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Letteratura Greca - Teocrito

Teocrito!
Vita
Nasce nel 315 a.C. a Siracusa ed é il primo autore proveniente da questa area geografica.A Siracusa non
ebbe una vita molto facile come testimoniato da uno scritto encomiastico, Ierone o Le Cariti, in cui il poeta
chiede al tiranno siracusano di garantirgli un sussidio, legato ad una difficoltà economica sia personale che
legata alla situazione dell’isola.
Si trasferì in seguito a Cos, dove entrò in contatto con il circolo poetico del poeta elegiaco Filita, che ricorda
nell’idillio Le Talisie.
In seguito visse ad Alessandria dove scrisse un encomio per Tolomeo II Filadelfo presso la cui corte visse
fino alla morte, avvenuta attorno al 260 a.C. .!
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E’ quindi definibile come un poeta cortigiano ma non é un intellettuale della biblioteca né si dedica al lavoro
filologico come i poeti eruditi alessandrini.
"
Corpus Teocriteo!
La sua opera é trasmessa in un Corpus, come piccola sezione all’interno di un’antologia di opere
bucoliche, assieme alle opere di Mosco e Bione. "
I suoi 30 componimenti, in esametri greci, vanno sotto il nome di Idilli, dal termine greco “εἰδύλλιον”,
diminutivo di εἶδος, inizialmente significherebbe genere/tipo o viene utilizzato dai commentatori dei testi per
indicare un singolo componimento, più tardi assume il significato di bozzetto, quadretto di sfondo pastorale

Questi componimenti, sebbene in un’antologia di opere bucoliche, vedono la presenza di generi diversi,
infatti anche in Teocrito troviamo infatti la πολυὲιδεια (già in Callimaco)."
Dei 30 componimenti 7 sono ritenuti e 2 spuri abbiamo idilli bucolici, encomi, mimi urbani, epilli (poemetti
epico-mitologici), un inno (Dioscuri)
In più all’autore sono attribuiti circa 20 epigrammi, raccolti nell’Antologia Palatina, un’elegia dal nome
“Berenice” e un carme figurato con l’immagine di una zampogna (che anticipa Apollinaire). "
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Ambientazioni
E’ uno spazio isolato, extracittadino, collocato a ritroso nel tempo, quello della pastorizia e
dell’agricoltura, estraneo al fluire della civiltà e cristallizzato in una dimensione temporale immobile. "
L’ambientazione é quella di un paesaggio ideale, che consente di recuperare figure come pastori,
mandriani e mietitori.
L’idealizzazione é al limite dell’artificioso: si tratta di una campagna rarefatta, popolata da pastori
dall’animo delicato, dediti al canto e all’amore, una campagna filtrata attraverso una prospettiva cittadini,
lontana dall’aspra vita agricola cantata da Esiodo. Teocrito sfrutta appieno l’elemento del Locus Amoenus."
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Confronto con Virgilio
Le numerose differenze con Virgilio, che si ispirò a Teocrito per le sue opere di ambientazione bucolica,
rendono gli idilli più lievi, sereni e spensierati a confronto del carattere realistico e dei toni malinconici usati
nelle Bucoliche e nelle Georgiche.
- Il paesaggio di Teocrito é ridente e felice, quello di Virgilio sobrio e malinconico."
- Teocrito preferisce i pomeriggi assolati, Virgilio la dolcezza di tristi tramonti. "
- Teocrito, essendo un uomo di città, si distacca dai personaggi della sua opera e spesso li guardava con
superiorità; Virgilio invece si identifica con i pastori, i quali talvolta rappresentano Virgilio stesso."
- Virgilio sceglie l’ambientazione dell’Arcadia, Teocrito la Sicilia. Virgilio introduce la Storia, posta sullo
sfondo come presenza minacciosa e violenta, e aspetti della vita politica e personale. Teocrito solo
aspetti personali (investitura poetica) ma allegoricamente. "
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Letteratura Greca - Teocrito

La Poetica"
Il sommario dei contenuti dei carmi di Teocrito mostra la ricchezza veramente polifonica dei cosiddetti
Idilli; la fama del poeta è affidata però in modo preminente ai carmi pastorali, con i quali diede vita ad un
genere letterario nuovo, destinato ad avere in futuro una straordinaria vitalità nella civiltà letteraria europea
(da imitatori vissuti poco tempo dopo di lui alle "Ecloghe" di Virgilio, al Settecento arcadico europeo). Il poeta
di Siracusa trasse i motivi tematici da canti popolari, tramandati fra i pastori della Sicilia, dell'Italia
meridionale o anche dell'isola di Cos, e attribuiti a pastori antichi come il mitico Dafni, già oggetto di un'opera
di Stesicoro. Precedenti letterari sono riconoscibili fin da Omero e nei quadretti bucolici di epigrammisti
come Anite di Tegea, Mnasalca di Sicione o Leonida di Taranto, ma la vera genesi degli idilli pastorali
teocritei è nella realtà vissuta dai pastori, nei loro agoni poetici, portati a dignità letteraria, attraverso il filtro di
una rigorosa elaborazione e formalizzazione stilistica. L'interesse del poeta, del cittadino raffinato e colto,
opera una selezione che investe soprattutto i loro canti, che sono poi melodie d'amore."
Altra componente della scelta teocritea è il paesaggio, teatro delle esibizioni canore e musicali dei pastori-
poeti; questo paesaggio è tratteggiato con i colori e i profumi del "locus amoenus", nel quale bastano pochi
schizzi per dar vita ad un ambiente di assoluta, pacifica serenità. La città è lontana in questi paesaggi
teocritei, come sospesi in una atemporalità senza spazio, non sfiorata dai venti tumultuosi della grande
storia; e neppure è marcato il tradizionale contrasto tra natura e cultura, riunite nella felice, anche se
precaria, sintesi teocritea."
Canto dei pastori (spesso sul tema dell'amore infelice) e paesaggio (che poi sarà chiamato "arcadico") sono
gli elementi fondanti e privilegiati della selezione teocritea, che nella poesia posteriore mostrerà i segni
dell'artificio, ma che il poeta di Siracusa seppe mantenere sempre legata alla realtà. Questo "realismo"
tipicamente alessandrino dev'essere comunque circoscritto entro limiti precisi: rispetto al mondo pastorale,
pur rappresentato con simpatia e interesse, Teocrito mantiene un distacco sempre percepibile, quella
distanza ironica propria del cittadino raffinato, capace di produrre nuovi scenari di un mondo inedito,
suscitando, presso cittadini culturalmente scaltriti, un particolare interesse. E un tale successo raggiunse
anche la corte tolemaica. I limiti del realismo teocriteo sono segnati invece dalla forte stilizzazione
letteraria che sigilla il canto di quei pastori, in cui la spontaneità è sempre frutto di un attento controllo."
Nell'ambito di questi componimenti rustici, il più vicino all'antico uso popolare sembra essere l'Idillio V,
caratterizzato da un agone a botta e risposta, articolato in due versi per ciascuno dei due contendenti, alla
presenza di un giudice e con l'offerta di un premio per il vincitore."
Negli altri poemetti invece, gli usi popolari originari si perdono: i canti diventano contrapposti o giustapposti o
manca persino la sfida. Nel I Idillio il poeta-pastore Tirsi canta il motivo più popolare e quasi fondante del
genere pastorale, la sofferenza d'amore e la morte misteriosa mai chiarita in dettaglio del mitico pastore-
poeta siculo Dafni. Il motivo tradizionale è enfatizzato dal "refrain", espediente del canto popolare che divide
il canto in gruppi di versi quasi a mo' di stanze. Ma nello stesso carme il motivo popolare del lamento funebre
e del compianto della natura è accostato al tema squisitamente letterario della descrizione (o "ἔκϕρασις")
delle scene intagliate nella tazza di legno offerta a Tirsi dal capraio, suo interlocutore. Il gusto per la polifonia
determina ancora una volta le scelte teocritee. Altrove è protagonista Polifemo (VI e XI), che non è il mostro
dell'Odissea o del dramma satiresco di Euripide, ma l'innamorato deforme e goffo della parodia di Filosseno,
un pastore caricaturale, che nell'idillio XI si esibisce in un canto per l'amata Galatea, la ninfa del mare. La via
percorsa dal canto pastorale, da rozzo agone a botta e risposta a forma d'arte compiuta, è riconoscibile
nettamente nelle Talisie (Idillio VII), in forma narrativa: un idillio importante, perché si rivela come un vero
manifesto della poetica di Teocrito, che mostra di aderire a quella callimachea quando ripudia l'imitazione
dell'irraggiungibile Omero. Ed è certamente significativo che, alla fine del canto di Simichida, emerga
l'aspirazione alla tranquillità, supremo conforto del poeta e oggetto in quegli anni della pratica di vita delle
filosofie ellenistiche."
La poesia di Teocrito si fonda dunque sull'equilibrio difficile tra realtà e idealizzazione del mondo
pastorale, percepito come alternativa al mondo urbano e come modello di un'esistenza di tipo presociale,
vagheggiata, ma mai pensata come realtà di vita da praticare. Per quanto riguarda l'aspetto formale, alcuni
di questi carmi rustici sono veri mimi drammatici nei quali i personaggi pastorali sono introdotti direttamente,
altri hanno una forma narrativa."
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Lo Stile"
Teocritico utilizza la lingua a base ionica dell’epos ma anche l’eolico della poesia amorosa di Saffo e
Alceo. Sfrutta una grande ricchezza dialettale e lessicale, introduce epilli significativi di dialetto ionico."
Riprende alcuni elementi della poetica callimachea: sperimentazione, apparente semplicità,
presupposizione di un pubblico colto, oligostichia, rifiuto della fangosità dell’epos.
Utilizza l’esametro greco. "
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Componimenti
IDILLI - BΟΥΚΟΛIKA (I, II-XI) "
Idilli di argomento bucolico, per lo più dialogici e con canto amebeo.

I) Tirsi o il Canto
Contiene un’indicazione programmatica ed é considerato il manifesto della poesia bucolica, genere tuttavia
già presente nelle opere omeriche.

Nella campagna siciliana un pastore, Tirsi, invitato da un capraio, canta la morte misteriosa del poeta-
pastore Dafni, evocata con forte partecipazione emotiva.
Prima del canto, un capraio mostra i doni che darà in seguito al cantore, fra i quali spicca una coppa di legno
istoriata, descritta secondo il gusto dell' "ἔκϕρασις" (descrizione ed esposizione elegante).

- Amore: la morte di Dafni é legata ad una vicenda d’amore infelice (v. 130 io da Amore vengo ormai
trascinato nell’Ade), già cantata da Stesicoro e che viene solo accennata all’inizio dell’idillio perché
considerata come presupposta conoscenza del pubblico, colto come da gusto callimacheo.

- ἔκϕρασις: la coppa di legno viene descritta estesamente, per 30 versi, dettagliatamente come una pausa
all’interno del componimento, una sorta di excursus.

Novità e Impieghi del Genere Bucolico


- La tecnica dell’ἔκϕρασις"
- La ripetizione di un ritornello (Intonate, Muse dilette, intonate il bucolico canto) che fa parte della
letteratura popolare (é infatti un inserto di stampo popolare). "
- Il paesaggio é sia descritto geograficamente (es. Tirsi dell’Etna), collocato in Sicilia, che idealizzato e
profondamente umanizzato (per onorare la morte di Dafni si dice ai vv. 71-72 ulularono di dolore gli
sciacalli, per lui ulularono i lupi, lui morto anche il leone dalla boscaglia pianse).
All’interno di questo paesaggio ci sono riferimenti sia alla flora che alla fauna, e alle divinità campestri
(Pan, Priapo e le Ninfe). "
- Introduzione di personaggi della vita di campagna, citati in una gerarchia sociale (prima i bovari, poi i
pecorai e infine i caprai). Questi pastori non hanno nulla di simile ai pastori reali ma sono poeti, che si
muovono in uno spazio idealizzato, quello del locus amoenus.
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VII) Le Talisie
Il nome é legato al verbo θάλλω, germogliare, e fa riferimento alle feste di fertilità in onore di Demetra
celebrate a Cos.

Si racconta la storia di un incontro casuale tra un uomo cittadino, Simichida, che insieme a due amici si sta
recando alle Talisie, e un capraio, Licida.
I due si incontrano e cominciano uno scambio di canti pastorali e alla fine Licida dona al cittadino Simichida
un bastone pastorale che richiama l’investitura poetica di Esiodo sul monte Elicona.

Simichida é niente più che Teocrito stesso: l’autore sta quindi parlando della propria investitura a poeta
del genere pastorale, e l’argomento della festa tuttavia rimane sullo sfondo in quanto la vicenda é
incentrata sul momento prima di arrivare alla festa.

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Letteratura Greca - Teocrito

Simichida, in prima persona, fin dai primi versi presenta i due amici Eucrito e Aminta, descrivendo lo scopo
del viaggio, ovvero l’arrivo alle Talisie. Più tardi si fa riferimento all’incontro causale con Licida, descritto
molto rozzamente e dotato di un bastone ricurvo, quello che infatti alla fine donerà a Simichida.
Simichida descrive sè stesso come un poeta, già famoso, ma che non é ancora al livello della fama di
Asclepiade di Samo e Filita di Cos. Licida dice che donerà a lui il bastone perché é un poeta nobile, un
virgulto di Zeus tutto forgiato sulla verità, dicendo di non amare chi compone poemi epici (a me é fortemente
odioso l’architetto che si sforzi di costruire una casa alta come la cima dell’Oromedonte, e i pollastri delle
Muse, quanti di fronte all’aedo di Chio,schiamazzando si affannano invano).
Di seguito si ha lo scambio di canti pastorali fino a quando, al verso 126, si ha l’investitura poetica, che
riprende Esiodo.

Teocrito vuole presentarsi come iniziato alla poesia bucolica e reclamare la paternità letteraria di questo
genere, già collaudato da altri. "

Novità e Impieghi del Genere Bucolico


- Locus Amoenus: si descrive precisamente la situazione spazio-temporale (meriggio in campagna)
ponendo l’accento sull’elemento faunistico (quando la lucertola dorme) e naturalistico (Su di noi con forza si
scuoteva un fitto bosco d'olmi e pioppi e lì accanto zampillava, gorgogliando dall'antro delle Ninfe, la fonte
sacra e dagli ombrosi rami si affannavano a urlare le cicale annerite dal sole. Da lontano la rana gracidava
dagli spini fitti dei pruni. Cardellini e allodole cantavano, la tortora gemeva e volavano in giro le api d'oro
presso le fonti. Tutto aveva odore di pingue estate, odore di raccolto. Le pere ai nostri piedi rotolavano, le
mele, ai nostri fianchi, in abbondanza e i rami sotto il peso delle prugne giungevano curvati fino a terra. Dalla
testa degli orci scioglievamo i sigilli di pece di quattro anni.)
Si vedono quindi gli elementi tipici: vegetazione rigogliosa, piante mosse da un venticello in genere,
l’acqua, il canto degli uccelli e il suono delle api (livello sonoro), il profumo (livello olfattivo).
Il locus amoenus é legato strettamente agli elementi sensoriali. "
- Il canto amebeo
- Il προπεπτικόν, il canto d’augurio che spesso diviene un canto d’amore (gli Amori starnutirono a Simíchida:
è tanto innamorato di Mirtò il poverino, quanto a primavera le capre s'innamorano; dove l’amore non é
qualcosa di tormento, lacerazione, piuttosto una malinconia)"
- Erudizione lessico-formale!
- Tematiche intime, quotidiane, esistenziali sull’intimità della persona. "
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Secondo alcuni critici é presente il travestimento pastorale: i personaggi hanno aspetto di pastori ma in
realtà si farebbe riferimento ai membri del circolo di Fileta di Kos, in cui Teocrito entrò a far parte. "
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XI) Ciclope
E’ un monologo di Polifemo, rappresentato come un un rozzo pastore, innamorato della ninfa Galatea,
che cerca di sedurre in tutti i modi seppur consapevole di essere bruttino. Per fare un complimento la
paragona ad un formaggio, in maniera semplice: è un animo ingenuo, semplice, lontano dalla forma.!
"
L’idillio é in forma di lettera, rivolto all’amico di Teocrito, Nicia.
Teocrito fa vedere, anche ironicamente utilizzando il modello di Polifemo, come ci si possa consolare
dall’amore infelice ricorrendo alla poesia (topica letteraria). "
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C’é inoltre una voluta distanza dal modello dell’epica, dove il Ciclope é del tutto diverso.
Al Polifemo omerico ci sono delle forti allusioni (vivono entrambi isolati in una grotta, soli con le proprie
pecore) ma tuttavia si risente la forte polemica di gusto ellenistico sul rapporto fra Cultura e Natura,
mostrando come vi sia una sostanziale bontà nell’uomo di natura (tematica del buon selvaggio). "
Anche un essere primitivo e semplice come il Ciclope é capace di amare. "
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Letteratura Greca - Teocrito

Polifemo é definito nostrano, siciliano, ed é rappresentato come un adolescente innamorato follemente


di Galatea (Amore come follia, come piaga, che nasce da una freccia di Afrodite; ricorda molto Saffo).
Polifemo trascura il lavoro di pastore (le pecore infatti tornano da sole dal pascolo) e rimane spesso seduto a
guardare il male, triste per questo amore infelice. "
Tuttavia trova una soluzione: la poesia, con la quale ad esempio loda la bellezza della donna,
paragonandola alle cose che per lui sono belle (quelle del mondo pastorale quali capre, formaggio, uva),
dicendo che appena l’ha vista si é innamorato e che lei tuttavia lo rifiuta.
Per giustificare l’amore non corrisposto si descrive brutto, ma poi si definisce ricco e dice di saper cantare. "
Dice inoltre, in pieno gusto del locus amoenus, di voler diventare un pesce per poterla raggiungerla, vuole
imparare a nuotare per capire come mai per lei é importante il mare, e di volerle portare rose.
E’ tenero e dice che il suo sogno é quello di portare con lei le pecore al pascolo."
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La parte finale vede il Ciclope che si rivolge a sé stesso e cerca di consolarsi, dicendo che tuttavia ci sono
molte altre ragazze che lo vorrebbero (elemento grottesco) e dice che in fondo anche lui conta qualcosa.
Alla fine ribadisce di sentirsi consolato dal canto. "

Novità e Impieghi del Genere Bucolico!


- Ciclope in contesto bucolico, simile fisicamente a quello dell’Odissea ma tuttavia dotato di un cuore
tenero e capace di amare, del tutto positivo. Viene tratteggiato come se non conoscesse nulla dell’amore e
quindi ricorre ad immagini proprie della sua cultura (quelle agresti, come il formaggio).
Il componimento ricorda molto in questo caso A Mia Moglie (di Saba) in cui l’autore loda la moglie per le
sue caratteristiche umili, paragonandola a tutti gli animali più semplici, come ad una scrofa."
- Polemica sullo Stato di Natura e quello di Cultura!
- Amore inorizzato, messo in bocca ad un personaggio goffo, semplice."
- Poesia come cura d’amore!
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III) Serenata
Un capraio cerca di convincere l’amata Amarillide a mostrarsi sulla soglia di un antro, pronunciando um
monologo di argomento mitologico e suscitando effetti umoristici. "
E’ una παρακλαυσίθυρον ma non c’é una porta di città quanto un antro. !
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V) Capraio e Pastore
E’ un esempio di canto amebeo, cioè "a botta e risposta", secondo il modulo popolare cui Teocrito diede
forma e dignità letteraria. Il capraio Comata propone l'apertura della gara, il più giovane Lacone è il
rispondente. La gara si svolge davanti a un giudice e prevede una posta in gioco decisa in anticipo. L'agone
è strutturato in botte e risposte di due versi ciascuna, che prevedono una rispondenza puntuale tra proposta
e risposta, mentre ogni risposta determina a sua volta la proposta della successiva coppia di versi.
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VI) Poeti pastori
Due canti gioiosi, privi di toni di sfida, incentrati sulla figura di Polifemo innamorato della ninfa Galatea: Dafni
si rivolge al Ciclope rappresentando Galatea mentre scaglia mele per attirare il gigantesco pastore e
colpisce la cagna guardiana delle pecore, la quale risponde abbaiando verso il mare. Risponde Dameta
prendendo le veci di un Polifemo che fa il ritroso per ingelosire la bella ninfa e, poi, perché specchiatosi nel
mare, non si è visto neanche tanto brutto. Il tema del Ciclope innamorato era stato già trattato da Filosseno
di Citera in un ditirambo del IV secolo. Teocrito riprende il tema anche nel carme IX, con gli stessi toni di
sorridente ironia.
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X) Mietitori
In un ambiente agreste, georgico più che pastorale, Buceo e Milone sviluppano i loro canti: Buceo un canto
d'amore per Bombica, bruciata dal sole, ma bella per l'innamorato che è pazzo di lei. Milone un canto per il
lavoro dei campi, rifiutando l’amore e definendolo
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ΜΙΜΟΙ (“mimi”) di ambientazione urbana: II, XIV-XV


Queste scenette sono destinate alla lettura e riproducono squarci di vita quotidiana come già facevano i
siracusani Epicarmo e Sofrone.
Teocrito vuole trapiantare temi popolari e realistici in una forma notevolmente stilizzata, attraverso l'uso quasi
scandaloso dell'esametro eroico, il metro più lontano dal parlare quotidiano, impiegato in luogo del trimetro
giambico, assai più discorsivo.

II) "Le incantatrici" "


Nel silenzio della notte una donna, Simeta, assistita dalla schiava Testili, compie pratiche magiche nella
speranza che l'amante, che l'ha tradita, torni al suo amore o paghi il tradimento con la morte. Nel monologo
la donna dapprima descrive i vari momenti dell'esecuzione magica, poi confida alla Luna le vicende della
propria storia amorosa, dal primo incontro al manifestarsi dei segni d'amore, alla felicità reciproca degli
amanti, fino all'abbandono. La storia di Simeta fa parte di un mimo urbano: la donna rivela se stessa nella
sua pena amorosa, evocata con una partecipazione sentimentale sincera, ma temperata da un velo d'ironia."

XIV) Amore di Cinesia"


Eschine, impetuoso e focoso nella sua gelosia (ha i tratti persino maneschi di alcuni personaggi della
Commedia Nuova), racconta a Tionico un banchetto rustico cui parteciparono alcuni amici e la donna da lui
amata, Cinisca, l'unica a restar muta, come se, dice il proverbio, avesse visto per prima il lupo. Ma un Lupo
c'era davvero nel cuore della donna, e Cinisca avvampò come di fuoco. Il racconto dell'amante tradito si fa
serrato: quando un amico canta ironico un'arietta sul "mio lupo", la donna scoppia in un pianto a dirotto che
la tradisce e provoca una reazione violenta di Eschine, il quale le assesta due pugni in piena faccia
costringendola a fuggire e ad abbandonare il banchetto, senza farsi più vedere per oltre due mesi. Eschine,
disperato nel suo amore infelice, può salvarsi solo imbarcandosi per fare il soldato."
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XV) “Le Siracusane" o "Le donne alla festa di Adone" "
Presenta addirittura tre scene diverse.
Ci sono due amiche siracusane, Prassinoe e Gorgone, che abitano ad Alessandria; quest'ultima si reca a
casa di Prassinoe per accompagnarsi con lei alla festa di Adone. La prima scena avviene in casa di
Prassinoe: le due donne chiacchierano di varie cose e criticano i propri mariti perché hanno comprato le
proprie case tanto distanti. Alla fine escono ed inizia la seconda scena che si svolge in strada, durante il
tragitto per giungere alla reggia di Tolomeo. Anche qui il realismo è caratteristico dell'opera teocritea ed
infatti viene descritta la grande folla, e le difficoltà che le donne incontrano nel procedere, gli spintoni che
ricevono ed ai quali rispondono con sonori rimproveri. La terza scena si svolge nel palazzo di Tolomeo
dove le due donne non fanno altro che apprezzare le numerose bellezze. Hanno anche un diverbio con un
forestiero seccato dal loro continuo ciarlare: Prassinoe gli risponde per le rime. Incomincia poi la festa ed
una cantante intona il canto di Adone. La festa riesce in pieno e Gorgone va in visibilio, ma poi si ricorda che
il marito è rimasto a stomaco vuoto e corre a casa a preparargli la cena."
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Nelle prime due scene emergono elementi realistici, frutto di abile osservazione psicologica e di
rappresentazioni ben intonate all'ambiente borghese siciliano.
Nell'ultima scena il contrasto fra l'ambiente di corte e la meschinità dell’umanità comune è fonte di comicità,
ma lo splendore della reggia e il canto annientano questo contrasto attraendo le due donne in un mondo di
sogno. Non appena l'incanto finisce, le necessità più elementari della vita impongono ad esse un brusco
risveglio e il mimo finisce, dopo questa parentesi di piacevole estasi, con la ripresa del motivo fondamentale.
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3. ΕΠΥΛΛΙΑ ("epilli"), epico-mitologici: XIII, XVIII, XXIV
XIII. "Ila" (Ylas)"
Teocrito dedica all'amico Nicia anche l'Idillio XIII, in cui sviluppa il tema della supremazia dell'amore, al quale
cedono anche gli Dèi: lo dimostra Eracle, innamorato del giovinetto Ila e colto dalla disperazione quando,
durante la saga argonautica (vedi topic su Apollonio Rodio), lo perde, rapito dalle ninfe. Il carme è quindi,
oltre che un epillio mitologico, anche un'epistola poetica dedicatoria. Pure in questo caso il mito eroico è

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umanizzato, con la rappresentazione di un Eracle che, alla ricerca di Ila, abbandona i suoi compagni
Argonauti. L'episodio è raccontato, come detto, anche da Apollonio Rodio, perciò è opinione prevalente che
Teocrito lo abbia ripreso, riscrivendolo secondo i dettami della nuova poetica."
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XVIII. "Epitalamio di Elena""
Poemetto mitologico, sull'esempio di Callimaco: formalmente un epitalamio che si conclude con un tema
eziologico relativo alla fondazione del culto di Elena a Sparta. L'epitalamio si finge eseguito da dodici
ragazze dinanzi alla camera degli sposi, la bella Tindaride e il biondo Menelao. Non mancano i motivi proprio
del genere: il motteggio salace rivolto allo sposo, l'elogio della sposa, i voti augurali.
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XXIV. "Eraclino, Eracle bambino""
E' un racconto mitologico, in cui sono narrate le prodezze di Eracle che, a soli dieci mesi di vita, strangola i
serpenti inviati a ucciderlo da Era per vendetta contro Zeus, padre del piccolo nato da Alcmena. Il profeta
Tiresia, chiamato in causa dalla madre, predice il futuro glorioso dell'eroe sterminatore di mostri. Il poemetto,
privo di unità, racconta quindi l'educazione e l'apprendistato di Eracle nella casa di Anfitrione. Le ipotesi in
merito all'incompletezza dell'opera sono state confermate nel 1930 dalla pubblicazione del Papiro di Antinoe,
che contiene resti assai lacunosi di circa altri trenta versi. Il poemetto si concludeva come un inno, con
un'invocazione a Eracle per la vittoria in un agone poetico. Come ben sappiamo dalla lettura di Callimaco, la
competizione è probabilmente fittizia, secondo una tecnica alessandrina che alla poesia scritta e libresca
ama conferire un carattere occasionale, nello spirito della poesia del passato.
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4. ΥΜΝΟΙ (“inni”)
La critica ha notato come tutti i carmi teocritei di soggetto mitologico riguardino figure divine che riflettono sul
piano celeste i protagonisti della corte tolemaica: Elena, "doppio divino" di Arsinoe, i Dioscuri, fratelli di Elena
e artefici del rapimento al cielo di Arsinoe deificata, Eracle e Dioniso, mitici progenitori dei Tolomei. Tali epilli
di Teocrito sarebbero dunque, in buona parte, degli "encomi indiretti".

XXII. "I Dioscuri”"


Questo componimento in particolare, che ha come oggetto i Dioscuri (Castore e Polluce), è costituito da due
episodi distinti e giustapposti: il primo fa riferimento alla gara di pugilato tra Polluce e il re dei Bebrici Amico
(vedi "Le Argonautiche" nel topic su Apollonio Rodio), risparmiato alla fine dal vincitore figlio di Zeus. Il
secondo riguarda il rapimento delle figlie di Leucippo da parte dei due fratelli e la lotta contro i figli di Afareo,
Linceo e Ida, che rivendicavano come loro dovute le nozze con le Leucippidi. Su proposta di Linceo, un
duello tra Castore e lo stesso Linceo, affrontato con aste e spade, decide il conflitto che si conclude con la
morte del figlio di Afareo. Ida, pronto a vendicare il fratello, cade a sua volta abbattuto dalla folgore di Zeus. "
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