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Gli idilli bucolici Passiamo ora alla trattazione degli idilli bucolici propriamente detti.

Abbiamo gi detto poco pi sopra quali sono. Fin dallantichit Teocrito fu considerato liniziatore della poesia bucolica, cio di quel genere letterario che sceglie i suoi personaggi fra i pastori e la gente dei campi, ha come argomento la vita agreste e come sfondo la natura. Questa tradizione, tuttavia, appare in Teocrito gi consolidata e gli studiosi hanno perci ipotizzato una fase precedente che noi non conosciamo. Solo due fatti si possono considerare abbastanza sicuri: questa poesia nacque in ambiente popolare e di tale origine conserva alcuni aspetti, sebbene ormai riassorbiti nellambito della raffinatissima cultura di Teocrito; inoltre essa rispecchia una tradizione che vide la sua nascita e il suo primo sviluppo in ambito siciliano, fra le popolazioni delle colonie doriche di Sicilia, la patria di Teocrito. Prenderemo in considerazione tre esempi di poesia bucolica. Idillio I: Tirsi o la canzone. E uno dei componimenti pi celebri e imitati di Teocrito. I protagonisti sono due: un capraio, di cui non si fa il nome, e il pastore Tirsi, al quale viene chiesto di rievocare con un canto la morte di Dafni, il semidio siciliano inventore della poesia bucolica, carissimo a Pan, che gli aveva insegnato la musica. La saga di Dafni, una saga locale siciliana, narrava la passione e la morte di questo giovane, condannato da Afrodite a morire consunto dalla malattia damore. E allo sventurato Dafni il conterraneo Teocrito apr la via di una fortuna destinata a durare a lungo, che vide in lui la figura simbolica e antonomastica della poesia bucolica. Come premio del canto, Tirsi avr una capra con i suoi due gemelli e una coppa a due manici, che il poeta descrive con cura, offrendo cos un esempio di kphrasis tipicamente ellenistico. Tirsi inizia il canto: Dafni, consunto da una pena damore, ormai vicino alla morte. Tutto il mondo agreste addolorato per la morte di Dafni: i pastori, i bovari suoi amici e anche gli di: suo padre Hermes, Priapo e la stessa Afrodite, che tuttavia ricorda al morente come un tempo egli abbia osato sfidare Eros, meritando la sofferenza che ora lo consuma. Ma Dafni rinfaccia ad Afrodite i suoi amori con Anchise e con Adone e le ricorda anche la ferita che ricevette da Diomede, mentre era scesa in battaglia a difendere i Troiani (chiaro riferimento a Iliade,V,330-362); allora avrebbe dovuto dimostrare la sua potenza, affrontando un grande eroe, non ora, tormentando un povero bovaro. Le ultime parole di Dafni sono un saluto al sereno mondo campestre da cui sta per distaccarsi per sempre; egli lo rievoca in tutta la sua bellezza, con amore e nostalgia. Teocrito fu veramente il creatore di un paesaggio immortale. Come ha scritto V. Gigante Lanzara (Teocrito, Idilli, Milano 1992), Il contatto di Teocrito con la natura di una prorompente sensualit in cui coesistono lo slancio delle sensazioni primitive e il languore dellappagamento. La natura fertile e benigna la fonte di sussistenza per uomini e animali, generosa di frutti ed erbe. E la terra ricca di umori vitali, di variet di piante, di alberi dalla vasta chioma che offrono ombra. La natura mediterranea, non solo la Sicilia, ma anche le terre assolute del Bruzzio, Crotone e Sibari, distesa di pascoli e boscaglie, rigoglio di pecore grasse e agili giovenche, erbe odorose con cui fare un giaciglio nelle sere destate, brezza che rinfresca nella calura, raggio di sole che scalda le membra.La natura la costante della cifra teocritea pi attraente e personale. Queste considerazioni della studiosa valgono per tutto il paesaggio bucolico teocriteo. Non sembra dunque un caso che questo idillio fu messo allinizio della silloge: oltre allambientazione e alla cura per i dettagli paesaggistici, oltre ai personaggi, non meno tipici della poesia bucolica sono il discorso diretto, luso del ritornello (ephymnion) che richiama le origini popolari e leco di formule sacrali che dovevano essere presenti negli antichi idilli che non possediamo, il premio per il canto (anche se qui non si tratta, come di solito, di una gara fra pastori). Con una geniale invenzione di struttura lo stesso Teocrito a dare al suo personaggio il carattere di un mito poetico: Dafni non il protagonista diretto dellidillio, ma vi entra come argomento del canto innalzato da Tirsi: la sua storia gi esemplare come materia di poesia, e nobilita il nuovo genere con la mitologia delle sue stesse origini, in quanto appunto il canto di Dafni a offrirne larchetipo (D. Del Corno, Antologia della lett. greca, Milano 1991). Con un altro stratagemma, Teocrito non parla della storia damore di Dafni n sappiamo il perch

dellira di Afrodite: insomma, ignoriamo completamente gli antefatti, assistiamo solo a un finale, disperato, struggente canto damore, un amore che uccide. Veniamo infine alla descrizione della coppa. Scrive Ch. R. Beye (Letteratura e pubblico nella Grecia antica, Roma-Bari, Laterza,1979): lekphrasis, che gli antichi amavano particolarmente, come poesia e come tecnica verbale lequivalente del canto su Dafni, che assai pi semplice verbalmente, avendo fra laltro un ritornello e costituendo una semplice cantilena. Poi le immagini della coppa illuminano il sentimento prevalente del canto su Dafni. Questi si strugge damore, ma vi rinuncia e muore dicendo addio al paesaggio, agli animali, allamore. Il tono di nostalgico desiderio, e la coppa lo sottolinea. Essa reca raffigurate tre scene: una fanciulla tra due corteggiatori; un vecchio che pesca; un giovane che si costruisce una gabbietta per i grilli molestato da due volpi, in caccia luna delluva, laltra della sua colazione al sacco. Ognuna di queste scene ha a che fare con lappetito, la ricerca. Il significato che il desiderio una costante in ogni et delluomo, e quindi anche degli animali. Anche il capraio desidera il canto, e Teocrito ha reso la coppa cos bella che Tirsi e noi la desideriamo. Teocrito ha ignorato volutamente il senso della proporzione dellet classica. La descrizione della coppa, relativamente pi breve e strutturalmente meno significativa del canto su Dafni, grazie alla ricchezza della descrizione teocritea, diventa il punto focale da cui emana il significato che ci guida a comprendere la poesia nel suo complesso. Idillio VII: Le Talisie La passione per lo sperimentalismo letterario, che una connotazione tipica della letteratura alessandrina, indusse Teocrito a intersecare nelle Talisie il tema bucolico con unallegoria autobiografica, in cui si riflettono le convinzioni stesse della sua poetica. Il racconto in prima persona assunto dallautore stesso, sotto lo pseudonimo di un nome di pastore: Simichida. La forma narrativa: il protagonista Simichida racconta che, un giorno, recatosi in campagna per le Talisie (festa in onore di Demetra, celebrata al tempo della trebbiatura: il nome connesso con thallo, fiorire, germogliare: queste feste si celebravano nellisola di Cos, patria del poeta elegiaco Fileta, intorno al quale si era formato un cenacolo letterario; e questa gi una spia dellintrecciarsi del tema bucolico con quello letterario), si imbatt nel capraio Licida. Il poeta, dopo aver elogiato Licida per la sua bravura nel suonare la zampogna, lo invita ad una gara di boukoliasms, canto pastorale. Licida, dopo aver anchegli fatto i complimenti allamico, accetta di intonare il canto, promettendogli in omaggio il suo bastone a fine gara: esso rappresenta simbolicamente linvestitura poetica. Si leggano in particolare i vv. 42/51: Cos dissi, di proposito, e il capraio,sorridendo amichevolmente,/rispose: Ti regalo il mio bastone poich davvero sei/un rampollo nato da Zeus,tutto fatto per la verit./Mi odioso perfino larchitetto,che si sforza con locchio/di fabbricare una casa alta come la cima dellOromedonte,/e le chiocce delle Muse, che contro il cantore di Chio/ si affannano a schiamazzare invano. Suvvia,/intoniamo subito il canto pastorale, Simichida;/per quanto mi riguarda,caro mio,senti se ti piace/questa canzoncina che ho composto poco fa, sulla montagna. Meritano attenzione i motivi che inducono Licida ad offrire linvestitura a Simichida-Teocrito: vengono riconosciute a Teocrito le qualit che contraddistinguono la nuova poesia: brevit, cura formale, novit e verit dispirazione. In contrasto con queste scelte di stile e di contenuto, la poesia convenzionale, di imitazione, che aspirerebbe, senza riuscirci, a raggiungere le sublimi altezze di Omero (il cantore di Chio) viene paragonata, con una sarcastica metafora, allopera di presuntuosi architetti che hanno lambizione di costruire edifici enormi come montagne e cadono nel ridicolo perch il loro intento ben presto si rivela sproporzionato rispetto alle loro capacit. In queste parole risulta evidente ladesione alla poetica di Callimaco, anche se trasferita ed applicata a un genere letterario diverso. Quanto al dono del bastone, esso rappresenta nel mondo classico, il tradizionale simbolo diniziazione poetica: il pi antico esempio lo abbiamo nella Theogonia,29-32, di Esiodo, che narra come, sul monte Elicona,gli fossero apparse le Muse e si fossero rivolte a lui, offrendogli una verga dalloro ed esortandolo a cantare la verit, cos da sfatare la diceria che i poeti raccontassero solo favole

seducenti e menzognere. Anche Callimaco ricorda questa esperienza di Esiodo nel fr. 2 del I libro degli Aitia; inoltre nellinno V,127 egli rievoca il mito di Tiresia, raccontando come la dea Atena, dopo averlo punito con la cecit per averla vista mentre si bagnava nuda in una fonte, lo avesse compensato con il dono della profezia, dandogli poi il bastone perch vi si appoggiasse e perch tutti riconoscessero in lui un veggente. In questi esempi, per, il dono del bastone fatto da una divinit alluomo, in Teocrito avviene da uomo a uomo: Licida riconosce nei versi di Simichida il pregio che le Muse avevano ammirato nella poesia di Esiodo: quello di ispirarsi, nel comporre versi, allaltheia,verit (attenzione: dialetto dorico!); insomma una poesia colta e raffinata, che non esclude per il realismo della quotidianit. Qui Teocrito addita come suoi maestri ideali Asclepiade (lottimo Siclida di Samo) e Filita (v.8) e, da parte sua, propone la poesia pastorale di contenuto amoroso nella figura emblematica di Comata. Il divino Comata, leggendario come Dafni, chiuso in unurna e nutrito dalle api finch la sua bocca diviene piena di miele, un misterioso personaggio del mondo bucolico, personificazione della qualit indicata dal poeta come elemento principale dellarte, il simbolo della sua poetica racchusa nellaggettivo con cui si apre la raccolta degli Idilli(I,1), ad t psithrisma, soave il sussurrare, insomma la suavitas. Nota V. Gigante Lazzara (op. cit.): Soave lo stormire del pino, il rumore dellacqua corrente, soave il belare della pecorella, soave Cipride, la dea dellamore, soave il muggito della vacca e il canto di Comata sotto gli alberi. Nel segno della suavitas si compie la fusione perfetta del pastore con la natura. Come in questo idillio vi una continua intersecazione fra livelli tematici e formali, cos la finzione bucolica spesso violata sia da riferimenti espliciti allattualit letteraria, sia dal fatto che talvolta lidillio esce dalle convenzioni pastorali poich i due pastori-poeti danno limpressione di parlare di situazioni reali, che chiamano in causa comuni amici. Si pensi al propemptikon, laugurio per un viaggio propizio per mare, in cui si inserisce , con tipico espediente alessandrino, un accenno sintetico a miti collegati con la tradizione bucolica. E si noti ancora un altro augurio, questa volta perch si compia un desiderio damore, in cui si intrecciano allusioni dotte e accenni umoristici alla realt. Verso la fine, poi, il piano della finzione agreste e quello biografico si sovrappongono, dando luogo alla splendida evocazione di una festa in una splendente giornata di fine estate, inquadrata in un paesaggio risonante di tenere armonie e ricco di ogni frutto della terra. E il tema del locus amoenus, destinato a grande fortuna nella letteratura antica e moderna. Abbiamo gi parlato del paesaggio in Teocrito: aggiungiamo che va sottolineata la sua capacit di renderlo in modo impressionistico, in un trionfo di sensazioni visive, olfattive, uditive. Teocrito e Virgilio Come un poeta antico possa sentire diversamente la natura, ce lo mostra Virgilio. E noto che Teocrito la fonte principale di Virgilio. Ma alla natura ricca, eternamente ridente di Teocrito, Virgilio preferisce paesaggi sobri, soffusi di malinconia; alla gioia dei pomeriggi assolati di Teocrito, la triste dolcezza dei tramonti. Scrive G. Perrotta (Disegno storico della Letteratura Greca, Principato,Milano 1958), Virgilio canta il fumo dei comignoli dei casali, mentre le ombre saddensano grandi dai monti lontani (fine I Bucolica,n.d.r.); le colline che si sollevano molli dallimmensit del piano; il Mincio che scorre, pigro, popolato di cigni. Per primo egli ci insegna che un paesaggio monotono e squallido pu essere uno spettacolo di bellezza. Teocrito crea un altrove che si opponeva nascente urbanesimo della prima et ellenistica e conserva un margine di realismo, ambientandolo nella sua Sicilia, il cui dialetto dorico riecheggia nelle voci dei suoi cantori. Ma quando Virgilio trasfer questa tematica nella letteratura latina, egli accentu il carattere simbolico di tale ambientazione ed ebbe il merito, riconosciuto per primo da Bruno Snell (La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it., Torino 1963), di aver scoperto lArcadia come paesaggio spirituale. Aggiunge lo Snell: Per quanto Teocrito dipinga realisticamente la vita dei suoi pastori siciliani, essi sono tuttaltro che rustici nel loro modo di esprimersi, che altamente letterario. Teocrito si vale anzi di essi come maschere, e nelle figure di questi pastori si possono riconoscere poeti della sua cerchia.(.) Gi Teocrito porta un non so che di aulico e cortese fra i

pastori, e questa sar poi sempre una caratteristica del genere bucolico. Questo vale anche per Virgilio. Ma diverso il modo di guardare alla propria materia: Teocrito mantiene un forte distacco fra s e i suoi pastori: il cittadino raffinato che guarda a loro in parte con atteggiamento di superiorit, in parte con simpatia per quanto ha di onesto e di semplice la vita primitiva.LArcadia di Virgilio traboccante di sentimento, i suoi pastori sono lontani tanto dalla vera vita rustica quanto da quella raffinata della citt..Teocrito ha ancora molto gusto per il particolare preciso e realistico; Virgilio btende pi al sentimentale, cerca ci che ha un valore interiore. Sintetizzando, potremmo dire che la divergenza di fondo fra i due poeti consiste soprattutto nel modo con cui i due poeti guardano alla materia del loro canto. Locchio del cortigiano Teocrito osserva il mondo dei pastori con distacco, senza risparmiarsi, talvolta, una leggera ironia; la campagna di Virgilio,invece,sa anche caricarsi di una valenza sentimentale e affettiva,come immagine dei luoghi della giovinezza del poeta (trascorsa nelle terre mantovane) e come ideale di serenit e pace, quella pace di cui i Romani della generazione di Virgilio, cresciuti in unepoca di lotte intestine e guerre civili, sentivano fortemente il valore. E non basta: Teocrito il modello di Virgilio, ma non si possono dimenticare le influenze, pi o meno lievi, della poesia ellenistica di Callimaco, di Arato, di Nicandro, e poi di Catullo e dei neoteroi, di Lucrezio e dellepicureismo (il colorito epicureo delle Bucoliche stato, a seconda dei periodi, sottovalutato o enfatizzato). N si pu dimenticare che nelle Bucoliche di Virgilio entra di forza il mondo contemporaneo con le sue angosce e i suoi problemi: basta pensare alle egloghe I e IX. Insomma Virgilio,molto pi di Teocrito, apre il suo mondo pastorale idealizzato ai dolori e alle speranze della storia contemporanea, con le sue vicende tumultuose, le guerre civili, le sofferenze che la crisi della repubblica aveva arrecato ai ceti medi e ai piccoli proprietari.

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