Sei sulla pagina 1di 6

trovarsi «all’estrema periferia dell’impero culturale»?

ha perseguito l’utopia di un suono visionario, tellurico, denso di


dell’ascoltatore e di


Alessandro Arbo è docente di Estetica musicale all’Università di Strasburgo.

della musica nel Novecento ha curato, tra l’altro, la prima raccolta di scritti

Archéologie de l’écoute. Essais


d’esthétique Entendre comme. Wittgenstein et l’esthétique musicale

all’ombra

€ 10

trovarsi «all’estrema periferia dell’impero culturale»? OLTRE LE PERIFERIE DELL’IMPERO

ha perseguito l’utopia di un suono visionario, tellurico, denso di Omaggio a Fausto Romitelli


OLTRE LE PERIFERIE DELL’IMPERO

dell’ascoltatore e di

Alessandro Arbo è docente di Estetica musicale all’Università di Strasburgo.

della musica nel Novecento ha curato, tra l’altro, la prima raccolta di scritti

Archéologie de l’écoute. Essais


d’esthétique Entendre comme. Wittgenstein et l’esthétique musicale

all’ombra a cura di Alessandro Arbo


Trauben

€ 12 Trauben
Introduzione

Un compositore oggi deve confrontarsi con


l’insieme del paesaggio musicale contemporaneo.
In questo senso la modernità non è una freccia
che sale seguendo una traiettoria lineare, ma un
movimento che, per avanzare, deve saper recu-
perare delle cose dietro, ai lati, ecc. e continuare
ad avanzare […].

Fausto Romitelli, Produrre uno scarto: low-fi e


scrittura (Intervista con Eric Denut)

Nel descrivere la sua attività – ma anche nel rappresentarsi più in


generale la posizione nella quale viene a trovarsi oggi un composito-
re – Fausto Romitelli parlava di «sopravvivenza all’estrema periferia
dell’impero culturale»1. Guardandosi in giro, considerata la non faci-
le esistenza di chi ha deciso d’intraprendere una tale carriera, c’è da
credere che l’affermazione sia ancora valida. Essa richiede tuttavia
qualche chiarimento: in che senso alla periferia? E di quale impero
culturale?
In primo luogo, come suggeriva Romitelli, la marginalità sembra
dettata da una situazione culturale, sociale e forse persino antropo-
logica, che avvantaggia altre forme di espressione artistica. È facile
constatarlo: ci sarà facilmente capitato di discorrere dell’ultimo film
di Martin Scorsese, Woody Allen o Roman Polanski, o di commen-
tare una recente serie televisiva, o un nuovo edificio nella piazza di
una città d’arte. Ben più di rado questa sorte tocca a un’opera musi-
cale. Certo, si potrebbe replicare che le istituzioni per questo genere
di novità non mancano: i grandi festival europei, divenuti appunta-

1 Fausto Romitelli, Il compositore come virus, in Milano Musica: percorsi di musica

d’oggi. Il pensiero e l’espressione. Aspetti del secondo Novecento in Italia, Milano,


2001; ripubbl. in Alessandro Arbo (a cura di), Il corpo elettrico. Viaggio nel
suono di Fausto Romitelli, Monfalcone, Il teatro, 2004, p. 81.

9
menti per gli appassionati, oppure alcune note sale da concerto (a
Parigi vengono subito in mente quella con i pannelli mobili nel sot-
tosuolo dell’IRCAM, o la non meno straordinaria «Olivier Messiaen»
di Radio France). Ma si tratta, appunto, di luoghi deputati, ovvero,
se vogliamo richiamare l’ironia con cui ne parlava Romitelli, di «Club
Méditerranée per intellettuali», troppo spesso distanti dal mondo
reale2.
Chiedersi come siamo arrivati a questo punto esula dalle inten-
zioni di questo libro, che si pone il più modesto obiettivo di discute-
re alcune ragioni dell’interesse dell’opera di questo compositore di
talento. Non senza rinunciare, però, a mantenere in esergo, o a met-
tere all’occasione sul tappeto, la questione da lui sollevata: che cosa
può fare oggi un compositore che si trova a operare in una posizio-
ne così decentrata?
Le vie intraviste da Romitelli erano le seguenti:

Alcuni di noi si chiudono sempre di più in linguaggi privati ed eso-


terici; altri cercano affannosamente di riconquistare, se non il favo-
re, almeno la tiepida indulgenza del pubblico della musica classica.
Altri, però, accettano la sfida con il mondo o, piuttosto, con il gran-
de show mediatico e sponsorizzato che lo sostituisce, e tentano di
camminare su quel sottile filo di lana che separa il banale dall’astru-
so, l’eccesso d’informazione dall’eccesso di ridondanza, l’impossibi-
lità di comunicare dalla facilità di trasmettere messaggi predigeriti 3.

Le prime due sembrano richiamare, in un’immagine un po’ sbia-


dita, l’alternativa fra apocalittici e integrati. Non gli sarebbero mai
andate a genio: troppo strette e solo all’apparenza praticabili. Nessu-
na nicchia era riuscita a convincerlo: nel suo temperamento c’era il
coraggio di chi, trovandosi a navigare a vista nelle condizioni più

2 Cfr. Fausto Romitelli, L’insurgé, intervista con Omer Corlaix, «Musica Falsa»,
11, 2000, p. 84-85; ripubbl. in A. Arbo (a cura di), Il corpo elettrico, p. 153.
3 F. Romitelli, Il compositore come virus, p. 83.

10
sfavorevoli, riusciva a trasformare quel suo essere nella tormenta in
autentica energia vitale. Quanto alla terza, più che una via praticata da
“altri”, è un’esatta rappresentazione del proprio lavoro: di quel suo
tentativo di entrare nei potenti flussi della comunicazione globale,
cercando di camminare sul filo che separa, appunto, gli estremi del
banale e dell’astruso, scoprendo le carte e mostrando con sicura pas-
sione, ma anche con disincanto, la vacuità del gioco che bene o male
stiamo tutti giocando. Come è stato scritto4, Romitelli è uno dei pochi
che hanno saputo attraversare in modo fruttuoso questi anni di gran
confusione, traendo linfe vitali dal magma mediatico che ci circonda e
mostrando che anche in una posizione così incerta e fluttuante posso-
no nascere capolavori.
Lo stare alla periferia sembra valere allora in un duplice e forse
persino triplice senso: oltre ad apparire eccentrica nei confronti delle
altre espressioni artistiche, l’opera di Romitelli lo è nei confronti di
ogni prodotto di facile consumo (visibile in tutte le arti, musica
compresa); e lo è anche – come si può forse dire con maggiore con-
sapevolezza oggi – rispetto alle vie praticate dai compositori che
hanno cercato di ritrovare i favori del pubblico o di corrispondere a
gusti più elitari. Ecco perché, ancora oggi, questa scelta può apparire
dislocata, e anzi confinata proprio all’estrema periferia di un impero
che altro non è che l’industria culturale – divenuta infinitamente più
potente e pervasiva nell’omologare la nostra esistenza di quanto
potesse esserlo ai tempi dei francofortesi.
Bene, ma allora, tornando alla domanda che ci siamo posti, che
cosa può fare un compositore in una simile situazione? Credo che le
risposte individuate da Romitelli siano riconducibili a due strategie di
fondo: guardarsi attorno e, malgrado tutto, guardare avanti, oltre a
quello che ci circonda. Questa semplice dichiarazione le contiene
entrambe:

4Michele Coralli, recensione di An Index of Metals, «Amadeus», n. 193, 2005;


Internet: http://www.altremusiche.it/sx/testi/rececd/romitelli.htm.

11
Ascolto diversi generi di musiche, e tutti non hanno niente a
che vedere con la musica che scrivo. D’altronde, cerco di
scrivere una musica che non esiste ma che vorrei sentire, ed è
proprio per questo che la scrivo…5

Sembra l’uovo di Colombo. Viene da pensare, però, che se i


compositori capaci di perseverare in questa direzione non fossero
così rari, la sensazione di trovarsi distanti dal centro si ridurrebbe o
sarebbe francamente trascurabile. Le condizioni di questa disloca-
zione rimangono peraltro generali, sovraordinate al talento o al sicu-
ro istinto di chi, tenendo le orecchie bene aperte, captando quanto di
più vivo, ma anche di più atmosferico, panico e rituale si possa trovare
nelle musiche attuali, a prescindere dal fatto che appartengano alla
sfera commerciale o di largo consumo, si era posto l’imperativo, che
alcuni anni fa si sarebbe detto “modernista”, di forgiarsi un linguaggio
o di scrivere una musica che ancora non c’è, puntando con sicurezza
oltre a quelle periferie nelle quali sentiva ancorato il suo destino.
Cosa c’è in quell’oltre? Nel caso di Romitelli si può forse rispon-
dere così: un suono originale, denso di riferimenti ma soprattutto
tellurico, visionario, in grado di parlare ai sensi e ancora più gene-
ralmente al corpo dell’ascoltatore, come avevano fatto la chitarra di
Jimi Hendrix o le tastiere di Richard Wright, catturando la sua im-
maginazione e continuando a tormentarla con la forza di un enigma.
Avvicinarsi al modo in cui il compositore ha percorso questa via,
entrare per un momento nella fucina dalla quale sono uscite opere
così vigorose, ipnotiche, lisergiche e persino violente all’occasione,
cercare di comprenderne le radici, approfondire la genesi di quelle
singolari traiettorie della distorsione, della saturazione e del degrado:
sono questi gli obiettivi che hanno animato le comunicazioni pre-
sentate a una tavola rotonda organizzata nel novembre 2013 a Gori-

5Fausto Romitelli, Attaquons le réel à sa racine. Entretien de Fausto Romitelli, in


Danielle Cohen-Levinas, La création après la musique contemporaine, Paris,
L’Harmattan/L’Itinéraire, 1999, p. 90.

12
zia dall’associazione monfalconese «More Music», in occasione del
festival musicale annuale («All Frontiers») e della ricorrenza dei 50
anni dalla nascita del compositore. Ai testi degli interventi, che con-
servano la brevità e il carattere dell’esposizione orale, questa pubbli-
cazione aggiunge un articolato studio di Pierluca Lanzilotta dedicato
ad Audiodrome (2003) – un’opera che da sola costituisce una sintesi
dell’intera poetica musicale di Romitelli – e agli ultimi progetti dei
quali ci ha lasciato traccia. Per rendere più presente la sua voce, si
sono inoltre riprese le brevi presentazioni di due brani concepiti
all’inizio degli anni Novanta, nel momento in cui la sua musica regi-
strava un’importante fase di maturazione. Completano il volume, un
ricordo tracciato dallo scrivente a pochi mesi dalla sua scomparsa,
una cronologia, gli apparati bibliografici e un elenco dei suoi lavori.
Quest’ultimo è stato organizzato in ordine cronologico, attenendosi
al principio della maggiore completezza possibile: vi sono recensiti,
oltre alle composizioni edite da Ricordi, i lavori inediti, prevalente-
mente giovanili e ancora poco conosciuti.
Alessandro Arbo

Ringraziamenti
Un sincero ringraziamento a Tullio Angelini, alla cui iniziativa si
deve l’organizzazione della tavola rotonda dalla quale ha preso il via
questo volume. Desidero inoltre ringraziare Fosca Pozzar Colinassi,
per le puntuali trascrizioni degli interventi, e Riccardo Braggion, per
l’efficace collaborazione nella messa a punto dell’edizione. Infine,
ma come sempre non da ultimo, un vivo ringraziamento al dott.
Piero de Gennaro, che l’ha gentilmente accolta nella collezione mu-
sicologica di Trauben.

13

Potrebbero piacerti anche