Claudini Montisviridi,
la musicalit del dire.
La ripresa della musica monteverdiana nel primo
Novecento: DAnnunzio e le prime revisioni.
Gian Francesco Malipiero e Annibale Gianuario.
Claudini Montisviridi, cos si legge nel frontespizio del primo lavoro che
Monteverdi pubblica nel 1582, Sacrae Cantiunculae, presso il famoso editore
Gardano di Venezia, un allievo di Ingegneri e in questa Antologia di Mottetti, pur
nellevidente ricalco di certi stilemi del grande polifonista sacro, Maestro della
Cattedrale di Cremona e col quale il giovane Monteverdi studia, dimostra una
sottigliezza di scrittura che rimarr una felice costante: i Mottetti sono a tre voci (non
a cinque come usanza) e questo ci dice che il giovane Monteverdi non tanto attratto
dalle grosse sonorit quanto piuttosto dal raffinato rapporto con la parola, in tal senso
Monteverdi davvero il grande continuatore della Scuola di canto che ha origine
nelle Corti italiane del Quattrocento.
La relazione parola/suono costituisce il cardine delle(ste)tica musicale
umanistico-rinascimentale, per la quale la musica devessere trasparente, in modo
da rendere intellegibile il testo. La creazione di senso il fine pi alto. La rigogliosa
cultura del Quattrocento italiano influenza lEuropa tutta, un esempio musicale il
De modo bene cantandi, pubblicato nel 1474 da Conrad von Zabern, in cui si critica
con severit le cattivi abitudini dei cantori che nasalizzano e che non pronunciano
bene le parole generando confusione nella pronuncia. Il rapporto col testo ,
insieme alla voce sonora e ad alcuni princpi tecnici, la base su cui simposta
le(ste)tica della grande Scuola di canto italiana, unestetica che si contrae in etica.
Lintellettuale, formatosi alla scuola umanistica, propugnava i concetti di virt,
conoscenza e ragione, aveva formulato un utopico programma di collaborazione col
Principe, un ideale proposto da Baldassare Castiglione, nel dialogo Il cortigiano del
1528. Scrive il grande letterato e diplomatico: bella musica parmi il cantar bene al
libro, ma ancor molto pi il cantare alla viola perch tutta la dolcezza consiste in
uno solo, e con molto maggiore attenzione si nota ed intende il bel modo e laria non
essendo occupate le orecchie in pi che in una sola voce, e meglio ancora vi si
discerne ogni piccolo errore, il che non accade in compagnia perch luni aiuta
laltro. Ma soprattutto parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare, il che tanto
di venust ed efficacia aggiunge alle parole ch gran meraviglia (1).
La ricognizione della musicalit del dire, che il Doni scrive non si pi
attuata dopo lantichit greco-latina, uno degli ideali forti del Rinascimento che,
conoscendo Platone, Aristotele, Filodemo, Archita, Cicerone, Aristosseno, possiede la
documentazione per capire come poesia e musica erano tuttuno. La musica era larte
del dire, infatti il pubblico dello scrittore antico non era un pubblico di lettori, ma di
uditori, la retorica diviene, quindi, la base per la realizzazione fonetica del pensiero.
La via della persuasione percorre la strada che attraverso il delectare e il muovere
giunge al docere, le arti devono assumere questa triplice funzione persuasiva //
stabilito come il fine proprio della musica sia il rappresentare gli affetti //
loggetto il suono, il fine il dilettare e commuoverci con gli affetti pi diversi
(Cartesio), lindagine dei musicisti e dei teorici si volge a indagare tutti i possibili
riscontri tra gli stati danimo e i mezzi musicali pi adatti a rappresentarli (2). Per
raggiungere tali obiettivi si riutilizzano i metri antichi, da Bernardo Tasso a Cesare
Monteverdi, al Tolomei, Trissino, Chiabrera fino ai tentativi della Pliade. E
chiaro, comunque, che il ricorso ai piedi greci o il riportare alla luce altri stilemi
antichi, non sufficiente a creare un unicum parola/concetto/suono ( per questo che
la Pliade rimane sospesa a met strada) (3).
Il problema dellarmonia
In una lettera del 1633, Monteverdi chiarisce la differenza fra larmonia fondata sulle
ragioni della Prima pratica, dove il testo viene adattato alla musica, e quella basata
sulla Seconda che la realizzazione del suono della dizione emotiva dellespressione
poetica la quale, seguendo le indicazioni di Platone, devessere scelta per il suo
valore spirituale. Da questa differenza era partita la polemica dellArtusi, che nel
1600 aveva pubblicato LArtusi ovvero delle imperfezioni della moderna musica, nel
quale aveva accusato Monteverdi di procedimenti che offendono lorecchio, perch
realizzati non in nome delle ragioni squisitamente musicali, ma in nome di quelle del
testo, quindi per lArtusi la musica ha le sue regole in s, mentre per Monteverdi la
perfetione della moderna musica consiste nel seguire loratione (cos scrive nella
Prefazione al Quinto Libro di Madrigali, nel 1607). Come dice il grande esperto del
periodo Annibale Gianuario (6), per Monteverdi la Seconda pratica dunque il
ritorno alla concezione della musica come realizzazione della poesia nei suoi tre
elementi unitari: il significato, il ritmo e il suono, elementi che il musicista plasma
seguendo la rappresentazione degli affetti, proprio secondo le indicazioni che Caccini
scrive nella citatissima, ma troppo spesso sconosciuta, Prefazione del 1601, in cui
dice che la musica che non lascia bene intendere le parole guasta il concetto e che
bisogna attenersi a quella maniera cotanto lodata da Platone e altri filosofi che
affermarono la musica altro non essere che la favella e il ritmo e il suono per ultimo
e non lo contrario, quindi, per bene aderire a questi precetti, si deve ricorrere alla
nobile sprezzatura di canto // ora allungando ora scorciando le sillabe per
accomodarsi al contrappunto, ci richiede lungo studio, perch questarte non
patisce la mediocrit allora, per raggiungere questo nobile fine, occorre cantare a
voce piena e naturale e isfuggire le voci finte (poich offendono lorecchio), dalle
voci finte non pu nascer nobilt di canto, che nascer per una voce naturale
comoda per tutte le corde.
Nel suo studio sulle Modalit e realt fonetica nel Lamento di Arianna di
Monteverdi (7), Gianuario fa una considerazione interessante sullarmonia e dice: si
potrebbe analizzare la modalit del Lamento basandosi sul basso continuo, cio
considerando indicativa la finale del basso stesso // non ci sembra una soluzione
attendibile, in quanto la modalit viene determinata dal verso e il continuo da
considerarsi rivelazione di particolari armoniche evidenziate dalla dizione che
altres determina quelle componenti armoniche che Monteverdi notizia sul basso. E
quindi lindividuazione del suono vocalico e sillabico che determina lespressione e
di conseguenza la modalit, come nella musica degli antichi greci, ai quali gli
umanisti si richiamavano, il modo allora devessere determinato dalla sonorit della
frase, in ununit fonico-semantica, articolata in accenti e timbri. E il come
particolare dellesprimere lemozione che il testo suscita che determina la mese e la
finalis e, in ultimo, il modo di essere dellarmonia.
Le edizioni moderne delle composizioni di Monteverdi tradiscono spesso il
lavoro originario, inquadrandolo nel sistema armonico delineatosi dopo lepoca
monteverdiana, signora la poiesis e la semiografia del Cremonese, e si d vita a
interpretazioni vocali che non conoscono le flessioni foniche derivate
dallespressione verbale e producono falsi storici. Si crede oggi di conoscere
Monteverdi, ma in realt, per colpa delle troppe falsificazioni storiche si ascolta una
musica altra, riadattata alle mode della early music.
La grande scuola italiana, da Maffei a Caccini, a Tosi, Fedi, Pistocchi, Brivio,
Peli, Redi, Amadori fino a Porpora tiene ancora saldi quei principi che Giambattista
Mancini riassumeva nel suo Riflessioni pratiche sul Canto figurato e cio:
acquisizione del portamento di voce che il passaggio, legando i suoni, duna nota
allaltra; messa di voce cio lazione di attaccare una nota sul pianissimo, aumentare
la sonorit fino al fortissimo e ritornare al pianissimo utilizzando sempre lo stesso
fiato e terminando, se lespressione lo richiede, con un trillo (che devessere uguale,
battuto, granito e moderatamente veloce); lappoggiatura semplice o doppia
laccentuazione su una o pi note trattenute nel discendere (un tono) che nel salire
(mezzo tono); il mordente una nota reale il cui battimento dato da una nota
inferiore di mezzo tono; la cadenza unesecuzione importantissima ed una
creazione espressiva dellinterprete. Mancini scrive che le voci, anche se adatte
allespressione, non possono eseguire che il canto di note e parole. E
unosservazione molto pertinente e che non lascia alcun dubbio sulla realt del Canto
nei secoli che ci interessano, in opposizione al canto che a partire dal XIX secolo
tender allespressione verista, seguendo unestetica completamente diversa dalla
rappresentazione degli affetti. Gi nellappello alla verisimiglianza della cultura
illumistica si era intravisto il passaggio dal mito allepos, un cambiamento che avr
progressive ripercussioni sulla drammaturgia e sul modo di descrivere col canto
personaggi e situazioni. Si perde il contatto con la parola a favore della scena, le
sottili trasfigurazioni emotive espresse dal dire musicale diventano crassi sentimenti
urlati, le raffinatezze vocali si volgarizzano, inseguendo un malinteso senso del
popolare. Ci si allontana dai principi che hanno radice nella grande Scuola che parte
dal Caccini e ci si avvicina allimpostazione verista, che si basa su unestetica dai
segnali forti, molto differente da quella del muovere gli affetti come, e ancor pi, da
quella wagneriana.
La grande scuola persiste ancora fino al primo Romanticismo, come dimostra il
testo del 1847 di Manuel Garcia, Trait complet de lart du chant (trattato in due
volumi, il secondo mai pubblicato in Italia!) ma, contemporaneamente, aveva iniziato
la sua decadenza, Garcia suddivide la voce addirittura in tre registri! Non un caso
che Rossini, nel 1858, constata la mancanza di cantanti adatti alle opere di Cimarosa,
Bellini e sue proprie. E ancora qualche anno pi tardi, il lamento di Rossini si ripete,
in una lettera al figlio di Vaccai del 1864. Lo stesso Verdi, pi volte, dichiara che il
suo canto deve basarsi sulle regole auree dellantica scuola. Bellini risulta essere una
sorta di spartiacque, ma lui appartiene ancora alla grande scuola.
Lideale vocale di Mozart, che fra il 1774 e il 1775, aveva studiato a Londra
con il castrato Giovanni Manzuoli rispecchia completamente la buona scuola
italiana, nelle sue lettere afferma che ci che conta nella vocalit la purezza e
lomogeneit (8), ovvero quelle qualit che permettono lo spiccato del quale
parlano Burney e Chopin. La fusione dei registri e la fioritura sono caratteristiche
indispensabili per eseguire correttamente Mozart, ma anche Bellini, Donizetti,
Mercadante, Paganini e gli operisti di inizio Ottocento, prima che la pratica del
grand cri alla francese (che, nel 1839, faceva inorridire Liszt), il verismo romantico e
il wagnerismo si affermassero.
Le fioriture delle Opere di Bellini, le cadenze per quelle di Donizetti e la giusta messa
di voce sono realizzate da cantanti come Crescentini, Rubini, Cinti-Damoreau,
Malibran, Catalani ecc. che dimostrano virtuosit e capacit espressiva. DAnnunzio
a Tosi, in una lettera del 1913, testimonia che anche alla cultura francese lo stile
verista risulta sgradito: Pierre Lalo, in uno scritto recente, cercava di individuare le
ragioni della rottura totale e atroce fra la musica italiana di un tempo e quella
odierna, fra la sublime nudit di Monteverdi e ce grossier talage demotion
populacire che voi consocete bene. Nel suo romanzo Il fuoco, il Poeta scrive:
Claudio Monteverde // di che materia era composta la sua bellezza? // una
sola linea del discorso melodico, sostenuta da un accompagnamento che nella pi
nobile semplicit trova la pi intensa espressione: niente altro. E ogni sillaba ritmica
come il polso del dramma; e ogni inflessione della melodia partecipa della forza
centrale del dramma come il cuore attivo nel corpo respirante: e ogni contorno,
pur concorrendo alla divina proporzione del tutto, si svolge con una flessibilit e una
libert indefinite e infinite. Le altre musiche, al confronto, ci sembrano scolastiche,
rigide, arteficiate, imprigionate nella formula e nella convenzione. Qui lamore, il
dolore, la volutt, la magnanimit, la preghiera, la temenza, tutti gli affetti umani
parlano con la loro stessa voce, col loro accento profondo e originario, con la realt
stessa della carne, del sangue e delle ossa ma sublimata dal pi alto stile. Mardisco
nel dire che tutto qui umano e trasumanato nel tempo medesimo. La musica
rischiara il fondo reale che produce le creature ideali. La potenza e linnocenza della
melodia pari alla potenza e allinnocenza degli elementi primitivi. E, sopra ogni
altro sentimento, sta in noi ascoltanti un sentimento di necessit: di quella necessit
che la vera musa tragica. Abbiamo voluto citare lintero passo perch, pur in una
prosa magniloquente, centra bene alcune caratteristiche della musica monteverdiana:
la nobile semplicit, lintensa espressione, il fatto che ogni sillaba ritmica
come il polso del dramma, la flessibilit e lo stato di necessit in cui musica e
dramma si svolgono. Inoltre la passione di DAnnunzio per Monteverdi anticipa la
riscoperta che ne far la musicologia, infatti ledizione dellOpera omnia di
Monteverdi realizzata da Gian Francesco Malipiero ha inizio nel 1926 (per terminare
nel 1942).
DAnnunzio, nel Libro segreto, descrive il momento in cui fu attirato dalla
forza della musica, grazie a Palestrina, del quale aveva ascoltato, nella chiesa
bolognese di Santa Maria della Vita, il Mottetto Peccatem me quotidie: in quel
punto io nacqui alla musica // in quellora, in quella chiesa parata di porpora, in
quel senso mistico che fluttua tra lestremo della carne e il limitare dellanima,
veracemente sentii dedurre e condurre il mio filo di porpora dalla dita della Musica,
e non per diletto e non per blandizia e non per oblio, s per vocazione di dolore e per
vocazione di martirio, dunque la musica una forma di aspirazione sublime,
meravigliosa e terribile a un tempo, come dimostrer anche Andrea Sperelli, il
protagonista de Il Piacere, dove la musica, in specie la wagneriana, costituisce il filo
rosso del romanzo. DAnnunzio era arrivato a Wagner per due vie parallele, quella
della letteratura francese dei simbolisti e della Revue wagnerienne, e quella delle
letture al pianoforte delle Opere di Wagner, realizzate nellappartamento napoletano
dallamico Nicol Van Westerhout. E ancora la Francia a costituire il terreno
dincontro con i protagonisti della cosiddetta Generazione dellOttanta: Casella (che
era a Parigi fin dal 1896, quando, tredicenne, si era recato per studiare con Faur),
Pizzetti (che nel 1905 aveva gi musicato un testo del poeta, Nave, e col quale
DAnnunzio avr una prolifica e proficua collaborazione) e Malipiero che giunge a
Parigi nel 1913 proprio per chiedere al Vate il permesso di musicare Sogno di un
tramonto dautunno (poi musicher anche I Sonetti delle Fate, il Diticambo terzo
(dalle Laudi) e quattro delle Stagioni italiche (inoltre dedicher a DAnnunzio la sua
Misse pro Mortius). E da Malipiero che nasce lidea della Raccolta Nazionale delle
Musiche Italiane, con lo scopo di riscoprire e di valorizzare la nostra musica del Sei-
Settecento, e di rivolgersi a DAnnunzio per una Prefazione prestigiosa. Lidea nasce
nel 1916, al Caff Cova in piazza della Scala a Milano, qui Malipiero espone a
Massimo Bontempelli, Alberto Savinio e Umberto Notari il progetto, in un primo
momento si pensa a Boito come tutore delliniziativa, ma questi rifiuta, allora Notari
prova a sentire DAnnunzio che accetta la direzione dellimpresa.
La Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane, curata dallIstituto Editoriale
Italiano, inizia con un paragrafo intitolato Notizie generali in cui si dice: noto a
tutti che coloro che crearono e stabilirono le forme principali della composizione
musicale e diedero vita alla tecnica vocale e strumentale moderna furono italiani,
segue un elenco di Autori, di costrutturi e di stampatori, poi si pone laccento
sullesigenza di riproporre questo immenso patrimonio: sino a poco tempo fa
esistevano solo singole ristampe // il pi era sparso per i musei, per le biblioteche
pubbliche o private, dimenticato // un simile stato di cose doveva finire //
animato da ferma fede nellimmancabile rinnovamento dellarte musicale nazionale /
/ lIstituto Editoriale Italiano deliber procedere alla pubblicazione di una grande
Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane, il titolo sintetizza con limpidit e con
precisione la natura e gli scopi delliniziativa affidata al genio animatore di Gabriele
DAnnunzio e alla dottrina dei maestri Gian Francesco Malipiero, Carlo Perinello,
Ildebrando Pizzetti e Balilla Pratella. La Prefazione di DAnnunzio non incentrata
sulla musica, cosa che il Poeta poteva fare benissimo, viste le sue competenze
specifiche, ma sullamor patrio. La Prefazione viene stesa nel Marzo del 1917,
durante il terzo anno di guerra e da questa situazione tragica che DAnnunzio parte,
scrivendo: intraprendere per le stampe una raccolta di antiche musiche in questa
nostra terza primavera di guerra // pu forse parere impresa intempestiva // ma
dallo smisurato travaglio umano nasceranno le forme necessarie della vita nuova /
/ la tavolozza rasa, la pagina bianca. Che valgono le mestiche e gli inchiostri
davanti allo splendore perpetuo del sangue? // ma limmateriale musica
dappertutto presente, simile a uno spirito di novit // la musica oggi la sola fra le
arti attive // non per tornare allantico ma per riconoscerlo e per vendicarlo nel
nome del Monteverdi, del Frescobaldi, del Palestrina contro un lungo secolo di
oscuramento e di errore. Il Poeta sottolinea quindi, pi che gli aspetti squisitamente
musicali, il tratto storico-politico, e questo sar una costante di quegli anni. Il piano
della Raccolta prevedeva 150 Quaderni dedicati alla musica antica, 50 alla musica
Moderna e altri 50 a quella nuova. Gli Autori presi in considerazione per la musica
antica sono: Banchieri, Bassani, Caccini, Carissimi, Cavalli, Cavazzoni, Corelli, Del
Cavagliere, Durante, Frescobaldi, Gabrieli (Andrea e Giovanni), Galuppi, Gesualdo,
Jomelli, Marcello, Martini, Monteverdi, Paisiello, Palestrina, Paradisi, Pegolese, Peri,
Platti, Porpora, Rossi, Sammartini, Scarlatti (Alessandro e Domenico), Tartini,
Vecchi, Veracini e Zipoli. Di Monteverdi, in particolare, si dice: trascrizione in
notazione moderna, armonizzazione e riduzione per canto e pianoforte a cura di
Carlo Perinello de Il ballo delle Ingrate, Tirsi e Clori e del Lamento di Arianna. Con
tutti i limiti evidenti, rimane il fatto che questa Raccolta segna un confine fra il
disinteresse del periodo precedente verso la musica pre-romantica e linizio di una
nuova e travagliata fase che porter, non senza cedimenti, a riconsiderare la musica
del Cinque-Sei-Settecento in maniera sempre pi attenta e precisa. Vediamone
brevemente alcune tappe.
Una data importante che va ricordata il 1909 quando, al Conservatorio di
Milano, viene eseguito lOrfeo che per non entusiasma affatto la critica musicale,
tant che Carlo Censi, sul n. 30 de La musica, scrive: lanalisi particolareggiata
del lavoro sarebbe opera misoneista, cadrebbe nel calcolo scientifico che il
contrario di estetico, come dire abbandoniamoci al flusso emotivo: lasciamoci
guidare dal nostro sentimento // lasciando da parte ogni gretto criterio storico,
come scrive Domenico Alaleona sulla stessa Rivista qualche anno pi tardi (Aprile
1912). Seguendo una malintesa estetica crociana, si d importanza ai sentimenti
misconoscendo il valore del documento storico, evocando lo spirito del passato come
richiamo a unidealit generica e generale, non rispettando quindi alcuna verit
storica ma adattandola alle svariate esigenze della cronaca dellepoca.
La musica italiana pre-ottocentesca viene esaltata in modo da opporla allo
strapotere di quella tedesca, di quella wagneriana e di Richard Strauss in particolare;
bruciava anche il fatto che lOpera omnia di Palestrina fosse stata realizzata, dal 1862
al 1894, da Breitkopf e Haertel, proprio Palestrina che era stato indicato da Verdi
quale padre putativo della musica italiana (nel 1910 i tedeschi costituiranno anche
una Pergolesi-Gesellschaft). E interessante ricordare come Verdi per tornare
allantico raccomandava di studiare Palestrina, ma non quel Monteverdi che
muoveva male le parti (!). Anche la storia del Melodramma serve, allinizio del
Novecento, pi da generico contraltare politico-sociale-culturale che non
specificatamente musicale, da Verdi tornando indietro a Monteverdi, viene esaltata
come un carattere tipicamente italiano (9), ma ben poco approfondita attraverso la
documentazione storica ed estetica.
Nel 1908 sistituisce a Ferrara lAssociazione dei Musicologi Italiani, in anni in
cui nessuna Universit del nostro bel Paese canoro ha una Cattedra di musica! Ma
non sono i musicologi gli artefici della renaissance della musica antica e
monteverdiana, quanto piuttosto i compositori della Generazione dellOttanta:
Pizzetti ricostruisce il sistema medioevale e al Canto gregoriano pi volte fa
riferimento nella sua produzione; Respighi trascrive molti brani, dalla Ciaccona di
Vitali alla Pastorale di Tartini, dalla Passacaglia in DO minore di Bach al Lamento di
Arianna e allOrfeo di Monteverdi (1931), si tratta di trascrizioni libere e composite
stilisticamente, orientate verso il pastiche, ma, daltra parte, le revisioni dellepoca se
non pagano dazio alla fantasia dei compositori lo pagano allimbarazzo stilistico dei
musicologi, come nelle revisioni di musica monteverdiana di Giacomo Benvenuti.
Come dire che, in quegli anni, non c scampo per la verit storica: ideologia e
sentimentalismo si mescolano in una miscela deprecabile, come dimostra anche la
prima Settimana musicale senese dedicata a Vivaldi.
Un ostacolo alla diffusione della musica pre-romantica viene posto da Giulio
Ricordi che ha tutti gli interessi a sostenere il Teatro lirico, come ben denuncia il
Parigi, in un libro pubblicato nel 1921 dalleditore Vallecchi di Firenze, ma scritto nel
1917, intitolato Il momento musicale italiano dove si legge: il popolo italiano nel
teatro cera, e Ricordi ve lo ha seguito, e ve lo ha lasciato, non solo, ve lo ha
inchiodato.
Molte titubanze della musicologia di allora derivano dal credere che dallinizio
del Settecento in poi si sia verificato un progresso armonico, vero, invece, che dal
1650 si va determinando, parallelamente alla fine della cultura umanistica, un
continuo schematizzarsi della conoscenza armonica, Negli anni Venti-Trenta la
conoscenza musicologica di quel periodo poggia su riferimenti ad Alfredo Casella,
Jean Marnold ed al Koechlin, non si era ancora letto correttamente sugli originali n
Gesualdo, n Monteverdi, n si conosceva il Discorso del Galilei sull'uso delle
dissonanze. Questa misconoscenza ha generato molti equivoci e revisori fin troppo
solleciti hanno corretto quello che loro credevano errori di stampa, ma che errori non
erano, purtroppo si ignorava cosa fosse lottava superflua di Monteverdi e non si
conoscevano correttamente tanti altri aspetti tecnici. Malipiero fu il primo a recepire
quanto poi sar appurato dal Centro Studi Rinascimento Musicale, sulla
interpretazione della semeiografia dei cromatisti del Cinque-Seicento.
Va sottolineato il fatto che Malipiero si scrive da solo quasi tutti i libretti delle sue
numerose Opere teatrali, a dimostrazione della sua cultura letteraria, perci
acquista particolare rilievo il fatto che si rivolga, con insistenza, a
DAnnunzio che Malipiero sa leggere profondamente, abbagliato quindi
dalla qualit della scrittura del Poeta e non solo dalla sua fama, conscio
anche di dover superare la musicalit dei versi dannunziani per non
sacrificare la musica. Lavventura della grande Raccolta delle Musiche
Italiane, cement poi il rispetto reciproco, basato anche sullamore della
musica pre-romantica.
Bisogna penetrarne lo spirito per ritrovare le nostre origini scriveva nel
1920, in una lettera a Guido Maria Gatti, Gian Francesco Malipiero, riferendosi
allOrfeo di Monteverdi spero di riuscire a pubblicare le opere complete di questo
grande musicista // lOrfeo veramente un capolavoro e le edizioni che esistono
sono delle infamie. Spetter a Malipiero approfondire le origini della musica
moderna, aderendo con curiosit a unaura culturale che il magico mondo antico
suscita, in primis quello veneziano, mostrando un gusto e una consapevolezza che lo
qualificano in maniera del tutto differente da quella di altri musicisti a lui coevi.
Monteverdi, sostengo che nessuno lo conosce scrive a ragione Malipiero nel
1928 e la sua musica religiosa chi la conosce? E lanno seguente, rivolto ancora
a Gatti, parla della ignobile edizione di DIndy (10).
La metodologia seguita da Malipiero si basa sul reperimento delle fonti: ho
raccolto tutti i documenti che illuminano la sua vita e ho cercato di tracciare una
linea di Monteverdi come uomo e come artista scrive nel 1930, quindi nel 1935,
rispondendo a delle critiche di Redlich, dice: il dott. Redlich continua a deformare
le opere monteverdiane sovrapponendovi contrappunti, anacronistiche
istrumentazioni ecc. // io ho messo in opera tutte le mie esperienze per realizzare il
basso senza togliergli il carattere di improvvisazione. Forse egli crede che non sarei
stato capace di imbastardire i capolavori di Claudio Monteverdi con dei vaghi
contrappuntini accademici. Le improvvisazioni sul basso venivano appunto
improvvisate perch dovevano restare in secondo piano, umilmente, onde non
soverchiare il canto. Un amore, quello per il Divino Claudio, vivo per tutta la vita,
anche dopo la realizzazione dellOpera omnia, come testimoniano anche le ultime
lettere dove Monteverdi viene citato fino allanno della morte di Malipiero.
Malipiero ha effettuato numerose trascrizioni, come i Concerti per organo e
archi o orchestra da Corelli, Domenico Scarlatti, Veracini, Tartini; inoltre Madrigali
per orchestra da Monteverdi, e infine realizzando La Cimarosiana (1921), Vivaldiana
(1952) e Gabriellana (1971). Fra le revisioni le Canzoni amorose di Bassani, La
rappresentazione di Anima et di Corpo di de Cavalieri, Il Filosofo di Campagna di
Galuppi (tutte revisioni realizzate nel 1919), La passione di Ges Cristo di Jommelli
(1919), e altre opere di Lotti, Benedetto Marcello, Stradella, Sarti, e altri ancora.
Venendo poi a Monteverdi, Malipiero realizza le revisioni dellOrfeo (1923) e del
Combattimento di Tancredi e Clorinda (1931).
Malipiero muore il 1 Agosto 1973. Nello stesso mese, Annibale Gianuario lo
ricorda in un Convegno al Centro Studio Rinascimento Musicale di Artimino, di cui
Malipiero faceva parte, con una relazione purtroppo introvabile perch fu stampata
dal Centro in soli 200 esemplari mettendo subito in risalto come gli studi di
Malipiero fossero volti principalmente a ritrovare l'essenza fonico-semantica della
creazione del Cremonese.
Malipiero e Gianuario