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Vittorio Gelmetti - sperimentazione e cinema

Marco Alunno
1 Introduzione.
La vita artistica di Vittorio Gelmetti abbracciò, in maniera singolarmente poliedrica, l'am-
bito musicale italiano a partire dalla metà degli anni cinquanta no all'inizio degli anni
ottanta. Come compositore coprì l'ambito della musica per concerto (dalla sperimenta-
zione elettronica, alla musica strumentale, a tecniche miste e collagistiche), della musica
per il cinema, per il teatro e per la televisione. Esercitò inoltre in qualità di didatta e
partecipò al dibattito teorico-estetico sulla musica d'avanguardia e per lm scrivendo su
riviste di settore. In ogni campo toccato ha lasciato una produzione non copiosa ma densa
di idee e originalità. In qualche maniera è riuscito a bilanciare la sua attività creativa di
modo che ogni ambito musicale presenta un numero di opere tale da permettere un'analisi
settoriale approfondita. Nonostante questo, non esistono barriere o separazioni estetiche
rilevanti nelle polimorfe manifestazioni artistiche di Gelmetti. Tutto è sempre riconducibile
ad una pacica eppure intensamente sentita lotta contro ciò che Eichenbaum ha chiamato
automatismo della percezione, o, in termini più socio-politici, conformismo del pubblico.
Gelmetti nasce come sperimentatore e muore come sperimentatore, senza compromessi,
senza concessioni di sorta. Gli epitomi, storici, nel loro piccolo, coniati da Stefano Leoni
(Gelmetti il puro) e Ermanno Comuzio (compositore non dentro alle mode) suggellano
al meglio la gura del musicista e non necessitano altri commenti. Tuttavia ad essi si è
aggiunto, non senza ragione, il termine anarchico che noi, sulla scia di precedenti autori,
abbiamo utilizzato a più riprese in altre sedi. É questo il momento di sostituire un termine
che può dare origine a erronee interpretazioni politiche con un aggettivo meno compromet-
tente e, a nostro avviso, più veritiero. Gelmetti era un intellettuale sospettosoe per tanto
appartato dalla scena musicale predominante. É stato in primis un osservatore che, dopo
aver osservato con spirito assai critico, ha operato sovente in reazione a quelle che erano le
scuole di pensiero accreditate (soprattutto il serialismo e l'aleatorietà) senza, per questo,
abbandonare mai la strada della ricerca e dell'avanguardia.
Gelmetti si è sempre proiettato verso il futuro, ma ad un certo momento della sua
carriera il sospetto, il dubbio e un'indole malinconica, probabilmente presente da sempre
ma non esplicitata del tutto, hanno provocato una torsione stilistica di notevole entità. É
dicile dare le ragioni del perché il collagismo meta-storico e meta-stilistico sia divenuto
nel corso degli anni un tratto preponderante della musica di Gelmetti. Si può ipotizzare
che la riessione continua sui pregi e i mali della musica contemporanea abbia dato al

1
compositore la misura di come non esistano strade dorate da seguire perché l'unica possibile
non è una strada ma una piazza senza uscite in cui si danno appuntamento in una sorta
di panacea acustica, gli stimoli sonori che la tradizione occidentale ci ha oerto n dai
suoi primordi. Quella del collagismo è stata apparentemente una scelta dettata da spinte
espressive del tutto irrazionali, uno sbocco, a giudicare a posteriori, inevitabile e salvico ma
1 É attraverso il collage che Gelmetti ha potuto dar sfogo ad un insopprimibile
non scontato.
2
sentimento nostalgico verso le ceneri del mondo sonoro a cui apparteneva, in cui è nato e
cresciuto.
Le analisi dei lm che presentiamo di seguito hanno come scopo ripercorrere velocemente
i passaggi salienti dell'evoluzione stilistica di Gelmetti, dalla sperimentazione elettronica,
alla musica strumentale e, inne, al collage. Questo a dimostrare come per il compositore
non sia mai esistita alcuna soluzione di continuità tra l'impegno nel campo della musica da
concerto (l'unica considerata seria) e la musica applicata.

2 Musica per lm.


La lmograa di Gelmetti comprende trenta colonne musica per opere di vario genere e
destinazione: lungometraggi, cortometraggi, documentari e lm televisivi. In appendice è
proposta la lista completa dei lavori musicati da Gelmetti, nonché la serie di articoli che il
compositore ha dedicato alla musica per lm e alla musica in generale.
Buona parte delle opere citate è del tutto sconosciuta al grande pubblico per la sempli-
ce ragione che Gelmetti ha quasi sempre lavorato in un ambiente di semi-clandestinità, in
un underground cinematograco che, soprattutto negli anni sessanta, era comune a tutte
le tendenze avanguardistiche europee e non.
3 Non è facile individuare i motivi che hanno

portato Gelmetti a collaborare con una frangia assolutamente non commerciale del cinema
italiano. Sicuramente l'estetica sperimentale dei lm dava suciente spazio ad un'altrettan-
to sperimentale estetica della musica. Inoltre, le tendenze sinistrorse dei registi sposavano
in parte l'ideologia del compositore, per quanto Gelmetti, denominato l'anarchico, come
abbiamo detto, sia sempre rimasto lontano dal condividere uno specico pensiero politico.
A stare alle parole del compositore ragioni di carattere economico lo hanno avvicinato al
cinema. Senza dubbio le sue scelte artistiche contraddicono quanto da lui aermato: salvo
il caso di Giuliano Ferrara, i diritti d'autore per gli altri lm non lo hanno mai aiutato, per
così dire, a sbarcare il lunario. Ma ciò che più colpisce è che, a quanto pare, il compositore

1
Senza l'incontro con la Pop Art e con, soprattutto, Duchamp e il Neo-Dadaismo, forse Gelmetti avreb-
be impiegato più tempo a riconoscere nel collage il procedimento più consono alla propria necessità
espressiva.
2
Non a caso Nostalgia d'Europa è il titolo del libro-intervista nel quale il compositore espone
dettagliatamente la sua posizione intellettuale nei confronti della musica.
3
Si pensi, ad esempio, allo sperimentalismo americano o al Cinema Novo del Brasile.

2
non si è mai dato gran pena di vericare il valore artistico dei lm su cui lavorava: si pensi
al penoso risultato di un non-regista come Edoardo Bruno col suo fortunatamente unico
La sua giornata di gloria, o all'inutilmente pretenzioso E di Shaùl e dei sicari sulla via di
Damasco di Ganni Toti.
L'intero corpus delle opere gelmettiane per lo schermo accosta lm assai diversi tra loro,
vuoi come impostazione estetica, vuoi come valore intrinseco. Ad esempio, dello stesso
Giannarelli, Sierra Maestra appare assai più riuscito del confuso Non ho tempo e il piglio
quasi documentaristico de Il sasso in bocca di Giuliano Ferrara non ha niente a che vedere
con la parca e asciutta riessione su Pasolini di Angelus Novus di Pasquale Misuraca.
Eppure la lmograa un po' succinta di Gelmetti mostra, per caso o per scelta, più di
un motivo di coerenza al suo interno. Innanzitutto il taglio cronachistico e biograco di più
di un lm (da San Paolo al giudice Dalla Chiesa, da Pasolini a Evariste Galois passando
per maa e guerriglia venezuelana), la presenza di opere prime o seconde (Il sasso in bocca,
primo lungometraggio di Ferrara; Sierra Maestra, primo lungometraggio di Giannarelli;
La sua giornata di gloria, primo e unico lungometraggio di Bruno; Sotto il segno dello
Scorpione, secondo lungometraggio senza Orsini dei Taviani; ma la lmograa completa
di Gelmetti dà ragione di un maggior numero di opere prime), e per nire il carattere
politico (di sinistra ed estrema sinistra) che in forma diretta o favolistica traspare senza
mezzi termini da ogni opera citata.
Per motivi di spazio ci limiteremo qui a fornire l'analisi di tre soli lm: il primo, Deserto
rosso, ada la colonna musica a composizioni elettroniche pre-concepite, cioè composte
per una sede diversa da quella cinematograca e poi ripescate come commento sonoro
all'immagine; il secondo, Sotto il segno dello scorpione, si richiama ad un primitivismo
meta-stravinskiano puramente acustico-strumentale; il terzo, Angelus Novus, basa tutta
la complessa drammaturgia musicale su quell'estetica del collage che abbiamo accennato
nell'introduzione.

2.1. Il deserto elettronico di Antonioni. Dal medesimo articolo di Ermanno Comuzio


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abbiamo estrapolato le successive citazioni e le ragioni della nascita di uno strano connubio:
Fusco-Gelmetti. In realtà più che di connubio dovremmo parlare di semplice accostamento
visto che non si hanno notizie di una collaborazione tra il musicista storico di Antonioni e
il parvenu del cinema Gelmetti.
La necessità sentita dal regista di una musica che staccasse violentemente da quella
romantica, nostalgica, di Fusco era inizialmente caduta su Stockhausen di cui Antonioni
aveva già ascoltato molti brani prima che Carlo di Carlo gli presentasse Gelmetti. Ma al
regista, secondo quanto dichiarato dal compositore stesso, andarono benissimo dei fram-
menti di mie composizioni elettroniche. Non si tratta di musiche scritte appositamente per

4
Ermanno Comuzio, Vittorio Gelmetti, avanguardia ma non dentro alle mode, in Cineforum, anno 28
(1988), n° 12 (280), pp.11-14.

3
il lm, ed i titoli di testa lo enunciano chiaramente: a musica di Giovanni Fusco, cantata
da Cecilia Fusco e diretta da Carlo Savina segue: musica elettronica da composizioni
di Vittorio Gelmetti (sottolineatura mia). Non si può nemmeno dire, però, che quello di
Gelmetti sia stato solo un prestito, tanto è vero che quando Comuzio chiede se la musica del
compositore sia stata applicata pari pari nel lm, gli viene prontamente risposto: Macché,
ho passato un mese insieme ad Antonioni ad adattare e a limare.
Il senso di un'operazione così intellettuale come quella di applicare musiche elettroni-
che, ritenute solitamente dicili, su un lm altrettanto complesso che non concede nulla
alla spettacolarità e al divertimento del pubblico ha del resto motivazioni che, si potrebbe
dire, saltano all'occhio. Prima fra tutte il senso di ripulsa che le immagini dai colori sbiaditi,
l'uso del teleobiettivo che appiattisce le prospettive, le panoramiche sulla monotonia della
Pianura Padana immersa nei fumi e nei miasmi delle industrie provocano n dall'inquadra-
tura iniziale; immagini amplicate nella loro impressione di degrado da suoni sovracuti, ai
limiti della percezione, quasi provenienti da una dimensione gelida e siderea. Non a caso
Gelmetti ricorda che le sue composizioni elettroniche continuavano la presenza sonora dei
rumori delle macchine (le ranerie, le navi ecc.).
Il fatto che dall'Espressionismo in poi la musica si sia allontanata, volente o nolente, a
passi da gigante da una sua possibile intesa col pubblico, è sintomatico di come sia stata
vissuta nella psicologia del fruitore: una musica che non si può capire è una musica che
ha come scopo l'incomprensibilità; una musica che si aliena dalla realtà quotidiana degli
uomini è una musica che rappresenta l'alienazione dell'uomo nella sua quotidianità. Di qui
arrivare alla consonanza (verrebbe da dire alla sinestesia) che si instaura in Deserto rosso
tra immagine e musica è un attimo.
L'accentramento tematico sulla nevrosi individuale di Giuliana (Monica Vitti) si lega
all'alienazione industriale che è il corrispettivo oggettivo della psiche della protagonista. Il
colore articiale della natura interagisce, nel suo essere posticcio, con la falsità (o nulli-
tà) dei rapporti umani in quanto ne è una proiezione materiale e visiva. La desolazione,
permanentemente riessa in un paesaggio post-atomico e nei dialoghi inani dei personag-
gi, pervade ogni angolo abitabile ma non più vivibile. Per forza di cose la vita si rifugia
nel sogno e nella dimensione favolistica della storiella che Giuliana racconta al glio: La
natura aveva dei colori così belli e niente faceva rumore, così si esprime per denire una
sorta di paradiso terrestre, un mondo senza tempo e senza storia in cui il primitivismo delle
sensazioni non era ancora soocato da gas pestilenziali e il dialogo non era sopraatto dal
clangore assordante delle macchine.
L'aspetto sonoro (o rumoristico) del lm è di fondamentale importanza per la deni-
zione completa di un'alienazione che coinvolge tutti i sensi dell'essere umano. Si basa su
un concetto di opposizione tra materiali dierenti e li organizza attorno ad un principio
di giustapposizione (preludio di un futuro collagismo) di fasce sonore immobili, prive di
qualsiasi sviluppo. Il vocalizzo etereo e dolcissimo di Cecilia Fusco contrasta la somma dei
fragori provenienti dalle industrie, dai suoni elettronici di Gelmetti e dalle sirene delle navi
nei canali del Polesine.

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La partitura sonora è particolarmente complessa anche se basata su una semplice di-
cotomia di materiali. Basti vedere la breve sequenza della favola: inizialmente rumori dei
gabbiani e della risacca sulla battigia dell'isola (di Cavallo) deserta; si alza il vento e la
bambina rimane come assorta di fronte al veliero in preda ai tuoni e ai lampi della tem-
pesta improvvisa; la calma sopraggiunge rapidamente in forma di canto melodioso senza
sorgente esplicita. La sola organizzazione dei suoni avrebbe potuto chiarire l'intera vicenda,
anche se non ci fosse stata la voce fuori campo di Giuliana a narrarla.
In antitesi a tutto questo stanno mescolanze di suoni elettronici e suoni industriali
dicilmente distinguibili tra loro: i primi, composti da leggeri battiti percussivi e da una
sorta di sferzate, entrano sui titoli di testa e vengono trattati con eetti di vario genere
(delay, riverberi, echi). I secondi sono più chiaramente classicabili in quanto in sincrono
con gli stacchi sulle macchine che li producono: le gettate di fuoco delle torce industriali, il
brusio continuo e sordo dell'alta tensione in presenza della sottostazione di trasformazione,
il ruotare rapido di un giroscopio giocattolo. Si noti per altro come i suoni gelmettiani
accompagnano le manifestazioni di infermità mentale di Giuliana o contrappuntano in modo
intermittente la lunga sequenza nella camera d'albergo tra Giuliana e Corrado (Richard
Harris): i movimenti incerti, le avances esitanti si alternano a brevi incisi sonori.
Altrimenti, ad incupire un'esistenza umana già di per sé obnubilata, interviene il river-
bero delle sirene delle navi che annunciano la loro presenza spettrale in mezzo alle nebbie
padane. Suoni che hanno non solo un sentore funereo ma anche una funzione di monito
ricorrente, di memento conditionem tuam. Dalla scena dell'orgia nella baracca in poi non ci
abbandoneranno più, conducendoci passo a passo verso l'ultima prova di incomunicabilità
che Giuliana riceve: la barriera linguistica che non le permette di farsi capire dal marina-
io turco sulla banchina del porto. Da allora Giuliana smarrisce la propria identità e si
rassegna a sopravvivere come un automa.
5

Canto spiegato e freddezza meccanica ed elettronica si uniscono solo ad incorniciare la


nevrotica condizione della protagonista: sui génériques di testa la rumoristica industriale
(quasi un magma primordiale) si sovrappone alla voce pura di Cecilia Fusco schiacciandola,
si separa durante il lm e si ricompone nuovamente sui titoli di coda, come ad indicare che
umanità e alienazione convivono perpetuamente e la seconda opprime la prima quando un
atto di volontà e immaginazione (la favola raccontata da Giuliana) non ritaglia un momento
di respiro in un continuum di abnegazione.

2.2. Primitivismo sonoro nello Scorpione. Se in Deserto rosso Gelmetti ebbe a che
fare solo con suoni elettronici, adesso il discorso si ribalta. Niente più oscillatori, niente più
ltri o modulatori ad anello; solamente strumenti tradizionali dell'orchestra occidentale o
addirittura etnici. La struttura dei singoli brani, nella sua irruenza e nella sua essibilità

5
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario universale del cinema, Editori Riuniti, Roma 1984, vol. I, p. 270
(scheda del lm Deserto rosso).

5
ritmica, evoca animalità primordiali quali sono ad esempio quelle dimostrate dai nuovi
arrivati nel ratto delle femmine autoctone.
6

Sul retro della copertina del 45 giri


7 si trova scritto: I tre brani di questo disco sono, in

parte, esemplicativi del metodo compositivo ed esecutivo impiegato in Sotto il segno dello
Scorpione. I clusters dell'orchestra  e in parte del coro  sono ottenuti con una tecnica
aleatoria: gli esecutori hanno esattamente indicate le altezze dei suoni ed i modi di emissione
dei suoni stessi; le durate e le intensità sono determinate  all'atto stesso dell'esecuzione 
dal direttore, che decide anche la successione degli impasti timbrici, contenuti nella matrice
iniziale, previsti in partenza. La tecnica aleatoria, nella sua intrinseca elasticità, si adatta
in modo eccezionale alle esigenze della musica cinematograca.
I tre brani di cui si parla sono denominati: Rito [R], Continuo Alfa [CA], Organum
Duplum [OD]:
R  Clusters secchi (strappi orchestrali) prevalentemente di ottoni e con glissando di
timpani a sostegno del registro grave. Si incontrano generalmente sulle inquadrature in nero,
quelle che separano scene e sequenze, dando una ritmica visiva alla colonna immagine.
8

CA  Cluster continuo con varianze timbriche interne: ora prevalgono i legni ora gli
ottoni. Vi si sovrappone un tremolo acuto, pizzicato e amplicato (forse di un violino) in
alternanza col suono di uno strumento idiofono a scotimento (tipo sistri, collane o cavigliere
di conchiglie). L'eetto è opposto a R per il carattere continuo del suono e la lentezza delle
evoluzioni timbriche che producono un senso di sospensione e di attesa pari alla mancanza
di dimensione temporale della vicenda e al timore inculcato dagli stranieri per un'imminente
eruzione del vulcano. Il doppio pedale (acuto-grave) con inessioni di un pedale mediano
si aggancia alla stessa tipologia sonora di CA: ad esempio quando gli stranieri si lavano
nel mare appena sbarcati sulla nuova isola o quando, gettati nella fossa, gli autoctoni
li spaventano facendo stridere gli animali come se fossimo in procinto di una catastrofe
naturale.
OD  Come nell'antica forma polifonica si tratta di una voce più bassa a valori larghi
(vox principalis ) con una voce più alta a valori più brevi (vox organalis ). Sopra questo

6
Gli stessi Taviani parlano di <suono costruttivo> di martelli in azione, in Ermanno Comuzio, Musica e
suoni protagonisti nel cinema dei fratelli Taviani, in B&N, n° 5/6, set.-dic. 1977, p. 111. Poco più avanti
Comuzio rileva una contraddizione teorica nelle parole di Gelmetti che evidenziando la buona recezione
del pubblico nei confronti di una musica (quella dello Scorpione ) fondata sugli stilemi dell'avanguardia,
sembra così sconfessare l'idea di quel tipo di ascolto che Adorno denisce disattento, in quanto l'interesse
principale del fruitore è rivolto all'immagine, in Vittorio Gelmetti, Connotazioni plebee della musica per
lm, in Marcatré, a. 1975, n° 234, pag. 90-97.
7
Colonna musica originale del lm di Paolo e Vittorio Taviani Sotto il segno dello scorpione, CAM, 45
giri; coro di Nora Orlandi, orchestra diretta da Vittorio Gelmetti.
8
Le code nere divengono anche misure, battute musicali, ritmo cardiaco in un lm come lo Scorpione
che, se ha dei riferimenti negli altri linguaggi, li trova non nella letteratura o nella pittura, ma nella
musica, in Ermanno Comuzio, Musica e suoni protagonisti nel cinema dei fratelli Taviani, in B&N, a.
1977, n° 5/6, pag. 112.

6
sostrato dal carattere ieratico e sospensivo, al pari di CA, si sovrappone un bicordo vocale
maschile (basso e tenore) i cui incisivi e brevi sforzati rievocano canoramente il cluster di
R. OD compare solo sul nire del lm: quando gli stranieri attaccano alcuni autoctoni e
legano le donne per rapirle, o sulla scritta FINE dove anticipa l'ultimo intervento di R.
L'integrazione tra dialoghi e colonna internazionale è assai studiata. Nel tentativo di
esprimere una certa ferinità peculiare alle due tribù antagoniste si è ottenuto dagli attori
che talvolta si esprimessero con onomatopee animalesche, risate forzate e immotivate, e
discutessero animatamente fra di loro creando una gazzarra di frasi incomprensibili (cluster
non intonato). Vi è una vera e propria progettualità compositiva nella costruzione delle
scene di gruppo: ad esempio quando gli stranieri sono stati accolti dagli autoctoni e viene
dato loro da mangiare. Il sonoro è così organizzato: silenzio, stacco su improvvisa discus-
sione caotica, stacco su silenzio dei commensali e crescendo della discussione no a cambio
sequenza.
Il missaggio della colonna sonora rivela altrettanta attenzione prestata all'eettistica
musicale. L'apparente grossolanità di regolazione dei livelli di volume è dovuta alla necessità
di fornire intensi contrasti che vadano dal silenzio al rumore assordante. La parola stessa
ha spesso più funzione fonetica che comunicativa: a 37'35 il dialogo crea un brusio a bassa
voce che si mescola con CA; sul nale le parole rivolte da Lucia Bosè a uno straniero si
confondono col rumore del vento, poi si svelano essere semplici suoni inarticolati; allo sbarco
degli stranieri la risacca marina copre i dialoghi tra i personaggi.
I Taviani trarranno buon frutto da questa esperienza e se ne ricorderanno in particolare
cinque anni dopo con Allonsanfan: si pensi alla tarantella nale che subentra, annullandolo,
sul dialogo tra Fulvio (Marcello Mastroianni) e Allonsanfan o al saltarello dei rivoluzionari
e dei contadini del Sud che riecheggia il ballo tribale degli stranieri con i campanacci.
9

L'attenzione prestata dalla critica del tempo al fattore musicale dello Scorpione è indice
di un alto grado estetico raggiunto in questo lm nell'integrazione suono/immagine, soprat-
tutto se si pensa che la critica evita spesso e volentieri di occuparsi della colonna musica.
D'altra parte la stretta simbiosi che la musica riesce a stabilire con l'impianto formale e con
il contenuto espressivo del lm fa di questa colonna una delle più riuscite di Gelmetti e un
prodotto di alto valore come pochi se ne trovano nel cinema italiano degli anni '60.
10

9
I campanacci servono alla comunità di Renno per il rito religioso prima dei pasti e al tempo stesso essi
sono, per i ribelli, un mezzo di provocazione, di risveglio delle coscienze: Guido Aristarco, Gli dei, lo
scorpione, il destino come fato e la storia, in Cinema Nuovo, n° 202, nov.-dic. 1969, p. 455. Ma si
vedano anche le puntuali osservazioni sul sonoro a p. 452.
10
Così il giudizio, forse un po' eccessivo, di Mino Argentieri: La colonna sonora è ridotta all'osso: non
una battuta in più, non una battuta in meno: immagine e parola trovano una ideale coesione, hanno un
identico taglio, timbro e ritmo, non inseguono il modello di una ragurazione naturalistica; la musica di
Gelmetti, che getta sul lm un alone panico, ignora cadenze illustrative e vibra di un'ossessiva nervosità
metallica. A nostro avviso, siamo al limite della perfezione, in Rinascita, n. 15, 11 aprile 1969, p. 23.

7
2.3. Collages musicali e memorie acustiche per l'Angelus Novus . Cerchiamo di
denire bene cosa comprenda quest'ultima sezione lmica. Dopo l'uso di strumenti tradi-
zionali, dopo la mescolanza delle tecniche di produzione sonora si arriva alla manipolazione
del preesistente.
È vero, c'erano le canzoni della guerriglia in Sierra Maestra di Giannarelli e c'era la
toccata bachiana ne Il sasso in bocca di Ferrara, ma questo non basta a deformare totalmente
la struttura di base di un lacerto referenziale. O meglio: la citazione può modicare il
proprio signicato mantenendo inalterato il signicante se il contesto in cui è collocata le fa
assumere valenze concettuali dierenti da quelle per cui era stata concepita. Al momento,
però, in cui viene distorto uno dei suoi elementi costituenti o le viene sovrapposto del
materiale appartenente al medesimo campo semantico, la citazione risulta alterata e nel
signicato e nel signicante.
L'adulterazione della memoria storica diviene norma estesa nella colonna musica di
Angelus Novus. Il ricordo acustico non nasce solo dalla pratica collagistica, infatti la ci-
tazione, a livello mediato, può assolvere la funzione di immagine mnemonica stimolata da
una circostanza esterna.
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In Angelus Novus alla musica preesistente si aggiungono musica composta appositamen-


te e rumori della natura. Ambedue si raggruppano e si dissolvono per creare una partitura
lmica di straordinaria complessità. Quella di Angelus Novus è sicuramente tra le migliori
colonne musica di Gelmetti; anche il compositore ne riconosce il valore e la inserisce tra le
sue preferite. Si deve però considerare che la sceneggiatura dava tutto lo spazio richiesto
da necessità di carattere musicale: mancanza di un lo narrativo, dialoghi prosciugatissi-
mi, immagini poco attrattive e prive di luminosità, ora in bianco e nero, ora con pellicole
scarsamente sensibili al colore. Insomma, l'attenzione gravita quasi più sul sonoro che sul
visivo e ciò ci spinge a porre qualche riserva sulla piena integrazione dei due, il risultato
apparendo nel complesso sbilanciato. D'altra parte le invenzioni sonore forniscono una
ricchezza espressiva che né le immagini, né i testi recitati di Benjamin, Omero e Pasolini
avrebbero potuto dare.
L'assunto principale ed unico del lm è una riessione sulla gura dell'eclettico intellet-
tuale italiano attraverso le Lettere luterane, gli Scritti corsari, la Divina mimesis, la Poesia
in forma di rosa e Salò o le 120 giornate di Sodoma no ad una ricostruzione dell'assassinio
di Ostia. Si passa quindi in rassegna l'alto valore morale e politico di Pasolini suggellandolo,
alla ne, con un estratto da Angelus Novus e altri scritti di Benjamin.
Ci troviamo adesso costretti, nell'analisi musicale del lm, a seguire un percorso lineare
(dall'inizio alla ne) visto che l'estensione e la coesione della colonna musica sono tali da
non permettere un frazionamento rapsodico.
La musica inizia sui titoli si testa con una sorta di improvvisazione per due trombe che

11
Sulle relazioni tra sensazioni e immagini mentali si veda Bertrand Russell, L'analisi della mente, Newton
Compton, Roma 1994, pp. 104-117.

8
ricorda da vicino i clusters degli omicidi maosi di 100 giorni a Palermo di Ferrara (gli
ottoni risultano piuttosto ricorrenti nelle colonne musica gelmettiane). L'azione si apre su
Piazza del Popolo a Roma: si inquadra un alto muro merlato e in sincrono si avverte il suono
elaborato elettronicamente di alcuni strumenti acustici. Immediatamente dopo, la m.d.p.
si sposta su un'auto che compie un numero imprecisato di giri intorno all'obelisco centrale
della piazza e, giunta sera, si avvia fuori della città. Qui si ha il primo, lungo intervento
musicale: ampi suoni d'archi con transitorio d'attacco lento delineano a poco a poco un
abbozzo di melodia; sugli archi entra una voce femminile che recita l'Odissea in greco, la
segue una maschile che traduce in italiano n quando le due voci non si sovrappongono
lasciando prima la femminile sul fondo e poi la maschile da sola.
La macchina che vediamo all'inizio ci accompagnerà per gran parte del lm come se ci
facesse da Cicerone o, forse, meglio, da psicopompo. Siamo sull'autostrada: solo un breve
intervallo separa il nuovo intervento dal precedente e si collega a quest'ultimo riprenden-
done i suoni di sintesi, questa volta separati da pause e più diatonici benché sottoposti a
modulazione di frequenza. Il vento e il suono ebile di voci lontane appoggia le riessioni
di Pasolini, seduto in casa di fronte a un giornale, sul Paese governato dai democristiani.
Si torna sulle vie silenziose di Roma con un pedale di violoncello e lunghi suoni di
auto e tromba a cui segue un intervento di fondamentale importanza nell'estetica musicale
gelmettiana: Pasolini cammina per le strade; percussioni sintetizzate ed eettate (delay,
riverbero) precedono un pezzo classico nuovamente sottoposto a modulazione di frequenza;
pausa; vecchia canzone con ampio riverbero; collage di Farsa, canzone e percussioni a
chiudere. Le immagini sono close-up di occhiali, orecchio, occhio di Pasolini e soggettive su
edici. Già dai primordi del cinema sonoro il suono riverberato è stato spesso associato con
l'eetto ou per introdurre situazioni immaginarie o oniriche. Qui lo si inserisce in un collage
musicale e gli si aancano numerosi primi piani dei principali organi di percezione (occhi
e orecchie) in modo che il rimando alla memoria acustica del protagonista sia scontato:
Pasolini rivisita luoghi densi di ricordi e questi invece di riportare in vita immagini oramai
morte recuperano suoni ancora vivi.
Vi è pure una marcata discrepanza temporale tra le soggettive del presente e le sonorità
del passato da loro scatenate: si vede al presente, ma si ascolta al passato. La congiunzione
tra passato, presente e futuro è la rappresentazione sinestetica dell'Angelus Novus. E il
futuro, nella vicenda prettamente umana di Pasolini, non è altro che l'uccisione del poeta.
La ânerie, a piedi o in macchina, è particolarmente insistita ed occupa un'ampia por-
zione del lm: ci si imbatte in un automobilista che dal nestrino della vettura grida
a sciacallo!; la sua voce non si sente perché cancellata dai suoni percussivi di sintesi e
Misuraca la sostituisce con un cartello, alla maniera del lm muto.
Voci lontane introducono un nuovo collage tra una fascia elettronica, un fortissimo
improvviso di un brano classico per pianoforte e una canzone. Il preesistente sonoro fa la
sua comparsa in concomitanza di una lunga carrellata su vecchi palazzi romani: si tratta
del quartetto op. 135 di Beethoven e dell'Adagio e fuga per archi K546 di Mozart, entrambi
distorti elettronicamente.
Ricomincia il vagabondaggio automobilistico su cui è collocato un breve (poco più di

9
5 minuti) ma denso ed estremamente variato intervento musicale: come prima, un pedale
di violoncello, suoni lunghi di auto e tromba (con sordina?) e forse anche un violino
accoppiato alla gazzarra di uno stormo di uccelli; quest'ultima rimane da sola a vivicare
insieme al suono lontanissimo di campane a festa una fascia elettronica medio-bassa e
indenita; a seguire, un ostinato di contrabbasso pizzicato, quasi jazzistico, a cui si uniscono
suoni di sintesi; riprende il pedale di violoncello e vi si aggiungono altri archi e il auto con
suoni lunghi e inessioni microintervallari che sfociano su due clarinetti (il clarinettista è
Umberto Scipione) in stile diatonico; il pizzicato di contrabbasso di poco prima ripete un
ostinato lasciando libero sfogo a improvvisazioni di cymbalum e xilofono (suoni di sintesi)
polarizzate su una nota; vi si aggiunge uno sforzato elettronico in sincrono all'immagine di
un cane morto al bordo della strada, e a tutte le associazioni che l'animale investito può
stabilire con l'uomo Pasolini. I rumori urbani e del traco stradale sono sempre presenti
in sottofondo. Nuovi primi piani di Pasolini, inquadrato di prolo, mettendo quindi bene
in vista l'orecchio, richiamano musiche del passato, classiche e non, che si fondono con lo
stormire del vento e gli schiamazzi dei bagnanti del lido ostiense.
Gli interventi musicali sono ancora molti, ma ricorderemo solo la costruzione del na-
le. La musica dei titoli di testa (tromba solista) prepara e sostiene la prima aggressione a
Pasolini, il quale viene poi inquadrato sul viso tumefatto. Un carrello indietro ce lo mostra
in piedi, ferito, rincorso dalla macchina degli assassini e denitivamente ucciso. L'improv-
visazione trombettistica a questo punto è inframezzata da interventi di ottoni e pianoforte.
Una gurazione densa di pathos, quella del pianoforte, che, col suo procedere saltellante, si
avvicina molto alla linea melodica spezzata di 100 giorni a Palermo.
Come si vede, la circolarità citazionista non si ferma solo alle musiche altrui ma investe
anche quelle del compositore stesso. Con questo non si vuole dare ad intendere che ci sia un
inserimento puntuale di altre colonne musica in quella di Angelus Novus, ma si sottolinea
che le tecniche compositive avviate nel passato si danno talvolta appuntamento in un istante
futuro costituendo quel bagaglio estetico che ogni artista si porta dietro e al quale attinge.
Il che, tuttavia, non esclude la possibilità di una pratica citazionista puramente lmica (si
pensi per esempio ai prestiti musicali tra lm e lm nell'ambito del western americano).
Più che altro la colonna musica di Angelus Novus ci appare come un testamento artistico
di Gelmetti, un topos in cui sono presenti, se non tutte, gran parte delle tecniche, dei gusti
personali, delle timbriche care al compositore. Non vorremmo far passare questo lm come
un riepilogo conclusivo della carriera cinematograca (e non solo, vista la permeabilità tra
generi musicali distinti predicata da Gelmetti) del compositore, che continuò del resto a
lavorare con l'immagine per altri tre anni. È tuttavia un dato oggettivo riconoscere che la
tecnica del collage, e ancor più della citazione, fa riemergere un mondo interiore arricchitosi
nel tempo. Anzi, è presupposto estetico di tale tecnica ridargli vita o, con fare nichilistico,
sommergerlo nel mare delle rimembranze, come qualcosa di denitivamente defunto eppure
ancora ardente nell'aettività di ciascuno di noi.
Un lm sul pensiero etico di Pasolini, a dodici anni dalla sua morte, diede a Gelmetti
tutte le opportunità di rievocare positivamente o negativamente il proprio mondo interiore.

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Appendice

Colonne musica dei lm


1964 Terezin di Carlo di Carlo (documentario)
Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni (composizioni elettroniche)
1965 Living and Glorious di Alfredo Leonardi
1966 A mosca cieca di Romano Scavolini (cortometraggio)
L`urlo di Camillo Bazzoni
1967 La tana di Luigi Di Gianni (cortometraggio)
Organum Multiplum di Alfredo Leonardi (cortometraggio)
1968 Hermitage di Carmelo Bene (cortometraggio)
Nero su bianco di Tinto Brass
La sua giornata di gloria di Edoardo Bruno
1969 Sotto il segno dello scorpione di Paolo e Vittorio Taviani
Sierra maestra di Ansano Giannarelli
1970 Come ti chiami amore mio di Umberto Silva
Il sasso in bocca di Giuseppe Ferrara
1971 Ragioniamo con il cervello di Ansano Giannarelli
1972 La guerra di Otto Dix di Giorgio Treves (documentario)
1973 TADS 1001 di Giorgio Treves (documentario)
1974 E di Shaùl e dei sicari sulla via di Damasco di Gianni Toti
Non ho tempo di Ansano Giannarelli (per la TV)
1976 Uomini della scienza di Ansano Giannarelli (per la TV)
L'ipotesi sulla condanna dello scienziato Antoine Lauren Lavoisier
di Ansano Giannarelli (per la TV)
Il sogno di D`Ambert di Antonio Vergine (per la TV)
1979 Céline di Eugenio Rizzi e Roberto Perpignani (per la TV)
1981 Un'eredità dicile di Aldo e Antonio Vergine (per la TV)
1984 Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara (Premio colonne sonore SIAE, Venezia 1985)
1987 Angelus Novus di Pasquale Misurarca
Silos lontani di Luigi Galli
Bachi da seta di Gilberto Visentin
1988 Pagana di Sarenco
1990 Safari di Sarenco

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Opere e saggi di Vittorio Gelmetti

Musica-verità?, in Teoria e prassi del cinema in Italia 1950-1970, Edoardo Bruno (a c. di),
Mazzotta, Milano 1972, pp. 147-154. Anche in Filmcritica (v. sotto elenco articoli).

Incontro con Vittorio Gelmetti, in Autobiograa della musica contemporanea, Michela Mol-
lia (a c. di), Lerici, Cosenza 1979, pp. 213-222.

Tutto è musica, Torino, ed. Nuova ERI, 1980.

Nostalgia d'Europa, ed. Le parole gelate, Roma-Venezia 1984.

Articoli di Vittorio Gelmetti

In Filmcritica :

- Aspetti della musica nel lm, a. 1964, n° 143/144, pag. 146-147.

- La musica nei lm di Pasolini, a. 1964, n° 151/152, pag. 570-573.

- La musica, a. 1967, n° 176, pag. 173-176.

- Musica-verità?, a. 1968, n° 185, pag. 21-28.

In Marcatré :

- Musica e non-musica, a. 1963, n° 1, pag. 17-24.

- Musica elettronica per la mostra di Michelangelo, a. 1964, n° 4/5, pag. 71-72.

- Scienza ed arte, a. 1964, n° 6/7, pag. 16/21.

- Venezia ventisette, a. 1965, n° 11/12/13, pag. 207-209.

- Oggetto sonoro, a. 1965, n° 11/12/13, pag. 219-220.

- Musica e pittura, dibattito su Dorazio, a. 1965, n° 16/17/18, pag. 225-230.

- Nota su A(lter) A(ction), a. 1966, n° 26/27/28/29, pag. 16-17.

- La descrittione del gran paese, a. 1967, n° 30/31/32/33, pag. 36-43.

- Treni d'onda a modulazione d'intensità, a. 1968, n° 43/44/45, pag. 44-51.

In Cinema Nuovo :

- I muti messaggi dell'avanguardia musicale, a. 1973, n° 226, pag. 408- 413.

- Connotazioni plebee della musica per lm, a. 1975, n° 234, pag. 90-97.

- Thank you, Mr. Paik, ovvero il diritto alla `diretta', a. 1985, n° 296/297, pag. 9-10.

In Verona Voce :

- Musica oggi, a. 1989, n° 0, pag. 5.

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- La tre giorni di Illas i, a. 1989, n° 1/2, pag. 5.

- Aida Aida, a. 1989, n° 3, pag. 5.

- Supermarket con trasferte, a. 1989, n° 4, pag. 21.

- Listo Do Michala, a. 1990, n° 8, pag. 22-23.

- Vittorio Gelmetti. Due proposte, a. 1990, n° 9, pag. 5.

- Tre gladiatenori a Caracalla, a. 1990, n° 11, pag. 5, [V. Gelmetti si rma Arnoldo
Belmonte, traduzione letterale di Arnold Schönberg].

(Su Verona Voce è stato pubblicato a puntate il libro-intervista Nostalgia d'Europa.)

Inoltre:

- Di un concorso e di una alternativa, in Ordini. Studi sulla nuova musica, a.


1959, I, n° 1, pag. 114-115.

- Un punto nodale, in Il Contemporaneo, a. 1964, n° 75/76, pag. 158-162.

- La Canzona, in catalogo della manifestazione Music in lm fest, pag. 15, Vicenza,
1987.

- Esperienze in una scuola pubblica, in Trento Cinema. Incontri Internazionali con la


Musica per il Cinema, catalogo dell'omonima rassegna, Trento, 1988 pp. 54-55.
- Le musiche per Pagana, in id., p. 309.

- Risposte ad un questionario dedicato alla musica sullo schermo , in CinémAction, a.


gennaio 1992, n° 62, pag. 54-55.

- Musica e Mass Media, in Musica/Realtà, a. 2000, n° 61, pag. 5-8, intr. di Marco
Alunno.

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