significati differenti e
dipendenti del contesto: numero come numerica del basso continuo, come rapporto frazionario della divisione del
monocordo, come numero di vibrazioni di una corda, etc. Per Kircher il numero è la causa formalis della
musica: “voces & soni sun intervallorum harmonicorum materia, numeri & proportiones sunt
eorundem forma.” (Musurgia Universalis, p. 45).
39 In particolare quelle ammesse nel contrappunto di prima specie, ovvero consonanze perfette e consonanze
imperfette, che per Kircher tendono naturalmente a risolvere nelle perfette. Cfr. A. Kircher, Musurgia
Universalis, tomo I, p. 268.
40 Ivi, p. 269.
12
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 9 - A. KIRCHER, Tabula melothetica.41

41 A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., libro V, tomo I, p. 266.


13
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 10 - A. KIRCHER, Anacephaleosis processum harmonicorum.42

42 Ivi, p. 300.
14
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 11 - A. KIRCHER, Tabula mirifica.43

43 Ivi, p. 343.
15
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Le tre tavole sopra riportate sono i perni su cui si basa l’intera spiegazione, la quale si occupa
della loro verbalizzazione e del loro chiarimento mediante numerosi ed esaurienti esempi. La prima
tabella (tab. 9) mostra quali intervalli sia possibile costruire sopra o sotto un dato intervallo di
partenza, indicato dalla linea centrale HE, per realizzare il contrappunto. La seconda (tab. 10) si
occupa della concatenazione melodica degli intervalli armonici, mostrando le opzioni corrette per
disporre un intervallo armonico in base a quello precedente. La terza (tab. 11) è ovviamente la
Tabula mirifica, utilizzata da Kircher per realizzare contrappunti doppi e reversibili (cfr. capitolo
1.1) e da noi per comporre canoni.

Della grande differenza concettuale e tecnica fra le prime due tabelle e la Tabula mirifica
diremo più avanti, nonostante già adesso risulti chiaro come esse abbiano origini logiche e scopi
pratici completamente diversi: se la Tabula melothetica e la Ancephaleosis sono puri
riassunti grafici, privi di logica combinatoria e finalizzati all’insegnamento di procedimenti tecnici
in definitiva basilari (la corretta sovrapposizione e concatenazione di intervalli armonici, ovvero la
composizione di normali contrappunti a due o più voci), che data la loro semplicità non
richiederebbero in generale alcun ausilio tecnico, la Tabula mirifica è strumento esteticamente e
funzionalmente superiore, formulato ed elegantemente modellato attraverso l’approccio
combinatorio e destinato alla realizzazione di artifici complessi quali il contrappunto reversibile e i
canoni di ogni tipo.

Ora, ciò che si deve notare è che tutte e tre le tabelle non sono prodotti originali di Kircher,
perché esse sono state ricavate direttamente dallo Specchio secondo di musica di Silverio
Picerli (da cui il gesuita riprende anche l’intera struttura didattica del capitolo, gli esempi e i
commenti44). L’intervento originale di Kircher si limita a variazioni grafiche (la sostituzione di
alcuni numeri con le parole, il supplemento di diciture riassuntive sui lati delle tabelle e
l’inserimento degli asterischi nella Tabula mirifica) che non aggiungono nulla al significato e
all’utilizzo delle tavole stesse, come è possibile verificare comparando le versioni del gesuita e
quelle di Picerli, di seguito riportate.

44 Cfr. P. WALKER, Theories of Fugue from the Age of Josquin to the Age of Bach, New York,
University of Rochester Press, 2000, pp. 129 - 130.
16
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 12 - S. PICERLI, Delle regole particolari, o modo, di porre nel contrappunto a


due, a tre, & a più voci, tutte le predette consonanze, e dissonanze, con la
dichiarazione della parte superiore della nostra torre dell’arte di far il
contrappunto.45

Tab. 13 - S. PICERLI, Del modo di passare da ciascheduna di dette consonanze, e


dissonanze, all’altre consonanze, e dissonanze in genere, e specialmente
dall’unisono ad altre consonanze, e dissonanze, e dalla seconda alle consonanze,
secondo l’infrascritta tavola ch’è la parte inferiore della nostra torre dell’arte di
far’il contrappunto.46

45 S. PICERLI, Specchio secondo di musica, op. cit., p. 21.


46 Ivi, p. 25.
17
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 14 - S. PICERLI, Tavola d’oro del modo di fare i contrapunti, e Canoni doppi
sopra, e sotto qualsivoglia soggetto.47

47 Ivi, p. 63.
18
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Per comprendere il funzionamento delle prime due tavole, quindi, ci si può rifare alla
spiegazione di Picerli, la cui trattazione, oltre all’impiego di un italiano maggiormente accessibile
anche ai musicisti dell’epoca,48 è esclusivamente tecnica e priva del peso filosofico della versione
kircheriana. Nello Specchio secondo di musica, per prima cosa l’autore definisce il concetto
di contrappunto nelle sue varie forme, indicando il “modo, e regole generali di porre nel
contrapunto le dette consonanze e dissonanze”49, spiegate nel primo capitolo dell’opera:

il contrapunto nella musica non è altro, che un’artificiosa unione in harmonia di diversi
suoni, espresso dall’antichi con punti, e dalli moderni con figure, o note cantabili. Due
forme di contrapunto si trovano, cioè semplice, e composto o diminuto, o fiorito. Il
semplice si compone solo di consonanze, e figure, o note uguali, poste una contro l’altra. Il
composto si compone di consonanze, e dissonanze, e d’ogni sorte di figure cantabili
ascendendo, e discendendo in un medesimo tempo con moti contrarii, & intervalli
proportionati ad arbitrio del Compositore. Il contrapunto composto è di due altre forme,
cioè sciolto, e legato, o sincopato.50

Segue la distinzione tra contrappunto e composizione, pratiche “alquanto differenti”, perché il


contrappunto deve seguire una serie di strette regole di buona condotta armonica e melodica delle
parti; qualora queste regole non siano rispettate, la musica non potrà dirsi contrappunto ma
composizione, “quale non procede con si rigorose osservationi.”51

48 A proposito del latino della Musurgia, così Annibaldi e Cinque: “A impedire all’opera di essere vastamente
popolare era già il fatto di essere scritta in latino, e in un latino decisamente baroccheggiante: cosa che già
all’epoca ne precludeva la lettura alla maggior parte dei musicisti di professione (Kircher stesso lamenta nella
Musurgia la loro crescente ignoranza di questa lingua).” C. ANNIBALDI e M. T. CINQUE, Fortune e
sfortune della Musurgia Universalis, op. cit., p. 44.
Così Kircher nel passo citato dagli autori: Alius defectus, quem plerique modernorum musicorum
committunt, hic est, quod verba non scitè, non prosodicè harmonicis modulis adaptare
studeant: sed nec hoc ipsum mirum alicui videri debet, cum multi linguæ latinæ tam ignari
sint, vt nec sen- sum, nec Rhythmum, nec syllabarum quantitatem in proposito themate
capiant. A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. cit., libro I, p. 563.
49 S. PICERLI, Specchio secondo di musica, op. cit., p. 9.
50 Ibid.
51 “Il contrapunto, e compositione sono alquanto differenti, poiche ogni contrappunto si può dir compositione,
ma non è converso. Onde il contrapunto propriamente detto, deve procedere con pochissimi salti tutti cantabili,
con bell’inventioni, e tirate, diversamente replicate, con fiori, legature, e fughe. Non vi si devon fare ottave, overo
unisoni, in principio di misura, nè brevi, e semibrevi co’l punto, ne forsi semplici, ma solo sincopate, nè le
cadenze perfette, e proprie del tono, eccetto quando si vuole replicar’ il soggetto, o fughe, e dar principio all’altre,
ma si sfuggono. Mancandogli alcuna di dette cose, non si potrà dire propriamente contrapunto, ma compositione,
quale non procede con si rigorose osservationi.” Ivi, p. 10.
19
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Il secondo capitolo è quindi dedicato alle regole basilari del contrappunto, insegnate attraverso
quell’approccio in cui, partendo da un determinato intervallo armonico consonante o dissonante, si
mostrano quali intervalli armonici è possibile raggiugnere a partire da esso e quale direzione
melodica delle parti (moto retto, contrario od obliquo) dovrà essere di volta in volta rispettata.

Il terzo capitolo è dedicato alle “regole particolari, o modo, di porre nel contrapunto [...] tutte le
predette consonanze, e dissonanze, con la dichiaratione della parte superiore della nostra torre
dell’arte di far il contrapunto.” La torre dell’arte è la prima tabella di Picerli (tab. 12), cioè la
tabula melothetica di Kircher, la quale indica gli intervalli consonanti e dissonanti che è
possibile porre sopra o sotto un intervallo del soggetto “posto in qualsivoglia parte della cantilena,”
per contrappunti a due o più voci. Picerli introduce la tavola così:

Essendosi ben’intese dal novello Compositore le sopradette regole, si può da esso


cominciare a far il contrapunto nella cartella sopra qualche soggetto, quale non è altro, che
un’inventione di note, o fuga, propria, o d’altri, di Canto fermo, o figurato, posta in
qualsivoglia parte della cantilena, o compositione, sopra, o sotto la quale di fà il
contrapunto, cominciando prima à due, poi à trè, à quattro, a più voci, secondo la
dispositione de numeri nell’infrascritta graticola, o tavole (ch’è la parte superiore di detta
torre) contenuto, e qui appresso ampiamente dichiarati. 52

Seguono le annotazioni in cui Picerli spiega l’utilizzo particolare della tavola: i numeri da 1 a 8
della riga di mezzo sono gli intervalli del soggetto, sopra o sotto cui si vuole realizzare il
contrappunto. I numeri superiori alla riga di mezzo indicano gli intervalli che si possono porre sopra
la nota inferiore dell’intervallo del soggetto; i numeri inferiori alla riga di mezzo indicano gli
intervalli che si possono porre sotto la nota superiore dell’intervallo del soggetto:

I numeri dell’ordine di sopra dimostrano le consonanze, e dissonanze, nelle quali si


potranno porre due, trè, e più parti sopra le due dimostrate, e regolate per l’ordine di mezzo
[...]. I numeri dell’ordine di sotto dimostrano le consonanze, e dissonanze, nelle quali si
potranno porre due, trè, e più parti, sotto la parte più alta delle due dimostrate, e regolate per
li numeri dell’ordine di mezzo, servendosi sempre (notate) di detti numeri in ordine alla
parte più alta delle due prime; si come servendosi de’ numeri dell’ordine superiore, si deve

52 Ivi, p. 21.
20
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

sempre aver riguardo alla parte più bassa delle dette due prime parti, altrimenti non potria in
modo alcuno riuscir bene. 53

Quando in una casella sono presenti due numeri separati da un punto, la scelta dell’intervallo a
sinistra o a destra del punto condizionerà anche la scelta degli intervalli posti nelle altre caselle
doppie (questo perché, ragionando in senso armonico e non contrappuntistico, le note in questione
entreranno a far parte di uno struttura a base triadica ben precisa):

[...] bisogna notare, che li numeri posti nella medesima casella, tramezzati con un punto,
s’adoprano in quella maniera, cioè, che servendosi di quelli, posti a man dritta in una cella,
si deve servir’anco (bisognando) de gli altri, posti pur’a man dritta nell’altre caselle del
mesim’ordine di sopra, o di sotto (e s’osserverà anco il medesimo di quelli, posti a man
sinistra) perché facendo altrimente, non riusciria bene. Onde, servendosi del 5 posto sopra
l’8. si deve servire (bisognando) anco del 12 a quello corrispondente, e servendosi del 6.
bisogna servirsi anco del 13 à quello similmente corrispondente, e non del 12 che non gli
corrisponde.54

Volendo inserire intervalli di estensione superiore a quelli presenti in tabella basterà ricorrere ai
relativi intervalli composti,55 mentre la prima colonna, quella dell’unisono, è stata lasciata vuota
perché in questo senso si potrà utilizzare la colonna dell’ottava.56

È ora chiaro come la formulazione, la spiegazione e l’applicazione stessa della tabella


melothetica siano sproporzionatamente complesse rispetto al risultato a cui giungono, non altro
che la definizione e la gestione degli incontri armonici possibili nell’universo contrappuntistico in
cui operano Kircher e Picerli, limitatamente alla realizzazione di semplici contrappunti a più voci,
dove l’obiettivo ultimo è la corretta gestione dei movimenti armonici e contrappunstici finalizzati al
raggiungimento dei tradizionali intervalli consonanti:

53 Ivi, p. 22.
54 Ibid.
55 “Bisognando servirsi d’altri numeri, maggiori di quelli, che vi son posti per investigare altre consonanze
maggiori (massime nell’ordine superiore) si prenderanno i derivati (come s’è detto nel primo Capitolo) da quelli, e
riuscirà benissimo.” Ibid.
56 “Si deve avvertire, che nelle caselle dell’unisono non si son posti numeri (come si vede) sopra, e sotto, come
nelle caselle dell’altri numeri seguenti, perche, essendosi posti in quelle dell’8. ch’è replica (come s’è detto)
dell’1. servendo benissimo quelli ad ambidoi, faria stato superfluo à porli due volte, come si vedrà in effetti,
ponendos’in cartella quant’ho detto.” Ivi, p. 23.
21
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

In ogni compositione, fatta à più di due voci, si devon porre la terza, e quinta, e
(bisognando) l’ottava; perche queste fanno la compositione piena, vaga, allegra, &
harmoniosa, massimamente con la terza maggiore, come s’è detto nel primo Cap. dove si
deve notare che (secondo il Zerlino) il proprio luogo della quinta è dentro la seconda ottava,
che è la duodecima, replica della quinta, & il primo luogo della terza è dentro la terza
ottava, che è la decima settima, benche una di loro si permetta dentro l’ottava dell’altra,
come la decime, ch’è dentro la propria ottava della quinta. Onde, ponendosi dentro le
propriie ottave, o à quelle più vicine, faranno buoni effetti .57

La seconda tavola (tab. 13) prosegue il discorso della prima, mostrando come sia possibile
passare, questa volta in senso orizzontale, da un intervallo armonico ad un altro: la prima colonna a
sinistra rappresenta gli intervalli armonici da cui partire, le altre caselle gli intervalli armonici a cui
si può arrivare. Nella versione di Picerli, la lettera “M” indica un intervallo maggiore; la lettera “m”
un intervallo minore; la lettera “t” l’intervallo di tritono e la lettera “d” la quinta diminuita. Nella
sua versione (tab. 10), Kircher preferisce differenziare la prima colonna a sinistra, mantenendone la
forma numerica, e le colonne successive, verbalizzando quasi tutte le informazioni in esse
contenute; inoltre egli aggiunge le diciture esplicative lungo i lati della tabella, in accordo a quanto
farà anche per la Tabula mirifica.

Come la prima, anche la seconda tavola dovrà essere utilizzata tenendo a mente e rispettando
una lunga serie di condizioni non esplicitate dalla tabella stessa e che Picerli elenca nel corso del
capitolo: per esempio, alcuni movimenti armonici indicati potranno essere utilizzati solamente
all’interno di contrappunti con una quantità di voci superiore a un dato numero, altri saranno
consentiti esclusivamente su determinati tempi della battuta, etc.:

Alcuni di detti movimenti son buoni a due voci, altri a trè, e non a due, altri a quattro, e non
a due, e tre &c. Onde per regola generale si deve tenere, che quelli, che son buoni a poche
voci, son buoni anco, anzi sono migliori, a molte, ma no è converso. [...] si deve notare, che
molti passaggi, cattivi in principio, o mezzo di misura, diventano buoni in fine, o in mezzo
del mezzo di essa, ponendo un punto alla nota, che l’hà da fare, come si vedrà nel progresso
dell’opra.58

57 Ivi, p. 24.
58 Ivi, p. 26.
22
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Non bisogna poi dimenticare che la direzione da seguirsi in tali movimenti armonici (ovvero se
essi vadano fatti per moto retto, obliquo o contrario) non è riassunta nella tavola stessa, rendendo
ancor più necessario il ricorso, se non la memorizzazione, al resto della trattazione.

La terza tavola (tab. 14), infine, non è altro che la Tabula mirifica, che Picerli inserisce nel
capitolo X, intitolato Delle regole, e modo di fare, e cantare diversi contrapunti
obligati, e doppi, sopra, e sotto il soggetto del Canto fermo, e figurato. 59 Il
capitolo è situato nella prima metà dell’opera, indizio di come Picerli non consideri la Tabula
mirifica la razionalizzazione ultima della sua didattica, nonostante egli avverta che: “Vi si faccia
buono studio per intenderla bene, e porla in prattica, perché servirà in mille occasioni,
massimamente in materia de contrapunti, Canoni, trasportationi, e di mutazioni di voci, o parti,
come a suo luogo si dirrà.”60 Picerli utilizza la tavola d’oro per spiegare i contrappunti doppi ma,
al di là di quanto annunciato, la dimentica come ausilio armonico strutturale in tutti i capitoli
successivi, pure nei capitoli XVI e XVII dedicati ai canoni “sciolti o obbligati”. A tal riguardo il
teorico si preoccupa di definire i concetti di fuga, imitatione e canone, termini dal significato
ancora variabile nella trattatistica musicale tra Cinque e Seicento. Sulla differenza tra fuga e
imitazione:

Per intelligeza de i termini, e di quello, che s’ha da dire (oltre quello che s’è detto nel 2. e 10. cap.
del contrapunto) si deve notare, ch’è differenza trà la fuga, e l’imitatione, poiche nella fuga le note sono
in tutto, e per tutto, l’istesse di nome, di valore, e d’intervalli di toni, e di semitoni; Ma nell’imitatione
manca sempre qualche d’una delle sudette cose, come quando si fa il contrapunto con le note di qualche
Motetto, o Madrigale, o Canzonetta, o di Canto fermo (ad imitatione di quali esso si fa) non ritenendo il
nome, o il valore, o l’intervalli de toni, e semitoni di quelli 61

A proposito del canone:

Ad alcune Compositioni Musicali si dà titolo di Canone, che vuol dire, regola; perche le dette
Compositioni si fanno comunemente con regole, & osservationi tali, che, tutto quello, che dice la prima
parte di esse, dicono anco tutte l’altre (eccetto alcune poche note nel fine) dal principio infin’al fine. 62

59 Ivi, p. 60.
60 Ivi, p. 63.
61 Ivi, p. 90.
62 Ivi, p. 126.
23
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Queste definizioni sono evidentemente riprese da Zarlino, tra i pochi teorici ad essere citati
esplicitamente nel corso degli Specchi.63

Dalla lettura dello Specchio secondo di musica e dal confronto con il testo kircheriano
risulta impossibile affermare che Kircher conoscesse applicazioni ulteriori per la Tabula mirifica,
al di là di quelle ricavate da Picerli. Anche nel trattamento della fuga e dei canoni, cui pure Kircher
dedica una sezione successiva alla presentazione della Tabula mirifica,64 egli deriva la totalità
degli argomenti da Picerli e da altri teorici coevi, quali Nucius e Thuringus (da Picerli riprende gli
esempi per la fuga e il canone, da Nucius la sezione riguardo il contrappunto imitativo 65). È stato fra
l’altro notato come, traducendo la terminologia di Picerli, Kircher abbia commesso alcuni errori di
interpretazione: per esempio, se Picerli ha definito regolari le fughe che cominciano sulle corde
del tuono (la finale o la dominante) e irregolari quelle che cominciano sugli altri gradi, Kircher
scrive invece: “Regulares sunt quando instituuntur supra eandem chordam,
Irregolares quando supra diversas”, rivelando di non aver compreso che con corde del
tuono Picerli si stesse riferendo a due note in particolare.66

Se Kircher non aggiunge nulla alla Tabula mirifica da un punto di vista tecnico, tuttavia
immergendola nella Musurgia e nelle sue dinamiche la investe automaticamente di quella serie di
significati e rimandi ulteriori precedentemente trattati e totalmente estranei agli Specchi di
musica di Picerli. Quest’ultimi infatti sono il frutto di un appassionato di composizione che, dopo

63 “Egli [Zarlino] è il primo a distinguere tra fuga (fuga, consequenza, reditta) e imitazione (imitatione).
[...] Zarlino distingue accuratamente da entrambi il termine canone, citandolo in greco per evidenziare il
significato originale della parole che, come dice egli stesso, sta iniziando a essere confusa col termine fuga da
‘alcuni musicisti poco intelligenti’ [...] Secondo Zarlino, la differenza essenziale tra fuga e imitazione è
semplicemente il grado di accuratezza con cui sono mantenute le progressioni intervallari. Se la sequenza degli
intervalli di una parte è seguita dall’altra solo per sommi capi, Zarlino parla di imitazione; se la ripetizione delle
progressioni intervallari mantiene esattamente tutti i passaggi di tono e semitono (e questo è possibile solo con
entrate a intervalli perfetti), parla di fuga.” A. MANN, Lo studio della fuga, La storia e i testi classici, a
cura di Riccardo Culeddu, Roma, Astrolabio, 2012, pp. 37 - 40.
64 Nella definizione di queste forme Kircher supera Picerli e Zarlino, cancellando la differenza tra fuga e
imitazione ma continuando a ritenere cose diverse la fuga e il canone.
Cfr. A. KIRCHER, Musurgia Universalis, op. ci., tomo I, p. 368.
65 Cfr. P. WALKER, Theories of Fugue from the Age of Josquin to the Age of Bach, op. cit., p.
129.
66 Altra interpretazione errata fatta da Kircher e segnalata da Paul Walker: “He also seems to have
misunderstood Picerli’s imitanti and imitate. The latter reffered to imitation that took place
at a fixed pitch level [‘sopra le note ferme’], while the former was used for imitation at
more than one pitch level [‘in diversi luoghi’]. Kircher mistranslated ‘ferme’ as ‘cantus
firmus’ and wrote: ‘Imitantes dicuntur, quando replicantur in diversis locis; imitatae
quando fiunt supra notas & progressum harmonicum alicujus cantus firmi, qui progressus
deinde repetitur.’ Again, Kircher’s version makes no sense. A final term, apparently
Kircher’s own, was ‘fuga dimorpha’ or ‘biformis’, that is, imitative counterpoint with two
themes.
P. WALKER, Theories of Fugue from the Age of Bach, op. cit., pp. 129 - 130.
24
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

aver approfonditamente studiato la materia e non potendo metterla in pratica perché contrastato dal
suo stesso istituto francescano,67 si è risoluto, “(acciò ch’il detto tempo non sia dell tutto perso, nè le
dette fatighe invano fatte) di farne parte alli bramosi di tal scienza [...] in queste mie operette, sotto
titolo di Specchi di musica fatte: poiche in esse, come in lucidi Specchi di vedon chiare, e fanno
manifeste à tutti le cose ch’ivi si trattano, non solo per la lingua volgare not’a tutto nella quale son
composte, ma anco per la brevità, facilità, e chiari esempii che vi si pongono.” 68 La chiarezza
espositiva e la semplicità didattica sono elemento programmatico per Picerli, il cui fine è quello di
fornire una sintesi delle sue numerose e “oscure” fonti,69 con “poche parole” e “chiari esempii”:

esorto, e prego i lettori a non far poco conto di dett’opera, benche fra tutte l’altre minima,
semplice e men dotta: poiche in essa sotto tal simplicità con poche parole, chiari esempii, si
dice tutto quello che gli altri antichi e moderni scrittori in longhi trattati, con molta oscurità
di tal materia hanno scritto. In essa si espongono, e confutano l’erronee, e si lasciano le men
probabili, e si accettano le più probabili opinioni, con poche, ma buone ragioni, e chiari
esempii. Con essa, ben intesa e pratticata, si può diventar con ogni poc’altro d’aiuto quel
valent’huomo, ch’in tal professione si desidera: e questa sola à quest’effetto basta. 70

Se negli Specchi le tavole e la rappresentazione numerica degli intervalli non sono altro che
strumenti didattici privi di valenza ulteriore, Kircher vi ritrova la “sua” combinatoria, una versione
musicale delle numerose tabelle intorno a cui ruotano le sue opere e che danno origine a curiose
analogie grafiche come, per esempio, quella tra la Tabula mirifica e la tavola delle disposizioni
planetarie dell’Ars magna luics et umbrae (tab. 15).

67 Cfr. S. PICERLI, Specchio primo di musica, op. cit., p. 7.


68 Ibid.
69 Tali fonti, indicate dallo stesso autore al termine dello Specchio primo, sono: Pietro Ponzio; Pietro Aron,
Franchino Gaffurio, Gioseffo Zarlino, Nicola Vicentino, Vincenzo Lusitano, Luigi Dentice, “L’Illuminato”
(Illuminato Aguino); Valerio Bona, Antonio Brunelli, Adriano Banchieri, “il Toscanello”; Rocco Rodio; Giovanni
Battista Chiodino; Domenico Auriemma, “l’Artusio”, Scipione Cerreto, “& altri”.
Ivi, p. 91.
70 Ivi, p. 7.
25
UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Tab. 15 - A. KIRCHER, De varys horologìorum generibus. Horae Regiminis


Planetarum.71

Kircher definisce Melothesia l’intero sistema compositivo ricavato dallo Specchio


secondo, nell’operazione finale che lega le tabelle di Picerli e specialmente la Tabula mirifica
ai grandi temi e alle filosofie del pensiero kircheriano: la melothesia, in particolare, è la
“scienza” che si occupa dei legami e delle interferenze tra i segni dello Zodiaco, i corpi celesti ed il
corpo umano.72 Per esempio nella cultura Babilonese, dove la disciplina è nata, i cicli celesti e i
segni zodiacali erano associati a determinate malattie, e il materiale utilizzato per fabbricare gli
amuleti protettivi dipendeva dai segni zodiacali stessi; in Grecia ai segni e ai pianeti erano associate
parti specifiche del corpo umano e le loro malattie. 73 Ancora una volta, in Kircher è messo in
relazione il microcosmo (il corpo umano o l’intervallo musicale) con il macrocosmo (i corpi celesti
o il contrappunto completo), un esempio tra tanti di come il semplice inserimento della Tabula
mirifica all’interno della Musurgia l’ammanti di temi e significati ulteriori, assenti nella fonte
originale, probabilmente riconsegnandola alla mentalità originaria in cui essa fu prodotta.

La diffusione della Tabula mirifica si è avuta come “tavola di Kircher” - la sua derivazione
da Picerli è di solito citata incidentalmente e a titolo di curiosità storiografica. A ciò ha ovviamente
contribuito la superiore fama del gesuita tedesco e il successo, nel corso dei secoli, della Musurgia
Universalis e delle sue opere in generale nonostante, a ben guardare, gli Specchi di Picerli non
siano rimasti privi di seguito nello specifico ambito della teoria musicale del Sei e Settecento. Oltre
a Kircher, hanno attinto allo Specchio secondo di musica anche Giovanni Maria Bononcini,
che nell’indice del suo Musico Pratico (1673) annovera Picerli tra i “Teorici, e Pratici, de i quali

71 A. KIRCHER, Ars magna lucis et umbrae, Roma, Scheus, 1646, p. 217.


72 Una illustrazione melothetica in senso stretto, rappresentante le relazioni tra le parti del corpo e i segni
zodiacali, è riportata da Kircher nella sua Ars magna lucis et umbrae, op. cit., p. 533.
73 Cfr. M. J. GELLER, Melothesia in Babylonia: Medicine, Magic, and Astrology in the Ancient
Near East, Berlino, Walter de Gruyter, 2014, p. 92.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

l’Autore sè servito nella presente Opera”74, e Lorenzo Penna che, ne Li primi albori musicali
per li principianti della musica figurata 75, riguardo alla composizione di canoni rinvia
direttamente al teorico rietino: “Se volessi discorrere di tutti li sopradetti Canoni, sarebbe
un’imbrogliare il Capo al principiante; chi ne brama essata informazione, legga il P. Picerli nel suo
secondo specchio di Musica: Capitolo sestodecimo, e decimosettimo.”76 Rimandi espliciti a Picerli
si ritrovano anche nel primo libro della Guida Armonica di Pitoni77 e nella Storia della
Musica78 di Giovan Battista Martini,79 mentre Angelo Berardi lo cita nei suoi Ragionamenti
musicali80 nella “nota di diversi autori, C’hanno scritto della Musica tanto speculativa, quanto
prattica.”81 Leone Allacci annovera Picerli tra i letterati meritevoli di menzione nel Apes
urbanae, sive de viris illustribus,82 con una breve voce enciclopedica arrivata fino in Spagna
e riprodotta da Juan de San Antonio nella Bibliotheca universa franciscana.83 Per quanto
riguarda lo Specchio primo di musica, ad esso si rifà Girolamo Chiti già nel titolo del suo
Notizie cavate dal Specchio P.mo del Pre F. Silverio Picerli. 84 Chiti, compositore e
regolare corrispondente di Giovanni Battista Martini, è tra l’altro l’unico a dar memoria di una terza
opera di Picerli, intitolata Terzo Specchio, della Theorica e numeri, ond’essa [musica]
ha origine, annunciata nel 1630 e rimasta probabilmente inedita.85

74 G. M. BONONCINI, Musico pratico, che brevemente dimostra il modo di giungere alla


perfetta cognizione di tutte quelle cose che concorrono alla composizione de i canti, e di
cio ch’allarte del contrapunto si ricerca [...], Bologna, Giacomo Monti, 1673.
75 L. PENNA, Li Primi albori musicali per li principianti della musica figurata distinti in tre
libri dal primo spuntano li principi del canto figurato, dal secondo spiccano le regole del
contrapunto, dal terzo appariscono li fondamenti per suonare l’organo et clavicembalo
sopra la parte del Padre Fra Lorenzo Penna da Bologna carmelitano della Congregaz. di
Mantova [...], libro II, Bologna, Pier Maria Monti, 1696.
76 Ivi, p. 123.
77 G. O. PITONI, Notitia de’ contrappuntisti e compositori di musica, a cura di Cesarino Ruini,
Firenze, Olschki, 1988.
78 G. B. MARTINI, Storia della Musica, Tomo I, Bologna, Lelio della Volpe, 1770.
79 Cfr. O. BERETTA, introduzione a S. PICERLI, Specchi di Musica, op. cit., pp. XXIV e XXV.
80 A. BERARDI, Ragionamenti musicali, Bologna, Giacomo Monti, 1681.
81 Ivi, p. 182.
82 L. ALLACCI, Apes urbanae, sive de viris illustribus, qui ab anno MDCXXX per totum
MDCXXXII Romae adfuerunt ac typis aliquid evulgarunt, Roma, 1633, p. 234.
83 J. DE SAN ANTONIO, Bibliotheca universa franciscana sive Alumnorum trium ordinum S.
P. N. Francisci qui, ab ordine seraphico condito usque ad praesentem diem, latina sive alia
quavis lingua scripto aliquid consignarunt encyclopaedia, Madrid, 1733, libro III, p. 89.
84 Cfr. O. BERETTA, introduzione a S. PICERLI, Specchi di Musica, op. cit., pp. XV e XVI.
85 Cfr. D. TORELLI, Picerli Silverio, in “Dizionario Bibliografico degli Italiani”, vol. 83 (2015), consultabile
all’indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/silverio-picerli_(Dizionario-Biografico)/; consultato l’ultima
volta il: 5/02/2019.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

D’altra parte, a fronte dell’alta considerazione di cui gode la Musurgia Universalis oggi, la
sua fortuna al tempo di Kircher non è poi così scontata. Nello studio basato sull’analisi
dell’epistolario kircheriano dell’Università Gregoriana scrivono a tal proposito Annibaldi e Cinque:

è difficile condividere le valutazioni ottimistiche di taluni studiosi moderni sulla popolarità


della Musurgia presso i contemporanei. [...] il dato più significativo è sicuramente il fatto
che essa non ebbe alcuna ristampa, e che lo smaltimento delle 1500 copie stampate nel 1650
fu così lento che undici anno dopo esse non erano ancora esaurite. [...] Maggior diffusione
sembra aver avuto nei paesi germanofoni una traduzione tedesca della Musurgia curata
nel 1622 da Andreas Hrisch, che tuttavia ne eliminò tutte le parti tecnico-musicali riducendo
a sei i dieci libri dell’edizione originale. 86

Assodato che la fonte unica di Kircher per la sua Tabula mirifica è stata l’opera di Picerli e
che, a quanto ci è possibile ricavare dalla lettura della Musurgia, egli non ne conoscesse le
potenzialità per la composizione di canoni, dobbiamo rispondere alla terza ed ultima domanda posta
all’inizio del capitolo, ovvero se la Tabula mirifica sia un’invenzione originale di Picerli oppure
uno strumento preesistente che pure il teorico italiano si è limitato a riprodurre. L’indagine è
ovviamente indiziaria: ad oggi non si conoscono opere antecedenti allo Specchio secondo che
riportino la Tabula mirifica. Gli elementi per sostenere questa tesi comunque non mancano, e
devono essere ricercati nella grande differenza concettuale e di portata pratica che emerge tra la
Tabula e le altre due tabelle, alla luce delle scoperte sulla sua applicabilità alla composizione
canonica che abbiamo presentato in questa tesi.

Lo Specchio secondo di musica si apre con una nota “a’ lettori” che recita così:

[Nell’opera] vi si pongono molte regole del contrapunto, o compositione, con un modo nuovo,
& infallibile di fare ogni sorte di contrapunti sciolti, & obligati, o doppi, scritti, & a mente, co’l
canto fermo, e senza di esso.87

86 C. ANNIBALDI, M. T. CINQUE, Fortune e sfortune della “Musurgia Universalis”, op. cit., pp. 44
- 45. Così riguardo agli utilizzatori finali della Musurgia: “Giacché nessuno sospetterebbe che un trattato
teorico-musicale così imponente sia stato inizialmente ignorato dai teorici, apprezzato da pochissimi musicisti di
mestiere e utilizzato intensivamente solo dai musicofili. I quali, per giunta, sembrerebbero essersene serviti
secondo modalità diversissime: ora sviluppandone la problematica tecnica o valendosene per la confezione di
propri pezzi musica, ora proponendosi di utilizzarne alcuni parti a fini didattici o limitandosi a esibirne i tomi
negli scaffali della propria libreria ‘matematica’”. Ivi, p. 48.
87 S. PICERLI, Specchio secondo di musica, op. cit., p. III.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

Da queste parole sembrerebbe che l’intero sistema didattico proposto da Picerli, Tabula
mirifica compresa, sia stato congegnato e sviluppato in maniera indipendente, “con un modo
nuovo”, dall’autore. In effetti, entrambi gli Specchi testimoniano una certa spinta all’originalità
del teorico italiano, che pur nell’affrontare aspetti teorico-tecnici tradizionali è non raramente alla
ricerca di modalità alternative per organizzare e proporre il materiale didattico; per esempio, in
apertura dello Specchio primo utilizza una tavola delle “figure o campane e tastami” al posto
della consueta mano guidoniana, mentre poche pagine dopo presenta un sistema di solmisazione
originale e “allargato.”88 Ciò non toglie che la tabelle di Picerli potrebbero essere “nuove” non
perché originali ma perché, almeno nel caso della Tabula mirifica, fatte emergere per la prima
volta dalla tradizione orale e stampate in un trattato di pubblica diffusione. D’altra parte, al di là di
quanto annunciato, la “lineare chiarezza”89 degli Specchi non va ricercata nei suoi schemi e nelle
sue tavole, che appaiono invero di difficoltosa consultazione, quanto nella selezione generale degli
argomenti, nello stile letterario dell’autore e nei numerosi esempi forniti al lettore, di cui le prime
due tabelle sono solamente riassunti grafici. Tra l’altro, se per Kircher il ricorso a schemi e tavole
numeriche e combinatorie è la prassi per la trattazione di qualsiasi argomento, le tre tavole in esame
sono invece le uniche presenti nelle oltre duecento pagine dello Specchio secondo (lo
Specchio primo è addirittura privo di qualsiasi schema numerico, se non quello, obbligato, per
la spiegazione delle proporzioni).

A questo punto, ipotizzare che le prime due tabelle (tab. 12 e 13) siano opera originale di
Picerli non presenta alcun problema. Esse sono perfettamente integrate nel discorso: annunciate le
finalità e l’ambito della loro validità, esse risultano la logica conseguenza grafica delle regole che
devono riassumere. Picerli le spiega in maniera esaustiva, ed esse non presentano alcuna qualità
matematica o combinatoria che possa far ipotizzare ulteriori sviluppi. La Tabula mirifica è
differente su qualsiasi piano.

Innanzitutto essa gode di una completezza ed esaustività di chiara matrice combinatoria,


estranea alle altre tavole: se quest’ultime si limitano a riprodurre solamente le numeriche utili al
processo compositivo (operando a volte anche delle semplificazioni, come nel caso della colonna
“unisono” della tab. 12, lasciata vuota perché al suo posto può essere utilizzata la colonna
dell’ottava), la Tabula mirifica contiene tutti i numeri da 1 a 15, anche quelli che per il teorico
risultano inutili ai fini dell’utilizzo pratico. Per esempio, il contrappunto doppio alla seconda e alla

88 Cfr. S. PICERLI, Specchio primo di musica, op. cit., pp. 8 - 14, e O. BERETTA, introduzione a S.
PICERLI, Specchi di Musica, op. cit., pp. XIV - XV.
89 Così definisce la didattica di Picerli D. TORELLI in Picerli Silverio, in “Dizionario Bibliografico degli
Italiani”, op. cit.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

nona sono per Picerli impossibili,90 ma ciononostante le righe ad essi relative sono presenti e non
differenziate o segnalate in alcun modo.

Ancora, a differenza delle altre tavole, l’ambito di operatività della Tabula mirifica viene
annunciato ma non esaurito in fase di spiegazione: delle infinite applicazioni nominate, quale
ausilio per fare contrappunti reversibili, “trasformationi” e trasposizioni, canoni con o senza canto
dato etc., egli mostra solo come realizzare contrappunti doppi. In questa tesi abbiamo dimostrato
come la Tabula mirifica sia strumento perfettamente funzionante per la composizione assistita di
canoni, in un processo che garantisce al compositore realmente “un modo nuovo, & infallibile” di
riuscita canonica, attraverso la sola composizione del dux. Nel trattare i canoni, invece, Picerli non
propone alcun metodo sistematizzante, limitandosi al solito e insoddisfacente procedimento di
comporre alternativamente dux e comes, verificando costantemente l’assenza di errori.91 In
questo senso, la tabula mirifica viene citata esclusivamente come ausilio per la composizione di
canoni doppi (che l’autore fa rientrare nella categoria dei canoni obligati) cioè utilizzata per
verificare quali intervalli armonici consonanti, se rivoltati secondo il tipo di canone reversibile
scelto, daranno origine ad altrettante consonanze, in accordo alla modalità in cui era impiegata per i
contrappunti reversibili.92 Se Picerli fosse stato veramente “l’inventore” della Tabula, perché
avrebbe dovuto tacere delle sue proprietà migliori e più teatralmente spettacolari, limitandosi ad
annunciarle en passant?

Ulteriore indizio di come Tabula mirifica sia differente dalle altre tabelle è la sua
organizzazione tipografica: le prime due tavole sono riprodotte senza titolo, mentre essa non solo
90 Le motivazioni di Picerli sono le seguenti: “Il detto contrapunto non si può restringere più, che alla terza, in
quanto alla sua replicabilità, & a due consonanze diverse, in quanto alla sua componibilità; poiché alla seconda
(come anco alla nona, sua derivata) niun contrapunto è propriamente replicabile, diventando in essa tutte le
consonanze, dissonanze, e tutte le dissonanze, consonanze, come nell’inscritta tavola si vede.”
S. PICERLI, Specchio secondo di musica, op. cit., p. 61.
91 Così il teorico: “Questi [canoni] si fanno facilmente (per darli la vera forma) in questo modo. Si mette in
cartella nelle caselle dell’ordine della guida il principio, c’ha da fare il canone, cioè tutto quello, c’ha da dire la
guida avanti che comincino l’altre parti. Dipoi quell’istesso si mette nelle caselle dell’ordini dell’altre parti,
c’hanno da seguir la prima, all’unisono, alla seconda, alla terza, overo a qualsivogl’altra consonanza, o
dissonanza, sotto, o sopra di essa. Fatto questo, si compone nella parte della guida sotto, o sopra’l detto principio
del canone, posto nella prima parte conseguente a ciascun’altra parte nella sua propria corda, o luogo. Dopo
questo, si torna a comporre nell’istessa parte della guida sotto, o sopra le due parti conseguenti, es’aggiugne come
di sopra, e si torna a comporre, & aggiugnere come prima, infin ch’è posta in tutte le parti la prima fuga, o
principio del canone.”
Ivi, p. 130.
92 “Il primo genere si distingue, o parte in tutt’i generi, o specie, d’obligationi, contenute nella tavola de’
contrapunti, e canoni obligati, posta, e dichiarata di sopra nel cap. 19 e frequenti; dove si contengono dodici forme
di canoni in tal genere obligati secondo le dodici obligationi, & osservationi, ivi numerate [...] Dove
bisogn’avertire, che le dette osservationi, & obligationi, consistono in questo (come s’è detto anco de’ contrapunti)
che il Compositore non si può servire in far detti canoni, se nò di quelle consonanze, e dissonanze, che da quelle
se gli concedono, cioè, che in quelle riescono buone [...].”
Ivi, p. 133.
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UNA STORIA DELLA TABULA MIRIFICA

gode di un nome proprio, ma anche di uno piuttosto impegnativo: Tavola d’oro (del modo di
fare i contrapunti [...]) - unica frase dell’intera opera, tra l’altro, stampata in corsivo.

A questo punto, l’ipotesi che Picerli abbia sviluppato una tavola dalla forma così particolare
senza rendersi conto delle sue reali potenzialità ed applicazioni, e che comunque le abbia dato un
titolo altisonante, in un’opera in cui le altre figure sono stampate senza nome, appare ancor meno
credibile. Sopratutto perché, al contrario delle altre tavole, la Tabula mirifica è un reale oggetto
matematico e di pura logica combinatoria: la Tabula mirifica è una matrice di Toeplitz.

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