523
Tra gli altri antichi, allo stesso modo son trattati Ovidio,
Catullo, Properzio e Tibullo, affastellati tutti e quattro in una
terzina:
l'un era Ovidio, e l'altro era Catullo,
l'altro Properzio, che d'amor cantaro
fervidamente, e l'altro era Tibullo.
(Tr. Cup., IV, 22~24)
(
PETRARCA PETROSO 527
V'è infatti una certa precisione negli aggettivi' strano' e ' bel-
lo,' riferibili allo stile arnaldesco, bello perché aspro, chiuso e
coperto. Ma le altre valutazioni non riguardano la poesia, bensi
la vicenda umana dei trovatori:
Folco, que' ch'a Marsiglia il nome ha dato
ed a Genova tolto, ed a l'estremo
cangiò per miglior patria abito e stato;
Giaufrè Rudel, ch'usò la vela e 'l remo
a cercar la sua morte ...
(Ibid., 49-53)
PAOLO POSSIEDI
MO'ntclair State CO'llege
1 Esempio: "Precursore del T asso e del Leopardi, il Petrarca in pien
Medio evo, ... fu senza saperlo attinto da quella specie di malattia morale,
che nei tempi moderni s'è dichiarata con tanti esempli." F. De Sanctis, Saggio
critico sul Petrarca (Bari, 1954), p. 150.
2" Eidem tunc stilo deditus, vulgari eloquio ingenium exercebam; nichil
rebar elegantius necdum altius aspirare didiceram, sed verebar ne si huius aut
alterius dictis imbuerer, ut est etas illa flexibilis et miratrix omnium, vel invitus
ac nesciens imitator evaderemo Quod, ut erat animus annis audentior, indi-
gnabar, tantumque fiducie seu elationis indueram, ut sine cuiusquam mortalis
auxilio in eo genere ad meum et proprium quendam modum suffecturum michi
ingenium arbitrarer." Famil., XXI, 15.
a Almeno, il Petrarca lo riteneva arnaldesco; lo Scherillo discute l'attri-
buzione della canzone a Guillem de Saint-Gregori nell'introduzione al Canzo-
niere, Milano, Hoepli, 1925, cap. 15. Il discorso comunque resta aperto, e del
resto Guillempare essere stato un imitatore di Arnaut Daniel.
4 Oltre a questa della canzone 70, c'è, nella poesia del Petrarca, sola-
mente un'altra allusione a Didone considerata come esempio di lussuria, e cioè
nella canzone 29, Verdi panni, nella quale l'eroina appare come colei che
" l'amata spada in se stessa contorse" (v. 38). Normalmente il poeta rifiutava
come falsa e plebea la versione virgiliana e dantesca della di lei morte non
virtuosa. Esempio:
poi vidi, fra le donne pellegrine,
quella che per lo suo diletto e fido
sposo, non per Enea, volse ire al fine:
taccia il vulgo ignorante; io dico Dido,
cui studio d'onestate a morte spinse,
non vano amor, com'è il publico grido"
(Tr. Pud., 154-160)
Cfr. anche Ibid., 10 sgg.; Africa, III, 42 sgg.; Senil., IV, 5.
5 E anche
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo
salimmo su, el primo e io secondo,
tanto ch' i' vidi delle cose belle
che porta '1 ciel, ...
(Inferno, XXXIV, 133-138)
6 Nox erat et placidum carpebant fessa soporem
corpora per terras, silvaeque et saeva quierant
aequora, cum medio volvuntur sidera lapsu,
cum tacet omnis ager, pecudes pictaeque volucres,
quaeque lacus late. liquidos quaeque aspera dumis
rura tenent, somno positae sub nocte silenti.
Lenibant curas et corda oblita laborum.
At non infelix animi Phoenissa neque umquam
solvitur in somnos oculisve aut pectore noctem
accipit: ingeminant curae rursusque resurgens
saevit amor magnoque irarum fluctuat aestu.
7 Cosi F. Neri, nel suo studio "Il Petrarca e le rime dantesche della
pietra" (in F. Neri, Letteratura e leggende, [Torino, 1951], p. 53-72), rife-
rendosi a una enunciazione del Cesareo.