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VERDIANI
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PARMA, 2018
L’enigma delle quattro Ave Maria di Verdi
Susanna Pasticci
Un’altra Ave Maria! Sarebbe la quarta! Potrei così sperare d’essere dopo la mia
morte, beatificato1.
Direte che non val la pena di occuparsi di queste inezie, ed avete ben ragione.
Ma che volete! Quando si è vecchi si diventa ragazzi, dicono. Queste inezie mi
Questo saggio è dedicato al mio caro amico Edoardo Crisci, professore di paleografia e
musicista, che mi ha aiutato nella trascrizione degli abbozzi verdiani.
1
Verdi a Boito, 6 marzo 1889, in Carteggio Verdi-Boito, a cura di Marcello Conati,
Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 191.
2
Curiosità… armoniche, in «Gazzetta Musicale di Milano», 32 (5 agosto 1888), p. 292.
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Siete Voi, Voi principale colpevole, che dovete farvi perdonare quel Credo!
Ora Voi non potete far a meno di metter in musica un Credo cattolico a quat-
tro parti alla Palestrina; ben inteso dopo d’aver finito quel tal che nomar non
oso [allude al Nerone].
In quanto a me spero d’aver aggiustate bene le mie cose con S. S. Le Ave Maria
sono diventate cinque in vece di quattro!!
E come?
Quella tal Scala non bastava per tutta la Preghiera; e così credetti di aggiungere
al Soprano la stessa Scala alla Quarta del Tono… ma impossibile dopo (e par
tanto facile) tornare al Tono Principale con garbo e naturalezza. Allora ho
aggiunto un’altra Scala al Contralto in do; ed un’altra al Tenore in fà: e così
ho fatto le due Ave Maria. Strano che con quella sgangherata Scala riescano
buone le modulazioni, e buona la disposizione di parti!!5
3
Verdi a Boito, 6 marzo 1889, in Carteggio Verdi-Boito, p. 190.
4
Verdi a Boito, 7 marzo 1889, in Carteggio Verdi-Boito, p. 192.
5
Verdi a Boito, 11 marzo 1889, in Carteggio Verdi-Boito, p. 193. Lo scambio di battute
si conclude con l’ultima risposta di Boito, in una lettera del 13 marzo: «Ho una gran voglia
di vedere la quinta Ave Maria. La prima volta che ci vedremo la pregherò d’accontentarmi»
(Verdi a Boito, 13 marzo 1889, in Carteggio Verdi-Boito, p. 195).
6
L’Ave Maria fu pubblicata nel 1898 nell’edizione per canto e pianoforte dei Quattro
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pezzi sacri (n. ed. 101729), e in edizioni separate sia per voci sole (n. ed. 100010), sia in una
riduzione per canto e pianoforte di Gaetano Luporini (n. ed. 101468).
7
MARCELLO CONATI, Le “Ave Maria” su scala enigmatica di Verdi dalla prima alla se-
conda stesura (1889-1897), in «Rivista Italiana di Musicologia», XIII/2 (1978), pp. 280-311;
cfr. anche ID., “Torniamo all’antico”, ovvero l’atteggiamento di Verdi nei confronti della musi-
ca vocale e strumentale, a proposito delle “Ave Maria su scala enigmatica”, in «La Cartellina»,
5/8 (1981), pp. 8-25.
8
HANS ELMAR BACH, “…gigante anche quando giuoca”: Zwei Fassungen der “Scharade”
“Ave Maria” von Verdi, in Aspetti musicali: Musikhistorische Dimensionen Italiens 1600 bis
2000, Festschrift für Dieter Kämper zum 65. Geburtstag, a cura di Norbert Bolin, Christoph
von Blumröder e Imke Misch, Köln-Rheinkasse, Dohr, 2001, pp. 225-234; RICHARD BUR-
KE, “That Awkward Scale”: Verdi, Puccini, and the “Scala enigmatica”, in «Music Theory
Online», 21/2 (2015); JENS MARGGRAF, Verdis “Ave Maria” zwischen Tradition und Moderne.
Oder: der lange Weg von C-Dur nach C-Dur, in «Verdi Perspektiven», 1 (2016), pp. 145-161.
9
Ringrazio Sandro Cappelletto per avermi suggerito di approfondire questo tema di
ricerca.
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La figura della donna che prega con umiltà e fervore per invocare aiuto,
clemenza o misericordia, è una costante nell’opera ottocentesca e anche nel
repertorio verdiano, dove la supplica può assumere sia la forma di arie estese
che di brevi ingiunzioni. Anche se nei repertori della prima metà del secolo
le preghiere acquistano una forte rilevanza musicale sia in termini di logica
che di struttura, la loro presenza è dettata solo da esigenze drammaturgiche,
e non certo dall’intenzione di trasmettere contenuti edificanti e religiosi.
In altre parole, come ha rilevato Friedrich Lippmann, la messa in scena di
un atto di devozione spirituale rappresenta solo un mezzo particolarmente
efficace per enfatizzare la componente sentimentale e affettiva dell’opera19.
La prima Ave Maria composta da Verdi è il «Salve, Maria» intonato
da Giselda nel primo atto dei Lombardi alla prima crociata. Già il titolo
dell’opera, rappresentata per la prima volta alla Scala nel 1843, contiene
un riferimento molto esplicito all’universo della religione, e il libretto di
Temistocle Solera, tratto dall’omonimo poema di Tommaso Grossi pub-
18
Ivi, pp. 130-131.
19
FRIEDRICH LIPPMANN, “Casta diva”: La preghiera nell’opera italiana della prima metà
dell’Ottocento, in «Recercare», 2 (1990), pp. 173-209; cfr. anche ROBERT SCHUSTER, Die kir-
chliche Szene in der Oper des 19. Jahrhunderts, Sinzing, Studio, 2004; RODNEY STENNING
EDGECOMBE, Conventions of Prayer in Some 19th-Century Operas, in «Musical Times», 146
(2005), pp. 45-60.
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“Sacralizzare” la tradizione
Dovrà passare molto tempo prima che Verdi torni a confrontarsi nuo-
vamente con la preghiera mariana, e stavolta la sua creatività si orienterà in
un ambito d’azione completamente diverso: non più il melodramma, ma
la musica da concerto. Alla fine degli anni Settanta, infatti, Verdi decise di
musicare due preghiere “volgarizzate” da Dante, e compose l’Ave Maria
per soprano e archi e il Pater noster per coro a cinque voci a cappella, che
vennero eseguiti per la prima volta alla Scala nel 1880. In realtà nessuno dei
due testi è dantesco, visto che si tratta di due parafrasi delle preghiere litur-
giche scritte da Antonio de’ Beccari da Ferrara alla fine del XIV secolo37. La
questione della corretta attribuzione di questi testi era già stata ampiamente
risolta all’epoca di Verdi, ma il frontespizio dello spartito dell’Ave Maria
pubblicata da Ricordi nel 1880 – come pure la partitura del Pater noster –
riporta chiaramente la dicitura «volgarizzata da Dante»38.
Nel ricostruire la storia della diffusione di questi testi, Antonio Rosta-
gno ha dimostrato che l’attribuzione dantesca, assai diffusa nell’Ottocen-
to, era legata alla circolazione di diverse edizioni della Commedia; e non
potendo dubitare della buona fede di Verdi, interpreta le sue scelte testuali
come il riflesso di un preciso disegno di politica culturale. Come Manzoni,
infatti, anche Dante rappresentava un modello di letteratura nazionale di
indiscusso prestigio e dignità artistica. Anche se l’Italia era ormai diventata
uno Stato unitario, Verdi era consapevole della mancanza di un comune
senso della nazione, e soprattutto della necessità di affermare e diffondere
un patrimonio culturale fondato su pilastri solidi e autorevoli, per edificare
uno spirito di appartenenza identitaria39. La figura di Dante era perfetta-
mente funzionale a questo obiettivo; piuttosto che riprendere i temi della
Commedia come fonte d’ispirazione per un’azione drammaturgica, tutta-
via, Verdi preferì utilizzare le poesie dantesche come materia per pezzi da
37
GEORGE MARTIN, Aspects of Verdi, New York, Dodd, Mead and Company, 1988, p.
286.
38
Il titolo completo del pezzo basato sulla preghiera mariana è Ave Maria volgarizzata
da Dante. Musicata per una voce di soprano con accompagnamento di strumenti d’arco. Il
pezzo venne stampato da Ricordi nel 1880 solo nella riduzione per canto e pianoforte (n. ed.
46854).
39
ANTONIO ROSTAGNO, Dante nella musica dell’Ottocento, in «Atti e Memorie dell’Ar-
cadia», 2 (2013), pp. 175-241.
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Un «angiolo» in preghiera
49
RUPERT BERGER, Osservazioni sul “Pater noster” di Verdi, in Atti del primo congresso
internazionale di studi verdiani, 1966, pp. 22-26.
50
MARTIN, Verdi’s Second “Ave Maria”, 1880, in Aspects of Verdi, pp. 211-225.
51
PIERLUIGI PETROBELLI, On Dante and Italian Music: Three Moments, in «Cambridge
Opera Journal», 2/3 (1990), pp. 219-249: 236-237.
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Disposizione scenica per l’opera “Otello”, dramma lirico in quattro atti, versi di Arrigo
Boito, musica di Giuseppe Verdi, compilata e regolata secondo la messa in scena del Teatro alla
Scala da Giulio Ricordi, Milano, Ricordi, s.d. [1887], p. 5.
57
MARCO BEGHELLI, La retorica del rituale nel melodramma ottocentesco, Parma, Istitu-
to nazionale di studi verdiani, 2003, pp. 75-78.
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Non si conosce l’attuale collocazione delle fonti manoscritte riprodotte nelle 19 fo-
tografie: nel 1995 vennero messe in vendita dalla casa d’aste Sotheby’s di Londra, ma non
si hanno notizie sull’esito della vendita. Nel 1924 i manoscritti erano stati donati da Maria
Carrara Verdi all’impresario Giulio Gatti-Casazza, che presumibilmente fece realizzare delle
copie fotografiche per l’amico Toscanini. Per una descrizione dettagliata delle fonti e della
loro storia si rinvia a LINDA B. FAIRTILE, Verdi’s First “Willow Song”: New Sketches and Drafts
for “Otello”, in «19th Century Music», 19/3 (1996), pp. 213-230.
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La notazione di chiavi, tonalità e alterazioni è ridotta al minimo; alcune pagine con-
tengono battute cancellate e riscritte, e la maggior parte evidenziano cambiamenti di altezze,
ritmi e testo.
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Le tre stesure sono state allineate in modo tale da evidenziare le concordanze; di con-
seguenza, ove necessario alcune battute sono state lasciate vuote. Nel testo si registra una
sola differenza tra le due versioni degli abbozzi e quella della partitura definitiva: il verso «e
pel misero oppresso e pel possente» degli abbozzi diventa nella versione finale «e pel debole
oppresso e pel possente».
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pre associato alla parola «prega», dando vita a un’articolazione formale che
risulta al tempo stesso irregolare e ripetitiva.
La seconda versione risponde invece a una logica completamente diver-
sa: le prime due battute vengono compresse in una sola battuta; la melodia
diventa più semplice, fluida, essenziale e si modella sulle note della triade di
tonica, senza alcun abbellimento. Nelle battute successive, il motivo iniziale
non viene più associato sistematicamente alla parola «prega» ma viene utiliz-
zato secondo una logica puramente musicale, per dar vita a una successione
di frasi musicali modellate secondo l’articolazione tipica della lyric form.
Per quanto vicina alla versione definitiva, la seconda stesura conserva
ancora alcune vestigia dell’andamento cromatico e ricco di ornamentazioni
della prima: ad esempio, il movimento cromatico La -Si in corrispondenza
delle parole «per l’innocente» (battuta 6), che nella versione definitiva si
trasforma invece in un movimento diatonico Lab-Sib; e ancora, la nota di
passaggio cromatica Si di battuta 7, che ha la funzione di enfatizzare l’ini-
zio della frase successiva, e che nella versione definitiva viene invece sosti-
tuita da una pausa. Le differenze tra la seconda e la terza versione diventano
ancora più marcate in corrispondenza delle battute 12-15, dove ancora una
volta la versione definitiva mostra una soluzione più semplice e lineare, con
la soppressione di un’intera battuta.
In definitiva, il processo creativo dell’«Ave Maria» di Desdemona
documenta un percorso di graduale avvicinamento a un’ideale di purezza
e semplicità che viene conseguito attraverso la progressiva epurazione di
qualunque elemento in grado di evocare un’espressività sentimentale, enfa-
tica e melodrammatica. Quasi a dire che la preghiera “perfetta”, in termini
di drammaturgia musicale, è proprio quella che riesce a tracciare una linea
di demarcazione molto netta tra la sfera della mondanità terrena e la lumi-
nosa austerità della dimensione del trascendente.
La soluzione dell’enigma
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La Scala-Rebus, in «Gazzetta Musicale di Milano», 26 agosto 1888, p. 319.
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Tavola 4. Abbozzo del Cantabile dell’«Ave Maria» (Otello, IV, 2), seconda
versione.
The Toscanini Legacy, JPB 90-1, Music Division, The New York Public Libra-
ry, Astor, Lenox, and Tilden Foundations, per gentile concessione.