Sei sulla pagina 1di 3

Musica e mass media

Vittorio Gelmetti
intr. Marco Alunno

Il testo inedito che proponiamo qui di seguito vuole essere una piccola occasione per ricordare
la gura di Vittorio Gelmetti, compositore non alla moda, deceduto otto anni orsono e,
nonostante la copiosa produzione artistica, rimasto no ad oggi escluso da studi che ne
mettano in risalto la non trascurabile importanza. In questa sede si desidera sottolineare
particolarmente l'acutezza del Gelmetti saggista, che si occupò in modo rilevante del settore
di musica applicata collaborandovi sia in veste teorica che compositiva. Il doppio ruolo
rivestito da Gelmetti (di critico e musicista prestato al teatro e al cinema) ne fa una gura
non comune all'interno del panorama artistico italiano. Inoltre la sua frequentazione assidua
della musica d'avanguardia (elettronica e non) costituì un antecedente di primo piano nella
scrittura di colonne sonore e musiche di scena nettamente al di là della pratica usuale ma,
allo stesso tempo, pienamente in linea con quelle che erano le tendenze sperimentali del
cinema e del teatro a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Sarà per questo che adò la
sua arte ad opere legate a circuiti non commerciali, politicamente militanti, estreme sotto
il prolo linguistico. Ad opere cioè dove la sua curiosità compositiva poteva esprimersi senza
fare i conti con le esigenze di botteghino. Ne approttiamo per citare il nome di alcuni di
quei registi con cui Gelmetti ha collaborato e che possono risultare conosciuti anche ad un
pubblico più vasto di quello specialistico degli studiosi: fratelli Taviani (Sotto il segno dello
scorpione), Michelangelo Antonioni ( Deserto rosso), Ansano Giannarelli ( Sierra Maestra),
Giuseppe Ferrara ( Il sasso in bocca, 100 giorni a Palermo). Nomi di maggior o minor
risonanza in ambito cinematograco ai quali corrispondono (quelli riportati tra parentesi)
lm di dicile impatto sul pubblico. Così come lo fu la musica di Gelmetti e, prima ancora,
il campo esplorativo al quale il compositore ha dedicato gli anni iniziali della sua attività di
ricerca: la musica elettroacustica ed elettronica.
Tuttavia la problematica aermazione di Gelmetti sul territorio musicale italiano è da
attribuirsi forse più alle sue inclinazioni caratteriali e ideologiche che alla sua opera, indub-
biamente complessa ma non per questo meno comunicativa di altre, in special modo se posta a
confronto con certe ardite sperimentazioni musicali di tipo gestuale e aleatorio. Un articolo-
intervista di Ermanno Comuzio, Vittorio Gelmetti: avanguardia ma non dentro alle mode
(in Cineforum, a. 1988, n. 12 (280), pp. 11-4) si preoccupò non a caso di evidenziare la
ritrosia del compositore di fronte a correnti, scuole o associazionismi di qualsiasi genere: un
esempio per tutti il contatto tangenziale con Nuova Consconanza, nonostante che Gelmetti
a Roma abbia vissuto una quarantina d'anni. La preparazione da autodidatta non lo aiutò
certamente a inserirsi, ma da sola non può esaurire l'interrogativo di un Gelmetti noto, ma

1
sospetto come ebbe a denirlo Stefano Leoni (Addio a Gelmetti, il puro, in Il Giornale
della Musica, n. 70, marzo 1992), presente forse più su riviste di cultura contemporanea e
negli ambienti cinematograci che nei centri storici della musica italiana.
Non è stato possibile stabilire la data di stesura del saggio, ma si può ipotizzare che risalga
all'incirca alla ne degli anni Settanta o successivi. Il testo è piuttosto breve e riassuntivo di
posizioni analitiche e didattiche esposte più diusamente in altri interventi critici. Si noterà,
tuttavia, come la scrittura di Gelmetti sia densa di idee chiare e originali perché scaturite
da una pratica diretta dei mass media e non da pure argomentazioni teoriche: segno di una
grande padronanza e di una approfondita riessione sul proprio mestiere.

Marco Alunno

In quella che si può considerare musica per mass media conuiscono esperienze che pro-
vengono dal cinema, dalla pubblicità, dal teatro ed anche dai video. La prevalenza delle
esperienze cinematograche e televisive è senza dubbio determinante.
L'accoppiamento del suono, e del rumore, con il visivo è il ponte nodale per ogni possi-
bile riessione e per ogni possibile ipotesi. Ho spesso aermato che il cinema non ha bisogno
di musica ma di sonoro. E dunque ciò porta a considerare la musica a sé stante, come
organismo autonomo ed autosuciente, come la forma la più estranea possibile al proces-
so di formazione del prodotto visivo. Ma ciò non è un assioma ed è, spesso, contraddetto
dall'uso, talvolta fatto con grande successo, di musiche preesistenti che appartengono alla
cultura musicale acquisita. Vi sono casi in cui l'astrazione musicale, l'emozionalità, il rigore
espressivo e formale, il colore (i timbri) riescono a dare alla vicenda visiva uno spessore,
altrimenti non raggiungibile.
È comunque ovvio che la musica, in tali casi, e non solo in quelli, riesce a trasmettere
emozioni che né il rumore, né la parola, né l'immagine possono comunicare. Va anche detto
che un tale risultato si ha quando il prodotto visivo presuppone una seire, un coacervo di
signicati la cui lettura non è soltanto lineare ed apparente. È questo il caso del tutto
opposto al colossal in cui tutto è scontato, lucido, e possibilmente già capito per voi e
quindi non sollecita seconde, terze, ed altre letture oltre la prima. Ma questo è problema
che esula dal punto di vista da cui stiamo esaminando la situazione specica. È problema
ben più vasto che riguarda ciò che sia da intendersi come arte o no.
Possiamo dire che si può fare una distinzione elementare ma importante: la musica nel
lm e la musica del lm. Nel primo caso tutto ciò che avviene dentro al lm può contenere
musiche che sono parte integrante dell'azione (un solista, un concerto, una canzone, ecc.)
e che contribuiscono all'atmosfera emotiva del lm stesso. Ma se tali musiche riappaiono
senza più il loro supporto visivo, esse cambiano signicato e divengono motivi emozionali e
di memoria che già appartengono a un secondo caso: quello in cui la musica si fa elemento
portante di signicati, come dicevo prima, altrimenti non esprimibili.
Ci sono poi musiche che non esercitano direttamente emozioni da considerarsi legate in
particolare al lm, ma che ne indicano chiaramente la collocazione sociale e storica. Cioè la
collocazione in un ambiente, in una zona determinata geogracamente, in una particolare
società. Sono ad esempio le musiche dei vari stili di jazz, di folklore, ecc. In questo senso

2
la letteratura lmica relativa a aspetti gialli o di spy-story (prevalentemente americana)
è particolarmente esemplare e anche determinante della collocazione non equivoca della
storia narrata. D'altro canto, tale letteratura, benché non sia il suo ne, è estremamente
importante per comunicare una notevole quantità di informazioni di costume e di epoca.
Sono questi i primi elementi di un condizionamento cui si sottopone un compositore che
aronti il problema di fare una musica per lm. Altri condizionamenti sono economici (da
qui una notevole tendenza alle forme cameristiche), altri di gusto, di sensibilità, di cultura
del regista. Questi a volte coincidono con quelli del musicista, a volte (ed è il caso più
frequente) no.
Non voglio qui entrare in dettagli a questo proposito. Rimane comunque facilmente
comprensibile come la necessità, dettata dall'immediatezza della comunicazione e dal livello
medio di cultura del pubblico, chieda perentoriamente l'eliminazione di strutture lessicali
(ma ancor più sintattiche) complesse e non esplicite al primo ascolto. Cioè il ricorso a
stereotipi i più ovvi. È quasi una regola vincolante. In tal senso la grande diusione del rock,
della disco-music e di quanto altro il mercato discograco dionde e impone è un altro degli
elementi condizionanti della pressione socio-culturale cui è sottoposto il compositore. Qui c'è
un momento di raccordo con la musica per spot pubblicitari. Intanto tali prodotti servono
a indicare la attualità del messaggio. Quella modernità che l'ultimo tipo di automobile,
lavatrice, detersivo, pannolino, ecc., devono mostrare. Ci sono poi casi in cui la notorietà di
una romanza, la levigatezza di una trascrizione e di un adeguato arrangiamento comunicano
una astratta ranatezza e un eleganza che si vuole attribuire a un vestito, a un profumo, a
un liquore. Gli esempi, in tal senso, non mancano.
Il video poi, comunica la capacità di associare a una musica, prevalentemente rock,
immagini che non ne sono l'esatta trascrizione, ma che su di essa costruiscono un'arbitra-
ria mobilità, emotività comuni a tipi di montaggio attualmente in diusione e che sono
apparentati ai nonsense.
In tale situazione, sommariamente indicata mi sembra di poter dire che una possibile
dirretrice didattica si può fondare su pochi ma saldi elementi. In primo luogo un' analisi
di ciò che si fa, che si faceva, che si è fatto storicamente. Questo può portare i discenti a
una conscenza approfondita di tutte le tecniche che sono state e sono utilizzate. In tal senso
si può indirizzare l'attività compositiva verso un modo di comporre il più semplice e nello
stesso tempo il più ecace possibile. L'uso di tastiere elettroniche e di campionatori è da
ritenersi necessario nell'esercizio di imitazioni di modelli ritenuti importanti.
Un secondo elemento importante è, a mio avviso, l'individuazione mediante analisi delle
possibili soluzione di fronte a un problema specico (sequenza di lm, spot, ecc.) e di
conseguenza la realizzazione della soluzione prescelta. Imponderabile rimane il gusto, la
sensibilità, la cultura e la capacità dell'allievo.

Vittorio Gelmetti

Potrebbero piacerti anche