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Nell'antichità classica.
I poeti, secondo la concezione ellenica, già dai tempi d'Omero, erano ispirati dal
dio, con sacro entusiasmo; sicché nelle loro parole doveva essere riposta una
sapienza che superava il valore delle parole. Perciò Tzetze (Exeg. in Il., p. 29
Herm.) afferma che l'allegoria è la principale caratteristica dei poeti, e
distingue (p. 28) una triplice forma d'interpretazione allegorica, cioè retorica,
fisica ed ammaestrativa, portando come esempio dell'una la favola dei Centauri, che
indica il primo allevamento dei cavalli, della seconda quella dei dardi pestiferi
di Apollo, con allusione ai raggi del sole, della terza le notizie dell'"Orsa che
non tocca le acque dell'Oceano" per significare la posizione della costellazione
sul polo invisibile. Per Eustazio (p. 19,1) l'interpretazione allegorica è
anagogica e storica. Ma in fondo si tratta di varietà di termini più che di
differenze reali.
Allegorie omeriche. - Le varie forme si possono infatti riassumere nelle due grandi
categorie dell'interpretazione fisica ed etica. Entrambe derivano dallo sforzo di
eliminare i contrasti tra la morale dei primi tempi e quella della nuova società, e
di conciliare le speculazioni dei filosofi e teologi con la venerazione per
l'antica poesia. Per questo soprattutto Omero fu oggetto di studî allegorici, i
quali si affermarono maggiormente quando si diffuse il culto e la venerazione dei
misteri, in particolare orfici.
Ricordiamo ancora nel sec. IV Proclo di Laodicea col suo commento alla Teogonia
esiodea e la Teologia platonica, e il cosiddetto Sallustio con l'operetta Degli dei
e del mondo. Nel sec. V c'imbattiamo in una bizzarra interprete omerica, Demo (v.
Ludwich, Die Homerdeuterin Demo, in Festchr. Friedländers, Lipsia 1895, pp. 296-
325), che sarà più tardi seguita da C. Tzetze (sec. XII), il quale trattò delle
varie forme di allegoria nell'Esegesi dell'Iliade, e in due poemi didattici in
versi politici con indirizzo evemeristico illustrò Le allegorie omeriche,
insegnando persino il modo di allegorizzare in un'altra opera in versi. Ma prima di
lui, Michele Psello (sec. IX), seguendo Porfirio, aveva ripreso l'argomento
Dell'antro delle Ninfe, mentre più tardi G. Pediasimo (sec. XIII) allegorizza sulle
nove muse, e Niceforo Gregora (sec. XIV) con intendimento morale presenta una
Compendiosa trattazione dei viaggi di Ulisse. L'allegoria ormai pervade tutti i
campi di studio della biologia col filosofo Splenio (E. Rohde, Σπλήνιος, in Act.
soc. phiol. Lips. V, 1875, p. 303 segg.; G. Vitelli, De gener. hom., in Stud. it.
d. filol. cl.) fino ai veri e proprî romanzi moralizzanti, quali le Avventure di
Stefanites e Ichnelates, attribuite ad un Meliteniotes (sec. XlV) non bene
identificato (cfr. anche Puntoni, Alcune favole della Στεϕανίτης καὶ ἰχνελάτης,
ecc., in Studî di filol. greca, I, 1882, e in Atti R. Accad. d. Lincei, 1887), la
Storia ed il sogno di Marin Faliero, continuazione di quella tendenza
all'interpretazione allegorica dei sogni che si trova già nell'Onirocrito di
Artemidoro Daldiano. Nella letteratura bizantina in tal tempo domina ormai
l'influsso della letteratura romanzesca e allegorica dell'Europa occidentale.
Presso i Rontani. - Anche i Romani, sebbene spiriti più pratici e meno inclinati a
discussioni teoretiche e a speculazioni filosofiche, subirono l'influsso delle
interpretazioni allegoriche delle scuole elleniche. Ma l'allegoria non fiorì
rigogliosa nell'età classica; Lucrezio trae motivi ed esempî dalle teorie epicuree,
indulge tratto tratto all'allegorismo ellenico e riconosce in Tantalo, Cerbero,
ecc. i simboli dei mali umani; le interpretazioni delle varie scuole hanno il loro
riflesso nelle opere di Cicerone, specialmente nel De natura deorum. Ma i poeti
stessi, impregnati di senso pratico (cfr. Horat., Carm., III, 16, 7-8; Epist., I,
2, 1-34), accolsero più volentieri le concezioni teologiche razionalistiche.
Se, dal punto di vista letterario, e come figura retorica l'allegoria, metafora
continuata, è figlia di quella stessa attività fantastica dello spirito che genera
il mito, l'interpretazione allegorica è a sua volta il risultato d'un dissidio di
carattere squisitamente etico-religioso, e si può considerare come un fenomeno
inverso, ma parallelo, a quello per cui vengono continuamente creati e modifiiati
dei miti eziologici, a spiegare riti, del cui significato originario si è smarrita
od oscurata la coscienza. L'ermeneutica nasce, per solito, dal contrasto fra un
testo sacro o comunque canonico e bisogni spirituali nuovi, da un conflitto fra
l'autorità e ciò che si presenta come esigenza della ragione. L'interpretazione
allegorica è appunto uno dei mezzi con cui si tenta di superare o eliminare questo
dissidio, leggendo nei vecchi libri canonici significati nuovi, in armonia con le
mutate esigenze spirituali. Si è visto come il bisogno di affermare il carattere
morale della divinità spinse i primi investigatori del "senso riposto" (ὑπόνοια) ad
interpretare allegoricamente i poemi omerici: e anche i Veda e l'Avestā allorché
non furon più compresi, ebbero bisogno di commenti. Platone, che escludeva i poeti
dalla sua repubblica, se non ebbe - a quanto pare - simpatia per questi tentativi,
ha esposto chiarissimamente (cfr., p. es., Theaet., 176 c "Dio non è mai per nessun
modo ingiusto", Θεὸς οὐδαμῇ οὐδαμῶς ἄδικος ecc., con la discussione in Euthyph., 7
c segg.) il problema della coscienza greca al bivio tra l'accettazione dei miti,
che attribuivano agli dei azioni obbrobriose, e la necessità di ritrovare in loro
una moralità almeno non inferiore a quella corrente tra gli uomini. Gli stoici si
posero su questa via (anche in ciò, sulle orme di Antistene) e, interpretando i
miti come allusioni a fenomeni fisici, oltre che a fatti morali, si conformarono
alla loro dottrina sulla costituzione dell'universo.
Era una tendenza universale, alla quale nessuno scrittore cristiano poté veramente
sottrarsi. Ippolito romano commentò allegoricamente il libro di Daniele, Clemente
alessandrino numerosi passi scritturali. E da Alessandria, patria di Filone, venne
Origene, il quale, nel IV libro del De Principiis, fece corrispondere alla
tripartizione dell'uomo in corpo (σῶμα), anima (energia vitale, ψυχή) e spirito
(πνεῦμα) una distinzione tra le varie categorie di uomini, e tra i varî sensi della
Legge divina. La quale oppone ai semplici difficoltà, inciampi (σκάνδαλα,
προσκόμματα), che si superano o si evitano appunto ricercando il riposto
significato spirituale. Né si dimentichi che Origene fu tenace avversario dei
millenaristi. Contro questo metodo reagì in parte, più tardi, la scuola
d'Antiochia, in modo che a noi pare più affine al nostro indirizzo mentale
storicistico; ma anch'essa ebbe la sua interpretazione "tipologica", e riconobbe
nella Scrittura un duplice significato. E attraverso il sec. IV l'interpretazione
allegorica prevalse, ripetendosi continuamente - in un senso alquanto diverso da
quello che ha nel contesto originale - l'aforisma paolino (II Corinzî, III, 6) che
"la lettera uccide, lo spirito vivifica": in Oriente come in Occidente, seguirono
questo metodo padri della Chiesa quali S. Gregorio nisseno, S. Gregorio nazianzeno,
S. Gerolamo, S. Ambrogio.
aspersi
Soltanto più tardi - e un notevole indizio di reazione appare già nel Tractatus
theologico-politicus dello Spinoza - il sorgere delle scienze storiche e il mutato
indirizzo mentale diedero la prevalenza ad altre forme d'interpretazione della
Scrittura.
Nel Medioevo.