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UN MODELLO COMICO

NELL’ID. XXII DI TEOCRITO

L’Id. XXII di Teocrito, i Dioscuri, presenta, come è stato notato


già da parecchi anni, molteplici elementi di interesse per la studiata
composizione, la varietà degli stili, la contaminazione dei modelli. Il
tratto più caratteristico del componimento è la modalità estremamen-
te raffinata con cui l’autore ha giocato sul dualismo di situazioni,
comportamenti, stili e tecniche della composizione poetica1.
Dopo una brevissima introduzione dell’oggetto dell’inno – la cele-
brazione di Castore e Polluce, figli di Zeus e di Leda –, piuttosto sbi-
lanciata nei riguardi di Polluce pugilatore (vv. 1-3), comincia una se-
zione estremamente curata (vv. 4-22) che ha per modello l’inno ome-
rico XXXIII Ai Dioscuri, con il trattamento della caratteristica, pro-
pria ai Dioscuri, di dèi swtêre$ dei naviganti. Un’invocazione gene-
rale (vv. 23-24) e la selezione del canto nei confronti di Polluce
(vv. 25-26) introducono, poi, una sezione dal carattere fortemente nar-
rativo (vv. 27-134) che ha per tema l’incontro di pugilato tra Polluce e
Amico all’interno dell’impresa argonautica, saldato alla precedente se-
zione “marina” dalla posizione incipitaria riservata alla nave Argo. In
questa parte dell’idillio la presentazione di Polluce è esplicitamente
positiva, in accordo con il suo status di figlio di Zeus (vv. 95, 115),
quella di Amico esplicitamente negativa; inoltre la parte narrativo-de-
scrittiva contiene al suo interno un inserto sticomitico di contrasto tra
Polluce ed Amico. Una breve sezione di trapasso (vv. 135-136) con-
duce quindi alla narrazione riferita a Castore, incentrata sull’episodio
del ratto delle Leucippidi e sullo scontro con gli Afaridi (vv. 138-213).
Qui la presentazione di Castore, e in realtà di entrambi i fratelli, è im-

* Saggio proposto da Massimo Di Marco, Università di Roma “Sapienza”.


1 Cfr. R. HUNTER, Theocritus and the Archaeology of Greek Poetry, Cambridge 1996,
pp. 57-63; A. SENS, Theocritus: Dioscuri (Idyll 22), Göttingen 1997, pp. 13-23. La presenza
costante dell’elemento dualistico più in generale negli idilli teocritei è stata analizzata da
R. PRETAGOSTINI, Ricerche sulla poesia alessandrina. Teocrito, Callimaco, Sotade, Roma
1984, pp. 11-30 (per l’Id. XXII cfr. p. 24).
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plicitamente negativa, dati i termini in cui è presentato il rapimento


delle Leucippidi e la sprezzante intransigenza insita nel silenzio con
cui i Dioscuri rispondono ai tentativi di conciliazione e alle proposte
dell’Afaride Linceo. Quest’ultimo appare invece in una luce implicita-
mente positiva, viste le alternative che propone ai cugini e soprattutto
per l’atteggiamento mite che mostra. In ogni caso il sostegno di Zeus
ai Dioscuri è evidente dal rapido cenno alla morte di Ida (vv. 205-211)
e dalla chiusa di questa sezione che celebra la morale dell’onnipoten-
za dei figli di Zeus. Dal punto di vista formale la “sezione di Castore”
è speculare alla “sezione di Polluce”, presentando anch’essa uno scon-
tro a due, che richiama il precedente, pure se in forme ridotte (cfr.
vv. 80-134 vs. 181-213)2, e soprattutto una similare descrizione tecni-
ca del colpo fatale (cfr. vv. 123-130, 196-200)3. Gli esiti tuttavia di quel
colpo sono diversi nelle due narrazioni: si perdona il “negativo” Ami-
co, si infierisce sul “positivo” Linceo. Così, sempre dal punto di vista
formale, al breve dialogo sticomitico, pur in forma di contrasto, tra
Polluce e Amico (vv. 54-74) si oppone il lungo monologo di Linceo
(vv. 145-180), che non ottiene risposta4. In compenso esso è un “mo-
nologo doppio”, poiché comprende, con la tecnica dello speech within
speech, un altro monologo (vv. 154-166), pronunciato in
passato e rimasto anch’esso senza risposta (sfw \ gàr ¡khl≠tw kaì
¡phnée$, v. 169).
Chiude il componimento una sezione metaletteraria (vv. 214-223)
di congedo che, invocando per i poeti la protezione dei Dioscuri, con-
trappone la poesia dell’aedo di Chio ai ligeôn meilígmata Mouséwn,
forniti dalle Muse stesse e dall’o–ko$ dell’autore.
Si vede dunque come tutto l’idillio è costruito grazie a una tecnica
raffinata, che ha come presupposto la poesia omerica ma tende a dif-
ferenziarsi da essa attraverso il gioco del dualismo: una tecnica alta-
mente allusiva, visto che l’“inno” è rivolto ad una coppia divina ed è
coerentemente bipartito. Non è dunque da condividersi l’opinione,

2 Sull’unità sostanziale dell’idillio e sul richiamarsi delle due scene cfr. S. LAURSEN, Theocri-
tus’ Hymn to the Dioscuri Unity and Intention, «C&M» 43, 1992, pp. 71-95, part. pp. 83 ss.
3 Cfr. A. SENS, Theocritus…, cit., pp. 206-207.
4 È ormai rifiutata dai più moderni editori e commentatori la proposta di Wilamowitz (Die
Textgeschichte der griechischen Bukoliker, Berlin 1906, pp. 182-199, part. pp. 191-193) di
attribuire i vv. 171-180 a Castore, ipotizzando una lacuna dopo il v. 170: cfr. l’argomen-
tazione di F. T. GRIFFITHS, Theocritus’ Silent Dioscuri, «GRBS» 17, 1976, pp. 353-367, part.
pp. 353-356.
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 103

espressa dal Gow5, di una minore cura formale riservata alla seconda
parte dell’idillio o, peggio, di una redazione separata di due composi-
zioni malamente connesse. Ogni sezione del componimento trae luce
e acquisisce senso dal confronto-opposizione con un’altra sezione: l’e-
sordio sbilanciato su Polluce dall’opposizione con la “sezione di Pol-
luce”, la palese allusione omerica del piccolo inno ai Dioscuri d’aper-
tura con il congedo metaletterario6, la “sezione di Polluce” con quel-
la di Castore; così come sono richiamate e contrapposte scelte forma-
li (movimentate scene agonali e guerresche, sticomitia contro speech
within speech) e caratterizzazioni di personaggi (Polluce vs. Castore,
Amico vs. Linceo)7.

5 Cfr. A. S. F. GOW, The Twenty-Second Idyll of Theocritus, «CR» 56, 1942, pp. 11-18; ID.,
Theocritus, vol. II, Cambridge 1950, pp. 384-385.
6 Il riferimento all’Iliade, che sembra prioritario nella chiusa, ha creato non pochi problemi
interpretativi, vista la parte insignificante che i Dioscuri hanno in quel poema (III 236-244).
Da qui l’ipotesi degli esegeti che il riferimento sia in realtà ai Canti Ciprii, ove veniva tratta-
to lo scontro con gli Afaridi (cfr. A. CAMERON, Callimachus and his Critics, Princeton 1995,
p. 436; L. SBARDELLA Mogli o buoi? Lo scontro tra Tindaridi e Afaretidi da Pindaro ai poeti
alessandrini, in R. NICOLAI (ed.), RUSMOS. Studi di poesia, metrica e musica greca offerti
dagli allievi a Luigi Enrico Rossi per i suoi settant’anni, Roma 2003, pp. 133-150, part.
pp. 144-145), o rappresenti in maniera allusiva uno studiato, e magari ironico, contrasto con
il modello iliadico (G. O. HUTCHINSON, Hellenistic Poetry, Oxford 1988, p. 163, n. 33;
A. SENS, Theocritus…, cit., pp. 22-23). Non è escluso però che sia in questione anche l’O-
mero degli Inni, evocato nella parte iniziale, visto che tutta la chiusa sembra giocata sull’am-
biguità tra lo status divino (sottostante e “innico”) dei Dioscuri e quello eroico, che li acco-
muna ai personaggi iliadici.
7 La rappresentazione positiva dei Dioscuri nella sezione dedicata a Polluce e quella più cru-
damente negativa nella sezione dedicata a Castore potrebbero anche celare un riferimento al-
lusivo alla Nemea X di Pindaro, dalla cui trattazione del mito Teocrito in realtà si discosta in
maniera notevole: in Pindaro Castore era umano Polluce divino e alla fine i due condivide-
vano le due nature in un’unica coppia semidivina; in Teocrito i fratelli sono detti entrambi fi-
gli di Zeus, ma non appaiono pienamente consapevoli del proprio status e si oscilla nel con-
figurarli come dèi (come richiederebbe convenzionalmente la forma innica e come appaiono
fino al v. 22) o come eroi (quali appaiono prevalentemente nelle sezioni narrative e al v. 216
della chiusa, smentito subito dopo al v. 223). La “positività” esplicita di Polluce e la “negati-
vità” implicita di Castore e comunque la diversa caratterizzazione di tutta la coppia nelle due
sezioni contrapposte potrebbero richiamare allusivamente alla mente del lettore dotto la pin-
darica opposizione tra la divinità di Polluce e l’umanità di Castore. L’ambiguità dello status
dei Dioscuri nelle sezioni narrative, ove essi appaiono come “semplici” eroi ai loro avversa-
ri, ma, a ben vedere, la loro azione pare caratterizzata da “numinosity”, e l’ironia di situa-
zioni che ciò produce sono analizzate in A. SENS, A Man of Many Words: Lynceus as Speaker
in Theocr. 22, in M. A. HARDER-R. F. REGTUIT-G. C. WALKER (edd.), Theocritus, Groningen
1996, pp. 187-204 e in A. SENS, Theocritus…, cit., pp. 16-18. L’oscillazione nello status degli
onorandi e la “contaminazione” di generi tra inno per gli dei, narrazione epica per gli eroi ed
encomio per gli uomini pare sia una caratteristica frequente in Teocrito, certamente legata al-
la politica religiosa dei Tolemei, che comportava, nella stessa figura del re, una confusione
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Tale dualismo coinvolge evidentemente anche lo stile nel suo com-


plesso, che nella “sezione di Polluce” è sicuramente più vario che in
quella di Castore. Ciò trova un parallelo nei contenuti, che nella pri-
ma sezione sono più innovativi rispetto al modello omerico di quanto
appaiano nella seconda8: descrizione del locus amoenus (vv. 35-43),
rappresentazione scultorea di Amico (vv. 44-53), agone sportivo tra
avversari e non tra compagni9, caratterizzazione generale di Amico,
lieto fine.
In particolare nella scena di confronto tra Polluce e Amico è stato
visto con ragione, e proprio a partire dalla sezione sticomitica, il riu-
tilizzo di un modello di poesia drammatica10. I generi che sono stati
più spesso chiamati in causa sono il mimo, la tragedia e la comme-
dia11. Della tragedia mancano atmosfera, ambientazione, ethos e mo-

proprio di tutti questi piani: cfr. da ultimo, a proposito dell’Id. XVII, M. DI MARCO, Teo-
crito tra inno ed encomio: sul proemio dell’Idillio XVII, «SIFC» 97, 2004,
pp. 123-129.
8 Ciò non significa che Teocrito abbia voluto contrapporre due diversi modi di trattare il mi-
to, uno moderno ed uno omerizzante, come fa notare A. CAMERON, Callimachus…, cit.,
pp. 431-436, in contrapposizione a C. MOULTON, Theocritus and the Dioscuri, «GRBS» 14,
1973, pp. 41-47 e a F. T. GRIFFITHS, Theocritus’ Silent Dioscuri, cit., part. pp. 362 ss. Mi sem-
bra però troppo radicale la posizione di S. LAURSEN, Theocritus’ Hymn…, cit., part.
pp. 77-83, che, richiamando giustamente per la “sezione di Polluce” i paralleli omerici del-
l’episodio di Polifemo e di Iro nell’Odissea (IX 105-565; XVIII 1-107), individua un contra-
sto negli elementi di base tra le due “sezioni” solo nell’adozione di un modello odissiaco
versus un modello iliadico.
9 Questo elemento è stato valutato da R. HUNTER, Theocritus…, cit., p. 58.
10 Cfr. L. E. ROSSI, I generi letterari e le loro leggi scritte e non scritte nelle letterature clas-
siche, in Dizionario della civiltà classica, vol. I, Milano 1994, pp. 47-84, part. pp. 71-72 [già
in «BICS» 18, 1971]. Il collegamento della trattazione teocritea del mito di Amico con tec-
niche e motivi del dramma era stato ricercato anche da D. HAGOPIAN, Pollux’ Faustkampf
mit Amykos, Wien 1955, part. pp. 57-60, 63-65.
11 Alcuni studiosi hanno posto l’attenzione anche sul modello dell’agone bucolico, a cui ri-
manderebbe la parte sticomitica (cfr. G. SERRAO in L. E. ROSSI, I generi…, cit., p. 83 n. 87;
B. M. PALUMBO STRACCA, Teocrito. Idilli e epigrammi, Milano 1993, pp. 340, 349 n. 13;
A. SENS, Theocritus…, cit., p. 119) e che potrebbe riscontrarsi anche in altri elementi di que-
sta sezione dell’idillio, come il contesto boxistico, condiviso con l’Id. IV, il locus amoenus e
il personaggio misterioso, condivisi con l’Id. VII (cfr. R. THOMAS, Genre through Intertex-
tuality: Theocritus, Virgil and Propertius, in M. A. HARDER-R. F. REGTUIT-G. C. WALKER
(edd.), Theocritus, Groningen 1996, pp. 227-246, part. pp. 233-238). Si tratta però di legami
individuati all’interno dell’opera di un medesimo autore e di un genere, quello bucolico, che
è anch’esso sostanzialmente opera di Teocrito stesso; dunque non sono sullo stesso piano dei
collegamenti con generi letterari ed autori cui il poeta avrebbe potuto attingere per la sua
composizione letteraria: i veri e propri modelli. Al contrario l’inserzione di motivi bucolici
negli idilli non bucolici rappresenta proprio uno di quegli elementi originali ed innovativi
che Teocrito aggiunge ed integra al contesto per caratterizzare originalmente la sua poesia:
cfr., per l’Id. XIII, G. SERRAO, Ila in Apollonio e Teocrito, in ID., Problemi di poesia alessan-
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 105

dalità di caratterizzazione dei personaggi, è presente solo la tecnica


sticomitica che non era sua caratteristica esclusiva12. Il mimo, si sa, è
stato modello prediletto di Teocrito, si è conservato a noi in forme
estremamente frammentarie e condivideva molti elementi in comune
con la commedia: è difficile dunque individuare i caratteri particolari
di un’eventuale rielaborazione teocritea. Più probabile che il modello
letterario da cui Teocrito abbia attinto il mito e la sua modalità di trat-
tazione sia la commedia dorica, l’>/Amuko$ di Epicarmo13. Ritengo
però che questo modello più antico sia stato considerato e variato an-
che alla luce della commedia più recente, della commedia tarda14. Con
ciò non intendo svalutare ovviamente il confronto e forse il rapporto
di emulazione che Teocrito avrebbe, secondo molti critici, instaurato
in questa sezione del suo componimento con Apollonio Rodio15, ma
anzi sono dell’idea che sia proprio l’audace e raffinata “inserzione”
nell’idillio di modelli non confacenti al codice epico a rappresentare il
grado di novità più alto e il più cospicuo elemento di variazione ri-
spetto al testo apolloniano.
Dagli sparuti frammenti dell’>/Amuko$ epicarmeo possiamo dedur-
re che esso includeva uno scontro verbale tra Amico stesso e Castore
(fr. 6 K.-A.: >/Amuke, m± kúdazé moi / tòn presbúteron ¡delfeón)
e che l’esito dell’incontro di pugilato tra Amico e Polluce doveva es-
sere non l’uccisione di Amico, come in Apollonio (II 94-97), ma l’im-
prigionamento dello stesso (fr. 7 K.-A.: † eª ge mèn Øti /
™gkekómbwtai kalµ$; cfr. anche Schol. Ap. Rh. II 98-100 a): un fina-
le relativamente soft, come in Teocrito. Che il pugilato dovesse avere

drina I. Studi su Teocrito, Roma 1971, pp. 109-150, part. p. 150. L’uso estremamente vario e
raffinato degli elementi paesaggistici (e in particolare di quelli più propriamente bucolici) da
parte del poeta negli idilli pastorali e non è ora esaminato in M. DI MARCO, Il paesaggio di
Teocrito tra realtà e mito, in M. VETTA-C. CATENACCI (edd.), I luoghi della poesia antica.
Atti del Convegno. Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, 20-22 aprile 2004, Ales-
sandria 2006, pp. 327-343.
12 Alla tragedia, e in particolare alla tecnica sticomitica di Euripide, aveva pensato
G. O. HUTCHINSON, Hellenistic Poetry, cit., p. 164.
13 Lo stesso titolo aveva anche un dramma satiresco di Sofocle (TrGF IV FF 111-112).
14 Un simile procedimento ho ipotizzato anche per alcuni caratteri importanti dell’Id. XV
(Le Siracusane) in L. BRUZZESE, La Pan≠guri$ di Filemone e l’Id. XV di Teocrito, «ARF»
2, 2000, pp. 31-41.
15 Sono incline all’opinione dei più che Teocrito abbia scritto l’idillio XXII dopo la compo-
sizione della parte del II libro delle Argonautiche (vv. 1-153) dedicata al mito di Polluce ed
Amico. Contra vedi A. KÖHNKEN, Apollonios Rhodios und Theokrit. Die Hylas- und die
Amykosgeschichten beider Dichter und die Frage der Priorität, Göttingen 1965.
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una non indifferente rilevanza all’interno del dramma potrebbe essere


confermato anche dal fr. 215 K.-A. incertae fabulae (>Epícarmo$ dè
kaì puktikón ti mélo$ a∞leîsqaí fhsi), qualora appartenesse ve-
ramente all’>/Amuko$. Si tratta dunque di un contesto, quello del
dramma epicarmeo, che sembra aver potuto rappresentare un buon
punto di partenza per ricontestualizzare un fatto mitico trattato inve-
ce da Apollonio in termini più rigorosamente epici16.
Ma il dato significativo di tutta la sezione dell’idillio teocriteo è la
particolare caratterizzazione di Amico, che a buon diritto è stata defi-
nita “comica”. Purtroppo ci manca il dato fondamentale della caratte-
rizzazione del personaggio nella commedia di Epicarmo, ma R. Hun-
ter17 ha individuato sia nella raffigurazione plastica del sovrano dei Be-
brici (vv. 44-52), ove spiccano la possanza fisica, letteralmente statuaria,
e la pelle leonina sul collo, sia nella qualifica di ¡dhfágo$ sorprenden-
temente attribuitagli (v. 115) la figura di Eracle; B. M. Palumbo18 ha in-
vece concentrato l’attenzione sull’atteggiamento scorbutico che Amico
mostra nella sezione sticomitica (vv. 54-74) e sulla dura lezione che è
costretto a ricevere ed accettare dalla vittoria di Polluce (vv. 132-134):
un carattere e una situazione che lo avvicinano al tipo del dyskolos del-
la commedia nuova, quale appare lo Cnemone menandreo.
Penso che queste due letture colgano aspetti importanti e possano
indirizzare verso un ulteriore modello comico, che è al tempo stesso
tipico della commedia tarda e strettamente legato alla figura di Eracle:
il tipo dello Schwerathlet.
Si tratta di un personaggio comico la cui caratterizzazione appare
oggi piuttosto evanescente per via delle scarse testimonianze pervenu-
teci, ma che era diffuso nella commedia di IV-III secolo a. C. (cfr. il
Pagkratiast≠$ di Teofilo, di Alessi e di Filemone e il Púkth$ di Ti-
moteo e Timocle) e figurava anche nella palliata (il Pancratiastes di En-
nio e il Pugil di Cecilio). Tra le sue caratteristiche ricostruibili appaio-
no la polufagía (cfr. Theoph. fr. 8 K.-A.; Anaxipp. fr. 3 K.-A.),
l’¡lazoneía, cui si collega la kolakeía di altri personaggi (cfr. Alex.

16 Che Teocrito abbia tratto da Epicarmo e/o da Sofocle il motivo della salvazione di Amico,
alludendo al modello con la sticomitia e con il suo generale carattere comico, ipotizza
R. KERKHOF, Dorische Posse, Epicharm und attische Komödie, München-Leipzig 2001,
pp. 142-143. Fa supporre che Amico venisse legato e non ucciso in Sofocle l’hydria che raffi-
gura l’imprigionamento di Amico in presenza di Satiri e Menadi (LIMC s.v. Amykos fig. 11).
17 R. HUNTER, Theocritus…, cit., pp. 62-63.
18 B. M. PALUMBO STRACCA, Teocrito…, cit., p. 341; Tre note a Teocrito XXII, «RCCM» 42,
2001, pp. 175-189, part. pp. 179-180.
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 107

fr. 274 K.-A.; Timocl. fr. 31 K.-A.; Caecil. Pugil fr. 1 Ribbeck³), ed an-
che il particolare della devastazione del volto (cfr. Alex. fr. 275 K.-A.,
forse anche il fr. 274 K.-A.)19 . Ora, tanto la polufagía quanto
l’¡lazoneía erano attributi tipici di Eracle e dell’Eracle comico in par-
ticolare; anzi, è verosimile pensare che il tipo dello Schwerathlet nella
commedia tarda sia stato modellato proprio sulle caratteristiche con-
suete di Eracle in commedia, fin dall’¡rcaía, visti tra l’altro i legami di
carattere culturale, antropologico e religioso che la stessa civiltà greca,
dall’età arcaica fino all’età imperiale, riconosceva tra Eracle e l’atletica
pesante20. Né del resto il tipo comico dell’atleta risultò indifferente ai
raffinati poeti di età ellenistica: atleti e atleti-parassiti sono protagoni-
sti di due epigrammi scoptici di Posidippo di Pella (epp. 120-121 Au-
stin - Bastianini)21, mentre l’atleta polufágo$, discendente da Eracle,
fa la sua comparsa anche nel contesto bucolico dell’Id. IV dello stesso
Teocrito (il pugile Egone, paragonato ad Eracle al v. 8 e ricordato per
le sue prodezze mangerecce ai vv. 33-34)22; l’atleta coinvolto in avven-
ture sentimentali, quale poteva presentarsi anche in commedia (in una
funzione simile a quella del soldato ¡lazµn), è poi un personaggio
riutilizzato sempre da Teocrito nell’Id. II (part. vv. 8, 51, 80, 97-98,
102-103, 114-138, 156)23, ma anche da Eroda (I vv. 50-66)24 e da Ma-
cone (fr. 15 Gow vv. 218-225)25. L’atleta, e l’atleta che porta i vistosi

19 Cfr. W. G. ARNOTT, Alexis. A Commentary, Cambridge 1996, pp. 764-768.


20 Le caratteristiche dello Schwerathlet nella commedia greca tarda e il collegamento tra que-
sto stock-character e la figura di Eracle sono temi da me approfonditi e meglio argomentati
in L. BRUZZESE, Lo Schwerathlet, Eracle e il parassita nella commedia greca, «Nikephoros»
17, 2004, pp. 139-170. Che però l’atleta comico dovesse molto alla caratterizzazione di Era-
cle aveva già supposto R. HUNTER, Eubulus. The Fragments, Cambridge 1983, p. 178.
21 Su questi cfr. D. ZORODDU, Posidippo di Pella poeta satirico. La statua dell’atleta ingordo
(XIV G.-P., 3126-3129), «Helikon» 35-38, 1995-1998, pp. 109-146 e ancora L. BRUZZESE,
Lo Schwerathlet…, cit., pp. 151-154.
22 Soltanto un accenno al tema agonistico e in particolare al lessico della lotta, ma tuttavia
significativo, è anche in Theocr. Id. VII 125 (e—$ d> ¡pò tâsde, fériste, Mólwn ågcoito
palaístra$), su cui cfr. M. DI MARCO, Lessico agonistico e sconfitta in amore: lo strozza-
mento di Molone (Theocr. Id. VII 125), in L. BELLONI-G. MILANESE-A. PORRO (edd.), Stu-
dia classica Iohanni Tarditi oblata, vol. I, Milano 1995, pp. 625-638, che difende la lezione
™pì tâsde... palaístra$.
23 Particolarmente interessanti i vv. 127-128, ove viene richiamata l’usanza del kômo$, ma
forse anche una scena tipica di commedia, che per noi è relativa solo al personaggio del sol-
dato, e non dell’atleta, probabilmente per mancanza di documentazione.
24 Cfr. L. DI GREGORIO, Eronda. Mimiambi (I-IV), Milano 1997, p. 89.
25 Su questo collegamento tra l’atletica pesante e la tematica erotica e sulla sua possibile de-
rivazione da fonti comiche cfr. TH. F. SCANLON, Eros and Greek Athletics, Oxford-New
York 2002, pp. 219-227.
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segni delle percosse subite, quale appare in Alex. fr. 275 K.-A., ritorna
infine più tardi d’attualità, nel I secolo d.C., in tutta una serie di epi-
grammi di Lucillio (A. P. XI 75, 77, 78, 81, 258)26.
Vi sono molti indizi che lo stock-character comico dello Schwe-
rathlet possa aver funzionato da modello anche per la caratterizzazio-
ne di Amico nell’Id. XXII di Teocrito. Questi è infatti rappresentato,
come il suo corrispettivo apolloniano, nei tratti di un aggressivo
u<brist≠$; ma, mentre in Apollonio i connotati morali di Amico e il
suo aspetto fisico sono sempre descritti in maniera seria con termini
che rimandano agli elevati modelli epici e tragici27 – basilêo$
¡g≠noro$ (II 2), u<peroplhéstaton (II 4), ¡eikéa qesmón (II 5),
u<perbasí´sin (II 9), méga fronéwn (II 19), ›mokl≠ (II 20), kak≠n
... bíhn (II 22-23), ¢looîo Tufwéo$ ≤è kaì a∞tê$ Gaíh$... pélwr
téko$ (II 38-39)28, ™péessin u<perfiáloisi (II 54), kûma qalássh$
(II 70), ¡phnéa... pugmacíhn (II 76-77), ¡ghnoríh$ (II 150) –, nel-
l’Amico teocriteo all’indubbio sostrato epico si sommano interessanti
e allusive variazioni che sembrano attingere all’ambito comico; in par-
ticolare per quanto riguarda il dato degli effetti delle percosse.
Questo elemento viene in luce fin dalla prima presentazione di
Amico nell’idillio ed è poi costantemente ripetuto nel corso dell’epi-
sodio fino alla fine. Nella raffigurazione plastica del rozzo e insolente
sovrano dei Bebrici, che si staglia come una spaventosa e imprevista
statua nel leggiadro paesaggio del locus amoenus (vv. 44-53)29 , ai

26 Cfr. L. ROBERT, Les épigrammes satiriques de Lucillius sur les athlètes. Parodie et réalités,
in AA.VV., L’épigramme grecque, Entretiens Hardt t. XIV, Genève 1968, pp. 179-295.
27 Sulla serietà e sull’occasionale tradizionalismo della presentazione dello scontro con Ami-
co e con i Bebrici in Apollonio Rodio rispetto alla più moderna trattazione teocritea dell’e-
pisodio cfr. F. T. GRIFFITHS, Theocritus’ Silent Dioscuri, cit., pp. 361-362. Benché in una di-
versa prospettiva, tesa ad individuare una maggiore modernità in Apollonio, la differenza tra
i due poeti nella trattazione dell’episodio e in particolare nella caratterizzazione di Amico
(più seria in Apollonio, più ironica e comica in Teocrito) è rilevata anche da A. KÖHNKEN,
Apollonios Rhodios und Theokrit…, cit., pp. 94-108. Indipendentemente da questioni di
priorità, la differenza tra la trattazione dell’episodio in Apollonio, ove un ruolo determinan-
te è giocato dal riuso originale della tecnica omerica delle similitudini, e quella di Teocrito,
«più legato alla tradizione comica», è messa in luce anche da M. FUSILLO, in G. PADUANO-
M. FUSILLO, Apollonio Rodio. Le Argonautiche, Milano 1986, pp. 249-251.
28 Il paragone con Tifeo trova un parallelo in quello con Tizio nell’idillio teocriteo (v. 94),
ma sul diverso significato da attribuire nel contesto ai due paragoni cfr. A. KÖHNKEN, Apol-
lonios Rhodios und Theokrit…, cit., pp. 104-105.
29 Sulla contrapposizione, negli idilli non pastorali, tra elementi propriamente bucolici come
il locus amoenus e i personaggi del mondo eroico tradizionale cfr. M. DI MARCO, Il paesag-
gio di Teocrito…, cit., pp. 338-342.
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 109

vv. 44-45 si precisa, dopo una serie di notazioni piuttosto tradizionali


(¡n±r u<péroplo$, deinò$ £deîn), che l’uomo è teqlasméno$ o§ata
pugmaî$ e, più avanti (vv. 46-47), si aggiunge che le sue dimensioni gi-
gantesche (st≠qea... pelµria come pélwr téko$ in Ap. Rh. II 39)
erano caratterizzate da carne ferrigna (sarkì sidhreí´, sfur≠lato$
o—a kolossó$).
Nel primo dato non è da vedere soltanto un elemento di carattere
realistico o tratto dall’arte figurata30 ma anche un riferimento ad una
caratteristica del pugile (o del pancraziaste) comico, quale è testimo-
niata nel fr. 275 K.-A. di Alessi:
e<óraka$ <˙dh> pµpot> ™skeuasménon
˙nustron ˚ splên> ¢ptòn ≥nquleuménon
˚ kokkumlwn spurída pepónwn; - -
toioût> ®cei tò métwpon ˘

A questo frammento sembra collegarsi strettamente anche il fr. 274


K.-A. dello stesso autore, che quasi certamente apparteneva alla me-
desima commedia31:
kaì m±n ™núpnion oªomaí <g>> e<orakénai
nikhtikón. (B.) lég> a∞tó. (A.) tòn noûn prósece d≠:
™n t¨^ stadí¨ tôn ¡ntagwnistôn mé ti$
™dókei stefanoûn gumnò$ proselqw \n - -
5 stefán¨ kulist¨ ˘
^ kokkum≠lwn (B.) <Hráklei$.
(A.) pepónwn
L’aspetto sbattuto dello Schwerathlet perdente era certo passato
anche al personaggio del parassita, che, almeno in alcune sue caratte-
rizzazioni, condivideva molti tratti in comune con l’atleta comico32; e
infatti della maschera del parassita Polluce dice (IV 148) che mâllon
katéage tà ≈ta, così come l’atleta-parassita di Posidipp. ep. 121 A.-
B. presentava vistose ammaccature (vv. 5-6: ∆lqe d> ¡maurà /
bléya$ ™k peliôn nwdò$ ™piskuníwn).

30 Sulla connessione tra questa descrizione di Amico e un possibile modello artistico reale,
forse da identificare nel “pugile delle Terme”, cfr. S. NICOSIA, Teocrito e l’arte figurata,
Palermo 1968, pp. 49-59, R. HUNTER, Theocritus…, cit., pp. 62-63, B. M. PALUMBO STRAC-
CA, Teocrito…, cit., pp. 346-347 n. 10.
31 Di cui purtroppo è ignoto il titolo. A. MEINEKE, Fragmenta Comicorum Graecorum,
vol. III, Berlin 1840, pp. 504-505, ipotizzava che i due frammenti potessero appartenere pro-
prio al Pagkratiast≠$, ma cautela consiglia W. G. ARNOTT, Alexis…, cit., pp. 509-510.
32 Su questa connessione tra Schwerathlet e parassita cfr. sempre L. BRUZZESE, Lo Schwe-
rathlet…, cit., pp. 151-168.
110 Paideia LXII (2007)

A questo punto può essere interessante soffermarsi anche sul se-


condo dato della descrizione teocritea di Amico, l’aspetto “ferrigno”.
Esso è certo collegato al carattere di riproduzione letteraria di un mo-
dello scultoreo, reale o immaginato che sia, ma è evidentemente anche
un dato letterario, visto che spesso nella letteratura greca gli aggettivi
di materia vengono usati in chiave metaforica; non mi sembra un caso
dunque che sempre nella commedia tarda troviamo utilizzato il metal-
lo, in particolare il bronzo, per rappresentare la straordinaria forza e
violenza fisica di un parassita dai caratteri marcatamente atletici o for-
se addirittura di un famoso atleta parassita: Eucrate Kórudo$ (“Allo-
dola”)33. Questi è infatti così descritto nel fr. 8 K.-A. dei Titâne$ di
Cratino il giovane34:
_ _ Kórudon tòn calkótupon35 pefúlaxo,
˘˘ mh soì nomieî$ a∞tòn mhqèn kataleíyein,
†hn
mhd> øyon koin˜ metà toútou pµpote daís´
toû Korúdou, prolégw soi: ®cei gàr ceîra krataián,
calkên, ¡kámaton, polù kreíttw toû purò$ a∞toû
Ora, questo stesso Kórudo$ è citato in Ath. VI 245 E (= Lync. fr.
29 Dalby) insieme a Firomaco, l’atleta-parassita dell’ep. 121 A.-B. di
Posidippo, anch’egli presente in commedia (cfr. Alex. fr. 223 K.-A.
v. 16; Euphan. fr. 1 K.-A. v. 6)36. Dunque sempre un caso di atleta co-
mico con tratti parassitici o di parassita con caratteri atletici. E sempre
Posidippo sembra ricorrere, nell’ep. 120 A.-B., ad un gioco metafori-
co simile a quello teocriteo quando fa dire alla statua dell’atleta Tea-
gene, raffigurato come ingordo, con tratti parassitici: ou</neken ou</tw /
cálkeo$ e<st≠kw ceîra proi%scómeno$ (vv. 5-6). È ovvio che l’epi-
grammista si riferisce al materiale della statua, ma è probabile che l’e-

33 Su Eucrate Kórudo$ cfr. Ath. VI 241 A-242 B, 245 D-246 A e A. S. F. GOW, Machon.
The Fragments, Cambridge 1965, p. 59.
34 È molto probabile che il contenuto della commedia, una parodia mitologica, ben si pre-
stasse alla descrizione e alla rappresentazione di personaggi reali o fittizi caratterizzati da
forza e tracotanza, come in fondo l’Amico teocriteo e apolloniano.
35 In R. KASSEL-C. AUSTIN, Poetae Comici Graeci, vol. IV, Berlin-New York 1983, p. 342 è
stampato calkotípon, ma è citata l’intepretazione di Meineke («num calkótupon [sic codd.
recc.] explicandum calkoû kekrothménon, ex aere factum sive aeneum, propter invictas ma-
nus?») che preferisco.
36 Che Firomaco sia caratterizzato in Posidippo non solo come parassita, ma anche come
atleta è provato dalla citazione della claính Pellhní$ (v. 3) e degli agoni dai quali egli sa-
rebbe giunto alla Calliope Lenea degli sberleffi comici (vv. 7-8): cfr. L. BRUZZESE, Lo Schwe-
rathlet…, cit., pp. 152-154.
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 111

spressione celi un gioco con la consueta immagine della forza “bron-


zea” o “ferrigna” degli atleti37.
Riassumendo, mi sembra che Teocrito non abbia disdegnato di ri-
ferirsi anche a modelli comici, e in particolare della commedia tarda,
sostanzialmente a lui contemporanea, nella presentazione di Amico.
Infatti il particolare delle orecchie tumefatte ha un’indubbia ascenden-
za comica e più che riferirsi direttamente al modello di Eracle38 sem-
bra un dato caratteristico degli stock-characters della commedia di
IV-III secolo a.C. È interessante notare poi che Teocrito non ha limi-
tato l’allusione comica alla presentazione del personaggio, ma ha si-
gnificativamente insistito sul tema delle vistose percosse e sempre nei
riguardi di Amico. Dopo la sticomitia infatti, che pur nella tecnica in-

37 A. SENS, Theocritus…, cit., pp. 114-116 raccoglie anche altri esempi della metafora del fer-
ro in riferimento ad atleti (cfr. tra l’altro Simon. PMG 509) e rammenta, per l’espressione
sfur≠lato$ o—a kolossó$, la dedica di una statua di Zeus ad Olimpia (FGE 1474-1477),
che ritiene il modello artistico tenuto presente da Teocrito.
38 Così R. HUNTER, Theocritus…, cit., pp. 62-63, che individua il particolare nel “pugile del-
le Terme”, lo mette in connessione con l’Amico teocriteo ma lo ricollega alla figura di Era-
cle. In realtà, se è vero che le rappresentazioni degli dèi protettori dei ginnasi riproducevano
effettivamente alcune caratteristiche degli atleti, come appunto in questo caso i segni delle
percosse, questi segni sono sostanzialmente un dato specifico delle raffigurazioni di pugili,
confermato dalle testimonianze comico-satiriche al loro riguardo. Anche le raffigurazioni di
pugili certamente si rifacevano, ad es. per la conformazione del volto e per alcune posture, al
modello statuario di Eracle, quindi è evidente che c’era un interscambio, ma mi sembra dif-
ficile che il dato delle dolorose percosse, pure se visto in un’ottica positiva di apprezzamen-
to, non collegato cioè all’idea di sconfitta, possa essere originario dell’eroe. Sul “pugile delle
Terme” e sulla raffigurazione artistica dei pugili nell’antica Grecia cfr. F. RAUSA, L’immagine
del vincitore. L’atleta nella statuaria greca dall’età arcaica all’ellenismo, Treviso-Roma 1994,
pp. 30-32, 156-158; M. CADARIO, Il “Pugile delle Terme” e Testa di pugile da Genazzano, in
A. LA REGINA (ed.), Nike. Il gioco e la vittoria, Milano 2003, pp. 150-155, 156-159. Diverso
il discorso sulla pelle di leone che Amico indossa in Teocrito (vv. 51-52) e che indubbiamen-
te fa pensare ad Eracle (non abbiamo testimonianze che fosse un tratto tipico anche di Ami-
co): ciò si può spiegare con la rilevanza che ha il modello di Eracle, anche a livello general-
mente sociologico, per l’atletica pesante e per gli stessi atleti, al punto che le assimilazioni
con l’eroe-dio patrono erano ricercate e frequenti (cfr., per il famoso Milone, Gal. IV 751;
D.S. XIII 9. 5-6; Ael. Var. Hist. XII 22; per Ligdami, Paus. V 8, 8; per Teagene, Paus. VI 11.
2, 6-9; ecc.); in commedia poi non doveva essere raro che un personaggio si fornisse degli at-
tributi di Eracle (la pelle di leone e la clava), come fanno il Dioniso delle Rane di Aristofa-
ne e i protagonisti dei drammi intitolati Yeudhraklê$ in Ferecrate e Menandro. È possibile
dunque che sia stata proprio la volontà di assimilare Amico ad un tipico Schwerathlet a spin-
gere Teocrito a dotarlo di questo particolare. Se poi si accetta l’idea che l’Id. XXII sia suc-
cessivo al libro II delle Argonautiche, l’abito dell’Amico teocriteo, così come l’assimilazione
da questi proposta con i leoni combattenti (vv. 73-74), può essere un richiamo allusivo da
una parte alla similitudine con il leone che troviamo nel testo apolloniano (II 26-29), dall’al-
tra alla descrizione generica, ma importante nel contesto di Apollonio, del manto di Amico
contrapposto a quello di Polluce (II 30-34).
112 Paideia LXII (2007)

novativa affronta il problema delle relazioni di ospitalità secondo


coordinate non lontane dai modelli omerici39, e dopo la convocazione
di Argonauti e Bebrici inizia l’incontro di pugilato, che vede presto il
volto dell’inospitale sovrano reso grottesco dal carico di ferite (vv.
100-101: ˘$ ªdon ‰lkea lugrà perì stóma te gnaqmoú$ te. / øm-
mata d> o£d≠santo$ ¡pesteínwto prosµpou); lo stesso volto che
subisce ancora danno più avanti (vv. 104-105: méssh$ @inò$ u</perqe
kat> ¢frúo$ ˙lase pugm˜, / pân d> ¡pésure métwpon ™$
¢stéon...; vv. 110-111: ... : › d> ¡eikési plhgaî$ / pân sunéfure
próswpon ¡níkhto$ Poludeúkh$)40 e appare devastato alla fine del-
l’incontro, quando Amico è ormai costretto ad arrendersi (vv. 125-
128: ™k d> ™cúqh mélan a—ma qoô$ krotáfoio canónto$: / lai˜
dè stóma kóye, puknoì d> ¡rábhsan ¢dónte$: / a£eì d> ¢xutér¨
pitúl¨ dhleîto próswpon / mécri sunhloíhse par≠ia…).
Come se non bastasse, una tale caratterizzazione comica è chiarita
ancor più dal sorprendente aggettivo ¡dhfágo$ attribuito ad Amico al
v. 115 (Pô$ gàr d± Diò$ u‹ò$ ¡dhfágon åndra kaqeîlen;). Non
vi è alcun cenno, tranne questo, in tutto il corso dell’idillio alla vora-
cità del re dei Bebrici e dunque non potrà trattarsi di altro se non di
un’allusione ad un elemento tipico del modello letterario su cui Ami-
co è stato costruito: ed è proprio lo Schwrathlet comico, come abbia-
mo visto, ad essere caratterizzato dalla polufagía. Lo provano il fr. 8
K.-A. del Pagkratiast±$ di Teofilo, certamente da riferirsi al prota-
gonista:
e<fqôn mèn scedòn
treî$ mnâ$. (B.) lég> ållo. (A.) @ugcíon, kwlên, póda$
téttara$ u<eíou$. (B.) <Hráklei$. (A.) boò$ dè treî$,
ørniq>. (B.) >/Apollon. lég> ‰teron. (A.) súkwn dúo
mnâ$. (B.) ™pépie$ dè póson; (A.) ¡krátou dµdeka
kotúla$. (B.) >/Apollon, ^< Wre kaì Sabázie
e il fr. 3 K.-A. del Keraunó$ vel Keraunoúmeno$ di Anassippo, ove il
ghiottone Damippo viene dalla palestra ed è verosimilmente tanto un
atleta quanto il protagonista della commedia:

39 Cfr. B. M. PALUMBO, Tre Note…, cit., pp. 175-181.


40 In coincidenza con questa fase dello scontro avviene l’ironico “rimpicciolimento” di Ami-
co e l’“ingrandimento” di Polluce, spunto che, quale ne sia la derivazione, è sicuramente
trattato da Teocrito con divertita e raffinata indifferenza: cfr. A. E.-A. HORSTMANN, Ironie
und Humor bei Theokrit, Meisenheim am Glan 1976, pp. 72-79, part. p. 77.
L. BRUZZESE, Un modello comico nell’Id. XXII di Teocrito 113
- _ ›rô gàr ™k palaístra$ tôn fílwn
˘
prosiónta moi Dámippon. (B.) <∆> toûton légei$
tòn †pétrinon; (A.) toûton o‹ fíloi kaloûsí soi
nunì di> ¡ndreían Keraunón. (B.) e£kótw$.
¡bátou$ poieîn gàr tà$ trapéza$ oªomai
a∞tón, katask≠ptonta †a∞taî$† t˜ gnáq¨
Si tratta di una caratteristica che l’atleta comico doveva sicuramen-
te ereditare dal suo diretto antecedente, la figura di Eracle41. Come
sarà però chiaro, io credo che una tale qualifica attribuita qui ad Ami-
co possa essere collegata più al modello dell’atleta che a quello era-
cleo: l’insistenza sul volto devastato dalle percosse infatti e questo ac-
cenno allusivo alla polufagía mi sembrano elementi che, uniti, indi-
rizzino di più verso la figura comica dello Schwerathlet che verso
quella del suo progenitore42.
In conclusione è possibile che tutti questi dati fossero già presenti,
conglobati, in un unico modello comico o satiresco (l’>/Amuko$ di
Sofocle o quello di Epicarmo) tenuto presente da Teocrito per intesse-
re una raffinata variazione nel contesto epico-innico dell’Id. XXII, ma
allo stato attuale delle conoscenze, e considerate anche la duskolía e
l’¡lazoneía che l’Amico teocriteo mostra nella sticomitia (cfr. soprat-
tutto vv. 57-61, 69) e anche più oltre (v. 118), mi appare più probabile
l’ipotesi che il poeta ellenistico abbia voluto e saputo produrre un sa-
piente gioco di incastri tra i suoi modelli: Teocrito avrebbe variato una
narrazione epica che linguisticamente ed anche contenutisticamente
non si allontana troppo dal modello di base43, introducendo, attraver-

41 Su Eracle mangione del dramma satiresco e nella commedia cfr. G. K. GALINSKY, The He-
rakles Theme. The Adaptations of the Hero in Literature from Homer to the Twentieth Cen-
tury, Oxford 1972, pp. 81-100; più in generale sulla polufagía di Eracle come elemento stret-
tamente legato, nel mito, alla sua figura cfr. P. ANGELI BERNARDINI, Eracle mangione: Pindaro
fr. 168 Snell-Maehler, «QUCC» 21, 1976, pp. 49-52. Sui caratteri comuni tra Eracle e l’atleta
nel genere comico e altrove cfr. L. BRUZZESE, Lo Schwerathlet…, cit., part. pp. 139-151, ove
sono raccolte anche le altre testimonianze letterarie sulla polufagía degli Schwerathleten.
42 A. SENS, Theocritus…, cit., pp. 154-155 è incline a rifiutare il modello dello Schwerathlet
per l’Amico ¡dhfágo$ di Teocrito, mentre preferisce pensare all’Eracle ricordato da Hunter
o a qualche tratto, indimostrabile però, dell’Amico di Epicarmo o del dramma satiresco di
Sofocle. Penso che questi modelli non siano in contraddizione con l’ipotesi dello Schwerath-
let, a patto che vi si riconosca lo Schwerathlet comico in particolare (e lo stesso Sens non ne-
ga un tratto comico nella qualifica di ¡dhfágo$), visto che quest’ultimo deriva dalla figura di
Eracle e alcune delle sue caratteristiche potevano essere state anticipate anche da altri eroi-
atleti drammatici come Amico.
43 Sulla presenza di linguaggio e motivi omerici nell’idillio cfr. anche soltanto A. SENS, Theo-
critus…, cit., pp. 36-42.
114 Paideia LXII (2007)

so la sticomitia e la trattazione “leggera” del mito, l’elemento dram-


matico (comico o satiresco), ma lo avrebbe fatto con un occhio anche
alla drammaturgia a lui contemporanea, a quella figura dello Schwe-
rathlet ¡lazµn e polufágo$, dal volto (la maschera?) tumefatto, che
era ridicolizzata dalla later comedy e che tanto bene si prestava ad es-
sere assimilata al “suo” Amico.
Un’operazione, questa, inserita tra l’altro efficacemente nella com-
plessa struttura dualistica dell’idillio44, che non richiede certo meno
abilità poetica e minore dimestichezza con l’epos di quella del con-
temporaneo Apollonio, più legato, pur nella sua modernità, ai conte-
nuti epici tradizionali, e forse soprattutto nell’episodio di Amico. Di
ciò, di questa abilità nel fondere generi umili all’arte di Omero, rin-
novandola dal profondo, va giustamente fiero il poeta, affermando:
u<mîn a• kaì ™gw\ ligeôn meilígmata Mouséwn, / o—> a∞taì paré-
cousi kaì ˘$ ™mò$ o–ko$ u<párcei, / toîa férw (vv. 221-223).

LUCA BRUZZESE

44 È evidente che l’inserzione di motivi tratti da modelli comici – e addirittura, come si è cer-
cato di argomentare, da modelli comici contemporanei – nel tessuto omerico della prima
parte dell’idillio accentua il contrasto con l’atmosfera e lo stile della seconda parte, rendendo
esplicita la ricerca di uno studiato dualismo (cfr. quanto detto supra).

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